CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire...

47
Capitolo | 10 | © 2012 Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati. 205 Trauma dell’addome Stefania Cimbanassi, Osvaldo Chiara Percorsi nel trauma addominale PROCEDURE DIAGNOSTICHE La scelta dell’iter diagnostico da condurre nel trauma addo- minale è subordinata alla stabilità emodinamica del paziente e al meccanismo del trauma (MOI). Se misconosciute, le le- sioni addominali sono spesso causa di morbilità e mortalità evitabile, soprattutto nei pazienti con traumi multidistrettuali. Sino agli anni Sessanta, la diagnostica di potenziali lesioni in- traddominali e la necessità di una laparotomia d’urgenza erano basati quasi esclusivamente sull’esame obiettivo, in funzione del quale la decisione di sottoporre il paziente a un intervento comportava un’accuratezza della diagnosi variabile tra il 17% e l’87% [1]. L’introduzione di nuove tecnologie (ecografia, TC) ha radicalmente modificato l’approccio diagnostico, integrandosi con l’esame clinico (valutazione primaria e secondaria) per escludere o dimostrare la presenza di lesioni e indicare la necessità e il timing di procedure terapeutiche. È necessario ricordare che: l’esame obiettivo dell’addome può non essere attendi- bile, sia per la presenza di alterazioni della coscienza sia a causa di concomitanti lesioni extraddominali determinanti dolore (distracting injuries); in presenza di fratture delle ultime sei coste l’incidenza di lesioni del fegato o della milza è rispettivamente del 10 e del 20%; la presenza di fratture del bacino e della colonna lombare si associa a lesioni intraddominali nel 30-47% dei casi; il segno della cintura (ecchimosi trasversale della cute toraco-addominale) è indice di un significativo meccanismo compressivo con possibili lesioni di- strettuali; nei pazienti con instabilità emodinamica, la causa è corre- lata a una condizione intraddominale nel 16% dei casi; sebbene gli esami laboratoristici di routine prevedano il dosaggio di transaminasi e amilasi, una loro alterazione ha bassa specificità per la presenza di lesioni addominali. In Pronto Soccorso (PS), nel trauma maggiore possono essere effettuate indagini di primo livello come l’esame clinico, il lavaggio peritoneale diagnostico (DPL) [2], l’eco- grafia (standard o con tecnica FAST) [3], la Rx del bacino, del torace (in antero-posteriore) e dell’addome. Tali in- dagini, per la loro rapidità e per la possibilità di essere effettuate in shock room (SR), sono le sole indicate in caso di instabilità emodinamica. Le indagini di secondo livello (TC [3] e angiografia [4]) prevedono il trasporto del paziente fuori dalla SR per cui presuppongono una condizione di stabilità emodinamica. In Tabella 10.1 sono riportati i dati di significatività diagnostica del DPL e della FAST (rispetto alla capacità di evidenziare lesioni addominali attraverso il rilievo del versamento) e della TC nel dimostrare diretta- mente lesioni post-traumatiche degli organi addominali. Lavaggio peritoneale diagnostico Il DPL viene eseguito previo posizionamento del sondino ga- strico e del catetere vescicale [2]. Dopo l’eventuale anestesia locale, viene praticata un’incisione sotto ombelicale di cute, sottocute e fascia e introdotto nel peritoneo, attraverso un trocar, un catetere (tecnica semiaperta). In alternativa, il peritoneo viene aperto e il catetere inserito sotto visione verso il Douglas (tecnica aperta). Nei traumi del bacino e nella donna gravida oltre il terzo mese, è opportuno utilizzare un accesso mediano sovra ombelicale. Il lavaggio viene eseguito con 10 mL/kg di Ringer riscaldato a 37 °C. Si recupera il liquido di lavaggio (almeno 100 mL) mediante sacchetto a caduta e s’invia un campione in laboratorio (in Tabella 10.2 sono riportati i criteri di positività CLICCA QUI per acquistare il volume

Transcript of CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire...

Page 1: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

Capitolo | 10 |

© 2012 Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati.

205

Trauma dell’addomeStefania Cimbanassi, Osvaldo Chiara

Percorsi nel trauma addominale

Procedure diagnostiche

La scelta dell’iter diagnostico da condurre nel trauma addo-minale è subordinata alla stabilità emodinamica del paziente e al meccanismo del trauma (MOI). Se misconosciute, le le-sioni addominali sono spesso causa di morbilità e mortalità evitabile, soprattutto nei pazienti con traumi multidistrettuali. Sino agli anni Sessanta, la diagnostica di potenziali lesioni in-traddominali e la necessità di una laparotomia d’urgenza erano basati quasi esclusivamente sull’esame obiettivo, in funzione del quale la decisione di sottoporre il paziente a un intervento comportava un’accuratezza della diagnosi variabile tra il 17% e l’87% [1]. L’introduzione di nuove tecnologie (ecografia, TC) ha radicalmente modificato l’approccio diagnostico, integrandosi con l’esame clinico (valutazione primaria e secondaria) per escludere o dimostrare la presenza di lesioni e indicare la necessità e il timing di procedure terapeutiche. È necessario ricordare che:

• l’esame obiettivo dell’addome può non essere attendi-bile, sia per la presenza di alterazioni della coscienza sia a causa di concomitanti lesioni extraddominali determinanti dolore (distracting injuries);

• in presenza di fratture delle ultime sei coste l’incidenza di lesioni del fegato o della milza è rispettivamente del 10 e del 20%;

• la presenza di fratture del bacino e della colonna lombare si associa a lesioni intraddominali nel 30-47% dei casi;

• il segno della cintura (ecchimosi trasversale della cute toraco-addominale) è indice di un significativo meccanismo compressivo con possibili lesioni di-strettuali;

• nei pazienti con instabilità emodinamica, la causa è corre-lata a una condizione intraddominale nel 16% dei casi;

• sebbene gli esami laboratoristici di routine prevedano il dosaggio di transaminasi e amilasi, una loro alterazione ha bassa specificità per la presenza di lesioni addominali.

In Pronto Soccorso (PS), nel trauma maggiore possono essere effettuate indagini di primo livello come l’esame clinico, il lavaggio peritoneale diagnostico (DPL) [2], l’eco-grafia (standard o con tecnica FAST) [3], la Rx del bacino, del torace (in antero-posteriore) e dell’addome. Tali in-dagini, per la loro rapidità e per la possibilità di essere effettuate in shock room (SR), sono le sole indicate in caso di instabilità emodinamica. Le indagini di secondo livello (TC [3] e angiografia [4]) prevedono il trasporto del paziente fuori dalla SR per cui presuppongono una condizione di stabilità emodinamica. In Tabella 10.1 sono riportati i dati di significatività diagnostica del DPL e della FAST (rispetto alla capacità di evidenziare lesioni addominali attraverso il rilievo del versamento) e della TC nel dimostrare diretta-mente lesioni post-traumatiche degli organi addominali.

Lavaggio peritoneale diagnosticoIl DPL viene eseguito previo posizionamento del sondino ga-strico e del catetere vescicale [2]. Dopo l’eventuale anestesia locale, viene praticata un’incisione sotto ombelicale di cute, sottocute e fascia e introdotto nel peritoneo, attraverso un trocar, un catetere (tecnica semiaperta). In alternativa, il peritoneo viene aperto e il catetere inserito sotto visione verso il Douglas (tecnica aperta). Nei traumi del bacino e nella donna gravida oltre il terzo mese, è opportuno utilizzare un accesso mediano sovra ombelicale. Il lavaggio viene eseguito con 10 mL/kg di Ringer riscaldato a 37 °C. Si recupera il liquido di lavaggio (almeno 100 mL) mediante sacchetto a caduta e s’invia un campione in laboratorio (in Tabella 10.2 sono riportati i criteri di positività

CLICCA QUI per acquistare il volume

Page 2: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

206

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

dell’indagine). Il DPL ha una sensibilità ridotta nel caso di rottura del diaframma e lesioni retroperitoneali. In caso di rottura di vi-sceri cavi l’indagine è spesso inizialmente negativa: pertanto, nei casi dubbi è opportuno ripeterla dopo qualche ora. La morbilità del DPL è circa del 2% ed è legata a perforazioni di visceri cavi, emorragie dalla parete o intra e retroperitoneali.

ecografiaViene eseguita con sonda addominale da 3,5 MHz. La tecni-ca FAST prevede scansioni condotte in corrispondenza dello spazio epatorenale (tasca del Morrison), splenorenale, dello scavo pelvico e delle logge paracoliche; la tecnica Extended FAST (E-FAST) prevede anche l’esplorazione di pericardio e cavi pleurici. È finalizzata al riconoscimento di liquido e aria nelle cavità peritoneale, pericardica e pleurica [7]. Se è presente un radiologo in SR può essere eseguita un’ecografia diagnostica completa per individuare lesioni degli organi parenchimatosi addominali, sebbene tale esame abbia una sensibilità limitata nella dimostrazione di lesioni dei vi-sceri cavi, del diaframma e del retroperitoneo. L’ecografia può essere di difficile esecuzione in presenza di adipe e di enfisema sottocutaneo, in quanto l’aria sbarra il passaggio degli ultrasuoni.

radiografia standard dell’addomeQuesta indagine trova indicazione solo nel paziente con ferita penetrante. Le immagini vengono acquisite nelle due proiezioni ortogonali (antero-posteriore e latero-laterale).

La Rx può evidenziare presenza di pneumoperitoneo, devia-zione della normale posizione dei visceri causata da emato-mi, oltre che la presenza di corpi estranei endoperitoneali (proiettili o loro frammenti). Il posizionamento di marker radio-opachi in corrispondenza dei tramiti delle ferite con-sente di intuire quali strutture endocavitarie potrebbero essere state lese, anche se non è prudente estrapolare il tragitto del proiettile tracciando una linea retta tra i marker in corrispondenza dei fori di ingresso e di uscita o fra essi e il corpo estraneo [8].

tomografia computerizzataPer lo studio dell’addome la TC dev’essere condotta dalla sommità del diaframma sino alla sinfisi pubica [5], previo posizionamento di sondino gastrico e catetere vescicale, che viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione e lo spessore degli strati è funzione della tecnologia a di-sposizione e delle finalità dello studio (vedi Capitolo 4); mediamente vengono eseguiti strati di 3 mm ricostruiti a 2,5. Vengono proposti dalla maggioranza degli Autori tre passaggi: diretto (senza mdc), a 30 secondi (fase arteriosa) e a 75 secondi (fase venosa o parenchimale) dall’infusione del mdc. Nel sospetto di lesioni della via urinaria possono essere utili pose ultra tardive dopo qualche minuto dall’in-fusione. Quasi sempre è opportuno estendere la TC con mdc dell’addome anche al torace (TC del tronco o giugulo-pube) in quanto l’applicazione di energia in caso di trauma addominale interessa contemporaneamente tutte le strutture del tronco. La TC può essere eseguita anche con mdc in-trodotto per via vescicale, gastrica e rettale per aumentare la sensibilità per lesioni coinvolgenti i visceri cavi [6]. La sensibilità e la specificità della TC con mdc sono in continuo aumento; grazie alla disponibilità di apparecchiature sempre più sofisticate, la percentuale dei falsi negativi per lesioni dei visceri cavi e del diaframma è sempre più bassa. L’indagine è estremamente accurata nel riconoscere lesioni addominali sia a livello peritoneale sia retroperitoneale, nonché nell’evi-denziare focolai attivi di sanguinamento.

angiografiaL’angiografia nel trauma addominale viene eseguita per puntura delle arterie femorali con inserimento di cateteri

tabella 10.2

Esame positivo Esame negativo

Aspirazione di 10 o più mL di sangue o materiale enterico o dopo lavaggio:• GR>100.000/mm3

• GB>500/mm3

• Amilasi>175 U/mm3

• Batteri(colorazioneGram)• Fibrealimentari

Mancata aspirazione di sangue o materiale enterico o dopo lavaggio:• GR<50.000/mm3

• GB<100/mm3

• Amilasi<75 U/mm3

• Assenzadibatteriefibrealimentari

tabella 10.1

Sensibilità Specificità Valore predittivo positivo Valore predittivo negativo

DPL 91,93% 97,19% 93,42% 97,17

FAST 92,2% 98,1% 92% 98%

TC 98,8% 100% 100% 96,6%

Page 3: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

207

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

telescopici che consentono incannulamenti selettivi e su-perselettivi [9]. Dopo infusione di mdc, vengono registrate sequenze preordinate di immagini per cogliere sia le fasi precoci sia quelle tardive di passaggio nei vasi. Oltre al ruolo diagnostico, l’angiografia offre potenzialità di trattamento mediante embolizzazione dei focolai emorragici. L’emboliz-zazione di vasi sanguinanti può essere temporanea quando vengono usati materiali (gelfoam) che vanno incontro a lisi nel volgere di 48 ore, o definitiva se vengono impiegati strumenti come le spirali metalliche che determinano una coagulazione irreversibile del vaso.

L’angiografia nel trauma addominale è indicata in pre-senza di sanguinamento attivo alla TC con mdc in pazienti emodinamicamente stabili o stabilizzati. La conferma di sanguinamento arterioso rappresenta indicazione all’em-bolizzazione il cui impiego ha elevato la percentuale di successo della gestione conservativa (NOM, Non Operative Management) di molte lesioni parenchimali. Fanno ecce-zione le emorragie da vasi arteriosi del meso di visceri cavi in cui è per lo più indicato un intervento chirurgico, sia perché sono spesso associate a lesioni delle anse intestinali, sia perché una procedura di embolizzazione esporrebbe al rischio di ischemia e necrosi dell’ansa.

Percorso neL Paziente con emodinamica stabiLe o stabiLizzabiLe

trauma chiusoA seguito delle valutazioni di primo livello vengono esegui-te l’Rx torace e bacino e l’E-FAST. In presenza di alterazione dell’ esame clinico o di frattura di bacino, delle ultime sei coste, di colonna, di E-FAST positiva o di incremento delle transaminasi o delle amilasi è necessario eseguire un approfondimento diagnostico mediante TC con mdc da estendere anche al torace, data l’elevata percentuale di le-sioni associate nei due distretti. In funzione dell’esito della TC, l’iter successivo può prevedere l’intervento chirurgico, procedure di radiologia interventistica o l’osservazione e la ripetizione a distanza di 4-6 ore delle indagini di primo livello.

Se le indagini di primo livello sono negative e persiste la stabilità emodinamica, può non essere necessario il ricorso a indagini di secondo livello; il paziente dev’essere osservato per 4-6 ore e poi si ripetono valutazione clinica, rx torace, E-FAST, esami del sangue. Se, in corso di rivalutazione, si manifesta una positività dei segni clinici o strumentali, è imperativo eseguire una TC con mezzo di contrasto per approfondire la valutazione diagnostica.

Secondo recenti studi, nei pazienti stabili la TC total body può essere sostitutiva delle indagini di primo livello, es-sendo dimostrata una sua superiore sensibilità rispetto alle Rx standard e E-FAST per la valutazione delle lesioni

traumatiche di torace, addome, bacino e rachide. Ma, poi-ché la TC determina un’esposizione circa 10 volte superiore rispetto alle indagini standard, il suo utilizzo come primo e unico accertamento è da riservare a pazienti con sicura evidenza di trauma multi-distrettuale ed emodinamicamen-te stabili. Nel paziente in coma è sempre indicata una TC total body, acquisendo dapprima le scansioni cerebrali e del rachide cervicale senza mdc e procedendo successivamente alle scansioni toraco-addominali con mdc. In presenza di trauma cranico severo, le lesioni intraddominali a ri-schio di sanguinamento per le quali è stato impostato un NOM devono essere attentamente monitorizzate al fine di evitare la genesi di danno cerebrale secondario indotto da un’eventuale ipotensione.

trauma penetranteIn presenza di lesioni penetranti con tramiti anteriori o laterali e senza eviscerazione, si procede all’esecuzione di E-FAST ed Rx addome con le modalità definite in precedenza; l’iter successivo si basa sull’esito di tali accertamenti e può variare a seconda che si tratti di una ferita da arma bianca (FAB) o da arma da fuoco (FAF). Nelle FAB, se l’esito degli accertamenti di primo livello è negativo per aria libera e versamento endoaddominale, è indicata la valutazione in anestesia locale della ferita. Se non è stata superata la fascia anteriore si sutura la ferita e dopo qualche ora di os-servazione il paziente può essere dimesso. In caso contrario, va eseguita una laparoscopia diagnostica per verificare se la lesione è penetrata in peritoneo. Se l’esame è positivo si converte in laparotomia (o si prosegue in laparosocopia se l’operatore è esperto) per la ricerca e l’eventuale riparazione di lesioni endoaddominali. In alternativa, la TC con triplo contrasto (endovenoso, rettale, gastrico) è utile a escludere la penetrazione e le altre problematiche che richiedono un trattamento chirurgico obbligatorio (lesioni dei visceri cavi, sanguinamenti dai mesi) e nell’indicare lesioni paren-chimali trattabili per via conservativa o angiografica. Nelle FAF, per l’elevata associazione con lesioni endoperitoneali, è indicata sempre la laparotomia (tranne nelle ferite “a setone” della parete in cui la TC può escludere la pene-trazione nel cavo).

In tutti i casi di FAF o FAB a livello degli ipocondri è indispensabile escludere la presenza di lesioni diafram-matiche effettuando, se non sussistono indicazioni per un’immediata laparotomia, una valutazione laparoscopica dell’emidiaframma, ovvero toracoscopica se è già inserito un drenaggio pleurico.

Frequentemente, nelle ferite con tramite del fianco o posteriore (sia FAB sia FAF) il tragitto non interessa orga-ni interni per il notevole spessore della parete muscolo-fasciale. Per tali ragioni è sempre indicato nel paziente stabile eseguire una TC con triplo contrasto e procedere alla laparotomia solo in caso di positività dell’esame per lesioni chirurgiche, o ad angiografia in caso di sanguina-menti parenchimali trattabili con tale tecnica. Nei tramiti,

Page 4: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

208

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

per i quali vi è un elevato rischio di interessamento dell’ap-parato urinario, si aggiunge una scansione con ulteriore ritardo a 5 minuti per consentire l’opacizzazione delle vie escretrici.

Percorso neL Paziente con emodinamica instabiLe

In caso di instabilità emodinamica è necessario limitare la valutazione dell’addome alle sole indagini di primo livello e far seguire, in caso di positività dell’E-FAST, una laparotomia d’urgenza. Nel trauma chiuso dev’essere valutata la contem-poranea presenza di una frattura della pelvi che possa essere responsabile o contribuire alla instabilità emodinamica. In presenza di frattura di bacino, trauma addominale e instabi-lità emodinamica, la corretta interpretazione dell’E-FAST è indispensabile per evitare laparotomie in bianco. In questi casi si considera positiva per lesione intraddominale si-gnificativa quale causa di instabilità emodinamica (e quindi indicativa per una laparotomia esplorativa) un’E-FAST che dimostri versamento peritoneale con spessore superiore a 1 cm in un quadrante o presente in due o più quadranti. Il completamento diagnostico mediante TC viene postici-pato al termine dell’intervento chirurgico, dopo l’avvenuta stabilizzazione delle funzioni vitali. Un caso particolare è rappresentato dal paziente con trauma addominale, emodi-namica instabile e trauma cranico severo con segni di lato. In questa circostanza è opportuno acquisire se possibile, prima dell’intervento chirurgico addominale, almeno una TC cerebrale senza mdc per evidenziare lesioni traumatiche potenzialmente evolutive che potrebbero richiedere una decompressione cranica d’urgenza contemporanea all’in-tervento addominale.

indicazioni alla laparotomia

Il paziente traumatizzato, di norma, costituisce un’entità complessa, per il quale la decisione di procedere all’intervento chirurgico può non essere facile da attuare, in particolare in presenza di lesioni multidistrettuali (per esempio trauma cranico concomitante a trauma addominale). Un eventuale ritardo nel porre indicazione alla laparotomia può essere gravato da importante morbilità così come effettuare laparo-tomie negative può non essere scevro da rischi per il paziente [10]. In generale, le indicazioni assolute alla laparotomia, indipendentemente dal meccanismo di trauma, penetrante o chiuso, sono rappresentate dall’instabilità emodinamica da causa addominale e dal peritonismo. Una terza indicazione, con valore relativo, è l’impossibilità di valutare in maniera attendibile un paziente con trauma penetrante dell’addo-me e violazione del peritoneo o un paziente con trauma addominale chiuso e lesione intraddominale (per esempio

evidente all’ecografia) che necessiti di correzione di lesioni extraddominali (per esempio lesione cranica, midollare, scheletrica), senza strumenti per un approfondimento dia-gnostico sull’addome.

trauma Penetrante

Ferite da arma biancaNegli ultimi trent’anni, la gestione del paziente interessato da FAB si è radicalmente modificata. Numerosi studi [11,12] hanno dimostrato che l’indicazione alla laparotomia esplo-rativa a seguito di FAB della parete addominale anteriore può essere posta in maniera selettiva sulla scorta dell’esame obiettivo mentre le ferite del dorso richiedono intervento chirurgico solo nel 15% dei casi [13]. Reperti considera-ti in passato come indicazioni formali alla laparotomia esplorativa, quali la violazione del peritoneo, la presenza di sangue a seguito di DPL sono oggi dibattuti [14-18]. In genere, si procede alla laparotomia in caso di instabilità emodinamica con dimostrazione di liquido nel cavo, in presenza di aria libera e di eviscerazione di anse intestinali o omento. Le sole indicazioni condivise per la laparoscopia sono la valutazione di una probabile violazione del perito-neo nelle ferite della parete anteriore e l’identificazione di soluzioni di continuo del diaframma nelle ferite con tramite toraco-addominale, in particolare a sinistra, mentre non è a tutt’oggi considerata metodica standard per l’esplorazione dell’intestino mesenteriale e del colon [19].

Ferite da arma da fuocoDiversamente dalle FAB, per le FAF l’indicazione alla lapa-rotomia esplorativa è molto frequente dato che la quota di energia trasferita alle strutture corporee dai proiettili è più facilmente in grado di determinare violazione del peritoneo e causare, per effetto della cavitazione, lesioni difficilmente passibili di NOM [20], sebbene sia stato dimostrato che, in casi selezionati, FAF di organi paren-chimatosi (fegato, reni) nel paziente con emodinamica stabile possono essere trattate non operatoriamente [21]. In tale ambito, è di fondamentale importanza il ruolo della TC con mdc che consente di stabilire la traiettoria del proiettile, evidenziare lesioni associate e identificare focolai di sanguinamento attivo trattabili con angio-em-bolizzazione [22].

Una FAF addominale anteriore, a meno che non sia tan-genziale, è sempre un’indicazione alla laparotomia in quan-to l’associazione con lesioni degli organi endoperitoneali è elevatissima, tranne nel caso delle ferite del quadrante superiore destro: in tal caso, si può escludere con TC con triplo contrasto la presenza di lesioni dei visceri cavi e del diaframma e dimostrare lesioni parenchimali trattabili per via conservativa o angiografica.

Page 5: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

209

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

trauma chiuso

Nel paziente con trauma chiuso, l’indicazione alla la-parotomia è formale nel paziente con emodinamica instabile da causa intraddominale, come evidenziato dall’E-FAST [21],o in presenza di lesione di visceri cavi, del diaframma e del pancreas con sezione del dotto. Nel paziente stabile con obiettività clinica non dirimente o diagnostica di primo livello dubbia, è indispensabile eseguire una TC con mdc. La TC può indicare la neces-sità di una laparotomia per correggere una lesione di viscere cavo, di diaframma, di pancreas, oppure definire l’opportunità di intervenire su una lesione parenchimale, anche se emodinamicamente stabile, per i rischi impliciti di un NOM (per grado di lesione, per logistica, per lesione endocranica associata) [23].

Laparoscopia nel trauma

Nonostrante la laparoscopia offra il vantaggio di tempi più rapidi di ripresa e di una bassa morbilità, la sua ap-plicazione nel traumatizzato è per oggi limitata ad alcuni casi selezionati, per varie ragioni:

• i tempi operatori sono prolungati;• il planning preoperatorio non è sovente possibile in

urgenza;• è difficile prevedere il tipo di intervento da eseguire e

lo strumentario da utilizzare;• la tipologia di traumatizzati che possono beneficiare di

un approccio laparoscopico è esigua;• la laparoscopia è difficile in presenza di compromis-

sione dei parametri vitali e della riserva fisiologica.

Nonostante tali limiti, chirurghi addestrati riescono ad ap-plicare la laparoscopia per la valutazione del trauma addomi-nale in percentuali elevate di pazienti [24,25]. L’applicazione di tale tecnologia sembra favorevole nel trauma penetrante [26] e nel trauma pediatrico [27], sia con un significato dia-gnostico sia con un ruolo terapeutico.

LaParoscoPia diagnostica

Nei pazienti interessati da FAB della parete addominale anteriore, la violazione del peritoneo da parte del fendente può essere difficile da identificare con la diagnostica tra-dizionale. In tale ambito, è stato dimostrato che la laparo-scopia ha un’accuratezza elevata [28], offre la possibilità di identificare eventuali lesioni intraperitoneali e consente di ridurre la quota di laparotomie in bianco e le complicanze a essa associate dal 22 al 3% dei casi [29].

La laparoscopia si rivela estremamente utile nell’esplorare il diaframma, in particolare a sinistra, evitando laparotomie

non necessarie in caso di integrità della struttura. L’ap-plicazione della metodica è particolarmente indicata nel paziente con emodinamica stabile e FAB con tramite toraco-addominale [30].

È stata descritta l’applicazione della finestra pericardica laparoscopica in pazienti stabili, interessati da FAB in epiga-strio, attraverso la quale effettuare la valutazione sia del pericardio sia del cavo addominale [31]. Tuttavia, si deve ricordare il rischio di embolia gassosa in caso di disconti-nuazione del pericardio e delle camere cardiache a bassa pressione.

In caso di violazione del peritoneo la laparoscopia con-sente di identificare lesioni di fegato e milza. In mani esper-te possono essere identificate anche lesioni dell’intestino mesenteriale anche se la maggior parte dei chirurghi del trauma non ha l’esperienza laparoscopica necessaria per un’accurata valutazione del piccolo intestino e la quota riportata in letteratura per lesioni enteriche misconosciute è dell’82% [32].

Nei pazienti emodinamicamente stabili interessati da trauma chiuso, la TC può evidenziare liquido libero in-traddominale in assenza di lesioni parenchimali. Tale versamento potrebbe essere ematico, enterico, urinoso oppure sieroso conseguente alla rianimazione volemi-ca. La laparoscopia può essere effettuata per prelevare un campione del liquido per analisi chimico-fisica e per la ricerca di lesioni d’organo, guidando l’indicazione alla laparotomia.

LaParoscoPia teraPeutica

L’utilizzo della metodica a scopo terapeutico è controversa poiché la riparazione delle lesioni richiede generalmente abilità tecniche avanzate.

L’applicazione più frequente della laparoscopia è per la riparazione di piccoli difetti del diaframma [33]. Esistono inoltre serie limitate di casi in cui la laparoscopia è stata utilizzata per la correzione di lesioni minori di pancreas [34], tratto gastroenterico [35] e vescica [37]. L’utilizzo della metodica per il trattamento di lesioni epatiche e spleniche si limita all’applicazione di mezzi emostatici topici per il controllo dell’emorragia in superficie [38]. L’irrigazione del cavo peritoneale, consentendo la rimo-zione di sangue e bile, riduce la risposta infiammatoria diminuendo l’incidenza di ileo paretico postoperatorio [39]. È possibile, inoltre, posizionare in laparoscopia drenaggi aspirativi.

In assenza di contaminazione del cavo da parte di mate-riale enterico, il sangue aspirato per via laparoscopica può essere utilizzato per l’autotrasfusione [40].

In alcune piccole serie di pazienti è descritto l’utilizzo della laparoscopia per il confezionamento di colostomie in caso di lesioni penetranti del retto extraperitoneale [41]. In tali pazienti, in assenza di lesioni intraperitoneali associate, la

Page 6: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

210

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

mobilizzazione dell’intestino può essere effettuata laparo-scopicamente con sufficiente agio.

controindicazioniL’instabilità emodinamica, a causa della rapidità richiesta per il controllo dell’emorragia [42], e il trauma cranico severo, costituiscono controindicazione assoluta alla laparoscopia. Nel paziente con grave trauma cranico, l’insufflazione del peritoneo con CO2 comporta un riassorbimento di tale gas che, unitamente al ridotto ritorno venoso dovuto all’aumento della pressione intraddominale, determina per vasodilatazio-ne un aumento della pressione intracranica (ICP, Intracranial Pressure) come dimostrato in modelli animali [42] e in case report [43].

Le controindicazioni relative sono rappresentate dal trau-ma toracico con grave contusione polmonare (nei pazienti che richiedono elevate pressioni di fine espirazione a causa di una compliance polmonare ridotta, lo pneumoperitoneo può diminuire significativamente la capacità funzionale residua), da lesioni multiorgano (per i tempi chirurgici prolungati necessari alla riparazione delle lesioni) e da eviscerazione di omento o intestinale.

complicanzeLe complicanze generali hanno un’incidenza complessiva dell’1% e sono rappresentate da infezioni di ferita, laparo-celi in corrispondenza delle porte dei trocar e lesioni iatro-gene. Lo pneumotorace iperteso rappresenta la complicanza specifica più frequente a seguito di laparoscopia nel trauma [44] ed è conseguente all’aumento della pressione nel cavo toracico dovuta all’insufflazione della cavità addominale in presenza di una soluzione di continuo nel diaframma. Un fenomeno analogo può verificarsi in presenza di una discontinuazione del pericardio, con la comparsa di pneu-mopericardio [45]; in un caso l’immediata evacuazione dello pneumoperitoneo in genere corregge la situazione, nell’altro occorre eseguire una finestra pericardica tran-sdiaframmatica.

