L'Io Sconosciuto - Flavio Zambon

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    L'IO SCONOSCIUTO ± Autore : Flavio Zambon ± e-mail : [email protected]. 1L

     

    Io SconosciutoViaggio ai confini della spiritualitàdi Flavio ZambonDepositato alla S.I.A.E. 2000 - Copyright© 2001-2006Cap. 1 La Famiglia............................................................................................................................3Cap. 2 La scuola................................................................................................................................7Cap. 3 I primi segnali......................................................................................................................10Cap. 4 II grande amore....................................................................................................................13Cap. 5 La caduta..............................................................................................................................22Cap. 6 La risalita.............................................................................................................................34Cap. 7 La compagna........................................................................................................................44Cap. 8 Lo Scopo..............................................................................................................................52Cap. 9 Viaggi astrali........................................................................................................................64

    Cap. 10 La preveggenza..................................................................................................................72Cap. 11 La grande battaglia.............................................................................................................80Cap. 12 Oltre la morte.....................................................................................................................93Cap. 13 La galassia.......................................................................................................................106Cap. 14 L

     

    incidente.......................................................................................................................117Cap. 15 II dinosauro......................................................................................................................124Cap. 16 II ricovero.............................................................

    ............................................................132Cap. 17 La responsabilità.........................................................

    .....................................................141Cap. 18 Le voci.............................................................................................................................151Cap. 19 II demone.........................................................................................................................159Cap. 20 Frammento d   estasi..........................................................................................................164Cap. 21 Conclusione.....................................................................................................................170Cap. 1 La FamigliaErano le ore nove del mattino di una calda giornata estiva, il sole entrava fort

    e e lucente dalla finestra ed inondava l 

    intera stanza da letto dove io mi trovavo ancora sdraiato, mentre una voce perentoria, dal piano di sotto, mi sollecitava:"Metti in ordine le tue cose !"Mia nonna, una donna energica, coraggiosa e rassicurante, in certi momenti cambiava aspetto ed assumeva le sembianze di un generale deciso a farsi ubbidire.In quei momenti la cosa più saggia da fare era sparire dalla circolazione, finché la nonna non cambiava ruolo e tornava una persona serena e tranquilla dedita alleproprie faccende.Colto alla sprovvista non mi venne idea migliore che rifugiarmi in bagno: nessun

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    o avrebbe potuto contestarmi i bisogni fisiologici.Ero parimenti consapevole che quella strategia non mi avrebbe esonerato da una serie di faccende, le quali, una dopo l

     

    altra, avrebbero occupato l 

    intera mattinata.Odiavo quei lavori casalinghi, come pulire il bagno, smontare, rimontare le corsie delle scale e riordinare le stanze che si sarebbero sommati ad un

     

    altra serie di lavoretti nel giardino e nell

     

    orto.Ma la cosa che odiavo di più era ricevere ordini.Dover ubbidire mi dava una sensazione di oppressione insopportabile, e doverlo subire per tutta la mattina, mi portava all

     

    esasperazione.Tuttavia, per quanto strano possa sembrare, non avrei fatto niente per ribellarmi o per tentare un accordo, almeno per limitare il tempo che avrei dovuto dedicare ai lavori di casa.Non che fossi remissivo, tutt

     

    altro a sedici anni il mio carattere ribelle aveva già dato dei problemi; ma lo scontro con i miei tutori era da evitare, per quanto possibile. Paventavo il conflitto familiare che ne sarebbe seguito, solitamente violento ed umiliante che psicologicamente mi avrebbe fatto soffrire per giorni.I miei tre tutori erano una banda di repressori davvero temibile.Considerati separatamente non erano così male, ma assieme avevano sviluppato strategie che avrebbero fatto invidia al più temibile aguzzino.La nonna, molto energica ed autoritaria, conosceva molto bene l

     

    arte di imporsicon sottili ma efficaci pressioni psicologiche, che portavano inevitabilmente asensi di colpa e frustrazioni.

    Era solita dire: "E 

     questo il ringraziamento per chi ti ha raccolto dalla strada e ti ha dato tutto?".Oppure "Per l

     

    amor di Dio!Che il nonno non sappia!", e continuava:"E

     

     così vecchio che un dispiacere così, lo ucciderebbe" ed ancora:"Perché se qui venisse a mancare il nonno ..."e completava la frase con ampi gesti delle braccia che sottolineavano e rendevano l  argomento inoppugnabile.Mia madre, donna debole ed arrendevole, le faceva eco puntualmente. Mi chiamavain disparte e con un filo di voce tremante mi spiegava che:"..dobbiamo a loro se non ci troviamo su una strada. Perché alla morte di tuo padre ci siamo trovati pieni di debiti e senza un tetto."Le regole nella casa dei nonni erano ferree e quando mi ribellavo, anche ad uno

    solo di loro, si metteva in moto la macchina repressiva.Per prima cosa, si assicuravano che fossi a loro disposizione, che non avessi impegni. Quindi mia madre e mia nonna iniziavano la carica alternandosi con straordinario sincronismo.Finito una attaccava l

     

    altra, senza sosta, per ore.Non ero abbastanza forte per tutto questo e normalmente dopo un po   capitolavo,con sensi di colpa non indifferenti e con complessi di inadeguatezza che avrebbero minato il mio carattere per il resto della vita.Il nonno era un altro attore importante in quest

     

    azione di tortura psicologica:alto un metro e sessanta, di corporatura robusta, quasi completamente calvo, portava in modo austero ed impeccabile i suoi settant

     

    anni.Discendeva da un  antica e nobile famiglia siciliana, dalla quale aveva ereditato il portamento e l

     

    eleganza, nonché la mentalità e la severità che poi nella sua vita

    si sarebbero acuite ed evidenziate con una lunga militanza nelle fila del fascio.Era partito volontario in diverse guerre per amore della Patria e del Duce.Era finita sia la sua Patria che il suo Duce, ma la visione militaresca della vita era rimasta intatta e pronta ad essere impartita ai suoi nipoti che aveva accolto in casa alla morte del genero, che aveva sempre disprezzato.La presenza del nonno imponeva un silenzio pesante, carico di tensione.Una parola, un gesto, un mancato saluto sarebbero equivalsi ad una mancanza di rispetto verso il capo famiglia.La mia incapacità di accettare qualsiasi autorità, sommata alla rigidità esasperata ed

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     ottocentesca del nonno mi faceva vivere la permanenza in quella casa come una tortura fisica.Il momento peggiore era a cena quando tutti eravamo costretti a stare assieme.Si iniziava a mangiare in silenzio, un silenzio rotto solo dalla televisione che a quell

     

    ora trasmetteva il telegiornale.Ogni notizia era importante, ogni fattore di disturbo o di distrazione avrebbe causato una esplosione d

     

    ira da parte del nonno.Una parola, un rumore, un oggetto posto nella tavola tra il nonno e il televisore avrebbero scatenato una serie di insulti, manifestazioni di rabbia, drammatizzazioni in un grande assolo.Iniziata questa seconda fase, non si poteva sapere davvero quando e come sarebbe finita.Gli insulti, le urla, gli atti inconsulti scorrevano come le rapide dei fiumi americani che avevo visto alla televisione.Sembrava che niente e nessuno potesse fermarli, anzi, ogni reazione sembrava aumentare ulteriormente la tensione portando come unica conseguenza un peggioramento della situazione.La vittima sacrificale di turno se la vedeva davvero brutta: doveva rimanere ferma, immobile e ricevere tutto senza mai reagire sperando solo che finisse al più presto.Quando toccava a me il ritornello era sempre lo stesso:"Sei un povero imbecille!Non sei capace di niente.Non sei capace di esprimerti !

    Non dovevo mandarti in quella scuola! Chissà cosa ti hanno inculcato nella testa.!...."Per anni quelle frasi sarebbero riecheggiate nelle mie orecchie, rendendomi più difficile fare ogni cosa.Ritornata la calma, si doveva consumare l

     

    ultimo atto del dramma.Mentre si riordinava, dopo la cena, la nonna si dimostrava visibilmente preoccupata dello stato di salute del nonno :"Queste arrabbiature lo fanno star male""Lui è l

     

    uomo più buono che conosca""Siete voi che lo fate arrabbiare"Dopo anni di guerra non dichiarata facevo il possibile per evitare gli scontri.Quindi, quella mattina, se non avessi trovato una scusa sufficientemente plausibile per evitare i lavori che mi aspettavano, avrei dovuto ubbidire senza nemmeno

     fiatare.La mia mente scorreva velocemente sugli unici argomenti inoppugnabili:- studio: purtroppo eravamo a fine settembre e le scuole non erano ancora iniziate.- salute: non potevo ammalarmi così, improvvisamente.Con rassegnazione aprii la porta del bagno e mi trovai di fronte la nonna che aspettava in silenzio."Visto che ti trovi qui, cominciamo proprio dal bagno. Ha bisogno di una bella pulita a fondo.E   meglio che ne approfittiamo perché fra poco inizia la scuola e allora non potrai più aiutarmi come oggi."Avanti di questo passo sarei arrivato ad amare la scuola !NO IMPOSSIBILE!!

    Dopo circa un 

    ora e mezza avevo lucidato ogni interstizio del lavello. Scesi alpiano terra dove sicuramente mia nonna mi aspettava con un altro compito.Infatti era ferma vicino ad un grande vaso, che sicuramente pesava almeno il doppio di quanto pesavo io. Dal vaso si innalzava una pianta di limone.Accidenti, avrei dovuto spostarlo di una ventina di metri senza rompere i rami di quell

     

    odiato alberello.Mi apprestavo a muovere il vaso, impugnandone saldamente i bordi, quando ebbi la sensazione di aver già vissuto quell

     

    episodio.La sensazione era simile ad un flash che illuminava in modo vivido tutta la scena dentro e fuori di me.

