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Consiglio Nazionale del Notariato Progetti:FOD00214 - Eventi Live 2014:30 Gennaio 2014:APPROFONDIMENTI:4659ef.doc EF.sb - 29/01/2014 EF – 10 dicembre 2003 Studio n. 4659 DELEGABILITÀ AI NOTAI DELLE OPERAZIONI DI VENDITA IMMOBILIARE CON INCANTO IN SEDE FALLIMENTARE Approvato dalla Commissione studi il 16 dicembre 2003 SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Delegabilità ai notai delle operazioni di vendita con incanto in sede fallimentare. – 3. Delegabilità di un notaio non appartenente al circondario del tribunale presso il quale pende la procedura fallimentare. 1. Premessa Fra i problemi interpretativi sollevati dalla entrata in vigore della legge 302/98, sotto il particolare profilo della delimitazione dell’ambito di applicazione di tale normativa, e più precisamente della previsione di cui all’art. 591 bis c.p.c. dalla stessa introdotta, si segnala quello attinente alla applicabilità o meno di tale previsione in sede di liquidazione dell’attivo del fallimento, con conseguente possibilità di procedere o meno alla delega di un notaio al compimento delle operazioni di vendita con incanto di un bene immobile anche in tale sede. Per l’ipotesi in cui dovesse ritenersi possibile tale delega, ci si è peraltro chiesti se questa possa essere effettuata anche ad un notaio non avente sede nel circondario del tribunale presso il quale pende la procedura fallimentare ma in quello del tribunale ove si trova il bene immobile da vendere all’incanto. Alla individuazione della soluzione più corretta da dare a tali quesiti, ed a taluni problemi a questi connessi, è finalizzato il presente studio. 2. Delegabilità ai notai delle operazioni di vendita con incanto in sede fallimentare Verifichiamo, dunque, anzitutto se, in forza della previsione di cui all’art. 591- bis c.p.c., possa procedersi alla delega di un notaio al compimento delle operazioni di vendita con incanto di un bene immobile in sede di liquidazione dell’attivo fallimentare. Prima di affrontare tale problematica è bene peraltro operare talune precisazioni di ordine preliminare che consentono di delimitarne i confini rispetto ad altre, più o meno contigue, che non costituiscono oggetto della nostra indagine. Ciò, in particolare, sotto un duplice profilo:

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Consiglio Nazionale del Notariato

Progetti:FOD00214 - Eventi Live 2014:30 Gennaio 2014:APPROFONDIMENTI:4659ef.doc EF.sb - 29/01/2014

EF – 10 dicembre 2003

Studio n. 4659

DELEGABILITÀ AI NOTAI DELLE OPERAZIONI DI VENDITA IMMOBILIARE CON INCANTO IN SEDE FALLIMENTARE

Approvato dalla Commissione studi il 16 dicembre 2003

SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Delegabilità ai notai delle operazioni di vendita con incanto in sede fallimentare. – 3. Delegabilità di un notaio non appartenente al circondario del tribunale presso il quale pende la procedura fallimentare. 1. Premessa

Fra i problemi interpretativi sollevati dalla entrata in vigore della legge 302/98, sotto il particolare profilo della delimitazione dell’ambito di applicazione di tale normativa, e più precisamente della previsione di cui all’art. 591 bis c.p.c. dalla stessa introdotta, si segnala quello attinente alla applicabilità o meno di tale previsione in sede di liquidazione dell’attivo del fallimento, con conseguente possibilità di procedere o meno alla delega di un notaio al compimento delle operazioni di vendita con incanto di un bene immobile anche in tale sede.

Per l’ipotesi in cui dovesse ritenersi possibile tale delega, ci si è peraltro chiesti

se questa possa essere effettuata anche ad un notaio non avente sede nel circondario del tribunale presso il quale pende la procedura fallimentare ma in quello del tribunale ove si trova il bene immobile da vendere all’incanto.

Alla individuazione della soluzione più corretta da dare a tali quesiti, ed a taluni

problemi a questi connessi, è finalizzato il presente studio. 2. Delegabilità ai notai delle operazioni di vendita con incanto in sede fallimentare

Verifichiamo, dunque, anzitutto se, in forza della previsione di cui all’art. 591-

bis c.p.c., possa procedersi alla delega di un notaio al compimento delle operazioni di vendita con incanto di un bene immobile in sede di liquidazione dell’attivo fallimentare.

Prima di affrontare tale problematica è bene peraltro operare talune precisazioni

di ordine preliminare che consentono di delimitarne i confini rispetto ad altre, più o meno contigue, che non costituiscono oggetto della nostra indagine. Ciò, in particolare, sotto un duplice profilo:

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1) il primo per così dire “esterno” rispetto alla liquidazione dell’attivo del fallimento di cui agli artt. 105 e 108 l. fall., nel senso che non ci si occuperà in tale sede della vendita di beni immobili in sede di concordato preventivo con cessione dei beni, di liquidazione coatta amministrativa e di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi di cui agli artt. 182 e 210 l. fall.;

2) il secondo per così dire “interno” alla stessa liquidazione dell’attivo del fallimento, nel senso che in tale sede ci si occuperà esclusivamente dell’ipotesi di vendita immobiliare con incanto e non anche di quella senza incanto, sub specie in particolare di possibilità di procedere ad una vendita a trattativa privata con delega ad un notaio di procedere, all’esito della stessa, alla stipulazione di un contratto di alienazione immobiliare 1.

