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Come alla Corte di Federico II La Flagellazione di Piero della Francesca fra Talete e Gauss
Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II
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Come alla Corte di Federico II
Guido Trombetti
Rettore dell’Università di Napoli Federico II
Siamo giunti al terzo appuntamento del ciclo
“Come alla corte di Federico II, ovvero parlando e
riparlando di scienza”. I primi due incontri hanno
avuto un successo lusinghiero come dimostra la
quantità e la qualità dei partecipanti, molti dei quali
non universitari. E proprio l’ampia presenza di
comuni cittadini è il segno che stiamo andando nella
direzione giusta. Tale iniziativa infatti – ricordiamolo
– è nata ragionando sul fatto che in città non si parla,
ahimè, molto di scienza. Mancano appuntamenti
stabili dedicati a chi voglia sentir parlare (o meglio
raccontare) di eventi scientifici.
Ricordiamo che, nell’annunciare l’iniziativa,
dicemmo di aver pensato alle persone curiose cioè
“desiderose di conoscere, di sapere, di vedere, di
sentire per istruzione ed amore della verità”, secondo
la definizione che ne dà il dizionario. Alcune delle
domande che ci ponemmo nel dar vita a questa serie
di incontri erano: “si può uscire dai luoghi della
ricerca e proporre temi scientifici ad un largo
pubblico? O la scienza che lì nasce ne può uscire solo
in occasione dei convegni di esperti?” La risposta che
abbiamo ricevuto ci ha fortemente incoraggiati. In
città vi è un forte interesse per i temi scientifici. E’
grande il desiderio di comprendere il significato
profondo dei meccanismi che regolano il mondo
fisico e biologico o di quelli che governano il
progresso tecnologico. Ed anche di cogliere nessi ed
interazioni con l’arte, la psicoanalisi… Il prossimo
incontro ha il titolo “La Flagellazione di Piero della
Francesca tra Talete e Gauss”. E tale titolo richiama
un accostamento tra matematica ed arte. Cosa che a
me, che di mestiere faccio il matematico, non può che
far piacere.
Piero della Francesca fu un grande pittore del
Rinascimento. Ma fu anche un matematico. Si interessò
di geometria applicandola con successo allo studio
della prospettiva. Il quadro “La Flagellazione” ne è
l’esempio più efficace e Placido Longo ci aiuterà a
capirlo, mettendo anche l’accento sul fatto che la
prospettiva non ebbe un impatto indolore sulla
tradizione pittorica del tempo.
Sono convinto che l’intervento su Piero della
Francesca sarà di estremo interesse, anche grazie a
presenze di qualità come quelle di Benedetto
Gravagnuolo, Preside della Facoltà di Architettura e
prestigioso storico dell’Architettura, e di un regista
del calibro di Pappi Corsicato. Ai colleghi che queste
iniziative hanno curato con impegno e dedizione va il
mio elogio incondizionato. Un ringraziamento
particolare al Corriere del Mezzogiorno che sostiene
con generosità e lungimiranza questa iniziativa.
Placido Longo nasce e studia a Catania, ove si laurea in Matematica nel 1977. Nell'anno seguente si trasferisce a Pisa, alla Scuola Normale Superiore, ove studia la caratterizzazione dei limiti variazionali di problemi di minimo con ostacolo, sotto la direzione di Ennio De Giorgi. In quegli anni inizia anche la collaborazione con Franco Conti sulle questioni della didattica della Matematica,che determina il suo accostamento al mondo dell'informatica. Alla fine degli anni '80, tornato a Catania come professore associato, collabora con Filippo Chiarenza e Michele Frasca ad uno studio sulle equazioni alle derivate parziali a coeficienti VMO. Tre anni più tardi si trasferisce a Pisa, dove insegna attualmente, presso la Facoltà d'Ingegneria. Non ha mai abbandonato l'interesse per le applicazioni, come l'elaborazione digitale delle immagini, con particolare attenzione all'analisi statistica delle tessiture e allo studio dell'inversione della prospettiva e del chiaroscuro.
La pittura fa perdere per sua natura agli oggetti rappresentati la loro profondità. Cosa rende un dipinto “piatto” come una decorazione dell’Antico Egitto, e cosa “tridimensionale” come “La Flagellazione” di Piero della Francesca: la luce… il disegno… o forse la matematica? La prospettiva rinascimentale nell’opera pittorica e matematica di Piero della Francesca, rivisitata attraverso un gioco al computer: la ricostruzione tridimensionale dello scenario della Flagellazione.
Placido Longo Università di Pisa
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Lo Spazio nella Flagellazione di Piero della Francesca e il Computer
Placido Longo Professore di Analisi Matematica Università di Pisa
La rappresentazione dello spazio nella pittura,
senza il sostegno naturale della visione binoculare,
costituisce una sfida per l'artista, che é stata raccolta da
molti Grandi: lo sfumato, il chiaroscuro e la prospettiva
sono alcune delle loro risposte, talora raffinate nei
millenni.
La prospettiva nasce nell'antichità, iniziando
ad alterare i rapporti delle misure reali degli oggetti per
suggerire col rimpicciolimento la loro maggior
distanza, ma é col disegno architettonico che essa
assume via via la sua forma matura, quella del trattato
“De Prospectiva Pingendi” di Piero della Francesca.
Sin dalla prima proposizione, vi si trovano in nuce le
profonde modificazione della millenaria geometria
euclidea che condussero poi alle idee nuove di
Desargues. Al cuore del metodo di Piero c'é il concetto
centrale della geometria proiettiva - la proiezione da un
punto, l'unico occhio aperto dell'artista, e la sezione
con un piano, quello del dipinto - assieme alle sue
conseguenze inerenti: gli oggetti rettilinei hanno
immagini rettilinee, e le rette parallele, tipiche dei
dipinti a carattere architettonico, hanno immagini
parallele se sono parallele al piano del dipinto, e
convergenti se non lo sono.
La fedeltà di Piero della Francesca a tale
modello nelle sue sorprendentemente poche opere
spiccatamente prospettiche - La Flagellazione,
L'Annunciazione e La Pala Montefeltro di Brera - é
indirettamente confermata dall'ambito matematico dei
suoi studi: accanto al trattato sulla prospettiva trovano
posto un trattato sui solidi platonici e uno di abaco (di
algebra), distante da qualunque suggestione figurativa.
Un'altra indicazione in tal senso viene dalle stesse
tavole accluse al trattato: le prospettive per tomografia
delle teste umane o del capitello, di gran valore teorico,
sono cosi' complesse da essere insostenibili nella
pratica pittorica. Utilizzando il modello proiettivo, si
può riformulare matematicamente il problema iniziale,
legando la spazialità di un dipinto architettonico alla
possibilità di invertirne la proiezione prospettica. E'
possibile ricostruire nello spazio lo scenario della
Flagellazione? In generale no, ma lo é se si assume, fra
altre ipotesi, che il piano di terra sia orizzontale: ovvio,
ma intenzionalmente violato nel Teatro Olimpico
palladiano o nelle “stanze di Ames”, proprio allo scopo
di ingannare lo spettatore sulla reale profondità della
scena. Evitati i giochi prospettici, si può utilizzare il
computer per tracciare pianta e assonometria con gran
parte degli elementi umani e architettonici, a partire da
due informazioni fondamentali: la misura della figura
umana dipinta, fissata dall'Alberti, e la presenza nella
pavimentazione di un modulo quadrato.
