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a cura diRosanna Caterina Proto Pisani

La Gerusalemmedi San VivaldoGuida alla visita del museoe alla scoperta del territorio

EdizioniPolistampa

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La Gerusalemme di San Vivaldo

Ente promotore / Promoted byEnte Cassa di Risparmio di FirenzeRegione Toscana

In collaborazione con / In collaboration withSoprintendenza Speciale per il Polo Museale FiorentinoSoprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico per le province

di Firenze, Pistoia e Prato Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per le province di Firenze,

Pistoia e Prato Comune di Montaione

Progetto e coordinamento generale / Project and general coordinationMarcella Antonini, Barbara Tosti

Comitato scientifico / Scientific committeePresidente: Antonio PaolucciCristina Acidini Luchinat, Anna Bisceglia, Rosanna Caterina Proto Pisani, Ilaria Ciseri,

Fernando Lombardi, Leonardo Rombai, Claudio Rosati, Bruno Santi, Maria Sframeli,Renato Stopani, Timothy Verdon

Cura scientifica / Scientific supervisionRosanna Caterina Proto Pisani

Testi di / Texts byRosanna Caterina Proto Pisani, Maria Pilar Lebole, Lucia Mannini, Italo Moretti,

Sabina Spannocchi, Benedetta Zini

Itinerari a cura di / Itineraries byMaria Pilar Lebole, Benedetta Zini

Musei del Territorio: l’Anello d’oro

Museums of the Territory: The Golden Ring

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Glossario e indici a cura di / Glossary and indexes byValentina Tiracorrendo

Coordinamento scientifico redazionale / Scientific editorial coordinationLucia Mannini

Traduzioni per l’inglese / English translationEnglish Workshop

Immagine coordinata della copertina / Cover page byRovaiweber design

Progetto grafico / Graphic projectPolistampa

Referenze fotografiche / Photography Carlo CantiniMarco RabattiGeorge Tatge

www.piccoligrandimusei.it

Ringraziamenti / AcknowledgementsSilvano SalvadoriGabriele Renieri

© 2006 Edizioni PolistampaVia Livorno, 8/32 - 50142 FirenzeTel. 055 7326272 - Fax 055 [email protected] - www.polistampa.comSede legale: Via Santa Maria, 27/r - 50125 Firenze

ISBN 88-596-0125-8

In copertina:La cappella dell’Annunciazione

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N el 1986 si apriva a San Martino a Gangalandi il pri-mo museo di arte sacra in cui la collaborazione tra

enti locali, autorità ecclesiastiche e organi dello Stato pre-posti alla tutela trovava quel prezioso punto di equilibrioche sarebbe diventato il fattore saliente di una lunga seriedi analoghe iniziative cui l’Ente Cassa di Risparmio di Fi-renze avrebbe unito il valore aggiunto del proprio soste-gno economico.Quella data rappresentava uno dei primi segnali di in-versione di una tendenza secondo la quale, vuoi per mo-tivi logistici, vuoi per una non ancor ben affinata perce-zione della ricchezza delle risorse del territorio, si preferi-va accentrare il patrimonio d’arte delle parrocchie foraneein luoghi considerati più sicuri e controllabili. L’idea oggi prevalente del “museo diffuso” ribalta quellavecchia impostazione per restituire al territorio – grazie al-l’introduzione delle nuove tecnologie che aiutano a mi-gliorare le esigenze della sicurezza – ciò che, spesso per mo-tivi di forza maggiore, era stato prudentemente sottrattoall’attenzione del pubblico e alla pietas popolare.Il complesso di San Vivaldo è un vero e proprio museo delterritorio.Esso fa parte di un circuito di centri espositivi che oggi puòcontare su uno strumento in più, voluto e promosso dal-l’Ente Cassa, ma realizzato con la partecipazione condi-visa degli altri soggetti interessati, ossia i Piccoli GrandiMusei, un sistema di comunicazione integrato che si av-vale di un sito internet (www.piccoligrandimusei.it), di

EdoardoSperanzaPresidente Ente Cassa di Risparmio di Firenze

Presentazioni

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mostre organizzate periodicamente nelle località copertedal progetto e di guide a stampa dei musei coinvolti.La presente guida della Gerusalemme di San Vivaldo siinserisce in tale contesto ed è volta, nello spirito dei Pic-coli Grandi Musei, a far meglio conoscere ed apprezzarequesta bella realtà del nostro territorio.

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P er capire le ragioni dell’iniziativa che anche quest’annol’Ente Cassa di Risparmio di Edoardo Speranza pro-

muove e finanzia (valorizzare, far conoscere, dare visibi-lità e splendore alla rete di musei piccoli e preziosi che aFirenze fanno corona e da Firenze si irradiano come unarosa dei venti) bisogna andare agli Uffizi.Bisogna andare agli Uffizi e percorrere lentamente i cor-ridoi lasciandosi portare dai propri passi. Non vi preoc-cupate, per ora, dei Giotto e dei Piero della Francesca, deiBotticelli e dei Leonardo che popolano le sale. Agli Uffizici tornerete ancora. Avrete tempo e agio per guardare e ri-guardare i capolavori identitari della nostra civiltà. Li-mitatevi, adesso, a camminare e a guardare. Da una par-te le sculture antiche allineate lungo le pareti e, al di là diquelle, quadri che sono pagine irrinunciabili di qualsia-si manuale di storia dell’arte. Dall’altra, le finestre aper-te sulla città: la cupola di Santa Maria del Fiore, la Tor-re di Arnolfo, il colle di Belvedere fitto di ville e di chiese,il fiume con i ponti dai nomi famosi, il cielo con le sue nu-vole e con le sue rondini. Dalla passeggiata lungo i corri-doi degli Uffizi avrete capito una cosa fondamentale. Avre-te capito che in questa privilegiata parte del mondo la Bel-lezza insegue la Bellezza. Sta dentro il museo e fuori delmuseo, dilaga nella piazza e nelle strade, si fa profilo dicolli, colore di intonaci, ordine rigoroso e melodioso deltessuto urbano. Avrete capito, in sostanza, la ubiquità, lapervasività italiana (e soprattutto fiorentina) della Bel-lezza.

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AntonioPaolucciSoprintendenteper il PoloMusealefiorentino

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Guardando dalla testata degli Uffizi il fiume e le collinemodellate come un’opera d’arte (il Dio che ha fatto il pae-saggio di questa città «era uno scultore, era un orafo, eraun fiorentino!» diceva miss Bell del Lys Rouge di Anato-le France) capirete anche che i tesori che stanno agli Uffi-zi li ritroverete a monte e a valle dell’Arno, laggiù fin do-ve vi conduce lo sguardo e oltre ancora, al di là del profi-lo del Belvedere, al di là della facciata di San Miniato.Se Firenze è la città degli Uffizi anche la Regione lo è, per-ché sugli Uffizi si modella per riflesso e per riverbero. La bel-lezza e la grazia delle nostre valli e delle nostre montagne,delle città e dei villaggi, dalla bellezza e dalla grazia cheabitano i musei fiorentini sono marcate e significate. I Fi-lippo Lippi e i Simone Martini sono nel museo maggiorema anche nell’antica pieve che sta fra strade bianche e vi-gne compartite in prospettiva come nei dipinti di Paolo Uc-cello. Masaccio è accanto a Masolino nella pala di Sant’An-na Metterza, ma è anche in San Giovenale all’ombra gran-de del Pratomagno. I cipressi figurati in una certa tavola diAlessio Baldovinetti li ritroverete in uno scorcio di paesag-gio, girando per la Val d’Orcia o per la Val di Sieve.Questa è la Toscana. Tutto ciò vi permetterà di capire, peranalogia e per evocazione, la passeggiata lungo i corridoidegli Uffizi. E perché tutto questo sia reso visibile e com-prensibile e diventi didatticamente esemplare, ha presoforma e viene replicata quest’anno, l’iniziativa dell’EnteCassa di Risparmio.Gli Uffizi in Valdelsa; potremmo chiamare così l’impresadi quest’anno da Rosanna Caterina Proto Pisani guidatae coordinata d’intesa con i colleghi della Soprintendenzadi Bruno Santi e con Marcella Antonimi e Barbara Tostidell’Ente Cassa di Risparmio. Potremmo chiamarla cosìnon solo perché l’Annunciazione di Botticelli in San PierScheraggio verrà a tener compagnia ai Botticini di Empo-li. Non solo perché la sala dei primitivi degli Uffizi la in-

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contrerete, in mirabile concentrazione, in quella tavolettadella pinacoteca di Santa Verdiana a Castelfiorentino do-ve si vede il giovane Giotto confrontarsi con Cimabue edalla crisalide emergere la lingua figurativa degli italiani.E neanche perché la Madonna con il Bambino di Filip-po Lippi nella raccolta di arte sacra di Montespertoli ri-chiamerà alla mente l’Incoronazione della Vergine cheagli Uffizi sta accanto a Piero della Francesca. Sarà lecito(e consolante) parlare di Uffizi in Valdelsa perché l’ordi-ne estetico e intellettuale che risplende nel museo maggio-re li troverete riverberati nel paesaggio, nell’architettura,nelle opere d’arte presenti in quella parte di Toscana.La circolarità, la pervasività, la ubiquità della Bellezza èil nostro stupefacente privilegio, quello che ci fa unici e in-vidiati nel mondo. Affermarlo in una mostra stellare di-slocata fra Castelfiorentino e Certaldo, fra Montespertolied Empoli, fra Fucecchio e San Vivaldo, è nostro doverema anche nostro orgoglio.

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L a valle del fiume Elsa e le sue vicinanze sono un luogocruciale per la Toscana: un punto d’incontro tra le ci-

vilizzazioni delle tre principali città che si sono contese alungo la supremazia politica e culturale della regione: Pi-sa, Firenze e Siena.Le stratificazioni delle vicende storiche hanno portato a unacontaminazione quantomai felice di realizzazioni arti-stiche e di tendenze formali, dal Medioevo in poi: si pen-si – a esempio – alla presenza della testimonianza più oc-cidentale dell’architettura romanica di tipo fiorentino, os-sia la collegiata di Sant’Andrea a Empoli che convive – apochi chilometri di distanza – con la struttura decisamenteromanica pisana della pieve di Santa Maria a Chiannipresso Gambassi. Ma anche all’incontro tra le espressionifigurative senesi e fiorentine nello stesso territorio, in par-ticolare a Certaldo, Castelfiorentino e Montaione, luoghidavvero di confine e di scambio di esperienze espressive: ene è testimone la singolare Madonna col Bambino delMuseo di Santa Verdiana a Castelfiorentino, dalla singo-lare vicenda attribuitiva, dove han fatto significativa-mente capolino i nomi – prestigiosi – di Cimabue, Duc-cio, Giotto, fino ad arrivare alla audace ipotesi di unastretta collaborazione (in pratica inscindibile nell’indivi-duazione delle “mani”) tra i fiorentini maestro e allievo.Ma gli esempî della cospicuità storica di questa terra po-trebbero utilmente continuare, coinvolgendo realtà reli-giose e politiche anche di largo respiro: confini tra diocesiantiche e prestigiose (Firenze, Pisa, Volterra); sedi vica-

Bruno SantiSoprintendenteper ilpatrimoniostorico,artistico edetnoantropolo-gico di Firenze,Pistoia e Prato

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riali del Sacro Romano Impero per la riottosa Toscana (aSan Miniato detto appunto “al Tedesco”), episodî poi digrande rilevanza per la stessa vicenda regionale come la cre-scita e la distruzione di Semifonte, paventata rivale di Fi-renze (anche se ubicata in territorio non propriamentevaldelsano, ne sfiorava tuttavia i confini e ne dominaval’estensione); realizzazioni singolari di devozione religio-sa come la “piccola Gerusalemme” di San Vivaldo.Presenza di vicende religiose e d’arte (come siamo ormaiabituati a definire) attestati dai musei d’arte sacra locale,che arricchiscono in modo significativo il territorio pro-vinciale fiorentino, e che già l’anno scorso con l’iniziativaPiccoli grandi musei e la presentazione di immagini ma-riane (le Madonne del Chianti) dell’Impruneta, di Gre-ve, di Tavarnelle Val di Pesa, fortemente e meritoriamen-te voluta e organizzata dall’Ente Cassa di Risparmio conla cooperazione – indispensabile e fruttuosa – delle So-printendenze fiorentine al Polo museale e al Patrimoniostorico-artistico, hanno ricevuto anche una rilevante at-tenzione e un lusinghiero successo da parte di pubblico lo-cale e visitatori forestieri.In questa occasione, sono i musei di Montespertoli, di Ca-stelfiorentino, di Certaldo, di Fucecchio, di Empoli e laGerusalemme di San Vivaldo a ricevere insigni opere d’ar-te da confrontare con altre che fan parte delle loro raccol-te, a mettersi “allo specchio”, in definitiva, come indica iltitolo dell’evento, suggerito da Antonio Paolucci, impa-reggiabile conoscitore del territorio toscano (e non solo), eraccolto di nuovo dall’Ente Cassa di Risparmio, che conla Presidenza, la Direzione generale, lo staff che con irre-prensibile impegno e con grande professionalità organiz-za queste imprese, e il coordinamento di Rosanna Cateri-na Proto Pisani, che tali realtà ha frequentato e curato daquando era funzionario di zona per la già Soprintenden-za per i Beni artistici e storici, nonché la partecipazione

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delle attuali funzionarie dell’erede legittima di quell’uffi-cio, ossia la neonata Soprintendenza per il patrimonio sto-rico artistico, Anna Bisceglia e Ilaria Ciseri, hanno illu-strato l’iniziativa che qui si presenta e aggiornato le sin-gole guide dei musei che si son ricordati.A tutti loro, e a tutti coloro che hanno partecipato al pro-getto, non può che andare la riconoscenza di chi ha la re-sponsabilità dell’ufficio di tutela del patrimonio artisticodiffuso sul territorio e che – nonostante le condizioni pre-carie in cui esso talvolta si trova, a causa delle difficoltà dirisorse finanziarie e umane delle amministrazioni pub-bliche – è ancora (e ci auguriamo che lo sia costantemen-te) il motivo di maggiore attrazione di questa nostra re-gione che in modo singolare e molto spesso, nonostante ledichiarazioni d’intenti e l’orgoglio di possedere una dellepiù cospicue testimonianze culturali del nostro Paese, pa-re dimenticarsi della sua presenza, che invece attesta unastoria millenaria di ininterrotta creatività.

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A poche centinaia di metri dagli Uffizi, al di là del-l’Arno, quasi a ridosso del Ponte Vecchio, nella chie-

sa di Santa Felicita, la Deposizione del Pontormo si pro-pone a un incontro appassionante. Non c’è alcuna fila. Lascoperta del dipinto è immediata. Si può ammirare in con-dizioni di calma del tutto inedite. Prendiamo la chiesafiorentina come l’inizio di un filo ideale che, partendo al-l’esterno della vetta rappresentata dalla Galleria degli Uf-fizi, si dipana nel territorio circostante. Seguendo questofilo si scoprono tesori, più o meno conosciuti, ma anche unpaesaggio che spesso ha ancora evidenti i legami con le ope-re che accoglie. Si tratta di un carattere del nostro paeseche è ancor più marcato in Toscana. Si può fare così unviaggio denso di emozioni e di scoperte, nonostante la bre-vità degli spazi che si percorrono. Dai musei si passa alterritorio e viceversa con continui rinvii di immagini e dimanufatti, di stili e di tracce. Un dipinto ci rimanda auna chiesa e una pieve a un museo. La visita al museo puòdiventare così l’occasione per una conoscenza più ap-profondita della nostra eredità culturale che non è depo-sitata solo tra le mura dell’istituzione. Questa guida faparte di una collana sui musei d’arte sacra della Valdelsainferiore e della Valdelsa fiorentina ed è nata proprio nel-l’ambito di un progetto di valorizzazione dei musei, maanche di quello che, in modi diversi, proiettano all’ester-no. Un progetto che ha tenuto conto della qualità dellafruizione del pubblico, dal miglioramento degli apparatiinformativi ai restauri, dalla costruzione di un sito web

MariellaZoppi

Assessore alla Cultura

della RegioneToscana

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all’edizione di questa guida. Ci sono, quindi, condizioninuove per visitare questo e gli altri musei della Valdelsa eil contesto in cui sono inseriti. Per questo motivo ci augu-riamo che il pubblico accolga ampiamente questa propo-sta. I musei hanno bisogno anche del riconoscimento deivisitatori per sentire confermata la loro missione e poterdare un servizio sempre più qualificato. Musei d’arte sa-cra, ma non solo, perché la filosofia del progetto è quelladell’unitarietà della cultura. Accanto ai musei, ad esem-pio, e spesso anche fisicamente, le biblioteche non solo con-servano libri sulla storia e l’arte del territorio, ma sono ingrado di dare ogni assistenza utile a una conoscenza cherisponde a interessi personali. La guida è quindi una levaper scoprire o incontrare nuovamente ancora un’altra To-scana attraverso i suoi musei. Per questo motivo il proget-to Alla scoperta del territorio. Piccoli grandi musei hail sostegno della Regione Toscana che per la sua natura isti-tuzionale ha il dovere di essere garante dell’accesso più am-pio ai musei e al patrimonio culturale.

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I l complesso francescano di San Vivaldo, nel Comune diMontaione, sorge in uno dei luoghi più suggestivi della

Valdelsa, in un’area di alto valore ambientale e paesaggisti-co e in posizione centrale rispetto a città d’arte e siti di inte-resse turistico e culturale. Dichiarato monumento naziona-le fin dal 1984, rappresenta sicuramente l’emergenza artisticapiù rilevante del territorio di Montaione e costituisce un’im-portante punto di riferimento culturale, spirituale e turisti-co per la Valdelsa e per tutta la Provincia di Firenze.Sorto agli inizi del XVI secolo, come esatta riproduzione to-pografica della città di Gerusalemme, il luogo divenne findalle sue origini meta di pellegrinaggi sostitutivi in Ter-rasanta, e ha mantenuto per secoli il suo carattere spiri-tuale esercitando ancora oggi un forte richiamo turistico ereligioso per visitatori italiani e stranieri.Un tale complesso museale, che riguarda un luogo così den-so di significati storici e spirituali, è da tempo per noi og-getto di attenzione, tutela e valorizzazione. Molteplici so-no gli interventi e le iniziative, attuate anche con il con-tributo di enti pubblici e privati, finalizzate alla sua sal-vaguardia e valorizzazione e realizzate in un’ottica di pro-mozione culturale e turistica rispettosa delle peculiaritàstoriche e spirituali che caratterizzano il complesso di SanVivaldo: la creazione e lo sviluppo di itinerari museali, l’or-ganizzazione di convegni e seminari di studio, il recupe-ro architettonico e il restauro delle sculture, l’attività edi-toriale, l’organizzazione di eventi musicali e teatrali, l’at-tività didattica.

PadreMaurizio

PietroFaggioni

MinistroProvinciale

dei Frati Minori

Paola RossettiIl Sindaco

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Il progetto Piccoli Grandi Musei, di cui siamo lieti di farparte, costituisce un’altra valida occasione per far emerge-re con rigore scientifico l’originalità e la genialità di SanVivaldo, per riscoprire la sacralità del luogo e le motiva-zioni della sua nascita, per conoscere la storia e la culturadel territorio di cui fa parte. Questa collana editoriale rap-presenta per tutti noi un’opportunità per diffondere le co-noscenze su questo monumento tanto amato dai mon-taionesi e che ci auguriamo possa trovare nuovi estimato-ri e suscitare profonde emozioni, insieme alle altre testi-monianze d’arte sacra di cui è ricco il territorio della Val-delsa.

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La Gerusalemmedi San Vivaldo

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«S an Vivaldo è molto più che un luogo d’arte. Èun’affascinante sintesi di pittura, scultura, archi-

tettura; è liturgia oggettivata; è rappresentazione sim-bolica del territorio; è scenografia e spettacolo. Non esi-ste in tutta la Toscana un teatro sacro all’aperto altret-tanto coinvolgente». Questa definizione di AntonioPaolucci sintetizza nel modo più appropriato ed effica-ce il percorso della Gerusalemme di San Vivaldo, che sisnoda nella selva di Camporena.La selva di Camporena, dal terreno umido e friabile(Campus Arenae), segnata da una sacralità già etrusco-romana, fu frequentata fra xii e xiv secolo da comunitàeremitiche, quali i Fratres de cruce de Normandia, grup-pi di eremiti girovaghi. In questa selva nel xiii secolo siha notizia di un romitorio, noto come locus sancti Vival-di, e lì sorse, almeno dal 1224, una piccola chiesa, Sanc-ta Maria de Romitorio. Nel Trecento si accrebbe la devo-zione per san Vivaldo, al quale venne dedicata la chiesainsieme a santa Maria e santa Caterina. Al centro di unadisputa tra Castelfiorentino e Montaione, la selva e il ro-mitorio di San Vivaldo furono offerti dalla comunità diMontaione ai Francescani, che inclusero Vivaldo nel lo-ro ordine, anche se tale passaggio venne formalizzato so-lo nel 1500, una volta ricomposti i contrasti con la co-munità di Castelfiorentino che, ceduta ai frati la propriaparte della selva, ottenne in cambio la presenza in chie-sa dei santi protettori, Leonardo, Lorenzo e Verdiana.Il primo superiore del convento, Cherubino Conzi, ini-

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La Gerusalemme di San Vivaldo

RosannaCaterinaProto Pisani

Chiesa di San Vivaldo

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ziò ben presto i lavori della chiesa, che procedettero congrande alacrità e partecipazione popolare, come raccontala relazione del cronista contemporaneo, fra Mariano,riportata dal Pulinari (D. Pulinari 1913, pp. 494-495).Sotto il loggiato esterno che precede la facciata vi è ungruppo in terracotta con i Santi Antonio abate, Rocco eLino papa. All’interno, a navata unica di tipico impian-to francescano, si custodiscono dal 1908 – quando nevenne riconosciuto ufficialmente il culto – le reliquie disan Vivaldo, nella cappella dedicata al santo, la prima adestra, ornata sull’altare da una pala in terracotta inve-triata attribuita a Benedetto Buglioni rappresentante ilPresepe, proveniente dall’antico oratorio al quale si acce-de a destra. Nella stessa cappella vi è una bella tavola diRaffaellino del Garbo rappresentante la Madonna e san-ti, tra i quali compare in primo piano san Vivaldo. A de-stra, sull’altare di un’altra cappella interna, entro una nic-chia, un gruppo in terracotta attribuito ad Agnolo di Po-lo rappresenta la Pietà secondo l’iconografia dei Vesper-bilder, con destinazione devozionale fondata sulla me-ditazione e il raccoglimento, connessa alle pratiche delculto quotidiano. Accanto alla chiesa vi è il chiostro e, infondo, il lavatoio che ospitava un tempo Cristo e la Sa-maritana, gruppo in terracotta attualmente nel Museodi Cleveland negli Stati Uniti. Fu con fra Tommaso daFirenze, secondo guardiano del convento – ma già fratea Creta e certamente in Terrasanta dove i Francescanihanno da sempre svolto il ruolo di custodi del Santo Se-polcro – che avvenne la costruzione della «Serafica Pale-stina Toscana», così definita nel 1587 dal Gonzaga. Si trat-tava di un insieme di cappelline che rinviava ai luoghi san-ti gerosolimitani e che s’ispirava al complesso di VaralloSesia fondato nel 1493, anche se già progettato negli an-ni precedenti, da padre Bernardino Caimi, già superio-re nel 1487 dell’Ordine di Palestina e quindi vicario del-

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la Dalmazia, Croazia, Bosnia e di tutti i luoghi di Terra-santa, con il quale dovette avere relazioni fra Tommaso,fondatore e progettista di San Vivaldo.Per poter comprendere la necessità di costruire questanuova piccola Gerusalemme miniaturizzata bisogna con-

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Raffaellino del Garbo, Madonna e santi

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siderare che in tutto il mondo cristiano forte era stato,fin dall’epoca costantiniana, il desiderio di possedere ri-produzioni dei luoghi santi a carattere memoriale e de-vozionale e che durante il Medioevo c’era stata una for-te tradizione di pellegrinaggi in Terrasanta, sfociata, spes-so per motivi economici e politici, nelle crociate.La celebrazione del Giubileo nel 1500 invitava a riper-correre il tradizionale pellegrinaggio, divenuto estre-mamente pericoloso – addirittura proibitivo – per laforte espansione ottomana e la guerra tra Venezia e ilSultano. Da qui la necessità di costruire nuovi percor-si di preghiera e di meditazione che, senza i rischi di unvero e proprio pellegrinaggio, consentissero la visita deiluoghi santi miniaturizzati.La costruzione del complesso di San Vivaldo avvennetra il 1500 e il 1515. Al 1516 risale, infatti, il Breve ponti-ficale di Leone x, che concedeva indulgenza ai visita-tori delle cappelle: poiché vi sono elencati e minuzio-samente descritti trentaquattro loci, la lettera costitui-sce uno dei più importanti documenti per la ricostru-zione della storia della Gerusalemme di San Vivaldo.Nel Breve si concedevano variamente sette anni o un so-lo anno di sante indulgenze, ogni volta che il fedele vi-sitava le cappelle, pregando per il pontefice e la SantaRomana Chiesa. L’enorme afflusso dei pellegrini cheun tale provvedimento provocò fece sì che ben prestosi decidesse di concedere la visita a questi luoghi soloed eccezionalmente in occasione di alcune sacre festi-vità, per un totale di dieci giorni all’anno.Il Sacro Monte di San Vivaldo, nonostante la primaimpressione di casualità, si svolge secondo un pro-gramma iconografico e topografico preciso, fedele aiparametri della Gerusalemme terrena nella riprodu-zione dei suoi luoghi santi, nella ripresa di carattere ti-pologico, di disposizione di piante, di peculiarità di ac-

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cesso, di misure. Nella progettazione di San Vivaldo,fra Tommaso, oltre a ricordi e relazioni di frati confra-telli, dovette servirsi anche di racconti di pellegrini e didiari di viaggiatori, come quello di Francesco Soriano,precisa relazione sulla Terrasanta, intitolata Jerusalemtraslata. Il progetto venne eseguito con grande rigore,scegliendo l’area a est del convento, adottando il siste-ma gerosolimitano come orientamento e modello, conun intento di topomimesi. Sfruttando l’orografia deiluoghi, il profondo «borro ai frati» divenne una per-fetta Valle di Giosafat, intorno alla quale si disponeval’intero complesso: Betlemme a ovest, con la chiesa, laSpianata del Tempio a nord, in alto la collina del Cal-vario e infine, a sud, un ideale monte degli Ulivi.Decisivo fu anche l’apporto di committenti laici nellacostruzione del complesso, a partire dal finanziamen-to per la costruzione del coro e dell’altare maggiore del-la chiesa da parte di messer Piero di Bocatino Alaman-

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Le cappelle delle Pie Donne,della Madonnadello Spasimo e dell’andata al Calvario

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ni il 31 luglio 1501. Ma, oltre agli Alamanni, nei patro-nati delle cappelle ricorrono spesso i nomi di altre ce-lebri famiglie, dai Pitti ai Gaddi e ai Mannelli, fino aiLambardi, antica famiglia pisana.Le cappelline, dai trentaquattro loci del Breve pontificio– ma già ricordate in numero di ventidue nella visita apo-stolica del 1576 – sono attualmente diciassette, delle qua-li soltanto tredici risalenti al progetto originario. Esse ri-propongono architetture classicheggianti dal carattere ti-picamente fiorentino sia per semplicità sia per eleganza,fondate su elementi metrici proporzionali che si rifannoal braccio fiorentino, ispirandosi a esemplari colti del-l’architettura coeva. È interessante sottolineare come aSan Vivaldo si sviluppi una sacralità religiosa di tono sen-timentale e devozionale che contrasta con le utopie ra-

Gruppo dicappelle vistodalla cappelladella Madonna dello Spasimo

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zionali e laicizzanti del Rinascimento. All’interno di es-sa i gruppi plastici utilizzano un materiale come la ter-racotta, in sintonia con il gusto e la devozione francescani,che risponde a un bisogno di concretezza, necessario du-rante il percorso a mettere il visitatore in contatto con fi-gure di dimensioni reali, con le quali creare un rappor-to di interazione, in modo da coinvolgere lo spettatoreche, in questa specie di teatro, diviene anche attore. Co-sì l’illustrazione tridimensionale, accompagnata anchedalle decorazioni ad affresco, affiancandosi al caratteresimbolico dell’architettura, fornisce gli strumenti piùidonei per la ricostruzione e per la comprensione degliavvenimenti storici. Il visitatore, guidato nelle singolecappelle a condividere i sentimenti che il racconto puòevocare, si trasforma in interprete della storia, parteci-pando emotivamente alle varie scene. In tal senso, conquesta illusione totale, si può dire che lo scopo del SacroMonte sia stato perfettamente raggiunto.Fonte imprescindibile nello studio del complesso di SanVivaldo è la Mappa delle Relazioni del convento, stilatanella prima metà del Seicento, nella quale sono indica-te le cappelle allora esistenti: da questa si comprende co-me fosse già avviato il progressivo allontanamento dalmodello gerosolimitano. La costruzione di nuove cap-pelle – alcune delle quali già documentate nella Mappa –legate al culto mariano (quella della Visitazione, del-l’Annunciazione, con riferimenti alla compatrona fio-rentina e medicea, della Fuga in Egitto) o sorte sotto laspinta popolare (la cappella delle Pie Donne) mostra l’af-fermazione di una religiosità di tipo controriformisticoche tende ad abbandonare il senso del pellegrinaggio ge-rosolimitano a favore di una devozione legata all’imita-tio Christi, come riflessione sulla vita e la passione di Cri-sto, manifestato anche dall’abbandono di alcune vecchiecappelle per l’oblio delle origini gerosolimitane.

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San Vivaldo, eremita nella selva di Camporena

L’eremita Vivaldo, che visse e perfezionò gli ideali di contemptusmundi nella solitudine della selva di Camporena, dopo una lunga

assistenza – secondo la tradizione – al suo maestro lebbroso Bartolo diSan Gimignano, il “Giobbe della Toscana”, è tra i santi tipici della Val-delsa che bene ne testimoniano la spiritualità. Una spiritualità sorta daun mondo in trasformazione per i problemi di inurbamento, impoveri-mento contadino, emarginazione e di conseguenza segnato da violenza,povertà e malattie.La tradizione narra che quando l’eremita Vivaldo morì le campane dellachiesa di San Regolo a Montaione suonassero prodigiosamente a festa – ri-prendendo il topos della morte di Verdiana a Castelfiorentino o di Giuliaa Certaldo – e che un cacciatore venuto al castello raccontasse di aver tro-vato il corpo senza vita del venerabile eremita. Allora tutto il popolo diMontaione corse nella selva di Camporena, dove trovò le spoglie di Vival-do nel cavo di un castagno che gli era servito per celletta durante la vita. Ilcorpo dell’eremita, portato al castello, venne seppellito sotto l’altare mag-giore della chiesa di San Regolo. Da allora, tra il XIV e il XV secolo, il bea-to Vivaldo divenne oggetto di culto in Valdelsa: a lui furono dedicate chie-se e compagnie laicali e, considerato protettore delle malattie endemiche non-ché modello della virtù cristiana della rassegnazione e dell’affidamento to-tale alla volontà divina, fu introdotto ufficialmente nell’iconografia sacra.Scarse e incerte sono le notizie sull’esistenza storica di Vivaldo. Ai primidel Trecento compare nella selva di Camporena un eremita di nome Ubal-dus, legato all’ordine benedettino. Non siamo certi di poter identificarequesto Ubaldus con Vivaldus, nonostante la somiglianza filologica dei no-mi Ubaldus, Vibaldus, Vivaldus, dal momento che sin dal 1220 si ha no-

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tizia, nella stessa selva, di un romitorio noto come locus sancti Vivaldi.Quando questo romitorio, la chiesa di Santa Maria del Romitorio dedi-cata anche a santa Caterina e san Vivaldo e la selva di Camporena, fu-rono affidati ai Francescani, essi cercarono di appropriarsi del culto delsanto, con un lavoro di propaganda teso a dimostrare che Vivaldo facevaparte del proprio ordine. Soltanto nel 1908 – quando venne riconosciutoufficialmente il suo culto con bolla di Pio X emessa anche per la generosaopera del padre Faustino Ghilardi, che per decenni dedicò la sua vita aVivaldo e alla “Gerusalemme” – le spoglie mortali di san Vivaldo furonotrasferite nella cappella a lui dedicata nella chiesa di San Vivaldo. Allo-ra il santo ritornò nel «bosco tondo» di Camporena, dove aveva trascor-so tutta la sua vita.

Rosanna Caterina Proto Pisani

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1 Chiesa di San VivaldoChurch of San Vivaldo

2 ConventoConvent

3 Cappella della SamaritanaChapel of the Samaritan Woman

4 Museo del Sacro MonteMuseum of the Sacro Monte

5 Monte SionMount Zion

6 Cappella della casa di AnnaChapel of the House of Annas

7 Cappella della casa di Simone FariseoChapel of the House of Simon the Pharisee

8 Cappella della casa di PilatoChapel of Pilate’s House

9 Edicola dell’Ecce HomoEcce Homo Aedicule

10 Edicola del CrucifigeCrucifige Aedicule

11 Cappella dell’andata al CalvarioChapel of the Journey to Calvary

12 Cappella della Madonna dello SpasimoChapel of the Madonna dello Spasimo

13 Cappelle delle Pie DonneChapel of the Pious Women

14 Cappella della VeronicaChapel of Veronica

15 Cappella del CalvarioChapel of Calvary

16 Cappella del carcere di CristoChapel fo the Detention of Christ

17 Cappella del Noli me tangereChapel of Noli me tangere

18 Cappella del Santo SepolcroChapel of the Holy Sepulcher

19 Cappella di san Giacomo il MinoreChapel of Saint James the Less

20 Cappella della casa di CaifaChapel of the House of Caiaphas

21 Cappella dell’AnnunciazioneChapel of the Annunciation

22 Cappella della Fuga in EgittoChapel of the Flight to Egypt

23 Cappella dell’AscensioneChapel of the Ascension

Biglietteria / BookshopTicket Office / Bookshop

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Gerusalemmedi San Vivaldo

Pianta della

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A ssai complessa è la scelta dell’itinerario da seguirenella visita alle cappelle. Non esisteva neppure in

origine una visita canonica e nel corso degli anni si so-no succeduti percorsi diversi. Dal momento che a SanVivaldo la disposizione delle cappelle era stata ideatada fra Tommaso in base a quella dei luoghi santi di Ge-rusalemme, adattandosi in primo luogo a quello cheveniva compiuto nella città santa, il percorso del pel-legrino seguiva solo in parte lo svolgersi del raccontoevangelico.Del primitivo progetto cinquecentesco rimangono og-gi solo alcune cappelle, mentre altre sono state aggiun-te successivamente, privilegiando tematiche della ViaCrucis o ispirate alla devozione mariana. Dal confron-to con i testi antichi e le guide più moderne, nonchécondizionati da esigenze funzionali, suggeriamo il se-guente percorso.

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Visita alla Gerusalemme di San Vivaldo

LuciaMannini e SabinaSpannocchi

La cappelladelle Pie donnee la cappelladella Madonnadello Spasimo

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Si inizia la visita dalla chiesa.La cappella della Nativitàall’interno della chiesa è pensata come allusione a Betlemme

1. chiesa di san vivaldoLa chiesa risponde al tipico modellofrancescano caratterizzato da sempli-cità e funzionalità. La sua struttura,che accorpa e si sovrappone a costru-zioni anteriori (come forse la più vol-te citata Santa Maria del Romitorio)venne edificata contemporaneamen-te alle cappelle del Sacro Monte, seb-bene anche nei secoli successivi abbiasubito varie trasformazioni. Sappia-mo con certezza che il 1 maggio del

1500 vi si instaurarono, con rito so-lenne, i frati minori e che nel 1501 fraCherubino ottenne dalla comunitàdi Castelfiorentino gran parte del ter-reno circostante, assicurando in cam-bio a quella cittadina di venerare de-gnamente anche i suoi santi patroni:Leonardo, Lorenzo e Verdiana.La semplice facciata, sulla quale spic-ca in alto lo stemma di Parte Guelfa,è preceduta da un portico costruito erestaurato nel corso del xvi e xvii se-colo per volere della famiglia Gaeta-ni. A sinistra, attraverso un portonein legno, si accede al convento; inve-ce sulla destra, all’interno di una nic-chia, sono collocate tre statue in ter-racotta databili agli inizi del Cinque-

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cento e rappresentanti San Lino (pa-trono di Volterra, sotto la cui dioce-si si trova il complesso sanvivaldino),Sant’Antonio Abate (il santo eremitaper eccellenza), la cui testa risulta unasostituzione recente, e San Rocco (in-vocato contro la peste che nel 1504infestava questa zona); chiude il por-tico, all’estrema destra, la cappella vo-tiva ai caduti eretta in occasione delsesto centenario della morte di sanVivaldo (13-16 maggio 1920). Sullepareti laterali due clipei in terracottariproducono a mezzo busto San Vi-valdo e Padre Faustino Ghilardi, men-tre sulla parete di fronte si trova unmodesto affresco di fine Settecentoraffigurante il Giudizio Universale. Al

di sopra del portone centrale, attra-verso il quale si entra in chiesa, al po-sto di un affresco cinquecentesco raf-figurante la Madonna col Bambino trasan Francesco e san Vivaldo, è la Ma-donna col Bambino dipinta da CarloVogarini nel 1967.L’interno della chiesa, ampio e spa-zioso, rispecchia nella struttura l’an-tica costruzione ad aula, improntatoa rigore ed essenzialità francescani.Subito a destra si apre la cappella diSan Vivaldo, in cui, al centro, si ve-de la splendida pala in terracotta in-vetriata rappresentante l’Adorazionedel Bambino con i santi Vivaldo e Ca-terina d’Alessandria. Racchiusa entrouna struttura architettonica impo-

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stata su evidenti elementi classici, conparaste decorate con frutti e foglie, lapala unisce il tema francescano delPresepe a quello dell’Annuncio ai Pa-stori. Già attribuita a Giovanni Del-la Robbia, recentemente si tende aconsiderarla opera di Benedetto Bu-glioni degli inizi del Cinquecento. Aldi sotto di questa, entro un’urna in ve-tro risalente al 1601, si conservano lereliquie di san Vivaldo racchiuse al-l’interno di una statua in terracottarappresentante il santo. Sulla parete

destra, si ammira l’armonico dipin-to su tavola di Raffaellino Carli, det-to Raffaellino del Garbo, raffiguran-te la Madonna, con ai lati i santi Gio-vanni Battista e Girolamo e al centroinginocchiati, Francesco e Vivaldo.Sulla parete sinistra (trasferita dallanicchia in alto sopra l’altare di fron-te) si trova la statua in terracotta diSan Sebastiano, in passato attribuitaerroneamente al cosiddetto Cieco diGambassi. La posa del santo, di sofi-sticata eleganza, sembra richiamare

1, Adorazione del Bambino con i santi Vivaldo e Caterina d’Alessandria

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in particolare gli esiti stilistici del gio-vane Sansovino.Proseguendo a destra e scendendodue gradini si entra in una cappellainterna di cui si segnala soprattuttoun gruppo in terracotta dipinta, at-tribuito recentemente ad Agnolo diPolo, rappresentante la Pietà. È unodei gruppi plastici più belli dell’in-tero complesso sanvivaldino, nellostruggente abbandono del corpo diCristo. Riferibile allo scultore fio-rentino formatosi nella polivalentebottega di Andrea del Verrocchio,questo gruppo plastico partecipa evi-dentemente a quel clima di umane-simo cristiano scaturito principal-mente dalle prediche savonaroliane.A elementi di flagrante naturalezza,come i capelli sciolti e fluenti dellaMaddalena, si accostano pose rigidee innaturali dei personaggi, che nel-l’insieme non consentono al gruppodi raggiungere un vero pathos.Da questo vano si entra nella cap-pella di san Francesco, con altare de-dicato al santo. L’edicola neomedie-vale (1926) in pietra serena accoglie,sopra una mensa risalente al 1702, lastatua di San Francesco (1899). Sullepareti laterali si trovano quattro di-pinti raffiguranti santi francescani.Rientrando in chiesa si segnalano so-prattutto, oltre alla lastra tombale diVincenzo Bardi Gerozzi del 1579(smurata dal pavimento della chiesa

nel 1899) appoggiata sulla parete de-stra, le due statue in terracotta di San-ta Verdiana e di San Lorenzo poste ailati dell’arco trionfale e risalenti all’i-nizio del xvi secolo. Esse furono in-serite in chiesa in ottemperanza alla ri-chiesta avanzata dalla popolazione diCastelfiorentino di venerare i suoi san-ti patroni, in cambio della cessione diparte del terreno ai francescani. Il SanLeonardo risulta purtroppo perduto.Sopra l’altare maggiore si trova unCrocifisso ligneo dell’inizio del xvi se-colo. La zona presbiterale, comple-tamente rifatta nel 1751, presenta lacupola affrescata con l’Apoteosi del-l’ordine francescano, e sulle pareti la-terali due scene raffiguranti San Bo-naventura comunicato da un angelo eSanta Chiara che con il Sacramentomette in fuga i saraceni dal santuariodi San Damiano. Dietro l’altare mag-giore, entro una cantoria in legno di-pinto, è collocato un organo. Lo stru-mento fu realizzato nel 1739 da Fran-cesco Domenico Cacioli da Pistoia e,come ricorda il Libro delle Memoriedel convento, «qua portato con mol-to incomodo di spese». L’organo, re-staurato magistralmente nel 1988, haripreso a suonare dopo più di ses-sant’anni di inattività. Nella sacrestia, a cui si accede trami-te la porta posta a sinistra dell’altaremaggiore, si segnala soprattutto ilbanco ligneo risalente al 1517.

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La presenza dei Francescani a San Vivaldo

I l culto francescano per il Santo Sepolcro e il fenomeno della sua ri-produzione in Occidente è alla base della realizzazione del Sacro Mon-

te di San Vivaldo. I Francescani, tradizionali custodi del Santo Sepolcroa Gerusalemme, si insediarono a San Vivaldo fra il 1499 e il 1500, pri-ma con il consenso della comunità di Montaione e quindi di quella diCastelfiorentino.Il primo guardiano del convento – probabilmente edificato presso il ro-mitorio – fu Cherubino Conzi, sotto la cui direzione era stato già eret-to il convento di Foiano della Chiana, che promosse subito i lavori del-la chiesa e del convento già nel 1500. Guardiano nel 1509 de La Verna,più tardi, nel 1538, sotto di lui venne eretto anche il convento dell’Inci-sa. Già prima del 1506, nel convento di San Vivaldo gli succedette fraTommaso da Firenze, il progettista del Sacro Monte. Custode, prima del1500, dell’isola di Creta, dovette avere rapporti diretti con BernardinoCaimi, già superiore dell’Ordine in Palestina nel 1487 e quindi, nel 1495,vicario della Dalmazia, Croazia, Bosnia, Chio, Candia e tutti i luoghisanti di Terrasanta. Fu proprio da quest’incontro – avvenuto forse nellastessa Palestina e a contatto diretto con quei luoghi che Bernardino Cai-mi aveva già nel 1493 cominciato a riprodurre sul monte di Varallo –che Tommaso decise di ripetere l’iniziativa anche in Toscana, popolan-do la selva di Camporena delle riproduzioni dei luoghi santi gerosolo-mitani.In una lista dei conventi dell’Osservanza francescana del 1509 circa, SanVivaldo è descritto come edificato presso un Santo Sepolcro «con diversisacelli e edicole somiglianti ai Luoghi Santi costruiti sul Monte Sion e sul

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monte degli Olivi (di Gerusalemme)», collocato in un luogo dove «anchei colli e gli avvallamenti sono simili a quelli di Gerusalemme».Fra Tommaso, che fu guardiano nel 1509 nel convento fiorentino di SanSalvatore al Monte, ritornò a più riprese a San Vivaldo, dal 1513 al 1516e poi dal 1523 al 1529. Gli anni del soggiorno 1513-1516 sono legati alla pro-mulgazione del Breve, da parte di Leone X, relativo alle indulgenze perla visita ai luoghi di San Vivaldo, ma anche alla lettera del 19 febbraio1516 che, attestando l’importanza assunta da San Vivaldo, forniva unaspecie di atto di fondazione per la costituzione di una Provincia fioren-tina autonoma degli Osservanti. Coincidente con i confini del dominiodi Firenze, essa fu realizzata nel 1523 e, poi, valorizzata da fabbriche diprestigio: San Salvatore al Monte a Firenze, il convento La Croce a SanCasciano e San Vivaldo.Fra Mariano Ughi da Firenze, contemporaneo del Conzi e di fra Tom-maso, morto nel 1523, fu invece il cronista che ci ha tramandato il fervoree l’entusiasmo per la costruzione del complesso delle cappelline del SacroMonte, le cui notizie sono riportate nella Cronica di Dionisio Pulinari.Nella riproduzione in Occidente del Santo Sepolcro bisogna leggere il ten-tativo operato dalla spiritualità francescana, mistica e pauperistica, di su-perare il pellegrinaggio al Santo Sepolcro e alla Gerusalemme terrestremediante il processo di interiorizzazione delle Crociate, in una prospet-tiva di rinnovata devozione alla Passione di Gesù, trasferendo in Occi-dente i temi penitenziali e i valori spirituali del pasagium ultramarinum(F. Cardini 1974, pp. 199 e segg.).Tra i Francescani presenti a San Vivaldo merita infine un ricordo padreFaustino Ghilardi il quale, oltre ad aver lasciato preziose testimonianzesulla storia del convento, della chiesa e delle cappelle (F. Ghilardi 1895),si adoperò lungo l’arco di tutta la sua vita per la beatificazione canonicadi Vivaldo.

