136 - Aracne editrice · b) carcinoma squamoso (o carcinoma epidermoidale a cellule squamose)....

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A06136

Vincenzo Cataldo Abbasciano

Lezioni di Oncologia clinica

Copyright © MMXARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133/A–B00173 Roma

(06) 93781065

isbn 978–88–548–3245–9

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: settembre 2010

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Indice

9 Prefazione

11 Capitolo I Tumore dell’esofago

Introduzione – Fattori di rischio – Sede del tumore – Esofago di barret – Anatomia patologica – Vie metastatiche – Sintomatologia – Diagnosi – Stadiazione – Terapia

21 Capitolo II Carcinoma dello stomaco

Introduzione – Fattori di rischio – Anatomia patologica – Vie metastatiche – Il tumore di Krukenberg – Sintomatologia – Diagnosi – Stadiazione – Terapia

31 Capitolo III Cancro del pancreas

Introduzione – Fattori di rischio – Anatomia patologica – Vie metastatiche – Sin�tomatologia – Diagnosi – Stadiazione – Terapia

39 Capitolo IV Epatocarcinoma

Introduzione – Fattori di rischio – Anatomia patologica – Vie metastatiche – Sinto�matologia – Insufficienza epatica – Diagnosi – I Markers – Stadiazione – Terapia

6 Lezioni di oncologia clinica

51 Capitolo V Cancro del colon

Introduzione – Fattori di rischio – Anatomia patologica – Quadri clinici – Sintoma�tologia – Screening – Diagnosi – Vie metastatiche – Stadiazione – Terapia

65 Capitolo VI Tumori del polmone

Introduzione – Fattori di rischio – Anatomia patologica – Vie metastatiche – Sin�tomatologia – Tumore di pancoast – Sindromi paraneoplastiche – Screening e pre�venzione – Diagnosi – Marcatori – Stadiazione – Terapia

81 Capitolo VII Cancro della mammella

Introduzione – Fattori di rischio – Anatomia patologica – Vie metastatiche – Sin�tomatologia – Diagnosi – Marcatori – Screening – Stadiazione – Terapia – Follow Up – Malattia di Paget

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Un particolare ringraziamento alla dr.ssa Elena Goretti, alla dr.ssa Elisa Pompignoli, specializzate in Medicina interna nel nostro Istitu�to, e al dr. Filippo Di Todaro, dirigente medico presso l’Arcispedale Sant’Anna di Ferrara, per la preziosa collaborazione alla stesura di queste lezioni.

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Prefazione

Alla mia famiglia

L’iter della patologia neoplastica non è semplice, ad iniziare dalla dia-gnosi dove è importante per il medico cogliere i piccoli segni e sintomi ini-ziali se si vuole giungere ad una diagnosi precoce. Per questo è anche es-senziale un’approfondita anamnesi ed un attento esame obiettivo. Succede anche che qualche volta (tra il 10–20% dei casi), il tumore dia segno di sé in fase precoce o conclamata con sintomi o sindromi che non hanno nulla a che vedere con la sede del tumore, con il tipo istologico e con la presenza di metastasi; parliamo in questo caso di sindromi paraneoplastiche.

Fatta la diagnosi è essenziale una stadiazione che mi piacerebbe defi-nire, e che fosse, “perfetta”, poiché da essa dipende la scelta della terapia e la formulazione della prognosi. Stadiare un tumore vuol dire, con gli esa-mi e strumenti appropriati, definire nella maniera più precisa possibile, la sede del tumore e le dimensioni (T), l’istologia, le diffusioni metastatiche all’apparato linfatico (N), ad organi e strutture contigue, ad organi con rapporti di continuità e ad organi a distanza (MO assenza, M+ presenza). Parliamo quindi stadiazione secondo la classificazione TNM. In generale è utile ricordare che la diffusione metastatica avviene secondo 4 modalità: ematica, linfatica, per continuità, per contiguità.

