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Contributo alla storia dell’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro a Vercelli Dalle origini alla vigilia della prima guerra mondiale (1898-1914) Flavio Quaranta

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Contributo alla storia dell’Assicurazione

contro gli Infortuni sul Lavoro a Vercelli

Contributo alla storia dell’A

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avoro a Vercelli

Dalle origini alla vigiliadella prima guerra mondiale (1898-1914)

Flavio Quaranta

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Flavio Quaranta è nato a Novara nel 1962. Laureato in Scienze Politiche e in LettereModerne, entrambe in indirizzo storico,presso l’Università degli Studi di Torino.Ha compiuto ricerche sull’associazionismodel clero in Italia e sull’assicurazione infor-tuni sul lavoro in età giolittiana. Nel 1988ha pubblicato Il Ragioniere commercialista aVercelli, promosso dal Collegio deiRagionieri professionisti della giurisdizionedei Tribunali di Vercelli e Biella.Ha collaborato al volume Prevenzione etutela del lavoratore. Origini, prospettive esviluppo nella cornice dei dipinti votivi, editodall’INAIL in occasione del Giubileo del2000, premiato al II Festival Internaziona-le della Comunicazione Sociale.Vive a Vercelli ed è funzionario presso lalocale Sede INAIL dal 1990.

In sovraccoperta“La mondatura”(Archivio storico Chiais)

CAPITOLO PRIMO

La Cassa Consorziale Vercelleseinfortuni sul lavoro

Pietro VerzettiAllegoria della Cassa Consorziale Vercellese(Archivio Bona)

Una raccapricciante disgrazia ha portato martedì [23 gennaio 1917] la più profondacosternazione nello stabilimento ausiliario ing. Geminardi, Guidetti & C.

Essendosi verificato un inconveniente in una puleggia, che doveva essere trasportata,un operaio aggiustatore, erasi recato a pranzo in anticipo per compiere, con altri, l’opera-zione durante l’ora e mezza di riposo.

A mezzogiorno si pose all’opera: a motore fermo levò la cinghia, trasportò la puleggiae, rimessa a posto la cinghia, fece azionare il motore idraulico; parendogli la cinghia trop-po tesa, la levò ancora, la strinse e poi volle rimetterla a posto senza arrestare il motore,con la fatale imprudenza che dà la sicurezza acquisita in cento prove riuscite.

Ad un tratto un grido echeggiò nell’officina, un grido angoscioso: “Ferma!”Ma era troppo tardi: afferrato per un lembo della manica dall’albero in moto, quel

misero corpo giovanile, aitante e robusto, un istante prima pieno di vita, di forza, fu in unattimo sbattuto e fatto a brandelli! Lo spettacolo fu così spaventevole che gli operai stes-si compagni della vittima, accorsi dopo aver fermato il motore, arretrarono inorriditi!

Indicibile il dolore che tutti, i capi della ditta e gli operai, che entravano in quelmomento al lavoro - erano le 13,20 - provarono per la fine miseranda e fulminea del gio-vane operaio.

Perché il povero Luigi Borzone era da tutti amato per l’intelligenza, l’operosità, ilmite e dolce carattere, che inspirava la più grande simpatia in quanti lo avvicinavano.

Non aveva ancora 28 anni, essendo nato a Novara il 23 luglio 1889, ma era a Vercellifin da bambino coi suoi genitori. Aveva già fatto la campagna di Libia, come soldato dileva e, richiamato, fu per dieci mesi al fronte trentino. [...]

“È raccapricciante - disse ieri mattina il Sindaco della città davanti al feretro delBorzone - la crudele sorte di questo giovane che, sfuggito ai pericoli di due campagne diguerra, doveva cadere fulminato, lacerato sulle trincee del lavoro! 1

Non a caso abbiamo voluto citare - dal giornale “La Sesia” - questadescrizione tragica di un infortunio mortale, capitato ad un giovane ope-raio di Vercelli, quale premessa al nostro studio sulle origini dell’assicu-razione contro gli infortuni sul lavoro nella nostra città.

Altri esempi, altri infortuni di esito analogo si sarebbero potuti ripor-tare, tuttavia questo ci sembra esemplare per più di un fattore.Innanzitutto per la descrizione minuziosa, attenta ai minimi particolari,del giornalista che, a metà tra l’ispettore ed il romanziere, lasciava tra-sparire un certa tendenza ad individuare - senza mai nominarla - unacolpa del lavoratore, un suo comportamento errato o imprudente, qualecausa dell’infortunio. In un orario previsto per il riposo, infatti, l’operaio

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1 “La Sesia” del 26 gennaio 1917, p. 2.

Introduzione

aveva dovuto svolgere la mansione - non è specificato se di sua liberascelta o se affidatagli dal datore di lavoro - di riparare un guasto conl’“imprudenza” di non avere arrestato il motore. Questa imprudenza,inoltre, veniva definita “fatale”, anche perché il povero operaio non eracerto un inesperto, aveva già affrontato simili situazioni molte altre voltee, come si evince dal racconto del giornalista, con pieno successo.

Nel caso non si volesse quindi calcare troppo la mano sulla mancanzadi prudenza dell’operaio, veniva comunque alla luce l’altro fattore, quasiuna ideologia, della “fatalità”, cioè dell’inevitabilità dell’infortunio, taleperché legato ad una conseguente inevitabilità del processo produttivo.Non a caso non venivano minimamente descritte le condizioni ambien-tali ove l’operaio svolgeva il suo lavoro, la collocazione e lo stato di usuradei macchinari (anche se, tra le righe, si riesce a capire che non era laprima volta che in quella fabbrica si verificava un guasto alla puleggia) néci è dato di sapere se nella fabbrica erano state predisposte adeguatemisure di prevenzione e di sicurezza.

Certo fa riflettere l’orazione funebre pronunciata dal sindaco diVercelli il quale non esitò a fare un paragone tra le guerre militari, allequali il giovane aveva partecipato in ben due occasioni, e le guerre dellavoro: ai pericoli delle prime era sempre sfuggito, a quelli delle secondedoveva immolare la sua giovane vita.

Abbiamo lasciato per ultimo la riflessione sulla sorte atroce alla giova-ne vittima, il cui corpo venne ridotto “a brandelli” e di fronte al quale isuoi compagni indietreggiarono “inorriditi”. Questo non tanto per ilgusto di colorire con immagini ad effetto eventi di cronaca quotidiana ma- lo ha ricordato per primo Roberto Romano 2 - per fare chiarezza, soprat-tutto quando tratteremo (nel nostro caso sui resoconti annuali delleassemblee della Cassa Consorziale Vercellese) i termini di “morte”,“invalidità permanente”, invalidità temporanea”. Tipologie, queste, ado-perate per l’indennizzabilità degli infortuni sul lavoro dagli istituti assi-curatori dell’epoca (anche dall’attuale INAIL) ma sotto le quali si cela-vano eventi strazianti nella storia della classe operaia.

Prima di addentrarci nella storia di quella che è stata - allo stato attualedelle ricerche - la prima Cassa Consorziale contro gli infortuni approvata inItalia, accenneremo brevemente al complesso iter legislativo che ha porta-to alla promulgazione della legge istitutiva dell’obbligo dell’assicurazioneinfortuni sul lavoro nel nostro Paese.3 Ci volle infatti del tempo perché siavvertisse la necessità di assicurare al fenomeno infortunistico una discipli-na speciale, diversa e distinta rispetto a quella dettata da diritto comune.

La prima proposta di legge venne presentata alla Camera dall’on.

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2 R. ROMANO, Sistema di fabbrica, svilup-po industriale e infortuni sul lavoro, in Storiad’Italia, Annali 7, Torino 1984, pp. 1019-1055.

3 L’opera di A. CHERUBINI, Storia dellaprevidenza sociale in Italia (1860-1960),Roma 1977, rimane l’unica storia generalesu questo argomento. Si veda anche G.MONTELEONE, La legislazione sociale al par-lamento italiano. Gli infortuni sul lavoro e laresponsabilità civile dei padroni. 1879-1886,in “Movimento operaio e socialista”,(1976), n. 3, pp. 177-214. Di particolareinteresse i lavori di G.C. JOCTEAU, Le origi-ni della legislazione sociale in Italia. Problemie prospettive di ricerca, in “Movimento ope-raio e socialista”, (1982), n. 2, pp. 289-303e D. MARUCCO, Mutualismo e sistema politi-co. Il caso italiano (1862-1904), Milano1981, p. 227. Sulla storia della legge perl’assicurazione contro gli infortuni sul lavo-ro, in particolare sul dibattito tra responsa-bilità contrattuale ed extracontrattuale,vedi lo studio di L. GAETA, Infortuni sullavoro e responsabilità civile. Alle origini deldiritto del lavoro, Napoli 1986, pp. 148.Sulla situazione politica, economica esociale dell’epoca G.C. JOCTEAU, Lottapolitica e conflitti sociali nell’Italia liberale, inLa Storia, VIII, Torino 1984, pp. 667-700.

Importanza notevole, soprattutto perl’analisi critica sugli studi relativi alla storiadella previdenza sociale in Italia, riveste ilcontributo di F. VANNOZZI, Per una storio-grafia previdenziale (e assistenziale).Contributi recenti e vecchie interpretazioni, in“Rivista degli infortuni e delle malattieprofessionali”, Roma 1987, pp. 561-578.

Pietro Pericoli già nel 1879, in seguito all’emozione provocata dagli innu-merevoli infortuni nel settore edilizio, e conteneva la novità - per il nostropaese - dell’inversione dell’onere della prova: non più all’operaio infor-tunato, cioè, sarebbe spettato il compito di fornire la prova della colpapadronale, bensì al datore di lavoro stesso, ritenuto automaticamente incolpa, toccava scagionarsi dimostrando l’accidentalità dell’infortunio o lacolpa stessa del lavoratore.

Il progetto Pericoli, anche per la sopraggiunta fine della legislatura,non ebbe fortuna. Qualche tempo dopo, per la precisione nel 1880, fuesaminata dalla Camera un’altra proposta di legge, simile alla preceden-te, la cui iniziativa fu di quattro autorevoli esponenti del mondo politicoe culturale dell’epoca: Marco Minghetti, Luigi Luzzatti, Pasquale Villarie Sidney Sonnino.

Questa proposta non avrà seguito, così come non avranno miglior sortedue successivi disegni di legge, presentati alla Camera nel 1881 e nel1883, dal ministro di agricoltura, industria e commercio, Domenico Berti,e dal ministro di grazia, giustizia e dei culti Giuseppe Zanardelli che,abbandonando l’inversione della prova, avevano, tra le altre cose, lo scopodi sollecitare il riconoscimento giuridico delle società di mutuo soccorsoe di istituire l’inchiesta pretorile per accertare le cause e cirostanze del-l’infortunio.

Non erano mancate le critiche: Antonio Salandra, ad esempio, in nomedella dottrina liberale, non voleva impegnato lo Stato nel settore dell’as-sicurazione in quanto ciò avrebbe comportato gravi rischi finanziari;Marco Besso, da un punto di vista tecnico, sosteneva che, se si dovevastabilire la responsabilità delle industrie, e quindi tutelare tutti gli operai,si doveva considerarle tutte e non a settori limitati.

Fu l’Esposizione italiana di Milano del 1881 a far scoprire, tuttavia,che in Italia funzionava già l’assicurazione infortuni: era praticata da unafabbrica di filatura e torcitura del cotone di Intra. Luzzatti, entusiasta diquella iniziativa, non esitò a interessare il ministro Berti, il quale a suavolta prese contatto con i dirigenti delle principali banche italiane e dellecasse di risparmio. Il 18 febbraio 1883 fu firmata la convenzione tra ilMinistero dell’agricoltura, industria e commercio e dieci banche, all’in-terno delle quali giocò un ruolo notevole la Cassa di risparmio diLombardia; l’8 luglio 1883 fu promulgata la legge n. 1473 che istituiva laCassa Nazionale Infortuni, destinata - in regime di assicurazione facolta-tiva - ad invogliare gli imprenditori ad assicurare i propri dipendenti,soprattutto per le tariffe di premio convenienti che vi erano praticate.

Tuttavia il ricorso volontario all’assicurazione dei dipendenti non era

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visto di buon occhio dagli imprenditori, i quali preferivano pagare leindennità di volta in volta agli infortunati nei casi - rari - di propria colpasentenziata in sede giudiziaria, che non versare annualmente i premiassicurativi. Questi avrebbero rappresentato un onere non indifferentesul bilancio aziendale, così come l’installazione delle misure di preven-zione e di sicurezza, quasi mai adottate con razionalità.

I disegni di legge presentati al Parlamento negli anni ’90, da quello delministro Miceli a quello del ministro Guicciardini, abbandonarono tutta-via la logica delle precedenti iniziative, basate sull’inversione della provae sulla responsabilità civile, incentrando gli obiettivi sul rischio profes-sionale e sull’assicurazione obbligatoria.

Pur di sottrarre il ceto imprenditoriale all’assillo della responsabilitàpresunta, all’obbligo del risarcimento, all’osservanza delle norme di igie-ne e prevenzione, si preferì quindi pagare il premio di assicurazione, tra-sferendo all’istituto assicuratore le conseguenze economiche del rischioinfortunistico e liberando l’impresa da più onerosi vincoli. Qualsiasi trat-tenuta a carico del lavoratore era tassativamente vietata.

Si arrivò così alla legge n. 80 del 17 marzo 1898 che istituiva l’obbligoper l’assicurazione degli operai delle industrie contro gli infortuni sullavoro, con libera scelta però dell’istituto assicuratore.

In quest’ottica la Cassa Consorziale Vercellese, fondata il 16 ottobre1898 ed approvata con Decreto Reale 27 aprile 1899, è stata - come detto- la prima in Italia a costituirsi non appena venne promulgata la leggesopra citata, scrivendo nella storia delle istituzioni previdenziali e antin-fortunistiche del tempo alcune pagine che meritavano di essere da noiricordate. Tranne pochissime testimonianze orali, infatti, nulla è statonarrato per quanto riguarda le origini dell’assicurazione contro gli infor-tuni sul lavoro a Vercelli e questo è un po’ sorprendente visto che, nelletestimonianze dell’epoca, Vercelli era indicata come una delle prime cittàin Italia che avessero istituito casse consorziali sia nel settore industrialesia, soprattutto, nel settore agricolo, per assicurare i lavoratori contro gliinfortuni sul lavoro.

Si deve un po’ al caso - che nelle ricerche archivistiche spesse voltegioca un ruolo non indifferente - alla nostra curiosità di funzionarioINAIL ed alla volontà di fare luce sulle radici dell’attuale Istituto nazio-nale infortuni che ci siamo imbattuti in una buona quantità di documen-ti archivistici, fonti giornalistiche, resoconti di assemblee, dati statistici.

In virtù dell’iniziativa dei fondatori Angelo Bosso,4 che fu presidenteper ben trent’anni (dal 1898 alla morte, avvenuta nel 1928), GiovanniBona, Giovanni Berra, Pietro Bona, Alessandro Delpiano, Eusebio

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4 Angelo Bosso nacque a Vercelli il 16settembre 1852 e morì a Vercelli il 1 marzo1928. Ebbe un figlio, ing. Cesare Bosso,nato a Vercelli il 19 ottobre 1888 ed emi-grato a Torino il 22 novembre 1929 (notizietratte dall’Archivio dell’Ufficio anagrafedel Comune di Vercelli – scheda indivi-duale).

Delpiano, Alfredo Delpiano, Giovanni Termine e Cesare Zumaglini, siera così risolto a Vercelli - allora sotto la provincia di Novara - il problemadi creare una istituzione che esercitasse l’assicurazione imposta dallalegge 17 marzo 1898, alla quale potessero ricorrere con fiducia gli impren-ditori e gli industriali interessati, evitando soprattutto gli elevati tassi dipremio praticati dalle società private.

Dopo aver vinto alcune diffidenze e la concorrenza di consimili istitu-zioni presenti nel territorio, la Cassa Consorziale Vercellese riuscì addi-rittura a far convergere l’attenzione degli industriali di altre zone vicine,del Novarese, della Valsesia, del Monferrato, della Lomellina (e, dopo laprima guerra mondiale, del Verbano e dell’Ossola) al fine di assicurarsi alsodalizio.

L’impresa iniziata dai nove imprenditori vercellesi era così un fattocompiuto e la Cassa Consorziale acquisì il diritto di precedenza sulle altreistituzioni congeneri. Alcune di queste ultime sorsero proprio seguendoil modello vercellese, come è testimoniato dai rapporti intercorsi tra alcu-ni industriali e professori universitari delle maggiori città italiane con irappresentanti del nostro consorzio.

L’istituzione assunse anno dopo anno incremento sempre maggiore etale da richiedere, nel 1908, la sua trasformazione in Sindacato VercelleseInfortuni che avrebbe continuato la gloriosa avventura della CassaConsorziale Vercellese fino alla nascita dell’INAIL.

A conclusione di questa nota introduttiva desidero ringraziare coloroche mi sono stati d’aiuto per realizzare questa ricerca a cominciare dal-l’arch. Mario Bona, responsabile dell’archivio storico Bona, dall’amicoAlessandro Chiais, dal dott. Maurizio Cassetti, già direttore dell’Archiviodi Stato di Vercelli, per la documentazione cartacea e fotografica fornita-mi. La mia gratitudine è estesa parimenti al dott. Rosaldo Ordano, presi-dente della Società storica vercellese e ai professori dell’Università degliStudi di Torino, Ester De Fort e Umberto Levra (rispettivamente rela-trice e correlatore della mia seconda tesi di laurea, cui il presente studioè uno sviluppo) per i preziosi consigli che mi hanno dato. Ai dirigentiregionali INAIL Andrea Scordino e Onofrio Di Gennaro un grazie since-ro per gli incoraggiamenti e gli stimoli al fine di approfondire gli studi inquesto settore.

Non posso non ricordare in quest’occasione il direttore della SedeINAIL di Vercelli, Silvestro Piccione, prematuramente scomparso, chemi ha aiutato a crescere umanamente e professionalmente. Alla suamemoria desidero dedicare questa mia ricerca.

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Il Presidente Angelo Bosso Il Vice Presidente Giovanni Bona

1. Vercelli e la legge n. 80 del 17 marzo 1898

Gli anni trascorsi dal circondario di Vercelli in subordine alla provinciadi Novara, dal 1859 al 1927, avevano avuto, dal punto di vista di insedia-menti industriali per Vercelli ed il suo circondario, un effetto negativo.Novara aveva usufruito di quattro quinti del denaro speso in opere pub-bliche ed attirato nel suo territorio quasi tutte le industrie che intende-vano installarsi in provincia. In questo era favorita anche da un miglioree più rapido inserimento nella rete locale e nazionale delle comunicazio-ni stradali e ferroviarie 5. In quest’ottica i commercianti e gli imprendito-ri vercellesi erano scontenti dell’inadeguatezza delle vie di comunicazio-ne, specie per il traffico delle merci, ed il consiglio comunale cercava difarsi promotore di qualche iniziativa, dichiarandosi disposto anche asostenerla con adeguati contributi. Come evidenzia Rosaldo Ordano,negli anni 1879-80 i politici vercellesi, con a capo l’on. Luigi Guala, eser-citarono notevoli pressioni per la nascita della provincia di Vercelli, tutta-via senza risultato.6 Oltre all’opposizione dei novaresi fu determinantequella di Quintino Sella il quale, convinto che il progresso industriale delbiellese poteva avvenire solo impedendo un analogo progresso nelVercellese, sostenne la carriera politica di Piero Lucca “cioè di colui che,ritenendo che su uno stesso territorio lo sviluppo industriale fosse incom-patibile con lo sviluppo dell’agricoltura, operava in pratica per impedireche nel Vercellese si realizzassero condizioni favorevoli agli insediamen-ti industriali”.7 Se così a Vercelli ed al Vercellese non restava che rivol-gersi all’agricoltura, nella quale la coltivazione del riso rappresentava l’at-tività più redditizia, dobbiamo comunque ricordare che tutto questo nonimpedì agli imprenditori vercellesi di partecipare all’Esposizione indu-striale italiana del 1881 a Milano, di cui – come abbiamo visto - Luzzattiera stato fra i promotori, e di essere all’avanguardia nel campo dell’assi-curazione contro gli infortuni degli operai sul lavoro.8 Infatti, proprio acausa della coltivazione del riso, si era sviluppata una fiorente industriadella lavorazione del prodotto, soprattutto per quanto riguarda i brillatoidel riso. Dalla relazione sullo sviluppo delle industrie nel Vercellese,redatta dall’ing. Geminardi proprio in occasione dell’Esposizione diMilano del 1881, siamo a conoscenza della presenza degli stabilimentiIona Neemia. e C. a Vercelli, Franchini e C. a Larizzate, Bolgè a SanGermano, Cattaneo a Tronzano. La ditta Iona, ad esempio, possedevaben diciotto brillatori automatici, oltre ad altre macchine accessorieoccorrenti alla lavorazione, impiegando in media quaranta operai al gior-no.9 Un’altra industria vercellese, legata direttamente all’agricoltura e

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5 F. MASCHERA, Mutue cooperative cattoli-che nella Bassa vercellese, in C. Bermond (a cura di), Cooperazione e mutualità inPiemonte e Valle d’Aosta, Quaderni del centrostudi “C. Trabucco”, 9, Torino 1986, p. 250.

6 R. ORDANO, Storia di Vercelli, Vercelli1982, p. 279.

7 Ibidem.

8 Sull’ascesa della grande industria ita-liana intorno al 1880 e sull’Esposizione diMilano cfr. T.L. RIZZO, La legislazionesociale della nuova Italia (1876-1900),Napoli 1988, pp. 9-12.

9 E. GEMINARDI, Esposizione industrialeitaliana. Milano 1881. Relazione sullo svilup-po delle industrie nel vercellese e sui rispettiviprodotti presentata all’onorevole comitato ese-cutivo, Vercelli 1881, pp. 8-9. La ditta Iona,nel 1898, non risultava essere iscritta allaCassa Consorziale Vercellese, tuttavia nonsiamo in grado di precisare se fosse stataiscritta presso altri istituti, ad esempio allaCassa Nazionale Infortuni, o se continuas-se l’attività sotto la stessa ragione sociale.

presente all’Esposizione milanese, era quella dello zolfo raffinato. Adopera di Antonio Gobbi infatti era sorto nel più importante centro dellaproduzione vinicola - Gattinara - un molino per raffinare lo zolfo, impor-tato dalle cave di Cesena e Rimini. L’ottimo grado di polverizzazioneottenuto dal molino Gobbi, che raffinava trenta quintali di zolfo ogni ottoore di lavoro continuo, faceva sì che il prodotto si propagasse meglio sul-l’uva e con poca spesa.10 Il circondario di Vercelli, poi, non era carente infatto di industrie meccaniche poiché vi erano parecchie officine in cui sifabbricavano soprattutto macchine per l’agricoltura e per la lavorazionedei prodotti agricoli. L’officina meccanica Locarni, ad esempio, che avevaannessa una fonderia di ghisa e metalli, occupava circa cento operai algiorno. I suoi prodotti consistevano in ogni genere di aratri, erpici, treb-biatrici, sgranatoi per il mais, trinciaforaggi e simili, torchi per oliere, davino, oltre che costruzioni in ferro come tettoie, serramenti, cancellate.11

Dopo aver evidenziato la presenza sul territorio vercellese di unaindustria legata direttamente al settore primario (che, anche se in assen-za di statistiche, comportava lavorazioni pericolose e conseguenti rischiprofessionali per coloro che vi erano adibiti), analizziamo sinteticamentela legge 80/1898 per l’assicurazione contro gli infortuni degli operai sullavoro.

Promulgata dal Re il 17 marzo 1898, si suddivideva in quattro Titoli:nel primo, Limiti ed applicazioni della legge, venivano enumerate le indu-strie alle quali la legge doveva essere applicata, stabilendo quali personeagli effetti di essa dovevano qualificarsi come “operai”. I criteri per defi-nire questa qualifica (art. 2 della legge) sono da ricercare nel luogo dilavoro (fuori della propria abitazione e, in particolare, in industrie, minie-re, costruzioni ed imprese edili), nel tipo di mansione svolta e nella misu-ra della mercede da essi percepita: venivano inclusi in questa categoriacoloro che partecipavano manualmente al lavoro (che doveva essere retri-buito), ed anche chi sovraintendeva al lavoro degli altri, purché percepis-se un salario non superiore alle sette lire al giorno; erano inclusi nellatutela assicurativa anche gli apprendisti, con o senza salario. Esclusi quin-di i lavoratori agricoli e quelli a domicilio.

Nel secondo Titolo, Regolamenti preventivi, si stabilivano disposizionirelative alle misure da adottarsi per la prevenzione degli infortuni.12

Nel terzo Titolo, Assicurazione, veniva prescritta l’obbligatorietà del-l’assicurazione. Essa doveva farsi interamente a spese del capo o eser-cente dell’impresa, industria o costruzione, per gli infortuni avvenuti per“causa violenta” e “in occasione di lavoro” e che avessero portato conse-guenze oltre i cinque giorni: l’adempimento di tale obbligo era garantito

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10 E. GEMINARDI, Esposizione industria-le italiana. Milano 1881, cit., p. 5.

11 Ibidem, pp. 11-13.

12 In applicazione della legge n. 80, fusuccessivamente emanato con R.D. 18 giu-gno 1899, n. 230, il “Regolamento genera-le per la prevenzione degli infortuni”, a cuiseguirono altri Regolamenti, approvati conRR.DD., contenenti norme per singoli set-tori lavorativi: cave e miniere (n. 231 del 18giugno 1899), imprese trattanti materieesplosive (n. 232 del 18 giugno 1899),costruzioni (n. 205 del 27 maggio 1900).

con un sistema di controlli, di denunce e di sanzioni esplicati poi conmaggiore precisione nel Regolamento. Erano inoltre stabiliti i criteri perla determinazione delle indennità e per le eventuali revisioni dei giudizirelativi. L’assicurazione doveva, di norma, farsi presso la Cassa NazionaleInfortuni, tuttavia era ammessa anche l’assicurazione mutua tra gli indu-striali per mezzo di Casse private consorziali e di Sindacati, sia per grup-pi di industrie che per competenza territoriale, con particolari cautele egaranzie.

Nel quarto Titolo, Disposizioni generali, venivano stabiliti i casi in cuisarebbe risorta la responsabilità civile, con l’ammissione dell’azione diregresso da parte degli assicuratori. Questa azione consisteva nel farsirestituire le somme pagate per l’erogazione delle prestazioni agli aventidiritto, dal datore di lavoro giudicato dal tribunale penalmente responsa-bile dell’infortunio.

Nel complesso, quindi, la prima legge italiana che istituiva l’obbliga-torietà dell’assicurazione infortuni sul lavoro, ispirata al sistema privati-stico, poteva ritenersi fondata essenzialmente sopra tre basi:

- Diritto all’indennità da parte dell’operaio colpito da infortunio pro-fessionale, subordinato al pagamento del premio da parte del datore dilavoro;

- Obbligo dell’assicurazione a tutto carico dell’imprenditore, lasciandolibera, in genere e salvo eccezioni, la scelta dell’assicuratore;

- Mantenimento della responsabilità civile quando il fatto che davatitolo alla domanda di pieno risarcimento, a tenore del diritto comune,fosse stato riconosciuto sussistente e vero dal magistrato per sentenza dicondanna in sede penale.13

Passando ora dal generale al particolare, soprattutto per comprenderela nascita della Cassa Consorziale Vercellese (la prima cassa consorzialeapprovata in Italia) bisogna soffermare la nostra attenzione sull’art. 17della legge n. 80/1898. Se, infatti, da una parte questa legge imponeval’obbligo dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, dall’altra lascia-va libera la scelta dell’ente assicuratore. Sussistevano, più specificata-mente, tre tipi di esonero dall’assicurazione presso la Cassa NazionaleInfortuni.

In primo luogo era esonerato dall’obbligo dell’assicurazione presso laCassa Nazionale o presso società o compagnie private lo Stato, per glioperai dei suoi stabilimenti, ai quali da leggi speciali erano già state asse-gnate indennità in caso d’infortunio.

In secondo luogo coloro che, avendo stabilimenti o esercitando impre-se del genere di quelle indicate nell’art. 6, avessero fondato, a loro cura e

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13 A. SALVATORE, Legge e regolamento pergli infortuni degli operai sul lavoro con note etabelle esplicative ad uso degli industriali edegli uomini di legge, Milano 1900, p. 34-36.

Avveniva però spesso che per l’ina-dempienza del datore di lavoro (mancatoversamento del premio) in virtù del carat-tere contrattuale privatistico del rapportoassicurativo, la polizza era priva di conse-guenze giuridiche e l’infortunato eracostretto a rivolgersi, per il risarcimentodel danno, al proprio padrone a norma delCodice Civile ricadendo quindi nella gravesituazione che si era verificata prima dellalegge n. 80/1898. Sarà solo la legge n.1765/1935 che garantirà all’operaio ogniprestazione anche nel caso in cui il datoredi lavoro non avesse adempiuto ai suoiobblighi assicurativi.

spese, casse riconosciute per legge o per decreto reale, le quali provvede-vano in modo permanente ad un numero di operai superiore a 500 ed asse-gnavano agli operai stessi indennità per infortuni del lavoro non inferiori aquelle fissate in conformità dell’art. 9; queste casse private dovevanodepositare, presso la Cassa depositi e prestiti in titoli emessi o garantitidallo Stato, una cauzione nella forma e nella misura che sarebbero statedeterminate con norma aventi carattere generale dal Ministero di agricol-tura, industria e commercio. La cauzione non poteva mai essere inferiorea cinque volte l’importo del premio che si sarebbe dovuto annualmentepagare alla Cassa Nazionale per assicurare gli operai cui provvedeva lacassa privata. Qualora le casse non avessero avuto fondi sufficienti al paga-mento delle indennità, sarebbero stati tenuti a pagarle coloro che avesse-ro avuto l’obbligo di assicurare gli operai colpiti da infortunio.

In terzo luogo erano esonerati gli industriali consociati in sindacato dimutua assicurazione, in base a statuti debitamente approvati dalMinistero di agricoltura, industria e commercio.14

Per costituirsi, i sindacati dovevano comprendere almeno quattromilaoperai ed aver versato, in titoli emessi o garantiti dallo Stato, presso laCassa depositi e prestiti, una cauzione ragguagliata alla somma di lire 10per ogni operaio occupato fino ad un massimo di lire cinquecentomila.

All’atto della costituzione, per il primo anno, gli industriali consociatidovevano versare anticipatamente nella cassa del sindacato in conto dellecontribuzioni annue che sarebbero state loro assegnate, una somma ugua-le alla metà dei premi che sarebbero stati richiesti dalla Cassa NazionaleInfortuni per assicurare agli operai le indennità previste dalla legge. Nelcaso che la somma così anticipata avesse superato l’importo totale delleindennità liquidate nell’anno e definitivamente accertate, l’eccedenzasarebbe stata rimborsata agli industriali consociati. Negli anni successivi,ed all’inizio di ogni anno, gli industriali consociati avrebbero versato unpremio annuale nella misura determinata in base alle indennità liquidatenell’anno precedente.

Gli industriali riuniti in sindacato rispondevano in solido per l’esecu-zione degli obblighi della presente legge e le contribuzioni dovute dagliassociati venivano esatte con le norme prescritte e coi privilegi stabilitiper l’esazione delle imposte dirette.15

Prima di addentrarci nelle vicende della Cassa Consorziale Vercelleseè importante soffermare la nostra attenzione su questo articolo dellalegge 80/1898, che rimarrà sostanzialmente inalterato dai provvedimentilegislativi successivi (diventerà art. 10 nella legge 243/1903 e art. 19 nellalegge Testo Unico 51/1904). Tenuto presente, da un punto di vista for-

12

14 I primi quattro Sindacati di mutuaassicurazione furono, in ordine di autoriz-zazione ministeriale, quelli di Torino, diIglesias, di Genova e di Firenze. cfr. A.AGNELLI, Commento alla legge sugli infortunidel lavoro, Milano 1905, pp. 444-445.

15 Ibidem, pp. 416-417.

male, che le casse private costituite da un solo industriale non potevanocerto dirsi istituiti di assicurazione (poiché si limitavano solo a pagare leindennità prescritte dalla legge) appare evidente come l’assicurazionemutua degli industriali, sia mediante la costituzione di casse consorzialiche per mezzo di sindacati, fosse quindi più conveniente perché menocostosa. Sulla base dei primi commenti alla legge sembrò che gli indu-striali italiani, almeno in un primo momento, avessero accolto questapossibilità di assicurazione alternativa con una certa diffidenza, soprat-tutto temendo le conseguenze dell’obbligo solidale imposto, comeabbiamo visto, dalla legge. Tuttavia, nel sistema di garanzie adottatodalla norma giuridica ad hoc, “le conseguenze temute della solidarietàche lega i socii di ogni Sindacato (erano) troppo lontanamente remote edimprobabili per dovere ispirare un serio timore”.16 Non vi era, in defini-tiva, una grande differenza tra casse private e sindacati di mutua assicu-razione, diversi erano i requisiti necessari per la costituzione dei sinda-cati e quelli necessari per la fondazione delle casse private, anche con-sorziali. Mentre le casse private avevano bisogno di un minimo di 500operai, ai sindacati ne occorrevano 4.000, ma un sindacato non potevacomprendere per un periodo superiore ad un anno di tempo un numerominore di operai, sotto pena di scioglimento. Una cassa privata potevaavere meno di 500 iscritti al massimo per un mese. Mentre la cauzioneper i sindacati era di lire 10 per ogni operaio, fino ad massimo di lire500.000, quella per le casse private ammontava al quintuplo del premioche si sarebbe dovuto pagare alla Cassa Nazionale Infortuni. Un’ultimaosservazione rimane ancora da fare: scopo principale delle casse privatee dei sindacati mutui era, ovviamente, corrispondere agli operai leindennità stabilite dalla legge sugli infortuni. Potevano però proporsialtri scopi oltre a quelli obbligatoriamente previsti dalla legge come, adesempio, il sussidio in caso di malattia o il pagamento delle indennitàanche durante il periodo di carenza? Nella discussione sul regolamentola questione s’affacciò: Vincenzo Magaldi, allora ispettore generale delcredito e della previdenza, era favorevole, mentre Carlo FrancescoFerraris, esponente autorevole della Commissione consultiva sulle isti-tuzioni di previdenza e sul lavoro, era contrario, probabilmente per iltimore che i sindacati, estendendo la loro sfera d’azione, potessero venirmeno agli scopi per i quali erano stati creati. L’opinione che finì col pre-valere sarebbe stata comunque quella di Magaldi, favorevole, come si èdetto, a lasciare all’iniziativa privata di integrare la legge anticipando, alivello locale, determinate riforme cui il legislatore avrebbe guardatonegli anni a venire.