Rosanna Caterina Proto Pisani

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Dal portone ligneo posto a sinistra del portico della chiesa si entra nel convento

2. conventoLa costruzione originaria del con-

vento di San Vivaldo risale agli inizidel Cinquecento, ma nel corso dei se-coli successivi, e soprattutto nel xviiisecolo, si sono avvicendati vari rima-neggiamenti e ampliamenti. Esso èstato sede del Seminario francescano

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fino all’ultima guerra mondiale. Ol-tre al chiostro grande, con archi in la-terizio in seguito murati e con al cen-tro una cisterna per la raccolta del-l’acqua piovana, nel convento si se-gnala soprattutto un bel refettorio

con tavoli in pietra serena e stalli inlegno di noce risalenti al 1739, la cu-cina con il cosiddetto “fuoco comu-ne”, un enorme focolare in pietra conattorno scranni, anch’essi in pietra, ela biblioteca al primo piano.

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In fondo all’orto del convento

3. cappella della samaritanaAlla fine del pergolato e di faccia alconvento, si erge un piccolo tem-pietto restaurato recentemente (1999).Si tratta della cappella della Samari-tana, una loggia aperta, all’internodella quale è una struttura a baldac-chino sostenuta da colonne e coper-ta con una volta a vela. In essa si tro-va la riproduzione grafica del rilievoin terracotta con Gesù e la Samarita-na al pozzo, in origine collocato lì. Pa-dre Faustino Ghilardi, nella sua Gui-da al Santuario di San Vivaldo (1936),racconta come i fumi sprigionati du-rante la cottura del ranno usato daifrati per lavare i panni nei vicini la-

vatoi (tuttora visibili) avessero coltempo pesantemente danneggiato ilrilievo e come nel 1912 si fosse decisodi vendere la scultura e di utilizzare isoldi ricavati per restaurare le altrecappelle. La meravigliosa terracotta èoggi conservata presso il ClevelandMuseum of Art dell’Ohio, negli Sta-ti Uniti d’America. Sebbene il luogodove era avvenuto l’incontro di Ge-sù con la Samaritana sia assai lonta-no da Gerusalemme, la presenza del-la sua memoria a San Vivaldo testi-monia come si fosse progressivamen-te perso il rigore filologico che avevacaratterizzato il progetto di fra Tom-maso e come si tendesse a veneraretutti i luoghi che potevano ricordaregli episodi della vita di Gesù.

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A destra del tempietto due pannelli didattici mettono a confronto la pianta della città di Gerusalemme con quella del Sacro Monte di San Vivaldo. Ancora più a destra una struttura in laterizio ospita al piano terra il Museo multimediale e, al primo piano, entrando a destra della chiesa, l’ingresso del Museo con biglietteria e bookshop

4. museo del sacro montee biglietteria-bookshopDal 1993 nell’ex fienile è stato alle-stito il Museo del Sacro Monte. Qui,oltre al bookshop, sono stati siste-mati alcuni pannelli didattici chemostrano l’immagine di Gerusa-lemme nell’Europa medievale, le af-finità tra Gerusalemme e il com-plesso di San Vivaldo, il rapporto trasan Vivaldo e i francescani, nonchéil patronato delle varie cappelle, ri-costruito attraverso l’identificazionedei vari stemmi presenti in esse.

Uscendo dalla biglietteria-bookshop, a destra ha inizio il percorso di visita alle cappelle

5. monte sionpatronato famiglia MannelliNel xii secolo, fuori dalle mura di Ge-rusalemme, sul monte Sion, eranocommemorati all’interno della basili-ca di Santa Maria gli episodi dell’Ul-tima Cena, della Discesa dello Spiri-to Santo, della Lavanda dei piedi e del-la Incredulità di san Tommaso. Dopola riconquista musulmana della cittàe la rovina della basilica di Santa Ma-ria, l’ubicazione di questi luoghi diculto venne variata: alla fine del Quat-trocento l’altare del Cenacolo e dellaPentecoste erano venerati nella chie-sa a un piano superiore; da qui si rag-giungeva sul retro la tomba di Davide si scendeva poi in una cappella do-ve si venerava l’Incredulità di san Tom-maso. Il complesso del monte Sion diSan Vivaldo è uno dei luoghi più fe-deli al corrispettivo gerosolimitano,riproducendone la disposizione e lastruttura degli spazi, nonché i passag-gi e le sculture. Pertanto, la strutturadell’edificio richiama quella di unachiesa che si sviluppa in senso longi-tudinale, all’interno della quale sonodisposte tre cappelle a quote diverse:al piano superiore sono le cappelle delCenacolo e della Pentecoste; al pianoinferiore quella dell’Incredulità di sanTommaso; accanto a questa, in un va-no separato, è un quarto ambiente nelquale è stato riconosciuto il ricordodel sepolcro di Davide.

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5a. cappella del cenacolopatronato famiglia MannelliLa facciata della cappella, a capan-na, presenta un portale d’ingressosormontato da un timpano con duefinestre ai lati, pilastri angolari e unasorta di frontone superiore. Una sca-la esterna conduce all’interno dell’e-dificio. Varcata la soglia si entra inun’aula rettangolare divisa in due na-vate da una fila di colonne con basie capitelli ionici, che, collegate ai pe-ducci appoggiati alle pareti perime-trali, formano sei campate con co-pertura a vela. La disposizione inter-na ripropone quella della basilica diSanta Maria del monte Sion a Ge-rusalemme, dove, in due diversi al-tari, erano le memorie dell’UltimaCena e della Lavanda dei piedi. Duerilievi in terracotta colorata di di-mensioni identiche e di forma cen-

tinata si profilano infatti sulla pare-te di fondo.Nel primo rilievo, raffigurante l’Ulti-ma cena e l’istituzione dell’Eucarestia,entro un ambiente domestico di cuisi intravede una finestra sullo sfondo,i dodici apostoli prendono posto at-torno a un tavolo imbandito, la-sciando la posizione centrale a Cri-sto, che alza con la mano destra l’Eu-carestia. La duttilità della materia e lavivace coloritura permettono ai per-sonaggi di essere variamente caratte-rizzati e atteggiati. La resa morbida efluente delle barbe e dei capelli, non-ché l’abbondante ricaduta dei man-telli, contrastano con il rigido inten-to descrittivo che si coglie nelle sto-viglie sopra il tavolo. Confronti pun-tuali con reperti archeologici dell’i-nizio del Cinquecento confermano,tra l’altro, l’esatta rispondenza di que-

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5a, Ultima cena e istituzione dell’Eucarestia

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sti oggetti (calice, bicchiere costolato,crespina, cioè vassoio a baccellatura)con quelli in uso a quel tempo. Il fol-to numero dei personaggi rappresen-tati entro uno spazio relativamenteristretto non ha mancato di richia-mare alla mente il carattere delle scul-ture tardo medievali del nord Euro-pa, sebbene si possano stabilire inte-ressanti paragoni anche con i coevimodelli pittorici ispirati a stampe eillustrazioni xilografiche.Nella Lavanda dei piedi gli apostoliseduti attendono ciascuno il proprioturno. La disposizione quasi geome-trica dei vari personaggi risulta effi-

cacemente animata dalla gestualitàdelle mani. Riferibili a una stessa ano-nima maestranza artistica robbianadi inizio Cinquecento, i due gruppiscultorei rivelano un intento princi-palmente didascalico nel raccontoevangelico, non implicando ancorauna partecipazione emotiva da partedel visitatore. Come ricorda il Van-gelo di Giovanni, infatti, questi dueepisodi precedono il momento piùdrammatico dell’annuncio da partedel Signore del tradimento di Giuda.In un’assoluta predilezione per la ter-racotta dipinta a freddo, cioè senzainvetriatura, la critica ritiene ormai

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5a, Ultima cena e istituzione dell’Eucarestia

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5a, Lavanda dei piedi

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da qualche tempo che la direzionedell’intero progetto di arredo plasti-co del complesso di San Vivaldo pos-sa ricondursi a Giovanni Della Rob-bia e al suo entourage, nel quale tal-volta è possibile distinguere singolepersonalità come Marco Della Rob-bia, Benedetto Buglioni e Agnolo diPolo. Tutti questi artisti, conoscen-do i più recenti esiti plastici e pitto-rici della Firenze rinascimentale, ten-tarono di aggiornarsi e di rinnovare

i propri schemi compositivi, volgen-dosi ora verso una maggiore decora-zione, ora verso una più attenta resapatetica dei personaggi.

Varcata la porta a destra si percorre il piccolo portico; in fondo sulla sinistra

5b. cappella della pentecosteLe dimensioni del vano quadrato,coperto da una cupola, e i suoi ele-

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5b, Discesa dello Spirito Santo

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menti strutturali si basano sull’unitàdi misura del braccio fiorentino. Unadecorazione a finto marmo dovevaornare la cappella richiamando gliarazzi e i broccati che, secondo le te-stimonianze dei pellegrini, rivestiva-no la cappella della Pentecoste di Ge-rusalemme. Oggi tra le parti dipin-te si apprezzano soprattutto i Profe-ti entro i pennacchi della cupola, raf-figurati con i loro cartigli svolti.Nella parete di fronte all’ingresso, inuna nicchia con cornice a ovuli, è rap-presentata la Discesa dello Spirito San-to, a cui fa da essenziale complemen-to la simbolica colomba posta al cen-tro del soffitto, dalla quale si dirama-no delle gocce rosse che, come linguedi fuoco, discendono sui presenti, se-condo quanto si racconta negli Attidegli Apostoli (cap. ii). I volti distesie sorridenti dei personaggi rivolti al-l’insù commentano in modo flagranteil lieto evento, tra lo stupore e la gioia.La disposizione a cerchio degli Apo-stoli intorno alla Vergine, inginoc-chiata al centro della composizionesopra un piedistallo, mostra qualchelieve incertezza di resa prospettica.Ormai da tempo per questo rilievo siavanza il nome di Benedetto Buglio-ni, l’artista che il biografo fiorentinoGiorgio Vasari (1568) ha reso famosoper aver carpito il segreto dell’inve-triatura da una donna uscita dalla ca-sa di Andrea Della Robbia.

Tornando al piano terreno e percorrendo il portico coperto che si apre a destra della scalinata, sulla sinistra

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5c. cappella dell’incredulitàdi san tommasoCome ricordano i Vangeli, otto gior-ni dopo la prima apparizione di Cri-sto agli Apostoli, Gesù si palesa al-

l’incredulo Tommaso facendogli toc-care le sue ferite. Con una maggiorelibertà compositiva, i personaggi cheanimano questa scena debordano lie-vemente dalla lunetta destinata ad ac-

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coglierli. Al centro sono plasmati, indimensioni maggiori e in altorilievo,Gesù e san Tommaso. Per quanto l’in-tento didascalico sembri soverchiarela resa plastica, pure la scena princi-pale non manca di suggerire perti-nenti confronti con il magnificogruppo bronzeo, fuso da Andrea delVerrocchio e certamente ultimato nel

1483, per il tabernacolo della Mer-canzia della chiesa fiorentina di Or-sanmichele. Agnolo di Polo, unoscultore formatosi proprio nella bot-tega di Andrea del Verrocchio e ri-scoperto dalla critica solo di recente,è il probabile autore di questo rilie-vo, il quale pare divulgare in uno sti-le più corrente e dimesso l’elegante e

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raffinata compostezza dell’opera delmaestro fiorentino. Sopra la mensadell’altare è stato sistemato più di re-cente un Cristo morto, con barba ecapelli colorati.

Sul fianco sinistro del monteSion, affacciandosi da unalunetta, si può vedere

5d. tomba di davidSi tratta di un vano in laterizio con co-pertura a botte e pavimento in pietra,identificato con la presunta tomba diDavid, dal momento che quella au-tentica doveva trovarsi sulla collinadell’Ofel . L’ambiente, angusto e buio,ha un piano di calpestio di circa mez-zo metro sotto il livello della strada.

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I Francescani e la terracotta

La terracotta è il mezzo espressivo prediletto dai Francescani, per le suecaratteristiche di semplicità, chiarezza e durata nel tempo che ben si co-

niugano con gli ideali estetici e religiosi dell’ordine minorita. Il gradimen-to da parte dei Francescani per questo materiale si fonda anche su un aspet-to concettuale. In una visione del mondo dominata dai principi di povertàe semplicità, la terra, elemento essenziale con il quale Dio aveva forgiatol’uomo, si poneva come strumento positivo nel confronto con altri materiali(marmi, metalli nobili) che avevano un aspetto più suntuario. Nel caso del-le terrecotte invetriate, gli effetti di luce creati dallo splendore del bianco lu-minoso o del blu intenso del cielo atmosferico contribuivano a una miglio-re comprensione dell’opera ai fini di una catechesi più profonda.Furono proprio i Della Robbia a lavorare indefessamente per i Francescani.Già Luca, capostipite della bottega, il quale coltivava letture francescane,ottenne commissioni prestigiose per la basilica di Santa Croce a Firenze,retta dai Conventuali: i tondi invetriati della cappella dei Pazzi. Fu peròsoprattutto il nipote Andrea, artista di notevole rilievo, a vantare una pro-duzione specializzata per l’ambito esigente dell’Osservanza francescana.Il rapporto privilegiato di Andrea con i Francescani osservanti è segnatoda tre tappe fondamentali: nella nuova basilica dell’Osservanza a Siena,centro della religiosità bernardiniana, a Santa Maria degli Angeli ad As-sisi, altro fulcro della devozione minorita, e nel monastero de La Verna,cuore del culto francescano. Nelle opere eseguite per questi centri di spiri-tualità Andrea dette l’esempio normativo di una produzione, creando pro-totipi ripresi più volte per la stessa committenza dalla sua bottega, ma an-che dalle botteghe concorrenti come quella dei Buglioni.Il naturalismo affabile e quotidiano, adeguato ai sentimenti della devo-zione popolare, la concretezza delle immagini, ma anche una scansione

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e una simmetria di impaginazione sono caratteristiche tutte delle operedi Andrea, destinate a questi tre importanti centri dei Minori osservan-ti, ma continuamente ricercate e divulgate in altre zone del territorio to-scano, in Umbria, ma anche nell’Italia meridionale. Le terrecotte di SanVivaldo – dalla pala invetriata rappresentante il Presepe attribuita aBenedetto Buglioni agli altri gruppi in terracotta a freddo che popolanole cappelle, caratterizzati da una semplicità e da una concretezza addi-rittura superiori alle opere invetriate ed eseguiti nel cantiere di San Vi-valdo dalle botteghe di Giovanni Della Robbia, di Benedetto Buglioni o,da Agnolo di Polo, come suggerisce la critica più recente – sono tutte rap-presentative del messaggio trasmesso dai Francescani osservanti nel per-corso della Gerusalemme celeste, con il tentativo di coinvolgimento emo-tivo dello spettatore, finalizzato alla catechesi.

Rosanna Caterina Proto Pisani

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Lungo la strada asfaltata, sulla sinistra

6. cappella della casa di annapatronato famiglia Bardi di VernioA Gerusalemme si riteneva che pres-so le mura fosse la casa del sacerdo-te Anna, dove Gesù era stato pro-cessato. Al suo esterno si indicava an-cora nel Quattrocento un olivo alquale sarebbe stato legato Gesù men-tre Anna e i suoi soldati festeggiava-no con un banchetto la sua cattura.A San Vivaldo una casa di Anna è ri-cordata già nel Breve di Leone x del1516, ma l’edificio attuale, a piantaquadrata con pilastri angolari spor-genti, rivela interventi seicenteschi.La facciata, oltre al consueto porta-le con frontone, si presenta ingenti-lita da due piccole finestre ellittichelaterali e da un oculo centrale sor-montato dallo stemma gentilizio.L’interno è coperto con volta a cro-ciera. Lo sfondo pittorico della nic-chia contestualizza la scena principa-le, foggiata in terracotta, che vede ilsommo sacerdote Anna, seduto conin mano i guanti in segno di autorità,assistere allo schiaffo che il suo servi-tore infligge a Cristo. L’accurata de-scrizione degli abiti e dei copricapi,nelle molteplici varietà a punta, con-tribuisce a infondere una nota di ve-rosimiglianza e di vitalità al raccon-to, nel quale lo spettatore si trova

coinvolto come in una rappresenta-zione teatrale. Con un accorgimen-to prospettico funzionale alla scena,il plasticatore ha fatto sedere il som-mo sacerdote su un seggio posto di trequarti, anziché di profilo, per con-sentire al pellegrino di vedere megliol’intero episodio. Si tratta di una del-le rappresentazioni più complesse emeglio riuscite nella perfetta fusionedi pittura e scultura.La cornice decorata con cherubini elacunari nella finta volta è di grandeimpatto visivo, ma certamente la fun-zione più importante spettava allosfondo pittorico, purtroppo in granparte svanito. Oltre a una folta schie-ra di lance, vessilli e copricapi, è lastruttura architettonica, dalla qualesi intravedono in alto personaggi acavalcioni per assistere alla scena, aoffrire divertenti spunti al racconto.Si è spesso ipotizzato che chiunqueabbia dipinto gli sfondi di queste cap-pelle conoscesse, magari anche solo inmodo mediato, il Sacro Monte di Va-rallo Sesia in Piemonte e, soprattut-to, le pitture di Gaudenzio Ferrari.

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6, Cristo davanti ad Anna

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6, Cristo davanti ad Anna, particolare

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Proseguendo sulla sinistra

7. cappella della casa di simone fariseopatronato famiglia RicasoliDalla fine del Quattrocento si ritene-va che a Gerusalemme l’episodio del-la cena di Gesù in casa di Simone Fa-riseo fosse avvenuto in un edificio in-dividuato presso la casa delle Pie Don-ne, sul percorso della Via Dolorosa.Sebbene l’episodio non avesse rela-zione con la Passione di Gesù, la suapresenza a San Vivaldo si giustificacon la volontà topomimetica di ri-produrvi i luoghi della città santa. Ta-le cappella, tuttavia, non è menzio-nata nel Breve di Leone x del 1516: leprime notizie che la riguardano sonodella fine del Seicento, anche se l’im-pianto architettonico deve risalire al-la seconda metà del Cinquecento. Ladimensione e la forma – un vano qua-drato con scarsella – ricordano quel-le di una semplice abitazione, con uncorpo centrale unito a un vano piùpiccolo. La facciata si presenta spo-glia, semplicemente disegnata dai pi-lastri angolari, da una finestra e unportale con timpano in pietra. L’in-terno, con volta a cupola, ha un alta-re con mensa settecentesca.Sfruttando la cubatura della cappel-la, prende posto al centro, al di sopradella mensa d’altare, la Cena in casadi Simone Fariseo, una delle scene più

belle tra quelle presenti a San Vival-do. Secondo la critica più recente, an-che in questo rilievo si riconosce lapresenza di Agnolo di Polo, lo scul-tore ricordato nelle Vite di artisti diGiorgio Vasari (1568) come allievo diAndrea del Verrocchio. Figlio di unplasticatore di maschere mortuarie,Agnolo dovette lavorare con scultorispecializzati nel marmo e nella terra-

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cotta, come Francesco Simone Fer-rucci e Nanni Grosso.In questa composizione, costruitacon una straordinaria chiarezza, sonoancora le notazioni dei costumi deicommensali e persino delle stoviglieo della tovaglia, verosimilmente in-crespata, ad aumentare la capacità diimmedesimazione del pellegrino nel-la scena. Le figure del Cristo e della

peccatrice che, dopo aver bagnatocon le proprie lacrime i piedi, li asciu-ga con i capelli, baciandoli e ungen-doli di profumo, potrebbero già co-stituire un gruppo autonomo. È peròil vario piegarsi delle teste dei perso-naggi e soprattutto la posa disinvol-ta del giovanotto in piedi davanti altavolo a raccordare con stupefacenteverità il racconto.

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Si prende la strada verso est e si oltrepassa un gruppo di cappelle per raggiungere quella della casa di Pilato. Da qui parte la Via Dolorosa: il percorso che Cristo fece dal pretorio di Pilato al Calvario

8. cappella della casa di pilatopatronato famiglia dei RossiDall’epoca tardo antica fino al tem-po di fra Tommaso erano stati diver-si i tentativi di localizzare a Gerusa-lemme la casa e il pretorio del pro-curatore romano Ponzio Pilato. Altempo dell’ideazione di San Vivaldola dimora di Pilato era identificata in

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un sito presso le rovine della fortez-za Antonia, a nord-ovest della città,dove erano venerate anche le reliquiedella Flagellazione, della Coronazio-ne di spine e dell’Ecce Homo. Dal mo-mento che tutti questi luoghi eranoin gran parte distrutti o difficilmen-te accessibili, la cappella di San Vi-valdo, come una sorta di compendio,

li riunisce senza riferimenti precisi al-la loro forma e carattere. La dimoradi Pilato si presenta pertanto con l’a-spetto di una casa con tetto a spio-venti, una porta di accesso e due fi-nestre per lato (in parte chiuse); allacasa è addossata l’edicola dell’EcceHomo, raccordata all’edificio da unacornice marcapiano. Al fine di allu-

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8, Flagellazione

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dere al cortile di un palazzo sontuo-so, l’interno, ad aula, è suddiviso indue campate con volte a vela.Qui, entro due nicchie, sono rap-presentate la Flagellazione di Cristo ela Coronazione di spine. In un cre-scendo emotivo il visitatore inizia aripercorrere la vera e propria Via Do-lorosa. Alle sculture viene affidato ilcompito di una comunicazione di-retta e di facile memorizzazione vi-siva. Nel primo rilievo, in un equili-brato e armonico impianto compo-sitivo costruito persino attraverso lecorrispondenze dei gesti opposti deidue flagellanti, viene esibita una va-riegata e vivace resa espressiva deipersonaggi, culminante nello sguar-do perso e rassegnato di Cristo, il cui

corpo longilineo costituisce quasil’asse mediano dell’intera scena.Di fronte all’assoluta mancanza dinotizie documentarie circa la pre-senza e l’attività di maestranze ope-ranti a San Vivaldo, è fuori di ognidubbio che chi ha foggiato e dipin-to questi rilievi in terracotta posse-desse una sicura e precisa personalitàartistica. Gli specialisti riferisconoqueste due scene al plasticatore ver-rocchiesco Agnolo di Polo, ricono-scendo tuttavia in taluni dettagli (co-me il volto ovale del Cristo incorni-ciato da una barba e da una capi-gliatura curate) richiami tutt’altroche superficiali a Benedetto Buglio-ni che, formatosi nell’entourage rob-biano, condivise con Giovanni Del-

8, Flagellazione, particolare

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8, Coronazione di spine

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la Robbia l’ansia di rinnovare i pro-pri modelli attingendo ora a motivipittorici desunti dal Ghirlandaio, oraa elementi scultorei tratti da AntonioRossellino.La differente colorazione della car-nagione dei personaggi – chiara o scu-ra –, nonché le contrastanti fisiono-mie – delicate o contratte –, consen-tono di distinguere immediatamen-te le tipologie dei buoni e dei cattivi.Le notazioni di costume, con un’in-teressante varietà di copricapi, sonofunzionali al racconto, mentre la ca-pigliatura e la barba del personaggioinginocchiato sulla sinistra pare qua-si una citazione colta dell’antico.

Una volta usciti dalla cappella della casa di Pilato, nello spazio esterno tra questa e la cappelladell’andata al Calvario, che corrisponderebbe al Lithostrotos, il piazzale della condanna, si affacciano l’edicola dell’ Ecco Homo, addossata alla cappella della casa di Pilato, e l’edicola del Crucifige, posta all’esterno della cappella dell’andata al Calvario

8, Coronazione di spine, particolare

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9. edicola dell’All’esterno della cappella della casa diPilato, presso la porta di accesso, unanicchia accoglie il gruppo dell’EcceHomo. Al di sotto di questo era la cel-la di Barabba, dalla quale si affaccia-va la figura del ladrone, danneggia-ta nell’Ottocento dal lancio di sassi.In una straordinaria integrazione dipittura e scultura, di alto valore arti-stico, è raffigurato l’episodio in cui Pi-lato fa portare fuori dal pretorio Ge-sù, coperto unicamente da un man-tello rosso porpora. Dopo averlo in-terrogato e non aver trovato in lui nes-suna colpa, Pilato presenta il Cristoai giudei dicendo «Ecco l’uomo!» (inlatino: Ecce Homo) e rimettendone il

ecce homo

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giudizio nelle loro mani. Un’accura-ta resa prospettica mette in evidenzale figure di Pilato e di Gesù, lascian-do continuare il racconto nel pro-gressivo digradare dei piani. Stupen-da è l’immagine dipinta sullo sfondodella giovane fanciulla che porta unabrocca piena d’acqua e un bacile, ge-neralmente interpretati come i sim-boli della codardia di Pilato. Lo sfon-do pittorico non ha mancato in pas-sato di richiamare alla mente, per lastesura rapida del colore e la resaespressiva dei personaggi, le Storie diCristo affrescate da Gerolamo di Ro-mano, detto il Romanino, nel duo-mo di Cremona. Il rilievo viene inve-ce solitamente riferito a Marco DellaRobbia, uno dei figli più dotati diGiovanni Della Robbia.

Di fronte all’edicola dell’Ecce Homo, affacciata sul fianco della penultima cappella

10. edicola del L’edicola addossata alla cappella del-l’Andata al Calvario ospita l’imma-gine del Crucifige, che si trova cosìdavanti a quella dell’Ecce Homo. Co-me narrano i Vangeli, di fronte allatitubanza di Pilato sulla sorte di Cri-sto, i sommi sacerdoti e le guardiegridarono «Crocifiggilo, Crocifiggi-lo!» (in latino: Crucifige eum). A SanVivaldo viene rappresentata una fol-la urlante nella quale sulla destra sidistingue il gruppo piangente dellePie Donne. Oltre alla resa naturali-stica, la diversa caratterizzazione dei

crucifige

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costumi dei personaggi sottolinea ivari livelli gerarchici della societàebraica. L’anziano che tiene in manoil rotulo sul quale è ripetuta la scrit-ta «Crucifige», per esempio, vestitocon un lungo abito a tunica ripresoin vita con una cintura e con in te-sta un copricapo leggermente arro-tondato, doveva appartenere a un ce-to preminente. Tuttavia, la partico-larità di quest’edicola risiede soprat-tutto nella dilatazione dello spazioridotto della scena, grazie a una per-fetta fusione di pittura e scultura, cheriesce a coniugare il rilievo con il di-pinto, in una suggestiva resa pro-spettica. Se per le sculture la criticaha sempre avanzato il nome di Be-

nedetto Buglioni, il capostipite del-la bottega concorrente dei DellaRobbia, per la pittura le indicazionivariano da richiami perugineschi aquelli del pittore vercellese AntonioBazzi detto il Sodoma, attivo tra il1505 e il 1508 nel chiostro del mona-stero di Monteoliveto Maggiore pres-so Siena.

Usciti dal piazzale della Condanna, incontriamo la cappella dell’andata al Calvario;si entra dalla porta a destra e si esce da quella di sinistra

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11. cappella dell’andata al calvariopatronato famiglia BandiniNon si hanno notizie che in Palesti-na si venerasse una cappella dedicataall’andata al Calvario. Si suppone per-tanto che sia stata costruita a San Vi-valdo per motivi d’ordine didascalico,

cioè per meglio illustrare al pellegri-no il percorso della Via Dolorosa.La struttura architettonica della cap-pella, a pianta centrale con due ali la-terali sporgenti, i cui rapporti tra lediverse parti sono basati sull’unità dimisura del braccio fiorentino, rivelaun’attenta e accurata ideazione. Il pro-

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spetto, realizzato con una trabeazio-ne sporgente in cotto, è concluso daun attico centrale con frontone trian-golare. Le due porte di accesso latera-li introducono in un unico vano, concopertura a botte sui lati, e a cupolaimpostata su pennacchi al centro.Come se davanti ai nostri occhi sisvolgesse il nastro di un’emozionan-te pellicola cinematografica, il per-corso coinvolge gradualmente il visi-tatore fino al fulcro della scena, con-sentendogli lentamente di ricono-scere da vicino (visti gli spazi abba-stanza angusti della cappella) i pro-tagonisti dell’episodio narrato. Unsoldato e un uomo (forse Giusepped’Arimatea) si avviano a cavallo ver-so il Calvario, mentre una folta schie-ra di giudei scorta a piedi il Cristo,che porta sulle spalle una pesantissi-ma croce, resa appena meno gravosa

dall’aiuto offertogli dal Cireneo. Intesta al corteo si riconoscono i due la-droni coperti da un camice bianco,preceduti dal soldato con l’insegnaromana s.p.q.r. (Senatus PopulusqueRomanus). Anche in questo impor-tante rilievo è stata di recente ravvi-sata la presenza di Agnolo di Polo, lacui collaborazione con Giovanni Del-la Robbia è sicuramente attestata al-meno nel 1517. Soprattutto la fisio-nomia del Cristo sembra identica aquella della Flagellazione. Il plastica-tore rende evidentemente più cor-renti i modelli aulici della cultura ar-tistica fiorentina di fine Quattrocen-to e inizi Cinquecento, aumentandotuttavia l’efficacia rappresentativa. Inquesto caso la pittura sullo sfondoraffigurante lance, trombe, vessilli ealabarde infonde organicità e unita-rietà alla scena.

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Procedendo verso l’altura del Calvario, a destra troviamo

12. cappella della madonnadello spasimopatronato famiglia FederighiA Gerusalemme era stato costruitonel xii secolo un edificio dedicato al-la Madonna dello Spasimo, già in ro-vina alla fine del Quattrocento. Poi-ché l’edificio sorgeva lungo il percor-so della Via Dolorosa, anche a San Vi-valdo la sua memoria era stata edifi-cata lungo il sentiero che conducevadalla casa di Pilato al monte Calva-rio. Nel Breve di Leone x del 1516 lacappella era annoverata tra i luoghipiù importanti e descritta nelle Rela-zioni seicentesche come un «orato-

rio», «meraviglioso in devozione», alquale accorrono molti fedeli per chie-dere grazie alla Madonna e lasciare exvoto. Le dimensioni e l’articolazionespaziale di questo edificio ne fannouno dei più interessanti. La cappellaha infatti forme che richiamano quel-le di un oratorio. L’esterno è movi-mentato da un portico su colonne ecapitelli tuscanici e, ai lati della por-ta, da finestre chiuse da grate; l’inter-no, a navata unica con tetto a spio-venti, termina con un’abside e ha, adestra, una piccola sacrestia.Il gruppo plastico della Madonna del-lo Spasimo costituisce uno dei mo-menti più alti dell’intero ciclo scul-toreo di San Vivaldo, sia per la capa-cità di coinvolgimento emotivo delpellegrino, sia per la qualità artistica.

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Negli anni Venti del Novecento ve-niva considerata opera di GiovanniDella Robbia, ma a partire dal 1982la critica l’ha riferita ad Agnolo di Po-lo. Il composto perdere dei sensi diMaria, reso credibile dal pallore delvolto e delle mani, e dall’elegante eaccorato aiuto prestatole da san Gio-

vanni Evangelista e dalle Pie Donne,è ottenuto grazie a una straordinariaresa compositiva, apprezzabile giànell’andamento variato che seguonole teste. Il morbido frangersi delleampie vesti, il gioco delle mani nelsorreggere la Vergine, nonché la di-versificata resa dei volti tra quelli

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preoccupati ma più luminosi dei gio-vani e quelli più corrucciati e scuridelle anziane, aumenta notevolmen-te l’intensità espressiva, senza mai as-sumere toni eccessivi. Il buono statodi conservazione del rilievo consen-te inoltre di stabilire significativi con-fronti con quanto tra fine Quattro-cento e inizi Cinquecento si andavaelaborando in pittura, proprio tra ifrequentatori della bottega fiorentinadi Andrea del Verrocchio, quali Pie-tro Perugino, Domenico Ghirlan-daio, Lorenzo di Credi, FrancescoBotticini ed altri ancora; esempi chel’autore di questo gruppo scultoreo

doveva avere ben presenti, misuran-dosi costantemente con la pittura.

Proseguendo, a destra

13. cappella delle pie donnepatronato famiglia NerliLa cappella, sebbene di piccole di-mensioni, era stata attentamente pro-gettata secondo il modulo del bracciofiorentino. Non è facile ricostruirnela storia, a causa delle poche informa-zioni difficilmente interpretabili che sidesumono dai documenti antichi, ol-tre ai numerosi restauri di cui è stataoggetto tra Sei e Ottocento.

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All’interno, quasi come la scenogra-fia del palco di un teatro, un affrescoraffigura alcuni personaggi affacciatidalle finestre di una abitazione, comeper assistere a quello che accade in pri-mo piano rappresentato dalle scultu-re. Sulla via del Calvario Cristo vienetrascinato da un aguzzino, singolar-mente caratterizzato con un volto dailineamenti arcigni e sgraziati. Comericorda il Vangelo di Luca (23, 27-31),Gesù si volge a consolare le Pie Don-ne di Gerusalemme, che affrante epiangenti lo seguono. Il materiale povero di queste sculture, come del-l’intero ciclo di San Vivaldo, risultaparticolarmente adatto per raggiun-gere risultati di straordinaria efficacianaturalistica. Per quanto mutile dei

bracci, le statue del Cristo e dell’aguz-zino mantengono intatta la loro resaespressiva, mentre le pose variate del-le teste e delle mani delle Pie Donneconferiscono vivacità al racconto.

L’altura a nord est del bosco di San Vivaldo è considerata il monte Calvario. Salendo i quindici gradini checonducono al monte – costruitiprobabilmente nel 1687 insieme con la muraglia di contenimento del terrenocircostante – s’incontra, subitosulla sinistra, la cappelladedicata all’incontro di Cristocon Veronica

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14. cappella della veronicapatronato famiglia BardiA Gerusalemme, presso il Santo Se-polcro, era stata eretta una cappellanel luogo dove si riteneva – secondouna notizia dei Vangeli Apocrifi – cheCristo, durante la salita al Calvario,

avesse incontrato Veronica, una del-le donne che lo seguivano. Mossa dapietà, Veronica gli avrebbe asciugatocon un panno il volto insanguinato,che sarebbe rimasto miracolosamen-te impresso sulla stoffa. A San Vival-do la cappella è collocata ai piedi del-

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la zona del monte Calvario, nel per-corso della Via Dolorosa. L’edificio,di piccole dimensioni e assai mode-sto nel disegno della pianta e del pro-spetto, ospita all’interno, nella formadi una pala rinascimentale, contor-nata da una cornice monocroma aovuli, l’immagine della Veronica. Ilrilievo, di una certa efficacia nella re-sa giovanile del volto della santa, ri-sulta piuttosto elementare nella de-scrizione del paesaggio. Nella pre-della, aggiunta in epoca successiva,viene riproposta la scena, con uno sti-le più sommario e meno espressivo.

Giunti al culmine del piccoloaltopiano ombreggiato, si visitanoalcune cappelle disposte in cerchio

che riproducono i luoghi chea Gerusalemme sorgevanosul monte Calvario, inglobatinella basilica del Santo Sepolcro,inerenti a tre momenti fondamentali della vita di Gesù:la morte, la sepoltura e la resurrezione. A San Vivaldoquesti luoghi sono ben distinti,ma rispettano la posizione dei corrispettivi gerosolimitani

Mantenendo la destra si incontrala cappella del Calvario. Si vedeprima l’edicola con lo Stabat Mater e poi, dopo aver girato intorno alla cappella, si raggiunge,attraverso le scale, l’ingresso

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15. cappella del calvariopatronato famiglia Lambardiiscrizione: sotto lo stemmaLambardi: d.o.m./ cappellamhanc maioribus/ suis conditamvetustateo/ ac terremotucollabentem/ pie instauraver/petrus lambardus nobil ac/

can. ac. pis et laurieius frivd/anno sal. mdcxxiiiiA Gerusalemme, all’interno dellabasilica del Santo Sepolcro, è la cap-pella dedicata alla Crocifissione diCristo sul monte Calvario, più vol-te distrutta e ricostruita. Dal mo-mento che in Palestina era colloca-

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ta a un livello superiore rispetto alpiano della basilica, sopra la cappel-la di Adamo, a San Vivaldo la cap-pella è stata edificata su un terrenopiù alto rispetto a quella del SantoSepolcro.L’impianto della cappella di San Vi-valdo risale al primo Cinquecento,ma è stata restaurata nel 1624 a se-guito di un incendio. La struttura haforma quadrata, con due arcate incotto su pilastri d’angolo di tipo tu-scanico, un tempo forse aperte perconsentire la visione della scena dal-l’esterno. La cappella è articolata sudue piani. Si incontra dapprima l’e-dicola che si trova più in basso, nel-la quale sono Maria e le altre donne(Stabat Mater), le quali, partecipan-

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15, Stabat Mater

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15, Crocifissione

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do in disparte all’agonia di Cristo,invitano il visitatore a proseguire, in-dicando verso l’alto. Un’apertura, in-fatti, mette in comunicazione visivaquesto ambiente con quello supe-riore, consentendo di vedere la Cro-cifissione dal basso, con grande effet-to e suggestione.Si entra quindi nella cappella. In ori-gine l’accesso doveva essere da nord,come sembrano dimostrare l’iscrizio-ne e lo stemma del canonico Lam-berti che la restaurò nel 1624. Attual-mente, invece, si accede da est, sa-lendo una gradinata. Varcata la sogliad’ingresso, troviamo sulla parete si-nistra la rappresentazione più dram-matica della Via Dolorosa: la Crocifis-sione di Cristo in mezzo a quella deidue ladroni. Gli alti legni delle crociobbligano l’osservatore a un punto divista ribassato, mentre il volgersi del-le teste dei due personaggi alle estre-mità della scena fa apprezzare mag-giormente le vedute laterali. Il voltodi Cristo non va oltre la tipologiaastratta codificata anche in altri rilie-vi, come nella Cena in casa di Simo-ne il Fariseo o nell’Andata al Calva-rio; sono piuttosto i visi contratti deidue ladroni, e soprattutto i loro cor-pi come percorsi dagli ultimi fremitidi vita, a manifestare un espressioni-smo più carico e pronunciato. Que-st’ultima caratteristica richiama allamente soprattutto le opere mature di

Agnolo di Polo, come il San Rocco del-la cappella Spadari di Arezzo o il SanGirolamo e il San Francesco della chie-sa di San Girolamo a Volterra. Anco-ra una volta la scena si apprezza per ilperfetto connubio di scultura e pit-tura. Nonostante segni di umidità inalto abbiano guastato lo sfondo, è an-cora possibile rendersi conto che l’au-tore della pittura rappresentante lafolta schiera di personaggi che si ac-calca vicino alle tre croci sia stato edu-cato nelle più aggiornate botteghe fio-rentine di fine Quattrocento.Sul basamento esterno del muro pe-rimetrale sono figurate delle finte cre-pe che alludono al terremoto che ave-va scosso la terra al momento dellamorte di Cristo.Sotto la cappella del monte Calvariosono le tracce di un ambiente anda-to perduto in epoca imprecisata, madel quale i restauri hanno ricostrui-to ubicazione e dimensioni. Questovano doveva indicare, come a Geru-salemme, la presenza della tomba diAdamo. Un’antica leggenda narra-va, infatti, che sul monte Calvario,proprio dove era stato sepolto il pri-mo uomo, il giorno della Crocifis-sione il sangue di Cristo avesse ba-gnato la testa di Adamo, come a pu-rificarlo dal peccato originale. Da quiè derivato l’uso, assai diffuso, di raf-figurare il teschio di Adamo sotto laCrocifissione.

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Di fronte

16. cappella del carcere di cristoA Gerusalemme, all’interno dellabasilica del Santo Sepolcro, era unacappella dedicata al carcere di Cri-sto. A San Vivaldo la memoria diquesto luogo è un piccolo oratorio,con facciata a edicola, con pianta ret-tangolare e abside semicircolare. Al-cuni studiosi ritengono tuttavia, inbase all’analisi dei documenti e alconfronto con la basilica di Gerusa-lemme, che la cappella fosse in ori-gine dedicata all’apparizione di Cri-sto alla Madre. All’interno, entro

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una sorta di conca absidale, è pre-sentata la statua di Cristo che, pro-babilmente in preghiera, incrocia lemani sul petto, secondo una tipolo-gia assai cara ai Francescani. Il suovolto scavato e affranto e le sue ma-ni leggermente nodose risultano gliunici elementi di un pronunciatoespressionismo, mentre il corpo tra-spare sotto le pieghe astratte e con-venzionali della veste. Anche in que-sto caso il plasticatore doveva cono-scere modelli figurativi fiorentini piùattenti all’armonia formale dell’in-sieme, che non alla resa vera dell’a-natomia.

Proseguendo a destra

17. cappella del patronato famiglia GaddiNel giardino di Giuseppe d’Arima-tea, nei pressi del sepolcro di Cristo,era avvenuto l’incontro tra il Risor-to e la Maddalena. A San Vivaldo lacappella dedicata a questo episodiosi trova infatti accanto a quella delSanto Sepolcro, in una posizioneanaloga a quella che aveva il suo cor-rispettivo a Gerusalemme. A formadi piccolo tempietto, con tetto aspioventi, la cappella ospita all’in-terno le sculture di Cristo e della

noli me tangere

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Le cappelle del Noli me Tangere (a destra) e del Santo Sepolcro

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Maddalena. Come narra il Vangelodi Giovanni (20, 1-18), la Maddale-na, vedendo la pietra del sepolcro do-ve era stato sepolto Gesù spostata,temette che qualcuno ne avesse por-tato via il corpo. Un uomo allora leapparve; non era il custode del giar-dino, come lei aveva pensato in unprimo momento, ma Gesù, il qualele raccomandò: «Non mi trattenere(in latino: Noli me tangere), perchénon sono ancora salito al Padre». Ilracconto è qui affidato ai due soliprotagonisti. La statua della Madda-lena richiama, secondo la critica, l’i-

dentico personaggio della Pietà nel-la cappella interna della chiesa, per ilvolto largo e sereno, per i capellisciolti con naturalezza sulle spalle,nonché per la sommarietà nella de-finizione del corpo nascosto sotto unampio mantello, suggerendo un in-tervento di Agnolo di Polo; la statuadel Cristo, mutila a causa di un fur-to, modellata in modo più genericoe sommario, fa pensare all’interven-to di qualche altro collaboratore al-la grande impresa della statuaria san-vivaldina diretta da Giovanni DellaRobbia.

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A destra

18. cappella del santo sepolcropatronato famiglia BardiNel iv secolo l’imperatore Costanti-no aveva fatto erigere alle pendici delmonte Calvario, su una tomba ru-pestre tradizionalmente identificatacon quella in cui era stato depostoGesù, il Martiryon, una grande basi-lica a cinque navate, e l’Anàstasis (re-surrezione, in greco), un’edicola apianta centrale con cupola. La basi-lica venne più volte distrutta e rico-struita finché, in seguito alla con-

quista di Gerusalemme da parte deiCrociati, tra xi e xii secolo fu erettaun’unica chiesa che comprendeva isiti del Calvario, della Sepoltura e del-la Resurrezione di Gesù. Al centrodella rotonda della chiesa si trovaval’edicola del Santo Sepolcro, divisain due parti: un vestibolo (la cappel-la dell’Angelo) e la tomba. Fra Quat-tro e Cinquecento sono state nume-rose le cappelle ideate sul modello diquella del Santo Sepolcro di Gerusa-lemme: tra di esse è celebre quella diLeon Battista Alberti per i Rucellaiin San Pancrazio a Firenze.

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Anche la cappella di San Vivaldo ri-pete alcuni elementi architettonicidella cappella di Gerusalemme comeera nel Cinquecento, con qualche va-riante e adattamento. All’esterno sipresenta come un edificio quadratoterminante con un’abside circolare,con archetti su colonnine ioniche e

trabeazione in cotto. Entrati nel ve-stibolo, una piccola porta – così stret-ta da consentire l’accesso a una solapersona per volta – conduce alla buiacamera sepolcrale, dove sulla destra èil sarcofago. L’ingresso in questa cap-pella rappresenta per il pellegrino latappa più importante del suo viag-

18, Maria Maddalena 18, Sant’Elena

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gio. Nella cosiddetta cappella del-l’Angelo si trovano le due statue diMaria Maddalena, rappresentata conil vasetto degli unguenti, e di Sant’E-lena, la madre di Costantino che neliv secolo aveva ritrovato il legno del-la croce su cui era stato crocifisso Ge-sù. Questa seconda scultura provie-ne da una cappella dedicata all’im-peratrice e in seguito andata distrut-ta. Nella camera funeraria, entro unsemplice sarcofago si trova la scultu-ra rappresentante il Cristo morto. Ilvisitatore muovendosi nello spazioangusto vede prima il volto e poi tut-to il corpo di Cristo, irrigidito in ma-niera assai verosimile. Sulla parete difondo un affresco deteriorato, ma an-

cora chiaramente leggibile, raffigurail Trasporto di Gesù nel sepolcro allapresenza di Maria e di san GiovanniEvangelista. Coevo alle sculture, il di-pinto, in uno stile piuttosto corsivo,doveva raggiungere in origine effettidi grande naturalezza. La ristrettezzadel luogo, obbligando a una serratavicinanza con le immagini, ha lo sco-po di invitare il pellegrino a un emo-zionante raccoglimento individuale.Per la figura del Cristo morto la cri-tica avanza il nome del plasticatorefiorentino Agnolo di Polo: il model-lato semplice e un po’ aspro e la di-sposizione dei capelli tendenti a for-mare dei leggeri boccoli sono giudi-cati suoi caratteri stilistici.