Nella nostra trattazione parleremo anche di marcatori tumorali, asso-ciando ad ogni tumore il marcatore che presenta con esso maggiore attinen-za ed affinità, precisando che non esiste un marcatore ideale per ogni tipo di neoplasia. Il marcatore, da intendere come tale, deve essere specifico per una neoplasia, altamente sensibile anche in presenza di un tumore allo stadio

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iniziale, in grado di dare importanti indicazioni nel follow–up terapeuti-co e non, che sia di basso costo e di facile attuazione. Oggi qualche passo avanti è stato compiuto in questa direzione. Ho ritenuto utile fare questa premessa per non dover ripetere questi concetti nel corso di tutta la tratta-zione e per ogni tumore.

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Capitolo I

Tumore dell’esofago

Introduzione

Il carcinoma dell’esofago è tra quelli a prognosi altamente infausta poiché la diagnosi è tardiva. Egli si presenta con disfagia progressiva, dimagrimento, dolore e senso di oppressione retrosternale nelle fasi precoci. Nella fase tardiva i sintomi sono più complessi, in quanto altri si aggiungono a quelli citati. A sintomatologia più manifesta, la diagnosi non è difficile anche perché si avvale di tecniche avanzate e che danno una certezza pressoché assoluta. I tumori dell’esofago sono essenzialmente maligni ed in Italia hanno una bassa incidenza che và dal 0,8 al 4,9 per 100.000 abitanti, mentre alta incidenza si ha in Russia, in Cina e in Sud–Africa. In Italia la regione più colpita è il Friuli–Venezia–Giulia verosimilmente in rapporto anche al consu�mo di alcool. È più frequente nell’uomo che nella donna con un rap�porto di 3:1. Circa l’età l’incidenza maggiore si ha alla sesta–settima decade di vita.

Fattori di rischio

Come la maggior parte dei tumori non vi sono elementi assolu�tamente certi circa i fattori di rischio.

Sicuramente uno o più di essi concorrono allo sviluppo della neo�plasia e di ciò bisogna tenerne il giusto conto. Elenchiamo, e non vi è un ordine di importanza, i fattori di rischio ad oggi considerati:

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1) sostanze con nitrosamine;2) carenza di ferro e magnesio;3) carenza di vitamina A;4) acalasia (mancata peristalsi e mancato rilassamento del LES);5) infezione da HPV (papilloma virus);6) Helicobacter Pilori;7) razza nera;8) alcool;9) fumo di sigaretta (maggior rischio con l’associazione di alcool

e fumo);10) cicatrici secondarie all’assunzione casuale di caustici o a scopo

suicida;11) presenza di polipi;12) presenza di diverticoli;13) pregresse stenosi infiammatorie;14) scleroterapia;15) papilloma a cellule squamose;16) sindrome di Plummer–Winson;17) esofago di Barrett;18) fattori ereditari.

Per quanto concerne i fattori ereditari sono da riferirsi ad una patologia autosomica dominante “La Tilosi” caratterizzata dal�la presenza di ipercheratosi palmare–plantare e papillomatosi dell’esofago.

Sede del tumore

Dal punto di vista della sede il tumore dell’esofago può essere localizzato:

a) al III superiore o tratto cervicale nel 20%;b) al III medio nel 37%;c) al III inferiore nel 43%.

1. Tumore dell’esofago 13

Rara risulta la localizzazione del carcinoma esofageo in sede cardiale, dove diventa difficoltoso distinguere un adenocarcinoma dell’esofago distale da un adenocarcinoma del cardias che si diffonde per continuità verso l’esofago.

