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Informazioni generali:

DURATA DEL VIAGGIO: 26 – 27 giorni.

PERIODO DEL VIAGGIO CONSIGLIATO: Aprile – Ottobre.

COME ARRIVARE DALL’ITALIA: In aereo. Vi consigliamo di adoperare per l’andata l’aeroporto di Xi’an, mentre

per il ritorno l’aeroporto di Urumqi (o Kashgar). Alternativamente potreste

usufruire per l’andata degli aeroporti di Lanzhou o Xining.

FUSO ORARIO: + 7 ore rispetto all’Italia.

DOCUMENTI NECESSARI: Per accedere in Cina sono necessari sia il passaporto con validità residua di

almeno sei mesi che il visto per motivi turistici che deve essere richiesto e rilasciato

prima della partenza dalle autorità consolari cinesi in territorio italiano. Per chi

possedesse doppia cittadinanza e quindi passaporto ci sono particolari normative

da approfondire in sede consolare. Non è possibile esportare oggetti di pregio

artistico particolare se non marchiati e accompagnati da appositi documenti validi

per l’esportazione rilasciati dal Cultural Relics Appraisal Institute.

PATENTE RICHIESTA: La Cina non riconosce alcuna patente di nazioni straniere e nemmeno quella

internazionale. Si può però richiedere una patente provvisoria locale della durata

di 3 mesi da richiedersi agli uffici di polizia del posto per il cui rilascio è necessario

conoscere la lingua cinese e seguire un rapido corso giornaliero. Le procedure per

il noleggio auto sono complesse, è altamente consigliabile stipulare assicurazioni

nella formula KASCO e in caso di incidente con pedoni o mezzi non motorizzati,

anche se nella ragione, dovrete coprire economicamente i danni economici arrecati

nella misura del 10%. La guida a Cuba si svolge a destra ma può risultare assai

complesso seguire la segnaletica stradale in lingua locale. Per tutti questi motivi è

altamente consigliabile assicurarsi un noleggio con autista al seguito.

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RISCHI SICUREZZA E SANITARI: Il livello di sicurezza in Cina è sostanzialmente buono, si registrano solo episodi di

furti o scippi nei confronti dei turisti (fate particolare attenzione al passaporto e al

visto, altrimenti andrete incontro a lungaggini inaspettate). Alcune regioni trattate

in questo itinerario, come lo Xinjiang di fede per lo più musulmana, sono state

esposte a sporadici episodi di terrorismo di matrice islamica (2009) e sono soggette

ad episodi sismici. Si raccomanda nello Xinjiang di tenersi debitamente a distanza

dai confini con l’Afghanistan e il Pakistan (soprattutto) ma anche dai confini col

Tagikistan, Kirghizistan e Kazakistan poiché poco presidiati e soggetti a incursioni

di bande straniere. Prestare attenzione ad eventuali piogge abbondanti e

improvvise che possono causare dissesti idrogeologici di grande portata. La

situazione sanitaria in Cina è discreta ma gli ospedali che soddisfano gli standard

occidentali sono presenti solo nelle principali metropoli. Nelle cittadine secondarie

gli ospedali sono presenti ma di livello medio-basso con personale non sempre

qualificato. Nelle aree rurali o remote accedere a servizi anche solo di pronto

soccorso può essere complesso e possono essere necessarie diverse ore per avere

assistenza. Le cure fornite possono essere molto onerose, pertanto stipulate sempre

un’assicurazione sanitaria che copra le spese di base e preveda in caso di necessità

il rimpatrio sanitario. Non esistono malattie endemiche in Cina ma sono molto

diffuse la tubercolosi, la rabbia, la sindrome mani-piedi-bocca a trasmissione

virale e le epatiti A e B. Sono consigliate le vaccinazioni contro tetano,

poliomielite, difterite, febbre tifoide e meningococco. Non consumare quanto più

possibile cibo da strada e consumare solo acqua imbottigliata. Un0ultima

avvertenza doverosa è quella inerente all’inquinamento che nelle metropoli può

causare vere e proprie emergenze pubbliche in caso di particolari condizioni meteo

(alta pressione perdurante e mancanza di vento). Monitorare i livelli di polveri

sottili sul sito governativo aqicn.org.

MONETA: YUAN.

TASSO DI CAMBIO: 1 € = 8,07 Yuan Cinesi.

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Descrizione del viaggio:

1° - 2° giorno: trasferimento fino a Tianshui

Volare dai principali aeroporti italiani verso il cuore della Cina continentale è oggi un’impresa assai più agevole di un tempo, questo

specialmente per il fatto di potersi avvalere dello Xi’an International Airport, lo scalo che serve il capoluogo omonimo della regione dello

Shaanxi che si attesta tra i primi dieci aeroporti cinesi per traffico passeggeri annuale (oltre 32 milioni i viaggiatori serviti). Nonostante

l’alta frequentazione dello scalo ad oggi esistono collegamenti aerei diretti tra Xi’an e il solo aeroporto di Roma, mentre se partirete dagli

scali meneghini dovrete necessariamente compiere almeno uno scalo intermedio o a Roma stessa o a Pechino, Helsinki, Parigi, Singapore,

Hong Kong, Shanghai o Mosca (in genere). La durata dei voli diretti da Roma, particolarmente convenienti anche economicamente, si

attesta sulle 10-11 ore di volo, mentre se decideste per l’opzione con scalo intermedio (necessaria da Milano) la tratta si dilungherà fino a

toccare le 14-20 ore complessive. In qualsiasi caso ricordate che viaggerete in profondo avanzamento di fuso orario quindi due giorni di

calendario per completare il viaggio di andata sono giocoforza necessari in ogni caso. Una volta giunti sul territorio cinese e dopo aver

espletato tutti i minuziosi controlli doganali e le procedure per il noleggio (preferibilmente con autista) del mezzo con cui vi muoverete per

tutto l’itinerario ricordate infine di mettere in conto ancora almeno 4 ore e mezzo di trasferimento via terra dall’aeroporto di Xi’an sino a

Tianshui (350km), località da cui l’indomani inizierà il vostro grandioso tour nella Cina occidentale.

3° giorno: TIANSHUI - MAIJI SHAN

Questa popolosa (oltre 3 milioni di abitanti) metropoli della provincia cinese del Gansu, una di quelle a più alto tasso di crescita economica

della Repubblica Popolare Cinese, apparirebbe del tutto anonima e priva di interesse per il viaggiatore se non fosse per la vicinanza (45km,

75 minuti) con le straordinarie grotte del Maiji Shan, uno dei capolavori dell’arte rupestre buddhista più folgoranti di tutta la Cina.