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    Tutto era durato solo un attimo ma mi aveva lasciato una strana sensazione di ricchezza interiore.Mollai per un istante la presa del vaso, pensando come avessi potuto aver già vissuto quell  episodio.Quel vaso, per mia fortuna, non l

     

    avevo mai spostato, ed anche qualora avessi giàcompiuto quel gesto, certamente non potevo averlo compiuto con lo stesso stato d 

    animo, nella medesima posizione, con l 

    identica luce e in situazione analoga."Forse me lo sono sognato""Forse è solo una sensazione e nient

     

    altro"A quell

     

    epoca non sarei di certo potuto arrivare a conclusioni diverse.Ebbi anzi la saggezza inconscia di evitare di pensare a cose che, in quel momento, non avrei potuto comprendere pienamente.Lasciai perdere e mi concentrai per spostare quel maledetto vaso.Cap. 2 La scuolaQuindici giorni dopo iniziarono le lezioni.Il mio morale migliorò.Non che la scuola mi piacesse. Provavo anzi per essa un rifiuto paragonabile a quello che sentivo per la mia famiglia.Sottostare per un

     

    intera mattinata all 

    autorità di altre persone mi deprimeva.La scuola aveva però un gran vantaggio rispetto alla famiglia:poteva essere marinata.Passavo delle bellissime mattinate in compagnia dei miei compagni di scuola a volte nei cortei studenteschi.Erano molti coloro che condividevano questa mia predilezione ed in particolare e

    ro molto affiatato con tre compagni di classe.Il primo, per importanza, si chiamava Gianni: un ragazzo poco più alto di me, nondi bell

     

    aspetto, ma molto simpatico. Mi legava a lui un 

    amicizia che sconfinavanella venerazione. Brillante nelle relazioni con le persone, Gianni aveva una particolare capacità di trascinare il gruppo al punto che ci si ritrovava a fare sempre quello che lui desiderava, senza nemmeno accorgersene.Lo ammiravo anche perché aveva rapporti d

     

    amicizia con i nostri coetanei "più importanti": rappresentanti degli studenti, musicisti, leaders di gruppi, ecc.Era senza dubbio il pezzo forte della compagnia.Il secondo era un ragazzo alto, magrissimo, con una folta chioma di capelli ricci che avevano ispirato il suo soprannome: Paia.Era un ragazzo timidissimo ma il suo attivismo politico lo rendeva un riferimento per il gruppo. Tramite lui, infatti, riuscivamo a conoscere le date fissate pe

    r gli scioperi in netto anticipo rispetto ai coetanei, con l 

    ovvio vantaggio diprogrammare le nostre scorribande. Sapevamo come si muoveva la politica nella nostra scuola, quali professori appartenevano all

     

    una o all 

    altra corrente e di conseguenza il modo per accattivarci la loro copertura nei momenti opportuni.Eh sì! Anche noi andavamo incontro a serie difficoltà, soprattutto dopo 15 giorni di continue assenze da scuola!A quel punto, un rientro calcolato, dicendo le cose giuste durante la lezione con il professore giusto, ci permetteva altri lunghi periodi di mattinate spensierate.Il terzo compagno inseparabile era Pierluigi, il classico ragazzo normale.Alto quasi quanto Paia era di corporatura proporzionata. Condivideva tutte le scorribande senza mai esserne l   ispiratore. Era posato e serio. Ci seguiva diventando la platea che approvava, sorridendo, gli attori principali.

    Il nostro ritrovo preferito era il bar dei ferrovieri perché possedeva alcune caratteristiche interessanti: ci si poteva soffermare per tutta la mattina spendendo pochissimo, si potevano disputare lunghe partite a carte, c   erano i calcetti e, cosa più importante, ci sentivamo davvero al sicuro, perché nessuno dell

     

    ambiente scolastico frequentava quel posto.Non c

     

    era davvero alcun pericolo che qualcuno ci trovasse.Quel giorno, in particolare, erano le dieci e ci apprestavamo ad iniziare una nuova partita a carte, dopo aver ordinato la solita "spuma".Ad un certo punto, iniziai ad avvertire un prepotente impulso ad andarmene.Era la prima volta che provavo una sensazione del genere.

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    Non ero un tipo sportivo, né un amante delle passeggiate e soprattutto stavo benein quel bar, perché, per quanto spoglio, lì passavo le ore migliori della mia giornata.Non avevo niente da fare e non avevo la minima idea di dove andare, mentre lì mi stavo divertendo.Eppure dissi:"Continuate la partita da soli, vado a fare due passi" senza tradire la sensazione che si stava impadronendo di me.Mi guardarono sorpresi."Ma dove vai?""Mah, faccio solo due passi, torno subito"Mi avviai verso una delle due porte d   uscita.Camminai solo dieci minuti, senza una meta precisa, continuando a chiedermi cosa mi stesse accadendo."Forse sto troppo fermo" mi dissi."Forse dovrei praticare uno sport".Percorsi cinquecento metri, sentii esaurirsi quella smania di camminare e tuttofelice tornai al bar.Mi avvicinai al tavolo dove avevo lasciato i miei amici e mi accorsi del clima tetro che si era instaurato.Il primo a parlare fu Pierluigi:"Figlio di una puttana, è qui che dovevi essere anche tu!"poi intervenne Gianni:"Che fortuna sfacciata hai avuto".

    Sempre più confuso stavo per chiedere cosa fosse successo, quando intervenne Paia:"Accidenti è l 

    unico socialista che mette la scuola prima del partito""Ma volete spiegarmi che cosa e

     

     successo?" chiesi seccato.Mi rispose Pierluigi, con tono alterato:"Lo vuoi davvero sapere ? Mentre tu stavi scendendo da quellascala, il professore di matematica stava salendo dall

     

    altra.Ci ha riconosciuti subito e ci ha detto che domani faremo i conti." Non osavo aggiungere altro perché vedevo i miei compagni talmentesconvolti che temevo di rovinare l

     

    amicizia che ci legava.Ma, inevitabilmente, cominciai a chiedermi cosa, o chi, mi avesse fatto evitarel  incontro con il professore.Non poteva essere una coincidenza o solo fortuna, di questo ero certo.Più mi concentravo per mettere luce, più il fatto assumeva le sembianze di un mister

    o.C  era stata una forza o un desiderio prepotente che mi aveva fatto uscire in tempo e nella direzione giusta per evitare il professore.Un mistero che si sommava ad altri misteri, una domanda che si sommava ad altredomande; ma una certezza si faceva strada nella mia mente:La mia non sarebbe stata una vita normale.Cap. 3 I primi segnaliIl 10 novembre si presentava, alle otto del mattino, come una giornata tetra.Consultai il calendario delle lezioni e mi accorsi che non vi erano in programma lezioni pesanti: due ore d   aggiustaggio, nelle quali avrei utilizzato la lima per la prima volta in modo da non farla apparire ancora nuova, seguite da un

     

    orad  italiano con un professore che non avevo ancora conosciuto. Alla fine un   ora di matematica, ma i miei informatori mi avevano avvertito che si sarebbe tenuta u

    assemblea organizzata all 

    ultimo minuto.Questa giornata scolastica mi sembrava quasi eccitante perciò decisi che avrei varcato la porta dell   aula.Dovevo però affrettarmi, perché, prima di entrare a scuola, avrei dovuto appartarmiin un posto tranquillo per falsificare la firma del nonno.Nonostante fosse un

     

    operazione abituale, doveva essere fatta con particolare attenzione perché comportava sempre dei rischi.Il professore di aggiustaggio era una persona squisita e, nonostante i chili ineccesso, manteneva sempre un buon aspetto ed un   aria gioviale.Mi teneva in particolare attenzione perché sua figlia, mia compagna di classe nell

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    e medie, mi reputava un bravo ragazzo.Il carattere pacifico e l

     

    idea che il professore aveva di me mi convinsero che non avrei avuto problemi.Ed infatti fu così: il professore accettò la giustificazione senza obbiettare.Iniziai la lezione di aggiustaggio con la tuta candida e la lima ancora confezionata.Mi convinsi ben presto dell

     

    assurdità di quella lezione, tutta concentrata a limare un pezzo di ferro, che era puntualmente ammaccato dal professore non appena fosse stato limato perfettamente.Prima della fine delle due ore raggiunsi l

     

    accordo con un compagno, particolarmente abile in quella materia infernale, fatta di limatura ed inchiostro, per fornirgli giornalini pornografici in cambio di pezzi di ferro già limati a puntino, da presentare all  esame finale.Terminai la lezione soddisfatto, perché quell

     

    anno avevo chiuso con le lime.Una volta cambiati ci recammo in aula. Il nuovo professore di italiano arrivò in sensibile ritardo.Ritenni in ogni modo, che, data la mia posizione, non fosse il caso di avanzarecritiche.Portava un pacco di giornali sotto braccio ed una volta chiusa la porta e salutata la classe dichiarò che quel giorno avremmo studiato storia viva.Avremmo cioè letto e discusso le notizie da vari giornali di diverse correnti politiche per poterci avvicinare il più possibile all

     

    obiettività.Eravamo nei primi anni settanta, quando l

     

    anticonformismo era una moda, ma questo professore superava tutti.

    Non molto alto, la sua calvizie tradiva l 

    età, che doveva essere prossima alla cinquantina, sebbene il suo abbigliamento e portamento facessero invidia ad un ventenne.Tutto proteso verso la conoscenza, faceva dell  anticonformismo uno stile di vita.In ogni suo discorso trasparivano un

     

    intelligenza ed un 

    esperienza non comuni.Ci fu una frase che mi colpì particolarmente facendo vacillare il mio atteggiamento menefreghista e distaccato, di moda in quegli anni." .. il cristianesimo ha molte colpe, ma la più grave e

     

     quella di aver fatto cessare la ricerca... "Fu come un fulmine a ciel sereno.Mai semplici frasi, per quanto intelligenti, mi avevano scosso a tal punto.Nel suo breve discorso c   erano due aspetti che mi avevano colpito profondamente:

     il primo era la messa in discussione del cristianesimo, che, data la mia educazione, rappresentava qualcosa d   intoccabile.Questo significava non avere tabù e poter mettere tutto in discussione.Vedevo condensato in un solo concetto la ribellione a tutto ciò che sentivo imposto, anche se in quel momento non riuscivo ad immaginare che molte delle cose chestavo rifiutando, nel corso degli anni, le avrei accettate.Il secondo concetto che mi colpì fu la ricerca, ma soprattutto quella nuova idea di ricerca.Non quella tecnologica ma quella della vita.Rimasi ad ascoltare la sua lezione con profonda ammirazione e riconoscenza per avermi dato in pochi minuti quello che altri non sarebbero stati in grado di darmi in un  intera esistenza.La lezione terminò, ma io in quell

     

    ora ero cambiato, la mia vita non sarebbe più sta

    ta una fuga dalle diverse situazioni, ma avrei iniziato a cercare la risposta atante domande che si erano affollate nella mia mente nel corso degli anni.Chi siamo?Da dove veniamo?Per quale scopo?Cos

     

    è giusto, cos 

    è sbagliato?Fu la ricerca delle risposte a tutte queste domande che mi portò dai sedici ai diciotto anni ad iniziare esperienze religiose orientali quali lo yoga, il buddismo, lo Zen ecc..Ma tutte, dopo un iniziale entusiasmo, mi lasciavano solo una sensazione di fall

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    imento.Era come se tentassi di accendere un fuoco con un cerino: dopo un

     

    iniziale fiammella il fuoco si spegneva subito lasciando solo un leggero velo di fumo che testimoniava l  insuccesso.Stanco, ripresi il vecchio ruolo di ribelle.Cap. 4 II grande amorePassarono quattro anni. Era una domenica sera di novembre. Salii sulla corrierache mi avrebbe portato a Motta, un paese a circa sessanta chilometri da casa mia.Dovevo recarmici ogni inizio settimana perché era lì che avevo trovato lavoro, in una fabbrica che realizzava strumentazioni per la scuola.Una cosa che continuava a stupirmi era l   aver trovato lavoro in un paesino di provincia, di cui, fmo ad allora, ignoravo addirittura l   esistenza.Due anni prima avevo cercato lavoro in molti paesi e città, compresa la mia, senza nessun risultato.Mentre, per una serie di coincidenze, il lavoro aveva già scelto me, in uno sperduto paese di campagna.La scomodità dovuta alla distanza mi aveva condotto alla decisione di trasferirmi, in una casa privata, ospite di una signora molto gentile e premurosa.Era alta, formosa, decisa ed energica: sembrava non risentire minimamente dei suoi sessant

     

    anni.Mentre salivo in corriera pensai che di lì a poco l

     

    avrei trovata ad aspettarmi come al solito sinceramente felice di vedermi. Anche lei mi considerava un bravo ragazzo.