Esofago di barret

L’esofago di Barrett può essere congenito od acquisito. Esso è carat�terizzato dalla presenza di epitelio cilindrico che và a sostituire l’epite�lio squamoso proprio dell’esofago per una metaplasia legata al reflusso gastro–esofageo o a processi infiammatori di altra natura. Fortunata�mente l’esofago di Barrett, opportunamente curato, non costituisce un grave pericolo; solo un 3% circa evolve in carcinoma. Appunto per que�sta possibilità evolutiva, anche se bassa, molto utile risulta il follow–up dell’esofago di Barrett, che consiste in quattro punti essenziali:

a) esofago di Barrett senza displasia: eseguire un controllo en�doscopico annualmente per i primi 4 anni e praticare terapia con PPI (inibitore di pompa protonica) associato ad un regi�me dietetico appropriato;

b) presenza di displasia non definibile più verosimilmente associata a processo infiammatorio: da trattare con PPI a dosaggio pieno per 12 settimane da ripetere ogni 3–4 mesi, controllo a 6 mesi;

c) displasia a basso grado: se la displasia è multifocale eseguire biopsia allargata di circa 1 cm, controllo a 3 e 6 mesi e poi eseguire controlli secondo il corrente follow–up;

d) displasia ad alto grado (equivale a carcinoma in situ): che sia essa focolaio unico o multiplo si procede con la stadiazione.

L’esame endoscopico è in grado di rilevare gli aspetti macroscopici delle lesioni legate alla displasia. La displasia si può presentare come:

— piatta;— sollevabile in pliche;

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— priva di ulcerazione;— priva di restringimenti; — senza segni di invasione; — con restringimenti;— con ulcerazioni;— con noduli.

Anatomia patologica

Macroscopicamente il carcinoma dell’esofago si può presentare come:

a) vegetante, ovverosia che cresce aggettando nel lume esofageo come una massa irregolare e spesso sanguinante;

b) ulcerato, a forma di cratere che escava con bordi duri; c) infiltrante la parete, che assume un aspetto ispessito e biancastro.

Microscopicamente sono due gli aspetti:

a) adenocarcinoma;b) carcinoma squamoso (o carcinoma epidermoidale a cellule squamose).

L’adenocarcinoma è raro nelle persone di colore ed è soprattutto legato all’esofago di Barrett. Oltre questi tipi di tumore ve ne sono altri meno frequenti: carcinoma a cellule fusate, carcinoma verrucoso, pseudosarcoma, carcinoma muco–epidermoidale, carcinoma primitivo a piccole cellule, corioncarcinoma, carcinoide, sarcoma primitivo, linfoma non–Hodgkin.

Carcinoma in situ: quando il tumore è limitato a mucosa.Infiltrante: quando invade la sottomucosa e tonaca muscolare di

tipo circolare e longitudinale tenendo presente che all’esofago man�ca il rivestimento sieroso esterno.

1. Tumore dell’esofago 15

Vie metastatiche

La via linfatica rappresenta la diffusione più precoce. Essa interes�sa i linfonodi peri–esofagei e da questi verso l’alto i linfonodi late�ro–cervicali ed in basso i linfonodi del plesso celiaco e della piccola curvatura gastrica; i linfonodi mediastinici, i linfonodi intertracheo–bronchiali, paratracheali e cervicali profondi.

Per via ematica essenzialmente al fegato poi al polmone, encefalo, tenendo presente che dal III inferiore dell’esofago esiste una connes�sione tra il sistema venoso portale e quello sistemico.

Per contiguità, infine, a faringe, trachea, bronco di sinistra, vene polmonari, aorta, pericardio, parte inferiore del polmone, corpo del pancreas, milza e surrene di sinistra. L’esofago stesso, però, può es�sere sede di invasione metastatica da parte di altri tumori a partenza dal faringe, tonsille, laringe, stomaco, fegato, polmone, mammella, prostata, testicolo.

