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ESPRESSIONE GENICA DEL
RECETTORE DELL’EGF (EGF-R)
NELL’UROTELIO VESCICALE IN
PAZIENTI AFFETTI DA CARCINOMA A
CELLULE TRANSIZIONALI NON
MUSCOLO INVASIVO AD ALTO
RISCHIO DI RECIDIVA E
PROGRESSIONE
Pag. 2
Indice
1. Introduzione
pag. 4
1.1 Epidemiologia pag. 4
1.2 Fattori di rischio pag. 6
1.3 Classificazione anatomo-patologica pag. 8
1.4 Grading pag. 9
1.5 Staging pag. 13
1.6 Storia naturale pag. 16
1.7 Manifestazioni cliniche pag. 18
1.8 Diagnosi pag. 19
1.9 Categorie di rischio degli uroteliomi NMI pag. 24
2. Terapia del carcinoma vescicale NMI pag. 30
2.1 Resezione transuretrale (TUR) pag. 30
2.2 RE-TUR (TUR di ristadiazione) pag. 33
2.3 Cenni di terapia endocavitaria nel rischio basso e
intermedio
pag. 34
Pag. 3
2.4 Terapia del carcinoma vescicale ad alto rischio pag. 36
2.4.1 Terapia del CIS pag. 37
2.4.2 Terapia del T1G3: trattamento conservativo
vs cistectomia radicale pag. 38
2.4.3 BCG-failure pag. 41
3. Follow-up dei pazienti con neoplasia vescicale NMI pag. 44
4. Target genici del carcinoma vescicale pag. 46
4.1 Scopo dello studio pag. 46
4.2 Struttura e ruolo biologico del recettore dell'EGF (EGF-R) pag. 49
4.3 L'EGF-R nei carcinomi vescicali pag. 53
5. Bibliografia pag. 61
Pag. 4
1. INTRODUZIONE
1.1 EPIDEMIOLOGIA
Il carcinoma vescicale rappresenta una delle neoplasie più comuni del tratto
genito-urinario, al secondo posto per incidenza e numero di decessi dopo il
carcinoma prostatico. A livello mondiale occupa il 9° posto tra le patologie
neoplastiche più frequenti indipendentemente dal sesso ed in particolare il 7°
posto tra gli uomini e il 17° tra le donne (1)
.
Il tasso di incidenza mondiale standardizzato per età (Age Standardized
Ratio=ASR) è di 10,1/100.000 per gli uomini e di 2,5/100.000 per le donne, con
un rapporto maschi/femmine di circa 4:1 (2)
. La differenza tra i due sessi è
probabilmente da mettere in relazione alla maggiore esposizione dell’uomo a
fattori di rischio quali il fumo di sigaretta e fattori occupazionali. L’età media alla
diagnosi è di circa 60 anni negli uomini e di poco superiore nelle donne. I tassi di
incidenza presentano profonde variazioni in relazione all’area geografica
esaminata. I valori più elevati si riscontrano nei Paesi Occidentali (ASR ♂ = 16,3
ASR♀ = 3,6), mentre nei Paesi in via di sviluppo si registrano tassi ben più
contenuti ( ASR ♂ = 5,4 ; ASR♀ = 1,4) (1)
[Figura 1].
In Europa il tasso d’incidenza standardizzato per età più elevato è stato riportato
in Spagna (ASR ♂ = 41,5; ASR♀ = 4,8), e il più basso in Finlandia ( ASR ♂
= 18,1 ; ASR♀ = 4,3) (1)
[Figura 2].
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Figura 1 : Tassi di incidenza e mortalità del carcinoma vescicale nel mondo standardizzati per età in uomini (A) e donne (B)
Figura 2: Tassi di incidenza e mortalità del carcinoma vescicale in Europa standardizzati per età in uomini (A) e donne (B)
Pag. 6
In Italia il carcinoma vescicale è in assoluto il 5° tumore più frequente,
costituendo il 7% del totale delle neoplasie diagnosticate annualmente (3)
[Tabella 1].
Rango Maschi Femmine Tutta la popolazione
1° Prostata (20%) Mammella (29%) Colon-retto (14%)
2° Polmone (15%) Colon-retto (13%) Mammella (13%)
3° Colon-retto (14%) Polmone (6%) Prostata (11%)
4° Vescica (10%) Tiroide (5%) Polmone (11%)
5° Stomaco (5%) Utero (5%) Vescica (7%)
Tabella 1: Primi cinque tumori più frequentemente diagnosticati in Italia e percentuale sul totale dei tumori
Il tasso di mortalità nel mondo si attesta intorno a 3,3/100.000 per gli uomini e
0,9/100.000 per le donne. In Europa invece si riscontra un tasso di mortalità di
8/100.000 per gli uomini e di 3/100.000 per le donne con un sostanziale
decremento nell’ultima decade da ascrivere principalmente alla riduzione
dell’abitudine tabagica (4,5)
.
1.2 FATTORI DI RISCHIO
Evidenze sempre maggiori suggeriscono che una certa predisposizione genetica
possa avere un’influenza significativa, soprattutto qualora questa si associ
all’esposizione ad altri fattori di rischio (1,6)
.
Pag. 7
Il fumo di sigaretta rappresenta il fattore di rischio ambientale più importante in
quanto si stima che ad esso siano attribuibili circa il 50-65% delle neoplasie
vescicali nell’uomo e il 20-30% nelle donne (7)
. Il fumo di sigaretta contiene
infatti amine aromatiche e idrocarburi aromatici policiclici, i quali vengono escreti
per via renale. Una metanalisi su 216 studi osservazionali indipendenti condotti
dal 1961 al 2003 ha dimostrato che il rischio relativo per fumatori è di circa 2,77,
mentre per gli ex fumatori si riduce a 1,72. E’ stato inoltre osservato che il rischio
di sviluppare una neoplasia vescicale si riduce del 40% dopo 1-4 anni di
sospensione dell’abitudine tabagica e del 60% dopo 25 anni (8)
.
L’esposizione occupazionale ad amine aromatiche, idrocarburi aromatici
policiclici e idrocarburi clorurati è il secondo fattore di rischio più importante.
Sono stati riconosciuti alcuni settori professionali a rischio quali la stampa, la
lavorazione del ferro e dell’alluminio, la verniciatura industriale e la lavorazione
del petrolio (1,9,10)
.
Un fattore ambientale da tempo sospettato ma ancora oggi non del tutto
confermato è la contaminazione delle acque. Il processo di clorazione, che
determina un incremento del livello di trialometani nell’acqua potabile, così come
l’inquinamento delle acque da arsenico, potrebbero rappresentare un ulteriore
fattore di rischio (1,11)
.
La relazione tra tintura per capelli e carcinoma vescicale resta incerta, è stato
comunque suggerito un aumento del rischio in coloro che presentano un fenotipo
acetilatore lento a carico della N-acetiltrasferasi 2 (NAT2) (12)
.
Pag. 8
L’irradiazione pelvica e alcuni farmaci (Fenacetina, Pioglitazione) e
chemioterapici (Ciclofosfamide) sembrano connessi ad un aumento del rischio (1)
.
Da segnalare inoltre una correlazione tra carcinoma vescicale e schistosomiasi (o
bilharziosi). Trattasi di un’infezione parassitaria sostenuta dallo schistosoma
haematobium, trematode responsabile di una flogosi cronica dell’urotelio
vescicale che conduce infine allo sviluppo di un carcinoma a cellule squamose (1)
.
1.3 CLASSIFICAZIONE ANATOMO – PATOLOGICA
Circa il 95% delle neoplasie vescicali è di origine epiteliale, la restante parte trae
origine da cellule di derivazione mesenchimale. I tumori uroteliali (o a cellule
transizionali) costituiscono il 90% circa di tutte le varianti anatomopatologiche e
comprendono al loro interno un’ampia gamma di lesioni molto differenti dal
punto di vista del fenotipo clinico e della prognosi. I principali istotipi del tumore
vescicale sono riportati a seguire nella Tabella 2.
Il secondo istotipo più comune è il carcinoma a cellule squamose, che
rappresenta il 5% circa dei tumori vescicali, con una incidenza che aumenta
notevolmente (fino al 75% dei casi) nelle regioni in cui lo schistosoma
haematobium è endemico (Egitto, Sudan). E' raro invece nei paesi occidentali
dove è spesso associato ad infiammazioni croniche, decubito di calcoli o
radioterapia pelvica soprattutto per carcinomi della prostata o dell'utero.
Pag. 9
Istotipi più frequenti di tumore vescicale
Carcinoma a cellule transizionali (urotelioma) 90%
Carcinoma a cellule squamose 5%
Carcinoma misto 4%
Adenocarcinoma 1%
Tumori neuroendocrini <1%
Sarcoma <1%
Tabella 2: Principali istotipi di neoplasia vescicale Gli adenocarcinomi della vescica sono tumori molto più rari e rappresentano
l’1% circa di tutte le neoplasie vescicali. Essi traggono più frequentemente origine
a partenza da residui uracali siti a livello della cupola vescicale.
