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rovo che la Catalunya siacome un adolescente che,in piena febbre di crescen-za, è in freudiana lotta conil padre. E che Madrid siaun classico padre, protetti-

vo ed egoista, nel contempo amore-vole, che non vuole dare al propriofiglio l’indipendenza di cui questi habisogno per crescere. Come in ogniconflitto intrafamiliare, entrambihanno ragione: il primo, perché ane-la a un’indipendenza che gli spetta,voglioso che gli vengano ricosciutil’individuale esistenza nel mondo, italenti e le capacità; il secondo, perchécome i padri è geloso della dipartita e in-teressato alla permanenza.

E uno schiaffo dal padre, uno schiaffoda Madrid a Barcellona, è ammesso neilimiti dell’art. 571 del codice penale (ita-liano), che prevede il reato di chi abusidei mezzi di correzione o disciplina indanno di una persona affidata per ragionedi educazione, istruzione, cura, vigilanzao custodia, se derivi pericolo di malattianel corpo o nella mente. La malattia cata-lana già è in piazza. Prima il limite eraquello dello «ius corrigendi», evolutosi apartire dal 1956, quando la Corte di Cas-sazione tolse al pater familias il potere diesercitare anche coazione fisica, fermirestando i mezzi di correzione utili a li-mitare la libertà personale dei figli nel-l’interesse educativo; oggi ne è punitol’uso improprio o abnorme. Uno schiaffova bene. Reiterato o violento, no.

La domanda pregiudiziale è: che tipodi relazione c’è tra Madrid e Barcellona?

La Catalunya è figlia della Spagna? È una questione storica: i musulmani

nel 711 conquistano la penisola iberica eformano nelle montagne settentrionalinuclei cristiani resistenti che, con nuovelingue (catalano, aragonese, basco, casti-gliano-leonese e galiziano), danno vita aregni e contee. I sovrani carolingi dellaFrancia, collocando conti di fiducia, sta-biliscono nei Pirenei la marca ispanica.Così le contee catalane, sotto la casata diBarcellona, si legano al re di Aragona de-finendo i limiti territoriali del Principatodei «cathalani»; conquistano le isole Ba-leari e Valenzia, quindi Sicilia, Sardegna(ad Alghero tuttora si parla catalano) eNapoli; infine confluiscono nel regnospagnolo per l’unione dinastica tra il redella confederazione catalano-aragonesee la regina di Castiglia.

Fino a Filippo II, che obbliga i catalaniall’Impero castigliano: da qui le tensionicon la Generalitat e, nel 1640, la ribellio-ne popolare contro i soldati mercenarinelle case dei contadini catalani prossimealla frontiera. È autodichiarata la Repub-blica catalana sotto protezione francesema nel 1652, con la conquista di Barcel-lona , essa perde Stato, istituzioni, leggi ecapacità di decisione politica. Nel 1716 ilquartiere barcellonese del Born è distrut-

to e vi viene costruita una fortezza milita-re. L’esercito spagnolo bombarderà Bar-cellona, si costituirà la Renaixença per lavalorizzazione della lingua catalana,quindi il primo autogoverno della Man-comunitat; nel 1923 la dittatura militarereprimerà il catalanismo e, alla dichiara-zione dello Stato catalano (1934), seguiràl’arresto dei politici catalani ed altri.

Con la dittatura del generale Franco -aiutato da Hitler e Mussolini - e la guerracivile, è il tempo di una brutale repressio-ne politica e del divieto della lingua; 4mila catalani sono assassinati incluso ilpresidente Lluís Companys, fucilato nelcastello di Montjuïch nel 1940. DopoFranco, nel 1977 è ristabilita la Generali-tat con Josep Tarradellas e approvato loStatuto catalano. Nel 2006 il Governo ca-talano approva un nuovo Statuto per viareferendaria, ma il Partido Popular spa-gnolo (centro-destra) presenta un ricorsoalla Corte Costituzionale che ne dichiaral’inefficacia giuridica e nega la definizio-ne della Catalogna come nazione. Nel2011 lo stesso partito, guidato da Maria-no Rajoy, sale al Governo castigliano.

Ora risponderei alla mia domanda: icatalani sono figli di Madrid, ma d’ado-zione, e riconosciuti. In quanto tali a lorosi applica la norma che non consente alpadre di schiaffeggiare oltre una certamisura (educativa) il figlio. Guerre civilie metodi impositivi non sono schiaffi di«ius corrigendi» ma uso abnorme.

I catalani parlano una lingua propria,che non è un dialetto. Che differenza c’è?Presto detto: la lingua è un dialetto conun Esercito ed una Marina (Max Wein-reich). Ossia, il dialetto è la variante diuna lingua, una specificità; come tale, siriconosce all’interno di essa. La linguariflette, invece, l’anima del parlante, di-stinta dalle anime altrui in quanto intesecome confluenza di elementi storici, cul-turali, caratteriali, territoriali, archiviodell’esperienza di un popolo. Il catalanodistingue il suo parlante dagli altri anchein funzione dell’influenza psicologicache la costruzione, il modello motoriocollegato alla riproduzione vocale e allascrittura, i cambiamenti strutturali nelleregioni del cervello, la mappatura cogni-tiva, sviluppano nell’essere umano. La

differente reazione neuronale di-pende dal fatto che l’apprendimentodi una lingua come nativa si verificacontemporaneamente all’acquisi-zione delle conoscenze concettualie delle esperienze corporee e senso-riali. Un esempio su tutti: per lo psi-cologo David Meyers i tedeschi, ri-tenuti privi di humour, sarebbero ta-li in quanto, nel pronunciare le vo-cali con la dieresi, inclinano verso ilbasso le labbra assumendo un’e-spressione triste, e l’uso che il cer-vello associa alla tristezza influenzanegativamente l’umore.

Caratterizzata da una forma internache esprime la concezione del mondodella nazione che la parla (Wilhelm vonHumboldt), la lingua è «manifestazionefenomenica dello spirito dei popoli: la lo-ro lingua è il loro spirito e il loro spirito èla loro lingua». I catalani non solo si sen-tono diversi, essi sono diversi. Nella for-za spirituale delle nazioni è l’effettivoprincipio esplicativo e la vera causa chedetermina la diversità delle lingue. Unabase, questa, per il principio di autodeter-minazione dei popoli, ossia il diritto discegliere il proprio sistema di governo(autodeterminazione interna) e di essereliberi da ogni dominazione esterna (auto-determinazione esterna). Per il diritto co-stituzionale canadese (nel caso della se-cessione del Quebec) ed il diritto interna-zionale, il principio si applica solo in tresituazioni: ai popoli soggetti a dominiocoloniale, ai popoli il cui territorio è statooccupato da uno Stato straniero, ai grup-pi minoritari che all’interno di uno Statosovrano si vedano rifiutare un accesso ef-fettivo all’esercizio del potere di gover-no. È questo il caso della Catalunya?

Ho vissuto molti anni a Barcellona. Hoparlato fluentemente il catalano, più delcastigliano che conosco come un madre-lingua. La madre edipica. Ciò mi ha per-messo di avere una visione completa del-la Spagna, in quanto ho utilizzato le strut-ture neurolinguistiche del primo e del se-condo sistema. Sono sì consapevole chegli interessi politici ed economici entranoin gioco nelle richieste del presidente ca-talano Carles Puigdemont alla Spagna diRajoy; sono sì consapevole del fatto chel’Europa tende, pericolosamente, versouna disgregazione. Ma ciò avviene nonsolo o non tanto per questioni di moneta,prosperità e comando, bensì spirituali:l’adolescente, se non muore, prima o poicompirà 18 anni. A quel punto, il padrenon sarà più soggetto alla paghetta e al-l’educazione, nel contempo non riceveràuna percentuale sui guadagni del figlio.

A meno che non vadano d’amore ed’accordo. E così, il primo potrà essereaccudito in futuro da un discendente ca-pace e affettuoso, il secondo riceveràun’eredità che lo riporterà nella casa pa-terna. E il Natale si farà insieme. La Pa-squa, però, con chi vuoi. ■

d i R O M I N A C I U F FA

TL’ITALIA ALLO SPECCHIO

www.rominaciuffa.comL’ITALIA ALLO SPECCHIOSPECCHIO

ECONOMICO

CATALUNYA VS SPAGNA:NE FACCIO UNA

QUESTIONE EDIPICAE NEUROLINGUISTICA

03 Romina OK_05 17/10/17 16.56 Pagina 1

✦ Ernesto Auci ✦ Giorgio Benvenuto✦ Pier Luigi Bersani✦ Luca Borgomeo✦ Alberto Brandani✦ Luciano Caglioti✦ Umberto Cairo ✦ Gildo Campesato ✦ Sergio M. Carbone✦ Nazzareno Cardinali✦ Domenico Casalino✦ Elio Catania✦ Marcello Clarich✦ Claudio Claudiani✦ Giovanni Contena✦ Cesare Cursi✦ Massimo D’Alema ✦ Sergio D’Antoni✦ Cesare De Piccoli✦ Maurizio de Tilla✦ Antonio Di Pietro✦ Massimiliano Dona✦ Piero Fassino✦ Cosimo Maria Ferri ✦ Silvio Garattini ✦ Federico Geremei✦ Lucio Ghia ✦ Pier F. Guarguaglini✦ Pietro Larizza✦ Luigi Locatelli✦ Alessandro Luciano✦ Antonio Marini

✦ Antonio Martusciello✦ Giulio Mazzocchi✦ Luigi Mazzella ✦ Alberto Mazzuca ✦ Vittorio Mele✦ Andrea Monorchio✦ Mario Morcone✦ Nerio Nesi✦ Michele Nones✦ Giuseppe Novelli✦ Ubaldo Pacella✦ Giancarlo Pagliarini ✦ Claudio Petruccioli✦ Bruno Piattelli✦ Nicoletta Picchio✦ Fabio Picciolini✦ Serena Purarelli✦ Carlo Salvatori✦ Enrico Santoro✦ Angelo Sanza✦ Enzo Savarese✦ Luigi Scimìa✦ Fabrizio Svalduz✦ Luigi Tivelli✦ Tiziano Treu✦ Lanfranco Turci✦ Adolfo Urso✦ Domenico B.Valentini✦ Mario Valducci✦ Francesco Verderami✦ Gustavo Visentini✦ Vincenzo Vita

H A N N O S C R I T T O P E RS P E C C H I O E C O N O M I C O

4 SPECCHIOECONOMICO

VICTOR CIUFFAFondatore

L’opinionista politico: GIORGIO BENVENUTO

CATALUNYA VS SPAGNA: NE FACCIO UNAQUESTIONE EDIPICA E NEUROLINGUISTICA«L’Italia allo Specchio» di Romina Ciuffa

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ARMANDO DONAZZAN: LA GRANDE CORSAALLE ACQUISIZIONI, IL RALLY DI ORANGE1intervista al numero uno di Orange1 HoldingIl padre Leone barattò un impianto elettrico con un motore. Poi giunge lui alla guida, e trasforma l’aziendain una holding, con molte acquisizioni e la messa incampo di un team di racing. E con lui il Veneto corre

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RICCARDO VITANZA: COMUNICARENON SOLO MUSICA, NON SOLO PAROLE Parole & Dintorni, la comunicazione musicaleHa un team giovane. Ufficio stampa dei più grandi artistiitaliani, da Ligabue a Baglioni, passando per De Gregori,Zucchero, Giorgia, Elisa e molti altri, segue anche i suoi emergenti con presenza costante: è un porto sicuro

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RIFORME FISCALI E TABACCO, UNO STUDIOCASMEF-LUISS: NEL 2017 STIMATO UNMILIARDO IN MENO DI ENTRATE ERARIALILo studio realizzato dal centro studi CASMEF-LUISS costituisce nel nostro Paese un raro esempio di VIR, Valutazione dell’Impatto Regolatorio, minuziosa verificaex post degli effetti della riforma fiscale sui tabacchi16

ROMINA CIUFFADirettore

responsabile

ANNA MARIA CIUFFAEditoreAmministratoreunico

GIOSETTA CIUFFADirettore Relazioni

esterne/istituzionali

DAMIANO RIZZI (SOLETERRE): IL CANCRONON DEVE ESSERE UNA «TERRA SOLA»intervista al fondatore della onlus SoleterreUna giornata nazionale di psico-oncologia, quest’anno alla sua seconda edizione, con la Fondazione Soleterre Strategie di Pace onlus, che opera per garantire i diritti inviolabili degli individui nelle «terre sole»

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DIDACTA, LEONARDO BASSILICHI: NUOVOPOLO FIERISTICO E CULTURALE ITALIANOintervista al presidente di Firenze Fiera e di DidactaPAOLA CONCIA: DA FIRENZE PARTE UNSINERGICO VIAGGIO VERSO IL FUTUROintervista all’assessore del Turismo di FirenzeCRISTINA GRIECO: ABBIAMO SEMPRE PIÙBISOGNO DI UNA SCUOLA 4.0intervista all’assessore in Toscana con delega per Istruzione, Formazione, LavoroINDIRE: LE SCUOLE DEVONO RIPARTIREDA SPAZI EDUCATIVI ED AVANGUARDIECome l’Indire partecipa attivamente a Didacta ItaliaSCUOLA WALDORF: UN ESEMPIO DICONCRETEZZA E DI SANA EDUCAZIONERudolf Steiner fondò una scuola «concreta»: eccola

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Direzione, redazione, amministrazione, pubblicitàRoma: Via Rasella 139, 00187Tel. (06) 482.11.52 Telefax (06) 420.83.415e-mail: [email protected] www.victorciuffa.comDIRETTORE www.rominaciuffa.comCORRIERE DEL VOLO www.corrieredelvolo.comRIOMA BRASIL www.riomabrasil.com

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Tipografia: Futura GraficaVia Anicio Paolino 2100178 Roma

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STRADE, FERROVIE, SCALI MARITTIMI E AEREI:PRONTO UN GIGANTESCO PIANO PER INTEGRARLIdi Victor Ciuffa dal Corriere della Sera di giovedì 3 novembre 1983

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34NOMINEEcco chi siede ai tavoli dell’economiain Italia e nel mondo

L’ATAC NON FACCIA COME L’ALITALIA: LA NUOVA FINANZA NON BASTA A CURARE MALI ANTICHIdell’avvocato Lucio Ghia

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GIORGIO NARDONE SPIEGA BREVEMENTE E STRATEGICAMENTEIL TRAUMA SENTIMENTALEDurante il IV Congresso di psicologia della SIPPR, laSocietà Italiana di Psicologia e Psicoterapia Relazionale di Camillo Loriedo, Nardone, fondatore del Centro di te-rapia strategica con Paul Watzlawick, parla di sentimenti

RIVOGLIAMO I SOLDI. RIVOGLIAMO,NON «RIVOLIAMO». ANDREA GIURICIN DESCRIVE LA SITUAZIONE TRASPORTI

26Parla l’esperto e consulente Andrea Giuricin. Gli argomenti sono il «dramma» Ryanair, il caso dell’Alitalia, il low cost, tutto sui trasporti in Italiada BlaBlaCar a Uber fino all’Atac

38«MA COS’ELO STO TALIAN?»... I VENETI, E NON SOLO, HANNO ESPORTATO IN AMERICA LATINAUNA LINGUA UFFICIALE: IL TALIAN intervista a Giorgia Miazzo, linguista esperta di talian

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44I LIBRI SCELTI «Marketing dei prodottienogastronomici all’estero» e l’intervista alle sue autrici;«Il Libro dei fatti 2017»; «Eletto» di Gianbattista Tagliani

I DATI CI SONO, SONO TANTI E SONO TRACCIABILI: NELLA RIVOLUZIONE DIGITALE È GUERRA APERTA ALLE FRODI le «pillole digitali» di Fabrizio Padua

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REDORO, UN’AZIENDA DI OLI(E NON SOLO) MADE IN ITALY «Via col Veneto». L’azienda

Olio prima di tutto, con i frantoi veronesi. Ma anche vino,cosmesi, didattica e l’invenzione dell’ecotrappola per sapere in tempo reale cosa accade agli alberi di olivo. Si tratta dell’azienda della famiglia Salvagno

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ALEJANDRO PASCUAL: CODERE, AL GIOCOD’AZZARDO SERVONO RESPONSABILITÀ,FORMAZIONE, STABILITÀintervista all’AD di Codere ItaliaIl gioco deve poter trovare spazio come qualunque altraforma di intrattenimento. E come qualunque attività nondeve diventare una malattia. Codere da sempre pone inessere attività dirette a informare sui temi della legalità

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05 Som postciano_07 Somm 18/10/17 07.54 Pagina 5

ARMANDO DONAZZAN: LA GRANDECORSA ALLE ACQUISIZIONI, O MEGLIO, IL RALLY DI ORANGE1

ARMANDO DONAZZAN: LA GRANDECORSA ALLE ACQUISIZIONI, O MEGLIO, IL RALLY DI ORANGE1

volgersi ai mercati esteri e in modoparticolare a Francia, Germania ePaesi nordici. Il business si apre an-che verso i mercati dell’est, in parti-colare verso l’ex Unione Sovietica, ilcui crollo, con la caduta del muro diBerlino alla fine degli anni 80, induceDonazzan a rivedere gli obiettivi. Nel1998, con un fatturato di 5 milioni dieuro attuali, il figlio Armando suben-tra nella direzione aziendale ed intra-prende una serie di politiche finan-ziarie e commerciali che innalzano illivello di competitività e visibilitàdell’azienda. Oggi a capo della sem-pre più grande Holding, è definito la«pantera».

Domanda. Dalla sua entrata comeguida dell’azienda cosa è accaduto?

Risposta. Nel 1999 nasce in Unghe-ria l’azienda Eme kft, specializzatanella produzione di statori avvoltiper motori elettrici. Dalla necessità dimigliorare l’efficienza e dalla crescen-te domanda, viene alla luce un pro-getto per la costruzione di un capan-none adeguatamente dimensionatodove il concetto del «lean manufacto-ring», ossia la produzione snella chemira a minimizzare gli sprechi fino adannullarli, costituisce la base di ogninostra azione nell’area industriale diArsiè, in provincia di Belluno, e in untempo record di 8 mesi ultimiamo un

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a cura diROMINA

CIUFFA

range1 nasce da un baratto.Leone Donazzan, peritoelettronico, nel 1971 fondala prima società del gruppo

dando inizio all’avventura «arancio-ne» con un puro e semplice baratto:un cliente non può pagarlo per unimpianto elettrico e gli chiede di po-tergli dare in cambio dei motori. Così,a Bassano del Grappa, in provincia diVicenza, nasce la ditta «Elettromecca-nica Leone Donazzan» per la ripara-zione e l’avvolgimento di motori elet-trici, attività che si estende in breve alcampo dell’impiantistica industriale.Nel 1983 la società viene trasformatain Eld spa e inizia con successo a ri-

Armando Donazzan,presidente del Gruppo Orange1 Holding

OO

«Perseguo per la miasocietà l’obiettivo di divenirel’interlocutore unico perprodotti diversificati. Tuttofa capo a una holding di partecipazione industriale.Dal 1998 abbiamo avutoacquisizioni per 50 milioni di euro, investimenti inimmobili per 20 milioni e per oltre 50 milioni in tecnologia, miglioramentodell’efficienza e dei prodotti.Il nostro prodotto è tuttoMade in Italy, e il Veneto ci dà una grande energia»

06-07-08 Orange1 postciano_4 BLUANNA 17/10/17 09.37 Pagina 12

capannone di 11.800 metri quadri co-perti. Nel 2006 nuovo cambio di no-me in Eme, quindi acquistiamo laCeg, la Unielectric e la Elpromtech, ericambiamo nome in Orange1 po-nendoci sul mercato come specialistinel settore, poco prima di acquisireanche l’Elettromeccanica Valceno e laMetalpres Cenzato al fine di creareuna filiera di verticalizzazione deicomponenti per produrre anche imotori elettrici. Poi Orange1 entranel gruppo Emotion in Motion, conl’obiettivo di migliorare le prestazio-ni di efficienza energetica, un temaattuale e con un futuro volto allo svi-luppo. Di recente, abbiamo acquisitola Magnetic di Montebello Vicentinoe la Mado di Chignolo D’Isola. Loscorso maggio arriva la tredicesimaacquisizione, quella della Sicme Mo-tori di Torino, che ha ricavi per 18milioni di euro e 90 dipendenti.

D. Quali sono i recenti dati che de-scrivono l’attuale situazione diOrange1?

R. Siamo presenti in 70 Paesi nelmondo, con un fatturato di circa 200milioni, 11 stabilimenti produttivi, 14aziende acquisite, 1.200 dipendenti.Produciamo annualmente oltre 1 mi-lione di motori elettrici asincroni mo-nofase e trifase, 5 milioni di avvolgi-menti per motori elettrici asincroni,60 mila drive per motori elettrici, 20mila tonnellate di alluminio presso-fuso e 12 milioni di pezzi di torneriadi alta precisione per il settore automotive. Ora puntiamo alla leadershipanche nella pressofusione in allumi-nio con la divisione «Foundry».

D. Come siete entrati nel mondodelle corse?

R. Internation Gt Open, Lambor-ghini Blancpain Super Trofeo e Cam-pionato Italiano Rally sono le nostrenuove sfide. Lo sport è il completa-mento della realtà dinamica del mon-do Orange1, anche con le divisioniOxygen Orange1 Basket e Orange1Racing, nata nel 2016, dove il mottoaziendale #wearepassion dimostrache con vera passione si può raggiun-gere ogni traguardo.

D. Funziona il team competitivodi Orange1 Racing?

R. Dodici mesi fa, in Friuli, il nostroprincipale concorrente dichiarava chenon aveva bisogno di un «aiutino»per vincere. Quest’anno, invece, si èfatto cedere la posizione dal giovanecompagno di squadra in più di un’oc-casione, e si è presentato a Veronaforte della presenza di un ex-campio-ne italiano ed europeo, schierato conil dichiarato intento di dargli manfor-te nella lotta per il titolo. Questo è ilcomplimento più bello per noi diOrange1 Racing, perché vuol dire cheabbiamo saputo farci temere e rispet-tare, noi team privato in lotta contro

con la Ford Fiesta Brc e sono andatevia dal Lazio con una doppietta checonsolida la loro seconda posizionein campionato, a pochi punti dal lea-der provvisorio.

D. Avete appena svolto un grandeevento a Verona, «Ruggiti di passio-ne». Di che si è trattato?

R. Con «Ruggiti di passione» ab-biamo voluto lanciare dei progetti dipromozione del lavoro, della culturae del territorio. Cogliendo l’occasionedella finale del Campionato Italianodi Rally in cui abbiamo partecipatocon la nostra scuderia Orange1 Ra-cing, abbiamo coinvolto il pubblico inuna serie di iniziative, conferenze, la-boratori dedicati ai giovani, alla cul-tura, alla passione e al sociale, come il«Rally Therapy» del 14 ottobre che hadato la possibilità a 20 giovani disabi-li di partecipare ad un emozionantetest drive di rally, e il «RecruitingDay» del 15 ottobre durante il qualeai giovani è stata data l’opportunitàdi presentare la loro candidatura almanagement della Holding Orange1.

squadre ufficiali. E tutto questo allanostra prima stagione vera e con unavettura vincente. Evidentemente illeader provvisorio, il suo team ed ilsuo fornitore di pneumatici hannopaura di noi e questo ci riempie di or-goglio e fa salire l’adrenalina.

D. Chi è il vostro rappresentantetra le «Pantere alate»?

R. Simone Campedelli, con il navi-gatore di riserva Pietro Ometto, pre-sentatisi a Verona carichi dopo averdominato anche il Rally di Roma Ca-pitale, confermando di essere qualco-sa di più di una semplice minacciaper i rivali. Abbiamo scelto di contareesclusivamente sulle nostre forze e suquelle del team Brc e della Michelin,che hanno garantito il massimo sup-porto durante tutto il campionato.

D. Nel Rally di Roma Capitale co-me si sono qualificate le «Panterealate»?

R. Vittoria in entrambe le tappe emassimo dei punti in palio per Cam-pedelli e Ometto: le «Pantere alate»hanno dominato l’intero week-end

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Ilpadre un giorno barattò, con un cliente che non po-teva pagarlo, un impianto elettrico con un motore. Dalì parte l’ascesa, tutta veneta, dei Donazzan, e quandoalla guida dell’azienda giunge Armando sono fatte 13acquisizioni in modo da divenire l’unico interlocutore,sotto forma di holding, per il mercato di riferimento.Ma il passo dai motori ai rally è rapido come quello diuna pantera: così nasce anche la sezione Orange1 Ra-cing, e l’auto arancione comincia a correre nelle piste,vincendo. È il Veneto che corre: tanto da aver messo(gratuitamente) anche il logo del turismo della Regio-ne Veneto sull’auto in corsa nel circuito Blancpain GtSeries, a rappresentare questa terra in tutta Europa

06-07-08 Orange1 postciano_4 BLUANNA 17/10/17 09.37 Pagina 13

8 SPECCHIOECONOMICO

D. In che modo sostiene lo sport?R. Oltre che con Orange1 Racing,

sostengo i ragazzi della squadra diBasket Bassano, e non solo. Un’ini-ziativa particolare è stata quella inBrasile, dove una squadra locale digiovani pallavolisti di Campinas, cheha visto sui social quanto siamo atti-vi, ci ha chiesto un contributo, e ab-biamo voluti aiutarli.

D. La vostra comunicazione èmolto attenta: come la affrontate?

R. Abbiamo acquisito l’ItalianGraphic Design di Castelfranco Ve-neto, in provincia di Treviso, con 30anni di esperienza, per integrare ilmondo dei nostri servizi al fine disupportare le politiche di marketingsempre più strategiche per la crescitadel gruppo. Comunicare chi siamo ecosa facciamo a dipendenti, clienti efornitori è diventato imprescindibilee questo deve essere fatto con velo-cità, professionalità e passione.

D. Dove vuole andare attraversotutte queste acquisizioni?

R. Perseguo per la mia società l’o-biettivo di divenire l’interlocutoreunico per prodotti diversificati. Tuttofa capo a una holding di partecipa-zione industriale. Dal 1998 abbiamoavuto acquisizioni per 50 milioni dieuro, investimenti in immobili per 20milioni e per oltre 50 milioni in tec-nologia, miglioramento dell’efficien-za e nuovi prodotti.

D. Una realtà molto incentrata nelVeneto. C’è qualche influenza stra-niera?

R. Il nostro prodotto è completa-mente Made in Italy, e nel settore del-l’elettromeccanica in Italia costituisceun’eccellenza, riconosciuta a livellomondiale sia per la componentisticache per il prodotto finito. Il Venetomi ha aiutato non tanto come regionein sé, ma nel suo spirito, nell’energiache si respira.

D. I motori, appannaggio degliuomini si dice. Ma Orange1 impie-ga molte donne. In che modo?

R. Orange1 Holding si è sempredistinta nell’ambito della parità digenere, garantendo alle donne lestesse opportunità degli uomini intermini di affermazione professiona-le. Ad oggi il gruppo internazionalespecializzato nel settore metalmecca-nico di Arsiè conta 408 donne su untotale di circa 1.200 dipendenti, ov-vero il 34 per cento della forza lavoroe i 3/10 delle posizioni lavorative ri-tenute strategiche sono ricoperte dadonne. La sensibilità verso le temati-che della parità di genere si concre-tizza nell’attuazione di strumenti co-me il «work-life balance», ossia unbilanciamento tra vita privata e lavo-rativa con orari di lavoro atti a soddi-sfare le esigenze dei dipendenti, l’o-rario flessibile, nato nel settore tessile

principalmente sulla competenza, eabbiamo un’apertura internazionale:non importa che lingua parli la no-stra risorsa, purché sia una risorsa.

D. Investite in ricerca e sviluppo?R. La funzione R&S rappresenta

un settore strategico per il mio grup-po. La progettazione e lo sviluppo dinuovi prodotti è un fattore crucialeper una realtà industriale in costantemutamento a causa delle continueinnovazioni tecnologiche e della con-correnza. Sono l’assidua ricerca, lavoglia di emergere e la sete di novitàa muovere tutte le scelte e le strategie

proprio per la forte maggioranzafemminile, e le pari opportunità intermini di carriera e apprendimento.Queste politiche gestionali ci hannopermesso di ottenere «quote rosa» incostante crescita in tutte le aziende eun clima aziendale favorevole allacreazione di un circolo virtuoso, incui i dipendenti crescono insieme al-l’azienda.

D. In che modo avete affrontato lacrisi italiana, europea ed internazio-nale?

R. In quanto legati al settore del-l’automotive abbiamo anche noi av-vertito la crisi, ma grazie alla capa-cità di rivedere il business aziendalee modificare le dinamiche dei costisiamo riusciti a trovare soluzioni vin-centi per rimanere sul mercato condeterminazione, subendo solo in mi-nima parte le problematiche econo-miche e finanziarie e superandole inmodo positivo.

D. Recruiting, lo state facendo an-che ora. Il settore, dal punto di vistadel lavoro, incontra la domanda?

R. Abbiamo difficoltà a reperirepersonale specializzato e flessibilenegli spostamenti rispetto al luogo didimora, per questo siamo molto atti-vi nelle collaborazioni con scuole edenti di formazione. Inoltre, puntiamo

aziendali. Orange1 Holding sviluppaprodotti in grado di adattarsi adeventuali modifiche e richieste. Pri-ma del lancio di un nuovo prodottosul mercato promuoviamo una lungaanalisi di ricerca e sviluppo finalizza-ta a un compromesso tecnico ed eco-nomico che consenta di raggiungereun alto livello qualitativo. Flessibilitàed efficienza ci hanno inoltre consen-tito di orientarci sempre di più versole richieste specifiche del cliente, rea-lizzando versioni personalizzate perapplicazioni speciali. Questo costan-te impegno nella «customizzazione»dei prodotti ha permesso lo sviluppotecnologico e di processo.