    Se avesse saputo cosa avevo combinato nel week-end non credo mi avrebbe portatoancora considerazione.Avevo compiuto scorrerie, ideato ogni tipo di scherzi e spaventato gente assieme ai soliti amici del sabato.Era ormai parecchio tempo che passavo la settimana da tranquillo ragazzo lavoratore ed il week-end da scatenato teppista.Salii dalla porta posteriore della corriera, feci qualche passo fmo a circa metà e mi sedetti in una poltrona alla sinistra, appoggiando la borsa, contenente glieffetti personali per la settimana, nella poltrona a fianco.Mi rilassai esausto. Avevo passato il pomeriggio domenicale in una discoteca, che si trovava a metà strada tra la città natale ed il paese dove risiedevo. Avevo tentato di abbordare qualche ragazza campagnola ma senza successo e quindi mi ero sfogato in lunghi e faticosi balli.

    Guardai fuori dal finestrino, era una giornata uggiosa ma il freddo non era ancora arrivato.Molti ragazzi appena usciti dalla discoteca ridevano e scherzavano ad alta vocecon un accento leggermente diverso dal mio, che tradiva tutto un altro stile divita. pensai.Mi voltai sconsolato, ricordandomi che avrei dovuto trascorrere ancora una settimana di lavoro prima di ritornare dai miei amici.Quello che vidi due sedili a destra avanti a me, mi lasciò senza fiato.Era una ragazza, di circa diciotto anni, bellissima, con capelli castani che, diritti, cadevano sulle spalle e valorizzavano ancora di più il suo perfetto viso d

     

    angelo.I suoi occhi azzurri, accattivanti ed alteri nello stesso tempo, paralizzavano

    .Si chiamava Manuela e l 

    avevo conosciuta quattro anni prima ai tempi della scuola.Era stato un incontro molto strano.Una mattina di dicembre ero andato, con un compagno di scorribande, nella stazione dei treni ad acquistare sigarette, quando il mio amico mi invitò ad dirigermi verso ad gruppo di ragazzi che intendeva presentarmi.Ci avvicinammo.Dall  abbigliamento si capiva chiaramente il loro orientamento politico.Indossavano quasi tutti eskimo e pantaloni marroni a coste, alcuni avevano una b

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    orsa di stoffa fatta a mano.Formavano un cerchio che, al saluto del mio accompagnatore, si aprì come una conchiglia.E quello che mi apparve al centro era di certo una perla.Era lei, bellissima, seduta sulle ginocchia di uno che doveva essere il suo ragazzo.Non so se lui fosse realmente così brutto, o se risultasse solo svantaggiato dalla vicinanza con quella che mi apparve subito come la più bella ragazza che avessi mai visto.Certo la coppia mi apparve come nella favola della "Bella e la bestia".L

     

    unica differenza: lei era splendida.II suo sorriso mi incantò ancor più della sua bellezza.Minuta, ben proporzionata, era alta circa un metro e sessanta, i vestiti, anchese trasandati, non riuscivano a sminuirne la bellezza.Rimasi immobile ed estasiato, ma lei non si accorse di me ne

     

     della mia espressione, che doveva essere da perfetto idiota, preoccupata di rimanere lei l   attrazione, affascinante e sbarazzina, di tutto il gruppo.Quando il mio accompagnatore mi trascinò di forza fuori dalla stazione, ancora confuso, emozionato, frastornato, chiesi subito informazioni riguardo alla ragazza.Mi confermò che la "bestia" era il suo ragazzo e che non c   era nessuna speranza di mettersi tra i due.Molti, abbagliati dalla sua bellezza avevano tentato l

     

    impresa di conquistarla ma lei era molto innamorata di lui.Dopo un po    ritornai da solo alla stazione dei treni per rivederla ancora.

    Era come se il solo vederla da lontano mi rendesse felice.Non la trovai, dovevano essere già andati a scuola.Espressi dal profondo il desiderio di rivederla e, se non chiedevo troppo, di frequentarla.Ed ora, a distanza di anni, era lì, a soli due metri da me.La mia mente, eccitata, cominciò ad analizzare la sua espressione.Frequentavo le discoteche da anni e avevo acquisito l

     

    abilità di capire quasi tutto della ragazza che mi stava di fronte dall  espressione e dai movimenti del corpo.Percepivo il carattere, intuivo pregi e difetti ma soprattutto se era libera e quindi abbordabile.Ma in quell

     

    occasione, l 

    osservazione mi portava a conclusioni cui non potevo credere.

    pensai,

    Continuai a ragionare finché giunsi alla sconcertante conclusione che l

     

    unico motivo per il quale stava viaggiando verso quel paese a quell  ora era perché ci abitava.

    Ma conclusi anche che forse era meglio lasciar perdere piuttosto che nutrire false illusioni.Mi sentivo come il ranocchio della fiaba assieme alla principessa, con l   unica differenza che io non avrei potuto che restare me stesso.Un mese e mezzo dopo, in una splendida giornata di sole di gennaio mi stavo recando nel garage di Rik, il miglior amico che avevo in quel periodo.Rik era un ragazzo più giovane di me, ma la sua simpatia e la sua profondità lo avevano reso un amico affiatato e caro.Con lui condividevo alcune scorribande notturne ma non lo coinvolgevo quando sisuperava il limite della legalità o si rischiava la vita.

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    Ero particolarmente affezionato a lui, forse perché a differenza di altri amici superficiali, con lui riuscivo a parlare di ricerca spirituale.Il suo garage era il posto di ritrovo di molti ragazzi del quartiere e per questo l  avevamo addobbato con poster e cartelloni in modo da renderlo più accogliente.L

     

    avevamo attrezzato con giradischi, casse e tutto l 

    occorrente per organizzaredelle feste.Ma per quante volte ci avessimo provato, non eravamo mai riusciti a portarci delle ragazze.Avevamo giustificato questo fatto in molti modi, di certo era che le ragazze lì, non ci volevano venire.Dappertutto ma non il quel garage.Divenne quindi un ritrovo per soli uomini.Varcai la porta certo che avrei trovato qualcuno con cui scambiare quattro chiacchiere.Se poi fossi stato fortunato avrei trovato anche il mio amico.Trovai infatti Rik, ma in compagnia di una ragazza.Feci l

     

    atto di uscire mentre pensavo ad una scusa per lasciarli da soli quando la ragazza si voltò.Era lei: Manuela.Aveva una abito da sera bianco di seta.Non era certo nel suo stile, visto che vestiva sempre alla Hippy.Sembrava un

     

    antica vestale.Mi fu chiaro, anche in questa occasione, che non si trattava di coincidenza.Era un disegno ignoto che mi faceva trovare quella ragazza in una situazione a m

    e favorevole.Ringraziai mentalmente il destino per avermi avvertito il mese prima, attraverso il precedente incontro in corriera: questa volta non mi sarei lasciato perderel  occasione.Qualcosa conduceva la mia vita e mi dava indicazioni chiare ma soprattutto la certezza della sua potenza.Mentre Rik me la presentava, parlandomi di feste ed altre cose che non ascoltai, mi preparai a far uso di movimenti corporei che trasmettessero sicurezza e disinvoltura e mi avvicinai fingendo di vederla per la prima volta.Quindi mi presentai."Flavio" "Manuela""Devi andare da qualche parte?""Devo prendere la corriera. Ma mi porta Rik."

    "Dove abiti?" dissi con fare quasi casuale."A Motta.""Guarda che coincidenza! Io ci lavoro a Motta! Ed ho preso una camera vicino alcentro. Ci si potrebbe trovare uno di questi giorni""Io abito in Via......, puoi venirmi a trovare se vuoi""Ci verrò una sera di questa settimana. Ci sono problemi di orari?""No. Mio padre non mi crea nessun problema"A questo punto intervenne Rik;"La prossima domenica potremmo andare assieme in un locale. Ne conosco uno a Spresiano dove danno della buona musica."Rik stava facendo il mio gioco.Niente di meglio che giocare in casa.Mi bastava perfezionare l

     

    appuntamento e poi potevo anche uscire di scena.

    "Ok. Ci possiamo trovare alle tre di domenica prossima alla stazione ferroviaria"e Manuela;"Per me va bene.""Ok. Io però adesso devo andare ! Salve ! Ci vediamo!"E così uscii fìngendo indifferenza, quando avevo ormai il cuore che mi stava uscendo dalla gola.Era fatta. Eccitatissimo, pensavo solo al metodo più sicuro per conquistarla anche se sapevo che questo intervento misurato mi avrebbe concesso delle buone possibilità di successo.

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    Una settimana dopo, ci ritrovammo, io e Rik, ad aspettare l 

    incontro.Durante la settimana ci eravamo assicurati che Manuela avrebbe portato anche un

     

    amica, in modo da formare due coppie; con Rik ci eravamo accordati in merito, ma io ormai avevo la certezza che Manuela sarebbe stata mia e di nessun altro.Con somma sorpresa, la vedemmo arrivare addirittura con due amiche, che poi scoprimmo essere sorelle.La più giovane era decisamente più attraente dell

     

    altra, ma sicuramente non bella quanto Manuela.Ci avviammo quindi verso l

     

    unica macchina: la mia.Il tragitto era breve, ma il traffico allungò il tempo necessario ad arrivare nelpiazzale di fronte alla discoteca, di circa mezz

     

    ora.Approfittammo di quel tempo per ridurre le distanze tra noi,"Abitate tutte a Motta ?" chiesi io"Si, siamo amiche da molti anni" rispose la più giovane, che oltre ad essere più carina era decisamente anche più spigliata."E quale scuola frequentate ?" incalzai io.Fu sempre la più giovane a prendere la parola spiegandoci la posizione di tutte etre, iniziò quindi a parlare della loro amicizia e di cosa si faceva in paese.Felice che ci fosse qualcuno che sostenesse la conversazione, abbandonai mentalmente gli argomenti di cui si stava parlando per dirottare la mia attenzione verso il viso di Manuela.Spostai leggermente lo specchietto retrovisore in modo da poter vedere il suo volto.Mi bastava poterlo ammirare qualche frazione di secondo, tra una curva e l  altra

    , per sentirmi felice.A lei bastava fare un movimento impercettibile per emanare un fascino irresistibile.Constatai con felicità, che anche lei parlava solo quando non poteva farne a meno.Questa era sempre stata una mia caratteristica.Il gesto, l