L’incidenza di lesioni misconosciute a seguito dell’ap-plicazione della laparoscopia nel trauma è simile per traumi chiusi e penetranti e in letteratura viene riportata come variabile tra l’1 [46] e il 77% [47]; la spiegazione di que-sta ampia diversità dipende probabilmente dalla diversa abilità laparoscopica dei chirurghi nelle varie casistiche. La maggior parte delle lesioni misconosciute riguarda le anse intestinali o il retroperitoneo, che è difficilmente accessibile in laparoscopia.

Non sono descritti casi di embolia gassosa in pazienti traumatizzati sottoposti a laparoscopia, tuttavia il ri-schio di tale complicanza dev’essere tenuto presente soprattutto in presenza di potenziali lesioni venose e cardiache [48]. Nel sospetto di embolia, la procedura dev’essere immediatamente interrotta e lo pneumope-ritoneo evacuato.

Laparotomia damage control

La Damage Control Laparotomy (DCL) è una strategia chi-rurgica diffusamente accettata che si applica ai pazienti con grave compromissione della riserva fisiologica indotta dall’evento traumatico [49]. L’attuazione tempestiva delle tecniche damage control consente un miglioramento della sopravvivenza sino al 90%, rispetto al 58% osservato nei pazienti non trattati secondo tale metodica a parità di com-promissione dei parametri vitali [50,51]. Il razionale della strategia è di controllare rapidamente le condizioni a ri-schio per la sopravvivenza, recuperare la riserva funziona-le del paziente e rimandare a un momento successivo la correzione definitiva delle lesioni [52]. Congiuntamente all’atto chirurgico, la strategia damage control prevede anche una rapida correzione della volemia e della coagulopatia mediante l’applicazione di protocolli di trasfusione massiva (MTP) [53] in una visione più ampia di Damage Control Resuscitation (DCR) [54,55]. La decisione di applicare le tecniche di damage control dev’essere presa precocemente durante la gestione del paziente. Le indicazioni a tale trat-tamento sono elencate in Tabella 10.3.

La strategia si articola in quattro fasi successive.Fase 0: detta anche ground zero, è la fase di soccorso

preospedaliero e di rianimazione in SR; il riconoscimento delle sedi di emorragia dev’essere effettuato mediante sole indagini diagnostiche di primo livello in tempi inferiori a 20 minuti [55].

Fase 1: è la fase chirurgica, consistente in una laparo-tomia abbreviata, di durata non superiore ai 60 minuti, durante la quale si esegue solamente il controllo dei fo-colai di sanguinamento e di contaminazione del cavo addominale. L’accesso al cavo addominale avviene attraverso un’incisione mediana xifo-pubica (xifo-sottombelicale se concomita una frattura complessa di bacino). Dopo aver

tabella 10.3 indicazioni alla strategia damage control

1. Instabilitàemodinamica 2. Coagulopatia all’ingresso o durante l’intervento 3. Graveacidosimetabolica(pH<7,2;BE>–6) 4. Temperatura centrale <36 oC 5. Tempichirurgiciprevistiperlariparazionedefinitiva

>90 min 6. Traumi del torso ad alta energia 7. Feritepenetrantimultipledeltorso 8. Multiple lesioni viscerali associate a lesioni vascolari

maggiori 9. Lesioni multidistrettuali10. Fabbisognotrasfusionale>10unità11. Lesionitrattabilipiùefficacementeconaltre

metodiche(peresempioangiografia)

Page 7: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

211

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

rimosso sangue e coaguli il minimo necessario si pratica il packing addominale dei tre quadranti (superiore sini-stro, superiore destro, pelvico) e delle logge paracoliche con successiva chiusura rapida della cute e si attende la normalizzazione emodinamica. Se il recupero non è sod-disfacente si può clampare l’aorta sottodiaframmatica o toracica mediante toracotomia sinistra. Successivamente, si procede alla riesplorazione del cavo, si posizionano i divaricatori, si recupera il sangue residuo e si rimuove il packing a partire dal settore con minori probabilità di lesioni. Il trattamento delle lesioni parenchimali prevede l’asportazione degli organi non vitali (per esempio milza, un rene) e la correzione delle lesioni di organi vitali con emostasi diretta e asportazione parziale con successivo packing (per esempio fegato, rene unico). Le lacerazioni intestinali vengono controllate mediante resezione con stapler senza confezionamento di anastomosi o stomie. Le lesioni vascolari vengono trattate mediante legatura o, dove ciò non sia possibile, con posizionamento di shunt temporanei [56,57]. L’intervento si conclude con la chiu-sura temporanea della parete addominale (chiusura della sola cute, apposizione di materiale sintetico) al fine di prevenire l’insorgenza della sindrome compartimentale ad-dominale (SCA) [58,59]. Al termine della DCL, a paziente con parametri stabilizzati, è indicata l’esecuzione di una TC con mdc per evidenziare focolai residui di emorragia eventualmente passibili di trattamento angiografico [60].

Fase 2: è la fase di recupero della riserva fisiologica del paziente, da effettuarsi in terapia intensiva. Gli obiettivi da raggiungere in questa fase sono la correzione dell’ipo-termia (core T >37 oC), il ripristino di una normale perfu-sione tissutale (lattati <2 mMol/L) e di valori adeguati di emoglobina (Hb >7 g/dL, Hb >9 g/dL se trauma cranico associato), la ripresa di un normale profilo coagulativo (INR<1,5, piastrine >50.000 × 109, fibrinogeno >150 g/dL) e il mantenimento di una pressione intraddominale infe-riore a 25 mmHg per prevenire la SCA. Può succedere che durante questa fase sia necessario procedere a un reinterven-to per la persistenza di emorragia (necessità di trasfondere più di 2 unità per ora) o comparsa di SCA.

Fase 3: è il momento in cui si procede al trattamento definitivo delle lesioni. Deve avvenire entro 48 ore dal-l’intervento iniziale, una volta corrette le alterazioni meta-boliche e recuperata la riserva fisiologica. In questa fase si procede al depacking definitivo e all’esplorazione completa del cavo addominale. Vengono controllate emorragie residue a carico degli organi parenchimatosi, si procede al debridment di settori devascolarizzati e si confezionano le anastomosi per il ripristino della continuità intestinale. Le lesioni vascolari trattate con shunt temporanei in Fase 1 vengono corrette con shunt definitivi o by-pass. È buona regola posizionare in questo momento del trattamento dispositivi per la NE (nutrizione enterale), preferendo i sondini naso-digiunali ed evitando il confezionamento di digiunostomie per ridurre i rischi di complicanze. Al termine della laparotomia la parete addominale viene chiusa in maniera tradizionale o con di-

spositivi temporanei in caso di ipertensione addominale [61]. Dev’essere infine eseguita una Rx dell’addome per do-cumentare l’assenza di garze o compresse laparotomiche residue in cavità.

complicanzeLe complicanze della DCL sono legate all’evoluzione di lesioni non riconosciute durante la laparotomia ab-breviata [58] e a complicanze settiche. La condizione più frequente è il risanguinamento da organi parenchimali, che determina reinterventi non programmati. Le infezioni possono insorgere in conseguenza di lesioni intestinali non riconosciute e non corrette inizialmente (specie in presenza di traumi penetranti). Si osserva inoltre la pos-sibilità di comparsa di ascessi intraddominali con percen-tuali tra il 10 e il 70%, verosimilmente correlati alla durata del packing [62,63] (contaminazione peritoneale in oltre l’80% dei pazienti con packing in sede oltre 48 ore).

sindrome compartimentale addominale

La sindrome compartimentale è una condizione in cui l’au-mento della pressione in uno spazio anatomico confinato ne danneggia la circolazione, compromettendo la funzione e la vitalità degli organi in esso contenuti [64]. La sindrome compartimentale addominale (SCA) identifica l’insieme delle alterazioni fisiopatologiche indotte da un incremento della pressione intraddominale (IAP) a carico del sistema cardiovascolare, respiratorio e della perfusione renale, splan-cnica e cerebrale, indipendentemente dalla sua eziologia che può essere multifattoriale. In generale, le condizioni predisponenti all’ipertensione del cavo addominale, poten-zialmente evolutiva verso una sindrome compartimentale, sono descritte in Tabella 10.4; il valore di IAP considerato normale è di 5-7 mmHg [66]. Si definisce ipertensione intra-addominale (IAH; Intra Abdominal Hypertension) l’incremen-to cronico evidenziato in seguito a ripetute misurazioni del valore di IAP superiore a 12 mmHg.

L’IAH è classificata in quattro gradi livelli in funzione del livello di pressione:

I grado: 12-15 mmHg;II grado: 16-20 mmHg;III grado 21-25 mmHg;IV grado >25 mmHg.

La SCA è definita da valori di IAP persistentemente supe-riori a 20 mmHg, associati ad almeno una disfunzione d’organo di nuova insorgenza. Tra i parametri utilizzati per monitorizzare il grado di IAH e ottimizzarne il trat-tamento, la pressione di perfusione addominale (APP), definita come la pressione arteriosa media meno la IAP, sembra essere un indice affidabile che riflette non soltanto

Page 8: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

212

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

la gravità dell’ipertensione, ma anche l’adeguatezza della perfusione splancnica. Il valore ottimale della APP do-vrebbe essere superiore a 60 mmHg [67]. L’incidenza di IAH e SCA nelle diverse tipologie di pazienti è descritta in Tabella 10.5 [68-71] In particolare, l’evoluzione verso la SCA si riscontra nel 2% di tutti i traumi, nel 14% dei traumi maggiori del torso e nel 40% dei pazienti sottoposti a procedure damage control [72].

ezioLogia

Quando l’aumento della IAP si realizza in modo cronico, in giorni o mesi (per esempio obesità, ascite, masse tumorali intraddominali, gravidanza), l’organismo vi si adatta pro-gressivamente con meccanismi di compenso emodinamico, respiratorio e di compliance della parete addominale. Diver-samente, un incremento acuto (in minuti o ore) della IAP, non consentendo gli adattamenti della parete addominale, determina una ipertensione acuta del cavo con la progres-sione verso un quadro di SCA.

Secondo quanto definito dalla consensus della World Society of Abdominal Compartment Syndrome (WSACS), la SCA viene distinta in base all’eziologia in:

• SCA primaria: conseguente a patologia degli organi intraddominali o retroperitoneali (traumi, rottura di aneurismi, pancreatiti severe, occlusione intestinale);

• SCA secondaria: dovuta all’accumulo di liquidi nel “terzo spazio” con conseguente edema viscerale, retroperito-neale e ascite, in assenza di cause endoaddominali;

• SCA terziaria: recidiva di una condizione di SCA dopo trattamento medico o chirurgico di una SCA primaria o secondaria.

tabella 10.5 incidenza di ipertensione intraddominale e sca nelle diverse tipologie di pazienti

IAH (%) SCA (%)

Chirurgia addominale maggiore ND 33-41

Trapiantodifegato ND 31

Trauma maggiore 50 13-36

Paziente in Terapia Intensiva 30-54 5-12

Shock settico 51-76 33

Pancreatite acuta severa 59-84 25-56

tabella 10.4 Fattori di rischio per l’insorgenza della sindrome compartimentale addominale

Tipo SCA Fattori di rischio in emergenza OR Fattori di rischio in terapia intensiva OR

Tutte Cristalloidi >3L 23 GApCO2 >16 >999,9

PAS <86mmHg 4,9 Cristalloidi >7,5 L/24 ore 166,2

UO<150 mL/24 ore 89,8

Hb<8 g/dL 252,5

CI <2,6 L/min/m2 12,5

SCA primaria IngressoinSO<75 min 102,7 GApCO2 >16 54,3

Cristalloidi >3L 69,8 Temperatura <34 ˚C 22,9

Hb<8 g/dL 206,1

BE>–12 mEq/L 3,5

SCA secondaria Cristalloidi >3L 15,8 GApCO2 >16 >999,9

Chirurgia non urgente 0,3 Cristalloidi >7,5 L/24h 38,7

GRC>3 U 5,6 UO<150 mL/24 ore 64,1

OR:Odds Ratio;GApCO2:pressioneparzialediCO2dellamucosagastrica;SO:salaoperatoria;UO:outputurinario;CI:indicecardiaco; GRC: globulirossiconcentrati.(Modificata da: Malbrain MLNG, Cheatham ML, Kirkpatrick A et al. Results from the International Conference of experts on intra-abdominal hypertension and abdominal compartment syndrome. I. Definitions. Intensive Care Med 2006;32:1722-32)

Page 9: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

213

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

La progressione dell’IAH verso una SCA è un processo continuo in funzione dell’eziologia, delle comorbilità del paziente e della risposta fisiopatologica dell’organismo alla IAH (Tab. 10.6). La conoscenza di tutti questi elementi è essenziale per mettere in atto le misure di prevenzione e trattamento della sindrome.

FisioPatoLogia

Le conseguenze della IAH interessano tutti gli apparati e sono reversibili se tempestivamente trattate [73].

reneL’effetto principale della SCA a carico dell’apparato escretore è l’oliguria, già evidente per valori di IAP di 15-20 mmHg,

che può progredire in anuria per valori pressori più elevati (>30 mmHg). Le cause dell’insufficienza renale vanno dalla ridotta perfusione all’incremento delle resistenze renali e al-l’increzione di ormone antidiuretico e aldosterone [74,75].

Il trattamento dell’insufficienza renale in corso di IAH non beneficia dell’espansione volemica né dell’utilizzo di farmaci dopaminergici o diuretici d’ansa [76].

PolmoneL’insufficienza respiratoria in corso di SCA è una condi-zione di Acute Lung Injury (ALI) da causa extrapolmonare [77]. Le alterazioni respiratorie sono dovute alla soprae-levazione bilaterale degli emidiaframmi conseguente all’aumento della IAP, all’aumento della pressione in-tratoracica [78] e alla diminuzione della compliance [79] con aumento delle pressioni inspiratorie e riduzione del volume residuo.

tabella 10.6 condizioni favorenti lo sviluppo di ipertensione addominale e sca

Ridotta compliance di parete addominale

• Ventilazionemeccanica• Utilizzodellapressionepositivadifineespirazione(PEEP)opresenza di auto-PEEP• Polmonite• ElevatoBMI• Pneumoperitoneo• Chirurgiaaddominale• Posizioneprona• Sanguinamentodipareteoematomidelmuscolo retto• Correzionedivoluminoseernie,gastroschisi,onfaloceli• Ustioniconescareaddominali

Aumento del contenuto intraluminale

• Gastroparesi• Distensionegastrica• Ileodinamicoomeccanico• Volvolo• Pseudoostruzionecolica(sindrome diOgilvie)• Nutrizioneenterale

Aumento del contenuto intraddominale /retroperitoneale

• Ascite(insufficienzaepatica,scompenso)• Infezioniintraddominali(pancreatiti,peritoniti,ascessi)• Emoperitoneo, packing intraperitoneale• Pneumoperitoneo• Laparoscopia• Dialisiperitoneale• Neoplasiaintra/retroperitoneale• Ematomaretroperitoneale, packing extraperitoneale• Gravidanza

Aumento della permeabilità capillare e rianimazione volemica

• Acidosi(pH<7,2)• Ipotermia(temperaturainterna<33°C)• Coagulopatia(PLT<50.000 mm3,INR>1,5, PTT <50%, APTT >2 volte il normale)• Trasfusionemassiva(>10GRC/24ore)• Sepsi,sepsisevera,shocksettico• Infusionemassivadiliquidi(>10 L cristalloidi/24 ore con capillary leak

ebilanciopositivo)• Grandiustioni

Page 10: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

214

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

A causa dell’incremento della pressione intratoracica si registra inoltre un aumento delle pressioni venosa cen-trale e capillare polmonare, che unitamente alla compres-sione diretta del parenchima polmonare e alla ridotta com-pliance ventricolare, favorisce l’insorgenza di ipertensione polmonare [80]. L’effetto dell’IAH sulla compressione del parenchima è maggiore in caso di shock emorragico o ipotensione.

apparato cardiovascolarePer effetto della IAP si verifica:

• riduzione della gittata cardiaca [81,82] dovuta a dimi-nuito precarico (conseguente a ridotto flusso nella vena cava inferiore e nelle vene retroperitoneali [83]);

• riduzione dello stroke volume (per ridotta compliance cardiaca e diminuito riempimento telediastolico ven-tricolare [84]);

• incremento del post-carico (indotto dall’aumento delle resistenze vascolari polmonari e sistemiche, favorito dalla diminuzione relativa del volume circolante effet-tivo e dall’increzione di amine e sostanze vasopressorie da parte dell’encefalo [85]).

Gli effetti cardiovascolari della IAP sono aggravati dall’ipo-volemia e da un aumento della PEEP, mentre l’espansione della volemia ha un effetto protettivo temporaneo [86].

Fegato e distretto splancnicoIncrementi anche modesti della IAP determinano una ridu-zione del flusso dell’arteria epatica, della vena porta e della microcircolazione splancnica [87]. Anche per valori di IAP di 15 mmHg è rilevabile una significativa ipoperfusione splancnica, indipendente da eventuali modificazioni della funzione cardiaca o da variazioni pressorie. La riduzione del flusso a livello gastroenterico è associata a un aumento della traslocazione batterica e al rilascio di citochine da parte dell’intestino [88]. È stato ipotizzato un possibile ruolo di tali fenomeni nella comparsa di complicanze settiche o di risposta infiammatoria sistemica (SIRS) in caso di SCA protratta.

sistema nervoso centraleÈ stata dimostrata, sia in modelli animali che nell’uomo, una stretta correlazione fra aumento della IAP e della ICP [89]. L’aumento della pressione intratoracica conseguente all’incremento della IAP induce un innalzamento della pressione venosa giugulare e quindi della ICP. Questo de-termina un incremento delle resistenze vascolari indotto da sostanze vasoattive liberate dall’encefalo al fine di elevare la pressione sistemica media e mantenere costante la pres-sione di perfusione cerebrale (CPP) [90,91]. A causa di tali interazioni, nel paziente con trauma cranico e addominale l’aumento della IAP va considerato come causa addizionale

(extracranica) di aumento di ICP; il monitoraggio della IAP è pertanto indispensabile.

Parete addominaleL’aumento della IAP condiziona l’ipoperfusione della parete addominale per compressione diretta, indipendentemente da variazione dei valori di pressione arteriosa, con conseguente formazione di aree di ischemia. Tale fenomeno è alla base di un aumento, in corso di SCA, delle complicanze a carico delle ferite (infezioni, laparoceli, deiscenze) [92].

sindrome da disfunzione multiorganoÈ dimostrato che la SCA rappresenta un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di MODS (Multiple Organ Dysfunction Syndrome), per la già ricordata produzione di citochine in sede splancnica e per l’aumentata traslocazione batterica. Inoltre, un aumento della IAP è di per se stesso uno stimolo all’attivazione dei neutrofili con liberazione di citochine [93]. Questo fenomeno renderebbe il paziente con SCA soggetto a rischio di MODS anche dopo la decompres-sione dell’addome e renderebbe ragione del ruolo della SCA nell’evoluzione di quadri di MOF (Multiple Organ Failure). In tal senso, l’ipertensione del cavo addominale agirebbe come second-hit nel favorire l’insorgenza della MOF [94].

diagnosi e trattamento medico

In funzione della situazione clinica, i segni di SCA possono essere subdoli o eclatanti, richiedendo pertanto un elevato indice di sospetto. Nel paziente con ipertensione endoaddo-minale rapidamente evolutiva verso la SCA, le prime manife-stazioni cliniche sono rappresentate da oliguria, insufficienza respiratoria caratterizzata da ridotta compliance polmonare e, nel paziente ventilato, aumento delle pressioni di picco re-spiratorio. Di seguito sono descritti i quattro principi generali per un trattamento adeguato della IAH/SCA [95].

monitoraggio della iaPL’esame obiettivo può essere scarsamente significativo, per-tanto l’unica metodica affidabile è la misurazione della IAP [96]. Normalmente, nel paziente in respiro spontaneo la IAP eguaglia la pressione atmosferica o subatmosferica, con valori medi di 6,5 mmHg. Essa varia in funzione del ciclo respiratorio, aumentando durante l’inspirazione per effetto dalla contrazione del diaframma e diminuendo durante l’espirazione. Nei pazienti sottoposti a ventilazione a pres-sione positiva la IAP è sovrapponibile ai valori di pressione di fine espirazione. Inoltre, i valori di IAP variano in funzione del BMI (Body Mass Index): i pazienti con BMI elevato hanno

Page 11: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

215

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

valori di IAP più alti. La rilevazione dev’essere ottenuta con il paziente in posizione supina. Nel paziente pediatrico di peso inferiore a 40 kg, i valori normali di IAP sono 3-5 mmHg, la soglia di ipertensione è pari a 9 mmHg e il valore che identifica una SCA è di 16 mmHg. Nel paziente sveglio dev’essere evitata la contrazione muscolare volontaria, come accade per esempio nel paziente broncopneumopatico che a fine espirazione sviluppa il fenomeno dell’auto-PEEP. In tali circostanze dev’essere somministrata un’analgesia adeguata, soprattutto se le misurazioni vengono effettuate nel periodo postoperatorio [97]. Le metodiche di misurazione della IAP sono storicamente numerose (catetere peritoneale, sonda ga-strica, catetere in cava inferiore), ma l’unica oggi impiegata è la rilevazione della pressione intravescicale [98]. In pratica, a paziente supino, collegando un catetere di Foley a un tra-sduttore o a un manometro ad acqua, la lettura del valore di IAP viene effettuato dopo aver instillato in vescica 25 mL di SF; lo zero per il trasduttore è a livello dell’ascellare media. La temperatura della soluzione instillata è importante, in quanto liquidi a temperatura ambiente comportano un incremento dei valori di pressione intravescicale, probabil-mente sostenuto dalla contrazione del muscolo detrusore [99,100]. È opportuno pertanto attendere 30-60 secondi dopo il riempimento della vescica per ottenere il riscalda-mento della fisiologica e il rilassamento della muscolatura, evitando così la registrazione di valori falsamente elevati di IAP. Il monitoraggio della IAP, consigliato ogni 4-6 ore, può essere interrotto una volta corretti i fattori di rischio per IAH, in assenza di disfunzione d’organo e quando i valori sono pari a 10-12 mmHg per 24-48 ore.

ottimizzazione della perfusione sistemica e della funzione d’organoLa valutazione accurata del volume intravascolare è essenzia-le, nel paziente con elevati valori di IAP, per comprendere il grado di sequestro di fluidi nel terzo spazio, il ridotto ritorno venoso e il grado di compromissione della perfusione d’or-gano. I tradizionali endpoint della rianimazione, quali la pres-sione di occlusione dell’arteria polmonare (PAOP), la diuresi o la PVC, nel paziente con IAH/SCA sono poco accurati a causa degli effetti combinati dell’aumento delle pressioni intratoracica e intraddominale. Alcuni studi [101,102] hanno dimostrato il vantaggio di un’ottimizzazione del volume in-travascolare, considerando sia parametri volumetrici (indice di volume di fine diastole del ventricolo destro, indice di vo-lume di fine diastole globale, variazioni dello stroke volume), sia le pressioni transmurali di riempimento cardiaco:

PAOPtransmurale = PAOP − 0,5 IAP

PVCtransmurale = PVC − 0,5 × IAP

Se il valore desiderabile di APP (>60 mmHg) non viene raggiunto con la sola correzione della volemia, è neces-sario iniziare il trattamento con amine (noradrenalina),

soprattutto se i livelli del post-carico sono ridotti in modo abnorme (come accade anche in caso di sepsi). Tuttavia, il ripristino di un’adeguata volemia è indispensabile pri-ma della somministrazione dei farmaci vasoattivi, al fine di evitare l’ipoperfusione da vasocostrizione splancnica e l’acidosi. La persistenza dei valori di APP al di sotto di 50-60 mmHg nonostante le strategie esposte, può essere indicativa della necessità di procedere alla decompressione chirurgica dell’addome [103].

applicazione di strategie mediche per la riduzione della iaPIl trattamento medico della IAH/SCA è basato sul raggiun-gimento degli obiettivi di seguito esposti [104].

Evacuazione del contenuto intraluminaleNei pazienti con distensione addominale (presenza di aria o liquido in eccesso all’interno del lume intestinale) il posi-zionamento di un SNG e di una sonda rettale sono efficaci nel controllare i valori di IAP moderatamente elevata. La somministrazione di procinetici, quali eritromicina (200 mg/ev q /8 ore), metoclopramide (10 mg/iv q /6 ore) o neo-stigmina (1-2 mg/ev o sc) è utile per favorire lo svuotamento del tratto gastroenterico, riducendo la IAP. È importante, inoltre, correggere gli squilibri elettrolitici (ipofosfatemia, ipokaliemia, ipercalcemia, ipomagnesiemia) che possono alterare la motilità gastrointestinale. La velocità di sommini-strazione della NE dev’essere ridotta, fino alla sospensione completa in presenza di marcata ipertensione.

Rimozione delle condizioni intraddominali/retroperitoneali occupanti spazioCondizioni quali emoperitoneo, ascite, ascessi intraddo-minali ed ematomi retroperitoneali possono causare in-crementi considerevoli della IAP. Anche minime riduzioni del contenuto liquido endoaddominale, ottenute mediante posizionamento di drenaggio percutaneo, consentono di ottenere notevoli riduzioni della IAP nei pazienti con ri-dotta compliance della parete.

Aumento della compliance della parete addominaleL’aumento del tono muscolare toraco-addominale (dolore, agitazione, limitato adattamento al ventilatore) e l’utilizzo della muscolatura accessoria durante gli atti respiratori, possono indurre un aumento della IAP. Per questo motivo, nel paziente con IAH, è necessario aumentare la compliance della parete mediante l’utilizzo dell’analgesia-sedazione e l’ottimizzazione del supporto respiratorio [47]. Anche il decubito del paziente può favorire un incremento della IAP; è stato dimostrato che un’elevazione della testa di circa 20° comporta un incremento della IAP clinicamente rilevante,

Page 12: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

216

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

superiore a 2 mmHg, probabilmente in relazione alla com-pressione dei visceri tra le strutture della gabbia toracica e il cingolo pelvico [105]. Per questo motivo, il paziente con IAH dovrebbe decombere supino; qualora vi sia indicazio-ne a mantenere il capo sollevato, il letto dovrebbe essere tenuto in posizione anti-Trendelenburg. Se le manovre indicate non fossero sufficienti, è necessario ricorrere alla curarizzazione [106].

Ottimizzazione della volemiaNel paziente a rischio per lo sviluppo di IAH/SCA la rianima-zione volemica dev’essere il risultato di un attento bilancio tra il mantenimento di un’adeguata perfusione tissutale e lo sforzo di evitare un eccessivo accumulo di liquidi. L’impiego delle soluzioni saline ipertoniche e/o dei plasma expanders si è dimostrato efficace nel ridurre la IAP, diminuire il fabbisogno di fluidi, ridurre le pressioni respiratorie e il rischio di SCA [107]. Nei pazienti a rischio di IAH, l’utilizzo dei diuretici è indicato solo dopo correzione della volemia, e può essere utile il ricorso a tecniche di emodialisi intermittente o di emofiltrazione/ultrafiltrazione continua [108].

decomPressione chirurgica deLL’addome

Il caposaldo del trattamento della SCA non responsiva ai precedenti trattamenti è rappresentato dalla decompressio-ne del cavo peritoneale mediante laparotomia (riapertura di ferita chirurgica se recente intervento) e chiusura tempora-nea della parete, manovra che determina notevole riduzione della IAP [109,110] con beneficio sulla funzione d’organo, in particolare sull’apparato cardiovascolare. Lo scopo della tecnica, ottenibile con innumerevoli metodiche di chiusura temporanea dell’addome (Tab. 10.7), è di consentire al volume intraddominale di espandersi in un nuovo spazio, proteggendo al contempo le anse intestinali e le strutture endocavitarie dalla disidratazione ed evitando la comparsa di una SCA ricorrente. Le tecniche con i migliori risultati sono oggi quelle che prevedono l’impiego della pressione negativa. Il momento della decompressione può determi-nare una condizione di grave insufficienza cardiaca per acidosi da wash out di prodotti del metabolismo anaerobio conseguente alla riperfusione del distretto mesenterico.

tabella 10.7 metodi di chiusura temporanea dell’addome

Tecnica Descrizione Meccanismo

Vacuum-assistedclosure(VACTM)

Pellicolaperforataacoperturadelleanseespugnasovrastantetraimarginifasciali.Feritamedicataatenutaecondrenaggioaspirativo collegato a un sistema di raccolta dei liquidi

Lapressionenegativa(regolabile)mantieneunatensionecostantesulpianofasciale.Rimuoveifluidiineccessoriducendol’edema

Medicazione a pressione negativa

Pellicolaperforataacoperturadelleanse,compressalaparotomica sovrastante e drenaggio aspirativo. Medicazione a tenuta e pressione negativa collegata al drenaggio

La pressione negativa mantiene una tensionecostantesulpianofasciale.Riducel’edema

Wittmann patch DuefascediVelcrosuturateaimarginidellafascia.LefascediVelcrosiapprossimanoallalineamediana

Avvicinamento progressivo dei margini fasciali.Facileaccessoalcavo

Suture di ritenzione dinamica

Ansecoperteconpellicola(ISODrapeTM).Puntitransfissiatutto spessore alla parete

Mantienelatensionesullafascia.Consente un avvicinamento progressivo dei piani. Può essere associato a un dispositivo a depressione

Bogotàbag Saccadairrigazione(3L)suturataallafasciaoallacute Consentel’avvicinamentodellafascia,riducendo le dimensioni della sacca

Mesh Assorbibilionon-assorbibilisonosuturateallafascia Riducendoneledimensioniconsentonounavvicinamentodellafascia.Lemeshnon-assorbibilipossonoesserelasciateinsedeafinetrattamento

Packing Ildifettofascialeècopertodaunamedicazionecongarze Nonprevienelaretrazionefasciale

Avvicinamento della cute

Lacuteèchiusaconsuturaincontinuaoclipsaldisopradeldifettofasciale

Nonprevienelaretrazionefasciale.Leclipssono radiopache

Zipper Unameshdotatadizipèsuturataaimarginifasciali Assimilabileallemesh.Consenteunfacileaccesso al cavo

Page 13: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

217

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

La gestione del paziente con addome aperto è complessa e si associa a potenziali complicanze. Sono pertanto state proposte metodiche alternative per ottenere la decompres-sione, fra le quali la fasciotomia sottocutanea della parete addominale anteriore [111] sembra essere promettente e potrebbe sostituire la laparotomia decompressiva in alcune circostanze.

complicanzeLa chiusura temporanea dell’addome si associa a nume-rose complicanze. L’ernia cronica ventrale è un’evenienza frequente (13-80% dei casi) [112] il cui rischio aumenta in caso di sviluppo di ascessi o peritonite [113]. La chiusura definitiva della parete addominale è associata al rischio di laparocele pari al 5-10% dei casi.