D. Perché lei è definito la «Pan-tera»?

R. Questo nome mi è stato datoprima di tutto all’interno dai piùstretti collaboratori, sembra infattiche questo animale abbia caratteristi-che che mi rappresentano: la velocitàdi esecuzione dei lavori ma anche lavelocità dei motori, la velocità dipensare e agire. La pantera è capacedi grande accelerazione, il nostrogruppo ne esemplifica la corsa. Epunta l’obiettivo senza esitazione.Poi la definizione è stata ripresa all’e-sterno, e la pantera è divenuta il no-stro simbolo. ■

Lo chiamano «Pantera»perché questo animale ha caratteristiche che lorappresentano: la velocitàdi esecuzione dei lavori ma anche la velocità deimotori, quella di pensare e di agire. «La pantera è capace di grandeaccelerazione, il nostrogruppo ne esemplifica lacorsa. E punta l’obiettivosenza esitazione»

06-07-08 Orange1 postciano_4 BLUANNA 17/10/17 09.37 Pagina 14

Siamo la cassa di previdenza e assistenza di agenti, rappresentanti e consulenti finanziari che lavorano con un mandato e un contratto di agenzia. Garantiamo una pensione aggiuntiva rispetto a quella Inps e una polizza assicurativa in caso di infortunio o malattia. Offriamo ai nostri iscritti convenzioni e contributi economici per affrontare le spese e le tappe che la vita riserva. Lo facciamo con piacere, dal 1939.

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RICCARDO VITANZA: COMUNICARENON SOLO MUSICA, NON SOLOPAROLE, MA ANCHE I LORO DINTORNI

RICCARDO VITANZA: COMUNICARENON SOLO MUSICA, NON SOLOPAROLE, MA ANCHE I LORO DINTORNI

Con lui un team di giovani, sul suo im-printing formati ed educati alla culturagiornalistica e alla deontologia dal 1990ad oggi, così immessi nel mercato anchea partire dalle sue lezioni all’UniversitàCattolica del Sacro Cuore di Milano, do-ve è docente nel corso di «Ufficio stam-pa e comunicazione» del master in Co-municazione musicale. Con Parole &Dintorni è anche consulente per la comu-nicazione di associazioni, società, locali,manifestazioni, progetti, nonché di attorie personaggi dello spettacolo.

Vitanza nasce a Massaua, in Eritrea,l’8 ottobre 1965, con la passione per ilmondo dei giornali, che si manifesta sindalla tenera età. Di umile famiglia, tra-

sferitosi in Italia, dopo aver interrotto glistudi di Giurisprudenza con cinque esa-mi sul libretto nel 1987 comincia a lavo-rare nel campo della comunicazione co-me copywriter, e nel 1988 entra nel mon-do dello spettacolo come autore di testi,curatore di un periodico e addetto stam-pa per conto del primo locale afro-latinoin Italia, lo Zimba. Nel 1990 inizia l’atti-vità di freelance e si specializza come uf-ficio stampa nell’ambito musicale, costi-tuendo la ditta individuale Parole & Din-torni. I suoi primi clienti sono Jovanotti,Pino Daniele e Giorgia. Nel 1997, Parole& Dintorni diventa una srl. Per conosce-re il mercato musicale in Italia, bisognaparlare con Vitanza.

10 SPECCHIOECONOMICO

intorni. Ossia tutto ciò che c’è in-torno alle parole, e non solo.Questo è Riccardo Vitanza, nu-mero uno della comunicazione

musicale in Italia che rappresenta, qualeufficio stampa, artisti del calibro di Fran-cesco De Gregori, Zucchero, ClaudioBaglioni, Francesco Guccini, LucianoLigabue, Elisa, Renato Zero, Charles Az-navour, Vinicio Capossela, UmbertoTozzi, Piero Pelù, e infiniti altri simbolimusicali, come anche artisti emergenti.Lui li individua, li scopre, li sceglie, liproduce attraverso la sua società, Bollet-tino Edizioni Musicali, e ne fa, attraver-so Parole & Dintorni, oggetto dell’inte-resse della stampa italiana.

DD

a cura di ROMINA CIUFFA

Rappresenta in Italiala più attiva e qualificata comunicazione musicale. Ha un team giovane, e si èfatto da solo. Italiano, nato in Eritrea e milanese di adozione, garantisce unainterazione mediatica improntata all’etica e alla deontologia, oltre che a una continua formazione.Ufficio stampa dei più grandiartisti italiani, da Ligabue aBaglioni, passando per DeGregori, Zucchero, Giorgia,Elisa e altri, segue invece nei localetti i suoi emergenti:una presenza costante, un porto sicuro, perché non sono solo parole

Riccardo Vitanza,fondatore di Parole e Dintorni

10-11-12 Vitanza postciano_4 BLUANNA 17/10/17 09.41 Pagina 10

Domanda. Riccardo Vitanza e din-torni: qual’è la sua storia?

Risposta. Nel 1987 ho iniziato, a Mi-lano, come copywriter in un’agenzia dipubblicità, quindi ho lavorato per un lo-cale di musica afro-latina e, dopo averdigerito tutti i libri di pubblicità e di gior-nalismo, mi sono occupato di ufficiostampa esordendo con il tour di ZiggyMarley, su proposta del proprietario dellocale con cui collaboravo. È nel 1989che nasce «Riccardo Vitanza» come dittaindividuale, per divenire successivamen-te «Parole e Dintorni di Riccardo Vitan-za». Ero solo e lavoravo in una casa-uffi-cio di 20 metri quadrati fino al 1994,quando presi il primo collaboratore. Nel2000 mi trasferii nell’attuale sede di ViaStradivari, con circa 15 persone tra ester-ni ed interni. Con Trident, che organizza-va la gran parte dei tour italiani, comin-ciai subito ad occuparmi in maniera con-creta di artisti importanti, in un rapportomediato dal capo della società con cuidialogavo. Lavoravo molto con gli stra-nieri, per conto di varie società, comeper l’ultima tournée italiana dei Ramo-nes nonché per i primi rapper d’oltreo-ceano: Public Enemy, Beastie Boys, IceCube, Ice-T, tanto rock e britpop primaancora che arrivassero Oasis e Blur. Holavorato anche con questi ultimi, in parti-colare il leader Damon Albarn, all’iniziodella loro carriera: facemmo 98 pagantiin un locale a San Colombano al Lam-bro, vicino a Lodi. Ho curato l’ufficiostampa del primo concerto dei Cranber-ries, con 400 persone, e il primo concer-to in Italia di Jamiroquai. Ho dunque se-guito la comunicazione per i primi espo-nenti dell’easy jazz. Intorno al 1997 PinoDaniele, Jovanotti e Giorgia mi chieserodi occuparmi di loro come ufficio stampapersonale. Nel 2005 mi sono ricongiuntocon Ferdinando Salzano, che aveva la-sciato Trident per guidare F&P Group eche ora gestisce l’80 per cento della mu-sica italiana per la produzione e l’orga-nizzazione di concerti, e dal 2005 sono ilsuo comunicatore di fiducia.

D. Come sceglie i componenti delsuo team di Parole & Dintorni?

R. Quando appenderò il comunicatoal chiodo, ricorderò di aver formato evalorizzato tante persone: è questo ilprincipio da cui parto. Nell’ambientediscografico ne ho cresciute moltissime:di alcune ho trovato un curriculum incassetta postale, altre le ho conosciute insituazioni differenti, spesso sono miei al-lievi provenienti dai corsi che tengo al-l’Università Cattolica di Milano. C’è chirimane, c’è chi va via. Sono un sosteni-tore della «quota rosa» in quanto consi-dero la donna lavoratrice superiore al-l’uomo: attualmente, un ragazzo e 12donne lavorano per me. Alcuni di lorovolano via dopo la formazione, assumotutti e, rispetto al modus operandi dila-gante, dopo che mi è stato dimostrato ilvalore, dallo stage ai piccoli contributi

R. Di produzioni ed edizioni musicali.Con essa ho lanciato Giovanni Allevi edue cantautori che si sono rivelati anchedue grandi autori, Pacifico e NiccolòAgliardi. Due esempi su tutti: «Sei nel-l’anima» di Gianna Nannini, che hascritto Pacifico, e l’ultimo album di Lau-ra Pausini, che in parte ha scritto Agliar-di. Lavorando su di loro anche come uf-ficio stampa, li ho aiutati a farsi conosce-re, sono stato il volano della loro carrie-ra. Ora sto lanciando Ylenia Lucisano,cantautrice pop folk, al cui nuovo album,in uscita in primavera, sta lavorando ilproduttore Taketo Gohara. Altri artistiche seguo sono la cantautrice RobertaGiallo; Giulia Mazzoni, pianista moltobrava con base a Firenze che ho cedutoalla Sony pur rimanendone editore e co-municatore; due chitarristi classici, solo

strumentisti, Roberto Fabbri di Roma eRenato Caruso di Milano. Sto seguendoanche un rapper, Peligro, che adesso stalavorando al suo nuovo album prodottoda Marco Zangirolami, in uscita il pros-simo anno. Ho coperto tutti i vari ambiticon i miei emergenti. Sono io poi che perloro tengo i rapporti e cerco di trovare ilpartner discografico adatto per la distri-buzione. La cosa migliore a quel punto ènon pretendere soldi dalla casa discogra-fica ma darle la possibilità di investirlisull’artista. Io mantengo le edizioni e leroyalties, ma dopo di me entra in campouna struttura che lavora molto anche sulmarketing, attraverso iniezioni di dena-ro. Cerco sempre di mantenere un lowprofile, anche personalmente.

D. Su quale base sceglie gli emer-genti da seguire?

R. Gli emergenti bussano alla porta,vado loro incontro, vedo se c’è una fatti-bilità. Li scelgo per la qualità. Il comuni-catore è comunque un valore aggiunto, laconditio sine qua non è il prodotto: se èbuono, è esaltato e messo in evidenza. Avolte prendo anche prodotti non eccelsima interessanti dal punto di vista delprogetto o del personaggio che lo propo-ne. È anche il carattere dell’artista a farela sua parte: non deve essere necessaria-mente il disco a funzionare, conta ancheil personaggio. Progetti di questo tipo

passo all’assunzione a tempo indetermi-nato. Mio padre, umile benzinaio, mi hasempre detto: dai valore al lavoro. Ho unteam favoloso che lavora oltre gli orarid’ufficio, e se loro mi danno io do anchedi più. Molti datori pagano in nero, a par-tita Iva, con rimborso: io preferisco assu-mere. Sebbene ciò mi dia più oneri, ho lasensazione che la persona lavori solo perme e la considero un socio di fatto. Laprecarietà è un aspetto che non condivi-do, è deleteria. Più si rende precario il la-voro per un giovane, più lo si destabiliz-za, in quanto perde fiducia in se stesso enelle istituzioni, nel Paese e nella vita.

D. Lei ha i più grandi musicisti affi-liati al suo ufficio stampa: come avvie-ne la procedura di scelta?

R. Non scelgo, sono sempre scelto.Sono molto bravo a fare il PR per gli al-tri, ma non lo sono per me stesso ancheperché, essendo un capo operativo in uf-ficio, controllo i miei delegati e sono astretto contatto con tutti, così è difficiletrovare il tempo per fare promozione almio business. Sono più sulla riva delfiume e attendo che il cliente passi. C’èposto per tutti gli artisti, importanti edemergenti, è chiaro che l’aspetto econo-mico è modulato.

D. Non solo Parole & Dintorni: leiha anche la Bollettino Edizioni Musi-cali. Di cosa si occupa?

11SPECCHIOECONOMICOAscoltare un brano

è un’educazione, e la parte educativa deve arrivare dalle istituzioni.L’ascolto «virtuale» non è consapevole. Vivendocon e nella cultura delconsumo e dell’usa e getta, ai giovani d’ogginon interessa la qualità.Noi amavamo la puntinasul vinile; oggi, nellacultura dell’accesso, nonc’è voglia di conservare

Riccardo Vitanza con Zucchero e Ligabue

10-11-12 Vitanza postciano_4 BLUANNA 17/10/17 09.41 Pagina 11

12 SPECCHIOECONOMICO

non ne seguo molti, ovviamente il crite-rio di scelta è quello della qualità. Mal’attenzione deve essere rivolta a chiun-que, altrimenti non esisterebbero un’eti-ca e una deontologia.

D. L’ufficio stampa è un’obbligazio-ne di mezzi, non di risultato, ma ciòspesso non è chiaro. Non si può garan-tire la prima pagina del quotidiano mamolti la pretendono: come reagisce?

R. Rispondo: noi operiamo nell’ambi-to dell’informazione, non nella pubbli-cità. Per quest’ultima, che spesso coinci-de con la pretesa degli artisti, possonoacquistarsi spazi pubblicitari. C’è un rap-porto fra ufficio stampa e giornalista fat-to di complicità, malizia, alleanze, masempre nell’ambito di un’etica e deonto-logia professionale. L’ufficio stampa fa ilproprio lavoro e lo fa bene, tanto che sot-tolineo sempre ai miei collaboratori dinon impiegare superlativi assoluti, per-ché non siamo noi a dover dire che il di-sco è bellissimo: noi avvisiamo che il di-sco esce. L’informazione deve esserepresente nel comunicato stampa, e que-sto è ciò che è richiesto a noi. Non pos-siamo etichettare il nostro artista, è unerrore gravissimo.

D. I tempi sono cambiati. Ora arti-sti che hanno milioni di visualizzazio-ni su YouTube sono spesso stonati,mentre la musica di qualità è quasi bi-strattata. Dove stiamo andando?

R. Sono cambiati gli scenari. Innazi-tutto negli strumenti mediatici, dal faxad internet, fino alle foto, che prima era-no diapositive. Prima si collezionavanovinili, ora si è passati allo streaming e aldownloading. Nel mondo digitale lostreaming sta mandando in pensione ildownloading, che a sua volta ha manda-to in pensione il cd. In questo regime di«pensioni anticipate», per i corsi e ricor-si vichiani sta tornando in auge il vinile,che sta ridando vitalità all’industria cheda Napster e pirateria ha ricevuto solograndi danni. Il problema è che con lostreaming, attraverso Spotify ed altri ag-gregatori, non ci si accorge più che die-tro tutto questo c’è un processo duro edarticolato, c’è un’industria che lavora.L’acquirente non lo capisce e non lo ri-conosce, così pretende musica gratis. Ilsuccesso di un artista ormai viene certi-ficato sulla base dei like, delle visualiz-zazioni, dei followers. Parliamo di «pla-stica»: quello che conta in realtà è l’ac-quisto del disco o del biglietto di un con-certo, non il like. Gli utenti scorrono ecliccano «mi piace» senza dare peso eimportanza, su internet vale tutto e sivuole perpetuare ad ogni costo il quartod’ora di celebrità. È così che si sonocreati anche gli haters, coloro che semi-nano odio in quanto hanno la possibilità,attraverso i post sui vari social, di intera-gire con i loro artisti che, sebbene «ami-ci», poiché collegati su un determinatonetwork, non possono rispondere perso-nalmente a tutti quei messaggi, avere un

libera. Anche i musicisti odiano laSiae. Ha ancora ragione d’essere unente come questo, in un mondo «mordie fuggi»? Qual’è la sua opinione?

R. La Siae ha sempre ragione d’essereperché tutela e protegge il diritto d’auto-re, e questo è fondamentale. Chi ascoltala musica tanto maldestramente deve sa-pere che essa ha un lavoro dietro, cheuna canzone non cade dal cielo e la fi-liera ha dei costi. La musica va pagataperché non si crea gratis. C’è una pro-prietà intellettuale da preservare, c’è unacreatività da tutelare, ci sono dei costi dasostenere in un lungo processo. Una vol-ta che è stato inventato il masterizzatore,la gente ha cominciato a copiare dischi erivenderli; così in seguito con lo strea-ming e tutto il resto. Questo è frutto del-la cultura musicale di oggi, ma la musicadeve essere, comunque, pagata.

D. In questo «villaggio globale», co-me fidarsi dei nuovi artisti che, inrealtà, sono per la gran parte esponen-ti di una musica scadente, anche gra-zie alle dinamiche dei realities? Perchéacquistare un album «fisico» se la qua-lità non è più garantita?

R. Di questo la colpa è proprio dellecase discografiche, che hanno aumentatoindiscriminatamente il prezzo dei cd,uniformando tutti, sbagliando. Imperver-savano e imperavano in un momento, di-sinteressandosi del mercato e di altri ri-voli di guadagno, per loro era importantesolo vendere il disco a prescindere da co-me esso fosse e da chi fosse l’artista, pur-ché produttivo in termini di guadagni. Inrealtà sugli artisti giovani incentivarel’acquisto con prezzi più popolari sareb-be stato ideale, mentre paradossalmenteoggi sono i grandi artisti storici ad essereeconomicamente svalutati, in quanto i lo-ro album sono ormai di catalogo. Ora chele case discografiche da «record com-pany» si sono trasformate in «entertain-ment company», la sola vendita del disconon produce più il fatturato di una volta,ed esse cercano di guadagnare anche sualtri comparti dell’artista: live, sponsoriz-zazioni, merchandising e simili. Ancora:ci vuole cultura. ■

rapporto vero con i fan. Anche la maniadel selfie è imbarazzante. Nel villaggioglobale, quello che aveva ipotizzatoMarshall McLuhan, il veleno è iniet-tato semplicemente con un tweet, gliinsulti arrivano con semplicità. Untempo c’erano i fan club, che facevanoda tramite per inviare la lettera al pro-prio idolo; oggi tutti, dietro ad un com-puter, sono in grado di parlare e scrivo-no direttamente a chi vogliono senzamediazione. Ma ognuno è coevo delproprio tempo, è più facile che un giova-ne non conosca Bob Dylan non avendola cultura adeguata, storica o musicale,quindi le storture diventano evidenti. Èl’esercito dei selfie, come raccontatodalla famosa canzone di Takagi & Ketradi cui abbiamo curato proprio noi l’uffi-cio stampa. Il fisico ha lasciato il postoal digitale, e ora c’è lo streaming: il let-tore cd in effetti non c’è più nemmenonelle macchine e nei computer. Ma pre-diligo la cultura del possesso alla cul-tura dell’accesso. Siamo figli dei muta-menti tecnologici, dove ci portano nonlo sappiamo.

D. Il parallelo è con la psicoterapia:se non la paghi, non funziona. Così lamusica. Come tornare ad una musicadi qualità e ad un’industria musicaleche giri nuovamente?

R. Ascoltare un brano è un’educazio-ne, e la parte educativa deve arrivare dal-le istituzioni. L’ascolto «virtuale» non èun ascolto consapevole. Il suono è com-presso, perciò diverso, e questo deve es-sere oggetto di una formazione musicaleche dobbiamo fornire, combattendo il di-sinteresse verso la ricerca di una sonoritàpulita. Vivendo con e nella cultura delconsumo e dell’usa e getta, ai giovanid’oggi non interessa più la qualità musi-cale. Noi amavamo la puntina sul vinile,ma nell’attuale cultura dell’accesso, do-ve ciò che conta è il presente, non c’èpianificazione, e così non c’è ottica diconservazione. Tolte alcune eccezioni,nessuno programma più il futuro: perchécomprare un cd?

D. La Siae è molto criticata, e sorgo-no nuovi mercati «free», della musica

Il team diParole &Dintorni

10-11-12 Vitanza postciano_4 BLUANNA 17/10/17 09.41 Pagina 12

13SPECCHIOECONOMICO

cancro è una malattia a base soma-tica, che colpisce il corpo. Ma nonrisparmia la mente: l’abbattimentopsicologico che si verifica a causa

delle difficili cure e dell’aspettativadi vita, spesso declinata in negativo,ha una componente molto forte sullepossibilità di guarigione, a partiredall’influenza sullo stile di vita cui ilpaziente oncologico aderisce. La fa-miglia è coinvolta integralmente nelprocesso psicologico. La Sipo, So-cietà italiana di psico-oncologia, neprende atto sin dalla sua fondazione,avvenuta nel 1985: sorta come asso-ciazione integrante le figure profes-sionali (psicologi, oncologi, psichiatrie altri operatori sanitari) che lavoranonell’ambito dell’oncologia e dell’assi-stenza alle persone malate di cancro ealle loro famiglie, promuove la cono-scenza, il progresso e la diffusionedella psico-oncologia in campo clini-co, formativo, sociale e di ricerca.

Iniziativa di rilievo l’indizione diuna giornata nazionale di psico-on-cologia, quest’anno (22 settembre)alla sua seconda edizione.

Vi ha partecipato la FondazioneSoleterre-Strategie di pace onlus, or-ganizzazione umanitaria che operaper garantire i diritti inviolabili degliindividui nelle «terre sole», con pro-getti e attività a favore di soggettivulnerabili in ambito sanitario, psi-co-sociale, educativo e del lavoro,per l’affermazione di una cultura disolidarietà. Oltre che in Italia (a Pa-via), è attiva in Ucraina, Costa d'Avo-rio, Marocco, El Salvador, Congo eUganda, dove adotta metodologie dipartenariato e di co-sviluppo perpromuovere la partecipazione deibeneficiari degli interventi nei Paesidi origine e in terra di migrazione, egarantire la loro efficacia e sostenibi-lità nel tempo.

È presieduta da Damiano Rizziche, dopo aver collaborato con orga-nizzazioni umanitarie internazionali,

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DAMIANO RIZZI (SOLETERRE): PSICO-ONCOLOGIA, IL CANCRO NONDEVE ESSERE UNA «TERRA SOLA»

DAMIANO RIZZI (SOLETERRE): PSICO-ONCOLOGIA, IL CANCRO NONDEVE ESSERE UNA «TERRA SOLA»

Damiano Rizzi,presidente e cofondatore della Fondazione Soleterre Onlus

a cura di ANNA MARIA BRANCA

13-14-15 Soleterre postciano_4 BLUANNA 17/10/17 09.44 Pagina 13

14 SPECCHIOECONOMICO

nel 2001 ha, con altre 5 persone, crea-to Soleterre. Ha così lavorato e coor-dinato progetti di sviluppo umano inBosnia Erzegovina, Kosovo, Costad’Avorio, Albania, Romania, Maroc-co, Moldavia, Ucraina e Italia. Per leiniziative a favore di bambini poverie malati di cancro in Ucraina ha otte-nuto la targa d’argento della Presi-denza della Repubblica italiana.

Domanda. La seconda giornatanazionale della psico-oncologia: chicoinvolge?

Risposta. Coinvolge a livello nazio-nale, regionale e provinciale diversiprofessionisti e associazioni che ga-rantiscono ai pazienti malati di tumo-re e ai loro familiari sostegno e sup-porto psicologico e sociale, con unavisione che considera le dimensionicomplesse della malattia oncologica.

D. Quali sono i suoi obiettivi?R. L’intenzione è quella di offrire

un’assistenza attenta a una migliorequalità di vita durante tutto il percor-so di malattia. Una caratteristica fon-damentale del modello dell’oncolo-gia pediatrica, sviluppato in Italia al-l’interno dei centri Aieop, Associa-zione italiana di ematologia e onco-logia pediatrica, è proprio quella del-la gestione multidisciplinare dellacura. In particolare, l’avere indettouna giornata su questo tema significaimpegnarsi a diffondere e sostenereruolo e funzioni nella psico-oncolo-gia fra i cittadini, per diffondere unapproccio integrato alla conoscenza ealla cura delle malattie neoplastiche.

D. In che modo Soleterre ha parte-cipato al progetto?

R. Soleterre è impegnata fin dallasua nascita, nel 2002, in progetti e in-terventi in difesa del diritto alla salu-te intesa, come indicato dall’Orga-nizzazione mondiale della sanità findal 1948, come «uno stato di comple-to benessere fisico, mentale e socialee non semplicemente assenza di ma-lattia o infermità». Dal 2010 ha atti-vato il Piop, Programma internazio-nale per l’oncologia pediatrica, pergarantire accesso alle cure in Paesi abasso e medio reddito e cure di qua-lità in Italia. La Fondazione aderiscealle principali società scientifiche in-ternazionali che si occupano di onco-logia, quali la Uicc, Union for inter-national cancer control, o la Cci,Childhood cancer international. Inoccasione della seconda giornata na-zionale della psico-oncologia, Sole-terre è intervenuta a Brescia al conve-gno «I bisogni psico-sociali del mala-to e del caregiver. Esperienze sulcampo in Lombardia», presentando idati di una ricerca realizzata sui prin-cipali bisogni dei bambini malati edei loro genitori, condotta in Costad’Avorio, India, Marocco e Ucrainacomparandoli con i dati italiani. Ab-

fettiva nella sua componente emoti-va, che se considerate correttamentepossono migliorare la capacità dicontenimento emotivo dei genitori edei bambini migliorando anche lacompliance terapeutica, ossia la com-ponente comportamentale. Per quan-to attiene alla sfera sociale, dalla ri-cerca emerge che i principali bisogniespressi riguardano le complessecondizioni del contesto socio-econo-mico e della difficoltà di accesso ai si-stemi sanitari e alle cure, «difficoltàfinanziarie e costi troppo elevati» inCosta d’Avorio, «un luogo migliorein cui ricevere cure» in India, «costodegli esami e delle medicine troppoelevato» in Marocco e «cure troppocare e trasfusioni a pagamento» inUcraina.

D. Come nasce e in cosa consiste,esattamente, la Carta dei servizi dipsico-oncologia della Provincia diPavia?

R. Nasce dal bisogno di pubbliciz-zare i tanti servizi attivi nel territoriopavese, dentro e fuori gli ospedali,allo scopo di far sapere all’utente cheesistono e che sono a sua disposizio-ne. Lo scopo è diffondere tali mate-riali in collaborazione con ospedali e

biamo anche presentato la Carta deiservizi di psico-oncologia realizzatapresso l’oncologia pediatrica dell’I-stituto di ricovero e cura a caratterescientifico San Matteo di Pavia.

D. Quali sono i bisogni psicoso-ciali del malato e del caregiver?

R. I dati sono stati raccolti nel cor-so del 2013 da una ricerca finalizzataalla creazione di un confronto inter-nazionale di bisogni e necessità di-chiarate da medici, psicologi e fami-liari di pazienti affetti da tumore in-fantile. In linea con gli studi in lette-ratura focalizzati sulla costruzione dirappresentazioni mentali di malattia(RM) e con la teoria dell’autoregola-zione di Leventhal, il principale biso-gno psicologico espresso attiene allasfera delle conoscenze e delle aspet-tative circa la malattia. Dalla nostraindagine risulta che per definire ilpercorso di senso occorre avere mag-giori informazioni utili alla possibi-lità di rielaborazione personale, oltread un atteggiamento empatico deimedici e del personale. Tale tipo dibisogno espresso, in termini più ge-nerali, atterrebbe alla sfera della psi-co-educazione nella sua componentecognitiva, e dell’educazione socio-af-

PHOTOCREDIT@LIVIO BOURBON

«In Italia il vero problema resta quello del finanzia-mento pubblico alla ricerca, che è presente in una lo-gica emergenziale. Per fortuna esistono organizzazio-ni private che la finanziano. Le condizioni degli ospe-dali sono molto eterogenee tra loro con una difficoltàevidente in alcune aree del sud del Paese. Nei Paesi abasso e medio reddito oltre a non fare ricerca spessonon si ha accesso nemmeno a quella del mondo occi-dentale. Le condizioni degli ospedali pubblici sono,troppo spesso, insufficienti anche nei servizi di base,dalla diagnostica ai protocolli di cura»

13-14-15 Soleterre postciano_4 BLUANNA 17/10/17 09.44 Pagina 14

organizzazioni private che la finan-ziano. Le condizioni degli ospedalisono molto eterogenee tra loro conuna difficoltà evidente in alcune areedel sud del Paese. Nei Paesi a basso emedio reddito, oltre a non fare ricer-ca, spesso non si ha accesso nemme-no a quella del mondo occidentale.Le condizioni degli ospedali pubblicisono troppo spesso insufficienti neiservizi di base, dalla diagnostica aiprotocolli di cura.

D. In che modo la psicologia puòaiutare il paziente oncologico e lesue famiglie?

R. Le evidenze scientifiche indica-no che gli interventi psico-oncologicicomportano una significativa ridu-zione del dolore, dell’ansia e della de-pressione, un miglioramento dellaqualità di vita e un’azione positiva sudiversi parametri biologici indicatoridi stress, quali il cortisolo. Il supportopsico-oncologico è considerato «l’al-tra metà della cura» e influisce positi-vamente sui risultati delle terapie.

D. Siete attivi anche nella psico-oncologia pediatrica: come?

università al fine di fare incontrare ladomanda di servizi e la sua offerta.

D. Siete operativi, come Soleterree Sipo, solo in Lombardia, o anchenel resto del territorio?

R. Soleterre è attiva in campo on-cologico pediatrico in Italia a Pavia enel mondo in Costa d’Avorio, Maroc-co, Ucraina e Uganda. La Sipo è atti-va in tutta Italia e a livello internazio-nale attraverso l’Ipos, ossia Interna-tional psycho-oncology society.

D. Quali sono le vostre iniziativespecifiche? Che impatto hanno?

R. Le nostre iniziative specifiche disupporto psicologico riguardano 10ospedali, 29 associazioni e 18 entipubblici in 5 Paesi di 2 continenti.Aiutiamo 1395 nuclei familiari cheoltre al sostegno psicologico ricevo-no anche aiuti in termini economiciper accedere a diagnosi, medicinali,materiale sanitario ecc. attraverso unfondo d’emergenza creato per forni-re aiuto economico diretto alle fami-glie meno abbienti. Il sostegno psico-logico riguarda anche 347 tra medicie medici specialistici, infermieri e al-tre figure socio-sanitarie per cui è adisposizione il servizio e che ricevo-no formazione continua sul temadell’oncologia pediatrica. Inoltre, laFondazione Soleterre in ogni casa-fa-miglia ha attivato un servizio di psi-co-oncologia. Le case-famiglia inUcraina, Costa d’Avorio e Ugandahanno accolto 293 famiglie garanten-do vitto e alloggio, supporto psicolo-gico e attività ricreative.

D. Qual è l'attuale stato delle ri-cerca oncologica prima, e psico-on-cologica poi, in Italia e nel mondo?E quale lo stato delle strutture ospe-daliere e cliniche private nel nostroPaese, anche in confronto con la si-tuazione globale?