Sintomatologia

I sintomi più appariscenti e frequenti sono:

1) disfagia: la disfagia rappresenta il sintomo più importante che il paziente avverte in maniera certa. Inizialmente è sporadica e con il progredire del tumore diventa sempre più frequente. Essa è inizialmente limitata ai cibi solidi e progressivamente anche per i cibi liquidi tanto che il paziente riferisce di aver dovuto cambiare abitudini alimentari. Tale sintomo però im�pone sempre una diagnosi differenziale con altre patologie, quali la disfagia da esofagite, da compressione in caso di im�pegno mediastinico, da mega–atrio, su base neurogena;

2) il calo ponderale è da considerare la naturale conseguenza della disfagia. Esso è sempre presente anche se il paziente si nutre regolarmente e con appetito;

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3) la scialorrea che consiste in un difficoltoso passaggio della sa�liva dall’esofago allo stomaco;

4) il rigurgito legato alla stenosi o sub–stenosi esofagea con la possibilità di polmoniti ab ingestis;

5) il dolore è presente e da mettere in rapporto al reflusso gastro–esofageo e/o ad infiltrazione tardiva delle radici intercostali. Il dolore può essere localizzato sia in sede retrosternale che epigastrica. In tali sedi si impone una diagnosi differenziale con il dolore nelle stesse sedi dovuto ad altre patologie (ulce�ra gastrica, gastrite, litiasi colecisti, carcinoma del pancreas, dolore coronario, ecc.).

Sintomi più tardivi sono:

a) emorragia massiva;b) fetor ex ore dovuto alla putrefazione del cibo che ristagna

nell’esofago non potendo progredire;c) disfonia per paralisi del nervo ricorrente;d) febbre;e) cachessia neoplastica;f) sindrome di Horner (miosi, enoftalmo, ptosi palpebrale e ani�

drosi per infiltrazione del simpatico cervicale);g) singhiozzo;h) sindrome della vena cava superiore (edema a mantellina e turgo�

re giugulare).

Diagnosi

Elemento essenziale per la diagnosi rimane sempre la clinica, che ci deve indirizzare a richiedere gli esami più appropriati in quan�to questi non devono far diagnosi a prescindere ma confermare o smentire la diagnosi posta dal clinico.

1. Tumore dell’esofago 17

1) L’RX dell’esofago con m.d.c. baritato, anche se rimane un esame sempre meno utilizzato, è utile per valutare sede, stenosi ed estensione del carcinoma, oltre a descriverne eventuali altera�zioni di forma e di peristalsi.

2) L’Esofagoscopia rimane l’esame più usato e più idoneo per la diagnosi oltre che per la stadiazione, in quanto ci permette di valutare le dimensioni del tumore, l’aspetto macroscopico e soprattutto di eseguire brushing e più biopsie indispensabili alla diagnosi. Mi preme citare in questo primo argomento, e che vale per tutti gli altri, questa certezza: non esiste dia�gnosi certa di tumore senza esame istologico e/o citologico. L’endoscopia si avvale di altri due nuovi strumenti, ovvero la Cromoendoscopia e la Ecoendoscopia.

3) La Cromoendoscopia altrimenti definita “Endoscopia zoom”, “Endoscopia ad alta risoluzione”, “Magnificazione endoscopi�ca”, è una metodica che trova sempre maggiore diffusione so�prattutto dove il carcinoma dell’esofago ha un’alta frequenza e quindi soggetto a screening. Essa si avvale dell’uso di coloranti che vengono iniettati nella sede della lesione, o sospettata tale, durante la manovra endoscopica. I coloranti usati sono molti e a seconda dei casi colorano diversi tipi di cellule sia normali che patologiche. Per citarne qualcuno, la soluzione di lugol, blu di metilene o di toluidina e indaco di carminio. La Magni�ficazione endoscopica ha permesso addirittura una classifica�zione dell’esofago di Barrett distinguendolo in mucosa gastrica o cardiale con aspetto piccolo circolare, stratificato, allungato; mucosa di tipo intestinale con aspetto tubulare e villoso, muco�sa mista con aspetto ovoidale. La Cromoendoscopia ha il merito di far diagnosi precoce di carcinoma in situ dell’esofago, ciò fa sì che la prognosi diventi molto buona e l’intervento si riduce ad una mucosectomia della parte interessata.

Nell’atto dell’endoscopia, nelle aree ad alto rischio e dove si ope�ra screening, si esegue anche il brushing per esame citologico.