13

16 A. SALVATORE, Legge e regolamento,cit., p. 105.

2. Nasce la Cassa Consorziale Vercellese Infortuni sul lavoro(16 ottobre 1898)

Sul giornale cittadino “La Sesia” del 27 settembre 1898, intanto,appariva una lettera, in prima pagina, di uno “stimato industriale dellanostra città” dedicata proprio al tema degli infortuni sul lavoro. La pub-blichiamo integralmente poiché possiamo considerarla come punto d’ini-zio dell’intensa attività svolta dagli imprenditori vercellesi non solo perottemperare al più presto agli obblighi previsti dalla legge, e quindi esseresonerati dalla responsabilità civile in caso di eventuale infortunio daparte dei loro sottoposti, ma anche per fare chiarezza nei confronti dicoloro ai quali, eventualmente, la legge avrebbe potuto non applicarsi:

Signor direttore,La legge sugli infortunii essendo di grande interesse per gli industriali, sarebbe uti-

lissimo che sul giornale La Sesia apparisse qualche articolo che spiegasse detta legge agliindustriali. Avrà letto in una corrispondenza da Roma al Corriere della Sera che la denun-cia al Prefetto della natura delle imprese o industrie e degli operai assicurandi, deve esse-re fatta prima della fine di ottobre, come dicono alcuni agenti d’assicurazione; ed in finedi detta corrispondenza si afferma che col 1° dicembre tutti gli operai devono essere assi-curati. Sappia pertanto, e se crede lo pubblichi sul giornale, che la legge 17 marzo 1898dice che devono sottostare alla legge le industrie che trattano od applicano materie esplodentioppure: gli opifici industriali nei quali si fa uso di macchine mosse da agenti inanimati, per cuia mio modo di vedere molti industriali, grandi e piccoli, questi in ispecie, non devonoessere soggetti alla prescrizione di legge, ed ella, caro signore, che sempre volenteroso sidedica all’interesse pubblico, farebbe un segnalato servizio a tutti gli interessati, pubbli-cando quali sono gli obblighi della legge, e quali industriali non sono contemplati dallalegge stessa.17

Il giornale vercellese non mancava di rispondere alle sollecitazioniprovenienti dal mondo industriale. Per quanto riguardava la denuncia alprefetto si rimandava all’art. 28 della legge 17 marzo 1898 n. 80 ove erastabilito che la legge stessa sarebbe entrata in vigore dopo sei mesi dallapubblicazione nella “Gazzetta Ufficiale” del Regno, e quindi il primoottobre 1898. Tuttavia, siccome la legge all’art. 19 disponeva che ladenuncia al prefetto doveva essere fatta nel termine di un mese dall’en-trata in vigore della legge, era evidente che gli industriali avessero tempofino alla fine del mese di ottobre per poter adempiere agli obblighi delladenuncia.

Quanto all’assicurazione - evidenziava l’articolista - se gli industrialinon avevano provveduto altrimenti, o con speciali casse debitamentericonosciute, o con sindacati di mutua assicurazione, doveva eseguirsi unmese dopo la denuncia al prefetto, quindi entro il primo dicembre 1898.

14

17 “La Sesia” del 27 settembre 1898, p. 1.

Restava da analizzare l’ultimo punto, il più importante, presentatodall’imprenditore vercellese all’opinione pubblica, e cioè quali fossero leindustrie alle quali la legge avrebbe imposto l’obbligo dell’assicurazionedegli operai contro gli infortuni. Giustamente venne rinviata la risposta alprimo articolo della legge, la quale si applicava agli operai addetti:“1. All’esercizio delle miniere, cave e torbiere; alle imprese di costruzio-ni edilizie; alle imprese per produzione di gas o di forza elettrica e alleimprese telefoniche; alle industrie che trattano od applicano materieesplodenti; agli arsenali o cantieri di costruzioni marittime. 2. Alle costru-zioni ed imprese seguenti, qualora vi siano impiegati più di cinque ope-rai: costruzione o esercizio di strade ferrate, di mezzo di trasporto perfiumi, canali e laghi, di tramvie a trazione meccanica; lavori di bonifica-mento idraulico; costruzioni e restauri di porti, canali ed argini; costruzio-ni e restauri di ponti, gallerie e strade ordinarie, nazionali e provinciali.3. Agli opifizi industriali nei quali si fa uso di macchine mosse da agentiinanimati o da animali, qualora vi siano occupati più di cinque operai”.18

La maggior parte delle piccole industrie sembrava cadere quindi sottoil disposto del terzo paragrafo di questo articolo, nel quale era evidenteche quelle imprese nelle quali non si faceva uso di macchine mosse damotori inanimati di ogni specie (a vapore, a gas, elettrici, idraulici) oppu-re da animali - cioè dove pur essendovi macchine queste erano messe inazione dagli stessi operai - non erano tenute all’assicurazione obbligatoriacontro gli infortuni sul lavoro. Obbligo preciso e tassativo per questogenere di imprese, dunque, non c’era. Tuttavia l’articolista sembravaspezzare una lancia ugualmente per la copertura del rischio:“L’assicurazione è sempre opera previdente, saggia ed umana, perchéqualche infortunio, sia pure solo di lieve entità, è possibile anche in quel-la industria in cui non siano applicati motori meccanici o idraulici, o mossida animali”.19

L’articolo si chiudeva ricordando agli industriali vercellesi che a parti-re dal primo ottobre 1898 rimanevano loro due mesi di tempo per farequanto imposto dalla legge e cioè un mese per la denunzia al prefettodell’industria o dell’impresa e del relativo numero degli operai e degliapprendisti, ed un altro mese, tutto quello di novembre, per stipulare ilcontratto di assicurazione.

Gli industriali vercellesi, anche a seguito di questo intervento sul piùimportante foglio cittadino, vollero subito scendere in campo per costi-tuire un consorzio di mutua assicurazione contro gli infortuni degli ope-rai sul lavoro.

Ma quali erano concretamente le industrie e le imprese a Vercelli che

15

18 “La Sesia” del 27 settembre 1898, p. 1.

19 Ibidem.

dovevano essere soggette all’obbligo dell’assicurazione per gli infortunisul lavoro? Le fonti in nostro possesso per fornire una risposta, il più pos-sibile aderente alla realtà, sono due: la prima, più diretta, possiamo rica-varla dall’analisi della documentazione rintracciata presso l’Archivio deldeposito del comune di Vercelli; la seconda, seppur non esaustiva, dairisultati del Censimento degli opifici del 1911, promosso dalla Direzionegenerale della statistica e del lavoro presso il Ministero di agricoltura,industria e commercio.

In particolare, su incarico della Regia Sottoprefettura, in data 19novembre, il sindaco Vincenzo Canetti aveva trasmesso, il 26 successivo,ai capi o esercenti imprese, industrie o costruzioni il modello per ladenunzia della stipulazione del contratto di assicurazione previsto dallalegge 17 marzo 1898, con preghiera di compilarlo e restituirlo entro il 30novembre.20

Appena ricevute le risposte, il Sindaco le trasmise subito in allegato alSottoprefetto di Vercelli in data 6 dicembre 1898: nonostante si lamen-tasse che non tutti gli interessati avevano rimandato il modello debita-mente compilato, per noi è ugualmente utile questo elenco in quanto ciconsente di quantificare, seppur non a livello statistico esatto (eranoesentate dall’assicurazione obbligatoria - come abbiamo visto - le indu-strie con l’installazione di macchine mosse con la sola forza dell’uomo) isoggetti obbligati all’assicurazione ed avere così uno spaccato dell’indu-stria vercellese di fine secolo.21 La parte del leone la facevano le impresedi costruzioni edilizie (i cui esercenti furono - come vedremo - i fondato-ri della Cassa Consorziale Vercellese), con dodici imprese soggette adassicurazione, seguite da quattro opifici industriali esercenti la brillaturadel riso (un nome fra tutti, quello di Felice Lombardi) e otto molini; leditte esercenti le fonderie in ghisa erano tre (e precisamente Geminardi,Locarni e Fumagalli), come tre erano pure le tipografie interessate(Chiais, Coppo e Gallardi), una ditta era dedita alla produzione di gas (laTuscan gaz Company Limited), una a materie esplodenti (Ariotti eBarbanotti), due alla produzione di acque gassose (Mossotti e Riccardi),due alla produzione di acido solforico (Locarni e Società anonima vercel-lese), due nel settore meccanico (Garrone e Vezzani), una all’esercizio ditrebbiatrici (Ferri), una telefonica (Marangone), due nel settore tramvie(Tramways vercellesi e Ferrovie del Ticino); nel settore degli opificiindustriali venivano poi le ditte per la produzione del caffè di cicoria(Luigi Rossa, forse la prima ditta di questo tipo che si sia attivata inItalia), la pasta da riso (Sarasso), l’olio (Antoniolo), il ghiaccio (OspedaleMaggiore); un’importante industria vercellese, che tra l’altro testimonia-

16

20 Archivio storico del comune diVercelli - archivio di deposito, CategoriaXIV - Oggetti diversi, classe IV - Lavoro,fascicolo V - Infortuni degli operai sul lavo-ro (d’ora in avanti ASCV - infortuni deglioperai sul lavoro), Lettera del SottoprefettoAdami-Rossi al Sindaco di Vercelli del 19novembre 1898.

21 ASCV - infortuni degli operai sullavoro, Lettera del Sindaco di Vercelli alSottoprefetto del 6 dicembre 1898.

va il dinamismo imprenditoriale della comunità israelitica cittadina, eraquella della fabbricazione dei bottoni, il cui commercio era rivolto preva-lentemente verso l’estero (Mazzucchelli, Treves, Pugliese e Segre). 22

La seconda fonte di cui ci siamo serviti è stato, come detto, ilCensimento degli opifici del 1911. Esso è utile per comprendere la pre-senza delle industrie a Vercelli nel primo decennio del secolo ma, nonavendo i dati disaggregati della Cassa Consorziale Vercellese, è pratica-mente impossibile adoperarlo al fine di determinare quante di questeindustrie avessero preferito assicurarsi presso l’istituto vercellese che nonpresso la Cassa Nazionale Infortuni o società private. Nel primo volumedel Censimento, dedicato al numero degli opifici censiti nel Regno,erano indicate le imprese esercitate in appositi locali da non meno di duepersone occupate, comprendente gli operai, i membri delle famiglie deipadroni che erano addetti alle imprese con o senza retribuzione, ed il per-sonale dirigente, sorvegliante tecnico o amministrativo. Il numero delleindustrie che al 10 giugno 1911 a Vercelli lavoravano e utilizzavano i pro-dotti dell’agricoltura era 209 con 1.421 persone occupate, 106 le industrieche lavoravano i metalli con 991 operai, 38 le imprese di costruzione (edi-lizie, stradali, idrauliche) con 699 occupati, 63 le industrie di fibre tessilicon 552 operai, 10 le industrie chimiche con 397 lavoratori, 17, infine, ilnumero delle industrie e servizi definiti dal Ministero come “corrispon-denti ai bisogni collettivi” (cioè trasporti, servizi pubblici, luce, acqua,gas) con 153 dipendenti. Nel comune di Vercelli, in definitiva, vi era untotale di 443 industrie con 4.213 persone occupate.23

Riprendiamo ora, facendo un passo indietro, a seguire le vicende degliimprenditori vercellesi dal punto in cui li avevamo lasciati, all’indomanicioè del dibattito su chi avesse o meno l’obbligo di assicurazione. Sempresu “La Sesia” veniva data la notizia di una importante riunione che sisarebbe tenuta domenica 16 ottobre 1898, “alle ore 14 precise”, presso lasala della Società dei militari congedati, proprio al fine di costituire unconsorzio di mutua assicurazione. Tutti gli industriali che potevano aver-vi interesse erano ovviamente pregati di intervenire. Il comunicato stam-pa era firmato da un comitato promotore composto da nove persone, tutticapimastri impresari del settore edilizio e precisamente da Pietro Berra,Giovanni Bona, per la ditta F.lli Bona, Pietro Bona, Angelo Bosso, per laditta Eusebio Bosso, Alfredo Delpiano, Alessandro Delpiano, per la dittaDelpiano Carlo, Zanone e compagni, Eusebio Delpiano, GiovanniTermine e Cesare Zumaglini.24

Fu, in quella assemblea, fondata definitivamente la Cassa consorzialee venne trasformato il comitato promotore, a livello provvisorio, in comi-

17

22 ASCV - infortuni degli operai sullavoro, Allegato alla lettera del 6 dicembre1898, p. 3.

23 Ministero di agricoltura, industria ecommercio - Direzione generale della sta-tistica e del lavoro (Maic), Censimento degliopifici e delle imprese industriali al 10 giugno1911, vol. I, Roma 1913, p. 150. Nei volu-mi successivi venivano ulteriormente spe-cificate le industrie, con più e meno di 10operai, divisi per sesso ed età, e che aves-sero installati motori meccanici distinti perfonti di energia, con specificata la potenzain cavalli dinamici. Delle 443 imprese edei 4.213 operai occupati, 75 erano con piùdi 10 operai (per un totale di 2.681 lavora-tori), 368 con meno di 10 operai (per untotale di 1.532 addetti). Cfr. Maic,Censimento degli opifici, cit., vol. II, pp. 44-45 e vol. III, pp. 12-13. Sul dibattito alCensimento vedi D. MARUCCO,L’amministrazione della statistica italianadall’Unità al fascismo, Torino-Firenze 1992,pp. 276-278.

24 “La Sesia” dell’11 ottobre 1898, p. 3.

tato esecutivo. La riunione risultò superiore ad ogni aspettativa poichè“delle 36 Ditte intervenute all’invito numero 35 inscrissero la loro firmain calce all’atto notarile, superando di molto il numero degli operai richie-sto dalla Legge”.25

Fortunatamente, presso l’Archivio di Stato di Vercelli, si conserva l’at-to notarile (rogito Ranno), che contiene, oltre al progetto di Statuto dellaneonata Cassa Consorziale Vercellese, preziose informazioni sui primi

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Vercelli - Officina elettrica municipale(Archivio della Biblioteca Civica di Vercelli)

Vercelli - Interno Officina elettrica municipale(Archivio della Biblioteca Civica di Vercelli)

25 Archivio Bona, Verbale di deliberazionedel Comitato promotore per la formazione diun Consorzio Vercellese per gli Infortuni deglioperai sui lavoro, 17 ottobre 1898.

passi dell’assicurazione infortuni a Vercelli.26

Innanzitutto, per la costituzione del consorzio, essendo necessario ildeposito della cauzione previsto dalla legge, il comitato promotore avevaprovveduto in due modi: in primo luogo, il deposito cauzionale in titoliemessi e garantiti dallo Stato per la costituzione della Cassa consorziale,fatto presso la Cassa di risparmio di Vercelli con la garanzia della firma deicomponenti il comitato promotore, si intendeva in maniera solidale enella stessa misura garantito da tutti indistintamente gli associati al con-sorzio; in secondo luogo, i contraenti, mediante otto giorni di preavvisodato dal Consiglio di amministrazione, a seconda della loro industria, delrischio e proporzionalmente al numero degli operai impiegati, si obbliga-vano a versare in denaro la metà del premio che sarebbe stato stabilito aciascuno di essi in base alla tariffa riconosciuta ed approvata dalla CassaNazionale Infortuni.

I nove componenti del Consiglio di amministrazione provvisorio cosìnominati, oltre alle facoltà relative alle modificazioni dello Statuto, alle cau-zioni ed al contributo, avrebbero dovuto adempiere a tutti gli atti necessa-ri ed opportuni per avere dal Ministero di agricoltura, industria e commer-cio l’approvazione dello Statuto stesso, emettendo qualsiasi dichiarazioneo modifica che fosse stata redatta dal Ministero a questo scopo.

Comunque, anche in pendenza della pratica di approvazione, ilConsiglio avrebbe potuto lo stesso eleggere un Presidente all’interno delsuo seno, il quale avrebbe rappresentato in giudizio, agito e firmato per essoqualsiasi atto, rilasciando quietanza per il recupero delle somme dovute.27

3. Lo Statuto della Cassa Consorziale Vercellese e il tema dellaprevenzione

Lo Statuto della Cassa Consorziale Vercellese, deliberato dall’assem-blea dei partecipanti il 16 ottobre 1898, lievemente modificato dalConsiglio di amministrazione con deliberazione del 15 dicembre 1898, fufinalmente approvato dal ministro Alessandro Fortis con Decreto Reale27 aprile 1899.28

Esso, suddiviso in IX Titoli e 49 Articoli, è posto integralmente nelleappendici.

Esaminiamone gli aspetti più significativi.Nel Titolo I “Sede, oggetto, durata e composizione” si evince che,

all’art. 2, la Cassa aveva per scopo la corresponsione agli operai delleindennità fissate dalla legge 80/1898 e cioè in caso di “morte” una inden-

19

26 Archivio di Stato di Vercelli -Scritture pubbliche dell’Ufficio delRegistro di Vercelli, cartella numerata 208,Rogito Ranno, Costituzione del ConsorzioVercellese di Mutua assicurazione contro gliinfortuni degli operai sul lavoro. Lo schemadi Statuto era stato compilato dal geom.Angelo Bosso e oggetto di discussione tra isoci del Comitato promotore. Vedi Verbaledi deliberazione del Comitato promotore, 18agosto 1898.

27 Ibidem.

28 Per le modificazioni allo Statuto con-sorziale vedi Archivio Bona, Verbale di deli-berazione del Consiglio di Amministrazione delConsorzio Vercellese di Mutua Assicurazionedegli operai contro gli infortuni sul lavoro, 15dicembre 1898.

Per l’approvazione governativa vediArchivio Bona, Verbale di deliberazione delConsiglio d’Amministrazione della CassaConsorziale Vercellese per gli Infortuni deglioperai sul lavoro, 16 giugno 1899 e “LaSesia” del 27 giugno 1899, p. 3.

nità uguale a cinque salari annui da devolversi secondo le norme delCodice Civile agli eredi, in caso di “inabilità permanente assoluta” unaindennità pari a cinque salari annui e non mai minore di lire 3.000, in casodi “inabilità permanente parziale” una indennità pari a cinque volte laparte di cui era stato ridotto il salario annuo, in caso di “inabilità tempo-ranea assoluta” una indennità giornaliera uguale a metà del salario medioche doveva pagarsi per tutta la durata dell’inabilità, cominciando dalsesto giorno dall’infortunio, in caso di “inabilità temporanea parziale”una indennità pari alla metà della riduzione che avrebbe dovuto subire ilsalario medio per effetto dell’inabilità stessa e da pagarsi per tutta la dura-ta della inabilità cominciando dal sesto giorno dall’infortunio.

Riteniamo opportuno specificare i termini “inabilità temporanea” e“inabilità permanente”: la prima era la conseguenza di un infortunio cheimpediva totalmente e di fatto all’interessato di attendere al suo lavorocomportando, di fatto, l’astensione effettiva concreta, dalla sua attivitàspecifica, per più di cinque giorni; la seconda era la conseguenza di uninfortunio dal quale residuavano conseguenze invalidanti previste dallalegge: si distingueva in “invalidità permanente assoluta” quando l’orga-nismo colpito avesse perduto completamente e per tutta la vita l’attitu-dine al lavoro, in “inabilità permanente parziale” quando l’attitudine allavoro risultasse diminuita solo in parte ma essenzialmente e per tutta lavita. Bisogna anche tenere presente che le suddette espressioni, ancoraoggi usate dall’INAIL, non andavano intese in senso letterale assoluto:non si richiedeva la materiale impossibilità di esplicare un qualsiasi lavo-ro generico, né si escludeva che nel corso della vita non si potesse avereun parziale ripristino della capacità lavorativa in un primo tempo total-mente o parzialmente perduta.

Importante soffermare l’attenzione sull’art. 3 che ci permette di aprireuna parentesi sul tema della prevenzione: in esso si affermava esplicita-mente l’impegno dei soci aderenti alla Cassa Consorziale Vercellese a pre-venire gli infortuni sul lavoro vigilando sugli stabilimenti, imprese e costru-zioni “prescrivendo ove occorra, l’adozione di speciali misure preventive”.

Sul tema del “mito” della prevenzione da parte degli industriali hascritto pagine illuminanti Roberto Romano, soprattutto ricordando levicende dell’Associazione degli industriali d’Italia per prevenire gli infor-tuni sul lavoro, trasformatasi successivamente in Ente nazionale per laprevenzione infortuni.29 Nonostante tra gli industriali ci fosse un impe-gno sincero per ricercare i mezzi idonei onde ridurre gli infortuni, ali-mentato anche dal clima di ottimismo creato dall’età giolittiana in cui l’i-dea di “progresso” sembrava permeare tutte le manifestazioni della vita

20

29 R. ROMANO, Sistema di fabbrica, svi-luppo industriale e infortuni sul lavoro, cit.,pp. 1022 ss.

economica e sociale, è probabile che non si andò oltre il classico paterna-lismo di fine secolo. La legge stessa del 1898 non distingueva con chia-rezza la tutela previdenziale da quella prevenzionistica: spia di questoatteggiamento marcatamente classista era l’assenza di qualsiasi forma dicoercizione o di imposizione nei confronti degli industriali inadempientialle norme preventive.30

Tuttavia per Vercelli sembrerebbe esserci un’eccezione. Ai successiviartt. 14 e 17, si nota come il partecipante fosse obbligato ad osservare ledisposizioni di sicurezza prescritte dalle vigenti leggi. Contravvenendo aquesta disposizione avrebbe potuto essere iscritto in una classe superioredi rischio e, in caso di recidiva, addirittura essere escluso dalla CassaConsorziale. Nell’art. 22 del presente Statuto, inoltre, la CassaConsorziale aveva diritto a fare eseguire delle ispezioni allo scopo diaccertare se si era provveduto in modo opportuno da parte dell’impren-ditore all’incolumità degli operai.

Dal successivo regolamento interno della Cassa, approvato dall’as-semblea il 6 giugno 1899, si evince che l’amministrazione avrebbe potu-to nominare e delegare incaricati speciali, scelti fra gli stessi partecipantial consorzio, esperti e competenti nel ramo dell’industria, impresa ocostruzione che si trattava di controllare: “Nelle loro visite i rappresen-tanti incaricati alle ispezioni, potranno fare tutte quelle osservazioni chestimeranno del caso, come potranno consigliare, sindacare, ordinare edimporre tutte quelle misure precauzionali e quei mezzi di prevenzioneche a loro giudizio ritenessero necessari ed opportuni, per viemmegliogarantire l’incolumità degli operai sul lavoro”.31

Ad esempio, per le opere di demolizione, di scavi di costruzioni, i par-tecipanti che le dirigevano dovevano procedere “dando le regolari incli-nazioni ai terreni a seconda della diversa loro natura e della profonditàdegli scavi, provvedendo in tutte le operazioni con opportune ed ade-guate sbadacchiature e puntellamenti”, oppure, per le industrie mecca-niche, ogni partecipante avrebbe dovuto “escogitare ed adottare tutte leprecauzioni e tutti i mezzi che l’esperienza e la scienza meccanica indi-cano e suggeriscono adottati ed adottanti per garantire l’incolumità deglioperai sul lavoro”.32

Dal registro dei verbali del Consiglio di amministrazione siamo aconoscenza non solo dell’opera di vigilanza ma anche di repressionesvolta dai soci promotori in merito al mancato rispetto delle norme diprevenzione da parte di ditte associate. Ecco un esempio:

Poscia, il Sig. Presidente riferisce essersi recato, nella giornata, a Borgo Vercelli ed ivi

21

30 R. ROMANO, Sistema di fabbrica, svi-luppo industriale e infortuni sul lavoro, cit.,p. 1024.

31 Cassa Consorziale Vercellese per gliInfortuni degli operai sul lavoro,Regolamento interno, Vercelli 1906, p. 15.

32 Ibidem, pp. 16-17.

trovato il Segretario Cassanelli visitarono ambidue le impalcature delle costruzioni agliordini del Sig. Partecipante Portalupi Giuseppe; tali impalcature avendole trovate contra-rie alla regola dell’arte perché pericolosissime ne denuncia il fatto all’Ufficio, tanto piùche questa anormalità è maggiormente grave perchè malgrado una lettera del Presidentediretta a detto Partecipante colla quale lo ammoniva di costruire le impalcature in modosicuro ed a regola d’arte, egli invece non se ne diede per inteso.

L’Ufficio impensierito del modo scorretto con cui il Sig. Portalupi provvede alla sicu-rezza dei suoi operai delibera ad unanimità di voto di radiarlo dal libro dei Sig.Partecipanti.33

Sarebbe interessante a questo proposito un’analisi anche di altri con-simili casse private e sindacati di mutua assicurazione, non solo per capi-re meglio a livello teorico le norme di prevenzione, il dettato delle san-zioni e delle relative applicazioni ma anche per vedere in pratica gli effet-ti delle stesse, tenuto conto soprattutto che non vi era molta differenzatra controllori e controllati.34

La durata della Cassa Consorziale Vercellese sarebbe stata di ventianni (art. 4) ma già qualche anno più tardi, e precisamente nel 1908, ilconsorzio si sarebbe trasformato in Sindacato Vercellese Infortuni.

Nel Titolo II si parlava di “Ammissione dei partecipanti e loro dirittie doveri”. Coloro che intendevano partecipare alla Cassa (art. 6) avreb-bero dovuto presentare domanda al Consiglio di amministrazione, ilquale deliberava in seduta segreta senza rendere conto della deliberazio-ne, contro la quale non era ammesso alcun ricorso. Ovvia la preoccupa-zione da parte dei dirigenti della Cassa Consorziale Vercellese di assorbi-re l’assicurazione dei rischi più lievi, lasciando l’onere di quelli più gravialla Cassa Nazionale Infortuni che, non è un caso, proprio in quegli anniregistrava una notevole contrazione del numero degli assicurati.35

Al momento dell’accettazione (art. 7), il partecipante avrebbe dovutoversare alla Cassa, come cauzione, una somma corrispondente a cinquevolte l’importo del premio che avrebbe dovuto versare alla CassaNazionale Infortuni. Come premio, invece, nei primi quindici giorni diogni anno, il partecipante doveva versare anticipatamente l’importo nellamisura fissata dalla tariffa.

Il partecipante contraeva l’obbligo di appartenere al consorzio per cin-que anni (art. 10); qualora entro due mesi dallo spirare del quinquenniol’imprenditore non avesse denunziato la cessazione dell’attività, gli effet-ti dell’iscrizione alla Cassa Consorziale si sarebbero ritenuti protratti peraltri cinque anni.

Il Consiglio di amministrazione doveva essere avvertito al più presto diogni variazione avvenuta all’interno della ditta partecipante alla CassaConsorziale (art. 12): entro il decimo giorno dalla data della variazione l’im-

22

33 Archivio Bona, Verbale di deliberazionedel Consiglio d’Amministrazione della CassaConsorziale Vercellese per gli Infortuni deglioperai sul lavoro, 17 marzo 1899.

34 S. MERLI, Proletariato di fabbrica ecapitalismo industriale. Il caso italiano: 1880-1900, Firenze 1972, pp. 352-53 cit. in R.ROMANO, Sistema di fabbrica, cit., pp. 1022-1023.

35 E. CATALDI, L’Istituto Nazionale perl’Assicurazione contro gli Infortuni sulLavoro, Roma 1983, (Testimonianza di unsecolo), pp. 56-57.

prenditore che si fosse ritenuto in dovere di pagare un premio inferiore aquello pagato precedentemente, in seguito ad una diminuzione del rischioderivante da modificazioni all’interno dell’impresa o per aver adottato spe-ciali misure preventive, doveva notificare il tutto al Consiglio di ammini-strazione. Tuttavia, nel caso di variazioni che avessero comportato unaumento di premio presentate in ritardo (art. 13), l’imprenditore avrebbedovuto pagare, oltre al premio aumentato in ragione del nuovo rischio, unsoprapremio corrispondente ad un quinto dell’aumento del premio.

Se l’Assemblea dei soci, dopo l’approvazione del bilancio consuntivo,avesse rilevato che i premi pagati dai partecipanti fossero stati in esube-ro rispetto al pagamento delle indennità, avrebbe deliberato quale parteavrebbe dovuto andare al fondo di riserva e quale invece avrebbe dovutoessere rimborsata ai soci (art. 15), così come, nel caso inverso, avrebbeinvitato i partecipanti a versare una quota supplementare per far fronteagli oneri derivanti dalle maggiori spese dovute per il pagamento delleindennità.

L’esclusione dell’imprenditore dalla Cassa Consorziale Vercellese (art. 17), deliberata dal Consiglio di amministrazione, poteva determinar-si per vari motivi: uno, lo abbiamo già visto, allorquando il partecipante sifosse dimostrato recidivo nell’inosservanza delle misure di igiene e pre-venzione; in secondo luogo quando risultasse che il numero degli operaiper il quale figurava iscritto al consorzio fosse inferiore a quello che occu-pava abitualmente; in terzo luogo quando, per modificazioni introdottenell’impresa, i rischi fossero aumentati di molto in modo che il parteci-pante non sarebbe stato ammesso come tale se al tempo dell’iscrizionefosse esistito questo stato di cose. Si ritornava così al vecchio discorsodella distorta concorrenza tra casse private e Cassa Nazionale Infortuni, anetto svantaggio di quest’ultima poiché - come abbiamo visto - aveval’obbligo di accollarsi l’assicurazione per i rischi più gravosi, cosa che lecasse private, e fra queste la nostra Cassa Consorziale Vercellese, si guar-davano bene di fare. Altri motivi di esclusione erano dati dalla caduta del-l’imprenditore in stato di fallimento e allorquando la Cassa fosse statacostretta a ricorrere ad atti coercitivi per ottenere che il partecipanteadempisse agli obblighi contratti.

Se l’esclusione del socio partecipante poteva essere discrezionale inbase all’articolo appena esaminato, essa diventava categorica nel succes-sivo art. 18 allorquando provasse in modo certo e sicuro di avere cessatol’attività dell’impresa o dell’industria esercitata al momento dell’iscrizio-ne al consorzio. Tuttavia la cessazione dell’appartenenza al consorzio daparte della ditta avrebbe avuto effetto dal giorno in cui il Consiglio di

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amministrazione avesse notificato la notizia della cessazione e non, comesembrerebbe dal dettato statutario, dal giorno di effettiva chiusura del-l’attività da parte dell’imprenditore. A quest’ultimo, comunque, sarebbestata restituita la cauzione (art. 19) entro trenta giorni dalla data di deli-berazione della cessazione, in titoli equivalenti a quelli rimessi oppure indenaro, dedotte comunque le spese per qualsiasi titolo dovute dal parte-cipante alla Cassa Consorziale.

Nel Titolo III si parlava poi dei “Fondi sociali”. La Cassa ConsorzialeVercellese, quale istituto assicuratore, per la copertura degli oneri deri-vanti dalla corresponsione delle indennità agli infortunati previste dallalegge, si dotava come entrate (art. 23) di premi annuali pagati dai parte-cipanti in via anticipata e depositati presso la Cassa di risparmio diVercelli.

La Cassa Consorziale costituiva inoltre, al suo interno, un “fondo diriserva” (art. 24), determinato dal prelevamento, sulla differenza attiva diogni esercizio annuale, di una somma che sarebbe stata determinata dal-l’assemblea dei partecipanti contemporaneamente all’approvazione delbilancio consuntivo. Il fondo di riserva sarebbe stato impiegato (art. 25)in titoli emessi o garantiti dallo Stato, intestati alla Cassa ConsorzialeVercellese.

Importante è ora analizzare il Titolo IV dedicato alle “Assemblee”.Una adeguata comprensione di questa sezione dello Statuto è fonda-mentale - a nostro avviso - quando studieremo più avanti le vicende dellaCassa Consorziale e del Sindacato Vercellese Infortuni attraverso le loroassemblee annuali, i cui resoconti apparivano puntuali, ricchi di dati e diinformazioni sui giornali della nostra città.

Le assemblee si suddividevano in ordinarie e straordinarie (art. 27).Le prime avrebbero dovuto svolgersi entro tre mesi dalla chiusura dell’e-sercizio, quindi entro il 31 marzo di ogni anno. Le seconde invece pote-vano tenersi ogni volta che lo avesse reputato opportuno il Consiglio diamministrazione, oppure ogni volta che fosse richiesta da un numero dipartecipanti superiore a dieci. Ogni assemblea avrebbe potuto valida-mente costituirsi, e quindi deliberare sulle materie da trattarsi, quandofosse risultata presente la maggioranza assoluta dei partecipanti alla CassaConsorziale Vercellese, cioè la metà più uno degli imprenditori (art. 28).L’assemblea in seconda convocazione sarebbe stata valida qualunquefosse stato il numero degli intervenuti, tuttavia in essa potevano discu-tersi solo materie specificate nell’avviso di convocazione. Non tutti gliimprenditori però avevano uguale potere di decisione all’interno delleassemblee: questo si evince dall’art. 29 che affermava come ogni parteci-

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pante avesse un voto, da uno a quindici operai occupati presso la propriaindustria o impresa, e un voto ogni quindici operai impiegati oltre i primiquindici. Bisognava tuttavia aver ottemperato per tempo al pagamentodei premi (art. 30); infatti gli imprenditori che non erano in regola da que-sto punto di vista non potevano prendere parte all’assemblea. Le assem-blee deliberavano su molteplici argomenti (art. 31) in particolare sulletariffe dei premi da pagarsi dagli imprenditori, sul bilancio preventivo econsuntivo, sulle modificazioni dello Statuto, su argomenti proposti dalConsiglio di amministrazione o da più di dieci partecipanti; le comunica-zione in quest’ultimo caso, dovevano essere fatte però a debito tempo perpoterle convenientemente inserire nell’avviso di convocazione. Leassemblee nominavano inoltre i componenti del Consiglio di ammini-strazione ed i Sindaci.

Pleonastico l’articolo di chiusura del Titolo testé descritto, il n. 33:quanto veniva approvato dall’assemblea dei consorziati rivestiva caratte-re di obbligatorietà per tutti, ancorché non intervenuti o dissenzienti.

Non meno importante ai fini del nostro studio era il Titolo V, dedica-to al “Consiglio di amministrazione”. Esso si componeva (art. 34) di novemembri - inizialmente furono, come abbiamo visto, gli stessi del comita-to promotore - i quali duravano in carica tre anni, scadevano un terzo peranno ed erano rieleggibili.

Il Consiglio di amministrazione (art. 35) nominava annualmente,all’interno del suo seno, un Presidente, un Vicepresidente ed unSegretario. Le sue attribuzioni all’interno della Cassa ConsorzialeVercellese erano molteplici (art. 36): tra i compiti più importanti vi eraquello di fissare l’organico degli impiegati determinandone gli stipendi,la nomina e la revoca; determinare i premi da pagarsi, basandosi sullaclassificazione stabilita dalla Cassa Nazionale Infortuni, da sottoporreall’assemblea dei partecipanti; stabilire la classificazione del rischio diogni impresa assicurata presso la Cassa Consorziale, compilare il bilanciogenerale ed il rendiconto delle entrate e delle spese. Al Presidente spet-tava la rappresentanza (art. 37) della Cassa Consorziale e, in sua mancan-za, al Vicepresidente.