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18, Trasporto di Gesù nel sepolcro

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Oltrepassando la cappella del Santo Sepolcro e, iniziandola discesa, sulla sinistra

19. cappella di san giacomo il minoreNel Breve di Leone x del 1516 e nelleseicentesche Relazioni del conventoci si riferisce alla cappella come quel-la di san Giacomo il Maggiore, manel 1835 viene indicata con il nomedi san Giacomo il Minore. È possi-bile che nel tempo sia avvenuta unacontaminazione tra i due santi, en-trambi venerati a Gerusalemme, l’u-no nella cattedrale di San Giacomo

degli Armeni, sulle pendici del mon-te Sion, l’altro in vari luoghi dellacittà e all’interno della basilica delSanto Sepolcro: la posizione dellacappella di San Vivaldo sembra ri-produrre proprio quest’ultima. Lapresenza di san Giacomo il Minorepotrebbe inoltre derivare dal fattoche, prima della riforma del calen-dario liturgico attuata da Paolo vi, ilprimo maggio, data della morte disan Vivaldo, si festeggiavano proprioi santi Filippo e Giacomo il Minore.La cappella presenta una semplicefacciata a capanna, con una finestrae due pilastri angolari; alla porta d’in-

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gresso si giunge dopo una piccolarampa di tre scalini. L’interno, a pian-ta rettangolare, presenta entro un’e-dicola centinata, incorniciata da unadecorazione a ovuli, la figura interadel santo apostolo, rappresentato conil suo tipico attributo, il bastone. Lascritta che corre sul bordo del man-tello rende d’altronde inequivocabi-le l’identificazione del santo. La ca-ratterizzazione pronunciata del volto,dai tratti lievemente irregolari (il na-so allungato, gli zigomi sporgenti, leguance incavate) allude a una profon-da sofferenza interiore, che pare tro-vare, secondo la critica più recente,significative rispondenze con gli esi-ti stilistici del cosiddetto Maestro delBigallo, autore del busto del Reden-tore doloroso del Museo fiorentino delBigallo.

Proseguendo nella discesa,ancora a sinistra

20. cappella della casa di caifaA Gerusalemme, sul monte Sion, erastata costruita una chiesa, detta delSanto Salvatore, sul luogo dove si ri-teneva fosse stata la casa di Caifa. Per-tanto a San Vivaldo, per la costru-zione della cappella di Caifa, era sta-to scelto il clivo vicino al corrispet-tivo monte Sion. La progettazionedella cappella, con pianta quadrata escarsella, era modulata anche in que-

sto caso sulla misura del braccio fio-rentino.All’interno, entro due nicchie in ter-racotta, l’una posta sulla parete sini-stra e l’altra sulla parete di fondo, so-no rappresentati rispettivamente Ge-sù davanti a Caifa e Gesù oltraggiato.È il momento che segue la rivelazio-ne di Cristo al mondo, le cui paroleavrebbero causato un grande scom-piglio e la sua successiva cattura. Ilracconto va qui però oltre la testi-monianza evangelica, che parla di Ge-sù condotto solo in casa di Anna, li-mitandosi a riportare la fatidica fra-se che il sommo sacerdote Caifa ave-va pronunciato ai Giudei: «È meglioche un uomo solo muoia per il po-polo» (Giovanni 18, 12-14). Il sacer-dote, circondato dal gran consigliodel Sinedrio, è rappresentato quimentre si straccia la veste – secondoun’usanza assai diffusa in casi di di-sapprovazione – poiché Gesù ha di-chiarato di essere il figlio di Dio. Neidue rilievi, nei quali appare evidentela distinzione tra i membri del sine-drio e gli aguzzini, in un primo mo-mento si è ipotizzato l’intervento diBenedetto Buglioni, mentre più direcente si è riconosciuta anche la pre-senza di Agnolo di Polo. In Gesù con-dotto davanti a Caifa il complemen-to pittorico dello sfondo è andatocompletamente perduto; si apprezzainvece il rilievo, con l’empirica resa

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prospettica dei tre personaggi sedu-ti, sull’ultimo dei quali si sovrappo-ne con grande efficacia il ginocchiodi Cristo. In Gesù oltraggiato si ricor-

re all’espediente del gradino su cuistanno i personaggi in secondo pia-no, per dare massima visibilità e in-tento didascalico a tutta la scena.

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20, Gesù davanti a Caifa

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20, Gesù oltraggiato

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Si scendono le scale e si tornadavanti alla cappella del monteSion per poi riprendere la strada asfaltata. Si visitanoquindi due cappelle sulla destra

21. cappella dell’annunciazioneLa cappella dell’Annunciazione equella della Fuga in Egitto non fan-no parte dell’originario nucleo idea-to da fra Tommaso e costruito agli

inizi del Cinquecento: non sono in-fatti legate ai luoghi di Gerusalemmené a quelli della Passione di Cristo.Le prime notizie che riguardano que-ste cappelle risalgono alla secondametà del Seicento, anche se la strut-tura architettonica potrebbe risalireall’ultimo quarto del Cinquecento.L’impianto della cappella dell’An-nunciazione è assai elaborato, impo-stato sulla pianta a croce greca, con

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un vano centrale più alto, con fac-ciata provvista di un oculo e un por-tale in pietra. Si tratta, infatti, di unluogo dedicato alla Vergine, la cui de-vozione a San Vivaldo aveva profon-de radici, come conferma il fatto chela chiesa francescana fosse a lei dedi-cata. All’interno, al centro di un al-tare marmoreo, sono modellate suuno sfondo azzurro le due statue del-l’Arcangelo Gabriele e di Maria, en-trambe risalenti al xix secolo. Mal-

grado il mantello della Vergine dial’impressione di un maggiore movi-mento, entrambe le sculture risulta-no piuttosto ferme e bloccate nei lo-ro movimenti. Non è da escludereche anche questo gruppo scultoreorisenta della forte devozione scaturi-ta dal celebre affresco con la VergineAnnunziata della basilica della San-tissima Annunziata a Fireze, che, co-me è noto, incontrò ampia fortunain tutta la Toscana.

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22. cappella della fuga in egittoDa una nota del convento del 1835 ri-sulta che la cappella della Fuga inEgitto fosse stata «da ogni parte rifon-data», ma non è certo se si intendes-se dire che fosse stata restaurata o ri-costruita sui resti di una precedentecappella distrutta. Certo è che la suacostruzione è successiva al progettocinquecentesco di fra Tommaso. Lacappella ha struttura estremamentesemplice, con pianta quadrata e fac-

ciata racchiusa tra un basamento euna cornice, con portale e oculo. Ri-salenti al xix secolo, le statue che sitrovano all’interno, di un modellatosemplice e non troppo raffinato, rap-presentano uno degli episodi più ca-ri alla tradizione mariana: la Fuga inEgitto di Giuseppe e Maria insiemea Gesù per scampare a Erode. I per-sonaggi sono qui preceduti dalla fi-gura di sant’Antonio Abate, il cui in-serimento si giustifica per la diffusa

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venerazione del santo nella zona, co-me dimostra un’altra scultura dedi-cata al medesimo eremita nell’edico-la dell’ingresso alla chiesa. Nel piedi-stallo della Vergine si legge agevol-mente il nome dell’artista e l’annod’esecuzione: «Marianus Bondi fecit/A.D. 1836 Vola Terrano».

Tornando verso la stradaprovinciale, si raggiungel’altura a ovest, identificatacome monte degli Ulivi. A destra

23. cappella dell’ascensionepatronato famiglia PittiIl monte degli Ulivi presso Gerusa-lemme è il luogo in cui Cristo tra-scorse la notte prima della condannae in cui avvenne la sua Ascensione alcielo quaranta giorni dopo la Resur-rezione. Nel iv secolo, sul punto incui, secondo una leggenda condivisada cristiani e mussulmani, Cristoavrebbe lasciato l’ultima traccia dellasua presenza fisica sulla terra – cioèl’impronta del suo piede destro ri-masta impressa nello slancio che sidiede per ascendere al cielo – vennecostruita una piccola chiesa a piantacentrale, al centro della quale un bal-dacchino circondava l’impronta del-l’Ascensione; più tardi i Crociati tra-sformarono l’edificio in una cappel-

la ottagonale conservando il baldac-chino, sempre ottagonale; dopo la ri-conquista musulmana il complessoandò progressivamente distrutto, marimase l’edicola centrale, sebbenechiusa ai lati e trasformata in mo-schea: la cappella dedicata all’Ascen-sione a San Vivaldo si rifà a questaparte centrale. Gli otto lati sono se-gnati da pilastri angolari con capitel-li tuscanici e da archi a tutto sesto.Stretto è il rapporto tra il disegno ar-chitettonico e la simbologia. Non so-lo, infatti, la cappella è sollevata suuna base a indicare l’elevarsi di Cri-sto, ma la sua pianta ottagonale ha unpreciso significato in relazione alla Re-surrezione. Fin dalla prima cristianitàl’ottagono era messo in relazione conla salvezza dell’uomo mediante Cri-sto: dalla vita umana scandita dai set-te giorni della settimana, tramite ilbattesimo, il cristiano entra nella vi-ta eterna, fuori dal tempo, in un me-taforico ottavo giorno in cui la mor-te viene vinta dalla Resurrezione.All’interno della cappella, entro unanicchia a forma centinata, viene dun-que rappresentato con semplicità echiarezza l’episodio più atteso dal pel-legrino. In alto Cristo a braccia aper-te, circondato da quattro angeli,ascende in cielo, mentre in basso laMadonna e gli apostoli, disposti incerchio, assistono tra stupore e gioiaall’evento. Le pose variate dei perso-

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naggi, tra cui quella stupenda di sanGiovanni Evangelista che con la ma-no destra sopra la fronte fa cenno diripararsi dalla grande luce, rispondo-no a un intento di grande verosimi-glianza. La tipologia del Cristo ri-specchia certamente il modello fran-cescano che privilegia un ideale di ab-negazione e di rinuncia. La scultura interracotta fa parte del ciclo più anti-co del complesso sanvivaldino, che,realizzato sotto la direzione di Gio-vanni Della Robbia, vide all’opera an-che i suoi tre valenti figlioli: Marco,Lucantonio e Simone, tutti e tre vit-time della peste nel 1527 secondo Va-sari. Sul pavimento, a destra, è visibi-le su una pietra l’impronta del piededi Gesù in analogia a quella della cap-pella gerosolimitana.

La zona circostante è una forrain fondo alla quale corre il torrente Egola. Nel progettodi fra Tommaso viene sfruttatala configurazione del luogo: il «borro ai frati» si identificherebbe con la Valle di Giosafat, mentre il fiumecorrisponderebbe al Cedron di Gerusalemme. Secondo i documenti e le testimonianzein questa zona erano altrecappelle, in gran parte andate distrutte

Qui, in prossimità della strada provinciale,termina la visita.

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La devozione del Sacro Monte in Italia

I l fenomeno dei Sacri Monti, forme espressive di pittura, scultura, ar-chitettura a destinazione devota, ebbe il prototipo nel complesso di Va-

rallo Sesia, fondato nel 1493 da Bernardo Caimi, al quale si ispira lo stes-so San Vivaldo. Con il passare del tempo, tuttavia, e soprattutto in epo-ca controriformata, questi esemplari si diffusero moltiplicandosi in tut-to l’arco pedemontano che va dal Piemonte alla Lombardia, sul versan-te cattolico delle Alpi, quasi a definire una sorta di baluardo contro i vi-cini paesi protestanti. Si possono ricordare, oltre ai più celebri Sacri Mon-ti di Varese e di Arona, le realizzazioni di Ivrea, di Oropa, di Domo-dossola e il progetto di Craglio. Questo fenomeno dei Sacri Monti, stu-diato fino agli anni Sessanta del secolo scorso per lo più a livello dell’e-rudizione locale, ha trovato dignità di studio e soprattutto il riconosci-mento di poesia e arte di un mondo espressivo dal tono minore e dallaprogrammatica destinazione popolare, connotato da una religiosità emo-tiva, quasi antagonista della razionalità e dell’intellettualismo del cri-stianesimo rinascimentale.Il complesso del Sacro Monte di San Vivaldo, anche se dipendente con-cettualmente da Varallo Sesia, ha saputo conservare più intatto il princi-pio ispiratore di Bernardino Caimi di riproduzione dei luoghi santi diGerusalemme, profondamente alterato nella stessa Varallo Sesia, dove alprogramma iniziale subentrò la commemorazione figurale degli episodidella vita di Cristo.Tuttavia, anche nella stessa San Vivaldo si assiste a una parabola che, par-tendo da una vocazione storico-devozionale e civica nel luogo della vitae della morte del santo eponimo, passa alla costruzione francescana geo-

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graficamente rigorosa della Gerusalemme terrestre, fino all’acquisizionedei caratteri dei Sacri Monti pedemontani.La profonda ridefinizione del culto porta a una trasformazione radicaledell’impianto e dell’arredo delle cappelle esistenti, con la nuova costru-zione di altre, giungendo infine, già nel corso del secolo XVII, alle originidella devozione della Via Crucis, che proprio in Toscana trova una del-le prime realizzazioni nel Monte alle Croci di San Salvatore a Firenze,pur conservando la propria complessità semantica e storica.L’impianto originario di San Vivaldo venne modificato con il cambia-mento di dedicazione di alcune cappelle, l’edificazione ex novo di altre,la distruzione di altre ancora, non più ricostruite a causa del declino delculto originario. Il complesso, inoltre, si ampliò fino a rappresentare sim-bolicamente non solo Gerusalemme, ma l’intera Terrasanta.Anche se molto sinteticamente, bisogna ricordare che complessi simili han-no avuto una diffusione europea ed extraeuropea, con delle specificità le-gate alle varie culture.Dal Mediterraneo al Baltico, dalla penisola iberica alle pianure polac-che (Katowiçe), la rappresentazione della vita e della passione di Cristoè stata vista come strumento di un’efficace didattica, da esportare ai finidell’evangelizzazione anche nelle nuove colonie americane, come a Con-gonhas do Campo, in Brasile, dove operò tra la fine del Settecento e gliinizi dell’Ottocento il più grande scultore locale, Aleijadinho.

Rosanna Caterina Proto Pisani

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Itinerari

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SS 429

SS 6

7

SS 436

S.G.C. FI-PI-LI

Terricciola

Capannoli

Peccioli

Palaia

Montaione

CASTELFIOREN

GambassiTerme

Montopoliin Val d'Arno

Santa Mariaa Monte

Castelfrancodi Sotto

SAN MINIATO

EMPOLI

Vinci

Cerreto Guidi

FUCECCHIO

Santa Crocesull'Arno

San Vivaldo

Castelfalfi

Pillo

Case Nuove

Sughera

Iano

Villamagna

Ghizzano

LegoliMura

CambiaCastelnuovo d'Elsa

Dogana

Sant'Andrea

Molin Nuovo

Monterappoli

PozzaleCase Nuove

Brusciana

Cerbaiola

Pontea Elsa

Osteria Bianca

Pianezzoli

Marcignana

Vitiana

Bassa

Isola

Parrino

Cusignano

Roffia

San Donato

Le Botteghe

La Serra

Balconevisi

CorazzanoColleoli

Marti

San Gervasio

Forcoli

Stibbio

Cerretti

Montecastello

San Romano

Torre

Castel del Bosco

Montecalvoli

Treggiaia

Staffoli

ToianoGalleno

Massarella

Spianate

Partino

Montefoscoli

Fabbrica

Montecchio

Selvatelle

Baccanella

Alberi

Vitolini

Sant'Ansano

Sovigliana

Spicchio

Apparita

La Rotta

Querce

Pinete

Ponte diMasino

Cerbaia

Lazzeretto

Borgano

FornelloOrbignano

La StellaVilla Campanile

San Donato

MeletoFontanella

Pontorme

Padule diFucecchio

Ponte aCappiano

Le Vedute

Spedaletto

San Pierino

San Genesio

Cavallaia

San Zio

Tinaia

CortenuovaAvane

Palagio

Tonda

Coiano

Pieve diSanta Mariaa Chianni

GambassiambTermeTTerm

Montaione a neonM

San Vivaldoa o

Pieve diP ve Santa Mariaa Ma Chiannian

SS 429

San Gimignano

Montaione

CASTELFIORENTINO

Gambassi Terme

CERTALDO

San Vivaldo

Castelfalfi

Badia a Cerreto

Pillo

Case Nuove

Sughera

Iano

Villamagna

Varna

Ghizzano

Legoli

Pancole

Mura

DoganaCorazzano

Petrazzi

Catignano

Alberi

Canonica

Sant'Andreaa Gavignalla

Palagio

Tonda

Coiano

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San Vivaldoalld

Iano

PalagioPa agio

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Sughera

Pieve diSanta Mariaa Chianni

I dintorni della Gerusalemme di San Vivaldo

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SS 429

SS 2

SS 2

SS 6

7

SS 429

S.G.C. FI-P

I-LI

A 11

S.G

.C. F

I-SI

S.G.C. FI-SI

FIRENZESCANDICCI

Impruneta

San Cascianoin Val di Pesa

Tavarnellein Val di Pesa

BarberinoVal d'Elsa

POGGIBONSI

NTINO

CERTALDO

Montespertoli

SIGNA

LASTRA ASIGNA

MontelupoFiorentino

Limite sull'Arno

Badiaa Cerreto

Varna

Pancole

Le Case di Sciano

L'ugolino

Il Ferrone

Calcinaia

Mercatale

Sant'Andreain Percussina

Falciani

Romola

Chiesanuova Tavarnuzze

Pozzolatico

Mosciano

Cerbaia

SpedalettoTalente

S. Quirico inCollina

Cascinedel Riccio

Bagnolo

Passo deiPecoraiLe Quattro

Strade

Montefiridolfi

Montagnana

San PancrazioLucignano

Lucardo

Baccaiano

Fornacette

Martignana

Ortimino

ano

Villanuova

Fibbiana

Petrazzi

Catignano

Il Pino

Fiano

Marcialla

Ulignano

Vico d'Elsa

Noce

Tignano

San Donato

Passignano

Sambuca

Calzaiolo

Bargino

Romita

Ginestra Fiorentina

San Vincenzoa Torri

Capraia

MalmantileSan Martino alla Palma

Poggio alla Malva

Artimino

Castra

Comeana

LecoreSerra

BrucianesiCamaioni

Galluzzo

Bottai

Giogoli

San Gaggio

Certosa

Due Strade

Poppiano

San Pieroin Mercato

Coeli Aula

Botinaccio

San Michelea Torri

Anselmo

Badia a Settimo

San Salvatorea Settimo

Samminiatello

Sammontana

Scopeti

Semifonte

Santa Mariaa Bagnano

Canonica

San Gaudenzioa Ruballa

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Da Firenze alla Gerusalemme di San Vivaldo

villa, casapodere, f, afaf ttoria

chiesa,abbazia,monastero

torre,castello

museo

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T ra le varie strade che si possono scegliere, in alter-nativa alla via Volterrana, si può giungere a Mon-

taione passando per San Casciano e Certaldo. Uscen-do da Firenze per la porta Romana si prende la via Se-nese che, poco dopo, lascia sulla destra quella che fula medievale fonte di Colombaia e sale all’ex conven-to di San Gaggio (sulla sinistra), di fondazione tre-centesca. Oltrepassate le Due Strade, là dove inizia laparte nuova della via Senese, svoltando a sinistra e su-bito dopo a destra si può prendere la vecchia strada re-gia Romana, oggi via del Podestà, che sale al conven-to del Portico, anch’esso fondato nella prima metà delTrecento e con la chiesa ammodernata nel Seicento,dove sono varie opere d’arte; la strada corre poi in po-sizione di crinale, passando davanti alla bella villa del-la Favorita (sulla sinistra), che fu dei Giugni, per scen-dere nella vasta piazza Acciaioli del Galluzzo, primadella quale, sulla destra, si distingue il quattrocentescoPalazzo del Podestà, con la facciata ornata di vari stem-mi, che ricorda la passata funzione di comune di que-sta località.Dalla piazza si riprende la strada per Siena che corre aipiedi del colle ove sorge la grandiosa Certosa del Gal-luzzo (o di Val d’Ema), fondata nel 1342 dal fiorenti-no Niccolò Acciaioli, oggi abitata da monaci Cister-censi. È un grande complesso che già all’esterno rive-la la presenza delle tipiche cellette che furono abitatein origine dai Certosini; all’interno sono vari edifici di

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Italo Moretti

Da Firenze a Montaione

Montaione.Veduta

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notevole qualità tra i quali si distingue il massiccio pa-lazzo Acciaioli, residenza del fondatore, completatonel Cinquecento, ora sede di istituzioni e iniziative cul-turali e di una pinacoteca che conserva affreschi delPontormo. Su un vasto piazzale prospetta la chiesa diSan Lorenzo, di origine trecentesca ma ristrutturatanel Cinquecento, mentre la vicina chiesa dei monacimantiene i caratteri del xiv secolo, con volte a crocie-

Fig. 1. Certosa del Galluzzo

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ra; arricchiscono il complesso religioso alcune cappel-le, i chiostri e altri ambienti: il Colloquio, il Capitolo,la Foresteria.Oltrepassato lo snodo per l’autostrada del Sole e per lasuperstrada per Siena e il successivo abitato di Tavar-nuzze, il cui nome ricorda un’antica funzione viaria, sigiunge alla località di Scopeti dove, sulla destra, si de-via sull’omonimo ponte per prendere la vecchia via Ro-mana che sale attraverso un bosco, per poi aprirsi nel-l’ameno paesaggio con campi, case coloniche e ville e

119da firenze a montaione

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toccare Sant’Andrea in Percussina, con l’Albergaccio,che fu dimora di campagna di Niccolò Machiavelli.Proseguendo in uno scenario analogo si torna sulla mo-derna strada statale alla periferia di San Casciano Val diPesa, dove una deviazione sulla sinistra porta alla pie-ve di Santa Cecilia a Decimo, nel cui toponimo è il ri-cordo del decimo miglio di un’antica strada romana.San Casciano in Val di Pesa, in passato indicato comea Decimo, sorse come importante castello dei vescovidi Firenze, per passare poi sotto il controllo del comu-ne cittadino, legato alla Repubblica fiorentina, che lopose a capo di una podesteria comprendente una qua-rantina di popoli. Del suo passato medievale conservaqualche tratto delle mura costruite dai Fiorentini nelTrecento, con il cassero e una della porte. All’internodell’abitato la chiesa di Santa Maria al Prato, fondata

Fig. 2. Sant’Andrea in Percussina, l’Albergaccio

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dai Domenicani nel Trecento, oggi della Misericordia,contiene varie opere d’arte, tra cui una Croce dipinta daSimone Martini e la Madonna col Bambino; San Pietroe San Francesco di Ugolino di Nerio. La chiesa di San-ta Maria del Gesù, dai caratteri seicenteschi, è oggi se-de del Museo d’Arte Sacra che raccoglie opere d’arte dinotevole qualità – provenienti da chiese dei dintorni –tra le quali il Dossale di san Michele Arcangelo di Cop-po di Marcovaldo e la Madonna col Bambino di Am-brogio Lorenzetti.Si prosegue sulla strada che scende verso il fondovalledella Pesa, passando per la villa del Borromeo, sempreattraverso un paesaggio altamente umanizzato, per ri-salire, al di là del fiume, sulle colline che fanno da spar-tiacque con il torrente Virginio. Si giunge all’abitato diSan Pancrazio, che prende il nome dalla pieve di San

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Fig. 3. San Casciano, le antiche mura

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Pancrazio. L’architettura di questa pieve è riferibile al-l’epoca protoromanica dell’inizio dell’xi secolo, comeancora indica il tipo di coronamento esterno ad arca-telle e i piccoli fornici delle due absidi superstiti, ma ilsuo interno a tre navate spartite da pilastri appare frut-to di un ripristino in stile del primo Novecento; vi siconservano varie opere d’arte.Proseguendo sulla via Certaldese, attraverso la piccolavalle del Virginio, tra dolci colline in prevalenza colti-vate, si giunge ad affacciarsi sulla Valdelsa. Sul colle piùalto, con un’ampia veduta a tutto tondo, si trova il ca-stello di Lucardo, cui si giunge con una breve devia-zione sulla sinistra. Il castello, ricordato fin dall’viii se-colo, fu luogo d’origine dell’importante famiglia deiLucardesi; delle sue strutture medievali rimane qual-

Fig. 4. Pieve di San Pancrazio

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che tratto delle mura conuna torre e una porta, oltrealla chiesa dei Santi Marti-no e Giusto, con elementiromanici, trasformata nelxviii secolo; conserva al suointerno varie opere d’arte,tra le quali, dietro l’altaremaggiore, la Madonna esanti di Raffaello Botticini.Ripresa la strada per Cer-taldo si passa presso la chie-sa di San Donato a Lucardo,che conserva ancora l’im-pianto e parte delle strut-ture d’età romanica, per poigiungere al moderno abita-to di Fiano. Poco dopo, unbivio sulla sinistra conducecon breve deviazione allapieve di San Lazzaro a Lu-

cardo, ricordata fin dalla prima metà del x secolo. Sitratta di un grande edificio a tre navate concluse da ab-sidi e spartite da archeggiature sostenute da semplicipilastri quadrilateri (alcuni conservano affreschi di Cen-ni di Francesco), con i resti di una cripta sotto il pre-sbiterio; la facciata, preceduta da una tettoia, reca an-cora le tracce di una trasformazione di epoca barocca,eliminata all’interno in occasione di restauri del secondoNovecento. Il coronamento esterno delle absidi, conpiccoli fornici inseriti dentro arcatelle pensili spartiteda lesene, la ricassatura delle arcate di valico e dell’ar-co absidale, si rifanno a quei caratteri d’origine lom-barda che caratterizzano i primordi della grande ripre-sa romanica dell’xi secolo.

123da firenze a montaione

Fig. 5. Pieve di San Lazzaroa Lucardo

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La strada scende ora nellavalle del torrente Agliena,prima tenendosi sulla de-stra, poi sulla sinistra, aven-do all’orizzonte il colle diCertaldo ai cui piedi con-fluisce sulla strada stataledella Valdelsa. Il castello diCertaldo, patria di Boccac-cio, dei conti Alberti e poisede vicariale della Repub-blica fiorentina, occupa lasommità di una collina conle sue architetture medie-vali in mattoni. All’internodelle mura castellane – checonservano ancora le treporte originali (Alberti, delSole e del Rivellino) – gliedifici di maggiore interes-se sono quasi tutti concen-trati sulla via Boccaccio. Si ricordano i palazzi trecen-teschi di Scoto da Semifonte e dei della Rena, in viadella Rena presso l’innesto con via Boccaccio; su que-sta il palazzo Giannozzi, in angolo con piazza Santissi-ma Annunziata, dove prospetta anche il palazzo Stioz-zi Ridolfi, con a lato le tre arcate – ora tamponate – delmercato. Più oltre, sulla sinistra, è la Casa del Boccac-cio, assai ricostruita dopo i danni dell’ultima guerra, e,adiacente, il palazzo Machiavelli, nella piazzetta accantoprospetta la chiesa dei Santi Jacopo e Filippo, tardo ro-manica, con a lato un chiostro trecentesco. Al terminedella via Boccaccio, in posizione rialzata è il PalazzoPretorio, preceduto da una semplice loggia, che fu inorigine dimora degli Alberti, poi adattato a residenza

Fig. 6. Pieve di San Lazzaro.Interno

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Fig. 7. Certaldo. Veduta del borgo antico

Fig. 8. Certaldo. Uno scorcio del centro cittadino

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dei vicari di Firenze. Oggetto di un ripristino in stile,il palazzo mostra prevalenti caratteri di tardo Quattro-cento, con un cortile, una cappella e vari ambienti or-nati di opere d’arte. Accanto è la ex chiesa di San Tom-maso, che contiene, rimontati, gli affreschi staccati delTabernacolo dei Giustiziati, di Benozzo Gozzoli, men-tre sul fianco destro, in un edificio vi sono i resti del chio-stro; di fronte è la bella torre dei Lucardesi.Da Certaldo, attraversata la ferrovia e l’Elsa, la stradasale fino a lambire la Badia a Cerreto, dedicata a SanPietro e fondata dopo la metà dell’xi secolo. Abitata daiCamaldolesi fino alla soppressione imposta da Inno-cenzo x a metà del xvii secolo, la Badia conserva anco-ra qualche traccia del suo passato medievale. Prose-guendo tra dolci colline e in leggera salita, si lascia sul-la sinistra la strada per Sant’Andrea a Gavignalla, la cuichiesa presenta resti di strutture romaniche, ben con-

Fig. 9. Certaldo. Il Palazzo Pretorio

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servate nella parte absidale. Più oltre, si stacca sulla de-stra la strada che scende a Castelfiorentino, passandoper Varna, località che fu sede di un castello dei Cado-lingi e di una canonica che mantiene poche tracce delsuo passato medievale a causa di una ristrutturazioneoperata nel xviii secolo.Si giunge a Gambassi (oggi Gambassi Terme), castellodocumentato nel 1037, ma entrato poi sotto il control-lo del vescovo di Volterra e ricostruito dai suoi abitantinella posizione attuale verso la fine del xii secolo. Il suocentro storico, a testimonianza di questo rinnovamen-to, conserva un impianto che denuncia una certa ope-ra di pianificazione urbanistica organizzata su tre vieprincipali, dall’andamento abbastanza rettilineo e pa-rallelo, due delle quali confluiscono nella piazza princi-pale. Tra i resti di architetture medievali che vi si con-servano sono da notare quelli della ex chiesa dei Santi

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Fig. 10. Le campagne in prossimità di Gavinalla

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Jacopo e Stefano, in cottocon due portali.A breve distanza dall’abi-tato, sulla strada che con-duce a Castelfiorentino, èla pieve di Santa Maria aChianni, una delle chieseromaniche più imponentidella campagna toscana. Ilprimo ricordo è quello la-sciato da Sigerico, arcive-scovo di Canterbury, che,tornando da Roma, vi pas-sò tra il 990 e il 994, mal’edificio era già stato rin-novato in un sito diversonel 1210, quando viene ci-tata una «pieve vecchia»,toponimo ancora esisten-te nei pressi di Gambassi.La chiesa si presenta conun grande impianto a tre navate spartite da colonne,al termine delle quali, mediante tre archeggiature tra-sversali e rialzato di alcuni gradini, è un ampio tran-setto sporgente. Nella parete terminale di questo siaprivano cinque absidi semicircolari, ma quella cen-trale, assai più ampia, è stata sostituita alla metà delCinquecento da una scarsella quadrilatera con la vol-ta a botte riccamente decorata in terracotta. La deri-vazione pisana della pieve, oltre che dalle colonne in-terne e dalle sottili colonne addossate alle pareti deltransetto che dovevano dar vita ad arcate cieche, è sot-tolineata dalla parte superiore della facciata con dueloggette cieche sovrapposte. Che questa derivazioneculturale risenta della cattedrale di Volterra lo indica

Fig. 11.GambassiTerme. Chiesa dei santiJacopo e Stefano

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il motivo basso della facciata con tre archeggiature do-ve in quella centrale, assai più ampia delle altre, si apreil portale, e dalle quattro absidi minori del transettoricavate nello spessore della parete terminale. La pie-ve di Chianni si distingue anche per la ricchezza pla-stica dei capitelli, uno dei quali firmato da un«Joha(nnes) Bundi vulus», forse il lapicida o un per-sonaggio che ebbe una parte importante nella costru-zione della chiesa. Tutti diversi tra loro e di fatturarozza ma suggestiva, i capitelli recano motivi di varianatura: unghiature, foglie angolari, volute, fogliami sti-lizzati, elementi architettonici, teste umane; singola-re è un capitello con due teste, il collo di ciascuna del-le quali si prolunga nel fusto della sottostante colon-na fino alla base.

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Fig. 12. Gambassi Terme. Pieve di Santa Maria a Chianni

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Da Gambassi Terme si prosegue sulla via Volterrana fi-no al bivio per Montaione (sulla destra), presso il Pog-gio dell’Aglione, dov’è un parco pubblico. Poco oltre,sulla sinistra della strada, sono i resti della grande ci-sterna romana del Muraccio, di prima età imperiale;sulla destra invece, là dove il toponimo Figline ricordauna passata attività di fornaciai, si trova la bella villa diSant’Antonio, dai caratteri rinascimentali, che vennedonata dai Medici a Vincenzo da Filicaia; dopo pocosi giunge a Montaione.

Montaione e il suo territorio

Il territorio di Montaione si estende su un’area collinareche, dal versante sinistro della Valdelsa, occupa la con-tigua valle del torrente Egola; una volta era assai più

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Fig. 13.GambassiTerme.Santa Maria a Chianni, un particolaredella facciata

Fig. 14. Montaione. Veduta

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ampio, avendo perso nella seconda metà dell’Ottocen-to le frazioni di Castelnuovo e Coiano, passate a Ca-stelfiorentino, e, nel 1917, il territorio che andò a for-mare il nuovo comune di Gambassi. È un’area di anti-co insediamento, attestato da numerosi ritrovamentietruschi e romani. Nel Medioevo vi fu un diffuso in-castellamento promosso sia da famiglie importanti, co-me i Cadolingi e i Gherardeschi, sia da signori locali,quali i Figlinesi e di Collegalle. Tra i castelli più im-portanti possono essere ricordati Barbialla, Campore-na, Castelfalfi, Collegalli, Figline, le Mura, Montaio-ne, Tonda, Vignale.Tra questi castelli emerse su tutti Montaione, che di-venne sede di un comune. Compreso nella diocesi diVolterra, è ricordato per la prima volta in un atto di do-nazione del 981 e giunse in seguito ad organizzarsi incomune nell’ambito della giurisdizione di San Minia-to. Poco dopo la metà del Duecento (1268), gli abitan-ti di Montaione, insofferenti al controllo dei sanmi-niatesi, offrirono il loro castello a San Gimignano, su-scitando una vertenza che coinvolse anche il comunedi Firenze, che ne stabilì il ritorno sotto San Miniato.Soltanto dopo la sconfitta di questo castello da parte deiFiorentini, nel 1369, Montaione fu sottomesso e inse-rito nel contado di Firenze divenendo sede di podeste-ria, evento sancito nel 1370. Le controversie con SanMiniato durarono tuttavia a lungo, soprattutto per ilpossesso della Selva di Camporena.Del centro storico di Montaione Emanuele Repettiscriveva che «la terra quasi ovale è difesa da mura ca-stellane turrite, e cadenti con due porte principali, lafiorentina e la pisana e una postierla; ma le interne abi-tazioni sono comode, decenti e regolarmente dispostelungo tre strade parallele». Non si hanno notizie di unarifondazione che spieghi la regolarità della forma ur-

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bana, come, ad esempio, è stato per il vicino castellodi Gambassi. I danni causati dall’ultima guerra mon-diale hanno portato alla scomparsa delle porte e di unaparte delle torri. Nella piazza, tangente all’asse viariocentrale, sorge la chiesa: in origine dedicata a San Bar-tolomeo, ha ora il titolo di San Regolo, che è quellodell’antica pieve di Montaione, della quale rimane iltoponimo Pievevecchia, poco a nord-est del capoluo-go. La chiesa, che nel 1369 ospitò il Consiglio genera-le del Comune che sancì la sottomissione a Firenze, sipresenta come il frutto di vari interventi d’età moder-na e la sua unica navata è scandita da membrature inpietra serena, così come gli altari laterali, con una so-brietà più vicina alla tradizione manieristica che al Ba-rocco; all’interno si conservava una Madonna col Bam-

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Fig. 15. Montaione. Le mura cittadine

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bino attribuita a Guido di Graziano, maestro senesedella fine del xiii secolo, ospitata attualmente in ca-nonica e sostituita in chiesa da una riproduzione fo-tografica. Poco discosto dalla piazza, sulla destra dellachiesa è il Palazzo Pretorio, di origine forse quattro-centesca, ma assai rimaneggiato nella prima età mo-derna; nella facciata vari stemmi in pietra e terracottainvetriata ricordano la passata funzione di residenzadei podestà.

Da San Vivaldo a Iano e al PalagioDa San Vivaldo si prosegue per la stessa strada, attra-verso una suggestiva e boscosa campagna, fino a giun-gere al borgo di Iano, il cui toponimo denuncia un’o-rigine romana e la cui chiesa di Sant’Andrea è ricorda-ta fin dall’inizio dell’xi secolo. Proseguendo oltre unabreve deviazione sulla sinistra conduce al villaggio delPalagio e quindi alla Pietrina, attuale denominazionedel castello della Pietra, del quale rimangono i resti didue torri e di una chiesa.

Da San Vivaldo a CastelfalfiRetrocedendo brevemente da San Vivaldo, una stradasulla sinistra conduce a Castelfalfi, l’insediamento sto-ricamente più importante del comune di Montaione,dopo il capoluogo, oggi al centro di una vasta proprietàagricola. Già nel nome denuncia l’origine longobarda(dal nome personale germanico Faulf ) ed appare cita-to poco prima della metà dell’viii secolo in un docu-mento dell’abbazia di Monteverdi. Nel basso Medioe-vo assunse quella struttura fortificata che, in parte, con-serva ancor oggi. Interessante la chiesa dedicata a SanFloriano, ad unica navata e di origine romanica, comeattesta la facciata con un portale dall’arco bicromo.

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Da San Vivaldo a Montaione per Tonda e SugheraSi può tornare da San Vivaldo a Montaione con un per-corso più lungo, ma che permette di apprezzare tuttala bellezza della campagna nella valle dell’Egola. Re-trocedendo sulla strada percorsa da Montaione, si pren-de sulla sinistra la strada che passa per il Poggio dellaMadonna, passando poi per Pian della Casa e il Pode-re della Fornace, poco dopo il quale una deviazione sul-la sinistra porta al castello di Tonda. Ricordato in undiploma di Ottone iv del 1212, fu comprato da San Mi-niato nel 1267 e sottomesso a Firenze nel 1370. Oggil’abitato, all’interno del quale emerge la ex chiesetta, sipresenta ben restaurato per uso turistico.Tornati sulla strada principale, si prosegue fino al ca-stello di Sughera che, nel 1186, l’imperatore Arrigo vidonò al vescovo di Volterra. L’abitato, organizzato suuna strada affiancata da vecchie case, con alcuni vicolie una piazzetta con il pozzo, appare ben conservato.Sulla strada già fatta, dopo Tignamica, si può deviare asinistra sulla strada che, per San Cerbone, Poggerello eSan Pietro, scende al Mulino di Alberi e da qui salirealle Mura, ricordato come castello di una certa impor-tanza, dove ci si immette sulla strada che da Montaio-ne conduce a Ponte a Egola, nel Valdarno inferiore fio-rentino. Su questa strada si può proseguire fino a Bar-bialla, castello che fu dei Cadolingi, dei Gherardeschie del vescovo di Volterra, per passare a Firenze nel 1370,oggi trasformato in villa, oppure tornare direttamentea Montaione.

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SS 429

SS 6

7

SS 436SS 429

S.G.C. FI-PI-LI

Montaione

CASTELFIORENTINO

GambassiTerme

CERTALDO

SAN MINIATO

Montespertoli

MontelupoFiorentino

EMPOLI

FUCECCHIO

San Vivaldo

Castelfalfi

Badia a Cerreto

Pillo

Case Nuove

Sughera

Iano

Varna

Ghizzano

Legoli

Pancole

Mura

Martignana

OrtiminoCambianoCastelnuovo

d'Elsa

Dogana

Sant'Andrea

Molin Nuovo

Monterappoli

PozzaleCase Nuove

Villanuova

Brusciana

Cerbaiola

Fibbiana

Pontea Elsa

Osteria Bianca

Pianezzoli

Marcignana

Vitiana

Bassa

Isola

Parrino

Cusignano

Roffia

San Donato

Le Botteghe

La Serra

Balconevisi

Corazzano

Stibbio

Petrazzi

Catignano

Alberi

Ginestra Fiorentina

Capraia

Sovigliana

Spicchio

MeletoFontanella

San Pieroin Mercato

Coeli Aula

BotinaccioAnselmo

Samminiatello

SammontanaPontorme

San Pierino

San Genesio

Tinaia

CortenuovaAvane

Canonica

Sant'Andreaa Gavignalla

Tonda

Coiano

BrusciananaB

Molin Nuovoo

Sant'AndreaeaFontanella

ENTINOENTRENRE TINENTINOORECASTELFAS LFIFILFFIOOO

Case Nuoveeee

San VivaldoViv

taioneoMonttaon

Iano

GambassGamTermeTer

PillooPPil

Pieve diSanta Mariaa Chianni

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Un affascinante paesaggio naturale di colline rigo-gliose, intriso di storia, di risorse naturali e di tra-

dizioni, di musei, di eleganti ville, di borghi medieva-li, ma anche di campi coltivati, filari di viti e oliveti chelasciano il posto talvolta a vedute più aspre, quelle dimoderni insediamenti industriali. È il territorio del-l’Empolese-Valdelsa, nel cuore della Toscana, strategi-camente sviluppato intorno alle città di Firenze, Pisa eSiena e un tempo itinerario obbligato di antichi pelle-grinaggi lungo la via Francigena, che attraversa per al-cuni tratti la Valdelsa e che fu storico crocevia di traf-fici e di commerci lungo la valle dell’Arno, naturalecollegamento tra Firenze e Pisa.Lasciato il medio corso dell’Arno, le colline del Mon-talbano a nord e la Valdelsa a sud racchiudono un ter-ritorio ancora lontano dai flussi del turismo di massa,molto interessante dal punto di vista storico-artisticoe paesaggistico. In questo ricco comprensorio tante so-no le aziende artigianali che hanno contribuito alla ric-chezza degli undici comuni del territorio e che oggi,sono divenute vere e proprie piccole “industrie”. Co-me alcune attività tradizionali dell’artigianato artisti-co così anche i prodotti enogastronomici conservanoancora tutto il sapore della storia e della tradizione po-polare, grazie a ingredienti semplici, naturali e prove-nienti dalla cultura contadina.In queste campagne il cibo ha seguito da sempre il rit-mo delle stagioni, il ritmo del lavoro da svolgere nei

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Maria PilarLebole e BenedettaZini

Artigianato artisticoed enogastronomianel comprensorio Empolese-Valdelsa

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campi, e per ogni occasione di festa o ricorrenza le fa-miglie si riunivano e preparavano semplici ma preli-bate pietanze. Così il “companatico” era sicuramenteaccompagnato da pane fatto in casa una volta alla set-timana, con lunghi tempi di preparazione per esserconservato anche per oltre dieci giorni. La merendaera la classica “fettunta”, pane e pomodoro o pane ba-gnato con poco vino rosso e zucchero. I legumi eranomolto usati e tutti i giorni si cuocevano per arricchi-re minestre e zuppe, insieme a patate e cipolle (quel-le provenienti da Certaldo), cotte sotto la cenere: lacarne era infatti rara e consumata soltanto durante lefeste; tranne il coniglio, che era il piatto della dome-nica. I sapori di questa zona ancora oggi sono quellidi un tempo: le produzioni tipiche sono ancora la ci-polla a Certaldo e parzialmente anche a Montesper-toli, Gambassi Terme e Castelfiorentino. Il carciofo,che per la concorrenza sul mercato oggi vede la colti-vazione solo su piccola scala; e ancora asparagi, ceci efagioli e fichi verdini, da gustare con gli ottimi salu-mi locali. Ma il piatto forte è sicuramente la trippa inumido e al pomodoro tipica della zona di Castelfio-rentino.Questo breve excursus gastronomico lascia ora il postoalle attività artigianali più tipiche della zona. Ad Em-poli la lavorazione vetraria ha visto il maggior svilup-po nel periodo tra la prima e la seconda guerra mon-diale e dagli anni Cinquanta in poi ha intensificato laproduzione con la nascita di piccole e medie impresee con una conseguente diversificazione produttiva cheha aggiunto al più classico vetro verde dei fiaschi, del-le bottiglie e delle damigiane, anche articoli da tavolain vetro bianco e cristallo. La produzione di abbiglia-mento e di calzature rappresenta inoltre un importantepolo produttivo di carattere industriale. Accanto a

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questa, alcune attività artigianali conferiscono allacittà e agli altri comuni dell’Empolese una tipizzazio-ne di produzioni artistiche di notevole rilievo. A co-minciare da Montelupo Fiorentino, che nel suo cen-tro storico si presenta come un piccolo nucleo, stori-camente conosciuto per la ceramica. La ceramica ar-tistica infatti, sviluppatasi intorno al xv secolo, è an-cora oggi una produzione molto attiva e nel territoriorimangono tuttora antiche fornaci. Di grande rilievoanche la produzione di terracotta e vetro. Nel paese diCapraia si può ancora visitare la sede di una fornace escoprirne i vecchi ambienti, mentre nella vicina Li-mite, situata sulle pendici meridionali del Montalba-no, continua la produzione destinata alla cantieristicanavale, nonostante la ridotta navigabilità dell’Arno.Una storia dal sapore antico è offerta da Cerreto Gui-di, dove a settembre si svolge il “Palio del Cerro”, unamanifestazione con costumi rinascimentali e giochipopolari che si riallaccia a un’antica tradizione di cor-se a cavallo, documentata da secoli. Fucecchio, notaper il Padule, la riserva naturale della più grande pa-lude interna italiana, si distingue nel settore conciarioe per le calzature, che hanno assunto dimensioni in-dustriali dal dopoguerra, quando si è affermata anchela produzione di cappelli di paglia e di fiammiferi. Og-gi il suo territorio si annovera tra i sei comuni del di-stretto conciario del cuoio toscano – distribuiti fra laprovincia di Firenze e quella di Pisa comprendenteMontopoli in Val d’Arno, San Miniato, Santa Crocesull’Arno, Santa Maria a Monte – impegnati nella pro-gettazione, produzione e commercio di pelli. Tra leconcerie sono da considerare quelle di “rifinizione”,che operano per conto terzi. Il paese di Vinci, famosoper aver dato i natali al grande Leonardo, concentranel territorio fuori le mura la maggior parte delle bot-

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teghe e dei laboratori impegnati in un artigianato tra-dizionale e in oggetti d’uso, con lavorazioni semplici.Una produzione vetraria di grande interesse è con-centrata invece a Gambassi Terme, nota anche per lefamose acque rigeneranti per la salute. Qui la tradi-zione del vetro risale al Duecento e ancora oggi si pro-ducono manufatti artistici su modelli tradizionali.Una mostra permanente testimonia la produzione ve-traria in Italia dalla protostoria fino al xvi secolo edespone oggetti della vita quotidiana di Gambassi traxiv e xvi secolo. Montaione è un paese collinare com-preso tra l’Egola e l’Elsa, dove si può apprezzare il gran-de sviluppo delle attività agrituristiche che offrono ot-tima ospitalità oltre a prestigiosi gourmet a base del piùpregiato tartufo. Montespertoli accoglie un famosocentro per la Cultura del Vino e ha dato il nome an-che a una Strada del Vino dove si producono dueD.O.C.G: il Chianti Montespertoli e il Chianti Col-li fiorentini. Nel nucleo originario di Certaldo, quel-lo alto e racchiuso tra le mura medievali, le lavorazio-ni artigianali tradizionali affiancano attività di crea-zione artistica più varia e una volta all’anno, nel mesedi luglio, si svolgono spettacoli di mangiafuoco e bu-rattini durante il festival “Mercantia”: sei giorni di fe-sta. Castelfiorentino è situato in un asse strategico via-rio attraversato anche dall’antica via Francigena e per-tanto snodo di commerci sui vicini mercati di Empo-li e Poggibonsi. È oggi un distretto produttivo di na-tura industriale: piccole e medie industrie d’abbiglia-mento di mobili, di materiali da costruzione, di cal-zature e di metalmeccanica.Tantissime dunque le peculiarità riscontrabili in un ter-ritorio tutto sommato poco esteso e fondamentalmen-te ancora poco conosciuto dal turismo nazionale e in-ternazionale.