Con riferimento a quest’ultimo (diverso) problema, chiaramente più vicino al

nostro rispetto al primo, basti qui porre in rilievo come: - la Corte di cassazione, discostandosi da quanto ritenuto da precedenti pronunce di merito 2, nella fondamentale premessa secondo cui l’art. 108 l. fall., nel prevedere la possibilità per il giudice di ordinare (anziché la vendita con incanto) la « vendita senza incanto » (ove ritenuta più vantaggiosa), non ha inteso riferirsi tecnicamente ad ogni tipo di vendita che prescinde dal formalismo proprio della vendita con incanto (e dunque, in particolare, anche alla vendita a trattativa privata) ma alla fattispecie prevista dal codice di rito agli artt. 570 ss., ha ritenuto che: « nella procedura fallimentare la alienazione degli immobili non può avvenire che nelle forme della vendita forzata, con o senza incanto, culminante nel decreto di trasferimento » 3; ritenendo, conseguentemente, « nullo il provvedimento del giudice delegato che autorizza la vendita a trattativa privata » e che « la nullità si estende, in forza dell’art. 1418 c.c., allo 1 I tipi di vendita stabiliti dalla legge fallimentare per gli immobili oggetto della procedura fallimentare sono i due, previsti dal codice di rito, della vendita con incanto e senza incanto, alla stregua di quanto disposto dagli artt. 105 e 108 l. fall., ma nella pratica non sono mancati tentativi di apertura ad altri tipi di vendita, quali, in particolare, la « vendita di immobile a trattativa privata » e quella « a licitazione privata al miglior offerente, genere che si può dire partecipi sia della vendita con incanto sia di quella senza incanto » (così PELA’, Aspetti della vendita immobiliare in sede fallimentare, in Giust. civ., 1960, I, 1875). Più in dettaglio alla « vendita a trattativa privata in senso stretto, ossia mediante una contrattazione diretta fra il curatore, sia pure debitamente autorizzato, ed un determinato soggetto » si è contrapposta la « cosiddetta licitazione privata, plasmata sul modello adottato per gli appalti di opere pubbliche », con la quale « si raccolgono offerte segrete, previa adeguata pubblicità; all’udienza fissata il giudice apre le buste e provvede all’aggiudicazione al maggiore offerente, eventualmente in presenza del comitato dei creditori e in contraddittorio fra i vari partecipanti, rimettendo poi il curatore e l’aggiudicatario davanti ad un notaio per la stipulazione dell’atto nelle forme negoziali » (così COLASURDO, Questioni vecchie sempre nuove in materia di vendita immobiliare nel fallimento e fuori del fallimento, in Giust. civ., 1967, 956ss spec. 958-959; ma sul punto cfr., fra gli altri, altresì: BONSIGNORI, Della liquidazione dell’attivo, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1976, spec. 170ss e 172ss; LUGARO, La liquidazione dell’attivo nelle procedure concorsuali, in Fallimento, 1987, 245ss spec. 247; CIAMPI, Vendite immobiliari nelle procedure concorsuali: forme e aspetti processuali, in Fallimento, 1987, 279ss; FERRO, Problemi e casi nelle vendite mobiliari ed immobiliari, in Dir. fall., 1999, spec. 471; LO CASCIO, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Milano, 1998, spec. 438ss; TEDESCHI, in RUISI-JORIO-MAFFEI ALBERTI-TEDESCHI, Il fallimento, IV, in Giurispr. sist. dir. civ. e comm. fondata da W Bigiavi, Torino, 1978, spec. 420ss ed ivi ulteriori riferimenti). 2 Cfr. Trib. Firenze, 6 giugno 1948, in Dir. fall., 1949, II, 291; Trib. Velletri 3 novembre 1951, in Dir. fall., 1951, II, 392; Trib. Chieti 13 luglio 1955, in Dir. fall., 1955, II, 565; App. Venezia 25 settembre 1956, in Corti Brescia, Venezia e Trieste, 1957, 198; Trib. Modena, 1 aprile 1959, in Dir. fall. 1959, II, 512. 3 Così Cass. 6 gennaio 1979 n. 58, in Riv. not., 1979, 145.

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stesso contratto di vendita posto in essere in violazione delle norme imperative (art. 108 l. fall. e 570 c.p.c.) che disciplinano il procedimento di liquidazione dell’attivo fallimentare, ed è opponibile ai terzi subacquirenti ai sensi dell’art. 2652 n. 6, 2° comma c.c. » 4; - successivamente la Suprema corte, pur in presenza di qualche difforme pronuncia di merito 5, ha ribadito il proprio indirizzo 6, giungendo altresì ad affermare che: « il terzo estraneo alla procedura fallimentare è legittimato a far valere la nullità dei negozi giuridici conclusi dal curatore in attuazione dei provvedimenti autorizzativi del giudice delegato viziati, come la vendita di immobili del fallimento a trattativa privata in violazione dell’art. 108 l. fall., quando la sussistenza di una posizione specifica e differenziata di tale soggetto rispetto a quella della generalità dei cittadini, unitamente alla coincidenza della pretesa del medesimo con l’interesse generale del fallimento, è idonea a configurare in capo al terzo la titolarità di un interesse giuridicamente rilevante, in quanto rivolto ad ottenere la partecipazione alla vendita immobiliare in coincidenza con l’interesse proprio del fallimento di realizzare la vendita stessa ad un prezzo più alto » 7. - in dottrina, pur non essendo mancati tentativi volti ad interpretare diversamente l’inciso “vendita senza incanto” di cui all’art. 108 l. fall., ossia nel senso di ammettere la possibilità di procedere ad una vendita senza incanto in sede di liquidazione dell’attivo fallimentare secondo modalità difformi da quelle previste dal codice di rito per questo tipo di vendita 8, la posizione prevalente è anche qui, conformemente a quanto ritenuto dalla Cassazione, nel senso di ritenere illegittima una prassi in tal senso e legittime, dunque, le sole modalità di vendita con incanto e senza incanto previste dal codice di procedura civile in tema di espropriazione forzata 9.

4 Così Cass. 6 gennaio 1979, n. 58, cit. nel richiamare, con specifico riferimento ad un provvedimento del giudice delegato che rimetta le parti davanti ad un notaio per la stipulazione di un normale atto notarile, la precedente pronuncia della Cassazione del 9 dicembre 1966, n. 2884, in Foro it., 1967, I, 248 e Giur. it., 1967, I, 1, 136. 5 Il riferimento è in particolare a Trib. Lamezia Terme 18 febbraio 1982, in Foro it., 1982, I, 1717. 6 Cfr. per tutte Cass. 20 maggio 1993, n. 5751, in Fallimento, 1993, 1225; nonché da ultimo, in motivazione, Cass. 23 aprile 1998, n. 4187 in Foro it., 1998, I, 2447 e Cass. 7 maggio 1999, n. 4584, in Foro it., 1999, I, 3259 e Dir. fall. 1999, II, 449 con nota Ragusa Maggiore ed ivi ulteriori riferimenti. 7 Così Cass. 16 marzo 1994, n. 2510, in Giust. civ., 1994, I, 2221ss con nota LO CASCIO, Sull’interesse ad impugnare la vendita immobiliare fallimentare a trattativa privata ed ivi ulteriori riferimenti dottrinali e giurisprudenziali sul punto. 8 Cfr. in particolare SATTA, Diritto fallimentare, 3ª ed. aggiornata ed ampliata da Vaccarella e Luiso, Padova, 1996, spec. 367-368 testo e nota 10; nonché: VALSERRA, Vendita (immobiliare) senza incanto e vendita a trattativa privata, in Dir. fall., 1976, II, 492ss; DE CAROLIS, Liquidazione dell’attivo fallimentare: vendita di immobili a trattativa privata a mezzo notaio, in Vita not., 1984, 1709ss; BONDONI, La vendita degli immobili nel fallimento a trattativa o licitazione privata secondo una nuova prospettiva, in Dir. fall., 1982, I, 805ss. 9 Cfr. in particolare BONSIGNORI, Della liquidazione dell’attivo, cit., 1976, spec. 170ss e 172ss secondo il quale: « non è da condividersi la legittimità della prassi di far emettere dal giudice delegato il decreto di autorizzazione, contenente tutti gli elementi e le condizioni della vendita, e di designare, poi, un notaio, davanti al quale si rimettono le parti, curatore e acquirente, per rogare un atto pubblico di vendita che riproduca le condizioni contenute nel decreto stesso » e « non si può neppure condividere l’orientamento, secondo il quale con la locuzione “vendita senza incanto”, di cui al 1° comma dell’articolo in esame, si sarebbe inteso disciplinare non solo la fattispecie di cui agli art. 570 e segg. cod. proc. civ., ma qualsiasi forma di vendita senza incanto, e, quindi, anche quella a trattative private. … Infine, deve, a maggior ragione, negarsi ogni legittimità alla c.d. licitazione privata al miglior offerente, realizzantesi, previa conveniente pubblicità, sulla base di offerte segrete, accompagnate o no da deposito cauzionale, dirette entro un termine apposito al giudice delegato, il quale, in un’udienza a ciò predisposta, nel contraddittorio degli offerenti e alla presenza del comitato dei creditori, del curatore e del fallito, aggiudica il bene al