La Flagellazione regge il confronto col
computer, a conferma del suo ruolo riconosciuto di
modello vivente del trattato, sintesi insuperata di
sensibilità artistica e di sapere matematico.
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Chi sono
GAUSS KARL FRIEDRICH
(1777-1855)
Matematico, fisico ed astronomo.
Nella sua vita ebbe molti interessi scientifici che lo
portarono a dare contributi fondamentali in molti
campi. Fu professore e direttore dell’osservatorio
astronomico di Gottingen. Calcolò l’orbita di Cerere,
espose in modo organico la teoria dei numeri, studiò la
distribuzione degli errori che rappresentò in modo
probabilistico con la curva a campana che prese il suo
nome (gaussiana). Studiò il magnetismo terrestre ed
osservò che polo magnetico e polo geografico non
coincidevano. Fu un precursore delle geometrie non
euclidee. Insomma fu uno scienziato ed un grande
matematico.
TALETE
(624-545 a.C.)
Filosofo, astronomo e matematico.
Cercò il principio di tutte le cose e lo identificò
nell’acqua. Introdusse in Grecia le conoscenze
matematiche ed astronomiche egizie e mesopotamiche.
Studiò le proprietà dei triangoli. Gli viene attribuita la
scoperta del magnetismo dei minerali di ferro. E’
ricordato per il teorema di Talete di geometria
elementare: egli lo intuì e lo descrisse, ma solo dopo un
secolo se ne ebbe la puntuale dimostrazione.
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Prospettiva e Realtà Virtuale
Francesco Caputo Professore di Disegno Assistito del Calcolatore Università di Napoli Federico II
Lo sconosciuto artista del magdaleniano che
fu autore dell’immagine del grande bisonte nelle grotte
di Altamira, già istintivamente ricercava la
rappresentazione prospettica poiché prescelse una parte
della parete rocciosa che ben si prestava, per la sua
forma sporgente e per le sue superfici tondeggianti, a
fungere da supporto alle poderose strutture muscolari
posteriori dell’animale. Egli, infatti, per la sua pittura
preistorica optò per una soluzione di tipo plastico. Per
contro, la sofisticata pittura della civiltà egizia di
proposito disconosceva ogni esigenza di raffigurazione
spaziale appiattendo personaggi ed oggetti sull’unico
piano della rappresentazione. Sugli affreschi del
palazzo di Cnosso, a Creta, timidamente appare la
prima visione prospettica, “a volo d’uccello”, quella di
una folla di persone, con l’allineamento di teste tutte
modulari. La stessa tipologia di rappresentazione
dall’alto si ripete nelle scene pittoriche, sia parietali, sia
dei vasi, nei successivi periodi protoellenico ed arcaico
fino al più noto pittore della Grecia classica, Polignoto
di Taso, che per primo, come si deduce dalle opere dei
suoi seguaci, pare che abbia contribuito, in modo
significativo, alla soluzione della raffigurazione
prospettica.
Nelle pitture di Pompei lo stile architettonico
già rivela la conoscenza del “punto di vista”, centrale al
quadro, all’incirca posto all’altezza dell’occhio che
osserva, nonché dell’orizzonte prospettico. La pittura
augustea, come dice Plinio, comprende promontori,
spiagge, fiumi, templi, boschi come elementi
prospettici del paesaggio che viene animato anche dalla
presenza di greggi e di pastori.
L’arte toscana del quattrocento, oltre che vari
trattati sulla prospettiva pittorica e geometrica, produce
con il Brunelleschi il primo oggetto noto di realtà
virtuale della storia: la rappresentazione del Battistero,
eseguita su una tavoletta che recava un forellino
praticato proprio nel punto di vista. L’intendimento
dell’artista era che il monumento venisse ammirato
dall’osservatore attraverso il foro, con l’occhio posto
dal rovescio del quadro, in uno specchio posto a
conveniente distanza. Lo sfondo di argento brunito che
sostituiva l’azzurro avrebbe dovuto rendere ancora più
realistica la scena riflettendo sull’immagine virtuale
nello specchio anche il cielo e le nuvole che lo
attraversavano.
La definitiva collocazione della prospettiva
nella geometria descrittiva si deve all’ingegnere
militare francese Gaspard Monge, noto anche per aver
organizzato ed attuato il piano di studi dell’Ecole
Politecnique de France.
Oggi la visione tridimensionale degli artefatti
è resa possibile con realismo perfetto dalla Realtà
Virtuale. Questa tecnologia, benché sia nota ai più per
gli impieghi ludici dei videogiochi e del cinema, ha un
ruolo fondamentale nella progettazione industriale
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poiché consente di visualizzare oggetti del tutto virtuali
come se si trattasse di manufatti veri e di simularne
l’effetto estetico, il comportamento meccanico,
l’accessibilità, l’ergonomia, la montabilità e la
smontabilità, ben prima di aver costruito i prototipi
fisici. Ne scaturisce un enorme vantaggio in termini di
costo e di tempo. Impianti del genere, che trovano
diffuso impiego in ambito automobilistico ed
aeronautico, hanno un notevole costo d’impianto e
richiedono personale di alta qualificazione per la
elaborazione e la gestione del modello virtuale del
prodotto, il cosidetto digital mock-up. In questo campo
la Regione Campania è sicuramente all’avanguardia:
alla sala di Realtà virtuale già operante presso l’Elasis
di Pomigliano d’Arco, destinata allo sviluppo prodotto
in campo automobilistico, si aggiungerà, entro qualche
mese, l’impianto del Centro Regionale di Competenza
dei Trasporti, che è stato progettato e verrà gestito
dall’Ateneo Federico II.
Questa importante risorsa di simulazione avrà
sede a Caserta e sarà al servizio di tutte le aziende che
operano nella progettazione dei mezzi di trasporto
terrestri, navali ed aerei. L’impianto potrà anche
consentire applicazioni in campo architettonico, come
dimostra l’immagine, cortesemente fornita dal
Graphitech di Rovereto (TN), relativa ad un progetto di
riqualificazione dell’area del “Financial District” nella
città di Glasgow in Scozia in collaborazione con la
Scottish Enterprise di Glasgow.
Gli architetti potranno verificare la validità
delle loro idee immergendosi nel mondo virtuale e
vivere, attraversare, camminare nelle loro opere,
percependone tutte le caratteristiche, proprio come se
esse fossero già state costruite e praticabili.