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Vetri antichi e pregiati tartufi nel sud della Valdelsa

Percorrendo la superstrada Firenze-Pisa-Livorno e uscen-do a Empoli ovest ci immettiamo nella strada statale n.429 in direzione di Castelfiorentino. Il territorio che ciaccompagna lungo questo primo tratto di viaggio è con-traddittorio: fabbriche dismesse si susseguono a picco-li orti coltivati e a popolose zone industriali e ancora adagriturismo e fattorie. La sensazione che si prova, inu-tile negarlo, è di disagio e delusione, malevolo riflessocondizionato di quanti sempre più spesso ormai si so-no abituati a leggere la terra di Toscana attraverso pati-nate brochure che ritraggono paesaggi ordinati e atmo-sfere idilliache, una natura selvaggia e silenziosa che benpoco ha a che fare con fabbriche e capannoni.La prima testimonianza di artigianato di tradizione lo-cale è affidata alla produzione vetraria. Come noto, intutto il territorio dell’Empolese Valdelsa quest’attivitàè ampiamente conosciuta e ha contraddistinto per se-coli l’identità produttiva dell’intera zona anche se adoggi i centri più famosi e conformi a questa tradizionerestano Empoli, Gambassi Terme e Montaione.Lungo l’itinerario, l’impressione che si ha attraversandole piccole frazioni di Brusciana, Molin Nuovo, Sant’An-drea Fontanella che ci accompagnano fino al limite del-la periferia di Castelfiorentino, è quella di una zona an-cora alla ricerca di una sua identità, combattuta tra lo svi-luppo industriale e la salda e radicata tradizione dellaterra. La Toscana vera, invece, è proprio qui. Case dinuova e antica fattura, tutte contornate da piccoli ortidove si intrecciano le più disparate coltivazioni, sono latestimonianza più grande della diffusa tradizione agri-cola che ha costituito per millenni il più grande vantodella zona della Valdelsa e che ne ha fatto uno dei “pol-moni agricoli” più fiorenti di tutta la regione.

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L’economia della zona si basa da sempre sullo svilup-po rurale. Una produzione ricca e varia che trae so-prattutto origine dalla grande fertilità del terreno e dauna conformazione ambientale particolare che si di-stribuisce fra brevi pianure e colline dal profilo moltoaddolcito che possono essere sfruttate con le tipichecoltivazioni a vite e olivo, ma che si dimostrano ancheparticolarmente adatte a ampie coltivazioni di tipo se-minativo.Fu proprio nel territorio di Castelfiorentino che il mar-chese Cosimo Ridolfi, illustre agronomo dell’Accade-

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mia dei Georgofili, fondò il primo Istituto agrario d’I-talia, dove si studiavano le tecniche agricole più inno-vative e che si proponeva di formare una nuova classedi agricoltori, con una profonda preparazione scienti-fica che andava dalla botanica alla geologia fino alla fi-sica, in grado di rivoluzionare il mondo agricolo tosca-no, ancora troppo radicato in una tradizione mezza-drile chiusa, che ne causava un progressivo ristagno eco-nomico. È proprio nella villa di Castelfiorentino del

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Fig. 1. Le campagne dell’Empolese

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Ridolfi che dal 1837 al 1853 si svolsero le famose “gior-nate agrarie” durante le quali agronomi di fama e pro-prietari terrieri provenienti da tutta la regione si riuni-vano per discutere di nuove tecniche di coltivazione,presentare moderni macchinari e scambiare prodotti.Non è un caso dunque che i più comuni contenitori perla raccolta dei prodotti vitivinicoli come i fiaschi, le da-me e le bottiglie in vetro verde abbiano rappresentatouna tra le più importanti produzioni di queste zone,dove la lavorazione del vetro ha permesso lo sviluppodell’economia del territorio.Da Castelfiorentino immettendosi nella strada provin-ciale n. 4 si raggiunge Gambassi Terme. Chi desideras-se conoscere l’antica tradizione dell’arte vetraria dellaValdelsa non potrà certamente ignorare questo Comu-ne, noto ai più per le benefiche acque termali, ma an-che importante centro di diffusione d’arte e di cultura.

Fig. 2. Campi coltivati

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Qui, nel palazzo comunale ha sede un’esposizione per-manente incentrata sulla produzione vetraria. La mostraè stata resa possibile dopo quindici anni di ricerche ecollaborazioni tra il Comune di Gambassi Terme e l’In-segnamento di Archeologia Medievale dell’Universitàdi Siena, che hanno sapientemente condotto ricerchearcheologiche e documentarie consentendo di delinea-re molti aspetti della produzione vitrea basso medieva-le e rinascimentale. La Mostra permanente sul vetro. Laproduzione vetraria a Gambassi (secoli XIII-XVI) intendedunque rivalutare la più importante produzione della zo-na, oggi purtroppo scomparsa, ma che già dal Medioe-vo fino a tutta l’Età Moderna ha rappresentato la vita eil lavoro dell’intera comunità valdelsana. Già dal xiii se-colo infatti Gambassi e la vicina Montaione erano af-fiancati ad Altare e Murano come centri più importan-ti per la lavorazione del vetro e alcuni documenti risa-lenti all’ultimo ventennio del Duecento attestano chenel territorio limitrofo a Gambassi fossero attive già ot-to fornaci dove si producevano soprattutto bicchieri,ampolle, lampade e urinali. A Germagnana, località aovest di Gambassi, è stata rinvenuta un’officina vetraria(fine del xiii secolo e metà del xiv secolo) con tre tipi difornaci attrezzate per le operazioni fondamentali del ci-clo produttivo: un forno per la preparazione della “frit-ta” (la pasta vitrea impura e opaca detta in Toscana “mar-zacotto”), una fornace grande per la fusione e per la la-vorazione e una più piccola per temperare gli oggetti la-vorati. Verso il xv secolo le fornaci attive si trovavano an-che all’interno dei centri abitati e questo denota un no-tevole aumento delle maestranze coinvolte in questa la-vorazione. I fattori che hanno determinato la vasta pro-duzione di vetro nel territorio sono sicuramente ricon-ducibili alle caratteristiche naturali, come il terreno bo-schivo, con la sua grande quantità di legname, e le roc-

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ce silicee e quarzifere. Uno deifattori importanti è sicura-mente quello geografico: la po-sizione di Gambassi Terme ri-sulta centrale rispetto alla Fran-cigena e alla Volterrana, le dueantiche vie di comunicazioneche hanno favorito lo scambiodi maestranze e oggetti. Testi-monianze dei bicchierai gam-

bassini si rintracciano anche in altre regioni d’Italia, lon-tane dalla Toscana, perché la loro attività riconducibileal vetro d’uso era molto apprezzata dal Piemonte alla Si-cilia e la qualità della produzione era sempre compara-ta ai più importanti centri di lavorazione del vetro a li-vello nazionale. Qual è stato il prodotto d’uso più co-mune a Gambassi Terme? Tra i molteplici modelli in ve-tro si distingue sicuramente il così detto “gambasino”,un particolare tipo di bicchiere prodotto in vetro verdeo incolore sulla cui superficie era impressa una decora-zione geometrica. La fabbricazione di questo oggettoavveniva in maniera talmente rapida che ne consentivaun’ampia diffusione, capace di soddisfare la grande ri-chiesta. La mostra, comprende anche un itinerario neiluoghi limitrofi al centro di Gambassi, molto attivi untempo nella produzione vetraria, come il parco archeo-logico di Germagnana con la ricostruzione dell’officinavetraria e il Centro per la Documentazione della tecnolo-gia e la produzione del vetro preindustriale.Un’altra produzione da segnalare, come in tutta la zonadella Valdelsa, è senza dubbio quella della lavorazione dellegno per cornici. Un’azienda leader nella produzione dimoltissime varianti di aste per cornici è la Albor spa checontribuisce inoltre allo sviluppo e alla crescita profes-sionale del mestiere attraverso proposte di aggiorna-

Fig. 3. Disegno di frammento di bicchiere “gambasino”

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mento, promuovendo la realiz-zazione di corsi sulla doratura ela decorazione per corniciai.Gambassi è una tappa fonda-mentale per chi crede negli effet-ti benefici delle acque termali.Prima di raggiungere il centro delpaese ci fermiamo a vedere lo sta-bilimento di acque termali di Pil-lo aperte dal 1974, rigeneranti eparticolarmente indicate per lecure dell’apparato digerente. Lostabilimento, immerso nel verdedi piante secolari, in un contestoambientale straordinario, offreun’acqua sorgiva ad alta minera-lizzazione, con valore terapeuti-co e curativo scientificamenteprovato. Il periodo consigliatoper le cure è da aprile a ottobre.Il territorio circostante (caratte-rizzato da boschi cedui, pinete,uliveti punteggiati da fattorie,castelli e ville coloniche e daideali condizioni climatiche) in-

vita l’escursionista a lunghe passeggiate a piedi, se-guendo i percorsi trekking, oppure a cavallo o in moun-tain bike e consente il pernottamento in innumerevo-li strutture ricettive e agriturismo che offrono una ri-storazione dal più tipico gusto toscano.I semplici sapori gambassini rievocano la tradizionecontadina di pietanze genuine. Zuppe e minestre, le-gumi tra cui i fagioli, e poi carni, principalmente di co-niglio cotte in umido, fritte e arrosto oppure manzo al-la brace accompagnati da ottimi vini locali come il

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Fig. 4. Le terme di Gambassi, stabilimentoPillo

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Chianti D.O.C.G, dalla corposità pronunciata. Anchel’olio extravergine d’oliva è ottimo consumato a crudosul pane o come condimento delle pietanze anche peri tipici pesci poveri qui molto apprezzati e consumati,come lo stoccafisso, il baccalà, i salacchini, il tonno, laventresca e persino le interiora di tonno dette “sorra”.Gustose sono anche le verdure da cuocere sotto la ce-nere come le patate e le cipolle.Per apprezzare questa semplicità di pietanze tipiche to-scane basta trattenersi nei ristoranti del paese che pre-sentano sempre piatti semplici e di antico uso locale.Lasciata sulla sinistra la pieve di Santa Maria a Chian-ni, si prosegue lungo la strada provinciale n. 4. Co-steggiate le mura di Borgoforte, dove troviamo il ri-storante Vento Mediceo, proseguiamo lungo via Pog-gio all’Aglione al Casolar di no’ altri e poco dopo, sul-la destra sempre lungo la strada provinciale n. 4, l’o-steria e pizzeria La Montagnola o il ristorante La Che-la. Da segnalare lungo la via Volterrana anche i risto-ranti Le Torri e Le tre Case e il Gambasinus situato nel-l’ottocentesca Villa Bianca, oggi sede dell’omonimolussuoso hotel appena fuori del centro abitato di Gam-bassi Terme.Da Gambassi Terme, a circa due chilometri da Mon-taione troviamo la cisterna romana che risale probabil-mente al ii secolo d.C. È lunga ventisette metri e largatre, suddivisa in tre vasche rettangolari, un tempo ac-coglieva quattrocento metri cubi di acqua provenientidalle sorgenti di Poggio all’Aglione.Raggiunto Montaione, che dista da Gambassi soltan-to sei chilometri, visitiamo il centro storico del paeseche è di antiche origini e dove fin dal 1220 l’arte del ve-tro ha rappresentato l’attività economica più florida ditutta l’area. Successivamente con il sopraggiungere del-l’economia di fondovalle, le attività manifatturiere si

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spostarono nell’Empolese e l’economia del paese si èdedicata sostanzialmente alla produzione agricola. Og-gi la principale risorsa economica del paese di Mon-taione è il turismo “verde”, che si è sviluppato con il re-cupero di casolari di campagna e piccoli borghi ab-bandonati trasformati sapientemente in strutture ri-cettive sensibili a un turismo dedito al trekking.I prodotti tipici locali come il vino Chianti D.O.C.G,l’olio extravergine d’oliva che sono oramai patrimoniodell’intera terra toscana, qui affiancano produzioni lo-cali come il noto pane di Montaione che si può acqui-stare nelle gastronomie di qualità di gran parte dellaToscana, come prodotto d’eccellenza e che vanta, oltreal gusto genuino, anche la caratteristica di potersi con-servare molto a lungo, così come la maggior parte deiprodotti provenienti dalla più antica cultura contadi-na. Questo pane, dal gusto semplice, così come vuolel’antica tradizione toscana, diviene il complemento idea-le per molti piatti tipici regionali. Tra questi, le tipichezuppe a base di pane, i crostini di carne e di verdure ei pregiati salumi della cinta senese.

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Fig. 5. Insegna di un forno a Montaione

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Oltre che città del pane e dell’olio, Montaione è anchecittà del tartufo, il prezioso tubero bianco delle collinesamminiatesi che rappresenta un quarto dell’intera pro-duzione nazionale ed è affiancato dal meno pregiatoscorzone e dal marzolo. Per chi volesse gustarlo nelle suediverse varianti è consigliata la trattoria Casa Masi chesi raggiunge percorrendo la via Samminiatese fino allalocalità di San Benedetto Le Mura. La trattoria è am-bientata nella vecchia cantina della tenuta agricola diSan Benedetto, costruita da mani esperte con le pietredell’Egola che scorre qui vicino e che merita una pas-seggiata per visitare due mulini ancora funzionanti al-le Pozzole e Ribaldi; la trattoria accoglie l’ospite in unambiente familiare rustico e arredato con gli strumen-ti di campagna per offrire piatti dagli ingredienti fre-schi e per creare menù alla carta che variano con le sta-gioni. Impareggiabile il tartufo bianco in autunno, ac-compagnato anche a gustosi formaggi come il pecori-no e poi i piatti di olive fresche ed olio nuovo, i fega-telli con le rape e in primavera l’agnello sui carciofi ed’estate la faraona con i porcini, il tutto accompagna-to da etichette di vino esclusivamente regionale.Da non perdere la Mostra Mercato del tartufo e della ca-stagna che si svolge l’ultima domenica di ottobre in tut-to il centro storico e lungo il viale da Filicaja; oramai unpiacevole appuntamento fisso per la vita di Montaione.La manifestazione accoglie ogni anno oltre settemila vi-sitatori. Sempre il centro storico ospita ogni martedì neimesi estivi un mercatino di prodotti tipici e dell’arti-gianato che vale una sosta: si può trovare di tutto e la-sciarsi incuriosire da originali oggetti d’epoca.Tra le colture della zona si annoverano anche lo zaffe-rano e il miele contraddistinto dalla denominazioneIGP, come il “millefiori” dal sapore misto o le varianti“macchia mediterranea” e “melata di bosco”.

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I formaggi tipici sono prevalentemente a pasta morbi-da come il “marzolino”, ottimo con i baccelli, il peco-rino toscano DOP, dal sapore piccante, il raveggiolo ela ricotta di pecora.Da segnalare anche una preziosa lavorazione artigiana-le che ha qui le sue antiche radici. Nella zona meridio-nale di Montaione, a quattro chilometri da San Vival-do, la frazione di Iano nel secondo dopoguerra fu resafamosa per l’estrazione e la lavorazione dell’onice. An-cora oggi, a documentare questo tipo di varietà di ala-bastro calcareo nelle tonalità del bianco, del grigio, delbruno e del marrone sono le fratture nei banchi di tra-vertino presenti nel territorio. Oggi, l’unico laborato-rio specializzato in questo tipo di lavorazione a Mon-taione si trova in via Leonardo da Vinci ed è l’OpificioTicciati, impegnato nell’intarsio e nella lavorazione dipietre dure e nell’uso di materiali nobili e ricercati co-me la malachite, i lapislazzuli, i diaspri e i quarzi per larealizzazione di tavoli, basi per lampade, bauletti, obe-lischi, portafoto e vasi.La tradizione della ceramica dipinta a mano, che ha inMontelupo il capoluogo di questa autentica e affasci-nante lavorazione, lascia la sua impronta anche a Mon-taione dove, presso una bottega artigiana nel centrostorico, oltre ad una grande varietà di oggetti in espo-sizione, è possibile vedere le varie fasi della pittura de-gli oggetti.

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La selezione delle aziende è stata realizzata a discrezione degli autori e nonpuò considerarsi in alcun modo esaustiva rispetto alle aziende presenti nel-l’area citata. Si ringraziano le aziende artigiane e i comuni del Circon-dario Empolese-Valdelsa per la disponibilità a collaborare durante la fa-se di ricerca. Un sentito ringraziamento a Silvia Ciappi per la preziosacollaborazione.Foto di Benedetta Zini

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Aziende artigianali

mostra permanente sul vetroPalazzo ComunaleVia Volterrana, 3150050 - Gambassi TermeTel. 0571 639784www.comune.gambassi-terme.fi.it/[email protected]

albor spaViale della Repubblica, 44Località Badia a Cerreto50050 - Gambassi TermeTel. 0571 6541Fax 0571 [email protected]

opificio ticciati tosco & c. s.n.c.Oggettistica e complementid’arredoVia Leonardo Da vinci, 6/850050 - Montaione Tel. 0571 69261Fax 0571 697799

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Aziende enogastronomiche

casolar di no’ altriBar ristorante pizzeriaParco di Poggio all’Aglione50050 - Gambassi Terme Tel. 0571 639274

la montagnolaOsteria pizzeriaViale Gramsci, 12750050 - Gambassi Terme Tel. 0571 638284

ristorante albergo le torriVia Volterrana, 350050 - Gambassi Terme Tel. 0571 638188/[email protected]

villa bianca hotelristorante gambasinusVia Gramsci, 13350050 - Gambassi Terme Tel. 0571 638075Fax 0571 639244http://[email protected]

Montaione

carpe diemViale Da Filicaja, 65/67

erasmusVia Kennedi, 20Chiuso il mercoledì

corte anticaVia Chiarenti, 46

osteria del pesce rossoVia Chiarenti, 14

il caminettoLocalità Mura

trattoria casa masiBorgo San BenedettoLocalità San Benedetto Mura50050 - Montaione Tel. 0571 677170Fax 0571 [email protected]

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GlossarioValentina Tiracorrendo

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Agnolo di Polo (Firenze 1470-1528)Scultore e plasticatore, figlio di Polod’Angelo da Vetri e fratello di Dome-nico di Polo, medagliere e incisore dipietre dure, fu allievo di Andrea delVerrocchio. Presso la bottega del mae-stro ebbe modo di conoscere i più ag-giornati esiti pittorici e plastici dellaFirenze di fine Quattrocento che di-vulgò in uno stile più corrente, cer-cando di aggiornare i propri schemicompositivi verso un maggiore deco-rativismo e una più attenta resa pate-tica delle figure. Ebbe un elevato suc-cesso presso le committenze pubbli-che e private. Tra le opere mature del-l’artista si ricorda il rivestimento pla-stico della cappella Spadari nella San-tissima Annunziata ad Arezzo (raffi-gurante la Madonna col Bambino traSan Francesco e San Rocco, sormonta-ti dal Padre Eterno Giudicante), il SanGirolamo e il San Francesco nella chie-sa San Girolamo di Volterra.

AnnaSommo sacerdote ebreo (6-15 d.C.),secondo il Vangelo di Giovanni pre-siedette il sinedrio accanto al generoCaifa, che gli era succeduto nella pri-ma carica religiosa di Israele, e fu cor-responsabile della condanna a mortedi Gesù, suggerita dal genero.

AnnunciazioneL’episodio è narrato nel Vangelo di Lu-ca: Maria riceve nella sua casa di Na-zareth la visita dell’arcangelo Gabrie-le che, inviato da Dio, le annuncia lanascita di un figlio concepito dalloSpirito Santo. Tre gli elementi essen-ziali: la Vergine, l’angelo e la colombadello Spirito Santo, il cui tragitto, spes-so tracciato da un fascio di luce, rap-

presenta l’incarnazione di Cristo at-traverso lo Spirito Santo. Attributi ri-correnti di Maria sono: il giglio bian-co, segno di verginità e purezza; il va-so che spesso lo contiene, simbolo del-l’Incarnazione; il libro del quale in-terrompe la lettura all’arrivo dell’an-gelo.

AscensioneNei Vangeli di Marco e Luca e negli At-ti degli Apostoli si racconta che, qua-ranta giorni dopo la Resurrezione, Cri-sto apparve agli Apostoli e salì al cie-lo, avvolto in una nube, mentre si tro-vava presso il monte degli Ulivi. Nel-l’arte bizantina la figura di Cristo ve-niva rappresentata frontalmente, in-scritta in una mandorla sorretta o co-stituita da angeli. Nell’arte romanicae in quella gotica la stessa immagine,raccolta in una mandorla, era invecespesso effigiata di profilo, quasi a sug-gerire l’ideale percorso di ascesa al cie-lo. Una terza versione del soggetto mo-strava Gesù completamente avvoltodalle nuvole, lasciando visibili soltan-to i piedi. In epoche successive scom-pare l’elemento della mandorla. Unaraffigurazione completa del soggetto sicompone di due parti: in alto è postala figura di Cristo con i piedi su unanube sorretta da cherubini; in bassosono gli Apostoli che guardano sgo-menti o pregano. Spesso con loro èpresente anche la Vergine, simbolodella Chiesa che Cristo ha lasciato sul-la terra. Talvolta Cristo regge il vessil-lo della Resurrezione e la mano destraè levata in atto di benedizione.

Bartolo Buonpedoni, beatoNato a San Gimignano (1228 ca.-1300),unico figlio dei conti Buonpedoni sioppose alla volontà della famiglia che

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per lui prevedeva un matrimoniocombinato e si recò presso i Benedet-tini di San Vito, a Pisa, dove entrò nelmonastero facendo l’infermiere tra imalati. Una visione di Gesù lo invitòa non diventare monaco, ma a vivereper venti anni nella sofferenza. Si recòa Volterra, dove entrò nel Terz’Ordi-ne francescano. Divenuto frate si am-malò inguaribilmente di lebbra e, inottemperanza alla volontà divina, perventi anni, fino alla morte, confortò isofferenti di lebbra, nel lebbrosario diSan Gimignano, presso la pieve di Cel-lole, sopportando la malattia con tan-ta pazienza da ricevere l’epiteto di«Giobbe della Toscana». Papa Pio x neapprovò il culto soltanto nel 1906.

Botticelli Sandro, Sandro Filipepi,detto il (Firenze 1445-1510)

La sua opera pittorica testimonia unaprecoce sintesi tra la fluidità lineare diFilippo Lippi e la plastica saldezzacompositiva del Verrocchio, dei qualifu allievo. Il linguaggio vibrante e sot-tilmente intellettuale che caratterizzala sua produzione degli anni 1470-1485riflette emblematicamente la tensio-ne fantastica della Firenze umanisti-ca, volta alla trasfigurazione platoni-ca della realtà in bellezza e in mito. Latensione ritmica ed espressiva che ca-ratterizza la successiva produzione diBotticelli esprime invece le tensioni ei limiti degli ideali umanistici nel con-testo di una rinnovata spiritualità pie-tistica di matrice savonaroliana. Tra leopere dell’artista si ricordano la cele-bre Primavera (1477-1478), la Nascitadi Venere, la Madonna del Magnificat(1481-1482), conservate presso gli Uf-fizi di Firenze, e, tra le opere più tar-de, la Pietà (1495), oggi al museo Pol-di Pezzoli di Milano.

Botticini Francesco(Firenze 1446-1498)

Pittore allievo di Neri di Bicci, lavoròcon Cosimo Rosselli e subì l’influen-za di Andrea del Castagno, mostran-do una sensibilità per gli effetti di lu-ci ed ombre che lo avvicina alla pro-duzione degli esordi del Verrocchio.Nelle opere più felici cerca di mediarela lezione del Verrocchio e di Botticellicon un compiaciuto realismo fiam-mingo. Opera documentata è il Ta-bernacolo del Sacramento (1484-1491)eseguito per la Collegiata di Sant’An-drea a Empoli (ora al Museo), al qua-le lavorò anche il figlio Raffaello. Que-sti dimostra una maniera più affretta-ta rispetto a quella del padre, conno-tata da un generico eclettismo, che fon-de gli ultimi residui della tradizionedel Quattrocento fiorentino con sug-gestioni tratte da Lorenzo di Credi,Granacci e Ridolfo del Ghirlandaio.

Botticini Raffaello(Firenze 1474-notizie fino al 1520)

V. Botticini Francesco.

Buglioni Benedetto(Firenze 1461-1521?)

Figlio dello scultore Giovanni di Ber-nardo (1429 ca.-1510) e probabile allie-vo di Andrea del Verrocchio, fu colla-boratore di Andrea Della Robbia, alquale strappò il segreto della tecnica dilavorazione della terracotta invetriata.Aperta una propria bottega intorno al1480, vi produsse opere nelle quali sep-pe miscelare la lezione robbiana conelementi tratti dalla maniera di Andreadel Verrocchio, Antonio Rossellino eBenedetto da Maiano. Il suo primo la-voro autonomo, documentato nel1484, è un rilievo rappresentante la Di-scesa al Limbo per la Santissima An-

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nunziata a Firenze. Quindi lavorò perla cattedrale di Perugia e per quella diPistoia. Con il fratello Francesco (1462-1520) lavorò anche al santuario di San-ta Cristina a Bolsena. Fu tra coloro chenel 1504 ebbero l’incarico di deciderel’ubicazione del David di Michelan-gelo. Dell’autore si ricordano anchenumerose pale di altare.

Braccio fiorentinoUnità di misura lineare discendentedall’antico «braccio da panno» fio-rentino, in uso a Firenze in età tardo-medioevale e corrispondente a circa58 centimetri. Per evitare frodi o dif-ferenze nella misurazione, a Firenze lalunghezza ufficiale del «braccio dapanno» era scolpita nella pietra, in viade’ Cerchi, nel centro storico dellacittà, dove è tutt’oggi visibile.

CaifaGiuseppe, soprannominato Caifa, ge-nero di Anna, ricoprì la carica di som-mo sacerdote dal 18 al 36 d.C. nel si-nedrio che condannò a morte Gesù.Secondo il Vangelo di Matteo com-plottò l’arresto di Gesù e lo interrogòdopo averlo fatto portare nella propriacasa. Secondo il Vangelo di Giovanniavrebbe falsamente motivato la con-danna di Gesù come conveniente perprevenire tumulti pericolosi, ovveroper il bene comune. Secondo gli Attidegli Apostoli fu presente al giudiziodi Pietro e di Giovanni.

Caimi Bernardino(Milano, documentato nella secondametà del xv secolo)

Milanese di nascita e morto nella stes-sa città dopo il 1507, giovanissimo en-trò nell’ordine dei Minori Osservantie fu guardiano di vari conventi della

Lombardia. Dal 1477 al 1478 venne in-viato quale guardiano del Santo Se-polcro sul monte Sion a Gerusalem-me; al suo ritorno attuò il progetto diricostruire sul monte di Varallo unanuova Gerusalemme, che riproduces-se quella reale. Fu poi vicario generaledi Milano e venne inviato dalla Chie-sa di Roma per importanti missioni inSpagna, in Croazia e in Bosnia. Vene-rato come beato, è tutt’ora in corso lacausa per la santificazione.

CalvarioTermine latino (Calvariae locus) chetraduce la trascrizione greca del nomeebraico-aramaico Golgota che signi-fica «cranio». Indica il luogo, situatofuori dalle mura di Gerusalemme, nelquale Gesù patì. Il nome sembra tro-vare spiegazione nel tipo di confor-mazione a ciottoli del piccolo montesul quale venne eretta la croce; Orige-ne spiega invece il termine dal fattoche su quel monte era stato seppelli-to il cranio di Adamo. Quando Co-stantino costruì l’Anàstasis, la santa cro-ce presente sul Calvario rimase all’a-perto. Sembra che questo santo luo-go venisse inglobato nella chiesa delSanto Sepolcro soltanto nel 1009,quando Costantino Monomachos lafece riedificare dopo che era andata di-strutta per mano dei musulmani.

Cieco di Gambassi, Gonnelli Giovanni Francesco, detto il (Gambassi 1603-Roma 1664 ca.)

Scultore, originario di Gambassi,giunto a Firenze nel 1611, divenne al-lievo prima di Cosimo Fancelli, e, suc-cessivamente, di Pietro Tacca, pressoil quale lavorò per sette anni. Dive-nuto cieco intorno ai venti anni si ri-tirò nel proprio paese natale, dove tra-

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scorse un lungo periodo di inattività,durato circa dieci anni. Quindi tornònuovamente a lavorare alla scultura interracotta ed eseguì numerosi ritratti.Grazie alla fama ottenuta per i lavorieseguiti a Roma ottenne, nel 1637, lacittadinanza volterrana. Tra le sue ope-re si ricordano Santo Stefano per lachiesa fiorentina di Santo Stefano alPonte a Firenze; il busto di papa Ur-bano VIII, eseguito a Roma nel 1637 ecustodito oggi presso la stessa città nel-la collezione Barberini.

Coronazione di spineSi tratta di uno degli episodi finali delprocesso a Gesù: dopo che Pilato eb-be ordinato la sua fustigazione, Cristovenne schiaffeggiato e sbeffeggiato daisoldati. Secondo il Vangelo di Marco,i soldati condussero Gesù nel pretorioe qui convocarono la corte. Gesù fu ri-coperto con un mantello scarlatto e sulsuo capo fu posta una corona di spine.Quindi i soldati cominciarono a scher-nirlo, salutandolo come «re dei Giu-dei» e percuotendolo con una canna.Nell’iconografia del tema solitamenteCristo siede sopra una pedana, con ilcapo coronato di spine, tenendo in ma-no una canna per scettro. I soldati glisono intorno, pronti a colpirlo o a in-ginocchiarsi in atto beffardo di omag-gio. Il soggetto si diffuse in modo par-ticolare dal secolo xiv, in seguito al ri-trovamento di una presunta reliquiada parte di Luigi ix re di Francia

Costantino (Naisso, Serbia 280 ca.-Nicomedia, Turchia 337)

Imperatore romano, figlio di Elena(280 ca.-337) succeduto a Massenzio,con l’Editto di Milano (313) accolseufficialmente la religione cristiana nel-l’Impero. Nella Vita Constantini lo

storico Eusebeio scrive che alla vigiliadella battagia contro Massenzio il fu-turo imperatore vide una croce nel cie-lo e udì una voce che diceva: «In hocsigno vinces» (con questo segno vince-rai); fece pertanto sostituire con quelsimbolo l’aquila romana effigiata sul-le insegne dei propri soldati ed otten-ne la vittoria. Ricevette il battesimo inpunto di morte.

CrocifissioneCulmine della Passione di Cristo, la suarappresentazione mostra Gesù inchio-dato a una croce eretta fra altre due,destinate a due ladroni. I quattro Van-geli variano nella descrizione dell’epi-sodio, ma tutti concordano sulla pre-senza di alcune donne all’avvenimen-to, fra le quali Maria madre di Gesù,Maria, madre di san Giacomo minoree Maria Maddalena. Soltanto Gio-vanni nel suo Vangelo indica la propriapresenza alla Crocifissione.

DavidLe testimonianze bibliche a lui relati-ve risentono fortemente di elementileggendari. Nella Bibbia figura comel’uomo scelto da Dio per guidare il po-polo d’Israele dopo il primo regno diSaul. Personaggio di grande impor-tanza nell’arte cristiana, rappresentauna prefigurazione di Cristo, del qua-le, secondo il Vangelo di Matteo, sa-rebbe stato un predecessore. La tradi-zione lo ritiene un citaredo e l’autoredei Salmi. Pastore, bandito, guerriero,uomo di stato, Davide accolse e vinsela sfida di Golia, uomo grande e fortecome un gigante, il quale aveva pro-posto un decisivo duello tra lui e unosolo degli israeliti, il quale se avesse vin-to la sfida avrebbe reso schiavi i filisteie, viceversa, se fosse stato sconfitto

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avrebbe reso schiavo il suo popolo. Fe-ce di Israele un regno unito, conqui-stò Gerusalemme e la scelse come capi-tale.

Della Robbia Giovanni(Firenze 1469-1529/30)

Complessa e accattivante personalitàartistica per la sua versatilità ed esu-beranza, si distacca presto dagli inse-gnamenti del padre Andrea, scultoree ceramista, in favore di un linguag-gio più eclettico e divulgativo; la suaproduzione rivela anche forti sugge-stioni da Filippino Lippi e si contrad-distingue per una insistita policromiae per gli originali repertori ornamen-tali. Di difficile identificazione sonole opere giovanili; della sua produzio-ne matura si ricordano i due Angelireggicandelabro (1515/20) oggi pressol’Arciconfraternita della Misericordiaa Firenze, provenienti dalla Badia Fie-solana, e la galleria delle sessantasei te-ste clipeate dei Padri della Chiesa, San-ti fondatori e Personaggi del Vecchio edel Nuovo Testamento nel chiostro deimonaci alla Certosa del Galluzzo(1523), eseguite in collaborazione conLuca Della Robbia il giovane e conGiovan Francesco Rustici.

Della Robbia Marco, fra Mattia (Firenze 1468-Montecassino 1532?)

Secondogenito di Andrea, scarsamen-te documentata risulta ad oggi la suaproduzione giovanile, sebbene la criti-ca abbia recentemente riconosciuto lasua mano nella modellazione della Ma-donna e santi presso San Romolo a Bi-vigliano (1494), nella quale anticipanelle forme impacciate, nelle cadenzelineari e in certe minuzie decorative,esiti futuri che saranno caratteristicidella sua opera. L’incontro con Savo-

narola avrà per l’autore fondamentaleimportanza tanto da portarlo a vestirel’abito domenicano con il nome di fraMattia (1496). Della sua produzione siricordano la pala con San Sebastiano eSant’Antonio Abate (1505 ca.) pressoSant’Ansano (Petrignano sul Trasime-no), nella quale la conduzione graficae nervosa delle figure costituisce untratto tipico della sua opera, e moltigruppi plastici in terracotta, come i nu-merosi Presepi, tra i quali si ricordaquello presso l’Ospedale degli Inno-centi a Firenze (1505 ca.). Questo tipodi produzione esprime i più spiccaticaratteri di un’arte devota perché la ri-nuncia all’invetriatura in favore di unaesecuzione policroma a freddo, oltre arisultare più economica, garantiva ef-fetti di maggiore naturalismo. Lavoròanche a Roma e nelle Marche, doveaprì due botteghe di lavorazione dellaterracotta.

DeposizioneLa scena rappresenta Gesù che, giàmorto, viene messo giù dalla croce sen-za che gli siano state spezzate le ossa, inottemperanza a una profezia annun-ciata nell’Antico Testamento e contra-riamente a quanto era invece accadu-to ai due ladroni. Un soldato di nomeLongino, che aveva infilato una lancianel costato di Gesù, per sincerarsi del-la sua morte, secondo una leggenda sa-rebbe stato risanato agli occhi dalle goc-ce di sangue sgorganti dal corpo delSalvatore. Nicodemo e Giuseppe d’A-rimatea, due ebrei divenuti cristiani, sirecarono sul luogo della Crocifissione:issate due scale ai lati della croce, Ni-codemo liberò dai chiodi il Salvatore,mentre Giuseppe d’Arimatea ne soste-neva il corpo, quindi raccolto dalla Ma-dre. All’evento sono sempre presenti la

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Maddalena, inginocchiata nell’atto dibaciare i piedi sanguinanti di Cristo,san Giovanni Evangelista e le due Piedonne che avevano assistito la Verginedurante la Passione.

Ecce HomoIl Vangelo di Giovanni attribuisce l’e-spressione «Ecce Homo» (Ecco l’uomo)a Ponzio Pilato, quando presenta Ge-sù agli Ebrei, dopo che questi è statoflagellato e schernito dai soldati. Il te-ma, poco frequente prima del Rina-scimento, conosce diverse varianti ico-nografiche, ma in tutte Cristo reca consé gli attributi della corona di spine edel mantello porpora.

Ferrari Gaudenzio (Valduggia, Vercelli 1471/75 ca.-Milano1546)

Tra i massimi esponenti della scuolapittorica piemontese del xvi secolo,interpreta e fonde con uno stile per-sonalissimo i tratti leonardeschi dellapittura lombarda e le correnti rinasci-mentali dell’Italia centrale. Fu attivoa Vercelli, Arona, Novara, Saronno,Como, Bergamo e, in particolar mo-do, a Varallo, dove realizzò numeroseopere, tra le quali si ricordano gli af-freschi della chiesa di Santa Maria del-le Grazie, nei quali sono raffigurateventuno scene della vita e della Pas-sione di Cristo (1513); la decorazionedell’interno della chiesa di San Cri-stoforo (1529) e gli affreschi e le statuedi alcune cappelle del Sacro Monte:agli anni 1520-1526 risalgono la Croci-fissione e l’Adorazione dei pastori e deimagi nella cappella della Natività.

FlagellazioneLa Flagellazione identifica un precisomomento della Passione di Cristo, de-

scritto in tutti i Vangeli canonici. Do-po che Ponzio Pilato ebbe ordinato lapubblica fustigazione di Gesù, questivenne spogliato della tunica bianca ecoperto solo da un perizoma, legato auna colonna e battuto con verghe. Il te-ma iconografico, detto anche Cristoalla colonna, ebbe larga diffusione apartire dal Rinascimento, anche in im-magini isolate destinate alla devozio-ne privata. Gli sgherri sono solitamenterappresentati come tipi umani di estre-ma ferocia e crudeltà mentre l’imma-gine di Cristo è in pose che ne esalta-no la statuaria bellezza; la testa coro-nata di spine, china in dignitosa sop-portazione, prefigura la Crocifissione.

Fuga in EgittoL’episodio, raccontato concisamentenel Vangelo di Matteo e nei Vangeliapocrifi, vuole che un angelo sia ap-parso in sogno a Giuseppe, padre pu-tativo di Gesù, esortandolo a fuggire daIsraele poiché Erode, re della Giudea,cercava il Bambino per ucciderlo. Giu-seppe si alzò quindi durante la notte einsieme a Maria e Gesù raggiunse l’E-gitto, dove rimase fino alla morte diErode. In un secondo sogno l’angeloavrebbe detto a Giuseppe di tornarenella terra di Israele e, in una nuova vi-sione, di raggiungere Nazaret, nellaGalilea. Secondo la rappresentazionepiù comune la Vergine con il Bambi-no è sopra un asinello, guidato da Giu-seppe.

GerusalemmeDetta anche “città di Davide”, per laconcezione giudeo-veterotestamenta-ria è il centro del mondo scelto da Dio.Nel Nuovo Testamento è indicata comemeta delle profezie divine: l’operato diGesù e il suo sacrificio, avvenuti nella

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città, costituiscono l’affermazione del-la caduta della vecchia legge mosaica el’istituzione di una Nuova Alleanza traDio e l’umanità. La pianta della cittàoriginaria rimane ad oggi un’ipotesi daverificare. La nuova Gerusalemme cri-stiana iniziò con la costruzione del San-to Sepolcro e con l’abbattimento deltempio di Adriano per volontà di Co-stantino. Il complesso comprendeval’Anastasis, costruita sulla tomba di Ge-sù, l’atrio colonnato che racchiudeva laroccia del Calvario, il Martyrion e la ba-silica per le celebrazioni liturgiche; lacittà, di pianta quadrangolare, era cir-condata da mura; fuori la cinta mura-ria si trovavano la basilica del Getse-mani, con la vicina tomba della Vergi-ne e, sulla cima del monte degli Ulivi,l’Eleona, fatta costruire a ricordare l’A-scensione.

Ghirlandaio, Domenico Bigordi,detto del (Firenze 1449-1494)

Formatosi nell’ambiente di Andrea delVerrocchio subì anche l’influenza delPerugino, di Botticelli e di Leonardo.Insieme a due fratelli minori tenneuna bottega d’arte tra le più prolifichedi Firenze, divulgando con felicità nar-rativa lo stile di Filippo Lippi e il na-turalismo fiammingo conosciuto at-traverso Hugo van der Goes. Lavoròanche a Pisa e Lucca, e, a Roma, alladecorazione della cappella Sistina. Trai grandi cicli di affreschi fiorentini siricordano le Storie di san Francesco inSanta Trinita (1485) e le Storie della Ver-gine e di san Giovanni (1485-1490) nel-l’abside di Santa Maria Novella.

Giudizio UniversaleIl Giudizio Universale, o finale, am-piamente trattato, in particolare, nelVangelo di Matteo e nell’Apocalisse di

Giovanni, identifica il momento in cuiCristo giungerà per la seconda voltasulla Terra, per giudicare i vivi e i mor-ti, in base alla condotta che ciascunodi essi avrà tenuta in vita: gli empi sa-ranno condannati a bruciare all’infer-no, mentre ai giusti sarà concesso di vi-vere in eterno insieme ai santi del Pa-radiso. L’iconografia del tema prevedeal centro Cristo giudice, seduto in tro-no con gli apostoli e i santi; al di sot-to sono raffigurate le tombe scoper-chiate e i morti che risorgono; la par-te bassa è solitamente riservata all’in-ferno, con Satana che divora i pecca-tori, attorniato da una schiera di de-moni che torturano le anime danna-te. In alcune immagini è presente l’ar-cangelo Michele che soppesa le ani-me, rappresentate da figure nude.

Lavanda dei piediLa scena narrata nel Vangelo di Gio-vanni costituisce un esempio supre-mo dell’amore del Cristo per l’uma-nità: prima dell’Ultima Cena Gesù sialzò da tavola, depose il mantello e,preso un panno, se ne cinse. Versòquindi dell’acqua in un catino e co-minciò a lavare i piedi dei discepoli ead asciugarli con il panno con il qua-le si era avvolto. Pietro soltanto ebbeun moto di reticenza, ma venne im-mediatamente dissuaso dalle parole diGesù che gli disse: «Se io non ti lavo,non avrai parte con me». Mentre se-devano di nuovo a tavola, Gesù am-monì gli Apostoli a comportarsi l’unl’altro come lui stesso aveva fatto conloro.