Le infezioni del sito chirurgico e gli ascessi intraddomi-nali sono correlati all’entità delle lesioni iniziali e/o alla patologia intestinale (perforazioni, ischemia) e si verificano nell’83% dei pazienti con addome aperto [114]. La mag-gior parte delle raccolte può essere controllata mediante drenaggio percutaneo e solo raramente è necessario un intervento.

La formazione di fistole entero-atmosferiche si verifica nel 5-19% dei casi di addome aperto [115]; la perdita di mate-riale enterico e l’esposizione cronica dei visceri determina catabolismo, deplezione proteica e complicanze infettive sistemiche. Il trattamento prevede un adeguato supporto nutrizionale e il ricorso a sistemi di aspirazione (sondino naso-digiunale, drenaggio percutaneo trans-epatico) per limitare lo spandimento di materiale enterico; l’utilizzo di medicazioni a pressione negativa può aiutare la granulazio-ne nel circoscrivere la fistola rispetto al tessuto circostante. Di solito, quando si è recuperato uno stato nutrizionale soddisfacente è possibile preparare l’ansa interessata dalla fistola e resecarla con anastomosi dei due monconi, chiu-dendo la parete con l’ausilio di una rete biologica.

Un’ulteriore possibile complicanza in presenza di ad-dome aperto è data dalle alterazioni della canalizzazione gastroenterica, che riconoscono un’eziologia multifattoriale [116] correlata all’edema, ad alterazione della peristalsi e alla sindrome aderenziale [117].

Il sanguinamento in corso di trattamento aperto, sia intra sia extraluminale, può essere correlato alle manovre chirurgi-che effettuate (per esempio emorragia da una rima anastomo-tica o da un mesentere) così come al trattamento stesso (per esempio ulcere da stress, sanguinamento da pseudoaneurisma pancreatico). Una volta ripristinata un’adeguata volemia e corretta la coagulopatia, il controllo del sanguinamento può essere effettuato per via endoscopica, chirurgica o con angio-embolizzazione [118-120].

esitiLa mortalità in corso di trattamento aperto è ampiamente correlata alla patologia di base e a eventuali comorbilità, alle

quali si associano fattori come la SIRS, le infezioni, le sepsi, la MOF e le fistole [121,122]. Durante le fasi avanzate del trattamento aperto, i pazienti sono a rischio per trombosi venosa, embolia polmonare, insufficienza respiratoria/pol-monite, ulcere da pressione, infezioni intraddominali [123]. Il trattamento con addome aperto comporta un’ospedaliz-zazione prolungata, con permanenza protratta in Terapia Intensiva e lunghi periodi di ventilazione meccanica [124], fattori che contribuiscono ad aumentare la morbilità e la disabilità del paziente. Alcuni Autori riportano una ripresa dell’attività lavorativa nel 55-78% dei pazienti sottoposti a chiusura definitiva dell’addome o a ricostruzione della parete addominale, sebbene con un significativo peggioramento della produttività e della qualità di vita [125].

Lesioni traumatiche del fegato

Lesioni del fegato si riscontrano nel 5% dei pazienti trau-matizzati. Il lobo destro, a causa delle sue dimensioni, è la porzione più frequentemente coinvolta, mentre le lesioni del lobo sinistro e del caudato sono più rare e si osservano soprattutto in caso di lesioni epatiche complesse. Le lesioni da armi da fuoco dell’addome causano lesioni epatiche nel 42% dei casi [126] e sono in genere maggiormente destruenti rispetto a quelle da arma bianca per l’effetto di cavitazione del proiettile sul parenchima epatico. Gli incidenti motociclistici sono i meccanismi di trauma chiuso che più frequentemente determinano lesioni del fegato (72% dei casi) [127], seguiti dalle precipitazioni (12%) e dagli incidenti sportivi (5%) [128]. I traumi chiusi possono determinare lesioni epatiche con differenti meccanismi: nei traumi da decelerazione le lesioni si osservano spesso in corrispondenza delle strutture legamentose di sospensione del fegato, in genere tra i segmenti anteriori (IV-V) e quelli posteriori (VII-VIII) [129]. Poco comuni, ma gravate da elevata morbilità e mortalità sono le lesioni della via biliare principale e del peduncolo vascolare [130].

diagnosi

Una lesione epatica dev’essere sospettata in ogni caso di trauma chiuso a carico dell’ipocondrio destro, dell’epiga-strio o in caso di decelerazione. All’ispezione, l’addome può rivelare ecchimosi o abrasioni in ipocondrio destro e in epigastrio, così come la palpazione può evocare dolorabilità diretta nella stessa sede o a carico delle ultime sei coste di destra, le cui fratture sono frequentemente associate a danno del parenchima epatico sottostante. Gli esami di laboratorio possono evidenziare, oltre a riduzione dell’ematocrito, un aumento delle transaminasi. L’E-FAST dimostra in genere presenza di versamento libero di entità variabile, mentre un’ecografia diagnostica evidenzia una disomogeneità del parenchima. Nell’impossibilità di eseguire una valutazione

Page 14: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

218

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

ecografica dell’addome puó essere eseguito un DPL [131]. Nel paziente emodinamicamente instabile non vi è indica-zione ad alcun approfondimento diagnostico di secondo livello e si impone la laparotomia d’urgenza: la diagnosi di lesione sarà pertanto intraoperatoria. Diversamente, se il paziente è emodinamicamente stabile o stabilizzabile con la rianimazione volemica, è opportuno eseguire una TC con mdc (sensibilità 99%, specificità 96,8%, accuratezza 97,6% [132]) al fine di ottenere una definizione anatomica della lesione epatica, indagare lesioni associate intra o re-troperitoneali, quantificare l’emoperitoneo, identificare sanguinamenti attivi suggeriti dallo stravaso di mezzo di contrasto (blush) [133] nonché classificare la lesione epatica secondo l’OIS (Organ Injury Scale) [134] (Tab. 10.8), con mortalità diversa in funzione del grado di lesione (da nulla per il grado I al 100% per il grado VI). L’emoperitoneo è considerato “minimo” se il sangue è in sede periepatica, perisplenica e sottodiaframmatica (circa 250 mL), “mode-rato” se presente anche nelle docce parietocoliche (tra 250 e 500 mL), “massivo” se presente anche nello scavo pelvico (superiore a 500 mL) [135]. Pur non essendo il fattore discriminante per la scelta terapeutica, l’entità dell’emope-ritoneo sembra correlare con il rischio di fallimento di un eventuale NOM della lesione epatica [136].

trattamento non chirurgico

In oltre l’80% delle lesioni traumatiche del fegato viene oggi effettuato un trattamento non operatorio [137]. (Fig. 10.1). Il NOM è ampiamente accettato e standardizzato nel trauma chiuso, mentre non vi è tuttora accordo sull’opportunità di

attuarlo per le lesioni epatiche conseguenti a traumi pene-tranti, nonostante in letteratura vi siano report favorevoli [138]. Tale scelta terapeutica può essere effettuata per lesioni di qualsiasi grado, purché sussistano le seguenti condizioni: stabilità emodinamica, possibilità di stadiare la lesione me-diante TC con mdc e assenza di altre lesioni addominali che richiedano approccio chirurgico (visceri cavi, diaframma, dotto pancreatico) [139]. Il rischio di fallimento del NOM è prossimo al 96% se effettuato in contemporanea presenza di lesione splenica o renale, con emoperitoneo superiore a 300 mL ed elevato fabbisogno trasfusionale; il NOM può essere perseguito anche per lesioni di grado IV e V in pazienti selezionati, sebbene il rischio di fallimento sia elevato. In assenza di tali condizioni, il rischio complessivo è pari al 2% [140]. Il riscontro alla TC di sanguinamento attivo intra-epatico o intra-extraepatico o di pseudoaneurisma non è di per sé una controindicazione al NOM ma impone l’esecu-zione di un’angiografia con embolizzazione della lesione vascolare (Fig. 10.2). Per lesioni di grado III-V l’osservazione dev’essere effettuata in ambito intensivo con monitoraggio emodinamico invasivo. Emocromo, transaminasi, bilirubina, fosfatasi alcalina e lattati vanno ripetuti ogni 12 ore nel corso della prima giornata e ogni 24 ore successivamente e comun-que in caso di variazioni cliniche. Un calo progressivo degli enzimi e dei lattati con stabilità dell’emoglobina è indicativo di un’evoluzione favorevole e non richiede ulteriore ricorso a tecniche di imaging [141]; al contrario, un aumento di enzimi e lattati e un calo dell’emoglobina in un paziente emodinamicamente stabile pone indicazione a una TC con mdc e, in presenza di un nuovo focolaio sanguinante, alla possibile ripetizione di angio-embolizzazione [142]. Il ri-scontro di un incremento dell’emoperitoneo in assenza di sanguinamento visibile alla TC è indicazione all’intervento

tabella 10.8 classificazione ois delle lesioni traumatiche del fegato

Grado Descrizione della lesione

I Ematoma sottocapsulare <10%dellasuperficieLacerazione capsulare e parenchimale <1cmdiprofondità

II Ematomasottocapsulare(10-50%dellasuperficie)ointraparenchimale(diametro<10cm)Lacerazione1-3cmdiprofondità;lunghezza<10 cm

III Ematoma sottocapsulare >50% della superficieointraparenchimale(diametro>10cm)Lacerazione intraparenchimale con lunghezza >10 cm o >3cmdiprofondità

IV Lacerazioneintraparenchimale25-75%diunlobooda1a3segmentiinunsingololoboEmatoma intraparenchimale rotto o con sanguinamento attivo

V Lacerazione intraparenchimale >75%diunloboopiùditresegmentiinunsingololoboLesione di una vena sovraepatica o della cava retroepatica o di una grossa vena epatica centrale

VI Avulsionedelfegato

Page 15: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

219

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

chirurgico oppure alla laparoscopia nell’ipotesi di eseguire un’emostasi di superficie [143]. Se in corso di NOM il pa-ziente diventa emodinamicamente instabile è necessario eseguire immediatamente una E-FAST per confermare, sulla base dell’incremento del versamento, l’origine addominale

dell’instabilità e, in caso di riscontro positivo, procedere all’intervento chirurgico.

Il paziente può essere dimesso una volta che la lesione è stabilizzata (enzimi in discesa progressiva da almeno tre giorni ed ecografia che conferma la riduzione della lesione).

Figura 10.1 Trattamentononoperatorio(NOM)dellelesioniepatiche.

Figura 10.2 Lesione epatica OISIVconblusharterioso(freccianera)trattatoconangio-embolizzazione(freccebianche).

Page 16: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

220

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

La TC di controllo prima della dimissione si riserva solo alle lesioni con frattura del parenchima che arriva in superficie. La ripresa dell’attività fisica può avvenire dopo qualche settimana (in genere il grado OIS + 1), in funzione del grado di lesione.

complicanzeIl NOM si associa a complicanze nel 12,6% dei casi [144].

Il sanguinamento è la complicanza precoce più frequente (0-9% dei casi [145,146]) e responsabile del fallimento del NOM nel 75% dei casi [147]. Si verifica generalmente entro le prime 72 ore. Tuttavia, bisogna distinguere il sanguinamento persistente da una ripresa dell’emorragia dopo una prima fase di arresto, che può essere dovuta a un incremento della lesione epatica, alla rottura di un ematoma centro-epatico o di uno pseudoaneurisma [148]. Il sospetto dev’essere posto su base clinica (dolore addominale) e di laboratorio (calo di emoglobina, aumento transaminasi); in presenza di emodinamica stabile la diagnosi viene confermata mediante TC con mdc, mentre nel paziente instabile ci si limita all’ecografia.

Biliomi (raccolte intra-epatiche di bile) e fistole biliari (perdite libere in cavo peritoneale) rappresentano com-plicanze più tardive, presenti nel 3-20% dei casi di NOM [149]. Ambedue le situazioni possono essere conseguenti a ferite penetranti (per lo più da FAF) o a lacerazioni estese, in genere centro-epatiche, da trauma chiuso; biliomi e fistole originano da lesioni di dotti biliari non trattate o non andate incontro a chiusura spontanea. La presentazione clinica è caratterizzata da febbre, dolore, elevazione degli enzimi epatici (in specie la fosfatasi alcalina) e della bilirubina. La TC con mdc consente di visualizzare una raccolta, iden-tificandone la sede intraepatica o peritoneale (Fig. 10.3), mentre la natura biliare della raccolta è dimostrabile con colangio-RM. Nei biliomi il trattamento iniziale è rappre-

sentato dal posizionamento di un drenaggio percutaneo posizionato sotto guida ecografica o TC [150], che consente di ottenere la risoluzione della complicanza nel 73-100% dei casi [151]. In caso di persistenza della perdita biliare, dopo qualche giorno è necessario eseguire una colangio-pancreatografia retrograda endoscopica (ERCP) con papillo-sfinterotomia e posizionamento di sondino naso-biliare a scopo detensivo, provvedimento che consente la guarigione in circa 10 giorni nel 90-100% dei casi [152]. Il trattamento della fistola biliare, definita tale se vi è un output persi-stente di almeno 50 mL di bile nelle 24 ore, è rappresen-tato dal posizionamento di un drenaggio percutaneo o dal lavaggio peritoneale per via laparoscopica [153]. Mediante ERCP o colangiografia percutanea transepatica (o colangio- RM se ERCP non eseguibile [154]) è possibile identificare la sede della fistola e posizionare uno stent o un sondino naso-biliare; in caso di persistenza della fistola nonostante tali procedure, è indicato il trattamento chirurgico resettivo.

Emobilia, bilemia e fistole arterovenose sono complican-ze meno frequenti (0,5-2% dei traumi chiusi del fegato). L’emobilia corrisponde all’evoluzione pseudoaneurisma-tica di una lesione arteriosa profonda in comunicazione con un dotto biliare. Si manifesta con dolore, ittero e sanguinamento gastroenterico [155] e può determinare shock emorragico e ittero ostruttivo con colangite. La metodica diagnostica di scelta è l’endoscopia (sebbene in grado di rivelare la presenza di sangue a livello del-l’ampolla di Vater solo nel 12% dei casi) e il trattamento prevede l’angio-embolizzazione. La mortalità nei casi non trattati raggiunge il 60% [156]. La bilemia consegue alla presenza di una fistola bilio-portale sostenuta da compres-sione di una struttura biliare da parte di un ematoma o di parenchima necrotico. Questa situazione può evolvere acutamente verso un’ipertensione portale post-epatica tipo sindrome di Budd-Chiari [156]; il trattamento è la detensione biliare mediante papillosfinterotomia endo-scopica [157]. Le fistole arterovenose possono interessare le vene sovraepatiche con conseguente insufficienza cardiaca da sovraccarico, o artero-portali determinanti ipertensione portale, sanguinamento da varici e ascite [158]. L’arterio-grafia è efficace in meno del 50% dei casi e il trattamento di scelta è l’esclusione vascolare chirurgica.

Al NOM possono infine associarsi SCA o complicanze di tipo infettivo. Lo sviluppo di SCA in corso di NOM per una lesione epatica è poco frequente (1,3-1,6% dei casi di lesione di grado III-V) ma associata a mortalità elevata (25-75%). Il lavaggio laparoscopico del cavo addominale sembra essere utile nella fase post-acuta (2-4 gg. dal trauma), quando il fegato è in fase di rige-nerazione e la procedura può essere effettuata senza ri-schio di ulteriore sanguinamento in oltre il 90% dei casi [159]. Le complicanze infettive sono riconducibili per lo più alla formazione di ascessi (intraepatici, subfrenici, periepatici) dovuti a sovrapposizione batterica su aree di necrosi tessutale, determinate da devascolarizzazione traumatica o da angio-embolizzazione [160] oppure a Figura 10.3 BiliomainesitidiNOMdilesioneepaticaOISIII.

Page 17: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

221

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

comunicazione con l’albero biliare. La mortalità è circa del 10% [161]. Oltre a una terapia antibiotica aggres-siva, dev’essere effettuato un drenaggio percutaneo delle raccolte e, in assenza di miglioramento dopo 24-48 ore, il drenaggio chirurgico.

trattamento chirurgico

La scelta chirurgica viene effettuata in caso di instabilità emodinamica all’ingresso, fallimento di NOM e nella mag-gioranza dei traumi penetranti. L’accesso prevede un’in-cisione mediana, xifo-pubica, con eventuale estensione sternotomica o incisione aggiuntiva orizzontale. Il fegato va mobilizzato con sezione dei legamenti falciforme e coronari e l’emostasi temporanea viene effettuata mediante compres-sione diretta con compresse laparotomiche posizionate sulla faccia diaframmatica, laterale e inferiore. Se il sanguina-mento persiste nonostante la compressione, dev’essere effettuata la manovra di Pringle, che comporta l’occlusione del peduncolo epatico mediante apposizione di clamp vascolare atraumatico o tourniquet, con l’obiettivo di con-trollare l’emorragia a origine dall’arteria epatica e dal si-stema portale (è opportuno declampare il peduncolo ogni 15 minuti e consentire 5 minuti di riperfusione, poiché non è noto il tempo di ischemia calda tollerata nel soggetto ipoteso). La persistenza di sanguinamento depone pertanto per una diversa origine dell’emorragia (per esempio vene sovraepatiche, vena cava) o per la presenza di anomalie vascolari. La successiva emostasi definitiva dipende dalla tipologia della lesione e prevede diverse possibilità tec-niche.

Emostasi superficiale. Le lesioni di grado I, II e III non attivamente sanguinanti al momento della laparotomia possono essere trattate con l’applicazione di agenti emo-statici topici, elettrocoagulazione o Argon Beam.

Wrapping. In presenza di sanguinamento e di lesioni multiple può essere utile effettuare un wrapping del fegato con rete riassorbibile per esercitare un tamponamento permanente (Fig. 10.4).

Epatotomia ed emostasi parenchimale. Effettuata la manovra di Pringle, si esegue una epatotomia del paren-chima sovrastante le lesioni consentendone l’esplora-zione in profondità e l’emostasi dei vasi sanguinanti. Nelle lacerazioni più profonde è talvolta necessario appli-care la digitoclasia del parenchima sino ad apprezzare le strutture vascolari che possono poi essere controllate, con il rischio tuttavia di peggiorare il sanguinamento dal parenchima.

Omental packing. A emostasi ottenuta, è possibile rico-prire la superficie traumatizzata con tessuto vitale (per esempio un peduncolo di omento) in modo da eliminare lo spazio morto interno alla lacerazione e apportare una fonte di attività fibroblastica.

Tamponamento con altri dispositivi. Soprattutto a seguito di ferite penetranti può rendersi necessario tam-ponare il tramite di parenchima interessato con disposi-tivi quali tamponi emostatici, cateteri di Foley o tubi di silicone cavi, con estremità perforata all’interno di un drenaggio di Penrose legato agli estremi.

Resezioni. Le resezioni non anatomiche rappresentano la rimozione di tessuto devitalizzato lungo il tramite determinato dal trauma: la scelta può essere necessaria dopo epatotomia ed emostasi per un debridement del tes-suto devascolarizzato, oppure la resezione può essere di prima scelta al momento dell’intervento d’urgenza per la complessità della lesione. L’utilizzo di digitoclasia, di suturatrici meccaniche (GIA) dotate di carica vascolare e di clip rende la manovra estremante rapida ed efficace nel sezionare il parenchima e nell’effettuare l’emostasi. Le resezioni anatomiche comportano, invece, l’asportazione di segmenti epatici lungo i piani anatomici standard (di solito epatectomia destra o sinistra); consentono di con-trollare definitivamente l’emorragia, effettuare la biliostasi e rimuovere il tessuto devitalizzato ma non sono indicate nel paziente instabile, in quanto interventi prolungati e gravati da elevata mortalità.

Procedure di damage controlNel paziente gravemente instabile il packing riveste un ruolo fondamentale. Il chirurgo provvede a inserire una serie di compresse laparotomiche tra fegato e diaframma e sulla superficie inferiore e laterale del fegato, al fine di comprimere la lesione tra parete toracica, diaframma e retroperitoneo. La manovra risulta più efficace per le lesioni del lobo destro per la contropressione operata dal diaframma. Il packing dev’es-sere rimosso una volta stabilizzato il paziente, in genere a di-stanza di 36-72 ore; una rimozione troppo precoce comporta un elevato rischio di ripresa del sanguinamento, mentre

Figura 10.4 Posizionamento di mesh per il controllo di lesioneOIS3delVeVIsegmento.

Page 18: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

222

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

una rimozione tardiva espone il paziente al rischio di com-plicanze settiche. Per la durata del packing, al fine di evitare la comparsa di SCA, devono essere applicati dispositivi per la chiusura temporanea dell’addome.

Nonostante siano descritti circoli collaterali tra parete addominale, diaframma e lobi epatici, di fatto le arterie epatiche vengono considerate terminali. La loro legatura può essere un’opzione in corso di damage control se un clampaggio preventivo ha comportato una riduzione del sanguinamento senza segni di ischemia.

L’esclusione vascolare totale del fegato per le riparazioni più complesse si ottiene mediante clampaggio della vena cava sovraepatica e sottoepatica e peduncolo glissoniano. La procedura non è ben tollerata nel paziente ipovolemico, perché il ridotto ritorno venoso può comportare arresto cardiocircolatorio. Si può associare al posizionamento di un by-pass con un catetere in vena mesenterica inferiore e uno in femorale, collegati a una pompa centrifuga che immette sangue nel distretto sovra-diaframmatico attraverso un catetere in giugulare interna o succlavia.

trapiantoIn caso di lesioni estese sia all’emifegato di destra sia di sinistra non riparabili chirurgicamente, in centri selezionati può essere eseguita un’epatectomia totale seguita da ana-stomosi porto-cavale termino-laterale per poi procedere a un trapianto ortotopico appena disponibile un organo da donatore. La fase anepatica non dovrebbe superare le 48 ore.

Lesioni della via biliare extraepatica

Le lesioni delle vie biliari extraepatiche sono estremamente rare, con un’incidenza che varia dallo 0,07% allo 0,21% [162], ma il loro riconoscimento precoce è necessario per evitare successive complicanze.

coLecisti

I traumi della colecisti rappresentano il 66% di tutti i traumi delle vie biliari extraepatiche. Possono conseguire a trau-mi chiusi o penetranti, con avulsioni complete o parziali, contusioni e perforazioni a carico di qualsiasi porzione dell’organo. Vengono agevolmente identificate dalla TC, che può evidenziare un contorno irregolare dell’organo, collas-so del lume o sangue al suo interno. Le lesioni isolate della colecisti vengono trattate mediante colecistectomia; nelle contusioni di grado minore si può tentare un trattamento conservativo, consapevoli del rischio di successiva coleci-stite o rottura di ematoma di parete.

ePatocoLedoco

Le lesioni dell’epatocoledoco sono soprattutto conseguenza di traumi penetranti. A seguito di trauma chiuso il tratto mag-giormente interessato è alla giunzione pancreatico duodena-le, seguito dalla biforcazione degli epatici. Si distinguono tre tipologie di lesione dell’epatocoledoco: avulsioni o piccole lacerazioni all’inserzione del dotto cistico (meno del 50% della circonferenza); transezioni senza perdita di sostanza, solitamente conseguenti a trauma penetrante; lacerazioni estese e complesse di parete o perdita segmentaria di tessuto. La diagnosi può essere effettuata precocemente in corso di laparotomia o tardivamente (più del 50% dei casi) a distanza di giorni o settimane dall’evento traumatico per la comparsa di coleperitoneo e ittero. Non esistono segni specifici alla TC se non la presenza di versamento. Il sospetto diagnostico dev’essere confermato mediante ERCP o colangio RM.

Le modalità di trattamento dipendono dallo stato emo-dinamico del paziente. Nel paziente stabile è preferibile eseguire la riparazione definitiva durante il primo inter-vento, mentre nel paziente instabile, il posizionamento di un drenaggio aspirativo nell’area della lesione e di un tubo Kehr nella sede della lesione consentono un adeguato con-trollo fino al momento in cui sarà possibile effettuare, se necessario, il trattamento definitivo.

In caso di diagnosi tardiva, le lesioni incomplete dell’epato-coledoco sono passibili di trattamento endoscopico mediante posizionamento di stent. Qualora l’ERCP non fosse eseguibile, lo stent può essere posizionato mediante colangiografia trans-epatica (PTC). Tuttavia, è sempre necessario aggiungere il drenaggio percutaneo delle raccolte biliari nel peritoneo. Il trattamento chirurgico delle lesioni complete può essere la ri-parazione su tubo di Kehr o un’anastomosi bilio-digestiva.

Le complicanze più frequenti sono rappresentate dalle stenosi e dalle fistole. Le prime si manifestano con colangiti e cirrosi biliare e possono essere trattate con il posiziona-mento di stent. Le fistole possono essere gestite con dre-naggio peritoneale e sondino naso-biliare, tuttavia se non hanno tendenza alla risoluzione spontanea richiedono il trattamento chirurgico di posizionamento di Kehr o con-fezionamento di anastomosi bilio-digestiva.

Lesioni traumatiche della milza

La milza è il secondo organo interessato da traumi, dopo il fegato (32% dei casi nei traumi addominali [163]). Il meccanismo di lesione più frequente è rappresentato da traumi chiusi con applicazione diretta di energia a carico dell’ipocondrio sinistro. Lesioni vascolari ilari sono invece determinate da traumi in decelerazione (lacerazioni delle connessioni vascolo-legamentose) e da traumi penetranti, che rendono necessario l’intervento chirurgico più spesso di quanto capiti a seguito di trauma chiuso. Inoltre, in tali

Page 19: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

223

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

casi, a causa della violazione del peritoneo è comune il riscontro di lesioni associate, in specie del diaframma.

Le principali criticità correlate al trauma splenico riguardano le modalità di controllo dell’emorragia e le infezioni da alterata funzione immunitaria a seguito di splenectomia o NOM (OPSI; Overwhelming Post-Splenec-tomy Infection). Un aspetto peculiare riguarda il concetto di “rottura in due tempi” conseguente a una lesione va-scolare, il cui riscontro precoce consente di mettere in atto le strategie terapeutiche più opportune per minimizzare la successiva evoluzione.

diagnosi

L’anamnesi deve considerare elementi relativi al meccani-smo di trauma da correlare alla possibilità di una lesione splenica [164]. L’esame obiettivo, nel paziente sveglio e valutabile, può rivelare dolore addominale, in particolare ai quadranti di sinistra, eventualmente irradiato alla spal-la omolaterale per irritazione del diaframma da parte del sangue libero in cavità (segno di Kehr), senza limitazioni alle escursioni del cingolo scapolare. Possono essere evi-denti ecchimosi o abrasioni. Particolare importanza ri-veste il riscontro di frattura delle ultime sei coste a sinistra, soprattutto nel tratto posteriore, che si associano a lesione splenica in circa il 14% dei pazienti adulti (nel paziente pediatrico tale associazione è meno frequente a causa del-l’estrema elasticità delle strutture ossee).

Non esistono esami di laboratorio specifici per le lesioni spleniche e il principale riscontro in caso di frattura della milza è la riduzione dell’ematocrito. L’esecuzione di una E-FAST può rivelare la presenza di liquido libero in cavo peri-toneale o dimostrare un’alterazione strutturale del parenchi-ma splenico; l’ecografia con mdc non trova impiego in sala di emergenza, ma può essere utilizzata per il follow-up delle lesioni in corso NOM. Il DPL, da considerare solo in caso di indisponibilità dell’ecografia, risulta positivo per sangue in presenza di lesione splenica, con il rischio di falsi negativi in presenza di lesione diaframmatica associata (ritenzione del lavaggio in cavo pleurico). Nel paziente emodinamicamente stabile, il gold standard diagnostico è rappresentato dalla TC con mdc [165], valutando il parenchima in fase venosa o portale quando l’imbibizione del tessuto da parte del mezzo di contrasto è uniforme (in fase arteriosa vi è rischio di falsi positivi per l’impregnazione eterogenea del parenchima) [166]. La TC può evidenziare [167-170]:

• contusioni, lacerazioni, ematomi sottocapsulari o in-traparenchimali, che si manifestano come aree ipoden-se. Gli ematomi sottocapsulari possono essere distinti anche per l’effetto di dislocazione o compressione del parenchima sottostante;

• infarti splenici, che appaiono come zone ben definite, ipodense, triangolari con apice verso l’ilo;

• fistole arterovenose (FAV) e pseudo aneurismi (PSA). Le FAV possono essere difficili da distinguere rispetto ai PSA, poiché entrambi determinano un’immagine tondeggian-te iperdensa rispetto al parenchima circostante;

• stravaso di mdc (blush), patognomonico di un sangui-namento attivo osservabile nel parenchima, in sede sottocapsulare o libero in cavo peritoneale (emorragia non confinata).