Chi vigilava all’interno del consorzio sulla contabilità, sulla cassa, edoveva riferire ogni anno all’assemblea sui bilanci, erano i “Sindaci” pre-visti dal Titolo VI, art. 38, dello Statuto, nominati ogni anno dall’assem-blea in numero di tre effettivi e due supplenti.

Proprio il Titolo VII era interamente dedicato al “Rendiconto e bilan-cio”. Il rendiconto annuale comprendeva il totale delle entrate ed il tota-le delle spese della Cassa Consorziale (art. 40). Qualora vi fossero state

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eccedenze attive, su proposta del Consiglio di amministrazione, l’assem-blea dei partecipanti avrebbe stabilito quanta parte di eccedenza sarebbeandata al fondo di riserva e quanta parte invece sarebbe andata in dimi-nuizione del premio da versarsi per l’anno successivo da parte dell’im-prenditore; questa evenienza, però, avveniva nei confronti dei datori dilavoro in maniera proporzionale: potevano scontarsi il premio anticipatosolo coloro che in modo considerevole concorrevano a creare la differen-za positiva. In caso di eventi eccezionali, dove cioè la corresponsionedelle indennità avesse superato di parecchio la somma dovuta alle entra-te, era prevista, previa deliberazione dell’assemblea, la detrazione disomme dal fondo di riserva per non aggravare in maniera considerevole ilpagamento di premio di un solo anno (art. 42); tuttavia in un secondomomento si sarebbe stabilito a carico di tutti i partecipanti la sommaannua da pagarsi in soprappiù per reintegrare il fondo di riserva.

Al Titolo VIII erano stabilite le norme per lo “Scioglimento e liquida-

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Vercelli - Acquedotto comunale(Archivio della Biblioteca Civica di Vercelli)

zione”. All’art. 44 si evince che l’Assemblea poteva deliberare l’anticipa-to scioglimento della Cassa Consorziale nei casi in cui fosse stata revoca-ta la legge 17 marzo 1898 n. 80, che istituiva l’obbligo dell’assicurazionecontro gli infortuni sul lavoro, quando il numero degli operai assicuratifosse stato ridotto a meno di cinquecento, quando non le sembrasse piùconveniente funzionare. Una nuova assemblea (art. 45) convocata appo-sitamente avrebbe poi nominato il numero dei liquidatori, unitamentealle disposizioni da seguirsi per la liquidazione.

Lo Statuto si chiudeva poi con il Titolo IX “Disposizioni generali” nelquale venivano evidenziati ulteriori obblighi a carico dei partecipanti allaCassa Consorziale.

In calce allo Statuto erano elencati i componenti del primo comitatoesecutivo: Presidente era il geom. Angelo Bosso, Vicepresidente il geom.Giovanni Bona, Segretario il tenente Gaetano Cassanelli; gli altri membridel comitato esecutivo erano, come già detto, gli stessi del comitato pro-motore e cioè Giovanni Berra, Pietro Bona, geom. Alfredo Delpiano,geom. Eusebio Delpiano, Alessandro Delpiano Zanone, GiovanniTermine e Cesare Zumaglini.36

4. Il primo esercizio della Cassa Consorziale Vercellese (1898-1899)

È dai giornali vercellesi dell’epoca e, ancor più, dalle fonti archivisti-che della nostra città, in particolare dall’Archivio storico Bona,dall’Archivio di Stato e dal già menzionato Archivio di deposito delComune, che possiamo ricostruire fedelmente i primi passi e l’evoluzio-ne dell’antesignano vercellese dell’INAIL.

Momento centrale della vita associativa era l’assemblea annuale dei par-tecipanti, ove era dettagliatamente indicato il rendiconto dell’esercizio del-l’anno precedente, la relazione morale del Presidente, dei Sindaci, il nume-ro delle ditte associate, il numero degli infortunati, bilanci e statistiche.

Abbiamo già riferito della storica adunanza di imprenditori vercellesi,tenutasi il 16 ottobre 1898, nella quale fu fondata la Cassa ConsorzialeVercellese.

Il 3 febbraio 1899 si tenne una nuova assemblea dei partecipanti - gliintervenuti erano più di cinquanta - in cui il presidente Bosso riferì suilavori compiuti dal comitato esecutivo spiegando come, se vi fu un certoritardo per l’espletamento delle pratiche, questo non lo si sarebbe dovu-to ascrivere a colpa del comitato stesso bensì alla molteplicità delle for-malità che si dovettero sbrigare. Pregò successivamente gli intervenuti di

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36 Lo Statuto della Cassa ConsorzialeVercellese, fu stampato a Vercelli nel 1899dalla tipografia Chiozza in un formatotascabile di 30 pagine. L’unico esemplareattualmente esistente si conserva presso labiblioteca della Società Storica Vercellese(donazione Virginio Bussi).

firmare il libro dei partecipanti, con il ritiro del certificato di iscrizione,raccomandando però che l’adesione fosse assolutamente spontanea.Coloro che avessero avuto dei dubbi sulla neonata Cassa Consorzialeerano ancora in tempo per ritirarsi. Tuttavia “nessuno si valse di questafacoltà, e tutti indistintamente gli intervenuti apposero la loro firma sullibro dei partecipanti alla Cassa Consorziale”.37

Vinta in anticipo la concorrenza nei confronti della Cassa NazionaleInfortuni, per la possibilità di assicurare solo determinati tipi di rischi, i piùvantaggiosi, la Cassa Consorziale Vercellese doveva guardarsi probabil-mente anche da un’altra istituzione consimile, il Sindacato Subalpino dimutua assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Esso aveva sede aTorino ed era stato il primo sindacato ad essere approvato in Italia, precisa-mente con decreto ministeriale 30 novembre 1898. Secondo l’art. 2 del suoStatuto, il Sindacato torinese aveva un raggio d’azione comprendente leprovincie di Torino, Alessandria, Novara (e quindi Vercelli) e Cuneo.38

In quei giorni di attesa del riconoscimento governativo, che tardava adarrivare, non pochi furono gli sforzi degli industriali ed imprenditori ver-cellesi per non lasciarsi fagocitare dal potente Sindacato torinese, ancheperché il prefetto della provincia di Torino aveva diramato una circolarea tutti i sotto-prefetti, pubblicata su tutti i giornali, che illustrava come inpochi mesi, dall’iniziale numero di 298 soci e 19.000 operai era passato apiù di 500 partecipanti con oltre 25.000 operai. Insomma, una specie disponsorizzazione.39

Tuttavia, allo stato attuale delle ricerche, sembra proprio che nessunimprenditore vercellese aderisse al Sindacato Subalpino Infortuni. Puòessere testimonianza di ciò la riunione degli aderenti al consorzio vercel-lese, che si tenne il 6 giugno 1899, nella quale non solo venne approvatoil regolamento interno ma anche si votò un plauso al presidente Bosso edal comitato esecutivo per lo slancio che, grazie alla loro opera, sepperodare alla nuova istituzione, conquistandosi “la fiducia larga e cordialedegli industriali ed imprenditori, che possono così, da sè, con un istitutocittadino, soddisfare agli obblighi che la legge loro impone per l’assicura-zione degli operai contro gli infortuni sul lavoro”.40

Finalmente, con data 27 aprile 1899, venne riconosciuta con un decre-to del re, controfirmato dal ministro di agricoltura, industria e commercioFortis, la Cassa Consorziale Vercellese e ne fu approvato lo Statuto.

A questo proposito non furono estranee le pressioni sull’on. PieroLucca da parte del Consiglio di amministrazione.41

Questa fu la prima cassa consorziale di assicurazione contro gli infor-tuni sul lavoro riconosciuta in Italia (il primo sindacato infortuni ad esse-

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37 “La Sesia” del 7 febbraio 1899, pp.2-3.

38 A. AGNELLI, Commento alla legge sugliinfortuni del lavoro, cit., p. 444. Lo Statutodel Sindacato Subalpino di assicurazionemutua trovasi in “Bollettino di notizie sulcredito e sulla previdenza”, Roma 1904, n.6, pp. 1015-1027. Presidente dell’istitutotorinese era Giuseppe Musso, segretarioFerdinando Cassinis.

39 “La Sesia” del 28 marzo 1899, p. 2.

40 “La Sesia” del 13 giugno 1899, p. 2.

41 Archivio Bona, Verbale di deliberazionedel Consiglio d’Amministrazione della CassaConsorziale Vercellese per gli Infortuni deglioperai sul lavoro, 9 giugno 1899.

re riconosciuto, come è stato detto, fu quello di Torino) e questo fece giu-stamente inorgoglire gli imprenditori vercellesi, tanto più che - comevedremo - gli stessi imprenditori di Novara, il capoluogo di provinciasotto il quale era Vercelli, chiesero ed ottennero di aderire alla CassaConsorziale Vercellese.

Prima di quella vercellese, è vero - erano già state approvate altrecasse d’assicurazione, tuttavia non a livello di consorzio bensì a livello pri-vato. Basti ricordare la Cassa di assicurazione contro gli infortuni sul lavo-ro di Gaetano Marzotto e figli (industria laniera) di Valdagno, approvata il9 febbraio 1899. Dopo quella di Vercelli vennero giuridicamente ricono-sciute dal Ministero la Cassa Consorziale “Lilibeo” di Palermo (1 agosto1899), la Cassa Consorziale d’Assicurazione “Capanne Vecchie”, “PoggioBindo” e “Fenice Massetana” di Firenze (1 agosto 1899).42

Forti dell’approvazione ministeriale, i partecipanti alla CassaConsorziale presero parte all’assemblea straordinaria il 22 settembre1899, al fine di nominare a livello definitivo i nove membri del Consigliodi amministrazione e i cinque sindaci, di cui tre effettivi e due supplen-ti. In quella circostanza si elessero tutti i nove componenti del vecchiocomitato esecutivo, con la sola variante di una nuova nomina, EliseoMandelli, al posto di Alfredo Delpiano, dimissionario per ragioni di salu-te. A sindaci effettivi vennero nominati l’Ospedale Maggiore di Vercelli,Giovanni Vercellotti e Giuseppe Chiais; supplenti AlessandroGuglierminotti e Antonio Ambrosio. Venne inoltre approvata la situazio-ne economica e finanziaria della Cassa, “confortante per gli splendidirisultati ottenuti in questi primi dieci mesi di esercizio”.43

Alla fine della riunione fu proposto un voto di plauso ai promotori delconsorzio vercellese “che, col lavoro e con l’esemplare tenacità, diederoa Vercelli il vanto di essere prima fra le poche e maggiori città delPiemonte, che abbiamo affrontato e risolto l’importante ed arduo proble-ma dell’assicurazione fra industriali, dimostrando coll’opera e coi fatti,che, in ogni cosa, volere è potere”.44

A testimonianza del buon andamento del consorzio, non solo per l’a-desione di numerose ditte ma soprattutto per ciò che concerne la tempe-stività (per quei tempi) dell’erogazione delle indennità agli infortunati, vierano le lettere di lavoratori colpiti da infortunio che scrivevano ai gior-nali cittadini per testimoniare la regolarità dei pagamenti. Eccone unadell’operaio Severino Ardissone:

Egregio signor Direttore del giornale “La Sesia”sarei gratissimo alla S.V. Ill.ma di voler inserire nelle colonne del suo accreditato gior-

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42 A. AGNELLI, Commento alla legge sugliinfortuni del lavoro, cit., p. 433. Ulterioreprova della primogenitura di Vercelli nelsettore dei consorzi privati si trova in“Bollettino di notizie sul credito e sullaprevidenza”, Roma 1907, n. 2, pp. 196-200,nel quale la Cassa Consorziale Vercellesefigura alla testa in questo tipo di istitutiautorizzati ad assumere assicurazioni indipendenza della legge per gli infortunidegli operai sul lavoro.

43 “La Sesia” del 24 settembre 1899, p. 1.

44 Ibidem.

nale il comunicato che segue: È mio dovere di rivolgere sentiti ringraziamenti alla CassaConsorziale Vercellese per gli infortuni degli operai sul lavoro, nonché alla spett. dittaBonomi, per la puntualità e correttezza con cui mi venne liquidato il danno dell’infortu-nio da me sofferto il giorno 30 agosto u.s. nello stabilimento della predetta ditta.

Vercelli, 5 dicembre 1899 45

Il 25 febbraio 1900 ebbe luogo l’assemblea generale ordinaria, ai sensidell’art. 27 dello Statuto, dei partecipanti al consorzio (la sede della CassaConsorziale era presso il palazzo municipale, al secondo piano, poi, allafine del 1800, in via Sant’Anna, al numero 9, nella casa di proprietà del-l’avv. Iginio Verga, e lì sarebbe rimasta fino al trasferimento nella vicinavia San Paolo, presso la casa Bona-Olmo, nel 1912, quando si era già tra-sformata in Sindacato Vercellese Infortuni).

Presenti una cinquantina di soci, il presidente Angelo Bosso diede let-tura della relazione morale e finanziaria sul primo esercizio della CassaConsorziale, dal 16 ottobre 1898 al 31 dicembre 1899, che venne appro-vato dall’assemblea, e nella quale venivano elogiati l’operato delConsiglio di amministrazione e del segretario Gaetano Cassanelli.

A nome dei Sindaci riferì Giuseppe Chiais, il quale propose l’appro-vazione del bilancio consuntivo 1899 ed il bilancio preventivo 1900. Leentrate erano quantificate in lire 104.786,77 e le uscite ad altrettante, conun fondo di cassa di lire 4.014,08. Il numero degli imprenditori parteci-panti iscritti alla fine del 1899 era di 87, per un numero giornaliero deglioperai assicurati di 512, con una mercede totale corrisposta agli stessi dilire 462.767,50. Il contributo annuale versato dai soci (definitivo accerta-to) fu di lire 8.449, 53.

Furono denunciati n. 34 infortuni, ma se ne pagarono per risarcimen-to n. 27, di cui n. 25 per inabilità temporanea assoluta, n. 1 per indennitàpermanente parziale e n. 1 mortale, per un totale di lire 1.312,47 e si pas-sarono al fondo di riserva (art. 24 dello Statuto) lire 2.357,60, capitale piùinteressi.

Le spese generali di esercizio ammontarono a lire 1.117,12.In quell’assemblea avvenne poi un fatto degno di nota. Infatti erano

presenti alla riunione anche gli industriali di Casale Monferrato, rappre-sentati nelle persone dei signori Felice Morera e Bartolomeo Ferrero.Essi, “entusiasti dell’andamento floridissimo della Cassa Consorziale, anome dei loro colleghi del Circondario di Casale chiesero di unirsi inConsorzio con la nostra. Tale proposta venne accolta con fragorosi applau-si e con evviva a Casale e a Vercelli”.46

Le trattative tra i partecipanti della Cassa Consorziale Vercellese e ladelegazione degli imprenditori casalesi, al fine di costituire la filiale di

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45 “La Sesia” del 12 dicembre 1899, p.3. Per la vicenda della liquidazione delsinistro sofferto dall’operaio Ardissonevedi Archivio Bona, Verbali di deliberazionedel Consiglio d’Amministrazione, 22 e 29 otto-bre 1899.

46 “La Sesia” del 27 febbraio 1900, p. 2.

Casale Monferrato, si conclusero a buon fine già nell’aprile del 1900.Nell’assemblea ordinaria del 1901 la filiale sarebbe stata approvata daipartecipanti, unitamente alla nomina di un suo rappresentante nelConsiglio di amministrazione, ma solo il 19 maggio 1902, presenti circacentoventi soci provenienti da Vercelli, si inaugurerà ufficialmente lasezione monferrina “vero trionfo per il giovane istituto vercellese diprevidenza, un trionfo dello spirito di associazione e dell’iniziativa pri-vata”. 47

Il 14 giugno 1900, intanto, ebbe luogo un banchetto tra i partecipantivercellesi al fine di commemorare la fondazione della Cassa ConsorzialeVercellese. Tra gli intervenuti, oltre al casalese Felice Morera, vi era ilcav. Giuseppe Bottacchi, proprietario delle omonime fornaci di Novara epresidente della Camera di commercio di quella città, il quale preseimpegno affinchè la Cassa Consorziale potesse estendere la sua azioneanche nella città di San Gaudenzio; non è escluso che in quella occasio-ne si gettassero le basi anche per l’adesione della filiale di Novara allaCassa Consorziale Vercellese. Al termine della giornata celebrativa, il pre-sidente Angelo Bosso propose l’invio del seguente telegramma al mini-stro di agricoltura, industria e commercio on. Salandra:

Cassa Consorziale Vercellese infortuni operai sul lavoro, in unione filiale di Casale,rappresentanza Lomellina e industriali Novara, questi rappresentati dal cav. Bottacchi,festeggiando numeroso intervento sua fondazione e plaudendo splendido risultato,manda E.V. l’espressione della sua più viva gratitudine e del suo profondo ossequio.

Presidente - Bosso geom. Angelo 48

L’on. Salandra rispose subito al presidente Bosso, in data 16 giugno1900, con la seguente lettera:

Ringrazio la S.V. e i singoli componenti di codesta Cassa Consorziale per i senti-menti di gratitudine e di deferenza che con gentil pensiero hanno voluto esprimermimentre festeggiavano la fondazione della Cassa medesima. Dall’esame del rendicontoin precedenza inviato, io avevo già appreso con vivo compiacimento i risultati davverolusinghieri ottenuti da codesta Cassa, e l’incremento da essa raggiunto in così breveperiodo di tempo: cosicché mi è ora assai gradita l’occasione di tributare i ben meritatiencomi alla S.V. 49

Intanto la Cassa Consorziale Vercellese veniva presa a modello da altrecittà italiane. Dal giornale “L’Italia centrale” di Reggio Emilia, dell’11 gen-naio 1901, veniamo a conoscenza di un incontro tenutosi a Vercelli tra ilpresidente Angelo Bosso e il direttore della Cassa privata di Reggio Emilia,ing. Medici, al fine di studiare la nostra istituzione e poterla realizzare nellarealtà emiliana. I risultati ottenuti - ebbe ad osservare l’ing. Medici - erano

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47 “La Sesia” del 23 maggio 1902, p. 1.Per il resoconto della celebrazione casalesevedi Archivio Bona, Verbale di deliberazionedel Consiglio d’Amministrazione, 22 luglio1902.

48“La Sesia” del 17 giugno 1900, pp. 1-2.

49 “La Sesia” del 24 giugno 1900, pp. 2-3.

ottimi, soprattutto perché nei passati esercizi, oltre all’avere conve-nientemente provveduto a pagare le dovute indennità agli infortunati,e costituito un buon fondo di cassa, si era avuto tra i soci un buon divi-dendo. Dopo aver rilevato che la Cassa Consorziale Vercellese contavaormai 2.000 operai iscritti, di cui 1.200 nella sede di Vercelli ed 800 inquella di Casale, concludeva un po’ paternalisticamente auspicando che“anche la nostra Cassa Privata Consorziale, sotto tali auspici, possa rag-giungere la floridezza della consorella vercellese, con grande utile dellaclasse operaia per il facile adempimento della legge sugli infortuni sullavoro”.50

5. Senza scopo di lucro?

Il 3 marzo 1901, alla presenza di settantadue soci, si tenne l’assembleaannuale della Cassa (anno secondo). Il presidente Bosso lesse la sua rela-zione sull’esercizio 1900 e così fece pure, a nome dei sindaci, FeliceChiais figlio di Giuseppe. Entrambi rilevarono i buoni risultati dell’eser-cizio. L’utile a rimborsarsi ai partecipanti per il 1900 si determinò nellaquantità del 43 per cento e l’assemblea deliberò di distribuirne solo lametà, perché l’altra metà veniva versata su tanti libretti individuali dirisparmio intestati a ciascun partecipante, vincolati alla CassaConsorziale, allo scopo di costituire un fondo sussidiario di riserva in cuipoter attingere nei casi di eccezionali infortuni.

Dopo pochissimi anni di vita, per il presidente della Cassa ConsorzialeVercellese, Angelo Bosso, era già tempo di bilanci. Questo lo si deducedall’articolo da lui pubblicato su “La Sesia” del 17 maggio 1901, nelquale delineava la nascita e lo sviluppo di “questa provvida, benefica,popolarissima istituzione”.51

Sorta alla fine del 1898 grazie alla partecipazione di una trentina diimprenditori, essa contava più di duecento ditte, le quali assicuravano inmedia oltre duemila operai. A dare autorevolezza alla Cassa vi erano“importantissimi partecipanti” quali il municipio di Casale, la ditta cav.Boggio, importante industria casalese, le nobili case del principe Carega,del Marchese Solaroli, l’Ospedale Maggiore di Vercelli, l’Ordine dei Ss.Maurizio e Lazzaro, la ditta Bellia & Maggia, e tanti altri. Al 31 dicembre1900 il numero dei partecipanti salì a 134, rispetto agli 87 dell’annoprima, con un incremento quindi di 47 nuove iscrizioni.

Con una punta di non celato orgoglio rivendicava il diritto di primo-genitura di Vercelli, nel campo dell’assicurazione contro gli infortuni sul

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50 “La Sesia” del 13 gennaio 1901, p. 3.In effetti il R.D. di approvazione della“Cassa privata consorziale per gli infortunisul lavoro fra capi mastri muratori, impren-ditori ed esercenti arti affini nella provin-cia di Reggio Emilia” non tardò ad arriva-re: esso portava la data del 21 febbraio1901. Cfr. “Bollettino di notizie sul creditoe sulla previdenza”, cit., p. 198.

51 “La Sesia” del 17 maggio 1901, p. 1.

lavoro, testimoniato anche dalle numerose lettere provenienti dalMinistero di agricoltura, industria e commercio nonché da autorevoli per-sonalità del mondo economico e sociale:

la Cassa Consorziale Vercellese figura alla testa e prima fra tutte quelle delle città ita-liane che seppero costituirsi, e sull’esempio e sul modello della quale tutte le altre perindicazioni ministeriali intesero costituirsi.52

L’articolo del presidente chiudeva auspicando l’estensione del bene-ficio dell’assicurazione anche a quelle imprese che ne erano al momentoescluse, basti pensare alle aziende agricole, per far parte anch’esse delconsorzio vercellese.

Ma, sempre in quel 1901, i partecipanti erano nuovamente chiamatiall’assemblea, questa volta straordinaria, per deliberare in merito alladisposizione ministeriale del 15 ottobre 1901 relativa all’aumento dicauzione. Come si è visto analizzando il bilancio relativo al 1900, trop-po alta era stata la differenza tra entrate ed uscite, a favore delle prime.A rigore di legge la richiesta ministeriale non aveva nulla di anormale odi discriminatorio: dal momento che i premi erano aumentati in manie-ra considerevole, viste anche le numerose ditte nuove iscritte, la cau-zione sarebbe dovuta aumentare in misura proporzionale e cioè più deldoppio della misura attuale. Tuttavia i consorziati vercellesi giustifica-vano questo comportamento solo se si fosse trattato di un tipo di socie-tà “che della assicurazione contro i danni degli infortuni sul lavorofanno una speculazione”.53 Per gli imprenditori vercellesi, invece, laCassa Consorziale non faceva alcun lucroso affare: “La Cassa è appun-to costituita per sottrarre i partecipanti alla speculazione delle Societàprivate, realizzando nelle spese di amministrazione delle economie, chementre nulla tolgono alla sicurezza dell’indennizzo, sono riprova novel-la dei vantaggi dell’associazione”.54

Ciò che veniva taciuto, tuttavia, era il seguente fatto, già preceden-temente evidenziato: all’origine dell’assicurazione obbligatoria, nel1898, i datori di lavoro avevano la scelta tra la Cassa Nazionale Infortunie le imprese private di assicurazione, tra le quali il sodalizio vercellese.La Cassa però era obbligata ad accettare qualsiasi domanda di assicura-zione, soprattutto per i rischi più gravi, le casse private potevano rifiu-tarle perché di sicura perdita. Il risultato fu che le imprese private diassicurazione tendevano a privilegiare la stipula dei contratti di assicu-razione con minore indice di rischio. Assorbendo in tal modo i rischi piùlievi, le assicurazioni private potevano di conseguenza praticare prezzipiù bassi, in una concorrenza con la Cassa Nazionale le cui distorsioni

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52 “La Sesia” del 17 maggio 1901, p. 1.

53 “La Sesia” del 5 novembre 1901,p. 1. Per la precisione la Cassa Consorzialeavrebbe dovuto versare una cauzione pari acinque volte il premio incassato, cioè lire96.000. Fu interpellato l’on. Lucca affin-ché questi con la sua autorità, potesse farconoscere al Ministero il reclamo dellaCassa Consorziale. Vedi Archivio Bona,Verbale di deliberazione del Consigliod’Amministrazione, 18 ottobre 1901.

54 Ibidem.

sul mercato si sarebbero fatte sentire negli anni a venire e che porte-ranno al monopolio statale.

Non vi era, comunque, nessuna differenza - se non nel nome - tra laCassa Consorziale e qualsiasi altro sindacato infortuni. Per quest’ultimaistituzione, che doveva assicurare come minimo 4.000 operai, comeabbiamo visto, le agevolazioni di legge erano maggiori (per 4.000 operaila cauzione sarebbe stata di lire 40.000).

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Vercelli - Calzaturificio Italica(Archivio della Biblioteca Civica di Vercelli)

Vercelli - Interno Calzaturificio Italica(Archivio della Biblioteca Civica di Vercelli)

L’assemblea straordinaria, tenutasi il 10 novembre 1901, votò un ordi-ne del giorno proposto dal partecipante Antonio Ambrosio, inviato alMinistro di agricoltura, industria e commercio, nel quale - dopo averedato opportune garanzie sui fondi ordinari e di riserva per liquidare leindennità agli infortunati - veniva esplicitamente domandato di poterversare, da parte della Cassa Consorziale Vercellese, una cauzione di lire40.000 (per garantire 4.000 ipotetici operai) come dalla legge era conces-

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Vercelli - Officina del gaz(Archivio della Biblioteca Civica di Vercelli)

Tipografia Chiais(Archivio storico Chiais)

so ai Sindacati. Non abbiamo potuto purtroppo reperire presso l’ArchivioBona la risposta ministeriale, tuttavia possiamo dedurre che essa - nonostante il probabile interessamento dell’on. Lucca - ebbe esitonegativo. Gli imprenditori vercellesi avrebbero potuto ridurre la cauzio-ne solo costituendosi in Sindacato. Ma, al momento, si era ancora lontanidal raggiungere il numero minimo di operai assicurati. Quando tuttavia ilnumero aumentò, gli industriali ed imprenditori vercellesi non esitaronoa trasformare la Cassa Consorziale in Sindacato.

6. Vercelli fa scuola in Italia

Trascorsi senza particolari avvenimenti degni di nota gli esercizi1901 e 1902, merita osservare con interesse l’assemblea del 14 febbraio1904. In quell’occasione venne celebrato il quinto anniversario dellaCassa Consorziale. Ad essa presero parte numerosi partecipanti soprat-tutto da Casale e da Novara. Fra questi ultimi era presente il cav.Giuseppe Bottacchi, presidente - come abbiamo già visto - dellaCamera di commercio di Novara. Dal prospetto dimostrativo risulta chei soci salirono, al 31 dicembre 1903, a 407 con un incremento di 69rispetto al precedente anno, per un numero medio di operai assicuratidi 4.002 ed una retribuzione complessiva di lire 1.686.071,70. Il contri-buto in premi versato dai partecipanti, definitivo e accertato, salì a lire31.289,50. Sempre dai dati ufficiali dei prospetti dimostrativi riepiloga-tivi veniamo a conoscenza che gli infortuni denunciati nel 1903 furonon. 140, di cui liquidati n. 124 per un importo globale di lire 17.034,81 (icasi mortali salirono a n. 3).55

Al termine dell’assemblea, il presidente Bosso inviò a VincenzoMagaldi, presidente del Consiglio superiore del credito e della previden-za, il seguente telegramma: “Cassa Consorziale Vercellese, festeggiandosuo primo lustro di vita, ricorda riconoscente indefettibile preziosa eautorevole sua benevolenza esterna sentimenti vivissima simpatia”.56

E fu ancora il presidente Angelo Bosso che, con un intervento suiprincipali giornali vercellesi, volle ritornare sulle origini e sullo svilup-po della creatura cui, con tanto zelo, era a capo. Come aveva già fattoqualche anno prima, anche in questa occasione ricordò che Vercelli futra le prime città italiane in cui gli industriali seppero costituire e fon-dare “con forma geniale, semplice e corretta una Cassa propria a bene-ficio dei loro operai, atta a soddisfare agli obblighi onerosi imposti dallalegge sugli infortuni”.57 Questa sorta di primogenitura - affermava

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55 “La Sesia” del 16 febbraio 1904, p. 2.

56 Ibidem.

57 “La Sesia” del 28 febbraio 1904,pp. 2-3.

Bosso - le era continuamente contesa da altre città del Piemonte e dellaLombardia, tuttavia le venne in seguito riconosciuta dalle riviste uffi-ciali della previdenza e dagli stessi ministri che si succedettero neldecorso quinquennio al dicastero della agricoltura, industria e commer-cio. Il presidente proseguiva evidenziando, a testimonianza della gran-de considerazione nella quale era tenuta la Cassa ConsorzialeVercellese, come molti “industriali di città importantissime, non sap-piamo da chi consigliati” 58 nel passato quinquennio si fossero rivoltialla istituzione vercellese per avere statuti e regolamenti, consigli edelucidazioni in merito all’organizzazione ed al funzionamento dellaCassa Consorziale, al fine di costituire nelle loro città di provenienzaanaloghi consorzi. Il primo di questi - lo abbiamo già evidenziato - erastato l’ing. Medici di Reggio Emilia. Subito dopo vennero “gli indu-striali di Molfetta e quelli di Napoli, rappresentati dal prof. comm.Vetere di quella Università. Gli industriali di Roma, diretti da Menotti;quelli di Firenze, di Genova e di Piacenza e recentemente quelli diMessina capitanati dall’avv. Calapai”.59 Tuttavia quanto evidenziato daBosso non era stato fatto - secondo il nostro punto di vista - unicamen-te per una sorta di pubblicità fine a se stessa, bensì doveva agire dasprone nei confronti di quelle imprese cittadine che ancora, pur avendol’obbligo di assicurare i propri dipendenti, non avevano dato l’adesionealla Cassa Consorziale Vercellese. Questo tenendo presente che moltiimprenditori di Casale, Novara e zone adiacenti mostravano fiduciaverso l’istituzione presieduta dal geom. Bosso. Fra le ditte citate a mo’d’esempio veniva ricordata quella del cav. Giuseppe Bottacchi diNovara il quale “in una recente riunione tenutasi al Circolo commer-ciale di quella città, mentre quale presidente apprezzava e lodava alta-mente la nostra istituzione, con uno splendido esempio assicurava i suoi600 operai alla nostra Cassa, per una paga annua complessiva di L. 400.000 circa”.60

7. Il primo Testo Unico infortuni sul lavoro

Anche a causa di questo nuovo partecipante, le entrate rilevate dal-l’assemblea annuale dei soci, per deliberare sulla gestione 1904, tenutasiil 19 febbraio 1905, ebbero un’impennata. Inoltre i partecipanti dovette-ro prendere atto delle novità previste dal Testo Unico per l’assicurazioneinfortuni approvato con R.D. 31 gennaio 1904 n. 51, e del relativo rego-lamento R.D. 13 marzo 1904 n. 141. Le origini del primo Testo Unico

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58“La Sesia” del 28 febbraio 1904,pp. 2-3.

59 Ibidem.

60 Ibidem.

della storia dell’assicurazione infortuni, rimasto in vigore fino al 31 marzo1937,61 possono farsi risalire alle proposte di modifica della legge del1898, ad opera di Zanardelli, presentate alla Camera l’8 giugno 1901. Ildibattito in Parlamento, iniziatosi il 16 aprile 1902, fu particolarmenteinteressante soprattutto per l’impegno dei maggiori esponenti della tute-la antinfortunistica e contro le malattie professionali (MaggiorinoFerraris, Ferrero di Cambiano, Celli, Cabrini ed altri). La legge che allafine ne risultò, n. 243 del 29 giugno 1903, venne appunto fusa nel soprac-citato Testo Unico:62 tra le innovazioni previste vi era quella relativaall’obbligo assicurativo di determinati lavoratori agricoli e la diminuzionedella cauzione sia per le casse private che per i sindacati, onde favorirnela crescita e lo sviluppo. Veniva data la possibilità, in certi casi, di costi-tuire sindacati “obbligatori” per la gestione dell’assicurazione mutua dideterminate industrie, comprendenti almeno 15.000 operai, che doveva-no essere approvati mediante Regio Decreto sentito il parere delle came-re di commercio, dei consigli provinciali e del Consiglio di Stato.Ribadito che l’assicurazione doveva farsi a cura e a spese del capo o del-l’esercente l’impresa, per tutti i casi d’infortunio che fosse avvenuto percausa violenta in occasione di lavoro comportanti un’astensione lavorati-va per più di cinque giorni, veniva punito con multa chiunque, medianteritenute sui salari dirette o indirette, avesse fatto concorrere i lavoratorialla spesa per il premio di assicurazione. Previsto il diritto di ispezionesulle condizioni dei lavoratori e sui contratti assicurativi, accertamenti erevisioni in seguito all’evento lesivo, e possibile modifica quindi delleindennità inizialmente erogate. Riteniamo opportuno evidenziare find’ora che per tutto il periodo giolittiano, non avendo avuto fortuna ildisegno di legge del ministro Cocco-Ortu presentato alla Camera il 13marzo 1908, non ci sarebbero state ulteriori modifiche al Testo Unico1904 (ad eccezione di quelle disposte nel 1913 per i lavoratori dellaTripolitania e della Cirenaica).

Un centinaio fu il numero dei presenti, molti provenienti da Casale,da Novara, dalla Lomellina e dal Circondario di Vercelli. PresiedevaAngelo Bosso, coadiuvato dal nuovo segretario Attilio Barbieri e daimembri del Consiglio di amministrazione.