Lorenzo di Credi (Firenze 1459-1537)Allievo di Andrea del Verrocchio, la suaproduzione pittorica, influenzata daimodi del maestro, rivela anche l’inte-

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resse per il naturalismo di Leonardo eper la pittura fiamminga. Tra le operegiovanili ricordiamo la Venere e l’An-nunciazione ambedue presso gli Uffi-zi a Firenze. Ad una fase più maturarisalgono numerose pale sacre, tra lequali la Madonna e santi, presso San-ta Maria alle Grazie a Pistoia (1510), eil San Michele presso il Duomo di Fi-renze (1523).

Madonna col BambinoL’iconografia bizantina della Madon-na ieratica e frontale, con in braccio ilBambino vestito e benedicente, in pie-di e di spalle alla Madre, è presente inOccidente già dall’vii secolo. Intornoal xiv secolo si affermano invece ti-pologie che sottolineano l’aspetto ter-reno e intimo del rapporto tra la Ma-dre e il Figlio, i cui vari atteggiamen-ti e attributi identificano differenti ti-pi iconografici.

Maestro del BigalloScultore fiorentino formatosi presu-mibilmente in ambiente verrocchie-sco, è identificato con l’autore del bu-sto del Redentore doloroso del Museofiorentino del Bigallo e, probabil-mente, delle due figure di Redentoreconservate l’una presso il Museo di Ar-te Sacra di San Miniato e l’altra ap-partenente a collezione privata.

NativitàScarsi sono gli spunti iconografici de-ducibili dai Vangeli di Luca e Matteo;elementi favolistici che arricchisconola descrizione dell’evento si trovanoinvece nei Vangeli apocrifi. La scena èsolitamente ambientata in una casu-pola diroccata, simbolo dell’antica leg-ge decaduta con la venuta del Reden-tore. L’immagine della Madonna ado-

rante accanto alla mangiatoia, comemolti particolari dell’iconografia tra-dizionale, deriva dalla devozione me-dievale e ricorre prevalentemente nel-l’arte occidentale, mentre gli artisti bi-zantini solevano rappresentare una ve-ra e propria scena di parto. La figuradi Giuseppe diviene frequente ai tem-pi della Controriforma.

Noli me tangereL’episodio, narrato nel Vangelo di Gio-vanni, si riferisce al momento in cuiMaria Maddalena, trovando vuoto ilsepolcro di Cristo, presso il quale siera recata con Pietro e Giovanni, erascoppiata in lacrime. Mentre motiva-va la ragione della propria disperazio-ne ai due angeli che si trovavano aguardia del sepolcro, le apparve Cri-sto in veste di giardiniere. La donna,che in un primo momento non lo ave-va riconosciuto, si protese verso Cri-sto non appena questi ebbe parlato.In questa circostanza Gesù, ritraen-dosi, avrebbe pronunciato la frase«Noli me tangere» (Non toccarmi) eavrebbe ordinato a Maria Maddalenadi recarsi dai discepoli e di dare lorola lieta novella della sua Resurrezione.Maddalena è solitamente raffiguratanel momento in cui si inginocchia aipiedi di Cristo, il quale viene rappre-sentato in abiti da contadino o comeun giardiniere.

PassioneLa Passione di Gesù indica la soffe-renza e l’agonia che hanno portato al-la sua Crocifissione, evento centrale perla religione cristiana. L’uso del termi-ne Passione sottende la radice etimo-logica della parola che deriva dal lati-no «pati», cioè soffrire. Sulla base del-la tradizione cristiana, che si fonda sul-

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le indicazioni dei Vangeli, e che, neltempo, si è arricchita di elementi con-tenuti nei Vangeli apocrifi (secoli iii eiv), l’iconografia della Passione di Ge-sù si è fissata nella serie di scene cheprecedono e che seguono la Crocifis-sione. I vari soggetti sono: l’ingressodi Gesù a Gerusalemme in occasionedella festa della Pasqua ebraica; la la-vanda dei piedi; la preghiera nell’ortodel Getsemani, dove Gesù si era riti-rato con i discepoli; il tradimento daparte del discepolo Giuda che fece ar-restare Gesù; Gesù processato e deri-so davanti a Caifa; l’Ecce Homo; la sa-lita al Calvario; la Via Crucis o ViaDolorosa; la spoliazione di Gesù; l’e-rezione della croce; la Crocifissione; laDeposizione dalla croce; la Pietà, conGesù deposto tra le braccia della Ma-dre; il trasporto di Cristo morto e lasua deposizione nel sepolcro; la di-scesa al limbo; la Resurrezione; le Piedonne; l’apparizione di Cristo alla Ma-donna; il Noli me tangere; la cena inEmaus; l’incredulità di san Tommaso;la pesca miracolosa; l’Ascensione; laPentecoste.

PellegrinoIl termine, nel latino tardo veniva rife-rito a chi si recava a Roma per scoporeligioso, quindi è passato ad indicarechi va, da solo o in gruppo, ad un luo-go santo. Il pellegrino viene solitamen-te rappresentato con il sarrocchino, ilmantello di tela incerata, con un co-pricapo con una larga falda, spesso ri-piegata nella parte posteriore e tesa abecco sul davanti; un bastone e, appe-sa a questo o a tracolla, una bisaccia.Suo particolare attributo è la conchi-glia, che figura sul cappello, sulla bi-saccia oppure altrove.

PentecosteDal termine greco che significa «cin-quantesima giornata» la festa di Pen-tecoste si celebrava il cinquantesimogiorno dopo la Pasqua ebraica e se-gnava l’inizio della mietitura del gra-no. Per gli Ebrei è la festa che ricordail giorno in cui Dio diede a Mosè le ta-vole della Legge sul monte Sinai; perla Chiesa Cattolica è la festa che ri-corda la discesa dello Spirito Santo su-gli Apostoli e sulla Vergine, come nar-rato negli Atti degli Apostoli.

Perugino, Pietro Vannucci, detto il(Città della Pieve 1445/50 ca.-Fontignano 1523)

Conobbe Piero della Francesca attra-verso le sue opere sparse in Umbria,Marche e Toscana; quindi, trasferito-si da Perugia a Firenze, frequentò labottega di Andrea del Verrocchio, trail 1470 e il 1472. Attraverso la sua pro-duzione stemperò il rigore struttura-le, sempre osservato dai seguaci diPiero della Francesca, in favore di unamaggiore ricerca anatomica e di di-namismo delle figure. Svolse un’in-tensa attività di pittore a Firenze e Ro-ma, ma lavorò anche a Lucca, Bolo-gna, Venezia, Cremona, Ferrara e Mi-lano. Negli ultimi anni la sua produ-zione, poco incline ad accogliere i rin-novamenti portati da Michelangeloe dal proprio allievo Raffaello, sem-brò reiterare stilemi ormai consueti.Dell’opera dell’autore si ricordano laPala dei Decemviri, presso la Pinaco-teca Vaticana (1495); gli affreschi peril Collegio del Cambio a Perugia(1498-1500) e l’Assunzione dipinta peril monastero di Vallombrosa (1500),ora nella Galleria dell’Accademia aFirenze.

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Ponzio PilatoSecondo il Vangelo di Matteo poichéPilato, nell’interrogare Gesù, non riu-sciva a trovare in lui alcuna colpa, tentòdi non condannalo; in occasione del-la Pasqua era usanza infatti che fosseconcesso di liberare un prigioniero: Pi-lato lasciò al popolo la scelta tra Gesùe un assassino di nome Barabba. Il po-polo scelse di liberare Barabba. Pilatoprese allora dell’acqua e si lavò le ma-ni davanti alla folla dicendo: «Sono in-nocente del sangue di questo giusto:voi ne risponderete»; quindi rilasciòBarabba, fece fustigare Gesù e lo con-segnò perché fosse crocifisso. Il popo-lo, con la sua risposta, accettò la re-sponsabilità della sentenza reclamata.L’uso di lavarsi le mani in un processoaveva, sia presso i Romani che pressoi Giudei, il significato di protesta d’in-nocenza. Dopo che Pilato ebbe ordi-nato la flagellazione di Cristo, questivenne schiaffeggiato e sbeffeggiato daisoldati, i quali dopo averlo condottonel pretorio, lo ricoprirono con unmantello scarlatto e posero sul suo ca-po una corona di spine, salutandolo,con scherno, come «re dei Giudei» epercuotendolo con una canna.

PretorioLuogo in cui il rappresentante del-l’autorità romana esercitava il co-mando supremo e amministrava lagiustizia. Consisteva in un palchettoalto, di forma semicircolare, sul qua-le si trovava la sedia curule, una sor-ta di seggiolone con braccioli e sen-za spalliera, occupata dal pretore. Ilpretorio del procuratore della Giu-dea Pilato si trovava nella città di Ce-sarea. Tuttavia quando il procurato-re si recava nella città di Gerusalem-me, come ad esempio in occasione

della Pasqua ebraica, poteva trasferi-re lì il proprio pretorio. Quasi una-nimemente le fonti riferiscono che ilpretorio di Pilato a Gerusalemme sitrovasse presso la torre Antonia, chela tradizione ha sempre indicata co-me luogo nel quale si svolse proces-so di Gesù, grande fortezza edificatada Erode il Grande allo scopo di vi-gilare il Tempio e costituita di quat-tro piccole torri angolari.

Raffaellino del Garbo(Firenze 1466 circa-1524 [?])

Identificato con il pittore italiano Raf-faellino de’ Carli, uscito dalla scuoladel Botticelli e di Filippino Lippi (Re-surrezione, Firenze, Galleria dell’Ac-cademia; Sibille, Roma, Santa Mariasopra Minerva). La collaborazione conPiermatteo d’Amelia e la sua compa-gnia darebbe ragione dell’influenza deimodi del Pinturicchio. Alla fase ma-tura dell’autore appartengono la Re-surrezione eseguita per la cappella Cap-poni in San Bartolomeo a Monteoli-veto, ora all’Accademia di Firenze, e laMadonna in trono e santi del 1500 (Ce-nacolo di San Salvi, Firenze). A capodi una operosissima bottega a Firen-ze, lavorò anche a Roma, Orvieto, Pe-rugina e Siena.

ResurrezioneLa fede nella Resurrezione di Cristo,avvenuta dopo tre giorni dalla suamorte, costituisce uno dei cardini del-la religione cristiana. Il ritorno di Cri-sto sulla terra durò quaranta giorni,dopodiché ascese in cielo. Per secolil’iconografia sacra, salvo rare eccezio-ni, ha evitato di rappresentare questotema. Nei cicli della Passione, al suoposto figuravano le Pie donne al se-polcro o il Noli me tangere. Con il

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Concilio di Trento (1545-1563) per l’i-conografia venne sancito un ritornorigoroso alle Scritture; a partire dallaseconda metà del secolo xvi, l’imma-gine più diffusa del tema è quella in cuiGesù compare in piedi davanti a unsarcofago chiuso.

SacrestiaLuogo annesso alla chiesa, situato perlo più a fianco dell’altare maggiore, incui si preparano le funzioni e si con-servano gli arredi sacri.

SamaritanaSecondo il Vangelo di Giovanni, Gesù,di ritorno dalla Giudea in Galilea, so-stò presso il pozzo di Giacobbe, in Sa-maria. Una donna del luogo, un’adul-tera, che si era recata al pozzo per pren-dere dell’acqua, si meravigliò nel sen-tirsi chiedere da bere da parte di Gesùnon soltanto perché era contro le con-suetudini che un ebreo rivolgesse la pa-rola ad uno straniero, ma anche a cau-sa dell’antico odio tra i Giudei e i Sa-maritani, che vietava alle persone deidue popoli di bere da un medesimo re-cipiente. Secondo Giovanni Gesù col-se l’occasione per impartire un inse-gnamento e così si espresse: «Chiunquebeve di quest’acqua avrà di nuovo se-te; ma chi beve dall’acqua che io glidarò non avrà mai più sete». Secondol’iconografia cristiana la scena è solita-mente ambientata presso un pozzo,spesso all’ombra di un albero, dove sie-de Cristo, mentre la popolana è rap-presentata con una brocca in mano.

Sant’Antonio abateL’appellativo di abate gli deriva dal-l’essere considerato il patriarca del mo-nachesimo orientale. Nato a Coma,in Egitto, verso la metà del iii secolo,

intorno ai vent’anni si ritirò nel de-serto dove successivamente si insediòuna comunità monastica; morì, ul-tracentenario, nel 356. Rappresentatocon la veste da eremita, suo ricorren-te attributo è un bastone con la ter-minazione a T (“tau”), antico simbo-lo egizio d’immortalità che allude peròanche alla croce, divenuto nel Me-dioevo simbolo distintivo dell’ordinedegli ospitalieri di sant’Antonio; il dia-volo spesso presente ai suoi piedi èsimbolo della vittoria sulle tentazioniche costantemente minarono il suoeremitaggio; il maiale che lo accom-pagna richiama la consuetudine deimonaci medievali di allevare un por-cellino per i poveri.

Santa ElenaMadre dell’imperatore Costantino, de-dicò gli ultimi anni della propria vitaalle buone opere, dopo che il cristia-nesimo, con l’editto di Costantino,era stato ufficialmente accolto nel-l’Impero romano. Fondò numerosechiese in Terrasanta e, secondo la leg-genda, qui rinvenne la croce sulla qua-le era morto Gesù. Solitamente è rap-presentata come anziana matrona, inabiti regali, con la corona; in manoporta la croce e talvolta anche i chio-di e il martello, strumenti della pas-sione di Gesù, oppure il modellino diuna chiesa, quella del Santo Sepolcrodi Gerusalemme. In alcune testimo-nianze iconografiche la croce le appa-re invece attraverso una visione, sor-retta da angeli.

San Giacomo il MinoreDetto «il giusto», per la sua profondapietà, fu vescovo a Gerusalemme perquasi trent’anni. È ritenuto autore del-la Lettera di Giacomo e sarebbe stato

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ucciso nel giorno di Pasqua dell’anno62. La tradizione lo ha identificato conl’apostolo Giacomo, figlio di Alfeo eMaria Cleofa, nominato negli Atti de-gli Apostoli. Gli attributi che lo con-traddistinguono sono il libro o roto-lo di pergamena e una clava, stru-mento col quale venne scacciato daltempio e ucciso a Gerusalemme. Lesue reliquie sono conservate nella ba-silica dei Santissimi Apostoli a Roma.

San LinoPapa e martire, come tutti i papi deiprimi tre secoli, fino a Papa Silvestro,fu successore di San Pietro alla guidadella comunità cristiana di Roma, cheresse per più di dieci anni. Secondo ilvolere di Pietro dispose che le donneentrassero in chiesa con la testa co-perta. Le leggende romane del vi se-colo gli attribuiscono la paternità de-gli apocrifi Atti di Pietro e Paolo e gliattribuiscono un ruolo di primo pia-no nella celebre disputa con SimonMago. Secondo il Liber Pontificalis fuoriginario della Tuscia; per questo mo-tivo fu venerato in particolare modoa Volterra, dove si ritiene che si con-servino le sue reliquie e dove venne luitributata una chiesa nel 1513.

San LorenzoLa graticola è il suo attributo e me-moria del suo martirio; viene rappre-sentato giovane, tonsurato e vestitocon la dalmatica. Martire della Chie-sa romana, è raffigurato spesso in cop-pia con santo Stefano, primo diaconodella comunità cristiana di Gerusa-lemme al tempo degli Apostoli.

Santa MaddalenaFin dal Medioevo e soprattutto dopola Controriforma è l’esempio della pe-

nitente. Tra i suoi attributi comparesempre il vaso di unguento usato percospargere i piedi di Gesù dopo la la-vanda; raffigurata con lunghi capellirossi, è rappresentata principalmentein due modi: prima della conversionericcamente vestita e acconciata, dopo,in abiti stracciati, con un mantello aisuoi piedi e/o avvolta nei suoi stessicapelli. Altri attributi di questa se-conda versione sono il teschio, il cro-cifisso, gli occhi pieni di lacrime.

San RoccoSolitamente rappresentato con il ba-stone del pellegrino e la bisaccia, hacome attributi il cane, suo aiutantenell’episodio in cui il santo compieuna miracolosa guarigione dalla pe-ste, e, talvolta la conchiglia, simbolodei pellegrini. È considerato il protet-tore dei chirurghi, dei farmacisti, deipellegrini, dei selciatori, dei necrofo-ri e degli invalidi.

San TommasoAssai diffusa, a partire dal xiii secolo,è la rappresentazione della sua incre-dulità riguardo la Resurrezione di Cri-sto. I Vangeli apocrifi ricordano an-che l’incredulità riguardo l’Assunzio-ne della Vergine, a conferma della qua-le il santo invocò una prova. La Ma-donna avrebbe allora gettato dal cie-lo una cintola, che Tommaso raccol-se. Generalmente è raffigurato comeun giovane sbarbato, con l’attributodella squadra da disegno, la cintoladella Vergine, la lancia o il pugnale,strumenti del suo martirio.

Santa VerdianaNata a Castelfiorentino nel 1182, fudedita fin dall’infanzia all’orazione eall’astinenza; si racconta che la sua

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morte venne annunciata dal suonoimprovviso di due campane, nonmosse da mano umana. Il culto diVerdiana venne approvato da Cle-mente vii nel 1533 e infine la santa fuinclusa tra i santi protettori della To-scana, come testimonia la porta bron-zea (1903) del Duomo di Firenze do-ve è raffigurata.

San VivaldoSanto eremita ritrovato cadavere nel-la cavità di un colossale albero di ca-stagno nella zona della selva di Cam-porena, la tradizione lo ha talvoltaidentificato con Ubaldo, monaco be-nedettino, e tuttavia eremita, disce-polo del beato Bartolo Buonpedoni, do-cumentato agli inizi del Trecento inquei luoghi. Le sue reliquie, contesetra diverse città, trovarono dimorapresso il comune di Montaione in-torno alla metà del Quattrocento. Dal1908, anno nel quale venne ricono-sciuto ufficialmente il culto del santo,le sue reliquie si custodiscono nellachiesa di San Vivaldo.

ScarsellaIn architettura indica un vano situatonella zona absidale di una chiesa conpianta rettangolare.

Simone FariseoSecondo il Vangelo di Luca, Simoneinvitò Gesù a mangiare alla propriamensa, credendolo un profeta, e fupresente quando Gesù venne unto dauna peccatrice. Poiché Simone mostròdisappunto venne rimproverato dalSignore che gli mostrò per mezzo diuna parabola la forza dell’amore e lacapacità del perdono. Seguace diun’antica setta religiosa ebraica che sidistingueva per l’osservanza rigida e

formale della Legge mosaica, ancoraoggi il termine «fariseo», dall’aramai-co «separato», indica persona che conipocrisia si preoccupa più della formache della sostanza.

Sodoma, Antonio Bazzi, detto il (Vercelli 1477-Siena 1549)

Pittore allievo di Gian Martino Span-zotti fece proprio l’insegnamento delchiaroscuro di Leonardo. Lavorò a Sie-na e Pienza, conobbe la pittura di Pe-rugino e Signorelli, la cui maniera glisuggerì una maggiore chiarezza e ro-bustezza. A Roma, dove approfondìulteriormente la propria formazioneartistica, lavorò alle stanze della Se-gnatura (1508) e alla Farnesina, dovedipinse le Storie di Alessandro. Ottimodecoratore, rivelò un’inclinazione ver-so insistiti patetismi nella realizzazio-ne delle figure umane. Esercitò gran-de influenza sui manieristi senesi. Trale opere senesi si ricordano le Storie disanta Caterina nella chiesa di San Do-menico a Siena (1526).

SudarioPanno di piccole dimensioni che ve-niva posto intorno alla testa del de-funto, distinto dalle fasce che ne lega-vano piedi e mani e dal telo che ne av-volgeva il corpo. L’evangelista Gio-vanni allude al sudario mortuario inoccasione del racconto della resurre-zione di Lazzaro e di Gesù.

TerracottaModellazione di un impasto di argil-le eseguita a mano, al tornio, o a stam-po e poi cotta al sole o in forni specialiad alta temperatura; la qualità e laquantità dei minerali contenuti ne de-terminano il maggiore o minore gra-do di porosità e la tonalità del colore;

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generalmente si intende anche ciascunoggetto (vaso, piatto, formella etc.)che se ne ottiene.

Terracotta invetriataTerracotta alla quale è stata applicatala tecnica della smaltatura attraversol’impiego di una vernice a base di sili-cato di potassio, ossido di piombo estagno. Applicato lo smalto si procedealla decorazione dell’oggetto con co-lori a base di ossidi metallici e, infine,all’applicazione di una coperta vetro-sa che conferisce lucentezza all’ogget-to. Dopo la cottura viene applicato ilcosiddetto lustro, un pigmento che de-termina un caratteristico riflesso me-tallico. Questa tecnica consente l’usodi pochi colori per la difficoltà dellaloro resistenza alla cottura.V. Marco Della Robbia e Benedetto Bu-glioni

Tommaso da Firenze, frate francescano (notizie 1506-1529)

Rimane ancora da precisare la biogra-fia del frate francescano che fu storio-grafo e osservante dell’Ordine. Non èinfatti certa la sua appartenenza ad unaricca famiglia fiorentina, né confer-mata da fonti certe la sua permanen-za nell’isola di Creta, in Dalmazia,Croazia, Bosnia, Chio, Candia e intutti i luoghi santi di Terrasanta. Ri-sultata invece come guardiano nel 1509nel convento fiorentino di San Salva-tore al Monte, e presente, a più ripre-se, a San Vivaldo dal 1513 al 1516 e nelperiodo compreso dal 1523 al 1529.Successore di fra Cherubino, fu tut-tavia probabilmente a San Vivaldo giàprima del 1506. Al frate si deve nonsolo il progetto delle cappelle del com-plesso di San Vivaldo ma il prolunga-to impegno necessario per fare richie-

sta presso la Santa Sede per la costitu-zione del complesso sanvivaldese.

Ultima CenaL’episodio, presente nei quattro Van-geli canonici appartiene al ciclo dellaPassione: la sera prima del suo arrestoGesù riunì i propri discepoli per fe-steggiare la Pasqua ebraica e, duranteil pasto, annunciò il tradimento daparte di un apostolo, Giuda, cheavrebbe venduto il suo maestro pertrenta denari. Il traditore è spesso rap-presentato isolato, a volte in piedi difronte a Cristo, oppure seduto, nel-l’atto di ricevere dalle sue mani del ci-bo. In alcune immagini ai piedi diGiuda è raffigurato un cane, intentoa mangiare gli avanzi. Giovanni Evan-gelista, il discepolo prediletto, siedeaccanto al Salvatore, spesso con la te-sta poggiata sul suo petto. Tra le vi-vande presenti sulla tovaglia costanteè la presenza di pezzi di pane e di bic-chieri colmi di vino, simboli eucari-stici che si riferiscono rispettivamen-te al corpo e al sangue di Cristo.

VeronicaNel vangelo apocrifo di Nicodemo siracconta la leggenda di Veronica: ladonna offrì a Cristo, che saliva sul Cal-vario con la croce, un panno per ter-gersi il volto; su questo lino rimase mi-racolosamente impresso il ritratto delRedentore. Il panno è consideratoun’autentica reliquia ed è conservatonella chiesa di San Pietro in Vaticano.Veronica, il cui nome è composto dal-le parole vera e icona, «vera immagi-ne», è raffigurata nei dipinti devozio-nali con in mano il panno che reca im-pressa l’effigie di Cristo, talvolta inco-ronata di spine. Spesso Veronica portail turbante, allusione alla sua origine

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orientale, e può comparire accanto aisanti Pietro e Paolo patroni di Roma.In alcune figurazioni il telo di lino èsorretto da due angeli.

Verrocchio, Andrea di Cione, detto il(Firenze 1435-Venezia 1488)

Orafo, pittore e scultore. Il riflesso del-la sua giovanile attività di orafo, ancoraoggi di discussa documentazione, è ri-scontrabile nella sottile e raffinata ela-borazione della materia nelle sue ope-re di scultura, nelle quali stempera ilsegno netto e marcato della tradizio-ne scultorea toscana con effetti di chia-roscuro pittorico; tra queste si ricor-dano l’Incredulità di san Tommaso ese-guita per Orsanmichele (1483) a Fi-renze, e la Dama col mazzolino, oggipresso il museo fiorentino del Bargel-lo. Tra le poche e discusse opere pit-toriche a lui attribuite sono invece ilBattesimo ora agli Uffizi, nel quale lacritica riscontra anche la mano del gio-vane Leonardo, e la Madonna di Piaz-za, eseguita per il Duomo di Pistoia,dove sono stati identificati interventidi Lorenzo di Credi e, probabilmen-te, di Leonardo. Per quanto si fosseprevalentemente prodigato in operedi scultura, dalla sua fiorente e fre-quentatissima bottega uscirono alcu-ni tra i maggiori pittori del Quattro edel Cinquecento, quali, appunto, Leo-nardo, Lorenzo di Credi e il Perugino.

VesperbilderDal tedesco «immagini del Vespro»,sono gruppi scultorei lignei che rap-

presentano la figura del Cristo mor-to in grembo alla Madre, presenti nel-la scultura renana dalla prima metàdel secolo xiv e divenuti frequenti in-torno alla fine del secolo successivonella scultura del Gotico internazio-nale dell’Europa centrale. Il loro sog-getto si collega alla liturgia dei Vespridel Venerdì santo e quindi alla Litur-gia della Passione, poiché fu intornoall’ora del vespro che Cristo non piúvivo venne adagiato in grembo allaVergine, dopo essere stato levato dal-la croce.

Via DolorosaDesignata anche come Via Crucis ocammino dell’amarezza, è il tragittofinale della Passione di Gesù, dal pre-torio di Pilato fino al monte Calvario.È costituita da una successione di luo-ghi dove si ritiene che Cristo sostòmentre si recava al Calvario. I Fran-cescani introdussero in Occidente ilrituale della Via Dolorosa, sorta di pro-cessione compiuta lungo le navate del-le chiese, o per le vie, con soste che rie-vocavano quelle compiute da Cristo.Gli episodi commemorativi del per-corso si dividono in due gruppi te-matici: al primo gruppo appartengo-no le tre cadute di Gesù sotto il pesodella croce, gli incontri di Gesù con laMadre, Simone il Cireneo e la Vero-nica. Al secondo appartengono gli epi-sodi svoltisi sulla cima del Calvario:Gesù spogliato; inchiodato alla croce;crocefisso; la Pietà e la Deposizionenel sepolcro.

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The Jerusalem of San Vivaldo

Rosanna Caterina Proto Pisani

“San Vivaldo is much more than a siteof art. It is a fascinating synthesis ofpainting, sculpture and architecture; itis liturgy made concrete; a symbolicrepresentation of the territory; thestage, the setting and the performance.In no other place in Tuscany can suchan enthralling open-air sacred theaterbe found”.This definition by Antonio Paoluccisynthesizes most appropriately and ef-fectively the Sacro Monte di San Vi-valdo, whose various chapels are dis-seminated in the Selva di Camporena.These woods, growing on moist andfriable terrain (Campus Arenae, whencethe name Camporena) were alreadyconsidered sacred in Etruscan and Ro-man times. Between the 12th and14th centuries they were used by her-mitic communities, among which weregroups of wandering hermits calledFratres de cruce de Normandia. Recordsfrom the 13th century mention the ex-istence of a hermitage in the woodsknown as locus sancti Vivaldi and, nolater than 1224, a small church, namedSancta Maria de Romitorio (St Mary ofthe Hermitage), was erected. Duringthe 14th century, devotion to Saint Vi-valdus increased and the church wasdedicated to him, as well as to SaintMary and Saint Catherine. The Selvadi Camporena and the San Vivaldohermitage, object of a dispute between

Castelfiorentino and Mataione, wereeventually given by the commune ofMontaione to the Franciscans, whoproceeded to include Vivaldo into thepatrimony of the order, although thispassing of property became official on-ly in 1500, once the conflict with thecommune of Castelfiorentino had beensettled, and the town, having given overto the friars its own portion of thewoods, had obtained in exchange thepresence inside the church of its patronsaints – Lawrence and VeridianaThe first Father Superior of the con-vent, Cherubino Conzi, soon launchedthe construction of the church, whichwas carried out with great alacrity andinvolved the entire population, ac-cording to a chronicler of the times,Brother Mariano, quoted by Pulinari(D. Pulinari 1913, pages 494-495).Under the arcade of the façade is a ter-racotta group representing Saint An-thony the Abbot, Saint Roch and PopeLinus. The single nave interior of thechurch shows a typical Franciscan plan.The relics of Saint Vivaldus have beenkept in the chapel consecrated to thesaint (the first to the right) since 1906,year in which his cult was officially rec-ognized. The altar of the chapel isadorned with a glazed terracotta altar-piece attributed to Benedetto Buglionidepicting the Nativity, the latter com-ing from the ancient oratory which canbe entered from the right. In the samechapel is a fine panel by Raffaellino delGarbo representing the Madonna andSaints, with Saint Vivaldus in the fore-ground. On the right, on the altar ofanother chapel, inside a niche, is set a

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terracotta group depicting the Pietà ac-cording to the iconographic manner ofthe Vesperbilder, a devotional object formeditation and prayer, connected todaily religious practices. The church issided by a cloister with a wash-housein the back where there was the terra-cotta group Christ and the SamaritanWoman, now at the Cleveland Muse-um in the United States of America.It was under Brother Tommaso da Fi-renze, second Father Guardian of thefriary, who had previously been a friarin Crete, and most certainly in the HolyLand where the Franciscans have alwaysheld the role of guardians of the HolySepulchre, that the construction ofwhat Gonzaga in 1587 termed the“Seraphic (Franciscan) Palestine in Tus-cany” took place. It consisted of a seriesof small chapels that recalled the holysites of Jerusalem and were modeled onthe Varallo Sesia complex. The latterhad been founded in 1493 by FatherBernardino Caimi, who had been Fa-ther Superior of the Palestine Order in1487, and later Vicar of Dalmatia, Croa-tia, Bosnia and all the sites of the HolyLand, with whom Brother Tommaso,the founder and designer of San Vival-do, must have been in contact.To understand the need to build thisnew miniature Jerusalem, one mustconsider that all over the Christianworld, since the times of Constantine,the desire to have replicas of the Holysites as memorials and for devotionalpurposes had been extremely strong.Moreover, during the Middle Ages, pil-grimages to the Holy Land had becomea rooted tradition, eventually leading

– mostly for economic and politicalmotives – to the Crusades.The 1500 Jubilee was an invitation togo on the traditional pilgrimage to theHoly Land. But it had by then becomeextremely dangerous – actually im-possible – due to Ottoman expansionand the war between Venice and theSultan. Hence the need to build newpaths of prayer and meditation whichwould permit, without the dangers ofa true pilgrimage, a visit to the Holysites in miniature.The complex of San Vivaldo was builtbetween 1500 and 1515. In fact, the pon-tifical Breve of Leon x, which grantedindulgences to the chapel visitors, datesto 1516: since there are thirty-four loci(cells) listed and minutely described,the letter constitutes one of the mostimportant documents for reconstruct-ing the history of the Jerusalem of SanVivaldo. In the Breve seven years or asingle year of holy indulgences werevariously granted, each time the be-liever would visit the chapels, prayingfor the pontiff and the Holy RomanChurch. The enormous flow of pil-grims caused by such a measure madeit necessary to soon decide to allow avisit to these places only in exception-al cases on the occasion of some holyfeasts, for a total of ten days per year. Despite a seemingly random disposi-tion, the Sacro Monte di San Vivaldois ordered according to a specific icono-graphic and topographical plan; faith-ful to the parameters of the earthlyJerusalem, it takes into account typol-ogy, orientation, access specificities anddimensions of its holy sites. In plan-

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ning San Vivaldo, Brother Tommasomade use of memories and written ac-counts of other Franciscan friars, buthe also had recourse to pilgrims’ ac-counts and travelers’ diaries, such asthat of Francesco Soriano, called Jeru-salem traslata, a detailed account on theHoly Land. The project was carried outwith great exactitude: from the desig-nation of the area east of the conventas the proper site, to the use ofJerusalem as a model for orientationand layout, the whole project aimingat topographical mimesis. Taking ad-vantage of the terrain, the deep Borroai frati became a perfect JehoshaphatValley around which the entire com-plex was laid out: to the west, Bethle-hem with the church; to the north, theTemple Square; the Golgotha hill inthe upper part; and finally, to the south,an ideal Mount of Olives. Also the sup-port of lay clients was fundamental tothe building of the complex, startingfrom the funds given by Master Pierodi Bocatino Alamanni on 31st July 1501for the erection of the choir and themain altar of the church. Besides theAlamannis, the names of other influ-ential families often recur as patrons ofthe chapels, from the Pittis to the Gad-dis and the Mannellis, up to the Lam-bardis, an ancient family from Pisa.Of the thirty-four small chapels listedin the papal Breve of 1515 – but alreadyrecorded as twenty-two following the1576 apostolic visit – seventeen have re-mained today, out of which only thir-teen from the original project. The clas-sical style of their architecture is typi-cally Florentine both in its simplicity

and its elegance. Proportions are basedon metric elements that use the “brac-cio”, a Florentine measure, as a refer-ence, finding inspiration in the refinedmodels of contemporary architecture.It is interesting to note how San Vi-valdo will result in a religious site en-dowed with a sentimental and devo-tional character in contrast with the ra-tional and lay utopias of the Renais-sance. In San Vivaldo, terracotta is thefavorite material used for statues, inharmony with Franciscan taste and de-votion, as it meets the need for con-creteness. During the stations at thevarious chapels, the visitor will be incontact with life-size figures that inviteinteraction so as to involve the specta-tor who, in this sort of theater, also be-comes an actor. Thus, the three di-mensional representation, accompa-nied by fresco decorations, togetherwith the symbolic character of the ar-chitecture offers the best possible in-struments for the reconstruction andcomprehension of the historical events.The visitor, led to share in each chapelthe emotions that that particular eventevokes, becomes a witness of theepisode, taking part emotionally in thevarious scenes. In this sense, given thecomplete illusion, one can affirm thatthe aim of the Sacro Monte has beenperfectly achieved.A source that cannot be disregardedwhen studying the San Vivaldo com-plex is the Map of the convent’s Re-lazioni (reports), drawn up in the firsthalf of the 17th century, on which thethen existing chapels are indicated:from this we understand how different

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the complex had started to be from themodel of Jerusalem. The building ofnew chapels – some of which alreadydocumented on the Map – linked tothe cult of Mary (the Visitation, theAnnunciation, with reference to theVirgin, one of the patron saints of boththe city of Florence and the Medicifamily; the Flight to Egypt), or builtout of popular will (the Chapel of thePious Women), reveals the affirmationof a form of counter reform piety thattends to abandon the purpose of theJerusalem pilgrimage in favor of a de-votion connected to the imitatioChristi, a reflection on the life and pas-sion of Jesus Christ. The neglect of cer-tain old chapels, ignored because theirJerusalem origins had sunk into obliv-ion, clearly points to this tendency.

San Vivaldus, hermit in the Selva di Camporena

Vivaldus, a hermit who lived and per-fected the ideals of contemptus mundi inthe solitude of the Selva di Camporena af-ter having long cured – according to tra-dition – his leprous master Bartolo of SanGimignano known as the “Tuscan Job”,is one of the saints of the Valdelsa who wellrepresent its particular spirituality: a spir-ituality rising from a changing worldwhich was facing problems of urban mi-gration, rural impoverishment and alien-ation, and was consequently characterizedby violence, poverty and diseases.Tradition has it that upon the hermit’sdeath the bells of the church of San Re-golo in Montaione started ringing mirac-ulously as for a feast – echoing the toposof Veridiana’s death in Castelfiorentinoand that of Julia in Certaldo – and thata hunter, who had come to town, hadseen the dead body of the venerable her-mit. So all the people of Montaione ranto the Selva di Camporena, where theyfound the mortal remains of Vivaldus in-side a hollow chestnut tree that had servedhim as a cell during his lifetime. The bodyof the hermit was brought inside thewalled city and buried under the mainaltar of the church of San Regolo. Fromthen on, between the 14th and 15th cen-turies, the blessed Vivaldus became ob-ject of cult in the Valdelsa. Churches andlay companies were dedicated to him; con-sidered the protector against endemic dis-eases, as well as a model of the Christianvirtue of resignation and of absolute trustin God’s will, he entered the officialiconography of the Church.

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Records pertaining to Vivaldus’ histori-cal existence are scarce and vague. At thebeginning of the 14th century a hermit bythe name of Ubaldus, related to the Bene-dictine order, settled in the Selva di Cam-porena. Notwithstanding the philologi-cal similarity between the names Ubal-dus, Vibaldus and Vivaldus, we are notcertain we can identify Ubaldus with Vi-valdus, given that since 1220 there hadbeen a hermitage in the same woodsknown as locus sancti Vivaldi. When the Selva di Camporena includ-ing this hermitage and the church ofSancta Maria del Romitorio (also dedi-cated to Saint Catherine and Saint Vi-valdus) were given over to the Francis-cans, they tried to appropriate the saint’scult to their order, using propaganda todemonstrate that Vivaldus had been aFranciscan. It was only in 1908, whenthe saint’s cult was officially recognizedthrough Pius X’s bull issued also thanksto the generous work of Father FaustinoGhilardi who dedicated his life to Vi-valdus and the miniature “Jerusalem”,that the mortal remains of Saint Vival-dus were transferred to the chapel conse-crated to him inside the church of San Vi-valdo. Thus the saint returned to the“round wood” of Camporena where hehad spent his entire lifetime.

Rosanna Caterina Proto Pisani

Guide to the Jerusalem of San Vivaldo

Lucia Mannini and Sabina Spannocchi

The choice of which itinerary to fol-low when visiting the chapels is verycomplex. A canonical visit did not evenoriginally exist and over the years var-ious paths have followed one after an-other. Since Brother Tommaso con-ceived the plan for the chapels at SanVivaldo according to the holy sites ofJerusalem, adapting it first to what wasthe custom in the holy city, the pilgrim’scourse only partly followed the devel-opment of the evangelical narrative.Today only some chapels remain fromthe original 16th century plan, whileothers were added subsequently, fa-voring themes of the Via Crucis (Sta-tions of the Cross) or inspired by Mar-ian devotion. By comparing ancienttexts and more modern guides, as wellas influenced by practical demands, wesuggest the following itinerary.

Start the visit at the church.The chapel of the Nativity inside the church is conceived as a reference to Bethlehem

1. church of san vivaldoThe church corresponds to the typicalFranciscan model characterized by itssimplicity and functionality. Its struc-ture which embodies previous build-ings (as maybe the of ten mentionedChurch of Santa Maria del Romitorio)

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was built at the same time as the chapelsof the Sacro Monte, even if also after-wards it underwent various transfor-mations in subsequent centuries. Weknow with certainty that on 1st May1550, with a solemn rite, the Friars Mi-nor were established there and that in1501 Brother Cherubino obtained alarge part of the surrounding land fromthe community of Castelfiorentino, as-suring in exchange the proper venera-tion of the small city’s patron saints:Leonard, Lawrence and Veridiana.The simple façade, where the Guelphcoat-of-arms stands out on high, hasan arcade built and restored over the16th and 17th centuries at the behest ofthe Gaetani family. To the left, througha wooden gate, one enters the convent,while, on the right inside a niche, thereare three terracotta statues dating tothe beginning of the 16th century whichdepict Saint Linus (the patron saint ofVolterra, in whose diocese the San Vi-valdo complex is found), Saint Antho-ny the Abbot (the hermit saint par ex-cellence), whose head was found to bea recent replacement, and Saint Roch(invoked against the plague, which in-fested this area in 1504). On the farright, the arcade is closed by the votivechapel to the war dead, erected on theoccasion of the 600th anniversary ofSaint Vivaldus’s death, (13-16 May1920). On the side wall, two terracot-ta clipei display half-length represen-tations of Saint Vivaldus and FatherFaustino Ghilardi, while on the wall infront there is a modest fresco depictingthe Last Judgment from the end of the18th century. Above the central main

door, through which the church is en-tered, in the place of a 16th century fres-co portraying the Madonna with Childbetween Saint Francis and Saint Vival-dus, there is the Madonna with Childpainted by Carlo Vogarini in 1967.The interior of the church, wide andspacious, mirrors in the structure theancient hall construction, character-ized by the Franciscan rigor and sim-plicity. Immediately to the right, thereis the chapel of San Vivaldo, in the cen-ter of which is the splendid glazed ter-racotta altarpiece representing the Ado-ration of the Child with Saints Vivaldusand Catherine of Alexandria. It is en-closed in an architectonic structurebased on classical elements, with re-sponds decorated with fruit and leaves;the altarpiece unites the Franciscantheme of the Nativity with that of theAnnouncement to the Shepherds. For-merly attributed to Giovanni DellaRobbia, recently it tends to be consid-ered the work of Benedetto Buglionifrom the beginning of the 16th centu-ry. Below this, in a glass urn datable to1601, the relics of Saint Vivaldus arekept enclosed inside a terracotta stat-ue of the saint. On the right wall, weadmire the harmonious painting on awooden panel by Raffaellino Carli, al-so known as Raffaellino del Garbo, thatdepicts the Virgin in Glory, with SaintsJohn the Baptist and Jerome to thesides and Francis and Vivaldus kneel-ing in the center. On the left wall,(transferred from the niche high abovethe altar in front) is the terracotta stat-ue of Saint Sebastian, before attributederroneously to the so-called Cieco di

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Gambassi. The sophisticated eleganceof the saint’s pose seems to recall in par-ticular the stylistic traits of the youngSansovino.Continuing to the right and goingdown two steps, we enter an internalchapel where a painted terracotta grouprepresenting the Pietà is especiallypointed out; it has recently been at-tributed to Agnolo di Polo. It is one ofthe most beautiful plastic groups, withthe tormenting abandon of Christ’sbody, in the whole San Vivaldo com-plex. Related to the Florentine sculp-tor trained in the eclectic workshop ofAndrea del Verrocchio, this plasticgroup evidently expresses the climateof Christian humanism that arosechiefly from the Savonarolean sermons.Next to such elements of flagrant nat-uralness as the Magdalene’s loose andflowing hair are the rigid and unnaturalposes of the figures, which, in theirwhole, do not let the group achieve truepathos.From this room, one enters the chapelof San Francesco, with its altar dedi-cated to the saint. The neo-Medievalniche (1926) in grey sandstone holds astatue of Saint Francis (1899) on a tablethat dates to 1702. On the side walls,there are four paintings portrayingFranciscan saints.Re-entering the church, in addition tothe tombstone of Vincenzo Bardi Ge-rozzi from 1579 (removed from thechurch’s floor in 1899) on the right wall,the two terracotta statues of Saint Verid-iana and Saint Lawrence, that date tothe beginning of the 16th century andare placed to the sides of the triumphal

arch, are pointed out. They were placedin the church to comply with a requestfrom the population of Castelfiorenti-no to venerate their patron saints in ex-change for ceding part of their land tothe Franciscans. Saint Leonard unfor-tunately has been lost.Above the main altar, there is a wood-en Crucifix from the beginning of the16th century. The presbyterial area,completely redone in 1751, has a domefrescoed with the Apotheosis of the Fran-ciscan Order and, on the side walls,there are two scenes depicting SaintBonaventure Receiving Communionfrom an Angel and Saint Clare who withthe Blessed Sacrament Puts the Saracensto Flight from the Shrine of Saint Dami-an. Behind the main altar, there is anorgan in a painted wooden chancel.The instrument was made in 1739 byFrancesco Domenico Cacioli from Pis-toia and, as recorded in the Libro delleMemorie del Convento (Memories ofthe Counvent), «it was brought here ata great expense». The organ, master-fully restored in 1988, is again beingplayed after more than sixty years ofinactivity.In the sacristy, which one enters by thedoor to the left of the main altar, thewooden counter, dating to 1517, is to beespecially noted.