Considerate tra i luoghi di maggior spicco situati lungo l’antica Via della Seta le grotte di Maiji Shan sono un conglomerato di oltre 7800

sculture delle epoche delle dinastie Wei e Zhou (386-581 d.C.) tra cui spicca una gigantesca (quasi 16 metri) statua del Buddha. Perlustrare

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questo sito può rivelarsi un’esperienza un po' turbante per chi soffre di vertigini (si transita su passerelle malferme e ardite scale a

chiocciola) ma sarete ricompensati dal contatto diretto con queste gigantesche sculture scavate nella roccia che in diversi punti posseggono

ancora i colori vividi con cui furono dipinte secoli or sono. Per una visita più esaustiva del complesso di Maiji Shan è possibile in loco

acquistare i servigi di qualificate guide che parlano inglese e che vi condurranno anche all’interno del Monastero di Ruiying dove sono

custodite alcune opere rinvenute negli scavi archeologici. Terminato il tour delle grotte di Maiji Shan fate quindi rientro verso Tianshui che

si rivela essere un buon posto per trovare sistemazioni decorose e alcune discrete ristorazioni per la sera.

Alcuni scatti che immortalano lo strabiliante sito rupestre buddhista di Maiji Shan, situato in prossimità della moderna metropoli di Tianshui.

Si tratta sicuramente di una delle gemme artistiche più fotogeniche di tutta la Via della Seta cinese, risalente al IV – IX secolo d.C.

4° - 5° giorno: XIAHE’

La quarta e quinta tappa dell’itinerario proposto si propongono di portarvi alla scoperta degli angoli più interessanti del Gansu meridionale,

una zona prevalentemente montuosa e verdeggiante abitata da discendenti di popolazioni tibetane. Cittadina chiave di questa regione è Xiahé

che si può raggiungere solo dopo un estenuante trasferimento di ben 500km (non meno di 7 ore di guida effettiva) da Tianshui. Visto che la

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prima giornata delle due che vi proponiamo di dedicare a Xiahé si caratterizza quasi esclusivamente dal trasferimento automobilistico nel

cuore del Gansu vi suggeriamo una volta giunti in città di proseguire oltre per altri 15 km (25 minuti) fino a raggiungere le meravigliose

praterie di Sangke, Questi ondulati terreni erbosi punteggiati di una moltitudine di fiori di campo sono i terreni classici in cui i pastori

tibetani locali portano al pascolo le loro mandrie di yak ed è possibile ammirare questo contesto bucolico nella sua ancestrale bellezze

punteggiato da yurte sparse nel nulla. Se riuscirete a svegliarvi per tempo a Tianshui e arrivare a Sangke nel primo pomeriggio potreste

anche implementare la vostra esperienza facendo alcune brevi uscite a cavallo in compagnia degli autoctoni in questi paesaggi straordinari.

La seconda giornata in zona si incentra invece sulla città in sé di Xiahé, incentrata sul perenne flusso di pellegrini (principalmente tibetani)

che la raggiungono a frotte per pregare nel sacro Monastero di Labrang. La composizione sociale che anima Xiahé, quantunque

prevalentemente di stampo religioso, si compone però anche di alcuni illuminati viaggiatori stranieri, backpackers e di una serie di venditori

ambulanti che rendono l’abitato particolarmente vitale. Quasi per contraltare però la vicinanza con le montagne del Gansu meridionale, i

falchi che volano nei cieli tersi del posto, il rumore inconfondibile delle trombe tibetane che si sparge nell’aere e la sua collocazione a 2920m

di quota ammantano tutto di un’aura silenziosa e quasi mistica che rende Xiahé davvero romantica ed introspettiva. Qualsiasi visita a Xiahé

ad ogni modo si incentra quasi esclusivamente sui numerosi ambienti che compongono il Monastero di Labrang, un complesso del 1709 tanto

grande che il kora (sentiero di pellegrinaggio) che lo circonda si sviluppa per ben 3 km di lunghezza tra ruote di preghiera, stupa tibetane e

cappelle di vario genere. L’atmosfera al suo interno è davvero ammaliante con l’odore acre dei lumini alimentati a burro di yak che

ammantano di una luce fioca e riflessiva gli ambienti interni. Tra i vari palazzi che lo compongono si contano ben sei tratsang (edifici

monastici) che offrono riparo a quasi 2000 monaci, un numero rilevante ancora oggi ma che rappresenta solo la metà dei religiosi che fino al

secolo scorso dimoravano presso Xiahé. Tra gli edifici principali che il tour guidato vi porterà a scoprire nel Monastero di Labrang vi

ricordiamo il celeberrimo Istituto di Medicina Tradizionale cinese (considerato uno dei più rinomati e ambiti della Cina intera), il Serkung

(Tempio Dorato), il Barkhang (la sala tipografica storica di Labrang), il Tempio di Hayagriva (ornato da magnifici dipinti murali), la

Pagoda di Gongtang (da cui si godono indimenticabili viste panoramiche del monastero) e la Grande Sala dei Sutra, adibita alla preghiera.

Curiosamente, sarà per l’atmosfera sacra e coinvolgente, moltissimi finiscono per trascorrere molto più tempo di quanto ne percepiscano

effettivamente lungo il kora di Labrang e per chi non fosse mai stato in Tibet si tratta di un’introduzione veritiera ed autentica delle

meraviglie di quella terra quasi mistica della Cina meridionale. Sotto il profilo dell’accoglienza turistica invece Xiahé dopo anni di numerose

presenze di pellegrini e turisti rappresenta la migliore opzione per un pernotto nel Gansu meridionale, coadiuvando questa esperienza con la

possibilità di mangiare in taverne che servono alcuni piatti cardine della cucina tibetana come i momo (ravioli), lo tsampa (porridge di farina

d’orzo tostata), lo yogurt al latte di yak o il chang (liquore del posto a base di orzo).

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Xiahé con il suo tentacolare complesso del Monastero di Labrang costituisce uno dei poli della fede tibetana più importante al di fuori della

propria regione di origine della Cina. Qui migliaia di monaci e credenti si danno appuntamento per percorrere il sentiero di preghiera del

kora e per fermarsi in profonde riflessioni in questa città d’alta quota (2920m) incastonata tra le montagne del Gansu meridionale.

6° - 7° - 8° giorno: XINING

Terra remota, ancestrale, legata indissolubilmente agli scenari di alta montagna dell’altipiano tibetano il Qinghai (noto storicamente anche

con l’appellativo di Amdo) è una delle province cinesi più grandi in termini di estensione di tutta la nazione. Qui gli accampamenti di yurte

dei pastori che fanno pascolare i propri greggi di yak in sconfinate praterie di alta quota, i cieli tersi e turchesi spazzati da venti gelidi e gli

odori invitanti della cucina di stampo tibetano sono la norma, mentre assai meno frequente è l’incrociare viaggiatori stranieri che

difficilmente si spingono sino in queste lande, per lo più a causa della mancanza di efficaci vie di comunicazioni terrestri. Sotto un profilo

storico la provincia del Qinghai è abitata da popolazioni di etnia han sin dal 121 a.C., ma furono principalmente le popolazioni tibetane

facenti riferimento a Lhasa che dominarono l’area almeno sino all’842 d.C. Conteso in seguito tra le dinastie yuan cinesi, i dominatori

mongoli del nord e i tibetani di Lhasa del sud il Qinghai divenne ufficialmente provincia della Repubblica Popolare Cinese nel 1949 e nella

seconda metà del XX secolo fu scelta a più riprese come poligono militare per il test di armi nucleari.