Il presidente esordì constatando come l’esercizio 1904, mentre diederisultati superiori ad ogni aspettativa, fu molto tribolato per numerosedifficoltà di varie specie create dalle aggiunte allo Statuto, in seguitoall’emanazione del Testo Unico e del relativo regolamento. In partico-lare venne ad aumentare il deposito cauzionale, da lire 36.000 a lire150.000, mediante un mutuo contratto con la Cassa di Risparmio di

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61 Cfr. R.D. 17 agosto 1935, n. 1765

62 G. ALIBRANDI, Infortuni sul lavoroe malattie professionali, Milano 1994, p. 36

Vercelli “questa gemma del credito e della beneficenza della cittànostra, la quale fece le migliori condizioni anche in confronto con lacolossale Cassa di Milano”.63 In seguito all’aumento delle tariffe deipremi previsto dalla legge, si dovette anche mutare il sistema contabi-le, con il cambio di tutti i modelli e stampati, e l’invio ai partecipantidei libri matricola e dei libri personali di paga per i loro operai “com-plicazioni noiose ed inutili che gli stessi socialisti, fautori della legge,condannano”.64 Il presidente notò, poi, come si fosse accresciuta la dili-genza dei partecipanti al fine di prevenire i possibili infortuni, dandoneloro lode, e ricordò l’elezione a deputato, nel collegio di Biandrate, del-l’on. Bottacchi “cospicuo partecipante della Cassa, alla quale è così affi-dato un fidato amico in Parlamento”.65

Inoltre il sig. Bottacchi di Novara, figlio del deputato on. Giuseppe, anome di altri partecipanti di quella città, presentò un ordine del giornocon cui si proponeva l’istituzione anche in Novara di una filiale comequella di Casale: l’assemblea approvò all’unanimità.

8. Si inaugura la filiale di Novara

Il 4 marzo 1906 ebbe luogo, in seconda convocazione, l’assembleaannuale ordinaria dei partecipanti alla Cassa Consorziale Vercellese.

In quell’occasione si deliberò - al fine di tutelare anche l’incolumitàdei capi esercenti le imprese e le industrie delle ditte partecipanti - dicostituire una Cassa autonoma fra gli industriali stessi, per le rispettiveassicurazioni individuali. Venne dato mandato all’amministrazione dellaCassa Consorziale Vercellese per la nomina di una commissione speciale,estranea al consiglio, per lo studio di un progetto relativo.

Dopo il tradizionale incontro assembleare, il momento più importan-te nella vita della Cassa Consorziale di quell’anno fu l’inaugurazionedella filiale di Novara della Cassa stessa. Se ne era già parlato - comeabbiamo visto - nell’assemblea ordinaria del 1905 ottenendo voto positi-vo. La costituzione ufficiale della sezione novarese, che comprendevaanche la Valsesia, ebbe luogo il 14 giugno 1906 presso il grande salone delCircolo commerciale di Novara, sito nello storico palazzo Bellini. Eranopresenti alla cerimonia, oltre al presidente Angelo Bosso e ad alcuniamministratori, il sindaco di Novara ing. Busser, il cav. Manfredi, consi-gliere di prefettura in rappresentanza del Prefetto, l’on. Bottacchi , presi-dente del Circolo commerciale, il cav. De Matteis, in rappresentanza delmunicipio di Casale, l’avv. Daffara per il sindaco di Vercelli ed i consi-

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On. Giuseppe Bottacchi (1833-1908)Primo Presidente della Camera di Commerciodi Novara e Socio partecipante della CassaConsorziale Vercellese.

63“La Sesia” del 21 febbraio 1905, p. 1.

64 Ibidem.

65 Ibidem.

glieri comunali cav. Lombardi, Ferraris, Giana e Aglietti. Tennero i dis-corsi inaugurali il rappresentante la Cassa Consorziale a Novara, AdalgisoFerrario, ed il suo segretario, prof. Eugenio Mittino. Il presidente Bosso,in seguito, proclamò, in base ai regi decreti che riconoscevano la CassaConsorziale Vercellese, la costituzione della filiale di Novara. “Novara -disse Angelo Bosso - antesignana del progresso, ricca di memorie del pas-sato, prospera nel suo sviluppo presente, è fidente nel suo sicuro avveni-re, il quale risplenderà di nuova luce pel trionfo della filiale testè costi-tuita della Cassa Consorziale”.66 Successivamente il rappresentante delsindaco di Vercelli, avv. Daffara, nel suo discorso si compiacque di vede-re un concittadino, nella fattispecie Angelo Bosso, “a capo di una fioren-te e benemerita istituzione che sparge così larga copia di benefizi”.

Vercelli, quindi, pochi anni dopo la fondazione della CassaConsorziale, estese così il suo raggio d’azione in campo previdenzialeantinfortunistico su realtà importanti come Casale Monferrato e, niente-

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Attilio Barbieri (secondo da destra)svolse un ruolo da protagonistanel Sindacato Vercellese Infortuni,prima in qualità di Segretariopoi in quella di Direttore.

66 “La Sesia” del 17 giugno 1906, p. 1.

meno, Novara, il capoluogo di Provincia.L’eco dell’adesione novarese non poteva non riecheggiare all’interno

dell’assemblea ordinaria dei partecipanti svoltasi il 3 marzo 1907. Allapresenza di settantaquattro aderenti, il presidente Bosso illustrò la rela-zione morale e finanziaria sull’andamento del consorzio, evidenziandoper la prima parte del 1906 una serie di infortuni frequenti e gravi, suc-cedutisi in breve tempo, alcuni dei quali portarono alla morte del lavora-tore; nella seconda parte dell’anno “subentrata poi la calma, l’ammini-strazione svolse l’opera sua ad altro avvenimento di vera importanza peril consorzio: il riconoscimento giuridico della filiale di Novara eValsesia”.67 Dopo avere accennato alla istituzione di una cassa autonomaper gli industriali in caso di infortunio, con la nomina di una commissio-ne presieduta dall’ing. Ettore Ara (che riuscì a compilare uno schema distatuto), e aver relazionato sulla parte strettamente finanziaria, fu dataanche in questa occasione la notizia dell’arrivo a Vercelli di un nuovoospite, interessato al funzionamento dell’istituto presieduto da Bosso, eprecisamente del cav. Aleardo Castelli, incaricato dagli industriali diVerona a studiare l’organizzazione della Cassa Consorziale Vercellese nelsuo complesso e nei suoi particolari. Dopo un’intera giornata di studio,dedicata a consultare documenti e a raccogliere dati e notizie, “mentre ciringraziava per la cortese ospitalità e per le ampie spiegazioni ottenute,mostrandosi ammirato della semplicità dell’organismo, del regolare fun-zionamento e della potenzialità della nostra istituzione, congedandosi ciricordava il detto di Michelangelo, dicendoci che tornava lieto e soddi-sfatto nella vetusta città degli Scaligeri a costituire la sua sorella, più gran-de della nostra ma non più bella”.68

Un altro motivo di soddisfazione, quindi, per gli aderenti alla CassaConsorziale Vercellese e, soprattutto, per il suo presidente Angelo Bosso:non a caso, in quello stesso anno, sarà insignito dell’onorificenza di cava-liere.69

Tuttavia il rapido sviluppo ottenuto dal consorzio, l’accresciuto nume-ro di partecipanti e di operai assicurati, con il relativo elevato depositocauzionale, faceva sì che fosse più conveniente trasformare la CassaConsorziale in Sindacato di mutua assicurazione.

Questo si sarebbe avverato puntualmente con la successiva riunionedell’assemblea ordinaria dei soci, prevista per l’8 marzo 1908, che sareb-be stata contemporaneamente l’ultima della Cassa Consorziale Vercellesee la prima del Sindacato Vercellese fra industriali ed imprenditori per gliinfortuni degli operai sul lavoro.70

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67 “La Sesia” del 5 marzo 1907, p. 3.

68 “La Sesia” del 19 marzo 1907, p. 2.

69 Archivio Bona, Verbale di deliberazionedel Consiglio d’Amministrazione, 18 giugno1907.

70 Per gli accordi e le disposizioni defi-nitive dell’assemblea deliberante la nasci-ta del Sindacato infortuni vedi ArchivioBona, Verbale di deliberazione del Consigliod’Amministrazione, 5 marzo 1908.

La sede del Sindacato Vercellese Infortunisul Lavoro(Archivio storico Chiais)

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In questo volume si presenta uno studio dedicato alle origini dell’assicura-

zione infortuni nella provincia di Vercelli, una tra le prime città in Italia ad atti-

varsi, all’indomani della legge n. 80/1898, per la tutela dei lavoratori sia in

ambito industriale sia, soprattutto, nel settore agricolo.

L’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie pro-

fessionali nasce come forma di tutela indennitaria del lavoratore, volta a risar-

cirlo dal punto di vista prettamente economico per la perdita della propria capa-

cità lavorativa; oggi, il servizio reso dall’INAIL è orientato verso la cura della

persona del lavoratore e della sua salute come bene primario, diventando il

punto di riferimento che caratterizza l’Istituto come soggetto indispensabile per la

realizzazione di un welfare attivo.

Il nuovo modello di tutela pubblica, disegnato dal Decreto Legislativo

n. 38/2000, ha infatti ormai perso le caratteristiche più strettamente assimilabi-

li agli schemi assicurativi classici, assumendo sempre più la fisionomia di una

struttura organicamente integrata nel sistema di sicurezza sociale del lavoro.

Il Direttore Generale Il Presidente

Presentazione

IX

La protezione dagli incidenti sul lavoro, dalle malattie professionali e dalleloro conseguenze sulla vita dei lavoratori ha un’origine relativamente moderna,anche se qualche vaga traccia di regolamentazione si può reperire negli statutidelle corporazioni medioevali. Bisogna giungere al secolo XVIII per incomincia-re a trovare le prime espressioni di interesse sull’argomento. Un medico italiano,Bernardino Ramazzini, pubblicò nel 1713 il ben noto De morbis artificum dove,per la prima volta, viene dimostrata la necessità di una legislazione protettivadella salute degli operai e insieme la necessità di un impegno della medicina perpreservarli dalle malattie (longe praestantius est praeservare quam curare).

Solo con lo sviluppo della civiltà industriale incominciano a nascere, soprat-tutto in Inghilterra, in Svizzera e in Belgio le prime legislazioni sociali per la pre-venzione e la tutela dei lavoratori dagli infortuni e dalle malattie. In Italia, divi-sa in vari Stati e poi impegnata in un travagliato processo di unificazione, questiproblemi vengono affrontati molto tardivamente sul piano legislativo, lasciandocomunque l’iniziativa ai privati; infatti la prima organica legge riguardante l’assi-curazione obbligatoria contro il rischio professionale è del 17 marzo 1898 eriguarda soltanto gli operai delle industrie.

Da allora ad oggi però sono stati compiuti progressi risolutivi ed ormai la pro-tezione dagli infortuni e dalle malattie del lavoro è un tema di notevole impor-tanza civile, sociale e giuridica che, giustamente, può ormai vantare una altret-tanto notevole bibliografia, anche di carattere storiografico. L’argomento perònon era mai stato trattato convenientemente in sede locale dagli studiosi vercel-lesi, ma finalmente la carenza è stata egregiamente colmata dagli studi di FlavioQuaranta.

Questi studi coprono un arco di tempo che va dalla fine dell’Ottocento al1914. Sono anni decisivi per il nostro progresso civile e forse fra i più fecondi diconquiste sociali, soprattutto per il Vercellese dove, ancora nella metà del seco-lo XIX, l’assistenza alle classi più povere era svolta in modo empirico ed occa-sionale da alcune istituzioni religiose.

Nel 1851 nacque a Vercelli l’Associazione degli operai con l’intendimento dipromuovere “la fratellanza e il soccorso mutuo”, che svolse un’attività indubbia-mente benemerita, ma molto limitata nella realtà sociale. Chi invece contribuì inmodo concreto a stimolare nel Vercellese la nascita di una coscienza associativafu l’avv. Mario Guala il quale, attorno agli anni ottanta del secolo XIX, si dedicò

Prefazione

con grande impegno a diffondere le idee di solidarietà nonché all’istituzione dicooperative per i lavoratori e di varie opere assistenziali, dando inizio ad una soli-da tradizione assicurativa.

Intanto incominciarono a prendere vita le organizzazioni sindacali e politicheoperaie e contadine, queste guidate soprattutto da Modesto Cugnolio. Furono itempi dei grandi scioperi, delle lotte per la conquista delle otto ore di lavoro inrisaia, ma alla fine, per tutti, lavoratori e datori di lavoro, furono i tempi in cuivenne anche affermandosi sempre più fortemente l’esigenza della sicurezzasociale, fra cui quella della sicurezza sul lavoro. Vercelli, come afferma FlavioQuaranta, fu “all’avanguardia della previdenza antinfortunistica”.

La legge del 17 marzo 1898, promossa contro i rischi professionali, trovò subi-to a Vercelli prima applicazione con l’istituzione della Cassa ConsorzialeVercellese avvenuta già il 16 ottobre dello stesso anno. Non solo, ma tale legge,essendo stata fatta per assicurare contro gli infortuni e proteggere la vita e l’in-tegrità fisica degli operai, non stabiliva nessun obbligo di assicurare i lavoratoridella terra. Alla grave lacuna pose spontaneamente rimedio l’Associazione degliagricoltori del Vercellese, essendo presidente Vincenzo Ricci, fondando nel 1902la Cassa Mutua Infortuni Agricoli; ambedue le istituzioni furono, nel loro gene-re, le prime in Italia.

Vercelli, che nel 1859 era stata ridotta da capoluogo di divisione a capoluogo dicircondario e che, per la prima volta nella sua storia millenaria, era stata sottopostaad un’altra città che non fosse la capitale dello Stato, conservava ancora notevolicapacità di iniziativa e ancora si poneva come esempio di progresso civile.

Su questo sfondo si svolgono le ricerche di Flavio Quaranta le quali, pur limi-tate all’ambito locale, rivestono un interesse molto più vasto. Il caso delVercellese, così come è stato da lui considerato e studiato, aiuta a capire quantoin Italia sia stata lenta e difficoltosa la via che si dovette percorrere per dare ailavoratori quella tranquilla sicurezza nell’esercizio del loro lavoro, che oggi vienegarantita dalla legislazione degli Stati socialmente più evoluti.

Rosaldo OrdanoPresidente della Società Storica Vercellese

X

Indice dei nomi di persona

Abbiate Mario 89, 90Adami-Rossi 16Aglietti Eusebio 40Agnelli Arnaldo 12, 28, 29, 98Alibrandi Giuseppe 38Allevi Giovanni 54Ambrosio Antonio 29, 35Andreani Fausto 94Ara Ettore 41Arborio di Gattinara Carlo 66, 79Arborio di Gattinara Dionigi 78Ardissone Severino 29, 30Avogadro di Quinto Amedeo 66, 78, 79, 89

Baldi Gian Mario 90Banti Alberto Maria 71Barbieri Attilio 38, 40, 45, 47, 51Barbieri Roberto 45Beltrami Francesco 54Bermond Claudio 9, 69Berra Giovanni 6, 27Berra Pietro 17Bertani Agostino 73, 74, 75Berti Domenico 5Bertinetti Marcello 72Besso Marco 5Bevilacqua Piero 70Bona Giovanni 6, 8, 17, 27, 48, 52Bona Mario 7Bona Pietro 6, 17, 27Borzone Luigi 3Bosso Angelo 6, 8, 17, 18, 27, 30, 31, 32, 36, 37, 38, 39, 40, 41, 45, 46, 49, 50, 52,53, 55, 58, 64Bosso Cesare 6Bottacchi Giuseppe 31, 36, 37, 39Bottacchi Teodosio 39Brianta Donata 75Busser Carlo 39

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Indice dei nomi

Bussi Virginio 27

Cabrini Angiolo 38Caffaratto Tirsi Mario 73Calapai 37Calda Ludovico 92Canetti Vincenzo 16Capellino Mario 78Cassanelli Gaetano 22, 27, 30Cassetti Maurizio 7Cassinis Ferdinando 28Castelli Aleardo 41Cataldi Enzo 22, 95Cazzola Franco 73Celli Angelo 38, 72, 73Cerati Michele 78Cherubini Arnaldo 4, 67, 86, 90, 91Chiais Alessandro 7Chiais Felice 32Chiais Giuseppe 29, 30, 32Ciocca Giuseppe 79Cocco-Ortu Francesco 38Coluccia Anna 86, 90, 91Conti Emilio 68, 76, 91Corona Antonio 92Costelli Pietro 53Cugnolio Modesto VIII, 90, 91, 92

Daffara Edoardo 39, 40D’Aragona Ludovico 54De Fort Ester 7Degrandi Costantino 78Della Valentina Gian Luigi 71Dellavalle Claudio 72Delpiano Alessandro 6, 17, 27Delpiano Alfredo 7, 17, 27, 29Delpiano Eusebio 6, 7, 17De Matteis 39Di Gennaro Onofrio 7

Facchinetti Gabriella 73, 74Faccini Luigi 73Ferrario Adalgiso 40, 51Ferraris Carlo Francesco 13Ferraris Francesco 40Ferraris Maggiorino 38Ferraris Rosalia 45Ferrero Bartolomeo 30Ferrero di Cambiano Cesare 80, 38Figurelli Michela 92Fontana Paolo 73

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Fortis Alessandro 19, 28Franciscono Sandra 71, 72

Gaeta Lorenzo 4Geminardi Ernesto 9, 10, 16Giana Emilio 40Giolitti Giovanni 92Gobbi Antonio 10Gobbi Ulisse 87Gorrino Achille 78Guala Luigi 9, 79Guala Mario VIIGuglierminotti Alessandro 29Guicciardini Francesco 6

Jocteau Gian Carlo 4

Lanini Piero 57Lanza Giovanni 73Levra Umberto 7Lombardi Felice 16, 40Lorenzoni Giovanni 71, 73, 74Lucca Piero 9, 28, 33, 36Luzzatti Luigi 5, 9, 54, 69, 76, 89, 90, 91, 94

Magaldi Vincenzo 13, 36, 46, 56, 57, 80Mandelli Eliseo 29Manfredi 39Martinazzoli Giovanni 87Martini Manuela 73Marucco Dora 4, 17, 80Maschera Francesco 9, 69Medici 31, 32, 37Melchior Giuseppe 78Menotti 37Merli Stefano 22Miceli Luigi 6Minella Ettore 78Minghetti Marco 5Mittino Eugenio 40Modigliani Giuseppe Emanuele 92Monteleone Giulio 4Monti Pietro 70Morera Felice 30, 31, 51, 56Mori Antonio 47Musso Giuseppe 28

Nada Narciso 72, 73Negri Michele 79, 80, 85, 86, 88Negri Angelo 79, 94Nitti Francesco Saverio 55, 68, 69, 90, 91, 92, 93

159

Olmo Eusebio 30, 78Ordano Rosaldo VII, 7, 9, 70Ottavi Edoardo 88

Panizza Mario 73, 75Pansa Giampaolo 75Parravicini 54Pericoli Pietro 5Piccione Silvestro 7Pontremoli Alfredo 89Pontremoli Enrico 89Pontremoli Esdra 89Portalupi Giuseppe 22Pozzi Annibale 79Prato Giuseppe 70Preti Luigi 77Prosperi Gino 56Pugliese Levi Salvatore 17, 69, 70, 78

Raineri Giovanni 89, 90, 91Ramazzini Bernardino VIIRanno Domenico 18, 19, 46Rej Antonio 63Renditore Pietro 78Ricci Vincenzo VIII, 66, 76, 77, 78, 85Rigazio Francesco 92Rizzo Tito Lucrezio 9Rogari Sandro 77Rollone Giuseppe 79Romano Roberto 4, 20, 21, 22, 46, 61, 62, 63Rota A. 72

Salandra Antonio 5, 31, 92Salvatore Alfredo 11, 13, 69, 78Sassone Irmo 77Saviolo Eusebio 78Scarabello Francesco 61Scordino Andrea 7Sella Quintino 9Sesia Vittorio 66Sonnino Sidney 5Stroppa Limenio 75, 76, 78, 80

Tarchetti Germano 81Tavallini Vincenzo 78, 90Termine Giovanni 7, 17, 27

Uscello Piero 78

Vaccino Giovanni 78Vaccino Nicola 72

160

Vannozzi Francesca 4Vercellotti Agostino 77Vercellotti Giovanni 29Vercellotti Giuseppe 78Verga Iginio 30Vertice Francesco 67Verzetti Pietro 2Vetere 37Vigino Giuseppe 78Villari Pasquale 5Vitale Carlo 78

Zanardelli Giuseppe 5, 38Zumaglini Cesare 7, 17, 27

Indice dei nomi delle ditte

Antoniolo 16Arborio di Gattinara 85Arborio Mella 85Ariotti 16Avogadro di Quinto 85

Barbanotti 16Bellia 32Boggio 32Bolgè 9Bona F.lli 17Bonomi 30Bosso Eusebio 17

Caccia 85Calzaturificio Italica 34Carega 32, 85Cattaneo 9Chiais 16, 35Chiozza 27Cicogna Castelbarco 86Coppo 16

Delpiano 17

Faraggiana 85Ferri 16Ferrovie del Ticino 16Franchini 9Fumagalli 16

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Gallardi 16Garrone 16Geminardi 3, 16Gobbi 10Guidetti 3

Iona 9Isimbardi 86

Leonardi di Casalino 85Locarni 10, 16Lombardi 16

Maggia 32Marangone 16Marzotto 29Mazzucchelli 17Molino Raynero 51Mossotti 16

Officina del gaz 35Ordine Mauriziano 32, 85Ospedale Maggiore di Vercelli 16, 29, 32, 85Ospedale Maggiore di Novara 85Ospedale San Matteo di Pavia 86Ospizio di Carità di Torino 85

Pallavicini 86Pugliese 17

Riccardi 16Ricci 85Rossa 16, 54

Sarasso 16Savoia-Aosta 85Scotti 86Segre 17Società agraria di Lombardia 69, 86, 87Società vercellese concimi 49Solaroli 32

Tornielli 85Tramways vercellesi 16Treves 17Tuscan gaz 16

Visconti 86Vezzani 16

Zanone 17, 27

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Progetto grafico e impaginazioneClaudio Cavallini

Stampato in Milanodalla Tipolitografia INAILnel mese di gennaio 2002

CAPITOLO TERZO

La Cassa mutuainfortuni agricoli di Vercelli

Il Presidente dell’Associazionedegli agricoltori del Vercellese

Sen.Vincenzo Ricci

Amedeo Avogadro di Quinto

Tre Presidenti della Cassa mutua infortuni agricoli di Vercelli

Carlo Arborio di Gattinara Vittorio Sesia

Ma è giusto, ma è umano ci domandiamo noi che la legge protegga gli operai delle

officine, i lavoratori delle industrie e non i contadini? Se un operaio per sfortuna sua viene

colpito, inabilitato, od anche ucciso da una macchina, egli nei primi due casi, la famiglia

nell’ultimo, viene indennizzata ed in tutti i modi protetti dalla legge. Un povero contadi-

no invece cui la cinghia di una trebbiatrice, o l’ingranaggio di una macchina agricola, gua-

sti o spezzi l’esistenza non ha diritto ad indennità di sorta, la legge in verun modo lo pro-

tegge. Ora è ciò giusto, è ciò umano ci domandiamo noi?

Ma forse i contadini non sono lavoratori come gli operai dell’industria? Ma forse i con-

tadini non hanno una vita da conservare, una famiglia da sorreggere e da mantenere? Coi

grandi immensi progressi che fa l’agricoltura, colle grandi e pericolose macchine che la

scienza dei campi introduce nelle fattorie oh! non viene ad essere in pericolo la vita del

contadino così come nelle officine è in pericolo la vita dell’operaio? Dunque è necessario

che il governo provveda e trovi modo di estendere il beneficio della legge sugli infortuni

anche nelle campagne.1

Questo brano tratto dal giornale “la Nuova Gazzetta Vercellese” del21 gennaio 1902, testimonia con efficacia una questione molto sentitanelle nostre terre e cioè l’estensione, anche per il settore agricolo, del-l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro. Il problema diallargare anche a tutti i lavoratori della terra, salariati fissi o avventizi,l’obbligo assicurativo contro gli infortuni (che, come abbiamo descrittonelle pagine precedenti, la legge 17 marzo 1898 n. 80 aveva previsto soloper gli operai delle industrie) rimaneva in gran parte insoluto sia per ledifficoltà tecniche di applicazione dei premi, sia soprattutto per nonaggravare la proprietà fondiaria d’un ulteriore costo. Nell’Italia d’iniziosecolo il capitalismo agrario era, sulla questione dell’assicurazione infor-tuni in agricoltura, diviso in due parti: al nord si premeva per l’obbligo, alsud invece veniva respinta qualsiasi forma d’intervento pubblico. Data lavarietà delle mansioni, poi, non solo era più difficile identificare il rischioprofessionale, ma anche erano più facili le frodi e non semplici i control-li. In agricoltura, specialmente nelle aziende agrarie di una certa dimen-sione, il numero degli operai occupati, in particolare gli avventizi, era illi-

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IntroduzioneI ritratti, dipinti da Francesco Vertice,si conservano presso la Sede INAILdi Vercelli.

1 “La Nuova Gazzetta Vercellese” del21 gennaio 1902, p. 2. Per ciò che concernel’ardua strada verso la tutela degli infortuniin agricoltura vedi A. CHERUBINI, Storiadella previdenza sociale in Italia (1860-1960),cit., pp. 137-146 e pp. 194-208.

mitato e variabile, non solamente di settimana in settimana ma di giornoin giorno e, a volte, nello stesso giorno. Questo dipendeva dalle esigenzed’una maggiore o minore intensità dei lavori agricoli, del tempo dellasemina, del raccolto, trebbiatura, ecc. Tuttavia gli agrari delle nostre terre,in particolare l’Associazione fra gli agricoltori del Vercellese, quasi a rac-cogliere l’accorato invito apparso sulla stampa locale, istituirono già neldicembre del 1902 una Cassa mutua cooperativa contro gli infortuni deilavoratori della terra, trasformata successivamente in cassa consorziale,approvata con regio decreto 10 agosto 1904, anticipando addirittura lalegge, la quale vide la luce solo nel 1917.

Per rendere agevole la possibilità di assicurare tutti i contadini d’unaazienda agraria si studiò, e si mise in pratica, la forma di calcolo del pre-mio per superficie anziché per numero di operai occupati. Il metodo diassicurazione per estensione o superficie fu il risultato d’uno studio accu-rato dei promotori della Cassa mutua, in particolare di una speciale com-missione istituita appositamente per redigere lo statuto sociale. In essonon solo veniva fissata una tariffa unica del 5 per mille sull’ammontarecomplessivo della mano d’opera per la conduzione dell’azienda, ma veni-vano anche stabilite le norme per ricavare l’ammontare stesso, grazie auno studio compiuto dagli arbitri delegati a questo scopo.

La formula adottata per il conteggio dei premi, per estensione anzichéper numero di operai occupati, permeò tutti i progetti di legge presenta-ti in Parlamento in età giolittiana, da quello del senatore Emilio Conti,nel 1907, a quello della commissione Nitti del 1913, fino ad arrivare final-mente - in piena prima guerra mondiale - al decreto legge luogotenen-ziale 23 agosto 1917 n. 1450 che istituì l’obbligo assicurativo anche per gliinfortuni sul lavoro in agricoltura.

Dopo aver dato uno sguardo generale alle condizioni di vita e agliaspetti medico-sociali dei contadini vercellesi tra Otto e Novecento, inparticolare sulle malattie e gli infortuni tipici da risaia, l’attenzione si èsoffermata sulle più importanti vicende della Cassa mutua infortuni dal1902, anno di fondazione, al 1914. Abbiamo indicato alcune cifre statisti-che utili per comprendere l’evoluzione di quello che risulta essere - allostato attuale delle ricerche - il primo istituto assicuratore italiano controgli infortuni sul lavoro in agricoltura: nel primo esercizio, iniziato il 1° giu-gno 1903, risultavano iscritti 79 soci, in quello del 1914 ben 1.015; gliinfortuni passarono da zero a 328, le spese per le indennità a lire 71.917;dai quindicimila contadini assicurati, si passò, in poco più di un decennio,a più di centomila.

Non sono mancati accenni - nei limiti dei documenti reperiti - alle

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tappe più significative che hanno testimoniato una presenza importanteanche fuori del circondario vercellese: la partecipazione ai congressiinternazionali per gli infortuni sul lavoro di Vienna (1905) e di Roma(1908), la partecipazione e la vittoria al concorso a premi indetto dallaSocietà agraria di Lombardia nel 1908, l’attivismo nel discutere e contra-stare il progetto della commissione governativa Nitti, che prevedeva loscioglimento delle casse mutue soppiantate da consorzi obbligatori, lelodi tributate da importanti esponenti politici del tempo - primo fra tuttiil Luzzatti - sui più importanti organi d’informazione del nostro Paese.

Pur avendo come termine di osservazione il 1914 riteniamo comunqueutile ricordare, al termine di questa nota introduttiva, come nel primodopoguerra - in regime di assicurazione obbligatoria - la Cassa mutuainfortuni agricoli di Vercelli ricevette dal governo il mandato di gestirel’assicurazione nelle province di Novara, Pavia e Alessandria, a testimo-nianza d’un impegno e dinamismo che aveva fatto scuola in Italia.

1. Riso, malattie e infortuni nel Vercellese tra Otto e Novecento

Nell’ordinamento delle circoscrizioni amministrative seguito aglieventi risorgimentali (1859) Vercelli aveva perso la sua plurisecolare con-dizione di capoluogo di provincia per divenire capoluogo d’uno dei seicircondari di cui era costituita la provincia di Novara. All’inizio del seco-lo la città aveva, coi sobborghi, circa trentamila abitanti. Il circondario delVercellese, che contava una cinquantina di comuni con una popolazionedi circa centocinquantamila abitanti, comprendeva tre zone ben distintefra loro: una zona collinare, formata dai colli morenici di Moncrivello edalla striscia di colline biellesi poste tra Brusnengo e Gattinara; una zonadelle Baragge, poste l’una a occidente del canale di Cigliano e l’altra anord-ovest del torrente Elvo; infine la zona pianeggiante, che compren-deva la parte più meridionale della provincia.2 Delle tre zone, quest’ulti-ma era la vera e propria “bassa vercellese” definita da Salvatore Pugliese“una delle più fertili e ricche plaghe agricole d’Italia ed anche delmondo”, la cui prosperità e ricchezza era dovuta non solo alla ricchezzadelle acque, ma soprattutto al lavoro dell’uomo.

Secondo il censimento del 1901, la popolazione lavoratrice del vercel-lese, dai nove anni in avanti era di 87.175 persone, di cui 71.419 addetteall’agricoltura, alla caccia e alla pesca, mentre 15.756 erano dedite all’in-dustria. Dieci anni più tardi i risultati erano pressoché simili, anche senon furono assunte le stesse basi di paragone: nel censimento del 1911,

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2 F. MASCHERA, Mutue cooperative catto-liche nella Bassa vercellese, in C. BERMOND (acura di), Cooperazione e mutualità inPiemonte e Valle d’Aosta, cit. , p. 249.

infatti, la popolazione lavoratrice fu registrata non più dai nove anni in subensì dai dieci anni. I lavoratori dei campi sommavano a 73.857 rispettoa quelli dell’industria che constavano di 17.691 persone; come si puòdedurre più del 75% era occupato nel settore primario.3

Sensibili trasformazioni si ebbero nelle campagne vercellesi già nellaprima metà dell’Ottocento e negli anni immediatamente successivi. I ter-reni incolti diminuirono, fino a divenire un’esigua percentuale e, accantoai terreni coltivati a frumento, segale e mais, si andò estendendo la colti-vazione del riso, un tempo coltivato solo in forma estensiva nelle areepaludose.4

L’estensione progressiva delle risaie non solo comportò modificazionidi carattere economico e sociale, ma generò anche radicali modificazioninelle condizioni di vita e di lavoro dei ceti subalterni dell’agricoltura, conparticolari ripercussioni sulla loro situazione igienico-sanitaria. Ancora nel1869 ad Alice Castello, un paese distante circa 30 chilometri da Vercelli,scoppiarono tumulti contro la coltivazione del riso per il timore che incu-teva: “Al suono delle campane e al rullo dei tamburi la popolazione scesein massa a guastare le risaie; per placare gli animi non bastarono i carabi-nieri e le autorità dovettero fare intervenire anche la cavalleria”.5

Con il progressivo perfezionamento della rete irrigua, potenziataanche con l’ingrandimento del canale di Cigliano (aperto nella DoraBaltea già nel 1785 e accresciuto sino agli anni cinquanta dell’Ottocento),con l’apertura del canale Cavour (1866) e con l’azione dell’Associazioned’irrigazione Ovest-Sesia (sorta nel 1853), la risicoltura si sviluppò conrapidità negli anni che vanno dal 1860 al 1880, divenendo il tipo di col-tura prevalente. La coltura del gelso e del baco da seta, ancora florida nel1860, declinò fino all’estinzione.6

Conosciuto nell’Italia padana almeno a partire dal XV secolo, il riso siera inserito con un rilievo crescente nell’economia agricola delle nostreterre costituendo, lungo il corso dell’età moderna, una sorta di “cuneoinnovatore”, capace di disgregare le vecchie economie mezzadrili, favo-rendo l’affermarsi della grande azienda a salariati. La pianta, infatti,richiedendo vaste estensioni di terre pianeggiante e irrigua, dava originea forme di economia aziendale che richiedevano normalmente un inve-stimento di capitali superiore di quattro volte circa a quello mediamentenecessario nell’agricoltura asciutta.7

In presenza di aziende agrarie di notevoli dimensioni, varianti daicento ai trecento ettari di terreno, la coltivazione del riso necessitava diun’ingente manodopera bracciantile stagionale e richiedeva notevoliinvestimenti al fine di edificare strutture adeguate per questa coltura e

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3 S. PUGLIESE, Produzione, salari e red-diti in una regione risicola italiana, Milano1926, pp. 9-10.

4 R. ORDANO, Storia di Vercelli, cit., p.279.

5 Ibidem, pp. 279-280.

6 G. PRATO, La vita economica inPiemonte a mezzo il secolo XVIII,Torino 1966(ristampa anast.), p. 87. Per uno sguardod’insieme riferito alle nostre terre vedi P.MONTI, Aspetti economici e sociali dell’agri-coltura vercellese, in “Bollettino StoricoVercellese”, n. 4, Vercelli 1974, pp. 115-123.

7 P. BEVILACQUA, Le rivoluzioni dell’ac-qua. Irrigazione e trasformazioni dell’agricol-tura tra Sette e Novecento, in AA.VV., Storiadell’agricoltura italiana in età contemporanea,vol. I, Venezia 1989, p. 271

per il governo del terreno che l’accoglieva. Se si volevano ottenere buonirisultati da questo tipo di agricoltura irrigua erano così necessari grandidisponibilità economiche da parte dei proprietari, in un contesto storicoe sociale che stava assistendo sia al progressivo declino del contratto mez-zadrile che della piccola proprietà. Il contratto di mezzadria era diventa-to ormai incompatibile poiché i proprietari preferivano cedere in affitto ei mezzadri non avevano risorse per compartecipare alle spese. Nuovafigura emergente fu quella dell’affittuario capitalista - apparso sulla scenanella seconda metà dell’Ottocento - destinato a gestire i fondi dei grandiproprietari terrieri: oltre a procurare la manodopera, sorvegliava la produ-zione e assumeva funzioni direttive, diventando un membro influentenel paese, come il parroco, il maresciallo, il medico condotto, ecc.8

La risicoltura, inoltre, coltura capitalistica per eccellenza, favorì lanascita di quello che è stato definito, mutuando il termine usato per ilsettore industriale, proletariato agricolo, le cui condizioni di vita e di lavo-ro erano particolarmente dure.