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The presence of the Franciscans in San Vivaldo

The Franciscan cult of the Holy Sepulchreand the phenomenon of its reproductionin the West are the basis for the creationof the Sacro Monte di San Vivaldo. TheFranciscans, traditional guardians of theHoly Sepulchre in Jerusalem, settled inSan Vivaldo between 1499 and 1500, firstwith the consent of the community ofMontaione and then also with the con-sent of Castelfiorentino.The first guardian of the convent – prob-ably built near the hermitage – wasCherubino Conzi, under whose directionthe convent of Foiano della Chiana hadalready been built, and who immediate-ly promoted the construction of the churchand of the convent already in the 16th cen-tury. Guardian in 1509 of La Verna, lat-er on, still under his direction also theconvent of Incisa was built in 1538. Al-ready before 1506, Brother Tommaso daFirenze, the planner of the Sacro Monte,succeeded him as guardian of the conventof San Vivaldo. Guardian of the islandof Crete before 1500, he must have had adirect relationship with Bernardino Cai-mi, previously the superior of the Orderin Palestine in 1487 and successively, in1495, Vicar of Dalmatia, Croatia,Bosnia, Chio, Candia and of all the holyplaces of the Holy Land. It was preciselyfollowing this encounter – which mighthave taken place in Palestine and aftervisiting those places which, in 1493,Bernardino Caimi had already begun toreproduce on the Mount of Varallo – thatTommaso decided to repeat this initia-tive also in Tuscany, filling the Selva di

Camporena with reproductions of theholy places of Jerusalem.In a list of convents of the Franciscan Ob-servance of 1509, San Vivaldo is describedas built near a Holy Sepulchre “with sev-eral sacella (i.e., votive chapels) andaedicules similar to the holy places builton Mount Zion and on the Mount ofOlives in Jerusalem”, erected in a placewhere “even the hills and the depressionsare similar to those in Jerusalem”.Brother Tommaso, who was guardian in1509 of the Florentine monastery of SanSalvatore al Monte, returned on severaloccasions to San Vivaldo from 1513 to 1516and then from 1523 to 1529. The years ofhis stay, 1513-1516, are linked to the pro-mulgation, by Leo X, of the Breve re-garding the indulgences for the visit tothe chapels of San Vivaldo, but also to theletter dated February 19th 1516, which at-tests the importance acquired by San Vi-valdo and provides a sort of act of foun-dation for the constitution of an au-tonomous Florentine Province of Obser-vants. Coinciding with the borders of theterritory of Florence, it was realized in1523 and enhanced by prestigious build-ings (San Salvatore al Monte in Florence,The convent of La croce in San Cascianoand San Vivaldo).Brother Mariano Ughi from Florence, acontemporary of Colzi and Brother Tom-maso, who died in 1523, was instead thechronicler, who passed down the fervourand the enthusiasm for the constructionof the complex of small chapels of SacroMonte, and news of them are reported inthe Cronica di Dionisio Pulinari.In the reproduction in the West of theHoly Sepulchre one must consider the at-

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tempt made by Franciscan spirituality,mystical and with the ideal of poverty, toreplace the pilgrimage to the Holy Sepul-chre and to the earthly Jerusalem with aprocess of internalization of the Crusades,in a perspective of renewed devotion tothe Passion of Christ, transferring to theWest the penitential themes and spiritu-al values of the pasagium ultramarinum(F. Cardini, 1974, pp. 199 ff.).Among the Franciscans present in SanVivaldo Father Faustino Ghilardi isworth remembering. In addition to hav-ing left important evidence of the histo-ry of the convent, the church and thechapels (F. Ghilardi 1895), he dedicatedhis entire life to working towards thecanonical beatification of Vivaldus.

Rosanna Caterina Proto Pisani

We enter the convent by the woodendoor to the left of the church’s arcade

2. conventThe original construction of the SanVivaldo convent dates to the beginningof the 16th century, but over the fol-lowing centuries, and especially in the18th century, there have been variousrounds of re-organizations and en-largements. It was the seat of the Fran-ciscan Seminary until the last worldwar. In addition to the large cloisterwith brick arches, later walled up, anda cistern in the middle to collect rainwater, we point out the beautiful re-fectory with grey sandstone tables andwalnut stalls dating back to 1739 andkitchen with the so-called “commonfireplace”, an enormous stone hearthwith high-backed chairs all around, al-so in stone, and the library on the firstfloor.

At the end of the convent’s vegetablegarden

3. chapel of the samaritan womanAt the end of the pergola and in frontof the convent, a small, recently restored(1999) aedicule stands. It is the Chapelof the Samaritan Woman, an open log-gia inside of which there is a baldachinstructure supported by columns andcovered by a rib vault. In it, there is agraphic reproduction of a terracotta re-lief originally placed there with Jesus andthe Samaritan Woman at the Well. Fa-ther Faustino Ghilardi, in his Guida alSantuario di San Vivaldo (Guide to the

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San Vivaldo Sanctuary) (1936), tells howthe smoke given off during the prepa-ration of the lye used by the friars towash their clothes in nearby (still visi-ble) wash-houses had over time seri-ously damaged the relief and how, in1912, it was decided to sell the sculptureand use the money to restore the otherchapels. The marvelous terracotta is to-day found at the Cleveland (Ohio) Mu-seum of Art in the United States ofAmerica. Although the place where Je-sus encountered the Samaritan womanis rather far from Jerusalem, its pres-ence at San Vivaldo shows the progres-sive loss of the philological rigor thathad characterized Brother Tommaso’splan, and how the new direction aimedat worshiping all the places that couldrecall episodes of Jesus’ life.

To the right of the aedicule, twodidactic panels compare the map of thecity of Jerusalem with that of the SacroMonte of San Vivaldo. Further to theright, a brick structure houses, on thefirst floor, the multi-media Museumand, on the first floor, to right of thechurch, the entrance of the Museumwith ticket office-bookshop

4. museum of the sacro monteand ticket office-bookshopSince 1993, the Museum of the SacroMonte has been housed in the formerbarn. Here, in addition to the book-shop, there are some didactic panelsthat show an image of Jerusalem in Me-dieval Europe, the similarities betweenJerusalem and the San Vivaldo com-

plex, the relationship between San Vi-valdo and the Franciscans, the patron-age of the various chapels reconstruct-ed through an analysis of the manycoats-of-arms present in them.

Exiting the tichet office-bookshop, the chapel visit itinerary begins to the right

5. mount zionMannelli family patronageIn the 12th century, outside the walls ofJerusalem, on Mount Zion, the eventsof the Last Supper, the Descent of theHoly Spirit, the Washing of Feet andthe Incredulity of Saint Thomas werecommemorated inside the Basilica ofSanta Maria. After the Moslems re-captured the city and the Basilica ofSanta Maria was demolished, the lo-cation of those sites of worship waschanged: at the end of the 15th centu-ry, the altars of the Last Supper andthe Pentecost were worshiped on anupper floor of the church, from hereone reached the tomb of David at theback and then went down to a chapelwhere the Incredulity of Saint Thomaswas worshiped. The Mount Zion com-plex of San Vivaldo is one of the placesthat most faithfully corresponds to theone in Jerusalem, reproducing theplacement and structure of the spacesas well as the passages and sculptures.Therefore, the structure of the build-ing recalls that of a church that devel-ops longitudinally, inside there arethree chapels placed at different lev-els: on the upper floor are the Chapels

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of the Last Supper and the Pentecost,on the lower floor is that of the In-credulity of Saint Thomas, while nextto this, there is a fourth and separateroom which recalls David’s tomb.

5a. chapel of the last supperMannelli family patronageThe chapel’s sloped facade has an entryportal surmounted by a tympanumwith two windows at the sides and cor-ner pillars and it is closed above by asort of pediment. An external stairwayleads to the inside of the building.Coming through the doorway, one en-ters a rectangular hall divided into twoaisles by a line of columns with ionicbases and capitals that, connected tothe corbels set into the side walls, formsix bays with a groined roof. The inter-nal layout reproduces that of the Basil-ica of Saint Mary of Mount Zion inJerusalem, where, on two different al-tars, the episodes of the Last Supper andthe Washing of Feet were recalled. Twocenter-shaped, colored terracotta reliefsof identical size in fact stand out on theback wall.In the first relief, depicting the Last Sup-per and the Establishment of the Eu-charist, in a domestic setting where oneglimpses a window in the background,the twelve apostles are sitting around aset table, leaving the central positionto Christ, who raises the Eucharist withhis right hand. The material’s ductili-ty and its lively coloring allow the fig-ures to be characterized and displayedin different ways. The soft and fluidrendering of beards and hair, as well asthe abundant fall of the cloaks, con-

trast with the stiff descriptive purposeof the dishes found on the table. Care-ful comparisons to archaeological findsfrom the beginning of the 16th centuryconfirm, among other things, an exactcorrespondence of these objects (chal-ice, ribbed glass, crespina, that is, a traywith baccellatura decorations) withthose in use at that time. The largenumber of figures portrayed in a rela-tively narrow space does not fail toevoke the character of late Medievalnorthern European sculpture, althoughinteresting comparisons with coevalpictorial models inspired by prints andxylographic illustrations may also beestablished.In the Washing of Feet, each of the seat-ed apostles awaits his turn. The quasi-geometric placement of the various fig-ures is animated powerfully by the ges-tural expressiveness of the hands. Re-lated to the same anonymous DellaRobbian artistic workers from the be-ginning of the 16th century, the twosculptural groups reveal their mainlydidactic purpose of the Gospel narra-tive, they do not imply the visitor’semotional participation yet. As theGospel of St. John records, in fact, thesetwo episodes precede the most dra-matic moment of the Lord’s an-nouncement of Judas’s betrayal.Due to the unqualified fondness forcold-painted terracotta, that is, withoutglazing, the critics have now main-tained for some time that the supervi-sion of the entire plan for the plasticfurnishings of the San Vivaldo com-plex may lead to Giovanni Della Rob-bia and his entourage, where it is some-

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times possible to identify single artistssuch as Marco Della Robbia, Benedet-to Buglioni and Agnolo di Polo. Allthese artists, acquainted with the mostrecent plastic and pictorial productionof Renaissance Florence, attempted toupdate and change their own compo-sitional models, sometimes moving to-wards greater decoration, sometimestowards a more painstaking poignantrendering of the figures.

Passing through the door to the right,we walk through the small arcade;at the back on the left

5b. chapel of the pentecostThe size of the square room, covered bya dome, and its structural elements arebased on the unit of measurement ofthe Florentine braccio. A faux marbledecoration adorned the chapel, recall-ing the tapestries and brocades that, ac-cording to pilgrims’ accounts, coveredthe walls of the Chapel of the Pentecostof Jerusalem. Today the Prophets shownwith their open scrolls, within thedome’s pendentives, are the most ap-preciated of the painted areas.On the wall opposite the entry, in aniche with an egg-shaped motif frame,the Descent of the Holy Spirit is depict-ed, whose essential complement is thesymbolic dove in the center of the ceil-ing, from which branch out some reddrops, like tongues of fire, that descendon to those present, according to its re-counting in the Acts of the Apostles(Chap. ii). The figures’ relaxed andsmiling faces, turned upward, with as-

tonishment and joy, participate mani-festly in the happy event. The circle ofApostles around the Virgin, who kneelson a pedestal in the center of the com-position, shows some slight uncertain-ty in the execution of the perspective.For some time now the artist’s nameproposed for this relief has beenBenedetto Buglioni, the artist whomthe Florentine biographer GiorgioVasari (1568) made famous for havingstolen the glazing secret from a womanof the house of Andrea Della Robbia.

Returning to the ground floor and going along the covered arcadethat opens to the right of the stairway,on the left

5c. chapel of the incredulityof saint thomasAs the Gospels record, eight days afterChrist’s first appearance to the Apos-tles, Jesus revealed himself to the in-credulous Thomas, making him touchhis wounds. With greater composi-tional freedom, the figures that ani-mate this scene come out slightly fromthe lunette meant to contain them. Inthe center are, in larger-scale and high-relief, Jesus and Saint Thomas. Even ifthe didactic intent seems to overwhelmthe plastic rendering, still the mainscene suggests relevant comparisonswith the magnificent bronze group,cast by Andrea del Verrocchio and un-doubtedly finished in 1483, for the Mer-canzia shrine in the Florentine churchof Orsanmichele. Agnolo di Polo, asculptor trained in Andrea del Verroc-

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chio’s workshop and only recently re-discovered by the critics, is the proba-ble artist of this relief, who appears topopularize the elegant and refined or-derliness of the Florentine master’swork in a more common and simplestyle. A dead Christ, with a coloredbeard and hair, has more recently founda place above the altar table.

On the left side of Mount Zion,looking out from a lunette, one can see

5d. david’s tombIt is a brick room with a barrel roof anda stone floor. The floor of the narrowand dark room, identified as David’ssupposed tomb, is about half a meterbelow the road level.

The Franciscans and terracotta

Terracotta is the favourite means of ex-pression for the Franciscans, for its char-acteristics of being simple, luminous andlasting in time, which fit well with theaesthetic and religious ideals of the Mi-norite order. The Franciscans’ liking forthis material is also based on a conceptualaspect. In a vision of the world dominat-ed by principles of poverty and simplici-ty, earth, an essential element with whichGod had created man, was considered theright means as opposed to other materi-als (marble, precious metals), which havea more sumptuous aspect. In the case ofglazed terracotta, the effects of light cre-ated by the luminosity of the bright whiteor the intense blue of the sky contributedto a better understanding of the work toachieve a deeper catechesis.As a matter of fact it was the Della Rob-bias themselves who worked untiringlyfor the Franciscans. Luca, who was thefounder of the workshop and studiedFranciscan literature, had already ob-tained prestigious commissions for theBasilica of Santa Croce in Florence, runby the Conventuals: the glazed tondos forthe Pazzi Chapel. It was above all hisnephew Andrea, an artist of notable im-portance, who boasted a specialized pro-duction for the demanding milieu of theFranciscan Observants. The privilegedrelationship between Andrea and theFranciscan Observants is marked by threefundamental stages in his activity: hisworks for the new Basilica dell’Osser-vanza in Siena, centre of the Bernardinereligiosity, for the church of Santa Mariadegli Angeli in Assisi, another hub of the

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Minorite devotion, and for the monasteryof La Verna, the heart of the Franciscancult. In the works created for these cen-tres of spirituality Andrea established thenormative example of a production, cre-ating prototypes used by his workshop overand over again for the same clients, butalso copied by competing workshops suchas the Buglionis’ workshop.The affable and quotidian naturalism,adjusted to the sentiments of popular de-votion, the realism of the images, but al-so a structure and a symmetry of thegroupings are all distinctive features ofthe works by Andrea, intended for thesethree important centres of the MinoriteObservants, but continuously sought-af-ter and disseminated in other areas ofTuscany, in Umbria, as well as in thesouth of Italy. The terracottas of San Vi-valdo – ranging from the glazed altar-piece representing the Nativity attributedto Benedetto Buglioni to the other groupsof cold-coloured terracotta that decoratethe chapels which are characterized by asimplicity and a realism, which are ac-tually superior to the glazed works pro-duced in San Vivaldo by the workshopsof Giovanni Della Robbia, BenedettoBuglioni or Agnolo di Polo, as more re-cent critics have suggested – are all rep-resentative of the message preached by theFranciscan Observants in the itineraryof the celestial Jerusalem, with the at-tempt to emotionally involve the specta-tor, with the ultimate aim of catechesis.

Rosanna Caterina Proto Pisani

Along the asphalt road, on the left

6. chapel of the house of annasBardi di Vernio family patronageIn Jerusalem it was believed that thehouse of the priest Annas, where Jesuswas tried, was near the city walls. Inthe 15th century, the olive tree outsideit, to which Jesus had been tied whileAnnas and his soldiers celebrated hiscapture with a banquet, was still point-ed out. In San Vivaldo, Annas’s housewas already recorded in Leon x’s 1516Breve, but the current building, asquare plan with protruding corner pil-lars, reveals 17th century interventions.The façade, in addition to the usualgabled portal, has been embellished bytwo small elliptical side windows andby a central œil-de-bœuf surmountedby the coat-of-arms.The inside is covered by a cross vault.The pictorial background of the nicheintroduces the main scene, fashionedin terracotta, which presents the highpriest Annas, seated with his gloves inhis hands as a sign of authority, wit-nessing the smack that his servant is giv-ing to Christ. The accurate descriptionof clothes and headdresses, in an as-sortment of pointed varieties, con-tributes by providing a note of verisimil-itude and liveliness to the scene, wherethe spectator finds himself involved asat a theatrical performance. With thescene’s clever practical perspective de-vice, the plastic artist has made the highpriest sit on a chair placed at a three-quarters angle, instead of in profile, inorder to allow the pilgrim to better seethe entire episode. It is one of the most

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complex and most successful of the rep-resentations in a perfect fusion of paint-ing and sculpture. The frame decorat-ed with cherubs and lacunars in a fakevault has grand visual impact, but thepictorial background, now unfortu-nately in large part faded, must certainlyhave had the most important function.Besides a dense formation of lances,vexilla and headdresses, it is the archi-tectural structure, in which figuresabove are straddling to witness thescene, that offers amusing suggestionsto the narrative. It has often been sup-posed that whoever painted the chapels’backgrounds was familiar with, perhapsonly in an indirect way, the Sacro Monteof Varallo Sesia in Piedmont and, inparticular, the paintings of GaudenzioFerrari.

Continuing to the left

7. chapel of the house of simon the pharisee Ricasoli family patronageFrom the end of the 15th century, it wasbelieved that the episode of Jesus’ din-ner in Jerusalem at the house of Simonthe Pharisee took place in a buildingidentified as being near the house of thePious Women, along the route of theVia Dolorosa (Stations of the Cross). Al-though the episode was not related tothe Passion of Jesus, its presence in SanVivaldo is justified by the wish to topo-graphically reproduce here the placesof the holy city. Such a chapel, never-theless, is not mentioned in the 1516Breve of Leon x: the first informationregarding it comes from the end of the

17th century, even if its constructionmust date to the second half of the 16th

century. The size and shape – a squareroom with a rectangular apse – recallthose of a simple house, with a centralbody joined to a smaller room. Thefaçade is bare, simply outlined by cor-ner pillars, by a window and a portalwith a stone tympanum. The inside,with a domed vault, has an altar withan 18th century mensa.Taking advantage of the chapel’s cubicmeasurement, there is, above the altartable, the Dinner in the House of Simonthe Pharisee in center stage, one of themost beautiful scenes among those pre-sent at San Vivaldo. According to themost recent critics, the hand of Agno-lo di Polo, the sculptor recorded inGiorgio Vasari’s Lives of Artists (1568)as one of Andrea del Verrocchio’s ap-prentices, is recognized also in this re-lief. The son of a maker of death masks,Agnolo must have worked with sculp-tors who specialized in marble and ter-racotta such as Francesco Simone Fer-rucci and Nanni Grosso.In this composition, constructed withan extraordinary clarity, there are againthe details of the table-companions’clothes and even of the dishes or thetablecloth, realistically wrinkled, to in-crease the pilgrim’s ability to identifywith the scene. The figures of Christ andthe woman sinner who, after havingbathed his feet with her own tears, driesthem with her hair, kissing them andanointing them with perfume, couldform an autonomous group, but theyconnect perfectly with the other figuresthrough their bowed heads and above all

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by the natural pose of the young manstanding in front of the table.

We take the road to the east and pass a group of chapels to arrive at the Chapel of Pilate’s House.From here, the Via Dolorosa begins:the route that Christ took from Pilate’s praetorium to Calvary

8. chapel of pilate’s houseRossi family patronageFrom the late ancient period to Broth-er Tommaso’s time, there were variousattempts to locate the house and thepraetorium of the Roman procuratorPontius Pilate in Jerusalem. At the timethat San Vivaldo was created, Pilate’sresidence had been identified at a sitenear the ruins of the Antonia fortress,north-west of the city, where relics ofthe Flagellation, the Crowning ofSpines and Ecce Homo were also vener-ated. As all these sites were mostly de-stroyed or had become accessible withdifficulty, the chapel of San Vivaldo isa sort of compendium, which reunitesthem without specific references to theirform or character. Therefore Pilate’s res-idence has the aspect of a house with asloped roof, an access door and two(partly closed) windows on each side,where the Ecce Homo aedicule has beenlaid, joined to the building by a string-course cornice. In order to give the im-pression of the courtyard of a sumptu-ous palace, the hall-like interior is sub-divided into two spans with rib vaults.Here, in two niches, are depictions ofthe Flagellation of Christ and the Crown-

ing of Spines. In an emotional crescen-do, the visitor begins to again travelalong the real Via Dolorosa. The job ofdirect communication and easy visualmemorization is entrusted to the sculp-tures. In the first relief, a balanced andharmonic composition created alsothrough the correspondence of the op-posing gestures of the two flagellants,there is a varied and lively expressiverendering of the figures, culminating inthe lost and resigned look of Christ,whose long-limbed body almost makesup the medial axis of the entire scene.With an absolute lack of documentaryinformation about the presence andactivities of the workers at San Vival-do, it is beyond any doubt that who-ever modeled and painted these terra-cotta reliefs was a skilled and meticu-lous artistic personality. Specialistsconnect these two scenes to the Ver-rocchio-style plastic artist Agnolo diPolo, nevertheless recognizing in somedetails (such as Christ’s oval faceframed by a neat beard and hairstyleclear) references to Benedetto Buglio-ni who, trained in the Della Robbianentourage, shared with Giovanni Del-la Robbia the anxiety of changing hisown models, sometimes using pictor-ial motifs drawn from Ghirlandaio,sometimes using sculptural elementsfrom Antonio Rossellino.The different coloring of the figures’complexions – light or dark, – as wellas the contrasting physiognomies – del-icate or twisted, – permit an immedi-ate identification of the typologies ofgood and bad. The clothes’ details, withan interesting variety of headdresses,

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are functional to the narrative, whilethe hairstyle and beard of the figurekneeling on the left seem to be almosta learned quotation of antiquity.

Once having exited the Chapel of Pilate’s House, in the external spacebetween the latter and the Chapel of the Journey to Calvary, that wouldcorrespond to Lithostrotos, the largesquare of judgment, there are the Ecce Homo aedicule, placed againstthe Chapel of Pilate’s House, and the aedicule of the Crucifige, placed outside of the Chapel of the Journey to Calvary

9. aediculeOutside the Chapel of Pilate’s House,near the access door, an aedicule holdsthe group of Ecce Homo. Below thiswas Barabbas’s cell, from which the fig-ure of the thief looked out, damagedby stones thrown at it in the 19th cen-tury.In an extraordinary integration ofpainting and sculpture, of great artis-tic value, is depicted the episode inwhich Pilate has Jesus, only covered bya purple red cloak, taken out of thepraetorium. After having interrogat-ed him and not having found himguilty of anything, Pilate presentsChrist to the Jews saying «Behold theman! » (in Latin: Ecce Homo) leavingthe final judgment to them. A carefulperspective highlights the figures of Pi-late and Jesus, continuing the narrativein a progressive series of decreasingplanes. The painted image on the

background of a young woman carry-ing a jug full of water and a basin, gen-erally interpreted as symbols of Pilate’scowardice, is stupendous. In the past,the pictorial background did not failto recall, because of its rapid coloringand expressive rendering of the figures,the Stories from the Life of Christ fres-coed by Gerolamo di Romano, knownas Romanino, in the cathedral of Cre-mona. The relief, instead, is usuallylinked to Marco Della Robbia, one ofGiovanni Della Robbia’s more giftedsons.

In front of the Ecce Homo aedicule, on the side of the second-last chapel

10. aediculeThe aedicule placed on the chapel ofthe Journey to Calvary holds the im-age of the Crucifige, which is thusfound in front of the Ecce Homo one.As the Gospels narrate, in front of Pi-late’s doubts on Christ’s fate, the highpriests and the guards cried «Crucifyhim, crucify him! » (in Latin: Crucifigeeum). In this aedicule, there is thescreaming crowd where the weepinggroup of Pious Women is seen on theright. Besides its naturalistic render-ing, the various characterizations ofthe figures’ clothes highlight the vari-ous hierarchical levels of Jewish soci-ety. The old man who holds in hishand the scroll on which is repeatedthe inscription «Crucifige», for exam-ple, dressed in a long tunic fastened atthe waist with a belt and with a slight-ly rounded headdress on his head,

crucifigeecce homo

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must belong to a leading class. How-ever, this aedicule particularity is aboveall in the expansion of the scene’s re-duced space thanks to a perfect fusionof painting and sculpture, which suc-ceeds in uniting the relief with thepainting in a striking perspective ren-dering. If the critics have always ad-vanced Benedetto Buglioni’s name forthe sculptures, who was the founderof the workshop in competition withthe Della Robbias, the attributions forthe painting vary from references tothe style of Perugino to a painter fromVercelli, Antonio Bazzi, known asSodoma, active between 1505 and 1508in the cloister of the MonteolivetoMaggiore monastery near Siena.

Leaving the Judgment Square, we findthe Chapel of the Journey to Calvary;we enter the door to the right and exitfrom the one to the left.

11. chapel of the journey to calvaryBandini family patronageThere has been no information re-garding worship in Palestine of a chapeldedicated to the Journey to Calvary. Itis therefore supposed that it was con-structed in San Vivaldo for didactic rea-sons, namely, to better illustrate to thepilgrim the route of the Via Dolorosa.The chapel’s architectonic structure, acentral plan with two projecting sidewings, where the relationship amongthe various parts is based on the unitof measurement of the Florentine brac-cio, reveals a careful and precise con-

ception. The façade, carried out witha projecting brick trabeation, endswith a central attic with a triangularpediment. The two side access doorsopen into a single room, with a barrelroof on the sides and domed roofplaced on pendentives in the center.As if a touching film scene were un-wound in front of our eyes, the circuitgradually takes the visitor up to thecore of the narrative, permitting theprotagonists of the episode related tobe gradually recognized up close (giv-en the narrow spaces in the chapel). Asoldier and a man (perhaps Joseph ofArimathea) are going by horse towardsCalvary, while, on foot, a large groupof Jews escorts Jesus, who is carryinga very heavy cross on his back, an ef-fort made slightly less difficult by theoffer of help from Simon of Cyrene. Atthe head of the procession, there arethe two thieves in white tunics, pre-ceded by a soldier with the Roman in-signia s.p.q.r. (Senatus Populusque Ro-manus). The hand of Agnolo di Polohas also been recently recognized inthis important relief, whose collabo-ration with Giovanni Della Robbia isdefinitely confirmed at least in 1517. Inparticular, Christ’s physiognomy ap-pears identical to that of the Flagella-tion. The plastic artist makes thesolemn models of the Florentine artis-tic culture of the late 15th and early 16th

centuries evidently more ordinary,nevertheless achieving a remarkable ef-fect. In this case, the backgroundpainting depicting lances, trumpets,vexilla and halberds instill the scenewith coherence and unity.

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Continuing towards the hill of Calvary, to the right we find

12. chapel of the madonna dello spasimo

Federighi family patronageIn the 12th century, a building dedicat-ed to the Madonna dello Spasimo hadbeen built in Jerusalem, but it was al-ready in ruins by the end of the 15th cen-tury. Since the building had stoodalong the route of the Via Dolorosa, onewas also built at San Vivaldo along thepath that led from Pilate’s house toMount Calvary. In the 1516 Breve ofLeon x, the chapel was numbered asone of the most important sites andwas described in the 17th century Re-lazioni (records) as an «oratory», «ex-traordinary as to devoutness», wheremany of the faithful flocked to pray tothe Madonna leaving ex voto offerings.The size and spatial articulation of thisbuilding make it one of the most in-teresting. In fact, the chapel’s shape re-calls that of an oratory. The exterior isenlivened by a columned arcade withTuscan capitals and, to the sides of thedoor, by windows closed by grates; thesingle nave interior with a sloping roofends with an apse and there is a smallsacristy to the right.The plastic group of the Madonna del-lo Spasimo represents one of the high-est achievements of San Vivaldo’s en-tire sculptural cycle, both for its ca-pacity to involve emotionally the pil-grim as well as for its artistic quality. Inthe 1920’s it was considered the workof Giovanni Della Robbia, but since

1982 the critics have associated it withAgnolo di Polo. Mary’s composedfainting, made believable by the pallorof her face and hands and the elegantand sorrowful help given her by SaintJohn the Evangelist and the PiousWomen, is achieved thanks to an ex-traordinary compositional rendering,already perceptible in the varied move-ment of their heads. The soft breakingof the full robes, the play of the handsthat support the Virgin, as well as thevaried depiction of the faces from theworried but more luminous ones of theyoung people and the darker, moremournful ones of the old women, in-crease remarkably the expressive in-tensity, without ever assuming extremetones. The relief ’s good state of con-servation also permits making signifi-cant comparisons with what was de-veloping in painting between the endof the 15th century and the beginningof the 16th, in the Florentine workshopof Andrea del Verrocchio among itsregular habitués such as Pietro Perug-ino, Domenico Ghirlandaio, Lorenzodi Credi, Francesco Botticini and stillothers; examples that the author of thissculptural group must have had veryclearly in mind, in a constant compar-ison with painting.

Continuing, to the right

13. chapel of the pious womenNerli family patronageThe chapel, although small, was care-fully planned according to the Floren-tine braccio measure module. It is not

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easy to reconstruct its history, becauseof the difficulty of interpreting the lit-tle information available from ancientdocuments, but also because of the nu-merous restorations to which it wassubjected between the 17th and 19th cen-turies.Inside, almost like a stage setting, thereis a fresco with some figures looking outof the window of a home, as if watch-ing what is happening in the fore-ground where the statues stand. On hisway to Calvary, Christ is dragged by ajailer, his face portrayed with particu-larly surly and disagreeable features. Asthe Gospel according to St. Luke (23,27-31) recalls, Jesus turns to console thePious Women of Jerusalem who, weep-ing and prostrate, are following him.The plain material of these sculptures,as the entire cycle of San Vivaldo, is par-ticularly suitable for achieving an ex-traordinary naturalistic effect. Althoughthe arms are missing, the statues ofChrist and the jailer maintain intacttheir expressive portrayal, while the var-ied positions of the heads and hands ofthe Pious Women add liveliness to thestory.

The hill to the north east of the San Vivaldo wood is associated with Mount Calvary. Climbing the fifteen steps that lead to the mount– probably built in 1687 along with the restraining wall for the surrounding land – the chapeldedicated to Christ’s encounter with Veronica is found immediately to the left

14. chapel of veronicaBardi family patronageNear the Holy Sepulcher in Jerusalem,a chapel was built on the site where itwas said – according to the ApocryphalGospels – that Christ, during theclimb to Calvary, met Veronica, oneof the women who followed him.Moved by pity, Veronica dried hisbloodied face with a cloth, its imprintremaining miraculously on the mate-rial. The chapel in San Vivaldo is setat the foot of the Mount Calvary area,along the path of the Via Dolorosa. Thebuilding, small and rather modest inits design and prospect, houses insidethe image of Veronica on a Renaissancealtarpiece surrounded by a mono-chrome frame with egg-shaped deco-rations. The relief, having a certain ac-curacy in the depiction of the youth-ful saint’s face, is rather elementary inits description of the landscape. Onthe predella, added at a later time, thescene is repeated with a less expressiveand more perfunctory style.

Once having reached the top of thesmall shady upland, the visit proceeds to some chapels arranged in a circlethat reproduce the sites that stood on Mount Calvary in Jerusalem,incorporated into the Basilica of the Holy Sepulcher, related to the three fundamentalepisodes in Jesus’ life: his death, burial and resurrection.In San Vivaldo, these sites are separate and distinct, but they respect the correspondingpositions of the ones in Jerusalem.

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Keeping to the right, you come to the Chapel of Calvary.First we find the aedicule with the Stabat Mater and then, after going around the chapel, we reach the entrance; we climb the stairs

15. chapel of calvaryLambardi family patronageinscription under the Lambardi coat-of-arms: d.o.m./ cappellam hancmaioribus/ suis conditamvetustateo/ ac terremotucollabentem/ pie instauraver/petrus lambardus nobil ac/ can. ac. pis et laurieius frivd/anno sal. mdcxxiiii]In Jerusalem, inside the Basilica of theHoly Sepulcher, is the chapel dedicat-ed to the Crucifixion of Christ on Cal-vary, destroyed and reconstructed sev-eral times. Since in Palestine it was setat a level superior to that of the basili-ca’s floor, above the Chapel of Adam,the chapel in San Vivaldo was built onhigher ground in respect to that of theHoly Sepulcher.The structure of the San Vivaldo chapeldates to the earl y 16th century, but itwas restored in 1624 following a fire.The structure is square with two brickarcades on corner Tuscan-style pillars.They, perhaps, at one time were openso as to allow the scene to be seen fromthe outside. The chapel is articulatedon two floors. First we find the loweraedicule with Mary and the otherwomen (Stabat Mater) who, to oneside, sharing in Christ’s agony, invite

the visitor to continue, pointing to-wards the upper part. In fact, an open-ing puts the room visually in touchwith the one above, permitting theCrucifixion to be seen from the lowerpart, creating an effect of great awe-someness.One then enters the chapel. Original-ly the access must have been from thenorth, as the inscription and coat-of-arms of Canon Lamberti, who restoredit in 1624, seem to demonstrate. In-stead, it is currently entered from theeast, climbing a flight of steps. Com-ing through the door, we find on theleft wall the most dramatic depictionof the Via Dolorosa: the Crucifixion ofChrist between that of the two thieves.The tall wooden crosses force the ob-server to a lower point of view, whilethe turned heads of the two figures atthe end of the scene lead to a greater ap-preciation of the side views. Christ’sface does not go beyond the abstracttypology codified also in other reliefs,such as in the Dinner at the House ofSimon the Pharisee or the Journey to Cal-vary; it is rather the contracted faces ofthe two thieves and especially theirbodies, as if run through by the lastthroes of death, that reveal a more pro-nounced and sharp expressionism. Thislast pecularity especially calls to mindAgnolo di Polo’s mature works, such asSaint Roch in the Spadari Chapel inArezzo and Saint Jerome and SaintFrancis in the Church of San Girolamoin Volterra. Once again the scene is ap-preciated for the perfect fusion ofsculpture and painting. Although hu-midity patches have damaged the up-

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per part of the background, it is stillpossible to see how the artist of thepainting depicting the large group offigures that crowd near the three cross-es had been trained in the most up-to-date 15th century Florentine workshops.On the exterior footing of the outsidewall, some false cracks are portrayedthat allude to the earthquake that shookthe earth at the moment of Christ’sdeath.Under the Chapel of Mount Calvaryare traces of a room that was lost atsome point in the past, but whose lo-cation and size have been reconstruct-ed through restoration. This room sup-posedly pointed, as in Jerusalem, to thepresence of Adam’s tomb. An ancientlegend recounts, in fact, that on MountCalvary, exactly where the first manwas buried, the blood of Jesus washedAdam’s head on the day of the Cruci-fixion, as if cleansing him of the origi-nal sin. Hence, the rather widespreadcustom of depicting Adam’s skull un-der the Crucifixion.

Opposite

16. chapel of the detention of christInside the Basilica of the Holy Sepul-cher in Jerusalem, there was a chapeldedicated to the detention of Christ. InSan Vivaldo, this site is rememberedby a small oratory with an aediculefaçade, a rectangular plan and semi-cir-cular apse. Some scholars neverthelessmaintain, on the basis of documentayanalysis and a comparison with the

Jerusalem Basilica, that the chapel wasoriginally dedicated to Christ’s appari-tion to his Mother. Inside, in a sort ofapsidal basin, there is the statue ofChrist who, probably praying, crosseshis hands on his chest, according to atypology rather cherished by the Fran-ciscans. His hollow, exhausted face andhis slightly gnarled hands are the onlyelements of a pronounced expression-ism; while his body appears throughthe abstract and conventional folds onthe robe. Also in this case, the plasticartist must have been acquainted withFlorentine figurative models that weremore attentive to the formal harmonyof the whole than to a realistic anatom-ical representation.

Continuing to the right

17. chapel of Gaddi family patronageThe meeting between the risen Christand the Magdalene took place in thegarden of Joseph of Arimathea, nearChrist’s tomb. In San Vivaldo, thechapel dedicated to this event is, in fact,found next to that of the Holy Sepul-cher, in a position similar to its corre-spondent in Jerusalem. In the shape ofa small aedicule, with a sloping roof,the chapel houses the sculptures ofChrist and the Magdalene. As theGospel according to St. John (20:1-18)recounts, the Magdalene, seeing thatthe stone of the tomb where Jesus wasburied had been displaced, feared thatsomeone had carried his body away.Then a man appeared to her; he was

noli me tangere

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not the garden’s keeper, as she had firstthought, but Jesus himself, who urgedher: «Touch me not; (in Latin: Noli metangere), for I am not yet ascended tomy Father». The story here is entrust-ed to only the two protagonists. Thestatue of the Magdalene recalls, ac-cording to the critics, the same figurefrom the Pietà in the chapel inside thechurch, for her wide and serene face,her loose hair on her back, as well as forthe approximation of the body’s defi-nition hidden under the large cloak,making us think of an intervention byAgnolo di Polo; the statue of Christ,mutilated due to a robbery, modeledin a more general and perfunctory way,makes one think that some other col-laborator was involved in the great en-terprise of the San Vivaldo statuary ledby Giovanni Della Robbia.

To the right

18. chapel of the holy sepulcherBardi family patronageIn the 4th century, Emperor Constan-tine had the Martiryon, a large five-aislebasilica, and the Anàstasis (resurrectionin Greek), a central ground planaedicule with a dome, built on theslopes of Mount Calvary, on a rocktomb traditionally identified as thatwhere Jesus was laid. The basilica wasdestroyed and rebuilt several times un-til, following the conquest of Jerusalemduring the Crusades, between the 11th

and 12th centuries, a single church waserected that included the sites of Cal-vary, the Tomb and the Resurrection of

Jesus. In the center of the church ro-tunda, there was the Holy Sepulcheraedicule, divided into two parts: avestibule (the Chapel of the Angel) andthe tomb. Between the 15th and 16th cen-turies, there were numerous chapelsbased on the plan of the Chapel of theHoly Sepulcher of Jerusalem, amongwhich the famous one by Leon BattistaAlberti for the Rucellai family in theChurch of San Pancrazio in Florence.Also the San Vivaldo chapel repeatssome architectural elements from theJerusalem chapel as it was in the 16th

century, with some variants and adap-tations. On the exterior it is a squarebuilding ending with a circular apse,little arches on small ionic columns andbrick trabeation. Once in the vestibule,a small door – so narrow that only oneperson at a time can enter – leads to thedark sepulchral chamber, where to theright is the sarcophagus. The entranceto this chapel represents the most im-portant stop of the pilgrim’s journey. Inthe so-called Chapel of the Angel, thereare two statues: one is of Saint Helen,the mother of Constantine who, in the4th century, had found the cross onwhich Jesus was crucified, and the oth-er is of Mary Magdalene, depicted witha small jar of ointments in her hand.The former of these sculptures comesfrom a chapel dedicated to the empressthat was subsequently destroyed. In thefunerary chamber, in a simple sar-cophagus is found the sculpture de-picting the dead Christ. The visitor,moving in the narrow space, sees firstthe face and then the body of Christ,stiffened in a rather realistic manner.

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On the back wall, there is a damaged,but still clearly visible fresco, portray-ing the transfer of Jesus to the sepulcher inthe presence of Mary and Saint Johnthe Evangelist. Coeval to the sculptures,the painting, in a rather cursory style,must have originally achieved a greateffect of naturalness. The narrownessof the site, forcing tight proximity tothe images, is intended to invite the pil-grim to a touching personal medita-tion. The critics have put forward thename of the Florentine plastic artist Ag-nolo di Polo for the figure of the deadChrist: the simple and slightly roughshaping and the arrangement of thehair, which tends to curl slightly, areconsidered to be his own stylistic char-acteristics.

Passing the Chapel of the HolySepulcher and beginning to go down,on the left

19. chapel of saint james the lessIn the 1516 Breve of Leon x and in theconvent’s 17th century Relazioni (Re-ports), the chapel is referred to as thatof Saint James the Greater, but in 1835it was indicated with the name of SaintJames the Less. It is possible that overtime, there was some confusion be-tween the two names, both worshipedin Jerusalem: one at the Cathedral ofSaint James of the Armenians on theslopes of Mount Zion, the other at var-ious sites around the city and inside theBasilica of the Holy Sepulcher; the po-sition of the San Vivaldo chapel appearsto copy the latter exactly. The presence

of Saint James the Less, moreover, couldderive from the fact that, before theliturgical calendar reform carried outunder Paul vi, on 1 May, the date ofSaint Vivaldus’ death, Saints Philip andJames the Less were also celebrated.The chapel has a simple sloped façade,with a window and two corner pillars;the entrance door is reached after a smallflight of three steps. Inside the rectan-gular plan building, a full figure of theholy apostle, depicted with his typicalattribute – a walking stick – stands outin a centered aedicule framed by egg-shaped decoration. The writing alongthe edge of his cloak, however, makesthe saint’s identification unequivocal.The pronounced characterization of theface, with slightly irregular features (thelong nose, the prominent cheekbones,the sunken cheeks) hints at a profoundinterior suffering, that seems to have,according to the most recent critics, sig-nificant correspondence with the styl-istic achievements of the so-called Mas-ter of Bigallo, the artist of the bust of theSorrowful Redeemer in the FlorentineMuseum of the Bigallo.

Continuing downhill, still to the left

20. chapel of the house of caiaphasOn Mount Zion in Jerusalem, a church,known as the Holy Savior, was built onthe site where the house of Caiaphaswas believed to have been. Therefore inSan Vivaldo, the hill near Mount Zionwas chosen for the construction of theChapel of Caiaphas. The chapel’s de-sign, with a square plan and rectangu-

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lar apse, was based also here on the Flo-rentine braccio measure.Inside, in the two terracotta niches, oneplaced on the left wall and the otheron the back wall, there are depicted,respectively, Jesus in Front of Caiaphasand Jesus Insulted. It is the moment fol-lowing the revelation of Christ to theworld, whose words would cause anuproar and his subsequent capture. Thestory here, however, goes beyond thegospels, that only speak of Jesus beingled to Annas’s house, only reportingthe prophetic words that the HighPriest Caiaphas spoke to the Jews: «Itwas expedient that one man should diefor the people» (St. John 18:12 14). Thepriest, surrounded by the great San-hedrin council, is represented herewhile tearing his clothes – accordingto a rather widespread custom in cas-es of disapproval – since Jesus had de-clared himself to be the son of God. Inthe two reliefs, in which the distinc-tion between the members of the San-hedrin and the jailers appears evident,an intervention by Benedetto Buglioniwas assumed early on, while the handof Agnolo di Polo has also been recog-nized more recently. In Jesus Led BeforeCaiaphas, the pictorial complement ofthe background has been completelylost; instead the relief is noteworthy forthe empirical prospective depiction ofthe three seated figures. Christ’s kneeoverlaps with great effect on the last ofthem. Jesus Insulted resorts to the ex-pedient of the step where the figuresstand in the middle ground, to givemaximum visibility and didactic pow-er to the whole scene.

We go down the steps and return in front of the Chapel of Mount Zionto then go back to the asphalt road.Now we visit the two chapels on the right

21. chapel of the annunciationThe Chapel of the Annunciation andthat of the Flight to Egypt are not partof the original core created by BrotherTommaso and built at the beginningof the 16th century: moreover, they arenot connected to places in Jerusalem,or to those of the Passion of Christ. Ear-ly information regarding these chapelsdates, to the second half of the 17th cen-tury while the structure could date tothe last quarter of the 16th century. Theplan of the Chapel of the Annuncia-tion is rather elaborate: built on a Greekcross plan, with a higher central room,a façade with an œil-de-bœuf and a stoneportal. Indeed, it is a place dedicatedto the Virgin, whose worship at San Vi-valdo had deep roots, as confirmed bythe fact that the Franciscan church wasdedicated to her. Inside, at the centerof a marble altar, two statues of theArchangel Gabriel and Mary, both dat-ing to the 19th century, are modeled onan azure background. In spite of theVirgin’s cloak giving the impression ofgreat movement, both sculptures arerather static and lifeless. It cannot beexcluded that also this sculptural groupwas influenced by the strong devotionresulting from the famous fresco withthe Virgin of the Annunciation of theSantissima Annunziata Basilica in Flo-rence, that as is known, found great for-tune in the whole of Tuscany.

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22. chapel of the flight to egyptFrom an 1835 convent note, it seemsthat the Chapel of the Flight to Egypthad been «altered everywhere», but it isnot certain if this was meant to say thatit was restored or reconstructed on theremains of a previously destroyedchapel. It is certain that it was built sub-sequent to Brother Tommaso’s 16th cen-tury plan. The chapel has an extreme-ly simple structure, with a square planand a façade enclosed between a base-ment and a cornice, with portal and œil-de-bœuf. Dating to the 19th century, thestatues found inside, of a simple andunrefined modeling, represent one ofthe most cherished episodes of the Mar-ian tradition: the Flight to Egypt byJoseph and Mary together with Jesus toescape Herod. The figures are preced-ed here by the figure of Saint Anthonythe Abbot, whose placement is justifiedby the saint’s widespread veneration inthe area, as demonstrated by anothersculpture dedicated to the same hermitin the niche in the church entrance. Onthe Virgin’s pedestal, the name of theartist and the year of execution are eas-ily read: «Marianus Bondi fecit / A.D.1836 Vola Terrano».

Returning towards the provincialroad, we arrive at the hill to the west,conceived as the Mount of Olives.On the right

23. chapel of the ascensionPitti family patronageOn the Mount of Olives near Jerusalemis the place where Christ spent the night

before his condemnation and where theAscension to heaven took place fortydays after the Resurrection. In the 4th

century, at the point where, accordingto a legend shared by Christians andMoslems, Christ left the last trace of hisphysical presence on earth – namely,his right footprint remained from wherehe ascended to heaven – a small centralplan church was built, with a baldachinin the center surrounding the footprintof the Ascension; later the Crusaderstransformed the building into an oc-tagonal chapel, keeping the baldachin,also octagonal; after the Moslem re-con-quest, the complex was gradually de-stroyed, but the central aedicule re-mained, although closed on the sidesand transformed into a mosque: thechapel dedicated to the Ascension atSan Vivaldo reproduces this centralpart. The eight sides are marked by cor-ner pillars with Tuscan capitals andround arches. There is a close relation-ship between the architectonic designand its symbology. In fact, not only isthe chapel raised on a base to indicateChrist’s ascent, but its octagonal planhas a specific meaning in relation to theResurrection. From early Christianity,the octagon was related to man’s salva-tion through Christ: from human life,rhythmically divided by the seven daysof the week; through baptism, theChristian enters the eternal life, outsideof time, on a metaphorical eighth dayin which death is defeated through theresurrection.Inside the chapel, in a centered niche,the episode most eagerly awaited by thepilgrim is therefore simply and clearly

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200la gerusalemme di san vivaldo

depicted. Above, Christ with his armsopen, surrounded by four angels, as-cends to heaven, while below theMadonna and the apostles, arrangedin a circle, witness the event betweenastonishment and happiness. The var-ied poses of the figures, among themSaint John the Evangelist’s wonderfulstance with his right hand on his fore-head trying to shield his eyes from thegreat light, respond to an aim of greatverisimilitude. The typology of Christsurely mirrors the Franciscan modelthat favors an ideal of self-denial andsacrifice. The terracotta sculpture ispart of the most ancient cycle of theSan Vivaldo complex that, carried outunder the direction of Giovanni DellaRobbia, also saw his three capable sonsat work: Marco, Lucantonio and Si-mone, who, according to Vasari, wereall victims of the 1527 plague. On thefloor to the right, visible on a stone isJesus’ footprint, analogous to the onein the Jerusalem chapel.

