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281 CAPITOLO 13 IN SINTESI Patologia benigna: è rappresentata essenzialmente da: anomalie congenite: ipertrofia longitudinale, atresia, aplasia, duplicatura ecc.; polipi cervicali: singoli o multipli, possono essere asintomatici o causare leucorrea e/o sanguinamento spontaneo o postcoitale; cisti di Naboth, o da inclusione, asintomatiche; lesioni condilomatose: dovute ad infezione da HPV, spesso concomitanti su vagina, vulva e perineo, si presentano come escre- scenze piatte o acuminate; eccezionalmente degenerano. Il loro trattamento è escissionale (DTC o laser); endometriosi: rara; erosioni, ulcere: di origine flogistica, traumatica, distrofica ecc.; stenosi ed incompetenza cervicale: primitive, congenite o secondarie a traumi, flogosi ecc.; leiomiomi: rari; ectopia ed ectropion: presenza di epitelio cilindrico muciparo sull’esocervice; si manifestano in oltre il 30% delle donne, non necessitano di terapia finché sono asintomatici. Patologia maligna: comprende il carcinoma della cervice che si presenta nella forma intraepiteliale ed in quella invasiva. Epidemiologia: 10 casi ogni 100.000 donne per le forme invasive (età media 51 anni); 3 casi ogni 1000 donne per le forme prein- vasive (età media 32 anni). Patogenesi: è correlato ai rapporti sessuali. Il papillomavirus hominis (HPV) è l’agente oncogeno più importante. Lesioni intraepiteliali Classificazione: a seconda del grado di interessamento dello spessore epiteliale si parla di CIN 1, 2, 3; la classificazione di Bethe- sda suddivide in SIL di grado basso e SIL di grado elevato. Diagnosi precoce: il primo livello di screening è citologico, mediante il Pap-test; il secondo è colposcopico, attraverso colpo- scopia, cui segue, eventualmente, la biopsia mirata, con successivo, se necessario, curettage e/o conizzazione. Terapia: tecniche distruttive nelle forme esocervicali, escissionali (conizzazione) nelle forme a sviluppo endocervicale o in caso di dubbio diagnostico. Carcinoma invasivo della cervice Anatomia patologica: forme microinvasive e forme francamente invasive. L’istotipo prevalente è il carcinoma squamoso, se- guito dall’adenocarcinoma. Evoluzione: diffonde per invasione diretta dei tessuti circostanti, per via linfatica, più raramente per via ematica. Sintomatologia: perdite ematiche: intermestruali, postcoitali e post minzione o defecazione. Stadiazione: più utilizzata la classificazione FIGO, che distingue quattro stadi: 1) carcinoma limitato alla cervice; 2) carcinoma esteso al terzo superiore della vagina e/o al parametrio, ma non oltre le pareti; 3) coinvolgimento del terzo inferiore della vagina e/o uno o entrambi i parametri; 4) coinvolgimento di vescica e/o retto o metastasi a distanza. Terapia: chirurgia: conizzazione (forme microinvasive in donne desiderose di prole); isterectomia allargata con linfoadenectomia pel- vica nei tumori francamente invasivi; radioterapia: nelle forme avanzate e nelle recidive; chemioterapia neoadiuvante nei tumori di grosso volume o adiuvante nelle forme operate ad alto rischio, nei tumori me- tastatici o recidivi. Prognosi: peggiora in particolare con lo stadio clinico. Follow-up: consigliato ogni 3 mesi entro i primi 2 anni dal trattamento primario, poi ogni 6 mesi; consiste in: esame clinico: esame ginecologico vaginale e rettale, Pap-test, colposcopia ed eventuale biopsia di lesioni sospette; Rx del torace; ecografia renale; TAC addomino-pelvica; eventualmente cistoscopia, rettocolonscopia, urografia, scintigrafia ossea. Patologia del collo dell’utero GABRIO ZACCHÉ ELIANA BARCELLONA LIVIO ZANOIO

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CAPITOLO 13

IN SINTESI

◗ Patologia benigna: è rappresentata essenzialmente da:• anomalie congenite: ipertrofia longitudinale, atresia, aplasia, duplicatura ecc.;• polipi cervicali: singoli o multipli, possono essere asintomatici o causare leucorrea e/o sanguinamento spontaneo o postcoitale;• cisti di Naboth, o da inclusione, asintomatiche;• lesioni condilomatose: dovute ad infezione da HPV, spesso concomitanti su vagina, vulva e perineo, si presentano come escre-

scenze piatte o acuminate; eccezionalmente degenerano. Il loro trattamento è escissionale (DTC o laser);• endometriosi: rara;• erosioni, ulcere: di origine flogistica, traumatica, distrofica ecc.;• stenosi ed incompetenza cervicale: primitive, congenite o secondarie a traumi, flogosi ecc.;• leiomiomi: rari;• ectopia ed ectropion: presenza di epitelio cilindrico muciparo sull’esocervice; si manifestano in oltre il 30% delle donne, non

necessitano di terapia finché sono asintomatici.◗ Patologia maligna: comprende il carcinoma della cervice che si presenta nella forma intraepiteliale ed in quella invasiva.

Epidemiologia: 10 casi ogni 100.000 donne per le forme invasive (età media 51 anni); 3 casi ogni 1000 donne per le forme prein-vasive (età media 32 anni).Patogenesi: è correlato ai rapporti sessuali. Il papillomavirus hominis (HPV) è l’agente oncogeno più importante. • Lesioni intraepiteliali

Classificazione: a seconda del grado di interessamento dello spessore epiteliale si parla di CIN 1, 2, 3; la classificazione di Bethe-sda suddivide in SIL di grado basso e SIL di grado elevato.Diagnosi precoce: il primo livello di screening è citologico, mediante il Pap-test; il secondo è colposcopico, attraverso colpo-scopia, cui segue, eventualmente, la biopsia mirata, con successivo, se necessario, curettage e/o conizzazione.Terapia: tecniche distruttive nelle forme esocervicali, escissionali (conizzazione) nelle forme a sviluppo endocervicale o in casodi dubbio diagnostico.

• Carcinoma invasivo della cerviceAnatomia patologica: forme microinvasive e forme francamente invasive. L’istotipo prevalente è il carcinoma squamoso, se-guito dall’adenocarcinoma.Evoluzione: diffonde per invasione diretta dei tessuti circostanti, per via linfatica, più raramente per via ematica.Sintomatologia: perdite ematiche: intermestruali, postcoitali e post minzione o defecazione.Stadiazione: più utilizzata la classificazione FIGO, che distingue quattro stadi:1) carcinoma limitato alla cervice;2) carcinoma esteso al terzo superiore della vagina e/o al parametrio, ma non oltre le pareti;3) coinvolgimento del terzo inferiore della vagina e/o uno o entrambi i parametri;4) coinvolgimento di vescica e/o retto o metastasi a distanza.Terapia: • chirurgia: conizzazione (forme microinvasive in donne desiderose di prole); isterectomia allargata con linfoadenectomia pel-

vica nei tumori francamente invasivi;• radioterapia: nelle forme avanzate e nelle recidive;• chemioterapia neoadiuvante nei tumori di grosso volume o adiuvante nelle forme operate ad alto rischio, nei tumori me-

tastatici o recidivi.Prognosi: peggiora in particolare con lo stadio clinico.Follow-up: consigliato ogni 3 mesi entro i primi 2 anni dal trattamento primario, poi ogni 6 mesi; consiste in:• esame clinico: esame ginecologico vaginale e rettale, Pap-test, colposcopia ed eventuale biopsia di lesioni sospette;• Rx del torace;• ecografia renale;• TAC addomino-pelvica;• eventualmente cistoscopia, rettocolonscopia, urografia, scintigrafia ossea.

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PATOLOGIA BENIGNADEL COLLO DELL’UTERO

Si distinguono le forme di seguito elencate.

Anomalie congenite quali l’ipertrofia longitudinale (discarso rilievo clinico), l’atresia (presenza di un collo iposvi-luppato e non canalizzato),l’aplasia (assenza di una strutturariferibile al collo,sostituito da un cordone fibroso che unisce ilcorpo dell’utero con il fondo vaginale),la duplicaturadel col-lo (associata a malformazioni più complesse quali l’utero bi-corne o didelfo).Di tutte queste patologie assume particolarerilevanza clinica l’assenza di una cervice funzionante in pre-senza di un corpo uterino normale. La sintomatologia sarà le-gata al mancato deflusso mestruale: amenorrea, dolori ciclicida ematometra (raccolta di sangue all’interno dell’utero),en-dometriosi frequente. La terapia consiste nella creazione diuna anastomosi istmo-cervicale e,se questa fallisce,nella iste-rectomia.Allorché l’aplasia cervicale si associa a mancato svi-luppo dell’istmo (60% dei casi) l’endometrio non è funzio-nante,quindi il quadro clinico è quello di una amenorrea pri-maria senza sintomatologia dolorosa associata.

Polipi cervicali. Si riscontrano in circa il 2% degli esamiginecologici; si formano per una protrusione della mucosaendocervicale dall’orifizio uterino esterno; sono ricoperti daepitelio cilindrico e, quando vengono a contatto con l’am-biente vaginale, possono andare incontro ad un processo dimetaplasia squamosa (Figura 13.1).Singoli o multipli, la loroeziologia è sconosciuta (flogistica?, vascolare?, disendocri-

na?). Istologicamente i polipi si distinguono in mucosi, ade-nomatosi, fibrosi, angiomatosi. La loro lunghezza varia daqualche millimetro a qualche centimetro; i più piccoli nonsono altro che papille iperplastiche. Possono essere asinto-matici o causare leucorrea oppure sanguinamento sponta-neo o durante i rapporti.La terapia,necessaria in caso di per-dite ematiche postcoitali o a seguito di una loro rapida cre-scita, consiste generalmente nella asportazione per torsionesul peduncolo mediante pinza ad anelli spinta fino alla suabase; non è necessario alcun genere di anestesia.