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Biologia ed Arte
Luciano Gaudio Professore di Genetica Università di Napoli Federico II
Betsy, Congo e tanti altri scimpanzé o altri
primati “artisti” con la loro verve pittorica hanno
consentito di costruire ragionamenti se nell’arte vi
fossero delle radici biologiche. Gli studi psicologici, il
confronto con l’evoluzione della capacità di disegno
dei bambini, l’analisi delle pitture di circa 5000 anni fa
dell’uomo primitivo nei principali siti di ritrovamento,
ad esempio Lascaux ed Altamira portano a pensare che
esistono modelli geometrici istintivi, rappresentazioni
ritmiche che hanno radici biologiche. Quando nel 1957
fu allestita a Londra, presso l’Istituto di arte
contemporanea una mostra dei dipinti di Betsy e
Congo, le più importanti tra le 32 scimmie pittrici,
Julian Huxley, l’organizzatore, scriveva “i risultati
mostrano che gli scimpanzé hanno capacità artistiche e
l’esplosione di arte di grande qualità nel paleolitico,
diventa comprensibile se i nostri antenati scimmieschi
avevano potenzialità estetiche a cui poi si è aggiunta la
capacità dell’uomo di creare simboli.”
La nascita dell’arte (come rappresentazione
figurata) viene fatta risalire al momento in cui gli arti
anteriori diventano liberi dalla locomozione e possono
essere utilizzati per costruire semplici utensili e quando
la complessità delle informazioni da trasmettere ad altri
membri della comunità necessita di elaborazioni
figurative. Durante l’evoluzione si sono poi sviluppati
il linguaggio e la scrittura e la capacità di disegnare è
stata liberata dalla sua componente utilitaristica e la
pittura si è evoluta, conservando la funzione importante
di estetica pura. L’osservazione comparata dei disegni
dei bambini e delle opere dei primati ha svelato, come
afferma D. Morris, sei principi biologici innati:
l’autoremunerazione dell’attività, il controllo
compositivo, lo sviluppo graduale, la variazione dei
temi, l’ottimizzazione dell’eterogeneità e l’universalità
di alcune rappresentazioni. Ma da questa base comune
si arriva ad una soglia dove anche il più semplice degli
uomini presenta una complessità articolata che lo rende
superiore alla più intelligente tra le scimmie.
Anche se Congo e Piero della Francesca
condividono, forse, i sei principi biologici,
l’elaborazione a cui arrivano gli artisti dimostra che ad
un certo momento l’arte finisce di essere un fatto
biologico per divenire quella costruzione e quel
godimento dello spirito, da dare appagamento e talvolta
anche senso di smarrimento, come nella sindrome di
Stendhal.
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Talete e Gauss
Vincenzo Ferone Professore di Analisi Matematica Università degli Studi di Napoli Federico II Talete di Mileto (624 - 548 a.C. circa) e
Carl Friedrich Gauss (1777 - 1855) sono senza ombra di
dubbio due figure che hanno contribuito in maniera
determinante allo sviluppo della matematica.
Di Talete si hanno poche informazioni
certe, ma si può sicuramente affermare che è stato il
primo vero matematico, cioè il fondatore
dell'impostazione deduttiva della geometria. Per la
verità non fu solo un matematico, ma anche un filosofo
e un astronomo, e gli antichi lo giudicarono uomo di
rara intelligenza, considerandolo il primo dei Sette
Saggi.
Come matematico, gli sono attribuiti
alcuni teoremi e tutti noi abbiamo memoria di un
teorema che porta il suo nome. Acquisì molte
conoscenze matematiche e astronomiche durante i
suoi viaggi in Egitto e a Babilonia e, secondo alcuni,
l'osservazione di alcune differenze nelle regole di
calcolo presenti nella matematica pre-ellenica lo spinse
a introdurre un metodo rigorosamente razionale.
La vita e l'attività di Gauss sono invece
molto più conosciute e molti aneddoti sono ben noti.
Non si può non citare quello relativo alla sua fama di
enfant prodige. All'età di circa dieci anni fu l'unico della
classe a sommare correttamente tutti i numeri da uno a
cento, per di più senza effettuare alcun calcolo manuale,
ma utilizzando mentalmente una formula che consente
di sommare i primi n interi con n qualunque.
Ha dato contributi fondamentali nella teoria dei numeri,
nella teoria delle superfici, nella teoria dei numeri
complessi, in probabilità.
Cercare di confrontare le figure di Talete e
Gauss sarebbe azzardato, ma sembra opportuno
sottolineare che entrambi sono riusciti ad essere
scienziati a tutti gli effetti, non disdegnando l'uso dei
risultati teorici ottenuti per affrontare problemi relativi
alle scienze applicate.
Ad esempio, il primo misurò l'altezza delle piramidi e
riuscì a prevedere un'eclissi di sole, il secondo risolse il
problema di determinare l'orbita di un pianeta mediante
un piccolo numero di osservazioni, effettuò numerosi
esperimenti sul magnetismo terrestre e collaborò
all'invenzione del telegrafo elettrico di Weber.
Da questo punto di vista si può affermare
che essi hanno padroneggiato sia la matematica "pura"
che quella "applicata", Talete per primo e Gauss nella
maniera più elevata.
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La Flagellazione di Piero della Francesca
Benedetto Gravagnuolo Preside Facoltà di Architettura Università di Napoli Federico II
Tra i tanti splendidi dipinti di Piero della
Francesca, La Flagellazione è quello che più di ogni
altro continua ad esercitare un singolare fascino
magnetico. E ciò non solo per il raffinatissimo
impianto architettonico che inquadra la
rappresentazione prospettica, quand’anche (e direi
soprattutto) per la moltitudine di significati addensati
nella piccola superficie di questa celebre tavoletta (cm.
58x81), oggi custodita nel Palazzo Ducale di Urbino.
Innanzitutto, La Flagellazione è una
paradigmatica dimostrazione della perfezione
matematica della perpectiva artificialis, introdotta da
Filippo Brunelleschi e teoricamente definita da Leon
Battista Alberti nel De Pictura del 1435. La
rappresentazione dello spazio tridimensionale era già
nota agli antichi, sia pure in forma empirica, come
comprovano gli affreschi pompeiani e le pagine del De
Architectura di Vitruvio dedicate alla perspectiva
naturalis nelle scenografie teatrali. A ragion veduta
infatti Alberti non attribuì a Brunelleschi l’invenzione
della prospettiva, bensì la “scoperta della regola”. Ma
fu una scoperta di portata epocale, perché, come ha
chiarito Erwin Panofsky nel saggio su La prospettiva
come “forma simbolica” (1927), più che una mera
tecnica di rappresentazione, si trattò di una nuova
Weltanschauung. Pittori e scultori, da Masaccio a
Donatello in scultura, seguiti poi dalle generazioni di
Paolo Uccello e di Piero Della Francesca esaltarono
tutte le potenzialità espressive dischiuse dal piano
“mentale” della prospettiva.