The surrounding area is a gorge where the Egola Stream runs along its bottom: Brother Tommaso’s planutilized its geographical configuration:“borro ai frati” was conceived as the Valley of Jehoshaphat, while the stream would correspond to the Cedron of Jerusalem.According to documents and recordsthere were other chapels in this area,in large part lost

Here, near the provincial road, the visit ends.

The Devotion of the SacredMounts in Italy

The phenomenon of the Sacred Mounts,eloquent forms of painting, sculpture, andarchitecture for devotional purposes, hadits prototype in the complex of Varallo Sesia,founded in 1493 by Bernardo Caimi,which was the inspiration for San Vival-do. Over time, nevertheless, and especial-ly in the counter-reformation era, these ex-amples began to spread, multiplying them-selves in the area at the foot of the moun-tains stretching from Piedmont to Lom-bardy, on the Catholic side of the Alps, al-most as a sort of bulwark against the near-by protestant countries. In addition to themore famous Sacred Mounts of Varese andof Arona, those of Ivrea, Oropa, Domod-ossola and the Craglio project are to bementioned. This phenomenon of the Sac-ri Monti, studied mainly at a local leveluntil the 1960’s, have been consideredworth studying in depth and especially rec-ognized as works of art and poetry repre-sentative of a minor expressive world andintended for popular devotion, character-ized by an emotional religiosity, almost op-posite to the rationality and intellectual-ism of Renaissance Christianity.The complex of the Sacro Monte di SanVivaldo, even if conceptually dependentupon Varallo Sesia, has preserved betterthe inspiring principle of BernardinoCaimi that is the reproduction of the holysites of Jerusalem, profoundly altered inVarallo Sesia itself, where the figurativecommemoration of episodes from Jesus’life replaced the initial project.Nevertheless, even San Vivaldo itself, atthe beginning having historical-devo-

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tional and civic relevance as the placewhere Saint Vivaldus spent his life anddied, became the setting for the Francis-cans’ geographically rigorous constructionof the earthly Jerusalem, until it acquiredthe characteristics of the Piedmont Sa-cred Mounts. The profound transforma-tion of the cult led to a radical alterationof the plan and furnishings of the exist-ing chapels as well as to the constructionof new ones, finally giving vent, alreadyin the 17th century, to the devotion of theStations of the Cross, that, precisely inTuscany had one of its early examples inthe Monte alle Croci of San Salvatore inFlorence, although preserving its own se-mantic and historical complexity.San Vivaldo’s original layout was modifiedwith the changing of the dedication of somechapels, the ex novo construction of oth-ers, the destruction of some others, never re-constructed because of the decline of theoriginal cult. In addition, the complex wasenlarged to symbolically represent not on-ly Jerusalem but also the entire Holy Land.Although briefly, it must be rememberedthat similar complexes spread both insideand outside of Europe, with some specif-ic features related to the various cultures.From the Mediterranean to the Baltic,from Spain to the Polish plains (Katow-içe), representations of the life and the pas-sion of Christ have been seen as an effec-tive didactic tool, as a means to evange-lize even the new American colonies, suchas at Congonhas do Campo, in Brazil,where the greatest local sculptor, Aleijad-inho, worked between the end of the 18th

and the beginning of the 19th centuries.

Rosanna Caterina Proto Pisani

From Florence to Montaione

by Italo Moretti

Among the various routes that offer thevisitor an alternative to via Volterrana forreaching Montaione, one runs throughSan Casciano and Certaldo. Startingfrom Porta Romana in Florence, we en-ter via Senese. Shortly after, on the right,the road passes the medieval fountainof Colombaia and goes up to the for-mer convent of San Gaggio (on the left),founded in the 14th century. Past DueStrade, where the new stretch of viaSenese begins, taking a left and then im-mediately after a right turn, one can fol-low the old Roman royal way, today viadel Podestà, that runs up to the conventof Portico, another construction builtduring the first half of the 14th centuryand whose church, modernized duringthe 17th century, contains several worksof art. The road continues along theridge, running past the beautiful Villadella Favorita (on the left), once theproperty of the Giugni family, then goesdown to the vast piazza Acciaioli in Gal-luzzo and before reaching it, on theright, one can distinguish the 15th cen-tury Palazzo del Podestà with its façadehung with several coats of arms, a re-minder that this small town was oncea commune.From the piazza we follow the road toSiena, running at the foot of the hill onwhich rises the majestic Carthusianmonastery Certosa del Galluzzo (alsoknown as Certosa di Val d’Ema).

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202la gerusalemme di san vivaldo

Founded in 1342 by the Florentine Nic-colò Acciaioli, it is today occupied byCistercian monks. On the outside, thelarge complex reveals the presence ofthe typical small cells originally inhab-ited by the Carthusians. Inside, thereare numerous buildings of remarkablequality, among which the massive Palaz-zo Acciaioli stands out. The latter wasthe founder’s residence which was com-pleted only in the 1500s. Now it is theseat of institutions as well as of a picturegallery that houses frescoes by Pontor-mo and the place where cultural initia-tives are held. Overlooking a large pi-azza stands the 14th century church ofSan Lorenzo which was renovated dur-ing the 1500s, while the nearby churchof the Monaci, with its cross vaults, hasmaintained its 14th century characters.The religious complex is also endowedwith chapels, cloisters, and other build-ings, namely the Colloquio (MeetingHall), the Capitolo (Chapter-house) andthe Foresteria (Guest quarters).Past the junction for the motorwaynamed autostrada del Sole, for the free-way to Siena, and for the small town ofTavarnuzze – whose name refers to itsancient function as a station along theantique road – we come to Scopetiwhere we take a right turn on theScopeti bridge to take the old Romanway. Going up through the woods, theroad then runs through a pleasant land-scape with fields, country houses andvillas until it reaches Sant’Andrea inPercussina where Niccolò Machiavellionce had a country residence, villa l’Al-bergaccio. After another stretchthrough very similar scenery the road

eventually goes back to the modernState road, on the outskirts of San Cas-ciano Val di Pesa. Here, a side road onthe left leads to the parish church ofSanta Cecilia a Decimo, in which “dec-imo” refers to the tenth milestone alongan ancient Roman way.San Casciano in Val di Pesa – referredto in the past as “a Decimo” – arose asan important castle of the bishops ofFlorence, before passing under the con-trol of the town commune, linked tothe Florentine Republic, which madeit the office of a podestà with authori-ty over approximately forty peoples.Of its medieval past, it has preservedparts of the city walls built by the Flo-rentines in the 14th century, includinga keep and one of the gates. Locatedinside the town, the church of SantaMaria al Prato founded by the Do-minicans in the 14th century – todaybelonging to the Misericordia – hous-es numerous works of art, amongwhich a Cross painted by Simone Mar-tini and the Madonna with Child andSaints Peter and Francis by Ugolino diNerio. The church of Santa Maria delGesù, a construction in 17th centurystyle, is today the seat of the Museumof Sacred Art which collects works ofart of remarkable quality from neigh-boring churches. These include theArchangel Michael Altar-Frontal byCoppo di Marcovaldo and a Madonnaand Child by Ambrogio Lorenzetti.We continue along the road that leadsto the valley floor of the Pesa, passingby the Villa del Borromeo, where thelandscape once again shows everywherethe hand of man. Across the river the

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road goes up again, climbing the hillsthat act as a watershed between the Pe-sa and the Virginio turrent, until itreaches San Pancrazio, whose place-name derives from the parish church ofSan Pancrazio. The architecture of thisparish church shows proto-Romane-sque origins (going back to the begin-ning of the 11th century), as indicatedby the outside hanging arched crown-ing and the small fornices of the twosurviving apses. But the church interi-or, with its side aisles divided from thenave by pillars, is the result of a restora-tion carried out in the early 20th cen-tury. The church contains several worksof art.Continuing along via Certaldese,through the small valley of the Virginio,lined with rounded hills mostly culti-vated, we eventually have a view on theValdelsa. Atop the highest hill, theCastello di Lucardo, reachable througha short detour to the left, offers a com-plete panoramic view of the surround-ings. Documented since the 8th centu-ry, it was the family castle of the im-portant Lucardesi family. Of its origi-nal medieval structure, a small part ofthe walls with a tower and a gate haveremained, as well as the church of San-ti Martino e Giusto. Still showing Ro-manesque elements, the church wasrestyled in the 18th century; it containsseveral works of art, among which aMadonna and Saints by Raffaello Bot-ticini.Resuming our route towards Certaldo,we pass the church of San Donato a Lu-cardo, which has preserved its Ro-manesque plan and part of its original

elements, and then reach the modernvillage of Fiano. Shortly past the village,a left turn at the fork leads, through abrief detour, to the parish church of SanLazzaro a Lucardo. Documented sincethe first half of the 10th century, it is alarge building consisting of a nave andtwo side aisles each ending in an apse,and delimited by arches resting on sim-ple four-sided pillars (some of whichhave frescoes by Cenni di Francesco).Remains of a crypt lie under the pres-bytery. The façade, fronted by a porch,still bears the signs of a Baroquerestyling, while transformations of theinterior executed in the same periodwere cancelled by restoration done dur-ing the second half of the 20th century.The exterior crowning of the apses, withsmall fornices inserted into small hang-ing arches separated by pilasters, theshape of the passage arches and that ofthe apsidal arch, all draw on Lombardarchitectural elements characteristic ofthe dawn of the great 11th century Ro-manesque revival.Now the road descends into the valleyof the Agliena torrent following it firstalong the right, then along the leftbank. Ahead rises Certaldo on its hill-top, below which our road will mergewith the Valdelsa State road.Boccaccio’s native place as well as thatof the Alberti counts, and later a vic-ariate during the Florentine Republic,the walled town of Certaldo occupiesthe top of a hill with its Medieval brickstructures. Inside the walls – whichhave preserved the three original gates(Alberti, del Sole and del Rivellino) –the most interesting buildings are prac-

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tically all concentrated along Via Boc-caccio. Let us mention the 14th centu-ry palazzos of Scoto da Semifonte anddella Rena, in Via della Rena next to thejunction with Via Boccaccio, and onVia Boccaccio itself, the palazzo Gian-nozzi at the corner of Piazza Santissi-ma Annunziata; overlooking the samepiazza stands the palazzo Stiozzi Ridolfiwith three arches at its side – blindedtoday – that were used for the market.Further on, on the left-hand side,stands the Boccaccio House, heavilyrestored after the damages incurredduring the Second World War and,next to it, the palazzo Machiavelli. Inthe small piazza nearbystands thechurch of Santi Jacopo e Filippo, of lateRomanesque style, flanked by a14th century cloister. At the end of ViaBoccaccio, on an elevated plane, standsthe Palazzo Pretorio, fronted by a sim-ple loggia; originally the home of theAlberti family, it was later turned intothe residence of the Florentine vicars.Restored in its original style, the build-ing shows predominant late 15th cen-tury features, including a courtyard, achapel and various rooms decoratedwith works of art. Next to it, the churchof San Tommaso houses the frescoesfrom the Tabernacle of the Con-demned by Benozzo Gozzoli, detachedfrom their original position and re-assembled here, while to its right standsa building with the remains of a clois-ter. Opposite, one can admire the beau-tiful Lucardesi tower.From Certaldo, past the railway and theElsa river, the road goes up to the Abbeyof Cerreto. Dedicated to Saint Peter,

the abbey was founded in the secondhalf of the 11th century and was inhab-ited by the Camaldolites until the or-der was suppressed by Pope Innocent xin the mid-17th century; the buildinghas preserved traces of its Medieval past.Following the road slightly upwardsamid rounded hills, we pass on the leftthe junction for Sant’Andrea a Gavig-nalla, whose church has preserved re-mains of its original Romanesque struc-ture, in good condition in the apse. Fur-ther on, a detour on the right leads toCastelfiorentino via Varna. Once theseat of a castle held by the Cadolingifamily and of a rectory, it has main-tained few traces of its medieval pastdue to 18th century renovation.We then reach Gambassi (today calledGambassi Terme), whose walled castlewas recorded as early as 1037, but latercame under the rule of the bishop ofVolterra; around the end of the 12th cen-tury, it was reconstructed where itstands today by its inhabitants. Testi-mony to this redevelopment, the oldtown centre reveals some kind of ur-ban scheme: it is organized along threemain streets mostly straight and paral-lel in their course, two of which endup in the main square. Among thenoteworthy remains of medieval ar-chitecture figure those of the formerchurch of Santi Jacopo e Stefano, builtin brick, with two portals.Just outside the town, on the road toCastelfiorentino, the parish church ofSanta Maria a Chianni is one of themost impressive Romanesque church-es of the entire Tuscan countryside. Theoldest record we have was left by Siger-

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ic, archbishop of Canterbury, who vis-ited the church between 990 and 994returning from a trip to Rome. But by1210, a new church had already beenbuilt on a different location; that yearindeed, a “pieve vecchia”, or “old parishchurch” (which survives in a place namenear Gambassi) is mentioned. Thechurch has a vast interior divided intoa nave and two side aisles by columnsleading – through three cross-arches –to a large protruding transept raised bya few steps. The back wall of thetransept once opened into five semi-cir-cular apses, but the central one, muchbigger, was replaced in the mid-1500s bya quadrangular apse whose barrel vaulthas rich terracotta ornamentation. Theinfluence of Pisan architecture can beseen in the nave columns as well as inthe fine columns lining against the backwall of the transept, meant to enliventhe blind arches; besides, it is clearly vis-ible from the two small blinded loggiasin the upper part of the façade. Thesame cultural influence, this time moredirectly echoing the Volterra cathedral,can be noted in the lower motif of thefaçade which presents three arch-likedecorations, the portal opening into thecentral, much larger one, and in thefour minor apses built in the depth oftransept’s back wall. The parish churchof Chianni is also noteworthy for therichness of its capitals, one of which wassigned by a certain “Joha(nnes) Bundivulus”, perhaps the stone carver, or aperson that had an important part inthe construction of the church. All dif-ferent from one another, of a rough butsuggestive style, they present various

motifs: projecting edges, angular leaves,volutes, stylized foliage, architectonicalelements, human heads; there is a veryparticular two-headed capital, the neckof each head extending along the shaftright down to the bottom.From Gambassi Terme we continuealong the via Volterrana until we reachthe fork for Montaione (on the right),near Poggio dell’Aglione where is apark. Not very far, on the left-handside, one can see the ruins of the largeRoman cistern of Muraccio, a con-struction that goes back to the earlyEmpire Age, while on the right side ofthe road, where stands the beautifulVilla di Sant’Antonio, in Renaissancestyle, a gift from the Medici to Vin-cenzo da Filicaia. Soon after we reachMontaione.

Montaione and its territory

The territory of Montaione covers ahilly area comprising the left side of theValdelsa and the adjacent valley wherethe Egola turrent runs. Once muchlarger, the territory of Montaione lostCastelnuovo and Coiano which passedto Castelfiorentino in the second half ofthe 19th century, and another part of itsterritory in 1917, with the creation ofthe new commune of Gambassi. Thearea has been inhabited since ancienttimes, as testified by the numerous Etr-uscan and Roman finds. During theMiddle Ages, it witnessed the con-struction of many fortified castles,spurred by important families such asthe Cadolingis and the Gherardeschis,

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or by local lords, from Figline and Col-legalli. Among the most important cas-tles figure those of Barbialla, Cam-porena, Castelfalfi, Collegalli, Figline,le Mura, Montaione, Tonda, and Vi-gnale.The most important of them all, Mon-taione became the seat of a commune.Part of the diocese of Volterra, it wasrecorded for the first time in a deed ofgift dated 981, and eventually managedto organize itself into a commune un-der the jurisdiction of San Miniato. In1268, the inhabitants of Montaione, in-tolerant of the control exerted by thecity of San Miniato, offered their cas-tle to San Gimignano, stirring up a con-troversy in which even Florence was in-volved; Florence ruled that the townshould return under the control of SanMiniato. It was only after the defeat ofthe latter by the Florentines, in 1369,that Montaione, submitted, passed un-der Florentine rule and became the seatof the podestà, or governor – as wassanctioned in 1370. However, the dis-putes with San Miniato continued fora long time, especially regarding thepossession of the Selva di Camporena.Of the old town centre of Montaione,Emanuele Repetti wrote: “the quasioval town is protected by ruined tur-reted walls with two main gates – onetowards Florence, one towards Pisa –and a postern; inside, however, thehouses are comfortable and decent, or-derly aligned along three parallelstreets”. There is no evidence of urbanrefoundation that would account forthe regularity of the urban layout, as isthe case, for instance, of the nearby

walled town of Gambassi. The twooriginal gates and part of the towerswere destroyed during the SecondWorld War. In the piazza, in line withthe main street, rises the church of SanRegolo. Originally dedicated toSaint Bartholomew, it now holds thename of the ancient parish church ofMontaione, which is reminded in theplace name Pievevecchia (“old parishchurch”), slightly north-east of the chieftown. The church, which in 1369housed the General Council of theCommune that ratified Montaione’ssubmission to Florence, appears as theresult of various modern time renova-tions. Its single nave is decorated withgrey sandstone frames, as are the sidealtars, resulting in a sobriety closer toMannerism than to Baroque. Thechurch housed a Madonna and Childattributed to Guido di Graziano, aSienese master active in the late 13th cen-tury, currently kept in the rectory andreplaced by a photograph in thechurch. Not far from the piazza, to theright of the church, stands the PalazzoPretorio, built supposedly in the 1400s,but greatly reorganized at the begin-ning of the modern era. The numerouscoats of arms in stone or glazed terra-cotta on the façade attest to its use asthe podesta’s residence.

From San Vivaldo to Iano and PalagioFrom San Vivaldo, we continue alongthe same road from Montaionethrough a suggestive and woody coun-tryside until we reach Iano, whose placename reveals Roman origins, andwhose church of Sant’Andrea was

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recorded as early as the beginning ofthe 11th century. Outside Iano, a shortdetour to the right leads to Palagio andthen to Pietrina, present name of thedella Pietra castle of which the ruins oftwo towers and a church remain.

From San Vivaldo to CastelfalfiGoing back to San Vivaldo and slight-ly beyond, a road to the left leads toCastelfalfi, historically the most im-portant settlement of the area apartfrom Montaione; it is today the centreof a vast farm estate. Right from thename it reveals its Lombard origins(from the Germanic first name Faulf).The settlement is mentioned in a doc-ument of the Monteverdi Abbey a lit-tle before the mid-8th century. In thelate Middle Ages it acquired the forti-fied structure that it has partly pre-served until today. The church, dedi-cated to Saint Florian, is of interest – asingle nave structure of Romanesqueorigin, as the black and white archabove the portal attests.

From San Vivaldo to Montaione via Tonda and SugheraA longer but beautiful road allows go-ing back to Montaione from San Vi-valdo while enjoying the delightfulcountryside of the Egola valley. Goingback on the road from Montaione, wetake a left turn on the road leading toPoggio della Madonna, then passingPian della Casa and the Podere dellaFornace estate; a detour to the left,shortly after, takes to the castle of Ton-da. Recorded in a diploma of Otto IVin 1212, it was bought by the town of

San Miniato in 1267, and submitted toFlorence in 1370. Today the village,with its lovely small former church, isa well restored tourist resort.Back on the main road, we continueup to the castle of Sughera which wasgiven to the bishop of Volterra in 1186by the Holy Roman Emperor HenryVI. The village, grouped along onemain street lined with old houses, witha few lanes and a square with a well,appears in good condition.Back on the previous road, past Tig-namica, one can take a left turn on theroad which goes down to Mulino diAlberi via San Cerbone, Poggerello andSan Pietro. From there, it is possible togo up to Mura, recorded as a castle ofsome importance. From Mura, we takethe road that links Montaione to Pontea Egola in the Florentine Lower Val-darno. From here, one can either goback directly to Montaione, or go indirection of Barbialla, once a castle thatbelonged first to the Cadolingis, thento the Gherardeschis, and finally to thebishop of Volterra before Florence tookpossession of it in 1370; it has now beentransformed into a villa.

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Artistic handicrafts and enogastronomy in the empolese-valdelsaterritory

by Maria Pilar Lebole and Benedetta Zini

A fascinating natural landscape of lux-uriant hills, rich in history, natural re-sources and traditions, museums, ele-gant villas, medieval villages, as well ascultivated fields, rows of vines and olivegroves that sometimes make way formore unsightly views, those of modernindustrial establishments. This is theEmpolese-Valdelsa territory, in theheart of Tuscany, strategically devel-oped around the cities of Florence, Pisa,and Siena and once a mandatory itin-erary for ancient pilgrimages along theVia Francigena, which in some stretch-es crosses Valdelsa, as well as a historiccrossroad for traffic and goods throughthe valley of the Arno, a natural con-nection between Florence and Pisa.Beyond the mid-course of the Arno,the Montalbano hills to the north andValdelsa to the south, enclose a territo-ry that is still far from the massive flowsof tourists and very interesting from thepoint of view of its history, art and land-scape. In this rich territory there are alot of artisan businesses that have con-tributed to the wealth of the elevencommunes in the territory and that to-day have become small “industries”.Just like some traditional artistic arti-san businesses, also the oenogastro-nomic products still preserve the taste

of popular history and tradition, thanksto the simple and natural ingredientscoming from the farmers’ culture.In this country area food has always fol-lowed the rhythm of the seasons, therhythm of work in the fields, and, forevery festive occasion or holiday, fam-ilies reunited and prepared simple butdelicious dishes. In this way, the “com-panatico” (food) was always accompa-nied by homemade bread preparedonce a week, in such a way that it couldkeep for more than ten days. The snackwas either the typical “fettunta”, orbread with tomatoes or bread wet witha little bit of red wine and sugar. Puls-es were often used and everyday theywere cooked to add to soups and veg-etable soups, together with potatoesand onions (coming from Certaldo),cooked under the embers: in fact meatwas rare and it was only eaten duringfestivities; except for rabbit, which wasthe typical Sunday dish. The tastes inthis area are still what they once were:typical products are still onions fromCertaldo and in part also from Mon-tespertoli, Gambassi Terme and Castel-fiorentino; artichokes, which today, dueto market competition, are cultivatedon a smaller scale; and asparagus, chick-peas, beans, as well as verdini figs, to betasted alongside delicious salamis.But the most typical and delicious dishis stewed tripe or tripe in tomato sauce,typical of the area of Castelfiorentino.This brief gastronomical excursus nowgives way to the most typical artisanbusinesses in the area. In Empoli glassmanufacturing had its major growthduring the period between World War

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I and World War ii. Since the 1950’sproduction has increased with the set-ting up of small – and medium – sizedbusinesses and with a consequent pro-ductive diversification that has addedtable pieces in white glass and crystal tothe more classic green glass for flasks,bottles and demijohns.The production of clothes and shoesconstitutes another important pro-ductive pole of an industrial nature.Next to this, some artisan businessesgive the city and the other communesof the Empoli area a characterization ofartistic products of notable impor-tance, beginning with Montelupo Fio-rentino, whose historic center seems asmall town, known historically for itsceramics.In fact, artistic ceramics developedaround the 15th century and productionis very active still today and in the areathere remain ancient kilns. The pro-duction of terracotta and glass is also ofgreat importance. In the town of Capra-ia you can still visit a kiln and discoverits ancient premises, while in the near-by town of Limite, situated on thesouthern slopes of the Montalbanohills, production for the shipbuildingindustry continues, despite the reducednavigability of the Arno.A taste of ancient history is offered inCerreto Guidi, where, in September,the “Palio del Cerro” takes place. It isan event with renaissance costumes andpopular games that draws on an an-cient tradition of horse races, docu-mented for centuries. Fucecchio,known for its Padule, the natural re-serve and one of the largest wetlands in

all of Italy, also stands out for its shoeand tanning sector, which became alarge scale industry after the war. It wasin that same period that the produc-tion of straw hats and matches began.Today Fucecchio’s territory is countedamong the six communes forming theindustrial tanning district of Tuscany– in the provinces of Florence and Pisaincluding Montopoli in Val d’Arno,San Miniato, Santa Croce sull’Arno,Santa Maria a Monte – engaged in de-signing, producing and selling leather.Within the tanning industry we mustalso consider the “finishing ones”,which operate on behalf of others.The town of Vinci, famous as the birth-place of the great Leonardo, is alsoknown for its traditional artisan work-shops, mostly situated just outside thecity walls, where useful objects are madewith simplicity. Conversely, a glass in-dustry of great interest is concentratedin Gambassi Terme, noted also for itsfamous regenerating thermal waters.Here the glass tradition dates back tothe 13th century and still today artisticpieces based on traditional models areproduced. A permanent show is evi-dence of glass production in Italy fromprotohistory to the 16th century, ex-hibiting objects for the daily life, fromGambassi, between the 14th and 16th cen-turies. Montaione is a town in the hillsbetween the Egola and the Elsa rivers,where you can appreciate the many hol-iday-farms that offer excellent hospital-ity in addition to prestigious delicaciesbased on the finest truffles.Montespertoli is home to a famous cen-ter for the Cultura del Vino (wine cul-

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ture) and has also designated a Strada delVino (wine itinerary) where twoD.O.C.G wines are produced: ChiantiMontespertoli and Chianti Colli Fioren-tini. In the original core of Certaldo, theone above that is enclosed by medievalwalls, traditional artisan productions aremanufactured alongside various artisticactivities. Once a year, during the monthof July, there is a show with fire-eatersand puppeteers during the “Mercantia”festival, which lasts six days. Castelfio-rentino is situated at a strategic cross-road where the ancient road called theVia Francigena also intersects. It is there-fore a commercial intersection for thenearby markets of Empoli and Poggi-bonsi. Today it is an industrial produc-tion district: small – and medium – sizedindustries manufacturing clothes andfurniture, materials for construction,shoes, and engineering industries.There are, therefore, many distinctivefeatures that can be found in a territo-ry that is not so big and essentially stillunknown to national and internation-al tourism.

Ancient glasswork and precious trufflesin South Valdelsa

Going along the speedway Firenze-Pisa-Livorno and exiting at Empoliovest we enter the State Road no. 429towards Castelfiorentino.The territory we discover through thisfirst stretch of our journey is conflict-ing: abandoned factory buildings al-ternate with neatly cultivated vegetablegardens and busy industrial areas, then

even with holiday-farms and farms. Thefeeling we get – why try to hide it – isone of discomfort and disappointment– a negative reaction conditioned byhow used we are today to picturing Tus-cany as it appears in shiny brochures, alltidy landscapes and idyllic atmospheres,in which a silent and uncontaminatednature has very little to do with facto-ries and industrial warehouses.Glasswork is the first testimony to lo-cal traditional crafts. Indeed, for cen-turies the whole Empoli-Valdelsa ter-ritory has been characterized by andknown for its glass-making, eventhough today the most important cen-ters linked to this tradition are Empoli,Gambassi Terme and Montaione.Resuming our itinerary, as we passthrough the small villages of Brusciana,Molin Nuovo, and Sant’Andrea Fon-tanella that line the way up to the out-skirts of Castelfiorentino, the impres-sion we get is one of an area still insearch of its identity, torn between in-dustrial development and a tenacious,deeply-rooted farming heritage.Yet Tuscany – genuine Tuscany – is righthere, with its houses, old and new, sur-rounded on all sides by small vegetablegardens in which mingle the most dis-parate varieties: there lies the most con-spicuous testimony to the strong anddurable farming tradition that for thou-sands of years has been the Valdelsaarea’s biggest pride, making it one ofTuscany’s most thriving “green lungs”.The economy of the area has alwaysbeen based on agriculture. The pro-duce is abundant and varied, thanksmainly to the great fertility of the soil

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and to the conformation of the terrainin which small flat areas alternate withrounded hills, suitable for vines andolive trees, but also perfectly fit for thelarge scale growing of sowable crops.It was here that the marquis CosimoRidolfi, illustrious agronomist andmember of the Accademia dei Georgofilifounded the first Italian Agrarian In-stitute, where the most innovativeagrarian techniques were studied. Theobjective was to train a new class offarmers with solid scientific knowledgeincluding botany, geology and evenphysics, capable of revolutionizing agri-culture in Tuscany, still deeply anchoredto the old sharecropping tradition, andas such facing economic stagnation.The famous “agrarian days” were heldright here, in Ridolfi’s Castelfiorentinovilla. Indeed, from 1837 to 1853, emi-nent agronomists and land owners fromevery part of Tuscany would meet todiscuss new cultivation techniques, pre-sent modern machinery and exchangeproducts.It is therefore no surprise if the pro-duction of containers most common-ly used for harvesting grapes, such asflasks, demijohns and green glass bot-tles, has long represented one of themost important production of an areawhose economical development wasbased on glass manufacturing.From Castelfiorentino, entering Provin-cial Road number 4 we reach GambassiTerme. Whoever wishes to better un-derstand the ancient traditions of theglass trade in the Valdelsa area cannothelp stopping by this town, known forits beneficial spa waters, but an impor-

tant centre for the promotion of artsand culture as well. The Town Hallhouses a permanent exhibition on glass-making, the result of fifteen years of re-search and collaboration between thetown of Gambassi Terme and the Fac-ulty of Medieval Archaeology of theUniversity of Siena. Meticulous ar-chaeological and documental researchhave thrown light on many aspects ofglass-making during the Late MiddleAges and the Renaissance. The exhibi-tion – La Mostra permanente sul vetro.La produzione vetraria a Gambassi (sec-oli XIII-XVI) – intends to revalue the area’smost important production, which hasunfortunately vanished today, but wasthe daily bread of the entire Valdelsacommunity from the Middle Ages wellinto the Modern Age. Indeed rightfrom the 13th century Gambassi andnearby Montaione were, together withAltare and Murano, the most impor-tant centres for glass-making. More-over, documents going back to the firsttwo decades of the 1200s attest to theexistence of as many as eight kilns inthe area just out of Gambassi, produc-ing mainly drinking glasses, cruets,lamps, and urinals. An ancient glassworkshop (dating back to the end ofthe 13th century, mid-14th century) wasdiscovered west of Gambassi, in Ger-magnana, with three different kinds ofkilns meant for each fundamental stageof the production cycle: one kiln for thepreparation of the frit (the still roughand opaque glass “paste” which in Tus-cany is called marzacotto; one large kilnfor melting and modelling; and a small-er one used to temper the modelled

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pieces. Around the 15th century, therewere even kilns inside the town centres,an indication of the considerable in-crease in the number of workers in-volved in the trade.Among the factors that account for theterritory’s abundant glass productionfigure its natural features, such as thevast expanses of woods with their readysupply of combustible, and the pres-ence of siliceous and quartziferousrocks. Another important factor is itsgeographic location, being GambassiTerme at the centre of an area delin-eated by the Francigena and Volterranaroads, the two ancient communicationroutes that favoured the exchange ofworkers and goods. The fame of theGambassi glass goblet makers extend-ed to other regions of Italy, far beyondthe border of Tuscany, for their skills inthe making of glass objects for daily usewere appreciated from Piedmont toSicily, and the quality of their productscompared to that of the main centresfor glass modelling in Italy. What wasthe most common object for daily useproduced in Gambassi Terme? Amongthe various glass models, a special typeof drinking glass stands out: the so-called “gambasino”, a particular type ofdrinking glass in green or transparentglass imprinted with a decorative geo-metrical pattern. It was manufacturedat a very high speed which allowed itswide diffusion and consented to meetthe great demand.The exhibition also includes a visit tosites in the immediate surroundings ofGambassi that were once very active inglass manufacturing, such as the parco

archeologico di Germagnana where thetraditional glass workshop has beenrecreated, and the Centro per la Docu-mentazione della tecnologia e la pro-duzione del vetro preindustriale, a doc-umentation centre on glass-making inpre-industrial times.Another noteworthy local activity,common to all the Valdelsa territory,is the crafting of wood to produce dec-orative frames. One of the leading firmsin the sector, Albor s.p.a. produces anamazing variety of frame models whilesustaining professional developmentand training with specialization cours-es, such as classes on the art of gildingand frame decoration.Gambassi is also an essential stop forthose who believe in the beneficial ef-fects of thermal waters. Before enteringthe town proper, we stop by the Pillospa, which opened in 1974, whose wa-ters are particularly indicated for thetreatment of the digestive system. Sur-rounded by secular trees in a fabulousenvironment, the spa offers thermal wa-ter with a high mineral content, whosetherapeutic properties are scientificallyproven. The period best indicated fortreatment is from April to October.The countryside (characterized by cop-pice, pine woods and olive groves dot-ted with farm houses, castles and oldcountry houses, not to mention theideal climate) invites excursionists tohorse-riding tours, mountain biking,or long walks along foot trails, whilecountless accommodation possibilitiesincluding agriturismo provide a place tostay and treat the visitor to typical Tus-can cuisine.

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The simple flavours found in Gam-bassi follow the tradition of genuinepeasant dishes: hearty soups, legumessuch as beans, meat (especially rabbitmeat) stewed or fried, but also roastmeat or grilled beef, all served with ex-quisite local wines such as ChiantiD.O.C.G. (guaranteed quality), a full-bodied wine. Also the extra-virginolive oil is excellent, both directly fromthe cruet over a slice of bread, and toenhance the taste of other foods, in-cluding the typical varieties of plainfish very popular in the area, such asdried or salted cod, salacchini (anoth-er fish kept in salt), and tuna fish (ap-preciated both for its flesh and entrails,locally called “sorra”). Vegetablescooked under the embers, potatoesand onions in particular, are anothertasty specialty.To taste these simple typical Tuscandishes, the visitor has only to step intoany of the town’s restaurants; they al-ways offer some simple dishes of an-cient tradition. Past the parish churchof Santa Maria a Chianni, on the left,we continue along Provincial road no.4, and having skirted the old defensivewalls of Borgoforte, where is locatedthe Vento Mediceo restaurant, we con-tinue along Via Poggio all’Aglione tofind Casolar di no’altri; slightly further,still on Provincial road no. 4, on theright are located La Montagnola tavernand pizzeria and La Chela restaurant.Worth mentioning along Via Volter-rana are: the restaurants Le Torri, Le TreCase, and Gambasinus, the latter lo-cated inside the 19th century VillaBianca, which also houses the luxuri-

ous Villa Bianca hotel, just outsideGambassi Terme.Coming from Gambassi Terme, twokilometres before Montaione we stopat the Roman cistern, which probablydates from the 2nd century A.D. Twen-ty-seven metres long by three metreslarge, it is divided into three rectangu-lar reservoirs which used to hold fourhundred cubic metres of water fromthe springs of Poggio all’Aglione.Once in Montaione, only six kilome-tres from Gambassi Terme, we visit theold town centre, which has ancient ori-gins, and where glass modelling, be-ginning from 1220, was, for a long time,the most thriving economic activity ofthe entire region. Later, with valleyfloor urbanization, manufacturing ac-tivities moved towards the Empoli area,and Montaione’s economy began to re-ly essentially on agriculture. Today, thetown’s main economic resource is“countryside” tourism, which has de-veloped thanks to the restoration of oldcountry houses and deserted hamlets,cleverly turned into accommodationfacilities for trekking enthusiasts.Typical local products, such as guar-anteed quality Chianti wine and extravirgin olive oil – by now the patrimo-ny of the whole of Tuscany – are of-fered with more typically local prod-ucts, such as the famous Montaionebread that can be bought in fine foodstores in most Tuscan towns, a highquality product that boasts, besides itsgenuine taste, the peculiarity of keep-ing long, just like most products hand-ed down from ancient peasant culture.This bread with a simple, delicate taste

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in accordance with ancient Tuscan tra-dition, provides the perfect comple-ment to many regional dishes such asthe typical soups prepared with bread,the crostini (canapés) with meat or veg-etable topping, and the fine cinta senesepork salami.Besides being the city of bread and oliveoil, Montaione is also known as a truf-fle city; indeed, the precious white tu-ber found on the nearby San Miniatohills amounts to a quarter of the entirenational production while other, lessprecious varieties – scorzone and mar-zolo – are also collected in the area. Forthose who wish to taste truffle in all itsdifferent preparations, we recommendthe Casa Masi restaurant in SanBenedetto Le Mura, where you get fol-lowing the Samminiatese road. Set inthe old cellar of the San Benedetto farmestate, the trattoria welcomes its guestsin a rural, homely atmosphere, withcountry tools put up for decoration.The cellar was built by skilled handswith stones from the nearby Egola riv-er (whose course is worth a stroll to thetwo water mills at Pozzole and Ribal-di, still working today). They offerdishes made from fresh ingredients andhence an à la carte menu that changesaccording to the season. White trufflein autumn is an unparalleled delicacy,also served with savoury cheeses suchas pecorino cheese; fall also brings fresholives and the new olive oil, and fegatelli(skewers of roast pork liver) served withturnip greens; springtime menu in-cludes lamb with artichokes, whilesummer brings guinea-hen with porci-ni mushrooms. All these specialties are

served exclusively with local wines.Not to be missed is the truffle andchestnut fair Mostra Mercato del tartu-fo e della castagna that is held, on thelast Sunday of October, in the entireold town centre and along Viale da Fil-icaja. By now part of the life of Mon-taione, the agreeable event attracts overseven thousand visitors every year. Theold town centre of Montaione also wel-comes every Tuesday in the summer atypical products and handicrafts mar-ket that is worth a visit: you can findeverything and let yourself be intriguedby original vintage objects.Saffron and honey also figure amongthe agricultural products of the area.Honey comes in different varieties suchas “wild flowers” with its blend of fra-grances, “Mediterranean bush”, or “for-est honeydew”, all of them markedwith the denomination of origin IGP.The area typical cheeses, including the“marzolino” (delicious with fresh broadbeans), the DOP Tuscan pecorinocheese (marked with the denomina-tion of origin), the raveggiolo andsheep’s milk ricotta, are mainly soft.A fine type of handicraft with ancientlocal origins deserves being mentioned,too. South of Montaione, four kilo-metres from San Vivaldo, lies the vil-lage of Iano which became famous af-ter the Second World War for the quar-rying and working of onyx. Still today,fractures in the travertine reefs aroundthe territory reveal the presence of thisvariety of calcareous alabaster in thetones of white, grey, and differentshades of brown. Today, the only work-shop specialized in this type of pro-

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duction in Montaione is Opificio Tic-ciati in Via Leonardo da Vinci. Theycreate marquetry with inlaid semi-precious stones and other fine materi-als such as malachite, lapislazuli, anddifferent types of jasper and quartz, tomake tables, lamp bases, jewel cases,obelisks, picture frames and vases.The traditional art of hand-painted ce-ramics, an authentic and fascinatingcraft whose center is Montelupo, is al-so present in Montaione. In a work-shop of the old town centre, besidesadmiring a vast assortment of items, itis possible to see the various phases ofthe painting of the objects.

The selection of the firms was carried outat the discretion of the authors and can-not be considered exhaustive in any re-spect. We thank the artisan businesses andthe municipalities of the CircondarioEmpolese-Valdelsa for their helpful col-laboration during the research phases.Our sincere gratitude to Silvia Ciappi forher precious collaboration.Photos by Benedetta Zini.

Handicraft business

permanent glass exhibitionTown HallVia Volterrana, 3150050 - Gambassi TermeTel. 0571 639784www.comune.gambassi-terme.fi.it/[email protected]

albor spaViale della Repubblica, 44at Badia a Cerreto50050 - Gambassi TermeTel. 0571 6541Fax 0571 [email protected]

opificio ticciatitosco & c. s.n.c.Furnishings and ornamentsVia Leonardo Da vinci, 6/850050 - Montaione Tel. 0571 69261Fax 0571 697799

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Oenogastronomic businesses

casolar di no’ altriBar ristorante pizzeriaParco di Poggio all’Aglione50050 - Gambassi Terme Tel. 0571 639274

la montagnolaOsteria pizzeriaViale Gramsci, 12750050 - Gambassi Terme Tel. 0571 638284

ristorante albergole torriVia Volterrana, 350050 - Gambassi Terme Tel. 0571 638188/[email protected]

villa bianca hotel ristorantegambasinusVia Gramsci, 13350050 - Gambassi Terme Tel. 0571 638075Fax 0571 639244http://[email protected]

Montaione

carpe diemViale Da Filicaja, 65/67

erasmusVia Kennedi, 20Closed on Wednesday

corte anticaVia Chiarenti, 46

osteria del pesce rossoVia Chiarenti, 14

il caminettoat Mura

trattoria casa masiBorgo San Benedettoat San Benedetto Mura50050 - Montaione Tel. 0571 677170Fax 0571 [email protected]

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Glossary

by Valentina Tiraccorrendo

Agnolo di Polo (Florence 1470-1528)A sculptor and a plastic artist, son ofPolo d’Angelo da Vetri and brotherof Domenico di Polo, a medallist andsemi-precious cutter, he was a disci-ple of Andrea del Verrocchio. In hismaster’s workshop he became ac-quainted with the latest pictorial andplastic achievements of the end ofthe 15th century which he then pop-ularized in a simpler style, trying toupdate his compositive schemesthrough a larger use of decorativismand a more careful rendering of thefigures’ pathos. He was quite suc-cessful both with public and privateclients. Among this artist’s matureworks let us mention the plastic coat-ing of the Spadari Chapel in theChurch of Santissima Annunziata inArezzo (depicting the Madonna andChild with Saints Francis and Rocco,surmounted by the Judging EternalFather), Saint Jerome and Saint Fran-cis in the Church of San Girolamo inVolterra.

AnnasA high Jewish priest (6-15 A.D.),who, according to the Gospel of St.John, was at the head of the San-hedrin together with his son-in-lawCaiaphas, who succeeded him in themost important religious office of Is-rael. He was one of the people re-sponsible for Jesus’ death sentence,suggested by his son-in-law.

AnnunciationThe episode is narrated in the Gospelof St. Luke: Mary receives a visit inher home in Nazareth from theArchangel Gabriel who, sent by God,announces to her the birth of a sonconceived through the Holy Spirit.There are three essential elements:the Virgin, the angel and the dove ofthe Holy Spirit, whose flight, oftentraced by a beam of light, representsthe incarnation of Christ throughthe Holy Spirit. The ArchangelGabriel is winged and wears a whiterobe; he usually holds a lily (his at-tribute) or an olive branch. Mary’srecurrent attributes are: the white lily,a sign of virginity and purity; the vasethat often contains the lily, a symbolof the Incarnation; the book that sheis reading when interrupted by theangel’s arrival.

AscensionThe Gospels of St. Mark and St. Lukeas well as the Acts of the Apostles nar-rate that, forty days after the Resur-rection, Christ appeared to the Apos-tles and ascended to heaven,wrapped in a cloud, while he was onthe Mount of Olives. In Byzantineart the figure of Christ was repre-sented frontally, inside a mandorlaeither held or surrounded by angels.In Romanesque and Gothic art thesame image, in a mandorla, was in-stead often represented in profile, asif to evoke the ideal ascent to heav-en. A third version of the same sub-ject showed Jesus completelywrapped in clouds, with only his feetvisible. Later the element of the man-

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dorla disappeared. A complete rep-resentation of the subject includestwo parts: above is the figure ofChrist standing on a cloud which isheld by cherubs; below are the Apos-tles who either look at the scene indismay or pray. The Virgin is oftenrepresented with them, symbolizingthe Church which Christ left onearth. At times Christ holds the vex-illum of the Resurrection and hisright hand is raised in a benediction.

Bartolo Buonpedoni, BlessedBorn in San Gimignano (1228 ca.-1300), the only child of the Buonpe-doni Counts, he opposed his fami-ly’s will who wanted an arrangedmarriage for him and went to theBenedictines of San Vito in Pisa,where he served the monastery tak-ing care of the sick. Jesus, in a vision,suggested he should not become amonk, but rather live for twentyyears in pain. He then went to Volter-ra, where he joined the FranciscanThird Order. Once a friar he fell in-curably ill with leprosy and, for thefollowing twenty years till he died,he comforted the sick in SanGimignano’s leper hospital, annexedto the parish church of Cellole, incompliance with God’s will. He en-dured his illness so patiently that hewas given the epiteth of the “TuscanJob”. Pope Pius X approved his cultonly in 1906.