R. In Italia e nel mondo occidentalela ricerca oncologica è sempre in evo-luzione. Grazie all’immunoterapia,alle terapie target, a chemioterapia,chirurgia e radioterapia, i pazientioncologici vivono più a lungo. In Ita-lia il vero problema resta quello delfinanziamento pubblico alla ricerca,che è presente in una logica «emer-genziale». Per fortuna esistono tante

R. Siamo attivi quasi esclusiva-mente in ambito di oncologia pedia-trica attraverso attività di educazio-ne alla salute, diagnosi precoce, acco-glienza, cure mediche, sostegno psi-co-socio-educativo, networking, sen-sibilizzazione e advocacy.

D. Il cancro è una «terra sola»?R. Il cancro è una malattia che va

curata e per fortuna i bambini, se bencurati, possono avere alti tassi di so-pravvivenza. Purtroppo in moltearee della terra i bambini malati ditumore non vengono curati, e allorail cancro diviene una «terra sola».

D. Fondazione Soleterre: comenasce, cos'è, di cosa si occupa, com'èstrutturata, come si regge, in chemodo è supportata: una descrizionegenerale della Fondazione.

R. Soleterre è una fondazione par-tecipata nata circa 15 anni fa con l’in-tenzione di affermare per tutti gli in-dividui il diritto ad essere curati. Loabbiamo sempre fatto con tutte le no-stre forze grazie all’aiuto di tanti do-natori italiani e non solo. Soleterre èanche una concreta possibilità dicambiare davvero con tenacia e pa-zienza le cose che non vanno, poco apoco ma con tanta speranza e fidu-cia. Siamo circa 100 professionisticon competenze in diversi ambiti -medicina, psicologia, gestione e svi-luppo dei progetti umanitari, comu-nicazione, raccolta fondi - che credo-no nel dovere di applicare veramentei diritti umani scritti nelle diverse co-stituzioni e leggi.

D. Lei di cosa si occupa? R. Mi occupo, come psicologo, del-

la supervisione nell’ambito del sup-porto psicologico e sociale del Pro-gramma internazionale per l’oncolo-gia pediatrica. Ho personalmentecontribuito ad avviare i progetti nellearee di intervento e, come presidentedella Fondazione Soleterre, curo irapporti istituzionali e una parte del-la raccolta fondi. Cerco ogni giornodi dare speranza e futuro per poterneregalare una parte consistente alle al-tre persone. Sono sposato e ho due fi-gli a cui vorrei dire un giorno di ave-re fatto al meglio la mia parte per mi-gliorare le cose che non vanno. ■

«Le nostre iniziativedi supporto psicologicoriguardano 10 ospedali,29 associazioni e 18 entipubblici in 5 Paesi di 2continenti. Aiutiamo1395 nuclei familiari che, oltre al sostegno psicologico, ricevonoaiuti economici per accedere a diagnosi, medicinali, materiale sanitario ecc., attraversoun fondo d’emergenzacreato per fornire aiutoeconomico diretto allefamiglie meno abbienti

15SPECCHIOECONOMICO

13-14-15 Soleterre postciano_4 BLUANNA 17/10/17 09.44 Pagina 15

16 SPECCHIOECONOMICO

«Lo studio realizzato dal centro studi CASMEF-LUISS costituisce nel nostro Paese un raro esempio di VIR, Valutazione dell’Impatto Regolatorio. Una minuziosa verifica ex post degli effetti della riforma fiscale sui tabacchi avvenuta in Italia nel 2015»

tezza del gettito e per fornire agli opera-tori del mercato prospettive stabili eprevedibili, riducendo la discrezionalitàdegli interventi e implementando regolecerte, almeno per il medio termine, defi-nendo un vero e proprio calendario fi-scale delle accise».

È la conclusione a cui è giunto lo stu-dio dal titolo «Le riforme del mercatodel tabacco in Italia e in Grecia: verso uncalendario fiscale», curato dai professoriMarco Spallone, Stefano Marzioni eAlessandro Pandimiglio di CASMEF-LUISS, realizzato con il contributo diBritish American Tobacco (BAT) Italia.La ricerca, edita da Minerva Bancaria epresentata a Roma nei giorni scorsi daMarco Spallone insieme a Pasquale Lu-cio Scandizzo, docente di Politica eco-nomica e Senior Fellow presso la Fonda-zione Economia dell’Università di Ro-ma Tor Vergata, e alla responsabile set-tore tabacco di Confagricoltura Pina Ro-mano, rappresenta nel nostro Paese unraro esempio di VIR, Valutazione del-l’Impatto Regolatorio. Ovvero una mi-nuziosa verifica ex post degli effetti del-la riforma della tassazione sui tabacchiavvenuta in Italia nel 2015.

Lo stesso studio, inoltre, ha tracciatoin parallelo un confronto con la VIR rea-lizzata sulla riforma fiscale emanata inGrecia nel 2012 e ha analizzato le rifor-me attuate in Germania nello stesso set-tore, allo scopo di individuare possibili

alternative regolatorie utili a garantirecertezza di gettito allo Stato e sosteni-bilità del mercato, senza alterarne gliequilibri.

«Dalle analisi che abbiamo condot-to–spiega il prof. Spallone–riconoscia-mo sostanzialmente un buon funziona-mento della regolamentazione, almenonei primi due anni della sua applica-zione: questo perché nel biennio 2015-2016 sono stati stabilizzati i volumi e ilgettito, il contrabbando è stato tenutosotto controllo e sono state rispettate ledinamiche competitive presenti sulmercato. Tuttavia non sono mancatecriticità rilevanti e risultati in chiaro-scuro. Tra questi, la vaghezza dei pre-supposti previsti dalla legge per gli in-terventi discrezionali sui parametridella tassazione, l’applicazione di mi-sure drastiche e non graduali, interven-ti dettati dall’emergenza ed effettuatisenza tenere conto dell’impatto pro-gressivo della riforma e di altri fattoriprevisti dalla legge per attivare le clau-sole discrezionali, come l’elasticità el’andamento del mercato e della do-manda. Senza prevedere, infine, i ne-cessari aggiustamenti della normativasulla base del suo effettivo andamento,numeri alla mano. Su questo si dovreb-be e si potrebbe intervenire, guardandoalle stime al ribasso delle entrate fisca-li per il 2017 e ai numeri del MEF».

La riforma sulle accise dei tabacchi

C irca 1 miliardo di euro in man-cate entrate erariali, nelle stimedel Governo per il 2017, rispet-

to agli obiettivi di gettito previsti dallalegge di bilancio del 2016 per l’annosuccessivo. Meno 146 milioni di euro in-cassati dallo Stato nel periodo gennaio-luglio 2017 rispetto alle entrate ottenutenello stesso periodo nel 2016. Questol’allarme lanciato dal centro studi Ca-smef dell’Università Luiss-Guido Car-li, sulla base delle stime del Governopresentate nel Documento di assesta-mento di bilancio e del Bollettino entratetributarie del MEF aggiornato a luglio2017, a 2 anni dall’implementazione del-la riforma fiscale dei tabacchi in Italia e asoli tre mesi dalle modifiche ad essa ap-portate nel giugno di quest’anno.

«La riforma del 2015–dichiara il vice-direttore CASMEF-LUISS Marco Spal-lone–ha garantito almeno inizialmentela stabilità del sistema, seppure entrocerti limiti, fino al momento in cui gliinterventi discrezionali sono stati im-prontati alla moderazione, all’equilibrioe alla gradualità. L’inasprimento del ca-rico fiscale posto in essere nel giugno2017 è avvenuto in modo drastico e re-pentino, con una perdita di gettito giànel primo mese di applicazione (luglio2017), rispetto allo stesso periodo del-l’anno precedente, del 2,2 per cento (ov-vero, -21 milioni di euro). E nel periodogennaio-luglio 2017 il calo è stato del2,3 per cento, con -146 milioni di eurodi entrate rispetto al primo semestre2016, secondo il bollettino delle entratedel MEF aggiornato a luglio. E purtrop-po il Governo stima per l’anno 2017 undecremento complessivo pari a circa 1miliardo di euro in minori entrate per lecasse dello Stato, rispetto alle previsionidella Legge di Bilancio 2016. A nostroavviso sarebbe necessario un nuovo in-tervento normativo, per assicurare cer-

R I F O R M E F I S C A L I E M E R C A T O D E L T A B A C C O , C A S M E F - L U I S S :

N E L 2 0 1 7 S T I M A T O 1 M I L I A R D OI N M E N O D I E N T R A T E E R A R I A L I

S E T T O R E T A B A C C H I

Necessario definire un calendario fiscaledelle accise per assicurare la sostenibilità

del mercato e la certezza di gettito per il Fisco

Un momento della presentazionedello studio CASMEF-LUISS

16-17 Bat postciano_32 Pedrizzi 17/10/17 16.53 Pagina 68

17SPECCHIOECONOMICO

emanata nel 2015 ha modificato la meto-dologia per il calcolo dei tre parametrifondamentali della tassazione, legandolastrettamente all’evoluzione del prezzomedio ponderato o PMP (l’aliquota baseè stata portata al 58,7 per cento del prez-zo medio ponderato; la specifica è statainnalzata al 10 per cento ed è stato intro-dotto un onere fiscale minimo pari a 170euro per kilogrammo, ossia mille sigaret-te). A due anni di distanza dall’introdu-zione di questa riforma fiscale, l’anda-mento del gettito è rimasto sostanzial-mente stabile e in linea con l’andamentodel mercato.

Le scelte inizialmente operate dal le-gislatore hanno consentito un inaspri-mento del carico fiscale senza distor-cere la dinamica concorrenziale sulmercato, lasciando di fatto ai consu-matori, in un primo tempo, la possibi-lità di accedere ad un ampio e diversi-ficato spettro di prodotti. Nonostanteun buon impianto di base, la riformasi è, per altri aspetti, rivelata carente:eccessivi spazi di discrezionalità lasciatiall’Amministrazione competente hannodeterminato imprevedibilità e incertezzadi medio periodo circa le politiche fisca-li, spingendo i diversi produttori a eserci-tare forti pressioni per la tutela dei propriinteressi economici e mettendo in peri-colo la stabilità del gettito. I primi mesidel 2017, infatti, sono stati caratterizzatida una grande incertezza che ha compor-tato ritardi nell’adeguamento dei para-metri e conseguente perdita di gettito.

E a causa della preoccupante situazio-ne dei conti pubblici, l’intervento postoin essere nel giugno del 2017 si è concre-tizzato in un aumento del carico fiscaledrastico e non graduale, soprattutto sullesigarette delle fasce di prezzo più basse(attraverso l’innalzamento dell’aliquotadi base dal 58,7 per cento al 59,1 percento, l’aumento della componente spe-cifica di mezzo punto percentuale porta-ta al 10,5 per cento e l’innalzamento del-l’onere fiscale minimo, portato a 175,54euro/kg). Le decisioni sulla fiscalità deltabacco sono state prese in condizioni diurgenza, appaiono sbilanciate a discapitodelle fasce di prezzo più basse e non so-no stati previsti aggiustamenti in corsod’opera sulla base dell’effettivo anda-mento del mercato a seguito dellariforma, ma solo legati all’adegua-mento automatico del PMP.

«Per questi motivi, una possibile solu-zione per ridurre i margini di incertezza,garantire la certezza delle entrate per loStato e ancorare le aspettative degli ope-ratori ad un parametro oggettivo per unareale sostenibilità del sistema–afferma ilCASMEF-LUISS–potrebbe essere unapianificazione condivisa e il più possibi-le certa nel medio-lungo termine, adesempio 5 anni. In sostanza un calenda-rio fiscale delle accise, che includessetrasformazioni graduali ed equilibrate eche facesse riferimento alla storia del

settore in Italia e ad altre esperienze in-ternazionali di successo».

Dello stesso parere anche AndreaConzonato, presidente e AD di BATItalia: «Un calendario fiscale delle acci-se, prima ancora che uno strumento utile,è un principio di civiltà giuridica. Oggi igrandi investitori internazionali sono allaricerca di luoghi stabili in cui effettuareinvestimenti. Nel nostro Paese l’eccessi-va burocrazia, una giustizia troppo lenta,infrastrutture spesso carenti ma, soprat-tutto, l’incertezza giuridica e regolatoria,rendono l’Italia un posto meno appetibi-le per i grandi investimenti. Auspico cheparole come certezza, prevedibilità e so-stenibilità possano ispirare le future scel-te di Governo, per consentire all’Italia dicontinuare a crescere, competere e attrar-re investimenti che garantiscano miglio-ramenti strutturali e prosperità all’econo-mia del nostro Paese». ❊

S enza regole certe e gradualitàdegli interventi è impossibilegarantire stabilità fiscale ed en-

trate erariali prevedibili. Emblematico èil caso della Grecia: la riforma fiscale en-trata in vigore in un momento di graveinstabilità economica ha da subito annul-lato la sostenibilità del mercato, rompen-do equilibri consolidati e affossando ilgettito, nonché favorendo lo sviluppo diun fiorente mercato illegale.

Con un ribaltamento dello schema del-le accise, che da prevalentemente pro-porzionale è diventato prevalentementespecifico, la riforma fiscale greca del2012 ha determinato un repentino mag-giore carico fiscale sui prodotti di prezzobasso con variazioni di prezzo altrettantorepentine, causando uno shock per i con-sumatori e privandoli di alternative me-no costose sul mercato legale, riducendoi volumi e favorendo una crescita espo-nenziale del contrabbando (con perditein termini di mancate entrate fiscali paria 600 milioni di euro nel solo 2016). Lamancata gradualità degli interventi hainoltre rafforzato le criticità del mercato,favorendo le attività delle organizzazionicriminali e riducendo fortemente la tute-la dei consumatori. ❊

Apoco più di due anni dall’entrata in vigore della riformasulla tassazione dei tabacchi in Italia, il CASMEF-LUISS presenta uno studio, realizzato con il contributo

di British American Tobacco Italia, che analizza per la primavolta i risultati ottenuti dalla nuova regolamentazione e suc-cessive modifiche. Una rigorosa valutazione dell’impatto rego-latorio della riforma fiscale italiana del 2015 e di quella imple-mentata in Grecia nel 2012, per evidenziare luci e ombre degliinterventi effettuati nei due Paesi e tracciare possibili soluzio-ni per il futuro. Intanto è «allarme» sulla riduzione del gettito

T ra il 2002 e il 2005, il Governotedesco ha incrementato la tas-sazione sulle sigarette. L’acci-

sa (in Germania completamente specifi-ca) è cresciuta in 4 anni del 71 per cento,raggiungendo un’incidenza del 62,3 percento sul prezzo medio. I maggiori onerifiscali hanno spinto il prezzo medio diun pacchetto ad aumentare del 51 percento. Come contraccolpo, la domandaha subito una contrazione pari quasi a unterzo del mercato, spostando i consuma-tori su prodotti a basso prezzo e gene-rando una diminuzione del gettito al disotto delle attese e una crescita intensadel contrabbando.

Il Governo tedesco ha allora modifica-to la strategia indicando come priorità ilcontrasto al commercio illecito, per assi-curare una crescita adeguata del gettitoattraverso la prevedibilità e la trasparen-za degli obiettivi erariali, e ridurre l’in-certezza degli operatori di mercato. Nel2010 è stato proposto un modello validoper i successivi cinque anni, secondo cuila crescita dell’accisa sarebbe stata co-stante e legata, almeno in parte, al tassomedio di inflazione calcolato su dieci an-ni. La pianificazione 2011-2015 ha por-tato ad un gettito complessivo superiorealle previsioni di ben 2,4 miliardi di eu-ro. Anche il contrasto al contrabbando disigarette è stato efficace.

«La forza del modello tedesco–con-clude il CASMEF-LUISS–è stata quelladi introdurre incrementi graduali e mo-derati dell’accisa, in linea con l’anda-mento del livello generale dei prezzi. IlGoverno tedesco non ha inteso dare aiplayer del mercato alcun trattamento difavore. Anzi: nell’ultimo decennio si èassistito ad un inesorabile inasprimentodella fiscalità, che si è svolto però in ma-niera ordinata e prevedibile. Lo stessodisegno è auspicabile anche in Italia:definendo un calendario fiscale a 5 an-ni e ancorando le accise al parametrodell’inflazione media programmata,per garantire la sostenibilità fiscale edel mercato insieme a entrate erarialicerte e prevedibili, consentendo aglioperatori di pianificare i propri inve-stimenti nel medio-lungo termine». ❊

IL CASO FALLIMENTAREDELLA GRECIA

LA GERMANIA,UN ESEMPIO DI SUCCESSO

16-17 Bat postciano_32 Pedrizzi 17/10/17 16.53 Pagina 69

Dalla Germania all’Italia. Un vanto quello di essere soloi secondi nel mondo, ma i primi dopo il Paese tede-sco, ad avere «Didacta», il più importante appunta-

mento fieristico sul mondo della scuola. Didacta Interna-tional, da oltre 50 anni a Francoforte, è approdata per unaintensa tre-giorni a Firenze: quale luogo migliore se nonquello cui è attribuito il primato della lingua italiana? Cosìil capoluogo toscano si è trasformato, dal 27 al 29 settem-bre, nella capitale europea della scuola del futuro, nella cor-nice della Fortezza da Basso, in centro, a due passi dal-la stazione, su 4 padiglioni e 27 mila metri quadrati. Ciògrazie agli sforzi di FirenzeFiera insieme alle principali isti-tuzioni del territorio (Regione Toscana, Comune di Firen-ze, Camera di commercio di Firenze) e Didacta Interna-tional, con il supporto della Camera di commercio italia-na per la Germania (Itkam) e del Florence Convention &Visitors Bureau. Indire è partner scientifico di Fiera Didac-ta Italia ed organizzatore degli appuntamenti. Enti patro-cinanti sono il Miur, il Dipartimento delle Politiche europeedella Presidenza del Consiglio dei ministri, l’Ambasciatadella Repubblica federale tedesca in Italia, il Centro italo-tedesco Villa Vigoni, Unioncamere e Assocamerestero.

Il ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli, presente, ha sot-tolineato come «questa prima edizione è la prova che esi-ste una qualità innovativa della scuola. In questa fiera ver-rà affrontato un tema importante: il confronto sui contenu-ti dell’innovazione didattica. Qui, ogni anno, dovranno in-contrarsi le migliori esperienze e le buone pratiche, le re-altà migliori nell’ambito della didattica, che abbiano comepriorità la qualità dei percorsi formativi delle nostre ragaz-ze e dei nostri ragazzi. In questo contesto la formazionedel corpo docente è al centro del processo innovativo, cosìcome le nuove responsabilità della scuola».

Fiera Didacta Italia nasce con l’obiettivo di favorire il di-battito sul mondo dell’istruzione tra gli enti, le associazio-ni e gli imprenditori, per creare un luogo di incontro tra lescuole e le aziende del settore. Un nuovo format che si svi-luppa su due livelli: un’attività espositiva, che coinvolge lalunga filiera delle aziende che lavorano nel mondo dellascuola e della formazione, e un’attività dedicata ad even-ti quali convegni e seminari che spaziano dall’area tecno-logica a quella scientifica e umanistica, fino allo spazio d’ap-prendimento. Così interessa tutti coloro che operano nelsettore dell’istruzione, dell’educazione e della formazioneprofessionale. In particolare, rappresentanti istituzionali,docenti, dirigenti scolastici, educatori e formatori, oltre aprofessionisti e imprenditori operanti nel settore della scuo-la e della tecnologia.

Chiusasi con un «sold out»: oltre 20 mila presenze, 150espositori da tutta Italia con prevalenza lombarda, piemon-

18 SPECCHIOECONOMICO

DIDACTA, LEONARDOBASSILICHI: NUOVOPOLO FIERISTICO ECULTURALE ITALIANO

Didacta Italia ha debuttato ingrande stile a Firenze dopo 50anni di successo in Germania,

un evento che punta a diventare un ap-puntamento annuale di riferimento peril futuro della scuola in Italia e nei Pae-si dell’area mediterranea. «Non è sta-to il successo della fiera ma dell’Italiaintera, capace di organizzare la primaedizione internazionale di Didacta fuo-ri della Germania–dichiara LeonardoBassilichi–. Con lo stesso entusiasmostiamo già lavorando alla prossimaedizione che si svolgerà dal 18 al 20 ot-tobre 2018 all’interno della Fortezza daBasso, convinti che possiamo rappre-sentare il luogo di incontro per lo svi-luppo della cultura e delle eccellenze.Esser riusciti ad importare il più gran-de evento internazionale sul mondodella scuola è la prova tangibile di unsistema Italia che funziona»

Leonardo Bassilichi,presidente di Firenze Fiera, presidente di Didacta Italia,

presidente della Camera di commercio di Firenze

FOCUS SCUOLA

18-19 Bassilichi postciano_Layout 1 17/10/17 09.45 Pagina 1

tese, veneta, emiliana, romagnola, sici-liana, e 9 aziende internazionali arriva-te da Germania, Austria, Gran Bretagnae Cina. 153 gli eventi e i workshop in 18sale, 233 le ore di seminari scientifici con460 relatori selezionati fra docenti, esper-ti, ricercatori universitari e tecnici, 4 lemostre fotografiche: da Don Milani allaBanca d’Italia, dall’Archivio Storico Indi-re agli scatti sull’Europa della Presi-denza del Consiglio dei ministri. 18 glieventi del Didacta Off, svoltisi in città nelcomplesso delle Murate, all’Auditorium diS. Apollonia e in Palazzo Vecchio.

La prima edizione è anche servita acreare una comunità, come emerge dal-l’analisi dei social nella tre-giorni: quasi8.500 i fan su facebook , il 90 per centodei quali è costituito dai docenti. Su twit-ter l’hashtag #Didacta2017 è stato tra i«trending topic» in Toscana per la dura-ta della fiera. Il sito di Didacta Italia è sta-to visitato da 102 mila utenti unici con unamedia di 3,57 pagine a testa.

Ne parla Leonardo Bassilichi in quan-to, in qualità di presidente della Cameradi commercio fiorentina e di Firenze Fie-ra spa, ha unito i due strumenti - came-rale e fieristico - in direzione di un unicoobiettivo: l’incontro tra domanda e offer-ta, tra competenze e imprese, con l’inten-to di colmare il gap informativo presentenella nostra società e ben riassunto nel-la funzione dello schema alternanzascuola-lavoro.

D. In che modo è giunto ad «impor-tare» Didacta International in Italia?

R. Nel ruolo di presidente della Came-ra di commercio di Firenze, che ricopro datre anni, tra le iniziative relative al mondocamerale ho individuato nel mondo fieri-stico-congressuale uno degli elementipiù importanti e attrattivi per alzare il livel-lo turistico della nostra città. Presiedo an-che Firenze Fiera spa, del cui consiglio diamministrazione faceva parte l’assesso-re Anna Paola Concia la quale, vivendo inGermania ed iniziando a conoscere ilmondo fieristico tedesco, ha creato un col-legamento tra la Camera di commercio te-desca e quella fiorentina, embrione da cuiè nata Didacta Italia.

D. In che rapporti è Didacta Interna-tional con Didacta Italia?

R. In realtà, Didacta Italia è autocon-sistente in questo momento sia pure sederivata dal modello di Francoforte. Du-rante l’evento c’è stato un grande coinvol-gimento, un pathos che i tedeschi hannonotato e che sottolineo anche inaspetta-to, essendo una prima edizione. WassiliosE. Fthenakis, presidente di Didacta In-ternational, è sempre stato accanto a noi.E non diamo per scontato che i tedeschivolessero esportare questo format.

D. In che modo la Camera di commer-cio e Firenze si sono fatte portatrici diun programma tanto articolato e di unariallocazione della fieristica italiana?

R. Come Camera di commercio abbia-mo visto che il settore fieristico avevabisogno, più di altri, di un interventomassiccio e abbiamo iniettato risorse,spostando la maggior parte del nostro ca-pitale e progettando una serie di interven-ti. «Camere di commercio» è un marchionoto in tutta Italia, imprese e non impre-se, ma nessuno ne conosce la funzione.Esse avevano risorse che venivano distri-buite sul territorio per effetto di partecipa-zioni ad eventi e patrocini; in realtà il loroscopo è quello di levare burocrazia alleimprese ed aiutare il mercato regolato at-traverso la trasparenza; in Italia, rispet-to al resto del mondo, si sa tutto delle im-prese. Inoltre le Camere di commerciosupportano le imprese nelle necessitàdelle collettività. Ed è qui che nasce Di-dacta: il supporto, infatti, va dato ad ini-ziative di comparto complessive che aiu-tino tutti a crescere nell’economia. Siamocosì intervenuti su due fronti: abbiamo ta-gliato le tasse del 50 per cento, così senel 2014 un’impresa nel sistema came-rale pagava una somma, oggi ne paga lametà, e questo è già un fatto importante.Firenze ha fatto da stimolo, ancheper la presenza di un ex premier cheper le imprese ha fatto molto, ed io,come rappresentante del sistema ca-merale fiorentino, avvertivo una forteresponsabilità. Sul residuo 50 per cen-to volevamo fare qualcosa di importanteche fosse il motore delle iniziative di cia-scuna Camera di commercio sul proprioterritorio di competenza, in Italia molto va-riegato. In Toscana avevamo necessità dilavorare alzando il livello del turismocongressuale, così abbiamo venduto unpalazzo della nostra Camera di com-mercio per 70 milioni di euro e abbia-mo proposto alla Fortezza da Basso diutilizzare l’asset da ristrutturare attra-verso una comproprietà, per poi pro-cedere al rilancio. Stiamo lavorando perriqualificare la location: 60 mila metri qua-drati all’interno di mura del 1500 e del1300, praticamente un museo storico incui ospitare eventi importanti anche perla vicinanza al centro e alla stazione. Ab-biamo quindi avviato un programma dirilancio di Firenze Fiera, società con-cessionaria, parallelo all’investimentosull’infrastruttura, così la Camera dicommercio di Firenze ha assunto lapresidenza di Firenze Fiera. Per effet-to di questi passaggi, oggi abbiamo Di-dacta. In qualità di presidente della Ca-mera di commercio fiorentina e di Firen-ze Fiera, ho unito i due strumenti.

D. Perché proprio la scuola come pri-mo contenuto?

R. A Firenze, come nel resto d’Italia, sicercano competenze. Nell’area metropo-litana di Firenze abbiamo rilevato che, daagosto a ottobre, le imprese hanno biso-gno di 19.600 competenze con caratteri-stiche chiare. Eppure i dati mostrano alti

livelli di disoccupazione, giovanile o nongiovanile, a Firenze e in Italia. Come puòessere possibile? Non possiamo non bat-terci tutti per far incontrare domanda edofferta. Troppi sono gli stereotipi: le impre-se sono chiuse, le scuole sono vecchie,ed ognuno, nella civiltà odierna, ha il pro-prio. Tutti sono da sconfiggere. L’alter-nanza scuola-lavoro nell’esperienzatedesca, tra i contenuti principali di Di-dacta International, è l’elemento fon-dante: se procedessimo su questoschema, anche a piccole dosi, po-tremmo ridurre il gap tra i disoccupa-ti e la ricerca, un gap causato anchedall’assenza di alternanza: i ragazzinon si indirizzano dove sono necessariele loro competenze perché le scuole nonconoscono i bisogni della società, perchéin famiglia si pensa sempre alla vecchiamaniera, ossia si preferisce per i figli unacarriera sicura come quella dell’avvoca-to, e perché i ragazzi sono giovani e di-sorientati per definizione.

D. Cosa fare, dunque, per sanare que-sta situazione?

R. Dobbiamo dare un’informazionechiara su cosa serva in funzione di indiriz-zo, dobbiamo convincere le imprese a fareun sacrificio nell’accompagnare per treanni i giovani e spiegare loro concretamen-te il mondo. Siamo onesti: fare alternan-za è un sacrificio, ma la Camera di com-mercio offre degli aiuti.

D. Cosa ottenete con Didacta? R. Non solo una fiera perfettamente

compatibile con l’esigenza di alzare il livel-lo congressuale fieristico a Firenze, ma an-che la copertura di una serie di gap pre-senti nel nostro Paese causati da questaassenza di informazione. La fiera non vuo-le essere fiorentina, ma italiana, ed è an-data su un asse quantitativo maggiore ri-spetto a quello che ci aspettavamo, anchecon liste di attesa per i workshop e dibat-titi molto significativi. Ora, nell’immagina-rio collettivo, a Firenze c’è un nuovo polofieristico, il turismo ne sarà incentivato, ma-noi partiamo dalla stessa cultura. ❊

19SPECCHIOECONOMICO

Wassilios E. Fthenakis, presidente di Didacta International

18-19 Bassilichi postciano_Layout 1 17/10/17 09.45 Pagina 2

Lanciare la scuola da Firenze, e lanciare Firenze dal-la scuola. Innovare è la parola chiave. Strettamentecollegata ad internazionalizzare. E, per internaziona-

lizzare, Anna Paola Concia è la persona giusta. Non sololo ha pensato il presidente della Camera di commercio fio-rentina Leonardo Bassilichi, che l’ha scelta come consiglie-re di amministrazione per Firenze Fiera, ma anche il sin-daco di Firenze Dario Nardella, che ha richiesto il suo in-tervento sul turismo con il ruolo di assessore. Lei, a Fran-coforte come consulente dell’ITKAM, la Camera di com-mercio italiana per la Germania, già deputata del PartitoDemocratico nella XVI Legislatura, ha in un attimo colle-gato Italia e Germania.

Innanzitutto a livello fieristico: così si è fatta promotricedell’organizzazione del primo «Didacta Italia», importan-dolo da Stoccarda e mettendo in collegamento i due siste-mi camerali; quindi a livello turistico, creando un networktra città d’arte italiane coordinato con il Ministero dei Beniculturali; infine, «last but not least», fondando un «board»per l’internazionalizzazione e l’attrattività di investimentiavente base e partenza a Firenze, con lo scopo di crea-re una strategia e un piano operativo coordinato delle mis-sioni istituzionali del Comune dantesco all’estero, unpunto di riferimento permanente sia per l’esportazione cheper l’attrazione di investimenti, in un’ottica di efficienza, ra-zionalizzazione e sistematizzazione degli attori componen-ti il board stesso, al fine di promuovere il territorio metro-politano in modo omogeneo e sempre più al passo con unmercato globalizzato.