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La visita che vi proponiamo alla regione del Qinghai si articola su quattro giornate complete, da dedicarsi sia al capoluogo Xining che a

città minori quali Guidé o a una serie di monasteri minori o al grande Lago Qinghai che fornisce il nome alla regione stessa. Partendo di

buon’ora da Xiahé nella mattinata della sesta giornata di viaggio vi consigliamo di dedicare pressoché tutta la prima giornata nel Qinghai

alla scoperta dell’eccezionale Parco Nazionale di Kanbula (160km, 3 ore e mezza da Xiahé). Quest’area protetta tutela una sezione

incredibilmente scenografica delle montagne del Qinghai in cui le alture assumono colorazioni cremisi e fisionomie da rupi svettanti

innalzandosi repentinamente dalle acque del Fiume Giallo e tra appartati villaggi tibetani in cui svolazzano perennemente le tipiche bandiere

di preghiera. Vale davvero la pena di prendere parte a brevi ma illuminanti tour guidati (esistono seccanti restrizioni in merito alla

possibilità di esplorare liberamente con mezzi privati il parco) che vi permetteranno di godere con calma e simbiosi di spirito questi paesaggi

davvero unici. Una volta terminata l’esplorazione del Kanbula riprendete quindi le vostre autovetture e completate il trasferimento sino a

Xining (105km, 105 minuti). Xining è un popoloso (oltre 2 milioni di abitanti) capoluogo di provincia cinese che si sta progressivamente

sempre più aprendo alla modernità sebbene siano ancora ben distinguibili le connotazioni etniche variegate che la compongono. Qui

convivono da secoli pacificamente sia i musulmani di astrazione hui od uiguri che i cinesi han che i tibetani, un esempio di tolleranza davvero

encomiabile. Sotto un profilo di offerta per i turisti vi ricordiamo che Xining propone il maggior assortimento di strutture alberghiere di tutto

il Qinghai (ma in estate prenotate per tempo visto che vi è una tendenza all’esaurimento posti marcata) e soprattutto è la culla della ricca e

sostanziosa cucina regionale Qinghai. Per ovviare al clima spesso rigido i locali consumano infatti pietanze parecchio caloriche e la dieta

del posto si basa su cibi come i momo (ravioli ripieni di carne di agnello serviti con olio piccante e peperoncino) e il pane , senza dimenticare

preparazioni come il miapian (pasta in brodo di verdure con uovo e pezzi di carne), il kaobing (crespelle al forno con peperoncino, aglio e

spezie) e il maoniù suannai (yogurt tibetano con latte di yak, dal sapore particolarmente intenso).

La seconda giornata nel Qinghai può invece essere dedicata alla visita di Xining in sé che si rivela in effetti più affascinante di quanto una

prima occhiata potrebbe far presagire. Almeno tre siti in città sono davvero immancabili ed essi sono il Museo della Cultura e delle Medicina

Tibetana, la Grande Moschea di Dongguan e il Mercato Tibetano di Xining. Gli ultimi due sono collocati nel cuore della città e

rappresentano nell’ordine una delle più grandi moschee di tutta la Cina (qui sono soliti radunarsi settimanalmente almeno 50.000 fedeli per

la preghiera del venerdì) e uno dei mercati più ricchi e intriganti della cultura tibetana di tutta la nazione cinese. Sviluppato su più piani è

infatti animato da decine di monaci che vendono qualsiasi tipo di manifattura possiate immaginare sia prodotta nel Qinghai. Il Museo della

Cultura e della Medicina Tibetana, poco fuori città, invece è un polo del sapere illuminante per chi vuole conoscere meglio le credenze

tibetane in merito alla medicina tradizionale, all’astronomia, alla visione del mondo e all’architettura di questo popolo. Inoltre al suo interno

si conserva il thangka (rotolo) più lungo del mondo (618 metri) su cui è stata raffigurata la storia del Tibet. A completamento della giornata

vi invitiamo nel pomeriggio infine a compiere una veloce escursione in direzione del vicino Monastero di Youning (70km, 90 minuti). Questo

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luogo di culto seicentesco di basilare importanza per l’ordine tibetano gelugpa si contraddistingue per la posizione ardite su cui sorgono

molte delle sue cappelle e per la sua collocazione in una bucolica vallata verdeggiante. Ormai molto meno animato che un tempo (i monaci di

etnia tu sono ormai solo 200 rispetto ai 7000 di un tempo) il Monastero di Youning rimane una chicca da non perdere per chi ha l’ardore di

muoversi curiosamente in questo angolo dimenticato di mondo. Per la serata infine fate ovviamente rientro a Xining città.

In prima immagine le rupi cremisi che si innalzano vertiginose lungo le strade che percorrono il Parco Nazionale di Kanbula, porta di

ingresso dell’itinerario nella provincia del Qinghai. Al centro invece la Grande Moschea di Dongguan, epicentro della vita religiosa

musulmana di Xining. La città è peraltro una delle culle della cucina tibetana tradizionale con in foto una portata classica di momo (ravioli).

La terza giornata nel Qinghai volge invece l’attenzione al gigantesco Lago Qinghai (220km, 3 ore e mezza da Xining), l’invaso più grande di

tutta la Cina che si staglia in un contesto aspro e desolato tra montagne brulle e praterie steppiche in cui crescono per lo più artemisia, aster

e ortiche a circa 3200m di quota. La grandezza del bacino lacustre varia molto in base alla piovosità dell’area e si attesta tra i 4200kmq

nelle annate di magra e i 6000kmq in quelle caratterizzate da precipitazioni più ingenti. Essendo una sorta di mare interno il Lago Qinghai

richiama a sé anche una folta rappresentanza di fauna, sia terrestre (lupi, kiang-asini selvatici, bharal-pecore azzurre e cavalli di

Przewalski), si ornitologica (allodole, cormorani, falchi, aquile, oche indiane, anatre e gabbiani), sia ittiche (soprattutto carpe). Il modo

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migliore per esplorare l’area è quello di percorre parte delle sue coste a bordo di autovetture private fermandosi ciclicamente per

immortalare scorci fotografici maestosi o animali nel loro habitat naturale. Vi consigliamo ad ogni modo di concentrarvi sulla sua sponda

occidentale giacché qui trovano ubicazione sia la pullulante di vita Penisola degli Uccelli (che da marzo a maggio è letteralmente invasa da

avifauna migratoria) che il limitrofo Lago Salato di Chaka (o Chakayan) (85km, 75 minuti). Questo invaso, molto più piccolo del Qinghai,

presenta però una straordinaria caratteristica ottica. Ogni pomeriggio infatti si mette a riflettere in maniera perfetta il paesaggio e le persone

che vi camminano sulle basse acque permettendovi un’esperienza visiva e fotografia che rimarrà di certo indelebile nella vostra memoria.

Ovviamente vi consigliamo di prendervi tutto il tempo necessario ma date sempre un’occhiata all’orologio: se vorrete arrivare per l’ora di

cena a Xining sappiate che dal Chakayan Lake ci vorranno ancora 300 km, 4 ore di guida.