Cisti di Naboth. Dette anche cisti da inclusione, origi-nano per incistamento di elementi ghiandolari situati più omeno profondamente nel corion. Si osservano in circa il3% dei colli e sono la conseguenza di processi di trasfor-mazione cellulare, in cui l’ectropion (epitelio colonnare si-tuato sull’esocervice) viene gradualmente sostituito da epi-telio pluristratificato metaplastico con l’obliterazione disbocchi ghiandolari e conseguente accumulo di muco. Lecisti più voluminose si possono drenare mediante incisio-ne, le più piccole non necessitano di alcuna terapia.

Lesioni condilomatose. Dovute ad una infezione daHPV (Human Papilloma Virus), sono spesso concomitanti suvagina, vulva e perineo. La condilomatosi genitale vienesuddivisa in clinica, subclinica e latente. Nella forma clinica,la patologia è evidenziabile ad occhio nudo, senza l’utiliz-zo di particolari strumenti, come escrescenze papillaribiancastre di pochi millimetri (condilomi acuminati), dovu-te ad una proliferazione epiteliale ricoperta da uno strato

GINECOLOGIA

Piccolo polipo cervicale Polipi cervicali grande e piccolo

Sezione che mostra l‘origine di un polipo endocervicale

Figura 13.1 Polipi cervicali. (Da R.P. Smith, Netter’s Obstetrics, Gynecology and Women’s Health. Published by Elsevier Inc. All rights reserved.)

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para- e/o ipercheratosico; nella forma subclinica la patologiaè visibile ad occhio nudo, ma è meglio definibile mediantel’osservazione colposcopica previa applicazione di acidoacetico al 3% o al 5%, come chiazze perlacee (condilomipiatti); infine, nella forma latente viene rilevata solo con l’i-bridizzazione del DNA su tessuti apparentemente sani. Icondilomi acuminati, che eccezionalmente degenerano,sono associati con gli HPV 6, 11, 42, 43, 44 e con altri tipiconsiderati benigni. I condilomi piatti, localizzati per lo piùnel contesto dell’epitelio metaplastico, che è il più suscetti-bile alla degenerazione neoplastica, possono essere asso-ciati sia a tipi benigni sia a tipi maligni di HPV (16, 18, 45, 56ecc.). Spesso la condilomatosi cervicale è collegata a neo-plasia cervicale intraepiteliale (CIN). Il trattamento più uti-lizzato, diatermo-coagulazione o laser-vaporizzazione del-le lesioni, andrebbe sempre eseguito dopo accurata dia-

gnosi citologica, colposcopica e istologica. Poiché, frequen-temente, le lesioni sono multifocali, il successo terapeuticoè legato all’eliminazione di tutti i focolai di infezione.

Endometriosi. La localizzazione cervicale è molto rara emolto spesso associata ad endometriosi pelvica. È verosi-milmente dovuta all’impianto ectopico di tessuto endo-metriale su soluzioni cervicali di continuo che si verifica-no dopo dilatazione, diatermo-coagulazione ecc. Si pre-senta sotto forma di piccole cisti, generalmente di diame-tro inferiore ai 2 mm, di colore rosso-violaceo o quasi ne-re. La diagnosi è bioptica, la terapia è rappresentata dalladiatermo-coagulazione o dalla escissione.

Erosioni e ulcere. Erosione è l’assenza dell’epitelio di ri-vestimento, più o meno estesa, sul collo; ulcera è la perdi-

Patologia del collo dell’utero 13

Figura 13.2 Erosioni cervicali. (Da Atlante di Anatomia, Fisiopatologia e Clinica. Masson S.p.A. an Elsevier Company. All rights reserved.)

Erosione congenitasul collo dell’utero di una nullipara

Erosione estesa con proliferazione(erosione papillare) e cisti di Naboth

Sezione attraverso la porzione intravaginaledel collo dell’utero (schematica)

Sezione attraverso la porzione intravaginaledel collo dell’uteroche mostra un’erosione (schematica)

GhiandoleGhiandole

Congiunzioneepitelialenormale

Erosione

Canale

cervicale

Canale

cervicale

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ta di epitelio e di connettivo sottostante (Figura 13.2). Lecause possono essere molteplici e vanno ben indagate nelcontesto clinico: flogistiche (herpes, lue, tbc ecc.), distrofi-che (più frequenti sulla mucosa atrofica postmenopausa-le), traumatiche (anche da speculum e da prolasso uterinocon fuoriuscita del collo), neoplastiche (generalmente lo-calizzate vicino all’orifizio uterino esterno).

Stenosi cervicale. Può essere di origine congenita, in-fiammatoria o neoplastica, ma più frequentemente è post-chirurgica, successiva a diatermo-coagulazione o conizza-zione. Provoca algomenorrea e, nelle forme più serrate,ematometra. La terapia consiste nella dilatazione chirurgi-ca del collo.

Incompetenza cervicale. Responsabile di aborti tardivi oparti prematuri, può essere congenita o acquisita in seguitoa traumi del collo conseguenti a parti operativi e non e, me-no frequentemente, a manovre strumentali per raschia-menti o isteroscopie operative (che implicano una dilata-zione cervicale anche fino a 10,5 mm, a volte eseguita inmodo troppo traumatico). La diagnosi di incompetenza cer-vicale non è facile: pervietà ad un dilatatore di Hegar n. 8,valutazione isterosalpingografica e isteroscopica; in gravi-danza è utilizzata l’ecografia transvaginale per valutare lalunghezza cervicale, la dilatazione dell’orifizio uterino in-terno e del canale cervicale stesso (funneling). Il trattamento èrappresentato dal cerchiaggio cervicale, da eseguire dopo ilprimo trimestre di gravidanza, che consiste nell’applicazio-ne, il più vicino possibile all’orifizio uterino interno, di un fi-lo non assorbibile n. 4, eseguendo una sutura a borsa di ta-bacco (cerchiaggio secondo McDonald), o di una benderel-la da porre sotto la mucosa cervicale e da annodare poi conuna sufficiente tensione (cerchiaggio secondo Shirodkar).

Leiomiomi. La sede cervicale è rara. Se localizzati nellaporzione intravaginale vengono talora scambiati per po-li-pi a larga base d’impianto; il rischio è che vengano aspor-tati con tecnica impropria. Se localizzati a livello istmico, ingravidanza risulteranno previ e quindi di ostacolo all’esple-tamento naturale del parto.

Ectopia ed ectropion. Per ectropion si intende la presen-za di tessuto endocervicale cilindrico muciparo (epitelio,ghiandole e stroma) sull’esocervice; l’ectopia, invece, con-siste nella presenza di solo epitelio cilindrico sull’esocollo.L’ectropion deriva dallo spostamento in sede esocervicaledi una mucosa, all’origine interna, come conseguenza dilacerazioni cervicali da parto o di altri eventi traumatici;l’ectopia, invece, è congenita. Ectopia ed ectropion, presen-ti in circa il 30% delle donne, vengono considerati condi-zioni parafisiologiche ed appaiono, ad occhio nudo, come

un’area periorifiziale più o meno ampia, di colore più rossorispetto all’area periferica. Questa situazione può determi-nare leucorrea, cerviciti, perdite ematiche post-coitali per laminor resistenza dell’epitelio cilindrico ad infezioni e trau-mi. L’esame colposcopico permette di meglio riconosceregli apici sferiformi delle papille e gli eventuali processi disostituzione dell’epitelio cilindrico con quello squamoso,nei suoi aspetti di normalità (trasformazione normale) o dianormalità (trasformazione anormale). L’ectopia e l’ectro-pion necessitano di una terapia (diatermo-coagulazione,laser-vaporizzazione) solo quando diventano sintomatici,cioè quando causano malessere nella donna.

PATOLOGIA MALIGNADEL COLLO DELL’UTERO

Carcinoma della cervice uterinaIl cervicocarcinoma è prevalentemente un carcinoma squa-moso (Figura 13.3).Nella cervice si distinguono un epitelio colonnare (cilindri-co) monostratificato muco-secernente, che riveste il canalecervicale, ed un epitelio squamoso pluristratificato non che-ratinizzante,che riveste l’esocervice in continuità,attraversoi fornici, con la vagina. Il punto in cui i due diversi epiteli siincontrano viene definito giunzione squamo-colonnare. Lagiunzione squamo-colonnare raramente è situata esatta-mente a livello dell’orifizio uterino esterno, in quanto rap-presenta un punto dinamico che si modifica in risposta allapubertà,alla gravidanza,alla menopausa e alla stimolazioneormonale: esocervicale durante l’infanzia, tende a risalireverso l’endocervice in relazione all’età della donna. La zonadi trasformazione è quell’area, posta cefalicamente alla giun-zione squamo-colonnare, suscettibile di rimaneggiamentitali da condurne l’epitelio a trapassare dalla configurazionecilindrica a quella squamosa pluristratificata, mediante unprocesso di metaplasia squamosa.Tale processo inizia morfo-logicamente con la comparsa, alla base dell’epitelio cilindri-co, delle cellule colonnari di riserva, dapprima immature(nuclei voluminosi e scarso citoplasma senza glicogeno) esovrastate da cellule cilindriche (metaplasia squamosa im-matura), poi più mature, cioè più differenziate (producentiglicogeno), ma mai cheratinizzanti, e prive di epitelio cilin-drico (metaplasia squamosa matura). La metaplasia squa-mosa insorge senza regole apparenti e procede, per esten-sione e livello di maturazione, con discontinuità sia tempo-rale sia topografica: è presente e vivace soprattutto alla na-scita, al menarca, all’inizio dell’attività sessuale e alla primagravidanza; ha inizio generalmente all’apice dei villi colon-nari, che sono esposti per primi all’ambiente acido vaginale,ai microtraumi ed alla flogosi. Man mano che la metaplasiaavanza all’interno delle cripte ghiandolari, essa sostituisce

GINECOLOGIA

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Patologia del collo dell’utero 13

Carcinoma del collo dell’uterocon diffusione diretta alla paretevaginale, alla vescica urinaria e al retto

Adenocarcinoma (endocervicale)

Carcinoma a cellule squamose che mostra formazioni a perla

Carcinomaavanzato

Figura 13.3 Carcinoma della cervice. a) Forme intraepiteliali e invasive. b) Carcinoma avanzato. (Da R.P. Smith, Netter’s Obstetrics, Gynecologyand Women’s Health. Published by Elsevier Inc. All rights reserved.)