Piero della Francesca - “maestro raro
nelle difficoltà dei corpi regolari, e nell’aritmetica e
nella geometria”, per dirla con Giorgio Vasari - non si
limitò a dipingere con straordinaria destrezza, ma
dedicò gli ultimi anni della sua vita anche alla
riflessione teoretica. Dei tre trattati pervenutici - ancor
più dell’Abaco (dedicato ai problemi di algebra e di
aritmetica commerciale) e dello stesso De Prospectiva
Pingendi (supportato da una summa sul tema
dell’ottica da Euclide al Medioevo) - è nel Libellus de
Quinque Corporibus Regularibus che si annida il
testamento spirituale del maestro. Arte, scienza e fede
erano fuse nella teoria di Piero - al pari che in altri
umanisti - in un complesso ma suggestivo amalgama. Il
Libellus rievoca la mathesis pitagorico-platonica
coniugandola con la teologia cristiana. Sarà il
“sacerdote della matematica” Luca Pacioli, suo
discepolo, a rendere esplicita questa tesi nel De Divina
Proportione, dato alle stampe a Venezia nel 1509 con
disegni di Leonardo da Vinci.
La Flagellazione, dunque, non è una
mera ostentazione prospettica di forme “divinamente
misurate”, ma è anche una “rappresentazione
simbolica”, affollata di enigmi, al punto da essere
divenuta uno dei casi più controversi dell’ermeneutica
artistica, a partire dalle interpretazioni ormai classiche
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di Roberto Longhi e Kenneth Clark fino alle più recenti
riletture di Carlo Ginzburg, Maurizio Calvesi e Matteo
Carminati. A prima vista il contenuto rappresentativo
del quadro è evidente. La scena del martirio di Cristo
dentro la loggia di Ponzio Pilato è immediatamente
riconoscibile, benché si svolga in secondo piano. Più
misteriosa è la presenza dei tre personaggi in primo
piano. Chi sono? Perché volgono le spalle al racconto
evangelico? Perché una così marcata distanza
“prospettica” tra le due scene?
L’addentrarsi nelle ipotesi di soluzione di
tali interrogativi implicherebbe un discorso molto
lungo. In ogni icona infatti si addensano almeno due
significati o, per meglio dire, una pluralità di sensi. Ad
esempio, l’analogia cromatica tra il cilindro marmoreo
della colonna e il corpo bianco di Cristo rinvia
concettualmente all’unione mistica con l’Antico –
aldilà del martirio o proprio in forza di esso –
accentuata dall’idolo d’oro di Helios che sovrasta il
capitello. Ma, al tempo stesso, il turbante di Erode (o di
Caifa) può alludere al trauma della Chiesa d’Oriente
flagellata dai Turchi con la conquista di Costantinopoli
del 1453. Quel che più conta è che ogni allegoria si
traduce in poesia pittorica. Alla luce naturale diffusa
all’esterno dall’azzurro del cielo sullo scenario urbano
tardomedioevale si contrappone la luce soprannaturale
diffusa da Cristo sul cassettonato dell’interno corinzio
della loggia “antica” e al tempo stesso “moderna”.
Il fuori e il dentro, il vicino e il lontano,
il presente e il passato: queste apparenti dicotomie
convergono nell’unità strutturale dello spazio
prospetticamente misurato. In tal senso, vero soggetto
protagonista della rappresentazione è il Tempo. Il
Tempo - agostinianamente uno e trino - che abita lo
spazio.
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Cronaca di un Passeggero in Volo Riflessioni su Arte e Matematica
Luigi Maria Ricciardi
Vicepresidente Polo delle Scienze e delle Tecnologie Professore di Calcolo delle Probabilità Università di Napoli Federico II Tra sonno e veglia
Cullato dal monotono rombo di un Jumbo in volo
sull’immensa distesa siberiana, tra sonno e veglia mi
giunge la voce piagnucolosa e un po’ chioccia di una
bimbetta annoiata, forse già stanca dell’interminabile
viaggio: dad, why …, dad, why…, (babbo, perché….,
babbo, perché…) e poi, mentre sul video compaiono
immagini del suolo di Marte, dad, why are they
searching for water on Mars” (babbo, perché cercano
acqua su Marte?).
Già, dico tra me e me, perché? E qui
involontariamente la mia mente compie un balzo
all’indietro nel tempo: mi vedo improvvisamente in
quel vetusto banco ad ascoltare l’accattivante voce che
ci parla di filosofia e di Talete di Mileto…
Talete: un volo verso l’irraggiungibile
Scavo nei miei ricordi… Dunque, Talete. Nasce dopo
Mosè, circa seicento anni prima di Cristo, fonda la
Scuola Ionica, si occupa di politica, di matematica e di
astronomia, prevede tra l’altro una eclissi di Sole tra il
generale stupore e molta paura; ma, soprattutto, cerca
disperatamente l’origine di tutte le cose: deve pur
esistere una qualche sostanza da cui tutto il resto
proviene, mentre essa permane! Qual è l’identità del
diverso, ciò che vi è di identico in tutte le pur così
differenti cose che ci circondano? Sì, non vi è dubbio,
non può che essere l’Acqua, nutrimento di tutto, di cui
tutto si alimenta, essenza di ogni forma di vita ed alla
quale ogni forma di vita ritorna: Il Principio è dunque
l’Acqua. Ma non è tutto: a lui, uno dei sette savi
dell’antichità classica, vanno fatti risalire i primi
sistematici studi miranti all’enunciazione e alla
dimostrazione di un certo numero di teoremi
geometrici in forma rigorosamente logico-deduttiva.
Ma qui l’oggettività dell’indagine storica sfuma
inesorabilmente nella leggenda. Ciò che invece è certo,
è il suo anelito a spiccare il volo verso l’irraggiungibile
sbalordendo regnanti e popoli: come misurare l’altezza
di una piramide piantando in terra un bastone al limite
dell’ombra da essa proiettata e utilizzando un principio
di proporzionalità tra lati di triangoli simili che si
traduce in proporzionalità tra le lunghezze delle ombre
da entrambi proiettate e altezze di bastone e piramide;
oppure, basandosi su analoghe acrobazie d’ingegno,
calcolare con precisione la distanza di una nave
lontana. Chissà che a ciò non abbia risentito del fascino
della forma triangolare, nei secoli onnipresente in
espressioni diversificate dello spirito umano, dalla
religione all’architettura.
Con Talete, padre putativo delle matematiche,
l’umanità spicca il grande balzo verso l’inaccessibile:
la misura del diametro della Terra, lo scandaglio delle
immensità del firmamento. Ma, soprattutto, nasce una
nuova stirpe di scienziati e di finissimi matematici che,
a strabilianti scoperte di enorme impatto anche
applicativo, uniscono la missione di tramandare, in
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forma elegante e concisa, il proprio sapere alle future
generazioni.
Intanto, come in una sequenza di fotogrammi scorrono
nella mia mente altre immagini e ricordi,…La Scuola,
sì, la Scuola,… Quanto veloci son trascorsi tanti anni
che, se hanno aggiunto qualche breve segmento alla
mia scienza, vi hanno tuttavia lasciato immutate
spaventose voragini che mai si colmeranno.