     

    atteggiamento, erano stati ed erano il mezzo di comunicazione preferito, che nel particolare ambiente della discoteca mi avevano procurato un certosuccesso.Infatti, tra i suoni assordanti di quei locali, la comunicazione attraverso gesti, mi avevano dato un vantaggio eccezionale, rispetto ai miei coetanei.Non c  era domenica che rimanessi senza ragazza.Ripensai alle conquiste fatte e mi senti rassicurato e tranquillo.Non avrei avuto problemi a conquistare anche questa ragazza perché avrei seguito u

    na sequenza di azioni ormai collaudata.Arrivammo nel piazzale di quel locale tanto decantato da Rik, parcheggiammo la macchina e ci apprestammo ad entrare.All  ingresso c  erano solo due persone che stavano facendo il biglietto prima dinoi, e questo mi parve molto strano.Normalmente nelle discoteche, specie a quell   ora del pomeriggio, si è costretti ad accalcarsi per entrare.Entrammo, e l   impressione che mi fece il locale fu molto buona.Era molto piccolo e dava una sensazione di intimità particolare, era diviso da tanti séparé con una piccola luce soffusa.La musica era meno alta dei locali che frequentavo normalmente e, cosa molto importante, era lenta.Ci sedemmo e tra Rik e le due sorelle continuò incessante la conversazione iniziat

    a in auto con un incalzare tale da far risaltare ancora più il distacco mio e di Manuela.Era fatta, senza nessun sforzo s   era creata una barriera tra Rik e le sorelle da una parte e Manuela e me da una altra.Ci muovevamo con la padronanza della situazione di chi si sente a proprio agio come se fosse a casa sua.Sembrava un  intesa naturale.E quando mi mossi lentamente ed elegantemente verso di lei fissandola negli occhi ormai un potente incantesimo ci aveva allontanato dal resto del mondo.Nel momento in cui allungai il braccio in segno di invito i suoni erano ormai lo

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    ntani e le immagini erano distorte e tendevano a scomparire.Ed al tocco della sua mano nella mia, la vecchia abitudine di pensare mi aveva ormai abbandonato.Ero stato trasportato in un stato di trance tra sogno e realtà e, se non fossi stato abituato ai gesti del corteggiamento da anni di pratica, in quel momento avrei avuto delle serie difficoltà.Ci muovemmo assieme verso la pista da ballo, ma ormai avevo avuto già momenti talmente intensi che, se qualcuno mi avesse svegliato in quel momento, sarei comunque rimasto appagato.Ed invece il sogno che stavo vivendo proseguì con livelli di felicità che non avevomai provato.Arrivati al centro della pista ci avvicinammo e provai una sensazione incredibile.Le emozioni avevano sostituito completamente il pensiero.Stavo vivendo con il cuore.Ciò che provavo al suo contatto era come una melodia.Al posto di ogni nota, c

     

    era una vibrazione del mio corpo, che uscendo, mi procurava una sensazione di estasi.E come per incanto, mi ritrovai a baciarla.La semplice immagine di due bocche che si sfiorano non può rappresentare quel momento.Ogni cosa aveva il sapore dell

     

    infinito.Sono cose che non si dimenticano, rimangono vive nella mente e nel cuore.E   una ricchezza che non si può perdere e che nessuno può rubare.

    Alla fine di un lungo bacio ripresi i sensi.Sapevo per esperienza che, raggiunto il successo del bacio appassionato, dovevoallentare un po

     

     la presa.Infatti, se ad una donna si nega un secondo bacio, dopo dieci minuti la si trova molto più appassionata.Se al contrario si e

     

     troppo precipitosi la donna si mette sulle difensive aumentando le difficoltà del corteggiamento."Ci fermiamo un po   " dissi con dolcezza. "Se vuoi" mi rispose."Vado a prendere qualcosa da bere. Porto qualcosa anche a te?" chiesi, e mi parve il modo migliore per fare una pausa. "Si! prendimi una Coca Cola !" Andai verso il banco ed incrociai Rik. "Come va?" chiesi."Bene, sono simpatiche ma sono dueeeee" si lamentò. "E ti lamenti? "."A te sembra stia andando bene" osservò.

    "Che pezzo di ragazza, e 

     sconvolgente"."Siete davvero una bella coppia. State bene assieme"."Speriamo che duri." Sussurrai."Hai già preso qualcosa ? " chiesi."Sì, ho già preso un Alexander, ma ti aspetto".Andai verso il cameriere ed ordinai una Coca Cola ed un Gin Frizz.Una volta ricevuti i due bicchieri ci avviammo assieme verso i nostri posti a sedere.Le sorprese non erano finite.Manuela si era seduta in disparte.Nessun segnale poteva essere più chiaro.Mi avvicinai e, mentre mi sedevo, con un lungo gesto con la mano simulai l   atterraggio della coca cola nel suo petto, e poi senza fermarmi alzai il bicchiere sf

    iorando la sua guancia, infine lo spostai sfiorando le sue labbra.Quando il bicchiere passò davanti al suo viso chiuse gli occhi ed io mi avvicinaiper darle un bacio leggero.Misi infine il bicchiere tra le sue mani, gliele strinsi e dissi"Sei meravigliosa".Lei si avvicinò e finalmente prese l

     

    iniziativa in un altro, lunghissimo bacio.L  esperienza mi aveva davvero aiutato!Cominciai a sfiorarle il seno e poi giù fino al lato interno delle gambe, per poirisalire fino al pube senza mai insistere.Passavo sfiorando, in tutto il corpo, in modo da studiare quali erano le parti p

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    iù sensibili.Ma quando lei mi prese la testa fra le mani, partendo dal collo verso l

     

    alto, io ricaddi in quel vortice di sensazioni e non riuscii più controllare la situazione in modo razionale.Lei scivolò sotto i vestiti, mi accarezzò tutta la schiena e poi con una azione acrobatica passò la mano sul mio torace senza alzare la camicia in modo da non attirare l

     

    attenzione.Quando ormai sembrava che non riuscissimo più a mantenere dei limiti, la musica cambiò ritmo e le luci psichedeliche aumentarono di luminosità, questo creò un stacco che attirò la nostra attenzione sull

     

    ambiente circostante.Ci alzammo e mentre ci ricomponevamo lei si rivolse a me"Hai una pelle morbidissima"Io le rivolsi uno sguardo di ringraziamento e con un cenno la invitai a raggiungere il gruppoLei acconsentì.Le fui grato, perché mi dispiaceva trascurare Rik.Cap. 5 La cadutaNei giorni e nelle settimane seguenti io e Manuela ci frequentammo spesso, passavamo parecchie ore in compagnia delle sue amiche e di un ingegnere, che in quelperiodo, divideva la stanza con me.Andavamo in discoteca, al bar al centro del paese, ed a casa sua dove i suoi genitori ci accoglievano sempre con estrema cortesia.Suo padre, un uomo apparentemente trasandato, aveva idee chiare sulla vita e sulle persone.

    Le sue rughe parlavano di una esperienza non comune per la gente di quel paese.Il fatto che non parlasse perfettamente Italiano ed avesse sposato una donna francese facevano capire che doveva aver viaggiato molto e lavorato all

     

    estero.La conferma arrivò appena varcai per la prima volta la soglia del suo studio, erano appese alle pareti moltissime fotografie di paesaggi e persone molto diverse.Lui condusse la mia attenzione lungo una sequenza di fotografie, "queste le ho scattate quando ero in Africa" disse indicandomi in particolare una fotografia nella quale lui, vestito in uniforme, era al centro di un gruppo di africane completamente nude con delle paglie ornamentali sulla testa.Per una strana coincidenza, lavorava nella stessa fabbrica dove lavoravo io, e questo mi aiutò molto.Potei frequentare la sua casa con maggiore libertà e, qualche volta, anche appartarmi in camera di sua figlia.

    Una sera che mi trovai finalmente solo con Manuela nella sua cameretta, lei aprì la conversazione quasi di scatto,"Franco tornerà questo week-end in licenza" si riferiva al ragazzo con il quale aveva una relazione da circa un anno.In realtà non l

     

    aveva mai rotta, nemmeno in questo ultimo periodo in cui ci eravamo frequentati spesso."Cosa gli dirai?" chiesi dopo un lungo silenzio, durante il quale cercai di trovare il modo migliore di affrontare la situazione."Non lo so!""Prima o dopo dovrai scegliere ""Ma non adesso! E

     

     militare capisci ?" e continuò"Non posso dargli questo dispiacere ""Va bene. Tanto era un po

     

     che volevo passare del tempo con i miei amici. Ci ved

    iamo lunedì ?"Cercai di nascondere il profondo dolore che provavo con una improvvisa disinvoltura.Ma le parole scendevano sempre più di tono."Passo io a casa tua alla solita ora " continuaiDa quel momento Franco rappresentò per me la classica spada di Damocle; ogni qualvolta ne avvertivo la presenza, la mia profonda gioia si trasformava istantaneamente in dolore e angoscia.Questo continuo alternarsi di gioia e dolore cominciò a minare il mio equilibrio psicologico.

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    Antiche paure ed angosce popolavano ormai tutte le mie notti, ma anche di giorno mi trovavo sempre più spesso in stati confusionali.Anche Manuela non era indenne da questo marasma di sentimenti che ormai non eravamo più in grado di gestire.Le sue amiche mi avevano riferito che la sua incapacità di prendere una decisionetra me e Franco, la stava portando alle soglie di un collasso nervoso.Una mattina a scuola era addirittura svenuta.L  avevano soccorsa e, fatta rinvenire, furono costrette a riportarla a casa."Stai attento, che ha un brutto carattere" mi disse una sua amica seduti nel bar del centro, e continuò:"Esiste solo lei. Usa tutti e poi li getta"Ma io ero troppo innamorato per essere d   accordo con lei o anche solo per prestarle attenzione; pertanto, pensai di approfittare di quella conversazione per chiedere informazioni sul suo ragazzo:"Parlami di Franco !""E   alto come te. Più robusto e molto simpatico."Pensi che rimarrà con lui?""Penso che vi farà impazzire tutti e due""Prima o poi dovrà decidere se lui o me""Non deciderà mai !""Cosa ne pensi di tutta la storia ?""Scusa ma non condivido assolutamente! Per me avrebbe dovuto avere un ragazzo alla volta.""Questa situazione mi ha già fatto impazzire. Ormai non riesco più adusarne."