Carcinoma precocissimoa cellule squamosea partenza dalla giunzionetra l’epitelio squamosoe quello cilindrico

Adenocarcinoma (endocervicale)

Carcinoma a cellule squamose che mostra formazioni a perla

Carcinoma iniziale

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l’epitelio colonnare, senza tuttavia rivestire completamentele cripte più profonde, lasciando così intrappolato l’epiteliomuco-secernente, che viene raccolto all’interno delle cisti diNaboth: sono loro che identificano così l’iniziale giunzionesquamo-colonnare ed il margine più esterno della zona ditrasformazione. Il carcinoma cervicale origina appunto dal-l’epitelio metaplastico immaturo,che va incontro a fenome-ni di displasia (polimorfismo nucleare con aumento del rap-porto nucleo/citoplasmatico; ipercromasia o cromatina a di-stribuzione irregolare, a zolle o a strie filamentose; macro-nucleoli; ispessimento ed irregolarità di profilo della mem-brana nucleare; mitosi frequenti, tipiche e atipiche).Il cervicocarcinoma può presentarsi: in una prima condi-zione, comunemente definita di precancerosi, allo stadiopreinvasivo subclinico; nel successivo stadio microinvasivo,anch’esso subclinico; infine, in un terzo stadio francamen-te invasivo.

Epidemiologia. Il carcinoma della cervice è la quartaneoplasia, per frequenza, nella popolazione femminile delmondo occidentale. Nei Paesi industrializzati i tassi di inci-denza della malattia sono rapidamente diminuiti, passan-do, negli Stati Uniti, da un’incidenza di 20 carcinomi inva-sivi per 100.000 donne/anno negli anni ’30, a 7 negli anni’80. In Italia vengono stimati circa 3700 nuovi casi/anno,con un’incidenza di 10-12 casi ogni 100.000 donne/anno.Le percentuali di mortalità, tuttavia, si collocano al di sopradella media CE, con valori oscillanti da 2 a 7,5 per 100.000donne/anno, a seconda della provincia considerata.La causa principale di questa progressiva riduzione è costi-tuita dalla diagnosi precoce, sempre più spesso eseguita al-lo stadio preinvasivo.L’incidenza delle lesioni preivasive è molto più alta: 10 ca-si ogni 1000 donne/anno.L’età media di insorgenza è 51 anni per le forme invasive;scende a 32 anni per le forme intraepiteliali.

Patogenesi. Come è stato descritto, il cervicocarcinomaderiva da aree di epitelio metaplastico immaturo, in attivamoltiplicazione, e perciò più facilmente trasformabili daifattori oncogeni, generalmente dipendenti dai rapporti ses-suali. Tutti gli studi epidemiologici hanno evidenziato qua-li fattori di rischio: il precoce inizio dell’attività sessuale, ipartner sessuali multipli, la scarsa igiene sessuale, le malat-tie sessualmente trasmesse (MST) ecc.Tra questi fattori sessualmente trasmessi, i papillomavirus(Human Papillomavirus, HPV) sono i più importanti agentioncogeni. Fino ad oggi si conoscono circa 100 sottotipi diHPV e il loro numero è in costante aumento e, di questi, al-meno 30 presentano uno spiccato tropismo per l’area ano-genitale. Il virus, o più tipi virali contemporaneamente, sa-rebbe rilevabile con elevata frequenza (almeno il 10%) in

donne non selezionate, in età sessualmente attiva; è spe-cie-specifico e dimostra anche una specificità cellularemolto ristretta verso gli epiteli di cute e mucose, in assolu-ta prevalenza squamo-cellulari. Gli studi epidemiologicihanno dimostrato che esistono tipi di HPV definibili ad al-to rischio di trasformazione neoplastica, accanto a tipi a bas-so rischio; più precisamente:

1) i sottotipi 6, 11, 42, 43, 44, 54, 55 sono generalmente as-sociati a lesioni epidermoidali benigne (verruche, condi-lomi acuminati e papillomi);

2) i sottotipi 30, 34, 39, 40, 56, 57, 61, 62, 72, 83, 84 sono arischio intermedio (probabilmente cancerogeni), rara-mente associati alla CIN e saltuariamente riscontrati intumori non ginecologici (laringe, seno mascellare, ma-lattia di Bowen);

3) i sottotipi 4, 16, 18, 31, 33, 35, 45, 51, 52, 58, 59 sono gliagenti oncogeni più importanti e documentati, riscon-trabili in un’elevata percentuale di CIN ed in molte pa-tologie maligne, quali la malattia di Bowen o il sarcomabowenoide della vulva, nonché nelle metastasi linfono-dali ed a distanza dell’adenocarcinoma e del carcinomaspino-cellulare della cervice uterina.

Il papillomavirus è strutturato in un nucleo centrale, core, diDNA rivestito da un involucro capsidico di natura proteica,composto da 72 capsomeri disposti simmetricamente inconfigurazione icosaedrica. Il genoma virale è costituito daun doppio filamento di DNA disposto a doppia elica:l’informazione genetica è contenuta in uno soltanto deidue filamenti e viene trascritta, come di norma, attraversola codificazione dell’RNA messaggero (mRNA). Il DNAdell’HPV viene integrato nel genoma delle cellule infettatedeterminando, attraverso la produzione di proteine trasfor-manti, la selezione di un clone cellulare con capacità di in-vasione. L’integrazione del DNA nelle cellule ospiti sembraessere indispensabile per la trasformazione maligna dellecellule, ma perché questa si verifichi è necessaria l’espres-sione delle due oncoproteine E6 ed E7 prodotte dal virus,che, legandosi ai geni oncosoppressori RB (E7) e p53 (E6)ne determinano l’inattivazione. Talora, l’inattivazione delp53 avviene per mutazione (carcinoma HPV + 98%; carci-noma HPV – 2%): l’integrazione del genoma cellula ospi-te-HPV altera i geni E1-E2 di HPV consentendo una mag-gior espressione di E6-E7.La replicazione virale è connessa al processo di differenzia-zione cellulare: la cellula epiteliale squamosa, infatti, è nonpermissiva quando è ancora di tipo basale e diventa permis-siva quando la cheratinizzazione è presente (la cellula che-ratinizzata permette lo sviluppo di un’infezione produttiva,che produce virus completo e infettante).L’esistenza di un’infezione genitale latente o subclinica odocculta da HPV lascia presumere che esistano fattori di at-

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tivazione del virus che favoriscono l’instaurarsi del proces-so patologico; tra questi ricordiamo:

1) l’immunodeficienza acquisita o geneticamente determi-nata;

2) la gravidanza e le altre situazioni che comportano modi-ficazioni della risposta immunitaria;

3) le malattie infiammatorie del basso tratto genitale, per-ché la flogosi dell’epitelio esporrebbe le cellule basali adessere più facilmente raggiunte ed infettate dal virus;

4) gli steroidi;5) l’herpes simplex virus genitale (HSV-2);6) il fumo di sigaretta.

La presenza dell’HPV all’interno delle cellule cervicali è di-mostrabile mediante le tecniche di ibridizzazione moleco-lare, che consentono di identificare con elevata sensibilità especificità gli acidi nucleici virali (DNA ed RNA), indipen-dentemente dal livello di maturazione del virus e della cel-lula infetta, e di determinare il tipo virale in base al gradodi omologia riscontrata tra il DNA virale testato e la sonda,costituita da una sequenza di acido nucleico virale marca-to, complementare al DNA da testare.L’effetto citopatico del virus si manifesta con la presenza dicellule coilocitosiche dello strato superficiale, caratterizzateda un ampio vacuolo citoplasmatico perinucleare e con unabnorme processo di cheratinizzazione. In base all’archi-tettura che ne consegue, si determinano delle lesioni che sidistinguono in condilomi piatti, microfloridi e floridi (acumi-nati), eventualmente giganti.Generalmente l’infezione da HPV è persistente: la maggiorparte delle donne non presenta alcuna evidenza clinica dimalattia; in altre, le lesioni di basso grado possono regredi-re spontaneamente; una minoranza sviluppa invece lesio-ni che possono progredire verso la CIN.In breve, è possibile riassumere affermando che la percen-tuale di neoplasie intraepiteliali, apparentemente attribuiteall’infezione da HPV, raggiunge il 90%; i sierotipi 16 e 18sono i più comuni nel cancro invasivo, nella CIN2 e nellaCIN3. In riferimento al modello classico dell’oncogenesi,all’HPV può essere attribuito un ruolo di promozione perla stimolazione sulla proliferazione cellulare (iperplasia ba-sale della lesione condilomatosa); potrebbe determinareanche l’iniziazione delle cellule attaccate mediante l’atti-vazione del proprio DNA nel genoma cellulare e l’avvio acascata delle alterazioni dei geni cellulari, compresi gli on-cogeni; a questo va aggiunto il ruolo svolto dal virus erpe-tico o da altri fattori di danno genetico (fumo, carcinogeniecc.) come ulteriore elemento di iniziazione o di progres-sione verso il carcinoma invasivo.Nelle pazienti HIV positive, il rischio di comparsa di CIN è5 volte superiore alla media: esiste infatti un’interazionemolecolare tra HIV e HPV perché la proteina Tat HIV è in

grado di aumentare l’espressione delle oncoproteine E6-E7di HPV svolgendo un effetto additivo/sinergico; in questepazienti la citologia cervico-vaginale è meno attendibile eva quindi sempre affiancata alla colposcopia.

Prevenzione. Oltre all’uso di sistemi contraccettivi di bar-riera, efficaci nella prevenzione delle MST, attualmente so-no proponibili vaccini polivalenti nei confronti dell’HPV 16e 18, responsabili della maggior parte dei carcinomi cervi-cali. La vaccinazione andrebbe praticata alle bambine pri-ma dell’inizio dei rapporti sessuali (campagne di vaccina-zione a 12 anni) o consigliata alle donne giovani (età infe-riore ai 26 anni) purché non ancora venute a contatto conil virus. In ogni caso deve essere effettuato il controllo col-pocitologico con le cadenze consigliate.