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Per cui sussiste, in definitiva, un indirizzo giurisprudenziale e dottrinale prevalente contrario alla possibilità di procedere alla delega di un notaio, in sede di liquidazione dell’attivo fallimentare, alla stipulazione di un contratto di alienazione immobiliare; o meglio, per essere più precisi, la contrarietà non è riferita alla possibilità in quanto tale di delegare un notaio al compimento di una attività che rientrerebbe indubbiamente nello svolgimento di quella funzione notarile che la legge gli attribuisce, ma piuttosto alla possibilità di procedere alla vendita di un bene immobile, in sede di liquidazione dell’attivo fallimentare, secondo modalità diverse da quelle della vendita con incanto o senza incanto di cui al codice di procedura civile (se del caso ricorrendo a tal fine al compimento di talune attività – quali, in particolare, la stipulazione di un contratto di alienazione immobiliare - da parte di un notaio).

Ciò posto, passiamo dunque ad occuparci di quello che costituisce lo specifico

oggetto della nostra indagine, circoscritta, come anticipato, alla sola vendita immobiliare con incanto (e non anche senza incanto, quale che sia il modo in cui debba intendersi tale espressione) in sede fallimentare.

Con riferimento alla quale, a differenza di quanto riscontrato con riferimento alla

vendita fallimentare “senza incanto”, sussiste un atteggiamento dottrinale 10 indubbiamente favorevole alla possibilità di ricorrere alla figura del notaio per il compimento delle operazioni di vendita.

Infatti:

- lo stesso autore che aveva elaborato lo studio sulla “delegabilità ai notai delle operazioni di incanto nella espropriazione forzata immobiliare” 11 da cui hanno preso le mosse gli altri sudi in materia che hanno indubbiamente costituito, a loro volta, la fondamentale base dell’intervento legislativo di cui alla legge 302/98 12, poneva in rilievo, in tale sede, la possibilità di estendere “integralmente”, in forza delle previsioni di cui agli artt. 105 e 108 l. fall., le considerazioni svolte in ordine alla possibilità di delegare ad un notaio le operazioni di vendita all’incanto in sede di espropriazione forzata immobiliare anche alla liquidazione dell’attivo nel fallimento13; miglior offerente, autorizzando nel contempo il curatore a stipulare il relativo rogito notarile o la scrittura privata, che verrà poi autenticata e registrata »; ma vedi anche nello stesso senso: PROVINCIALI, Trattato di diritto fallimentare, III, Milano, 1974, 1641ss; PAJARDI, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1998, 474-475; RAGUSA MAGGIORE, Istituzioni di diritto fallimentare, Padova, 1994, spec. 432; LO CASCIO, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, cit., spec. 438; PELA’, Aspetti della vendita immobiliare in sede fallimentare, cit., 1875; CIAMPI, Vendite immobiliari nelle procedure concorsuali: forme e aspetti processuali, cit., 279; COLASURDO, Questioni vecchie sempre nuove in materia di vendita immobiliare nel fallimento e fuori del fallimento, cit., spec. 958ss; FERRO, Problemi e casi nelle vendite mobiliari ed immobiliari, cit., spec. 470-471; PAJARDI (a cura di), Codice del fallimento, 3ª ed. a cura di V. Colesanti, Milano, 1997, spec. 695; MANENTE, in MAFFEI ALBERTI, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2000, spec. 484 ed ivi ulteriori riferimenti sul punto. 10 Non sussistono invece, a quanto consta, precedenti giurisprudenziali editi sul punto. 11 A. PROTO PISANI, Delegabilità ai notai delle operazioni di incanto nella espropriazione forzata immobiliare, in Foro it., 1992, V, 444ss. 12 Studi in materia raccolti, a cura del Consiglio Nazionale del Notariato, nel volume Delegabilità ai notai delle operazioni di incanto nelle espropriazioni immobiliari. Normativa vigente e prospettive di riforma. Atti del convegno di Roma del 22-23 maggio 1993, Milano, 1994. 13 Cfr. PROTO PISANI, Delegabilità ai notai delle operazioni di incanto nella espropriazione forzata immobiliare, cit., spec. 449 il quale pone, peraltro, in rilievo come a ciò non osti l’orientamento contrario espresso dalla Cassazione con riferimento alla differente ipotesi in cui il giudice delegato autorizzi una vendita a trattativa privata; nonché, adesivamente, BORRE’, Incanti immobiliari e delega ai notai, in

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- la dottrina che, successivamente all’intervento legislativo di cui alla legge n. 302/98, ha avuto modo di soffermarsi sul punto ha sostanzialmente accolto detta impostazione 14. Più in particolare, si è ritenuta estensibile la normativa in esame anche alla vendita con incanto dei beni acquisiti al fallimento, salva la compatibilità con la normativa speciale prevista dall’art. 105 l. fall.; in forza della quale si sono, in particolare, ritenute non delegabili al notaio nell’ambito fallimentare:

1) “la decisione circa l’istanza di assegnazione in quanto nel fallimento non viene ammesso l’istituto dell’assegnazione forzata” 15;

2) “la formazione del progetto di distribuzione della somma ricavata”, in quanto il notaio “viene incaricato della vendita di singoli beni, mentre la procedura fallimentare opera una liquidazione dell’intero patrimonio del debitore e una globale ripartizione dell’attivo così conseguito” 16.

Per cui sussiste, in sostanza, un indirizzo dottrinale assolutamente prevalente favorevole alla possibilità di estendere, in via di principio, il potere del giudice di delegare un notaio al compimento delle operazioni di vendita immobiliare con incanto di cui alla l. 302/98 anche alla procedura fallimentare, pur evinenziandosi, al contempo, l’esigenza di procedere ad una valutazione di compatibilità con la normativa speciale.