    "Si vede che ne sei innamorato. Ma ascolta me, lascia perdere."Mi morsicai un labbro. La conversazione aveva preso una brutta piega.Non mi era di nessun aiuto.Avevo solo capito, tra le righe, che in realtà nessuna delle sue amiche la sopportava per la sua aria altezzosa.Passarono i giorni e la situazione divenne sempre più instabile, fra non molto Franco avrebbe finito il CAR e avrebbe avuto un trasferimento in un paese più vicino, forse a pochissimi chilometri.Una domenica, dopo il pomeriggio in discoteca, riusciia liberarmi dalle sue amiche e ad appartarmi in macchina con lei in un parcheggio poco frequentato.Iniziammo a baciarci prima delicatamente poi in modo sempre più appassionato ma non era più la felicità iniziale, l

     

    angoscia era mescolata alla gioia.Tanto più ero felice con lei, tanto più la vedevo bella e tanto più avevo paura di per

    derla.Ma non potevo evitare di cadere in quella spirale discendente.I baci e le carezze spegnevano subito quel lume di ragione che mi rimaneva e misentivo trascinato sempre più giù.Dopo un po

     

    , mi ritrovai a baciarle il corpo completamente nudo.Era bellissimo, snello ma ben proporzionato, teso e diritto era pronto ad vibrare ad ogni tocco di piacere.La coprii interamente di baci, le toccai ogni punto del corpo e sprofondai in lei con le dita per appagarla."Facciamo all  amore " lei propose.Mi guardai intorno ed ebbi paura."No. Non qui !" risposi, e la mia risposta sorprese anche me.In realtà avevo paura che qualcosa rovinasse tutto o che io non fossi all

     

    altezza

    della situazione.Non ero nello stato d 

    animo di proseguire o forse non ero pronto.Sta di fatto che mi ritrassi e le dissi che l   avrei riaccompagnata a casa.Due giorni dopo andai a casa sua ma sentivo che ormai era tutto finito ed ogni tentativo di recupero sarebbe fallito.Ci ritirammo in camera sua e mi preparai all

     

    epilogo.Lei iniziò:"Ho deciso di rimanere con Franco".La sensazione che provai fu come se un grosso getto di acqua fredda scorresse sul mio corpo a partire dalla testa, causando una improvvisa contrazione di tutti

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    i muscoli."Ma come puoi rinunciare a tutto questo ? Mi hai detto che provavi anche tu emozioni profonde quando stavi con me"."Sì. Ma ho deciso di rimanere con lui"."E

     

     per l 

    altra sera, non e 

     vero?" cercando di trovare una spiegazione della separazione."Era la prima volta non è vero ?" disse.E riprese:"L

     

    ho capito subito"."Non me la sentivo di farlo nella cinquecento !". Mi resi conto del tono stridulo che stava assumendo la mia voce.Ma ormai la situazione si faceva drammatica.Lei, una volta presa la decisione, era tornata padrona della situazione, mentreio in posizione di netto svantaggio, lottavo nell

     

    ultimo tentativo di rimanere assieme.Niente mi importava più, niente mi avrebbe consolato se l   avessi persa.Ma quando la guardai negli occhi mi parve, per la prima volta, fredda ed impenetrabile, altera nella sua superba bellezza ed inattaccabile.Mi rifugiai nella solita frase, a me sconosciuta:"Spero che questo non rompa la nostra amicizia"."No, possiamo vederci quando vuoi".Ma il suo tono metteva a nudo la realtà che ormai a lei non importava più niente e che addirittura la stavo scocciando.La salutai, uscii e cominciai a sentirmi male.

    La mia mente mi ricordò che in situazioni simili si comincia a bere e quasi in modo automatico, mi ritrovai in un bar."Un calice di rosso " chiesi con un filo di voce.Ed una volta bevuto chiesi:"Un doppio whisky".Bevevo con violenza, quasi volessi spararmi le bevande in gola.Ma non sentivo alcun beneficio.Anzi l  angoscia ed il dolore aumentavano.Non so quanto tempo impiegai ad arrivare a casa ma certo si era fatto tardi.La padrona era già in vestaglia quando aprii la porta. La mia espressione la spaventò."Signor Flavio si sente male?" mi chiese sinceramente preoccupata."Sì signora, sto malissimo. Vado a letto ma non so se domani potrò andare a lavorare

    ".Sentii il peso dell   angoscia, sopra le mie spalle, che si faceva sempre più grande.I muscoli erano ormai un   unica fascia di dolore.Nella mia mente, la frase:"E   tutta colpa mia " risuonava con echi cupi ed ossessivi.Cercavo, con lo sguardo, qualche oggetto familiare, che mi sollevasse dal baratro che sentivo aprirsi sotto i miei piedi.Mi veniva alla mente solo il pensiero che l

     

    avevo persa e che senza di lei la mia vita non avrebbe avuto più senso.Erano passate solo sei settimane da quando l

     

    avevo conosciuta, ma per me rappresentavano un  intera esistenza.Mi sdraiai sul letto e lo spasmo muscolare si estese su tutto il corpo paralizza

    ndomi di colpo.Ogni movimento mi era negato.Ma stranamente la cosa non mi spaventò, anzi, avrei ringraziato il destino se mi avesse tolto la vita, evitandomi la disperazione che stavo provando.Chiusi gli occhi ed iniziarono a scorrere immagini apparentemente senza nessun legame logico.Vedevo una sala di comandi simile a quelle delle torri di controllo degli aeroporti, con tanti tavoli stretti ed illuminati da un video che a prima insta sembravano visori di radar, ma che, ad un più attento esame, dovevano essere una speciedi computer.

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    erano segni strani, simboli, frasi scrìtte in una lingua a me sconosciuta che venivano sovrapposti ad una mappa trìdimensionale.La sovrapposizione dava la sensazione trìdimensionale.Mi chiesi cosa poteva essere e mi venne in mente che fosse una mappa stellare.Riaprii gli occhi e trovai la mia solita cameretta in una penombra rassicurante. pensai..La situazione era davvero critica, ma temere di diventare folle mi aiutò a reagire al torpore.Cominciai a fare considerazioni su quelle immagini.Pensai, dapprima, che fossero pura immaginazione ma mi dovetti ricredere perché la sensazione non era quella di creare con la mente ma di osservare un oggetto concreto.Potevano essere alcune sequenze di uno dei pochi film di fantascienza che avevovisto.Ma anche se alcune scene si potevano esserlo, non ricordavo assolutamente qualcosa di uguale, inoltre non ero un appassionato di quel genere.Decisi che l

     

    unico modo per svelare quel segreto era quello di lasciar scorrerequelle immagini per avere più informazioni.Richiusi gli occhi e non passò molto tempo che mi apparve una nuova scena.Mi trovavo ora in un salone assieme a molte persone.Una cosa che mi toglieva il respiro era la grandezza di quel locale.Mi sembrava un salone per la sua forma rettangolare ma doveva misurare almeno settecento metri di lunghezza e duecento di larghezza.

    Era immenso.Le persone, dovevano essere almeno trecento, sembravano davvero degli insetti.Davanti a me stava una donna e mi parlava in una lingua sconosciuta ma di cui capivo il senso.Mi stava dicendo che quando sarebbe tornata ci saremmo sposati.Era molto bella ma la cosa che colpiva di più era il suo portamento altero.Era alta e vestiva con una uniforme luccicante.Provavo un senso di inferiorità nei confronti di quella persona ed in quel momento mi sentivo anche meschino.Ebbi la certezza che stavano partendo per una lunga missione.L  attesa sarebbe stata lunga due Dinners ma ne sarebbe valsa la pena perché la mia donna sarebbe diventata Ainnasc, una specie di vice ammiraglio.Immagini, sensazioni, concetti ed anche nomi scorrevano a getto continuo, ma mi

    bastava riaprire gli occhi per bloccarli come se questi ultimi funzionassero dainterruttore.Bloccai l

     

    episodio per riprendere fiato.Un altro particolare incredibile era che, mentre la mia parte più razionale rimaneva sconvolta da queste immagini e cercava di allontanarle, un

     

    altra parte di me, molto più profonda, le dava per scontate.Quando riaccesi il mio video mentale, vidi chiara Vim,m,agine di una astronave che si allontanava.Era possente.Mi sentii fiero della mia razza e soprattutto della mia donna che occupava uno tra i posti più prestigiosi.Uno schermo gigante tridimensionale dava Vimpressione di guardare dalla finestra.

    Era posto al centro della stanza di controllo ed aveva la strana caratteristicache da qualunque punto si guardasse si vedeva sempre la stessa immagine.Alcuni responsabili di controllo discutevano di come sfruttare gli angoli gravitazionali per l

     

    accelerazione."Rischiamo di perdere mezzo ciclo" disse uno "No.! I calcoli sono stati fatti dal Grande Villah. Ed ormai non avremmo il tempoper rìprogrammare la traiettoria di accelerazione" avevo la certezza che il Grande Villah fosse un nome affettuoso dato ad una specie di computer a fibre luminose.In realtà non esistevano i computer come si intendono oggi ma centri di calcolo lo

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    gico molto veloce, a fibre ottiche, che si auto perfezionavano per assumere combinazioni sempre più funzionali.Le memorie erano dei composti biologici di memorizzazione.Nelle nostre basi erano stati m.essi a punto dei centri di elaborazione molto piùpotenti perché dovevano essere il centro di coordinamento di tutta la confederazione.Riaprii gli occhi in una completa costernazione.Cosa mi stava succedendo?Ero certo di essere in pieno esaurimento nervoso, ma ero altrettanto certo di non essere ancora pazzo.Ma cos

     

    erano quelle immagini così reali ma anche così assurde?Da dove venivano ?Forse l  esaurimento nervoso aveva attenuato la ragione e salivano in superficieaspetti inconsci profondi.Forse da un inconscio collettivo ?In balia di cose più grandi di me ed in preda al collasso nervoso mi appisolai.Mi svegliai al bussare della signora sul vetro della porta,"Signor Flavio, come sta

     

     questa mattina?""Malissimo. Signora può farmi un favore?""Quello che vuole""Può telefonare in ditta ed avvisare che oggi non potrò andare perché sto male""A chi devo dirlo ?""Basta che lo dica alla centralinista e ci penserà lei a riferirlo al ragioniere del personale"

    "Telefono subito. Poi se ha bisogno di qualcos 

    altro io sono qua"Quel sonno leggero, invece di riposarmi, aveva aumentato il livello di angoscia.Lo spasmo muscolare crebbe al massimo e cominciai a provare terrore.Mi trovai su un precipizio, appeso miracolosamente, mi tenevo solo con una manosu una radice e cercavo con l

     

    altra un appiglio più resistente.Annaspavo disperatamente, sentivo la terra secca polverizzarsi sulla mano ad ogni tentativo di presa.Ero nell  antica terra dei Druidi, era una bellissima notte illuminata dalla luna, la notte della cerimonia del sole.Ripensai al mio villaggio di case fatte di terra e paglia, ai boschi alla caccia alle feste e alla vecchia nutrice che mi aveva preparato al grande passo.Mi aveva chiamato, due giorni prima, per spiegarmi come si diventava un guerriero druido e che grande onore fosse sottostare alla prova la notte della cerimonia

     del sole.Mentre la donna mi spiegava, seduta sulla terra arsa dal sole, davanti alla suacapanna, mi sentivo particolarmente felice.Erano anni che aspettavo questo momento e mi compiacevo che fosse venuto nella notte più importante dell

     

    anno.La donna continuava a spiegarmi,"Questa è la cerimonia che mene ripetuta di anno in anno dalla notte dei tempi!Ci incontriamo tutti, alle pietre.Ringraziamo il sole e da questo rìcemamo il potere e la vita.E   una buona notte per diventare un guerriero ma mi devi ascoltare molto attentamente.Mi ascolti figliolo. ?""Si. sono attento"

    "I sacerdoti faranno i rituali al centro del cerchio. Ed il potere scenderà dal cielo. La forza e la vita irradierà tutte le persone che si troveranno attorno al cerchio. E tu quella notte sarai lì. Hai capito ?""Si . ho capito. " risposi eccitatissimo pensando solo a quello che avrei fattouna volta guerriero."La forza entrerà nel tuo petto. Ma attenzione ! Devi aspettare fino a quando ti sentirai davvero pronto.Se scatterai troppo presto sarai travolto se scatterai troppo tardi sarai troppo pesante. Quindi aspetta il momento che sentirai più giusto.Poi scatterai in una caccia nella notte.