9° giorno: GUIDE’

La quarta e ultima giornata che vi suggeriamo di trascorrere nella provincia del Qinghai si incentra invece su un’escursione giornaliera che

da Xining vi porterà sino alla storica cittadina montana di Guidé (90km, 90 minuti) caratterizzata dalla presenza di spesse ma instabili mura

di argilla perimetrali che si specchiano nelle acque turchesi e turbolente del Fiume Giallo. L’elemento architettonico primario di Guidé è

l’enorme ruota di preghiera in oro di Zhonghua Fuyunlun, alta 27 metri e dalla stazza di 200 tonnellate, che viene mossa dal perpetuo

incedere delle acque del Fiume Giallo. Decisamente più accattivante anche per i meno appassionati di cultura tibetana è invece il Parco

Geologico Nazionale di Guidé che si colloca una ventina di chilometri a nord dell’abitato. Questo parco tutela il complesso geologico del

Canyon Danxià del Fiume Giallo che presenta incredibili formazioni rocciose dai colori più vividi e disparati, un contesto tanto stravagante

da apparire agli escursionisti che lo raggiungono quasi ultraterreno. Vale davvero la pena di inoltrarvi tra i sentieri tracciati per godervi

questo spettacolo (prettamente fotogenico) e se avrete energia e tempo sufficienti tra i vari percorsi merita la vostra attenzione quello che

raggiunge il Tongtianxia, una rupe panoramica davvero imbattibile. Per chi volesse approfondire la genesi geologica del Canton Danxià

esiste anche un centro visitatori in loco con pannelli esemplificativi in lingua inglese. Concluse le camminate e le fotografie di rito puntate

quindi dritti a ritroso verso Xining, avendo cura qualora vi rimasse tempo sufficiente a disposizione di non mancare la rapida deviazione in

direzione del Monastero Kumbum (55km, 1 ora dal Canyon Danxià). Questo complesso religioso risalente al 1577 di grande importanza per

la fede tibetana gelugpa è ancora assai animato e contraddistinto da un’atmosfera fervente e sono aperti al pubblico ben nove templi interni

che meritano sicuramente la vostra attenzione. Vi potrete peraltro intrattenere sino a tardi visto che Kumbum dista solo 30km (35 minuti) dal

centro di Xining dove potrete far rientro per trascorrere l’ultima nottata nel Qinghai.

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Nelle prime due immagini si incontrano due istantanee che ritraggono le immense vastità del Lago Qinghai, il bacino lacustre per distacco

più grande di tutta la Cina immerso in un contesto sperduto di alta quota dell’altopiano tibetano. Al centro invece gli incredibili riflessi del

lago salato Chaka, limitrofo al Qinghai. Infine alcune delle colorazioni del Parco Geologico di Guidè gemma cromatica del Qinghai.

10° giorno: WUWEI - GROTTE DI TIANTISHAN

La decima giornata dell’itinerario proposto vi permetterà di fare rientro nella provincia del Gansu dopo le quattro giornate passate sugli

altipiani montagnosi del Qinghai avendo come meta per la serata la metropoli di medie dimensioni (quasi 2 milioni di abitanti) di Wuwei

situata a 475km (6 ore di guida effettiva) da Xining, circumnavigando durante tale tragitto la catena montuosa locale del Qilian Shan. Wuwei

deve la sua fortuna alla posizione strategica all’imbocco orientale del cosiddetto Corridoio di Hexì. Questo stretto lembo di terra lungo il

quale si sviluppò in passato la carovaniera Via della Seta Settentrionale costituisce da millenni la via commerciale per eccellenza che collega

le steppe centroasiatiche con le pianure cinesi e tale ruolo geograficamente chiave dell’area è palesato dal fatto che già la dinastia Han nel

corso del II secolo a.C. fondò qui alcuni avamposti destinati a diventare oggigiorno i siti di interesse turistico principali del Gansu: Wuwei,

Zhangyé, Jiayuguan e Dunhuang. Sempre agli Han poi si deve il prolungamento della mitica Grande Muraglia Cinese fin nel Corridoio di

Hexì a completamento delle imponenti costruzioni militari difensive del loro regno. Sotto un profilo turistico ad ogni modo la moderna

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cittadina di Wuwei non presenta particolari siti di interesse per i viaggiatori (eccezion fatta per il piccolo ma frequentato Tempio di Haizang)

e deve la sua citazione in questo paragrafo per le vicine (60km, 1 ora) Grotte di Tiantishan, collocate lungo la via di avvicinamento stradale

da Xining. Questo complesso rupestre buddhista è uno dei più spettacolari di tutta la Cina e risulta essere particolarmente fotogenico per la

presenza della gigantesca (15 metri) statua del Buddha Sakyamuni che si erge solitaria nel contesto naturale locale ormai da 1600 anni. Non

mancano poi attorno al Buddha ciclopico una serie di ben 17 grotte scavate nella roccia stracolme di pitture arcaiche dai colori ancora

largamente conservati, sebbene solo alcune di queste siano state rese agibili per una visita al pubblico. Datasi la lunghezza del trasferimento

e la necessità che pervade molti viaggiatori di un po' di relax dopo giorni di peregrinazioni nella Cina centrale vi suggeriamo non appena

finita la visita di Tiantishan di completare il trasferimento fino a Wuwei e godervi una rigenerante serata tra le sue ristorazioni autentiche

che emanano un fascino da Cina rude.

Nelle prime due immagini potete ammirare i vividi colori originali di alcune delle pitture rupestri conservati nelle Groette di Tientishan oltre

alla gigantesca statua del Buddha Sakyamuni, di 1600 anni fa e oggi difesa da una diga apposita da un invaso artificiale che si allunga

attorno ad essa. In terza fotografia invece una vista complessiva del Tempio di Haizang, massimo monumento della laboriosa Wuwei.

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11° - 12° - 13° giorno: DESERTO DI BADAIN JARAN - KHARA KHOTO

Benvenuti nella terra del mito dei deserti asiatici, benvenuti nella terra del Deserto dei Gobi. Questo immensa area quasi sterile che delimita

le sfere di influenza mongoliche e cinesi nelle rispettive regioni risulta essere per lo più una landa sterile e rocciosa, anonima e adatta solo

per intrepidi viaggiatori, cavalieri senza paura, pastori nomadi e jeep dal fondo rinforzato e con un paio di gomme di scorta almeno nel

bagagliaio. Il Gobi presenta caratteristiche uniche nel panorama dei deserti mondiali: si tratta infatti di un deserto freddo contraddistinto da

elevatissime escursioni termiche sia diurne che annuali (si spazia dai -40° dell’inverno ai +45° dell’estate) ma al suo interno si delineano in

effetti sezioni profondamente diverse tra loro. In questo paragrafo si approfondisce l’area del Badain Jaran, una landa composta da immense

dune sabbiose alte sino a 200-300 metri che si allunga giusto a nord del Corridoio di Hexì e che si può in maniera relativamente rapida

approcciare direttamente da Wuwei (225km, 4 ore di guida giusto per arrivare al limitare dell’area sabbiosa). Collocato a un’altezza di