Tale impostazione di fondo tendente, da un lato, a ritenere estensibile in via di

principio la normativa in esame anche alla vendita con incanto dei beni acquisiti al fallimento, facendo salva, dall’altro lato, la compatibilità con la normativa speciale, pare senz’altro da condividere. Ciò, fondamentalmente, per i seguenti motivi:

AA.VV., Delegabilità ai notai delle operazioni di incanto nelle espropriazioni immobiliari. Normativa vigente e prospettive di riforma, cit., spec. 71. 14 Cfr. CAMPESE, Prospettive e problemi in tema di ricorso all’attività dei notai nell’espropriazione forzata, in Corr. giur., 1999, 375ss spec. 380; BESSO, Espropriazione forzata e notai, in Giur. it., 1999, 2446ss spec. 2454; CAMPEIS-DE PAULI, Espropriazione immobiliare credito fondiario e delega al notaio, Padova, 1999, 81ss; FERRO, Problemi e casi nelle vendite mobiliari ed immobiliari, cit., spec. 471; PALUCHOWSKI, L’applicazione delle norme sulle espropriazioni individuali alle vendite fallimentari, in AA.VV., Espropriazioni individuali e fallimento. Atti del Convegno S.I.S.CO. del 6 novembre 1999, Milano, 2001, spec. 106; BUSANI, Le funzioni notarili nell’espropriazione forzata, Torino, 1999, spec. 148-149. 15 Così BESSO, Espropriazione forzata e notai, cit., spec. 2454; nonché, sostanzialmente nei medesimi termini, CAMPEIS-DE PAULI, Espropriazione immobiliare credito fondiario e delega al notaio, cit., spec. 82; ma vedi anche PALUCHOWSKI, L’applicazione delle norme sulle espropriazioni individuali alle vendite fallimentari, cit. spec. 107 la quale sottolinea altresì come il notaio non potrà disporre, oltre che sull’assegnazione del bene, « sulla conversione del pignoramento ex art. 495 c.p.c., perché incompatibile con la perdita della disponibilità e dell’amministrazione del patrimonio che colpisce il fallito ». 16 Così CAMPESE, Prospettive e problemi in tema di ricorso all’attività dei notai nell’espropriazione forzata, cit., spec. 380; nonché sostanzialmente nei medesimi termini BESSO, Espropriazione forzata e notai, cit., spec. 2454; ma vedi anche: CAMPEIS-DE PAULI, Espropriazione immobiliare credito fondiario e delega al notaio, cit., spec. 83 secondo i quali « la formazione del progetto e la distribuzione della somma ricavata » sono « incombenti che la legge fallimentare riserva comunque al giudice delegato »; PALUCHOWSKI, L’applicazione delle norme sulle espropriazioni individuali alle vendite fallimentari, cit. spec. 107 secondo la quale devono ritenersi recepite « solo le formalità di liquidazione, al limitato fine di monetizzare i beni del fallito, mentre le norme sul riparto sono al di fuori dell’integrazione e debbono ritenersi speciali ed inderogabili, quando a condurre l’esecuzione è il giudice delegato ».

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a) in quanto conforme all’impostazione di carattere più generale in punto di rapporti fra normativa processuale civile ordinaria e procedure concorsuali 17, la quale, se da un lato tende a negare la percorribilità delle opposte soluzioni tendenti ad escludere in toto la applicabilità della prima alle seconde o ad estendere automaticamente la prima alle seconde, dall’altro lato tende proprio ad indicare quale criterio di carattere generale quello del « continuo confronto tra la normativa speciale e quella ordinaria, salvaguardando la prima, e le esigenze ad essa sottese », avendo presente che « la peculiarità delle procedure concorsuali non esclude la loro integrazione con la normativa processuale civile ordinaria » 18; b) stante l’assenza di ostacoli di tipo letterale nella previsione di cui all’art. 591 bis c.p.c.; c) in considerazione della ratio dell’intervento legislativo di cui alla legge n. 302/98, fondamentalmente legata alla esigenza di rendere “effettiva” la tutela giurisdizionale che si attua a mezzo della espropriazione forzata (riducendone anzitutto i tempi), in quanto tale pienamente compatibile con la sua applicabilità anche in sede fallimentare.

Per cui, in definitiva, con riferimento al primo quesito da cui ha preso le mosse il presente studio (ossia la delegabilità ad un notaio, in forza della previsione di cui all’art. 591 bis c.p.c., delle operazioni di vendita immobiliare con incanto in sede di liquidazione dell’attivo fallimentare) pare corretto concludere in senso positivo. 3. Delegabilità di un notaio non appartenente al circondario del tribunale presso il

quale pende la procedura fallimentare

Ciò posto, si impone dunque la necessità di affrontare anche il secondo (ed eventuale) quesito accennato in premessa, e cioè quello relativo alla possibilità di 17 Trattasi di problema che si è imposto alla attenzione della dottrina già in epoca risalente e che si è riproposto con forza, in tempi più recenti, in occasione della riforma del processo civile di cui alla cd. novella del ’90 (l. 353/90), essendosi posto il problema della applicabilità delle norme introdotte con tale riforma anche alle procedure concorsuali: cfr. sul punto, fra gli altri, BONSIGNORI, voce Fallimento, Dig. IV, Disc. priv., Sez. comm., vol. V, spec. 376ss; TARZIA, Procedure concorsuali e riforma del processo civile, in Riv. dir. proc., 1992, 731ss. e Fallimento, 1994, 895; GRASSO, Applicabilità delle norme del processo ordinario alla procedura fallimentare, in Fallimento, 1994, 913s.; PELLEGRINO, Fallimento e nuovo processo civile, Padova, 1994 ; ID., Fallimento e nuovo processo civile, Dir. fall., 1995, I, 641ss. ; M. FABIANI-L. PANZANI, La riforma del processo civile e le procedure concorsuali, Padova, 1994; M. FABIANI, Prime impressioni su alcune interferenze fra la riforma del codice di procedura civile e la legge fallimentare, in Foro it., 1991, I, 2170ss.; DI LAURO, Nuove disposizioni del processo civile e legge fallimentare, in Fallimento, 1994, 916ss. ; ID., Incertezze interpretative e problemi di coordinamento delle nuove disposizioni del processo civile con la legge fallimentare, in Dir. fall., 1994, I, 1085. 18 Così TARZIA, Procedure concorsuali e riforma del processo civile, cit., spec., 732 nell’indicare le “considerazioni di fondo” sulla cui base va poi ad affrontare il più specifico problema del “rapporti” fra riforma del processo civile del 1990 e procedure concorsuali con riferimento al quale sottolinea in particolare come: « chi difenda la specialità del diritto concorsuale senza pretenderne un’innaturale chiusura al diritto processuale comune sarà portato a confrontare la disciplina, vecchia e nuova, del processo ordinario con quella delle procedure concorsuali. L’integrazione apparirà allora ovvia e doverosa, laddove le peculiari esigenze del concorso non trovino campo, e il processo di cognizione ordinario si innesti semplicemente sul corpus della procedura concorsuale ». Sul punto cfr. altresì BONSIGNORI, Fallimento, cit., spec. 376 le cui considerazioni consentono peraltro di cogliere come il problema di cui sopra sia strettamente connesso con quello relativo alla natura giudica del fallimento, soprattutto per quanto attiene, al profilo che qui maggiormente interessa, della applicabilità delle norma del terzo libro del codice di procedura civile in tema di espropriazione forzata.