I carcinomi misti sono carcinomi a cellule transizionali nel cui contesto sono
rinvenibili cellule squamose, o meno frequentemente cellule adenocarcinomatose.
I carcinomi uroteliali che presentano contestualmente zone di carcinoma
squamoso sono i più comuni.
I sarcomi vescicali primitivi e i tumori neuroendocrini rappresentano delle
varianti anatomopatologiche poco frequenti (meno dell’1%) (13)
.
1.4 GRADING
In relazione al pattern di crescita le neoformazioni vescicali vengono distinte in
due grandi categorie, lesioni piatte e lesioni papillari. La prognosi ovviamente
dipende non solo dal pattern morfologico ma anche dalle alterazioni citologiche e
strutturali presenti nell'urotelio al momento della diagnosi. (14)
[Figura 3].
Pag. 10
Figura 3: Classificazione morfologica dei tumori vescicali
A seguire si riportano i due sistemi di grading più comunemente utilizzati oggi per
distinguere le neoformazioni vescicali in rapporto alle loro caratteristiche
citologiche ed istologiche. La prima classificazione del 1973 dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS) individua la forma meno comune e assolutamente
benigna del papilloma uroteliale e a seguire i tre gradi crescenti di carcinoma
papillare uroteliale [Tabella 3].
Nel 1998 una nuova classificazione dei tumori non muscolo invasivi è stata
proposta dalla World Health Organization (WHO) e dall’International Society of
Urological Pathology (ISUP), e pubblicata dalla WHO nel 2004 (15,16)
[Tabella 4].
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1973 WHO grading
Papilloma uroteliale
Grado 1: carcinoma uroteliale ben differenziato
Grado 2 : carcinoma uroteliale moderatamente differenziato
Grado 3: carcinoma uroteliale scarsamente differenziato
Tabella 3: Grading WHO del 1973
2004 WHO and ISUP grading
Iperplasia (lesione piatta senza atipia o aspetto papillare)
Atipia reattiva (lesione piatta con atipia)
Atipia di significato incerto
Displasia uroteliale
Carcinoma in situ
Papilloma uroteliale
Neoplasia uroteliale papillare con basso potenziale di malignità (PUNLMP)
Carcinoma uroteliale papillare di basso grado (LG)
Carcinoma uroteliale papillare di alto grado (HG)
Tabella 4: Grading WHO/ISUP del 2004
Le novità più rilevanti di quest’ultimo sistema classificativo sono l’introduzione
della categoria “Neoplasia uroteliale papillare con basso potenziale di malignità”
(PUNLMP), la quale condivide molte caratteristiche istologiche con il papilloma
uroteliale benigno ma se ne discosta per l’epitelio uroteliale più ispessito e un
evidente aumento delle dimensioni dei nuclei cellulari, e l'eliminazione del grado
intermedio (G2), oggetto di controversie nella classificazione precedente,
Pag. 12
distinguendo semplicemente gli uroteliomi di basso grado (low grade, LG) da
quelli di alto grado (high grade, HG). Lo schema sottostante riporta le possibili
corrispondenze tra le due classificazioni [Tabella 5].
Tabella 5: Confronto tra classificazione WHO 1973 e WHO-ISUP 2004
La classificazione WHO-ISUP 2004 è riuscita quindi nell'intento di standardizzare
la terminologia precedentemente adottata, ampliando e definendo chiaramente le
caratteristiche morfologiche delle neoplasie uroteliali non invasive (17)
.
Un'ulteriore novità è l'introduzione tra le lesioni piane della displasia uroteliale
quale possibile precursore del carcinoma vescicale. Quando essa è secondaria,
cioè associata o preceduta da neoplasie papillari uroteliali, comporta un maggior
rischio di progressione di queste ultime. Più incerto è il comportamento della
displasia primaria (cioè non associata a carcinoma a cellule transizionali), sebbene
recenti studi di follow-up abbiano dimostrato che, qualora non venga trattata, vi
sia una possibilità di circa il 19% che essa evolva in carcinoma in situ (CIS) o
carcinoma invasivo (18)
.
Non sempre agevole è la distinzione tra displasia e “atipia di incerto significato”,
altra entità nosografica introdotta nella classificazione WHO-ISUP 2004. Essa
Pag. 13
rappresenta in realtà una semplice categoria descrittiva per casi in cui l'atipia, pur
essendo sproporzionata rispetto alla flogosi presente, non offre tutti i criteri cito-
architetturali per poter parlare ancora di vera e propria displasia.
1.5 STAGING
La classificazione TNM, aggiornata nel 2009, è ad oggi la classificazione più
utilizzata (19)
. Essa viene riportata a seguire nella Tabella 6.
CATEGORIA T TUMORE PRIMITIVO
Tx Tumore primitivo non definibile
T0 Tumore primitivo non evidenziabile
Ta Carcinoma papillare non invasivo
Tis Carcinoma in situ
T1 Tumore che invade il connettivo subepiteliale (lamina propria)
T2
Tumore che invade la tonaca muscolare
T2a: invasione superficiale della parete muscolare (metà interna)
T2b: invasione profonda della parete muscolare (metà esterna)
T3
Tumore che invade i tessuti periviscerali
T3a: microscopicamente
T3b: macroscopicamente
T4
Tumore che invade qualsiasi delle seguenti strutture: prostata, utero,
vagina, parete pelvica, parete addominale
T4a: tumore che invade prostata, utero o vagina
T4b: tumore che invade parete pelvica o parete addominale
Pag. 14
CATEGORIA N LINFONODI
Nx I linfonodi regionali non possono essere definiti
N0 Assenza di metastasi ai linfonodi regionali
N1 Metastasi in un singolo linfonodo regionale uguale o inferiore a 2 cm nel
diametro maggiore
N2
Metastasi in un singolo linfonodo regionale di dimensioni nel diametro
maggiore superiori a 2 cm ma inferiori o uguali a 5 cm
N3 Metastasi in un linfonodo regionale di dimensioni superiori a 5 cm nel
diametro maggiore
CATEGORIA M METASTASI
Mx Presenza di metastasi a distanza non accertabili
M0 Assenza di metastasi a distanza
M1 Presenza di metastasi a distanza
Tabella 6: Stadiazione TNM (2009) dei tumori vescicali
Gli uroteliomi vengono suddivisi in base al grado di infiltrazione della parete
vescicale (parametro T) in non muscolo invasivi (o superficiali) e muscolo
invasivi (o infiltranti), categorie caratterizzate da differente prognosi e terapia.
Con il termine “superficiale” ci si riferisce ai tumori vescicali di categoria Ta, T1
e CIS, ovvero non estesi oltre la sottomucosa e non infiltranti la tonaca muscolare
(NMI), il cui trattamento è essenzialmente di natura endoscopica. Il termine però
comprende neoplasie molto diverse da un punto di vista biologico e prognostico.
Infatti, nonostante la separazione apparentemente netta introdotta dalla
classificazione WHO 2004 tra lesioni “invasive” e “non invasive”, è indiscutibile
che una certa quota di lesioni papillari superficiali, solitamente ad alto grado,
Pag. 15
attraverso l'acquisizione di instabilità e di nuove alterazioni genetiche possa
divenire successivamente invasiva.
Con il termine “infiltrante” si fa invece riferimento ai tumori vescicali di categoria
T2 o superiore, che hanno infiltrato la tonaca muscolare. Sono pertanto definiti
uroteliomi muscolo invasivi (MI) ed il loro trattamento prevede una chirurgia
radicale demolitiva [Figura 4].
Figura 4: Grado di infiltrazione della parete vescicale
Tra gli uroteliomi NMI figura anche il “carcinoma in situ” (Cis o Tis), la cui
prognosi è di gran lunga peggiore rispetto ai Ta e T1, in quanto contraddistinto da
marcate atipie citologiche. Il suo usuale aspetto macroscopico è quello di un’area
iperemica, piatta e vellutata, ma può anche essere del tutto non visibile all’esame
cistoscopico tradizionale.
Pag. 16
Il CIS è spesso multifocale e può interessare anche l’alto tratto urinario, i dotti
prostatici o l’uretra. Esso viene usualmente distinto in tre diverse categorie
cliniche:
1. Primitivo: CIS isolato, in assenza di lesioni macroscopiche precedenti o
concomitanti;
2. Secondario: CIS identificato durante il follow-up in pazienti con pregresso
urotelioma;
3. Concomitante: CIS insorto unitamente ad un altro urotelioma o in aree ad
esso contigue (20,21)
.
Caratteristiche fondamentali del carcinoma vescicale sono la multicentricità ed il
policronotropismo.