In visita ad un’insolita Galleria
Mi sforzo intanto di ricordare, un po’ per resistenza a
Morfeo che tenta di conquistarmi, un po’ per sfida a me
stesso e alla mia memoria… Continua il rombo dei
motori, ma la mia mente sembra essere ora lucida. La
voce petulante della bimba si è improvvisamente
spenta, vinta dalla stanchezza o, ancor più, dalla noia.
Dunque, vediamo…Un po’ dopo Talete nasce Pitagora
(580 a.C.), nella sua lunga vita fondatore, a Crotone, di
una scuola matematica, filosofica e religiosa e
“creatore” del famoso teorema sui triangoli rettangoli
che porta il suo nome, croce e delizia degli alunni delle
Scuole Medie, in Italia e ovunque nel Mondo.
Seguono, nel V secolo, Ippocrate, che lascia in eredità
il primo vero e proprio trattato di Geometria, Eudosso e
Zenone, quest’ultimo inventore di un famoso paradosso
la cui risoluzione doveva attendere la nascita
dell’Analisi Matematica e del calcolo differenziale
duemila anni più tardi.
Ora la Matematica greca si sposta ad
Alessandria d’Egitto. Trecento anni dopo Talete nasce
Euclide, più giovane degli ultimi discepoli di Platone,
che attraverso i suoi Elementi lascia in retaggio
all’Umanità un incalcolabile patrimonio di teoremi di
geometria procedendo, come poi faran tutti, attraverso
la costruzione di una Teoria basata su assiomi a partire
dai quali dimostra teoremi molti dei quali, dopo la
intrigante parentesi burbakista,, a 2300 anni dalla loro
formulazione vengono ancor oggi proposti, nella loro
forma originale, alla goduria delle scolaresche. (Non è
forse questa un’altra dimostrazione dell’assenza di
limiti certi alla potenza dell’umano intelletto?).
La galleria dei grandi matematici (scienziati,
dovremmo più correttamente ed orgogliosamente dire
in questa nostra epoca nella quale la parcellizzazione
del sapere rischia di distruggere cultura e sapienza) si
arricchisce poi con Archimede di Siracusa (III secolo
a.C.) che si occupa di aritmetica, geometria e fisica
sbalordendo i Potenti dell’epoca con le proprie
soluzioni di problemi apparentemente irresolubili e
contribuendo efficacemente alla difesa della Patria;
seguono Ipparco, Apollonio, Eratostene, Erone.
L’inizio dell’Era cristiana nel suo primo secolo vede le
opere di Tolomeo, nel successivo quelle di Diofanto.
Poi, siamo nel VI secolo d.C., incontriamo Anicio
Manlio Severino Boezio, l'ultimo dei romani ed il
primo degli scolastici per aver svolto la funzione di
mediatore fra il pensiero classico, romano e greco, ed il
nascente pensiero cristiano medievale, che alla fine gli
valse il patibolo.
La nuova capitale della Matematica
E’ ormai trascorso quasi un millennio dalla nascita di
Talete quando il baricentro dell’invenzione matematica
si sposta da Alessandria a Baghdad, capitale dell'Islam,
che fa dell'Arabo la lingua scientifica internazionale.
Gli studiosi arabi traducono i principali testi della
matematica greca, sviluppano nuove aree di ricerca e
gettano un ponte tra la matematica occidentale e quella
indiana, anch’essa artefice di importanti traguardi e
ancora in grande sviluppo. Intorno all’anno 800 si
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realizza infatti, proprio per merito degli Arabi, la
diffusione della numerazione “posizionale”, da allora
universalmente utilizzata, (Per comprenderne
l’importanza pratica si rifletta sul ben diverso,
complicato e maldestro modo con il quale Greci e
Romani rappresentavano i numeri: il Lettore si cimenti,
ad esempio, nell’operazione di moltiplicazione di
MMDCCXLV per XXIII.) Si sviluppa l’Algebra,
nuova disciplina matematica il cui nome deriva dal
titolo del trattato Al-giabr wa'l mu kabala (ossia Del
modo di assestare cose opposte) del matematico
persiano Abu Ja'far Mohammed ibn Mâsâ al-
Khowârizmî che insegnava a Baghdad e che introdusse
nel mondo arabo i numeri indiani. Incidentalmente,
anche il termine algoritmo, del quale si fa tanto uso ed
abuso, ha origine dalla traduzione in latino del suddetto
trattato, apparsa con il titolo Liber Algarismi (Il libro di
al-Khwarizmi).
Carl Friedrich Gauss, genio della Matematica
Compiamo ora un gran balzo a cavallo di questa
immaginaria macchina del tempo, ed emergiamo nel
XVII secolo d.C. Qui, in Europa, osserviamo lo
sviluppo di nuove aree matematiche: la geometria
analitica con Descartes, i fondamenti della geometria
proiettiva e del calcolo delle probabilità con Pascal ma,
soprattutto, l’analisi infinitesimale ad opera di. Newton
e di Leibniz. Un altro balzo ed entriamo nel successivo
secolo. Siamo nel 1700: i progressi della matematica si
incentrano ora sullo sviluppo dell’Analisi con Eulero,
Lagrange e iI Clan dei Bernoulli. Il secolo che segue, il
XIX, segna contributi grandiosi ed innumerevoli alla
matematica ad opera di Laplace (che, tra l’altro,
pubblica per primo una trattazione analitica della teoria
della probabilità), Cauchy, Weierstrass, Lobacevskij,
Riemann, Boole, Cantor, Peano, … Ma su tutti si erge
la figura di Carl Friedrich Gauss, una sorta di Mozart
della Matematica che però, a differenza dell’enfant
prodige prediletto di Euterpe, non era figlio d’arte, ma
membro di una famiglia di operai e piccoli impiegati in
tutt’altre faccende affaccendati. Eppure, forse grazie ad
una particolarissima costellazione dei suoi milioni di
miliardi di bottoni sinaptici, senza aiuto alcuno, si dice,
apprese a far di calcolo prima ancora di saper parlare; è
poi certo che all’età di otto anni sbalordì il suo (non
molto encomiabile) insegnante nella prima lezione di
aritmetica risolvendo all’istante, mediante una formula
da lui stesso scoperta, un lungo, tedioso, defatigante
compito affidato alla scolaresca per tenerla quieta:
effettuare la somma dei primi cento numeri interi. (Il
classico tipo di esercizi il cui immediato effetto è
l’allontanamento dalla matematica, subito e per
sempre, di quasi ogni giovane mente!). Numerosissimi,
fondamentali e oltremodo geniali sono i contributi di
Gauss all’algebra, alle geometrie non euclidee,
all’analisi, al calcolo delle probabilità. (E’ a lui dovuta
l’invenzione della famosa “curva a campana”,
denominata appunto gaussiana, che fino all’entrata in
circolazione della nuova divisa europea trovava nobile
dimora, con tanto di formula e di grafico, su una faccia
della banconota da dieci marchi, la più popolare nella
Germania pre-Euro).