Anche se il nostro studio è dedicato specificatamente al tema degliinfortuni sul lavoro, reputiamo tuttavia importante dedicare alcuni cennisulle condizioni di vita e sugli aspetti medico-sociali dei contadini soprat-tutto per considerare il peso di quelle malattie che possiamo senza dub-bio qualificare come “professionali”.

Tra le varie testimonianze in merito a questo problema sociale è inte-ressante osservare - pur nella sua frammentarietà - il risultato dell’inchie-sta sulle condizioni lavorative nelle risaie della Lomellina, del Vercellesee del Novarese, compiuta nell’estate del 1903, promossa dall’Ufficio dellavoro della Società umanitaria di Milano.9

La malaria era un morbo che veniva trasmesso dalla zanzara anofele,insetto che trovava nella risaia le condizioni ottimali per prosperare, laquale aspira il sangue del malato e con la sua puntura ritrasmette la stes-sa malattia all’individuo sano. Anche se raramente provocava una morta-lità diretta, essa induceva comunque a un indebolimento generale del-l’organismo e questo rendeva più facile la nascita di altre malattie.Considerando che le conoscenze mediche del tempo non erano certocome quelle di adesso, in mancanza di meglio, l’unico modo per miglio-rare la pessima situazione sanitaria esistente consisteva nel modificare inqualche modo il regime delle acque delle risaie e nel proteggere con reti-celle le finestre delle abitazioni. Verso la fine del secolo si scoprì, comun-que, un farmaco in grado di combattere la malaria, il chinino, un deriva-to chimico estratto dalla corteccia della china. Tuttavia questa scoperta -come evidenzia Sandra Franciscono nella sua interessante ricerca - non

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8 Sul “personale delle classi proprieta-rie” che di volta in volta hanno controllatoquote maggiori o minori della ricchezzaagricola vedi A.M. BANTI, I proprietari ter-rieri nell’Italia centro-settentrionale, e G. L.DELLA VALENTINA, Padroni, imprenditori,salariati: modelli capitalistici padani, inAA.VV., Storia dell’agricoltura italiana in etàcontemporanea, vol. II, Venezia 1990, rispet-tivamente pp. 45-103 e 151-200.

9 G. LORENZONI, I lavoratori delle risaie.Inchiesta sulle condizioni del lavoro nelle risaiedella Lomellina, del Vercellese e del Novaresecompiuta dall’Ufficio nell’estate del 1903,Milano 1904, pp. 120-130.

ebbe effetti immediati sulla popolazione rurale, di solito diffidente neiconfronti di ogni tipo di novità.10

Solo nel 1900, con la legge 505 del 23 dicembre, il chinino fu resomonopolio statale e venduto a un prezzo accessibile a tutti. L’anno suc-cessivo, grazie alla legge 460 del 2 novembre 1901, vennero dichiarate lezone malariche in cui il chinino doveva essere fornito gratuitamente daipadroni ai lavoratori agricoli. La somministrazione di questo farmaco eracompito dalle congregazioni di carità, nel caso queste mancassero, delcomune. I proprietari, in ragione della superficie posseduta, avrebberopoi rimborsato questi ultimi delle spese anticipate.

Ai fini del nostro studio, volto a ricercare le origini della tutela controgli infortuni dei lavoratori nell’agricoltura, tutto ciò risultava una spia nonindifferente per avvertire che qualcosa stava cambiando. Aveva quindiragione il professor Angelo Celli, il maggiore artefice della legislazioneitaliana contro questo morbo, nell’evidenziare che “la malaria è la prima

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Lavoro nei campi(Fototeca Istituto Belle Arti di Vercelli)

10 S. FRANCISCONO, Problemi e aspettieconomici e sociali dell’agricoltura vercellesenell’epoca della destra storica, Tesi di laurea,Università degli studi di Torino, Facoltà diLettere e Filosofia, a.a. 1985-86, relatoreprof. N. Nada, p. 159. A suffragare tuttaviail mutamento di questa mentalità citiamouna testimonianza del medico diStroppiana, dott. Nicola Vaccino, nellaquale si evince che, nel 1906: “Dopo qual-che anno di intensa propaganda, non solo ilchinino è accettato da questi contadini, maessi stessi vengono a reclamarlo e, menopoche eccezioni, le tavolette sono presequotidianamente e di buon grado”, cit. inM. BERTINETTI, La malaria e la risaia nel-l’agro vercellese, Vercelli 1911, p. 24.

malattia che nella nostra legislazione viene riconosciuta come una malat-tia professionale ed equiparata ad infortunio sul lavoro”.11

Esistevano inoltre altre malattie che trovavano la loro origine nellarisicoltura e che si trasmettevano agevolmente attraverso queste vastedistese allagate. In particolare erano le febbri reumatiche che colpivanoin gran parte i lavoratori soprattutto per la necessità di questi ultimi di tra-scorrere lunghe ore al giorno con gli arti immersi nell’acqua fredda dellerisaie. Queste febbri, che possono essere considerate le più tipiche malat-tie professionali di questi coltivatori, non incidevano più di tanto dalpunto di vista demografico, considerando la bassa mortalità che apporta-vano e il lungo decorso della malattia.12

Da non sottovalutare inoltre erano gli effetti di altre malattie diffusecon frequenza in queste zone, come il tifo e la tubercolosi, che trovavanoin queste grandi distese d’acqua condizioni ottimali per diffondersi.

Tra le altre malattie, cui erano soggetti i lavoratori e le lavoratrici delVercellese, si ricordano infine quelle causate dalla denutrizione e dalle avita-minosi: i medici del tempo citavano lo scorbuto, dovuto alla carenza di vita-mina C, l’idropisia, una eccessiva ritenzione dei liquidi in alcune parti delcorpo - in particolare l’addome - dovuta alla denutrizione, particolari forme dianemia, come la clorosi che colpiva in particolar modo le giovinette.

Del tutto inadatte alle esigenze più elementari erano pure le abitazio-ni. Dall’inchiesta promossa da Agostino Bertani, medico, esponente auto-revole della Sinistra liberale, si evince che le case dei contadini erano sca-denti, insufficienti come cubatura, prive di fognature.13

Conducendo una vita caratterizzata da lunghe ore di lavoro, minata davari morbi debilitanti, direttamente o indirettamente legati alla “occasio-ne di lavoro”, sostenuta da scarsi elementi nutritivi e poco curato igieni-camente, il contadino appariva già vecchio a 55 anni e la donna a 35.Erano pochi i contadini che riuscivano a superare i 60 anni; i bracciantimorivano intorno ai 50-55 anni e rappresentavano i tre quarti degli amma-lati negli ospedali.

Nella citata inchiesta promossa dall’Ufficio del Lavoro della SocietàUmanitaria di Milano, inoltre, emergevano altri elementi su cui riflette-re, e non poco:

Così, le donne gravide spesso abortiscono per la posizione del bacino durante il lavo-

ro, la rivulsione esercitata dal pediluvio caldo e le congestioni seguenti, la eccitazione

delle contrazioni uterine provocate dalla flessione addominale.14

Al che i medici domandavano così l’esclusione assoluta dal lavoro di

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11 A. CELLI, La legislazione contro lamalaria, in “Critica sociale”, Milano 1903,cit. da G. FACCHINETTI, La lotta di classenelle zone risicole del novarese e del vercellese,in Braccianti e contadini nella Valle Padana,Roma 1975, p. 333. Non è da sottovalutaredal punto di vista politico-sociale il fattoche, con la lotta alla malaria, le organizza-zioni socialiste vercellesi, ancora deboli epoco organizzate, iniziarono il discorso sul-l’insalubrità della lavorazione risicola, sot-tolineando la necessità di ridurre gli oraridi lavoro e di conquistare le otto ore. Vediin particolare P. FONTANA, Riformismo elotte politico-sociali nella risaia vercellese.1910-1922. Tesi di laurea, Università deglistudi di Torino, Facoltà di Magistero, a. a.1989-90, relatore prof. C. Dellavalle, pp.94-97.

12 Sotto questo aspetto vedi A. ROTA,Le risaie in Lombardia sotto il rapporto igie-nico, in L. FACCINI, Uomini e lavoro inrisaia: dibattito sulla risicultura nel ‘700 e‘800, Milano 1976, cit. da S. FRANCISCONO,op. cit. , pp. 132-133. Importante anche lostudio di T. M. CAFFARATTO, Aspetti medi-co-sociali delle malattie dei lavoratori piemon-tesi della terra nella seconda metà del secoloXIX, in N. NADA (a cura di), GiovanniLanza e i problemi dell’agricoltura piemontesenel sec. XIX, atti del convegno, CasaleMonferrato 1983, p. 296.

13 M. PANIZZA (a cura di), Risultati del-l’inchiesta istituita da Agostino Bertani sullecondizioni sanitarie dei lavoratori della terrain Italia, Roma 1890, p. 398.

14 G. LORENZONI, I lavoratori delle risaie,cit., p. 128. Le raccomandazioni dei medicierano comunque destinate a essere senzasuccesso: “Quasi tutte le mondariso lavora-vano fino all’ultimo giorno di gravidanza e,senza neppure attendere dopo il parto unaquindicina dei trenta giorni previsti dallalegislazione giolittiana, tornavano al lavoro.Vedi F. CAZZOLA-M. MARTINI, Il movimentobracciantile nell’area padana, in AA.VV.,Storia dell’agricoltura italiana in età contempo-ranea, vol. III, Venezia 1991, p. 777.

monda delle donne gestanti di qualunque periodo. Vittime innocenti dellavoro della mondatura erano poi i bambini nei primi mesi dell’allatta-mento. La madre affaticata, nutrita male, soggetta a frequenti indisposi-zioni generava spesso latte cattivo: “Desiderasi perciò dagli igienisti, cheil lavoro della mondatura venga proibito alle nutrici durante i primi 4mesi dell’allattamento”.15

Gabriella Facchinetti evidenzia - nel suo importante studio - come lamortalità infantile fosse notevole soprattutto tenendo presente che lemadri, dovendo recarsi a lavorare, non avevano molto tempo da dedicareai figli.16

Non bisogna sottovalutare, infine, il fatto che era praticamente impos-sibile per il ceto rurale curarsi in modo adeguato perché la povertà oltre aindurre i lavoratori a trascurare i primi sintomi di malessere, faceva veni-re meno il regolare periodo di convalescenza indispensabile per ripren-dere immediatamente il lavoro.

Nelle zone risicole, per quanto riguarda gli infortuni sul lavoro insenso stretto, erano molto frequenti determinate lesioni della cornea,causate soprattutto dalle erbacce e, in particolare, dalla punta delle pian-te estranee al riso, mentre gli addetti alla monda le andavano a ricercaree strappare. Inevitabili erano le cheratiti e le otiti che, soprattutto duran-te la mietitura, contraevano i lavoratori della terra, prodotte da frammen-ti di spighe, sabbia, insetti, particelle metalliche, che penetravano conviolenza nell’occhio o nei condotti uditivi. Per quanto riguarda le otitinon erano però estranee cause dovute a insetti, come le mosche, formi-che, forfecchie e così via.

Alla zappa e all’aratro venivano inoltre ricondotti numerosi infortunisul lavoro degli agricoltori in senso lato. La zappa per esempio, cadendosulla zona delle tibie, produceva dolorose contusioni seguite da piaghe.L’aratro, se incontrava una pietra o un qualsiasi altro ostacolo, cambiandoimprovvisamente di direzione, poteva colpire violentemente, con i mani-ci i fianchi del contadino. Il taglio delle spighe, poi, si faceva con la fal-ciola in posizione curva forzata. Dall’inchiesta Bertani veniamo a sapereche le forme di falci, che permettevano al contadino di non chinarsi versoil suolo, non venivano molto adoperate perché avrebbero guastato lamesse. Erano lavori molto faticosi: i falciatori di erba stavano anch’essicurvi, con le gambe divaricate, e imprimevano movimenti alternativi bru-schi di tutto il tronco, da destra a sinistra e da sinistra a destra. Causa diminori infortuni sul lavoro era il ventilare il grano, operazione che il con-tadino eseguiva con la pala per separarlo dalla pula, meno faticosa perchéripartiva secondo un maggior numero di muscoli. Altri movimenti che

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15 G. LORENZONI, I lavoratori dellerisaie, cit., p. 128.

16 G. FACCHINETTI , La lotta di classenelle zone risicole del novarese e del vercellese,cit., p. 312.

non differivano, se non per l’intensità dello sforzo richiesto, erano quelliche si compivano nel maneggio della marra, del correggiato (strumentoformato da due bastoni uniti da una striscia di cuoio usato per la battitu-ra dei cereali) e della scure. In questi lavori era poi frequente l’infortuniocausato dal sollevamento e dal trasporto di pesi “che è il più comune tragli esercizi muscolari del contadino”.17

Anche l’uso di calcinare il grano prima di seminarlo esponeva senzadubbio il contadino a ricevere sulla pelle una polvere caustica che pro-duceva escoriazioni, soprattutto nei punti più sottili come, per esempio,sulla parte anteriore dell’avambraccio. La stessa inalazione di polvere eraspesso causa di irritazioni bronchiali.

I lavoratori della terra, infine, erano soggetti più di qualsiasi altra cate-goria di lavoratori - secondo l’analisi dell’inchiesta Bertani - a contrarre iltetano traumatico, soprattutto perché il bacillo che dava origine all’infe-zione, attraverso ferite della cute e delle mucose, prosperava nel terrenocoltivato o abitato da bestiame.

Un considerevole aumento degli infortuni sul lavoro in agricoltura,infine, fu causato dal rinnovamento delle pratiche di lavorazione, conl’introduzione di nuove tecniche per la preparazione e la concimazionedella risaia e metodi più razionali per il governo delle acque e l’essicazio-ne del prodotto.

Non bisogna dimenticare, in quest’ottica, la meccanizzazione dei lavo-ri di aratura e di erpicatura dei terreni, l’introduzione delle prime treb-biatrici e mietitrici a vapore (o azionate da motori idraulici) e le prime fal-ciatrici meccaniche.18

2. Nasce la prima Cassa mutua infortuni agricoli in Italia(2 dicembre 1902)

Come abbiamo cercato di delineare nei capitoli precedenti, Vercelliera stata all’avanguardia nel campo della previdenza antinfortunistica sullavoro degli operai delle industrie, fondando un consorzio nell’ottobre del1898 (trasformatosi poi in sindacato di mutua assicurazione tra imprendi-tori), subito dopo l’approvazione della legge che prescriveva l’obbligoassicurativo.

Ulteriore prova di dinamismo imprenditoriale su questo importantetema previdenziale dovette derivare, in seguito, dall’istituzione di un’a-naloga cassa consorziale privata per gli infortuni sul lavoro degli agricol-tori (rogito Stroppa del 4 maggio 1904, riconosciuta e autorizzata con

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17 M. PANIZZA (a cura di), Risultati del-l’inchiesta istituita da Agostino Bertani sullecondizioni sanitarie dei lavoratori della terrain Italia, cit., pp. 38-40.

18 D. BRIANTA, Il riso tra stato e mercato.Un commercio agricolo padano, in AA. VV.,Storia dell’agricoltura italiana in età contem-poranea, vol. III, Venezia 1991, p. 128. Peravere un quadro più vivo delle sofferenzedei contadini della campagna vercellese, sileggano le belle, struggenti pagine dedica-te da GIAMPAOLO PANSA al ricordo deinonni, in Romanzo di un ingenuo, Milano2000, pp. 15-34

regio decreto 10 agosto 1904), nata inizialmente come società anonimacooperativa (rogito Stroppa del 2 dicembre 1902), i cui atti costitutivisono conservati presso l’Archivio di Stato di Vercelli.19

Questa Cassa mutua infortuni agricoli - lodata più volte dall’onorevoleLuigi Luzzatti, apostolo della legislazione sociale nel nostro Paese - nonsolo precedette di ben tre lustri la legge statale istitutiva dell’obbligo assi-curativo per gli addetti dell’agricoltura, approvata con decreto legge luogo-tenenziale 23 agosto 1917, n. 1450, ma anche servì da modello e da puntodi riferimento per tutti i progetti della legge stessa a cominciare da quellodel senatore Conti presentato in Parlamento il 31 gennaio 1907.

Le sue radici possono farsi risalire ai primi mesi del 1901 quando, nel-l’intento di riunire in un’azione comune tutti coloro che esercitavano l’a-gricoltura, in particolar modo la risicoltura, soprattutto per controbatterel’improvviso dilagare degli scioperi in tutto il Vercellese, si era costituitaa Vercelli, sotto la presidenza del marchese Vincenzo Ricci,

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La preparazione del terreno(Archivio storico Chiais)

19 Archivio di Stato di Vercelli,Tribunale di Vercelli, Atti di società, Societàanonima cooperativa Cassa mutua per l’assi-curazione contro gli infortuni sul lavoro, m.XI-84 (d’ora in avanti ASV, Cassa mutua).

l’Associazione fra gli agricoltori del Vercellese.È importante tenere presente che gli anni dal 1900 al 1905 furono un

periodo decisamente favorevole per l’industria risicola nelle nostre terre,dopo la grave crisi degli anni ‘80 e ‘90 del secolo precedente, e ciò puòservire a comprendere le richieste di miglioramenti economici e dellecondizioni di lavoro da parte dei contadini.20

Scopo del sodalizio era “promuovere e favorire in ogni modo il miglio-ramento dell’agricoltura, non disgiunto dal benessere delle classi lavora-trici considerato come precipuo elemento di pace sociale e di vero pro-gresso, e di patrocinare in tutte le contingenze della vita gli interessi dicoloro che si applica[va]no alla coltivazione dei campi”.21

L’Associazione fra gli agricoltori del Vercellese, vera e propria emplo-yers association composta dai proprietari fondiari delle nostre terre, in granparte di estrazione patrizia, aveva inoltre tra i suoi obiettivi istituire studispeciali sulla tecnica agraria, coadiuvarne lo sviluppo mediante esperi-menti, conferenze, pubblicazioni, concorsi, mostre, promuovere studi distatistica agraria e commerciale, interessarsi al dibattito parlamentare suiproblemi dell’agricoltura, facilitare il collocamento della manodopera.

All’indomani della costituzione, l’Associazione aveva dovuto subitoimpiegare le sue forze e svolgere la sua azione non solo nell’attenuare leconseguenze delle agitazioni tra i lavoratori, e gli scioperi agricoli che nederivarono, ma anche per dare concretezza ai dettami statutari deliberan-do in primo luogo d’iscrivere i salariati, alle dipendenze dei soci, allaCassa nazionale di previdenza per la vecchiaia e la inabilità al lavoro.

Oltre agli atti costitutivi della Cassa mutua, conservati presso l’Archiviodi Stato di Vercelli, e alle fonti giornalistiche locali (“La Sesia”,”La NuovaGazzetta Vercellese” “Il Giornale di Vercelli”, “La Risaia”), prezioso docu-mento di ricerca è stato lo spoglio del “Bollettino dell’Associazione fra gliAgricoltori del Vercellese”, conservato presso la biblioteca dell’INAIL diVercelli, per gli anni in cui vide la luce (dal 1902 al 1906).

Le basi per la costituzione della più antica Cassa mutua infortuni rura-le italiana si gettarono durante l’assemblea generale dei socidell’Associazione agricoltori il 29 aprile 1902.

In essa si studiò e maturò il progetto di assicurare contro gli infortunisul lavoro tutti i lavoratori agricoli dipendenti dai soci, progetto che in ori-gine sarebbe consistito nella stipulazione, da parte dei componentidell’Associazione, d’una grande assicurazione sotto forma di “collettivasemplice” con la Cassa Nazionale Infortuni, ma che si risolvette poi, acausa delle elevate tariffe di premio praticate dalla Cassa Nazionale stes-sa, nella fondazione di una Cassa cooperativa nel seno medesimo

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20 La battaglia per la conquista delleotto ore di lavoro in risaia, culminata con lavittoria del maggio-giugno 1906, è cosa fintroppo nota per ritornarvi sopra, tuttavia èimportante prenderla in considerazione alfine di comprendere il clima socio-econo-mico in cui nacque la Cassa mutua infortu-ni agricola. A questo proposito vedi I.SASSONE, Sulla storia del movimento operaiovercellese e la conquista delle 8 ore di lavoro inrisaia, Firenze 1989, pp. 47-72 e, più ingenerale, L. PRETI, Le lotte agrarie nellavalle padana, Torino 1955, pp. 273-310.

21 “Bollettino mensile dellaAssociazione fra gli Agricoltori delVercellese” (d’ora in avanti BAAV) del 28febbraio 1902, anno I, p. 5. Sulle originidell’associazionismo agricolo nazionalevedi S. ROGARI (a cura di), LaConfagricoltura nella storia d’Italia, Bologna1999, soprattutto, per il periodo che ciinteressa, le pp. 47-121 e 851-877.Vincenzo Ricci nacque a Berlino nel 1851 -il padre era ambasciatore del Re diSardegna alla corte prussiana - si laureò iningegneria molto giovane. Entrato nellavita politica fu deputato nel collegio diBorgomanero e Santhià per due legislatu-re. Lasciata momentaneamente la politicasi dedicò con entusiasmo allo sviluppo del-l’agricoltura nelle nostre terre. Oltreall’Associazione degli agricoltori vercellesie alla Cassa mutua infortuni agricoli, pro-mosse nel 1908 a Vercelli la Stazione speri-mentale di risicoltura. Nel 1910 vennenominato senatore del Regno. Morì il 10luglio 1912 a Torino e non ebbe modo cosìdi prendere parte all’Esposizione interna-zionale di risicoltura e di irrigazione(Vercelli, 20 ottobre-20 novembre 1912) dalui ideata. Vedi “Il Giornale di Vercelli”del 16 luglio 1912, pp. 1-2.

dell’Associazione tra gli agricoltori del Vercellese.22

La legge 17 marzo 1898, come abbiamo già detto, non faceva obbligodi assicurare gli addetti delle imprese agrarie. Tuttavia molti proprietaridel Vercellese, sia per “sentimento umanitario”, sia soprattutto per sgra-varsi di eventuali responsabilità civili, assicuravano già i loro impiegatiaddetti, per esempio, alle macchine per la trebbiatura dei cereali e per lalavorazione del riso. Era naturale che il progetto d’istituire una cassasociale di emanazione della stessa Associazione incontrasse il favore nonsolo dei soci, ma anche di tutti gli agricoltori, soprattutto per la formasemplice ed economica che si volle dare alla nuova istituzione.

Un progetto di Statuto per la costituzione della Cassa mutua di assi-curazione venne presentato al consiglio direttivo dell’Associazione che,unitamente a una commissione appositamente nominata e composta daventi soci, ne intraprese lo studio e la discussione in adunanze apposita-mente convocate nei giorni 14, 21 e 28 ottobre 1902. Presentato all’as-semblea generale dei soci il 25 novembre, lo Statuto fu accolto con favo-re e approvato.23

Sotto gli auspici dell’Associazione fra gli agricoltori del Vercellese fucosì decisa la fondazione della Cassa, e un primo nucleo di aderenti (tuttisoci dell’Associazione), con atto pubblico 2 dicembre 1902 al rogito delnotaio Limenio Stroppa, fondava la Cassa mutua società anonima coope-rativa di assicurazione contro gli infortuni del lavoro. Lo Statuto di que-sta Cassa, previo adempimento di tutte le formalità di legge in materia disocietà cooperative, venne poi autorizzato dal tribunale di Vercelli condecreto 9 febbraio 1903.24

Secondo l’articolo 4 di questo Statuto, la Cassa avrebbe iniziato le ope-razioni solo quando l’ammontare complessivo della superficie dichiaratadai soci avesse raggiunto il quantitativo di ventimila ettari o, in mancan-za di tale limite, una mercede annuale erogata ai lavoratori superiore aidue milioni.25

Adempiuti tutti i preliminari della costituzione, il 10 marzo 1903 ebbeluogo, sotto la presidenza del marchese Vincenzo Ricci, la prima assem-blea dei soci che provvide alla nomina delle cariche sociali: a presidentedella Cassa mutua fu eletto il conte Amedeo Avogadro di Quinto; a mem-bri del consiglio direttivo il marchese Dionigi Arborio di Gattinara,Giuseppe Vigino, Ercole Minella, Salvatore Pugliese-Levi, GiovanniVaccino e Giuseppe Vercellotti; ad arbitri per l’applicazione del premio diassicurazione Eusebio Saviolo, Vincenzo Tavallini e CostantinoDegrandi; ad arbitri per la liquidazione dei sinistri Giuseppe Melchior,Eusebio Olmo e Michele Cerati; a sindaci Pietro Renditore, Giuseppe

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23 BAAV del novembre 1902, anno I,pp. 146-151. Tra i membri della commis-sione incaricata di studiare il progetto diStatuto vi fu anche il parroco di LivornoPiemonte, teol. Achille Gorrino. È questauna figura di spicco nel panorama vercelle-se dell’epoca, non solo da un punto di vistareligioso, ma anche sociale, oggetto di unconvegno di studi a Livorno Ferraris il 28novembre 1993, come si può evincere da P.USCELLO (a cura di), Mons. Achille Gorrino(1867-1953). Atti del convegno, Bianzè (VC)2000. Proprio don Gorrino, sulle colonnedel “Vessillo di S. Eusebio”, giornale cat-tolico vercellese, aveva già chiesto nel1901 all’Associazione degli Agricoltori lagaranzia di un equo riposo per i lavoratori,una paga speciale per il lavoro straordinarioe, soprattutto, l’assicurazione contro gliinfortuni sul lavoro. Vedi M. CAPELLINO,Movimento cattolico e P.P.I. nel Vercellese (cennistorici), Vercelli 1981, p. 54.

24 Ai sensi dell’art. 91 del Codice diCommercio, il notaio Limenio Stroppaaveva inviato, in data 17 dicembre 1902,l’atto costitutivo della Cassa mutua coope-rativa al Tribunale di Vercelli per ottenerel’autorizzazione. In un primo momento ilTribunale di Vercelli, con decreto 24dicembre 1902, negò l’autorizzazione,dichiarando “non essere luogo a provvede-re allo stato degli atti”. Il 21 gennaio 1903Vincenzo Ricci, tramite l’avv. Carlo Vitale,fece ricorso al fine di eliminare dubbi edifficoltà interpretative; per chiarire piùesattamente “quelli che furono sempre iconcetti che la società sempre intese rag-giungere” allegò allo scopo il verbale del-l’adunanza dei soci promotori del 20 gen-naio 1903. Gli atti si trovano in ASV, Cassamutua, cit.

25 ASV, Costituzione della SocietàAnonima Cooperativa di Assicurazione controgli infortuni sul lavoro, in Cassa mutua, cit.,n. 4468 di repertorio notarile.

Ciocca e Giuseppe Rollone (effettivi), Annibale Pozzi e AgostinoVercellotti (supplenti).26

Nell’adunanza del consiglio direttivo del 10 aprile 1903 venne nomi-nato il segretario direttore della Cassa mutua nella persona di MicheleNegri.27

I soci aderenti, in seguito, nell’assemblea generale straordinaria del 12maggio 1903 (visto che si erano raggiunti più di due milioni di retribu-zioni corrispondenti a oltre quattordicimila ettari di superficie) delibera-rono l’apertura dell’esercizio sociale della Cassa a partire dal 1° giugno1903, esercizio che assunse subito valida consistenza finanziaria per ilnumero di soci entrati a far parte della Cassa e per la prenotazione di altriche sarebbero entrati appena svincolati da altri impegni assicurativi. Inquell’assemblea fu inoltre approvato il regolamento esecutivo della Cassamutua, compilato dal consiglio direttivo, nel quale erano contenute lecondizioni generali di assicurazione.28

3. La cooperativa si trasforma in cassa consorziale (4 marzo 1904)

Intervenuta successivamente la legge 29 giugno 1903, n. 243, che,modificando la legge 17 marzo 1898, estese l’obbligo dell’assicurazioneanche a talune categorie di operai agricoli (per esempio quelli addettiall’abbattimento di piante o agli spari alla grandine) e, più in generale, aimprese agricole con uso di macchine mosse da agenti inanimati (treb-biatrici, trinciatrici, frantumatrici, falciatrici, ecc.)29 gli aderenti alla Cassamutua infortuni porsero istanza al governo, mediante una lettera-memo-riale in data 10 ottobre 1903, perché, valendosi delle disposizioni attri-buitegli dalla legge 243/1903, consentisse la trasformazione della Cassa inSindacato obbligatorio di mutua assicurazione.

L’istanza venne parzialmente accolta e, con nota n. 22935 del 29 ottobre1903, l’Ispettorato generale del credito e della previdenza, istituito presso ilMinistero dell’agricoltura, industria e commercio, dimostrato che non erapossibile la costituzione del Sindacato obbligatorio, suggerì la conversionedella Cassa mutua da società anonima cooperativa a cassa consorziale, secon-do le prescrizioni dell’articolo 17 della legge 17 marzo 1898, n. 80 (divenutoart. 19 del Testo Unico 31 gennaio 1904 n. 51). Questa modificazione avreb-be trasferito l’istituto assicurativo vercellese dall’ambito del diritto comune aquello speciale, implicante il godimento di benefici fiscali.30

Il suggerimento ministeriale fu accolto dal consiglio direttivo il 10

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26 BAAV del marzo 1903, anno II, pp.27-30. Il primo presidente della Cassamutua infortuni agricoli, conte AmedeoAvogadro di Quinto, nacque a Torino nel1843 da antica famiglia patrizia vercellese.Entrato a quindici anni nella R. Accademiamilitare, prese parte alla battaglia diCustoza nel 1866. Collocato a riposo perragioni di salute nel 1890, venne a Vercellie si dedicò con passione all’agricoltura. Fusindaco di Oldenico. Morì il 24 dicembre1915. “Il suo nome, con quello del com-pianto cav. Michele Negri, è legato allafondazione di questa Cassa Mutua controgli infortuni nel lavoro agricolo che precor-se in quel campo la legge e fu esempio emodello alle varie istituzioni congenerisorte di poi in varie regioni agricole.Basterebbe questa istituzione, della qualefu il primo attivissimo presidente, ad assi-curare alla sua memoria la riconoscenza delpaese”. Gli successe il conte Carlo Arboriodi Gattinara. Vedi “La Sesia” del 28dicembre 1915, p. 3.

27 BAAV dell’aprile 1903, anno II, pp.46-47. Scarse, purtroppo, le notizie biogra-fiche su Michele Negri, colui che possia-mo definire l’ideatore della Cassa mutuainfortuni agricoli di Vercelli. Dal necrolo-gio si legge che fu segretario comunale aQuinto e a Collobiano, promotore dellacostruzione del ponte sull’Elvo in qualitàdi membro del comitato presieduto dal-l’on. Guala. “Ma la riprova della sua fervi-da intraprendenza egli diede nell’iniziativaper la costituzione della Cassa Mutuainfortuni, che organizzò e diresse e portòad un elevato grado di prosperità. Fu,quella, la più bella opera della sua vita che,se gli costò grandi fatiche, gli procuròanche le più dolci soddisfazioni: dalla fidu-cia e dalla considerazione dei suoi superio-ri, al plauso del Ministero, dalle distinzioniche l’istituto si conquistò, all’orgoglio divederlo preso a modello dagli agricoltoridelle altre regioni”. Morì a Vercelli il 14ottobre 1910 e gli successe, nella carica disegretario della Cassa mutua, il figlioAngelo. Vedi “La Sesia” del 15 ottobre1910, p. 2. Dopo la guerra, e precisamente

novembre 1903 e dai soci nell’assemblea generale ordinaria del 4 marzo1904: tutte le pratiche necessarie per la conversione dell’istituzione incassa consorziale furono esperite con celerità, grazie al dinamismo delsegretario direttore Michele Negri (era stato inviato dal consiglio diretti-vo a Roma già nel dicembre 1903 proprio a questo scopo) e soprattuttoall’interessamento di autorevoli personaggi, quali l’onorevole CesareFerrero di Cambiano, presidente della Cassa nazionale di previdenza, eVincenzo Magaldi, l’ispettore generale della previdenza che abbiamo giàincontrato in occasione dell’assicurazione infortuni degli operai.31

La pratica per la costituzione della cassa consorziale ebbe così il suoprimo sviluppo e la Cassa mutua degli agricoltori fu costituita in entemorale con regio decreto del 10 agosto 1904, abilitata alle funzioni di assi-curatrice degli operai agricoli in conformità alle prescrizioni dello Statuto,annesso all’atto costitutivo del 4 marzo 1904 al rogito del notaio LimenioStroppa,32 del Testo Unico n. 51/1904 e del Regolamento 13 marzo 1904n. 141 che, all’art. 53, dava la possibilità a casse e sindacati di prendereimpegno di corrispondere indennizzi per infortuni sul lavoro anche perattività per le quali la legge non obbligava all’assicurazione.

4. Lo Statuto della Cassa mutua infortuni agricoli

Così come abbiamo fatto per la Cassa Consorziale e per il SindacatoVercellese Infortuni, analizziamo i punti più importanti dello Statutodella Cassa mutua infortuni degli agricoltori, il cui testo è pubblicato inappendice a questo studio.

Innanzitutto potevano entrare a far parte del consorzio, e parteciparequindi alle operazioni della Cassa, coloro i quali direttamente o indiretta-mente a mezzo di affittuari od agenti esercitavano l’industria agricola. LaCassa era istituita per gli agricoltori del Vercellese ma, come vedremo,potevano essere ammessi anche agricoltori appartenenti ad altri circon-dari della provincia di Novara o di altre provincie confinanti. Per essereammessi al consorzio, gli agricoltori dovevano firmare il libro dei soci,dichiarando la superficie complessiva della propria azienda agricola sullaquale avrebbero pagato il premio di assicurazione. Oltre a pagare una cau-zione di trenta centesimi per ogni ettaro di terreno dichiarato, i soci assu-mevano l’obbligo di rispondere solidalmente per gli impegni della Cassa.

L’appartenenza del socio alla Cassa mutua era annuale, con decorrenzadall’11 novembre di ogni anno (San Martino) al 10 novembre dell’annosuccessivo, prorogabile tacitamente anno dopo anno. Se il socio avesse

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dal 1 maggio 1919, diventerà segretariodella Cassa Mutua l’avv. GermanoTarchetti.