Con il termine “multicentricità” si vuole indicare il fatto che la malattia è spesso
multifocale, per cui laddove si identifichi una lesione vescicale bisogna sempre
escludere che non ve ne siano altre a livello dell’intero tratto urinario. Con il
termine “policronotropismo” si indica invece l’elevata possibilità di sviluppo di
nuove neoformazioni nel tempo e in sedi diverse da quella del tumore primitivo.
1.6 STORIA NATURALE
Il tumore vescicale trae origine da una lesione sulla parete vescicale, di aspetto
papillare o più raramente appiattito o ulcerato.
Pag. 17
La malattia si presenta spesso multifocale per la tendenza all’esfoliazione delle
cellule tumorali che vanno ad impiantarsi in altre aree vescicali creando nuove
lesioni papillari.
Se non trattata, la neoformazione può progredire infiltrando prima la lamina
propria, poi lo strato muscolare e infine la sierosa peritoneale ed i tessuti
extravescicali [Figura 5].
Una lesione con infiltrazione limitata alla lamina propria presenta una ridotta
pericolosità. Essa può ancora essere resecata endoscopicamente ma ha possibilità
di recidivare e progredire. Il 60-90% delle malattie superficiali andrà incontro a
recidiva qualora il paziente sia stato trattato con la sola resezione endoscopica (22)
.
Figura 5: Sezione istologica di urotelio vescicale
Quando la lesione arriva a infiltrare il muscolo detrusore cresce esponenzialmente
la sua pericolosità in quanto aumenta la possibilità di metastatizzare. I pazienti
con neoplasia muscolo invasiva hanno un alto rischio di mortalità cancro-
Pag. 18
specifica. L’infiltrazione della tonaca muscolare impone il ricorso a una chirurgia
demolitiva.
Le metastasi da carcinoma vescicale coinvolgono nell’88% dei casi i linfonodi
regionali. Questi ultimi possono essere suddivisi in perivescicali, otturatori, iliaci
interni, iliaci esterni e presacrali. I linfonodi regionali drenano a loro volta nei
linfonodi iliaci comuni e paraaortocavali. Le metastasi a distanza possono
coinvolgere potenzialmente tutti i visceri, ma più frequentemente si localizzano a
livello epatico (51%), polmonare (38%) e osseo (22%). Il tumore può altresì
estendersi agli organi viciniori, infiltrando per contiguità la prostata, l’utero,
l’uretra e il peritoneo (23)
.
1.7 MANIFESTAZIONI CLINICHE
L’ematuria è il segno che spesso induce il paziente a rivolgersi al medico. Anche
un episodio isolato di macroematuria non deve essere sottovalutato. L’ematuria è
spesso associata all’emissione di coaguli e può essere asintomatica.
Una neoformazione a livello del trigono può manifestarsi con sintomi irritativi
vescicali tra i quali pollachiuria e urgenza minzionale. L’irritazione vescicale o
una sintomatologia simil-cistitica recidivante può essere altresì l'unico segno
d’esordio di un CIS.
Tumori uroteliali sul collo vescicale possono causare un quadro disurico in cui
predominano sintomi di natura ostruttiva.
Pag. 19
Infine, l’invasione dei meati ureterali può causare ostacolo al deflusso urinario e
conseguente ureteroidronefrosi mono o bilaterale.
Più raramente, i pazienti con malattia in stato avanzato possono lamentare dolore
pelvico cronico a seguito dell’infiltrazione di strutture nervose, oppure edema ad
un arto inferiore per ostruzione al deflusso linfatico o venoso.
1.8 DIAGNOSI
Diagnostica per immagini:
La vescica è un organo ottimale per essere studiato con gli ultrasuoni, in quanto si
prefigura come una struttura cava a pareti sottili ripiena di fluido omogeneo
[Figura 6]. Lo studio ecografico deve essere condotto a vescica repleta al fine di
ottenere un’adeguata distensione delle pareti ed è in grado di visualizzare con una
buona sensibilità la presenza di masse aggettanti nel lume di dimensioni superiori
ai 5 mm. L'ecografia addominale costituisce inoltre un completamento dell'iter
diagnostico, consentendo una valutazione preliminare dell'alta via escretrice.
Ad oggi non è stato dimostrato alcun vantaggio dall'integrazione con metodica
color-doppler (24)
. Non è stato ancora definito il momento esatto in cui richiedere
uno studio delle alte vie escretrici in corso di follow-up, tenendo conto del fatto
che l'incidenza di urotelioma dell'alto apparato urinario è inferiore al 2% e non
supera l'8% nei tumori a sede trigonale (25)
.
Pag. 20
L'urografia endovenosa trova oggi un impiego più limitato rispetto al passato.
L'uro-TC con mezzo di contrasto offre rispetto a quest'ultima una migliore
visualizzazione delle pareti vescicali e di eventuali difetti di riempimento (26)
.
La sensibilità della TC nella definizione di estensione extravescicale della malattia
neoplastica oscilla tra il 55% e il 92% e aumenta in maniera proporzionale per
stadi di malattia più avanzati (27)
.
Figura 6: Urotelioma vescicale papillare all'esame ecografico transaddominale
L'accuratezza diagnostica della RM nella stadiazione si attesta intorno al 73-96%,
valori solo moderatamente più elevati rispetto alla TC (28)
.
Pag. 21
Citologia urinaria:
Figura 7: Esame citologico delle urine
L’esame citologico delle urine
[Figura 7] ha invece come obiettivo
la ricerca di cellule atipiche nelle
urine del paziente. Tale esame è
particolarmente indicato laddove il
paziente lamenti sintomi urinari di
tipo irritativo non altrimenti
giustificati, nel sospetto che possa
trattarsi di un CIS.
L’esame ha elevata sensibilità nei tumori high grade e nei CIS (scarsa coesione
cellulare e presenza di cellule con elevata anaplasia), ma bassa nei tumori low
grade. La sensibilità della citologia nella diagnosi dei CIS e dei tumori di alto
grado supera il 90% in diverse casistiche (29)
. La negatività della citologia urinaria
non esclude tuttavia l’eventuale presenza di un carcinoma low grade,
caratterizzato da una scarsa esfoliazione e quindi difficilmente indagabile tramite
l’esecuzione di tale esame. La specificità della citologia urinaria per i tumori di
alto grado supera il 90%.
Pag. 22
Markers urinari:
Per via della bassa sensibilità della citologia urinaria, negli ultimi anni sono stati
introdotti numerosi markers urinari per la diagnosi delle neoplasie vescicali (30-36)
.
I principali sono riportati a seguire nella Tabella 7.
Markers (or test
specifications
Overall
sensitivity
(%)
Overall
specificity
(%)
Sensitivity for
high-grade
tumours (%)
Point-of-
care test
Level of
evidence
(LE)
UroVysion 30-86 63-95 66-70 No 3
Microsatellite
analysis 58-92 73-100 90-92 No 1b
Immunocyt/uCyt + 52-100 63-75 62-92 No 3
Nuclear matrix
protein 22 47-100 55-98 75-83 Yes 3
BTA stat 29-83 56-86 62-75 Yes 3
BTA TRAK 53-91 28-83 74-77 No 3
Cytokeratins 22-88 73-95 33-100 No 3
Tabella 7: Principali markers urinari
Considerando la necessità di frequenti uretrocistoscopie in corso di follow-up,
l'impiego di marcatori per i carcinomi uroteliali ricorrenti sarebbe particolarmente
utile. Ad oggi purtroppo nessuno di questi markers viene ancora considerato
standard diagnostico o utilizzato routinariamente.
Nei confronti della citologia, alcuni test hanno dimostrato una sensibilità più
elevata per i tumori di basso grado mentre la loro specificità è più bassa per i
tumori di alto grado (33,37-40)
. Malgrado siano stati condotti numerosi studi
multicentrici, mancano i risultati di studi randomizzati che confermino un
riscontro favorevole dall'uso di questi test nella diagnosi e monitoraggio dei
Pag. 23
tumori vescicali NMI per cui la citologia e l'uretrocistoscopia ad oggi rimangono
lo standard di riferimento.
Uretrocistoscopia:
La diagnosi di neoplasia vescicale papillare per quanto esposto in precedenza è
affidata ancora oggi all'uretrocistoscopia e all'esame istologico. E' auspicabile che
l'esame endoscopico venga eseguito ambulatoriamente con l'ausilio di uno
strumento flessibile [Figura 8]. Qualora una neoplasia vescicale sia già stata
segnalata precedentemente tramite diagnostica per immagini, la cistoscopia
diagnostica può essere omessa, postponendo l'esame endoscopico al momento
dell'intervento di resezione endoscopica (TUR) (41)
.
Recentemente è stata introdotta la diagnosi fotodinamica (PDD), conosciuta anche
come cistoscopia a fluorescenza.