Gauss non fu solo un eccelso matematico, ma
anche insigne cultore e portentoso ricercatore in altre
scienze: osservazioni astronomiche, meccanica celeste,
geodesia, capillarità, geomagnetismo,
elettromagnetismo, scienze attuariali,…Pur avendo con
le sue opere ispirato numerosi matematici dell’epoca,
quali Dirichlet, Jacobi, Plücker, Riemann ed altri,
Gauss fu tristemente solo nella vita privata e nel
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lavoro, privo di collaboratori o studenti; solo in Pfaff
trovò una sorta di interlocutore, con il quale tuttavia
non stabilì mai un rapporto realmente alla pari.
La Divina Proporzione
Qui esco dalla Galleria dei Grandi, da Talete e Gauss, e
dal mio navigare attraverso i secoli, dal VII a.C. al XIX
d.C. Ma il viaggio aereo è ancora lungo, come ci indica
l’informativa che periodicamente compare sullo
schermo. Ma, mi chiedo, non ho forse trascurato
qualcuno e qualcosa lungo la strada dell’invenzione
matematica testé percorsa? Ma sì, certo, ora ricordo…
Ricordo come, lasciato dietro di me le Scuole
Secondarie, in un’afosa giornata estiva trovavo
refrigerio nel corpo e nell’anima visitando le sale
rigorosamente condizionate della Pinacoteca di
Capodimonte; ad un certo punto mi soffermo dinanzi
ad un ritratto, a mio avviso non particolarmente bello
ma certo insolito nel soggetto: un frate armato di uno
stilo nella mano destra, la sinistra poggiata su un libro
aperto, guarda innanzi, come per dire “eccomi, mi
raccomando, ritraimi a modo!”, apparentemente
immemore dello strumento che impugna e dell’allievo
che gli è dietro. Fra’ Luca Pacioli, recita la didascalia.
Chi mai sarà costui? Mi chiesi allora, perplesso.
Luca Pacioli fu un uomo del Rinascimento,
matematico e cultore delle arti figurative, autore di un
celebre trattato, La Divina Proporzione, che presto
assurse al rango di best seller in tutta Europa. Visse da
fanciullo a Sansepolcro, sua cittadina natale, a una
sessantina di chilometri a nord di Perugia, dove Piero
della Francesca aveva studio e laboratorio. La profonda
conoscenza dell’opera di Piero della Francesca che
Pacioli possedeva lascia pensare che proprio da costui
egli doveva aver almeno in parte ricevuto istruzione,
certamente in arte e, forse, in matematica, anche se in
quest’ultima si specializzò successivamente a Venezia
sotto la guida di Domenico Bragadino. Trasferitosi a
Roma, visse per qualche tempo nella dimora di Leon
Battista Alberti, segretario della Cancelleria vaticana.
Ivi studiò teologia, per poi farsi frate francescano ed
insegnare matematica a Zara e nelle Università di
Perugia, Roma e Napoli. Dei suoi tre volumi di
aritmetica ne rimane soltanto uno, quello rivolto agli
studenti di Perugia.
Nel 1489 Fra’ Luca fa ritorno a Sansepolcro
dove lavora ad uno dei suoi più noti trattati, la Summa
de aritmetica, geometria, proportioni et
proportionalita che riassume, enciclopedicamente, la
matematica dell’epoca, senza peraltro particolari spunti
di originalità. Trasferitosi a Milano quale insegnante di
matematica alla corte di Ludovico Sforza, vi incontra
Leonardo, pittore ed ingegnere alla corte stessa ed
entusiasta cultore della matematica, con il quale tesse
amicizia. Fu allora che Pacioli inizia a lavorare al
primo volume del suo trattato Divina Proporzione, le
cui illustrazioni sono nientemeno che opera dello stesso
Leonardo! La “Divina Proporzione”, o Sezione Aurea,
costituisce un rapporto geometrico sul quale Euclide
aveva molto pensato, e che aveva trovato utilizzazione
in numerose opere architettoniche già nell’antica
Grecia, forse anche prima. Il trattato include la
traduzione in Italiano di uno dei lavori di Piero della
Francesca.
Con l’avvento di Luigi XII al trono di Francia
e la cattura di Ludovico Sforza, Fra’ Pacioli e
Leonardo fuggono insieme poco dopo la conquista di
Milano da parte dei Francesi e, dopo brevi soste a
Mantova e a Venezia si trasferiscono a Firenze dove
condividono casa. Troppo lungo sarebbe qui il
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descrivere la loro amicizia ed il comune interesse per la
matematica. Basti dire che Pacioli, ritornato nella sua
natale Sansepolcro all’età di settant’anni, alla sua
morte lascia inedita l’opera De viribus amanuensis
nella quale egli fa frequente riferimento alla
collaborazione con Leonardo. Certo eccessiva è
l’acclusa di plagio mossagli da Giorgio Vasari nella
sua biografia di Piero della Francesca del 1550, nella
quale lo accusa di aver “rubato” il lavoro del famoso
Piero su aritmetica, geometria e, soprattutto, sulla
prospettiva. Si tratta di una ingiusta accusa: se è vero
che Pacioli fece ampio uso di opere altrui nelle proprie
ricerche, anche di quelle di Piero della Francesca, egli
non le presentò mai come proprie, ma ne indicò sempre
i riferimenti con grande correttezza.
La Sezione Aurea
Al di là di sterili polemiche, peraltro non assenti
nemmeno nell’odierno panorama scientifico, è
indubbio che Pacioli, con la sua Divina Proporzione
diffusa in tutti i centri di cultura europei, molto
contribuì a far trionfare nell’arte rinascimentale la
cosiddetta Sezione Aurea, (o Rapporto Aureo) quale
canone di perfezione e grazia sia in architettura,
scultura e pittura, sia nella stessa Natura. Di qui le
implicazioni: “Sezione Aurea ispiratrice nel Creato,
quindi nel suo Creatore, quindi, appunto, proporzione
“Divina”. Il Grande fisico matematico e astronomo,
Johannes Kepler (1571-1630) scrisse a tal proposito:
La Geometria possiede due grandi tesori: il teorema
di Pitagora e la Sezione Aurea di un segmento. Il
primo lo possiamo paragonare ad un oggetto d’oro; il
secondo lo possiamo definire un prezioso gioiello.
Ma che cos’è questa sezione aurea? Il modo
più semplice di definirla e costruirla è dovuto ad
Euclide: dividere un segmento in due parti tali che il
quadrato che ha per lato la parte maggiore ha area
uguale a quella del rettangolo i cui lati sono
rispettivamente l’intero segmento e la parte minore.