Domanda. È una dei principali organizzatori di Didac-ta Italia, anche per la sua esperienza tedesca. Come èavvenuta questa connessione?

Risposta. Vivo a Francoforte, sono consulente dell’IT-KAM, e sono stata chiamata due anni fa ad entrare nel con-siglio di amministrazione di Firenze Fiera, con un obietti-vo esplicito di internazionalizzazione. Gli esponenti di Di-dacta International mi hanno palesato l’intenzione diesportare il loro evento fieristico, che ha un percorso di 50anni, e sono diventata coordinatrice del comitato organiz-zatore che ci ha portato fin qui.

D. Quali sono le principali differenze con il Didactatedesco?

R. Il format è uguale a quello tedesco, ma la scuola inGermania è diversa. Intanto il primo elemento di differen-ziazione: il Ministero dell’Istruzione e della Ricerca scien-tifica ha molto meno potere del nostro, poiché contano iLänder, ossia le Regioni nell’ambito di un Paese molto fe-derale. Un secondo elemento considera la pregressa espe-rienza nazista, per cui ad oggi l’educazione non è centra-

20 SPECCHIOECONOMICO

PAOLA CONCIA: DAFIRENZE PARTE UNSINERGICO VIAGGIOVERSO IL FUTURO

Motore di internazionalizzazione,Anna Paola Concia guida oggiil turismo fiorentino attraverso

la sua esperienza, maturata principal-mente in Germania - che lei consideraun Paese in movimento - e in Italia, dicui conosce il territorio e le esigenze.È per questo che è stata il trait d’uniontra tedeschi e italiani nell’esportazionedi Didacta International a Firenze; è perquesto che ha creato un network tra lecittà d’arte italiane con il coinvolgimen-to del Ministero dei Beni culturali; è perquesto che ha costituito un «board» perl’internazionalizzazione e l’attrattività diinvestimenti allo scopo di organizzaremissioni e viaggi all’estero istituziona-li in cui tutti gli enti sono sinergici come«un sol uomo» e si portano anche i«gioielli di famiglia»

Anna Paola Concia, assessore al Turismo della città di Firenze, consulente per l’ITKAM,

la Camera di commercio italiana per la Germania, e consigliere d’amministrazione di Firenze Fiera

FOCUS SCUOLA

20-21 Concia postciano_Layout 1 17/10/17 09.46 Pagina 1

lizzata bensì regionalizzata, con i pro-blemi che ciò comporta, perché model-li educativi ed organizzazione sono di-versi da regione a regione, dunque sitratta di una scuola troppo diversificatae su livelli diversi. Ma è dotata di un ap-proccio da innovatori. L’associazione Di-dacta International è una fucina di ideeinnovative sulla scuola che sono segui-te in tutto il mondo.

D. Obiettivi unici, quelli italiani e te-deschi, ma necessariamente diversi perle differenze di base. Quali?

R. Obiettivo unico è quello di continua-re a lavorare insieme, perché questa pri-ma esperienza è andata benissimo, haavuto una grandissima risposta da partedi insegnanti, aziende e pubblico, tantoche abbiamo già fissato la data per la se-conda edizione del prossimo anno. Didac-ta in Germania è una delle fiere più gran-di del mondo, con circa 850 espositori edecine di migliaia di persone presenti;questa è la prima internazionalizzazione,e per essa i tedeschi hanno scelto l’Italia.Non c’è un’altra Didacta. L’obiettivo italia-no è che questo evento fieristico diventiil punto di riferimento dei Paesi mediter-ranei e balcanici sulla scuola del futuro esull’innovazione digitale. Lo stesso obiet-tivo hanno i tedeschi. Intendiamo svilup-pare un movimento su tali temi anche nel-le nostre aree, ferma restando una fortecollaborazione con la Germania, ancorapiù esaltata dalla riuscita del nostro primoevento. Faremo una prima riunione del co-mitato organizzatore per tracciare un bi-lancio di questa edizione, e per comincia-re ad organizzare concretamente Didac-ta 2018, che si prepara ad essere anchepiù complessa.

D. A proposito di scuola e di investi-menti, comʼè la situazione allo stato at-tuale?

R. Vero è che in Italia negli anni passa-ti si è disinvestito nella scuola, ma final-mente l’istruzione sta ottenendo grandi in-vestimenti e l’attenzione di questo Gover-no. Noi di Didacta abbiamo intenzione dipreparare un grande piano industrialeper la scuola, spingendo le aziende adaggiornarsi ed affiliarsi attraverso pro-pri investimenti. Le aziende italiane de-vono entrare nell’ordine di idee che lascuola sta cambiando, e devono innovar-si con essa facendo proposte legate ainuovi modelli organizzativi, molti dei qua-li si sono delineati anche nei workshop diDidacta. Così vogliamo tenere insieme ilmercato del lavoro, le aziende e la scuo-la del futuro, sperando che sia un futuroprossimo, anzi, un «futuro-oggi». L’aggior-namento degli insegnanti mette questi ul-timi in condizione di utilizzare immediata-mente le nuove competenze, acquisite conla formazione continua, e ciò deve avereun seguito nell’intera società, dunque apartire dai tempi di reattività delle impre-se che per prime devono adeguarvisi.

D. Cʼè un limite strutturale qui in Ita-lia, che è la lentezza notoria del siste-ma. Lei, che attualmente risiede inGermania, come lo ritiene superabile?

R. Mi divido tra Francoforte e Firenze,due città completamente diverse. Sicura-mente la Germania è un Paese più dina-mico, in movimento. Il grande entusiasmodei docenti che hanno partecipato da tut-ta Italia fa pensare ad una voglia di riscat-to da parte della scuola, l’esigenza di pro-iettarsi verso il nuovo. La scuola in Italiaè stata molto bistrattata e si sta cercan-do di restituirle il ruolo che deve avere,cioè quella di motore del cambiamento. Itedeschi, invece, invidiano molto il nostromodello educativo, per questo assumonomolti dei nostri professionisti. L’ambizio-ne che abbiamo è rendere Firenze pun-to di riferimento di questa innovazione.

D. Qualʼè la strategia turistica per Fi-renze?

R. Firenze è una città dalla grande pres-sione turistica, che nel tempo è esplosa.Così abbiamo deciso di costituire un net-work di città d’arte tra Firenze, Roma, Ve-nezia, Napoli e Milano, fondato sul turismosostenibile, e abbiamo coinvolto il Ministe-ro dei Beni culturali al fine di decongestio-nare questi centri. Siamo già entrati nel-la fase attuativa del piano strategicocome sperimentazione di soluzioni allapressione turistica e faremo la prima riu-nione a breve. La decongestione è lega-ta anche all’uso della tecnologia, e ci fa-remo aiutare dalle applicazioni per evita-re che i turisti vadano tutti nello stesso mo-mento a visitare lo stesso posto, dirotta-ti in altri luoghi di altrettanto spessore per-ché informati e stimolati. La pressione tu-ristica si ha quando nello stesso momen-to c’è tanta gente nello stesso posto, Fi-renze consta di soli 5 chilometri quadra-ti di centro turistico, Roma ha l’apice inFontana di Trevi, Venezia in piazza SanMarco. La radice del problema è anchenelle modalità con cui le città vengono rac-contate all’estero, è un problema di nar-razione, di informativa che da noi giungeall’estero e che viene trasmessa ai turisti.Questo tipo di colloquio tra Ministero e lecittà non si era mai verificato.

D. «Basta gite, basta improvvisazio-ne, basta carenze strutturali. Firenze èun brand conosciuto, amato e voluto intutto il mondo, e muoversi con questomarchio significa e deve sempre più si-gnificare avere un vantaggio competi-tivo senza pari», ha dichiarato il sinda-co Nardella. Lei ha fondato il primo «bo-ard» per lʼinternazionalizzazione e lʼat-trazione degli investimenti proprio apartire dal Comune di Firenze: di cosasi tratta?

R. Per quanto riguarda i metodi di inter-nazionalizzazione e di attrazione di inve-stimenti, i tedeschi e gli americani sono iprimi. Qui a Firenze ho riportato questimodelli, anche forte del lavoro che ho

svolto in molte aree del territorio. Sonoconsapevole del fatto che ogni ente fapassi isolati senza congiungersi con gli al-tri. Ho parlato con ciascuna categoria percreare un «board», ossia un nucleo gui-dato dal Comune, in cui tutti insieme or-ganizziamo missioni all’estero. Non essen-do toscana non provengo da alcuna ca-tegoria ma sono un’esperta di internazio-nalizzazione, con il vantaggio di essereuna professionista oltre che un’esterna ri-spetto al Comune in cui ora mi trovo adoperare. Non si fanno più le gite, ma si co-struisce un metodo per andare a fare lemissioni. Dopo varie riunioni in cui abbia-mo deciso dove andare e con quali obiet-tivi, abbiamo pianificato una missione mi-rata con interlocutori individuati, portan-do con noi i «gioielli di famiglia», ossiaesponenti di grandi realtà italiane. La pri-ma è stata a Berlino, il cui sindaco ha in-contrato Nardella, in un incontro di carat-tere economico ed istituzionale. Tra i«gioielli di famiglia» abbiamo scelto pro-prio un tedesco, Eike Schmidt, a rappre-sentare la Galleria degli Uffizi di cui è di-rettore, e Cristiano Chiarot, sovrintenden-te della Fondazione del Maggio musica-le, evento che vogliamo vendere. Il «bo-ard» non esiste in nessuna parte d’Italia,noi stiamo costruendo un format, un me-todo di lavoro, e sarà sempre quello.

D. Sinergia istituzionale?R. I territori italiani devono lavorare in

sinergia con aziende e istituzioni, siamostati deboli da questo punto di vista. Noivogliamo che lavorare in squadra diven-ti la nostra forza, ed emersa la volontà dimuoversi «come un sol uomo», di coor-dinare viaggi istituzionali e soprattutto digiungere a una migliore collaborazione eoperatività nell’aiutare e invitare i grandigruppi internazionali a investire sul terri-torio, offrendo competenze culturali, eco-nomiche e logistiche avanzate. Un Comu-ne che va all’estero non va a fare passe-relle o si limita alle strette di mano. Nel-l’ottica del mercato globale e dell’industria4.0, Firenze deve muoversi in manierastrutturale e professionale per riuscire aottenere risultati ed aumentare la compe-titività delle piccole e medie imprese. ❊

21SPECCHIOECONOMICO

Nella foto Dario Nardella, sindaco di Firenze

20-21 Concia postciano_Layout 1 17/10/17 09.46 Pagina 2

Livornese, dal 2007 dirigente scolastico dell’Istituto diIstruzione Superiore Vespucci-Colombo di Livorno,lauree in Economia e Commercio e Statistica, com-

mercialista, Cristina Grieco è l’assessore della Regione To-scana che ha le deleghe a istruzione, formazione e lavo-ro. La Regione, presente alla fiera con uno stand realiz-zato grazie ai finanziamenti del Fondo sociale europeo, par-tecipa al comitato organizzatore di Didacta Italia 2017.

Domanda. Qual è il suo coinvolgimento in Didacta?Risposta. In Toscana ho la delega all’istruzione,alla forma-

zione e al lavoro, ma ho anche un ruolo nazionale per cui co-ordino tutti gli assessori di Regioni e Province autonome suquesti temi. La Toscana ha anche il coordinamento della IXCommissione in Conferenza delle Regioni, quindi siamo par-ticolarmente orgogliosi di ospitare in Italia un evento di que-sto tipo, una fiera commerciale ma anche un’importante oc-casione di riflessione, con contenuti scientifici di confronto escambio di esperienze in Italia. La Regione Toscana ha fat-to parte del comitato organizzatore insieme a Firenze Fiera,Comune, Indire e Ministero: in Toscana, a Firenze in parti-colare, mi è sembrata un’opportunità da non perdere.

D. Perché Didacta è importante per la scuola?R. È più di una fiera commerciale: siamo andati a vede-

re Didacta International a Stoccarda e ci è piaciuto il format,al di là delle proposte commerciali dedicate alla scuola e alleamministrazioni pubbliche per quanto riguarda l’acquisto dimateriali scolastici, laboratori di apprendimento, software. Perquanto riguarda le mie deleghe c’è però anche una partescientifica che stimola una riflessione su come devono cam-biare la scuola, la didattica e la formazione in relazione aimutamenti che si avranno, sempre più repentini nel mondodel lavoro ma anche nella società. Non esiste più il model-lo di sequenzialità tra formazione e lavoro, che vede primail diploma o la laurea, poi il lavoro. Se restiamo ancorati alogiche novecentesche nel mettere in atto le politiche su for-mazione e lavoro, non prepareremo i nostri giovani e avre-mo sempre un gap nei confronti del resto del mondo.

D. Può esistere dunque una «Scuola 4.0»?R. Si parla di Industria 4.0 per condensare con un termi-

ne il cambiamento che ci sarà nel mondo dell’impresa perla produzione, l’innovazione, la digitalizzazione: si dice chesi tratta di una quarta rivoluzione industriale, e ci sono an-che molti timori per la perdita di posti di lavoro. Anche se siè sempre reagito a queste rivoluzioni e l’umanità si è assue-fatta al progresso, quello che contraddistinguerà questarivoluzione industriale sarà la velocità: tutto ciò infatti nonavverrà tra decenni, e i ragazzi che formiamo oggi andran-no in pensione nel 2065 e lavoreranno in un mondo domi-

22 SPECCHIOECONOMICO

CRISTINA GRIECO:ABBIAMO SEMPREPIÙ BISOGNO DIUNA «SCUOLA 4.0»

«Siamo orgogliosi e soddi-sfatti che la prima edizionedi Didacta Italia si svolga in

Toscana e in particolare a Firenze. An-che per la Regione Toscana è un se-gnale dell’apertura del sistema di istru-zione e formazione al confronto, sia in-terno che esterno, con l’obiettivo del-l’innovazione della filiera del sapere,dell’istruzione e della formazione,come passo necessario per governa-re i cambiamenti in atto nella societàitaliana ed occasione di crescita per lenuove generazioni. Intendiamo valoriz-zare le eccellenze del modello toscanodi educazione ed istruzione attraversoi progetti e le iniziative realizzate daglistudenti nell’ambito delle azioni di siste-ma promosse dalla Regione. Questa pernoi rappresenta un’occasione di condi-visione e riflessione sullo stato dell’ar-te e sul futuro della formazione»

Cristina Grieco, assessore in Toscanacon delega all’istruzione, alla formazione e al lavoro

FOCUS SCUOLA

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nato da velocità di relazioni, di connessio-ne, di comunicazione: in generale, cioè,dalla velocità sotto ogni aspetto. Dobbia-mo fornire ai giovani nelle scuole gli stru-menti per orientarsi, e non solo a loro: dob-biamo costruire un sistema per l’appren-dimento permanente.

D. Negli altri Paesi molti si sono giàadeguati; noi siamo più lenti, un po ̓perun nostro limite, un poʼ per lʼinfra-struttura scolastica, un poʼ per i disa-gi degli insegnanti, che influisconosullʼeducazione. Cosa ne pensa?

R. Sono un dirigente scolastico e concor-do: in Italia non si è investito nella scuolae le ultime leggi, chiamate riforme, in real-tà erano leggi finanziarie. In questa legi-slatura mi sembra che scuola, formazio-ne e innovazione siano state rimesse alcentro di un programma politico, anche le-gato a Industria 4.0, ma dobbiamo recu-pere il tempo perso a causa della mancan-za di finanziamenti adeguati. Siamo sta-ti uno dei Paesi in cui si è investitomeno. Dobbiamo anche recuperare un di-vario culturale che ci ha allontanato daglialtri: per ideologia o per scelta, abbiamoteso a tener lontano la scuola dal lavoro,come se la cultura «con la c maiuscola»quasi dovesse esserne avulsa. Ora soprat-tutto, la scuola deve fornire agli studentila capacità di gestire la complessità: lacompetenza dei ragazzi con questavelocità può diventare obsoleta, lascuola non deve addestrare a unamansione. Del resto non sono i contenu-ti che mancano, dal momento che ancheprestigiose università forniscono corsionline: difficile è dare gli strumenti per col-tivare la capacità critica verso tali conte-nuti di scelta e di selezione, per impiegar-li a vantaggio della propria crescita. Que-sto dobbiamo dare ai nostri ragazzi, e ciòsignifica rivedere le metodologie didattiche,il ruolo degli insegnanti, l’ambiente di ap-prendimento, le «soft skills» che serviran-no nel mondo del lavoro ma anche nellavita quotidiana, ossia le relazioni, il sapercollaborare, il problem solving, e tutte quel-le competenze che sono più richiesteper un’occupazione futura. La scuola dasola, se non si apre al territorio in ge-nerale e al lavoro, senza una riflessio-ne comune, non può rispondere a que-sta sfida in modo adeguato.

D. Alternanza scuola-lavoro: come siintegrano effettivamente i ragazzi inuna società prevalentemente di di-soccupati?

R. Ne ho un giudizio positivo: è una me-todologia didattica importante per l’allean-za più ampia «scuola-lavoro». Lo ritengoun passo avanti decisivo per recuperarequel gap e creare un ponte tra «education»e «job». Il valore aggiunto ora deriva dalfatto che tale metodologia sia stata este-sa anche ai licei, contribuendo anche alvoto del diploma. Più che nell’acquisirecompetenze, che è un intento forse delle

400 ore per istituti tecnici e professionali,l’alternanza è rivolta alla trasversalità diesse e, soprattutto nei licei, all’orientamen-to. Fondamentali sono i tutor: sia quelloscolastico, sia quello aziendale per lacontroparte che offre l’attività da alterna-re allo studio. Bisogna continuare a par-larsi, ognuno con il proprio ruolo: scuolae università non devono abdicare aipropri compiti, ma neanche possonopermettersi di farsi da parte e osserva-re il mondo del lavoro. Ricordiamo chec’è il paradosso per cui i giovani faticanoa trovare un lavoro e che il tasso di disoc-cupazione giovanile è molto elevato, maricordiamo anche che c’è un’offerta da par-te di imprese per professionalità e compe-tenze che non trova risposta: una disoc-cupazione funzionale quindi, ma ancheuna derivante dalla discrepanza tradomanda e offerta.

Domanda. Poi cʼè la fuga dei cervel-li: noi li formiamo spendendo, gli altriPaesi li impiegano guadagnando.

R. Pensiamo quindi a quanto stiamoperdendo e a quanto ci costa: stiamomandando via le nostre energie miglio-ri. La Pubblica Amministrazione ha un’etàmedia di oltre 50 anni e rinuncia in questomodo all’apporto di innovazione che de-riverebbe dall’impiego dei giovani. Il nostroproblema è che abbiamo pochi laureati ri-spetto gli altri Paesi OCSE, e quei pochiche sono rimasti partono.

Domanda. Che ne pensa del fatto cheora, per le riforme degli ultimi anni, cisono molti insegnanti, mentre primacʼera unʼunica maestra? Non pensa chein unʼetà importante come quella sco-lastica serva un punto di riferimento?

R. Non lo credo, anzi: non è un proble-ma quando sanno lavorare in team, cosache gli insegnanti della primaria sanno farebene, a differenza di quelli di medie e su-periori. Nella primaria questo è un valo-re, che rispecchia la capacità di mette-re al centro il bambino e di ideare unprogetto intorno alla classe. Ritengomolto valido il nostro modello di scuola pri-maria; difficoltà ci sono quando iniziaun’esasperata divisione tra materie, quin-di alle medie. La vera riforma sarebbe ri-pensare il tempo e lo spazio dellascuola: ancora abbiamo medie e superio-ri con le classiche aule, cattedra e banchi,molto divise in discipline, con insegnantiche si parlano solo nei Consigli, con pro-getti integrati tra sezioni mentre le classi,in realtà, fanno ognuna un percorso pro-prio. Non c’è mai un momento di ricom-posizione e confronto tra questi sape-ri. Ecco perché sono importanti appunta-menti fissi che consentano di parlare diquesti aspetti: anche la didattica deve in-novarsi. Il soggetto che apprende, inqualunque momento del percorso finoall’università, va messo al centro e in-torno a lui va costruito un progetto. Ciòsignifica anche rivedere i contratti degli in-

segnanti: quelli delle primarie sono moltopiù abituati alla progettazione in team ecosì dovrebbe essere per tutti.

D. Poi intervengono gli psicologi. Cisono tanti progetti...

R. Sì, sono tanti, e la scuola si trova an-che a fare i conti con la fragilità dei sog-getti in età evolutiva.

D. Non considera che insegnanti di-versi nella stessa classe potrebberonon avere il tempo di maturare la sen-sibilità necessaria per capire le esigen-ze di ciascuno studente?

R. Direi più che si è indebolita l’allean-za scuola-famiglia così come l’autorevo-lezza della scuola. Ho potuto riscontrarlopersonalmente nella mia esperienza di di-rigente scolastico, assistendo a situazio-ni in cui i genitori si lamentano con il pre-side, davanti ai propri figli, degli insegnan-ti. Da lì, un disastro.

D. Un commento generale sulla«Buona Scuola»?

R. Da preside non condivido alcunecose, ad esempio il bonus ai docenti. Inuna scuola questi ultimi come sono scel-ti? È già più semplice in una scuola supe-riore ma in una primaria, con un insegnan-te che lavora in team, come si fa a dirlo?Valorizzare il merito va bene, però in-vece di consolidare la comunità edu-cante, che è la scuola, questo mecca-nismo crea conflittualità e malumori nelcorpo insegnanti. Personalmente, avreipremiato le situazioni più difficili: insegnan-ti nelle scuole di periferia, di frontiera, ne-gli istituti professionali. La «Buona Scuo-la» però, per certi aspetti, ha compor-tato un modo di lavorare migliore: inmedia ci sono 7 insegnanti in più da de-stinare ad attività di collante e di potenzia-mento per le carenze degli studenti, quin-di risorse per iniziative autonome e nonsolo per le discipline. Buono anche l’averripreso a investire in maniera stabile sul-l’edilizia scolastica tramite le Regioni,con la programmazione degli interventi;l’alternanza scuola-lavoro è passata da 9milioni di euro in finanziamenti stabili a li-vello nazionale a 100 milioni, e le scuole,per la prima volta, invece di tagliare han-no qualcosa in più. ❊

23SPECCHIOECONOMICO

22-23 Grieco postciano_Layout 1 17/10/17 10.08 Pagina 2

quelle più antiche e storiche, dunque intoccabili per via deivincoli cui sono soggette. In tutte le altre città, le strutture sonoquasi al di fuori della cinta cittadina per via dei flussi deglistudenti all’entrata e all’uscita; per questo ed altri motivi, inun certo periodo storico molto tipico e caratterizzato, sonostate realizzate cattedrali nel deserto che non permettonoun legame con il territorio e la socializzazione con la realtàantropologica da parte degli studenti.

Altro progetto presentato dall’Indire è «Avanguardie edu-cative», tentativo di mettere insieme una serie di ideein grado di generare altre idee: in filosofia si chiame-

rebbero «elementi seminali», cioè cose che fanno nascerealtre cose, prosegue Benedetti. «Una volta tanto l’innovazio-ne non passa alla potenza tecnologica, come Hans Jonasci ha insegnato nel principio di responsabilità: la potenza tec-nologica, che non è mai esistita in nessun’altra epoca, ha ilportato incredibile di poter improntare addirittura negativa-mente la società del futuro. Le nostre avanguardie educa-tive sono invece 16 idee leggere e fertili, in grado di inno-vare le dinamiche correnti e quotidiane della scuola».

Benedetti è anche manager didattico alla IUL, l’ItalianUniversity Line, prima un insuccesso, ripartita poi nel2004. Ma oggi? «La IUL è una costola dell’Indire. Na-

sce nel 2006 per una legge che ha aperto la possibilità alleuniversità telematiche di insediarsi in Italia; da ciò è natoun business con un marketing molto aggressivo da partedelle università private. Nel 2006 il Ministero ha cercato dicontrobattere con una propria università pubblica che fun-gesse come presidio, non in opposizione ma che accom-pagnasse in modo istituzionale la nascita e la successivaevoluzione delle università telematiche. Così è nata la IUL:consorzio di tantissime università in un sistema anche or-ganizzativo che, però, non ha funzionato perché troppo am-pio, e che pertanto è imploso. La IUL ha passato un perio-do molto difficile, andando vicina alla chiusura, ma grazieal presidente Flaminio Galli è rinata, ora sta pienamente ri-lanciandosi e, anche se in un contesto ancora di esperti,è guardata come l’università più innovativa per le soluzio-ni che adotta, per l’approccio nei confronti degli studenti,per la natura dei materiali».

Quali saranno le evoluzioni Indire dopo Didacta? «ConDidacta stiamo tentando la soluzione di una questione: noisiamo molto bravi, molto caratteristici e molto riconoscibili,ma lo siamo all’interno di un contesto molto riservato e set-toriale. Didacta ha rappresentato l’occasione per esporci aun mondo che supera quello scolastico e che può rappre-sentare il tessuto stesso della nostra società, e in questomodo possiamo essere riconosciuti anche in una chiave piùgenerica che è ciò di cui abbiamo bisogno». ❊

L’Istituto nazionale di documentazione, innovazione ericerca educativa (Indire) è il più antico ente di ricer-ca del Ministero dell’Istruzione. Oltre alla sede cen-

trale a Firenze, ha tre nuclei territoriali a Torino, Roma e Na-poli. Fin dalla sua nascita nel 1925, accompagna l’evoluzio-ne del sistema scolastico italiano investendo in formazionee innovazione e sostenendo i processi di miglioramento del-la scuola. Punto di riferimento per la ricerca educativa in Ita-lia, sviluppa nuovi modelli didattici, sperimenta l’utilizzo del-le nuove tecnologie nei percorsi formativi, promuove la ride-finizione del rapporto fra spazi e tempi dell’apprendimentoe dell’insegnamento. Insieme all’Invalsi (Istituto nazionale perla valutazione del sistema educativo di istruzione e di forma-zione) e al corpo ispettivo del Ministero dell’Istruzione, l’In-dire è parte del Sistema Nazionale di Valutazione (SNV) inmateria di istruzione e formazione. Per il periodo 2014-2020,l’Istituto ha anche il compito di gestire Erasmus+, il nuovoprogramma dell’Unione europea per l’istruzione, la forma-zione, la gioventù e lo sport. Fa inoltre parte del ConsorzioEUN-European Schoolnet, composto da 31 ministeri dell’edu-cazione dei Paesi europei.

Partecipando alla prima edizione di Didacta Italia, il pre-sidente Giovanni Biondi ha lanciato l’invito a tutti i rap-presentanti delle reti scolastiche nazionali a costitui-

re una federazione delle reti e dei movimenti d’innovazione.«La nostra idea è quella di riunire tutte le realtà esistenti inun’unica grande federazione, per alimentare così una pro-ficua collaborazione fra le reti e promuovere la diffusione ela messa a sistema dell’innovazione nel sistema scolasticoitaliano. Aggregare tutti gli attori coinvolti in una federazio-ne consentirà di cooperare al meglio, ma garantirà nel con-tempo a ogni rete di mantenere integre la propria identità ela propria autonomia», ha dichiarato Biondi. Specifica il ri-cercatore Fausto Benedetti: «Indire partecipa a Didacta inquanto sede elettiva in cui vengono sperimentate le nuove tec-nologie e la didattica innovatica. Un’intera sezione della fieraè stata dedicata agli spazi educativi, perché stiamo studian-do e elaborando nuove idee relative alle architetture scolasti-che. Abbiamo numerosi progetti in questo ambito, come ‘Quan-do lo spazio insegna’, progetto oggetto dell’attenzione di tut-to il sistema Paese oggi, prima già sotto la lente degli esper-ti. Questo argomento si lega alla sicurezza della scuola, allaloro ristrutturazione».

Continua osservando che, in tema di architettura scola-stica, secondo Indire le scuole sono state tutte proget-tate o realizzate negli anni 70, tranne quelle cittadine,

24 SPECCHIOECONOMICO

INDIRE: LE SCUOLEDEVONO RIPARTIREDA SPAZI EDUCATIVIED AVANGUARDIE

Giovanni Biondi, presidente Indire,sul palco della Fiera Didacta Italia 2017

FOCUS SCUOLA

24 Indire postciano_Layout 1 17/10/17 09.57 Pagina 1

le steineriane nell’area germanica e anglosassone d’Euro-pa, nei Paesi mediterranei è stata successiva, mentre sor-prendente è stato lo sviluppo nell’area est-europea subitodopo il 1989. In Finlandia, al modello didattico steineriano siè ispirato il Ministero dell’Istruzione; in Olanda, lo psicologosteineriano B.C.J. Lievegoed ha diretto per anni la scuola diformazione degli insegnanti delle scuole pubbliche. In Bel-gio, Olanda, Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia, Esto-nia, Lettonia le scuole steineriane sono completamente finan-ziate dallo Stato. In Svezia, Germania, Austria, Slovenia eUngheria ricevono consistenti contributi. Nella RepubblicaCeca e in Lettonia sono considerate scuole statali sperimen-tali. In Belgio, Svezia, Norvegia, Regno Unito ed Estonia rap-presentanti delle scuole steineriane lavorano insieme ai fun-zionari governativi nelle commissioni ministeriali.

Oggi nel mondo sono circa 1.200 le scuole, delle quali cir-ca la metà in Europa, ma distribuite in tutti continenti: dall’Is-landa al Sud Africa, dal Giappone ad Israele, dal Kenya alCanada, dall’Egitto al Perù, dagli Stati Uniti alla Russia, dal-l’India al Brasile, dal Messico all’Australia. In alcuni Paesile famiglie prenotano con anni di anticipo l’ingresso deifigli alla scuola steineriana poiché la domanda superal’offerta. La sua diffusione testimonia la validità di una visio-ne basata sulle leggi evolutive dell’essere umano, universa-li a prescindere dai contesti etnici, socioculturali e religiosi.