LESIONI INTRAEPITELIALI

Rappresentano lo stadio preinvasivo subclinico del cervico-carcinoma; le atipie cellulari coinvolgono una parte o la to-talità della lamina epiteliale, senza mai superare la mem-brana basale.Circa un terzo di queste lesioni regredisce spontaneamen-te, un terzo rimane stazionario per anni ed un terzo pro-gredisce a carcinoma invasivo in un periodo variabile da 10ad oltre 20 anni; ovviamente le lesioni di grado più bassoregrediscono in percentuale molto maggiore. A tale propo-sito va segnalato che l’infezione da HPV è molto diffusa ingiovane età, il carcinoma in situ tra i 25-35 anni e quello in-vasivo tra i 35-55 anni.

Classificazione. Le lesioni epiteliali cervicali sono stateclassificate in vario modo. Nell’uso corrente molti ricorronoancora al termine displasia, in auge soprattutto negli anni’60-’70, distinguendo una displasia lieve, moderata (o me-dia) e grave dal carcinoma in situ (CIS). La displasia lieve de-finisce una lesione che interessa soltanto il terzo inferioredello spessore epiteliale immediatamente sovrastante lamembrana basale; la moderata è quella in cui sono coinvol-ti fino ai due terzi inferiori, la grave ed il CIS definiscono unalesione che interessa tutto lo spessore dell’epitelio. Però, l’i-nesistenza di sicuri elementi istopatologici atti a consentireuna diagnosi differenziale tra displasia grave e CIS ha fattoprogressivamente abbandonare questa classificazione.È subentrata quindi una nuova classificazione, proposta daRalph Richart fin dal 1967,che accorpa le displasie ed il carci-noma in situ in un unico gruppo, quello appunto delle neo-plasie intraepiteliali cervicali (CIN), eliminando la displasiasia come termine sia come concetto. Nell’ambito della CINsono incluse le alterazioni più precoci evidenziabili neglistrati più profondi dell’epitelio fino, a quelle più conclamatecoinvolgenti tutto lo spessore epiteliale. Si parla quindi diCIN 1, corrispondente alla displasia lieve, quando la lesione

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topograficamente interessa soltanto il terzo inferiore dellalamina epiteliale; di CIN 2, corrispondente alla displasiamoderata, in cui la lesione non supera i due terzi inferiori; diCIN 3, corrispondente alla displasia grave ed al CIS, in cui lalesione si estende a tutto lo spessore dell’epitelio.Ne conse-gue che tutto lo spettro delle lesioni è così interpretato comeneoplasia intraepiteliale, quindi come un unico grado di le-sione dal punto di vista biologico.L’insieme delle alterazionidella CIN che esprime un difetto di maturazione, differen-ziazione e polarità cellulare comprende l’ingrandimento,l’atipia ed il polimorfismo dei nuclei e delle cellule (atipiecellulari); l’alterazione del numero delle cellule e dei nucleied il grado di disorganizzazione architetturale delle struttureepiteliali (atipie epiteliali); in aggiunta a questi elementivengono anche valutati altri criteri, come la ploidia e la ma-turità. Poiché ogni epitelio atipico può potenzialmente de-generare, queste lesioni devono essere considerate comeprecursori della neoplasia cervicale.La classificazione più recente, proposta a Bethesda negliStati Uniti (2001) e diffusa successivamente in Europa,comprende tutte queste lesioni con l’aggiunta di quelle daHPV (spesso confondibili con CIN di basso grado) sotto iltemine di lesioni intraepiteliali squamose (SIL: Squamous In-traepithelial Lesions), a loro volta distinte in L-SIL (lesioni dibasso grado: low-grade squamous intraepithelial lesions) e H-SIL (lesioni di alto grado: high-grade squamous intraepitheliallesions). È una classificazione molto utile per la pratica clini-ca, in quanto separa le lesioni di basso grado, corrispondentia CIN 1 con o senza coilocitosi, dalle lesioni di alto grado,corrispondenti a CIN 2 e CIN 3. A queste viene aggiuntaun’altra categoria di lesioni, ASC-US o ASC-H (cellule squa-mose atipiche di significato indeterminato), cioè tutte quel-le cellule anormali che non soddisfano i criteri per essereclassificate tra le lesioni squamose intraepiteliali di alto obasso grado (Tabella 13.1). Oltre all’ASC-US/ASC-H, puòcomparire nella citologia cervico-vaginale anche la presen-za di cellule atipiche ghiandolari (AGC-US/AGC-AIS) diprovenienza dal canale cervicale o dall’endometrio ed esse-re di difficile classificazione.In presenza di ASC-US/ASC-H è necessario:

1) eseguire un trattamento antiflogistico locale per elimina-re eventuali alterazioni legate a processi infiammatori;

2) procedere all’esecuzione di una colposcopia ed eventua-le biopsia.

In presenza di AGC-US/AGC-AIS è necessario:

1) eseguire una colposcopia con biopsia;2) eseguire un curettage endocervicale;3) eseguire biopsia/curettage endometriale (eventuale iste-

roscopia);4) qualora, nonostante i provvedimenti precedenti, la le-

sione persista a controlli citologici ripetuti, si deve con-

siderare l’opportunità di eseguire una conizzazione conbisturi a lama fredda e una laparoscopia diagnostica.

Diagnosi precoce. La facilità di esplorazione del collodell’utero mediante speculum vaginale, la possibilità di pre-levare cellule di sfaldamento, di osservare mediante ingran-dimento e di ottenere campioni bioptici, hanno reso questasede un modello per la diagnosi oncologica precoce.Il primo livello di screening, raccomandato dal Servizio Sa-nitario Nazionale su tutta la popolazione femminile ses-sualmente attiva e non isterectomizzata, compresa tra i 25ed i 64 anni, con cadenza triennale, è realizzato mediantecitologia. In ogni caso, escluse le campagne di screening, siconsiglia di eseguire il Pap-test una volta all’anno entro 2-3 anni dal primo rapporto sessuale indipendentementedall’età o a partire dall’età di 21-25 anni.Il prelievo citologico (Pap-test) viene eseguito mediante unaspatola di legno (di Ayre), ruotata sull’orifizio uterino ester-no, ed uno spazzolino (cytobrush), ruotato all’interno delcanale cervicale. Il materiale prelevato viene strisciato su diun vetrino, fissato ed inviato, assieme alla apposita schedadi accompagnamento, ad un servizio di citodiagnosticaqualificato per la colorazione secondo la metodica di Papa-nicolaou e la successiva lettura. In alternativa, il materialeprelevato (con la stessa metodica) può essere immerso interreno liquido (thin-prep o cell-slide), successivamente sot-toposto a centrifugazione, strisciato e colorato.La risposta citologica utilizza vari modelli classificativi deireperti di anormalità; il modello più raccomandato è ilBethesda System 2001 (vedi Tabella 13.1).Il Pap-test può risultare falsamente negativo, quando il pre-lievo non sia stato eseguito correttamente nella zona di tra-sformazione o il preparato sia stato allestito scorrettamente,o inadeguato per i seguenti fattori: modalità di prelievo noncorretto, prelievo di scarso materiale, effetto prosciugamen-to o contaminazione con lubrificanti. Un prelievo adeguatocome sede dovrà contenere contemporaneamente cellulesquamose esocervicali e cellule ghiandolari endocervicali.Attualmente si consiglia di integrare il Pap-test con il testHybrid capture 2 (hc2) che rileva i tipi di HPV correlati allosviluppo di neoplasie della cervice uterina nelle donne di etàpari o superiore ai 30 anni. L’esame si effettua con le stessemodalità del Pap-test: prelievo di materiale cervicale dall’en-docollo e successiva ricerca del DNA virale (HPV-DNA test).Le donne che risultano negative al test si presume non ab-biano, né avranno in tempi brevi lesioni tumorali. Il secondolivello di screening per il cervicocarcinoma,al quale vengonoinviate tutte le donne con citologia anomala,prevede l’esamecolposcopico (definito anche esame di 2° livello nella diagno-stica precoce della neoplasia cervicale) e eventualmente labiopsia mirata per una sicura diagnosi istologica.La colposcopia è l’esame della cervice e della vagina me-

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diante un particolare strumento detto colposcopio (che vieneimpiegato anche nell’esecuzione della vulvo e vaginosco-pia), il quale consente un’ottima illuminazione, una visionetridimensionale ed ingrandimenti fino a 40×. Con la pa-ziente in posizione ginecologica, viene esposta la cervicecon uno speculum bivalve.Primo tempo della colposcopia: la cervice viene dapprima esa-minata ad ingrandimento“panoramico”compreso tra 6 e 12volte (se si ritiene utile eseguire un prelievo citologico, que-sto andrebbe effettuato in questa fase), poi, rimosso l’even-tuale eccesso di muco e detersa la cervice con soluzione fi-siologica, viene studiata, eventualmente con l’aggiunta diun filtro verde e ad elevato ingrandimento, l’angioarchitet-tura epiteliale (sono sospetti i vasi a cavatappi, a caratterevaricoso, a decorso parallelo, ramificati, reticolari ecc.).