È importante ricordare che l’aspetto della lesione splenica evidenziato alla TC può essere differente dal reperto intrao-peratorio, probabilmente a causa della imperfetta visualiz-zazione dell’anatomia di lesione e dell’evoluzione della lesione fra esecuzione della TC e atto operatorio [171].

Nel paziente emodinamicamente instabile non è indicato alcun approfondimento diagnostico oltre all’esecuzione della E-FAST e la diagnosi di lesione è solo intraoperatoria. La laparo-scopia trova possibile applicazione solo nel paziente stabile con ferita penetrante a tramite toraco-addominale sinistro, per il quale si sospetti oltre alla lesione di milza un concomitante danno all’emidiaframma [172].

Sono stati proposti numerosi sistemi di classificazione delle lesioni spleniche [173,174], fra i quali è maggiormente utilizzato l’OIS [175], (Tab. 10.9). Le lesioni di basso grado (I e II) sono in genere passibili di NOM senza ulteriori

tabella 10.9 classificazione ois delle lesioni spleniche

Grado Descrizione della lesione

I Ematoma sottocapsulare, <10% della superficieLacerazione della capsula o del parenchima <1cmdiprofondità

II Ematoma sottocapsulare, 10-50% della superficie,ointraparenchimale<5 cm di diametroLacerazione parenchimale 1-3 cm di profondità,vasitrabecolariindenni

III Ematoma sottocapsulare, >50% dellasuperficieoinespansione,oppure ematoma sottocapsulare o parenchimale rotto, ematoma intraparenchimale >5 cmLacerazione >3cmdiprofondità,coinvolgimentodeivasitrabecolari

IV Lacerazione coinvolgente i vasi segmentari o ilariDevascolarizzazione >25% della milza

V Distruzione completa della milzaLesione ilare con devascolarizzazione completa

Page 20: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

224

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

manovre terapeutiche. Le lesioni di grado moderato (III) spesso presentano blush alla TC e richiedono pertanto, nel paziente emodinamicamente stabile, un’angio-embolizza-zione come ausilio al NOM. Nei casi più gravi (grado IV e V) è frequentemente necessario un trattamento chirurgico per instabilità emodinamica.

trattamento

trattamento non operatorioI requisiti principali per poter impostare con successo un NOM sono rappresentati dalla stabilità emodinamica del paziente e dall’assenza di altre lesioni che richiedano la correzione chirurgica; l’entità dell’emoperitoneo non sembra essere criterio discriminante. Fattore altrettanto importante è la possibilità di effettuare uno stretto monito-raggio del paziente (parametri vitali, esami di laboratorio, follow-up radiologico). In pazienti selezionati, il NOM ha una percentuale di successo compreso tra 90-100% nel-le lesioni OIS I-III e 50-60% in caso di OIS IV-V. Alcuni Autori sconsigliano il NOM nel paziente di età avanzata [176] per l’elevato rischio di fallimento. Al contrario, il paziente pediatrico è un candidato ottimale, in quanto spesso presenta una lesione splenica isolata e ha una milza più resistente (grazie alla capsula più spessa), nella quale le lacerazioni, a differenza di quanto accade nell’adulto, decorrono più spesso parallelamente ai vasi trabecolari [177] con un minor sanguinamento dal parenchima; inol-tre si preferisce tentare un NOM nel paziente pediatrico a causa della compromissione dell’immunità cellulo-mediata indotta dalla splenectomia, che comporta un aumentato rischio di infezioni da germi capsulati (OPSI). Un altro setting in cui l’applicazione del NOM è dibattuta è rap-presentato dal paziente con lesione splenica di grado lieve-moderato e trauma cranico severo, nel quale un eventuale risanguinamento rischia di peggiorare il danno cerebrale secondario [178]; in questi pazienti è necessario porsi una soglia più bassa per decidere quando interrompere il NOM e procedere all’intervento chirurgico.

Il riscontro alla TC di stravaso di mdc o di anomalie vascolari è un fattore prognostico sfavorevole per la riu-scita del NOM [179]; in tali casi l’associazione al NOM dell’angio-embolizzazione, efficace nel 73-100% dei casi, aumenta le possibilità di successo [180-182]. L’embo-lizzazione, effettuata con spirali metalliche (Figg. 10.5 e 10.6) o particelle di gelatina o di polivinil-alcol [183,184], può essere prossimale (non selettiva, con chiusura del tronco principale dell’arteria splenica), distale (selettiva, in corrispondenza dei vasi segmentari) o prevedere l’as-sociazione delle due metodiche in caso di lesioni com-plesse. L’embolizzazione prossimale è più rapida, ma si associa a complicanze; per esempio, può verificarsi ne-crosi del pancreas se l’embolizzazione dell’arteria splenica

avviene prossimalmente all’arteria pancreatica [185] o vi è dislocazione del materiale utilizzato. Il rischio di infarto esteso all’intero parenchima splenico è presente, sebbene limitato dalla presenza di circoli collaterali, mentre gli infarti parenchimali conseguenti all’embolizzazione di-stale sembrano trascurabili dal punto di vista clinico ed evolvono favorevolmente in 6-12 mesi [186]. L’impatto dell’embolizzazione sulla funzione immunitaria sembra minimo [187].

L’infarto splenico si manifesta con dolore, leucocitosi, febbre ed evidenza alla TC di un settore dell’organo non vascolarizzato; vi possono essere bolle aeree in caso di sovrap-posizione infettiva [188]; il trattamento consiste nella sple-nectomia. Un’altra complicanza del NOM è la comparsa di pseudocisti spleniche, in genere a distanza di mesi dal trauma, esito di ematomi parenchimali; quando sono sintomatiche queste richiedono un’evacuazione percutanea eco-guidata o per via laparoscopica. Se in corso di NOM il paziente diventa emodinamicamente instabile e una FAST conferma l’origine addominale del sanguinamento, è necessario un immediato intervento chirurgico; in tal caso la splenectomia è l’opzione di scelta [189]. In caso di risanguinamento, se l’emodinamica rimane stabile, può essere utile ripetere una TC con mdc e, in presenza di emorragia del parenchima, un’angio-embo-lizzazione. Se la TC non dimostra sanguinamento paren-chimale, è possibile effettuare una laparoscopia nell’ipotesi di ottimizzare l’emostasi superficiale.

Poiché il 60-70% dei fallimenti di NOM si verifica entro 48-72 ore a causa della comparsa di risanguinamenti, il follow-up prevede il monitoraggio per tre giorni, in reparto (gradi I-II, possibilmente mediante telemetria) o in Terapia Intensiva/Sub Intensiva (gradi superiori). L’emocromo va ripetuto ogni sei ore sino a due rilevazioni stabili, succes-sivamente ogni 24 ore. Nella milza è dimostrata una certa percentuale (sino al 70%) di comparsa tardiva di PSA per cui è opportuno ripetere in terza giornata un’ecografia nelle lesioni I-II e la TC con mdc (o eco con mdc) nelle lesioni maggiori [190]. Se la lesione è stabile o in regressione, dopo l’imaging di controllo il paziente può essere avviato a un follow-up ambulatoriale con esami clinici ed ecografie di con-trollo e riprendere una normale attività fisica dopo alcune settimane (il valore del grado OIS + 1).

trattamento chirurgicoIl trattamento chirurgico si impone in caso di instabilità emodinamica del paziente. In tale circostanza la milza dev’essere rapidamente rimossa, secondo i principi del damage control, in specie in caso di acidosi e coagulopatia, sanguinamento non altrimenti controllabile, lesioni di grado severo (OIS IV-V), comorbilità, contemporanea presenza di altre lesioni emorragiche, trauma cranico se-vero. Il trattamento conservativo chirurgico (splenectomia parziale, splenorrafia, wrapping) dev’essere considerato in caso di stabilizzazione intraoperatoria dell’emodinamica o se la laparotomia è condotta per la riparazione di lesioni

Page 21: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

225

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

concomitanti. La splenorrafia viene attuata mediante av-vicinamento della capsula splenica, applicando punti a materassaio in materiale riassorbibile, rinforzati con pledget, che consentono di ottenere una giusta tensione evitando ulteriori lacerazioni capsulari. In alternativa, l’emostasi può essere effettuata con il wrapping, effettuato avvolgendo la milza in una rete riassorbibile modellata in

modo da avere un occhiello da posizionare attorno ai vasi ilari; la rete viene quindi suturata, realizzando una com-pressione sul parenchima che previene ulteriori sangui-namenti. Un’ulteriore tecnica prevede la realizzazione di una copertura della porzione di parenchima danneggiato (una volta ottenuta l’emostasi) con un lembo di omento peduncolato (patch omentale) che viene assicurato ai mar-

Figura 10.5 Trattamentononoperatorio(NOM)echirurgicodellelesionispleniche.

Figura 10.6 Lesione vascolare splenica con stravaso attivo (frecciabianca)etrattamentoconembolizzazioneselettivaconspirali.(freccianera).

Page 22: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

226

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

gini della lacerazione con punti staccati, eventualmente rinforzati da pledget.

La splenectomia parziale è indicata invece quando sus-siste una lacerazione di un polo splenico con conserva-zione della maggior parte del parenchima o quando si osserva una lesione vascolare segmentaria. Nella maggior parte dei casi, dopo legature vascolari appropriate si rie-sce a effettuare una resezione anatomica del parenchima splenico. Al termine, l’emostasi in corrispondenza della trancia di sezione è perfezionata con punti riassorbibili, a materassaio, rinforzati da pledget.

ComplicanzeLe complicanze più frequenti del trattamento chirurgico sono rappresentate da OPSI, ascessi subfrenici, fistola pan-creatica e piastrinosi.

OPSI. Tali infezioni sono sostenute da germi capsulati, come l’Haemophilus influentiae di tipo B, il meningococco e lo pneumococco; meningiti e polmoniti sono le mani-festazioni più frequenti. A fronte di una bassa incidenza (tra il 10,4 e il 15% nel paziente pediatrico e inferiore all’1% nell’adulto), le OPSI sono gravate da una morta-lità del 50-70% per sepsi severa con ipotensione, insuffi-cienza renale, coagulazione intravascolare disseminata. Per questo motivo, tutti i pazienti sottoposti a splenecto-mia oltre i due anni di età devono essere vaccinati [191], (Pneumovax a due settimane dall’intervento): il vaccino deve poi essere ripetuto ogni 6 anni. Alcuni Autori sugge-riscono anche la profilassi antibiotica, da proseguire per circa un mese dopo la dimissione e da ripetere in caso di interventi chirurgici; il vaccino dev’essere somministrato anche in caso di NOM e chirurgia conservativa perché non è prevedibile la funzionalità dell’organo residuo.

Ascesso subfrenico. L’ascesso intraddominale si verifica nel 6-12% dei pazienti che hanno subito una splenecto-mia e quasi sempre è localizzato in sede subfrenica. Fat-tori di rischio per lo sviluppo di ascessi subfrenici sono le lesioni concomitanti del tratto gastroenterico con con-taminazione peritoneale e la fistola pancreatica. Anche la perforazione tardiva della parete gastrica in corrispon-denza delle legature dei vasi gastrici brevi può contribuire alla formazione di raccolte ascessuali. Il trattamento è il drenaggio per via percutanea.

Fistola pancreatica. Lesioni della coda pancreatica durante la mobilizzazione della milza possono determi-nare la formazione di fistole. Il posizionamento di un drenaggio aspirativo al termine dell’intervento consente di effettuare un monitoraggio dell’output del secreto pancreatico. L’utilizzo dell’octreotide è controverso. L’attuazione di una NE precoce con diete elementari e il mantenimento del drenaggio per favorire lo sviluppo di un tramite fistoloso pancreatico-cutaneo sono elementi che favoriscono il successo del trattamento conservativo delle fistole.

Piastrinosi. L’insorgenza di piastrinosi dopo splenecto-mia è legata alla mancata funzione di cateresi (la milza normalmente sequestra il 30% delle piastrine in circo-lazione), che determina un aumento delle piastrine a un livello di un terzo superiore a quello basale. Se l’in-cremento delle piastrine supera le 750.000 unità è neces-sario istituire una profilassi antitrombotica con eparina a basso peso molecolare e, successivamente, aspirina o dipiridamolo.

trauma del pancreas e del duodeno

La gestione dei traumi del complesso duodeno-pancreatico presenta criticità legate all’anatomia e alla posizione re-troperitoneale delle strutture e alla bassa incidenza; lesioni del pancreas si osservano nel 4% e lesioni duodenali nel 3-5% dei pazienti con trauma addominale [192], mentre il contemporaneo coinvolgimento di pancreas e duodeno è presente in oltre il 46% dei casi di traumi della ghiandola pancreatica [193]. Sono più frequenti in seguito a trauma penetrante, soprattutto da FAF. I traumi chiusi determinano lesioni di pancreas e duodeno come conseguenza di una rapida decelerazione in concomitanza con forze applicate direttamente in epigastrio (per esempio effetto della cintura di sicurezza, impatto del torso contro volante o manubrio, calcio nei quadranti addominali superiori); in queste circo-stanze, le strutture vengono compresse contro il rachide che, agendo da fulcro, determina la transezione della ghiandola pancreatica o lesioni da scoppio del duodeno. La mortalità complessiva è circa del 36%, mentre quella dovuta a trauma pancreatico e duodenale, considerati isolatamente, è rispettivamente pari al 40% e al 16-18%. Il fattore maggiormente responsabile dell’elevata mortalità precoce è la frequente associazione con lesioni multivi-scerali e vascolari addominali [194].

diagnosi

A seguito di trauma penetrante, nella maggior parte dei casi la diagnosi avviene in corso di laparotomia esplorativa eseguita per indicazioni non direttamente attinenti alla lesione duode-no-pancreatica. In assenza di indicazioni immediate alla lapa-rotomia e nei traumi chiusi, la diagnosi non è agevole. L’esame obiettivo può non essere dirimente, l’amilasemia inizialmente può essere normale, anche se un incremento degli enzimi, in associazione con il meccanismo di trauma è fortemente indicativo per lesione pancreatica [195]; in particolare, il VPN (valore predittivo negativo) dell’iperamilasemia in caso di lesio-ni pancreatiche è pari al 95% a distanza di tre ore dal trauma. Il DPL può essere negativo, mentre l’ecografia è poco utile per indagare il retroperitoneo. È pertanto necessario mantenere sempre un elevato indice di sospetto in funzione del MOI.

Page 23: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

227

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

La metodica più sensibile per la valutazione del complesso duodeno-pancreatico è la TC con mdc. Nei traumi pancreatici la sensibilità dell’esame è dell’85% [196] e, soprattutto in caso di lesioni minori, i reperti possono inizialmente non essere significativi; in presenza di meccanismo di trauma suggestivo per lesione duodeno-pancreatica è opportuno prevedere la ripetizione dell’indagine a distanza di qualche ora. Edema della ghiandola o dei tessuti retroperitoneali, ematoma peripancrea-tico e lacerazione del parenchima, sono i segni TC suggestivi per lesione del pancreas. Segni indiretti di lesione duodenale sono rappresentati da presenza di liquido periduodenale, ispes-simento di parete, pneumoperitoneo. La conferma della lesione si ottiene mediante somministrazione di mdc per os al fine di visualizzare uno spandimento extraluminale: l’esame può es-sere considerato negativo se si documenta un regolare transito del mdc in tutte le porzioni del viscere e se questo avviene senza ritardo. La TC a strato sottile può fornire informazioni fondamentali sull’integrità del dotto di Wirsung, tuttavia le metodiche di scelta a tal fine sono la ERCP [197] e la colangio-RM [198], indagini effettuabili però solo nel paziente stabile (dopo la gestione delle cause di instabilità si può procedere a ERCP intraoperatoria). La ERCP può avere anche finalità terapeutiche; il riscontro di stravaso di mdc è patognomonico per una lesione del dotto che, in alcune circostanze, può essere corretta mediante posizionamento di stent [199].

La classificazione OIS per le lesioni del pancreas (Tab. 10.10) e del duodeno (Tab. 10.11) consente di caratterizzarne la gravità

e, su tale base, impostare il trattamento più opportuno. Di particolare importanza per una corretta terapia è la presenza e la sede di discontinuazioni del dotto di Wirsung.

trattamento

In caso di intervento d’urgenza effettuato senza valutazione diagnostica preventiva dell’integrità di duodeno e pan-creas, è necessaria un’accurata esplorazione della loggia sovra-mesocolica al fine di evidenziare segni indiretti di lesioni del blocco duodeno-pancreatico, come per esempio ematomi in prossimità dello stomaco distale, del piloro, del legamento gastroepatico o presenza di bile. Tutti gli ematomi peripancreatici e periduodenali devono essere esplorati per escludere la contemporanea presenza di le-sioni di tali organi. La tecnica intraoperatoria più sem-plice per verificare l’integrità del dotto è rappresentata dalla colangiopancreatografia attraverso la colecisti o il dotto cistico. La somministrazione di morfina o fentanyl, indu-cendo la contrazione dello sfintere di Oddi, può favorire la visualizzazione del dotto pancreatico. L’aggiunta di blu di metilene al mdc, in caso di stravaso, consente di identificare direttamente sul campo operatorio la sede di lesione. Nel paziente emodinamicamente stabile, la ERCP può essere utilizzata intraoperatoriamente.

tabella 10.10 classificazione ois delle lesioni del pancreas

Grado Descrizione della lesione

I Contusione minore senza lesione duttaleLacerazione minore senza lesione duttale

II Contusione maggiore senza lesione duttale o perdita di tessutoLacerazione maggiore senza lesione duttale o perdita di tessuto

III Transezione o lacerazione distale con lesione duttale

IV Transezione o lacerazione prossimale(adestradellaVMS) con lesione duttale

V Distruzione massiva della testa del pancreas

VMS:venamesentericasuperiore.

tabella 10.11 classificazione ois delle lesioni del duodeno

Grado Descrizione della lesione

I Ematoma coinvolgente una singola porzione duodenaleLacerazione parziale della parete senza interessamento a tutto spessore

II Ematoma coinvolgente multiple porzioni del duodenoLacerazione a tutto spessore <50% dellacirconferenzadelviscere

III Lacerazione a tutto spessore 50-75% D2 o 50-100% D1 D3 D4

IV Lacerazione a tutto spessore >75% D2. Coinvolgimento della papilla o VBP

V Distruzione massiva del complesso duodeno-pancreaticoDevascolarizzazione del duodeno

VBP:viabiliareprincipale.

Page 24: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

228

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

Lesioni del pancreasLe lesioni di I e II grado possono essere trattate conser-vativamente oppure, se riscontrate intraoperatoriamente, evacuando gli ematomi, assicurando l’emostasi e posizio-nando drenaggi aspirativi. Le lacerazioni di III grado con sezione del dotto a sinistra dei vasi mesenterici, richiedono la resezione del parenchima pancreatico attraverso una splenopancreasectomia distale; la conservazione della milza, a causa della ricca vascolarizzazione venosa che connette il pancreas alla vena splenica, può essere tecnica-mente indaginosa e dev’essere pertanto riservata al paziente stabile o stabilizzato, in assenza di lesioni spleniche e, in particolare, nel paziente pediatrico per ridurre il rischio di OPSI. Nelle lesioni di IV grado è necessaria la pancreasec-tomia sinistro-destra subtotale, tuttavia, in alternativa, per preservare la ghiandola si può regolare la trancia di sezione pancreatica chiudendo il Wirsung e drenando il pancreas distale alla sezione mediante pancreatico-digiunostomia o pancreatico-gastrostomia. In casi selezionati si può tentare di posizionare uno stent per via endoscopica oltrepassando la lesione o anche solo per detendere il dotto e favorire una guarigione spontanea (Fig. 10.7). Nel paziente con instabilità emodinamica, la procedura iniziale deve seguire la strategia damage control [200] con packing, eventuale sutura del dotto, drenaggio e reintervento dopo 24-48 ore [201] differendo l’intervento di derivazione. Per le lesioni di V grado del blocco duodenopancreatico con completa distruzione del tessuto e ampia devascolarizzazione non è possibile effettuare una riparazione delle lesioni ed è neces-saria una duodeno-cefalopancreasectomia che raramente può essere portata a termine nel corso dell’intervento d’ur-genza; solitamente si procede alla rimozione del duodeno e del pancreas per ottenere una sufficiente emostasi e si pianifica la fase ricostruttiva nel corso di interventi succes-sivi [202].

Lesioni del duodenoNel trattamento intraoperatorio delle lesioni duodenali gli obiettivi principali sono controllare l’emorragia e limitare la contaminazione da parte del contenuto enterico. La successiva strategia è decisa in base alla classificazione OIS della lesione.

Gli ematomi di grado I e II, interessanti uno o più seg-menti duodenali, possono essere trattati mantenendo il SNG (sondino naso-gastrico) in aspirazione per una setti-mana. È necessario eseguire un esame contrastografico del tubo digerente; se viene documentato un rallentato transito per stenosi del lume correlato alla presenza dell’ematoma, dev’essere presa in considerazione la possibilità di evacua-zione chirurgica e riparazione dello strato sieromuscolare. Le lacerazioni di I e II grado possono essere riparate me-diante sutura primaria, sia manuale sia meccanica.

Le lesioni di III e IV grado coinvolgono un’estesa porzione del lume duodenale, unitamente all’ampolla di Vater e al tratto distale del coledoco. Le modalità di trattamento di-pendono dal MOI e dall’entità del danno tissutale. Le lesioni conseguenti a FAB, se a margini netti e diagnosticate entro 24 ore, possono essere riparate mediante sutura primaria (80% dei casi). Diversamente, in presenza di ampie zone di tessuto lacerato o devitalizzato, FAF o lesioni riconosciute tardivamente, è preferibile eseguire il debridment e procedere ad anastomosi dei margini sani. Qualora l’estensione del debridment sia ampia può essere confezionata una duode-nodigiunostomia a destra dei vasi mesenterici.

In presenza di lesioni severe [203] (da trauma chiuso o FAF, interessanti più del 75% della circonferenza, localiz-zate in D1-D2, associate a lesioni delle strutture biliari o pancreatiche e riparate dopo 24 ore dal trauma), le suture sono particolarmente a rischio di deiscenza e richiedono diverse modalità di protezione decompressiva (tecnica dei tre drenaggi: posizionamento di gastrostomia o SNG, di digiunostomia retrograda e digiunostomia anterograda,

Figura 10.7 LesionediIVgradodelpancreastrattataconstentendoscopico(frecciabianca)edrenaggiopercutaneodiraccoltaperipancreatica.

Page 25: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

229

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

usate rispettivamente per decompressione e per NE) o di diversione (diverticolizzazione del duodeno con drenaggio esterno della bile e del secreto pancreatico mediante tubo di Kehr, gastroresezione e gastrodigiunostomia su ansa alla Roux; esclusione pilorica mediante sutura temporanea del piloro attraverso una gastrotomia e gastrodigiunostomia [204]). Il piloro si riapre spontaneamente nel volgere di 4-6 settimane e la gastrodigiunostomia si richiude spontanea-mente una volta che il duodeno è di nuovo transitabile.

comPLicanze

I traumi del blocco duodenopancreatico sono gravati da una quota di complicanze postoperatorie superiore al 42%, che possono insorgere precocemente (pancreatite, fistola pancreatica, ascessi) o tardivamente (pseudocisti, insuffi-cienza pancreatica esocrina o endocrina [205]).

Pancreatite. Può verificarsi nel 7% dei pazienti ed è sostenuta da una lesione misconosciuta del dotto pan-creatico È caratterizzata da dolore addominale, nausea e iperamilasemia. Il decorso può variare da forme lievi, sino a quelle più gravi necrotico-emorragiche. Generalmente è sufficiente la terapia medica e la necessità di intervento chirurgico si presenta in caso di evoluzione settica di una forma necrotico-emorragica.

Fistola pancreatica. È la complicanza più comune (inci-denza del 20% nel trauma pancreatico isolato e del 35% in caso di lesione associata pancreatico-duodenale [206]) e può rappresentare la complicanza di un intervento resettivo o l’evoluzione di un trattamento conservativo. Si distinguono fistole a bassa portata (output giornaliero <200 mL) e ad alta portata (>500 mL/die). Inizialmente, la terapia prevede adeguato supporto nutrizionale mediante NPT (nutrizione parentale totale) e copertura antibiotica. La NE può essere iniziata quando l’output si riduce al di sotto dei 100 mL/die; è preferibile somministrarla attraverso sondino naso-digiunale. Qualora la perdita aumentasse in seguito all’introduzione della NE, quest’ultima dev’essere sospesa e ripristinata la NPT [207]. In caso di persistenza di fistola ad alta portata per più di una settimana è necessario procedere a una ERCP per eseguire la papillosfinterotomia e identificare la sede della lesione duttale, da trattare eventualmente mediante posizionamento endoscopico di stent. Oltre l’80% delle fistole si risolve con la sola terapia medica in un periodo di circa 8 settimane e solo il 10% circa dei casi richiede un trattamento chirurgico [208]. La somministrazione della somatostatina (o del suo analogo octreotide) non è raccomandata, non essendo a tutt’oggi il suo ruolo ancora definito con certezza [209].

Ascesso peripancreatico. Il rischio di formazione di ascessi peripancreatici (incidenza 20% [210]) non sem-bra essere correlato alla lesione pancreatica di per sé, ma alla sua associazione con lesione di visceri cavi; in assenza di lesioni gastroenteriche, la presenza di una formazione

ascessuale è imputabile all’inadeguato debridment di tes-suto pancreatico necrotico. Il trattamento, oltre a un’ade-guata copertura antibiotica, prevede l’esecuzione di una TC e il successivo drenaggio percutaneo della raccolta. Qualora il drenaggio non fosse sufficiente a estinguere la formazione ascessuale è necessario l’intervento chirurgico.

Pseudocisti. È una complicanza tardiva, riscontrata nel 2-3% dei casi [211], che in genere si sviluppa in seguito al mancato riconoscimento di una lesione duttale. Il tratta-mento dipende dalla sede, dalle dimensioni, dalle caratte-ristiche della lesione duttale e dal grado di maturità della parete delle pseudocisti [212]. La diagnosi viene posta tramite TC o RM e la lesione duttale viene ricercata con la ERCP. Se il dotto pancreatico è intatto può essere effet-tuato un drenaggio percutaneo della formazione, mano-vra invece da evitare in presenza di una comunicazione tra pseudocisti e lesione duttale poiché trasformerebbe la pseudocisti in fistola. In tal caso è meglio tentare un dre-naggio endoscopico nello stomaco o una cistodigiunosto-mia chirurgica con stenting della lesione duttale [213].

Lesioni traumatiche dello stomaco

Le lesioni dello stomaco conseguenti a trauma chiuso (per lo più investimenti di pedone o incidenti automobilistici ad alta velocità) sono poco frequenti, con un’incidenza pari al 2-10% [214]. La sede più frequentemente interessata nell’adulto è la piccola curva gastrica, con lacerazioni ampie che determinano un’importante contaminazione del cavo peritoneale. Dato che l’energia necessaria a procurare una lacerazione della parete gastrica è elevata, sono spesso presenti lesioni associate mul-tidistrettuali che giustificano l’elevata mortalità dei pazienti con lesioni gastriche rispetto a quella dei pazienti con lesioni di altri visceri cavi. Cause più frequenti di lesione gastrica sono le FAF, con un’incidenza pari all’80%, mentre le FAB con superamento del peritoneo sono responsabili di lacerazioni dello stomaco nel 30% dei casi. Un ulteriore meccanismo di trauma, poco comune in ambito civile, è costituito dalle esplosioni (blast injuries), in seguito alle quali rotture del tubo digerente possono avvenire con meccanismi multipli: effet-to dell’onda di pressione, lesioni da proiettili o frammenti metallici, proiezione del corpo della vittima per effetto dello spostamento d’aria e lesioni indotte dal fuoco o dal calore generato dall’esplosione (vedi Capitolo 18). La classificazione OIS delle lesione gastriche è riportata in Tabella 10.12.

diagnosi

L’esame obiettivo del torso e la raccolta anamnestica possono rivelare segni (per esempio ecchimosi ed escoriazioni cutanee in epigastrio, segno della cintura di ritenzione, impronta del manubrio) che, pur con scarsa accuratezza, basso VPP (valore

Page 26: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

230

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

predittivo positivo) e non patognomonici, devono far so-spettare la possibile presenza di lesioni gastriche [215]. La pre-senza di ferite penetranti toraco-addominali deve indurre al sospetto di lesioni gastriche e diaframmatiche. La palpazione dell’addome può evidenziare segni di peritonismo determina-ti dall’irritazione peritoneale da parte del contenuto gastrico; tale reperto non è dirimente nel paziente con alterazioni del sensorio o con lesione midollare. Il sospetto va posto anche in caso di aspirazione di sangue attraverso il SNG.

