Colazionando 17 Giugno 2012

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Quattro passi di cultura alla scoperta di Milano E un’idea di con

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Colazionando "Quattro passi di cultura alla scoperta di Milano"

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Quattropassidi cultura

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piazza duca d’aostaDove il Rinascimento sfida i moderni giganti d’acciaio

La composizione degli edifici che si affacciano su Piazza Duca D’Aosta è composita e di non fa-cile catalogazione. Si tratta di una piazza che ha costruito la propria identità nel corso degli anni e che ancora oggi continua a mutare secondo le esigenze e i cambiamenti della vita della città. Solo per citare alcuni eventi: nel 1912 viene inaugurato l’hotel Gallia, uno dei più prestigiosi della Milano anni Venti, simbolo della nuova società borghese con il suo stile eclettico; nel 1931, è terminata la Stazione Centrale; nel 1960

Gio Ponti conclude la costruzione del Grattacielo Pirelli, sede odierna della Regione Lombardia. Ma quello che risulta più difficile da scorgere è ciò che rimane della Cascina Pozzobonella co-struita nel 1498 e che si affaccia all’imbocco di via Andrea Doria. Il collegamento tra la piazza e piazza della Repubblica è costituito da via Vittor Pisani che, con il suo lungo rettifilo razionalista e le facciate a porticati continui è uno dei simboli della Milano che lavora e sembra voler ricordare l’arte metafisica di Giorgio de Chirico.

uno sguardo in cittàLa prima linea ferroviaria milanese viene inaugurata nell’agosto 1840 sulla scia della Napoli Portici. La strada ferrata era lunga 14 km e collegava Milano a Monza in un tragitto di circa quaranta minuti. La base della prima stazione della città è ancora visibile tra le vie

Montegrappa, Melchiorre Gioia e De Cristoforis. Si tratta di un edificio giallo in stile neoclassico situato nella zona di Porta Nuova dove era ancora aperto il canale della Martesana. Il convoglio era composto da una locomotiva a vapore e da tre sino a cinque carrozze per i passeggeri.

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La Stazione CentraleUlisse Stacchini 1912 progetto; 1927-1931Il concorso per il progetto della Stazione Centrale di Milano fu vinto nel 1921 da Ulisse Stacchini. L’edificio fu progettato per poter ricordare il Vittoriano di Roma a celebrazione della grandezza della patria e proprio per questo motivo, parte della funzionalità della stazione venne sacrificata al gusto monumen-tale dell’edificio. I lavori furono fermati a causa dello scoppio della guerra e ripresi nel 1919 nonostante la grande scarsità dei fondi a disposizione. Solo nel 1925 con l’intervento di Benito Mussolini i lavori furono accelerati per essere completati nell’arco di sei anni. L’inaugurazione ufficiale venne fatta il pri-mo aprile del 1931. Il progetto era ormai stato iniziato da circa un ventennio, ma si confaceva allo stile del regime che ne fece uno dei suoi fiori all’occhiello.

Nel febbraio 1846 viene inaugurata la stazione chiamata Fernandea in onore dell’imperatore d’Austria: si trovava nei pressi di Porta Tosa all’altezza di via Archimede. Il traino in questo caso, prima fino a Treviglio, poi sino a Verona, era ancora fatto da animali. Il viaggio durava sino a 26 ore. Nel 1857, con l’arrivo della ferrovia venne aperto un grande viadotto che tagliava in due il quadrilatero del lazzaretto in viale Tu-nisia. Smantellato negli anni Trenta, la sua struttura è stata fedelmente ripresa nella creazione dell’attuale passante ferroviario. Nel febbraio 1864 presso l’attuale Piazza della Repubblica viene inaugurata la facciata della Stazione centrale in stile “Renaissance”. Lo scalo dopo solo sei anni dalla sua inaugurazione divenne il più importante d’Italia. Tuttavia, nell’aprile 1906 si decise per la creazione di un nuovo im-pianto ferroviario che costituisce oggi la base delle moderne linee ferroviarie milanesi.

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Il sistema ferroviario

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il lazzarettoDove a Milano venivano confinati gli ammalati di peste

Nel 1881 i 140 mila metri quadri dell’antico lazzaretto milanese sviluppati su di un perimetro a quadrilatero (400 metri per lato) compreso tra le attuali vie Lazzaretto, San Gregorio, Buenos Aires e Vittorio Veneto vengono acquistati da un gruppo bancario lombardo. Famosa istituzione ospedaliera di epoca rinascimentale, fa da sfondo agli ultimi capitoli dei Promessi Sposi manzoniani. Fu proprio durante la grande peste del 1630 raccontata dal Manzoni, che l’edificio arrivò a ospitare circa 16 mila appestati in tutta la durata dell’epidemia. Secondo Alessandro Tadino, esimio studioso di fisica dell’epoca, i morti arrivarono a essere circa 2500 al giorno. Il lazzaretto era stato edificato a partire dal 1488, per volontà di Ludo-vico il Moro, da Lazzaro Palazzi che aveva dise-gnato una struttura con ai lati una serie di archi rinascimentali. Le cellette riservate alla struttura erano 288. In seguito all’acquisto, dell’antico edificio furono risparmiati solo 10 metri lineari che oggi costituiscono la chiesa ortodossa di via San Greogorio mentre tutto il resto fu eliminato per lasciare spazio alla struttura del quartiere che oggi conosciamo.