1200-1500 metri sul livello del mare il Deserto di Badain Jaran si sviluppa su quasi 50.000 kmq di territorio ma nonostante l’estrema povertà

di precipitazioni qui tra le dune non è insoliti scorgere alcuni minuscoli bacini salmastri alimentati da risorgive sotterranee inaspettate. Una

caratteristica propria delle più alte dune del Badain Jaran è quella di essere ormai divenute dune statiche giacché gli strati più profondi della

sabbia costituente si sono ormai sedimentate nel corso dei millenni per divenire solida arenaria che non può più essere spostata nemmeno

dagli impetuosi venti del Gobi. Anche se una rapida gita giornaliera verso la sezione più meridionale del Badain Jaran è effettivamente

fattibile di Wuwei in giornata vi consigliamo di prenotare uno degli sparuti tour che mediante jeep apposite vi permetteranno in tre giorni

l’attraversamento completo del Badain Jaran da sud sino quasi al suo limite settentrionale al fine di raggiungere la città in rovina di Khara

Khoto. Questo avamposto disperso in una delle aree più aride del Gobi fu fondato nel 1032 dal popolo Tangut, venne conquistata da Gengis

Khan in persona nel 1226, fino a svanire come nel nulla nel 1372 quando esercito avversari privarono la cittadina dell’indispensabile

fornitura idrica necessaria alla sopravvivenza dei suoi abitanti. Abbandonata rapidamente Kharo Koto sprofondò letteralmente nelle sabbie

del Badain Jaran per quasi sei secoli finché archeologi russi non la rinvenirono e la riportarono quasi completamente alla luce del sole nel

corso del secolo scorso. Khara Khoto è sicuramente uno di questi luoghi senza tempo e clamorosamente romantici, un posto quasi mitologico

in cui si respira senza difficoltà la potenza della natura e l’inflessibilità della storia. Anche se lungo e un poco tormentato il tour del Badain

Jaran è ampiamente consigliato a chi dispone di tempo a sufficienza per l’esplorazione della Cina occidentale ma in ogni caso ricordatevi

che nel pomeriggio della terza giornata ad esso dedicato di ritagliarvi sufficiente tempo per il trasferimento da questo deserto sino alla città

di Zhangyé (210km, 4 ore e mezza), situata in pieno Corridoio di Hexì e che vi caldeggiamo come vostra nuova base per il proseguo del

viaggio.

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Ricoprendo una delle aree più aride dell’immenso Gobi il Deserto di Badain Jaran è una vera eccezione nel panorama continentale della

Cina ma chiunque capiti nei pressi del Corridoio di Hexì non dovrebbe lasciarsi sfuggire l’occasione di visitare questa perla della provincia

della Mongolia Interna caratterizzata da immense dune su cui non è insolito vedere carovane di cammelli o persino neve in inverno. Non va

dimenticata poi la presenza della città in rovina di Khara Khoto, antico gioiello sperso tra le sabbie del Badain Jaran.

14° - 15° giorno: ZHANGYE’

Descritta da Marco Polo già nel 1274 nel suo celeberrimo capolavoro letterario “Il Milione” la città di Zhangyé si colloca in prossimità del

centro geografico del Corridoio di Hexì e possiede da sempre una vocazione commerciale e mercanteggiante (in effetti la traduzione del suo

stesso nome significa “estendere il braccio della nazione verso il regno occidentale”). Qui il clima inizia a farsi decisamente continentale con

escursioni termiche assai marcate tra le calde estati (dove spesso si toccano i 30°) e i gelidi inverni (quando non sono infrequenti minime di

-15°), mentre le precipitazioni si fanno rarissime (in media solo 130mm di acqua precipitano qui al suolo). Elemento architettonico chiave da

cui si irradiano quasi tutte le strade di Zhangyé è la Torre del Tamburo del Tempio di Dafo, un complesso monastico risalente al 1098 ancora

largamente composto da edifici lignei possedenti una concentrazioni di incisioni, dipinti murali e simboli tradizionali che evocano il passato

leggendario della Cina medievale. Il vero motivo che spinge i turisti a visitare il Tempio di Dafo è però indiscutibilmente la gigantesca statua

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del Buddha dormiente, alta ben 35 metri, che per le sue ciclopiche dimensioni risulta la più grande del genere in tutta la Cina. I cultori

dell’arte orientale non dovrebbero poi mancare nel pomeriggio l’escursione in direzione dei templi rupestri di Mati Si (60km, 75 minuti) che

la leggenda locale vuole custodiscano l’impronta di uno zoccolo di un cavallo celeste. Scavate pazientemente nel corso di quasi mille anni da

devoti fedeli e monaci laboriosi (tra il V e il XVI secolo d.C.) queste grotte sono stracolme di nicchie decorate, antri adibiti alla meditazione e

luoghi di preghiera e il complesso è tanto grande da essere difficilmente visitabile tutto nell’arco di un solo pomeriggio. Una volta giunti sin

qui vi esortiamo però a non mancare almeno le Grotte dei Mille Buddha (nei pressi dell’ingresso principale) che comprendono il Tempio

Puguang dove si serba la mitica impronta equestre celeste.

La seconda giornata di stanza a Zhangyé è invece necessariamente da dedicare in toto all’esplorazione mediante trekking dello strabiliante

Geoparco Nazionale della Danxià di Zhangyé (35km, 50 minuti). Elevato al rango di parco nazionale nel 2011 quest’area protetta è oggi

molto più attrezzata e fruibile di un tempo per i turisti con camminamenti facilitati che preservano dal costante incedere dei viaggiatori le

forme bizzarre e multicolori delle alture della zona. La composizione geologica di queste formazioni dai colori vividi è quella dell’arenaria

rossa poi man mano erosasi per l’azione incessante degli agenti atmosferici. E’ interessante peraltro sapere che le stesse forze tettoniche che

hanno creato la Danxià di Zhangyé sono quelle che hanno innalzato migliaia di chilometri più a sud la possente catena himalayana. Sotto un

profilo turistico l’area più spettacolare e visitata è sicuramente quella della Danxià di Linze dove si snodano i sentieri più fotogenici (specie

all’alba) del parco. Visto che la Danxià di Zhangyé si colloca più ad ovest della cittadina omonima nel Corridoio di Hexì appare una mossa

strategicamente felice completare quindi nel pomeriggio il trasferimento della vostra base notturna da Zhangyé fino a Jiayuguan (225km, 3

ore di auto) che fungerà da vostra nuova base per il proseguo del viaggio.

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In prima immagine la ciclopica (35metri) statua del Buddha dormiente del Tempio di Dafo, simbolo della cittadina di Zhangyé. Al centro

invece lo spettacolare e unico paesaggio multicolore delle complicate e spettacolari geologie della Danxià di Zhangyé. Infine uno dei

leggendari templi rupestri scavati nell’arenaria nel corso di oltre mille anni presso Mati Si.