Equivalentemente, come abbiamo tutti appreso a
Scuola, la sezione aurea di un segmento AB si ottiene
dividendo il segmento in due parti, AC e CB, tali che la
lunghezza di AC sia media proporzionale tra la
lunghezza dell’intero segmento e la lunghezza della sua
parte minore CB. In realtà, già gli Egizi della prima
dinastia, quasi cinquemila anni fa, sembra avessero
riconosciuto il senso di equilibrio armonico posseduto
da opere basate sulla sezione aurea; ne é ad esempio
testimone la stele del Re Get conservata al Museo del
Louvre, nella quale compaiono sia il rettangolo con lati
in rapporto aureo che l’equivalente quadrato. Ma la
massima diffusione nell’antichità del rapporto di cui si
dice avvenne tra i Greci, che gli attribuirono l’aggettivo
“aureo”. Basti ricordare che nelle sculture del
Partenone, opere del grande Fidia, sono presenti
numerosi rettangoli aurei che gli conferiscono un
aspetto armonico e di grande equilibrio. Ritornando al
Rinascimento ed al ruolo svoltovi in arte dalla sezione
aurea, testimone una per tutte è l’opera pittorica di
Raffaello del 1504 circa, denominata “Lo sposalizio
della Vergine” ed esposta al Brera di Milano. Si tratta
di una pala d’altare nella quale il lato del quadrato su
cui giace la semicirconferenza superiore corrispondente
alla centina risulta essere la sezione aurea dell’altezza
della pala.
La Prospettiva
Il ruolo della Matematica nell’Arte va ben oltre l’uso
della Divina Proporzione, estendendosi in epoca
rinascimentale alla ricerca di regole e canoni
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quantitativi atti ad indicare il corretto ordine
prospettico, la proporzione, la misura delle linee e delle
superfici effettuate mediante rigorose regole
geometriche. Conseguentemente, si sviluppa non
soltanto la Prospettiva, ma se ne giova anche lo studio
del corpo umano, quindi anche l’anatomia. Si pensi a
L'Uomo vitruviano rappresentante le proporzioni del
corpo umano; ivi Leonardo sdoppia la figura umana in
due posizioni, una rispetto al quadrato, l'altra rispetto al
cerchio.
Quanto infondata sia la diffusa credenza che
matematica e arte sono mondi che nulla hanno in
comune, è dimostrato proprio da quella tecnica
pittorica nota con il termine di Prospettiva, consistente
nella rappresentazione di una realtà tridimensionale
nelle due dimensioni di una tela o di un affresco. A tal
fine ci si basa su leggi geometriche per la prima volta
formulate da Leon Battista Alberti (1404-1472),
sistematizzate da Piero della Francesca nel 1478 in De
prospectiva pingendi e poi progressivamente adottate
dagli artisti rinascimentali: Brunelleschi, Piero della
Francesca, (la cui Flagellazione costituisce esempio
paradigmatico), Andrea Mantegna, Masaccio,
Dürer,…. Di quest’ultimo, molto significativo nel
contesto prospettico, è il disegno di Donna coricata.
Attenti alle trappole
Ma… attenzione alle trappole che la prospettiva e
talune sue scherzose utilizzazioni ed estensioni
possono riservare, come dimostra Les promenades
d’Euclide di René Magritte. Due aspetti sorprendenti
emergono infatti in questo quadro: a prima vista si ha
l’impressione di guardare un panorama attraverso una
finestra; si nota, successivamente, che in realtà ciò che
si sta guardando è un quadro, in piedi di fronte alla
finestra, che si mescola con lo sfondo fino a fondersi
con esso. Allorché, poi, si fissa l’attenzione su questo
quadro, si vede una sola delle due torri che si pensava
vi fossero, in quanto la torre di destra in realtà è una
strada!
Artisti, poeti e teologi hanno attestato il
proprio interesse per i numeri e per la matematica
attraverso numerose opere: dalle tavole di Raimondo
Lullo (1232-1316) il quale ritiene di avervi racchiuso
lo schema concettuale della prova logica dell'esistenza
di Dio, a Nel quadrato nero di Wassily Kandinsky
dove numerose sono le interpretazioni dei colori e delle
forme geometriche rappresentate, ai Numeri
innamorati (1924-1925) di Giacomo Balla, ai Piani
verticali e ai Piani di colore di Frantisek Kupka (1871-
1957). Praticamente infinite sono poi le espressioni
della cosiddetta arte ambigua, con immagini nascoste,
illusioni ottiche, disegni impossibili,ecc. Ma qui
corriamo il rischio di uscire dal seminato. Vanno
invece menzionate le nuove possibilità offerte dagli
strabilianti progressi della computer graphics che, ad
esempio, consentono la creazione di modelli visivi di
strutture e composizioni geometriche che hanno
acquisito, non solo nell’immaginario collettivo, lo
status di una vera e propria nuova forma d'arte: si pensi
ai frattali di Benoit Mandelbrot che ne costituiscono
l'espressione più popolare ed appariscente. E poi, che
dire dell’Informatica? Non è forse vero che essa
fornisce potenti strumenti di progettazione e
rappresentazione? Qualche oggettiva riflessione su
questo tema è a questo punto d’obbligo.
L’Informatica e le nuove tecnologie multimediali
La storia dell'uomo è segnata dai cambiamenti legati
alla necessità di imparare ad usare nuovi strumenti e,
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più in generale, nuove macchine. Ciò vale anche per i
mondi dell’architettura, del cinema, della musica, della
pubblicità che dopo tutto appartengono alla stessa
cultura nel senso che tutte pongono la rappresentazione
al centro della loro comunicazione nel contesto di
esperienze collettive. Particolarmente sensibile all’uso
delle nuove tecnologie informatiche mi sembra essere
l’architettura, che, attraverso la realtà dell’immagine,
può essere percepita come libera espressione di utopie,
programmi, narrazioni e che rileva le aspettative e i
sogni collettivi della società in continua
trasformazione. E’ indubbio che uno dei principali
linguaggi dell’architettura è il disegno, essenziale
collante tra il pensare e il comunicare. Il disegno libero,
con le sue forme che si sviluppano sulla carta e su
qualsiasi altro supporto, possono alle volte anticipare il
pensiero, producendo effetti disponibili per una verifica
della stessa idea iniziale. In un siffatto processo
creativo il tradizionale disegno a mano libera sembra
mantenere una sua insostituibile specificità espressiva;
contestualmente, le nuove tecniche digitali, soprattutto
quelle della realtà virtuale, propongono notevoli
cambiamenti culturali contribuendo ad estendere il
concetto stesso di rappresentazione nella
comunicazione ipermediale del pensiero architettonico
lasciando immaginare un futuro dove i più arditi
sostenitori delle nuove tecnologie sostengono, forse
meglio sarebbe dire auspicano, che il mouse prima o
poi sostituirà definitivamente i tradizionali strumenti:
la matita e i pennelli.
I confini tra rappresentazione e
comunicazione si estendono in quanto le nuove
modalità digitali consentono di rappresentare l’idea
anche negli aspetti legati allo spazio e al movimento
stimolando una sua più completa percezione.