Figura 8: Uretrocistoscopio flessibile
Essa sfrutta l'ausilio di una fonte di luce violetta dopo l'instillazione in vescica di
un fotosensibilizzante (acido 5-aminolevulinico o examinolevulinico),
Pag. 24
permettendo così di identificare anche piccole neoplasie o aree di CIS non
altrimenti visibili con luce bianca [Figura 9].
Da numerosi studi e metanalisi si evince che la PDD ha una sensibilità maggiore
(92% vs 71%) ma una minore specificità rispetto all'esame endoscopico con luce
bianca (63% vs 81%) (42)
.
Figura 9: Cistoscopia a fluorescenza (PDD)
1.9 CATEGORIE DI RISCHIO DEGLI UROTELIOMI
NMI
Gli uroteliomi NMI, seppur trattabili tramite resezione endoscopica, costituiscono
un gruppo di neoplasie estremamente eterogeneo dal punto di vista prognostico. In
relazione alle caratteristiche della neoformazione e del paziente, dopo la resezione
endoscopica la probabilità di recidiva ad un anno presenta un range molto ampio
che oscilla dal 15% al 70% (43,44)
. La probabilità di progressione a 5 anni invece va
dal 7% al 40% (43,45)
.
Pag. 25
Da tale eterogeneità si evince la necessità di stratificare gli uroteliomi vescicali
NMI in diverse classi di rischio, ognuna di queste meritevole di uno schema
terapeutico in relazione al rischio differente di recidiva e progressione.
A tal fine il gruppo urologico dell'European Organization for Research and
Treatment of Cancer (EORTC-GU) ha elaborato le “EORTC Risk Tables”. Queste
tavole da un lato consentono di quantificare il rischio di recidiva a breve e medio
termine (a 1 e 5 anni) e il rischio di progressione di uno specifico tumore NMI (Ta
o T1), dall'altro permettono di stratificare i pazienti in tre classi progressive di
rischio (43,46)
.
Le tavole sono state realizzate prendendo in considerazione diversi fattori clinici e
patologici, identificati da Sylvester nel 2006. Essi sono:
numero di tumori
dimensioni del tumore
precedente tasso di recidiva per anno
categoria T
presenza di CIS concomitante
grado del tumore
A seguire nella Tabella 8 vengono riportati i singoli punteggi attribuiti ai diversi
fattori per calcolare il rischio totale di recidiva e progressione. Nelle Tabelle 9 e
10 vengono invece riportate le probabilità di recidiva e progressione in base allo
score ottenuto.
Pag. 26
Fattori Recidiva Progressione
Numero
Singolo
2-7
>8
0
3
6
0
3
3
Diametro
<3 cm
>3 cm
0
3
0
3
Tasso di recidiva
Primitivo
< 1/aa
> 1/aa
0
2
4
0
2
2
Categoria T
Ta
T1
0
1
0
4
CIS concomitante
No
Si
0
1
0
6
Grado
G1
G2
G3
0
1
2
0
0
5
Punteggio totale
0-17
0-23
Tabella 8: Fattori prognostici dei tumori NMI e relativo score per l'attribuzione del rischio di
recidiva e progressione
Pag. 27
Score recidiva Probabilità di recidiva a 1 anno Probabilità di
recidiva a 5 anni 0 15% (10-19) 31% (24-37)
1 – 4 24% (21-26) 46% (42- 49)
5 – 9 38% (35-41) 62% (58-65)
10 – 17 61% (55-67) 78% ( 73-84)
Tabella 9: Rischio di recidiva ad 1 e 5 anni in relazione allo score ottenuto
Score
progressione
Probabilità di recidiva a 1 anno Probabilità di
recidiva a 5 anni 0 0.2% (0-0.7) 0.8% (0-1.7)
2 – 6 1% (0.4-1.6) 6% (5-8)
7 – 13 5% (4-7) 17% (14-20)
14 – 23 17% (10-24) 45% (35-55)
Tabella 10: Rischio di progressione ad 1 e 5 anni in relazione allo score ottenuto
Un rischio di progressione elevato è sufficiente da solo per considerare un
determinato tumore NMI quale neoplasia ad alto rischio. Un elevato rischio di
recidiva invece, associato ad un basso rischio di progressione, configura un
quadro a rischio intermedio.
L'appartenenza ad una specifica classe di rischio rappresenta il cardine
fondamentale per la prosecuzione dell'iter terapeutico di una neoplasia NMI dopo
resezione endoscopica. [Figura 10]. Le linee guida Europee suggeriscono in tutti i
pazienti che presentino lesioni di aspetto superficiale l'instillazione di un agente
antiblastico entro 24 ore dalla TUR (“early treatment”) (47-49)
. Sarà poi il rischio di
recidiva e progressione in relazione all'esito dell'esame istologico della resezione
endoscopica a dettare le modalità di prosecuzione dell'iter terapeutico.
Pag. 28
Figura 10: Algoritmo per il trattamento e la gestione del carcinoma vescicale NMI primitivo
• Pazienti a basso rischio di recidiva e progressione: non necessitano di
ulteriore terapia.
• Pazienti a medio rischio di recidiva e rischio di progressione basso o
moderato:
- Chemioterapia precoce seguita da instillazioni a ritmo settimanale
per 6-8 settimane e schema di mantenimento per un anno.
- BCG per 6 settimane seguito da mantenimento per almeno un
anno.
Pag. 29
• Pazienti ad alto rischio di progressione:
- BCG per 6 settimane, eventualmente ripetibile alla recidiva a 3
mesi, seguito da mantenimento per almeno un anno.
- Cistectomia radicale (50)
.
Il CIS merita invece una trattazione a parte in quanto caratterizzato da elevato
rischio di recidiva e soprattutto di progressione. Il trattamento d'elezione è
rappresentato dall'immunoterapia endovescicale con BCG. Senza alcun intervento
terapeutico oltre il 50% dei casi progredisce verso forme muscolo-invasive (51)
.
Attualmente non vi sono fattori prognostici validati che permettano di distinguere
preventivamente i CIS “responders” dai “non responders”. Alcune analisi
retrospettive su casistiche limitate hanno riportato prognosi peggiore dei tumori
T1 con CIS concomitante rispetto al CIS primitivo (52,53)
, dei CIS estesi (54),
e dei
CIS che coinvolgono l'uretra prostatica (55)
. Diverse pubblicazioni hanno mostrato
come la risposta all'immunoterapia con BCG o agli agenti antiblastici sia un
importante fattore prognostico per progressione e mortalità cancro-correlata (56)
.
I “complete responders” progrediscono verso forme invasive nel 10-20% dei casi,
contro oltre il 60% dei soggetti “non-responders” (57)
.
Pag. 30
2. TERAPIA DEL CARCINOMA VESCICALE NMI
La terapia del carcinoma vescicale NMI prevede la resezione endoscopica
transuretrale (TUR) della neoformazione, seguita da instillazioni endovescicali di
farmaci antiblastici o immunoterapici a scopo adiuvante.
Unica eccezione può essere rappresentata dagli uroteliomi vescicali NMI ad alto
rischio, per i quali può essere prevista, in alternativa alla immunoterapia
endovescicale con BCG, una cistectomia radicale precoce, in virtù dell'alto rischio
di progressione.
2.1 RESEZIONE TRANSURETRALE (TUR)
La resezione endoscopica transuretrale rappresenta il gold standard per il
trattamento delle neoplasie NMI e ha un intento allo stesso tempo stadiativo e
terapeutico [Figura 11]. La resezione di un urotelioma vescicale deve avvenire per
strati, a partire dalla porzione esofitica sino alla base di impianto, includendo la
tonaca muscolare sottostante. La determinazione del grado di infiltrazione
parietale rappresenta infatti il punto di partenza per la scelta dell'iter terapeutico.
La strategia della resezione dipende dalla dimensione della lesione. Neoplasie < 1
cm possono essere resecate en bloc, inviando quindi all'anatomopatologo un unico
frammento che comprenda la porzione esofitica e la base d'impianto. Per
neoplasie di dimensioni > 1 cm è invece consigliabile resecare e campionare
separatamente la parte esofitica, la base d'impianto e i margini perilesionali.
Pag. 31
Per ultimo si provvederà alla diatermocoagulazione (DTC) del letto di resezione.
La diatermocoagulazione a scopo emostatico deve essere effettuata solo al termine
della resezione, onde evitare che estesi fenomeni necrotici impediscano
un'adeguata lettura del campione da parte del patologo.
Figura 11: Resezione endoscopica con ansa diatermica di urotelioma papillare
Questo approccio consente di stadiare la neoplasia e di ottenere al tempo stesso
una buona radicalità della resezione (58)
.
La completezza e la corretta esecuzione della TUR di una neoplasia vescicale
superficiale riveste rilevante importanza prognostica (59-61)
.