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delegare le operazioni di vendita immobiliare con incanto in sede di liquidazione dell’attivo fallimentare anche ad un notaio non avente sede nel circondario del tribunale presso il quale pende la procedura fallimentare ma in quello del tribunale ove si trova il bene immobile oggetto della vendita.

L’art. 591 bis c.p.c. prevede testualmente che: « il giudice dell’esecuzione, con

l’ordinanza con la quale provvede sull’istanza di vendita ai sensi dell’art. 569, può sentiti gli interessati, delegare ad un notaio avente sede nel circondario il compimento delle operazioni di vendita con incanto, di cui agli artt. 576 e seguenti ».

La lettera della norma è dunque chiaramente nel senso che non si possa

procedere alla delega di un notaio che non abbia sede nel circondario del tribunale presso il quale pende la relativa procedura 19.

Ma v’è da chiedersi se questo limite di ordine territoriale, previsto dall’art. 591 bis c.p.c. con riferimento alla procedura esecutiva, valga anche per quella fallimentare.

Andiamo con ordine. Riterrei, anzitutto, non corretto procedere ad una estensione de plano del

suddetto limite dalla procedura esecutiva a quella fallimentare per un duplice ordine di motivi:

1) in quanto, in primo luogo, tale soluzione non sarebbe conforme all’impostazione di fondo in precedenza accolta, in via più generale, in punto di rapporti fra normativa processuale civile ordinaria e procedure concorsuali; essendosi posta in rilievo l’esigenza di procedere, nella fondamentale premessa secondo cui « la peculiarità 19 Cfr. per tutti sul punto LUISO-MICCOLI, Espropriazione forzata immobiliare e delega al notaio, in Notariato. Rassegna sistematica di diritto e tecniche contrattuali. Quaderni, Milano, 1999, spec. 61; MANNA, La delega ai notai delle operazioni di incanto immobiliare. Legge 3 agosto 1998, n. 302, Milano, 1999, spec. 55; MICCOLIS, La delega ai notai nelle espropriazioni immobiliari, in Riv. dir. civ., spec. 335; BUSANI, Le funzioni notarili nell’espropriazione forzata, Torino, 1999, spec. 152. Sulle conseguenze della eventuale delega di un notaio non appartenete al circondario del tribunale presso il quale pende la procedura esecutiva cfr. MICCOLIS, La delega ai notai nelle espropriazioni immobiliari, cit., spec. 335 il quale rileva, in particolare, come: « la delega del compimento delle operazioni di vendita con incanto ad un notaio non avente sede nel circondario è irregolare. Tale irregolarità può essere rilevata attraverso l’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c. »; nonché come (cfr. ibid. nota 19): « l’assoggettamento del vizio di forma ai termini dell’opposizione agli atti esecutivi rende sanabile la irregolarità del provvedimento di delega ad un notaio avente sede fuori dal circondario, come è, oramai, sanabile la irregolarità del provvedimento del giudice dell’esecuzione incompetente, dopo la riforma del 1990 e dopo la nuova formulazione dell’art. 38 c.p.c. ». Ma vedi anche LUISO-MICCOLI, Espropriazione forzata immobiliare e delega al notaio,cit., spec. 61 i quali rilevano in particolare come: « per quanto la finalità della previsione legislativa sia, in tutta evidenza, quella di non assoggettare le parti e gli interessati in genere all’esecuzione a disagi maggiori di quelli cui sarebbero stati sottoposti ove l’esecuzione si fosse tenuta senza delega, l’eventuale violazione della stessa non può produrre nullità degli atti compiuti dal notaio erroneamente delegato, in mancanza di espressa previsione di nullità da parte del legislatore. La nomina sarà pertanto soggetta ai normali gravami avverso gli atti dell’esecuzione, senza però che essa produca nullità degli atti esecutivi, o, tanto meno, la nullità opponibile a terzi in caso di collusione con il creditore procedente, di cui all’art. 2929 c.c. Diversamente potrebbe opinarsi nel caso in cui sia delegato un notaio appartenente ad altro distretto, stante la citata espressa previsione di nullità di cui all’art. 58 L. Not. ». Nel senso che la scelta del notaio può avvenire anche fuori dagli elenchi di cui all’art. 179 ter disp. att. c.p.c., « ma non riferirsi a notai non aventi sede nel circondario del tribunale, anche se la norma che ciò stabilisce è priva di sanzione » DI NANNI in CONSOLO-LUISO, Codice di procedura civile commentato, Milano, 2000, spec. 2535.

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delle procedure concorsuali non esclude la loro integrazione con la normativa processuale civile ordinaria », ad un « continuo confronto tra la normativa speciale e quella ordinaria, salvaguardando la prima, e le esigenze ad essa sottese » (escludendo, dunque, non solo la possibilità di negare a priori l’applicabilità della normativa ordinaria a quella “speciale”, ma anche, all’opposto, quella di operare una automatica ed integrale trasposizione della prima nella seconda);

2) in quanto, in secondo luogo, soprattutto (ma non solo) in questa prospettiva, non si potrebbe giungere alla conclusione di cui sopra sulla sola base della lettera della norma, senza averne dunque valutata anche la ratio.

Guardiamo, dunque, alla ratio della previsione normativa di cui all’art. 591 bis

c.p.c. Si è ritenuto a tal proposito, in particolare, che la norma miri a « non

assoggettare le parti e gli interessati in genere all’esecuzione a disagi maggiori di quelli cui sarebbero stati sottoposti ove l’esecuzione si fosse tenuta senza delega » 20.

E può rilevarsi, in via più generale, come la scelta del legislatore sia stata nel

senso, da un lato, di evitare possibili disparità fra ipotesi in cui l’esecuzione non sia delegata ad un notaio e ipotesi in cui invece lo sia, e, dall’altro lato, di privilegiare, anche in quest’ultimo caso, le esigenze delle parti e della procedura. Evitando, in particolare, che la procedura espropriativa potesse essere delegata anche ad un notaio avente una sede “lontana” dal luogo ove si trova la sede del tribunale competente sulla stessa e, dunque, anche il bene immobile che ne costituisce oggetto.

Ciò, chiaramente, in forza del modo in cui è disciplinata la competenza per

territorio nell’espropriazione forzata immobiliare; ossia, alla stregua di quanto previsto dall’art. 26 c.p.c. (il quale reca “foro dell’esecuzione forzata”), proprio in ragione « del luogo in cui le cose si trovano » 21.

Se ora spostiamo l’attenzione sulla procedura fallimentare, il primo dato che

viene immediatamente in rilievo è rappresentato dal fatto che qui la competenza per territorio è diversamente regolata.

Ai sensi di quanto previsto dall’art. 9 della legge fallimentare, infatti, « il

fallimento è dichiarato dal tribunale del luogo dove l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa ».

Chiaramente dunque, in tal caso, viene meno quella coincidenza sussistente per

le procedure esecutive fra luogo ove si trova l’immobile e tribunale - nel cui circondario lo stesso si trovi - competente (perciò stesso) sulla procedura.