Nella Scuola Waldorf, che copre un percorso dall’asilo alliceo, le esperienze artistiche (pittura, scultura e modellag-gio, musica, euritmia, ginnastica bothmer) e laboratori arti-gianali (legno, ferro, cucito), non sono solo una cornice pia-cevole, ma hanno l’obiettivo primario di risvegliare l’intellet-to, l’immaginazione e la determinazione di ogni bambino, col-tivando e stimolandolo all’amore per l’apprendimento. In talecontesto i genitori non possono che essere presenti eattivi, e molta della storia della Scuola Waldorf, fin dalla suafondazione, è stata costruita grazie a loro. I bambini si pre-parano ad una sana vita sociale, cogliendo il rapporto inscin-dibile che esiste tra talenti e bisogni. Questi ultimi possonotrovare risposta nel lavoro offerto dalle capacità altrui.

Educare con amore, nella fiducia, interessare al mondo,nel concreto, è la missione profonda di una Scuola Waldorf,che è molto più di una scuola: dal primo istante in cui unbambino, un genitore o un aspirante maestro varca la so-glia, non sarà più lo stesso. L’offerta formativa è approfon-dita nell’ambito delle materie artistiche ed artigianali. Cosasi respira? Calore, colore, arte, bellezza, conoscenza, espe-rienza, uno spirito di comunità che nell’isolamento odiernoè quasi destabilizzante. ❊

25SPECCHIOECONOMICO

SCUOLA WALDORF:UN ESEMPIO DICONCRETEZZA E DISANA EDUCAZIONE

Un esempio di scuola fondata su un’educazione inno-vativa, quella steineriana, è la Scuola Waldorf, attivanell’area fiorentina da oltre vent’anni, ma solo da un

anno nella nuova struttura di via Gioberti 67, in un palazzointerno, silenzioso e luminoso nel cuore di Firenze. «Inno-vativa» per modo di dire: perché, se i quattro capisaldi stei-neriani sono «imparare a vivere insieme», «imparare aconoscere», «imparare a fare» ed «imparare ad essere»,ebbene, essi dovrebbero comunque costituire il senso di unsistema educativo. L’approccio in questione si fonda su unabase spirituale ed esoterica, purché tale definizione non trag-ga in inganno (vuole spiegare infatti le interazioni fra mon-do fisico e mondo spirituale, e per questo è stata oggetto dicritiche, compresa l’accusa di essere una scuola confessio-nale). Si incentra sull’antroposofia, ossia l’impegno a ri-svegliare l’intelletto, l’immaginazione e la determinazio-ne di ogni bambino, coltivando e stimolando l’amore perl’apprendimento per tutta la vita.

Sviluppata a partire dal 1919 su indicazioni dell’austro-un-garico Rudolf Steiner (1861-1925) - il quale descriveva comedurante la sua crescita il destino gli donasse ciò di cuiaveva bisogno per il proprio sviluppo (vissuto tra i bina-ri dei treni, l’ambiente lo stimolò alla prontezza e all’abilitànella vita pratica) - la pedagogia steineriana non si propo-ne come metodo, ma come esperienza sociale fondata sul-le fasi dello sviluppo antropologico. La prima scuola, chia-mata «Libera Scuola Waldorf», fu fondata a Stoccarda dal-l’industriale Emil Molt per i figli degli operai della fabbrica Wal-dorf-Astoria, sotto la guida di Steiner. L’impulso arrivò subi-to dopo gli orrori della prima guerra mondiale; l’anelito allavera libertà dell’essere umano si pone come risposta ai pro-fondi cambiamenti nella vita che sono venuti ad evidenza sto-rica proprio nel vecchio continente.

Fin dalle origini si è avuta una rapida diffusione delle scuo-

FOCUS SCUOLA

«Isistemi scolastici formali sonospesso giustamente accusati dibloccare la realizzazione perso-

nale, imponendo a tutti gli alunni lo stes-so modello culturale e intellettuale, sen-za tener conto in misura sufficiente del-la varietà dei talenti individuali. Essi ten-dono a mettere in risalto lo sviluppodelle conoscenze astratte a danno di al-tre qualità, come l’immaginazione, la ca-pacità di comunicazione, l’attitudine al co-mando, un sentimento della bellezza edella dimensione spirituale dell’esisten-za, le abilità manuali», Rudolf Steiner

25 Steiner_Layout 1 12/10/17 09.39 Pagina 1

RIVOGLIAMO I SOLDI. RIVOGLIAMO, NONRIVOLIAMO. ANDREA GIURICIN DESCRIVELA SITUAZIONE DEI TRASPORTI IN ITALIA

li al giorno per sei settimane, non so-no partiti né partiranno con un bi-glietto Ryanair già acquistato per imesi di settembre e ottobre (al mo-mento) e il cui rimborso appare in-certo. Lo definisce «un pasticcio» lostesso ceo Michael O’Leary, che perquesto chiede scusa, «personalmen-te, a ognuno di voi», così come fa lochief marketing officer di RyanairKenny Jacobs, «sinceramente, conognuno dei 315 mila clienti i cui volisono stati cancellati nel periodo di 6settimane da settembre a ottobre».

Le scuse non bastano, rivogliamo isoldi. Rivogliamo, non «rivoliamo».Anche Carlo Rienzi, presidente delCodacons, lancia la bomba carta:«Abbiamo le prove che Ryanair starifiutando ai viaggiatori i risarcimen-

ti relativi ai voli cancellati con unpreavviso inferiore ai 14 giorni e leporteremo all’Enac, chiedendo san-zioni durissime nei confronti dellacompagnia aerea», mentre l’Autoritàgarante della concorrenza e del mer-cato ha aperto un procedimentoistruttorio per presunte pratichecommerciali scorrette in violazionedel Codice del Consumo.

Non dimentichiamo l’Alitalia,compagnia di bandiera. O forse me-glio dimenticarla, e dimenticare il tri-colore intero: il problema in Italianon è solo quello aereo. Anche a terranon si sta poi così bene: i tassisti liti-gano con la democrazia di Uber et al-tera, e con tutti quei privati che, at-traverso app e smartphone, si sonopresi quella fetta di mercato che era

26 SPECCHIOECONOMICO

a cura di ROMINA CIUFFA

olare, oh oh. Così si cantava.Ora rimane la forza dell’oh-oh, più nel senso di una la-mentela, di un «ahimè», di unmonito anche un po’ romane-

sco. Ryanair, su cui per risparmiarelow cost dovremmo salire con i no-stri valigini striminziti dalle dimen-sioni pignole e limitate, eppur pie-nissimi, ha appeso l’ala al chiodo perun attimo e si è fatta parlar dietro datutto il mondo: la compagnia da cuiscappano i piloti (uno tra tanti Gior-gio Pontico, ex primo ufficiale diRyanair, che ha dichiarato di essersitrasferito alla Qatar Airlines quadru-plicando il suo stipendio e garanten-dosi più sicurezza), molti dei qualiarrabbiati perché non fanno pause diriposo, sono sfruttati e quant’altro.Burrasca in cielo e atterraggio d’e-mergenza, per gli italiani anche quel-la piccola, velata, sottile soddisfazio-ne nel dire: «Allora non siamo solonoi la pecora nera dell’aria», consa-pevoli che con Alitalia, valigie a par-te, non si parte nemmeno.

Però in troppi, una media di 48 vo-

Andrea Giuricin,consulente ed esperto di trasporti

VV

Le scuse non bastano: rivogliamo i soldi, Ryanair.«Rivogliamo», non «rivoliamo». All’utente noninteressa chi vince la guerra,più importante è avere unaereo per andarsene dallaguerra. Vuole il low cost,la liberalizzazione, un sistemadi trasporti come merita,per aria e a terra. Purché se ne possa andare viaproprio da qui, dall’Italia

RIVOGLIAMO I SOLDI. RIVOGLIAMO, NONRIVOLIAMO. ANDREA GIURICIN DESCRIVELA SITUAZIONE DEI TRASPORTI IN ITALIA

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loro (e, per questo, carissima), a par-tire dallo stesso BlaBlaCar che, pursembrando innocuo, ha generato, ineffetti, una vera e propria alternativaconveniente al trasporto in grande,in questo caso ostacolando pullman,autobus, navette, treni, ncc e quantialtri. L’economia dello sharing è piùdemocratica, in effetti, da un’econo-mia che ci ha deluso: e ci ha delusonon perché le previsioni di Keynesfossero sbagliate, né lo fosse quantoinsegnava ai suoi allievi Carlo Pace,ma perché essa non è stata, non è, enon sarà altro che politica. Un Hal-loween per tutti i giorni, la politicatravestita da economia che fa, alleporte, «dolcetto o scherzetto?». Ildolcetto lo fa pagare, e lo scherzetto èsalatissimo.

Dentro molte città si sta male:prendiamo l’esemplare Roma. Esem-plare perché da una parte dà mododi valutare l’operato dei pentastellatie rifarsi a questo per poi votare a li-vello nazionale (quando ci sarà con-cesso di votare); dall’altro perché -ombelico del mondo, capitale di Ita-lia, erede di imperatori e conquista-tori, regina delle «botticelle» con i ca-valli in centro - è perennemente inpanne. A partire dall’Atac. Quindiscioperi, lavori in corso, metropolita-ne di secolare costruzione, pullman etaxi che scaricano i turisti in mezzoalle strade, allagamenti, auto blu eforze dell’ordine che sfrecciano.

Molti altri hanno parlato e parle-ranno di trasporti. A Specchio Econo-mico (e al Corriere del Volo, suwww.corrieredelvolo.com), ne parlail consulente del top managementtrasportuale Andrea Giuricin: laureaspecialistica con lode in Economiapresso l’Università di Milano Bicoccacon una tesi proprio sull’evoluzionedel mercato del trasporto aereo euro-peo dopo la liberalizzazione, un dot-torato allo IAPR con tesi sul settoreaeroportuale lombardo, sul settoreaereo è autore di diverse pubblica-zioni e del libro «Alitalia, la privatiz-zazione infinita». Anche docente al-l’Università Milano Bicocca, visitingprofessor alla China AcademyRailway Science; insegnante per laUniversity of Southern California, laUniversity of Minnesota e la Michi-gan State University, research fellowper l’Istituto Bruno Leoni. È ancheceo di Tra Consulting, società a Bar-cellona specializzata nella consulen-za strategica nel settore dei trasporti,turismo e telecomunicazioni, e diret-tore dell’ufficio studi di Confturi-smo-Confcommercio. Nel 2009 hacreato l’ufficio studi per Italo-NTV.Collabora con le Autorità dei Tra-sporti e della Concorrenza dalla Spa-gna fino alla Malesia. E viaggia mol-to, per l’appunto.

R. Alitalia è ormai un vettore re-gionale nel panorama europeo. Nonha più senso, a mio parere, parlaredi vettori di bandiera. Il fatto che siastata italiana, prima in mano pubbli-ca e poi privata, non ha migliorato lasituazione di una compagnia che hacontinuato a perdere centinaia di mi-lioni di euro ogni anno. L’interesseitaliano è fatto da qualunque compa-gnia abbia i mezzi necessari per inve-stire miliardi di euro in flotte che svi-luppano il traffico e la connettivitànel nostro Paese: questo non mi sem-bra essere stato il caso di Alitalia

D. Ryanair parteciperà alla garaAlitalia, così dichiarava. Ed ora?Mentre AirFrance non è nemmenointeressata. Siamo un po’ lo «zim-bello» di tutti, come in effetti ci sen-tiamo?

R. In effetti, la gara per Alitalia staandando per le lunghe, mostrandola difficoltà del processo stesso. Nonè facile acquistare una compagniache ha perso 3 miliardi di euro dal2009 ad oggi. Per quanto riguarda lavendita, AirFrance-KLM non sem-bra essere interessata, mentre nonho mai creduto troppo all’acquistoda parte di Ryanair, che ha un mo-dello di business troppo differente.Alitalia non ha la flotta e i piloti cheservono a Ryanair e non si capisceperché O’Leary dovrebbe cambiareun modello di business, che comun-que è stato il più remunerativo negliultimi anni, per prendersi una com-pagnia come Alitalia.

Domanda. Ryanair: può descrivereperché e come si è giunti a tanto, co-sa prevede accadrà, quali sono a suoparere gli errori commessi e cosa do-vrebbe farsi per risolvere la situazio-ne con il «danno minore»?

Risposta. Ryanair, con l’errorecommesso ed ammesso dal suo ceoO’Leary, subisce un grave dannod’immagine. La compagnia, con ilprogramma AGB, «Always gettingbetter», aveva migliorato i propri ser-vizi, tanto da avere stabilmente supe-rato la barriera del 90 per cento per il«load factor»: l’errore deriva da unasbagliata programmazione riguardoai piloti nel breve periodo, ma fattopiù preoccupante è la carenza deglistessi per lo sviluppo della compa-gnia, che ha come obiettivo una con-tinua crescita della flotta. L’avereesternalizzato in molti casi i piloti hasicuramente avuto un impatto positi-vo per la riduzione dei costi e la mag-giore flessibilità ma al tempo stessoha provocato una minore fidelizza-zione degli stessi, che alla prima oc-casione hanno preso il volo verso leofferte migliori di altre compagnie. Illoro rifiuto al bonus di 12 mila euro èsolo la dimostrazione dell’importan-za di questa risorsa. Non sarà facilerisalire la china, per una compagniache comunque rimane la più solidanel panorama europeo con il 23,16per cento di margine operativo.

D. Alitalia, compagnia di bandie-ra: lo sarà ancora, una volta che pas-serà in mano straniera?

27SPECCHIOECONOMICO

L’errore deriva da una sbagliata programmazione ri-guardo ai piloti nel breve periodo, ma fatto piùpreoccupante è la carenza degli stessi per lo svilup-

po della compagnia, che ha come obiettivo una continuacrescita della flotta. L’avere esternalizzato in molti casi ipiloti ha avuto un impatto positivo per riduzione dei costi emaggiore flessibilità ma ha provocato una minore fidelizza-zione degli stessi, che alla prima occasione hanno preso ilvolo verso offerte migliori di altre compagnie

Michael O’Leary, AD di Ryanair

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D. Low cost a lungo raggio e aereidi «plastica», un pericolo o un van-taggio per l’Italia?

R. Qualunque innovazione fa beneal consumatore e al nostro Paese.L’arrivo degli aerei di «plastica» per-mette una riduzione di costo del tra-sporto aereo e questa serve, a suavolta, a ridurre il prezzo medio delbiglietto a parità di condizione. Illungo raggio a basso costo permet-terà di connettere meglio l’Italia, chea causa della debolezza di Alitalianon è mai stata ai vertici degli indi-ci di connettività.

D. È molto evidente che nel no-stro Paese si distinguono, per inte-ressi, consumatori e compagnie:perseguono, infatti, obiettivi diffe-renti. I primi, spendere poco e viag-giare con qualità, com’è in tutto ilresto del mondo; i secondi, mono-polizzare (nonostante il regime diliberalizzazione e concorrenza) eguadagnare, risparmiando su tutto(a partire dagli stipendi dei piloti,come si è visto). Non si comprendeche la ripresa dell’economia partedai consumatori (passeggeri, inquesto caso), che costituiscono il«volano» anche per il «volo» dellecompagnie casalinghe. Mentalità ir-rimediabile o sistema bloccato?

R. Proprio dall’incontro delle esi-genze tra domanda e offerta arrivanole soluzioni migliori. L’importante ènon mettere troppi lacci e lacciuolial mercato con decisioni politichesenza senso o sussidi improbabili. Èbene difendere la concorrenza per

potere avere un mercato efficientedove le regole sono uguali per tuttigli attori. La continua crescita del tra-sporto aereo è un fatto molto positi-vo. Tra il 1997 e il 2016 il trasporto ae-reo italiano è cresciuto da 53 a 134milioni di passeggeri, nonostante l’e-conomia italiana non sia stata affattobrillante nell’ultimo ventennio. Nonsarei dunque così negativo per il si-stema aereo italiano, che di fatto havisto una crescita impetuosa.

D. Trasporti «alternativi»: BlaBla-Car, Flixbus, Uber e quanti altri, ol-tre ai car sharing e pooler. L’Italia èpiù restia degli altri al low cost dauna parte, alla concorrenza tra pri-vati dall’altra. Perché retrograda?Perché gelosa? Perché troppo «cor-rotta» in ambito trasporti?

R. L’Italia sembra avversa all’inno-vazione e all’evoluzione del sistemadi trasporto. La forza di alcune lobby,difese da politici di vecchio e nuovocorso, di fatto blocca lo sviluppo delnostro Paese. Non parlerei di «corru-zione», quanto di una visione stantiadel settore dei trasporti. Non a caso laprotesta dei taxi, difesa anche dalMovimento 5 Stelle, dimostra proprioche nulla cambia in Italia. La parolaconcorrenza fa paura a molte catego-rie, ma la libertà di scelta è uno deglielementi più positivi per i cittadini.

D. Atac, altra tragedia. Suo pareree previsioni?

R. Atac ha bruciato oltre 6 miliardidi euro dal 2009 ad oggi. Un dato chedovrebbe sconvolgere qualunquecittadino che invece si fa trasportare

dalle parole della politica. Sei mi-liardi arrivati tramite sussidi e perdi-te ripianate per un’azienda che ha unproblema su tutti: costi elevati. Il 50per cento dei costi totali è legato alpersonale, pari a oltre mezzo miliar-do di euro, ed è chiaro che la primanecessità aziendale sarebbe una revi-sione di questa voce di costo. Manessun politico ha la forza e la vo-lontà di tagliare i 2 mila dipendentidi troppo. Tutti i soldi dei cittadinisono quindi andati in spesa corrente,con il conseguente invecchiamentodella flotta dei bus e delle metro, tan-to che il servizio dei bus è crollato dicirca il 15 per cento nell’ultimo trien-nio. Sarebbe necessario ripartire dazero e fare una gara trasparente epubblica per l’assegnazione del ser-vizio, ma non credo che questa classepolitica abbia voglia di guardare infaccia la realtà.

D. Quali regole sarebbero neces-sarie per far ripartire, nel vero sensodella parola, i trasporti italiani?

R. I trasporti italiani hanno biso-gno di concorrenza e di trasparenza.Basta sussidi pubblici dati diretta-mente senza gare, basta soldi datiad aziende decotte che non stanno inpiedi e basta alla politica che crede dipotere fare l’imprenditore.

D. Politica: ovunque si muova, lasituazione non migliora ma degene-ra. Ma la questione dei trasporti do-vrebbe essere industriale. Scioperi,problemi, annullamenti, rimborsiimpossibili... Esiste una possibilitàdi scindere il trasporto dagli inte-ressi politici e farlo rientrare inquelli del Paese, dunque delle im-prese, o è mera utopia?

R. Il modo migliore per scinderequesto rapporto malato è avere dellegare trasparenti. Pensiamo al traspor-to pubblico locale: cosa c’è di megliodi fare un processo di assegnazionedel servizio tramite gara? Queste ga-re devono essere ben fatte e disegna-te, ma solo in questo modo si ridur-rebbero i sussidi per almeno 2 miliar-di di euro l’anno e si migliorebbe ilservizio ai cittadini. Risparmiare èpossibile solo se scinde il rapportotra politica e aziende di trasporto.

D. Quali sono i Paesi per lei esem-plari in tema trasporti?

R. È sempre difficile prendere adesempio altri Paesi, perché è chiaroche le condizioni sono molto diffe-renti. L’Italia è stata un esempio perl’apertura del mercato ferroviario adalta velocità, mentre la Svezia è statoforse il Paese che ha aperto megliotutto il settore ferroviario. Nel settoredel trasporto aereo, la Gran Bretagnaè quello che vede il maggior trafficoaereo, con una forte presenza di vet-tori low cost e, nel contempo, un’otti-ma connettività intercontinentale. ■

L’Italia sembra avversa all’innovazione e all’evolu-zione del sistema di trasporto. La forza di alcunelobby, difese da politici di vecchio e nuovo corso, di

fatto blocca lo sviluppo del nostro Paese. Non parlerei di«corruzione», quanto di una visione stantia del settore deitrasporti. Non a caso la protesta dei taxi, difesa dal Movi-mento 5 Stelle, dimostra proprio che nulla cambia in Italia

Roma, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

26-27-28 Giuricin postciano_4 BLUANNA 17/10/17 09.59 Pagina 14

in collaborazione con

e strade di Alitalia, azienda di tra-sporto aereo considerata strategi-

ca per il Paese, e di Atac, aziendadi trasporti romani vitale per la vita

della Capitale, conducono per ambe-due ad approdi concorsuali, caratte-

rizzati per entrambe dalla necessariacontinuazione dell’attività d’impresa,senza la quale importanti assets si vola-tizzerebbero, con grave danno per il ser-vizio pubblico rispettivamente fornito,dei creditori e degli stakeholders, tutti;restando dall’insolvenza accomunati,ovvero dalla incapacità di far fronte connormali mezzi di pagamento alle obbli-gazioni assunte.

I numeri delle passività di entrambe leaziende sono impressionanti, e fannoanche capire come le rispettive situazio-ni di crisi che appaiono oggi assoluta-mente ingovernabili con mezzi ordinarihanno radici profonde che affondano inanni assai risalenti, quando le strutturesocietarie rispondevano a logiche piùsocio politiche che economiche.

Per Alitalia balza agli occhi di tuttiche non si possono sostenere le spese digestione ed in particolare l’onere men-sile di 13 mila stipendi, solo con il rica-vato dei voli di circa 140 aerei. Il che misembra - considerando anche i costi delcarburante - davvero irrealizzabile. Perl’Atac il quadro di riferimento è analo-go. Da notizie di stampa abbiamo appresoche i mezzi circolanti sono circa mille suun totale di 2.500. Infatti, circa 1.500mezzi sono da sostituire. Ebbene il loroimpiego dovrebbe soddisfare gli stipendidi 11.600 dipendenti, oltre al resto. Altroche mago Merlino! La sostituzione dei1.500 mezzi non funzionanti - ci diceVincenzo De Sensi, docente di Dirittodella crisi d’impresa alla Luiss (su «IlSole 24 Ore», settembre 2017) - costereb-be circa 500 mila euro, il che porterebbe acirca 2 milioni il debito di Atac da rimbor-sare, appunto, con i ricavi della circola-zione dei mille mezzi utilizzabili.

Un’ulteriore anomalia accomuna ledue imprese: la sproporzione tra il nume-ro del personale viaggiante per Alitaliadei piloti, delle hostess, degli steward equello enorme del personale di terra, traamministrativi, commerciali, finanziari,contabili etc. Per l’Atac questa constata-zione è ancora più accentuata: gli autistisono davvero una minoranza così come icontrollori, ciononostante i servizi dati in«outsourcing» sono numerosi. Anchel’alternanza delle dirigenze e la disconti-nuità nelle governances, in questi ultimianni tristemente accelerata nelle duesocietà, hanno inciso negativamente sullepossibilità di una riduzione dei costi,anche per le incertezze intervenute nellaesecuzione dei rispettivi piani industrialidi risanamento.

L’epilogo della vicenda Alitalia con ilcommissariamento di qualche anno fa,malgrado la cospicua iniezione di capita-le del neo socio Etihad, ha dimostrato,

con la volatilizzazione di oltre 1 miliardodi mezzi finanziari freschi, che la nuovafinanza non basta a curare mali anti-chi. Certamente il numero dei dipendentiè stato e continuerà ad essere un temacentrale, delicato e complesso in qualsia-si ipotesi di risanamento.

Per l’Atac la riduzione del numeroufficiale dei passeggeri, con un gettitoannuo di 260 milioni di euro, costituisceun ulteriore segnale d’allarme che sotto-linea la necessità di intervenire non solocon costanti controlli a bordo ma conmoderne soluzioni tecniche di accesso aimezzi di trasporto pubblici. Il 13 per

cento di assenteismo medio e un trend alribasso degli incassi derivanti da bigliet-ti e abbonamenti la dicono lunga sullanecessità di un’urgente inversione ditendenza. Sono abitudini queste, degliutenti, purtroppo stratificate, che nonè facile eliminare ma i meccanismi e latecnologia che utilizzano altre grandimetropoli consentono di scegliere tradiverse soluzioni. Dalle telecamere indotazione ai controllori, alla sbarra sullaporta d’accesso all’autobus che si solle-va solo con l’obliterazione del biglietto,estirpando così la possibilità di salire sulmezzo spesso e volentieri senza titolo diviaggio.

Di fronte a questo ben più complessoquadro, la scelta per Atac del concordatopreventivo in continuità permetterebbenon certo «senza tagli di stipendi e postidi lavoro» - come recentemente auspica-to dal sindaco capitolino Raggi - di com-piere un primo importante passo per lanecessaria riorganizzazione aziendale. Larealtà anche internazionale ci dimostrache tali obiettivi sono realizzabili ed evi-tano la cannibalizzazione degli assetspropria del fallimento.

Certamente la «cura» del malato gravenon può affidarsi all’aspirina. Gli stan-dards che vengono utilizzati in situazionidel genere e le best practicies realizzatedimostrano che con le «pezze calde»non si curano le malattie davvero gravicome quelle che affliggono l’Atac.

La letteratura della Commissione per-manente delle Nazioni Unite (Uncitral)-in cui sono presente quale delegato ita-liano da oltre dieci anni nel Gruppo dilavoro che si occupa della regolamenta-zione delle vicende di carattere falli-mentare- dimostra che le procedure dirisanamento impongono dure scelte chedevono essere effettuate in un’area dicondivisione tra debitore e creditori cheriguarda gli obiettivi da raggiungere, imezzi finanziari necessari, le priorità daassicurare, i sacrifici che vanno accetta-ti da creditori e fornitori.

Concordato significa negoziato, accor-do, condivisione. I creditori in tutte leloro componenti e categorie, anche seprivilegiati come il fisco, i dipendenti, iprofessionisti ed a maggior ragione i chi-rografari, devono essere convinti chel’impresa debitrice può, se alleggerita dai

di LUCIO GHIA

T R A S P O R T I I T A L I A N I

L’ATAC NON FACCIA COMEL’ALITALIA: LA NUOVA FINANZA

NON BASTA A CURARE MALI ANTICHI,CI VUOLE LA FIDUCIA DEI CREDITORI

LL30 SPECCHIO

ECONOMICO

Vincenzo De Sensi

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31SPECCHIOECONOMICO

quella necessaria chiarezza sulla realepossibilità di ristrutturazione e di ritornoa condizioni di sostenibilità dell’azienda,e sul riparto dei relativi oneri. Ben vengal’identificazione degli obiettivi, fosseroanche obiettivi transitori e distribuiti inpiù anni che possano prevedere una suc-cessiva ed una ulteriore messa a punto.

La nuova normativa sul concordatopreventivo dà ampio spazio a soluzioniche possono assicurare ai creditori stru-menti nuovi per partecipare attivamenteal risanamento dell’impresa. È consenti-to, ad esempio, al debitore offrire, nelpiano di risanamento, l’emissione dinuove azioni finalizzate alla conversionedei crediti da parte dei creditori e, pen-sando al ceto bancario, potrebbe essereprevisto il loro riacquisto dopo un trien-nio, o meno, ad un prezzo predefinito.

La fantasia con contenuti giuridico-finanziari trova ampio spazio di realizza-zione nella nuova formulazione dell’art.160 della legge fallimentare. I giuristisono chiamati a far lavorare i loro neu-roni e sinapsi, ma ciò che resta indi-spensabile è ricostruire la fiducia tra iprotagonisti: debitore e creditori diquesta vicenda. Senza questo ingredien-te essenziale non c’è «minestra» nel futu-ro di Atac.

Gli oppositori, che non mancheranno,dovrebbero sapere che laddove l’aziendanon operi più in continuità aziendale,ancorché con dimensioni ridotte, ovveroladdove la gestione ordinaria in continui-tà finisca per bruciare ricchezza, gene-rando ulteriori debiti e passività, non c’èaltra soluzione che la liquidazione, conl’inevitabile conseguenza di vederedistrutto il valore di numerosi assetsspecie se intangibili, e con la necessitàdi rifondare il trasporto urbano subasi diverse, in una prospettiva dimaggiori privatizzazioni e di concor-renza.

Ma quanti anni di disagi ben più gravidegli attuali, in tal caso, sarebbero neces-sari? Oggi è interesse di tutti che il pianodi concordato venga sorretto dal «con-senso» degli interessati e che sia in gradodi recuperare la necessaria «fiducia»nella sua realizzabilità. ■

no assorbiti. Il palazzo pericolante puòessere puntellato fino ad un certopunto, superato il quale va abbattuto ericostruito, facendo tesoro dell’espe-rienza pregressa.

Di fronte alla forza dirompente deinumeri c’è da sperare in un’assunzionedi responsabile partecipazione con spiri-to di sacrificio da parte di tutti gli interes-sati, pensando che il fallimento delle ini-ziative in corso sono preferibili - se seriee realizzabili - alla liquidazione fallimen-tare. Infatti il mondo del turismo interna-zionale guarda a Roma come a una bellaconcorrente. Nel caso in cui avvenisse ilfallimento dell’Atac, il trasporto urbanosubirebbe un inevitabile arresto, ocomunque conseguenze gravi per i citta-dini e per i turisti. Tutto ciò andrebbe avantaggio di altre capitali, e voglio spe-rare anche di altre stupende città ita-liane. Speriamo che i tempi della «lottadura» siano finiti, perché non è questa lasoluzione.

Il concordato preventivo in continuitàpotrà costituire un utile strumento perconoscere a fondo la realtà aziendale, lesue zone d’ombra, le cause dei disservizie delle perdite, e per definire con chiarez-za l’entità del passivo ed il numero deisuoi creditori; oltre a ciò, servirà a farrender conto delle economie organizzati-ve, strutturali e logistiche che possonoessere realizzate, identificando, definen-do e quantificando l’attivo, ovvero ilreale patrimonio rappresentato dalle pro-prietà della società e dalle componentiaziendali. Potrà costituire anche l’occa-sione per prendere in esame la realeremuneratività di tratte divenute troppoonerose per l’Atac, che com’è avvenutoin molti casi per il trasporto provincialesono state concesse a linee private, intro-ducendo così un’iniziale concorrenza trale stesse.