Secondo tempo della colposcopia: viene osservato il collo ute-rino dopo l’applicazione di una soluzione di acido aceticoal 3-5% per circa 15 secondi. Questo determina il rigon-fiamento dei tessuti e particolarmente delle papille dellamucosa ghiandolare dell’endocervice, permettendo così diidentificare la giunzione squamo-colonnare e la zona ditrasformazione. L’acido acetico agisce sugli epiteli renden-doli gonfi e modificandone il colore (rosa in caso di muco-sa normale, bianco-perlacea in quella ispessita) ed è piùattivo sugli epiteli anomali e ispessiti. L’effetto dell’acidoacetico (che scompare dopo 30-40 secondi, ma riapparedopo una successiva applicazione) dipende dalla quantitàdi proteine nucleari presenti: l’epitelio anormale, a causadella più elevata densità nucleare e della maggiore con-centrazione di proteine va incontro al massimo agglutina-

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Tabella 13.1 MODELLI DI CLASSIFICAZIONE PER LA RISPOSTA CITOLOGICA AL PAP-TEST SECONDO IL SISTEMA DI BETHESDA (2001)

Adeguatezza del preparato• Soddisfacente per la valutazione (segnalare la presenza/assenza di cellule cilindriche endocervicali/di componenti della zona

di trasformazione)• Insoddisfazione per la valutazione (specificare la ragione)• Rifiutato e non sottoposto a colorazione (specificare la ragione)• Insoddisfacente per la valutazione di anormalità delle cellule epiteliali a causa di… (specificare la ragione)

Classificazione generale• Negativo per lesioni intraepiteliali o maligne• Anormalità delle cellule epiteliali• Altro

Diagnosi descrittivaNegativo per lesioni intraepiteliali o maligne

Organismi• Trichomonas vaginalis• Microrganismi fungini morfologicamente suggestivi di specie di Candida• Presenza di flora suggestiva di “vaginosi batterica”• Batteri compatibili con Actinomiceti• Modificazioni cellulari compatibili con herpes simplex virusModificazioni non neoplasticheModificazioni cellulari reattive associate a:• infiammazione (compresa la riparazione tipica)• radiazioni• dispositivi intrauterini (IUD)• presenza di cellule ghiandolari dopo isterectomia totale• atrofia

Anormalità delle cellule epitelialiCellule squamose• Cellule squamose atipiche (ASC) di incerto significato (ASC-US) non si può escludere l’H-SIL (ASC-H)• Lesioni intraepiteliali squamose di basso grado (L-SIL) includenti:

HPV/displasia lieve/CIN 1• Lesioni intraepiteliali squamose di alto grado (H-SIL) includenti:

displasia moderata e grave/CIN 2 e CIN 3/CIS• Carcinoma squamo-cellulareCellule ghiandolari• Cellule ghiandolari atipiche (AGC) (specificare se endocervicali, endometriali o non specificabili)• Cellule ghiandolari atipiche suggestive di neoplasia (specificare se endocervicali, endometriali o non specificabili)• Adenocarcinoma endocervicale in situ (AIS)• AdenocarcinomaAltro• Cellule endometriali in donne ≥ 40 anni di età

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mento assumendo un colorito più o meno bianco a se-conda del suo spessore.Terzo tempo della colposcopia: consiste nell’osservazione delcollo dell’utero dopo applicazione di soluzione iodo-iodu-rata di Lugol (test di Schiller). Il principio di base di questotest è che, mentre l’epitelio squamoso normale è ricco di gli-cogeno che si lega alla soluzione iodata colorandosi in mar-rone scuro-mogano, l’epitelio cilindrico endocervicale equello anormale, sprovvisti di glicogeno, rimangono noncolorati.Dal 2002 viene utilizzata la classificazione internazionaleriportata nella Tabella 13.2 e nella Figura 13.4.La zona di trasformazione anormale, individuabile conl’impiego delle soluzioni descritte, si presenta con quadrimolteplici variamente associati tra loro ed indicati come:

1) epitelio aceto-bianco piatto: può essere sottile o ispessito;aspetto transitorio osservabile in aree di elevata densitànucleare;

2) mosaico regolare o irregolare: aree bianche che, specie nel-le forme irregolari, sono costituite da cellule displasiche,che proliferano e comprimono i vasi sanguigni superfi-ciali, creando un aspetto simile alle piastrelle di un mo-saico;

3) puntato regolare o irregolare: aree bianche anomale conlesioni vascolari a forma di punteggiatura causate da an-se capillari superficiali dilatate, il cui braccio afferente edefferente si indova nello stroma papillare sottostante:sono spesso sedi di displasia;

4) area parzialmente captante: indice di scarsa maturazionecellulare, osservabile in situazioni di ipoestrinismo;

5) area iodonegativa a limiti netti: corrisponde ad aree dimosaico, puntato o epitelio bianco all’osservazione conacido acetico;

6) area iodonegativa a limiti sfumati: possibile segno di cer-vicite;

7) vasi atipici: a decorso irregolare o parallelo alla superfi-cie; ramificati, varicosi; a forma di cavaturaccioli, di spa-ghetti ecc.

È importante che la giunzione squamo-colonnare sia benvisibile, in questo caso si parlerà di colposcopia soddisfacen-te; se non visibile o parzialmente visibile, perché risalita nelcanale cervicale, come frequentemente si verifica dopo i 45anni, la colposcopia sarà insoddisfacente. Un grosso limitedella colposcopia, quindi, è dato dall’impossibilità di esplo-rare il canale cervicale e di valutare, pertanto, le lesioni chesono parzialmente o totalmente endocervicali.Lo scopo fondamentale della colposcopia è valutare la loca-lizzazione e l’estensione delle lesioni cervicali e quindi per-mettere una biopsia accurata. La biopsia cervicale dev’esse-re effettuata su tutte le lesioni clinicamente sospette, prefe-ribilmente sotto guida colposcopica; quando la citologiasuggerisce la presenza di una neoplasia cervicale, ma non viè alcuna lesione macroscopicamente o colposcopicamenteosservabile, deve essere effettuata una conizzazione.I metodi tradizionali di esplorazione del canale cervicalesono due: il curettage e la conizzazione diagnostica. Il curetta-ge rivela agevolmente i tumori invasivi; è invece insoddi-sfacente nei casi di lesioni preinvasive, che spesso interes-sano il fondo delle ghiandole e che, su piccoli frammenti,sono male interpretate. La conizzazione è una più o menoampia biopsia coniforme della cervice che ha per base ilpiano periorifiziale e per apice un punto del canale cervica-le e ad estensione verso la zona istmica a varia distanzadall’istmo o coincidente con questo (vedi oltre).Nel 1980 Jacques Hamou, di Parigi, ha proposto l’esplora-zione cervicale mediante un microcolpoisteroscopio da lui

GINECOLOGIA

Tabella 13.2 CLASSIFICAZIONE COLPOSCOPICA INTERNAZIONALE IFCPC (BARCELLONA 2002)

I) Reperti colposcopici normaliEpitelio pavimentoso originarioEpitelio cilindricoZona di trasformazione normale

II) Reperti colposcopici anormaliEpitelio aceto-bianco piattoEpitelio aceto-bianco ispessito*Mosaico regolareMosaico irregolare*Puntato regolarePuntato irregolare*Area parzialmente iodocaptanteArea iodonegativa*Vasi atipici*

Grado 1 (modificazioni minori): epitelio aceto-bianco sottile, mosaico regolare, puntato regolare, leucoplachia sottile;Grado 2 (modificazioni maggiori): epitelio aceto-bianco ispessito, mosaico regolare, puntato irregolare, leucoplachia spessa, vasi atipici.

(Da: Walker P., Dexeus S., De Palo G., Barrasso R., Campion M., Girardi F., Jakob C., Roy M., Roy M. International terminology of colposcopy: and updatereport from International Federation for Cervical Pathology and Colposcopy. Obstet Gynecol. 2003; 101: 175.)

III) Quadro colposcopico suggestivo per carcinoma invasivo

IV) Colposcopia insoddisfacenteGiunzione squamo-colonnare non visualizzataInfiammazione grave, atrofia grave, traumaCervice non visibile

V) Reperti miscellaneiCondiloma esofiticoCheratosiErosioneInfiammazioneAtrofiaDeciduosiPolipi

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Figura 13.4 Scheda colposcopica. (Da: Walker P., Dexeus S., De Palo G., Barrasso R., Campion M., Girardi F., Jakob C., Roy M., Roy M. Interna-tional terminology of colposcopy: and update report from International Federation for Cervical Pathology and Colposcopy. Obstet Gynecol. 2003;101: 175, 2003.)

CONCLUSIVO: giunzione squamocolonnare (GSC) � visibile esocervicale� visibile endocervicale

INSODDISFACENTE PER: � GSC non visibile � flogosi intensa� cervice non completamente evidenziabile � atrofia grave

QUADRO COLPOSCOPICO NORMALE

Epitelio originale: � trofico Epitelio cilindrico: � fino a 1/3� atrofico � fino a 2/3

� superiore a 2/3

Zona di trasformazione normale (ZTN): � incompleta � sbocchi ghiandolari� completa � cisti di Naboth

REPERTI MISCELLANEI

Sospetti condilomatosi: � florida � leucoplasiforme � a punti bianchi � mosaiciforme � mista

� Leucoplachia/Cheratosi � Esiti di trattamento � Erosione/ulcera� Colpite (...........................................) � Endometriosi � Vescicole/bolle� Area iodochiara, non acidofila � Deciduosi � Cupola vaginale� Superficie micropapillare non acidofila � Polipo � Tessuto di granulazione

TEST DI SCHILLER

� Captante� Non captante� Captazione disomogenea

QUADRO COLPOSCOPICO ANORMALE

� dentro la zona di trasformazione� fuori della zona di trasformazione

Trasformazione anormale Grado 1 (G 1): � epitelio bianco sottile piatto� epitelio bianco sottile micropapillare/microconvoluto� mosaico regolare� puntato regolare

Trasformazione anormale Grado 2 (G 2): � epitelio bianco ispessito piatto� epitelio bianco ispessito micropapillare/microconvoluto� mosaico irregolare� puntato irregolare

� sbocchi ghiandolari ispessiti� vasi atipici

� sospetta neoplasia invasiva

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ideato che consente ingrandimenti fino a 150×. Questostrumento in mani esperte si è dimostrato un mezzo im-portante, ma presenta limiti che ne hanno ostacolato la dif-fusione: è scomodo, non permette di esplorare le ghiando-le, non consente biopsie mirate, è difficile visualizzare il ca-nale oltre i primi 10 mm.