20 Così LUISO-MICCOLI, Espropriazione forzata immobiliare e delega al notaio, cit., spec. 61. 21 La norma rinvia, peraltro, per l’ipotesi in cui « le cose immobili soggette all’esecuzione non sono interamente comprese nella circoscrizione di un solo tribunale » alla previsione di cui all’art. 21 c.p.c., il quale, per tale ipotesi, individua il giudice competente in quello « della circoscrizione nella quale è compresa la parte soggetta a maggior tributo verso lo Stato »; precisando che « quando non è sottoposto a tributo, è competente ogni giudice nella cui circoscrizione si trova una parte dell’immobile ».

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E’, cioè, ben possibile che il fallimento sia dichiarato da un tribunale avente sede in un luogo ben lontano da quello ove si trovino uno o più immobili di proprietà della società dichiarata fallita.

Ciò determina, a ben vedere, l’insorgere di un potenziale contrasto fra i diversi

interessi sottesi alla procedura fallimentare invece inesistente per quella esecutiva; salva la peculiare ipotesi di “cose immobili non interamente comprese nella circoscrizione di un solo tribunale”, di cui al citato art. 26 c.p.c., in relazione alla quale, peraltro, “nell’intento di assicurare un miglior esito della vendita” 22, il codice di rito, all’art. 578 (recante “delega a compiere la vendita”), prevede che « se una parte dei beni pignorati è situata nella circoscrizione di altro tribunale, con l’ordinanza che dispone la vendita il giudice dell’esecuzione può stabilire che l’incanto avvenga, per quella parte, davanti al tribunale del luogo in cui è situata » 23.

Se infatti, da un lato, al pari di quanto avviene per le procedure esecutive, anche

per la procedura fallimentare sussiste un interesse a che sia scelto un notaio avente una sede “vicina” a quella del tribunale (si pensi in tale ottica, in particolare, ai “rapporti” fra giudice e notaio e fra quest’ultimo e, più in generale, gli uffici del tribunale), dall’altro lato, sempre alla stregua di quanto avviene per le procedure esecutive, ben potrebbe sussistere anche un interesse a che l’incanto si svolga nello stesso luogo in cui si trova l’immobile (si pensi in tale ottica, in particolare, alle prospettive di un maggior ricavo per la procedura dalla vendita all’incanto ove la stessa sia eseguita “in loco” anziché in luogo lontano).

Tale circostanza induce quanto meno a dubitare del fatto che, la ratio che si è

visto sottostare al divieto previsto dall’art. 591 bis c.p.c. di delegare un notaio non avente sede nel circondario del tribunale competente per la procedura esecutiva ricorra anche per il caso di delega in sede fallimentare.

Ove poi si consideri l’impostazione di fondo abbracciata, a monte, in punto di

rapporti fra normativa processuale civile ordinaria e procedure concorsuali, secondo la quale deve procedersi ad un « continuo confronto tra la normativa speciale e quella ordinaria, salvaguardando la prima, e le esigenze ad essa sottese », pare corretto giungere a ritenere che il suddetto divieto non debba operare anche in sede fallimentare.

Ciò fondamentalmente in considerazione del fatto che, oltre a non ricorrere –

come si è visto – la medesima situazione di fatto per la quale tale divieto è stato previsto dal legislatore, e dunque la medesima ratio che ne sta a fondamento, il ritenere estensibile lo stesso anche alla procedura fallimentare potrebbe comportare un sacrificio delle esigenze sottese a tale procedura.

Per cui, in tale ottica, più corretto pare lasciare al giudice il potere di scegliere,

all’esito di una valutazione condotta caso per caso, se delegare le operazioni di vendita

22 Così BONGIORNO, voce Espropriazione immobiliare, in Dig. disc. priv., Sez. Civ., vol. VIII, Torino, 1992, spec. 53. 23 Cfr. per tutti su tale previsione BONGIORNO, Espropriazione immobiliare, cit., 53; CASTORO, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 2002, spec. 583; ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, III, Napoli, 1957, 256-257; CABRINI in CARPI-TARUFFO, Commentario breve al codice di procedura civile, Padova, 2002, spec. 1629 ed ivi ulteriori riferimenti.

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immobiliare con incanto ad un notaio avente sede nel circondario del tribunale competente sulla procedura fallimentare o in quello del tribunale ove si trova l’immobile che dovrà essere venduto all’asta.

Possibilità dunque, si badi, di delegare (anziché un notaio avente sede nel

circondario del tribunale competente sulla procedura fallimentare) un notaio avente sede nel circondario del tribunale ove si trovi il bene immobile, e non anche un notaio avente sede nel circondario di altro tribunale 24.

E’ questa una ulteriore conseguenza che sembra discendere dal

“contemperamento” della normativa processuale “ordinaria” con quella “speciale”. E ben si colloca in tale prospettiva la ritenuta ammissibilità di una delega cd.

parziale 25, ossia circoscritta a solo talune delle attività indicate nell’art. 591 bis c.p.c.; ben potendo, su tali basi, il giudice procedere solo ad una delega di quelle, fra tali attività, che riterrà più opportuno si svolgano “in loco”.

Alla conclusione cui si è pervenuti in considerazione delle argomentazioni

esposte, sembra condurre, del resto, anche un ulteriore ordine di considerazioni. Prima della introduzione della legge 302/98, alla esigenza di procedere ad una

vendita “in loco” dei beni immobili ubicati al di fuori della circoscrizione del tribunale competente sulla procedura fallimentare poteva farsi fronte in forza del richiamo operato dall’art. 108 l. fall. all’art. 578 cod. proc. civ. 26, avendo la dottrina ritenuto che: « qualora l’immobile sia situato nella circoscrizione di altro tribunale, il giudice delegato, per espresso rinvio all’art. 578 c.p.c., può delegare il compito della vendita al giudice del tribunale del luogo, fermo restando che la delega è relativa alla sola 24 Per cui, per intendersi, ove la procedura fallimentare si sia aperta a Milano e taluni beni immobili appartenenti al fallito si trovino a Roma, legittimante il giudice delegato potrà delegare la vendita all’incanto di tali beni ad un notaio avente sede nel circondario del tribunale di Roma (ritenendo, in particolare, che da ciò ne possa trarre un vantaggio la procedura sotto il profilo del maggior ricavo in sede di vendita all’incanto), ma non anche ad un notaio avente sede nel circondario di altro tribunale. 25 Cfr. per tutti in tal senso in dottrina: LUISO-MICCOLI, Espropriazione forzata immobiliare e delega al notaio, cit., 52ss; MANNA, La delega ai notai delle operazioni di incanto immobiliare, cit., 69ss; MICCOLIS, La delega ai notai nelle espropriazioni immobiliari, cit., spec. 339-340; CAMPESE, Prospettive e problemi in tema di ricorso all’attività dei notai nell’espropriazione forzata, cit., spec. 380; BESSO, Espropriazione forzata e notai, cit., spec. 2454; MONDINI-TERRUSI, La soluzione giurisprudenziale in materia di delega ai notai delle operazioni di incanto immobiliare alla luce della l. 3 agosto 1998, n. 302, in Giust. civ., 1998, II, 605 i quali pongono peraltro in rilievo come, invece, « va esclusa la delegabilità di operazioni ulteriori rispetto a quelle espressamente indicate nell’art. 591- bis c.p.c., atteso che esse esauriscono l’intero ambito delle attività non giurisdizionali della procedura esecutiva »; NARDONE, Delega al notaio nella espropriazione forzata immobiliare: dalla « prassi pratese » alla riforma della legge n. 302/1998, in Riv. not., 1999, spec. 614; CARDARELLI, L. 3 agosto 1998, n. 302. Funzioni e limiti dell’attività notarile delegata nei procedimenti esecutivi, in Riv. del notariato, 2000, spec. 581; contra DI NANNI, Espropriazione immobiliare: delega ai notai delle operazioni di vendita con incanto, in Corr. giur., 1998, spec. 1385 secondo il quale, « diversamente, risulterebbe svuotato il ruolo di “incaricato” che è stato riconosciuto al notaio ». In giurisprudenza, a quanto consta, l’unico precedente esistente ha avallato l’ipostazione prevalente favorevole all’ammissibilità della cd. delega parziale: cfr. Trib. S. Maria Capua Vetere 13 gennaio 1999, in Notariato, 2000, 348ss con nota adesiva CANANZI, La delega al notaio del solo piano di riparto. 26 Il secondo comma dell’art. 108 l. fall. dispone testualmente che: « le vendite sono disposte con ordinanza del giudice delegato, su istanza del curatore, ed hanno luogo innanzi al giudice medesimo, salvo quanto disposto dall’articolo 578 del codice di procedura civile ».