16° giorno: JIAYUGUAN

Jiayuguan è una sorta di simbolo mitico per i cinesi e per tutte quelle popolazioni stanziali da secoli nelle steppe e nei deserti dell’Asia

centrale. Ideale punto conclusivo della Grande Muraglia Cinese ad ovest Jiayuguan è da sempre la porta della Cina per i più intrepidi

viaggiatori che per anni si sono dilettati nei commerci lungo la Via della Seta percorrendo il Corridoio di Hexì. Jiayuguan ospita ormai dal

1372 un Forte che si attribuisce alla dinastia Ming e che sorge in perfetta posizione strategica tra le catene montuose locali dello Qilian Shan

e dell’Hei Shan e che per tutti i cinesi segnava il limite massimo di espansione della civiltà mandarina prima delle aree poste sotto controllo

dei barbari popoli centrasiatici. Ad oggi del mitico Forte di Jiayuguan rimangono per lo più la Porta dell’Illuminazione e la Porta della

Conciliazione dai classici tetti a pagoda oltre a un bellissimo ed interessante museo sulla Grande Muraglia e sul ruolo commerciale chiave

che la Via della Seta costituì in epoca medievale. Sempre dal Forte si dirama poi una sezione della muraglia nota come Grande Muraglia

Sospesa (del 1539 ma ampiamente restaurata nel 1987) dalla cui sommità si godono spettacolari viste sia su Jiayuguan che sui deserti

circostanti. Una visita alla cittadina appare poi incompleta senza una deviazione sino alle Tombe dei Wei e dei Jin (220-440 d.C.) dove sono

state tumulate nel corso dei secoli migliaia di persone e che conservano ancora bei dipinti murali in larga parte autentici. Purtroppo né il

ruolo storico né le vestigia rimaste dell’epoca aurea di Jiayuguan hanno permesso alla cittadina di conservare il suo charme antico (oggi in

molte sue sezioni sembra un anonimo centro di provincia cinese) ma vista la sua posizione strategica vi consigliamo di fermarvi in loco

almeno per ancora un’altra nottata.

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La mitica “porta della Cina”, Jiayuguan, è considerata la massima propaggine occidentale della Grande Muraglia cinese (che qui si snoda

tra tratti desertici e montuosi altamente spettacolari) ed è dominata oggi come un tempo dal suo Forte di epoca Ming, autentico baluardo

della civiltà cinese proteso verso i barbari e bellicosi popoli dell’Asia centrale.

17° - 18° - 19° giorno: GROTTE MOGAO e YULIN - YADAN NATIONAL PARK - MINGSHA SHAN

Lunga, estenuante, ma clamorosamente accattivate la diciassettesima tappa di questo itinerario nelle province occidentali cinesi vi porterà

sino al limitare massimo ad ovest del Gansu per approcciarvi infine ai lembi più estremi dell’inospitale Deserto del Taklimakan. Si tratta di

terre di frontiera, dove le strade si fanno man mano più polverose e meno scorrevoli ma dove il mito delle spedizioni via terra per le immense

distanze dell’Asia centrale si inizia a percepire a rapidi passi ogni chilometro che passa mentre guidate protesi verso ovest. Vi consigliamo di

partire di prima mattina da Jiayuguan in modo di far sì di raggiungere le Grotte di Yulin (320km, 4 ore e mezza di guida) già in tarda

mattinata. Questa quarantina di siti ipogei collocate dirimpetto le une alle altre dentro uno stretto canyon sono sicuramente meno note delle

vicine Grotte di Mogao ma posseggono alcuni dei dipinti meglio conservati dell’arte rupestre cinese presenti nella nazione mandarina,

esecuzioni di chiara influenza tibetana che spaziano per un arco temporale di oltre 1500 anni. Vi consigliamo di prendervi il tempo

necessario per esplorare alcuni di questi antri e, cosa molto positiva, spesso potrete godervi lo spettacolo in solitudine senza orde di turisti

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armati di macchina fotografica che imperversano. L’altra meta della prima giornata nell’estremo Gansu occidentale è invece rappresentata

dal Parco Nazionale di Yadan (255km, 3 ore e mezza) che davvero rappresenta l’ingresso al Gobi del Taklimakan. Qui si raggruppano una

serie di pinnacoli rocciosi erosi dal tempo e dagli agenti atmosferici dopo che un lago ancestrale si prosciugò repentinamente circa 12.000

anni fa. Si tratta di un luogo altamente fotogenico, specie con la calda luce del tramonto, che per essere raggiunto comporta

l’attraversamento del Passo della Porta di Giada (Yang Guan) che per secoli ha ospitato una roccaforte militare decisiva per le sorti del

controllo della Via della Seta da parte dell’esercito cinese. E’ interessante inoltre sapere che in zona vi sono alcuni tratti autentici del II

secolo d.C. di una sezione limite della Grande Muraglia, oggi ampiamente andata perduta. Per la serata, e come base logistica per

l’esplorazione dell’area, nulla invece appare più consono che scegliere la cittadina di Dunhuang (95km, 90 minuti dal Parco di Yadan).

Arroccata intorno a un’oasi dell’aridissimo Taklimakan Dunhuang conserva molti forti, torri e templi medievali che la rendono piacevole

alla vista ma Dunhuang non è invischiata nell’antico vantando infatti diverse soluzioni moderne architettoniche, uno dei redditi pro capite

più alti di tutta la Cina, numerosi alberghi e locali notturni e una serie di invitanti ristorazioni che servono gli onnipresenti noodles all’asino,

piatto tipico locale.

Il Gansu occidentale è un vero scrigno di bellezze artistiche, archeologiche naturalistiche insospettabili. Dalle poco note ma riccamente

decorate Grotte di Yulin alle formazioni geologiche stravaganti del Parco Nazionale di Yadan, fino alle altissime dune sabbiose di stampo

sahariano del Taklimakan qui tutto evoca scenari intrisi di storia, mito e leggenda.

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Nulla, ma proprio nulla, risulta essere tanto spettacolare nel Gansu occidentale quanto però il celeberrimo sito delle Grotte di Mogao (25km,

30 minuti da Dunhuang), uno dei poli religiosi buddhisti più riccamente impregnati di bellezze artistiche al mondo (prenotate i biglietti per

tempo, l’afflusso turistico è sempre imponente). All’apice della sua espansione (618-907 d.C.) il sito comprendeva ben 18 monasteri e 492

grotte splendidamente decorate, ma oggi sono accessibili solo una ventina di queste (a rotazione) e rigorosamente prendendo parte a visite

guidate. Il restauro del sito archeologico avvenuto nel 2015 ha fatto sì che oggi ci sia un moderno centro visitatori che introduce alle Grotte

Mogao con filmati audiovisivi illuminanti sulla storia del buddhismo cinese e sulla via carovaniera della Seta ma nulla in effetti vi preparerà

allo strabuzzio degli occhi che vi si dipingerà in volto scrutando dentro alla Grotta della Biblioteca Nascosta o ammirando i due giganteschi

Buddha del sito. Le numerose grotte che compongono Mogao sono state catalogate a seconda dell’epoca della loro realizzazione passando

dalla prima fase indiana delle Grotte delle dinastie Wei e Zhou caratterizzate da uno stupa centrale attorno al quale i fedeli compiono un

percorso di preghiera, alle Grotte della dinastia Tang che rappresentano l’apice dell’arte di Mogao con dipinti murali e opere scultoree di

finissima realizzazione (si contano 230 grotte solo di questo periodo). Vi suggeriamo di dedicare buona parte della giornata alla mera

esplorazione delle Grotte Mogao ma nessuna visita alla zona di Dunhuang può dirsi completata senza trascorrere almeno qualche ora presso

l’oasi del Monte delle Sabbie Canore (30km, 40 minuti da Mogao). Qui le dune del Taklimakan si fanno davvero imponenti ed evocano

scenari quasi sahariani e nessuna vista di Dunhuang è tanto spettacolare quanto quella offerta dalla sommità di questi giganti di sabbia.