Terapia. La scelta del trattamento terapeutico dipende dadiversi parametri, in particolare da:

1) grado della lesione: nelle SIL di basso grado è possibileanche un atteggiamento di attesa;

2) sede ed estensione della lesione;3) età della paziente e condizioni complessive dell’utero (ve-

di linee-guida della SICPCV del 2002 di gestione dellepazienti con Pap-test anomalo nelle Figure 13.5 e 13.6).

Il trattamento può utilizzare le tecniche di seguito descrit-te (Figura 13.7).

1) Tecniche distruttive quali la diatermo-coagulazione, la la-ser-vaporizzazione, la crioterapia, nel caso di lesioni esclu-sivamente esocervicali, in cui è sicuramente da esclude-re la presenza di lesioni micro- o francamente invasive evi è concordanza tra i metodi diagnostici utilizzati (cito-logia, colposcopia, biopsia mirata).

2) Tecniche escissionali. Si tratta della conizzazione che ha leseguenti finalità diagnostiche:a) non vi è lesione visibile colposcopicamente;b) l’epitelio atipico si estende lungo il canale cervicale e

la lesione non può essere adeguatamente visualizza-ta colposcopicamente per tutta la sua estensione;

c) vi è discrepanza tra il risultato istologico della biopsiae quello citologico;

d) la diagnosi di microinvasione deriva da una biopsia amorso cervicale;

e) il curettage endocervicale identifica una CIN.

Può essere eseguita con tecniche differenti:a) conizzazione con bisturi (a lama fredda). Il vantaggio è

un cono facilmente esaminabile dall’anatomo-pato-logo; gli svantaggi sono numerosi, in particolare: lanecessità di ospedalizzare, di eseguire un’anestesiagenerale o un’analgesia loco-regionale, le emorragiee gli esiti cicatriziali stenosanti con difficoltà ad esplo-rare l’endocervice residua nel follow-up;

b) conizzazione con laser CO2. I costi sono elevati, i tempi diesecuzione possono essere lunghi; il cono, tuttavia, saràpoco alterato dalla tecnica e gli esiti a distanza ottimi;

c) conizzazione con ansa elettrica (LEEP: Loop Electrosurgi-cal Excisional Procedure). Mediante l’utilizzo di corren-ti ad alta frequenza, permette di asportare in toto l’a-rea colpita e la zona di trasformazione, con possibilitàdi un successivo esame istopatologico seriato. I costisono bassi, l’esecuzione è ambulatoriale, in anestesia

locale, rapidissima; il cono sarà poco alterato dalla ne-crosi termica e gli esiti a distanza saranno ottimi.

3) Isterectomia. Proponibile nelle SIL di alto grado, nel casodi donne in premenopausa o menopausa, oppure conpatologie uterine associate quali fibromi ecc.

Dopo il trattamento conservativo sarà necessario un fol-low-up citologico e colposcopico semestrale nei primi 2anni, annuale successivamente.In caso di recidiva o persistenza della patologia preinvasi-va, la conizzazione può anche essere ripetuta.In gravidanza, se il Pap-test risulta patologico, si esegue col-poscopia e biopsia ed, esclusa l’invasione stromale, si ri-manda il trattamento chirurgico sino a 6-12 settimane do-po il parto. L’unica indicazione alla conizzazione in gravi-danza, ipotizzabile fino a 20 settimane (con rischio diemorragie e di aborto, specie se eseguito a lama fredda), èil sospetto di carcinoma invasivo.

CARCINOMA DELLA CERVICE INVASIVO

Anatomia patologica. Il cervicocarcinoma può presen-tarsi sotto quattro forme: esofitica, come una massa vege-tante e friabile; ulcerativa; endofitica con rigonfiamento abotte delle pareti cervicali; esofitica bulky evertente la cervice.Il tipo istologico di gran lunga più frequente (70-80%) è ilcarcinoma squamoso o nella forma più differenziata cherati-nizzante o nella forma scarsamente differenziata non che-ratinizzante (a grandi o piccole cellule).Il carcinoma microinvasivo rappresenta lo stadio preclinicodella malattia che segna il passaggio tra il carcinoma in si-tu e il carcinoma francamente invasivo. Include i tumoriche hanno una invasione stromale < 5 mm e un’estensio-ne orizzontale < 7 mm. La Federazione Internazionale diGinecologia e Ostetricia (FIGO) del 1994 considera il car-cinoma microinvasivo come stadio Ia della malattia e, piùprecisamente, come stadio Ia1 se la profondità dell’invasio-ne non supera i 3 mm e Ia2 se la profondità di invasione èsuperiore a 3 mm e inferiore a 5 mm (Tabella 13.3).Secondo per incidenza è l’adenocarcinoma (7-10%). Ancheper questo istotipo vengono descritte forme preinvasive ele alterazioni presenti nelle cellule cilindriche vengonoclassificate come ECCIN (1, 2, 3), vale a dire CIN Endo Cer-vicale di grado 1, 2, 3, e CTM (Cellule Tumorali Maligne).In questi ultimi vent’anni è stata osservata una riduzionedella frequenza dei carcinomi squamosi ed un aumento diquella degli adenocarcinomi. La causa principale è l’elimina-zione, mediante diagnosi precoce, di un numero notevole dicarcinomi squamosi allo stadio preinvasivo; un’altra causasembra essere l’impiego di contraccettivi orali, ma in realtàsono distinti due gruppi di pazienti con adenocarcinoma delcanale cervicale: di età superiore ai 50 anni (in cui non han-no importanza i fattori sessuali) e di età inferiore, in cui èstata dimostrata un’associazione elevata con HPV 16 e 18.

GINECOLOGIA

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Figura 13.5 a) Gestione della paziente con diagnosi citologica: SIL di basso grado (L-SIL); b) gestione della paziente con diagnosi citologica: SILdi alto grado (H-SIL) o carcinoma squamo-cellulare (Da: Linee-guida SICPCV 2002.)

Esame colposcopico

Carcinoma invasivo:protocollo oncologico

Positivo:biopsia positiva

Positivo:biopsia negativa

Negativo

CIN 1

GSC visibile:controlloa 6 mesi

o trattamento

GSC non visibile:controllo a 6 mesi

o trattamentoescissionale

Ritornoa screening

Trattamentoescissionalediagnostico

CIN 2/3

Negativo Positivo

TrattamentoControllo a 6 mesi

a

Esame colposcopico

Carcinoma invasivo:protocollo oncologico

Positivo:biopsia positiva

Positivo:biopsia positiva

Negativo

CIN 1

GSC visibile:controlloa 3 mesi

o trattamento

GSC non visibile:trattamentoescissionale

Controlloa 6 mesi

Trattamentoescissionalediagnostico

CIN 2/3

Negativo Positivo

TrattamentoControllo a 3 mesi

b

GSC visibile GSC non visibile(sondaggio

c.c. negativo)

GSC visibile GSC non visibile(sondaggio

c.c. negativo)

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GINECOLOGIA

Figura 13.6 a) Gestione della paziente con diagnosi citologica: ASC-US o ASC-H; b) gestione della paziente con diagnosi citologica: AGC-AIS oadenocarcinoma. (Da: Linee-guida SICPCV 2002).

Esame colposcopico

Carcinoma invasivo:protocollo oncologico

Positivo:biopsia positiva

CIN 1

GSC visibile:controlloa 3 mesi

o trattamentoescissionale

GSC non visibile:trattamentoescissionale

Controlloa 6 mesi

Trattamentoescissionalediagnostico

AIS-CIN 2/3

Negativo PositivoTrattamentoescissionale

Negativo:valutazione endocervicale/endometriale

Esame colposcopico

Carcinoma invasivo:protocollo oncologico

Positivo:biopsia positiva

Positivo:biopsia negativa

Negativo

CIN 1

GSC visibile:controlloa 6 mesi

o trattamento

GSC non visibile:controllo a 6 mesi

o trattamentoescissionale

Ritornoa screening

Trattamentoescissionalediagnostico

CIN 2/3

Negativo Positivo

TrattamentoControllo a 6 mesi

b

a

GSC visibile GSC non visibile(sondaggio

c.c. negativo)

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Patologia del collo dell’utero 13

Istologia del carcinoma in situ all’interno della zona di trasformazione

Terapia con laser CO2 Elettrocauterizzazione radicale

Sono evidenziate le biopsie nelle zonedi trasformazione

Il trattamento deve asportare la zona ditrasformazione e penetrare fino a unaprofondità minima di 5 mm al fine didistruggere l’estensione metaplastica odisplastica nelle cisti ghiandolari

Le modalità di trattamento comprendono:criochirurgia laser CO2, DTC fino allaconizzazione e all’isterectomia

Margine del carcinomain situ all’interno della zonadi trasformazione

Profondità di penetrazionedella criosonda

Bruciature lasernella zona ditrasformazione

Punta del DTC

Bruciature da DTC

Figura 13.7 Trattamento del carcinoma in situ (CIN III). (Da R.P. Smith, Netter’s Obstetrics, Gynecology and Women’s Health. Published by Else-vier Inc. All rights reserved.)

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Evoluzione. Il carcinoma rimane, generalmente, per lungotempo localizzato nella pelvi; diffonde sia per invasione diret-ta dei tessuti circostanti, sia per embolizzazione dei vasi linfa-tici, sia per via ematica, sia per impianto intraperitoneale.La diffusione per contiguità coinvolge la vagina, il corpodell’utero ed i parametri; è più raro l’interessamento dellavescica e del retto.La diffusione linfatica costituisce la via preferenziale di me-tastatizzazione a distanza, è in diretta relazione con lo sta-dio di malattia e coinvolge i linfonodi parametriali, ottura-tori, iliaci esterni, interni, comuni e presacrali. L’interessa-mento dei linfonodi lomboaortici è raro ed è sempre se-condario a quello delle stazioni pelviche.

Le recidive del tumore, dopo trattamento chirurgico o ra-dioterapico, si verificano in genere entro 24 mesi. Le recidi-ve più frequenti sono pelviche; possono essere centrali (insede sopravaginale) ed interessare la vescica e/o il retto opossono essere profonde in sede parametriale (con idrone-frosi) e linfonodale (con edema da stasi degli arti inferiori).