Il DPL conserva ancora un ruolo qualora sussista un so-spetto di lesione di visceri cavi, in presenza di indagini radiologiche negative [216]. In particolare, nel paziente con emodinamica stabile e TC negativa o dubbia, in presenza di dolore addominale ingravescente e meccanismo di trauma suggestivo per lesione gastrica, l’esecuzione del DPL può essere dirimente nel porre indicazione alla laparotomia (sensibilità del 91,3% [217]). In Tabella 10.13 sono riportati a confronto i vari criteri di positività del DPL per le lesioni

dei visceri cavi; la combinazione di tali criteri, in alcuni studi, ha aumentato l’accuratezza della diagnosi al 100%, riducendo il numero di laparotomie non necessarie.

La sensibilità dell’ecografia è notevolmente inferiore a quel-la del DPL o della TC nel diagnosticare le lesioni dei visceri cavi, a causa della difficoltà di identificare minime quantità di versamento libero. Alla TC, segni suggestivi per lesioni gastriche sono la disomogeneità della parete, il riscontro di pneumoperitoneo, pneumatosi delle pareti del viscere, versa-mento libero non altrimenti riconducibile a lesioni associate, stravaso di mdc somministrato per os o attraverso SNG.

La laparoscopia non rappresenta, in caso di trauma chiuso, la metodica di scelta per l’esplorazione del cavo addominale. Al contrario, in presenza di trauma penetrante, in particolare con tragitto toraco-addominale, la laparo-scopia consente di identificare le violazioni del peritoneo e le lesioni del diaframma, che devono far sospettare l’as-sociazione con quelle dello stomaco.

trattamento chirurgico

Al fine di identificare lesioni traumatiche dello stomaco è fondamentale procedere a un’adeguata mobilizzazione del viscere, facilitata dalla decompressione dello stesso mediante SNG; aree particolarmente critiche da esporre sono la giunzione esofago-gastrica, il fondo gastrico, la piccola curva e la parete posteriore dello stomaco. Qualora venga identificata una soluzione di continuo della parete anteriore del viscere, dev’essere effettuata un’accurata ricerca di una lesione speculare a carico della parete posteriore. L’insufflazione di aria all’interno dello stomaco, previo riempimento del cavo peritoneale con SF, può consentire la visualizzazione di bolle aeree che facilitano l’identificazione di lesioni altrimenti di difficile riconoscimento.

La modalità di correzione è correlata alla gravità delle lesioni. Gli ematomi intramurali (grado I e II) devono essere evacuati; la successiva emostasi va eseguita mediante punti staccati. Le piccole lacerazioni (grado I e II) devono essere suturate in doppio strato, con una sutura in continuo a carico

tabella 10.12 classificazione ois delle lesioni traumatiche dello stomaco

Grado Descrizione delle lesione

I Contusione, ematoma, lacerazione parziale della parete non a tutto spessore

II Lacerazionedellagiunzioneesofago-gastricao del piloro <2 cmNel terzo prossimale dello stomaco <5 cmNei due terzi distali dello stomaco <10 cm

III Lacerazionedellagiunzioneesofago-gastricao del piloro >2 cmNel terzo prossimale dello stomaco ≥5 cmNei due terzi distali dello stomaco ≥10 cm

IV Perdita di sostanza o devascolarizzazione <due terzi dello stomaco

V Perdita di sostanza o devascolarizzazione >due terzi dello stomaco

tabella 10.13 criteri di positività diagnostica del dPL per lesioni dei visceri cavi

Criteri convenzionali Lesione visceri cavi L-GB ≥500/mm3

CriteridiOtomo EmoperitoneoLesione visceri cavi

Aspirazione di sangueL-GB≥10 × 103

Aspirazione di materiale entericoSeemoperitoneo:L-GB≥L-GR/150Noemoperitoneo:L-GB≥500/mm3

Cell count ratio Lesione visceri cavi L-GB/L-GR:P-GB/P-GR≥1

L-GB:globulibianchinelliquidodilavaggio;L-GR:globulirossinelliquidodilavaggio;P-GB:globulibianchiplasmatici;P-GR:globulirossiplasmatici.

Page 27: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

231

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

dello strato mucoso e una a punti staccati per lo strato siero-muscolare. Le lacerazioni di grado III possono essere riparate come le precedenti o mediante l’utilizzo di GIA, facendo attenzione a non determinare stenosi nell’area esofagoga-strica e pilorica. Una lesione pilorica richiede l’esecuzione di una piloroplastica in allargamento. In caso di lesioni di grado IV può essere necessaria una gastroresezione distale o prossimale; la tecnica di ricostruzione dipende dalla presenza di una concomitante lesione duodenale. Le lesioni di V grado richiedono la gastrectomia totale e il ripristino del transito mediante esofago-digiuno-anastomosi su ansa alla Roux.

In presenza di una lesione gastrica, il diaframma dev’es-sere accuratamente esplorato. In caso di contaminazione del cavo pleurico, un eventuale allargamento della breccia diaframmatica e l’utilizzo di un sistema di irrigazione a pressione sono efficaci nel favorirne la detersione prima del posizionamento del drenaggio toracico e della ripara-zione del diaframma. Qualora la contaminazione del cavo pleurico sia cospicua e l’intervento tardivo, può rendersi necessaria una toilette più accurata attraverso un conco-mitante approccio toracotomico o toracoscopico. Nei casi di piccole lacerazioni da trauma penetrante con tragitto toraco-addominale, la metodica laparoscopica, utilizzata per diagnosticare la violazione del diaframma, può essere impiegata anche per la riparazione delle lesioni gastriche.

complicanzeLa complicanza più frequente è rappresentata dalla for-mazione di ascessi intraddominali, sovente multipli e recidivanti, prevalentemente in sede sottodiaframmatica. Vanno sospettati in caso di febbre, leucocitosi, singhiozzo e abbondante ristagno dal SNG. L’incidenza della forma-zione di ascessi in seguito a lesione gastrica da trauma penetrante è variabile tra lo 0,7% nei casi di FAB e il 6% in seguito a FAF [218]. I germi più frequentemente isolati includono Enterobacter spp, Escherichia coli, Enterococcus spp, Staphylococcus epidermidis e Streptococco spp. L’isolamento di Candida spp non è raro e può essere causa di sepsi gravi. Nei casi più complessi il trattamento richiede una relaparotomia per la toilette del cavo addominale ma, se isolati e localizzati in posizione favorevole, gli ascessi possono essere trattati mediante posizionamento di un drenaggio percutaneo. In presenza di concomitante lesione del diaframma può determinarsi la formazione di empiemi pleurici, in genere sostenuti dalla flora microbica orofaringea, compresi Sta-phylococcus aureus, Pseudomonas spp e germi anaerobi. La deiscenza della linea di sutura non è un’evenienza frequente, mentre l’incompleta asportazione di tessuti devitalizzati può favorire la comparsa di una fistola gastrocutanea. Un’ulte-riore complicanza è rappresentata dal sanguinamento, che può manifestarsi come emoperitoneo o emorragia digestiva; nel primo caso, l’evenienza più frequente è l’emorragia dai vasi gastrici brevi o da lacerazioni iatrogene della capsula splenica. Il sanguinamento dalla linea di sutura può essere problematico e manifestarsi con ematemesi o aspirazione

di secrezioni ematiche dal SNG. In tali casi è indicata l’ese-cuzione di una gastroscopia per effettuare l’emostasi.

Lesioni traumatiche dell’intestino mesenteriale

Le lesioni dell’intestino mesenteriale dovute a trauma chiuso sono poco frequenti (incidenza dell’1% [214]) e in genere conseguenti a incidenti del traffico o a traumi addominali diretti. Il meccanismo di lesione può avvenire con le modalità di seguito esposte.

• Compressione diretta delle anse contro le vertebre, mo-dalità tipica nei pazienti che indossano le cinture di riten-zione. In genere, alle lesioni intestinali si associano lesioni gastriche o coliche e fratture da distrazione delle vertebre lombari (frattura di Chance): una frattura delle prime vertebre lombari concomita con una lesione dell’inte-stino mesenteriale nell’89% dei casi [219]. La compres-sione diretta può causare sezione completa dell’ansa (in particolare a carico del digiuno prossimale, conseguente a decelerazione), lesioni da stiramento o compressione nel-l’ileo terminale (in associazione con lesioni mesenteriali) e perforazioni sul versante antimesenterico delle anse.

• Strappamento dell’ansa dal mesentere per effetto di decelerazione.

• Lacerazione di un segmento delimitato, per improvviso incremento della pressione intraluminale.

Le perforazioni conseguenti a trauma penetrante sono più frequenti e possono essere particolarmente insidiose, specie se di piccole dimensioni, in quanto l’esordio dei segni di peritonismo può essere tardivo. Lesioni dovute all’effetto di esplosivi si riscontrano in percentuale variabile tra 0,1 e 2%. La classificazione delle lesioni dell’intestino mesenteriale è riportata in Tabella 10.14.

tabella 10.14 classificazione ois delle lesioni traumatiche dell’intestino mesenteriale

Grado Descrizione della lesione

I Contusione o ematoma senza devascolarizzazioneLacerazioneparzialesenzaperforazione

II Lacerazione <50%dellacirconferenza

III Lacerazione ≥50%dellacirconferenzasenzatransezione

IV Transezione del piccolo intestino

V Transezione del piccolo intestino con perdita di sostanzaDevascolarizzazione segmentaria

Page 28: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

232

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

diagnosi

Come per le lesioni gastriche, l’ecografia può non essere dirimente, mentre il DPL può dimostrare la presenza di materiale enterico, residui di fibre alimentari, versamento biliare, leucociti (vedi Tab. 10.13) [220].

La sensibilità e la specificità della TC per le lesioni del-l’intestino mesenteriale, in particolare con gli apparecchi di ultima generazione che consentono ricostruzioni a strato sottile, sono rispettivamente dell’88,3% e del 99,4%, con VPP 53% e VPN 99%. I reperti suggestivi per lesioni inte-stinali e del mesentere sono rappresentati da versamento liquido non imputabile a lesione degli organi parenchima-tosi, ispessimento della parete intestinale, striature e diso-mogeneità del grasso mesenteriale, ematomi del mesentere (a forma triangolare), stravaso di mdc endovascolare o endoluminale, brusca interruzione delle strutture vascolari, pneumoperitoneo [221]. Un recente studio retrospettivo [222], che ha valutato i segni sopraindicati come predittivi di lesione intestinale o del mesentere chirurgicamente rile-vanti, ha evidenziato che i reperti con specificità del 100% sono lo stravaso extraluminale di mdc, l’alterazione della parete e il sanguinamento vascolare attivo, pur avendo essi una bassa sensibilità, variabile tra l’8% e il 26%.

Nel paziente emodinamicamente stabile, l’esplorazione laparoscopica del cavo addominale per la ricerca di lesioni dell’intestino mesenteriale può essere un’opzione diagno-stica con alcune criticità, legate all’esperienza del chirurgo e al corretto posizionamento dei trocar operatori.

trattamento chirurgico

La scelta della modalità di trattamento chirurgico è funzione del grado di lesione. La possibilità di eseguire una sutura diretta o una resezione dipende dal trofismo tissutale e dalla distanza fra lesioni multiple. Gli ematomi del mesentere devono essere aperti, al fine di eseguire l’emostasi mediante punti transfissi e valutare il bordo mesenterico dell’ansa. Le manovre emostati-che devono essere effettuate con particolare attenzione in caso di sanguinamento alla radice del mesentere, per il rischio di lesione dei vasi mesenterici. Le lacerazioni più superficiali e gli ematomi intramurali di I grado devono essere corretti mediante affondamento con punti staccati sieromuscolari. Le lacerazioni di grado II, dopo accurato debridment dei margini, devono essere suturate in allargamento. In caso di lesioni multiple, se sono ravvicinate devono essere rese comunican-ti sezionando i tratti di tessuto interposti e suturate come un’unica lesione, se invece sono distanziate, si deve provve-dere alla sutura diretta di ognuna di esse o alla resezione del tratto interessato (Fig. 10.8).

Le lesioni di III grado richiedono quasi sempre una rese-zione, a causa del rischio elevato di stenosi in corrispondenza della sutura; eccezioni sono rappresentate da lacerazioni a

decorso trasversale o interessanti anse medio-digiunali, che possono essere suturate facendo attenzione a mantenere un’ampiezza del lume pari almeno al 30% di quello ori-ginario. Le lesioni di IV e V grado che determinino ampie lacerazioni con perdita di sostanza richiedono la resezione-anastomosi del tratto leso. In accordo con i criteri della DCS (Damage Control Surgery) [223], non è opportuno confezio-nare anastomosi in caso di grave instabilità emodinamica del paziente, e ci si limita a resecare mediante stapler il tratto leso e ad abbandonare i monconi in cavo peritoneale, rimandan-do il trattamento definitivo a distanza di 24-48 ore, una volta ripristinata la riserva fisiologica del paziente.

complicanzeIl riconoscimento e la correzione tardiva delle lesioni del-l’intestino mesenteriale comporta un notevole incremento della morbilità (dal 5 al 65%) legata alle complicanze correlate (sepsi, ascessi intraddominali, infezione di ferita, deiscenza di sutura) [224].

Le deiscenze di sutura si possono manifestare come spandimenti di modesta entità, peritoniti diffuse o fistole enterocutanee [225]. Le opzioni terapeutiche prevedono un NOM in caso di spandimenti di mdc dimostrati alle indagi-ni strumentali ma clinicamente non rilevanti; se il ricono-scimento della complicanza è precoce e sussiste solo una modesta contaminazione del cavo peritoneale è indicato il reintervento con riparazione primaria e drenaggio; in caso di peritonite diffusa bisogna procedere a diversione del tran-sito intestinale mediante confezionamento di ileostomia. Il posizionamento di un drenaggio percutaneo è indicato in caso di raccolta ascessuale agevolmente accessibile.

Le fistole enterocutanee si classificano a portata alta (output ≥500 mL/die), intermedia (200-500 mL/die) o bas-sa (<200 mL/die); se distali, le fistole a bassa portata sono trattabili con NE con apporto di almeno 25 kcal/kg [226]. La

Figura 10.8 Perforazionimultipleravvicinatedeltenuedaferitadaarmadafuocotrattateconresezioneintestinale.

Page 29: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

233

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

chiusura spontanea avviene nel 30% dei casi. Il trattamento chirurgico per una fistola persistente è in genere posticipato a 4-6 mesi dall’intervento iniziale; le possibilità variano dalla su-tura primaria del punto fistolizzato, alla resezione anastomosi, alla resezione a cuneo del tratto interessato.

L’incidenza di complicanze occlusive a seguito di lesioni dell’intestino mesenteriale è del 10,8% [227]. Talvolta la causa è paretica, legata alla presenza di ascessi intraddomi-nali. Nel paziente con ritardo di canalizzazione in esiti di trauma intestinale sono pertanto indicati il mantenimento di una prolungata aspirazione del SNG e l’esecuzione di una TC con mdc per escludere la presenza di problema-tiche settiche [228]. In caso di resezioni intestinali mas-sive bisogna ricordare il rischio di malassorbimento e di sindrome dell’intestino corto, definita come problema di malassorbimento nel paziente adulto con meno di 200 cm di intestino mesenteriale residuo. Le lesioni traumatiche sono responsabili dell’8% dei casi di sindrome da intestino corto nella popolazione adulta [229].

Lesioni del colon

La maggior parte delle lesioni traumatiche del colon sono conseguenti a traumi penetranti (27% dei casi) per FAF [230,231] e FAB della parete anteriore e posteriore [232]. Le FAF interessano soprattutto il colon trasverso le FAB il colon sinistro. Le lesioni sono determinate direttamente dall’oggetto penetrante; solo in rare occasioni, a seguito di FAF da proiettili ad alta velocità e in specie con tramite extraperitoneale, possono formarsi aree contusive o ische-miche senza diretto contatto [233].

Lesioni conseguenti a trauma chiuso sono poco frequenti (0,5% dei traumi maggiori [234]) e per lo più non interes-santi la parete a tutto spessore [235]. Il meccanismo più comune è l’incidente automobilistico, dove possono agire forze di decelerazione (per esempio avulsione del colon dal mesentere con conseguente ischemia) o di compressione (per esempio lesioni da scoppio di un settore di ansa chiuso o compresso contro il rachide). I segmenti più frequentemente danneggiati sono il colon trasverso e sinistro, in particolare in presenza di mezzi di ritenzione non correttamente indossati. Un’altra evenienza è la formazione di ematomi di parete (so-prattutto al cieco) o parziali speritoneizzazioni che evolvono in lesioni perforative a distanza di giorni dal trauma.

diagnosi

Una lesione colica dev’essere sospettata in caso di traumi penetranti con tramite anteriore, del fianco, posteriore o delle natiche e, nei traumi chiusi, in presenza di fratture del bacino o di segni da cintura di contenzione. L’esplora-zione rettale consente di apprezzare la presenza di sangue,

indicativa di lesione intestinale. Si deve ricordare che fran-chi segni di peritonismo possono non essere apprezzabili alla valutazione iniziale, sia per l’impossibilità di valutare correttamente l’obiettività addominale nel paziente con alterazioni dello stato neurologico, sia perché lesioni co-liche retroperitoneali possono manifestarsi con segni di sepsi o di reattività peritoneale anche a distanza di 24 ore dal trauma.

La radiografia dell’addome in due proiezioni può rivelare la presenza di aria libera, mentre l’ecografia è di scarso aiuto nella diagnosi [236]. Nel paziente emodinamicamente stabile, la TC con mdc endovenoso ed endorettale costi-tuisce il gold standard per la diagnosi delle lesioni coliche [237,238], evidenziabili con segni diretti (presenza di aria libera, discontinuazioni focali della parete intestinale, stravaso di mdc endorettale) e indiretti (alterazioni par-ziali o focali dello spessore di parete, alterazioni focali dell’impregnazione di contrasto della parete del viscere, infiltrazione o disomogeneità del tessuto adiposo perico-lico, presenza di liquido libero in assenza di lesioni degli organi parenchimatosi, segni di sanguinamento attivo di origine mesenteriale, alterazioni della perfusione dei vasi mesenterici [239]). L’entità dello pneumoperitoneo e del re-tropneumoperitoneo può variare da grandi quantità di aria libera (75-80% dei casi [240]) a piccole bolle in prossimità del punto di perforazione. Poiché nei traumi penetranti lo pneumoperitoneo potrebbe essere dovuto solamente alla violazione della parete, le scansioni devono essere acquisite previa identificazione dei tramiti cutanei mediante marker radio-opachi, in modo da poter ricostruire la traiettoria dell’agente lesivo.

La laparoscopia non rappresenta la metodica di scelta per diagnosticare le lesioni traumatiche del colon; infatti, la quota di laparotomie negative dopo laparoscopia è del 25% e l’incidenza di lesioni coliche identificate nel corso di laparotomie ma misconosciute durante laparoscopia è del 10% [241,242].

Nel paziente instabile, l’identificazione delle lesioni del colon avviene di frequente in corso di laparotomia, du-rante la quale devono essere esplorati tutti i tratti colici e particolare attenzione dev’essere attribuita a tutte le sedi di discolorazione di parete, di contusione del viscere o del me-socolon; tutti gli ematomi sostenuti da trauma penetrante devono essere esplorati e il colon sottostante attentamente valutato, mentre nei traumi chiusi non è indicato esplo-rare sistematicamente gli ematomi paracolici in assenza di segni di perforazione. Un metodo efficace per rivelare la presenza di piccole perforazioni tamponate è quello di creare, mediante compressione manuale, brevi segmenti colici ad alta pressione.

La classificazione OIS delle lesione coliche è riportata in Tabella 10.15. Le lesioni di I e II grado sono comunemente considerate “non destruenti”, mentre le lesioni di grado III o superiore vengono definite “destruenti”. La corretta clas-sificazione della lesione modifica la scelta del trattamento chirurgico.

Page 30: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

234

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

trattamento chirurgico

Nelle lesioni non destruenti vi è un forte supporto del-l’evidenza a favore della riparazione primaria [233], in-dipendentemente da fattori di rischio come il fabbisogno trasfusionale, il grado di contaminazione peritoneale, le condizioni emodinamiche del paziente e l’utilizzo di antibiotici, mentre il confezionamento di una colostomia si associa ad aumento delle complicanze (15% al mo-mento dell’abolizione della stessa) [235]. La riparazione primaria dopo debridement dei tessuti devitalizzati viene attualmente effettuata nel 60-93% delle lesioni coliche penetranti.

In presenza di lesioni destruenti, è invece indicata la pro-cedura di resezione-anastomosi solo nei pazienti che soddi-sfino i criteri di stabilità emodinamica intraoperatoria, che non abbiano altre lesioni associate gravi (ISS <25) e nei quali non vi sia stato un ritardo diagnostico e non siano presenti né una grossolana peritonite fecale nè altre significative comor-bidità. [243]. In presenza dei fattori di rischio il trattamento suggerito è la resezione del tratto leso con abboccamento a canna di fucile, se possibile, dei due monconi. La resezione secondo Hartman o la chiusura della lesione con stomia a monte è obbligatoria per lesioni non esteriorizzabili del sigma distale; l’Hartman espone al momento della chiusura della stomia a una morbilità dal 4,5 al 55% e a una morta-lità del 2%. In corso di procedure di DCS, le lesioni coliche vanno temporanemente trattate mediante resezione con stapler del tratto interessato, soprassedendo al confeziona-mento di anastomosi e stomie. Il trattamento definitivo è da effettuarsi a distanza di 24-48 ore, una volta ripristinata la riserva fisiologica del paziente. L’abolizione dello stoma avviene, di norma, a distanza di 3-6 mesi dall’intervento iniziale, tuttavia, ci sono evidenze cliniche che dimostrano

come l’abolizione in tempi più precoci (anche 7-14 giorni) riduca il rischio di complicanze [233].

complicanzeL’incidenza di complicanze intraddominali conseguenti a traumatismo del colon è alta, con comparsa di sepsi nel 20% dei casi. L’evenienza più frequente è rappresentata dalla deiscenza dell’anastomosi o della sutura primaria, che non sembra essere influenzata dalla tecnica di sintesi usata. Esse si verificano in percentuale variabile tra il 2,2 e il 3,2% con minore incidenza per le anastomosi ileo-coliche [231,233,235]. La prognosi è generalmente buona e la mag-gior parte dei pazienti può essere trattata conservativamente, mentre il reintervento è indicato in caso di peritonite fecale diffusa e richiede il confezionamento di una stomia. La mortalità osservata correlata alla complicanza anastomotica è pari allo 0,1% [231].

Lesioni del retto e dell’ano

Le lesioni del retto sono poco frequenti, in genere con-seguenti a traumi penetranti (FAF 80-85%, FAB 3-5% dei casi [244]). I traumi chiusi determinano lesioni rettali usualmente causate da fratture pelviche (circa 2% dei pazienti con fratture complesse di bacino [245]) o da un meccanismo di impalamento. Sono gravate da ele-vate morbilità e mortalità [246] a causa della frequente associazione con altre lesioni viscerali multidistrettuali (77%), vascolari o del distretto genito-urinario (30-64%) [247,248]. Traumi chiusi o penetranti del perineo pos-sono determinare anche lesioni dell’apparato sfinteriale dell’ano (Fig. 10.9).

Figura 10.9 Lesionemaggioredell’apparatosfinterialeaseguitodifratturaespostadibacinodurantelafasedifferitadiricostruzionedellosfintereanale.

tabella 10.15 classificazione ois delle lesioni del colon

Grado Descrizione della lesione

I Contusione o ematoma senza devascolarizzazioneLacerazione non a tutto spessore senza perforazione

II Lacerazione <50%dellacirconferenza

III Lacerazione ≥50%dellacirconferenza

IV Transezione del colon

V Transezione del colon con perdita di sostanzaDevascolarizzazione segmentaria

Page 31: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

235

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

diagnosi

Una possibile lesione rettale dev’essere esclusa con certezza in presenza di segni di trauma in regione glutea o perineale, ma un elevato indice di sospetto va sempre comunque mantenu-to in funzione della sede interessata dal trauma. L’esplorazio-ne rettale, che unitamente alla rettosigmoidoscopia permette di raggiungere un’accuratezza diagnostica dell’80-95% [249], è fondamentale per rivelare la presenza di sangue, apprezzare monconi ossei esposti o soluzioni di continuo della parete rettale. Poiché, tuttavia, la quota di falsi negativi di entrambe le manovre è superiore al 31% [250], soprattutto in caso di intestino non pulito, una sospetta lesione rettale va sempre confermata o esclusa attraverso ulteriori approfondimenti diagnostici. Nel paziente emodinamicamente stabile, l’uti-lizzo della TC con mdc endovenoso ed endorettale consente di identificare eventuali soluzioni di continuo della parete rettale e di distinguerne la localizzazione intra o extraperi-toneale, informazione essenziale per la strategia terapeutica [251]. Il ricorso a pose tardive consente inoltre di effettuare uno studio cistografico, utile a mostrare eventuali lesioni associate del tratto genito-urinario, oltre che la presenza di ematomi o sanguinamenti attivi retroperitoneali [252].

In presenza di lesione dell’apparato sfinteriale anale è al-tresì necessario, a fini ricostruttivi, studiare accuratamente il grado di compromissione delle strutture mediante ecoendo-scopia. L’applicazione della manometria e della elettromio-grafia, con valutazione della latenza di risposta dei nervi pudendi, sono indispensabili prima della ricanalizzazione del paziente portatore di colostomia.

La classificazione OIS delle lesioni del retto proposta dall’AAST è simile a quella delle lesioni coliche, ed è ripor-tata in Tabella 10.16.

trattamento chirurgico

Le modalità di correzione delle lesioni del retto sono state in passato oggetto di controversie, in particolare per quanto riguarda le lesioni extraperitoneali [253]. I capisaldi della gestione chirurgica si sono basati per lungo tempo su con-fezionamento di colostomia, lavaggio del retto e drenaggio presacrale [254], strategia che però non solo si è rivelata inefficace, ma potenzialmente dannosa.

Le lesioni del retto intraperitoneale vengono corrette mediante sutura diretta in duplice strato. L’associazione con una colostomia di protezione a monte della sutura è tuttora dibattuta [255]: alcuni Autori sostengono che il suo confezionamento riduca il rischio di deiscenza della sutura e di complicanze settiche e che la morbilità legata all’abo-lizione della stomia sia accettabile, altri hanno dimostrato, che in pazienti selezionati, la riparazione primaria senza colostomia è efficace e sicura. Una stomia di protezione può essere opportuna in presenza dei fattori di rischio già ricordati per le lesioni coliche.

In presenza di lesioni extraperitoneali, il confezionamen-to di una colostomia consente nella maggior parte dei casi la guarigione. Le modalità di diversione del transito inte-stinale variano in funzione dell’entità della lesione [255]. È ancora dibattuto il timing della successiva abolizione della stomia [256] (da 6-12 settimane [257] a 3-6 mesi [258] dal trauma). L’intervento di ricanalizzazione può essere gravato nel 30% dei casi circa da complicanze intra e po-stoperatorie (infezioni del sito chirurgico, deiscenze della sutura o stenosi anastomotiche [259,260]). La morbilità as-sociata ad abolizione di colostomie confezionate per lesioni rettali sarebbe inferiore a quella della chiusura di stomie a protezione di lesioni coliche. In casi altamente selezionati (pazienti senza gravi lesioni associate, lesione rettale OIS II e operati entro otto ore dal trauma [261]) sembra pos-sibile trattare la lesione del retto sottoperitoneale mediante riparazione primaria, senza colostomia di protezione.

Un’opzione terapeutica alternativa, efficace per ridurre la contaminazione batterica dello scavo pelvico in pre-senza di lesioni del retto sottoperitoneale [262], è data dal lavaggio rettale eseguito attraverso l’ansa efferente di una stomia a canna di fucile sul sigma introducendo nel contempo una sonda transanale per il recupero del liquido (sebbene alcuni studi abbiano documentato complicanze settiche correlate alla fuoriuscita di materiale enterico dalla soluzione di continuo della parete rettale) [263]. A oggi, l’opzione del lavaggio rettale può essere considerata valida in caso di lesioni da trauma chiuso altamente destruenti della piccola pelvi nel contesto di fratture del bacino, circo-stanza nella quale il lavaggio rettale avrebbe lo scopo di ridurre la contaminazione batterica dei tessuti pelvici deva-scolarizzati, in particolare se la lesione rettale è situata in prossimità di ematomi retroperitoneali o di frammenti ossei [264].

tabella 10.16 classificazione ois delle lesioni del retto

Grado Descrizione della lesione

I Contusione o ematoma senza devascolarizzazioneLacerazione non a tutto spessore senzaperforazione

II Lacerazione <50% dellacirconferenza

III Lacerazione ≥50% dellacirconferenza

IV Lacerazione a tutto spessore con estensione al perineo

V Devascolarizzazione del retto

Page 32: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

236

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

Il drenaggio presacrale è un’ulteriore opzione terapeu-tica che prevede il posizionamento per 4-5 giorni di due drenaggi aspirativi nello spazio presacrale, cui si accede mediante un’incisione in corrispondenza del clivaggio tra ano e coccige e la sezione del legamento ano-coccigeo, con l’obiettivo di ridurre la contaminazione dei tessuti pararettali e retroperitoneali da parte del materiale enterico [265]. La difficoltà a posizionare correttamente i drenaggi (presenza di tessuto connettivo denso intorno al retto basso) e il loro frequente malfunzionamento, unitamente al discomfort del paziente, disincentivano l’utilizzo di tale metodica, facendo preferire, in caso di massiva contami-nazione, il posizionamento di un drenaggio nello spazio perirettale per via intraperitoneale in corso di esecuzione della stomia.