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    E dovrai cacciare il tuo simbolo, l 

    oggetto che ti darà la forza nella vita da guerriero. ""Ma quale

     

     l 

    oggetto che devo cercare ?" chiesi"Questo non lo so. Io posso solo dirti di cercare l   oggetto più potente che potrai trovare, ma attenzione ! Devi trovarlo prima delle prime luci dell

     

    alba perché altrimenti la prova sarà fallita.""L

     

    oggetto che troverai sarà la tua prima arma, la tua forza, il tuo simbolo ed il tuo nome. "Con questi insegnamenti mi apprestai quella notte alla prova di iniziazione come guerriero.C

     

    era un grande cerchio di pietre tra le quali erano stati accesi dei grandi fuochi.L  impressione era che il grande cerchio di fuoco coincidesse con un altrettantogrande cerchio di pietra.Al centro del cerchio stavano gli stregoni con altre persone che li aiutavano nella cerimonia.n cerchio costituiva il sole al quale si davano in sacrificio animali ed uomini.Ero eccitatissimo e quando mi parve che la forza fosse entrata in me, partii inuna corsa folle alla ricerca dell

     

    oggetto.Sapevo che poteva essere qualsiasi cosa, l   importante era che fosse l   istinto aguidarmi.Ma all

     

    improvmso caddi in uno strapiombo, forse tradito dalla troppa eccitazione.In quel momento pensai d   essere stato tradito dagli spiriti della notte.

    Mentre lottavo disperatamente per la vita considerai che gli spiriti non mi avevano accettato come guerriero.In quella civiltà, gli spiriti erano una parte importante della popolazione del villaggio perché, a volte, uno spirito prima di reincarnarsi rimaneva nel villaggiodove aveva vissuto.Questi erano spiriti che identificavo mentalmente come uomini senza corpo, ma c

     

    erano anche spiriti, molto più potenti che si potevano trovare nelle montagne e nei boschi.Questi si estendevano in valli intere ed avevano la forza di guidare le nostre vite.Le forze dell   universo erano le stelle, il sole ecc., ma gli stregoni potevano fare magie solo grazie all

     

    alleanza con questi spiriti.C  erano spiriti buoni e cattivi e quindi uno stregone doveva avere molta esperie

    nza per muoversi in queste realtà occulte.Gli stregoni rappresentavano la casta più importante del villaggio ed ubbidivano solo ad un loro centro, che funzionava come l

     

    attuale Vaticano, situato in una lontana isola a tutti sconosciuta.Erano loro a guidare il villaggio a decidere, nel bene e nel male, la pace e laguerra.Poi venivano i guerrieri, che se in vita acquisivano molta forza, venivano rispettati quasi come gli stregoni.La forza non era intesa come forza fisica ma come potere mentale o potere legato alla persona.La forza fisica e la guerra erano solo i mezzi per arrivare ad un potere più elevato.Questo potere non veniva però spiegato perché ogni uno doveva trovare una sua strada

     per acquisirlo.I guerrieri erano dediti alla guerra ma in tempo di pace avevano mansioni di caccia.Ogni epica impresa di guerra o di caccia poteva essere un passo verso la forza ed il potere.In realtà un

     

    impresa poteva durare anche più vite.Si raccontava di un guerriero che doveva cacciare un grande animale. Gli era stato detto da uno stregone che un giorno sarebbe passato in una gola.n guerriero andò in quella gola ed aspettò per anni ed anni finche    ormai vecchio morì.

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    Si reincarnò subito ed al quindicesimo anno, dopo l 

    iniziazione di guerriero, tornòin quella gola ed aspettò altri quindici anni finche

     

     l 

    animale passò e venne ucciso.Alla fine questo guerriero acquisii una forza ed un potere immenso.Riaprii gli occhi e pensai,

    In vita mia non avevo mai considerato questa possibilità!Avevo rifiutato perfino il concetto cristiano di inferno e paradiso, immaginarsi, lo stesso essere che si reincarna più volte perdendo tutti i ricordi delle vitepassate.II concetto della reincarnazione avrebbe rivoluzionato tutta la mentalità e le conoscenze contemporanee.Ma se io avevo avuto più vite precedenti non dovevo essere sicuramente l  unico, ed allora perché questa possibilità non era assolutamente menzionata nella cultura occidentale?Come poteva essere, che nessuno la considerasse certa ma, nel migliore dei casi, fosse vista come un

     

    opinione di alcune persone, comunque poco attendibile?Ed ancora, perché si perde completamente la memoria delle vite precedenti?E perché me ne sono ricordato proprio io?La signora bussò alla porta e mi chiese,"Vuole che le prepari qualcosa?""No grazie! Non si disturbi! Se ho bisogno la chiamo!""Vuole che chiami il medico ""No grazie ! Va    un po   meglio, Spero di poter andare a lavorare domani"

    Mi sentivo davvero un po 

     sollevato.Il pensare allentava leggermente la tensione e dava un po 

     di sollievo ai muscoli e speravo vivamente di poter tornare a lavorare perché non avrei proprio saputocosa dire al medico.Comunque ero sempre bloccato a letto da non potermi nemmeno muovere.Se avessi dovuto andare al bagno sarebbe stato un vero guaio.Per mia fortuna questo non era ancora accaduto.Mi rilassai un attimo e tornai sui miei pensieri,

    D

     

    altro canto cos 

    è il bene ed il male, la fortuna e la sfortuna se non una visione limitata e parziale causata solo dalla nostra misera condizione di umani?

    Una cosa buona può diventare buona o cattiva in base alle situazioni del momento,ma soprattutto in base alla persona che la vede o più precisamente dal modo in cui quella persona la vede.Ogni cosa può davvero essere considerata buona o cattiva se queste considerazionisono così labili?Non è forse più onesto limitarsi a considerarle cose, fatti e persone?Fino a poche ore prima non conoscevo la realtà della reincarnazione.Ma quante altre cose ancora non conosco?Ed allora come potrei continuare a giudicare?Pensai : Avevo imparato molte cose in così poco tempo ma molte altre avrei dovuto impararne in futuro.

    Pensare al futuro doveva aver fatto scattare qualcosa perché riuscii a muovermi.Muovendo faticosamente prima una mano, poi un braccio quindi prima una gamba poi l  altra riuscii a mettermi seduto sul letto.Mi sentivo molto debole e dolorante più che mai.Guardai gli oggetti davanti a me e pensai all   assurdità di quel grande amore.E mi presi in giro.< Acci denti, le ho prese fìsse questa volta !>

    Ma questo episodio mi aveva portato anche altri insegnamenti:Innanzitutto che siamo tutti in preda a molti problemi psicologici che non riusc

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    iamo a gestire, sia io, sia Manuela, sia le amiche invidiose.Pensai :

    Cap. 6 La risalitaTornai al lavoro il giorno dopo, debole ma diverso.Cominciai ad interessarmi allo studio dell

     

    elettronica, ad applicarmi con impegno nel lavoro, nei rapporti con i miei colleghi ed a cercare un modo per salire di grado.Erano passati quasi tre anni dal primo giorno di lavoro in quell  azienda e non avevo fatto nessun passo in avanti.Ero rimasto in una logorante catena di montaggio ad avvitare un numero infinitodi bulloni e a praticare ininterrottamente fori su lastre di plexiglas.Ma sarebbe stato così ancora per poco.In un solo mese mi preparai per un esame interno e riuscii a superarlo.Successivamente mi dedicai ai centralini telefonici e tanto feci finché, due settimane dopo l

     

    esame, mi affiancarono ad un responsabile di settore, per imparare tutto quello che riguardava la costruzione ed il collaudo di quelle apparecchiature.Nei mesi che seguirono imparai il funzionamento di altri macchinari, finché poteiavere la responsabilità di un piccolo reparto.In quel periodo non pensavo ad altro che guadagnare terreno in azienda, strappan

    do competenza, responsabilità e prestigio ai miei colleghi.Stupii tutti quando mi proposi come aiutante nello staff di progettazione e ricerca formato da due ingegneri.Stupii ancora di più quando dimostrai a tutti di essere in grado di collaudare schede di microprocessori e stendere complessi programmi in linguaggio macchina.Divenni ben presto responsabile di tutto il settore di produzione di computers e microprocessori, utilizzati per controlli numerici.Erano passati sei mesi dal mio rientro e potevo essere davvero orgoglioso di quello che ero riuscito a realizzare.Avevo raggiunto una posizione all

     

    interno dell 

    azienda, che non avrei mai sperato, ero salito al livello massimo permesso dal mio titolo di studio.Ma non mi sentivo ancora soddisfatto.Cominciai ad avere contatti all  esterno dell  azienda.

    Conobbi titolari di aziende e persone disposti a darmi del lavoro. Avrei potutoaprire un piccolo laboratorio e montare e collaudare schede elettroniche.Contemporaneamente concordai con il mio titolare di fare alcuni lavori fuori dall  azienda.Il ruolo di dipendente cominciava a starmi stretto, d

     

    altro canto aprire un 

    attività in proprio comportava tanti rischi e richiedeva denaro.Era un

     

    esperienza a me sconosciuta ed i miei si sarebbero sicuramente opposti.Per loro era troppo importante mantenere la sicurezza di un posto fisso come dipendente.Quella del dipendente era per tutti i miei familiari quasi una religione, venerata ed agognata quasi fosse la massima aspirazione di un uomo.Chi non aveva un posto fìsso doveva lottare con tutte le sue forze per ottenerlo e quando raggiungeva questo stato di grazia doveva ringraziare Dio e fare il poss

    ibile per non perderlo.Come avrei potuto dire a mia madre ed al nonno che mi sarei licenziato per aprire un  azienda?Non avrebbero mai capito ed invece di aiutarmi mi avrebbero ostacolato con tutte le loro forze.Mi trovai così, un sabato pomeriggio di novembre inoltrato, a fare una tra le scelte più difficili della mia vita.Non era la famiglia il solo ostacolo; avrei dovuto investire tutti i miei risparmi per acquistare il necessario per eseguire i lavori.Era un problema davvero grande.