Sintomatologia. Mentre la lesione cervicale preinvasivaè solitamente asintomatica, la lesione invasiva può causareperdite ematiche intermestruali, frequentemente postcoi-tali (talora saniose), dopo minzione e defecazione.La visita ginecologica è spesso sufficiente a far porre dia-gnosi con immediatezza: nella forma esofitica il tessuto è

GINECOLOGIA

Tabella 13.3 STADIAZIONE DELLA FIGO DEL CARCINOMA DELLA CERVICE UTERINA

Carcinoma preinvasivoStadio 0 Carcinoma in situ, carcinoma intra-epiteliale (i casi allo stadio 0 non andrebbero inclusi in nessuna statistica te-

rapeutica).

Carcinoma invasivoStadio I(1) Carcinoma confinato alla cervice (l’estensione al corpo può essere tralasciata).

Stadio Ia Carcinoma preclinico della cervice, diagnosticato solo con l’esame microscopicoStadio Ia1 Lesione con invasione ≤ 3 mmStadio Ia2 Lesione evidenziata all’esame microscopico che può essere misurata. Il limite

più inferiore della misurazione deve mostrare una profondità di invasione > 3e < 5 mm, dalla base dell’epitelio sia dalla superficie sia dalle ghiandole da cuiè originato, ed una seconda dimensione, la diffusione orizzontale, non devesuperare i 7 mm. Le lesioni di dimensioni maggiori vengono identificate comestadio Ib

Stadio Ib Lesioni invasive > 5 mmStadio Ib1 Lesioni inferiori od uguali a 4 cmStadio Ib2 Lesioni maggiori di 4 cm di diametro

Stadio II(2) Il carcinoma si estende oltre la cervice ma non coinvolge la parete.Il carcinoma si estende alla vagina ma non interessa il suo terzo inferiore.

Stadio IIa Assenza di coinvolgimento del parametrioStadio IIb Coinvolgimento del parametrio

Stadio III(3) Il carcinoma si estende alla parete pelvica. All’esplorazione rettale non vi è nessuno spazio libero dall’invasio-ne del carcinoma tra la neoplasia e la parete pelvica. Il tumore coinvolge il terzo inferiore della vagina. Tutti icasi di idronefrosi o di alterata funzione renale.

Stadio IIIa Assenza di estensione alla parete pelvicaStadio IIIb Estensione alla parete pelvica e/o idronefrosi o rene non funzionante

Stadio IV(4) Il carcinoma si estende oltre la pelvi vera o ha clinicamente coinvolto la mucosa della vescica o del retto. Unedema bolloso, come tale, non permette di classificare la lesione allo stadio IV.

Stadio IVa Diffusione agli organi adiacentiStadio IVb Diffusione agli organi a distanza

(1) La diagnosi sia del carcinoma in stadio Ia1 sia in stadio Ia2 deve basarsi sull’esame microscopico del tessuto rimosso, preferibilmente dopo conizzazione, chedovrebbe includere l’intera lesione. La profondità d’invasione non deve superare i 5 mm misurati dalla base dell’epitelio sia di superficie sia ghiandolare. L’altramisura, ovvero la crescita orizzontale, non deve superare i 7 mm. Il coinvolgimento degli spazi vascolari, sia venosi sia linfatici, non modifica la stadiazione, madeve essere registrato specificamente perché può condizionare il trattamento futuro. Le lesioni di dimensioni maggiori devono essere stadiate come Ib. Gene-ralmente è impossibile valutare l’estensione del carcinoma dalla cervice al corpo uterino. L’estensione al corpo deve essere quindi ignorata.

(2) Una paziente con una massa fissata alla parete pelvica tramite un parametrio corto e duro, ma non nodulare, deve essere considerata in stadio IIb. All’esameclinico è impossibile stabilire se un parametrio che appare liscio ed indurito è chiaramente invaso dalla neoplasia o solo infiammato. Quindi la paziente deve es-sere classificata come in stadio III solo se il parametrio è nodulare, fino alla parete pelvica, o la crescita stessa si estende fino alla parete pelvica.

(3) La presenza di idronefrosi o rene non funzionante a causa di una stenosi dell’uretere provocata dal cancro, impone la classificazione della neoplasia co-me stadio III, anche se secondo gli altri parametri, può essere assegnata allo stadio I o II.

(4) La presenza di edema bolloso, come tale, non consente di classificare la lesione come stadio IV. Creste e solchi all’interno della vescica devono essereinterpretati come segni di coinvolgimento della vagina se alla palpazione delle escrescenze esse rimangono fisse (cioè all‘esame del retto e della vagi-na durante la cistoscopia). La presenza di cellule neoplastiche al washing della cavità vescicale richiede un’ulteriore valutazione e l’esecuzione di unabiopsia della parete vescicale.

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friabile e facilmente sanguinante; nella forma endofiticala cervice acquista una consistenza dura; a volte la cervi-ce può sembrare integra ed il collo può assumere la for-ma “a barilotto”; nella forma ulcerativa si può osservareun cratere più o meno profondo. Altre volte la visita fasorgere il sospetto, che viene confermato da indagini ele-mentari, quali il Pap-test, la colposcopia, la biopsia edeventualmente il curettage endocervicale.

Stadiazione. Le procedure di stadiazione sono riassuntenella Tabella 13.4 e comprendono essenzialmente: l’esamevaginale bimanuale con esplorazione rettale, la colposcopiacon biopsia, l’Rx torace, l’urografia. Nel sospetto clinico diinvasione devono essere eseguite anche la cistoscopia e laproctosigmoidoscopia. Le regole per una corretta stadia-zione clinica, secondo la FIGO sono:

1) lo stadio deve essere definito clinicamente prima diqualsiasi programma terapeutico;

2) la stadiazione clinica va effettuata immediatamente do-po la diagnosi di cervicocarcinoma;

3) definito lo stadio, non deve essere modificato successi-vamente;

4) nei casi dubbi tra due stadi, deve essere scelto lo stadioinferiore.

Le stadiazioni abitualmente utilizzate sono quelle dellaFIGO o quella TNM, dove il T è definito con le stesse mo-

dalità della FIGO; di fatto: N (invasione linfonodi), M (me-tastasi a distanza) meglio specificano lo stadio FIGO IVb(carcinoma con metastasi a distanza) (Tabella 13.5).Le modalità di stadiazione differiscono sostanzialmentetra lo stadio Ia e gli altri. Nel primo, la definizione di sta-dio è basata esclusivamente su dati ottenuti dall’esameanatomo-patologico del pezzo asportato. Negli altri sta-di, la definizione dell’estensione della malattia è fondatasull’esame ginecologico e su esami strumentali quali l’e-

Patologia del collo dell’utero 13

Tabella 13.4 PROCEDURE DI STADIAZIONE

Esame fisico(1) Palpazione dei linfonodiEsplorazione vaginalePalpazione bimanuale retto-vagi-nale (in anestesia)

Esami radiologici(1) UrografiaClistere di barioRx toraceRx scheletro

Altri esami(1) ColposcopiaBiopsiaCurettage endocervicaleConizzazioneCistoscopiaProctoscopiaIsteroscopia

Indagini facoltative(2) Tomografia assiale computerizzataLinfoangiografiaUltrasonografiaRisonanza magnetica nucleareLaparoscopia-laparotomiaScintigrafiaPET

(1) Secondo la Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia(FIGO).

(2) Dati che in base alle indicazioni della FIGO non possono modificare lastadiazione clinica.

Tabella 13.5 CLASSIFICAZIONE DEL CARCINOMADELLA CERVICE UTERINA APPROVATADA FIGO, UICC, AJCC (1997)

FIGO TNM

I T1 Carcinoma limitato alla cervice (la diffu-sione al corpo uterino non deve essereconsiderata)

Ia T1a Carcinoma invasivo identificato solo mi-croscopicamente. Tutte le lesioni visibilimacroscopicamente, anche se con invasio-ne superficiale, sono considerate T1b/Ib.L’invasione stromale deve essere ≤ 5 mm el’estensione orizzontale ≤ 7 mm

Ia1 T1a1 Invasione stromale ≤ 3 mm ed estensio-ne orizzontale ≤ 7 mm

Ia2 T1a2 Invasione stromale > 3 mm e ≤ 5 mm edestensione orizzontale ≤ 7 mm

Ib T1b Lesione clinica confinata alla cervice o le-sione preclinica più grandi di T1a2/Ia2

Ib1 T1b1 Lesione clinica ≤ 4 cm

Ib2 T1b2 Lesione clinica > 4 cm

II T2 Carcinoma esteso oltre la cervice ma nonfino alla parete pelvica e/o carcinoma este-so alla vagina ma non al terzo inferiore

IIa T2a Carcinoma senza infiltrazione del para-metrio

IIb T2b Carcinoma con infiltrazione del parame-trio

III T3 Carcinoma esteso alla parete pelvica e/ointeressante il terzo inferiore della vaginae/o determinante idronefrosi o esclusionefunzionale del rene

IIIa T3a Carcinoma senza estensione alla paretepelvica ma esteso al terzo inferiore dellavagina

IIIb T3b Carcinoma esteso alla parete pelvica odeterminante idronefrosi o esclusionefunzionale del rene

IVa T4 Carcinoma con diffusione della mucosadella vescica o del retto e/o esteso oltre lavera pelvi

IVb M1 Carcinoma con diffusione agli organi a di-stanza

Grading. G1: ben differenziato; G2: moderatamente diffe-renziato; G3: scarsamente differenziato; G4: indifferenziato.