28 BAAV del maggio 1903, anno II, pp.59-60. Il regolamento esecutivo dello sta-tuto venne poi modificato all’indomanidello scioglimento della Cassa cooperativae all’istituzione della Cassa consorziale.Era composto da 46 articoli e si divideva indue titoli: nel primo erano contenute le“Disposizioni generali e cariche sociali”,nel secondo erano stabilite le “Condizionigenerali di Assicurazione”. (Vedi BAAV delmaggio 1905, anno IV, pp. 111-112).

29 BAAV del settembre 1903, anno II,pp. 114-116.

30 BAAV del dicembre 1903, anno II,pp. 194-196.

31 BAAV del gennaio 1904, anno III,pp. 28-29. Notizie biografiche su C.Ferrero di Cambiano e V. Magaldi in D.MARUCCO, Lavoro e previdenza dall’Unità alfascismo. Il Consiglio della previdenza dal1869 al 1923, Milano 1984, pp. 52 e 61.

32 Il rogito Stroppa è in ASV, Cassamutua, cit. Il testo del regio decreto 10 ago-sto 1904, concedente il riconoscimentogiuridico alla Cassa mutua degli agricolto-ri, trovasi in BAAV del dicembre 1904,anno III, pp. 201-203.

voluto dare disdetta doveva, almeno quattro mesi prima il 10 novembre,comunicare per iscritto tale intenzione al Consiglio di amministrazione.Ogni socio avrebbe dovuto, inoltre, comunicare qualsiasi eventuale tipo divariazione della superficie aziendale, comportanti una correlativa modificadel premio da versare, nel mese di gennaio di ogni anno. Tre mesi dopo lacessazione dell’attività, che doveva essere provata in modo certo e sicuro,sarebbe stato restituito al socio – qualora non vi fossero state scoperturecontabili – il deposito cauzionale versato all’atto dell’iscrizione.

Importante soffermare la nostra attenzione sull’art. 13 dello Statuto: laCassa mutua garantiva le prestazioni dovute agli infortuni determinati da“causa violenta” in “occasione di lavoro” di tutti gli operai dipendenti deisoci e lavoranti presso le rispettive aziende agricole. Queste prestazioni,che in un primo momento erano limitate ai casi di morte e di inabilitàpermanente, parziale e assoluta, si sarebbero estese in seguito anche aicasi di inabilità temporanea.

Per ciò che riguarda le assemblee sociali, costituite dai soci parteci-panti alla Cassa, esse erano convocate dal Presidente o per deliberazionedel consiglio direttivo, dei sindaci o di un decimo dei soci. Ogni socio dis-poneva di un voto e l’assemblea sarebbe stata valida, in prima adunanza,allorché fosse intervenuto un decimo dei soci.

La funzione esecutiva della Cassa era demandata al Consiglio direttivocomposto da un Presidente, il cui mandato era di tre anni, rinnovabile, e dasei consiglieri, anch’essi eletti per tre anni ma non immediatamente rieleg-gibili, votati a scrutinio segreto e a maggioranza di preferenze.

Importanti funzioni avevano anche gli organi che avevano il compitodi dirimere le controversie in seno alla Cassa mutua, cioè i sei Arbitri. Treavevano lo scopo di determinare i premi in base alla superficie dei terre-ni dei soci, tre per verificare la liquidazione degli infortuni. Duravano incarica tre anni, rinnovandosi per un terzo ogni anno ed erano semprerieleggibili.

L’attestazione della regolarità e della veridicità dei bilanci era compitodegli organi di controllo, i Sindaci, con funzioni analoghe a quelle già visteparlando della Cassa Consorziale e del Sindacato Vercellese Infortuni. Macome e da chi veniva computato esattamente il premio di assicurazioneche il socio avrebbe dovuto pagare? A questo scopo i tre arbitri nominatidall’assemblea dei soci dovevano tenere presenti un insieme particolareg-giato di norme tra le quali le coltivazioni della regione, la qualità dei ter-reni e dei prodotti, la superficie dichiarata all’atto dell’iscrizione, la spesadi mano d’opera per la conduzione dell’azienda agricola. A differenzadelle casse infortuni operai, che assicuravano una pluralità di lavorazioni

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con tassi diversificati a seconda del rischio più o meno elevato che grava-va sui lavoratori, qui il rischio era unico, come unico era il premio, fissatoa cinque lire per ogni mille lire di mercede ricavata dalla superficie, cosìcome stabilito dagli arbitri il cui giudizio era inappellabile.

Dall’adunanza del comitato degli arbitri per il ricavo della mano d’ope-ra e applicazione del premio, tenutasi il 3 marzo 1905, siamo a conoscenzadi tre basi di calcolo per il costo dell’assicurazione che gravava sui proprie-tari: la prima era di lire 175 per ogni ettaro di terreno dichiarato, in cui lacoltivazione del riso fosse la principale e nella cui tenuta vi fosse l’eserci-zio della pista da riso; la seconda era di lire 170 all’ettaro per le stesse azien-de rientranti nella prima fascia, ma senza l’esercizio della pista da riso; laterza, infine, era di lire 157 all’ettaro, per quei terreni dove non si fosse pra-ticata la coltura del riso o che, in caso contrario, questa non avesse raggiun-to un quinto del territorio. Risultava così che il premio annuo richiesto aisoci per l’assicurazione di tutto il personale fisso e avventizio occupato neilavori di agricoltura nelle rispettive aziende ammontava in media a lire0,875 per ogni ettaro di terreno dichiarato, salvo poi a ridursi dopo i risulta-ti delle singole gestioni come stabilito dall’art. 35 dello Statuto. Il paga-mento del premio da parte del socio partecipante alla Cassa mutua infor-tuni agricola doveva essere compiuto entro il mese di giugno di ogni anno,sotto pena di decadenza dai benefici dell’assicurazione. In caso di paga-mento dei premi oltre i termini previsti, gli importi sarebbero stati aumen-tati di un ventesimo per ogni cinque giorni di ritardo

Per ciò che concerneva il pagamento delle indennità agli infortunati,venivano osservate dagli arbitri le norme e le prescrizioni della legge perl’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro del 1898. In caso di mortel’indennità sarebbe stata uguale a cinque salari annui, in caso di inabilitàpermanente assoluta uguale a sei salari annui e non mai inferiore a lire3.000, nel caso di inabilità permanente parziale uguale a sei volte la partedi cui sarebbe stato ridotto il salario annuo che non avrebbe mai dovutoessere considerato minore di lire 500.

Norme particolareggiate venivano date in merito all’espulsione deisoci, in primo luogo ai colpevoli di denunce di attività non veritiere e, piùin generale, a tutti coloro che avessero recato danno alla Cassa mutua. Mal’espulsione poteva avere luogo anche in caso di recidiva del socio sullanon osservanza dei regolamenti di prevenzione, sanzione che già abbia-mo incontrato in occasione del Sindacato Vercellese Infortuni.L’espulsione veniva deliberata dal consiglio direttivo, udito il parere degliarbitri, o su proposta di dieci soci (contro l’espulsione era comunque pos-sibile ricorrere all’assemblea dei soci entro otto giorni dalla notifica del

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provvedimento). Con l’espulsione, il socio perdeva ogni beneficio assicu-rativo unitamente alle somme versate per i premi, le quali non venivanorestituite. Allo stato attuale delle ricerche si è a conoscenza dell’espulsio-ne di un solo socio (senza, purtroppo, saperne il nome e la motivazione)deliberata dal consiglio direttivo nella seduta del 20 aprile 1906.

A differenza della Cassa Consorziale e del Sindacato VercelleseInfortuni, la consorella Cassa mutua agricola non aveva la gestione socia-le secondo l’anno solare, bensì secondo quello agrario e cioè dall’11novembre al 10 novembre dell’anno successivo. I bilanci dovevano esse-re approvati dall’assemblea dei soci nel mese di marzo. In caso di attivi-tà, il fondo di gestione risultante dal bilancio consuntivo era erogato peril 30 per cento alla costituzione di un fondo di riserva sociale e per ilrestante 70 per cento ai soci quale rimborso del premio pagato in via anti-cipata. In caso di passività, invece, veniva richiesto ai soci un supple-mento di premio per poter raggiungere il pareggio.

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La mondatura(Archivio storico Chiais)

Disposizioni finali sancivano lo scioglimento della Cassa mutua, inparticolare allorquando l’ammontare delle mercedi annuali basate sullasuperficie coltivata si fossero ridotte sotto i due milioni di lire. Per tuttoquello che non era previsto nello Statuto si sarebbe infine dovuto far rife-rimento alla normativa per gli infortuni degli operai sul lavoro, in partico-lare al Testo Unico del 1904 e alle eventuali disposizioni della legislazio-ne ordinaria prevista dal codice di commercio.

5. La partecipazione al Congresso internazionale di Vienna del 1905

Prima d’illustrare i momenti più significativi della Cassa mutua infor-tuni è necessario ricordare che, al pari della consorella istituzione indu-striale, anch’essa abbracciò una sfera territoriale non limitata solamente alcircondario di Vercelli.

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Il trapianto del riso(Archivio storico Chiais)

Nel suo primo anno d’esercizio, aperto il 1° giugno 1903, aveva inizia-to le sue operazioni con un limitato numero di soci conduttori di fondi,un’ottantina, tutti iscritti all’Associazione fra gli agricoltori delVercellese,33 ma nell’esercizio successivo del 1904, ricostituita comeCassa consorziale per gli effetti della legge 29 giugno 1903 n. 243, sia perle assicurazioni agricole obbligatorie che per quelle facoltative , estese lesue operazioni anche al circondario di Novara, elevando il numero deisoci a 228. Successivamente aderirono i conduttori di fondi dellaLomellina, Biella, Casale Monferrato, Pavia e Abbiategrasso.

La neonata Cassa mutua infortuni agricoli vercellese diede dimostra-zione della propria vitalità nientemeno che al VII Congresso internaziona-le per gli infortuni del lavoro e delle assicurazioni sociali, tenutosi a Viennadal 18 al 22 settembre 1905. A questo Congresso, fra i membri del comi-tato italiano, fu chiamato quale consigliere del patronato di soccorso per glioperai colpiti da infortuni sul lavoro di Torino, il marchese Vincenzo Ricci,presidente dell’Associazione degli agricoltori vercellesi e primo ideatoredella Cassa mutua di Vercelli. Dalle fonti in nostro possesso sappiamo cheal Congresso partecipò anche il segretario direttore Michele Negri, il qualepresentò una dettagliata memoria sulla nascita e lo sviluppo della Cassamutua degli agricoltori. Per la molteplicità degli argomenti trattati in que-sto Congresso e la brevità di tempo a disposizione la memoria non potéessere letta in pubblica seduta, venne probabilmente inserita agli atti delCongresso. Tuttavia l’istituzione vercellese “fu altamente encomiata daimolti congressisti che ne lessero la memoria, le vennero fatti auguri delmaggior successo e fu dichiarata meritevole di aiuto”.34

Alla chiusura dell’esercizio del 1907, quinto anno dalla fondazione equarto dalla legale costituzione in cassa consorziale, i soci erano 465, rap-presentanti una superficie di terreno di 64.072 ettari, suddivisa con variedimensioni in 105 comuni, dei quali 72 della provincia di Novara, 25 dellaprovincia di Pavia, 7 della provincia di Alessandria e 1 nella provincia diMilano.35

Fra le numerose aziende associate figuravano, o per conduzione direttao per mezzo dei rispettivi affittuari, le più vaste e riguardevoli proprietà dinobili casate, enti morali e ricchi proprietari tra i quali ricordiamo, nelVercellese, le tenute dei principi Savoia-Aosta, dei Carega di Lucedio,degli Avogadro di Quinto, degli Arborio di Gattinara, degli Arborio Mella,dei Ricci, del Sacro Ordine Mauriziano, del Regio Ospizio di Carità diTorino, e dell’Ospedale Maggiore di Vercelli; nel Novarese, le tenute deiLeonardi di Casalino, dei Tornielli, dei Faraggiana, e dell’OspedaleMaggiore di Novara, del Real Collegio Caccia; nella Lomellina le tenute

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33 BAAV del marzo 1904, anno III, pp. 62-65.

34 BAAV dell’ottobre 1905, anno IV, p. 171.

35 M. NEGRI, L’assicurazione dei contadi-ni contro gli infortuni sul lavoro, Vercelli1908, p. 16.

dei duchi Scotti, del principe Cicogna Castelbarco, dei marchesi Isimbardi,Pallavicini, Visconti, e dell’Ospedale San Matteo di Pavia.36

6. La vittoria al concorso di Milano del 1908

Dal resoconto dell’assemblea annuale Cassa mutua, tenutasi il 24marzo 1908, si evince che per la coltivazione o generale conduzione delleaziende, rappresentate - come abbiamo accennato - nella vasta superficiedi 64.072 ettari, secondo le descrizioni dell’art. 27 dello Statuto, gli arbi-tri accertarono un ammontare complessivo di spesa per manodopera dilire 11.089.105. Questa somma costituì la mercede totale annua di tutti glioperai agricoli impiegati dai soci e assicurati durante l’esercizio 1907.

Il numero degli operai occupati, calcolando in media una mercedeannua pro-capite complessiva di lire 200 (trattandosi di massima parte diavventizi, assunti a intervalli durante l’anno e per brevi periodi di tempo,generalmente settimanali), fu di circa 56.500 di cui oltre 6.000 quelli, cheper la legge 243/1903 dovevano essere assicurati. L’ammontare del pre-mio di competenza per l’esercizio 1907 raggiunse la somma di lire54.628,70. Non abbiamo i dati definitivi delle indennità per infortuniliquidati per lo stesso anno, ma possiamo presumere che oscillò tra le15.000 e le 20.000 lire. Gli infortuni denunciati furono 123 e quelli defi-nitivamente liquidati 45 di cui 3 per causa di morte, 21 per invalidità per-manente parziale e 21 per invalidità temporanea di lavoro. Si tenga contoper capire l’elevato scarto tra infortuni liquidati e denunciati, che gli ope-rai non obbligati all’assicurazione non avevano diritto all’indennità perinabilità temporanea.

L’avanzo di gestione fu di lire 23.412,30 e venne, ai sensi dell’art. 35dello Statuto, devoluto al 30 per cento (lire 7.023,69) al fondo di riserva eal 70 per cento (lire 16.388,61) restituito ai soci quale sconto sul premiopagato nell’anno.37

Oltre alla prestigiosa partecipazione al VII Congresso internazionaledel 1905, dopo aver visto concretamente il florido andamento sociale diun anno importante la Cassa mutua infortuni agricola vercellese feceancora parlare di sé a livello nazionale, partecipando e vincendo il con-corso a premi, indetto dal consorzio regionale di Milano della Societàagraria di Lombardia, fra tutti gli istituti di assicurazione, senza esclusio-ne di regione, che avessero proposto la forma di contratto assicurativogiudicato sotto ogni aspetto migliore.38

La scadenza di quel concorso, inizialmente fissata per l’11 novembre

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36 M. NEGRI, L’assicurazione dei contadinicontro gli infortuni sul lavoro, cit., pp. 16-17.

37 “La Sesia” del 27 marzo 1908, p. 1.

38 “La Sesia” del 14 agosto 1908, p. 1.Su questo concorso a premi vedi anche A.CHERUBINI-A.COLUCCIA, La previdenzasociale nell’epoca giolittiana. II. L’infortuniosul lavoro nell’agricoltura, in “PrevidenzaSociale”, n. 2, Roma 1984, pp. 356-357.

1907, fu prorogata al 31 dicembre dello stesso anno. L’occasione era trop-po ghiotta per lasciar trascorrere inavvertita la possibilità di far conoscerel’esistenza della Cassa mutua al sodalizio agrario lombardo, soprattuttoper illustrare la novità dell’applicazione del premio in base alla superficiee non al numero degli operai occupati.

La commissione giudicatrice del concorso, composta dal presidenteUlisse Gobbi e dal segretario Giovanni Martinazzoli, non solo assegnòalla Cassa mutua agricola di Vercelli il premio di primo grado, medagliad’oro e diploma d’onore, ma volle anche motivare il significato e la scel-ta operata. Nella relazione si legge infatti che, “fatta una sola eccezione,quella riguardante la Cassa Mutua degli agricoltori di Vercelli”, le formegeneralmente adottate per l’assicurazione dei contadini contro gli infor-tuni sul lavoro erano quelle di stipulare dei contratti assicurativi con isti-tuti che offrissero buone condizioni; tuttavia questi istituti non avevanoper scopo principale l’assicurazione agraria e dovevano stabilire conse-guentemente delle disposizioni che regolassero i premi in base a circo-stanze indipendenti dall’agricoltura. Dunque non conveniva seguirequella via, occorreva - come aveva fatto Vercelli - introdurre nell’assicu-razione agraria il concetto della mutualità, soprattutto per abbassare ilpremio fino al minimo (e precisamente al 5 per mille) e anche perchépoteva permettere maggiore vigilanza, maggiore controllo e quindi impe-dire gli abusi. La Società agraria di Lombardia motivò il primo premio,affermando che “la Cassa mutua di Vercelli è l’unico esempio in Italia:non ha riscontro in altre istituzioni per facilità di applicazione, minimocosto di spesa, ampia tutela, sgravio di responsabilità civile”.39

Non è solo quindi per il premio conseguito che la Cassa poteva trarrenuove energie per lo sviluppo della sua gestione, ma anche e soprattuttoperché la sua opera fu citata a modello ispiratore con l’augurio che potes-se trovare, anche in altre regioni agricole, degli imitatori. Questo non tar-derà ad avvenire poiché già nel 1909 nacque a Firenze la Cassa mutua deiproprietari di fondi rustici per l’assicurazione del personale delle aziendeagrarie contro gli infortuni sul lavoro, nel 1911 le Casse mutue agrarie diTorino, Milano e Bologna, nel 1913 l’Unione interprovinciale agricola diCremona. “E noi - citava l’anonimo articolista del giornale vercellese cheaveva dato ampio spazio al successo della Cassa mutua al concorso diMilano - di questo omaggio reso all’istituto vercellese ci allietiamo per lanostra città, che nel campo dell’assicurazione contro gli infortuni, sia pellavoro agricolo con la Cassa mutua, sia pel lavoro industriale con la Cassaconsorziale testé trasformatasi in Sindacato Vercellese Infortuni, ha datoil buon esempio di ricorrere al principio della mutualità”.40

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39 “La Sesia” del 15 settembre 1908,pp. 1-2.

40 Ibidem.

La Cassa mutua vercellese, in effetti, avrebbe ancora fatto parlare di sé,catalizzando l’attenzione sui temi del mutualismo previdenziale antinfor-tunistico, in primo luogo all’VIII Congresso internazionale di assicurazioni,tenutosi a Roma nell’ottobre 1908. Dalle scarne notizie ricavate dal giorna-le locale sappiamo che, in quella occasione, venne inviata a Roma una pub-blicazione redatta dal segretario-direttore Michele Negri “piccola di mole,ma ricca di dati, in cui dimostrava lo sviluppo considerevolissimo preso dalsodalizio a tutto il 30 settembre 1908”.41

7. Si amplia il campo di tutela con “l’indennità per temporanea”

All’assemblea generale dei soci del 1909, tenutasi il 30 marzo, venneinoltre proposto di prendere in esame uno studio, elaborato dal consigliodirettivo, al fine di estendere il diritto all’indennità per inabilità tempo-

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Il ritorno dai campi(Archivio storico Chiais)

41 “La Sesia” del 6 novembre 1908, p. 3.

ranea anche agli operai non obbligati per legge all’assicurazione.L’assemblea, adottandone di massima il concetto, diede mandato al pre-sidente Amedeo Avogadro di Quinto di nominare una commissione spe-ciale per perfezionare il progetto e proporne le basi di applicazione.Questa svolse alacremente il suo incarico e, nella seduta del 7 settembre1909, il consiglio direttivo deliberò di estendere in via di esperimento apartire dall’anno agrario 1909-1910 il diritto all’indennità per l’invaliditàtemporanea a tutti gli operai agricoli anche se non obbligati. Per evitaretuttavia quelli che si definivano quali possibili abusi, l’indennità sarebbedecorsa dal ventunesimo giorno dell’avvenuto infortunio, escludendoquindi dall’indennizzo le lesioni guaribili entro tale periodo di tempo.42

In questo modo la Cassa mutua agricola vercellese, già premiata esegnata a modello per consimili istituzioni, completò volontariamente lasua opera a beneficio dei lavoratori della terra, precorrendo una legge che,da tempo allo stato di progetto, non era ancora stata tradotta in fatto.

Dopo tutto questo non dobbiamo stupirci delle lodi tributate dalgoverno all’istituto vercellese. Un’eco molto autorevole venne il 22 ago-sto 1909, all’apertura della nuova sessione del consiglio superiore dellavoro, per bocca del suo presidente, Luigi Luzzatti, ministro di agricol-tura, industria e commercio: “E un’altra questione, molto importante, sucui l’on. Luzzatti richiama l’attenzione del Consiglio, è quella dell’assi-curazione degli operai agricoli dagli infortuni sul lavoro. Prima di lasciarequesto tema l’on. Luzzatti manda un fervido saluto ai promotori dellaCassa Mutua Agricola per gli infortuni sul lavoro, con sede a Vercelli”.43

8. L’on. Mario Abbiate e il progetto Luzzatti-Raineri

Luzzatti - è importante ricordarlo - insieme all’onorevole GiovanniRaineri, presentò un disegno di legge al Senato, il 5 dicembre 1910, inmerito all’assicurazione dei lavoratori della terra. Iscritti erano gli operaida 9 a 70 anni addetti in qualsiasi numero ad aziende agrarie o forestali;il premio doveva essere a carico del proprietario o dell’affittuario, tranneche nei casi di mezzadria o colonia parziale, ed era stabilito in base all’e-stensione del fondo e al tipo di coltivazione. La scelta dell’istituto assi-curatore era libera. Le indennità pagate per infortuni risultavano esseredi lire 2000 (uomo), 1000 (donna) e 500 (fanciullo) in caso di morte; lire2500 (uomo), 1200 (donna o fanciullo) per invalidità permanente assolu-ta; indennità erano previste anche per l’invalidità permanente parziale,non per l’inabilità temporanea.

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42 “La Sesia” del 14 settembre 1909, p. 1.

43 Questo passo di Luzzatti, riportatoda “La Stampa” di Torino, si trova citatone “La Sesia” del 25 febbraio 1910, p. 1.Non si dimentichi che vincoli familiarilegavano Luzzatti a Vercelli: due sue figlieavevano sposato nostri concittadini, Enricoe Alfredo Pontremoli, figli del prof. Esdra,che fu fra i primi insegnanti della Scuolatecnica di Vercelli. (“La Sesia” del 5 aprile1927, p. 5).

Si ebbe modo di discutere questo progetto di legge il 18 e 19 febbraio1911 allorquando si tenne a Milano un importante congresso, incentratosull’assicurazione infortuni in agricoltura, organizzato dal Comitato nazio-nale per la mutualità agraria. Oltre ai rappresentanti delle Casse mutueagricole in Italia, con a capo quella di Vercelli, erano presenti l’onorevoleEdoardo Ottavi, viticoltore di Casale Monferrato e presidente delComitato “Pro Mutualità Agraria”, l’onorevole Mario Abbiate, giovanedeputato vercellese e futuro Ministro del Lavoro, numerosi direttori dicattedre di agricoltura, esponenti delle federazioni dei consorzi agrari edelle casse rurali. Dei vercellesi presenti al congresso si segnalarono inparticolare l’onorevole Abbiate e il consigliere della Cassa mutuaVincenzo Tavallini. Il primo ebbe modo di far risaltare i vantaggi chederivavano dalla mutualità agraria nel campo della prevenzione degliinfortuni, il secondo espose sia i criteri che nello svolgimento dell’attivi-tà della Cassa mutua erano applicati, sia lo straordinario sviluppo che nelVercellese aveva avuto l’assicurazione infortuni, precorrendo la legge nonsolo nei casi da questa previsti, ma anche per ciò che rifletteva l’assicura-zione per l’invalidità temporanea concernente i non obbligati.44

Da lì a pochi mesi l’onorevole Abbiate avrebbe sollecitato la discus-sione del progetto Luzzatti-Raineri nella tornata della Camera deiDeputati il 12 maggio 1911 quando, rivolto al ministro Francesco SaverioNitti, dichiarò:

L’esperimento italiano e l’esperimento straniero, ma quello italiano soprattutto (e mi

compiaccio che l’esperimento primo sia stato fatto nella regione che m’onoro di rappre-

sentare), l’esperimento fatto insegna che la soluzione migliore, tecnicamente ed econo-

micamente, per l’assicurazione contro gli infortuni in agricoltura è quella data dalla

mutualità. Sono le mutue agrarie (le mutue agrarie di Vercelli, di Firenze, di Torino), che

risolvono nel miglior modo l’importante problema.45

L’accoglienza a questa proposta di legge - rileva Cherubini - avrebbedovuto sembrare pacifica, tuttavia l’ufficio centrale del Senato, seppure astrettissima maggioranza, la respinse nel marzo 1912.46

9. L’on. Modesto Cugnolio e il progetto Nitti

Luigi Luzzatti ritornerà a parlare in termini elogiativi della Cassamutua infortuni di Vercelli il 25 agosto 1912 a Oderzo (Treviso) in occa-sione del Congresso degli agricoltori italiani. Parlando dell’assicurazione

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44 V. TAVALLINI, Relazione fatta al con-gresso della Mutualità Agraria tenutosi inMilano il 18-19 febbraio 1911, Novara 1911,p. 15.

45 M. ABBIATE, Discorso pronunciato allaCamera dei Deputati nella tornata del 12 mag-gio 1911, in G. M. BALDI (a cura di), MarioAbbiate nel suo tempo e contro il suo tempo,Vercelli 1958, pp. 255-256.

46 Tra i motivi di rigetto vengono citatila possibilità, e facilità, degli abusi del set-tore, onere finanziario insostenibile, man-cata rispondenza allo “spontaneo reclamoe al bisogno del Paese”. Quest’ultimo fat-tore, a nostro avviso, è meno debole di altriper comprendere il ritardo dell’assicurazio-ne infortuni agricoli in Italia; il capitalismoagrario era infatti diviso in due parti: una,al nord, non avrebbe più tollerato ritardi,l’altra, al sud, respingeva qualsiasi forma diobbligatorietà, sia per le poche controver-sie giudiziarie in questione, sia per la scar-sa presenza di organizzazioni operaie.Anche all’interno della sinistra, più portataa sentire le istanze degli operai dell’indu-stria, si teneva istintivamente a distingue-re tra salariati, da una parte, e mezzadri epiccoli proprietari dall’altra. (A.CHERUBINI, Storia della previdenza sociale inItalia (1860-1960), cit., pp. 141-142 e A.CHERUBINI-A. COLUCCIA, La previdenzasociale nell’epoca giolittiana. II. L’infortuniosul lavoro nell’agricoltura, cit., pp. 373-375.

infortuni in agricoltura e stigmatizzando il fatto che i lavori per l’appro-vazione della legge fondante l’obbligatorietà in quel settore fossero anco-ra al punto di partenza, così affermò:

Ma i solerti agricoltori del Vercellese e della Toscana, che fecero l’esperimento spon-

taneo e precursore di assicurare dagli infortuni i lavoratori della terra, non solo nei casi di

morte e di invalidità permanente, come la nostra legge proponeva, ma anche pei sinistri

temporanei, nei resoconti delle loro Casse Mutue testé pubblicati, danno dei numeri con-

solatori, i quali dimostrano che le buone azioni non sono un cattivo affare.47

Dal resoconto dell’assemblea generale dei soci della Cassa mutuainfortuni agricoli di Vercelli, tenutasi l’11 aprile 1913, possiamo eviden-ziare alcune di queste cifre prese a modello del Luzzatti. Al 10 novembre1912 i soci iscritti erano 717, per una superficie assicurata di 96.259 etta-ri e una mercede pagata agli operai di lire 16.769.775; gli infortuni denun-ciati furono 232 per un totale d’indennità pagate di lire 42.568,70. Ilnumero di lavoratori della terra assicurati era di circa novantamila.48

Intanto nel marzo del 1913 il ministro di agricoltura, industria e com-mercio, Francesco Saverio Nitti, provvide a nominare un’apposita com-missione ministeriale che, tra le altre cose, riprese le precedenti iniziati-ve (Conti e Luzzatti-Raineri) al fine di formulare un nuovo progetto dilegge per gli infortuni in agricoltura. La commissione propose di esten-dere l’assicurazione obbligatoria a tutti i lavoratori della terra, da 9 anni insu, con premi fissati in ragione della estensione dei terreni (come effica-cemente sperimentato dagli agricoltori vercellesi sin dall’annata agraria1903-1904) e dei rischi colturali, da stipularsi in esclusiva tramite consor-zi di assicurazione agraria, con sede e circoscrizione da determinarsi condecreto reale, i quali avrebbero potuto esercitare anche altri rami di assi-curazione. Questi consorzi dovevano essere amministrati da un consigliocomposto da rappresentanti di proprietari e lavoratori, di delegati del con-siglio provinciale con il presidente nominato dal ministro. Le indennitàvariavano, a seconda dell’età, da lire 500 a lire 2500 per gli uomini e dalire 500 a lire 1250 per le donne in caso di morte, da lire 1200 a lire 3000per gli uomini e da lire 500 a lire 3000 per le donne in caso di inabilitàpermanente assoluta; l’inabilità permanente parziale era limitata ai casiche diminuivano la capacità lavorativa di oltre un sesto. Anche in questoprogetto veniva esclusa l’indennità per inabilità temporanea.49

In merito a questa iniziativa governativa è interessante riferire, quan-to meno per la sua originalità, la presa di posizione dell’onorevoleModesto Cugnolio - indiscusso leader socialista del movimento contadino

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47 “La Sesia” del 27 agosto 1912, p. 1.

48 “La Sesia” del 12 aprile 1913, p. 2.

49 Malgrado la maggior pesantezza dicerte clausole, legate più al settore presta-zioni che non a quello relativo ai premi,questo progetto appare più avanzato diquelli precedenti, soprattutto per l’accogli-mento di molti voti espressi dalle organiz-zazioni operaie. (A. CHERUBINI, Storia dellaprevidenza sociale in Italia (1860-1960), cit.,pp. 144-145 e A. CHERUBINI-A. COLUCCIA,La previdenza sociale nell’epoca giolittiana.II. L’infortunio sul lavoro nell’agricoltura,cit., pp. 380-382.

delle campagne vercellesi - al convegno indetto dalla Federazione nazio-nale dei lavoratori della terra, tenutosi a Bologna nel dicembre 1913, pro-prio al fine di esaminare lo schema di progetto promosso da Nitti.Considerato che la Cassa mutua vercellese prevedeva - come abbiamovisto - sussidi anche in caso d’invalidità temporanea, mentre il progettogovernativo lo escludeva, il parlamentare socialista fu in un certo senso“costretto a lodare” l’Associazione degli agricoltori del Vercellese. Cosìl’articolo apparso sulla “Risaia”, il giornale socialista di Vercelli: “Dunque- diceva Cugnolio - la generosità dell’Agraria Vercellese, generosità inte-ressata in quanto tende a dissimulare il lato antipatico della organizzazio-ne sorta per combattere le richieste dei contadini, è però superiore aquanto il Governo vuole imporre in favore dei lavoratori agli altri padro-ni d’Italia”.50

Cugnolio non si era trovato d’accordo con i suoi colleghi deputati, poi-ché proponeva di sorvolare su tutte le questioni di forma pur di ottenerequalcosa di sostanziale. “Dateci - disse - per i contadini lo stesso tratta-mento che fate agli operai: noi dichiariamo che a malincuore rinunciamo amolte ragionevoli disposizioni pur d’avere la sostanza dell’assicurazione”.51

Cugnolio propose un ordine del giorno che respingeva, in primoluogo, il sistema dei consorzi adottato dal progetto governativo, dichia-rando che sarebbe spettato allo Stato di provvedere con un unico istitutocentrale all’assicurazione dei lavoratori colpiti da infortunio; ribadiva, insecondo luogo, l’opportunità di estendere l’indennizzo anche ai casi d’in-validità temporanea, con gli stessi criteri adottati per l’assicurazione deglioperai dell’industria e con l’identica franchigia; chiedeva, infine, che leindennità per l’invalidità permanente, assoluta e parziale, fossero quanti-ficate sulla base degli stessi criteri adottati per l’assicurazione degli ope-rai delle industrie, tenendo come guadagno annuo del lavoratore dellaterra il salario di lire 900. Quest’ordine del giorno elaborato dall’onorevo-le Cugnolio non fu votato.52

10. Timori di messa in liquidazione

Dal progetto governativo emergeva comunque con chiarezza il proba-bile scioglimento delle casse mutue infortuni agricole sorte fino ad allorain Italia, a cominciare da quella di Vercelli, e non è un caso che sin dal-l’indomani del disegno di legge esse si strinsero in un’azione comune perscongiurare una simile eventualità.

Il 3 febbraio 1914 i rappresentanti delle casse mutue contro gli infor-

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50 “La Risaia” del 10 gennaio 1914, p. 1.Notizie sulla vita di Modesto Cugnolio(1863-1917) sono nella voce a lui dedicatada M. FIGURELLI, Il movimento operaio ita-liano. Dizionario biografico, vol. II, Roma1976, pp. 136-137. Sui problemi della risaiavercellese e l’opera di Modesto Cugnoliovedi le belle pagine di A. CORONA, Sedicianni di cronache sangermanesi (1898-1914),Santhià (VC) 2000, pp. 17-93 e di F.RIGAZIO, Il movimento socialista nel Vercellesedalle origini al 1922, Vercelli 1993, pp. 48-73

51 “La Risaia”, cit.