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    Nessuno avrebbe potuto aiutarmi o consigliarmi.Nessuna certezza e tanti dubbi.Sentii il bisogno di fare due passi. Uscii di casa.Il cielo era coperto da grandi nuvole ma una brezza fresca, che entrava con forza nelle narici, mi riempiva di vitalità ed entusiasmo.Sentivo il vento che mi accarezzava il viso e portava tanti rumori familiari, che mi davano una pacata serenità.Oltre la rete, che fiancheggiava la strada, si estendeva la campagna, dove l   incontenibile bellezza della natura si era conservata, nonostante l

     

    intervento dell 

    uomo.Si! Aumentava in me il desiderio di una bella passeggiata lungo i campi coltivati, nel vano tentativo di sentirmi parte dall   imponenza silenziosa della natura.Mi avviai lungo una strada che si inoltrava tra campi e filari fìnché sentii di dovermi fermare.Non capii, ma qualcosa più forte di me, mi guidò nell

     

    attraversare la strada fmo a trovarmi di fronte ad un fossato pieno di immondizie e rifiuti vari.Trasalii.Di fronte a me, sopra un mucchio di rifiuti, c

     

    era, intatto, uno scatolone da imballaggio.Era uno scatolone da imballaggio, di un particolare trapano, che avrei dovuto acquistare. Era segnato nella mia lista fra le attrezzature più costose.La mente correva in decine di ragionamenti futili;< Sicuramente ci sono laboratori di elettronica qui vicino >.

    Era un nuovo segno e non potevo nascondermelo.Ripresi il controllo della mente e cercai di mettere ordine nell 

    accaduto.C

     

    erano due fatti inconfutabili.Primo: mi ero posto un problema forse più grande di me, dato che non avevo gli elementi per risolverlo.Secondo: in modo alquanto originale, ma avevo avuto la risposta.Non ebbi il minimo dubbio che la risposta fosse giusta.Mancava solo un elemento per chiudere il capitolo: chi me l   aveva data?Guardai attorno a me, quasi per scoprire qualche elemento che potesse aiutarmi a fornire una spiegazione, ma soltanto un paesaggio immobile mi stava a guardare.Non un movimento, non un segnale, ma sentivo come un tepore salire da quei campi spogliati da un autunno ormai finito.Ebbi la sensazione di continuità tra le cose, come se non esistessero dei confini

    di separazione tra me e ciò che mi circondava, tra le case ed i campi, tra i ramistecchiti ed il cielo, ma che queste delimitazioni fossero solo nella mente.Come se ogni cosa fosse disegnata nella sabbia, ma in realtà esistesse solo la sabbia.Ebbi un momento di sussulto e mi spaventai di ciò che provavo, ricorsi quindi alla ragione per capire.Quel segno poteva essermi stato dato solo da quella forza che mi guidava.Oppure la risposta poteva essermi data da Dio o da qualche essere soprannaturale.O ancora, poteva essere un potere che avevo proprio io.Cominciai ad analizzare un

     

    ipotesi alla volta.Anni prima avevo attribuito quei fenomeni ad una forza, ma questa spiegazione, ormai, non mi soddisfaceva più.

    Il concetto di forza non diceva più niente, come non riuscivo a concepire, che qualcun 

     altro si prendesse la briga di darmi una mano, per quanto santo e potentepotesse essere.Per quale motivo un essere o una qualche entità, che si potesse classificare comeDio, si doveva scomodare per risolvere dei miseri problemi?Cominciò a farsi strada la convinzione che il concetto di potere dei Druidi doveva essere reale.Ogni persona o cosa è dotata di un potere personale che cresce in base alla purezza delle sue azioni e delle sue intenzioni.Una persona deve volere fermamente una cosa e perseguirla con determinazione sen

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    za nessuna esitazione.In questo modo possono verificarsi anche i miracoli.Ripensai a quel guerriero druido che aveva dimostrato una determinazione che andava oltre la vita e capii un altro aspetto che ,in tutti questi anni, avevo trascurato: quel guerriero aveva acquisito un potere così grande solo perché, avendo accettato un compito che si sarebbe protratto oltre la vita, aveva abbandonato, inmodo definitivo, ogni egoismo ed ogni paura.Solo rinunciando alla vita come proprietà da gestire, ci liberiamo da tutti gli egoismi.Solo evitando di considerare la morte come un ostacolo perdiamo ogni paura.Ebbi la certezza che, per questi motivi, quel guerriero aveva acquisito molto potere.Provai una grande commozione nel pensare a quel guerriero, tanto che non riuscii a trattenere le lacrime.In un certo senso la mia ricerca e la mia comprensione avevano reso omaggio a quel guerriero.Avevo dato attenzione ad uno spirito che certamente vagava nell

     

    immensità; ero certo che fosse grato di sentirsi riconosciuto in una civiltà come la nostra, dove, il lottare per qualcosa, che non fosse un interesse personale, era considerato pura idiozia.Il sole, incendiando il cielo, conferiva maggiore solennità al momento.Ritenni di spostarmi dal ciglio della strada fm sotto un cespuglio per poter vivere il ricordo in modo completo.Man mano che la luce si affievoliva anche le mie emozioni si attenuavano.

    I due fenomeni sembravano legati da un filo invisibile, e nel silenzio del luogo sembrava che il pianeta rispettasse quel connubio.Quando l

     

    oscurità vinse il giorno, era ormai scesa dentro di me una calma ed una serenità che non avevo mai provato.Rimanendo in silenzio mentale, ascoltavo ogni sensazione salirmi dal profondo.Le nuvole si erano diradate ed avevano lasciato ampi spazi dai quali le stelle potevano sfoggiare tutta la loro bellezza.La luna che stava sorgendo, dava al paesaggio un   aria particolarmente familiare.Si affacciò alla mente un altro episodio che doveva risalire almeno a tremila anni prima.Mi trovavo nella stessa posizione, inginocchiato e seduto sui talloni, in un grande spiazzo con l

     

    erba completamente calpestata.Ebbi la sensazione di trovarmi nell   antica Gallia all  età del bronzo.

    In quell 

    episodio, sicuramente precedente a quello dei druidi, dovevo essere unguerriero.Avevo di fronte a me una lancia rudimentale ed un arco, ero vestito solo di unapelle che mi copriva a malapena le anche.n caldo afoso, nonostante fosse notte fonda, mi fece pensare di essere in pienaestate.Rimanevo fermo in quella posizione per assorbire dalla terra la forza ed il potere necessari per l   azione di guerra che avrei domito compiere.Era credenza, a quei tempi, che, se un guerriero assorbiva il fluido e la forzache emanava la terra, avrebbe vinto contro qualsiasi avversario.Solo, in quella radura, immobile, mi sembrava di avere sotto controllo tutto quello che mi circondava.L

     

    olfatto ed l 

    udito sempre all 

    erta mi permettevano di percepire ogni animale,

    ogni foglia che si muovesse nel raggio di parecchi metri.Era vitale riuscire a sentire ed individuare il perìcolo con ogni senso. Ed era altrettanto imporìante farlo nella più completa immobilità per non diventare preda.Non erano utilizzati solo i sensi che conosciamo oggi, ma molte altre percezioni che l  uomo ha dimenticato nella notte dei tempi.n potere del guerrìero era una particolare percezione quasi visiva, che arrìvava alcorpo non come immagine ma come sensazione.n corpo avvertiva la sensazione del perìcolo e, senza l

     

    intervento della mente, adottava l  adeguata azione di difesa o di attacco.Oggi potremmo pensare che fossero i riflessi di atleti incalliti, ma sono certo

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    che noi uomini del duemila non riusciremo mai a capire quel particolare mondo: il mondo dei guerrieri.Nel ricordare quell

     

    episodio mi pervasero un grande entusiasmo, una forza ed una carica che non avevo mai provato, almeno in questa vita.n cuore cominciò a battermi sempre più forte, sentivo una puzza nauseabonda, ed i miei muscoli cominciavano a tendersi.Mi sentivo nel corpo del guerriero, sentivo le sue emozioni, vivevo i suoi pensieri e percepivo il suo corpo.Era un corpo giovane come il mio ma molto più forte ed agile, i suoi muscoli erano di ferro e la sua presa di acciaio.Era una sensazione meramgliosa.I miei sensi percepivano tutto ciò che mi circondava in modo più intenso e vivo donandomi un grande piacere.Una grande sicurezza nella mia abilità e nella mia esperienza mi facevano sentirepadrone del mondo che mi circondava.E all  improvmso si verìflcò una cosa straordinaria.Fu come se dalla mia testa si prolungasse un periscopio, o meglio ancora, era come se parte della testa volasse in alto appesa ad un palloncino, e questo palloncino fosse legato al collo.Ero qui e lì contemporaneamente.Vedevo il terreno ad un metro di distanza da me, e contemporaneamente osservavola radura ed il bosco da un

     

    altezza di circa cinquanta metri dal suolo.Spostavo l

     

    attenzione prima in alto e poi in basso finché dall 

    alto indi muoversidelle figure.

    Erano i miei avversari che si stavano avvicinando velocemente, furtivi e con molta attenzione.Mi accorsi allora di essere solo.Dovevo vendicare il mio villaggio saccheggiato, e di fronte a questa considerazione era trascurabile che fossi solo ad affrontare venti guerrieri nemici.Era altrettanto trascurabile la quasi certezza della morte.Era inconcepibile con quanta calma e concentrazione andavo verso il mio destino.Quando gli avversari furono abbastanza vicini emisi un urlo selvaggio e mi lanciai all

     

    attacco.Rivivevo in tal misura quel ricordo che non riuscii a trattenermi dall

     

    emettereun urlo e dallo scattare in piedi.Mi gettai sugli avversari e cominciai a trafiggerne uno. Un secondo si stava avvicinando alle mie spalle e con un gesto fulmineo spinsi la lancia all   indietro c

    olpendolo in pieno petto.Ormai erano tutti su di me ed i colpi di clava e di lance appuntite si abbattevano su di me con un ritmo crescente.Dopo pochi secondi cadevo in fin di vita, trafitto in più partì, con un orecchio asportato di netto, l

     

    osso della fronte scoperto, in un lago di sangue.Gli avversari se ne stavano andando, quando tentai di rialzarmi e impugnare un bastone.Percepii netto il dolore e lo sforzo ed altrettanto chiarì furono le mie emozionied i miei pensierì.L  ultimo sguardo che rìvolsi ai miei avversarì ed al mio mondo fu di indomabile orgoglio.Sentivo che era giunta la mia ultima ora e in quel momento il pensiero andò al mio villaggio, a tutti i suoi abitanti che avevano deciso di andarsene piuttosto ch

    e sottostare ad una trìbù violenta e sanguinarìa.L 

    eroismo portato all 

    estremo nella ricerca della libertà, mi commossero.Mi ritrovai disteso sull  erba singhiozzando disperatamente per il guerriero cheero stato.La commozione ed il dolore che mi opprimevano il torace, non mi erano nuovi.Rimanevo vittima di queste emozioni ogni volta che parlavo o che pensavo alla libertà.Per tutta la vita, avevo avuto la sensazione di aver lottato e sofferto per la libertà, ma questa sensazione non aveva mai trovato una spiegazione logica ma soloadesso ero in grado di capire da dove mi derivasse questo anelito