Il bit, il più piccolo elemento del DNA
dell’informazione, scrive Nicholas Negroponte, non ha
colore, dimensione o peso, ma sta rapidamente
sostituendo gli atomi come strumento di
comunicazione tra gli uomini potendo, tra l’altro,
viaggiare alla velocità della luce. (Da bambino mi fu
tuttavia “insegnato” che più veloce della luce è il
pensiero!). Ma nella realtà della architettura, e più in
generale dell’arte, il rapporto con l'informatica sembra
venga vissuto in maniera conflittuale: se un crescente
numero di tecnici e professionisti della forma e
dell’immagine risulta essere aperto alle innovazioni,
alla continua ricerca di nuove strumenti per la
realizzazione delle proprie opere, altri mantengono
forti legami con la propria tradizione le cui regole
ancora si basano sulla individuale loro storia. Forse,
ancora una volta, il buon senso dovrebbe suggerire che
in medio stat virtus: il dato vero su cui dovrebbe
procedere un positivo confronto è che la
rappresentazione informatica del progetto offre nuovi
codici espressivi che ampliano i mezzi comunicativi e
conoscitivi. In tale scenario la tecnica non soffoca o
sostituisce l’interprete ma può essere un più potente
strumento funzionale ad estendere le idee. In altre
parole, ciò che dovrebbe contare non è tanto il risultato,
o l’azione intesa come prassi operativa, quanto
l’impatto che il medium genera in termini di
trasformazioni di pensiero. Un moderno sistema CAD
(Computer Aided Design) consente di rappresentare gli
oggetti dell'architettura in più modi: disegnando in
bidimensionale come se utilizzassimo un “tecnigrafo
elettronico” o disegnando in 3D, elaborando così il
progetto spazialmente, come se fosse un plastico. Certo
le applicazioni informatiche non sono ancora mature e
diffuse come matita e carta, ma se lo saranno, allora,
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anche ad esse, potrà estendersi il pensiero di Pablo
Picasso sul possesso e sul dominio della tecnica:
…averne tanta e poi tanta da farla completamente
cessare d’esistere. A questo punto, ecco, è importante
averla. Perché mentre lei fa il suo lavoro, tu ti puoi
occupare di ciò che cerchi….
Il risveglio
Ma qui un incubo mi fa improvvisamente sobbalzare
scotendomi dal sonno profondo nel quale, ad onta delle
mie sensazioni, inconsciamente ero piombato in questo
lungo viaggio lungo il filo dei miei pensieri. Sognavo
di aver realizzato un meraviglioso, avveniristico
palazzo mediante lungo e defatigante uso di grafica
computazionale, condita da sofisticati trucchi e
procedure multimediali, e di averlo poi collocato in
internet per consentire ad altri di condividerne
fruizione e godimento, quando, d’un tratto, la mia
opera improvvisamente svaniva: un dannato pirata
informatico l’aveva assalita e disintegrata o, peggio,
forse l’aveva rubata. Chi può aiutarmi? Mi chiedo.
Con che occhi mi guarderebbero alla Stazione di
Polizia qualora denunciassi il crimine? Ho perduto per
sempre la mia meravigliosa e sofferta opera?
Per mia fortuna il poco morbido impatto dei
carrelli del Jumbo sulla pista di destinazione ed il
fragore delle turbine in regime di frenata mi riportano
alla realtà: quella vera che amo, non quella fragile e
inafferrabile del mondo virtuale.
Raimondo Lullo: schema concettuale della prova logica dell'esistenza di Dio.
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René Magritte, Les promenades d'Euclide, 1955
Leonardo da Vinci, L'Uomo vitruviano
Jacopo de' Barbari, Ritratto di Luca Pacioli Museo di Capodimonte, Napoli.
Nel quadrato nero di Wassily Kandinsky
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Raffaello Sanzio: Lo Sposalizio della Vergine (ca. 1504) Milano, Brera
Giacomo Balla, Numeri innamorati, 1924-25
Dürer, disegno di una donna coricata
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I Paradossi, Guardiani della Ragione
Giuseppe Zollo Professore di Gestione Aziendale Università di Napoli Federico II
La geometria euclidea ci ha consegnato uno
spazio dove tutti i punti sono equivalenti. Uno spazio
che fugge all’infinito in tutte le direzioni. Uno spazio
già dato una volta per tutte, indifferente agli oggetti che
ospita, come il fondo dorato di un mosaico bizantino.
Nel quattrocento l’invenzione della
prospettiva introduce nell’omogeneo universo euclideo
un elemento singolare: l’osservatore, che col suo punto
di vista costruisce e domina lo spazio al suo intorno.
Niente meglio della prospettiva rappresenta la
rivoluzione dell’umanesimo, che assegna alla ragione
umana il compito di codificare le leggi che danno
ordine al mondo. Un compito che viene esercitato
senza incontrare limiti apparenti, almeno fino alle
soglie del novecento.
Alla fine dell’ottocento la formidabile stagione
impressionista dissolve in un pulviscolo di luce
colorata lo spazio rigorosamente definito dalle leggi
della visione. Poi l’esperienza cubista frammenta e
sovrappone i reticoli prospettici, evidenzia il disordine
ed il conflitto nascosto dietro le quinte del teatro
prospettico, ma esprime anche la ricchezza nuova di
molti punti di vista concorrenti.
Nel novecento l’uomo diventa consapevole della
impossibilità di istituire un ordine crescente sulle cose
del mondo. Nel 1931 Godel annuncia un risultato
completamente inatteso: l’aritmetica è un sistema
incompleto o un sistema incoerente. Così ricorda a tutti
che la ragione umana è immune da contraddizioni solo
all’interno di ben delimitati confini.
A guardia dei confini dello spazio della
ragione vi sono i paradossi. In genere i paradossi si
sviluppano quando un insieme di elementi
individualmente plausibili danno luogo ad un insieme
inconsistente. Di fronte ai paradossi la ragione si
arresta perplessa. L’affermazione “Questa frase è falsa”
ci lascia letteralmente senza parole, perché non
sappiamo come venirne a capo. Vi sono paradossi
logici, matematici, linguistici, temporali e geometrici.
I paradossi prospettici di Escher fanno parte di questa
famiglia. La cascata che genera la propria sorgente
sfidando la legge della gravità o la scala che scende (e
sale) incessantemente ritornando sempre su stessa sono
sono magistrali esempi di paradossi visivi. Ogni
elemento è perfettamente plausibile. Eppure, quando
gli elementi sono composti nello schema prospettico
essi danno origine ad una realtà inaccettabile, che
cozza contro tutte le nostre esperienze.
Con i suoi disegni Escher dimostra che le leggi
razionali della prospettiva non riescono ad imporre al
mondo dell’esperienza un ordine privo di
contraddizioni. Ciò che ci segnala è l’esistenza di una
realtà complessa irriducibile ad uno schema formale
precostituito. Una realtà che forse dovremmo imparare
a vivere senza rinchiuderla nella gabbia dei nostri
preconcetti. Il problema, più che mai attuale, è: come?
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M.C. Escher: Salita e discesa, 1960
M.C. Escher: Cascata, 1961