Data la situazione così complessa edifficile, non dobbiamo attenderci dalconcordato in continuità aziendale solu-zioni miracolistiche e neppure definitive.Per i fenomeni complessi non esistonosoluzioni semplici ma comunque, sotto ilcontrollo dei commissari giudiziali che ilTribunale dovrà nominare, verrà attuata

debiti e dai costi di sovrastrutture nonessenziali, continuare a creare valore. Intal caso, la prospettiva di continuare alavorare e fornire mezzi e servizi, di con-tare su pagamenti futuri regolari in unanuova dimensione di equilibrio economi-co riconquistato attraverso la ristruttura-zione dell’impresa, nonché la continua-zione dell’attività d’impresa in via dirisanamento o risanata, possono compen-sare il sacrificio dei propri crediti anchein percentuali elevate.

Certamente la fiducia nel debitore enella sua capacità di «rialzarsi e riparti-re» costituisce un elemento essenzialeper poter accettare di essere di nuovo alsuo fianco, e da controparte-creditricetrasformarsi in «partner».

I quesiti, quindi, ai quali è difficiledare risposte, riguardano innanzituttol’elemento fiduciario che si declina in tremodi: fiducia nell’azienda, nella suagovernance e nel piano di ristrutturazio-ne che per l’Atac ancora non è dato cono-scere. Già nel passato, specie per quantoriguarda l’Atac, piani industriali cheprevedevano più di qualche inevitabile«lacrima» ed un po’ di «sangue» furo-no portati all’esame dell’azionista unico,che è il Comune di Roma, ma risultando«impopolari», essendo scarsamente sen-sibili alle «rationes» politiche, furonoritenuti non percorribili.

Il ruolo del sindacato che in questaazienda, anche recentemente, ha avutomanifestazioni di impermeabilità alnecessario cambiamento, oggi è piùmaturo per non rispondere semplicistica-mente, con scioperi ed altre manifestazio-ni che impoveriscono l’azienda ed allon-tanano eventuali soluzioni, alle necessitàdi riportare in equilibrio economicoun’azienda che tra breve difficilmentesarà in grado di pagare gli stipendi?Questo ci domandiamo. E ancora: le ban-che creditrici che sorreggono finanziaria-mente l’azienda da anni continueranno asostenerla in attesa di tempi migliori? Ifornitori resteranno al suo fianco conce-dendo l’indispensabile elasticità deipagamenti, vitale per un debitore in gravidifficoltà che intende continuare l’attivi-tà d’impresa? La pazienza degli utentiresisterà ai disagi che l’azienda in diffi-coltà inevitabilmente provocherà? I pas-seggeri presteranno la collaborazionenecessaria lungo il percorso non breve,ma necessario ad assicurare un livello diservizi essenziale per la cittadinanza, cheoggi è ben lontano dal poter essere consi-derato soddisfacente?

Certamente il piano di concordato e ilpiano industriale di risanamento si pre-sentano complessi e dovranno risultareapprofonditi, credibili e davvero realiz-zabili. Gli investimenti che sono statifatti in questi anni hanno dimostrato chenon si può investire su ciò che non fun-ziona, perché in tal caso gli investimentirischiano di fare peggio, non curano ilmale ma vi si sovrappongono e ne vengo-

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Nelle quattro giornatedel Congresso, tra lemoltissime conferenzetenute dagli esponentidalle scuole di psicologia,qui il dibattito sul temadei traumi sentimentali:il punto di vista di GiorgioNardone e del suomodello breve-strategico

Trauma sentimentale: oggetto dei nostri giorni, delnostro divenire. Sempre più incerto, traghettatoda uno spazio temporale in cui l’uomo era al cen-

tro della relazione ad uno in cui è la relazione ad essereal centro dell’uomo. Anche oggetto di un workshop te-nuto dal fondatore del CTS, Centro di terapia strategi-ca di Arezzo, Giorgio Nardone che, legatosi come psi-cologo e ricercatore alla Scuola americana di Palo Alto,è divenuto l’erede di un grande Paul Watzlawick, filo-sofo e psicologo, unico autore tradotto in ottanta edi-zioni differenti, avente la capacità di sintetizzare il lavo-ro di eminenti studiosi - da Gregory Bateson a DonalddeAvila Jackson e Milton Erickson - in un unico e rigo-roso modello teorico e applicativo. Finanche il padredel costruttivismo Heinz Von Förster amava dichiararedi essere lui stesso una invenzione di Watzlawick. È conquest’ultimo che nel 1987 Nardone fonda il suo centroaretino, dove applica il modello della terapia breve-strategica, particolarmente adatto alla risoluzione deitraumi, incluso quello sentimentale, per il suo approc-cio netto e veloce.

Nell’ambito del IV Congresso di psicologia della So-cietà italiana di psicologia e psicoterapia relazionale(SIPPR) presieduta dal professor Camillo Loriedo, daltitolo «Psicologia in evoluzione. Progetti e soluzionidella psicoterapia per il futuro», tenutosi a Roma negliultimi quattro giorni di settembre, anche d’amore s’ètrattato. Con Nardone, sono intervenuti sul tema glipsicologi Piero Petrini, Luisa Martini e Giovanna DeMaio. «Un ruolo ingrato, in quanto esponente maschi-le–afferma Nardone–quello di aprire il dibattito: e non èun caso, perché quando si parla di traumi sentimentalichiedono aiuto al 90 per cento le donne». Nel mondoegizio, tra i modelli più avanzati di società, spiega ilfondatore del CTS, un editto prescriveva: se cogli unadonna in flagranza di adulterio punisci il marito. «Era-no già molto saggi. Possiamo anche rovesciare le cose.Smettiamola con la prosopopea del vittimismo. Il tradi-mento, da un punto di vista interazionale, non è mai unatto singolo, individuale, ma sempre di interazione».

Specifica che negli ultimi anni alcuni Paesi si stannoorientando verso una legislazione nuova: i matrimoni atermine, una profezia triennale che si autoavvera soloin quanto formulata. Il disturbo da iperattività sessuale,ora bandito dal DSM (il Manuale diagnostico dei di-sturbi elaborato dalla Società di psichiatria americana)definiva malato l’uomo che avesse più di due rapportisessuali a settimana. Negli ultimi due decenni, per Nar-done la ricerca scientifica ha subito la corruzione dellamisura quantitativa: calcoli da laboratori, non sul cam-po, e statistiche portano a deformazioni. Come dire chetutti al mondo mangiamo un pollo a testa a giorno, mac’è chi ne mangia dieci e chi nessuno, e il problema del-l’hypersex era emerso da una valutazione a livellomondiale della quantità media dei rapporti sessuali diuna coppia dai 25 ai 50 anni, che dava un risultato di unrapporto e mezzo al mese. È la statistica.

«Grazie a questo–analizza Nardone–si era arrivati aritenere rigorosamente scientifico, perché quantitativa-mente misurato, un disturbo completamente inventatoda una deformazione di scientismo, di riduzionismo,non di scienza. Purtroppo di esempi come questo pos-sono farsene anche riguardo psicopatologie molto piùimportanti e anche su ricerche che si danno il tono discientificità, in questo ed altri campi». Cominciamo adutilizzare il dialogo strategico con noi stessi, suggerisceil padre della breve-strategica. «Portiamo le persone difronte alla condizione estrema del trauma sentimentalevissuto dal vivo, ossia la flagranza del tradimento,un’immagine che rimane con la densità di un disturbopost traumatico».

A proposito di tradimento Luisa Martini, psicotera-peuta e didatta dell’IIPR, l’Istituto italiano di psicote-rapia relazionale, fa riferimento al romanzo «I giornidell’abbandono» di Elena Ferrante, dove, tra i due part-ner sottoposti ad uno stress da tradimento, a morire è ilcane Argo: la fedeltà. È il fedele che soccombe. In ognifedeltà che non conosce il tradimento, e neppure neipotizza l’esistenza, c’è troppa infanzia, troppo inge-nuità, per riprendere Umberto Galimberti. «Nelle rela-

TRAUMA SENTIMENTALE: GIORGIO NARDONELO SPIEGA BREVEMENTE E STRATEGICAMENTE

D A L I V C O N G R E S S O D I P S I C O L O G I A D E L L A S I P P R

di ROMINA CIUFFA, psicologa

Giorgio Nardone, fondatore del Centro di terapia strategica,nell’aula magna del

Rettorato dell’Universià La Sapienza di Roma

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zioni con un altrosignificativo–spiega la Martini– ènecessario mettere in conto il tradi-mento delle aspettative fantasmati-che di entrambi i partner, di ciò checiascuno di essi si attende dall’altroma, non di inferiore rilevanza, dase stesso in relazione con l’altro: ciòfa parte delle nostre possibilità dicrescere nella conoscenza di noistessi e di chi è con noi. La fiduciainfantile rischia di divenire unaprigione. Accade che il mondo deltradito perde tutti i suoi significatie che entrambi i partner devonoriorientarsi. Il tradito vuole saperetutto, il traditore si sottopone al-l’interrogatorio».

James Hillman arriva a postula-re una verità fondamentale relativaal tradimento: non si danno amoree fiducia senza possibilità di tradi-mento. Hillmann parla, nei suoi la-vori, delle reazioni disfunzionali altradimento: vendetta, negazionedell’altro, cinismo («tutti gli uomi-ni sono inaffidabili»), negazione disé («non mi esporrò mai più»), scel-te paranoiche (la persecuzione, adesempio, valida soprattutto ai tem-pi del web e dei social network).

Nardone, in modo «breve-strate-gico», pone una domanda chiave:dopo un trauma sentimentale, nonsolo tradimento, cosa fare? Lascia-re il partner o rimanere? Come siarriva a capire quale sarà la sceltamigliore? «Ho affrontato questo ar-gomento in un mio libro sul trau-ma nelle decisioni. Si arriva alla so-luzione solo dialogando con sestessi, ma non con la parte raziona-

le: con quella viscerale. Bisognamettersi sul ciglio del precipizio everificare quali sono i brividi, percitare la ballerina Sylvie Guillem».Essa sostiene che mantenersi sulprecipizio sia l’unico modo per unartista di restare vivo.

La domanda fondamentale dafarsi, per Nardone, non è «mi amaancora?», perché questo è delegarementre bisogna, invece, fare i contisolo con se stessi. Nemmeno do-mandandosi «amo ancora?», bensì«posso farne a meno?». L’interroga-tivo corretto apre scenari il più del-le volte non contemplati, perché«quando si comincia ad immagina-

re in se stessi la vita senza quel part-ner, quindi a sperimentarla, ci si ac-corge di qualcosa che prima non siriusciva a vedere. Trovata la risposta,si ha già la strada da percorrere. Neldialogo strategico–spiega–sono ledomande che fanno le risposte. Ilproblema si pone se la risposta è: nonsi può fare a meno di quella persona.Ma in tal caso, è necessario evitare difare la figura della vittima o del ven-dicatore: se non si può farne a meno,la risposta è chiara e si agisce di con-seguenza, senza tornare indietro».

Parlare di traumi sentimentali è

qualcosa di viscerale, è parlare delpoter fare a meno di qualcuno o no.Da cui il percorso successivo. «Ab-biamo bisogno di riduttori di com-plessità, ossia di stratagemmi che ciconsentano di risolvere la comples-sità attraverso soluzioni semplici. Èl’uovo di Colombo, sia pure sofferto:una sofferenza che non è attraversa-ta si trasforma in una lenta agonia, laquale è ben peggiore. Il mio amicoEmil Cioran diceva: il coraggio chemanca ai più è il coraggio di soffrireper cessare di soffrire».

Se per Pietro Petrini il trauma sen-timentale porta ad una dissociazionein grado di primitivizzare l’uomo,

Giovanna De Maio spiega cosa evi-tare e come riprendersi da un traumasentimentale: «Un abbandono è cosìdevastante da essere paragonato aun vero e proprio lutto: si è sconfor-tati, inermi, si tratta di una perdita.Per Cesare Pavese un amore, qualun-que amore, ci rivela nella nostra mi-seria, nullità, inermia, e così sintetiz-za la condizione di fine avvertitaquando si entra in contatto con laparte più vulnerabile di se stessi».

Il terapeuta potrà accompagnarela persona che ha subito la perditaattraverso le cinque fasi di elabora-zione del lutto descritte da ElisabethKübler-Ross: rifiuto («non può esse-re successo»), patteggiamento («tor-niamo insieme», «faccio tutto quelloche non ho mai fatto prima», «pro-metto»), rabbia («mi ha ingannato»),depressione («ho sbagliato tutto»,«non c’è futuro»), infine accettazio-ne. Cercare di non pensare è già pen-sare, il tentativo vano di distrarsinon fa altro che allungare il tunneldei sintomi; l’abbandonarsi è sicura-mente la cosa più importante da fa-re, non come consigliano i familiari,gli amici, il cui dire non fa altro cheintensificare il senso di inadeguatez-za. Il terapeuta deve sintonizzarsicon il dolore e la sofferenza dell’al-tro, evidenziando come non ci sianulla di patologico o sbagliato nelcontinuare a soffrire. Il dolore delleperdite sentimentali non sparisce:esso decanta. Per agevolare il pro-cesso bisogna immergersi come unabustina di tè nell’acqua bollente.

Per questi psicologi dunque, deltrauma sentimentale non bisognavergognarsi. Tutt’altro: esso vaascoltato, e attentamente. ❊

Giorgio Nardone con, da sinistra, Piero Petrini, Luisa Martini e Giovanna De Maio

Negli ultimi anni alcuni Paesi si stanno orientando versouna legislazione nuova: i matrimoni a termine, una profe-zia triennale che si autoavvera. Questo perché la passio-ne, anche per le neuroscienze, si scalfisce con il tempo.Giorgio Nardone, fondatore del Centro di terapia strategi-ca, parla di questo, dell’hypersex, della corruzione del me-todo scientifico e della misura quantitativa in alcuni campi

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aziende e persone aziende e persone aziende e persone aziende e persone aziende

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Sergio Fabio Brivio èstato nominato presiden-te Finco, la Federazionedelle industrie di prodot-ti, impianti, servizi edopere specialistiche perle costruzioni e la manu-tenzione, per il biennio2017-2019. È, inoltre,Carla Tomasi il vicepresidente vicario.

È Francesco Tabano ilnuovo direttore commer-ciale Sud-Europa diPietro Coricelli, aziendaolearia umbra; presentein 110 Paesi con un fattu-rato 2016 di 120 milionidi euro, da quasi ottan-t’anni porta la culturadell’olio in tutto il mondo.

Michele Cason è ilnuovo presidente diAssoBirra, associazioneche riunisce le maggioriaziende che producono ecommercializzano birrain Italia e che svolge peril settore birrario funzioniistituzionali, promozio-nali e di sviluppo tecnologico.

Francesco Vincenzi èstato confermato presi-dente dell’Anbi, associa-zione che rappresenta etutela gli interessi deiconsorzi di bonifica, diirrigazione e di migliora-mento fondiario operantinel nostro Paese per lasicurezza del territorio nazionale.

Microsoft Italia haannunciato alcune novitàall’interno della strutturaLeadership Team; FabioSantini è stato nominatoalla guida della nuovadivisione strategica OneCommercial Partner cheracchiude il mercato dellePMI italiane.

Ferrovie dello Stato Italiane ha desi-gnato i componenti del nuovo Consigliodi Amministrazione di Trenitalia chesarà così composto: Tiziano Onesti -riconfermato presidente -, e OrazioIacono con l’incarico di amministratoredelegato e direttore generale.

Mastercard nominail suo nuovo countrymanager per l’Italia:Michele Centemero hagestito uno più grandiclienti, Unicredit Group, ela relazione con gli head-quarter italiani, suppor-tando gli account mana-ger negli altri 17 mercati Mastercard.

Karl Haberkorn è ilnuovo country managerItalia di UPS, aziendaoperante nella logisticache offre soluzioni tra cuiil trasporto pacchi ecargo, la semplificazionedel commercio interna-zionale e l’utilizzo di tec-nologia avanzata.

Francesca Baldussi èstata nominata communi-cations & marketingmanager per l’Italia dellostudio legale internazio-nale Clifford Chance,studio che si avvale dioltre 3 mila professionistispecializzati in tutte learee del diritto.

Roberto Leoni è ilnuovo direttore opera-tions di Retelit, operatoriitaliani di servizi dati einfrastrutture nel mercatodelle telecomunicazioni.La società dispone di unarete in fibra ottica pro-prietaria che si estendeper oltre 8 mila chilometri.

Massimo Braga è ilnuovo vicedirettore gene-rale di LoJack Italia,azienda operante nel set-tore della sicurezza; inItalia da 10 anni, forniscesoluzioni telematiche eservizi innovativi in tuttoil mondo per una cre-scente gamma di beni e persone.

Antonio Casalini è il nuovo presiden-te di UnionAlimentari, associazionenata negli anni 80 a seguito dell’esigen-za di alcuni imprenditori del settore ali-mentare di trovare una rappresentanzasulle necessità del comparto food didimensioni piccole e medie.

Asstel, associazioneche rappresenta le impre-se della tecnologia del-l’informazione esercentiservizi di telecomunica-zione fissa e mobile e ifornitori di apparati e diservizi di rete, ha confer-mato alla presidenza DinaRavera per il biennio 2017-2019.

Ericsson Italia, filialedella multinazionale sve-dese operante nella forni-tura di tecnologie e servi-zi di comunicazione, hanominato Federico Rigoniamministratore delegato diEricsson in Italia e respon-sabile dell’area South EastMediterranean.

La società inglese dirisparmio Jupiter AssetManagement, attiva inItalia dal 2016 e che offrealla clientela italiana 17fondi registrati per la ven-dita, annuncia il rafforza-mento del suo team inItalia con l’ingresso diErick Manzi nel ruolo di sales director.

Arcadis Italia, filialedella multinazionale ope-rante nella progettazionee nella consulenza per lerisorse ambientali e gliasset immobiliari, haannunciato la nomina diLuca Bertucci a respon-sabile dell’ufficio marke-ting e comunicazione.

Ernesto Abbona èstato eletto presidentedell’Unione ItalianaVini, l’associazione delleimprese del vino italiane:vi aderiscono circa 500aziende che rappresenta-no un fatturato pari al 70per cento dell’export ita-liano di vino.

Mattia de Bernardis è stato nomina-to senior editor di Utet, casa editrice ita-liana nata nel 1791 che da oltre duecen-to anni pubblica opere di cultura e didivulgazione, spaziando dalla letteraturaal diritto, dalla medicina all’architettura,dalle scienze naturali a quelle tecniche.

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enti miliardi, tanti sono idati che stanno arrivandoin questo mese all’Agen-zia delle Entrate in Italiadal cosiddetto «nuovo

spesometro». Tutte le fatture rice-vute ed emesse, utenze e leasing in-clusi, saranno sottoposte al setacciodigitale secondo una griglia di ap-positi indicatori per tipologia disettore merceologico, con particola-re attenzione alle transazioni com-merciali. Gli invii telematici al Fi-sco sono quintuplicati in soli quin-dici anni e siamo solo agli inizi.

È uno tsunami di dati che dovràessere oggetto di un programma afasi e con diversi livelli di incrocioe controlli vista la complessitàdella questione. In termini genera-li, le frodi non sono solo relative al-le tasse non pagate ma includono leirregolarità contributive, vannodalla tutela dell’ambiente al con-trollo alimentare dove la tracciabi-lità della filiera è resa possibile dal-l’etichetta digitale che obbliga i for-nitori ad una trasparenza sempremaggiore.

Le frodi, ovviamente, hanno im-patto su tutta l’economia naziona-le, settore pubblico e privato, equelle finanziarie hanno un postoin prima fila. L’uso sempre mag-giore delle carte di credito (sempreche le commissioni calino ulterior-mente) riduce l’uso del contanteaumentando le possibilità di trac-ciamento, così come i sistemi infor-matici di antiriciclaggio permetto-no analisi molto sofisticate sullecomposizioni societarie accedendoai database specializzati per il mo-nitoraggio delle singole transazionifinanziarie.

In un’epoca di risorse finanziariescarse, lo Stato batte cassa recupe-rando evasione fiscale in misurasempre maggiore e con tecnichesempre più efficaci. I sistemi dianalisi dalla integrazione di banche

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Vma se sono troppo alte si colpiscenel mucchio.

La gestione ottimale dell’insieme«falsi positivi» richiede studio,competenze e tecniche statistichededicate per individuare nei clusteromogenei i segnali più o meno de-boli che indicano effettivamente icasi di frode. Anche perché le listedei casi sospetti risultato delleanalisi devono poi essere quasisempre «lavorate» dagli ispettori,sia che si tratti di una visita fiscaledi malattia sia che preveda un so-pralluogo fisico in un locale pubbli-co che presenta anomalie. Il grandevantaggio nascosto nei sistemi anti-frodi è la conoscenza sempre mag-giore che si ha di un fenomeno, da-ti oggettivi che rinforzano sensa-zioni dettate dall’esperienza sog-gettiva con un ciclo e riciclo diinformazioni: questa è la vera gran-de novità dell’ottimizzazione dellevisite ispettive.

Vi sarà bisogno sempre più di«data scientist» per le frodi, conspecializzazioni per offerta e permercato che uniscano competenzedi business con quelle informatichee statistiche. Qui non mancherà mailavoro per i giovani curiosi, appas-sionati, competenti. E vi sarà lavoroper chi svolge ispezioni sul territo-rio con un’agenda giornaliera det-tata dalle liste ottimizzate ma an-che con la flessibilità per modifica-re il percorso di controlli in base asegnalazioni in tempo reale.

Combattere le frodi non è solouna questione di ritorno economicoma è tanto altro: significa ricordareil rispetto delle regole, combatterela criminalità organizzata, garanti-re sicurezza fisica e alimentare, ac-crescere un effetto deterrenza, ri-durre anche i rischi di terrorismo.Combattere le frodi è responsabi-lità di ognuno di noi, fornendoinformazioni, condividendo puntidi attenzione. Ed è alla base dellaconvivenza civica. ■

dati tradizionali diventano sistemidi «open data» integrando dati ditipologia molto diversa, numericon testi, in volume crescente, conesigenze di elaborazione quasi intempo reale. Gli indicatori sono ilcuore dei sistemi antifrodi, sonoclassificati per tipologia di analisi esono sempre più specializzati infunzione della particolare frode, ri-chiedono competenza di businesspiù che informatica e si arricchisco-no con il tempo. I sistemi devonopermettere la modifica degli indi-catori con regole applicabili dautenti e non guru informatici, para-metrizzati e indipendenti dai datiche li devono alimentare, e che co-stituiscono spesso la vera proprietàintellettuale delle società che, adesempio, devono verificare a montel’affidabilità di un privato che chie-de un prestito ad una finanziaria.

La vera sfida è quella di rilevareanomalie effettivamente tali, cioè,ridurre i falsi positivi per noncreare «danni collaterali»: non ècompito facile quello di ridurre ifalsi positivi perché se le soglie difiltraggio sono troppo basse si correil rischio di non centrare l’obiettivo,

di Fabrizio Padua

Vi sarà bisogno sempre più di «data scientist» per le frodi, con specializzazioni per offertae per mercato che unisca competenze di business con quelle informatiche e statistiche.Qui non mancherà mai lavoro per i giovani curiosi, appassionati, competenti. E vi sarà lavo-ro per chi svolge ispezioni sul territorio con agenda giornaliera e flessibilità in tempo reale

I DATI CI SONO, SONO TANTIE SONO TRACCIABILI: NELLA

RIVOLUZIONE DIGITALEÈ GUERRA APERTA ALLE FRODI

I DATI CI SONO, SONO TANTIE SONO TRACCIABILI: NELLA

RIVOLUZIONE DIGITALEÈ GUERRA APERTA ALLE FRODI

35 Padua postciano_3 ALBICOCCA CON BOX 17/10/17 08.18 Pagina 8

empo di Olio nuovo. A diecianni dalla prima edizione tor-na Prime Olive 2017, l’even-to che segna l’apertura della

raccolta delle olive e della spremitura,con l’assaggio dell’olio nuovo. Redoro,produttore d’eccellenza dell’olio evobiologico, apre le porte dei frantoi percondividere i segreti dell’arte olearia, af-finché non vengano perduti quei valoriche rendono questo prodotto unico e in-confondibile, per qualità e proprietà sa-lutistiche. «Nonostante l’andamento ge-nerale della raccolta di quest’anno nonsia molto positiva, soprattutto in terminidi resa, abbiamo buone premesse per as-sicurare la qualità del nostro olio. Per noil’inizio della raccolta delle olive è unmomento importante, una festa che sim-boleggia il ringraziamento per l’annata,che culmina con l’apertura dei nostrifrantoi», commenta Daniele Salvagno,commerciale dell’azienda.

Redoro fonda le proprie radici nel lon-tano 1895, quando Regina ed Isidoro, dacui l’azienda trae il nome, iniziano la lo-ro attività come olivicoltori a Grezzana,in provincia di Verona e nel cuore del-la Valpantena, con l’installazione delprimo impianto per la spremitura. Lapassione per la coltivazione e la produ-zione di olio extravergine di oliva, tra-mandata di generazione in generazione,cresce progressivamente, tanto che daazienda locale a conduzione familiare di-venta, nella metà degli anni 90, unarealtà di ampio respiro nazionale ed in-ternazionale. Oggi Redoro registra unfatturato che supera i 12 milioni di euroed una crescita complessiva del 15 percento grazie a mercati internazionaliquali il Giappone, il Nord America e ilNord Europa, i Paesi scandinavi, il Bel-gio, l’Olanda.

Agli albori dell’espansione aziendaleviene acquisito un secondo antico fran-toio a Mezzane di Sotto, una zona colli-nare particolarmente vocata per la colti-

vazione degli olivi, già di proprietà delconte Giulio Liorsi. Qui ancora oggil’antica mola, alimentata dalla spintadell’acqua del Rio Dugal, mette in movi-mento l’antico frantoio, dando vita ad unprocesso di lavorazione che si avvaledelle originali macine a pietra; a diffe-renza del frantoio di Grezzana, modernoe tecnologico, che vanta un ciclo di im-bottigliamento e imballaggio tra i più al-l’avanguardia. Quindi, un’altra sede siaggiunge vicino al Lago di Garda perla produzione esclusiva dell’olio extra-vergine di oliva Garda DOP.

L’azienda è una realtà artigianale, cheha come punto di forza la vicinanza deifrantoi al cuore della produzione: questogarantisce una produzione d’eccellenzache qualifica ulteriormente il Made inItaly in tutto il mondo. La famiglia Sal-vagno è proprietaria di frantoi nelle col-line veronesi fin dal tardo Ottocento. Lasocietà è stata guidata da Mario Salva-gno, ed ora dai figli: Daniele, presidentedi Redoro Frantoi Veneti di Grezzana,confermato presidente del ConsorzioOlio Veneto Dop, e Lorenzo, che svolgeil ruolo di responsabile di produzione(che ha inventato l’eco-trappola: graziead un sistema di rilevazione ed una tele-camera che monitora gli alberi è possibi-

le conoscere in tempo reale che cosa staaccadendo alle piante di olivo), affianca-ti dalle sorelle Valeria e Paola responsa-bili dell’amministrazione e del settoredidattico. Attualmente il nome Salvagnoindica un noto frantoio per olive.

Terreni collinari calcarei particolar-mente vocati all’olivocultura, ad un’al-tezza tra i 250 e i 450 metri sul livellodel mare, un clima mediterraneo contemperature miti e l’assenza di nebbie,ventilato e privo di ristagni di umidità,caratterizzano la produzione dell’olioRedoro. Per garantire l’eccellenza, tuttala coltivazione degli olivi Redoro segueil metodo dell’agricoltura biologica cer-tificata ICEA con una raccolta a manoper mezzo di pettini su grandi reti, comeinsegna la tradizione locale. «L’olio èbuono non perché lo diciamo noi, maperché lo facciamo certificare», dichiaraDaniele Salvagno.

L’azienda lavora con i propri impianticomplessivamente ogni anno più di 30mila quintali di olive ed è operativa apieno regime da ottobre a dicembre, pe-riodo in cui esse subiscono il naturaleprocesso di invaiatura, ovvero il virag-gio dal verde intenso ad una colorazionefinale che varia, in base alla cultivar, dalrosso porpora al nero. Un migliaio di

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REDORO, UN’AZIENDA DI OLI(E NON SOLO) MADE IN ITALY

v ia col «veneto»

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Olio prima di tutto, con i frantoi veronesi. Ma anche vino, cosmesi, di-dattica e l’invenzione dell’ecotrappola, un sistema di rilevazione eduna telecamera che monitora gli alberi attraverso cui è possibile co-noscere in tempo reale che cosa sta accadendo alle piante di olivo

La famiglia Salvagno e, a destra, Daniele Salvagno, alla guida di Redoro Frantoi Veneti di Grezzana e presidente del Consorzio Olio Veneto Dop

a cura di ROMINA CIUFFA

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scar Green», premio di Col-diretti Giovani Impresa vol-to a valorizzare il lavoro digiovani che hanno scelto

per il proprio futuro l’agricoltura, hapremiato sei vincitori alla presenza diimprenditori agricoli di successo co-me Caterina e Silvia Allegrini dell’omo-nima cantina, il presidente del Consor-zio Pinot Grigio Doc delle Venezie Albi-no Armani, l’olivicoltore e presidentedi FederDop Olio Daniele Salvagno.

A Belluno, per la categoria «Campa-gna Amica», vince l’azienda agricola diRino Bernard che, nel piccolo paese al-le pendici del Nevegal, raccoglie mirtil-li, fragole, more, ribes, lamponi, uvaspina e sambuco; li spreme, pastoriz-za, imbottiglia e distribuisce con unarete di agenti e attraverso i distributo-ri automatici.

Padovana la vincitrice della catego-ria «Agri You», Sara Migliorini dellasocietà agricola Rio per l’impegno nelpromuovere concerti e composizionimelodiche nell’orto biologico o in giar-dino, un’orchestra spontanea con ani-mazione, canti e balli che fanno dei vi-sitatori una vera comunità.

Anche la categoria «Fare Rete» èappannaggio di un padovano, AndreaBarbetta di MeloVita, con il melogra-no «ready to eat» lanciato dalla star-tup veneta messa su con altri fondato-ri per coltivare dieci ettari piantati trale province di Padova e Vicenza, inclu-dendo un laboratorio ospitato nell’ac-celeratore d’impresa H-Farm a CàTron di Roncade.

Sempre a Padova, Luigi e Silvia Gi-rotto vincono il premio per la catego-ria «Crea Azienda» con una linea co-smetica di rose, fiordalisi, gigli e iris.