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    Singhiozzai a lungo finché, tra le luci distorte e deviate dalle lacrime, cominciai a mettere a fuoco un altro episodio.Ero in una grotta buia, c

     

    erano solo due torce appese, che sembravano più intentea rìmanere accese che ad illuminare.Ero incatenato, assieme ad una decina di altrì uomini, lungo un cunicolo stretto che si allargava a metà circa della catena, in concomitanza delle torce.Nel punto più largo c

     

    erano due guardiani che, dirìtti in piedi ed armati di frustee spade, infierìvano su due disgraziati come me.Dovevo trovarmi in Indocina, nell

     

    attuale Laos, parecchi millenni fa.Come in altre civiltà antiche, alcune persone di un villaggio venivano offerte insacrificio agli dei.Appartenevo a quel villaggio, ed avevo accettato sempre, quei rituali finché talesorte non toccò ad una donna alla quale ero particolarmente legato.Era mia sorella.Mi ribellai contro la sentenza di morte e finii in quei cunicoli infernali con degli aguzzini che non avevano limiti in barbarie e crudeltà.Eravamo tutti inginocchiati a ricevere ogni tipo di insulti e provocazioni ed al minimo cenno di ribellione rischiavamo una morte terrìbile.In quel momento uno degli aguzzini stava urlando contro uno di noi, roteava perìcolosamente un bastone con il braccio sinistro mentre con il destro imbracciava una spada.Cominciò ad urlare contro tutti, noi"Questo bastardo ha provato a rìbellarsi.!Adesso faremo vedere a tutti cosa succede a chi prova a rìbellarsi! Sik prendi que

    sto bastardo e tienilo in piedi!"n malcapitato venne preso, dal secondo aguzzino, alle spalle ed alzato in piedi, in modo da esporre il torace ed il ventre nudi e sporchi al prìmo aguzzino.Quest  ultimo si guardò attorno con un sguardo di superìorìtà e di compiacimento nella sa posizione di potere.Inaspettatamente quest

     

    ultimo alzò la spada e, facendola cadere, aprì in un sol colpo il ventre del malcapitato.Fu una scena raccaprìcciante.L

     

    urlo di dolore della mttima rese ancora più drammatica l 

    evento che si stava svolgendo.Con il sangue finirono sul terreno anche le interìora dell   uomo.Non potrò mai dimenticare lo sguardo di terrore e di dolore dell

     

    uomo in quel momento.

    La rabbia che provai fu lacerante, non rìuscii a trattenere un urlo "NOOOOOO!!!!!"Quella scena mi fece provare fisicamente la condizione di schiavo, mia e dei miei compagni.La rabbia verso quell   aguzzino esplose nella mia mente e divenne rabbia contro la schiavitù, rabbia contro tutti coloro che sopprìmono e sentivo con tutte le forzeche anche oltre la vita avrei anelato alla liberìà.Mi ritrovai a pensare sopra l

     

    erba che si stava inumidendo, col freddo che cominciava a farsi sentire.Rialzandomi, mi guardai attorno.C  era una calma quasi irreale, anche per la campagna dove mi trovavo.Presi un cerino dalla tasca e lo accesi per illuminare il quadrante dell

     

    orologio. Erano le due del mattino.Avevo passato sette ore nella più completa immobilità.

    Sentii il freddo solo quando cominciai a muovermi.Ripensai a quelle ore che erano trascorse ed ebbi chiara la sensazione che il potere aveva usato i miei sentimenti ed i miei ricordi, per darmi una chiara indicazione.Non avevo solo ricevuto la risposta su cosa dovessi fare nel mio futuro, ma perché dovevo farlo e come.Fui certo che dovevo iniziare una mia attività, perché era un passo importante verso la libertà.Capii che avrei dovuto perseguire questo scopo come passo verso la conoscenza, e questo mi fece sentire molto felice.

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    Il concetto di libertà mi era molto affine, quasi una parte di me stesso.Ma per realizzarlo dovevo percorre un tragitto molto lungo, nel quale avrei dovuto lottare per una libertà mentale, negando le abitudini, i luoghi comuni, tutti i :"E

     

     sempre così da che mondo e 

     mondo";per una libertà psicologica, liberandomi da tutti i complessi ed i problemi;per una libertà spirituale superando le limitazioni imposte dal corpo fisico.E questo lungo tratto l   avrei percorso da guerriero, con le due armi fondamentali, di cui ora disponevo: l

     

    impeccabilità e l 

    umiltà.L

     

    impeccabilità nel perseguire l 

    obiettivo, senza indulgenze verso se stessi.E verso tutti.Che stupendo concetto quello dell  umiltà, il solo menzionarlo mi fece schizzare il punto di vista, cinquanta metri sopra la testa.Mi vedevo dall

     

    alto, camminare in quella strada buia e provai una grande ammirazione ed un grande affetto verso me stesso, per aver ricordato il principio dell

     

    umiltà.Umiltà che il guerriero prova verso il re e verso il mendicante in egual misura.Sembra una sciocchezza ma, se applicata con dedizione ed onestà , dà il giusto valore alle persone ed alle cose.L  umiltà del guerriero assomiglia molto al codice dei cavalieri medioevali con l   unica differenza che il secondo è stato traviato dal titolo di prestigio del cavaliere.Il guerriero non deve, nemmeno per un momento, gloriarsi della sua posizione, oricercare il titolo per prestigio, perché in quel caso tutto ciò che ha di buono, as

    sumerebbe valenza negativa.La nostra storia è costellata di guerrieri o cavalieri che in realtà erano figure negative proprio per questo, poiché la differenza è minima ed è molto facile equivocare.Pensavo a tutto questo mentre mi avvicinavo a casa, attraversando una zona residenziale della periferia, completamente deserta.Si stava formando un leggero strato di foschia che generava strani giochi di luce attorno ai lampioni; faceva ormai molto freddo.Diedi un ultimo sguardo alla campagna, ormai lontana, e ringraziai quei guerrieri, ringraziai il potere, ringraziai tutto il creato per ciò che mi era stato donato; promisi a me stesso che sarei stato all

     

    altezza del compito, e mi avviai verso la porta di casa.Cap. 7 La compagnaNonostante le mie scelte di vita fossero radicalmente cambiate non avevo ancora

    abbandonato i vecchi amici e l 

    abitudine di frequentare le discoteche.Un sabato sera di fine aprile mi trovavo in un piccolo locale di un paese che dista circa dieci chilometri da Treviso.Ero accompagnato da un amico con il quale ero molto affiatato, e da due ragazze, che in quei giorni erano per noi un vero problema.Si era creata una situazione davvero paradossale; la ragazza che accompagnavo io si era innamorata, a sentir lei, del mio amico, e questi non ne voleva sapere,.Al contrario egli cercava di corteggiare la ragazza che era venuta con lui, chea sua volta non lo sopportava.Era una situazione davvero comica, se vista dall   esterno, ma decisamente poco piacevole per chi vi era coinvolto.Pensai di togliermi di impiccio lasciando il mio amico a sbrigarsela da solo con quelle due, tanto più che le aveva trovate lui, e mi diedi da fare per conoscere

    qualche nuova ragazza.Mi ero informato dal disk-jokey sulla sequenza dei brani veloci e lenti che avrebbe seguito in modo da fare l   abituale giro di perlustrazione poco prima che arrivassero i lenti.Questo avrebbe permesso di decidere in tempo la ragazza che avrei invitato al momento giusto al posto giusto.La tecnica prevedeva anche di creare un minimo di intesa, con gli sguardi, pocoprima che finissero le musiche veloci, in modo da prevenire eventuali interferenze di altri ragazzi che avrebbero rovinato tutto.Eseguivo la tecnica ormai per abitudine, quindi iniziai a girare per il locale.

  • 8/16/2019 L'Io Sconosciuto - Flavio Zambon

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    Ci fu uno sguardo che mi colpì, come se ci fosse stato un lampo nella semioscurità del locale.C

     

    era un gruppo di ragazzi e ragazze che dovevano far parte di una compagnia, tutti seduti in una poltrona a forma di semicerchio e tra questi c   era una ragazza che con i gomiti appoggiati sulle ginocchia guardava il pavimento in modo sconsolato.Dall

     

    espressione doveva averne abbastanza di quella situazione, ma quello che io percepii andava molto al di là della semplice sua noia.Provai in quello sguardo una profonda affinità.Ebbi la sensazione che quel lampo, che aveva attirato l

     

    attenzione, fosse in realtà un

     

    aura luminosa attorno a lei.Mi venne all   improvviso un ricordo della mia infanzia.Avevo circa sette anni, in una giornata molto calda di un giugno inoltrato, eroin vacanza al mare con i miei e mi stavo recando in spiaggia.Attraversavamo una strada alberata con due marciapiedi colmi di persone che passeggiavano.Mi ricordai in modo molto vivo i colori sgargianti dei vestiti dei passanti e dei negozi, il caos di macchine e persone e la luce accecante del sole.Ad un tratto sentii prepotente il desiderio di guardare in una precisa direzione.Non vidi niente di particolare, ma questo, invece di farmi desistere mi spinse a scrutare meglio spostandomi verso quel punto che tanto mi attirava.Sentivo che tra quella folla c

     

    era una persona che amavo.I miei mi rincorsero preoccupati e rimproverandomi, mi riportarono nella direzio

    ne precedente. Io iniziai a piangere e a gridare disperato, temevo di perderla definitivamente, ma poi una strana certezza mi tranquillizzò: l 

    avrei ritrovata.Non diedi importanza a quell

     

    episodio, che dimenticai molto presto, e solo quella sera in discoteca mi tornò in mente.Stava per succedere qualcosa!Accostai la ragazza e le chiesi se voleva ballare con me.Lei mi guardò, era molto carina, ma la cosa che mi colpì di più in quel momento era lo sguardo che faceva trasparire un carattere positivo e disponibile.Guardò i suoi amici chiedendo permesso per venire a ballare.Si alzò in piedi e ci avviammo verso il centro della sala, aveva un corpo stupendo, come avevo sempre desiderato in una ragazza.Le cinsi i fianchi come in un rituale, e nella penombra accogliente della discoteca le chiesi "Come ti chiami"

    "Raffaella, e tu?""Flavio, vieni spesso in discoteca?""Vengo molto di rado, perché frequento altri ambienti.In questa discoteca è la prima volta che vengo, sono stata portata da una compagnia di amici"Sentivo che dovevo fare una variante alla solita tecnica, e la invitai a sedersi.Ci sedemmo e le chiesi"Cosa fai, studi?""Si ! Frequento l   università di Padova. Il secondo anno di medicina. E per esserepiù comoda ho affittato una stanza con altre due ragazze"Alcuni suoi atteggiamenti mi facevano tornare in mente dei ricordi dell   astronave che avevo rivissuto mesi prima.

    Mentre parlava comparivano dei flash della donna dell 

    astronave che, con l 

    uniforme splendente, mi salutava e s 

    avviava verso le uscite.C  era in lei qualcosa, l   atteggiamento fiero ed indipendente che mi riportava in mente la donna dell