In pazienti con storia di tumori Ta low grade, la semplice diatermocoagulazione di
piccole recidive sub-centimetriche in regime ambulatoriale può rappresentare
un'opzione alternativa di trattamento (62)
[Figura 12].
Biopsie vescicali multiple random (mapping vescicale) sono indicate in caso di
contemporanea positività dell'esame citologico delle urine e negatività
dell'uretrocistoscopia nel sospetto che possa trattarsi di un CIS.
Pag. 32
Figura 12: Diatermocoagulazione di piccolo urotelioma papillare vescicale
I prelievi per il mapping vescicale vanno eseguiti con pinze a freddo. Si
raccomanda di eseguire prelievi multipli (almeno 7) dalla regione trigonale, dalla
cupola vescicale e dalle pareti vescicali destra, sinistra, anteriore e posteriore. In
pazienti con tumori Ta o T1, specie se di basso grado e basso rischio, il mapping
non trova indicazione in quanto la probabilità di diagnosticare un CIS è inferiore
al 2% (63)
. E' possibile anche un'infiltrazione dell'uretra prostatica o dei dotti
eiaculatori negli uomini. Il rischio che una neoplasia coinvolga tali sedi è
maggiore qualora il tumore sia localizzato a livello del trigono o del collo
vescicale, in presenza di un CIS, o laddove siano presenti neoformazioni papillari
multifocali ad alto rischio (64,65)
. Quando si sospetta un CIS, oppure l'esame
citologico delle urine è positivo in assenza di neoplasie evidenti, o ancora nel caso
in cui siano visibili anomalie dell'uretra prostatica, sono indicati prelievi
dell'uretra prostatica e prelievi con resettore su entrambi i lobi della prostata (55)
.
Pag. 33
2.2 RE-TUR (TUR DI RISTADIAZIONE)
Numerosi studi hanno documentato, ripetendo la resezione endoscopica (re-TUR)
dopo 6 settimane dalla prima resezione, un'elevata incidenza (17-45% dei
pazienti) di malattia residua nella sede della pregressa TUR (66)
. In particolare la
persistenza di malattia residua è stata dimostrata nel 33-53% dei pazienti allo
stadio T1 (66, 67)
.
Nel 24% dei casi la re-TUR evidenzia un CIS o un tumore di categoria T2,
imponendo diversa strategia terapeutica (68)
.
La ripetizione della TUR entro 6 settimane dalla precedente è necessaria nei
seguenti casi:
incertezza riguardo la radicalità della resezione endoscopica;
assenza di tonaca muscolare nella base di impianto;
tumori voluminosi con larga base o ad alto rischio.
La presenza di tumore residuo alla seconda resezione rappresenta un fattore
prognostico negativo per recidiva e progressione. Dati recenti in letteratura
mostrano come la re-TUR sia in grado di ridurre la percentuale di recidive e
progressione (69,70)
.
Pag. 34
2.3 CENNI DI TERAPIA ENDOCAVITARIA NEL
RISCHIO BASSO E INTERMEDIO
Le Linee Guida Europee consigliano una singola instillazione di un agente
chemioterapico entro 24 ore dalla TUR (“early treatment”) in tutti i pazienti con
lesioni superficiali (47)
. Una metanalisi su 7 studi randomizzati per un totale di
1476 pazienti ha dimostrato che una singola somministrazione endovescicale
precoce di un agente antiblastico è capace di ridurre le recidive post-TUR del
11,7% rispetto alla sola TUR (71)
.
L' ”early treatment” permette la penetrazione del farmaco in profondità nel letto
di resezione, riduce la percentuale di recidive causate dall'impianto di cellule
neoplastiche e determina l'ablazione di un possibile tessuto tumorale residuo.
L'efficacia si riduce laddove l'instillazione endovescicale venga eseguita oltre le
24 ore dalla TUR (72)
. Per i pazienti a basso rischio di recidiva e progressione si
prevede solo l' ”early treatment” a completamento della TUR.
Una singola instillazione precoce risulta tuttavia insufficiente in coloro che
presentano un rischio intermedio di recidiva e progressione (73,74)
. Per questi
pazienti si raccomanda quindi un trattamento adiuvante addizionale chemio o
immunoterapico.
Una metanalisi dell'EORTC e del Medical Research Council su 1609 pazienti ha
dimostrato che la chemioterapia adiuvante è capace di ridurre il rischio di recidiva
ma non quello di progressione della malattia (75)
.
Pag. 35
Altre due metanalisi hanno invece messo in evidenza come l'immunoterapia con
BCG sia superiore rispetto alla chemioterapia nel ridurre il rischio di progressione
(76,77). Da ciò deriva che nelle neoplasie a rischio intermedio caratterizzate da
elevata recidività ma basso rischio di progressione appare più conveniente, in
virtù dell'alta tossicità del BCG, il ricorso ad un regime di induzione con
instillazioni di antiblastici a ritmo settimanale, seguito eventualmente da un
regime di mantenimento mensile.
Nelle neoplasie a medio rischio caratterizzate invece da un rischio di progressione
più elevato, si preferisce ricorrere alla immunoterapia con instillazioni settimanali
di BCG seguite da regime di mantenimento a dose piena per un anno; nel rischio
intermedio un mantenimento per 3 anni non determina alcun miglioramento della
prognosi rispetto a un anno solo di trattamento (78-79)
[Figura 13].
Figura 13: Intervallo libero da malattia: mantenimento a 1 anno versus mantenimento a 3
anni in relazione a dose e categoria di rischio (78)
Pag. 36
2.4 TERAPIA DEL CARCINOMA VESCICALE AD
ALTO RISCHIO
Il CIS, i tumori di grado G3 e quelli di categoria T1 multifocali e/o recidivanti
possono essere tutti classificati come uroteliomi ad alto rischio.
Lo schema di trattamento degli uroteliomi NMI ad alto rischio rimane tutt'oggi
oggetto di discussione in quanto l'urologo è chiamato a scegliere tra una terapia
medica conservativa ed una chirurgia radicale demolitiva.
L'immunoterapia con bacillo di Calmette-Guérin (BCG) rappresenta la terapia
adiuvante indicata nell'alto rischio. L'instillazione endovescicale di BCG dovrebbe
essere eseguita almeno 2 settimane dopo la resezione endoscopica ed evitata in
condizioni che possano determinare il passaggio in circolo del bacillo come ad
esempio la presenza di ematuria macroscopica oppure un cateterismo traumatico
(80) [Tabella 11].
Il ciclo di induzione a ritmo settimanale per 6 settimane, così come indicato per la
prima volta da Morales nel 1976 (81)
, per una maggiore efficacia dovrebbe essere
seguito da un regime di mantenimento. Il numero di instillazioni nel ciclo di
induzione così come la durata ottimale del mantenimento rimangono ancora
oggetto di ricerca (82)
.
Cinque metanalisi hanno dimostrato la superiorità della profilassi con il BCG
rispetto alla sola TUR o alla TUR seguita dalla chemioterapia endocavitaria
adiuvante nella prevenzione delle recidive (83-87)
.
Pag. 37
Controindicazioni all'instillazione endovescicale di BCG
TUR eseguita meno di 14 giorni prima
Cateterismo traumatico
Ematuria macroscopica
Stenosi uretrale
Tubercolosi attiva
Precedente sepsi da bacillo di Calmette-Guérin
Immunosoppressione
Infezioni del tratto urinario
Tabella 11: Controindicazioni alla somministrazione endocavitaria di BCG
Negli studi in cui era previsto il mantenimento, si è osservata una riduzione del
rischio di recidiva del 32% a favore del gruppo trattato con BCG rispetto a quello
trattato con mitomicina C; di contro è stato dimostrato un incremento del 28% del
rischio di recidiva in quei pazienti non sottoposti a mantenimento (84)
.
Diversi studi hanno infine dimostrato che solo un regime di mantenimento con
BCG di almeno un anno è in grado di migliorare la sopravvivenza libera da
progressione della malattia (76,77)
.
2.4.1 Terapia del CIS
L'immunoterapia con BCG rappresenta il gold standard per il trattamento del CIS.
Una risposta completa alla terapia si ottiene nel 72-93% dei pazienti dopo un
primo schema di induzione (51-54)
. Purtroppo sino al 50% dei “complete
Pag. 38
responders” svilupperà una recidiva con un rischio elevato di progressione e/o
estensione extravescicale (54,88-90)
.
Uno studio prospettico condotto su 304 pazienti con carcinoma in situ ha messo a
confronto la sola immunoterapia con BCG versus uno schema di trattamento
alternato con BCG e MMC. Ad un follow-up medio pari a 56 mesi il BCG si è
dimostrato superiore dal punto di vista sia delle recidive che del rischio di
progressione (91)
.