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esecuzione, mentre per tutte le altre operazioni rimane competente il tribunale fallimentare » 27.

Pur riferendosi, a rigore, la previsione di cui al citato art. 578 c.p.c. all’ipotesi di

parte di immobile situato nella circoscrizione di altro tribunale 28 si è ritenuto, cioè, che il richiamo effettuato dall’art. 108 l. fall. alla stessa dovesse essere letto nei termini di cui sopra, al fine di salvaguardare, riterrei, proprio l’esigenza della procedura – sotto il profilo della funzionalità della stessa e/o dei risultati conseguibili – di procedere alla vendita all’incanto “in loco” del bene immobile situato al di fuori della circoscrizione del tribunale procedente.

Dopo l’introduzione della legge 302/1998 delle due l’una:

a) o si ritiene, in contrasto con l’impostazione qui sostenuta, che non sia possibile delegare un notaio non avente sede nel circondario del tribunale presso il quale pende la procedura fallimentare; ciò neanche, eventualmente, ricorrendo ad una delega per così dire “indiretta” ad opera del giudice “delegato a compiere la vendita” al di fuori di tale circoscrizione ai sensi dell’art. 578 c.p.c. (il quale dovrebbe, dunque, necessariamente procedere alla vendita “personalmente”);

b) o si ritiene, in conformità con l’impostazione qui sostenuta, che sia invece possibile la delega di un notaio non avente sede nel circondario del tribunale presso il quale pende la procedura fallimentare 29.

27 Così PAJARDI (a cura di), Codice del fallimento, cit., spec. 696; ma vedi anche FERRARA, Il fallimento, 4ª ed. a cura di Borgioli, Milano, 1989, spec. 552 il quale fa anch’egli riferimento all’ipotesi « che gli immobili si trovino nella circoscrizione di altro tribunale »; nonché RAGUSA MAGGIORE, Istituzioni di diritto fallimentare, cit., spec. 432 il quale riferisce la deroga di cui all’art. 578 c.p.c. agli « immobili situati presso la circoscrizione di altro tribunale ». 28 E presupponendo dunque, secondo l’impostazione dottrinale prevalente, la divisione in lotti: cfr. per tutti CABRINI in CARPI-TARUFFO, Commentario breve al codice di procedura civile, cit., 1629 ed ivi ulteriori riferimenti. 29 Significative in tale prospettiva sembrano essere le considerazioni svolte da A. Proto Pisani, sia pur prima dell’intervento legislativo di cui alla legge 302/98 (e dunque anche della introduzione dell’art. 591-bis c.p.c. in esame), in punto di individuazione del notaio “competente” cui delegare le operazioni di incanto immobiliare; ponendo questi in rilievo come: « in materia di espropriazione immobiliare vi è coincidenza tra giudice competente per l’esecuzione e luogo dove si trova l’immobile (art. 26 c.p.c.). L’unica eccezione concerne l’ipotesi in cui l’immobile soggetto ad esecuzione non è ricompresso interamente nella circoscrizione di un solo tribunale, nel qual caso è competente ogni giudice nella cui circoscrizione si trova una parte dell’immobile (così l’art. 21 richiamato dall’art. 26, nel qual caso può trovare applicazione l’art. 578 che prevede un potere, non un dovere, di delega). In materia fallimentare è invece fisiologico che i beni immobili da liquidare possano non trovarsi nell’ambito della circoscrizione territoriale del tribunale fallimentare competente. Ove si consideri che l’art. 733 c.p.c., in tema di vendita immobiliare di beni del minore delegata al notaio, prevede esplicitamente che la delega avvenga a “un notaio del luogo dove si trovano gli immobili”, motivi di cautela e di opportunità inducono a ritenere che sia nella espropriazione singolare sia nel fallimento la delega alla vendita immobiliare debba essere effettuata a un notaio del luogo dove si trovano gli immobili: cioè ad un notaio assegnato al distretto notarile nella cui circoscrizione si trovano gli immobili, ancorché la competenza del notaio in quanto certificatore sia illimitata ove l’atto sia stipulato nell’ambito del distretto di appartenenza. L’unica deroga a questa rigida correlazione tra luogo dove si trovano gli immobili e distretto di appartenenza del notaio è possibile nell’ipotesi, residuale, prevista dagli art. 21 e 578 in cui l’immobile da espropriare (e lo stesso discorso vale in caso di vendita fallimentare) sia ricompresso in più circoscrizioni giudiziarie, nel qual caso mi sembra che possa essere delegato alla vendita dell’intero immobile qualsiasi notaio assegnato ai distretti nella cui circoscrizione si trova una parte del bene da vendere, ancorché appartenente a distretto non coincidente con la circoscrizione del giudice dell’esecuzione: e ciò in considerazione sia della ratio del miglior esito della vendita che è alla base dell’art. 578, sia della competenza illimitata del notaio in

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In quest’ultimo caso, però, l’ulteriore alternativa che si pone è la seguente: a tale

nomina può procedere “direttamente” il tribunale competente sulla procedura fallimentare oppure questo, ove voglia effettuare la vendita all’incanto “in loco”, deve necessariamente delegare, ai sensi di quanto disposto dal più volte citato art. 578 c.p.c., un giudice designato dal presidente del tribunale nella cui circoscrizione si trovi l’immobile oggetto della vendita il quale potrà, eventualmente ed a sua volta, delegare un notaio la cui sede rientri nella medesima circoscrizione?