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cografia renale, la cistoscopia, la radiografia del tora-ce ecc.Il limite della classificazione FIGO è quello di essere basa-ta prevalentemente su dati clinici e strumentali, la cui cor-rispondenza con i dati patologici non è sempre costante.Ciò vale particolarmente per la definizione dell’estensioneparametriale della malattia, influenzata dalla soggettivitàclinica e dalla impossibilità di obiettivare la diffusione sub-clinica al parametrio; utile, al riguardo, la RMN (risonanzamagnetica nucleare) che dimostra avere un’accuratezzadiagnostica dal 76 all’83%, perché permette di valutare l’e-stensione della neoplasia, la presenza di invasione dellostroma, dei parametri, vescica, retto e vagina; la PET attual-mente è considerata l’indagine più specifica per la defini-zione delle metastasi linfonodali.La stadiazione pTNM è più oggettiva, in quanto postchi-rurgica; si avvale, infatti, anche dei dati forniti dell’esameseriato del pezzo operatorio asportato.

Terapia. Per il trattamento del cervicocarcinoma si utiliz-zano la chirurgia, la radioterapia, la chemioterapia, even-tualmente integrate, a seconda dell’estensione del tumoree delle caratteristiche della paziente.Nello stadio Ia1 la chirurgia può essere limitata alla coniz-zazione (in casi selezionati di donne giovani con desideriodi prole, purché i margini del cono siano liberi da malattiae non sia presente invasione degli spazi vascolari) o allasemplice isterectomia extrafasciale; nello stadio Ia2, Ib, IIacon tumore inferiore a 4 cm, la chirurgia di elezione è rap-presentata dall’isterectomia radicale (gli annessi possonoessere conservati nella donna giovane), che consiste nell’a-sportazione dell’utero, del terzo superiore della vagina,nell’exeresi dei parametri con radicalità modulata in rela-zione alle caratteristiche del tumore, nella linfoadenecto-mia pelvica e nella valutazione dei linfonodi para-aortici.Quando sono documentate metastasi linfonodali nella re-gione iliaca comune, si procede alla linfoadenectomia aor-to-cavale fino all’arteria mesenterica inferiore: questi ultimisono interventi definiti di isterectomia allargata, in quantola demolizione è estesa a strutture periferiche rispetto al-l’utero; essi sono gravati, per la loro complessità, da com-plicanze di varia entità: emorragie, danni ureterali e/o ve-scicali, lesioni di nervi, infezioni ecc.Ernst Wertheim,ginecologo austriaco, fu il primo ad esegui-re laparoisterectomie allargate (1907); perfezionamenti allatecnica furono apportati successivamente da Autori qualiLatzko,Okabayashi,Meigs ed altri (vedi Capitolo 35).In casi selezionati di tumore esteso al retto e/o alla vescica,primitivo o recidivato, si possono effettuare interventi, mol-to mutilanti, di eviscerazione anteriore (asportazione dellavescica e derivazione urinaria), posteriore (asportazione delretto e colostomia) o totale (asportazione di retto e vescica).

La radioterapia del cervicocarcinoma può essere effettuata intutti gli stadi con una percentuale di guarigione dal 70% (sta-dio I) al 18% (stadio IV); consiste generalmente in una com-binazione tra la brachiterapia (o curieterapia) intracavitariaper aumentare la tensione all’interno del tumore centrale ela radioterapia (teleterapia) transcutanea con alte energie,per trattare i linfonodi regionali e ridurre la neoplasia primi-tiva. Da circa 20 anni il radium classico è stato sostituito dalcesio (137 Cs), l’iridio (192 Ir) e il cobalto (60 Co).Con questefonti è possibile miniaturizzare le apparecchiature in funzio-ne dell’anatomia delle pazienti e computerizzare esatta-mente le dosi e la sede da irradiare mirando più precisamen-te il bersaglio e proteggendo il personale sanitario.La brachiterapia consiste nel posizionare sorgenti radioatti-ve (quali il 60 Co) nel canale cervicale e nei fornici vagina-li mediante appositi applicatori e può essere utilizzata dasola nelle pazienti con malattia iniziale, in assenza di me-tastasi linfonodali.La radioterapia transcutanea a fascio collimato con radiazio-ni fotoniche di alta energia, più frequentemente utilizzan-do acceleratori lineari, consente di irradiare ampi volumicon buona omogeneità di dose.La radioterapia esclusiva è una valida alternativa alla chirurgianello stadio Ib,con risultati sovrapponibili quando è disponi-bile un buon centro di radioterapia. La chirurgia, tuttavia, èpreferibile; essa ha il vantaggio di studiare i fattori di rischioanatomo-patologici, di modulare la radicalità dell’exeresi, dipreservare la funzione ovarica. Il trattamento completo ra-dioterapico si avvale di una somministrazione esterna, in cui ilvolume bersaglio pelvico deve ricevere una dose complessiva(massa tumorale e linfonodi) corrispondente a 45-50 Gy in 5settimane (1,8 Gy/5 giorni/settimana) e una endocavitaria,ef-fettuata mediante un’erogazione unica di elevata intensità(650 Gy nel punto A, situato a 2 cm lateralmente al canalecervicale e 2 cm sopra il fornice laterale e 150-500 Gy nel pun-to B,situato sul parametrio a 3 cm all’esterno del punto A).Nello stadio IIb le pazienti vengono curate con la chirurgiao la radioterapia a seconda delle scuole oncologiche. Neglistadi III e IV nelle pazienti anziane o ad alto rischio opera-torio è preferibile la radioterapia.La radioterapia adiuvante postoperatoria viene utilizzatanelle pazienti sottoposte a chirurgia primaria inadeguata(ad es.: margini di exeresi chirurgica infiltrati) o ad alto ri-schio di recidiva per metastasi linfonodali ecc. Vengonoerogate alte energie sul volume bersaglio pelvico (linfono-di iliaci esterni e pelvici) pari a 45-50 Gy/5-6 settimane, dainiziare non oltre un mese dopo l’intervento.La radioterapia può essere erogata anche preoperatoria-mente 4-6 settimane prima dell’intervento per un totale di450-500 Gy esternamente e 350-450 Gy endocavitaria:questo protocollo viene applicato soprattutto nei casi dicarcinoma cervicale a sviluppo endofitico (collo a botte).

GINECOLOGIA

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La radioterapia è usata anche nel trattamento delle recidi-ve pelviche del tumore; essa non è esente da complicanze:infezioni, fibrosi pelvica con stenosi vaginale, ureterale edintestinale, fistole urinarie ecc.Recentemente,grazie all‘introduzione di nuove e più effica-ci sostanze antiblastiche (derivati del platino), di nuovi far-maci per il controllo degli effetti collaterali più gravi (antie-metici, fattori di crescita emopoietici), si sono sviluppati pro-tocolli di chemioterapia anche per il cervicocarcinoma. Lachemioterapia può essere impiegata simultaneamente allaradioterapia (radiochemioterapia) con effetto radio-sensibi-lizzante (il cisplatino viene utilizzato da solo o in vari regimidi combinazione con paclitaxel ed epirubicina), sia nel trat-tamento neoadiuvante (prechirurgico) delle forme local-mente avanzate allo scopo di ridurre lo stadio e rendere laneoplasia operabile (chirurgia radicale), sia nel trattamentoadiuvante (postoperatorio) delle forme ad alto rischio di re-cidiva (positività di linfonodi lombo-aortici, sia nella malat-tia recidivante e/o metastastica (chemio-palliativa).In gravidanza, in presenza di un carcinoma Ia1 dimostratodalla conizzazione, si lascia evolvere normalmente la ge-stazione. In presenza di un carcinoma francamente invasi-vo può essere prospettata l’interruzione di gravidanza, se ladiagnosi avviene nel primo trimestre, seguita da terapiaadeguata. Se la diagnosi viene posta nel terzo trimestre siattende la maturità fetale. Nel secondo trimestre sonospesso preponderanti, nella scelta, criteri decisionali nonmedici, per cui il trattamento è del tutto personalizzato.

Prognosi. L’efficacia del trattamento del cervicocarcinomaè legata alla precocità della diagnosi. I fattori prognosticisono rappresentati da:

1) stadio: ad esso sono direttamente correlati il rischio dimetastasi linfonodali e la sopravvivenza: 85% al I, 66%al II, 39% al III, 11% al IV stadio;

2) profondità di invasione stromale: è correlata al rischio dimetastasi linfonodali e di recidiva locale;

3) estensione orizzontale: è correlata al rischio di metasta-si linfonodali e di recidiva locale;

4) dimensione del tumore: oltre al rischio di metastasilinfonodali e di recidive locali, è correlata alla sopravvi-venza;

5) stato linfonodale: è il principale fattore prognostico; aparità di stadio, infatti, in presenza di coinvolgimentolinfonodale la sopravvivenza è peggiore;

6) diffusione neoplastica negli spazi vascolari: correlata alrischio di metastasi, recidive, sopravvivenza;

7) tipo istologico, grado di differenziazione, recettori ormo-nali, virus e oncogeni, modalità di infiltrazione e reazio-ne flogistica peritumorale: oggetto di studio, non sem-brano influire sulla prognosi.

Follow-up. Gli obiettivi del follow-up sono essenzial-mente: offrire una diagnosi precoce della persistenza dimalattia e delle recidive; identificare le complicanze tardi-ve del trattamento; sorvegliare le eventuali neoplasie me-tacrone e fornire un supporto psicologico alla paziente. Lamaggior parte delle recidive si sviluppa entro i primi an-ni dalla diagnosi, per cui il follow-up viene impostato concontrolli ogni 3 mesi entro i primi 2 anni dal trattamentoprimario, successivamente ogni 6 mesi fino al quinto an-no e, infine, annualmente. La comparsa di segni e sinto-mi d’allarme (sospetto di recidive: sanguinamento vagi-nale, edema degli arti inferiori, dolore pelvico) imponeuna valutazione urgente del caso. L’iter diagnostico com-prende:

1) esame clinico: visita ginecologica vaginale e rettale; Pap-test, colposcopia, eventuale biopsia di ogni lesione so-spetta;

2) esame radiologico del torace;3) ecografia renale (stenosi ureterale, ostruzioni unilaterali,

spia di recidiva nel 90% dei casi);4) TAC addomino-pelvica, che può evidenziare recidive

addominali, retroperitoneali o epatiche;5) scintigrafia ossea, cistoscopia, Rx torace, urografia, retto-

colonscopia in casi sintomatici.

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Patologia del collo dell’utero 13

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