Le lesioni minori dell’apparato sfinteriale, in assenza di significative lesioni associate, possono essere riparate per prima intenzione, senza necessità di una colostomia di protezione. Le lesioni altamente destruenti del com-plesso anosfinteriale, isolate o associate a lesioni multidi-strettuali che richiedono un trattamento prioritario, ri-chiedono invece il confezionamento di una stomia per la diversione del transito fecale. La maggior parte delle lesioni che coinvolgono lo sfintere anale richiedono un accurato debridement di tutti i tessuti devitalizzati, associato ad adeguata copertura antibiotica e a lavaggi quotidiani delle cavità residue. In caso di ampia perdita di sostanza o deiscenza delle suture, un ausilio per la guarigione può essere rappresentato dalla stimolazione del nervo sacrale (se la perdita muscolare è modesta), da lembi muscolari con muscolo gracile o gluteo o, infine, da sfinteri artificiali (American Medical System Inc. Minnetonka, MN) [266]. Le opzioni di trattamento delle lesioni dello sfintere anale sono riassunte in Tabella 10.17.

traumi vascolari dell’addome

Quando si parla di traumi vascolari dell’addome ci si riferi-sce in genere alle lesioni coinvolgenti i grossi vasi arteriosi e venosi intra e retroperitoneali. L’aorta è interessata in un quarto delle lesioni vascolari addominali [267]; il vaso ve-noso più frequentemente coinvolto è la cava inferiore (30% dei casi [268]). Il coinvolgimento contemporaneo di arterie e vene è particolarmente frequente a carico dei vasi iliaci e mesenterici, a causa dei loro rapporti anatomici. Nei traumi chiusi, l’incidenza di lesioni vascolari maggiori è del 5-10%, mentre per le lesioni penetranti l’incidenza è più alta (>10% nelle FAB [269], 20-25% nelle FAF [270]). Nel trauma chiuso, i meccanismi di lesione sono rappresentati da:

• decelerazione, cui può conseguire l’avulsione di piccoli rami dall’asse vascolare maggiore (per esempio strappa-mento dei vasi intestinali dalla loro origine dall’arteria mesenterica superiore) oppure una lacerazione della tonaca intima, condizionante trombosi secondaria del lume (per esempio trombosi dell’arteria mesenterica per slaminamento dell’intima, o fissurazione a tutto spessore con formazione di pseudoaneurisma);

• compressione, cui può conseguire flap intimale con con-seguente trombosi (come si osserva negli automobilisti contenuti da cintura, con coinvolgimento dell’arteria mesenterica superiore [271], dell’aorta infrarenale [272] o dell’arteria iliaca [273]) oppure lacerazione completa del vaso [274] (per esempio disinserzione dei vasi me-senterici alla base del meso) che determina emorragia massiva intraperitoneale; talvolta la lacerazione può essere incompleta comportando la formazione di un falso aneurisma [275].

I traumi penetranti determinano per lo più:

• lacerazioni intimali, con flap e trombosi, lacerazioni della parete vascolare con sanguinamento libero o for-mazione di ematomi pulsanti, in rapida espansione;

• transezione completa, che può dare origine a una trombosi per retrazione da vasospasmo o sostenere un emorragia attiva;

• fistole arterovenose (evenienza più rara) coinvolgenti arteria epatica e vena porta, vasi mesenterici superiori, vasi renali, aorta e cava.

Il sanguinamento può restare confinato nel retroperitoneo determinando la formazione di ematomi (90% dei casi) o essere libero in cavo peritoneale; l’emoperitoneo massivo determina uno stato di gravissimo shock, rappresentando di per sé un fattore predittivo di outcome sfavorevole [276]. L’apertura di ematomi può essere causa di copiosa emorragia, di difficile controllo: se di origine venosa (più frequenti nei quadranti di destra) sono in genere stabili e non pulsanti, mentre pulsanti e in rapida espansione appaiono quelli di origine arteriosa [277]. Benché gli ematomi retroperitoneali siano classificati in vari modi [278,279], ai fini pratici è più utile suddividere topograficamente il retroperitoneo in tre

tabella 10.17 strategie di trattamento delle lesioni traumatiche dello sfintere anale

Tipologia di lesione e modalità di presentazione

Trattamento

Non lesioni associateNon ritardo nel trattamento

Riparazioneprimariaimmediata

Lesioni maggiori associateLesionesfintericaminore

Riparazionedifferita

Lesioni maggiori associateLesionesfintericamaggiore

Diversione del transito fecaleeriparazionedifferita

Non lesioni maggiori associatePresentazione tardiva (infiammazione,edema)

Diversione del transito fecaleeriparazionedifferita

Page 33: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

237

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

zone, ciascuna delle quali contiene proiettivamente diverse strutture vascolari:

• zona 1, corrispondente al retroperitoneo sulla linea me-diana dal diaframma alla origine dei vasi iliaci è divisa dal mesocolon trasverso nelle regioni sovramesocolica (contenente aorta soprarenale, tronco celiaco, tratto prossimale dell’arteria mesenterica superiore, tratto prossimale dell’arteria renale, vena mesenterica superio-re nel decorso sia sovramesocolico sia retromesocolico) e inframesocolica (aorta infrarenale dall’origine delle arterie renali alla biforcazione delle arterie iliache, vena cava inferiore infraepatica);

• zona 2, corrispondente al retroperitoneo superiore laterale (vasi e logge renali);

• zona 3, corrispondente al retroperitoneo pelvico, da promontorio a scavo pelvico (vasi iliaci).

Le lesioni traumatiche, più rare, dell’area portale-retroe-patica (vena porta, arteria epatica, vena cava retroepatica) vengono considerate separatamente.

Come regola generale, tutti gli ematomi della zona 1, sia sovra sia inframesocolici, che si tratti di trauma chiuso o penetrante, devono essere esplorati. Gli ematomi delle zone 2 e 3 causati da trauma penetrante, così come quelli dell’area portale, richiedono in genere l’esplorazione chi-rurgica. Se dovuti a trauma chiuso, gli ematomi delle zone 2 e 3 e della porta hepatis devono essere esplorati solo se pulsanti, in rapida espansione o se già rotti. In Tabella 10.18 è riportata la classificazione OIS [280] per le lesioni vascolari dell’addome.

diagnosi

La maggior parte dei pazienti con lesione vascolare mag-giore addominale decede prima che possa esser effettuata qualsiasi manovra. Le morti tardive sono conseguenza delle alterazioni metaboliche indotte dallo shock prolungato [276]. Lesioni vascolari maggiori devono essere sospettate in presenza di traumi del torso, in particolare se penetranti; clinicamente possono associarsi a progressiva distensione addominale, shock di classe avanzata o assenza dei polsi femorali. La diagnostica ecografica può rivelare emoperi-toneo massivo. La localizzazione di proiettili evidenziata dalle radiografie tradizionali può indurre a sospettare una lesione vascolare, così come la dislocazione della vescica deve far pensare a un ematoma retroperitoneale da lesione dei vasi iliaci. Nel paziente stabile, la diagnostica deve prevedere obbligatoriamente la TC con mdc, che aiuta a definire sede e origine dell’ematoma. Nel paziente instabile è imprescindibile procedere a laparotomia d’urgenza senza alcun accertamento diagnostico supplementare; la tora-cotomia resuscitativa con clampaggio aortico, in caso di trauma penetrante, può consentire di rallentare l’emorragia e guadagnare tempo per l’accesso al cavo addominale. Tale strategia è particolarmente indicata nel paziente agonico.

trattamento deLLe Lesioni deLL’aorta e dei vasi visceraLi

zona 1 - aorta addominale soprarenaleL’approccio all’aorta addominale nel tratto soprarenale è diverso a seconda della presenza di emorragia attiva o di ematoma stabile. In caso di sanguinamento attivo, è neces-sario procedere immediatamente a compressione diretta del vaso in corrispondenza dello iato diaframmatico. Successivamente, dopo aver aperto il piccolo omento e localizzato l’esofago, devono essere divise le fibre della crus diaframmatica e posizionato un clamp vascolare. In pre-senza di un ematoma stabile, l’approccio ideale è attuato mediante manovra di Mattox (mobilizzazione verso destra

tabella 10.18 classificazione ois delle lesioni vascolari addominali

Grado Descrizione della lesione

I Ramidell’arteria/venamesentericasuperioreRamidell’arteria/venamesentericainferioreArteria/venafrenicaArteria/venalombareArteria/vena spermaticaArteria/vena ovaricaAltre strutture arteriose o venose di piccolo calibrochepossonoesserelegate

II Arteria epatica comune, ramo destro/sinistroArteria/vena splenicaArteria gastrica destra/sinistraArteria gastroduodenaleArteria/venamesentericainferioreRamiprincipalididivisionedell’arteria/venamesentericainferiore

III VenamesentericasuperioreArteria/vena renaleArteria/vena iliacaArteria/vena ipogastricaVenacavainfrarenale

IV Arteria mesenterica superioreTronco celiacoVenacavasoprarenaleeinfraepaticaAortainfrarenale

V VenaportaVenaepaticaneltrattoextraparenchimaleVenacavaretroepaticaosovraepaticaAortasoprarenale,sottodiaframmatica

Page 34: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

238

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

del colon sinistro, milza, pancreas e eventualmente rene), che consente un’esposizione ottimale del vaso [281]. Un accesso alternativo è un’estesa kocherizzazione del duodeno, con riflessione della C duodenale e della testa del pancreas [282]. Le piccole lacerazioni vanno trattate con arterioraf-fia laterale, mentre in caso di stenosi o di perdita di parte della parete è necessario effettuare un’angioplastica con protesi vascolare [283].

zona 1 - tronco celiacoIn caso di lesione del tronco celiaco, l’ematoma retroperi-toneale è pulsante e determina la dislocazione anteriore di stomaco e pancreas [284]. Come per l’aorta soprarenale, l’approccio avviene attraverso il piccolo omento o con la manovra di Mattox (mobilizzazione verso destra di milza, pancreas, colon e rene sinistro), opzione che, a partire dallo iato, consente l’esposizione del tronco celiaco all’origine. Se questo è danneggiato in tutte le sue componenti la scelta più opportuna è la legatura cui deve seguire la splenecto-mia; la legatura delle arterie epatica e gastrica all’origine non comporta problemi.

zona 1 - arteria mesenterica superioreL’approccio all’arteria mesenterica superiore differisce in funzione del settore interessato [285]. Le lesioni pros-simali (settore 1 e 2 di Fullen) possono essere controllate con la manovra di Mattox, mantenendo il rene in sede. Il vaso può essere legato all’origine (a monte della colica media per assicurare un circolo collaterale di riperfusione dell’intestino), ricanalizzato con stent temporaneo (dama-ge control) o reimpiantato in aorta sottorenale. Le lesioni oltre l’emergenza della colica media (settore 3) vengono controllate da sotto il mesocolon e devono essere sempre riparate con arterioraffia o reimpiantate al fine di evitare l’ischemia dell’intestino mesenteriale. Se la riparazione non è possibile, è necessario procedere a estese resezioni inte-stinali. Le lesioni dei rami segmentari (settore 4) vengono controllate con legatura dal meso e successiva resezione del tratto intestinale tributario.

zona 1 - aorta infrarenaleL’approccio all’aorta infrarenale è il medesimo sia in presenza di ematoma confinato, sia di emorragia [286]. In presenza di un ematoma ben confinato occorre inciderne la sommità ed effettuare una compressione manuale del vaso; una ra-pida dissezione del retroperitoneo consente l’apposizione di angiostati, immediatamente al di sotto della vena renale sinistra e, distalmente, al di sotto della lesione. Nel caso di un ematoma diffuso, il controllo vascolare può essere pros-simale (sottodiaframmatico) all’origine dell’ematoma stes-so; la riparazione del vaso avviene mediante punti staccati, avendo cura di ricoprire la linea di sutura con un peduncolo

vascolarizzato di omento per evitare la formazione di fistole aortoduodenali.

zona 2 - retroperitoneo lateraleLa presenza di un ematoma o di un’emorragia nel retrope-ritoneo laterale deve sempre far sospettare una lesione del peduncolo vascolare renale o del rene stesso. Nei traumi chiusi, in presenza di un ematoma non pulsante va con-fermata la funzione del rene controlaterale mediante TC o pielografia intraoperatoria, ma non vi è indicazione a esplorare chirugicamente l’ematoma che invece dev’essere aperto se pulsante o conseguente a trauma penetrante. In tal caso, se il paziente è emodinamicamente stabile, prima di aprire l’ematoma è buona regola garantire un controllo pros-simale del peduncolo vascolare renale, mentre in caso di in-stabilità emodinamica, dev’essere immediatamente aperto il retroperitoneo e applicato un angiostato in corrispondenza dell’ilo renale. Le arterie e vene renali interessate da piccole lacerazioni possono essere riparate; la legatura della vena renale di destra equivale a una nefrectomia, mentre a sinistra la presenza di circoli collaterali sostenuti dai vasi gonadici e surrenalici consente la vitalità dell’organo. I patch di sa-fena o protesici o il reimpianto in sede iliaca sono indicati solo quando, in paziente monorene, dev’essere di necessità ricostruita la struttura vascolare. La rivascolarizzazione di un’arteria renale può essere giustificata in assenza di lesioni multidistrettuali e se il tempo trascorso dal trauma è infe-riore a sei ore [287,288]. Nel paziente emodinamicamente instabile, la scelta più opportuna è la nefrectomia.

complicanzeLe complicanze della riparazione di lesioni dell’aorta e delle arterie viscerali sono rappresentate da embolizzazio-ne distale, trombosi, deiscenza delle suture e infezioni. La sepsi e la MOF sono responsabili del 90% dei decessi nel postoperatorio. Nella maggior parte dei pazienti è indicato prevedere un second look entro 12-24 ore per verificare la vitalità dei visceri.

trattamento deLLe Lesioni deLLa vena cava inFeriore

La maggior parte delle lesione traumatiche della vena cava inferiore (VCI) è determinata da traumi penetranti; le FAB causano lacerazioni lineari, che spesso hanno tendenza ad auto tamponarsi limitando il sanguinamento, mentre le FAF determinano ampie lacerazioni che difficilmente hanno tendenza all’emostasi spontanea. I traumi chiusi possono determinare lesioni cavali nel tratto retro-por-tale o alla giunzione atrio-cavale, con un meccanismo di strappamento sostenuto da forti decelerazioni. Talvolta, a seguito di gravi lesioni centroepatiche, possono essere

Page 35: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

239

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

coinvolte le vene epatiche nel tratto intraparenchimale o la superficie anteriore della cava retroepatica. In circa il 10% dei casi, vi è un contemporaneo coinvolgimento di altre strutture vascolari, con la possibilità di fistole aortocavali tra vena cava e arterie renali o tra vena cava e duodeno. Le lesioni cavali sono gravate da elevata mortalità; i fattori che influiscono sull’outcome sono le condizioni emodinamiche all’arrivo in sala di emergenza, il tamponamento spontaneo dell’emorragia e la sede della lesione cavale [289].

valutazione inizialeCirca il 50% dei pazienti con lesioni della VCI si presentano ipotési; la maggior parte di essi risponde, almeno transito-riamente, all’infusione di fluidi. In rari casi, la presentazione è quella di ipotensione associata ad abbondante ematemesi con sangue scuro dovuta alla presenza di una fistola duode-no-cavale, o di grave ipotensione, e fremito centro-addomi-nale conseguenti a fistola aorto-cavale. Nel sospetto di una lesione cavale addominale, è necessario acquisire vie venose nel distretto sopradiaframmatico, per poter procedere in sala operatoria alla rianimazione volemica.

esposizione e controllo vascolareAll’apertura dell’addome, una lesione cavale dev’essere so-spettata in presenza di un ematoma, in genere non pulsante, di colorito scuro, in corrispondenza della zona 1. In presen-za di emorragia attiva, è necessario procedere a immediata compressione con garze del sito di sanguinamento, eventual-mente associata alla compressione aortica in caso di grave compromissione emodinamica. È opportuno basculare il tavolo operatorio in lieve anti-Trendelenburg, al fine di evitare embolia gassosa. L’approccio alla vena cava avviene mediante la manovra di Cattell-Braasch (mobilizzazione verso sinistra e in basso del colon destro) [290,291] integrata dalla mobilizzazione del duodeno (manovra di Kocher).

controllo dell’emorragiaPer emorragie della VCI infraepatica, l’emostasi iniziale e il controllo prossimale e distale del vaso sono ottenuti per compressione manuale diretta o con l’ausilio di garze o tamponi. Successivamente, la sede della lesione può essere controllata occludendo il vaso con l’apposizione di pinze o clamp emostatici del tipo Satinsky.

Il maggior problema da fronteggiare in caso di lesione della cava retroepatica è invece il contenimento della copio-sa emorragia che si verifica durante le manovre di mobiliz-zazione del fegato e la decompressione dell’ematoma retro-peritoneale. L’entità dell’emorragia può essere parzialmente ridotta ottimizzando la compressione mediante packing seguito, in caso di efficacia nel controllo del sanguinamen-to, dal clampaggio della VCI sovraepatica e infraepatica, associato alla manovra di Pringle. Tuttavia, in presenza di

un ematoma retroepatico o immediatamente sottoepatico autotamponato, non ci sono evidenze che giustifichino il tentativo di ricostruzione vascolare per prevenire un nuovo sanguinamento o complicanze tromboemboliche [292].

riparazione vascolareLa riparazione della parete anteriore della VCI può essere effettuata con sutura continua in materiale non riassorbibile, mentre sulle lacerazioni della parete posteriore è possibile in-tervenire attraverso il difetto anteriore o previa rotazione del vaso [293]. Al termine della sutura è possibile il riscontro di riduzione eccessiva del lume del vaso, problema particolar-mente importante in caso di riparazione a livello soprarenale o perirenale (è opportuno garantire la pervietà di almeno il 25% del lume cavale perirenale o soprarenale). Nel paziente stabile è importante ripristinare un diametro cavale ottimale, attraverso angioplastica con patch o mediante interposizione di graft, al fine di evitare trombosi. Nei pazienti gravemente ipotési, in caso di difficoltà alla riparazione della lesione o in presenza di altre lesioni vascolari associate, la legatura della VCI infrarenale o alla biforcazione, con legatura di tutte le vene lombari tributarie del segmento leso, è considerata una valida alternativa, in genere ben tollerata dal paziente [294]. In caso di lesioni complesse a carico della VCI soprarenale, la legatura del vaso è invece considerata incompatibile con la sopravvivenza per cui, dopo il packing o clampaggio con controllo dell’emorragia, è suggerito il posizionamento di shunt temporanei eparinati, che possono essere lasciati in sede per 24 ore sino a stabilizzazione del paziente, o shunt atrio cavali per consentire la riparazione.

trattamento postoperatorioDopo trattamento di una lesione cavale, in fase postope-ratoria è indicato utilizzare accorgimenti per migliorare il ritorno venoso e ridurre le complicanze tromboembo-liche (calze elastiche, sollevamento degli arti inferiori, applicazione di dispositivi di compressione pneumatica). L’edema agli arti inferiori, presente nell’immediato perio-do postoperatorio, è generalmente di rapida risoluzione. Occasionalmente, sono stati segnalati decessi a seguito di tromboembolia polmonare, soprattuttto nel paziente di età superiore ai 50 anni con trombosi iliaco-femorale; in questo sottogruppo di pazienti dovrebbe essere conside-rata l’opportunità di utilizzare filtri cavali.

trattamento deLLe Lesioni deL sistema venoso PortaLe

Le lesioni del sistema venoso portale sono sostenute nel 90% dei casi da traumi penetranti, in particolare da FAF in grado di causare estese lacerazioni quasi sempre associate

Page 36: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

240

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

a lesioni di strutture vascolari attigue (vena cava inferiore, vena mesenterica superiore, vena splenica) oltre che di fegato, vie biliari, complesso duodenopancreatico o inte-stino. È bene ricordare che in caso di lesioni della vena mesenterica superiore, l’esposizione del suo primo tratto retropancreatico è difficile da ottenere, mentre nel decorso infrapancreatico è agevole; inoltre a essa affluiscono nu-merose collaterali.

valutazione inizialeLa gran parte dei pazienti interessati da lesioni del sistema venoso portale giungono in sala di emergenza in shock di classe avanzata. I soggetti che rispondono all’espansione volemica rivelano intraoperatoriamente la presenza di un ematoma confinato del retroperitoneo centrale, del legamento epatoduodenale o della radice del mesentere. Per i pazienti in extremis può essere indicata la toracotomia resuscitativa in SR con clampaggio aortico, manovra gravata tuttavia da mortalità estremamente elevata.

esposizione e controllo vascolareIn caso di grave compromissione emodinamica, la prima manovra da effettuare è la compressione manuale dell’aorta allo iato diaframmatico. Talvolta, il duplice clampaggio dell’aorta, al di sopra del tronco celiaco e al di sotto dei vasi renali, può diminuire l’afflusso al sistema portale, riducen-do temporaneamente l’emorragia. È opportuno posizionare il paziente in lieve anti-Trendelenburg al fine di evitare em-bolie gassose, in presenza di una potenziale contemporanea lesione della vena cava. In presenza di lesioni emorragiche maggiori a carico tratto sovrapancreatico della vena porta, al fine di ridurre l’afflusso ematico, la prima manovra da effettuare è il packing, seguito dalla scheletrizzazione della vena porta e dal controllo vascolare distale mediante clamp vascolare. L’esposizione della vena porta retropancreatica alla confluenza dei suoi rami tributari maggiori si ottiene mediante la manovra di Cattell-Braasch, indicata anche nel sospetto che la lesione portale possa essere associata a lesione della VCI.

riparazione definitivaDopo controllo vascolare prossimale e distale, le lesioni della vena porta sovrapancreatica o ilare richiedono un’ac-curata riparazione mediante sutura laterale con o senza interposizione di patch o graft. Le anastomosi termino-ter-minali sono difficilmente attuabili in tale regione a causa della scarsa esposizione del vaso una volta riapprossimati i capi vascolari; una valida alternativa è l’interposizione di un patch di safena. In tale sede, la legatura della vena porta è considerata compatibile con la sopravvivenza, a patto che l’arteria epatica sia integra e che sia tassativa-mente pianificato un second look per controllare la vitalità

dell’intestino. A causa degli stretti rapporti anatomici con il pancreas e della presenza di numerosi vasi tributari, la riparazione della vena porta retropancreatica risulta estremamente difficoltosa (esperienze di riparazione mediate sutura laterale hanno determinato stenosi pres-soché completa del lume vascolare [295]). Pertanto, in caso di grave compromissione emodinamica o di lesioni altamente destruenti, vanno tassativamente evitati tentativi di riparazione diretta della vena porta e devono essere prese in considerazione la legatura del vaso oppure la sua ricostruzione mediante interposizione di patch di safena, trasposizione di un tratto di vena splenica o graft di PTFE. In alternativa, il tratto distale della vena splenica può es-sere ruotato e anastomizzato con il moncone della vena mesenterica superiore.

trattamento postoperatorioL’occlusione acuta della vena porta determina un’impor-tante, seppur transitoria, riduzione della pressione arteriosa a causa del ristagno di sangue nel distretto splancnico, in associazione a un aumento della pressione portale al di sotto della legatura oppure a trombosi. L’ipotensione da oc-clusione portale può essere efficacemente contrastata da un aggressivo rimpiazzo volemico. L’ipertensione portale si ri-solve invece, di solito, spontaneamente nel giro di qualche giorno, con lo sviluppo di circoli collaterali. È comune lo sviluppo di marcato edema delle anse intestinali, con rischio di infarto venoso o SCA; è buona regola provvedere a una chiusura temporanea dell’addome e monitorizzare sistematicamente la pressione intraddominale. L’utilizzo di anticoagulanti per prevenire la trombosi mesenterica viene comunemente attuato, sebbene non sia supportato da evidenze di letteratura.

trattamento deLLe Lesioni dei vasi iLiaci

Le lesioni dei vasi iliaci sono determinate nella maggior par-te dei casi da ferite penetranti che coinvolgono soprattutto l’arteria iliaca esterna [296]. I traumi chiusi determinano lesioni dei vasi iliaci nel 5% dei casi, coinvolgendo so-prattutto l’arteria iliaca interna con lacerazione intimale e trombosi oppure transezione del vaso a opera di fram-menti ossei, come si osserva in caso di fratture complesse di bacino, in particolare quelle in compressione laterale (Fig. 10.10).

Presentazione clinicaIn tutti i pazienti con ferite penetranti dei quadranti ad-dominali inferiori, dei glutei e delle anche, soprattutto se emodinamicamente compromessi, dev’essere sospettata una

Page 37: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

241

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

lesione dei vasi iliaci sino a esclusione della stessa. Disten-sione addominale, shock e riduzione o assenza dei polsi femorali sono segni patognomonici di lesione iliaca. Lesioni arteriose da lacerazione intimale conseguenti a trauma chiuso possono essere misconosciute e rendersi evidenti a distanza di tempo con segni di ischemia dell’arto ipsilaterale conseguente a trombosi. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, la diagnosi è intraoperatoria, per la pre-senza di voluminosi ematomi localizzati in zona 3.

esplorazione e controllo dell’emorragiaTutti gli ematomi della zona 3 richiedono esplorazione chirurgica se conseguenti a trauma penetrante mentre, come regola generale, se dovuti a trauma chiuso devono essere esplorati chirurgicamente solo in presenza di sospetto di lesione arteriosa (pulsatilità dell’ematoma o assenza del polso femorale). Il controllo iniziale dell’emorragia va as-sicurato mediante compressione manuale diretta, poiché il posizionamento alla cieca di clamp vascolari in corrispon-denza delle arterie iliache all’interno dell’ematoma potrebbe determinare lesioni iatrogene delle strutture viciniori, come le vene iliache e gli ureteri; è stata descritta [297] una tecnica di controllo vascolare progressivo, con iniziale clampaggio aortico e cavale distante dalla sede della lesione e progressivo spostamento distale dei clamp man mano che la dissezione procede verso lo scavo pelvico. In rare occasioni, in partico-lare negli individui di sesso maschile con bacino stretto, per

controllare il sanguinamento refluo può rendersi necessario il clampaggio dell’arteria femorale attraverso un’incisione inguinale con sezione del legamento.

riparazione vascolareLe lacerazioni di piccole dimensioni dell’arteria iliaca co-mune o esterna devono essere trattate con sutura primaria, considerando l’opportunità di innesti venosi o protesici in caso di rischio di eccessiva riduzione del lume. Tecniche di ricostruzione più complesse e dispendiose come i by-pass extra-anatomici non devono essere applicate in urgenza. Come strategia damage control, nel paziente gravemente ipoteso sono possibili il posizionamento di shunt intra-luminali temporanei oppure la legatura dell’arteria iliaca esterna (l’interna consente un circolo collaterale spesso sufficiente alla vitalità dell’arto); la legatura dell’arteria iliaca comune non dovrebbe mai essere considerata, poiché la conseguente ischemia dell’arto comporta un rischio di amputazione superiore al 50% dei casi.

La ricostruzione delle vene iliache dovrebbe essere esegui-ta ogni qualvolta sia possibile confezionare una venoraffia laterale senza determinare eccessiva stenosi, in caso con-trario la legatura è una valida opzione.

complicanzeLa principale complicanza precoce a seguito di riparazio-ne delle lesioni arteriose è rappresentata dalla trombosi, seguita dal sanguinamento dovuto a errori tecnici, al man-cato riconoscimento di altre fonti di lesioni sanguinanti o a coagulopatia. Le complicanze tardive arteriose sono rappresentate da formazione di falsi aneurismi e stenosi, associate a claudicatio intermittente o ischemia dell’arto; un’emorragia tardiva dal sito chirurgico è generalmente dovuta a infezione della rima di sutura.

Le complicanze venose sono costituite dall’edema agli arti inferiori e dalla trombosi, che nei casi più gravi può complicarsi con embolia polmonare, in particolare se la stenosi del lume che ha favorito la trombosi è superiore al 50%. La maggior parte dei pazienti sottoposti a legatura della vena iliaca sviluppano un transitorio edema dell’arto inferiore, ben controllato dall’utilizzo delle calze elastiche. In rari casi la presenza di imponente edema scrotale o del-l’arto impone il reintervento per ripristinare la perfusione.

damage controL Per i traumi vascoLari

L’applicazione della filosofia damage control in caso di le-sione vascolare deve tenere in considerazione le opposte esigenze di una ricostruzione vascolare precisa ma dispen-diosa in termini di tempo e dell’urgenza di una procedura

Figura 10.10 Lesionedell’iliacacomuneinfratturadelbacinotrattatainizialmenteconpacking extraperitoneale eangio-embolizzazionechehasuccessivamenterichiestol’amputazione dell’arto.

Page 38: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

242

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

chirurgica abbreviata a causa della compromissione della riserva fisiologica del paziente. Anche per le lesioni va-scolari, la strategia prevede una fase chirurgica immediata per il controllo temporaneo dell’emorragia. In questa prima fase, l’applicazione dei principi di DCS nel trauma vascolare si basa sulla distinzione fra riparazioni vascolari semplici, che non comportano cioè estese suture e possono essere applicate anche nel paziente gravemente coagulopatico (per esempio riparazione laterale, legatura, posizionamento di shunt intraluminali temporanei) e complesse, che inclu-dono le anastomosi termino-terminali, l’angioplastica con patch e l’interposizione di protesi; le procedure complesse non rappresentano una scelta favorevole nel paziente ipo-termico e coagulopatico, poiché richiedono tempi lunghi di esecuzione ed espongono a sanguinamenti dalle stesse linee di sutura.