Va a Treviso, alla Bottega italiana diCastelfranco Veneto di Arianna Fri-son, il premio per la categoria «Impre-sa 2.Terra».

Ed è veronese la vittoria della cate-goria «We Green»: Valentina Tomez-zoli, di Tomsland S.S., l’azienda di fami-glia produttrice di Vialone Nano Igpbiologico.

produttori delle valli limitrofe conferi-scono in giornata la loro migliore produ-zione al frantoio e viene garantita la mo-litura entro 12/24 ore con un processo dilavorazione tecnologico e all’avanguar-dia. La temperatura è mantenuta a valoribassissimi, non supera i 27 gradi, al finedi conservare inalterate le caratteristichedell’olio quali fragranza, colore e sapo-re, per garantire la qualità di una spremi-tura a freddo. Il processo di lavorazionedelle olive Redoro conta di semplicipassaggi per mantenere inalterati sapori,aromi e caratteristiche anche varietali.Gli oli Redoro sono «blend», ovverorealizzati dall’assemblaggio di diversecultivar che ne conferiscono il profumo:le Dop, il bio, l’integrale e l’extravergi-ne 100 per cento italiano.

L’attenzione per la conservazione del-l’olio e delle sue proprietà organoletti-che, durante l’imbottigliamento e la di-stribuzione del prodotto, è di primariaimportanza nella filosofia dell’aziendaRedoro. La particolarità che caratte-rizza ed accomuna tutti gli oli dell’a-zienda veronese è la bottiglia originaleregistrata e brevettata a marchio Re-doro, funzionale e comoda nell’utilizzo,grazie al manico che rende più agevolel’impugnatura. La qualità dell’olio vienepreservata dal vetro scuro anti-ultravio-letti, progettato per evitare l’ossidazionee l’esposizione alla luce del contenuto.Grazie all’imbottigliamento sotto azoto,la confezione preserva i profumi dell’o-lio ed evita il contatto con l’ossigeno perscongiurare i processi di ossidazione. Siaggiunge l’inserimento del tappo anti-rabbocco, studiato per far uscire la giu-sta quantità di olio, evitare sprechi e ga-rantire il rispetto della normativa vigen-te del 30 ottobre 2014.

La cura della qualità dell’olio si uniscea un’attenzione particolare per il rispettodell’ambiente. Impegnandosi a garantireche dallo scarto della sansa e del noccio-lino prodotti durante la lavorazione nullavada perduto, Redoro pone un occhio diriguardo nei confronti della sostenibilitàe dell’utilizzo di energia pulita. Una pro-duzione virtuosa che usufruisce di tuttele qualità dell’oliva anche grazie all’uti-lizzo di alte tecnologie innovative edecosostenibili, che garantiscono una ri-duzione di emissioni di CO2 in fase pro-duttiva e un basso impatto ambientale.

Recentemente la società si è impe-gnata a stanziare 100 mila dollari inun progetto in tre anni, al fine di soste-nere stage ideati per gli studenti di ita-liano della Prospect High School diChicago. L’obiettivo è garantire autenti-che esperienze sul campo ed eseguire ri-cerche che sostengano la promozione deiprodotti Redoro negli Usa. Iniziative cul-turali coinvolgono bambini e famiglie inpercorsi di approfondimento sul mondodell’olio, visite didattiche studiate ad hocconsentono di sperimentare le varie fasidi lavoro in frantoio attraverso un ap-

proccio personalizzato e privilegiato chepone l’attenzione sugli aspetti naturali-stici e sperimentali e sulle tematiche le-gate alla cultura e alla riscoperta dei pro-dotti veronesi, con attenzione alla tecno-logia di estrazione e trasformazione.

Non solo olio di altissima qualità: lafamiglia si dedica anche al settore viti-vinicolo. La cantina La Fontanina si tro-va fra le suggestive colline della Valpan-tena, dove Daniele Salvagno si dedicaalla produzione di Amarone Bio e diValpolicella Bio DOCG di qualità biolo-gica e vegana. «La nostra volontà è darvita ad un prodotto speciale che tuteli lepeculiarità del territorio veronese, per-fetto per produrre vini naturali e ricchidi personalità. Una piccola produzioneche ci sta regalando molte soddisfazio-ni», dichiara il presidente.

C’è anche una linea dedicata allacosmesi: creme per il corpo, shampoo-doccia, labbra, dopobarba. Molteplicisono le proprietà nutrizionali e curativedell’olio extravergine di oliva nel cam-po della bellezza: ricco di polifenoli,carotenoidi e di vitamina E, l’olio è coa-diuvante per il mantenimento della pel-le, in grado di armonizzare il naturaleequilibrio fisiologico del corpo, favo-rendo l’idratazione. ■

Arianna Frison, Silvia Girotto, SaraMigliorini, Rino Bernard, Valentina

Tomezzoli, Andrea Barbetta

VENETO PREMIATO

Ecco i vincitoridel premio«Oscar Green»di Coldiretti

Giovani Impresa per il Veneto, dedicato ainuovi imprenditoriimpegnati nel socialecon progetti innovativi,sostenibili, attenti allatradizione ma diretti ad internazionalizzare

«O

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tutto sul [email protected]

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«Talian» non è un italiano senza la ima è una lingua a sé stante, cheprobabilmente nessuno ha mai

sentito nominare. Ma parlare, sì. In Ve-neto. Non solo: essa è impiegata comelingua madre da circa 500 mila personein 133 città, complessivamente da 4 mi-lioni di persone nel mondo. E ne siamonoi gli autori, o meglio (a Cesare quelche è di Cesare), i veneti. Noi, che ci la-mentiamo (o vantiamo) che l’italiano siparli solo in Italia, non sappiamo che ab-biamo una lingua tutta nostra che, anda-tasi ad integrare ed arricchire con il por-toghese delle terre d’emigrazione, ha ac-quisito la propria autonomia. Parados-salmente: a) di questa lingua i parlanti sivergognano; b) essi credono che si trattidi italiano puro e semplice; c) molti diloro non sono mai entrati a contatto conun italiano «vero».

Dal 2009 il talian è persino patrimoniolinguistico negli Stati brasiliani del RioGrande do Sul e di Santa Catarina e lin-gua co-ufficiale, con il portoghese, nelcomune di Serafina Corrêa, la cui popo-lazione è al 90 per cento di origine italia-na; nel 2014 è stato dichiarato parte delpatrimonio culturale del Brasile ed è im-piegato come lingua madre in 133 città.Una lingua viva, usata quotidianamentesul lavoro, all’università, nelle canzoni enelle poesie, in teatro, alla radio o in tv:nella piccola città di Sananduva si può,ad esempio, ascoltare nei programmi set-timanali «Radio Sananduva» e «Talianibona gente», oltre 20 anni di program-mazione ininterrotta.

Durante la seconda guerra mondiale iltalian fu proibito dal dittatore GetúlioVargas: entrando in guerra a fianco deglialleati fu proibito insieme al tedesco; lasfida degli emigranti, molti dei quali car-cerati, era incentrata sull’impossibilità diparlare un’altra lingua che non fosse iltalian; fortunatamente, la lingua dei ve-neti del Brasile non solo si è mantenutadopo allora, ma fortificata.

Darcy Loss Luzzatto è autore di unvocabolario «brasiliano-talian» di oltre800 pagine: «I nostri vecii, co i ze rivadi,oriundi de i pi difarenti posti del Nord

ni, passione e sensibilità, unite alla pa-dronanza di alcune lingue, l’hanno porta-ta a confrontarsi con le comunità italianeall’estero e a plasmare un enorme baga-glio culturale, umano e professionaleraccolto nelle sue ricerche antropologi-che e linguistiche. Ha così realizzato unprogetto, anche editoriale e didattico,inerente alla ricostruzione della memoriastorica e linguistico-culturale dell’emi-grazione veneta nelle Americhe, in cuiespone il fenomeno del talian.

Domanda. Come mai si è avvicinata,quasi immedesimata, al talian?

Risposta. Sono un’interprete e tradut-trice, ho trascorso anni all’estero, anchein Brasile, e lì, da linguista, mi sono ap-passionata alla realtà dell’emigrazione.Così ho avviato il progetto «Cantando intalian» che cerco di portare avanti paral-lelamente in Italia e in Brasile, perché daentrambe le parti c’è una grandissimaignoranza, intesa come carenza di cono-scenza di questo fenomeno, sia dal puntodi vista sociologico-storico che dal puntodi vista linguistico.

D. Cos’è il talian?R. Un miscuglio fra i dialetti del Nord

Italia - li chiamo dialetti solo perché nonsono stati riconosciuti in Italia, ma sonolingue a tutti gli effetti - con un peso si-curamente molto più forte in Veneto, ter-ra di grandissima emigrazione. Il porto-ghese risulta nelle parole mancanti, el’attaccamento alla propria terra fa sì chequesta lingua si «lusitanizzi». Il talian èun fenomeno meraviglioso e unico inquanto costituisce un’isola linguisticaimportante soprattutto per il numero dipersone che ancora la usano, che sonomilioni non solo in Brasile. Nel mondointero riflette alti numeri: in Messico lacomunità di Chipilo ha accolto 5 milapersone dal Trevigiano, che ancora par-lano il veneto; altre significative realtàsono in Venezuela e in Sudafrica, sebbe-ne il numero brasiliano non abbia eguali.Questa lingua diventa anche prestito: al-l’interno delle comunità venete in Brasi-le, ad esempio, invece di dire «zoccolo»si impiega il termine «tamanco», in ori-gine lo zoccolo portoghese.

D. In cosa è consistita l’emigrazioneveneta in Brasile?

R. Gli emigrati veneti arrivarono inBrasile quando - fattore importantissimo- a soli 10 chilometri di distanza si par-lavano due veneti diversi e ci si guar-dava male tra Marostica e Bassano delGrappa. È allora che questa lingua giun-ge in Brasile e in qualche modo si me-scola: il talian è a tutti gli effetti un mi-scuglio di veneto soprattutto con base

di ROMINA CIUFFA

d’Italia, i se ga portadi adrio no solche lafameia e i pochi trapei che i gaveva desuo, ma anca la soa parlada, le soe abitu-dini, la soa fede, la so maniera de essar.Qua, metesti tuti insieme, par farse capirun co l’altro, par forsa ghe ga tocà me-scolar su i soi dialeti d’origine e, cossita,pianpian ghe ze nassesto sta nova len-gua, pi veneta che altro, parchè i veneti izera la magioranza, el talian o Venetobrasilian». Di lui è riportata una paginasu Wikipedia, ma in dialetto veneto, chelo descrive come «uno dei esponenti piconossui de leteratura taliana o vèneto-brasiliana». Perché, per chi non lo sapes-se, esiste un «Wikipedia in lengua vè-neta» con 10.975 voci (10.975 voxe).

Il talian, parlato dai discendenti diquei veneti che partirono nel 1875 in se-guito alle disastrose condizioni nellequali la loro regione si era venuta a tro-vare per l’annessione all’Italia, si illumi-na anche di illustri: da Anna Pauletti Re-ch cui la città di Caxias do Sul ha nomi-nato un intero quartiere a Raul Randon,classe 1929 (nipote dell’emigrante Cri-stoforo), titolare di un gruppo industrialecon 9 mila addetti a Caxias do Sul e diun’impresa agricola con ettari di vignetie meli, che di recente ha ottenuto dall’u-niversità di Padova la laurea in ingegne-ria gestionale ad honorem. E molti altri.

Ma cos’elo sto talian? Lo chiediamoa un’esperta, la padovana Giorgia Miaz-zo; interessata alla cultura dell’AmericaLatina, vi ha vissuto molto tempo. Origi-

C I R C U I T O D I V U L G A T I V O D I C U L T U R A B R A S I L I A N A A C U R A D I R O M I N A C I U F F A

Giorgia Miazzo, esperta di talian

«MA COS’ELO STO TALIAN?»... I VENETI, ENON SOLO, HANNO ESPORTATO IN AMERICALATINA UNA LINGUA UFFICIALE: IL TALIAN

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IL BRASILE A PORTATA DI RIOMANOCIRCUITO DIVULGATIVO DI CULTURA BRASILIANA A CURA DI ROMINA CIUFFA

39SPECCHIOECONOMICO

vicentina-bellunese-trevigiana e conparole portoghesi. L’uso dello stesso ela convivenza fra quelle genti fa sì chel’italiano diventi più portoghese-brasi-liano. Con questa caratteristica: se in Ve-neto manteniamo ancora i confini tra undialetto e l’altro, tra una provincia e l’al-tra, in Brasile la lingua si è integrata e,oltre al veneto, ha preso anche qualchecalco del lombardo, del piemontese, delfriulano, del trentino. E si possono ascol-tare comunità che usano la lingua porto-ghese ma che usano espressioni tipichevenete. Sicuramente è una lingua diffe-rente perché ha preso un’altra strada, ese vogliamo possiamo passarla comeuna nuova lingua neolatina perché inrealtà non coincide con i nostri dialettiveneti; ma sicuramente garantisce unagrande comunicazione con noi, perché èuna lingua che capiamo.

D. Brasile dove?R. Parliamo del Rio Grande do Sul,

che è una realtà più mescolata tra vicen-tini-trevigiani-bellunesi, a differenza dialtre comunità in Brasile. A me piacesempre ricordare quella della città di Co-lombo, nello Stato del Paraná, vicino aCuritiba: gli emigrati sono partiti tuttidalla Val Brenta ed hanno formato un ta-lian che è praticamente identico alla lin-gua che ancora parliamo in Italia, con al-cune parole che per noi sono ormai in di-suso; per esempio per dire «suocero» o«suocera» dicono «il mi missiè e la mimadonna», parole che usavano i mieinonni. Questa è un’altra realtà stupenda,quella di una lingua più arcaica, di 100anni fa, che non si è mescolata con ilportoghese né con altre realtà del Venetoo del Nord Italia. In sintesi: ci sono tan-ti talian come ci sono tanti dialetti ve-neti. Quando opero in queste comunitàavverto la loro vergogna di parlare ta-lian: non conoscono la differenza tra ve-neto, talian e italiano, pensano che il lorotalian si parli in Italia e lo parlano senzasapere nulla della propria lingua, perchéquando emigrarono erano quasi tuttianalfabeti.

D. Come reagirono il Governo ita-liano e quello brasiliano a quell’onda-ta migratoria?

R. Mentre il Governo italiano avevatutto l’interesse a mandare via gente,perché eravamo in troppi, il Governobrasiliano e le compagnie di navigazionesi facevano forza della grande ignoranzadi coloro che arrivavano; all’epoca ilBrasile intendeva fortemente popolare laterra meridionale. che rischiava di esseredominata o presa da altri Stati, e dare inmano ai bianchi il potere evitando chepassasse ai neri, sebbene la schiavitùfosse stata abolita. Si aggiunge a ciò ilfatto che il governatore Don Pedro IIaveva compiuto dei viaggi in Veneto enel Trentino, rimanendo ammaliato dallabellezza e dal nostro modo di lavorare la

terra, e conosceva i veneti come gentecalma, morigerata, grandi lavoratori, masoprattutto ignoranti, devotissimi alla fa-miglia e alla religione, in breve gente cheavrebbe obbedito. Questa migrazione del1875 la si può definire eroica perché èstata la più antica e la più difficile; dal1900 parte poi l’Italia meridionale, circa3 milioni di persone. Il Nord continua apartire, ma in una emigrazione diversa:quelli del Sud, infatti, vanno verso SanPaolo. Nei recenti Mondiali di calcio te-nutisi in Brasile si è fatto cenno all’emi-grazione siriana, libanese e africana,mentre dell’europea, di quella tedesca,della nostra non si è parlato: una vergo-gna, anche perché i tedeschi partirono 50anni prima di noi. Il 1875 fu una data im-portante perché partì la prima nave, «So-fia», con 380 famiglie, alla volta del Bra-sile, per sopravvivere e trovare fortuna.

D. Perché si chiama «talian» e comeè percepito?

R. Perché qualcuno in Brasile, in-torno a un tavolino, ha deciso che sidovesse chiamare così. Per essere piùcorretti, si sarebbe dovuto chiamare «ita-lo-veneto-brasiliano». Inoltre non biso-gna dimenticare le piccole comunità, chehanno bisogno di più ascolto, quali quel-le insediate a Rio de Janeiro o a MinasGerais; all’interno di quest’ultimo sonotre quelle di origine veneta, che nel 2007siamo andati a trovare. Era questa laprima volta che loro vedevano un ita-liano. Le piccole comunità sono le menocontaminate dalla politica, la quale fagrandi danni sulla cultura. Lo stesso er-rore lo compiono le scuole di italianoquando in Brasile dicono che il taliannon esiste più, che è la lingua degli igno-ranti: chi parla veneto è visto in termini

non buoni, perché sono i veneti i primi anutrire una grande vergogna per la pro-pria lingua, si sono sempre visti così,hanno sempre lavorato nei campi, sen-tendosi inferiori. Il popolo veneto nonha una grande autostima, eppure ha fattograndi cose, e con umiltà. Con il mioprogetto contrasto la tendenza a spostarecoloro che parlano talian sull’italiano,facendo piuttosto conoscere la linguadell’emigrazione che ha attraversatol’Oceano, una lingua sacra perché cel’ha fatta dando la forza al popolo chela parlava tramite le messe, i canti, iritornelli, i proverbi. Questa gente cel’ha fatta con la cultura, con il folclore,con la lingua rimasta viva, che ricorda lapropria famiglia e la propria terra. Tuttociò non è stato fatto in italiano, ma in ta-lian; il nostro lavoro cerca di dare di-gnità al dolore di coloro che hanno sof-ferto in modo estremo, senza che mainessuno dicesse «grazie».

D. Il tema della migrazione è parti-colarmente acceso. Ma la nostra?

R. È delicato: se parlo nel mio lavorodi emigrazione la gente borbotta. L’annoscorso sono morte 6 mila persone nelMediterraneo, emigrazione vuol direvergogna, umiliazione, orfani. Ricordarela nostra emigrazione rende attiva la no-stra memoria storica: ci definiamo unPaese antico ma non ricordiamo cos’èsuccesso 100 anni fa. Anche nelle scuoleandrebbero cambiati i programmi, siparla di Medioevo per tre anni e non sitocca la storia recente.

D. In che modo ha sviluppato il suoprogetto e quali sono gli enti culturalie accademici che lo hanno sostenuto?

R. Ho aperto due sezioni dello stessoprogetto, «Cantando in talian» e «Sco-

«Iltalian è un fenomeno unico in quanto isola linguisticaimportante soprattutto per il numero di persone che ancora

la usano: milioni, non solo in Brasile ma nel mondo intero. Gli emigrati veneti arrivarono in Brasile quando a soli 10

chilometri di distanza si parlavano due veneti diversi e ci siguardava male tra Marostica e Bassano del Grappa»

38-40 Rioma Talian postciano_2 TREMONTI 17/10/17 08.13 Pagina 79

tutto sul brasile

40 SPECCHIOECONOMICO

www.riomabrasil.com [email protected]

Grande do Sul costruendovi un’industriameccanica di autobus.

D. Il talian è tutelato?R. Il talian è una delle 30 lingue del-

l’emigrazione in Brasile e la lingua piùparlata di tutte le 30. Ma ci sono notedolenti: da una parte mi fa piacere che inBrasile siano state promulgate delle bel-le leggi a favore di questa lingua, perchédiventi patrimonio storico immateriale,e gli studiosi ne portano avanti il proget-to di valorizzazione. Ma sono contrariaalle modalità in cui ciò viene effettuato:vedo che si formano «gruppetti», equando diventano gruppetti non è più un«patrimonio». Ciò che faciliterebbe ilsalvataggio di questa lingua è l’unione,non la divisione. ■

l’ho messa, lavoro nei fine settimana, mail tutto viene ripagato perché è una gran-dezza ricchissima quella di vedere gliocchi lucidi di questa gente.

D. Chi parla talian è di origine umi-le: esistono eccellenze talian?

R. Ci sono eccellenze e persone che cel’hanno fatta. Nel 2011 ho conosciutoMaria Della Costa, scomparsa nel2016, una delle più grandi artiste che ab-biamo avuto in Brasile a livello teatraletanto da nominarle un teatro a San Paolo.Mi ha regalato un libro sulla sua carrieraartistica. Nella letteratura c’è DaltonTrevisan, autore del libro «O vampirode Curitiba»; poi c’è Adoniran Barbo-sa, il cui vero nome è Giovanni Rubi-nato, di origine padovana, il maggioreesponente di samba a San Paolo; AnnaRech, originaria di Seren del Grappa, inprovincia di Belluno, che partì nel 1876vedova con sette figli, e dovette affronta-re l’ostilità delle autorità all’imbarco alporto di Genova dovuta alla presenza difigli disabili. Lei disse: «O mi lasciatepartire o mi butto in mare», e partì, quin-di costruì una piccola locanda a Caxiasdo Sul che divenne un punto di arrivoper i viandanti. Oggi un intero quartierelì porta il suo nome. Il trevisano (Man-suè) Geremia Lunardelli divenne ilmaggior produttore di caffè al mondotanto da ricevere l’appellativo di «rei docafé». Un altro esempio quello dei fra-telli Randon, partiti da Cornedo, nel Vi-centino, nel 1888 e che giunsero nel Rio

prendo il talian», e ne ho fatto due libri,in seguito tradotti in portoghese. «Sco-prendo il talian. Viaggio di sola andataper la Merica» racconta la parte storicadel Veneto non solo attraverso i miei rac-conti ma anche attraverso le lettere degliemigrati e un’analisi dei numeri e dellepartenze, sulla base di una ricerca che hocompiuto in 12 anni tra il Rio Grande doSul, il Paranà, Santa Caterina, Minas Ge-rais, e attraverso l’Università Ca’ Fosca-ri di Venezia, la UFSC di Santa Catarina,l’UFPR del Paraná e l’UFRJ di Rio deJaneiro. È stato un lavoro di valorizza-zione del patrimonio culturale e immate-riale linguistico dell’emigrazione venetain Brasile attraverso la musica e la glot-todidattica ludica. Nell’altro libro, «Can-tando in talian», per il tramite di 10 cantidegli emigranti sono sviluppate delle at-tività didattiche funzionali all’uso dellagrammatica, della morfologia e del lessi-co con proverbi, espressioni tipiche, fo-cus culturali che parlano di città, culina-ria, architettura, e tutto questo è unponte tra Italia e Brasile. In queste co-munità ogni anno tengo corsi settimanalidi 20 ore per bambini, adulti e anziani,cantiamo e parliamo di lingua e cultura.

D. Esistono dizionari di talian?R. Il primo dizionario è stato scritto da

un polacco, che viveva così a stretto con-tatto con le comunità venete cha l’ha im-parato. Ci sono lavori anche più recenti,libri di teatro o libri che parlano dellestorie di emigrazione. Forse il mio haqualcosa in più, nel senso che è stato vi-sto dal di fuori, non dall’interno di unacomunità, e perciò non riferisce di un so-lo talian poiché con le canzoni ho accor-pato le varianti: non c’è un solo talian.

D. E quanti?R. In un altro libro, uscito nel 2016,

«Le grandi migrazioni», parlo anche del-la Lombardia, del Friuli, del Trentino Al-to Adige, del Piemonte. Ne ho scritto unaltro, per ora solo e-book ma che usciràin formato cartaceo: «I miei occhi hannovisto. Storia di sguardi e di emozioni diviaggiatori migranti» è una raccolta diarticoli e foto che ho fatto durante i mieiviaggi, non solo in Brasile ma anche inPerù, Africa, Canada, dove ho incontratocomunità italiane, e affronto il tema de-gli stereotipi che noi italiani applichia-mo.

D. Tutto questo come è pagato? R. Da me. Nella vita insegno lingue,

sono traduttrice, interprete, giornalista.Mantengo me e il progetto vendendo imiei libri, organizzando serate, ho vintodei premi, alcuni in denaro. Non so secontinuerò, la mia goccia nell’oceano

C I R C U I T O D I V U L G A T I V O D I C U L T U R A B R A S I L I A N A A C U R A D I R O M I N A C I U F F A

«In Brasile sono statepromulgate delle belle leggi a favore del talian, perché diventi patrimonio storicoimmateriale, e gli studiosi ne portano avanti il progettodi valorizzazione. Ma sonocontraria alle modalità in cuiciò viene effettuato: vedo che si formano gruppetti, e quando ciò accade non sipuò più parlare davvero dipatrimonio. Ciò che facilita ilsalvataggio di questa linguaè l’unione, non la divisione»

Geremia Lunardelli, il re del caffè

Il grande sambista Adorinan Barbosa.Sotto, l’imprenditore Raul Randon: suononno Cristoforo emigrò da Muzzolon

di Cornedo Vicentino e fondò un impero

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ALEJANDRO PASCUAL: CODERE ITALIA, AL GIOCO D’AZZARDO SERVONORESPONSABILITÀ, FORMAZIONE, STABILITÀ

zienda considera l’innovazione continuadel mercato e delle tecnologie connesseun elemento fondamentale del business eper questo offre ai suoi clienti le tecnolo-gie più avanzate ed un servizio efficientee professionale per l’interconnessione ela gestione degli apparecchi da intratte-nimento; ma aggiunge a ciò un traininganche per i suoi dipendenti.

Gaming company internazionale delgioco lecito, è presente anche in Italiacon sale bingo e VLT («video lotteryterminal») in numerose città, ha il pro-prio quartier generale a Madrid, in Italiaha sede a Roma, si trova in otto Paesieuropei e in larga misura in AmericaLatina (Argentina, Messico, Panama,Colombia, Uruguay e Brasile) con piùdi 55 mila apparecchi, più di 30 milapostazioni bingo e più di 4.400 termina-li di scommesse sportive, 146 sale dagioco, 669 casinò, 10 mila punti di ri-storazione, 172 punti di scommessesportive e 4 ippodromi, circa 14 mila di-pendenti in tutti i Paesi in cui opera e, inItalia, nello specifico circa mille. DiCodere Italia è amministratore dele-gato lo spagnolo Alejandro Pascual.

Domanda. Si parla spesso di «gam-bling», ma il «gambling» ha un’acce-zione inizialmente negativa. È così?

Risposta. Se vogliamo darne una let-tura squisitamente lessicale, «gambling»è il termine inglese con cui si definisceil gioco d’azzardo o il gioco illegale;nella sua traduzione italiana viene utiliz-zato impropriamente e negativamentecome sinonimo di «gioco d’azzardo pa-tologico». Il gioco d’azzardo non è altroche una qualsiasi attività ludica basatasu una scommessa che potrebbe fornireuna ricompensa economica. Questo ca-rattere lucrativo del gambling è ciò chelo differenzia dal semplice gioco (ga-ming). Siamo concessionari di Stato edin quanto tali «legali» per definizione.Operiamo sempre con responsabilità af-finché il gioco resti sempre e solo unaforma di svago e di socializzazione.

D. Come è cambiato il gioco daquando si è entrati nell’era del web?

R. L’avvento di Internet ha decisa-mente modificato i comportamenti delgiocatore che da un terminale qualsiasi,tablet, pc o smartphone, può giocare inautonomia e in qualunque momento. È

41SPECCHIOECONOMICO

isognerebbe giocare spesso, piùspesso. Aiuta l’animo. Il giocodell’adulto - diversamente che nelbambino, per cui esso è naturale -potrebbe generare dipendenza, o

potrebbe essere svolto illecitamente, so-prattutto quando l’obiettivo finale è unasomma di denaro. Tanto che il DSM, ilManuale dei disturbi psichiatrici, collocail gioco d’azzardo «patologico» tra le di-pendenze. Ovviamente quando esso èabusato. Per il resto, c’è lo Stato che con-trolla e si fa garante perché, nell’ambitodi limiti di liceità, il gioco faccia bene.Le stesse compagnie che lavorano nelsettore si interessano di tale profilo. Co-me in ogni gioco in scatola c’è un ma-nuale di istruzioni, così anche il giocod’azzardo, perché non si azzardi, habisogno di istruzioni per l’uso. Questevengono realizzate anche attraverso unaformazione che, possibilmente, gli ope-ratori devono approntare con responsabi-lità, supportati dallo Stato.

Come fa Codere: con più di 25 anni diesperienza e di successi nel mercato in-ternazionale e nel settore della gestionedelle macchine da intrattenimento, l’a-

Alejandro Pascual,amministratore delegato di Codere Italia

BB

Il gioco deve poter trovarespazio come qualunque altraforma di intrattenimento. Ecome qualunque attività nondeve diventare una malattia.Codere da sempre pone in essere attività dirette a informare sui temi della legalità e del gioco responsabile, anche con unprogramma di formazioneper dipendenti ed operatoried un numero verde gratuitodi primo ascolto e intervento

ALEJANDRO PASCUAL: CODERE ITALIA, AL GIOCO D’AZZARDO SERVONORESPONSABILITÀ, FORMAZIONE, STABILITÀ

a cura di UGO NALDI

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singolare che, di fronte ad una tecnologiache consente di giocare senza alcun limi-te temporale e geografico ma, soprattut-to, senza nessuna relazione con un inter-mediario di gioco, ci si preoccupi diemanare norme, sempre più stringenti,per isolare i luoghi di gioco fisici nelleperiferie e per imporre restrizioni tempo-rali. Le sale gioco sono da sempre luoghidove le persone socializzano e dove èpossibile informare i clienti sui rischi diun gioco eccessivo e intervenire per in-terrompere comportamenti esagerati.