Altrettanto eccezionale è il sottostante Lago della Mezzaluna che da oasi fondamentale lungo i percorsi commerciali della Via della Seta è

divenuto ai giorni nostri un vero polo ricreativo per attività legate al deserto come il parapendio o il dune surfing. Vi raccomandiamo di

rimanere in zona almeno sino al tramonto (romanticissime le viste su Dunhuang in tal momento) e di fare rientro in città giusto per la cena e

la serata (10km, 20 minuti).

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In prima e terza immagine alcuni dei meravigliosi interni decorati e delle statue ciclopiche esterne raffiguranti il Buddha delle notissime

Grotte Mogao, uno dei capisaldi dell’arte medievale buddhista di tutta la Cina. Al centro invece la strabiliante oasi in pieno deserto del

Monte delle Sabbie Canore con l’annesso Lago della Mezzaluna, la cartolina più indimenticabile di ogni visita a Dunhuang.

20° - 21° giorno: TURPAN

La ventesima giornata dell’itinerario consta del più lungo ed estenuante trasferimento terrestre di tutto il viaggio proposto permettendovi di

circumnavigare la sezione più orientale del Deserto del Taklimakan insinuandovi sin nel cuore della provincia di Xinjiang fino a raggiungere

la depressione di Turpan (775km, 9 ore di guida effettiva da Dunhuang) il secondo luogo al mondo per minima altezza sul livello del mare

(-154m), superato in questa speciale classifica solo dal Mar Morto. Per la sua collocazione in pieno deserto (anche se in realtà la

Depressione di Turpan è un’oasi verdeggiante grazie a risorgive sotterranee) questo è anche il posto più ardente di tutta la Cina, tanto che in

estate non è raro registrare nelle ore più bollenti del giorno i 50°. Se tuttavia eviterete di raggiungere la Depressione di Turpan in piena

estate una volta arrivati nei pressi dell’omonima cittadina principale vi consigliamo di concedervi un paio di soste ispezionative presso i

villaggi di Tuyoq e Gaochang. Trattasi di avamposti antichissimi composti da abitazioni in mattoni crudi spesso raggiunti da pellegrini

islamici uiguri e che per lunghi secoli sono stati snodi commerciali cruciali per i mercanti che percorrevano la Via della Seta, fatto

testimoniato dai resti di mura ciclopiche ancora ben visibili. Nel medesimo contesto geografico di Tuyoq e Gaochang sorgono anche i mitici

Monti Fiammeggianti (Huoyan Shan) che specialmente al tramonto assumono tonalità infuocate e che si prestano benissimo a scatti

fotografici memorabili. Per la serata ad ogni modo le sistemazioni più decorose della zona e le poche ristorazioni aperte ai viaggiatori sono

rintracciabili solo nella cittadina di Turpan, che dal canto suo deve la sua fama per il fatto di ospitare il Minareto di Emin, uno splendido

esempio di arte islamica in mattoni crudi del ‘700 che con i suoi 44 metri di altezza e per le sue sofisticate geometrie è considerato il massimo

esempio di architettura musulmana in terra cinese.

Anche la ventunesima giornata dell’itinerario consta di un lungo trasferimento, in questo caso da Turpan sino al capoluogo della provincia

dello Xinjiang, Urumqi, per uno sviluppo complessivo di 320km (5 ore e mezza di guida effettiva). In realtà però la giornata sarà da

spendersi principalmente per scoprire due dei luoghi più magici della Depressione di Turpan, le rovine di Jiaohé e le Grotte di Bezeklik. Le

prime che per questioni geografiche vi consigliamo di raggiungere sono proprio le Grotte rupestri di Bezeklik (65km, 90 minuti da Turpan),

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realizzate in larga parte nel corso dell’XI secolo, che furono uno degli esempi più fulgidi dell’arte buddhista rupestre della Cina occidentale.

Purtroppo molti dei dipinti murali antichi sono stati asportati da archeologi senza scrupoli nel XX secolo ma il sito mantiene uno charme e

una attrattiva tutta sua. Le Rovine di Jiaohé (75km, 90 minuti) sono invece collocate giusto ad ovest di Turpan e costituiscono i resti

dell’avamposto Han qui fondato oltre 1600 anni fa per il controllo dei commerci altomedievali lungo la Via della Seta. Fortunatamente

grazie alla loro posizione remota le rovine di Jiaohé sono ancora largamente conservate e forniscono la rara possibilità di ritornare ai fasti

di un lontano passato immergendosi in uno sito storico autentico lontano dalle folle dei viaggiatori dei viaggi organizzati. Conclusa anche

questa tappa riprendete infine le vostre auto e raggiungete in serata una delle metropoli più improbabili del mondo: il capoluogo di Urumqi

(180km, 2 ore e mezza).

Nelle prime due immagini sono ritratti i borghi antichi composti da abitazioni in mattoni crudi di Tuyoq e Gaochang che si stagliano nello

spettacolare contesto dei Monti Fiammeggianti. In terza immagine invece il Minareto di Emin, simbolo della città di Turpan, situata nella

seconda depressione più profonda della Terra, nonché luogo più caldo della Cina, visto che in estate qui si raggiungono spesso i 50°.