Botticelli, Sandro, Sandro Filipepi, known as (Florence 1445-1510)

His pictorial work is evidence of aprecocious synthesis between the lin-ear fluidity of Filippo Lippi and the

plastic compositive strength of Ver-rocchio, who was his master. The vi-brant and subtly intellectual lan-guage which characterizes his worksfrom the years 1470-1485, emblem-atically reflects the fantastic tensionof the humanistic Florence, aimingat a Platonic transfiguration of real-ity into beauty and myth. The rhyth-mic and expressive tension, whichcharacterizes Botticelli’s later works,expresses instead the tensions andlimits of the humanistic ideals in thecontext o f a renewed pietistic spiri-tuality derived from Savonarola.Among this artist’s work we shallmention the renowned Spring (1477-1478), the Birth of Venus the Madon-na of the Magnificat (1481-1482),housed in Florence at the Uffizi, andamong his late works the Pietà (1495),today at the Poldi Pezzoli Museumin Milan.

Botticini, Francesco(Florence 1446-1498)

A painter who was a pupil of Neri diBicci. He worked with CosimoRosselli and was influenced by An-drea del Castagno, showing a sensi-bility for the light and shade effectswhich resembles that of Verrocchio’searly works. In his best works he triedto mingle the styles of Verrocchio andBotticelli with Flemish realism. A doc-umented work is the Tabernacle of theHoly Sacrament (1484-1491) for theCollegiate Church of Empoli (nowat the Museum), on which his sonRaffaello also worked. The latter’sworks show a less careful style than hisfather’s and they reveal a generic

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eclecticism mingling the last vestigesof the 15th century Florentine tradi-tion with reminiscences of the stylesof Lorenzo di Credi, Granacci andRidolfo del Ghirlandaio.

Botticini, Raffaello(Florence 1474-documented until 1520)

See Botticini Francesco.Buglioni, Benedetto(Florence 1461-1521?)

The son of the sculptor Giovanni diBernardo (1429 ca.-1510) and proba-bly a pupil of Andrea del Verrocchio,he was a collaborator of Andrea Del-la Robbia’s, of whom he wormed outthe secret of the technique to pro-duce glazed terracotta. Around 1480he opened his own workshop andthere he executed works where heskilfully mingled the Della Robbias’influences with elements taken fromthe styles of Andrea del Verrocchio,Antonio Rossellino and Benedettoda Maiano. His first autonomouswork, documented in 1484, is a reliefrepresenting the Descent into Limbofor the Florentine Church of Santis-sima Annunziata. Afterwards heworked for the cathedrals of Perugiaand Pistoia. With his brotherFrancesco (1462-1520) he also workedon the sanctuary of Santa Cristina inBolsena. He was among those whowere entrusted with the task of find-ing a location for Michelangelo’sDavid. Among this artist’s works arealso numerous altar-pieces.

CaiaphasJoseph, known as Caiaphas, the son-in-law of Annas, held, from 18 to 36A.D., the office of high priest in the

Sanhedrin which sentenced Jesus todeath. According to the Gospel of St.Matthew he organized Jesus’ arrestand interrogated him after he had himtaken to his own house. According tothe Gospel of St. John he falsely justi-fied Jesus’ sentence as this would pre-vent violent riots, that is for the com-mon good. According to the Acts of theApostles he took part in Saints Peter’sand John’s condemnations.

Caimi Bernardino(Milan, documented in the second halfof the 15th century)

He was born in Milan where he alsodied after 1507. When he was veryyoung he joined the Order of the Mi-nor Observants and he was the FatherGuardian of various convents in Lom-bardy. From 1477 to 1478 he was sentto Mount Zion in Jerusalem asguardian of the Holy Sepulchre; whenhe came back from there he carriedout the plan of reconstructing onMount Varallo a “new Jerusalem” thatwould reproduce the real one. Hethen became general vicar of Milanand was sent by the Roman Churchon important missions to Spain,Croatia and Bosnia. Worshipped as ablessed soul, the cause for the confir-mation of his cult is still pending.

CalvaryA Latin term (Calvariae locus) whichis the translation of the Greek tran-scription of the Hebraic-Aramaicname Golgotha which means“skull”. It refers to the place, outsideJerusalem’s walls, where Jesus suf-fered. A possible explanation for thename of the small mount where the

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cross was erected lies in the fact thatit is formed by stones; Origen insteadexplains it with the fact that Adam’sskull had been buried on that mount.When Constantine built the Anasta-sis, the holy cross standing on Cal-vary remained outside. Apparentlyit was only in 1009, when Constan-tine Monomachos had the Churchof the Holy Sepulchre rebuilt after ithad been destroyed by the Muslims,that this holy place was incorporat-ed into it.

Cieco di Gambassi, Gonnelli Giovanni Francesco, knowas (Gambassi 1603-Rome 1664 ca.)

A sculptor, born in Gambassi, whomoved to Florence in 1611 becomingfirst a pupil of Cosimo Fancelli’s andthen of Pietro Tacca’s; he worked forthe latter for seven years. When hewas about twenty he became blind(cieco in Italian) and moved back tohis home town, where he retired toprivate life for about ten years. Thenhe resumed working on terracottasculpture executing a large numberof portraits. Thanks to the fame wonfor the works he executed in Rome,in 1637 he gained the citizenship ofVolterra. Among his works we shallmention: the statue of Saint Stephenfor the Florentine Church of SantoStefano al Ponte; the bust of Pope Ur-ban VIII, executed in Rome and to-day kept in the Barberini collectionin the same city.

Constantine (Nis, Serbia 280 ca.-Nicomedia, Turkey 337)

A Roman Emperor succeeding Max-entius, son of Helen(280 ca.-337),

who officially allowed the Christianfaith in the Empire. In Vita Con-stantini the historian Eusebius writesthat, on the eve of the battle againstthe Emperor Maxentius, the futureemperor saw a cross in the sky andheard a voice saying «In hoc signovinces» (i.e., with this sign you shallconquer); hence he had the Romaneagle, depicted on his soldiers’ stan-dards substituted with this symboland thus he conquered. He waschristened at the point of death.

Crowning with thornsIt is one of the final episodes of thetrial of Jesus: after Pilate ordered hisflagellation, Christ was slapped andmocked at by the soldiers. Accordingto the Gospel of St. Mark, the soldierstook Jesus to the praetorium and herethey summoned the court. They puta scarlet cloak on his body and acrown of thorns on his head. Thenthe soldiers started to mock at him,greeting him as the “king of the Jews”and beating him with a cane. In thistheme iconography Christ usuallysits on a platform, a crown of thornson his head, holding in his hand, in-stead of a sceptre, a cane. The sol-diers are all around him, either readyto beat him or kneel as a mockingtribute to him. This subject began tospread especially from the 14th cen-tury, as a consequence of the findingof the presumed relic by Louis ixking of France.

CrucifixionIt is the culmination of the Passionof Christ and it shows Jesus nailedto a cross raised between two others

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to be used for two thieves. The fourGospels differ from one another intheir descriptions of this moment,but all of them agree on the presenceof some women at the event, amongthem are: Mary, the mother of Jesus;Mary, the mother of Saint James theLess, and Mary Magdalene. Only St.John mentions his own presence atthe Crucifixion.

DavidThe biblical references to him arestrongly affected by legendary ele-ments. In the Bible he is portrayed asthe man whom God chose to leadthe Israelites after the first reign ofSaul. A figure of great importance inChristian art, he represents a prefig-uration of Christ, of whom, accord-ing to the Gospel of St. Matthew, hewas a predecessor. Tradition has itthat he was a bard and the author ofthe Psalms. A shepherd, a highway-man, a warrior and a statesman,David accepted Goliath’s challenge,a man as big and strong as a giant.Goliath proposed a decisive duel be-tween him and a single Israelite; ifDavid should win he would enslavethe Philistines, while in case of defeathe would reduce his own people toslavery. He made a united kingdomof Israel, captured Jerusalem andchose it as the capital city.

Della Robbia Giovanni (Florence 1469-1529/30)

A complex and captivating artisticpersonality endowed with versatili-ty and exuberance. He soon grewaway from the precepts of his fatherAndrea’s – a sculptor and a ceramist –

in favor of a more eclectic and pop-ular language. His works also revealFilippino Lippi’s strong influenceand are characterized both by a per-sistent polychromy and their origi-nal ornamental repertoires. His ear-ly works are hard to identify; amonghis late production let us mentionthe two candelabra-holding Angels(1515/20), coming from the FiesolanaAbbey, today at the Archconfrater-nity of the Misericordia in Florence,and the gallery of sixty-six headsarmed with a clypeus of the Fathersof the Church, Founder Saints and Fig-ures from the Old and New Testamentsin the monks’ cloister at the Carthu-sian monastery of Galluzzo(1523), ex-ecuted in collaboration with LucaDella Robbia the younger and Gio-van Francesco Rustici.

Della Robbia Marco, Brother Mattia(Florence 1468-Montecassino 1532?)

The second son of Andrea, his earlyworks are scantily documented so far.Nevertheless the critics have recent-ly recognized his hand in the mod-elling of the Madonna and Saints atthe Church of San Romolo inBivigliano(1494), where, in the awk-ward shapes, in the linear cadencesas well as in certain decorative de-tails, he anticipates his futureachievements which will character-ize his production. His meeting withSavonarola would be for the artist offundamental importance and it in-duced him to become a Dominicanmonk under the name of BrotherMattia (1496). Among his works weshall mention: the altar-piece with

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Saint Sebastian and Saint Anthony theAbbott (1505 ca.), in the Church ofSant’Ansano (Petrignano sul Trasi-meno), where we find a graphic andincisive rendering of the figures, adistinctive feature of his works; sev-eral plastic groups in terracotta, suchas the numerous Nativities, includ-ing the one at the Ospedale degli In-nocenti in Florence (1505 ca.). Thissort of production expresses the mostdistinctive characters of a devout artfor the choice of using a cold poly-chrome technique rather than glaz-ing, which besides being more eco-nomical, resulted in a greater natu-ralism. He also worked in Rome andthe Marche, where he opened twoterracotta workshops.

DepositionThe scene represents Jesus who, be-ing already dead, is taken down fromthe cross. Following a prophecy an-nounced in the Old Testament, hislegs were not broken unlike whathappened to the two thieves, whowere beaten up to hasten their death.According to a legend a soldiernamed Longinus, who had runthrough Jesus’ chest with a spear, tomake sure of his death, had his eyeshealed thanks to the blood dropstrickling from Jesus’ body. Nicode-mus and Joseph of Arimathea, twoJews converted to Christianity, wentto Golgotha. According to the apoc-ryphal Gospels, having put up twoladders against the cross, Nicodemustook out the iron nails from Jesus’ shands and feet, while Joseph of Ari-mathea held the Saviour’s body,

handing it then to Jesus’ Mother.Mary Magdalene, kneeling in the actof kissing Christ’s bleeding feet, SaintJohn the Evangelist and the two pi-ous women who were with the Vir-gin during the Passion, are alwayspresent at this event.

Ecce HomoThe Gospel according to Saint Johnattributes the expression “Ecce Ho-mo”, namely “Here is the Man”, toPontius Pilate and exactly when hepresents Jesus to the Jews, after hehas been flagellated and derided bythe soldiers. This theme, which wasnot so common before the Renais-sance, has different iconographicversions, even though in all of themChrist wears the attributes of thecrown of thorns and the purplecloak.

Ferrari Gaudenzio (Valduggia, Vercelli 1471/75 ca.-Milan1546)

Among the greatest exponents of the16th century Piedmontese pictorialschool, he interpreted and mingledthrough a very personal style theLeonardesque features of the Lom-bard painting with the Renaissancetendencies of Central Italy. He wasactive in Vercelli, Arona, Novara,Saronno, Como, Bergamo and par-ticularly in Varallo, where he exe-cuted numerous works, includingthe frescoes in the Church of SantaMaria delle Grazie, which depicttwenty-one scenes from the life andthe Passion of Christ (1513); the dec-oration inside the Church of SanCristoforo (1529) as well as the fres-

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coes and statues in some chapels ofSacro Monte: the Crucifixion and theAdoration of the Shepherds and theMagi in the Chapel of Nativity dateback to the years 1520-1526.

FlagellationThe Flagellation is a precise momentof the Passion of Christ which is de-scribed in all the canonical Gospels.After Pontius Pilate ordered Jesusshould be publicly flogged, the latterwas stripped of his white tunic andwrapped only in a loincloth, tied toa column and beaten with canes. Thisiconographic theme, also known asChrist at the column, spread widely,also as isolated images meant for pri-vate devotion, beginning from theRenaissance. The thugs are usuallyrepresented with extremely ferociousand cruel expressions, while Jesus isdepicted in poses which emphasizehis statuary handsomeness; his headcrowned with thorns, leans with en-during dignity thus prefiguring theCrucifixion.

Flight to EgyptIn this episode, concisely narrated inthe Gospel of St. Matthew and in theapocryphal Gospels, an angel ap-peared to Joseph, Jesus’ putative fa-ther, in a dream, exhorting him toflee Israel as Herod King of Judea waslooking for the Child to kill him.Hence Joseph got up during thenight and together with Mary andJesus reached Egypt, where he stayedtill Herod’s death. In another dreamthe angel told Joseph to return to Is-rael and, in a new vision, to reachNazareth, in Galilee. According to

the most common representation theVirgin and Child are on a small don-key, led by Joseph.

Florentine braccioA linear measure deriving from theancient Florentine “cloth braccio”measure, used in Florence in the lateMiddle Ages and corresponding toabout 58 centimeters. In Florence, inorder to avoid fraud or differences inmeasuring, the length of the “clothbraccio” measure was carved in stonein via de’ Cerchi, in its historic cen-tre, where it is still today.

Ghirlandaio, Domenico Biagordi,known as (Florence 1449-1494)

Trained in Verrocchio’s milieu, he wasalso influenced by Perugino, Botti-celli and Leonardo. Together withhis younger brothers he ran an artis-tic workshop among the most pro-lific in Florence, popularizing, witha deft narrative, Filippo Lippi’s styleand Flemish naturalism which hegot to know through Hugo van derGoes. He also worked in Pisa andLucca as well as in Rome, on the dec-oration of the Sistine Chapel.Among his great cycles of Florentinefrescoes let us mention the Storiesfrom the Life of Saint Francis in theChurch of Santa Trinita (1485) andthe Stories from the Lives of the Vir-gin and Saint John (1485-1490) in theChurch of Santa Maria Novella.

Glazed terracottaA terracotta technique that uses anenamel paint consisting mainly ofpotassium, lead oxide and tin. Afterapplying the enamel, the object isdecorated with colors containing

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metal oxides and, finally, a finishingcoat is applied which gives the ob-ject a glossy appearance. After firing,the object is coated with a gloss paint,called lustre, namely a pigmentwhich gives it a characteristic metal-lic tint. This technique permits theuse of only a few colors owing to theirlow resistance to firing.See also Marco Della Robbia and Be-nedetto Buglioni.

JerusalemCalled also “the city of David”, ac-cording to the Jewish – Old Testa-ment conception it is the centre ofthe world chosen by God. In the NewTestament it is indicated as destina-tion of the divine prophecies: Jesus’actions and his sacrifice, both oc-curred in the city, are the affirmationof the fall of the old Mosaic law andthe institution of a New Alliance be-tween God and mankind. The orig-inal plan of the city is, still today, atheory to be verified. The new Chris-tian Jerusalem began with the con-struction of the Holy Sepulcher andthe demolition of Hadrian’s templeat the behest of Constantine. Thecomplex included the Anastasis, builton Jesus’ tomb, the pillared atriumencircling Calvary’s rock, the Mar-tyrion and the basilica for the litur-gical celebrations. The city, with aquadrangular plan, was encircled bywalls; outside the walls stood thebasilica of the Gethsemane, with thenearby tomb of the Virgin and onthe top of the Mount of Olives, theEleona, built to commemorate theAscension.

Last JudgementThe Last Judgement, or Doomsday,widely treated, especially in theGospel of St. Matthew and in theApocalypse of St. John, is the momentwhen Christ will descend onto theearth for the second time, to judgethe living and the dead, according tothe behaviour they had in their lives:the impious will be condemned toburn in hell, while the just will begranted eternal life together with thesaints of Heaven. In the iconogra-phy of this theme Christ the judge,in the middle, is sitting on a thronewith the apostles and saints; beloware the uncovered tombs and thedead rising again; in the lower partis usually represented hell, with Sa-tan devouring the sinners, sur-rounded by a group of demons tor-turing the lost souls. In some imagesis present the archangel Michaelweighing the souls, represented bynaked figures.

Last SupperThis episode, recorded in the fourcanonical Gospels, belongs to the cy-cle of the Passion: on the eve of hisarrest Jesus gathered his disciples tocelebrate Passover and, while havingsupper, he announced the betrayalby Judas, one of his apostles, whowould sell his master for thirtydenarii. The betrayer is often repre-sented aside, sometimes either stand-ing before Christ or sitting in the actof receiving food from his hand. Insome images at Judas’ feet is a dogwhich is eating the leftovers. St. Johnthe Evangelist, Jesus dearest disciple,

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is sitting next to the Saviour, and isoften portrayed with his head restingon Jesus’ chest. Among the victualslying on the tablecloth are alwayssome pieces of bread and some glass-es full of wine, both Eucharistic sym-bols which refer respectively to thebody and blood of Christ.

Lorenzo di Credi (Florence 1459-1537) A pupil of Andrea del Verrocchio’swhose pictorial production, influ-enced by his master’s style, also re-veals an interest both for Leonardo’snaturalism and Flemish painting.Among his early works let us men-tion the Venus and the Annunciationboth at the Uffizi in Florence. To amore mature phase belong numer-ous altar-pieces, including the Ma-donna and Saints, in the Church ofSanta Maria alle Grazie in Pistoia(1510), and Saint Michael in theCathedral of Florence (1523).

Madonna with ChildThe Byzantine iconography of thehieratic and frontal Madonna, withthe dressed and benedictory Child,standing and turning His back to Hismother, is already present in the Westbeginning from the 7th century. In-stead, around the 14th century, ty-pologies underlining the earthly andintimate aspects of the relationshipbetween Mother and Child pre-vailed, and their various attitudes andattributes identify different icono-graphic types.

Master of BigalloA Florentine sculptor presumablytrained in Verrocchio’s milieu, who isidentified as the author of the bust of

the Sorrowful Redeemer at the Floren-tine Museum of Bigallo and, proba-bly, of the two figures of the Redeemerkept one at the Museum of Sacred Artof San Miniato and the other be-longing to a private collection.

NativityVery few iconographic hints can bedrawn from Saint Luke’s and SaintMatthew’s Gospels, whereas leg-endary elements, which enrich thedescription of this event, can befound in the Apocryphal Gospels.The scene is usually set in a dilapi-dated hut, a symbol of the ancientlaw forfeited with the coming of theRedeemer. The image of the adoringMadonna next to the manger, likemany details from the traditionaliconography, derives from medievalworship and recurs prevalently inwestern art, while Byzantine artistsused to represent a real scene of child-birth. The figure of Joseph becamefrequent during the Counter-Refor-mation.

Noli me tangereThis episode, narrated in the Gospelof St. John, refers to the momentwhen Mary Magdalene, who hadgone to Christ’s sepulcher togetherwith Peter and John, finding it emp-ty had burst into tears. While giv-ing reasons for her despair to the twoangels guarding the sepulcher,Christ appeared to her in gardener’sclothing. The woman, who at firsthad not recognized him, stretchedout her arms towards Christ as soonas he finished speaking. On this oc-casion Jesus, withdrawing, uttered

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the words “Noli me tangere” (Touchme not) and ordered Mary Magda-lene to visit the disciples and givethem the good news of his Resur-rection. The Magdalene is usuallyportrayed while kneeling down atChrist’s feet who is represented ei-ther in farmer’s clothes or as a gar-dener.

PassionThe passion of Jesus indicates the suf-fering and agony of Jesus Christwhich led to his Crucifixion, a cen-tral event for the Christian faith. Theuse of the term Passion implies thereference to the etymologic root ofthe word, derived from the Latin“pati”, namely to suffer. The iconog-raphy of the Passion of Jesus, ac-cording to Christian tradition, basedon the Gospels, which was enrichedover time by elements contained inthe apocryphal Gospels (3rd and 4th

centuries), has been settled in the se-ries of scenes preceding and follow-ing the Crucifixion. The various sub-jects are: the entry of Jesus inJerusalem on the occasion ofPassover; the Washing of feet; theprayer in the Garden of Gethsemane,where Jesus had gone to pray with hisdisciples; the betrayal of the discipleJudas who caused Jesus’ arrest; Jesustried and derided before Caiaphas;the Ecce Homo; the ascent to Calvary;the Via Crucis or Via Dolorosa; theundressing of Jesus; the raising of thecross; the Crucifixion; the Depositionfrom the cross; the Pietà, with Jesuslying in his Mother’s arms; the car-rying of Jesus’ body into the sepul-

cher; the descent into Limbo; theResurrection; the Pious women; Jesus’appearing to the Madonna; the Nolime tangere; the dinner in Emmaus;the incredulity of Saint Thomas; themiraculous catch; the Ascension; thePentecost.

PentecostFrom a Greek term meaning “thefiftieth day”. Pentecost was celebrat-ed on the fiftieth day after Passoverand it marked the beginning of har-vest-time. For the Jews it is the feastcommemorating the day when Godgave Moses the Tables of the Law onMount Sinai; for the CatholicChurch it is the feast celebrating thedescent of the Holy Spirit on the dis-ciples and on the Virgin, as record-ed in the Acts of the Apostles.

Perugino, Pietro Vannucci, known as(Città della Pieve 1445/50 ca.-Fontignano 1523)

He became acquainted with Pierodella Francesca through his worksscattered in Umbria, the Marche andTuscany; then, after moving from Pe-rugia to Florence, he spent two years(from 1470 to 1472) at Andrea del Ver-rocchio’s workshop. In his works hesoftened the structural rigour, whichPiero della Francesca’s followers al-ways observed, in favour of a morerealistic anatomical rendering and ofa greater dynamism of the figures.He was extremely active as a painterboth in Florence and in Rome, buthe also worked in Lucca, Bologna,Venice, Cremona, Ferrara and Mi-lan. In the last years he did not seeminterested in the innovations put for-

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ward by Michelangelo and his pupilRaphael, hence reiterating his cus-tomary stylistic elements. Amongthis artist’s works we shall mentionthe Altarpiece of the Decemviri, at thePinacoteca Vaticana (1495); the fres-coes for the Collegio del Cambio inPerugia (1498-1500) and the As-sumption painted for the monasteryof Vallombrosa 1500), now at the Ac-cademia Gallery in Florence.

PilgrimFrom the Latin “straniero”, this termin late Latin was referred to thosewho went to Rome for religious pur-poses, afterwards it has been used toindicate those who go to a holy placeeither alone or in a group. The pil-grim is usually depicted with: a sar-rocchino( a pilgrim cloak made of wa-terproofed cloth); a hat with a widebrim often folded at the back andhorizontal in front; a staff and, ei-ther hanging by it or over the shoul-der, a scrip. His own typical attributeis the shell, represented either on thehat, or the scrip, or elsewhere.

Pontius PilateAccording to the Gospel of St.Matthew, while interrogating Jesus,Pilate could not find any blame inhim and therefore he tried not tocondemn him; on the occasion ofpassover it was customary to set aprisoner free: Pilate let the peoplechoose among Jesus and an assassinnamed Barabbas. The people choseto release Barabbas. Pilate then tooksome water and washed his handsbefore the crowd saying: “I am in-nocent of the blood of this just per-

son: see ye to it”; finally he releasedBarabbas, had Jesus flagellated anddelivered him to be crucified. Thepeople, with their answer, acceptedtheir responsibility for the sentencethey had wanted. The custom ofwashing one’s hands in a trial had,both for the Romans and the Jews,the meaning of protestation of one’sinnocence. After Pilate had orderedthe flagellation of Christ, the latterwas slapped and derided by the sol-diers, who, after taking Jesus to thepraetorium, covered him with a scar-let cloak and put a crown of thornson his head, greeting him scornful-ly as the “king of the Jews” and beat-ing him with a cane.

PraetoriumThe place where the representativeof the Roman authority exerted thesupreme command and adminis-tered justice. It consisted of a highsemi-circular platform where stoodthe curule chair, a sort of big chairprovided with arms and without aback, used by the praetor. The prae-torium of Pilate, the Procurator ofJudea, was in the town of Caesarea.However, when the Procurator wentto Jerusalem, as for instance on theoccasion of Passover, he could movehis own praetorium there. Almostunanimously all the sources reportthat Pilate’s praetorium in Jerusalemstood in the Antonia tower, consid-ered the place where the trial of Je-sus took place, a large fortress erect-ed by Herod the Great in order towatch over the Temple and consist-ing of four small corner towers.

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Raffaellino del Garbo (1466 circa-1524 [?])

Identified with the Italian painterRaffaellino de’ Carli, who was a dis-ciple of Botticelli, and Filippino Lip-pi as in the Resurrection (AccademiaGallery of Florence) and in the Sibyls(church of Santa Maria sopra Min-erva in Rome). His collaborationwith Piermatteo d’Amelia and hiscompany would account for the in-fluence of Pinturicchio’s style. TheResurrection for the Capponi Chapelin the church of San Bartolomeo aMonteoliveto, now at the Accade-mia Gallery in Florence and theMadonna Enthroned with Saintsfrom 1500 (at the Museum of Ce-nacolo di San Salvi in Florence) be-long to the mature phase of his ca-reer. At the head of a very activeworkshop in Florence, he alsoworked in Rome, Orvieto, Perugiaand Siena.

ResurrectionThe faith in Christ who rises againfrom the dead after three days andstays on the earth for forty days isone of the foundations of Chris-tianity. For centuries the sacrediconography, with rare exceptions,avoided representing this theme. Inthe cycles of the Passion, it was sub-stituted by the Pious women at thesepulcher or the Noli me tangere. TheCouncil of Trent (1545-1563) ratifiedthat the iconography should strictlyconform to the Holy Scriptures andin compliance with them, beginningfrom the second half of the 16th cen-tury, the image of Jesus standing in

front of a closed sarcophagus was themost widespread.

SacristyA room annexed to the church, sit-uated mostly at the side of the mainaltar, used by the celebrant to pre-pare for a service and where the sa-cred furnishings and vestments arekept.

Saint Anthony the AbbotThe appellation of abbot derives fromhis being considered the patriarch ofeastern monasticism. He was born inComa, Egypt, towards the middle ofthe 3rd century. When he was abouttwenty he retired to the desert wherea monastic community was estab-lished; he died in 356 A.D. when hewas over a hundred years old. Repre-sented in hermit’s clothes, his recur-rent attribute is a pilgrim’s stick witha T (“tau”)shaped ending which wasan ancient Egyptian symbol of im-mortality but hints also at the crossand became in the Middle Ages a dis-tinctive symbol of the Hospital orderof Saint Anthony; the devil, often de-picted at his feet, is the symbol of hisvictory over the temptations that con-stantly undermined his retreat; thepig that accompanies him recalls thehabit of medieval monks to raise pigsfor the poor.

Saint HelenThe mother of the Emperor Con-stantine, she devoted herself to goodworks in the last years of her life, af-ter the Christian faith had officiallybeen accepted in the Roman Empire,thanks to Constantine’s edict. Shefounded numerous churches in the

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Holy Land where, as the legend hasit, she found the cross on which Je-sus had died. She is generally de-picted as an elderly gentlewoman, inregal clothes and with a crown; inher hands she holds either the crosswith, at times, also the nails and thehammer-instruments of the passionof Jesus – or a model of the Churchof the Holy Sepulcher in Jerusalem.In some other iconographic versionsthe cross, held by angels, appears toher in a vision.

Saint James the LessCalled the “righteous” out of his deeppiety, he was the bishop of Jerusalemfor nearly thirty years. He is believedto be the author of the Letter by Jamesand to have been murdered on East-er Day in 62 A.D.. Tradition identi-fied him as the apostle James, son ofAlpheus and Mary of Cleophas,mentioned in the Acts of the Apostles.His own attributes are: either a bookor a parchment scroll, and a club, theinstrument with which he waschased from the temple and mur-dered in Jerusalem. His relics are keptin the Basilica of Santissimi Apostoliin Rome.

Saint LawrenceThe gridiron is his attribute as wellas a symbol of his martyrdom; he isdepicted as a young tonsured mandressed in a dalmatic. The first dea-con and martyr of the RomanChurch, he is often represented to-gether with Saint Stephen, the firstdeacon of the Christian communi-ty in Jerusalem at the time of theapostles.

Saint LinusA pope and a martyr, who, just likeall the popes of the first three cen-turies, succeeded Saint Peter as theleader of the Christian communityin Rome, which he ruled for over tenyears. In compliance with Saint Pe-ter’s will, he ordered women to wearsomething on their heads upon en-tering a church. Roman legends fromthe 4th century attribute to him a ma-jor role in the famous disputationwith Simon Magus. According to theLiber Pontificalis he was from Tuscia;for this reason he was worshippedmainly in Volterra, where supposed-ly his relics are kept and a church wasdedicated to him in 1513.

Saint Mary MagdaleneBeginning from the Middle Ages,and especially after the Counter-Re-formation. Among her attributesthere is always a jar of unguent usedto smear Jesus’ feet after washingthem. Portrayed with long red hair,she is principally depicted in twoways: richly dressed and adorned, be-fore her conversion, whereas after it,in ragged clothes, with a cloak at herfeet and/or wrapped in her own hair.Other attributes of the latter versionare a skull, a crucifix, her eyes full oftears.

Saint RochUsually depicted with a pilgrim’s stickand a knapsack, among his attribut-es there is a dog, his assistant in theepisode of the saint’s recovery fromthe plague and, at times, a shell, thesymbol of pilgrims. He is consideredthe protector of surgeons, pharma-

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cists, pilgrims, pavers, gravediggersand invalids.

Saint ThomasThe representation of his increduli-ty at the resurrection of Christ is verywidespread, beginning from the 13th

century. The Apocryphal Gospels al-so record his incredulity at the As-sumption of the Virgin, for whichhe demanded proof in confirmationof the event. Therefore the Madon-na threw a girdle from Heaven thatThomas picked up. Generally, he isdepicted as a beardless young man,with the attribute of a set square, theVirgin’s girdle, a spear or a dagger,that were the instruments of his mar-tyrdom.

Saint VeridianaBorn in Castelfiorentino in 1182, shewas devoted, from her childhood, toprayers and abstinence; it is told thather death was announced by the sud-den peal of two bells, not tolled byhuman hands. The cult of the saintwas approved by Clement vii in 1533and finally the saint was includedamong the patron saints of Tuscany,as the bronze door (1903) of Flo-rence Cathedral shows.

Saint VivaldusA hermit saint who was found deadin the hollow of a huge chestnut treein the Camporena woods and tradi-tion identified as Ubaldus, a Bene-dictine monk, though a hermit aswell, who was a disciple of Saint Bar-tolo Buonpedoni, documented atthe beginning of the 14th century inthat area. His relics, contested by var-ious towns, were housed in the town

hall of Montaione around the mid-15th century. Since 1906, the yearwhen the cult of this saint was offi-cially recognized, those relics havebeen kept in the Church of San Vi-valdo.

Samaritan womanAccording to the Gospel of St. John,after Jesus returned to Galilee fromJudea, he stopped at Jacob’s well, inSamaria. A local woman, who wasan adulteress, had gone to the wellto draw some water and was sur-prised at Jesus’ request for some wa-ter to drink, not only because it wasnot customary for a Jew to addressa foreigner, but also because of theage-old hatred between Jews andSamaritans, which forbade themembers of the two peoples to drinkfrom the same vessel. Hence, ac-cording to St. John, Jesus seized theopportunity to teach a lesson and hesaid: “Whoever drinketh of this wa-ter shall thirst again: but whoeverdrinketh of the water that I shall givehim shall never thirst”. Accordingto Christian iconography this sceneis usually represented near a well, of-ten in the shade of a tree, where Je-sus is sitting, while the woman isusually portrayed with a ewer in herhands.

ScarsellaIn architecture this term denotes anapse with a rectangular plan.

Simon the PhariseeAccording to the Gospel of St. Luke,Simon invited Jesus, whom he be-lieved to be a prophet, to eat at histable, and he was present when Jesus

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was anointed by a female sinner. AsSimon expressed his annoyance hewas reproached by the Lord whoshowed him, through a parable, thepower of love and forgiveness. Hewas a follower of an old Jewish reli-gious sect which stood out for thestrict and formal observance of Mo-saic Law. Still today the term “Phar-isee”, from the Aramaic “separated”,is referred to a person who is hypo-critically more concerned about formthan substance.

Sodoma, Antonio Bazzi, known as(Vercelli 1477-Siena 1549)

A painter, pupil of Gian MartinoSpanzotti, who in his works usedLeonardo’ s chiaroscuro. He workedin Siena and Pienza, where he becameacquainted with the painting of Pe-rugino and Signorelli, whose styles in-fluenced him towards a greater clar-ity and vigour. In Rome, where hefurther deepened his artistic training,he worked both on the rooms of theSegnatura (1508) and on the Far-nesina, where he painted the Storiesfrom the Life of Alexander. An excel-lent decorator, he showed an incli-nation for strong pathos in the ren-dering of the figures. He had a stronginfluence on the Sienese mannerists.Among his Sienese works let us men-tion the Stories from the Life of SaintCatherine in the Church of San Do-menico in Siena (1526).

SudariumA small-sized cloth wrapped aroundthe head of the deceased, distinctboth from the bands which tied thefeet and hands and from the sheet

which enveloped the body. St. Johnthe Evangelist refers to the sudariumwhen recounting the resurrectionsof Lazarus and Jesus.

TerracottaA mixture of clays modelled by hand,potter’s wheel, or mould and thenbaked in the sun or fired in specialovens at a high temperature; thequality and the quantity of the min-erals contained in the mixture de-termine the major or minor degreeof porosity and the colour tones; gen-erally the term is used also for eachobject (vase, plate, tile, etc) that ismade of it.

Tommaso da Firenze, a Franciscan friar(historical information 1506-1529)

The biography of this Franciscan fri-ar who was a historiographer and anObservant is still uncertain. As a mat-ter of fact, his belonging to a rich Flo-rentine family is not certain, nor arehis stays on the isle of Crete,in Dal-matia, Croatia, Bosnia, Chios, Can-dia or in all the holy places in theHoly Land. In 1509 he is document-ed to have been Father Guardian ofthe Florentine convent of San Salva-tore al Monte, and to have been pre-sent on several occasions, in San Vi-valdo from 1513 to 1516, and also from1523 to 1539. He succeeded BrotherCherubino but he probably was inSan Vivaldo even before 1506. Tohim, we owe not only the plan of thechapels of the San Vivaldo complexbut also his steady commitment topetitioning the Holy See to erect theSan Vivaldo complex.

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VeronicaThe apocryphal gospel of Nicode-mus tells the legend of Veronica: thewoman who offered Christ, whilehe was ascending to Calvary andbearing the cross, a cloth to wipe hisface; on this linen the image of theRedeemer was miraculously im-printed. The cloth is considered atrue relic and it is housed in thechurch of Saint Peter in the Vatican.Veronica, whose name is formed bythe words “vera” (i.e., real) and“icona”, hamely real image, is de-picted in devotional paintings whileshe holds the cloth which bearsChrist’s effigy, at times she has acrown of thorns. Veronica oftenwears a turban, a reference to heroriental origin, and now and thenshe is represented next to Saints Pe-ter and Paul, the patron saints ofRome. In some representations thelinen is held by two angels.

Verrocchio, Andrea di Cione, known as(Florence 1435-Venice 1488)

A goldsmith, a painter and a sculp-tor, as well. The influence of his ear-ly activity as a goldsmith, not total-ly proved yet, is visible in the subtleand refined way he elaborated thematerials in his sculptural works,where he mixed the clear – cut andmarked sign of the Tuscan sculptur-al tradition with pictorial light andshade effects. Among his sculpturalworks we shall mention the In-credulity of Saint Thomas executedfor the Florentine Church of Or-sanmichele (1483), and the Lady witha Small Bunch of Flowers, today at the

Bargello Museum in Florence.Among the few and controversialpictorial works attributed to him arethe Baptism, now at the Uffizi, wherescholars have traced young Leonar-do’s hand, and the Madonna of Pi-azza, executed for the Cathedral ofPistoia, where contributions byLorenzo di Credi and, probably, byLeonardo himself have been identi-fied. Even though he mainly devot-ed himself to sculpture, in his flour-ishing and well-attended workshopwere trained some of the greatestpainters of the 15th and 16th centuries,including Leonardo, Lorenzo di Cre-di and Perugino.

VesperbilderFrom the German “ images of theVesper”, they are wooden sculptur-al groups representing Jesus dead inhis Mother’s lap, typical of Rhinesculpture beginning from the firsthalf of the 14th century, which be-came popular around the end of thefollowing century in the interna-tional Gothic sculpture of centralEurope. Their subject is connectedwith the liturgy of Good Friday’sVespers and therefore to the Litur-gy of the Passion, as it was aroundthe hour of the vesper that Christ,already dead, was laid in his Moth-er’s lap, after being deposed from thecross.

Via DolorosaAlso called Via Crucis or the road ofbitterness, it is the final segment ofthe Passion of Jesus, from the prae-torium of Pilate to Mount Calvary.It consists of a series of places where

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Christ is supposed to have stoppedwhile going to Calvary. The Fran-ciscans introduced into the West theritual of the Via Dolorosa, a sort ofprocession held either along theaisles of a church or in the streets,with stations recalling those ofChrist. The commemorativeepisodes of the route are divided in-to two thematic groups. To the firstgroup belong: the three falls of Jesusunder the burden of the cross, Jesus’encounters with his Mother, Simonthe Cyrenaic, and Veronica. To thesecond group belong the episodesthat occurred on the top of Calvary:Jesus undressed; nailed to the cross;crucified; the Pietà and being placedinto the sepulchre.

Washing of feetThis scene, narrated in the Gospel ofSt. John, is a supreme example ofChrist’s love for mankind: before theLast Supper Jesus rose from the table,laid down his cloak and, taken acloth, he wrapped it around hiswaist. Afterwards he poured somewater into a basin, began to wash hisdisciples’ feet and then dried themwith the cloth he had girded himselfwith. Only Peter had a gesture of ret-icence, but he was immediately per-suaded by Jesus who told him: “If Iwash thee not, thou hast no part withme”. While they were sitting again atthe table, Jesus exhorted the Apostlesto behave with one another like hehimself had done with them.

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Apparati / Apparatus

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Barbialla (Montaione)castello di Barbialla 132, 135; 206, 207

Camporena (Montaione)castello di Camporena 132; 206

Castelfalfi (Montaione)castello di Castelfalfi 132, 134; 206, 207chiesa di San Floriano 134; 207

Castelfiorentinomostra permanente sul vetro.

La produzione vetraria a Gambassi(secoli xiii-xvi), vedi anche palazzocomunale 145; 211

palazzo comunale, vedi anche Mostrapermanente sul vetro. La produzionevetraria a Gambassi (secoli XIII-XVI)145; 211

villa del Ridolfi 142; 211

Cerretobadia a Cerreto 126; 204

Certaldocasa del Boccaccia 124; 204castello di Certaldo 124; 203chiesa dei Santi Iacopo e Filippo 124; 204palazzo dei della Rena 124; 204palazzo di Scoto da Semifonte 124; 204palazzo Giannozzi 124; 204palazzo Machiavelli 124; 204palazzo Pretorio 124, 126; 206

palazzo Stiozzi Ridolfi 124; 204porta degli Alberti 124; 203porta del Rivellino 124; 203porta del Sole 124; 203torre dei Lucardesi 126; 204

Chianni (Gambassi Terme)pieve di Santa Maria a Chianti 13, 128,

129, 131, 148; 204, 213

Collegalli (Montaione)castello di Collegalli 132; 206

Decimo (San Casciano Val di Pesa)chiesa di Santa Maria al Prato 120; 202chiesa di Santa Maria del Gesù vedi

anche Museo d’Arte sacra 121; 202museo d’Arte sacra vedi anche chiesa di

Santa Maria del Gesù 121; 202pieve di Santa Cecilia a Decimo 120; 202

Due Stradeconvento del Portico (via del Podestà)

117; 201

Figline (Montaione)castello di Figline 132; 206villa di Sant’Antonio 131; 206

Galluzzocertosa del Galluzzo 117, 118, 161; 201, 221palazzo del Podesta 117; 201villa della Favorita 117; 201

239

Indice dei luoghi / Index of places

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240

Gambassi Termeex chiesa dei Santi Iacopo e Stefano 128;

204centro per la Documentazione della

tecnologia e la produzione del vetropreindustriali, vedi anche Mostrapermanente sul vetro. La produzionevetraria a Gambassi (secoli XIII-XVI)146; 212

mostra permanente sul vetro. Laproduzione vetraria a Gambassi (secoliXIII-XVI), vedi anche Centro per laDocumentazione della tecnologia e laproduzione del vetro preindustriali eparco archeologico di Germagnana145; 211

Gavignallachiesa di Sant’Andrea a Gavignalla 126; 204

Germagnanaparco archeologico di Germagnana, vedi

anche Mostra permanente sul vetro. Laproduzione vetraria a Gambassi (secoliXIII-XVI) 146; 212

Ianochiesa di Sant’Andrea 134; 206

le Mura (Montaione)castello di le Mura 132; 206

Lucardocastello di Lucardo 122; 203chiesa di San Donato a Lucardo 123; 203chiesa dei Santi Martino e Giusto nel

castello di Lucardo 123; 203pieve di San Lazzaro a Lucardo 123; 203

Montaionecastello di Montaione 132; 206chiesa di San Regolo, già dedicata a San

Bartolomeo 30, 133; 177, 206palazzo Pretorio 134, 148; 206

Palagiopietrina (castello della Pietra) 134; 207

Pieve di San Pancraziopieve di San Pancrazio 121, 122; 196

Poggio dell’Aglione (Montaione)cisterna romana del Muraccio 131, 148;

205, 213

San’Andrea in Percussinaalbergaccio (dimora di campagna di

Niccolò Machiavelli) 120; 202

San Casciano in Val di Pesavilla del Borromeo 121; 202

San Vivaldo (Montaione)chiesa di San Vivaldo 23, 31, 36, 169;

178, 230museo del Sacro Monte 47; 183

Sughera (Montaione)castello di Sughera 135; 207

Tonda (Montaione)castello di Tonda 132, 135; 206, 207ex chiesetta del castello di Tonda 135; 207

Vignale (Montaione)castello di Vignale 132; 206

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Agnolo di Polo 24, 56, 59, 64, 68, 77,80, 89, 92, 95, 98, 157; 180, 185, 186,187, 191, 192, 194, 196, 198, 217

Botticini Francesco 10, 81, 158; 192, 218Botticini Raffaello 10, 123, 158; 203, 219Buglioni Benedetto 24, 38, 53, 54, 58, 59,

68, 75, 98, 158; 170, 174, 179, 185, 187,189, 191, 198, 219

Cacioli Francesco Domenico da Pistoia39; 180

Caimi Bernardo 24, 40, 110, 159; 175,181, 200, 219

Cenni di Francesco 123; 203Cieco di Gambassi, Gonnelli Giovanni

Francesco, detto il 38, 159; 179, 220Coppo di Marcovaldo 121; 202Della Robbia Giovanni 38, 53, 58, 59,

73, 80, 109, 161; 185, 186, 187, 190, 191,192, 196, 221

Della Robbia Lucantonio 58, 109; 186,200

Della Robbia Marco 53, 58, 109, 161; 185,184, 190, 200, 221

Della Robbia Simone 58, 109; 186, 200

Ferrucci Francesco Simone 65; 188Ghirlandaio Domenico, Domenico

Bagordi detto del 70, 81, 163; 189, 192,223

Gozzoli Benozzo 126; 204Guido di Graziano 134; 206Lorenzetti Ambrogio 121; 202Lorenzo di Credi 81, 158, 163, 171; 192,

219, 225, 232Martini Simone 10, 121; 202Perugino Pietro 75, 81, 163, 165, 169, 171;

191, 192, 223, 226, 231, 232Pontormo, Jacopo Carrucci, detto il 16,

118; 202Raffaellino del Garbo, Raffaellino Carli,

detto 24, 25, 28, 166; 174, 179, 228Tommaso da Firenze, fra 24, 40, 170;

175, 181, 231Ugolino di Nerio 121; 202Verrocchio, Andrea di Cione, detto

Andrea del 39, 56, 64, 81, 157, 158,163, 165, 166, 171; 180, 185, 186, 188,189, 192, 217, 218, 219, 223, 225, 226,228, 232

241

Indice degli artisti / Index of artists

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Indice

Presentazioni7 di Edoardo Speranza9 di Antonio Paolucci13 di Bruno Santi16 di Mariella Zoppi18 di Padre Maurizio Pietro Faggioni e Paola Rossetti

La Gerusalemme di San Vivaldo23 La Gerusalemme di San Vivaldo

di Rosanna Caterina Proto Pisani

35 Visita alla Gerusalemme di San Vivaldodi Lucia Mannini e Sabina Spannocchi

Itinerari117 Da Firenze a Montaione

di Italo Moretti137 Artigianato artistico ed enogastronomia

nel comprensorio Empolese-Valdelsadi Maria Pilar Lebole e Benedetta Zini

157 Glossario

174 English Version

Apparati / Apparatus237 Bibliografia essenziale / Short bibliography239 Indice dei luoghi / Index of places241 Indice degli artisti / Index of artists

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Finito di stampare in Firenzepresso la tipografia editrice Polistampa

Luglio 2006