Laddove il primo ciclo di instillazione non dovesse funzionare se ne può
effettuare un secondo. Per i pazienti che non rispondono al secondo ciclo di BCG
rimane l'opzione della cistectomia radicale.
2.4.2 Terapia del T1G3: trattamento conservativo vs cistectomia radicale
I pazienti affetti da carcinoma vescicale T1G3 sono ad alto rischio di progressione
e mortalità. La categoria T1G3 rappresenta sino al 23% degli uroteliomi vescicali
superficiali ed è caratterizzato da un tasso di progressione verso forme muscolo
invasive del 40%, con tassi di recidiva del 22% a 2 anni e del 60% a 5 anni (92,93)
.
Dopo la TUR oltre la metà dei pazienti recidiva, il 25-65% di questi presenta
lesioni muscolo invasive che entro una decade portano ad exitus nel 33-50% dei
casi. L'associazione con un CIS peggiora ulteriormente la prognosi, con un tasso
di progressione del 37-65% (94)
.
Non c'è ancora accordo unanime sulla scelta della strategia terapeutica,
rappresentata dalla terapia conservativa o dalla cistectomia radicale ab initio.
Pag. 39
In pazienti selezionati affetti da tumori T1G3 la terapia conservativa può rivelarsi
curativa (95,96)
, evitando l'overtreatment rappresentato dalla cistectomia radicale.
L'ideale sarebbe quindi identificare precocemente i tumori destinati a progredire e
trattarli aggressivamente con cistectomia precoce. Ad oggi, in assenza di markers
affidabili, l'identificazione precoce dei tumori T1G3 a maggior rischio si basa
soprattutto su criteri clinici:
persistenza di tumore di categoria T1 alla re-TUR (97)
;
CIS associato (53)
;
carcinoma vescicale micropapillare (98)
;
invasione linfo-vascolare (99,100)
;
pattern tumorale solido (100)
.
molteplicità
recidiva dopo BCG
Dopo un approccio conservativo, la prognosi di un T1G3 può essere descritta con
la “regola del 30%”, poiché approssimativamente il 30% di pazienti guarisce, il
30% dovrà subire una cistectomia ritardata ed il 30% andrà incontro a morte
cancro-correlata. La TUR è seguita da un tasso di recidiva del 50% a due anni e
l'immunoterapia adiuvante con BCG prolunga l'intervallo libero da recidiva in
media di un anno. La sopravvivenza malattia-specifica, a prescindere dal
trattamento con BCG, mostra invece un continuo declino lineare nel tempo, con
oltre il 30% di mortalità a 10 anni, dal momento che i pazienti rimangono a
rischio di progressione, che aumenta progressivamente con la durata
Pag. 40
dell'osservazione. Questi dati suggeriscono che, considerando un lungo periodo
d'osservazione, il trattamento conservativo incide poco sulla storia naturale delle
neoplasie T1G3 (101)
.
Uno studio dello stesso anno ha riportato dopo cistectomia radicale una
percentuale di mortalità del 25% a 18 mesi, seguita da una stazionarietà della
sopravvivenza per più di 10 anni. Si può quindi affermare che dopo cistectomia i
pazienti a prognosi peggiore vanno incontro ad exitus precocemente, dal momento
che l'escissione chirurgica non ha alcun impatto sulla malattia metastatica, ma
assicura un controllo ottimale della malattia organo-confinata. Nessuna differenza
nella sopravvivenza libera da recidiva è emersa tra tumori di categoria pT1 e pT2,
garantendo un'uguale guaribilità dei tumori in fase iniziale di infiltrazione (102)
.
La cistectomia precoce sembra quindi migliorare il tasso di sopravvivenza
tumore-specifico (103)
.
Rimane ad oggi oggetto di discussione il confronto tra la qualità di vita di un
paziente cistectomizzato e quella del paziente che, pur mantenendo la propria
vescica, dovrà comunque sottoporsi ad una stretta sorveglianza in virtù del rischio
elevato di recidiva e progressione.
Nonostante la cistectomia precoce sia oggi gravata da tassi di mortalità
perioperatoria del 2,5%, attualmente in prima istanza si continua a preferire un
approccio conservativo, riservando la chirurgia demolitiva solamente ai casi a
maggior rischio di recidiva o progressione (104).
Pag. 41
Non mancano però quegli autori che identificano invece nella cistectomia radicale
precoce la miglior scelta terapeutica nel carcinoma vescicale T1G3 (105)
. Secondo
costoro infatti il beneficio di sopravvivenza supererebbe di gran lunga gli
svantaggi connessi ad un eventuale overtreatment.
Rimane oggetto di dibattito quale sia il momento più opportuno per abbandonare
un approccio conservativo e ricorrere alla cistectomia senza che questa intervenga
troppo tardivamente, perdendo così i benefici di un trattamento chirurgico precoce
(106).
2.4.3 BCG-failure
La definizione di BCG failure non è ancora univoca, tuttavia in linea generale può
essere definita tale qualsiasi recidiva, indipendentemente dal grado e dalla
categoria, diagnosticata in corso di terapia conservativa con BCG (107)
. Essa
rappresenta un fattore prognostico che influenza negativamente la sopravvivenza
del paziente con tumore vescicale di alto rischio sottoposto a trattamento
conservativo.
Il fallimento della terapia con BCG si associa ad una prognosi sfavorevole con un
alto rischio di progressione e morte cancro-correlata. La sopravvivenza malattia-
specifica a 3 anni è del 67% nei pazienti con neoplasia muscolo-invasiva alla
prima diagnosi, ma solo del 37% nei pazienti in progressione dopo terapia
endocavitaria intravescicale (78,108).
Pag. 42
E' stata recentemente proposta una nuova classificazione che distingue il
fallimento dell'immunoterapia con BCG in BCG-refractory, BCG-resistant, BCG-
relapsing e BCG-intolerant.
Per BCG-refractory si intende il mancato raggiungimento di uno stato
libero da malattia a 6 mesi dall'inizio della terapia con BCG, sia con
schema di mantenimento sia con ulteriore ciclo di terapia con BCG a 3
mesi, a causa di una malattia persistente o rapidamente recidivante. Il
termine include inoltre qualsiasi progressione in stadio o grado, o aumento
volumetrico della neoformazione a 3 mesi dal primo ciclo di BCG.
Per BCG-resistant si intende invece la recidiva o la persistenza della
malattia 3 mesi dopo l'inizio di un ciclo di induzione.
Il BCG-relapsing è il tipo più comune di fallimento da BCG e descrive la
comparsa di recidiva dopo un intervallo libero da malattia di 6 mesi. Tale
condizione può essere ulteriormente classificata in precoce se la recidiva si
verifica entro i primi 12 mesi dall'inizio dell'induzione, intermedia entro
12-24 mesi, e tardiva se dopo 24 mesi.
Per BCG-intolerant si intende infine la comparsa di recidiva dopo aver
ricevuto un ciclo di instillazioni con BCG inadeguato, a causa degli effetti
collaterali locali e sistemici che hanno ostacolato il normale
proseguimento dello schema di induzione.
Pag. 43
A seguito di recidiva dopo immunoprofilassi con BCG, le opzioni di trattamento
sono limitate e comprendono un ulteriore ciclo di BCG, un regime
immunoterapico alternativo, la chemioterapia endocavitaria endovescicale, la
terapia “device-assisted” o la cistectomia (107)
.
Nei pazienti con neoplasia persistente è stato dimostrato che un ciclo addizionale
di BCG è in grado di ottenere una risposta completa in oltre il 50% dei casi, sia
nel caso di neoplasie papillari sia nei CIS (109,110)
. Pur tuttavia la probabilità che
queste neoplasie progrediscano a forme muscolo-invasive è abbastanza elevata,
tra il 30 e l'80% dei casi (111)
.
Pertanto in questi casi il trattamento di scelta indicato dalle Linee Guida Europee
è rappresentato dalla cistectomia radicale (47)
.
Pag. 44
3. FOLLOW-UP DEI PAZIENTI CON NEOPLASIA
VESCICALE NMI
Il rischio di recidiva e progressione comporta che pazienti con NMIBC
necessitano di controlli endoscopici e citologici ripetuti nel tempo. La frequenza e
la durata del follow-up dovrebbero riflettere il grado di rischio del singolo
paziente. Usando le tavole di rischio dell'EORTC [Tabelle 8-10] si può oggi
prevedere il rischio individuale a breve e lungo termine di recidiva e progressione
ed adattare di conseguenza il programma di follow-up (43)
.
Uno dei fattori prognostici più importanti è rappresentato dall'esito della
cistoscopia a 3 mesi dalla resezione endoscopica (111)
. Purtroppo non esistono
ancora studi prospettici sul follow-up e le seguenti raccomandazioni sono state
suggerite da studi retrospettivi [Tabella 12].