52 Il convegno adottò, contro quello diCugnolio, l’ordine del giorno degli onore-voli Modigliani e Calda, che escludevaogni indennizzo per l’invalidità tempora-nea e dava incarico alla Federazione nazio-nale della terra di portare i risultati delladiscussione nel convegno bolognese fra ilgruppo parlamentare socialista, laConfederazione generale del lavoro e ladirezione del Partito socialista. Così ilcommento conclusivo, e profetico, delgiornale socialista vercellese: “Se non chéil Governo cadrà, lasciando ad un governoavversario di pensare ai contadini”. (“LaRisaia” del 10 gennaio 1914, cit.). In effet-ti nel marzo 1914 il ministero Giolitti ras-segnò le dimissioni, nuovo primo ministrofu Salandra.

tuni agricoli di Vercelli, Firenze, Bologna e Milano, si radunarono nelcapoluogo lombardo per discutere in via generale lo schema del progettodi legge sull’estensione dell’obbligatorietà dell’assicurazione agricolacompilato dalla commissione ministeriale. Ravvisando nel progetto dilegge “difetti capitali”, i convenuti votarono un ordine del giorno per ilministro Nitti, nel quale fecero voti affinché nel progetto medesimo fosse“rispettato il principio della mutualità, che ha consentito il sorgere e losvilupparsi di Casse mutue le quali, prevenendo la legge, hanno già datoprova non dubbia della bontà dei principi cui si ispirano e dei risultaticonseguiti a vantaggio degli operai agricoltori”.53

I rappresentanti delle casse mutue infortuni si dichiararono pronti aintrodurre nei propri Statuti tutte le modificazioni che potevano essereritenute opportune - compresa la rappresentanza di tutte le classi inte-ressate - e di mettere subito a disposizione del governo la pratica acqui-stata nell’ultimo decennio. “Sarebbe augurabile e desiderabile - chiude-

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Addetti a macchina seminatrice(Fototeca Istituto Belle Arti di Vercelli)

53 “La Sesia” del 7 febbraio 1914, p. 1.

va la comunicazione del direttore della Cassa vercellese Angelo Negri -che il problema, ormai maturo, dell’estensione all’obbligatorietà dell’as-sicurazione fosse un fatto compiuto, bastando le prove di saggia previ-denza, di perfetta rettitudine, di agile ed economico funzionamento datedalle Casse mutue esistenti, veri campioni della libera previdenza, checon criteri di opportuno socialismo statale si vorrebbero ora far scompa-rire, per evitare evidentemente dei confronti, che ridurrebbero a sicurosvantaggio dei futuri consorzi obbligatori e della stessa CassaNazionale”.54

Timore analogo espresse sulle colonne del “Corriere della Sera”Luzzatti, il quale, parlando dell’eventualità della messa in liquidazionedella Cassa mutua di Vercelli e delle consorelle sorte in Italia, affermò:“Esse lasciano in eredità, se dovessero morire per la nuova legge, unesempio di amministrazione semplice, pura, economica, a cui dovrebbeispirarsi lo Stato. Ma sarà capace di farlo?”55

Il direttore della Cassa mutua infortuni, Angelo Negri, fu comunquechiamato a Roma per fornire informazioni e chiarimenti alla commissio-ne parlamentare surriferita, segno eloquente della considerazione nellaquale era tenuta la progenitrice delle mutue infortuni agricoli in Italia. Inuna riunione di deputati agrari tenutasi a Montecitorio egli intervennepersonalmente, convincendo probabilmente la commissione stessa aescludere dal progetto di legge “disposizioni che rendano impossibile l’e-sistenza della Società di mutua assicurazione già fondate, che fecero finqui ottima prova”.56

Tuttavia tutte queste preoccupazioni si dovettero rivelare di breve dura-ta. Questo progetto di legge, infatti, al pari di quelli precedenti, non ebbesorte migliore: cadde con il Ministero ancora prima di essere discusso.

Dopo aver tirato un sospiro di sollievo, i soci della Cassa mutua infor-tuni si radunarono in assemblea il 23 marzo 1915 per discutere l’esercizio1914, anno con il quale chiudiamo l’osservazione del cammino intrapresodagli agricoltori vercellesi su questo importante tema previdenziale. Isoci erano saliti a 1.015, rappresentanti una superficie di 100.281 ettari euna mercede di lire 17.932.957; il numero degli infortuni denunciati fu328 comportanti una spesa di lire 71.917,40. I contadini assicurati eranopiù di centomila.57

Bisognerà attendere comunque la prima guerra mondiale, con il sacri-ficio di molti contadini nelle trincee e dei loro sostituti nei campi (fan-ciulli, donne e vecchi, facili a cadere vittime d’infortuni) affinché venis-se finalmente promulgato il decreto legge luogotenenziale 23 agosto 1917che istituiva l’assicurazione obbligatoria in agricoltura.

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54 “La Sesia” del 7 febbraio 1914, p. 1.

55 “Corriere della Sera” del 2 marzo1914, p. 1.

56 “La Sesia” del 24 febbraio 1914, p. 1.Anche da parte dei socialisti più critici neiconfronti delle Casse mutue e dei sindaca-ti privati di assicurazione, soprattutto per iltimore di vedere riflesse determinate con-traddizioni del settore assicurativo indu-striale in quello agricolo, proveniva unplauso: “In Italia esistono già degli entiche, sotto la forma di Casse mutue, hannoincominciato ad assumere infortuni agrico-li. Sono istituti nati spontaneamente perl’iniziativa di proprietari illuminati, cherendendosi conto, anche prima dei gover-nanti delle nuove necessità sociali, hannoincominciato ad assicurare i loro cittadinicontro gli infortuni; sono le seguenti CasseMutue, accanto alle quali mettiamo l’annodi fondazione: Vercelli (1904); Firenze(1909); Torino (1911); Milano (1911);Bologna (1911). Tali enti per la maggiorparte, funzionano bene” (F. ANDREANI,Legislazione sociale, Roma 1920, p. 38).

57 CASSA MUTUA DEGLI AGRICOLTORI,Relazione del Consiglio direttivo all’Assembleagenerale dei Soci per l’approvazione del Bilanciodella gestione 1914, Vercelli 1915, p. 7.

Conclusione

Entrata in vigore la legge, il 1° maggio 1919, si trattò di crearne gliorgani d’esecuzione. Fu una grande soddisfazione per i soci della Cassamutua vedersi attribuire dal governo la gestione assicurativa per le pro-vince di Novara e Pavia e, successivamente, di Alessandria. Allorquandoanche Vercelli divenne capoluogo di provincia, nel 1927, la Cassa mutuaarriverà ad assicurare contro gli infortuni agricoli ben quattro province perun totale di 990 comuni, 1.295.752 ettari di superficie agraria e forestale,656.495 lavoratori agricoli, di cui 406.201 maschi e 250.294 femmine.

All’indomani della nascita dell’INAIL, nel 1933, il territorio del regnovenne ripartito in 18 compartimenti: alla Cassa mutua di Vercelli venneaffidato, con regio decreto legge n. 319 dell’8 febbraio 1934, l’eserciziodell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro in agricoltura per il IIcompartimento.

Sarà solo con il regio decreto legge 25 marzo 1943 n. 315, convertitodopo la seconda guerra mondiale in legge 5 maggio 1949 n.178, chevenne disposto che l’esercizio dell’assicurazione infortuni agricoli fossetrasferito dalle casse mutue all’INAIL. Ebbe così fine, dopo quarant’an-ni di esistenza, la vicenda della Cassa mutua infortuni agricoli diVercelli.58

95

58 Vercelli nelle sue Istituzioni Agrarie,Vercelli 1927, pp. 63-68 ed E. CATALDI,L’Istituto Nazionale per l’Assicurazione controgli infortuni sul lavoro (Testimonianza di unsecolo), Roma 1983, pp. 77-78.

CAPITOLO SECONDO

Il Sindacato Vercellese Infortunidegli operai sul lavoro

1. La Cassa Consorziale si trasforma in Sindacato infortuni

Fin dal mese di gennaio 1908 i partecipanti alla Cassa ConsorzialeVercellese erano stati invitati all’assemblea annuale per deliberare su temidi vitale importanza. Il considerevole sviluppo preso dal consorzio, infatti,aveva indotto il Ministero ad aumentare conseguentemente il suo deposi-to cauzionale che, dovendo corrispondere a tre volte il premio esatto,sarebbe salito a lire 300.000 e cioè il doppio dell’allora deposito attuale.

Tuttavia la Cassa assicurava ormai un numero di operai molto superiorea quello di 4.000 richiesto come minimo dalla legge per la costituzione deiSindacati di Mutua assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Ecco per-ché il Consiglio di amministrazione chiese ed ottenne dal Ministero l’au-torizzazione a trasformare la Cassa in Sindacato Vercellese e questo avreb-be diminuito, anziché aumentarlo, il deposito cauzionale riducendolo a lire10 per ogni operaio assicurato. Tenendo presente il numero di lavoratoriassicurati, circa 7.000, la cauzione sarebbe stata di sole lire 70.000, con unevidente beneficio per tutti i soci. L’istituzione avrebbe funzionato comenel passato, senza alterazioni particolari nel suo indirizzo e alle vigenti con-dizioni di contratto. La trasformazione della Cassa Consorziale inSindacato, però, doveva avvenire per deliberazione dell’assemblea e que-sta, perché fosse valida, doveva comprendere i tre quarti dei partecipantiiscritti. A premunirsi della validità dell’assemblea, il Consiglio di ammini-strazione aveva diramato fin dal gennaio 1908 una circolare nella quale erafissato il giorno, 8 marzo, della nascita del Sindacato.1

Questa si tenne nel vasto salone della palestra Vittorio Emanuele III,2

alla presenza di circa trecentocinquanta soci, presieduta dal presidentecav. Angelo Bosso, assistito dai membri del Consiglio di amministrazionee dal segretario Attilio Barbieri.3 Furono ribadite dal presidente le argo-mentazioni volte alla trasformazione della Cassa in Sindacato, in modoche anziché aumentare di altre lire 150.000 il deposito cauzionale, lo sisarebbe diminuito di lire 80.000 risparmiando, nella differenza fra gliinteressi che avrebbe dovuto pagare e quelli che avrebbe riscossi, 6.000

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1“La Sesia” del 26 gennaio 1908, p. 1.

2 Oggi Palestra Mazzini.

3 Attilio Barbieri nacque a Vercelli il 29luglio 1879 e ivi morì il 27 aprile 1969.Coniugato con Rosalia Ferraris, ebbe unfiglio, Roberto, che morì a Novara il 30 set-tembre 1951 (Notizie tratte dall’Archiviodell’Ufficio anagrafe del Comune diVercelli - scheda individuale).

lire all’anno. A quel punto “la convenienza della conversione era così evi-dente che all’unanimità, senza discussione, si approvò lo scioglimentodella Cassa consorziale, la costituzione del Sindacato che ne rivelerà lagestione, ed il relativo Statuto”.4

Questo Statuto, composto di IX Titoli e 50 Articoli, non differivasostanzialmente da quello della Cassa Consorziale, esaminato nel capito-lo precedente, e lo si è inserito integralmente in appendice a questonostro studio.

Dopo che i soci ebbero a firmare l’atto costitutivo, rogato dal notaioDomenico Ranno, si passò alla consueta relazione morale e finanziaria del-l’esercizio 1907 da parte del presidente. Iniziò notando come l’anno pre-cedente fosse stato, per circostanze indipendenti dalla Cassa, poco fortu-nato, pur non essendo tale da scoraggiare. Proseguì encomiando l’operadei medici che ebbero rapporti con la Cassa “opera onesta, giusta ed illu-minata, la quale dimostra come qui non si verifichino gli abusi segnalati edeplorati da una nota pubblicazione del comm. Magaldi”.5 In questo pas-saggio del presidente si può notare come egli possa aver tenuto presentela relazione Magaldi, di cui diremo più avanti, che metteva in guardia“dalla spregiudicata simulazione degli operai che, per ottenere l’inden-nizzo previsto dalla legge, non si peritavano di rivolgersi a medici e avvo-cati poco scrupolosi”.6 Questo non era il caso di Vercelli, neppure per ilegali dell’Istituto ai quali il presidente Bosso dava lode “per l’azione paci-ficatrice esercitata con encomiabile disinteresse a scanso dei ritardi nellaliquidazione degli indennizzi che sono determinati dai lunghi litigi”.Dobbiamo tenere presente, in quest’ottica, l’antipatica - a nostro avviso -disposizione del regolamento interno dei soci, approvato il 6 giugno 1899e confermato dopo la trasformazione della Cassa Consorziale in SindacatoVercellese Infortuni: nei casi d’infortunio, infatti, il socio direttamenteinteressato, oltre agli obblighi stabiliti per le immediate denunce, aveva

quello di sorvegliare, e con frequenti visite, accertarsi personalmente di quando in

quando delle vere condizioni del ferito, della durata presumibile, e dei progressi della

malattia, sia interrogando le persone che curano e circondano l’infortunato, sia consultan-

do il medico curante, e quello in contradditorio che venisse nominato, in modo che mai

non si abbia a simulare la gravità del male od a prolungare la durata della malattia.7

Si tenga presente che nel regolamento della Cassa NazionaleInfortuni - redatto però in una contingenza storica che non sembrava pre-sentare questo tipo di fenomeno - non era previsto nulla di analogo. Unacontraddizione che si trascinava fin dall’approvazione della legge 1898,

46

4“La Sesia” del 10 marzo 1908, p. 2.

5Ibidem.

6Cfr. R. ROMANO, Sistema di fabbrica,sviluppo industriale e infortuni sul lavoro, inStoria d’Italia, cit., p. 1019.

7Sindacato Vercellese fra industriali edimprenditori per gli infortuni degli operaisul lavoro, Regolamento interno, art. 11,Vercelli 1914, p. 13.

istitutiva dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, avrebbe tut-tavia lasciato insoluto il problema curativo: infatti la prima legge ebbe dimira come scopo principale il risarcimento economico, ma dimenticò diaffrontare la questione delle cure che, dopo la prevenzione, avrebbedovuto avere la preminenza non solo nell’interesse del singolo ma soprat-tutto della collettività. La corrente di opposizione all’obbligo delle cure acarico dei datori di lavoro trovava terreno fertile, analogamente a quellodelle misure di igiene e prevenzione, negli oneri troppo elevati cheavrebbero gravato sull’industria. Ma - come ha sottolineato Antonio Moriche studiò questo problema - i medici che prestavano la loro opera seria-mente nei confronti degli infortunati avevano la dimostrazione dell’in-sufficienza delle cure ospedaliere e della troppo precoce dimissione degliinfortunati, con la constatazione di gravi postumi funzionali che ne resi-duavano quali storpiaggini, deformazioni degli arti, ustioni solo in parteriparate, ulcerazioni, ecc. 8

Dopo una parvenza di assistenza per i primi soccorsi immediati, la curaper l’operaio colpito da infortunio sul lavoro veniva così relegata in secon-do piano. Il medico stesso era sì previsto dal legislatore ma non tantocome curante, quanto semplice estensore di certificati amministrativi ascopo assicurativo. Neppure la riforma del 1904, che aveva elevato lamisura dell’indennità per gli infortuni, aveva toccato il tasto dell’assi-stenza curativa: pensiero preminente era quello economico, giustificatodall’aumento del costo della vita.

“La relazione si chiude salutando la Cassa consorziale che cessa di esi-stere e ricordandone le benemerenze e bene augurando al Sindacato chesorge ricco di speranze e di promesse”.9

Pochi mesi dopo, venne approvata dal governo la trasformazione dellaCassa Consorziale Vercellese in Sindacato Vercellese Infortuni. Il decre-to del Ministero di agricoltura, industria e commercio portava la data del23 luglio1908.10

Nella seduta del Consiglio di amministrazione del 28 agosto 1908, inol-tre, il presidente accennò ai presenti l’opportunità di aderireall’Associazione degli industriali d’Italia per la prevenzione degli infortunisul lavoro, con sede a Milano, illustrando i vantaggi che avrebbero potutoderivare al Sindacato Vercellese Infortuni per la sorveglianza che venivaeseguita periodicamente e attivamente da personale qualificato in meritoalle misure di igiene e prevenzione e alle verifiche dei relativi registri.

Il Consiglio successivamente diede incarico al segretario AttilioBarbieri di prendere contatti con detta Associazione, ma il progetto nonandò in porto. Probabilmente non veniva vista di buon occhio da parte

47

8A. MORI, Della evoluzione della legisla-zione di assicurazione contro gli infortuni sullavoro, in “Rivista degli Infortuni e delleMalattie Professionali”, Roma 1950, pp.461-548.

9“La Sesia” del 10 marzo 1908, cit.

10“La Sesia” del 25 agosto 1908, p. 1.Archivio Bona, Verbale di deliberazione delConsiglio d’Amministrazione del 28 agosto1908.

degli imprenditori vercellesi l’attività ispettiva dei tecnicidell’Associazione milanese nei confronti delle loro aziende.11

2. Il problema degli infortuni «in itinere»

Nell’assemblea annuale del 21 marzo 1909 vi fu l’occasione - da partedel presidente - di celebrare le vicende dei primi dieci anni di vita dell’i-stituzione che, da Cassa Consorziale, si era trasformata in Sindacato:“vicende fortunate e brillanti, che meritarono alla Cassa il plauso delMinistero e l’orgoglio di essere studiata e presa a modello dagli industrialidi parecchie città italiane”.12

Interessanti furono i passaggi nei quali evidenziò “l’opera intelligentedi coloro che non vollero che l’Ente vercellese venisse assorbito dalSindacato Subalpino” e la decisione del Consiglio di amministrazione dielargire un’oblazione “di lire 500 pei danneggiati del terremoto Calabro-Siculo, anziché devolverlo in festeggiamenti”.13

Meritevole di attenzione - lo incontriamo qui per la prima volta - iltema posto all’ordine del giorno in una riunione del Consiglio di ammi-nistrazione di quell’anno, relativo la risarcibilità degli infortuni derivatiagli operai dall’uso della bicicletta come mezzo di locomozione per anda-re e ritornare dal lavoro.

Si tratta del cosiddetto “infortunio in itinere” che solo oggi - a centoanni dalla promulgazione della legge sull’assicurazione obbligatoria con-tro gli infortuni sul lavoro - è stato pienamente definito dal legislatore conil decreto legislativo n. 38 del 23 febbraio 2000.

Il vicepresidente Bona prese la parola dichiarando essere pericolosostabilire un principio tassativo in merito:

Riconosce invece che l’operaio ha diritto di essere risarcito dagli infortuni derivati dal-

l’uso della bicicletta solamente quando sia provato che egli se ne è servito dietro ordine del

principale o di chi per esso, onde adempiere incarichi avuti, od anche per recarsi in qualche

altra località a lavorare, ma ciò deve avvenire durante l’orario di servizio giornaliero.

Propone pertanto che la disposizione di cui si tratta debba limitarsi solamente alle cir-

costanze indicate, evitando così abusi ed equivoci, ritenendo che sia miglior prudenza

riservarsi di decidere caso per caso per quegli infortuni che venissero denunciati come

causati dall’uso della bicicletta, ma che fossero avvenuti in circostanze diverse dal quelle

contemplate. 14

La proposta Bona fu approvata all’unanimità.

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11Archivio Bona, Verbali di deliberazionedel Consiglio di Amministrazione del 28 agosto1908 e del 6 ottobre 1908.

12 “La Sesia” del 23 marzo 1909, pp. 2-3.

13 “Nuova Gazzetta Vercellese” del 23marzo 1909, p. 2. Il Consiglio di ammini-strazione del Sindacato si era riunito inseduta speciale straordinaria, circa l’inviodei soccorsi ai danneggiati del terremoto,deliberando la somma da rimettersi allaCongregazione di carità di Vercelli, incari-cata del ricevimento delle offerte. Cfr.Archivio Bona, Verbale di deliberazione delConsiglio di Amministrazione del 4 gennaio1909.

14 Archivio Bona, Verbale di deliberazionedel Consiglio di Amministrazione del 24 set-tembre 1909.

3. Omesse registrazioni e lavoro degli apprendisti

La tendenza alla crescita, sia di nuove posizioni assicurative, sia dieventi infortunistici, fu ribadita dai dati del bilancio consuntivo all’as-semblea annuale dei soci del 1910. Essa si tenne il 6 marzo 1910 alla pre-senza di circa una settantina di soci, presieduta - come di consueto - dalpresidente Angelo Bosso. Nella relazione morale da lui esposta si potéricavare come “l’annata decorsa sia stata, per un complesso di circostan-ze, assai ricca di fortunose vicende e di sgradevoli sorprese per la quanti-tà e la gravità degli infortuni che si succedettero”. Tuttavia non mancò dirilevare come il Sindacato avesse fatto fronte con puntualità a tutti i suoiimpegni “e quello che più importa abbia liquidati e pagati i numerosissi-mi risarcimenti senza contestazioni e senza limiti di sorta, attenendosiagli arbitrati medico-legali ed alle transazioni amichevoli con relativaomologazione del Tribunale”.15 La relazione enumerò poi gli atti com-piuti dal Consiglio di amministrazione durante l’anno 1909, fra i qualil’interessamento, preso dall’amministrazione stessa, a favore di diversioperai gravemente infortunati, “i quali vennero a complete spese delSindacato inviati a speciali istituti di cura, per migliorare le loro condizio-ni fisiche”; la definizione ed approvazione dell’organico per gli impiega-ti e “l’attuazione di un progetto lungamente e laboriosamente studiato daun’apposita Commissione per procurare un equo trattamento a riposodegli impiegati stessi”;16 la riduzione del deposito cauzionale, resa possi-

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Vercelli - Stabilimento concimi societàanonima vercellese(Archivio della Biblioteca Civica di Vercelli)

15“La Sesia” dell’8 marzo 1910, p. 1.

16Per l’approvazione del progettoriguardante il trattamento a riposo degliimpiegati del Sindacato vedi ArchivioBona, Verbali di deliberazione del Consiglio diAmministrazione del 30 novembre 1909 e del15 dicembre 1909.

bile dalla trasformazione della Cassa Consorziale in Sindacato “e la con-seguente diminuzione di lire 40.000 del mutuo contratto colla benemeri-ta Cassa di Risparmio di Vercelli”.17

Oltre a queste positive considerazioni, però, ne emergevano altre disegno opposto: in quella medesima assemblea lo stesso Bosso riferì che vierano soci i quali omettevano scientemente le registrazioni sul libro pagadei loro operai, oppure aspettavano a registrarli nei soli casi di infortunio.Di fronte a questa distorsione del sistema, che finiva per arrecare ungrave danno finanziario e morale all’istituto vercellese, il presidente invi-tava ad insorgere per smascherare i colpevoli e punirli; inoltre comunicòdi promuovere una inchiesta per scoprire e far cessare possibili abusi inquesto settore. Infine, constatato il numero relativamente alto di infortu-ni di lavoratori apprendisti, non lesinò a tirare le orecchie a quegliimprenditori che assumevano indiscriminatamente questa giovane cate-goria di lavoratori

in genere vengono adibiti con troppa facilità e frequenza ai lavori con uso di macchi-

ne, ragazzi inesperti, incoscienti del pericolo, e certo non adatti per essere sottoposti a

rischi che richiedono la previdenza e l’avvedutezza di persone adulte e cognite.18

4. Ispezioni interne e questioni fiscali

Nella relazione del presidente all’assemblea annuale del 12 marzo1911, erano esposte le condizioni morali, economiche e finanziarie delSindacato Vercellese Infortuni dell’esercizio 1910. Quest’ultimo si sareb-be dovuto dividere in due periodi semestrali nettamente distinti, i qualisi potevano qualificare “periodo fortunato il primo, fortunoso il secon-do”.19 Come risultava dai documenti dimostrativi, il primo fu un periodo“di tranquillità e di calma” sia per il numero relativamente esiguo, sia perla minore gravità degli infortuni denunciati; il secondo, invece, fu “assaipiù laborioso ed agitato” per l’avvicendarsi dei numerosi e gravi sinistriche si erano verificati, i quali “andarono progressivamente aumentandocon una recrudescenza veramente dolorosa ed inquietante”.20 Il presi-dente, rilevata l’importanza di questo fenomeno, “il quale si manifesta esi ripete con maggiore o minor rilievo ogni anno”, volle spiegare e giu-stificare le più vive raccomandazioni al fine di voler sempre più intensi-ficare, da parte dei soci l’opera di prevenzione e vigilanza. Tutti gli infor-tuni del 1910, comunque, furono liquidati e pagati senza contestazioni econ soddisfazione delle parti lese.

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17“La Sesia” dell’8 marzo 1910, cit.

18Archivio Bona, Rendiconto dell’esercizio1909, Vercelli 1910, p. 10.

19“La Sesia” del 14 marzo 1911, p. 1.Oltre ai resoconti pubblicati sulla stampalocale siamo in grado, per le assemblee dal1911 al 1914, di avere più completezza didati grazie ai rendiconti a stampa sugliesercizi annuali che si trovano pressol’Archivio Bona di Vercelli e l’Archivio sto-rico del comune di Vercelli - Archivio dideposito, Categoria II - Opere pie eBeneficenza, Classe IV - Società operaie edi mutuo soccorso, Fascicolo VII -Sindacato vercellese per gli infortuni deglioperai sul lavoro (d’ora in avanti ASCV -Sindacato vercellese infortuni).

20ASCV - Sindacato vercellese infortu-ni, Rendiconto dell’esercizio 1910, Vercelli1911, p. 5.

Un altro motivo di interesse, contenuto nella relazione del presidente,fu quello dei controlli sui documenti dei soci. I sospetti di irregolarità nellatenuta dei libri di assicurazione, lanciati da più di un socio nell’eserciziopassato, diedero motivo al Consiglio di amministrazione di procedere aduna rigorosa ispezione generale dei registri di assicurazione presso “tuttiindistintamente i Soci” al fine di accertare quanto vi potesse essere di veronei sospetti. L’incarico di eseguire l’ispezione venne opportunamente affi-dato al segretario del Sindacato, Attilio Barbieri, il quale, coadiuvato dagliincaricati delle sezioni di Casale e di Novara, Morera e Ferrario, “riuscì acompiere la delicata ed importante mansione in modo efficacemente serioed avveduto”.21 I risultati conseguiti dalla verifica - disse il presidente -furono più che soddisfacenti e tali da dissipare i dubbi ed a smentire lefalse voci che avevano ipotizzato irregolarità dei soci: pochissimi furono icasi in cui si ebbe ad accertare vera negligenza, mentre la maggioranzadegli associati fu trovata in regola con i libri obbligatori.

Non meno importante fu, successivamente, la rievocazione da partedel presidente, di una grave contestazione con il locale agente delleimposte nel corso del 1910, a causa della tassabilità delle differenze fraentrate ed uscite che andavano, come previsto dallo Statuto delSindacato, a scarico dei premi per gli anni successivi. In particolare, ilSindacato Vercellese Infortuni venne, al principio del 1910, preso di miradal fisco e tassato per un reddito imponibile di lire 20.000, con la motiva-zione che l’avanzo di gestione derivato dall’eccedenza dei contributi ver-

51

Vercelli - Molino Raynero(Archivio della Biblioteca Civica di Vercelli)

21 Archivio Bona, Verbale di deliberazionedel Consiglio di Amministrazione del 17 giugno1910.

sati preventivamente dai soci, costituiva un vero e proprio reddito indu-striale soggetto agli effetti della legge sulle imposte dirette. Precedutonell’identica questione fiscale dal Sindacato Subalpino Infortuni diTorino, il sodalizio vercellese non fece altro che seguire il confratello piùpotente nella reazione contro le richieste del fisco, in modo da non lascia-re nulla di intentato per salvaguardare i diritti e le ragioni del Sindacato.22

Questi ricorse così alla Commissione mandamentale delle imposteche accolse favorevolmente la tesi sostenuta dal Sindacato e respinsel’imposizione avanzata dal fisco. Uguale esito ebbe in seguito il ricorsoinoltrato, dall’agente locale alla Commissione provinciale, in appellodella deliberazione della Commissione sopraccitata in prima istanza.Tuttavia - spiegò il presidente - l’agente stesso, respingendo i due giudi-zi a lui contrari, si appellò alla Commissione centrale di Roma che capo-volse i due giudizi espressi in precedenza in sede locale, e confermò l’ac-certamento della tassa di ricchezza mobile a carico del Sindacato. Nonpotendo più evitare di sfuggire alla nuova imposizione, venne così stan-ziata in bilancio la somma di lire 2.500 occorrente per far fronte al paga-mento dell’imposta riferentesi all’esercizio 1910.

L’esposizione della relazione morale terminò con l’annuncio che l’am-ministrazione del Sindacato era riuscita finalmente, dopo varie ed infrut-tuose ricerche, a provvedere a una nuova e più decorosa sede sociale eprecisamente “negli ammezzati del nuovo, grandioso edificio testécostruito dal consocio geom. Giovanni Bona in Rialto: locali megliorispondenti al decoro ed alla cresciuta importanza del sodalizio”.23

5. Liti e vertenze giudiziarie

Non meno ricco di informazioni, utili al nostro studio al fine di far lucesulle origini dell’assicurazione infortuni a Vercelli, fu il resoconto dell’as-semblea annuale tenutasi il 17 marzo 1912.

L’anno 1911, non solo per la gravità degli infortuni avvenuti ma ancheper le questioni giuridiche che si dovettero sostenere, fu alquanto agita-to e laborioso “così da non trovare riscontro nei precedenti annali dellanostra Istituzione”.24

Il presidente Bosso, ricordando la notizia data nella precedente assem-blea di alcuni gravi infortuni, gravi soprattutto per le conseguenze letalie per il conseguente onere sociale, aggiunse che altri infortuni avvenne-ro non meno gravi, se pure meno frequenti, i quali destarono serie preoc-cupazioni per il bilancio. Inoltre - continuò il presidente - altre inquietu-

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22 Archivio Bona, Verbale di deliberazionedel Consiglio di Amministrazione del 30 set-tembre 1910.

23“La Sesia” del 14 marzo 1911, cit. eArchivio Bona, Verbale di deliberazione delConsiglio di Amministrazione del 30 maggio1911.

24ASCV - Sindacato vercellese infortu-ni, Rendiconto dell’esercizio 1911, Vercelli1912, p. 11. Cfr. anche “La Sesia” del 19marzo 1912 e “Il Giornale di Vercelli” del26 marzo 1912, p. 2.

dini si aggiunsero, soprattutto dovute alle contestazioni che seguirono isinistri denunciati. Malgrado le idee conciliative dell’amministrazione, sidovettero sostenere delle liti “causate dalla inconsulta caparbietà di colo-ro stessi i quali, riconosciuti colpevoli, avrebbero avuto non solo il dove-re, ma tutto l’interesse di evitarle”.25 Avendo constatato che le vertenzegiudiziali di cui sopra erano state causate essenzialmente da irregolaritàriscontrate nella tenuta dei libri paga e matricola degli operai, da parte deisoci, l’amministrazione ritenne opportuno richiamare tutti gli associati“sulla necessità assoluta di una più scrupolosa osservanza alle disposizio-ni legali e contrattuali riguardanti la regolare e fedele registrazione deglioperai” onde far riferimento per la liquidazione delle indennità agli infor-tunati. Dopo aver raccomandato, subito dopo, l’adozione dei mezzi diprevenzione atti a tutelare efficacemente l’incolumità dei lavoratori, ilpresidente auspicò che “tali richiami saranno da Voi tenuti nelle debiteconsiderazioni, se Vi preme di evitare seri conflitti, che risolti giuridica-mente lasciano sempre strascichi dolorosi e soprattutto dannosi”.26

La relazione accennò poi alla vertenza sulla tassa di ricchezza mobile,vinta dal Sindacato davanti alle Commissioni locale e provinciale ma per-duta davanti a quella centrale. Il Sindacato Subalpino di Torino, al qualeavevano fatto riferimento i consociati vercellesi per risolvere la questione,andò ancora in appello, ma nel frattempo - riferì Angelo Bosso - perven-nero al Sindacato Vercellese due circolari ministeriali emananti nuove dis-posizioni circa il criterio da adottarsi nell’applicazione della tassa di ric-chezza mobile ai sindacati infortuni, in particolare stabilendo che dovesseesonerarsi da tassazione la differenza attiva rimborsata ai soci, “ciò chedimostra come il Ministero competente abbia riconosciuta l’eccessivitàdelle vessazioni alle quali il fisco stesso ci aveva assoggettati”.27 Tuttaviail timore che, da parte governativa, avrebbero potuto essere assoggettatead imposizione fiscale tutte le altre attività del Sindacato, costituì unapreoccupazione non indifferente per i soci di quell’assemblea.

6. Partecipazioni a convegni e timori di “statizzazione”

Dal rapporto sull’esercizio 1912 approvato nell’assemblea dei soci il 16marzo 1913, si evince che la relazione morale del presidente Bosso consi-stette essenzialmente nel “desiderio vivissimo di rievocare e di illustrarecon brevi cenni dimostrativi l’importanza che il nostro Sindacato (ha)saputo meritatamente acquistarsi nel trascorso periodo di sua vita opero-sa e feconda”.28 Dopo aver constatato che nel campo delle assicurazioni

53

25ASCV - Sindacato vercellese infortu-ni, Rendiconto dell’esercizio 1911, Vercelli1912, p. 6. Il presidente si riferiva certo alcaso di una ditta partecipante, CostelliPietro, contro la quale il Sindacato avevaintentato causa (vincendola) per non averevoluto rifondere una giusta differenza sul-l’indennità d’infortunio agli eredi di unsuo operaio. Cfr. Archivio Bona, Verbale dideliberazione del Consiglio di Amministrazionedel 19 dicembre 1911.

26Ibidem, pp. 7-8.

27Ibidem, p. 8.

28ASCV - Sindacato vercellese infortu-ni, Rendiconto dell’esercizio 1912, Vercelli1913, p. 5. Cfr. anche “La Sesia” del 18marzo 1913, p. 1 e “Il Giornale di Vercelli”del 20 marzo 1913, pp. 1-2.

sociali operanti nel ramo infortuni, il Sindacato Vercellese occupava unposto di prim’ordine per il numero delle ditte associate e degli operaiassicurati, ricordò che l’istituzione

essendo sorta tra le prime in Italia, fin dall’inizio della promulgazione della legge,

gode non solo il primato tra la quasi totalità delle altre Istituzioni congeneri, ma ha dato

l’esempio, ha servito di modello, ha tracciata ed additata la via a diverse altre Consorelle

alle quali, dietro indicazione ed invito del Ministero, ha forniti tutti gli elementi e tutte

le nozioni che ad esse occorrevano per potersi costituire, ed iniziare il regolare loro fun-

zionamento.29

Inoltre, nel Congresso tecnico internazionale per lo studio dei mezzidi prevenzione nelle industrie, tenutosi a Milano nel maggio del 1912, enel Congresso che si svolse nell’ottobre 1912 a Roma, tra i Sindacati e leCasse private di assicurazione in merito a modifiche e riforme alla leggeinfortuni, il Sindacato Vercellese fu accolto con segni di considerazione eil suo consiglio fu tenuto prezioso dagli altri partecipanti, per il contribu-to che esso portava con la sua lunga esperienza e la sua competenza nellevarie materie. Nel Congresso di Roma, aperto solennemente il 20 ottobrecon una relazione di Luzzatti e al quale partecipò anche una rappresen-tanza della Confederazione generale del lavoro (Beltrami, D’Aragona,Allevi, Parravicini) si fecero voti per introdurre la tutela nell’agricoltura,l’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali, l’istituzionedell’arbitrato obbligatorio in caso di controversie sulla natura e le dimen-

54

Vercelli - Fabbrica caffè cicoria Luigi Rossa(Archivio della Biblioteca Civica di Vercelli)

29ASCV - Sindacato vercellese infortu-ni, Rendiconto dell’esercizio 1912, Vercelli1913, pp. 6-7.

sioni dell’infortunio o le sue conseguenze. Tuttavia il giudizio sull’esitodel convegno romano, nelle parole del presidente Bosso, che vi parteci-pò, non fu positivo:

Il Comitato ordinatore dimostrò alquanta impreparazione nel coordinare i lavori, così

che questi procedettero a sbalzi e senza un criterio ben stabilito. La discussione fu quasi

sempre eccessivamente lunga, anche per argomenti di un’importanza molto relativa, ed

assunse un carattere eminentemente curialesco, essendo stata sostenuta quasi esclusiva-

mente da avvocati. La manifestazione di propositi tendenti ad ottenere una radicale rifor-

ma dell’attuale Legge Infortuni venne dalla maggioranza degli intervenuti riconosciuta

pericolosa, poi che potrebbe servire di pretesto al Ministro Nitti per lanciare quella com-

pleta trasformazione della Legge stessa che da tempo notoriamente vagheggia, e che con-

durrebbe alla statizzazione dell’assicurazione infortuni.30

Da non sottovalutare poi una circostanza che il presidente volle ricor-dare: nei convegni sopraccitati, infatti, il Sindacato Vercellese “si trovòsempre per comunanza di principi e di idee, per uniformità di vedute edintenti, concordemente associato col potentissimo Sindacato Subalpinodi Torino”31 nei confronti del quale - come si ricorderà - nel passato vierano stati motivi di frizione.