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4) L’Ecoendoscopia ha la capacità di delimitare l’area neoplastica, l’infiltrazione della parete, l’eventuale infiltrazione degli or�gani vicini e l’interessamento dei linfonodi adiacenti. Inoltre permette di valutare l’efficacia di eventuali trattamenti che�mio–radioterapici.

5) La TC e la RMN hanno risultati sovrapponibili. Essi sono utili per la diagnosi e permettono di mettere in evidenza l’interessamento delle strutture vicine; sono importanti inoltre per la stadiazione.

La sopravvivenza media dei pazienti è di circa un anno mentre quella a cinque anni non supera il 10%. Non vi sono marcatori che abbiano affinità con il tumore dell’esofago tali da indirizzare al so�spetto diagnostico e da essere utilizzati nel follow–up.

Stadiazione

La stadiazione del carcinoma esofageo viene eseguita mediante la classificazione TNM (tab. 1.1). La stadiazione è uno dei momenti più importanti nell’iter della neoplasia in quanto ci dà indicazioni sulla terapia e ci permette di formulare una corretta prognosi. Gli esami che noi eseguiamo per la stadiazione includono ovviamente quelli che utilizziamo anche per la diagnosi, quindi la stadiazione viene ef�fettuata mediante Endoscopia, Ecoendoscopia, TC dell’esofago, del mediastino e torace, Eco–addome e/o TC addome, Broncoscopia.

Si ricorre alla toracotomia diagnostica in caso di difficoltà tenen�do presente quasi sempre che la toracotomia diagnostica si traduce quando possibile in toracotomia terapeutica.

Terapia

Solo un accenno alla terapia che, in stadi precoci, quella elettiva è sempre la terapia chirurgica. Purtroppo come già detto in precedenza

1. Tumore dell’esofago 19

essendo la diagnosi tardiva, la terapia diventa quasi sempre palliativa, ovvero somministrata a pazienti inoperabili sia per lo stadio della ma�lattia che per la performance clinica del paziente. Essendo il sintomo più appariscente, invalidante e fastidioso, la disfagia, per questa si ap�plicano 2 diverse metodiche una dilatante ed una disostruttiva.

a) Metodiche dilatanti mediante:

1) dilatatori di calibro sempre maggiore sino ad ottenere la massima pervietà nel tratto interessato dalla neoplasia;

Tabella 1.1 Classificazione TNM e Stadiazione

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2) mediante l’applicazione di endoprotesi per via laparosco�pica in caso di stenosi infiltrante l’esofago dal III medio o in caso di presenza di fistole dell’esofago nell’albero respiratorio.

Tra le due terapie dilatanti la seconda è quella che ottiene miglio�ri risultati per la maggiore durata.

b) Metodiche disostruttive con:

1) laser mediante il quale l’energia termica prodotta vaporiz�za la neoplasia vegetante;

2) con BICAP (Elettrocoagulazione bipolare) ovvero la di�struzione della neoplasia per mezzo di energia termica emanata da un elettrodo bipolare;

3) con terapia fotodinamica consistente nell’utilizzazione di sostanze fotosensibili che producono necrosi del tessuto neoplastico.

La chemioterapia può essere sia adiuvante che neo–adiuvante, ma solitamente è più utilizzata dopo l’intervento chirurgico. La risposta che si ha è quasi sempre incompleta e non dà risultati in termini di sopravvivenza sufficientemente confortanti. Per la chemioterapia i farmaci più usati sono cisplatino, bleomicina e vindesina. L’utilizzo di questi farmaci è spesso condizionato dalle condizioni generali del paziente.

La radioterapia primaria viene utilizzata quando non è possibile al�tra terapia o nei pazienti con carcinoma in fase avanzata. Non è raro, però, il verificarsi di gravi inconvenienti quali l’emorragia soprattut�to nei tumori molto vascolarizzati, l’edema che và ad aggravare ul�teriormente la stenosi se presente. Per tale motivo è più opportuno ricorrere alle manovre disostruttive.