Come ricordato nei singoli paragrafi, la legatura è una procedura spesso applicata alle strutture venose. Le legatu-re della vena renale sinistra, della cava infrarenale e delle vene iliache sono generalmente ben tollerate; nel paziente in extremis possono essere considerate la legatura dei vasi portali e della vena mesenterica superiore. Anche molte arterie possono essere legate con scarse ripercussioni: per esempio, possono essere legate l’arteria mesenterica supe-riore nel tratto sovrapancreatico nel paziente gravemente compromesso oppure l’asse celiaco all’origine o un’arteria renale in caso di lesione complessa. Un’alternativa alla legatura dei vasi, se in sedi inaccessibili, è rappresentata dal tamponamento mediante posizionamento di un cate-tere di Foley o di un Fogarty di grosso diametro, inseriti nel tramite della lesione e gonfiati sino a ottenere il controllo dell’emorragia.

Gli shunt intraluminali sono dispositivi posizionati all’interno del vaso, a cavaliere del tratto leso, al fine di ripristinare temporaneamente il flusso ematico sino al momento della riparazione definitiva. Tali dispositivi re-stano pervi per 24-36 ore per la concomitante presenza della coagulopatia. Studi sperimentali hanno evidenziato che la presenza degli shunt fornisce circa la metà del flusso sostenuto dal vaso integro e che, come meccanismo com-pensatorio, l’estrazione di ossigeno in periferia è aumen-tata. Sebbene in commercio esistano specifici dispositivi eparinizzati, qualsiasi device tubulare di calibro adeguato (per esempio linee di infusione, drenaggi toracostomici di piccolo diametro, sondini da aspirazione) può essere utilizzato come shunt. Il dispositivo temporaneo, di calibro compatibile con il lume vascolare, va inserito dapprima di-stalmente, perfuso dal sangue refluo, e infine introdotto nel capo prossimale, assicurandolo ai capi vascolari con lacci non riassorbibili. La perfusione distale è accertata mediante palpazione dei polsi periferici o esecuzione di esame Dop-pler. Non è in genere necessaria l’eparinizzazione.

All’intervento chirurgico immediato segue sempre la consueta fase di stabilizzazione in Terapia Intensiva; in questa seconda fase non è infrequente la necessità di rein-tervento non pianificato (urgente) per la persistenza o la

ripresa di un sanguinamento, per lo sviluppo di sindrome compartimentale o per ischemia di un arto distalmente a uno shunt temporaneo.

A paziente stabilizzato, la correzione definitiva della lesione viene in genere pianificata a distanza di 48-72 ore dall’intervento iniziale. La ricostruzione di strutture va-scolari intraddominali dovrebbe essere effettuata prima di un eventuale depacking degli organi parenchimatosi, in quanto la rimozione delle compresse laparotomiche potrebbe determinare un nuovo sanguinamento. Qualora fosse stato posizionato uno shunt temporaneo, una volta rimosso dev’essere eseguito un Fogarty dei capi vascolari e la parete dev’essere recentata, al fine di evitare di eseguire la sutura in corrispondenza del tratto di parete danneggiato precedentemente dalle legature.

aspetti assistenziali infermieristici

Renzo Doneda, Monica Ghinaglia

Il trauma addominale in SR è spesso associato a traumati-smi multidistrettuali e il coinvolgimento degli organi in-traddominali può inizialmente essere non apprezzabile. L’eventualità che in tali casi l’infermiere di Pronto Soccorso debba prestare assistenza durante le manovre invasive non è infrequente.

Effettuata la valutazione primaria e la diagnostica di primo livello il percorso successivo è funzione della stabilità emodi-namica del paziente e dell’esito delle precedenti indagini.

Da questo punto di vista l’assistenza infermieristica al politraumatizzato con trauma dell’addome deve garantire la presenza di due accessi venosi periferici di grosso calibro (18- 16 gauge) funzionanti, l’infusione di fluidi e /o emoderivati e il monitoraggio clinico/strumentale delle funzioni vitali in continuo. L’infermiere deve anche accertarsi che in occasione dell’esecuzione della TC il catetere urinario sia chiuso per consentire il riempimento e lo studio della vescica.

Il DPL, con l’avvento dell’E-FAST è sempre meno utiliz-zato, ma dove indicato, richiede la disponibilità di catetere peritoneale, materiale sterile di medicazione e sutura, Rin-ger lattato (10 mL/kg) a temperatura di 37 °C, deflussore e sacchetto sterile di raccolta [298].

Nei pazienti con grave compromissione della stabilità emodinamica potrebbe essere necessario ricorrere alla stra-tegia di damage control, con intervento chirurgico d’urgenza per arrestare l’emorragia e controllare la contaminazione; detta strategia può portare alla necessità di eseguire manovre chirurgiche in SR. In tal caso, gli infermieri del Trauma Team devono garantire la presenza e il corretto funzionamento dei presidi, degli strumenti e materiali necessari, quali due fonti di aspirazione con cannule per il campo operatorio, ferri chirurgici per procedure d’urgenza, compresse di garza sterile con filo radiopaco, soluzione fisiologica a temperatu-ra di 39 °C, fili da sutura. Non è infrequente che in questi

Page 39: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

243

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

pazienti sia necessario attivare protocolli di trasfusione massiva, per cui l’infermiere deve garantire l’approvvigiona-mento degli emoderivati, il loro riscaldamento e infusione rapida con gli appositi dispositivi.

È sempre necessario garantire in continuo il monitoraggio clinico/strumentale delle funzioni vitali, del bilancio idrico ed ematico e la protezione termica del paziente [299]. È parti-colarmente critica la necessità di proseguire il monitoraggio e l’eventuale ventilazione durante le fasi di trasporto del paziente in radiologia (sala TC, angiografia, RM) e in sala operatoria.

Nel caso di pazienti con lesioni addominali per i quali si decida di adottare una strategia conservativa è fondamen-tale condividere un programma di monitoraggio clinico strumentale delle funzioni vitali, delle perdite ematiche, biochimico e radiologico in specie per le fasi di assistenza in Pronto Soccorso, in attesa del ricovero definitivo.

L’infermiere deve garantire infine la risposta al bisogno di analgesia valutando e segnalando la presenza di dolore, l’esecuzione di eventuale terapia prescritta e assicurare l’infusione dei liquidi e delle terapie.Fig. 10.10

bibLiograFia

1. Bain M, Kirby RM, Tiwari P, et al. Survey of abdominal ultrasound and diagnostic peritoneal lavage for suspected intra-abdominal injury following blunt trauma. Injury 1998;29:65-9.

2. Engrav LH, Benjamin CI, Strate RG, et al. Diagnostic peritoneal lavage in blunt abdominal trauma. J Trauma 1975;15:854-9.

3. Peitzman AB, Makaroun MS, Slasky BS, et al. Prospective study of computed tomography in initial management of blunt abdominal trauma. J Trauma 1999;26:585-92.

4. Phillips T, Sclafani SJ, Goldstein A, et al. Use of the contrast-enhanced CT enema in the management of penetrating trauma to the flank and back. J Trauma 1986;26: 593-601.

5. Peitzman AB, Makaroun MS, Slasky BS, et al. Prospective study of computed tomography in initial management of blunt abdominal trauma. J Trauma 1999;26:585-92.

6. Phillips T, Sclafani SJ, Goldstein A, et al. Use of the contrast-enhanced CT enema in the management of penetrating trauma to the flank and back. J Trauma 1986;26:593-601.

7. Rozycki GS, Feliciano DV, Ochsner MG, et al. The role of ultrasound patients with possible penetrating cardiac wounds: a prospective multicenter study. J Trauma 1999;46:543-51.

8. Hollerman JJ, Fackler MI, Coldwell DM, et al. Gunshot wound. 2. Radiology. Am J Roentegenol 1990;155:691-4.

9. Liu PP, Lee WC, Cheng YF, et al. Use of splenic artery embolization as an adjunct to nonsurgical management of blunt splenic injury. J Trauma 2004;56:768-72.

10. Renz BM, Feliciano DV. Unnecessary laparotomies for trauma: A prospective study of morbidity. J Trauma 1995;38:350-3.

11. Como JJ, Bokhari F, Chiu WC, et al. Practice management for selective nonoperative management of penetrating abdominal trauma. J Trauma 2010;68(3):721-33.

12. Demetriades D, Hadjizacharia P, Constantinou C, et al. Selective non-operative management of penetrating abdominal solid organ injuries. Ann Surg 2006;244:620-8.

13. Ocampo H, Yamaguchi M, Mackabee J, et al. Selective management of posterior stab wounds. JAMA 1987;79:283-8.

14. Arikan S, Kocakusak A, Yucel AF, et al. A prospective comparison of the selective observation and routine exploration methods for penetrating abdominal stab wounds with organ or omentum evisceration. J Trauma 2005;58: 526-32.

15. Nagy K, Roberts R, Joseph K, et al. Evisceration after abdominal stab wounds: is laparotomy required? J Trauma 1999;47:622-6.

16. Alzamel HA, Cohn SM. When is safe to discharge asymptomatic patients with abdominal stab wounds? J Trauma 2005;58: 523-5.

17. Bokhari F, Nagy K, Roberts R, et al. The ultrasound screen for

penetrating truncal trauma. Am Surg 2004;70:316-21.

18. Alonso RC, Nacenta SB, Martinez PD, et al. Kidney in danger: CT finding of blunt and penetrating renal trauma. Radiographics 2009;29(7):2033-53.

19. Friese RS, Coln CE, Gentilello LM. Laparoscopy is sufficient to exclude occult diaphragm injury after penetrating abdominal trauma. J Trauma 2005;58:789-92.

20. Pryor JP, Reilly PM, Dabrowski GP, et al. Nonoperative management of abdominal gunshot wounds. Ann EmergMed 2004;43:344-53.

21. Omoshoro-Jones JAO, Nicol AJ, Navasaria R, et al. Selective non operative management of liver gunshot injuries. Br J Surg 2005;92:890-5.

22. Munera F, Morales C, Soto JA, et al. Gunshot wounds of the abdomen: evaluation of stable patients with triple contrast helical CT. Radiology 2004;231:399-405.

23. Shapiro MB, Nance ML, Schiller HJ, et al. Nonoperative management of solid abdominal organ injuries from blunt trauma: impact of neurological impairment. Am Surg 2001;67:793-7.

24. Lin HF, Wu JM, Tu CC, et al. Value of diagnostic and therapeutic laparoscopy for abdominal stab wounds. World J Surg 2010;34: 1653-62.

25. Cherkasov M, Sitnikov V, Sarkisyan B, et al. Laparoscopy versus laparotomy in management of abdominal trauma. Surg Endosc 2008;22:228-31.

Page 40: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

244

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

26. Ahmed N, Whelan J, Brownlee J, et al. The contribution of laparoscopy in evaluation of penetrating abdominal wounds. J Am Coll Surg 2005;201:213-6.

27. Gaines B, Rutkoski JD. The role of laparoscopy in pediatric trauma. Seminars in Pediatric Surgery 2010;19:300-3.

28. Zantut LE, Ivatury RR, Smith RS, et al. Diagnostic and therapeutic laparoscopy in penetrating trauma: a multicenter experience. J Trauma 1997;42:825-8.

29. Sosa JL, Gaker M, Puente I, et al. Negative laparotomy in abdominal gunshot wounds: potential impact of laparoscopy. J Trauma 1995;38:194-7.

30. Murray JA, Demetriades D, Asensio JA, et al. Occult injuries to the diaphragm: prospective evaluation of laparoscopy in penetrating injuries to the left lower chest. JACS 1998;178: 626-30.

31. McMahon DJ, Sing RF, Hoff WS, et al. Laparoscopic transdiaphragmatic diagnostic pericardial window in the hemodynamically stable patient with penetrating chest trauma. Surg Endosc 1997;11:474-7.

32. Ivatury RR, Simon FJ, Stahl WM. A critical evaluation of laparoscopy in penetrating abdominal trauma. J Trauma 1993;34:822-5.

33. Matthews BD, Bui H, Harold KL. Laparoscopic repair of traumatic diaphragmatic hernias. Surg Endosc 2003;17:254-7.

34. Sayad P, Cacchione R, Ferzli G. Laparoscopic distal pancreatectomy for blunt injury to the pancreas. Surg Endosc 2001;15:759-63.

35. Lachachi F, Moumouni I, Atmani H, et al. Laparoscopic repair of small bowel injury in penetrating abdominal trauma. J Laparaendosc Adv Surg Tech 2002;12:387-590.

36. Sayad P, Cacchione R, Ferzli G. Laparoscopic distal pancreatectomy for blunt injury to the pancreas. Surg Endosc 2001;15:759-63.

37. Cottman D, Gorecki PJ, Curvelo M, et al. Laparascopic repair of traumatic perforation of the urinary bladder. Surg Endosc 2001;15: 1988-92.

38. Chen RJ, Fang JF, Lin BC, et al. Selective application of laparoscopy of fibrin glue in the failure of nonoperative management of blunt hepatic trauma. J Trauma 1998;44:691-5.

39. Carrillo EH, Reed DN, Gordon L, et al. Delayed laparoscopy facilitates the management of biliary peritonitis in patients with complex liver injuries. Surg Endosc 2001;15:319-22.

40. Smith RS, Meister RK, Tsoi EKM, et al. Laparoscopically guided blood salvage and autotransfusion in splenic trauma: a case report. J Trauma 1993;34:313-5.

41. Navsaria PH, Graham R, Nicol A. A new approach to extraperitoneal rectal injuries: laparoscopy and diverting loop sigmoid colostomy. J Trauma 2001;51:532-5.

42. Goettler CE, Bard MR, Toschlog EA. Laparoscopy in trauma. Curr Surg 2004;61:554-9.

43. Mobbs RJ, Ow YM. The danger of diagnostic laparoscopy in the head injured patient. J Clin Neurosci 2002;9:592-3.

44. Leppaniemi AK, Elliott DC. The role of laparoscopy in blunt abdominal trauma. Ann Med 1996;28:483-9.

45. Howells GA, Uzieblo MR, Blair H, et al. Tension pneumopericardium during laparoscopy for trauma. Surg Laparosc Endosc Perc Tech 2000;10:44-6.

46. Villaviencio RT, Auear JA. Analysis of laparoscopy in trauma. J Am Coll Surg 1999;189:11-20.

47. Mazuki JE, Shapiro MJ, Kaminski DL, et al. Diagnostic laparoscopy for evaluation of penetrating abdominal trauma. J Trauma 1996;42:163-6.

48. Villaviencio RT, Auear JA. Analysis of laparoscopy in trauma. J Am Coll Surg 1999;189:11-20.

49. Duchesne JC, Kimonis K, Marr AB, et al. Damage Control Resuscitation in Combination with Damage Control Laparotomy: A Survival Advantage. J Trauma 2010;69:46-52.

50. Lee JC, Peitzman AB. Damage control laparotomy. Curr Opin Crit Care 2006;12:346-50.

51. Beekley AC. Damage control resuscitation: a sensible approach to the exsanguinating surgical patient. Crit Care Med 2008;36:S267-74.

52. Waibel BH, Rotondo M. Damage control in trauma and abdominal sepsis. Crit Care Med 2010;38:S421-30.

53. Borgman MA, Spinella PC, Perkins JG, et al. The ratio of blood products transfused affects mortality in patients receiving massive transfusions at a combat support hospital. J Trauma 2007;63:805-13.

54. Holcomb JB, Wade CE, Michalek JE, et al. Increased plasma to platelet to red blood cell ratios improves outcome in 466 massively transfused civilian trauma patients. Ann Surg 2008;248:447-58.

55. Duchesne JC, Islam TM, Stuke L, et al. Hemostatic resuscitation during surgery improves survival in patients with traumatic-induced coagulopathy. J Trauma 2009;67:33-7.

56. Hirshberg A, Sheffer N, Barnea O. Computer simulation of hypothermia during “damage control” laparotomy. World J Surg 1999;23:960-5.

57. RasmussenTE, Clouse WD, Jenkins DH, et al. The use of temporary vascular shunts as a damage control adjuncts in the management of wartime vascular injury. J Trauma 2006;61:8-15.

58. Glass GE, Pearse MF, Nanchahal J. Improving lower limb salvage following fractures with vascular injury: A systematic review and new management algorithm. J Plast Reconstr Aesthet Surg 2009;62:571-9.

59. Schecter WP, Ivatury RR, Rotondo MF, et al. Open abdomen after trauma and abdominal sepsis: A strategy for management. J Am Coll Surg 2006;203:390-6.

60. Cheatham ML, Safcsak K. Is the evolving management of intra-abdominal hypertension and abdominal compartment syndrome improving survival? Crit Care Med 2010;38:402-7.

61. Carrillo EH, Spain DA, Wohltmann CD, et al. Interventional techniques are useful adjuncts in nonoperative management of hepatic injuries. J Trauma 1999;46:619-24.

62. Martin RR, Byrne M. Postoperative care and complications of damage control surgery. Surg Clin North Am 1997;77:929-42.

63. Fischer PE, Fabian TC, Magnotti LJ, et al. A ten-years review of enterocutaneous fistula after laparotomy for trauma. J Trauma 2009;67:924-8.

Page 41: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

245

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

64. Stedman’s Medical Dictionary. 26th ed. Baltimore, Williams & Wilkins 1995.

65. Malbrain MLNG, De Laet IE. Intra-Abdominal Hypertension. Evolving Concepts. Clinic Chest Med 2009;30:45-70.

66. Malbrain MLNG, Cheatham ML, Kirkpatrick A, et al. Results from the International Conference of experts on intra-abdominal hypertension and abdominal compartment syndrome. I. Definitions. Intensive care Med 2006;32:1722-32.

67. Cheatham ML, Malbrain MLNG. Abdominal perfusion pressure. In: Ivatury RR, Cheatham ML, Malbrain MLNG, editors. Abdominal compartment syndrome. Georgetown, (TX): Landes Biomedical; 2006. p. 69-81.

68. De Waele JJ, De Laet I, Kirkpatrick AW, et al. Intra-abdominal hypertension and abdominal compartment syndrome. Am J kidney Dis 2010;57(1):159-69.

69. Regueira T, Bruhn A, Hasbun P, et al. Intra-abdominal hypertension: incidence and association with organ dysfunction during early septic shock. J Crit Care 2008;23:461-7.

70. De Weale JJ, Leppaniemi AK. Intra-abdominal hypertension in acute pancreatitis. World J Surg 2009;33:1128-33.

71. Tuggle D, Skinner S, Garza J, et al. The abdominal compartment syndrome in patient with burn injury. Acta Clin Belg 2007;62:136-40.

72. Malbrain MLNG, De Laet I, De Waele JJ. IAH/SCA: The rational for Surveillance. World J Surg 2009;33:1110-5.

73. De Laet I, Malbrain MLNG. ICU management of the patient with intra-abdominal hypertension: what to do, when an to whom. Acta Clin Belg 2007;62(Suppl 1):190-9.

74. Dalfino L, Tullo L, Donadio I, et al. Intra-abdominal hypertension and acute renal failure in critically ill patients. Intensive Care Med 2009;34:707-13.

75. Wauters J, Claus P, Brosens N, et al. Pathophysiology of renal hemodynamics and renal cortical microcirculation in a porcine model of elevated intra-abdominal pressure. J Trauma 2009;66:713-9.

76. Sugrue M, Hallal A, D’Amours S. Intra-abdominal pressure hypertension and the kidney. In: Ivatury RR, Cheatham M, Malbrain MLNG, Sugrue M, editors. Abdominal compartment syndrome. Georgetown (TX): Landes Bioscience; 2006. p. 119-28.

77. Gattinoni L, Pelosi P, Suter PM, et al. Acute respiratory distress syndrome caused by pulmonary and extrapulmonary disease. Different syndromes?. Am J Resp Crit Care Med 1998;158:3-11.

78. Pelosi P, Quintel M, Malbrain MLNG. Effect of intra-abdominal pressure on respiratory mechanisms. Acta Clin Belg Suppl 2007;62:78-88.

79. Quintel M, Pelosi P, Caironi P, et al. An increase in intra-abdominal pressure increases pulmonary edema in oleic acid-induced lung injury. Am J Resp Crit Care 2004;169:534-41.

80. De Keulenaer BL, De Backer A, Schepens DR, et al. Abdominal compartment syndrome related to noninvasive ventilation. Intensive Care Med 2003;29:1177-81.

81. Cheatham M, Malbrain MLNG. Cardiovascular implication of elevated intra-abdominal pressure. In: Ivatury RR, Cheatham M, Malbrain MLNG, Sugrue M, editors. Abdominal compartment syndrome. Georgetown (TX): Lands Bioscience; 2006; pp. 89-104.

82. Kashtan J, Green JF, Parson EQ, et al. Hemodynamic effect of increased abdominal pressure. J Surg Res 1981;30:249-55.

83. Cheatham M, Malbrain MLNG. Cardiovascular effects and optimal preload markers in intra-abdominal hypertension. In: Vincent J-L, editor. Yearbook of intensive care and emergency medicine. Berlin: Springer-Verlag; 2004. p. 519-43.

84. Schachtrupp A, Graf J, Tons C, et al. Intravascular volume depletion in a 24-hour porcine model of intra-abdominal hypertension. J Trauma 2003;55:734-40.

85. Malbrain MLNG, De Laet I. Functional haemodynamics during intra-abdominal hypertension: what to use and what not use. Acta Anaesthesiol Scand 2008;52:576-7.

86. Ridings PC, Bloomfield GL, Blocher CR, et al. Cardiopulmonary effects of raised intra-abdominal pressure before and after intravascular volume expansion. J Trauma 1995;39:1071-5.

87. Wendon J, Biancofiore G, Auzinger G. Intra-abdominal hypertension and the liver. In : Ivatury, R.R., Cheatham, M., Malbrain, M.L.N.G., Sugrue, M., (eds). Georgetown (TX), Landes Bioscience 2006; pp138-143.

88. Rezende-Neto JB, Moore EE, Masumo T, et al. The abdominal compartment syndrome as a second insult during systemic neutrophil priming provokes multiple organ injury. Shock 2003;20:303-8.

89. Citerio G, Berra L. Central nervous system. In: Ivatury RR, Cheatham M, Malbrain MLNG, Sugrue M, (eds) Abdominal compartment syndrome. Georgetown (TX): Landes Bioscience; 2006; pp. 144-56.

90. Citerio G, Vascotto E, Villa F, et al. Induced abdominal compartment syndrome increases intracranial pressure in neurotrauma patients: a prospective study. Crit Care Med 2001;29:1466-71.

91. Deeren D, Dits H, Malbrain MLNG. Correlation between intra-abdominal and intracranial pressure in non-traumatic brain injury. Intensive Care Med 2005;31:1577-81.

92. Braslow BM, Stawicki SP. What is abdominal compartment syndrome and how should it be managed? In: Neligan PJ, Deutschman CS, editors. Evidence-based Practice of Critical Care. Philadelphia PA: Sounders Elsevier; 2010. p. 573-6.

93. Maerz L, Kaplan LJ. Abdominal compartment syndrome. Crit Care Med 2008;36(Suppl):S212-5.

94. Parsak CK, Seydaoglu G, Sakman G, et al. Abdominal compartment syndrome: current problems and new strategies. World J Surg 2008;32:13-9.

95. Cheatham ML. Abdominal compartment syndrome. Curr Opin Crit Care 2009;15:154-62.

96. Ivatury RR, Cheatham ML, Malbrain MLNG, (eds) Abdominal compartment syndrome. Georgetown (TX): Landes Bioscienceet al. 2006.

Page 42: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

246

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

97. Cheatham ML. Non operative management of intraabdominal hypertension and abdominal compartment syndrome. World J Surg 2009;33:1116-22.

98. Cheatham ML, Malbrain MLNG, Kirkpatrick A, et al. Results from the conference of experts on intra-abdominal hypertension and abdominal compartment syndrome. Part II: recommendation. Intensive Care Med 2007;33:951-62.

99. Chiumello D, Tallarini F, Chierichetti M, et al. The effect of different volumes and temperatures of saline on the bladder pressure measurement in critically ill patients. Critical Care 2007;11:R82.

100. Malbrain LMNG, Chiumello D, Pelosi P, et al. Incidence and prognosis of intra-abdominal hypertension in a mixed population of critically ill patient: a multiple-center epidemiological study. Crit Care Med 2005;33:316-22.

101. Parr MJ, Olvera CI. Medical management of abdominal compartment syndrome. In: Ivatury RR, Cheatham ML, Malbrain MLNG, editors. Abdominal compartment syndrome. Georgetown (TX): Landes Biomedical Science; 2006; pp. 232-8.

102. Michard F, Alaya S, Zarka V, et al. Global end-diastolic volume as an indicator of cardiac preload in patients with septic shock. Chest 2003;124:1900-8.

103. Cheatham ML, Malbrain MLNG. Abdominal perfusion pressure. In: Ivatury RR, Cheatham ML, Malbrain MLNG, editors. Abdominal compartment syndrome. Georgetown (TX): Landes Biomedical Science; 2006. pp. 69-81.

104. Cheatham ML, Safcsak K. Is the evolving management of intra-abdominal hypertension and abdominal compartment syndrome improving survival? Crit Care Med. 2010 Feb;38(2):402-7.

105. Cheatham ML. Intraabdominal pressure monitoring during fluid resuscitation. Curr Opin Crit Care 2008;14:327-33.

106. Suominen PK, Pakarinen MP, Rautiainen P, et al. Comparison of direct and intravescical

measurement of intraabdominal pressure in children. J Pediatr Surg 2006;41:1381-5.

107. Oda J, Ueyama M, Yamashita K, et al. Hypertonic lactated saline resuscitation reduces the risk of abdominal compartment syndrome in severely burned patients. J Trauma 2006;60:64-71.

108. Umgelter A, Reindl W, Franzen M, et al. Renal resistive index and renal function before and after paracentesis in patients with hepatorenal syndrome and tense ascites. Intensive Care Med 2008;35:152-6.

109. De Laet I, Ravyts M, Vidts W, et al. Current insights in intra-abdominal hypertension and abdominal compartment syndrome: open the abdomen and keep it open! Langenbecks Arch Surg 2008;393:833-47.

110. De Weale JJ, Hoste EA, Malbrain MLNG. Decompressive laparotomy for abdominal compartment syndrome-a critical analysis. Crit Care 2006;10:R51.

111. Leppaniemi AK, Hienonen PA, Siren JE, et al. Treatment of abdominal compartment syndrome with subcutaneous anterior abdominal fasciotomy in severe acute pancreatitis. World J Surg 2006;30:1922-4.

112. Stawicki SP, Cipolla J, Bria C. Comparison of open abdomens in non-trauma and trauma patients. A retrospective study. OPUS 12 Scientist 2007;1:1-8.

113. Tolino MJ, Tripoloni DE, Ratto R, et al. Infections associated with prosthetic repairs of abdominal wall hernias: pathology, management and results. Hernia 2009;13:631-7.

114. Teixeira PG, Salim A, Inaba K, et al. A prospective look at the current state of open abdomens. Am Surg 2008;74:891-7.

115. Girard S, Sideman M, Spain DA. A novel approach to the problem of intestinal fistulization arising in patient managed with open peritoneal cavities. Am J Surg 2002;184:166-7.

116. Hayanga AJ, Bass-Wilkins K, Bulkley GB. Current management of small-bowel obstruction. Adv Surg 2005;39:1-33.

117. Barker DE, Green JM, Maxwell RA, et al. Experience with vacuum-pack temporary abdominal wound closure in 258 trauma and general and vascular surgical patients. J Am Coll Surg 2007;204:784-92.

118. Trottier DC, Friedlich M, Rostom A. The use of endoscopic hemoclips for postoperative anastomotic bleeding. Surg Laparosc Endosc Percutan Tech 2008;18:299-300.

119. Loffroy R, Guiu B. Arterial embolization is the best treatment for pancreaticodejunal anastomotic bleeding after pancreaticoduodenectomy. World J Gastroenterol 2009;15:4090-1.

120. Saltzman JR, Strate LL, Di Sena V, et al. Prospective trial of endoscopic clips versus combination therapy in upper GI bleeding (PROTECCT-UGI bleeding). Am J Gastroenterol 2005;100:1503-8.

121. Smith BP, Adams RC, Doraiswamy VA, et al. Review of abdominal damage control and open abdomens: focus on gastrointestinal complications. J Gastrointestin Liver Dis 2010;19(4):425-35.

122. Miller RS, Morris Jr JA, Diaz Jr JJ, et al. Complications after 344 damage-control open celiotomies. J Trauma 2005;59:1365-71.

123. Connolly PT, Teubner A, Lees NP, et al. Outcome of reconstructive surgery for intestinal fistula in the open abdomen. Ann Surg 2008;247:440-4.

124. Sutton E, Bochicchio GV, Bochicchio K, et al. Long term impact of damage control surgery: a preliminary prospective study. J Trauma 2006;61:831-4.

125. Uranues S, Salehi, Bergamaschi R. Adverse events, quality of life and recurrence rates after laparoscopic adhesiolysis and recurrent incisional hernia mesh repair in patients with previous failed repairs. J Am Coll Surgeons 2008;207:663-9.

126. Letoublon C, Castaing D. Les traumatismes fermés du foie. Monographie de l’Association francaise de chirurgie. Paris: Arnett Blackwell; 1996.

Page 43: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

247

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

127. Sharma OP, Oswanski MF, Kaminski BP, et al. Clinical implications of the seat belt sign in blunt trauma. Am Surg 2009;75(9):822-7.