Le ditte iscritte, che alla fine del 1911 erano 927, salirono a 1.055 nel1912, con un aumento di 128 soci. Gli operai assicurati in media giornal-mente ammontarono a 10.055, in confronto dei 10.003 del 1911, ed i sala-ri denunciati ascesero a lire 6.840.839, in confronto di lire 6.426.090,20dell’esercizio precedente.32 Da quanto emerge dalle cifre sopra riportate,risultò che l’aumento degli operai impiegati durante il 1912 non fu pro-porzionato in confronto al numero delle ditte iscritte nello stesso anno,così che la somma complessiva dei salari denunciati è riuscita inferiore aquella che regolarmente avrebbe dovuto essere. “Tale fatto si deve cer-tamente ed unicamente attribuire alle eccezionali condizioni politiche incui si è svolta, per la nostra Nazione, l’annata trascorsa, le quali hannocausata una certa crisi generale di lavoro”.33

7. I rapporti con “certi istituti di contenzioso”

La preoccupazione per l’accresciuto numero di incidenti, soprattuttomortali, ed il conseguente esborso finanziario per liquidare le indennitàai superstiti, fu il motivo dominante della relazione morale del presiden-te Angelo Bosso, tenutasi nell’assemblea dei soci del 22 marzo 1914 in

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30Archivio Bona, Relazione del presi-dente Bosso acclusa al Verbale di delibera-zione del Consiglio di Amministrazione del 20dicembre 1912.

31ASCV - Sindacato vercellese infortu-ni, Rendiconto dell’esercizio 1912, cit. p. 7.

32Ibidem, p. 8.

33Ibidem, p. 9.

merito al quindicesimo anno di esercizio del Sindacato VercelleseInfortuni (ex Cassa Consorziale Vercellese).34 La gestione - disse - fusignificativamente movimentata “per la gravità e per il numero rilevantedei sinistri che si sono succeduti con una frequenza veramente impres-sionante”,35 comportanti numerosi casi di morte, di invalidità e di inabi-lità temporanee denunciate in abbondanza tale non mai raggiunta fino adallora. Il Consiglio di amministrazione del Sindacato Vercellese Infortuninon aveva comunque avuto remore nell’espellere dal sodalizio quei dato-ri di lavoro inadempienti nei confronti della sicurezza nei cantieri.

In seguito ad un sopralluogo eseguito dall’incaricato della sezione diCasale, Morera, in merito ad una ditta edile, infatti:

Si dovette constatare l’assoluta insufficienza dei ponti di servizio, formati da poche e

mal connesse assi sprovviste di qualsiasi riparo e di ogni sostegno, in modo da costituire

un pericolo permanente per gli operai che su tali impalcature dovevano lavorare.36

Tuttavia fu rilevato che si seppero evitare controversie e si definirononumerose pendenze. Solo tre - ma qui il tono della relazione fu partico-larmente severo e ci permette di aprire una parentesi sul tema degli abusi- furono le contestazioni giudiziali

da noi certo non provocate nè volute, le quali si sarebbero appianate benissimo se gli

operai interessati non fossero stati istigati e sobillati dalle inframmentenze di certi istitu-

ti di contenzioso i quali, approffittando e speculando sulla dabbenaggine e sulla creduli-

tà degli operai stessi, provocano difficoltà di ogni genere nelle normali e legali trattative

di liquidazione degli indennizzi, pur di travisarle ed intralciarle, procacciandosi così una

fonte di lucro più o meno lecito ed onesto.37

A dar credito a queste enunciazioni era anche la voce autorevole diVincenzo Magaldi il quale, citando le osservazioni del dott. Prosperi sulla“Rassegna di Assicurazioni e Previdenza Sociale”, il bollettino mensiledella Cassa Nazionale Infortuni, aveva rilevato che in quasi ogni cittàindustriale funzionava regolarmente qualche ufficio di consulenza medi-co-legale con a capo medici, avvocati, procuratori. Tra questi ultimi

il più delle volte figurano vecchi operai indennizzati che abbandonarono il loro

mestiere e che, forti delle loro vecchie amicizie e relazioni, assaltano l’operaio non appe-

na esce dall’officina con la mano o l’occhio bendati, per fargli intravvedere la possibilità

di lucro e per incanalare una azione giudiziaria per la indennità, prima ancora che l’ope-

raio sia dichiarato giuridicamente guarito.38

56

34“La Sesia” del 24 marzo 1914, p. 1 e“Il Giornale di Vercelli” del 26 marzo1914, p. 2.

35ASCV - Sindacato vercellese infortu-ni, Rendiconto dell’esercizio 1913, Vercelli1914, p. 5.

36Archivio Bona, Verbale di deliberazionedel Consiglio di Amministrazione del 21novembre 1913.

37ASCV - Sindacato vercellese infortu-ni, Rendiconto dell’esercizio 1913, cit. p. 6.

38V. MAGALDI, La Cassa NazionaleInfortuni, in “Rassegna di Assicurazioni ePrevidenza Sociale”, Roma 1917, p. 25.

Lo stesso Magaldi nel 1907, nella sua relazione sull’inchiesta ordinatadal Consiglio superiore del lavoro, aveva usato parole molto forti contro laleggerezza di coloro che assistevano gli infortunati nelle vertenze contro lesocietà assicuratrici, prima fra tutte la Cassa Nazionale Infortuni. Questainchiesta fu valutata negativamente sulle pagine della “Critica Sociale”poiché furono sentite esclusivamente le ragioni della Cassa infortuni e dialtri istituti assicuratori “ma non gli operai, non i loro consulenti medici elegali, non le camere del lavoro, non le organizzazioni”:39 se si fossero sen-tite tutte le parti “a mille e a mille sarebbero balzati fuori gli esempi carat-teristici di quotidiana violazione di legge da parte degli assicuratori”.40 Unmotivo in più per non accettare acriticamente, per la nostra situazionelocale, osservazioni tendenti a spacciare l’idea di ingenuità o, peggio, dimalafede nei confronti dei lavoratori colpiti da infortunio. Se è vero che glioperai ed i loro aventi causa non sempre avevano cognizione dei diritti edei mezzi per farsi valere, cadendo a volte nelle mani di chi ne sapevasfruttare l’ignoranza anche inducendoli a cause inconsulte, sembrava trop-po forzato applicare questa considerazione ad una realtà come Vercelli. Èanche vero, altresì, che da parte degli industriali ed imprenditori, la parteforte del contratto di lavoro, vi era una tendenza a limitare determinatidiritti dei loro subordinati: in quest’ottica poteva tornare quanto maicomodo mettere in un unico calderone l’opera di intermediatori e di sfrut-tatori con quella degli istituti di patronato, promossa dalle camere dellavoro e delle organizzazioni sindacali. Solo uno studio dell’azione sinda-

57

Vercelli - Mattatoio civico(Archivio della Biblioteca Civica di Vercelli)

39P. LANINI, La riforma della legge sugliinfortuni, in “Critica Sociale”, Milano 1909,pp. 22-23.

40Ibidem.

cale nella nostra realtà vercellese, incentrato nel settore dell’assistenza ailavoratori vittime di infortunio sul lavoro, potrebbe darci quelle risposteche per il momento sono al livello di ipotesi.

Come l’anno precedente, anche in questa occasione si rilevò come lecondizioni generali del mercato monetario determinassero delle fortioscillazioni sul valore dei titoli del Sindacato, in particolar modo sulleobbligazioni ferroviarie, depositate presso la Cassa depositi e prestitiquale cauzione e garanzia degli operai assicurati. Queste obbligazioni,specificò il presidente, acquistate in epoche diverse al prezzo medio dilire 340, discesero a lire 325, e ciò causò una rilevante svalutazione percompensare la quale sarebbe stato opportuno costituire un fondo apposi-to mediante graduali accantonamenti.

Anche il perdurare della “crisi acuta di lavoro” che si manifestò nelVercellese, nel Novarese e nelle zone comprese nella giurisdizione delSindacato non fu elemento positivo per l’andamento dell’istituzione stes-sa. Molte ditte chiusero la posizione assicurativa, a causa della cessazioneforzata dell’attività, o diminuirono fortemente il numero degli operai assi-curati, con il conseguente ribasso dei salari denunciati, causando una con-trazione forte dei premi di assicurazione. Questo provocò, inoltre, unosquilibrio tra l’ammontare dei residui attivi, da esigere dai soci per saldopremio riferito all’anno precedente, e di quelli passivi, che erano benmaggiori, da restituire quale regolazione passiva. Tuttavia, nonostante imaggiori oneri causati dall’accresciuto numero di infortuni e di rimborsialle ditte, il presidente chiuse con una nota d’ottimismo, rilevando comela differenza attiva di gestione fosse stata “insperata ed ancora discreta”.41

8. Vigilia di guerra

L’ultima assemblea presa da noi in considerazione, nel rispetto deilimiti cronologici che ci siamo fissati all’inizio di questo studio, era giàimmersa nel clima della prima guerra mondiale. Tenutasi il 7 marzo 1915,presenti oltre cento partecipanti, essa deliberò in merito al sedicesimoanno di esercizio dell’istituto.42

La relazione morale del presidente Bosso incominciò ricordando “l’ec-cezionalità del momento storico che si attraversa per il terribile urto cheha travolto popoli e nazioni, il profondo, generale perturbamento che neè derivato, la depressione economica e finanziaria che si è ripercossa e siripercuote su tutto e su tutti”.43 Nonostante ciò, tuttavia, questi avveni-menti non turbarono l’andamento dell’istituto “che si è svolto in modo

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41ASCV - Sindacato vercellese infortu-ni, Rendiconto dell’esercizio 1913, cit., p. 7.In merito alla crisi di lavoro che colpì lenostre zone tra il 1912 e il 1914, oltre aidati sugli operai assicurati indicati nelleappendici (tabella 5), cfr. anche alcunicenni contenuti nel “Bollettino dell’ufficiodel lavoro”, II, Roma 1912, dove, nellarubrica “Mercato del lavoro per località”, sievince che a Vercelli “scarseggia la manod’opera nei maglifici e nei calzaturifici”(pag. 129) e si parla di diminuzione di lavo-ro nell’arte edile (pag. 501). Queste breviinformazioni contenute nel “Bollettino”erano fornite dalle camere del lavoro edalle organizzazioni operaie.

42 “La Sesia” del 12 marzo 1915, p. 1.

assolutamente normale” non modificandone o alterandone il funziona-mento “che è proceduto colla massima regolarità e correttezza”. Anchese, in conseguenza dei provvedimenti economico-finanziari eccezional-mente restrittivi emanati dal governo, venne limitata la libertà di dispor-re dei fondi depositati presso gli istituti bancari, il Sindacato Vercelleseriuscì ugualmente a soddisfare gli impegni verso gli infortunati:“Nessuna sospensione, nessun ritardo si ebbe a verificare nel pagamentodelle indennità giornalmente liquidate che vennero corrisposte colla con-sueta regolarità, grazie in special modo al largo trattamento ricevuto dalleSpettabili Banche Popolare di Novara e Lomellina di Mortara, assuntricidel servizio di cassa”.44

Conseguenza della grave crisi provocata dalla guerra fu, come l’annoprecedente, la diminuzione degli operai occupati dalle ditte iscritte alSindacato, malgrado fosse cresciuto il numero dei nuovi iscritti.Ripercussione diretta di quello stato di cose fu l’entità dei premi accerta-ti alla chiusura dell’esercizio 1914, dal quale risultò che, per l’eccedenzadel contributo preventivo anticipato in confronto di quello definitivoaccertato, si sarebbero dovute effettuare ai soci numerose restituzionidelle regolazioni.

I profondi turbamenti avvenuti sui mercati monetari e la chiusuradelle borse causarono, inoltre, una notevole svalutazione nel valore deititoli in cui erano investiti sia il deposito cauzionale che il fondo di riser-va. Mentre però per la riserva nessun provvedimento si rese necessario,non potendosi considerare il ribasso come perdita effettiva, per il deposi-to a cauzione, ridottosi in seguito al deprezzamento indicato ad una misu-ra inferiore da quella stabilita dalla legge come garanzia degli operai assi-curati si dovette disporre di un reintegro mediante acquisto di altri titoli,che vennero depositati presso la Cassa depositi e prestiti a supplementodella cauzione stessa. In quest’ottica fu provvidenziale la deliberazioneadottata dai soci nella precedente assemblea in virtù della quale vennecostituito, con tre quarti della differenza attiva risultata dall’esercizio1913, un fondo speciale di compenso per la svalutazione titoli, poiché fuproprio da quel fondo che si prelevarono le risorse per reintegrare il depo-sito cauzionale.

L’amministrazione - proseguì il presidente - risolvette tutte le diffi-coltà che le si presentarono nel corso dell’esercizio definendo e liquidan-do le numerose pratiche infortuni riguardanti i casi di morte e di invali-dità permanente “appianando le sorte contestazioni in modo corretto econciliativo così da poter addivenire ad amichevoli componimenti conpiena soddisfazione delle parti lese”.45

59

43ASCV - Sindacato vercellese infortu-ni, Rendiconto dell’esercizio 1914, Vercelli1915, p. 5.

44Ibidem.

45Ibidem, p. 7.

60

La sede del Sindacato Vercellese Infortunisul Lavoro (Archivio Bona)

L’avere evitato contestazioni legali e ridotte le spese generali, diedemodo, infine, di ottenere un utile superiore a quello dell’esercizio prece-dente.

La relazione dei sindaci, letta da Francesco Scarabello, mentre atte-stava la regolarità della gestione e l’esattezza delle cifre del consuntivo,richiamò l’attenzione dei soci nel fatto che, nel 1914, si era avuto un mag-gior numero di indennizzi e una conseguente maggiore uscita. Particolareinteressante, anche per capire la mentalità dei partecipanti al Sindacatoche, sotto l’apparenza di un’istituzione che mirava al conseguimento del“santo scopo” della previdenza, aveva saputo adottare raramente misurecoercitive nei confronti di coloro che non adottavano mezzi di prevenzio-ne, fu l’esortazione proveniente proprio dai sindaci (i revisori dei conti!)

di usare le dovute cautele nell’accertare le cause e le circostanze degli infortuni prima

di denunciarli, e soprattutto di non tralasciare misure di prevenzione e mezzi di sicurez-

za che siano atti ad evitare nel miglior modo possibile i sinistri.46

Le condizioni di salute e di efficienza fisica del lavoratore venivanocosì subordinate alla preoccupazione di sborsare più soldi nel caso nonfossero stati adottati idonei mezzi di tutela.

9. Considerazioni conclusive

Proviamo ora a riassumere le cifre esposte in merito ai sedici anni diesercizio dell’istituto (ricordiamo che era nato come Cassa Consorzialenel 1898), tentando di andare al di là del semplice descrittivismo e con laconsapevolezza che serve fino ad un certo punto accumulare dati se nonci si apre al contesto nazionale, facendo luce su problematiche più ampie.I risultati delle ricerche non sono mai generalizzabili - ed il caso diVercelli riguardante gli infortuni degli operai sul lavoro non fa eccezione- tuttavia soltanto mediante studi di microanalisi, rapportati a quelli dipiù ampio raggio, ci si può orientare e confrontare al fine di sviluppare eapprofondire in prospettiva la ricerca.

L’unico istituto assicuratore di cui possediamo statistiche complete dal1898 al 1914, oltre al Sindacato Vercellese Infortuni, allo stato attualedella ricerca, è la Cassa Nazionale Infortuni. I dati - come riferisceRoberto Romano che ha analizzato l’aspetto statistico infortunistico -sono ricavati secondo criteri non sempre omogenei, talvolta non si riescea capire se i risultati riguardanti gli infortuni si riferiscono a quelli denun-

61

46ASCV - Sindacato vercellese infortu-ni, Rendiconto dell’esercizio 1914, Vercelli1915, p. 12.

ciati o a quelli seguiti effettivamente da indennizzo. Tuttavia sono “dellecifre, e non sensazioni o intuizioni, e dunque contribuiscono a togliere ilproblema degli infortuni dalla genericità e dall’astratta indeterminatezzain cui cadrebbe qualora ci si volesse limitare a una descrizione emotivadelle sofferenze del proletariato”.47

Per quanto concerne la Cassa Nazionale, si nota come il numero degliinfortuni indennizzati sia passato in sedici anni da 12.554 a 105.904, conun numero di lavoratori morti sul lavoro da 145 a 343 (con una punta di453 nel 1909), di invalidi permanenti da 390 a 6.467 e di invalidità tem-poranea da 12.019 a 98.788.

Per ciò che riguarda il Sindacato Vercellese Infortuni, invece, nei sedi-ci anni di esercizio si può notare come il numero degli infortunati, ai qualifosse stato pagato l’indennizzo, sia passato da 27 a 1.127, con un numerodi deceduti in aumento da 1 a 6 (con un punta massima di 8 negli anni1912 e 1913), il numero di invalidi permanenti da 1 del 1898 a 68 del1914, il numero di inabili temporanei da 25 a 1.053.

Se in via assoluta il numero degli infortuni liquidati mostra una ten-denza all’aumento, sia per la Cassa Nazionale che per il SindacatoVercellese Infortuni (tab. 1), molto più variabile è l’indice di frequenzaper la Cassa Nazionale (ricavato dal rapporto tra il numero di infortuniper 1.000 ed il numero di occupati esposti al rischio) sia per l’insiemedegli infortuni, sia per la morte e l’invalidità temporanea, mentre l’indi-ce della invalidità permanente appare decisamente in aumento (tab. 2).Se, come si può notare dalla tabella n. 3, per i casi di morte sul lavoro aVercelli si nota un valore inferiore all’unità ogni mille operai (anzi, pergli anni 1902, 1904 e 1905 non risultano addirittura casi), molto più rile-vante appare - analogamente ai dati della Cassa Nazionale - la crescitadelle invalidità permanenti. Si tenga inoltre presente che i casi di infor-tunio riportati dalle tabelle sopra descritte si riferiscono ai liquidati, manon dobbiamo dimenticare che in realtà furono molti di più. Abbiamogià evidenziato, parlando dei resoconti delle assemblee annuali delSindacato Vercellese Infortuni, i problemi sorti a causa di speculatori diprofessione che, per proprio tornaconto, trovavano qualsiasi pretesto perfar ottenere indennità sempre superiori agli infortunati che a loro sirivolgevano. Facendo così, però, gli istituti assicuratori avevano buongioco nel risarcire solo gli infortuni per i quali non esistessero assoluta-mente appigli di contestazione. Inoltre non è possibile conoscere il datostatistico dei lavoratori non assicurati, in violazione alla legge, dai propridatori di lavoro: anche in questo caso abbiamo osservato, analizzandol’assemblea del Sindacato Vercellese del 1910, come alcuni imprendito-

62

47R. ROMANO, Sistema di fabbrica, svi-luppo industriale e infortuni sul lavoro, cit.,pp. 1028-1029.

ri non avessero iscritto a libro paga determinati operai, provocando unavisita ispettiva generale da parte del Sindacato stesso. È molto probabi-le che, in caso di omissione, gli infortuni non venissero denunciati.Anche se l’ispezione promossa dal Sindacato - come abbiamo visto nel-l’assemblea del 1911 - non diede particolari problemi al Consiglio diamministrazione, non si è lontani dal vero affermando che gli abusi inquesto settore fossero molti di più. Il Sindacato Vercellese stesso,comunque, non aveva esitato a radiare dal sodalizio quei datori di lavoroche avessero omesso di registrare deliberatamente le giornate di pre-senza e i salari relativi dei propri dipendenti.48

Abbiamo inoltre riportato in tabelle la sintesi dei dati descritti per ognisingola assemblea annuale della Cassa Consorziale Vercellese e delSindacato Vercellese Infortuni: la tab. 4 evidenzia la tipologia degli infor-tuni e l’ammontare delle indennità; la tab. 5 illustra non solo gli infortu-ni liquidati, ma anche quelli denunciati, ed evidenzia il premio di assicu-razione pagato annualmente dai soci. La possibilità di avere i dati ufficia-li in merito al premio versato dai soci ci consente di analizzare un’ultimatabella, la n. 6, relativa al costo che gravava sull’imprenditore per ciascunsingolo lavoratore: come si può vedere, con meno di venti lire all’anno perogni operaio i datori di lavoro si liberavano dai problemi riguardanti laresponsabilità civile in caso di infortunio.

Da questi dati non possiamo che confermare le deduzioniargomentate da Romano e cioè che negli anni dell’età giolittiana, con-traddistinti da quella che è stata definita “rivoluzione industriale”, nonsolo aumentò il numero assoluto degli infortunati ma anche, nonostante iregolamenti che prescrivevano mezzi di prevenzione e di tutela, la peri-colosità del lavoro e la percentuale degli operai soggetti ad infortunio. E,non si sottovaluti, erano esclusi da queste statistiche le migliaia di lavo-ratori occupati nel settore agricolo (l’obbligo dell’assicurazione daterà dal1917, anche se già nel 1903 determinate categorie di lavoratori agricolierano state fatte rientrare nell’obbligo assicurativo), quelli soggetti amalattie professionali (qui bisognerà attendere fino al 1929!) e tutti que-gli infortuni denominati “in itinere”, cioè quelli che colpivano gli operaisulla strada di andata o di ritorno dal lavoro.

Queste considerazioni, su dati che si fermano come periodo di osser-vazione alla vigilia della Grande Guerra, possono farci in definitiva riflet-tere sul fatto che le “battaglie del lavoro” per il progresso del nostroPaese, analogamente a quelle militari, comportarono sì delle vittime“necessarie” ma, a differenza di queste ultime, ad un prezzo economicodecisamente basso.

63

48Si veda il caso dell’espulsione delsocio Rej Antonio in Archivio Bona, Verbaledi deliberazione del Consiglio diAmministrazione del 20 dicembre 1913.

Epilogo (verso il monopolio assicurativo)

Dopo aver passato indenne gli anni della prima guerra mondialedivenne chiaro, nel mutato clima politico seguito all’avvento del fasci-smo, che la previdenza sociale dello Stato corporativo non avrebbe tolle-rato una pluralità di istituti assicuratori gestori dell’assicurazione controgli infortuni sul lavoro. Ma c’era dell’altro. All’origine dell’assicurazioneobbligatoria nel 1898, infatti, i datori di lavoro avevano la scelta tra laCassa Nazionale Infortuni sul lavoro, sorta su base volontaria nel 1883, ele imprese private di assicurazione. La Cassa, però, era obbligata adaccettare qualsiasi domanda di assicurazione, le imprese private (casseconsorziali e sindacati mutui compresi) potevano rifiutarle. Il risultato fuche le imprese private tendevano a privilegiare la stipula dei contratti conminore indice di rischio.

Nel 1926 il regime riordinò la Cassa Nazionale Infortuni e, al fine dicorreggere le distorsioni verificatesi nel mercato delle assicurazioni, siincamminò decisamente verso la via del monopolio assicurativo (che siconcretizzerà nel 1933 con la creazione dell’Infail) escludendo la facoltàconcessa ai datori di lavoro di assicurare i propri operai presso istituti ocasse private.

Da quell’anno a dividersi i compiti assicurativi obbligatori nei riguar-di degli infortuni sul lavoro sarebbero restati solamente la CassaNazionale Infortuni ed i Sindacati di mutua assicurazione.

Il Sindacato Vercellese Infortuni avrebbe autonomamente continuatole sue operazioni fino al 1929 quando, al pari degli altri, fu posto in liqui-dazione.

L’ultima assemblea generale dei soci si tenne il 7 aprile 1929.49

Un anno prima, il primo marzo 1928, era morto il presidente AngeloBosso che fin dal 1898 aveva retto le sorti dell’Istituto vercellese.

Il nome dello specchiato cittadino resterà legato principalmente alla storia di quel sin-

dacato infortuni che fu una sua felice creazione, che presiedette per oltre un quarto di

secolo e portò a prospere sorti, con grande onore per Vercelli antesignano nel campo della

previdenza infortunistica.50

Ed è proprio con queste parole, tratte dal giornale cittadino “LaSesia”, che vogliamo chiudere questa sezione, il cui scopo è stato quellodi testimoniare l’importanza di Vercelli nella storia dell’assicurazionecontro gli infortuni sul lavoro in Italia nel settore industriale.

64

49“La Sesia” del 9 aprile 1929, p. 2.

50“La Sesia” del 2 marzo 1928, p. 5.

Tabelle

99

101

Nel suo Commento alla legge sugli infortunidel lavoro, del 1905, il Prof.Arnaldo Agnellipone, al primo posto, la Cassa Consorzialedi Vercelli tra le Casse speciali giuridicamen-te riconosciute.

102

TABELLA N. 1TABELLA SINOTTICA CASSA NAZIONALE INFORTUNI/SINDACATO VERCELLESE

INFORTUNI (Già Cassa Consorziale Vercellese)(Numero medio operai assicurati, numero infortuni e loro conseguenze)

Conseguenze

Invaliditàpermanente

Invaliditàtemporanea

Morte

Numeroinfortuniliquidati

OperaiassicuratiEsercizi

C.N.I. S.V.I. C.N.I. S.V.I. C.N.I. S.V.I. C.N.I. S.V.I. C.N.I. S.V.I.

1898 160.772 12.554 145 390 12.019512 27 1 1 25

1899 178.439 11.472 158 406 10.918

1900 202.355 1.183 15.726 53 159 1 648 1 14.919 51

1901 245.501 2.017 22.675 100 299 1 955 4 21.421 95

1902 340.256 3.471 33.459 111 340 - 1.558 2 31.561 109

1903 421.363 4.002 45.316 124 410 3 2.404 6 42.502 115

1904 370.198 5.094 53.096 256 361 - 2.100 11 50.635 245

1905 373.570 5.450 54.317 327 319 - 2.055 13 51.943 314

1906 406.183 6.000 65.986 480 370 2 3.095 13 65.521 465

1907 436.687 6.780 83.301 695 385 4 3.344 26 79.570 665

1908 480.988 8.083 86.019 781 407 2 3.397 31 82.215 748

1909 453.094 8.435 83.118 877 453 6 3.819 37 78.846 834

1910 447.283 8.939 77.891 927 380 2 3.975 52 73.535 873

1911 479.141 10.003 81.569 947 393 5 4.042 51 77.114 891

1912 516.710 10.055 85.599 1.025 399 8 4.617 52 80.576 965

1913 534.736 9.693 88.018 1.144 339 8 5.756 68 81.445 1.068

1914 662.895 9.670 105.904 1.127 343 6 6.467 68 98.788 1.053

Fonte C.N.I.: Roberto Romano, cit., p. 1028

Fonte C.C.V.: Resoconti assemblee annuali

103

1898 0,90 2,42 74,75 78,08

1899 0,88 2,27 61,18 64,29

1900 0,78 3,20 73,72 77,71

1901 1,21 3,89 87,25 92,36

1902 0,99 4,57 92,75 98,33

1903 0,97 5,71 100,87 107,55

1904 0,98 5,67 136,78 143,43

1905 0,85 5,50 139,05 145,40

1906 0,91 7,62 153,92 162,45

1907 0,88 7,66 182,21 190,76

1908 0,85 7,06 170,93 178,84

1909 1,00 8,43 174,02 183,45

1910 0,85 8,89 164,40 174,14

1911 0,82 8,44 160,94 170,24

1912 0,76 8,94 155,94 165,66

1913 0,63 10,76 152,31 164,60

1914 0,52 9,76 149,03 159,76

TABELLA N. 2CASSA NAZIONALE INFORTUNI

Indice di frequenza degli infortuni (per 1.000 operai assicurati in media ogni anno)secondo la loro gravità.

N.B. GLI INFORTUNI SI INTENDONO LIQUIDATI

Anno Morte

Invalidità

Permanente Temporanea

Tuttigli

infortuni

Fonte : Roberto Romano, cit., p. 1029

104

TABELLA N. 3SINDACATO VERCELLESE INFORTUNI (già Cassa Consorziale Vercellese)

Indice di frequenza degli infortuni (per 1.000 operai assicurati in media ogni anno)secondo la loro gravità.

N.B. GLI INFORTUNI SI INTENDONO LIQUIDATI

1898-99 1,95 1,95 48,83 52,73

1900 0,84 0,84 43,12 44,80

1901 0,49 1,99 47,10 49,58

1902 0 0,57 31,41 31,98

1903 0,75 1,50 28,73 30,98

1904 0 2,15 48,10 50,25

1905 0 2,38 57,62 60,00

1906 0,33 2,16 77,51 80,00

1907 0,59 3,83 98,08 102,50

1908 0,25 3,83 92,54 96,62

1909 0,72 4,36 98,89 103,97

1910 0,22 5,82 97,66 103,70

1911 0,50 5,10 89,07 94,67

1912 0,80 5,17 95,97 101,94

1913 0,82 7,01 110,19 118,02

1914 0,62 7,03 108,90 116,55

Anno Morte

Invalidità

Permanente Temporanea

Tuttigli

infortuni

Fonte: nostra elaborazione da Resoconti assemblee annuali

105

TABELLA N. 4SINDACATO VERCELLESE INFORTUNI (già Cassa Consorziale Vercellese)

Prospetto classificativo degli infortuni liquidati dal 1898-99 al 1914

Esercizi

Numeromediogiornal.

deglioperaiassicur.

Inabilitàpermanente assoluta

Morte TotaliInabilitàpermanente parziale

Inabilitàtemporanea assoluta

Ammontaredelle

indennità

N°deicasi

Ammontaredelle

indennità

Ammontaredelle

indennità

N°deicasi

N°deicasi

N°deicasi

Ammontaredelle

indennità

N°deicasi

Ammontaredelle

indennità

1898-99 512 25 587,47 1 225,00 - - 1 500,00 27 1.312,47

1900 1.183 21 1.162,73 1 300,00 - - 1 445,00 53 1.907,73

1901 2.017 95 5.605,47 4 3.117,47 - - 1 1.670,00 100 10.452,94

1902 3.471 109 1.985,18 2 1.660,00 - - - - 111 3.645,18

1903 4.002 115 4.322,08 6 2.962,73 - - 3 9.750,00 124 17.034,81

1904 5.094 245 7.060,77 11 7.564,01 - - - - 256 14.624,78

1905 5.450 314 8.617,52 13 8.810,38 - - - - 327 17.427,90

1906 6.000 465 12.009,70 13 6.544,0 - - 2 3.350,00 480 21.903,70

1907 6.780 665 17.200,07 26 17.051,48 - - 4 13.995,00 695 48.264,55

1908 8.083 748 23.343,03 31 24.244,87 1 3.000 2 4.031,25 781 54.619,15

1909 8.435 834 31.156,50 37 29.556,00 - - 6 25.550,00 877 86.262,50

1910 8.939 873 27.494,90 52 50.190,80 1 4.342 2 6.545,00 927 88.572,70

1911 10.003 891 25.635,00 51 45.727,45 - - 5 17.201,90 947 88.564,35

1912 10.055 965 32.489,75 52 50.083,95 1 4.000 8 32.775,00 1.025 119.348,70

1913 9.693 1.068 38.522,00 68 69.079,15 - - 8 33.015,00 1.144 140.616,15

1914 9.670 1.053 42.602,35 68 60.721,40 - - 6 21.395,00 1.127 124.718,75

8.516 279.794,52 433 377.898,69 3 11.342 49 170.223,15 9.001 839.258,36

Fonte: Resoconti assemblee annuali

106

TABELLA N. 5SINDACATO VERCELLESE INFORTUNI (già Cassa Consorziale Vercellese)

Prospetto riassuntivo degli esercizi dal 1898-99 al 1914

SociMercede

corrisposteOperai

assicurati

Infortuni

Liquid.Denunc.

Premioversatodai soci

Esercizi

1998-99 87 512 462.767,50 8.449,53 34 27

1900 134 1.183 574.054,58 10.690,42 63 53

1901 237 2.017 1.008.174,97 18.006,64 114 100

1902 338 3.471 1.445.160,03 26.281,35 126 111

1903 407 4.002 1.686.071,70 31.289,50 140 124

1904 468 5.094 2.329.499,82 57.398,65 273 256

1905 502 5.450 2.654.088,70 66.804,92 373 325

1906 530 6.000 3.000.000,00 71.742,59 550 480

1907 579 6.780 3.847.481,52 85.536,68 767 695

1908 660 8.083 4.872.978,37 112.181,61 866 781

1909 751 8.435 5.299.255,42 120.776,50 985 877

1910 848 8.939 5.804.459,40 132.559,40 1.020 927

1911 927 10.003 6.426.090,20 147.821,85 1.074 947

1912 1.055 10.055 6.840.839,00 159.275,30 1.153 1.025

1913 1.120 9.693 7.313.941,00 164.112,98 1.277 1.144

1914 1.220 9.670 6.853.236,50 160.291,18 1.248 1.127

Fonte: Resoconti assemblee annuali

107

TABELLA N. 6SINDACATO VERCELLESE INFORTUNI (già Cassa Consorziale Vercellese)

Costo assicurazione per ogni operaio occupato (in lire)

Esercizi Operai assicurati Premi versati Per ogni operaioassicurato

1898-99 512 8.499,53 16,50

1900 1.183 10.690,42 9,04

1901 2.017 18.006,64 8,93

1902 3,471 26.281,35 7,57

1903 4.002 31.289,50 7,82

1904 5.094 57.398,65 11,27

1905 5,450 66.804,92 12,26

1906 6.000 71.742,59 11,96

1907 6.780 85.536,68 12,62

1908 8.083 112.181,61 13,88

1909 8.435 120.776,50 14,32

1910 8.939 132.559,40 14,83

1911 10.003 147.821,85 14,78

1912 10.055 159.275,30 15,84

1913 9.693 164.112,98 16,93

1914 9.670 160.291,18 16,58

Fonte: nostra elaborazione da Resoconti assemblee annuali

108