D. Uno spagnolo in Codere Italia.Questo la renderà più obiettivo. Cosavede nel nostro mercato del gioco?

R. Sono in Italia dal 2006 e mi sentoormai molto italiano ma spero davverodi non avere perso la mia obiettività. L’I-talia rappresenta senz’altro un modellodi lungimiranza ed innovazione. Il 2004ha segnato un momento storico in cui ildecisore ha preso atto che doveva affron-tare il tema del gioco, che pur esisteva, eprovare a risolverlo in termini di sicurez-za, responsabilità e perché no, vantaggioper le casse dello Stato. È nata la rete diconnessione degli apparecchi da intratte-nimento, un progetto ambizioso e com-plesso che ha cominciato presto a far ve-dere la sua portata innovativa. Da più di700 mila videopoker distribuiti sul terri-torio senza che vi fosse alcun controllocentralizzato e senza che lo Stato netraesse alcun beneficio concreto, alla retegestita dai concessionari e sotto il co-stante controllo di Aams e del suo brac-cio tecnologico Sogei. L’attività di le-galizzazione ha consentito di recupe-rare grandi margini dall’attività ille-gale e di far confluire nelle casse delloStato un importante gettito erariale,oltre a consentire una concreta tuteladel giocatore sia rispetto al payout ga-rantito sia della legalità dei soggettiche possono offrire il prodotto gioco.Chi parla di aumento esponenziale deivolumi di gioco o non conosce la storiadel gioco in Italia o non vuole tenereconto del fatto che l’aumento dei volumiè per gran parte frutto della legalizzazio-ne di questi anni. Fondamentale è anchericordare che l’industria del gioco lecitogarantisce importanti livelli di occupa-zione e profili professionali altamentespecializzati. Gli ultimi anni hanno vistoil settore al centro di un fuoco incrociatodi stampo ideologico che non consideraquanto la legalizzazione sia stata fonda-mentale nell’emersione dell’illegale.

D. Dal 2000, anno del suo ingresso inCodere, ad oggi, come ha visto cam-biare il mercato del gioco all’estero ein Italia?

R. La tecnologia ha cambiato comple-tamente le nostre vite negli ultimitrent’anni e il mercato del gioco italianoed internazionale non poteva non risen-tirne. Siamo passati dalla colonna delTotocalcio giocata il sabato alle scom-messe «real time» e «virtual». È cambia-

Paesi una regolamentazione stabileaiuta a definire strategie e consente diprevedere cosa accadrà nel breve emedio termine, in Italia si viaggia avista, ogni manovra finanziaria conser-va un’alea che mette in discussione tut-te le previsioni fatte in precedenza. C’èsolo da augurarsi che il legislatore deci-da per una linea e la mantenga inaltera-ta per un periodo tale da consentire diindividuare e realizzare business planrealistici e senza dover far fronte ad ul-teriori sorprese. L’intenzione di Codereè, ove ci siano le condizioni, di conti-nuare ad operare in Italia e effettuare in-vestimenti e sviluppare nuove attività.

D. Il settore del gioco lecito in Italiaè attaccato costantemente ma è altresìimpiegato come cassa cui attingere.Quali sono i provvedimenti, anche re-centissimi, di cui è stato oggetto?

R. Dalla legge di stabilità 2016, untempo decisamente breve, abbiamo assi-stito a interventi sul settore di grande im-patto: prima la riduzione degli introitiper la filiera degli apparecchi, i famosi500 milioni, poi un primo aumento delprelievo erariale unico delle Awp, anchedette «new slot», del 2,5 per cento - dal15 al 17,5 per cento - con corrispettivadiminuzione del payout - restituzione invincite al giocatore - al 70 per cento,evento che ha comportato importanti in-vestimenti per il cambio schede degli ap-parecchi e ha necessitato di tempo perl’allineamento del mercato, e il conte-stuale aumento del prelievo erariale uni-co delle Vlt, ossia le «video lottery ter-minal», dello 0,5 per cento. A distanza dipoco più di un anno, con la manovrina di

to completamente l’approccio e diversesono anche le aspettative di chi si avvici-na al mondo del gioco. Siamo perenne-mente connessi e sempre più social. Chisogna un ritorno indietro mostra di nonvivere il presente. Dal Subbuteo allaPlay Station il salto è generazionale. Inostri figli studiano sui tablet e fanno lericerche con Google. La sfida vera stanel guardare avanti e adeguarsi, sempreperò utilizzando la tecnologia in manierasana e a garanzia del fruitore offrendoservizi che siano in linea con i gusti e leaspettative dei nostri clienti che col tem-po modificano, come del resto la societàin genere, aspettative e comportamenti.

D. In Italia Codere ha recentementeregistrato una battuta d’arresto nono-stante la crescita di apparecchi instal-lati. Ha per questo dichiarato che«operare in Italia sta diventando sem-pre più complesso e meno redditizio».A cosa addebita questa situazione, afronte di un miglioramento generalenegli altri Paesi? Conviene restare sulmercato italiano, e in che modo?

R. Confermo quanto affermato in me-rito alla complessità sempre crescentedell’operare in Italia, un mercato estre-mamente regolamentato e blindato incui però è sempre più difficile averecertezze normative e sviluppare pianiindustriali. Da anni ormai assistiamo ainterventi normativi che vanno ad inci-dere pesantemente sulla definizione dipiani di sviluppo e investimento. Dallatassazione alle normative degli enti lo-cali, tutto contribuisce a rendere il set-tore instabile e difficilmente prevedibilein termini di risultati. Mentre in altri

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«Stabilità, stabilità, stabilità. Noi di Codere au-spichiamo che lo Stato definisca la propria po-sizione rispetto al settore, e delle regole chia-

re che vengano mantenute in un tempo congruo per losviluppo di piani di sviluppo e di investimento. Attraver-siamo un periodo di confusione generale, una sorta ditutti contro tutti in cui i veri vincitori sono stati coloroche continuano ad offrire gioco illegale»

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aprile 2017, abbiamo visto crescere nuo-vamente il Preu, questa volta sia su Awpche Vlt, rispettivamente di 1,5 punti e0,5 punti percentuali e senza alcuna ridu-zione del payout. È singolare che questealiquote aumentino nonostante sia laCorte dei Conti che la Ragioneria delloStato abbiano fatto presente che il settoreera allo stremo e quindi non in grado disostenere nuovi e più gravosi livelli ditassazione. A questo si aggiunge la giàprevista riduzione dell’offerta di gioco,che al momento però impatterà solo su-gli apparecchi Awp, e la successiva ridu-zione dei luoghi di gioco come ribaditoall’interno dell’accordo siglato nell’am-bito della Conferenza Stato-Regioni.

D. Di quali interventi normativi c’èpiù bisogno per tutelare il settore e, nelcontempo, i giocatori?

R. Stabilità, stabilità, stabilità. Au-spichiamo che lo Stato definisca la suaposizione rispetto al settore, e delle re-gole chiare che vengano mantenute inun tempo congruo per lo sviluppo dipiani di sviluppo e di investimento.Attraversiamo un periodo di confusionegenerale, una sorta di tutti contro tutti incui i veri vincitori sono stati coloro checontinuano ad offrire gioco illegale.L’accordo siglato in Conferenza Unifi-cata tra Stato ed enti locali dovrebbe es-sere propedeutico ad una definitiva eomogenea regolamentazione del settoreanche se, per le sue caratteristiche, sem-bra di complessa attuazione. Questa si-tuazione di confusione generalizzatanon ha fatto altro che inasprire il climaintorno al settore legale facendo perdereil focus sul fatto che il nemico comuneper aziende, Stato e giocatori è il giocoillegale gestito dalla criminalità organiz-zata. Questo è il vero pericolo per ilgiocatore, vedersi accolto in contestiillegali dove non esistono garanzie etutele per nessuno.

D. Avete siglato un accordo conObiettivo 2016 per il settore dellescommesse. Di cosa si tratta e comecrede influenzerà il vostro bilancio?

R. L’accordo con Obiettivo 2016 na-sce da una precisa volontà di entrare nelsettore delle scommesse in Italia dallaporta principale per diventarne prestoprotagonista, come è accaduto in Spa-gna. Il nostro modello sarà analogo aquello già sperimentato per gli apparec-chi da intrattenimento, con il gestore alcentro. Stiamo sviluppando un progettodove qualità e competenza camminanoinsieme e dove la soddisfazione delcliente è accompagnata da quella del ge-store. Perché questo si realizzi confidia-mo nell’emanazione del bando di gara inun contesto che consenta ai nuovi opera-tori di entrare nel mercato e che non creidiscriminazioni tra chi opera da tempo echi si affaccia ora al settore scommesse.Abbiamo fatto le nostre analisi e credia-mo che questa attività possa essere com-plementare alle altre attività per miglio-

rare complessivamente i nostri risultati. D. Avete progetti per un’espansione

ulteriore in Italia e altrove? R. Il Gruppo ha comunicato agli inve-

stitori di avere la precisa intenzione dicontinuare a crescere nei mercati in cuiopera. Nella strategia prevista per i pros-simi anni c’è una forte determinazioneverso una crescita ulteriore. Vogliamocontinuare ad investire anche in Italiacon qualche garanzia, però, in termini dicertezza e di stabilità derivante da regolechiare.

D. Come definisce un comporta-mento di gioco sano e responsabile?Cosa fate in termini per contrastare il-legalità, ludopatia etc?

R. Il gioco deve poter trovare spaziocome qualunque altra forma di intratteni-mento. E come qualunque attività nondeve diventare una malattia. Codere dasempre pone in essere attività dirette ainformare e formare sui temi della le-galità e del gioco responsabile. In Italianel 2011 abbiamo dato inizio al tour iti-nerante «In nome della legalità» con ilpreciso intento di focalizzare l’attenzio-ne su un tema che per noi è fondamenta-le; nel corso di questi anni abbiamo toc-cato le più importanti città italiane e ab-biamo avuto un importante presenza aitavoli di rappresentanti istituzionali, del-le forze dell’ordine e del settore. Abbia-mo intenzione di continuare a parlare inprima persona di questi temi perché rite-niamo che sia una nostra responsabilità,come operatori legali e concessionari diStato, dare un costante segnale di atten-zione ai fenomeni distorsivi. Stessa cosariguardo al contrasto al Gap, abbiamo at-tivato percorsi di informazione versoclienti, e con una piattaforma di forma-zione a distanza, Codere Training, primain assoluto in Italia, anche un importanteprogramma di formazione per i nostri di-pendenti e operatori collegati nonché unnumero verde gratuito di primo ascoltoed intervento.

D. Come si distingue l’azzardo dalgioco «lecito»?

R. La vera distinzione non è tra azzar-do e gioco lecito, ma tra gioco legale edillegale. Lo Stato italiano ha scelto di ge-stire direttamente il fenomeno e lo hafatto applicando il modello concessorio.

Per divenire concessionari di Stato biso-gna avere una serie di requisiti di traspa-renza, onorabilità ed affidabilità che rap-presentano importanti garanzie per i gio-catori. Al contrario offrire gioco senza ilbollino blu dello Stato è da considerarsiun reato. Purtroppo le analisi ci diconoche spesso i giocatori non sono in gradodi distinguere tra chi offre gioco in ma-niera legale e chi no. Lo studio condottodalla Fondazione Visentini su «La perce-zione del gioco d’azzardo in Italia» ciconferma che il lavoro per fare chiarezzaè ancora molto lungo.

D. In che modo è possibile prevenirecomportamenti di dipendenza? Ope-rando in tale settore, la dipendenza èparadossalmente una fonte di reddito:come affrontate questa contraddizioneintrinseca?

R. Innanzitutto devo contestare l’af-fermazione per cui «la dipendenza è fon-te di reddito». Da operatore con espe-rienza internazionale posso affermarecon certezza che il giocatore patologicorappresenta sempre e solo un problema;per chi intende operare a lungo inun’attività sostenibile non è interes-sante avere il giocatore che si rovina insala ma quello che sa darsi delle regolee gioca con consapevolezza e responsa-bilità. Sull’individuazione del giocatorea rischio comportamentale abbiamo rea-lizzato dei moduli formativi specifici inmodo da consentire all’operatore di saladi riconoscere i singoli comportamenti edi intervenire nelle corrette modalità. Ri-cordiamoci però che l’operatore di gio-co, sebbene altamente qualificato, non èun operatore sanitario e neanche uno psi-cologo, e le azioni che può mettere incampo sono di ascolto e informazione,non certo di terapia e cura. Tra gestore disala e cliente si instaura un rapporto difamiliarità e fiducia e quindi spesso chista in sala raccoglie le confidenze deiclienti e può, sempre con garbo e nel ri-spetto dell’altro, dare supporto. A con-ferma di ciò e della nostra attenzione alcliente, abbiamo condotto un’indaginenelle nostre sale sui rischi dell’usura edel riciclaggio che a breve pubblichere-mo, insieme a tutti i materiali predispostiper informare i clienti e formare i nostridipendenti. ■

41- 42-43 Codere_4 BLUANNA 12/10/17 16.13 Pagina 4115

una serie di appuntamenti direttamenteda loro. Visitare la possibile azienda im-portatrice e incontrare di persona il po-tenziale acquirente è molto utile, sia intermini commerciali sia di marketing, eaccresce la cultura del «saper esportare».È molto importante individuare non soloi canali e le modalità di distribuzione maanche le persone giuste con cui collabo-rare in Paesi diversi dal nostro: buyer eimportatori saranno i nostri compagnid’avventura ed è fondamentale trovarequelli più affini a noi e ai nostri prodotti.Una volta individuati, poi, bisognerà riu-scire a farli «innamorare» dell’azienda edel progetto complessivo che la anima,facendo conoscere loro a fondo prodotti efilosofia in modo che sappiano poi inter-pretarla e raccontarla al meglio, all’oc-correnza. Bisogna creare insomma unrapporto duraturo e stabile, fondato suconoscenza e fiducia reciproca.

D. Quale importanza ha all’estero lacomunicazione dei prodotti agroali-mentari?

R. La comunicazione è naturalmentefondamentale come per ogni attività esettore merceologico, e nell’andare oltrei confini nazionali assume risvolti ancorpiù cruciali. In questo caso, infatti, non cisi limita a comunicare il prodotto in sé oil brand ma anche tutti quegli elementi«accessori» però fondanti dell’identitàaziendale e dell’immagine del prodottoche – ancor più che in altri settori – nonpossono prescindere dal legame con illuogo d’origine, con la storia e la «fac-cia» di chi lo realizza, della tradizione (oanche dell’innovazione, se è il caso) chelo rende unico e desiderabile. Mentre nel-la comunicazione verso il mercato di ori-gine alcune di queste cose si possono co-municare in maniera più veloce o più«emozionale» perché alcune conoscenzee percezioni sono ormai condivise – peresempio, se parlo di pomodorini del Ve-suvio non ho bisogno di spiegare dove sitrova agli italiani, se parlo di tartufod’Alba non ho bisogno di giustificarne ilvalore aggiunto - rivolgendosi a mercati«nuovi» bisogna modificare in parte imessaggi e come vengono esplicitati.Questo non vuol dire però adattarsi a usi

Devono amare molto l’Italia e isuoi prodotti Slawka G. Scarso,Luciana Squadrilli e Rita Lauret-

ti. Hanno tutte infatti intrapreso percorsiprofessionali differenti che le hanno peròportate a operare nello stesso settore e ac-quisire una notevole esperienza, cosa cheha loro consentito di scrivere la primaguida sul marketing dei prodotti enoga-stronomici all’estero, per fornire alleaziende Made in Italy consigli e strumen-ti strategici per i mercati stranieri, graziea molta teoria e pratica che si ritrovanonel volume. Qui rispondono a una seriedi domande sulla loro pubblicazione.

Domanda. Quali le difficoltà più co-muni per un imprenditore che vogliavendere all’estero?

Risposta. Le difficoltà non sono pochema possono essere attenuate se si proce-de con un’attenta analisi delle opportuni-tà e una corretta valutazione di quel mer-cato. I principali problemi nascono, infat-ti, dall’aver sottovalutato eventuali nor-mative, le modifiche richieste dall’im-portatore nelle etichette o nel packaging,elementi che devono essere vagliati nonsolo in termini economici ma soprattuttodi fattibilità. A questo si aggiunge chespesso in azienda non c’è nessuno che siain grado di conversare e trattare con uninterlocutore estero in inglese.

D. A cosa si deve secondo voi il sem-pre maggiore interesse per i prodottiagroalimentari italiani?

R. Il crescente interesse verso i prodot-ti agroalimentari italiani è probabilmentecorrelato al boom che sta avendo il turi-smo enogastronomico a livello mondiale

e al fatto che, secondo il Food TravelMonitor 2016, l’Italia sia tra le destina-zioni più ambite. Se prima i turisti veni-vano in Italia per l’arte e qui scoprivanoanche il cibo, oggi in tanti vengono pro-prio per assaporare i nostri prodotti. E,una volta tornati a casa, li cercano anchenella propria città, facendo scattare unodei meccanismi più importanti per il no-stro export.

D. Quali gli effetti dell’e-commercesulla vendita tradizionale e sul marke-ting di prodotti agroalimentari?

R. In realtà sarebbe indispensabile te-ner conto delle differenti culture, nonpossiamo generalizzare. Va detto peròche i prodotti agroalimentari hanno unforte elemento esperenziale e bisogna te-nerne conto anche nell’e-commerce chedeve in qualche modo compensare, nellastruttura dei contenuti del sito ma anchenella user experience, l’assenza di uncontatto diretto con il prodotto e con ilproduttore o negoziante.

D. Cosa cercano i consumatori stra-nieri rispetto agli italiani?

R. All’estero c’è sempre maggioreconsapevolezza dei prodotti italiani e lacultura enogastronomica sta evolvendomolto. Il ruolo dell’importatore/distribu-tore è fondamentale nel passaggio delleinformazioni al proprio cliente, il retai-ler, e da questo al cliente finale. La cor-retta informazione giustifica anche unprezzo finale mediamente più alto ri-spetto alla media: per un cliente negliStati Uniti è capitato di dover far appor-re sul barattolo di pomodori un’ulterioreetichetta che raccontasse la storia fami-liare e la filiera chiusa a km 0 del prodot-to, per enfatizzarne la qualità e motivar-ne il costo finale.

D. Quali possono essere le strategieper trovare buyer?

R. Rintracciare i nomi di buyer o im-portatori non è poi così difficile: internetè una miniera d’oro. Più ostico è attirarela loro attenzione e aprire un canale dicomunicazione. Gli importatori ricevonomoltissime offerte ed è molto raro chepossa bastare un contatto gestito solo viamail. Più facile, una volta individuati di-versi nominativi, tentare di organizzare

RECENSIONI

«Marketing dei prodotti enogastronomici all’estero»,di Scarso, Squadrilli, LaurettiLSWR Edizioni, 19,90 euro

Letture

SPECCHIOECONOMICO44

QUALE MARKETINGPER L’ENOGASTRONOMIA

ALL’ESTERO?L’Italia è tra le destinazioni turistiche più ambite. Se prima i turi-sti venivano per l’arte e qui scoprivano il cibo, oggi vengono perassaporare i nostri prodotti e una volta a casa li cercano, facen-do scattare il meccanismo giusto per il nostro export

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ed esigenze degli altri Paesi modificandola propria identità e il proprio stile. Biso-gna invece trovare il modo di «tradurre»,letteralmente ma anche culturalmente, ipropri messaggi fondanti rendendolicomprensibili e allettanti anche per unpubblico diverso. In questo i social me-dia e i mezzi di comunicazione digitaleaiutano tantissimo a raggiungere pubblicilontani e diversificati ma vanno appuntomaneggiati con cura, affidandosi a chiconosce le specificità dei singoli Paesi.

D. Ritenete che Eataly abbia datouna svolta al commercio di prodottiitaliani all’estero, e in che senso?

R. L’aspetto più interessante del pro-getto di Farinetti è proprio quella rivoltaall’estero: Eataly ha avuto, e ancora ha,un ruolo importante nel portare all’esteronon solo singoli prodotti di nicchia chemagari avrebbero avuto difficoltà ad arri-varci per conto proprio ma anche comesimbolo e presidio di un made in Italy diqualità e «forte», per quanto spesso mettafianco a fianco prodotti di grande pregioe di fattura artigianale con prodotti distampo industriale. Poi, è ovvio che sitratti di un progetto commerciale e nonculturale e che non ci si debba aspettareche sia Eataly a promuovere il compartonel suo insieme a livello istituzionale,spettando questo ad altre realtà come entie consorzi.

D. Che ruolo ha l’export manager?R. È l’ambasciatore dei prodotti al-

l’estero, la front line dell’azienda e per-tanto deve essere in grado di trasferirecon competenza e passione le informa-zioni. Purtroppo molte delle aziendeagroalimentari, in particolare le piccole ele medie orientate più sulla qualità, nonhanno ancora chiaro il ruolo chiave del-l’export manager o di un consulenteesterno che si occupi di sviluppare lestrategie di marketing internazionale. Iproduttori partecipano occasionalmente afiere all’estero, anche grazie ai contributipubblici, poi però non sanno dare seguitoai contatti commerciali acquisiti durantequesti incontri. L’export manager ha un

G ianbattista Tagliani, figlio di undei primi volti della televisioneitaliana e di una imprenditrice,

si forma frequentando la scuola america-na a Roma e la facoltà di Giurisprudenzadella Luiss. Giornalista, imprenditore edoggi consulente di marketing nella pro-duzione televisiva, sempre incuriositodagli incroci tra politica e finanza imma-gina, in «Eletto», uno scenario 2021 incui, a Saint Moritz, i quattro uomini piùpotenti del pianeta si sfidano in unasegretissima partita di «chemin de fer»:la chip d’ingresso è fissata a un miliardodi euro. La posta in palio è massima, tale

da cambiare il destino di intere nazioni.Due anni dopo, ecco l’ascesa, nel quadrodella politica italiana, di LudovicoSerpieri, un homo novus che da semplicemanager del CCT Consulting Group, èeletto rapidamente presidente del consi-glio. Chi si cela dietro le quinte di questascalata miracolosa? Quali lobby econo-miche appoggiano il Serpieri? Un intrec-cio massonico che si snoda fra i palazzidel potere, le redazioni delle principalitestate giornalistiche e i grandi tentacolidelle multinazionali in un gioco sadico incui nessuno è identico a ciò che lasciatrasparire. Come nella realtà. ■

ruolo determinante, se ben coadiuvato,per dare ossigeno e sviluppo alle eccel-lenze agroalimentari.

D. Quanto è importante parteciparealle fiere e perché?

R. Partecipare a fiere internazionali èmolto impegnativo per un’azienda, tantodal punto di vista economico che di risor-se umane, specie se di piccole dimensio-ni e a conduzione familiare, ma è di gran-de importanza soprattutto quando si trattadi Paesi o mercati in cui sta iniziando adaffacciarsi. Le fiere rappresentano unprezioso momento di incontro fisico e dicreazione di contatti potenzialmente mol-to interessanti, oltre ovviamente a per-mettere di far assaggiare e valutare diret-tamente il prodotto stesso. L’ideale sa-rebbe quindi investire sulle fiere soprat-tutto quando si entra in un nuovo merca-to, approfittandone per conoscerlo più davicino, e poi lavorare tramite web permantenere contatti e affermare la presen-za dell’azienda in quei Paesi dove si èpresenti commercialmente.

D. Quali sono, per vostra esperienza,le differenze tra e-commerce via pc evia mobile/tablet?

R. Le differenze ci sono ma cambianomolto da Paese a Paese. Cambia l’occa-sione di consumo, il tipo di prodotto/ser-vizio che si cerca online o via mobile. Inalcuni Paesi, come la stessa Italia ma an-che in Asia, la penetrazione dei devicemobili è molto più alta che in altri e que-sto ovviamente influenza anche le occa-sioni e le modalità di acquisto. Inoltre gliacquisti via mobile/tablet vengono spes-so fatti all’interno di un’app e non dalbrowser del device, e questo implicaun’esperienza più immersiva.

D. Quali sono gli elementi per unacustomer experience di successo?

R. Come già detto, cibo e vino hannouna forte connotazione esperenziale, per-ciò la customer experience online è mol-to importante. Il successo è dato dai con-tenuti a corredo dei prodotti, da semplici-tà di acquisto e affidabilità dei sistemi dipagamento e delle spedizioni. ■

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Lesbo per la questione «migranti» (di cuiparla nel suo intervento-prefazione ilministro dell’Interno Marco Minniti), ilterrorismo: solo alcuni dei fatti interna-zionali del 2016 raccontati dalla 27esimaedizione del Libro dei Fatti, nato nel1991 su ispirazione del World Almanacand Book of Facts, con oltre 4 milioni dicopie contenenti più di 20 mila notizie.Quest’anno si presenta con alcune novità,come l’aggiunta della meteorologia nellarubrica dedicata alla natura e all’ambien-te, l’inserimento di curiosità e tre specia-li: terremoti, sostenibilità e robotica.Sempre più di aiuto agli addetti ai lavorinella scrittura o preparazione di concorsie cruciverba, anche con i quiz individua-bili al termine di ogni sezione, il volumeè utile per il mondo dell’informazione eaccademico, e per tutti. Rispecchia nelcartaceo la certificazione Fsc (ForestStewardship Council), e nel digitale sitrova nei formati e-book e app. ■

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SPECCHIOECONOMICO 45

44-45 libro marketing postciano_Layout 1 17/10/17 08.11 Pagina 2

a strada non va più intesacome collegamento tradue città ma come mezzodi valorizzazione del ter-

ritorio e soprattutto di sviluppoeconomico. Così la ferrovia, il por-to, l’aeroporto. È la nuova filosofiaespressa dal ministro dei TrasportiClaudio Signorile a poche settima-ne dal suo insediamento nel dica-stero dei Trasporti. Una filosofiache ispira un disegno di legge cheSignorile sottopone oggi all’esamedel Consiglio dei ministri chiamatoa pronunciarsi sulle modalità, itempi e il sistema di finanziamentodel piano nazionale dei trasporti.

Nel settore esistono, oggi, nu-merosi piani, alcuni in via di rea-lizzazione, altri allo studio: quellodecennale delle autostrade, il pia-no poliennale e quello integrativodelle ferrovie dello Stato, entrambiin corso di attuazione; il piano de-gli aeroporti, quello regionale deitrasporti, il progetto finalizzatodel Consiglio nazionale delle ri-cerche, pure in gestazione. Questamassa di dati, interventi, previsio-ni, mezzi finanziari dovrebbe tro-vare nel piano ideato da Signorilenon solo un punto di riferimentoma soprattutto una comune fina-lità: lo sviluppo armonico del ter-ritorio.

Perché questa iniziativa? «Bastafare qualche esempio di quel chesuccede oggi - spiegano al mini-stero dei Trasporti -: ogni cittàvuole l’interporto, un centro cioèdi raccolta e smistamento dellemerci dotato di aeroporto, porto,nodo ferroviario, svincoli stradalie autostradali eccetera. Ebbene, intutta Italia ne sono sufficienti almassimo 6 o 7; dove ubicarli?».Occorre la «intermodalità» del tra-sporto: cioè non la creazione dinuove infrastrutture ma la miglio-re utilizzazione di quelle esistenti.La crisi del porto di Genova, affer-mano i tecnici del piano, derivanon da quella del centro siderurgi-co ma dalla mancanza di infra-strutture alle spalle (valichi appe-ninici) che lo pongano come alter-nativa a Marsiglia.

In Italia esistono 102 aeroportiperché ogni Comune voleva il pro-prio e perché si sono sviluppati sul-la base dei preesistenti scali milita-ri, creati per motivi strategici e noncommerciali. Che fare? «Ristruttu-rarli: dividerli in internazionali, na-zionali e di III livello - dicono i con-siglieri di Signorile -. Così per stra-de e autostrade».

L’occhio è rivolto al ricco merca-to emergente costituito dai Paesinordafricani e mediorientali, biso-gnosi di merci e servizi. Se l’Italianon provvede in tempo, rischia diessere raggiunta e surclassata nelleinfrastrutture da Spagna e Grecia.

Che intende fare il ministro dei

LLSPECCHIO

ECONOMICO46

DAL «CORRIERE DELLA SERA» GIOVEDÌ 3 NOVEMBRE 1983

Strade, ferrovie, scalimarittimi e aerei:

pronto un gigantescopiano per integrarli

di VICTOR CIUFFA

Trasporti? Creare una linea direttadi traffico commerciale dal Nord eCentro-Europa all’Africa e al Me-dio Oriente, in alternativa alla di-rettrice balcanica che è più lunga,difficoltosa e costosa; un sistemastradale e ferroviario continuo eagevole da Amburgo a Bari-Brin-disi-Taranto; dall’area jonico-salen-tina, attraverso il traghetto «rolloff-roll on» (treni che entrano sen-za locomotiva nella nave) si do-vrebbe collegare l’Europa con ilMedio Oriente attraverso la Gre-cia. Il sistema potrebbe smaltireun traffico di 800 tir al giorno, in-teramente nell’ambito della Co-munità senza passare per Paesiterzi e pagare dazi.

E per il Nord-Africa? Il progettodi Signorile prevede una drasticariduzione dei tempi di attraversa-mento del Mediterraneo: i mezzipesanti potrebbero attraverso unponte sullo stretto di Messina o untunnel subacqueo, prendere il ma-re a Trapani o Mazara del Vallo,molto più vicino alle coste africa-ne. La traversata sarebbe di appe-na cinque ore.

Ma cosa occorre per avviare ilpiano nazionale? «Le strutture dibase esistono, anche se vanno mi-gliorate - spiegano al ministero -;alcune realizzazioni sono già pre-viste nei piani delle FF.SS. e auto-stradale; in preparazione è il pianodegli aeroporti, occorre avviarequello dei porti. Ma l’operazioneprincipale è l’integrazione di tuttonel piano nazionale».

Ma se il ponte sullo stretto (o iltunnel) di cui si parla da qualchedecennio è l’opera più appari-scente da realizzare, il Piano Si-gnorile presuppone altri impe-gnativi interventi: l’attrezzaturadell’area jonico-salentina, l’ade-guamento degli aeroporti di Fiu-micino e Malpensa (oggi il Consi-glio dei ministri approva il finan-ziamento); il completamento delladirettissima Roma-Firenze, il tun-nel del Brennero (nei giorni scorsiSignorile si è dichiarato favorevo-le al percorso più breve, di 35 chi-lometri); i collegamenti ferroviaritra gli aeroporti di Punta Raisi ePalermo (in corso di realizzazio-ne), fra Fiumicino e Roma (datoieri il via ai lavori), e fra Malpensae Milano.

Per i trasporti nel 1981 sono statispesi 125.957 miliardi, 17.817 deiquali (l’11,3 per cento della spesapubblica globale) a carico delloStato. ■

Corsera Story

46 Corrierista postciano_82 17/10/17 08.09 Pagina 1

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