Pazienti a basso rischio: prima cistoscopia a 3 mesi dalla TUR. Se
negativa si prosegue con un'ulteriore cistoscopia 9 mesi dopo e
successivamente ogni anno per i successivi 5 anni.
Pazienti a rischio elevato: a 3 mesi dalla TUR eseguire cistoscopia ed
esame citologico delle urine. Se negativi ripetere la cistoscopia e la
citologia urinaria ogni 3 mesi per i primi 2 anni, quindi ogni 6 mesi sino al
quinto anno, ed infine ad intervalli annuali.
Pazienti a rischio intermedio: il programma di follow-up va adattato in
maniera individuale in relazione ai fattori di rischio del singolo paziente.
Pag. 45
Indicazioni Grado di
raccomandazione Il follow up dei tumori Ta, T1 si basa sulla cistoscopia
eseguita a intervalli regolari A
Pazienti con tumori Ta a basso rischio dovrebbero eseguire
una cistoscopia a 3 mesi dalla TUR. Se negativa, si consiglia
di proseguire con un'ulteriore cistoscopia 9 mesi dopo e
successivamente ogni anno per i successivi 5 anni.
C
Pazienti con tumori ad alto rischio dovrebbero eseguire
cistoscopia ed esame citologico delle urine a 3 mesi dalla
TUR. Se negativi ripetere la cistoscopia e la citologia
urinaria ogni 3 mesi per i primi 2 anni, quindi ogni 6 mesi
sino al quinto anno, ed infine ad intervalli annuali.
C
In pazienti con tumori Ta,T1 a rischio intermedio il follow-
up tramite cistoscopia e citologia urinaria andrebbe adattato
in maniera intermedia tra i due schemi precedenti in base a
fattori personali e soggettivi
C
Imaging regolare (annuale) del tratto urinario superiore è
raccomandato per i tumori ad alto rischio C
Esame endoscopico previa anestesia e biopsie vescicali
dovrebbero essere eseguiti quando la cistoscopia
ambulatoriale mostra lesioni sospette oppure in caso di
positività della citologia urinaria.
B
In corso di follow-up in pazienti con citologia positiva e
assenza di neoplasie obiettivabili in vescica, si raccomanda
di eseguire biopsie con PPD (se disponibile) e di escludere
eventuali localizzazioni extravescicali.
B
Tabella 12: Linee guida per il follow-up dopo la TUR in pazienti affetti da carcinoma vescicale
NMI
Pag. 46
4. TARGET GENICI DEL CARCINOMA VESCICALE
4.1 SCOPO DELLO STUDIO
L'Epidermal Growth Factor (EGF) è un fattore solubile coinvolto nella crescita e
nella proliferazione cellulare. La concentrazione dell'EGF nelle urine di pazienti
affetti da carcinoma vescicale risulta notevolmente ridotta, suggerendo un ruolo
non indifferente ai fini della progressione tumorale mediato dall'interazione col
proprio recettore (EGF-R) (112-113)
.
L'EGF-R risulta iperespresso in circa il 15-20% dei tumori non muscolo-invasivi e
in circa il 35-40% delle forme invasive (112,114)
.
Il trattamento di un T1G3 rimane ancora oggi oggetto di discussione in quanto
circa il 30% dei pazienti guarisce con un trattamento conservativo, un altro 30%
subisce una cistectomia ritardata per recidiva o progressione ed il restante 30% va
incontro a morte cancro-correlata. Ad oggi non si conoscono i meccanismi
patogenetici che portano ad un comportamento biologico tanto differente.
L'EGF-R potrebbe rappresentare un marker genico in grado di predire
precocemente quali tumori andranno incontro a progressione in modo tale da
sottoporre tali pazienti a una cistectomia radicale ab initio. Dall'altro lato studi
promettenti di fase II stanno valutando il ruolo dell'EGF-R quale possibile target
per terapie mirate.
Un notevole limite all'utilità clinica della valutazione dell'espressione dell'EGF-R
è insita però nella metodica stessa di valutazione. L'EGF-R viene infatti valutato
Pag. 47
sui campioni tissutali dell'intervento endoscopico e delle biopsie e non rende
conto delle possibili variazioni di espressione nel follow-up del paziente, quale
risposta alla terapia o evoluzione biologica della malattia stessa verso una
maggiore aggressività.
La valutazione tissutale da inoltre un esito statico dell'espressione dell'EGF-R solo
sul tumore già asportato e nelle sedi di eventuali biopsie, ma non esprime lo stato
del rimanente urotelio. E' ben noto già che il carcinoma vescicale è una malattia
“panuroteliale” e che le terapie endovescicali sono dirette non tanto nei confronti
del tumore NMI già di per sé asportato dall'intervento, quanto nel prevenire la
recidiva e la progressione nell'urotelio rimanente.
L'obiettivo del nostro studio è stato perciò quello di valutare la fattibilità del
dosaggio dell'EGF-R nel liquido di lavaggio vescicale in pazienti affetti da
uroteliomi vescicali non muscolo invasivi e sottoposti a TUR senza aver ancora
ricevuto alcuna terapia vescicale adiuvante. La conferma di validità di tale
“biopsia liquida” permetterebbe di conoscere lo stato recettoriale dell'urotelio
residuo dopo la TUR, ottenendo informazioni utili in corso del follow-up circa la
prognosi e il rischio di recidiva e progressione individuale. Ciò permette di evitare
la biopsia tissutale, la quale impone ricorso ad anestesia e non è ben accetta dal
paziente, soprattutto se ripetuta nel tempo.
Il passo successivo è stato quello di correlare i valori di espressione genica
dell'EGF-R con il grading, lo staging e l'eventuale comparsa di recidive o
progressione tumorale.
Pag. 48
L'espressione dell'EGF-R è stata perciò valutata durante il follow-up,
considerando anche fattori che nella pratica clinica potrebbero interferire con la
valutazione stessa, quali la tossicità e terapie topiche atte a risolvere la stessa.
Infine, tramite un confronto tra il dato laboratoristico genetico e quello
immunoistochimico direttamente sul pezzo operatorio si è cercato di comprendere
se le due metodiche di valutazione dell'EGF-R possano essere sovrapponibili
oppure sinergiche al fine di incrementare la sensibilità dei due test considerati
singolarmente.
Pag. 49
4.2 STRUTTURA E RUOLO BIOLOGICO DEL
RECETTORE DELL'EGF (EGF-R)
In seguito a mutazioni oncogeniche, le cellule tumorali acquisiscono
caratteristiche di crescita autonoma, afinalistica e progressiva, unitamente alla
perdita della capacità di differenziazione. Tali caratteristiche possono essere
schematicamente raggruppate in una delle seguenti categorie:
indipendenza dai fattori di crescita;
insensibilità ai segnali antiproliferativi;
mancata apoptosi;
capacità proliferativa illimitata;
neoangiogenesi;
potenziale invasivo.
La conoscenza dei meccanismi molecolari alla base di ognuna di queste
caratteristiche è fondamentale per identificare sia nuovi markers predittivi di
progressione, mortalità e risposta al trattamento, sia bersagli molecolari su cui
agire selettivamente. Molti tumori esprimono infatti elevati livelli di fattori di
crescita e i rispettivi recettori possono essere utilizzati come potenziali bersagli
terapeutici. Il grado di espressione dei recettori dei fattori di crescita è stato
associato alla progressione neoplastica e alla mortalità cancro-specifica (114-116)
. La
famiglia dei recettori dell'EGF (Epidermal Growth Factor) è uno dei potenziali
target del carcinoma vescicale.
Pag. 50
L'EGF-R è il primo membro identificato di una famiglia di 4 recettori strettamente
correlati tra loro:
ErbB1 (EGF-R / HER1)
ErbB2 (HER2 / neu)
ErbB3 (HER3)
ErbB4 (HER4).
Questi recettori sono costituiti da un dominio extracellulare di legame, un
segmento lipofilico transmembrana e infine un dominio intracellulare tirosin-
chinasico, caratterizzato da un segmento regolatorio carbossi-terminale. Il legame
con il ligando naturale conduce all'attivazione del recettore, il quale omodimerizza
con un altro recettore EGF-R oppure eterodimerizza con uno degli altri membri
della famiglia dei recettori per l'EGF [Figura 14].
Figura 14: Struttura dell'EGF-R e relativo meccanismo d'attivazione
Pag. 51
L'attivazione recettoriale determina l'avvicinamento dei domini tirosin-chinasici
intracellulari, innescando così un meccanismo di autofosforilazione e successivo
reclutamento di una serie di proteine coinvolte in molteplici pathways [Figura 15]:
la via di Ras, responsabile della differenzione e proliferazione cellulare;
la via del PI3K, il cui bersaglio principale è AKT, proteina in grado di
inibire fortemente l'apoptosi quando attivata;
attivazione delle proteine della famiglia STAT, le quali partecipano alla
proliferazione cellulare tramite la trascrizione di importanti oncogeni,
primo fra tutti c-MYC.