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La chiesa di San Carlo al LazzarettoPellegrino Tibaldi, 1585 - 1592L’altro edificio che venne risparmiato dalla demolizione dell’antico lazzaretto per volontà di una sottoscrizione dei parrocchiani della chiesa di Santa Francesca romana, fu la chiesa di San Carlo al Lazzaretto. Era stata edificata per volere di San Carlo Borromeo tra il 1585 e il 1592 sul luogo in cui sorgeva il tempietto di Santa Maria della Sanità. La chiesa era il punto nevralgico del complesso ospedaliero e aveva una struttura ad edicola aperta. Dal colonnato privo di pareti i malati potevano seguire dalle loro celle le funzioni religiose e pregare per la propria guarigione. Curioso è notare come una chiesa che oggi appare di modeste dimensio-ni abbia potuto essere utilizzata in maniera così versatile. Durante la propria permanenza a Milano, Napoleone Bonaparte la sconsacrò, dandole il nome di “altare della patria”. All’altare venne sostituita una statua simbolo della rivoluzione e della libertà. Durante la Restaurazione l’edificio venne adibito a polveriera. Oggi l’edificio fa appunto parte della canonica di Santa Francesca romana e aperta in alcuni orari durante i quali viene celebrata la messa.

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Luigi Lorenzo Secchi, 1934La piscina comunale Roberto Cozzi fu il primo impianto al coperto costruito a Milano. Grande attenzione in fase di progettazione era stata riservata alle ampie tribune (che pos-sono contenere sino a 680 spettatori), alla lunghezza e alla profondità delle vasche (una da 33 e una da 20 metri). L’edificio concettualmente nuovo, era un luogo dove l’idea di sport come disciplina che valorizzasse la forza e lo spirito dell’atleta trovava la sua forma più concreta. Si trattava anche della prima struttura coperta ad essere aperta liberamente alle donne, senza vincoli di orario: a tal fine erano stati previsti sin nella fase progettuale gli spogliatoi separati. La Cozzi è stata da poco completamente ristrutturata, e ancora oggi si contraddistingue a Milano per le sue strutture. La profondità della vasca e i suoi trampolini la rendono uno dei pochi luoghi della città dove è possibile fare corsi di tuffi e sub (per informazioni: 02.6599703).

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la piscina cozziL’evoluzione del concetto di sport nella Milano degli anni Trenta

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uno sguardo in cittàIl Circuito delle Case Museo di Milano è un percorso di gran-de fascino per la testimonianza artistica fornita sia dagli edifici che le ospitano che dalle opere d’arte contenute al loro interno. Oltre a Casa Boschi il sistema comprende: il Museo Bagatti Val-secchi, Villa Necchi Campiglio e il Museo Poldi Pezzoli.

Le quattro case museo, tutte situate nel centro di Milano, sono accomunate dalla generosità dei loro fondatori, che hanno messo a disposizione della collettività le loro abitazioni e le loro collezioni d’arte, e sono oggi luoghi di grande fascino.Per Informazioni: www.casemuseomilano.it

casa boschiLa casa in cui l’arte si nasconde nel cuore di MilanoPiero PortaluppiSi tratta di un’esposizione di oltre 200 opere a ingresso gratuito all’interno dello splendido edificio realizzato da Piero Potaluppi, uno dei più grandi ar-chitetti degli anni Trenta (si trova in via G. Jan 15). La collezione Boschi Di Stefano venne donata al comune di Milano nel 1974, alla morte di Antonio Boschi con il vincolo che le opere potessero essere a disposizione del pubblico gratuitamente. Insieme alla moglie, Marieda Di Stefano, i due coniugi ave-vano raccolto una collezione di enormi dimensioni. La moltitudine di quadri era appesa persino al

soffitto! Oggi casa Boschi viene gestita dalla Fon-dazione Boschi Di Stefano. Le sale sono suddivise in ordine cronologico raccogliendo le opere ricon-ducibili al gruppo Novecento di Margherita Sarfatti, passando per le esperienze di Corrente sino ad arrivare alle sale tematiche dedicate a Sironi e Fontana. Un percorso attraverso l’arte italiana con-temporanea che parte da Umberto Boccioni, passa da “Giorgo de Chirico” il cui quadro “La scuola dei gladiatori” occupa imperioso la grande parete del salotto, sino alla spazialità di Lucio Fontana e la negazione totale di Piero Manzoni.

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Grafica e impaginazione: Ad Friends srlHanno collab.: Valeria Bottiglieri, Beatrice Nizzetto, Francesca GiuntiFoto di: Fabrizio Bottiglieri

Ufficio stampa: Alessandra Vezzolitel. 02.6552781/335.6813563; [email protected]

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