128. Pruvot FR, Meaux F, Truant S, et al. Traumatismes graves du foie: A la recherche de critères décisionnels pour le choix dutraitement non opératoire. Ann Chir 2005; 130:70-80.

129. Skandalakis JE, Skandalakis LJ, Skandalakis PN, et al. Hepatic surgical anatomy. Surg Clin North Am 2004;84:413-35.

130. Badger SA, Barclay R, Diamond T, et al. Management of liver trauma. World J Surg 2009;33:2522-37.

131. Rozycki GS, Ochsner MG, Feliciano DV, et al. Early detection of hemoperitoneum by ultrasound examination of the right upper quadrant: A multicenter study. J Trauma 1998;45:878-82.

132. Romano L, Giovine S, Guidi G, et al. Hepatic trauma: CT findings and considerations based on our experience in emergency diagnostic imaging. Eur J Rad 2004;50:59-66.

133. Woong Yoon W, Jeong YY, Kim JK, et al. CT in blunt liver trauma. Radiographics 2005;25(1): 87-104.

134. Moore EE, Shackford SR, Pachter HL. Organ injury scaling: spleen, liver and kidney. J Trauma 1995;38:323-4.

135. Hoff WS, Holevar M, Nagy KK, et al. Practice management guidelines for the evaluation of blunt abdominal trauma: the EAST practice management guidelines work group. J Trauma 2002;53:602-15.

136. Velmahos GC, Toutouzas KG, Radin R, et al. Nonoperative treatment of blunt injury to solid abdominal organs: a prospective study. Arch Surg 2003;138(8): 844-51.

137. Piper GL, Peitzman AB. Current management of hepatic trauma. Surg Clin N Am 2010;90: 775-85.

138. Navsaria PH, Nicol AJ, Krige JE. Selective Nonoperative Management of Liver Gunshot Injuries. Ann Surg 2009;249:653-6.

139. Bouras AF, Truant S, Pruvot FR. Management of blunt hepatic trauma. Journal of Visceral Surgery 2010;147:e351-8.

140. Franklin GA, Casós SR. Current advances in the surgical approach to abdominal trauma. Injury 2006;37(12):1143-56.

141. Christmas AB, Wilson AK, Manning B, et al. Selective management of blunt hepatic injuries including nonoperative management is safe and effective strategy. Surgery 2005;138:606-11.

142. Misselbeck TS, Teicher EJ, Cipolle MD, et al. Hepatic angioembolization in trauma patients: indications and complications. J Trauma 2009;67(4):769-73.

143. Fabian TC, Croce MA, Stewart RM, et al. A prospective analysis of diagnostic laparoscopy in trauma. Ann Surg 1993;217:557-60.

144. Kozar RA, Moore FA, Cothren CC, et al. Hepatic-related morbidity associated with non-operative management of complex blunt hepatic injuries:AAST multicenter trial. Sixty-Fourth Meeting of the American Association for the Surgery of Trauma. Atlanta, Georgia 2005.

145. Carillo EH, Spain DA, Wohltmann CD, et al. Interventional techniques are useful adjuncts in nonoperative management of hepatic injuries. J Trauma 1999;46:619-22.

146. Asensio JA, Roldan G, Petrone P, et al. Operative management and outcomes in 103 AAST-OIS grades IV and V complex hepatic injuries: trauma surgeons still need to operate, but angioembolization helps. J Trauma 2003;54:647-54.

147. Malhotra AK, Fabian TC, Croce MA, et al. Blunt hepatic injury a paradigm shift from operative to nonoperative management in the 1990s. Ann Surg 2000;231: 804-13.

148. Cuff RF, Cogbill TH, Lambert PJ. Nonoperative management of blunt liver trauma: the value of follow-up abdominal computed tomography scans. Am Surg 2000;66:332-6.

149. Chamberlain RS, Blumgart LH. Hepatobiliary surgery. Georgetown, TX: Landes Biosciences; 2003.

150. Castagnetti M, Houben C, Patel S, et al. Minimally invasive management of bile leaks after blunt liver trauma in children. J Pediatr Surg 2006;41:1539-44.

151. Sharma BC, Mishra SR, Kumar R. Endoscopic management of bile leaks after blunt abdominal trauma. Journal of Gastroenterology and Hepatology 2009;24:757-61.

152. Lubezky N, Konikoff FM, Rosin D, et al. Endoscopic sphincterotomy and temporary internal stenting for bile leaks following complex hepatic trauma. Br J Surg 2006;93:78-81.

153. Franklin GA, Richardson JD, Brown AL, et al. Prevention of bile peritonitis by laparoscopic evacuation and lavage after nonoperative treatment of liver injuries. Am Surg 2007;73(6):611-6.

154. Laborde Y. Interesse della colangio-RMN nella diagnosi e nel trattamento del coleperitoneo nei traumi chiusi del fegato. J Hir 2006;5:151-3.

155. Green MHA, Duell RM, Johnson CD, et al. Haemobilia. Br J Surg 2001;88:773-86.

156. Letoublon C, Chen Y, Arvieux C, et al. Delayed celiotomy or laparoscopy as part of the nonoperative management of blunt hepatic trauma. World J Surg 2008;32(6):1189-93.

157. Wurmb TE, Fruhwald P, Hopfner W, et al. Whole-body multislice computed tomography as the first line diagnostic tool in patients with multiple injuries: the focus on time. J Trauma 2009;66(3):658-65.

158. Rousseau A, Regimbeau JM, Vibert E, et al. Haemobilia after blunt hepatic trauma: a sometimes delayed complication. Ann Chir 2004;129(1):41-5.

159. Malbrain ML, Cheatham ML, Kirkpatrick A, et al. Results from the International Conference of Experts on Intra-abdominal Hypertension and Abdominal Compartment Syndrome. I. Definitions. Intensive Care Med 2006;32(11):1722-32.

Page 44: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

248

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

160. Mohr AM, Lavery RF, Barone A, et al. Angiographic embolization for liver injuries: low mortality high morbidity. J Trauma 2003;55:1077-82.

161. Duane TM, Como JJ, Bochicchio GV, et al. Reevaluating the management and outcomes of severe blunt liver injury. J Trauma 2004;57:494-500.

162. Jurkovich GJ, Hoyt DB, Moore FA, et al. Portal triad injuries-a multicenter study. J Trauma 1995;39:426-30.

163. Smith J, Caldwell E, D’Amours S, et al. Abdominal trauma: a disease in evolution. ANZ J Surg 2005;75:790-4.

164. ATLS Instructors Manual. Chicago (IL), American College of Surgeons Pubblications 2004.

165. Anderson SW, Varghese JC, Lucey BC. Blunt splenic trauma: delayed-phase CT for differentiation of active hemorrhage from contained vascular injury in patients. Radiology 2007;243:88-95.

166. Toshimasa JC, Supriya C, Nalini K. Splenic trauma: pictorial review of contrast-enhanced CT findings. Emerg radiol 2011;18(3):227-34.

167. Brady RR, Bandari M, Kerssens JJ, et al. Splenic trauma in Scotland: demographics and outcomes. World J Surg 2007;31(11):2111-6.

168. Marmery H, Shanmuganathan K, Alexander M, et al. Optimization of selection for nonoperative management of blunt splenic injury: comparison of MDCT grading systems. AJR 2007;89:1421-7.

169. Gomez D, Haas B, KaesAl-Ali, et al. Controversies in the management of splenic trauma. Injury 2012;43(1):55-61.

170. Moore FA, Davis JW, Moore Jr EE, et al. Western Trauma Association (WTA) critical decisions in trauma: management of adult blunt splenic trauma. J Trauma 2008;65: 1007-11.

171. Yao DC, Jeffrey Jr RB, Mirvis SE, et al. Using contrast enhanced helical CT to visualize arterial extravasation after blunt abdominal trauma: incidence and organ distribution. AJR AmJ Roentgenol 2002;178:17-20.

172. Murra JA, Demetriades D, Asensio J, et al. Occult injuries to the diaphragm: prospective evaluation of laparoscopy in penetrating injuries to the left lower chest. J Am Coll Surg 1998;187:626-30.

173. Shapiro MJ, Krausz C, Durham RM, et al. Overuse of splenic scoring and computed tomographic scans. J Trauma 1999;47:651-3.

174. Barquist ES, Pizano LR, Feuer W, et al. Inter- and intrarater reliability in computed axial tomographic grading of splenic injury. Why so many grading scales?. J Trauma 2004;56:334-8.

175. Moore EE, Cogbill TH, Jurkovich GJ, et al. Organ Injury scaling: spleen and liver (1994 revision). J Trauma 1995;38:323-4.

176. Smith Jr JS, Cooney RN, Mucha Jr P. Nonoperative management of the ruptured spleen: A revalidation of criteria. Surgery 1996;120:745.

177. Upadhyaya P, Simpson JS. Splenic trauma in children. J Am Coll Surg 1968;126:781-4.

178. Haan JM, Bochicchio GV, Kramer N, et al. Management of blunt splenic injuries: A 5-year experience. J Trauma 2005;58:492-5.

179. Schurr MJ, Fabian TC, Gavant M, et al. Management of blunt splenic trauma: computed tomographic contrast blush predicts failure of nonoperative management. J Trauma 1995;39:507-12.

180. Sabe AA, Claridge JA, Rosemblum DI, et al. The Effects of Splenic Artery Embolization on Nonoperative Management of Blunt Splenic Injury: A 16-Year Experience. J Trauma 2009;67:565-72.

181. Wei B, Hemmila MR, Arbabi S, et al. Angioembolization reduces operative intervention for blunt splenic injury. J Trauma 2008;64:1472-7.

182. Haan JM, Biffl W, Knudson MM, et al. Splenic embolization revisited: a multicenter review. J Trauma 2004;56:542-7.

183. Schnuriger B, Inaba K, Konstantinidis A, et al. Outcomes of Proximal Versus Distal Splenic Artery Embolization After Trauma: A Systematic Review

and Meta-Analysis. J Trauma 2011;70:252-60.

184. Smith HE, Biffl WL, Majercik SD, et al. Splenic artery embolization: have we gone too far?. J Trauma 2006;61:541-4.

185. Hamers RL, Van Den Berg FG, Groeneveld AB. Acute necrotizing pancreatitis following inadvertent extensive splenic artery embolization for trauma. Br J Radiol 2009;82:e11-4.

186. Ekeh AP, McCarthy MC, Woods RJ, et al. Complications arising from splenic embolization after blunt splenic trauma. Am J Surg 2005;189:335-9.

187. Keramidas DC, Soutis M. The function of the spleen in adults after ligation of the splenic artery of the traumatized spleen in childhood. Surgery 2003;133:583-5.

188. Ekeh AP, McCarthy MC, Woods RJ, et al. Complications arising from splenic embolization after blunt splenic trauma. Am J Surg 2005;189:335-9.

189. Peitzman AB, Heil B, Rivera L, et al. Blunt splenic injury in adults: multi-institutional study of the eastern association for the surgery of trauma. J Trauma 2000;49:177-82.

190. Weinberg JA, Magnotti LJ, Croce MA, et al. The utility of serial computed tomography imaging of blunt splenic injury: still worth a second look? J Trauma 2007;62:1143-8.

191. Howdieshell TR, Heffermen D, Diprio JT. Therapeutic Agents Committee of the Surgical Infection Society: Surgical Infection Society guidelines for vaccination after traumatic injury. Surg Infect 2006;7(3): 275-303.

192. Antonacci N, Di Saverio S, Ciaroni V, et al. Prognosis and treatment of pancreaticoduodenal traumatic injuries: which factors are predictors of outcome? J Hepatobiliary Pancreat Sci 2011;18:195-201.

193. Huerta S, Bui T, Porral D, et al. Predictors of morbidity and mortality in patients with traumatic duodenal injuries. Am Surg 2005;71:763-7.

Page 45: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

249

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

194. Kashuk JL, Burch JM. Duodenal and pancreas. In: Feliciano DV, Mattox KL, Moore EE, et al, editors. Trauma. New York: McGraw-Hill; 2008.

195. Ahmed N, Vernick JJ. Pancreatic injury. Southern Medical Journal 2009;102(12):1253-6.

196. Bosboom D, Braam AWE, et al. The role of imaging studies in pancreatic injury due to blunt abdominal trauma. Eur J Radiol 2006;59:3-7.

197. Sharma BC, Mishra SR, Kumar R, et al. Endoscopic management of bile leaks after blunt trauma. J Gastroenterol Hepatol 2009;25:757-61.

198. Buccimazza I, Thomason SR, Anderson F, et al. Isolated main pancreatic duct injuries spectrum and management. Am J Surg 2006;191:448-52.

199. Lin BC, Liu NJ, Fang JF, et al. Long-term results of endoscopic stent in the management of blunt major pancreatic duct injuries. Surg Endosc 2006;20:1551-5.

200. Wang GF, Li YS, Li JS. Damage control surgery for severe pancreatic trauma. Hepatobiliary Pancreatic Dis 2007;6(6):569-71.

201. Gupta V, Wig JD, Garg H. Trauma pancreaticoduodenectomy for complex pancreaticoduodenal injury. Delayed reconstruction. J Pancreas 2008;9(5):618-23.

202. Seamon MJ, Kim PK, Stawicki SP, et al. Pancreatic injury in damage control laparotomies: is pancreatic resection safe during the initial laparotomy? Injury 2009;40:61-5.

203. Snyder 3rd WH, Weigelt JA, Watkins WL, et al. The surgical management of duodenal trauma. Precepts based on a review of 247 cases. Arch Surg 1980;115(4):422-9.

204. Pererira Fraga G, Biazotto G, Bortato JB, et al. The use of pyloric exclusion for treating duodenal trauma: case series. Sao Paulo Med J 2008;126(6):337-41.

205. Boffard KD. Injuries in to the pancreaticoduodenal complex. Eur J Trauma Emerg Surg 2008;34:362-8.

206. Kozarek RA, Traverso LW. Pancreatic fistula: etiology, consequences, and treatment. Gastroenterologist 1996;4:238-44.

207. Holmes JH, Brundage Si, Yuen P, et al. Complication of feeding jejunostomy in trauma patients. J Trauma 1999;47: 1009-13.

208. Vassiliu P, Toutouzas KG, Velmahos GA. A prospective study of posttraumatic biliary and pancreatic fistula. The role of expectant management. Injury 2004;35:223-7.

209. McKay C, Baxter J, Imrie C. A randomized controlled trial of octreotide in the management of patients with acute pancreatitis. Int J Pancreatol 1997;21:13-9.

210. Jurkovich GJ, Bulger EM. Injury to the duodenum and pancreas. In: Moore EE, Feliciano DV, Mattox KM, editors. Trauma. New York: McGraw-Hill; 2004; pp. 709-34.

211. Wilson R, Moorehead R. Current management of trauma to the pancreas. Br J Surg 1991;78:1196-202.

212. Bornman PC, Krige JE, Beckingham IJ. Non operative management of pancreatic pseudocyst. Schein M, Wise L, editors. Crucial Controversies in Surgery, 3. Baltimore: Lippincott William & Wilkins; 1999; pp. 170-81.

213. Beckingham IJ, Krige JE, Bornman PC. Endoscopic management of pancreatic pseudocyst. Br J Surg 1997;84:1638-45.

214. McStay C, Ringwelski A, Levy P, et al. Hollow Viscus Injury. J Emerg Med 2009;37(3):293-9.

215. Fakhry SM, Watts DD, Luchette FA. Current diagnostic approaches lack sensitivity in the diagnosis of perforated blunt small bowel injury: analysis from 275,557 trauma admission from EAST multi-institutional HVI trial. J Trauma 2003;54:295-306.

216. Jacobs DG, Angus L, Rodriguez A, et al. Peritoneal lavage with count. A reassessment. J Trauma 1990;30:607-11.

217. Sato T, Hirose Y, Saito H, et al. Diagnostic peritoneal lavage for diagnosis blunt hollow visceral injury: the accuracy of two different criteria and their combination. Surg Today 2005;35:935-9.

218. Britt LD, Glembot TM. The stomach. In: Maull KI, Rodriguez A, Wile CE 3rd, editors. Complicanze dei Traumi e delle Cure Intensive. Delfino Editore; 2003. pp. 359-63.

219. Fakhry SM, Watts DD, Luchette FA. Current diagnostic approaches lack sensitivity in the diagnosis of perforated blunt small bowell injury: analysis of 275,557 trauma admission from the EAST multi-institutional HVI trial. J Trauma 2003;54:295-306.

220. Menegaux F, Tresallet C, Gosgnach M, et al. Diagnosis of bowel and mesenteric injuires in blunt abdominal trauma. A prospective study. Am J Emerg 2006;24:19-24.

221. Stuhlfaut JW, Soto JA, Lucey BC. Blunt abdominal trauma: performance of CT without oral contrast material. Radiology 2004;233:689-94.

222. Banz VM, Butt MU, Zimmermann H, et al. Free abdominal fluid without obvious solid organ injury upon CT imaging: an actual problem or simply over-diagnosing? J Trauma Manag Outcome 2009;3:10-8.

223. Wyrzykowski AD, Feliciano DV. Trauma Damage Control. In: Feliciano DV, Mattox KL, Moore EE, editors. Trauma. McGraw Hill; 2008. pp. 851-70.

224. Fakhry SM, Brownstein M, Watts DD, et al. Relatively short diagnostic delays (<8 hours) produce morbidity and mortality in blunt small bowel injury: An analysis of time to operative intervention in 198 patients from a multicenter experience. J Trauma 2000;48:408-13.

225. Evenson AR, Fisher JE. Current management of enterocutaneous fistula. J Gastrointestinal Surg 2006;10:455-50.

226. Goverman J, Yelon JA, et al. The “fistula VAC” a technique for management of enterocutaneous fistulae arising with the open abdomen: Report of 5 cases. J Trauma 2006;60:428-32.

227. Fazio VW, Cohen Z, et al. Reduction in adhesive small bowel obstruction by Seprafilm adhesion barrier after intestinal resection. Dis colon Rectum 2006;49:1-6.

Page 46: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

250

Trattamento sistematico delle lesioniParte | 2 |

228. Brofman N, Atri M, Hanson JM, et al. Evaluation of bowel and mesenteric blunt trauma with multidetector CT. Radiographics 2006;26:1119-31.

229. Dabney A, Thompson J, et al. Short bowel syndrome after trauma. Am J Surg 2004;188:792-9.

230. Demetriades D, Velmahos G, Cornwell E, et al. Selective nonoperative management of gunshot wound of the anterior abdomen. Arch Surg 1997;132:178-83.

231. Cleary RK, Pomerantz RA, Lampman RM. Colon and rectal injuries. Dis Colon Rectum 2006;19: 1203-22.

232. Velmahos G, Demetriades D, Foianini E, et al. Selective approach to the management of gunshoct wounds of the back. Am J Surg 1997;174:342-6.

233. Sharma OP, Oswanski MF, White PW. Injuries of the colon from blast effect of penetrating extraperitoneal thoraco-abdominal trauma. Injury 2004;35:320-4.

234. Zheng YX, Chen L, Tao SF, et al. Diagnosis and management of colonic injries following blunt trauma. World J Gastroenterol 2007;13(4):633-6.

235. Goettler CE, Rotondo MF. Blunt colon trauma. Semin Colon Rectal Surg 2004;15:105-11.

236. Nural MS, Yardan T, Guven H, et al. Diagnostic value of ultrasonography in the evaluation of blunt abdominal trauma. Diagn Interv Radiol 2005;11:41-4.

237. Bondia JM, Anderson SW, Rhea JT, et al. Imaging in colorectal trauma using 64-MDCT technology. Emerg Radiol 2009;16:433-40.

238. Atri M, Hanson JM, Grinblat L, et al. Surgically important bowel and/or mesenteric injury in blunt trauma: accuracy of multidetector CT for evaluation. Radiology 2008;249:524-33.

239. Atri M, Hanson JM, Grinblat L, et al. Surgically important bowel and/or mesenteric injury in blunt trauma: accuracy of multidetector CT for evaluation. Radiology 2008;249:524-33.

240. Brofman N, Atri M, Hanson JM, et al. Evaluation of bowel and

mesenteric blunt trauma with multidetector CT. RadioGraphics. 2006;26:1119-31.

241. Ditmars ML, Bongard F. Laparoscopy for triage of penetrating trauma: the decision to explore. J Laparoendosc Surg 1996;6:285-91.

242. Zantut LF, Ivatury RR, Smith RS, et al. Diagnostic and therapeutic laparoscopy for penetrating abdominal trauma. A multicenter experience. J Trauma 1997;42:825-31.

243. Linee guida della Eastern Association for the Surgery of Trauma (EAST).

244. Levine JH, Longo WE, Pruitt C, et al. Management of selected rectal injuries by primary repair. Am J Surg 1996;172:575-9.

245. Aihara R, Blansfield JS, Millham FH, et al. Fracture locations influence the likelihood of rectal and lower urinary tract injuries in patients sustaining pelvic fractures. J Trauma 2002;52:205-9.

246. Kudsk KA, Hanna MK. Management of complex perineal injuries. World J Surg 2003;27:895-900.

247. Thomas DD, Levison MA, Dykstra BJ, et al. Management of rectal injuries: dogma versus practice. Am Surg 1990;56:507-10.

248. Velmahos GC, Gomez H, Falabella A, et al. Operative management of civilian rectal gunshot wounds: simpler is better. World J Surg 2000;24:114-8.

249. McGrath V, Fabian TC, Croce MA, et al. Rectal trauma:management based on anatomic distinction. Am Surg 1998;64(12):1136-41.

250. Grasberger RC, Hirsch EF. Rectal trauma: a retrospective analisys and guidelines for therapy. Am J Surg 1983;145:795-9.

251. Pinedo-Onofre JA, Guevara-Torres, Sanchez-Aguilar JM. Penetrating abdominal trauma. Cir Cir 2006;74:431-42.

252. Scaglione M, de Lutio di Castelguidone E, Scialpi M, et al. Blunt trauma to the gastrointestinal tract and mesentery: is there a role for helical CT in the decision-making process? Eur J Radiol 2004;50:67-73.

253. McGrath V, Fabian TC, Croce MA, et al. Rectal trauma: management based on anatomic distinction. Am Surg 1998;61:1136-44.

254. Maxwell RA, Fabian TC. Current management of colon trauma. World J Surg 2003;27:632-9.

255. Navsaria PH, Shaw JM, Zelweger R, et al. Diagnostic laparoscopy and diverting sigmoid loop colostomy in the management of civilian extraperitoneal rectal gunshot incurie. BJS 2004;91(4): 460-4.

256. Berne JD, Velmahos GC, Chan LS, et al. The high morbidity of colostomy closure after trauma: further support for the primary repair of colon injuries. Surgery 1998;123:157-64.

257. Frend H, Raniel J, Maggia-Sulaw W. Factors affecting the morbidity of colostomy closure. Dis Colon Rectum 1982;25:712-5.

258. Parks S, Hastings P. Complications of colostomy closure. Am Surg 1985;149:672-5.

259. Banerjee S, Leather AI, Rennie JA, et al. Feasibility and morbidity of reversal of Hartmann’s. Colorectal Dis 2005;7:454-9.

260. Rosen MJ, Cobb WS, Kercher KW, et al. Laparoscopic restoration of intestinal continuity after Hartmann’s procedure. Am J Surg 2005;189:670-4.

261. Levin JH, Longo WE, Pruitt C, et al. Management of selected rectal injuries by primary repair. Am J Surg 1996;172:575-9.

262. Demtriades D, Salim A. Colon and rectal trauma and rectal foreign bodies. The ASCRS textbook of colon and rectal surgery. Beck DE et al (eds). Springer 2007;322-334.

263. Trunkey D, Hays RJ, Shires GT. Management of rectal trauma. J Trauma 1973;13:411-5.

264. Weil PH. Injuries of the retroperitoneum portions of the colon and rectum. Dis Colon Rectum 1983;26:19-21.

265. Richardson JD, Harty J, Amin M, et al. Open pelvic fractures. J Trauma 1982;22:533-8.

266. Brill SA, Margolin DA. Anal sphincter trauma. Semin colon rectal Surg 2004;15:90-4.

Page 47: CLICCA QUI per acquistare il volume Capitolo - doctor33.it · viene mantenuto chiuso per consentire il riempimento della vescica da parte del mdc escreto. La velocità di esecuzione

251

Capitolo Trauma dell’addome | 10 |

267. Dente JC, Feliciano DV. Abdominal vascular injury. In: Feliciano DV, Mattox KL, Moore EE, editors. Trauma. McGrawHill; 2008. pp. 737-57.

268. Bowley DMG, Degiannis E, Goosen J, et al. Penetrating vascular trauma in Johannesburg, South Africa. Surg Clin North Am 2002;82(1):221-36.

269. Feliciano DV. Abdominal vascular injuries. Surg Clin North Am 1988;68(4):741-55.

270. A, Leppaniemi AK, Androulakis GA, et al. The European experience with vascular injuries. Surg Clin North Am 2002;82(1):175-189.

271. AT, Griffen WO Jr, Ernst CB. Superior mesenteric artery injury following blunt abdominal trauma: Case report with successful primary repair. J Trauma 1978;18:472-474.

272. Michaels AJ, Gerndt SJ, Taheri PA, et al. Blunt force injury of the abdominal aorta. J Trauma 1996;41:105-9.

273. Siavelis HA, Mansour MA. Aortoiliac dissection after blunt abdominal trauma: case report. J Trauma 1997;43:862-5.

274. Courcy PA, Brotman S, Oster-Granite ML, et al. Superior mesenteric artery and vein injuries from blunt abdominal trauma. J Trauma 1984;24:843-84.

275. Bass A, Papa M, Morag B, et al. Aortic false aneurysm following blunt trauma of the abdomen. J Trauma 1983;23:1702-5.

276. Moore EE. Staged laparotomy for the hypothermia, acidosis and coagulopathic syndrome. Am J Surg 1996;172:405-10.

277. Asensio JA, Roldan G, Petrone P, et al. Abdominal vascular injuries: injuries to the aorta. Surg Clin North Am 201;81(6): 1395-1416.

278. Asensio JA, Chawan S, Hanpeter D, et al. Operative management and outcome of 302 abdominal vascular injuries. Am J Surg 2000;180(6):528-33.

279. Feliciano DV. Management of traumatic retroperitoneal hematoma. Ann Surg 1990;211(2):109-23.

280. Moore EE, Cogbill TH, Jurkovich GJ, et al. Organ injury scaling III: chest wall, abdominal vascular, ureter, bladder, and urethra. J Trauma 1992;33:337-50.

281. Mattox KL, Burch JM, Richardson R, et al. Retroperitoneal vascular injury. Surg Clin North Am 1990;70:635-53.

282. Meghoo CA, Gonzalez EA, Tyroch AH, et al. Complete occlusion after blunt injury to the abdominal aorta. J Trauma 2003;55(4):795-9.

283. Richardson JD, Bergamini TM, Spain DA, et al. Operative strategies for management of abdominal aortic gunshot wounds. Surgery 1996;120:667-71.

284. Asensio JA, Petrone P, Kimbrell B, et al. Lessons learned in the management of 13 celiac axis injuries. South Med J 2005;98(4):462-6.

285. Fullen WD, Hunt J, Altemeier WA. The clinical spectrum of penetrating injury to the superior mesenteric arterial circulation. J Trauma 1972;12:656-64.

286. Moldovan S, Granchi TS, Hirshberg A. Bilateral temporary aortoiliac shunts for vascular damage control. J Trauma 2003;55:592-5.

287. Bageacu S, Kaczmarek D, Porcheron J. Conduit à tenir devant un hematoma retroperitoneal d’origine traumatique. J Chir 2004;141:243-9.

288. Santucci RA, McAninch JW. Diagnosis and management

of renal trauma: past, present and future. J Am Coll Surg 2000;191(4):443-51.

289. Chapellier X, Sockeel P, Baranger B. Management of penetrating abdominal vessel injuries. J Visc Surg 2010;147:e1-e12.

290. Cattell RB, Braasch JW. A technique for exposure of the third and fourth portions of the duodenum. Surg gynecol Obstet 1960;113:379-80.

291. Stone HH, Fabian TC, Turkleson ML. Wounds of the portal venous system. World J Surg 1982;6:335-41.

292. Pearl J, Chao A, Kennedy S, et al. Traumatic injuries to the portal vein: case study. J Trauma 2004;56(4):779-82.

293. Klein SR, Baumgartner FJ, Bongard FS. Contemporary management strategy for major inferior vena caval injuries. J Trauma 1994;37:35-42.

294. Kudsk KA, Sheldon GF, Lim Jr RC. Atrial-caval shunting (ACS) after trauma. J Trauma 1982;22:81-5.

295. Jurkovich GJ, Hoyt DB, Moore FA, et al. Portal triad injuries. J Trauma 1995;39(3):426-33.

296. Haan J, Rodriguez A, Chiu W. Operative management and outcome of iliac vessel injury. A ten-year experience. Am Surg 2003;69(7):581-6.

297. Burch JM, Richardson RJ, Martin RR, et al. Penetrating iliac vascular injuries:recent experience with 233 consequent patients. J Trauma 1990;30:1450-5.

298. Blank-Reid C. Abdominal trauma: dealing with the damage. Nursing 2007; 37 Suppl E D:4-6, 8-9, 11.

299. Burns SM, Piotrowski K, Caraffa G, et al. Incidence of postoperative hypothermia and the relationship to clinical variables. J Perianesth Nurs 2010;25(5):286-9.

CLICCA QUI per acquistare il volume