Corretto pare ritenere che il tribunale competente sulla procedura fallimentare

possa “direttamente” delegare le operazioni di vendita all’incanto di un bene immobile ad un notaio avente sede nella circoscrizione del tribunale presso il quale si trovi il bene immobile e, più precisamente, che al tribunale competente sulla procedura fallimentare si presenti la seguente alternativa: - ricorrere alla figura del notaio, delegandone, se del caso, uno non avente sede nel proprio circondario ma in quello del tribunale in cui si trovi il bene immobile oggetto della vendita all’incanto 30; - delegare al compimento delle operazione di vendita all’incanto “in loco” un giudice alla stregua di quanto disposto dall’art. 578 c.p.c., il quale non potrà, a sua volta, eventualmente delegare il compimento delle operazioni di vendita delegategli ad un notaio ma dovrà compierle “personalmente”.

Detta soluzione sembra essere, infatti, la più conforme al modo in cui è

concepita la “delega a compiere la vendita” di cui all’art. 578 c.p.c., la quale non priva il giudice delegante dei poteri propri del giudice competente sulla procedura ma si limita ad attribuire a quest’ultimo la possibilità di delegare il mero compimento delle operazioni di vendita all’incanto ad un giudice nominato dal presidente del tribunale nella cui circoscrizione si trovi l’immobile da vendere, con la conseguenza che « la vendita continua ad essere retta dalla ordinanza che l’ha disposta e pertanto i provvedimenti relativi all’esecuzione di tale ordinanza, così come quelli relativi all’inadempimento dell’aggiudicatario ex art. 587 o al trasferimento del bene ex art. 586, rimangono demandati al giudice delegante » e « eventuali opposizioni agli atti esecutivi vanno proposte, anche per quanto concerne la vendita, avanti al primo g.e. delegante » 31.

Conseguentemente, sotto il profilo in esame, sembra da escludersi la possibilità

che il giudice delegato al compimento delle operazioni di vendita all’incanto ai sensi dell’art. 578 c.p.c. possa, a sua volta, delegare il compimento di tali attività ad un notaio ai sensi dell’art. 591 bis c.p.c. e, comunque, dovrebbe sempre essere il giudice (delegante) competente sulla procedura fallimentare quello cui il notaio dovrebbe quanto certificatore » (così A. PROTO PISANI, Delegabilità ai notai delle operazioni di incanto nella espropriazione forzata immobiliare, cit., spec. 450). 30 Pare peraltro corretto ritenere, a tal proposito, che la scelta del giudice delegato in tal senso debba essere circoscritta, quanto meno in prima battuta, ai notai iscritti nell’apposito elenco di cui all’art. 179 ter disp. att. c.p.c. (il quale reca “Elenco dei notai che provvedono alle operazioni di vendita con incanto”), stante la necessità di salvaguardare comunque l’esigenza sottesa alla introduzione di tale elenco da parte del legislatore - ossia l’equa ripartizione degli incarichi – ed il connesso potere di vigilanza attribuito al Presidente del Tribunale dal successivo art. 179 quater disp. att. c.p.c. 31 Così CABRINI in CARPI-TARUFFO, Commentario breve al codice di procedura civile, cit., 1629 ed ivi ulteriori riferimenti dottrinali sul punto.

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rivolgersi ai sensi dell’art. 591 ter c.p.c. ove insorgano difficoltà nel corso delle operazioni di vendita con incanto e quello cui le parti dovrebbero indirizzare eventuali impugnative 32.

A ciò si aggiunga, infine, come la soluzione qui sostenuta sembra essere

ulteriormente avallata: 1) dal fatto che, altrimenti ritenendo, si priverebbe nella sostanza il giudice

competente sulla procedura fallimentare del potere di ricorrere alla figura del notaio per il compimento delle operazioni di vendita all’incanto “in loco” di un immobile che, pur rientrando nella competenza del tribunale cui lo stesso appartiene, si trovi al di fuori della circoscrizione dello stesso 33, in chiaro contrasto con le esigenze ed i motivi - in precedenza esposti - che militano a favore dell’opposta conclusione;

2) dalle esigenze di economia processuale e di celerità della procedura che militano indubbiamente a favore dell’impostazione qui sostenuta e contro quella che, pur ritenendo possibile la delega di un notaio non avente sede nel circondario del tribunale presso il quale pende la procedura fallimentare, subordina la realizzazione della stessa ad un “doppio passaggio” (dal giudice delegante a quello delegato, ai sensi dell’art. 578 c.p.c., e da quest’ultimo al notaio, ai sensi dell’art. 591 bis c.p.c.).

Ernesto Fabiani

32 Cfr. per tutti sui “rapporti” fra il reclamo di cui all’art. 26 l. fall. ed il reclamo di cui all’art. 591 ter c.p.c., nonché sulla esperibilità in sede fallimentare della opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c. (richiamato dall’art. 591 ter c.p.c.) PALUCHOWSKI, L’applicazione delle norme sulle espropriazioni individuali alle vendite fallimentari, cit., spec. 107 secondo la quale il decreto con il quale il giudice delegato risolva le “difficoltà” della liquidazione di cui al citato art. 591 ter c.p.c. non è reclamabile « ai sensi del menzionato articolo di fronte allo stesso giudice delegato che ha deciso sulle difficoltà, ma solo ex art. 26 l. fall., dinanzi al tribunale, perché questo è l’unico mezzo tecnico di reclamo avverso i provvedimenti del giudice delegato. Se poi il contenuto del provvedimento è idoneo a ledere diritti soggettivi, ha cioè natura decisoria, dopo il reclamo al collegio, in caso di insoddisfazione del reclamante, si potrà procedere al ricorso straordinario per cassazione. Diversamente deve concludersi per il provvedimento emesso dal notaio, per esso il reclamo, proponibile dai creditori ammessi ed anche da qualsiasi terzo interessato, deve essere presentato al giudice delegato, ai sensi dell’art. 591-ter c.p.c., essendo la norma compatibile con la disciplina fallimentare, mentre contro il provvedimento emesso sul reclamo si deve nuovamente rilevare l’incompatibilità della norma civile ed applicare l’art. 26 l. fall. ». Secondo tale autore, poi, deve qui ritenersi inapplicabile l’art. 617 c.p.c. « in analogia con quanto disposto dalla Cassazione in tutta la materia della esecuzione fallimentare ». Più in generale per un esame e per riferimenti in ordine alla posizione prevalente secondo cui le opposizioni esecutive di cui al codice di procedura civile non sono proponibili in sede fallimentare cfr. per tutti TEDESCHI, in RUISI-JORIO-MAFFEI ALBERTI-TEDESCHI, Il fallimento, cit., 436ss ed ivi ulteriori riferimenti. 33 Detto potere, infatti, a seconda dell’impostazione prescelta, o sarebbe negato in radice o sarebbe in sostanza rimesso al giudice delegato ai sensi dell’art. 578 c.p.c.