Figura 15: Percorso di segnalazione dell'EGF-R
Pag. 52
L'EGFR si prefigura quindi come un proto-oncogene a monte di numerosi bersagli
patogenetici, la cui alterazione può portare all'innesco della proliferazione,
immortalizzazione cellulare, angiogenesi e metastasi (117)
.
Pag. 53
4.3 L'EGF-R NEI CARCINOMI VESCICALI
Ridotte concentrazioni di EGF biologicamente attivo sono presenti nelle urine di
quei pazienti con carcinoma a cellule transizionali che iperesprimono EGF-R,
suggerendo una maggiore interazione tra il ligando e il suo recettore nei tumori
EGF-R positivi (112,113)
.
Uno dei primissimi studi che ha utilizzato un modello di cancro alla vescica del
ratto ha mostrato come l'EGF nelle urine sia in grado di indurre la proliferazione
cellulare in profondità all'interno della parete vescicale (118)
.
Ulteriori studi di immunoistochimica hanno successivamente dimostrato che
l'EGF-R nel contesto dei carcinomi a cellule transizionali risulta sovraespresso
rispetto al normale urotelio, e che normalmente le cellule con iperespressione di
EGF-R si trovano soprattutto nello strato basale della mucosa vescicale (118)
.
Di contro, in un urotelio maligno o fortemente displasico, l'EGF-R risulta espresso
anche negli strati più superficiali, consentendo un maggiore interazione in termini
quantitativi tra ligando e recettore (119)
[Figura 16].
Svariati studi clinici hanno cercato di valutare il ruolo svolto dall'EGF-R nel
contesto dei carcinomi a cellule transizionali, correlando l'espressione recettoriale
con la storia naturale e la prognosi individuale. In uno studio condotto su 48
pazienti con carcinoma a cellule transizionali (24 muscolo invasivi e 24
superficiali) è stata messa in evidenza l'iperespressione dell'EGF-R in circa il 20%
dei tumori non muscolo-invasivi e in oltre il 35-40% delle forme già invasive (112)
.
Pag. 54
Nei pazienti con tumore superficiale della vescica, l'espressione di EGF-R correla
con la molteplicità, con l'intervallo libero da recidiva e con la probabilità di
recidiva a breve e lungo termine (120)
.
Figura 16: Strati della parete vescicale ed espressione della famiglia dei recettori dell'EGF
Da una delle prime analisi molecolari era emerso che la maggior parte delle
metastasi da carcinoma a cellule transizionali iperesprime l'EGF-R, e tale
espressione non è down-regolata né dalla chemioterapia né da un'eventuale terapia
radiante (121)
.
Un studio più recente ha però esteso l'indagine a tutti e quattro i membri della
famiglia recettoriale (EGF-R, ERbB2, ERbB3 e ErbB4), valutandone l'espressione
in campioni di urotelio normale, in carcinomi vescicali a cellule transizionali
metastatici, e in uroteliomi vescicali muscolo invasivi che non avessero ancora
dato metastasi a distanza di 5 anni dalla cistectomia [Tabella 13].
E' emersa un'espressione ancor maggiore di EGF-R nel contesto degli uroteliomi
invasivi non metastatici rispetto ai campioni di carcinoma vescicale metastatico.
L'aumento dell'espressione di EGF-R nei carcinomi non metastatici potrebbe
Pag. 55
comunque essere il risultato di una interazione tra il tumore primario e il
microambiente (113)
.
Tabella 13: Espressione di EGF-R valutata tramite IHC su urotelio normale, carcinomi primitivi e
metastasi (113)
L'EGF-R ha anche un significato prognostico per i pazienti affetti da carcinoma a
cellule transizionali in stadio avanzato. Lo studio di Lipponen ed Eskelinen, ad un
follow-up di 180 mesi, ha mostrato una percentuale di sopravvivenza del 35%
circa in pazienti affetti da uroteliomi che iperesprimevano EGF-R e del 70% in
pazienti con carcinomi EGFR negativi [Figura 17] (114)
.
Pag. 56
Figura 17: Sopravvivenza dei pazienti in relazione alla espressione di EGF-R. CURVA A: EGF-R
negativi; CURVA B; EGF-R positivi (114)
La crescita tumorale e l'eventuale progressione dipendono da un delicato
equilibrio mediato da un certo numero di geni che regolano l'angiogenesi,
l'invasione e l'adesione. E' stato dimostrato che l'EGF-R ha un ruolo attivo nel
definire il potenziale invasivo e la capacità neoangiogenetica della neoplasia.
L'Epidermal Growth Factor (EGF) e il Transforming Growth Factor-α (TGF-α),
ligandi naturali dell'EGF-R, sono infatti in grado di innescare la cascata di
segnalazione a valle. La conseguenza sarà il rilascio di proteasi e fattori
angiogenici, elementi cruciali per la crescita locale e la metastatizzazione da parte
del tumore primario.
Pag. 57
Recenti evidenze hanno correlato
l'espressione dell'EGF-R alla
stimolazione del fattore di trascrizione
della proteina “activator-1”, implicata
nella cascata di segnalazione che
conduce all'attivazione di alcune
metalloproteinasi [Figura 18] (122,123)
.
L'innesco di tale pathway sarebbe
correlato con l'aumentata capacità
invasiva mostrata dai tumori EGF-R
positivi. L'EGF-R prende parte al
complesso meccanismo di regolazione
dell'angiogenesi [Figura 19].
Rimangono ancora non ben delineati
i meccanismi molecolari tramite i quali l'EGF-R è in grado di regolare la
produzione di VEGF, IL-8 e βFGF, coinvolti nella neoangiogenesi tumorale. Si
ipotizza che che l'up-regulation di questi fattori si manifesti attraverso sia il
pathway di Ras sia quello di PI3K-AKT.
La terapia anti-EGF-R potrebbe pertanto inibire la crescita del tumore,
indipendentemente dall'effetto citostatico diretto svolto dagli anticorpi
monoclonali, per la soppressione delle metalloproteinasi e delle molecole
coinvolte nella neoangiogenesi.
Pag. 58
La dimostrazione che il blocco dell'EGF-R è in grado di inibire la crescita delle
cellule tumorali ha dato quindi il via ad una serie di trials clinici aventi come
outcome la valutazione dell'efficacia degli anticorpi monoclonali diretti contro la
famiglia recettoriale dell'Epidermal Growth Factor [Figura 20]. Ad oggi sono stati
completati 6 studi clinici sulla targeted therapy diretta contro la cascata di
segnalazione a partenza dalla famiglia recettoriale ErbB (124)
.
Cetuximab (IMC-C225), anticorpo monoclonale che blocca il dominio
extracellulare di legame dell'EGF-R (125)
;
Gefitinib (126,127)
ed Erlotinib (128)
, inibitori selettivi del dominio tirosin-
chinasico dell'EGF-R;
Lapatinib (129)
, inibitore tirosin-chinasico che agisce tanto su EGF-R
quanto su ErbB2, e Dacomitinib (130)
, inibitore irreversibile del dominio
tirosin-chinasico per i siti catalitici di EGF-R, ErbB2 e ErbB4.
I farmaci riportati sono stati tutti oggetto di trials clinici che, seppur promettenti,
non hanno portato a risultati degni di nota.
La maggiore conoscenza del profilo di espressione genica delle cellule uroteliali, e
in particolare del carcinoma uroteliale, ha condotto ad approfondire l'analisi
dell'espressione immunoistochimica di proteine come la cheratina 5 (KRT-5), la
P caderina (P-Cad) e soprattutto dell'EGF-R (131,132)
.
Pag. 59
Figura 20: Targeted therapy nel cancro vescicale avanzato
Successivamente i risultati dell'ATLAS hanno confermato l'eterogeneità dei
tumori vescicali muscolo-invasivi e hanno consentito la suddivisione in due
grandi sottotipi, i basal-like e i luminal-like (132,133)
[Tabella 14].
I basal-like presentano una quota parte di cellule con caratteristiche squamose e
sono caratterizzati da alterazioni di p53, presentazione della malattia molto più
aggressiva e ridotta sopravvivenza generale e malattia-specifica [Figura 21].
Pag. 60
Tabella 14: Nuova classificazione dei tumori vescicali in relazione al pattern di espressione
recettoriale (133)
Nella casistica di Choi, su un totale di 73 uroteliomi vescicali, ben 23 (oltre il
30%) mostravano caratteristiche compatibili con i basal-like (134)
. Questo
sottogruppo in particolare iperesprime l'EGF-R e risulta significativamente
sensibile ai farmaci che inibiscono il pathway di segnalazione di EGF-R (135,136)
.
Figura 21: Sopravvivenza totale e malattia-specifica nei basal-like e nei luminal-like (134)
Pag. 61
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