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22° - 23° giorno: URUMQI

Capoluogo della provincia dello Xinjiang Urumqi è uno dei posti più singolari dell’intero pianeta: collocata in prossimità (circa 320km) del

polo dell’inaccessibilità terrestre (ossia il luogo più distante di tutte le terre emerse dal mare più vicino, sito a 2645km di distanza) questa

moderna metropoli composta da una selva di anonimi condomini e percorsa da frotte di uomini d’affari è un crogiolo di popolazioni e

credenze tra le più disparate che possiate immaginare. Qui arabi, cinesi mandarini, caucasici, russi di ceppo cirillico e musulmani ligi alle

regole coraniche vivono fianco a fianco in uno dei mix più eclettici di culture di tutta l’Asia (ma state attenti alla situazione sociale in tal

merito che può divenire repentinamente turbolenta, come in occasione degli attentati terroristici che hanno colpito Urumqi nel 2008 e nel

2014 causando un’impennata della presenza di polizia e militari in città). La componente etnica dominante ad ogni modo è quella uigura che

professa la religione islamica e parla una lingua derivante dal ceppo turco e che in più occasioni ha promosso sit in di protesta nei confronti

dell’autorità centrale di Pechino al fine di richiedere l’indipendenza della provincia dello Xinjiang. La realtà storica ad ogni modo fa

rintracciare la prima presenza cinese Han nello Xinjiang sino al II secolo a.C. quando queste terre erano ambite per il commercio e lo

scambio di merci orientali con i possenti cavalli di Fergana. La situazione rimase tale con l’avvento della dinastia Tang ma nell’VIII secolo

per la prima volta le genti uigure riuscirono a liberarsi dal giogo cinese e fondare una civiltà autonoma. L’avvento dell’islam nello Xinjiang

avvenne tra il X e l’XI secolo salvo poi questi territori finire nelle mani dei mongoli nel 1219. Nel 1865 l’indipendentismo locale raggiunse il

suo apice con la proclamazione del regno del Turkestan che cercò di farsi riconoscere in campo internazionale (esperienza che si provò a

riproporre tra gli anni ’30 e ’40 del XX secolo) ma la situazione si stabilizzò già nel 1949 con l’annessione definitiva dello Xinjiang alla

Cina. Dopo i primi decenni di miseria e povertà la scoperta del petrolio in zona fece decollare l’economia locale e sempre più Han

provenienti dall’est si insidiarono ad Urumqi e dintorni facendo passare la composizione etnica dal 90% di uiguri al 50% di uiguri e Han.

L’acuirsi delle tensioni locali e della recrudescenza di atti violenti da parte dei separatisti uiguri nei confronti della popolazione va

probabilmente ricercata in questa repentina modifica sociale in atto nello Xinjiang moderno. Dal canto suo la metropoli di Urumqi per il

viaggiatore rappresenta una sorta di ritorno alla civiltà dopo i giorni trascorsi tra il Corridoio di Hexì e le lande desertiche del Taklimakan.

Anche se ampiamente moderna Urumqi ha due assi nella manica da sfoderare con i viandanti: l’interessante Museo della Regione Autonoma

dello Xinjiang che espone tessuti, manufatti, ceramiche e sculture delle popolazioni autoctone e la celebre Bella di Loulan, uno dei corpi

mummificati più antichi mai rinvenuti in Asia centrale, e la sfiziosa e singolare cucina uigura. Questa tradizione culinaria vanta

contaminazioni derivanti dagli usi cinesi, centroasiatici e persino indiani che ne fanno una delle più ricche e inaspettate dell’Asia intera. Qui

il kebab (davvero deliziosi e insaporiti col cumino), il polo (riso pilaf), i chuchura (ravioli), i laghman (noodles) al sugo di montone, aglio e

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verdure, i suoman (noodles con verdure), il dapanji (stufto di pollo con peperoncino), i samsa (fagottini con carne di montone), il naan (pane

ai semi di papavero, finocchio o sesamo), l’opke (zuppa di testa di capra) e il ketik (yogurt) sono di casa e sono necessariamente da provare

tutti durante una permanenza nello Xinjiang. Gli uiguri sono poi celebri per la loro frutta (uruk-albicocche, uzum-uva, tawuz-anguria,

khogun-melone, yimish-uvetta su tutti) e per i dolci come il morozhenoe (gelato alla vaniglia), i kharsen meghriz (frittelle con uvetta e noci)e

il dogh (sciroppo di ghiaccio e yogurt). Onnipresente è invece il classico accompagnamento di ogni portata con il kok chai (tè verde).

Oltre che per i peccati di gola Urumqi merita ad ogni modo una vostra permanenza di almeno un giorno supplementare da dedicare ad

un’uscita escursionista presso il vicino lago Tian Chi (95km, 2 ore sola andata), la vera perla della porzione cinese della catena montuosa

dello Tian Shan. Nonostante la sua posizione apparentemente assai remota il Tian Chi è sempre molto frequentato in estate, con frotte di

cittadini metropolitani che lo raggiungono in auto per passeggiare lungo le sue sponde o per noleggiare barchette con sui pagaiare sulle sue

acque trasparenti. Ciò che rende particolarmente amabile questo specchio d’acqua collocato a circa 2000m di quota è l’adiacenza al monte

Bogeda Feng, Picco di Dio, che si spinge oltre le foreste di abeti e gli accampamenti di yurte sino alla ragguardevole altezza di 5445m. Vi

suggeriamo di concedervi tutta la giornata per passeggiare nei pressi del Tian Chi o per risalire almeno in parte la spettacolare vallata che si

inerpica a sud fino alle pendici del Picco di Dio con un ambiente che si fa progressivamente più spoglio e severo, fino al limitare dei

ghiacciai. Ad ogni modo (a meno che vogliate concedervi il lusso di una notte sotto una volta stellata spettacolare accampati nelle yurte

adibite a sistemazione turistica del posto) per la sera vi esortiamo a fare rientro a Urumqi per una nuova serata all’insegna dei peccati di

gola.

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In prima immagine la Bella di Loulan, simbolo stesso del Museo della Regione Autonoma dello Xinjiang, massimo monumento di interesse

della moderna metropoli di Urumqi. Al centro invece alcuni spiedini di carne tipici della elaborata e assai variegata cucina uigura, una delle

massime attrattive dello Xinjiang. Infine una magnifica vista autunnale sul lago Tian Chi, gemma della catena cinese dello Tien Shan.

24° - 25° giorno: KASHGAR

Situata all’interno di una oasi perenne che per due millenni ha dissetato guerrieri, mercanti e intrepidi viaggiatori che approcciarono

incessantemente la Via della Seta e le insidie del Deserto del Taklimakan la cittadina di Kashgar è la quintessenza dell’anima uigura dello

Xinjiang, un luogo dove l’epopea del Turkestan sopravvive vivida nelle menti dei locali. Dispersa a migliaia di chilometri di distanza da

Pechino Kashgar non potrebbe essere più dissimile dal resto della Cina, d’altronde è anche il luogo da cui si dirama la moderna e

arditissima strada della Karakoram Highway che dopo centinaia di tortuosi e altissimi tornanti confluisce nel bacino dell’Indo in Pakistan.

La grande fama che trascende i confini nazionali e che fa di Kashgar un luogo quasi mitico alle orecchie degli occidentali è però sicuramente

la presenza dei suoi leggendari bazar e mercati domenicali. Nell’intricato centro storico tra i carretti a trazione animale che si muovono

sovraccarichi di pesi e le botteghe di artigiani intenti in mestieri tradizionali sopravvivono le usanze secolari dei commerci promossi dal

transito della Via della Seta. In effetti la pista carovaniera nota oggi con questo nome fu un percorso mercantile fondamentale che promosse

gli scambi tra la Cina e le popolazioni persiane, arabe ed europee sin dal II secolo a.C., ben prima che Marco Polo la sdoganò parlandone

nel suo libro Il Milione. In realtà non venne mai costruita una vera e propria strada per questi commerci ma esistevano due percorsi

principali per questi scambi che da est ad ovest erano comuni nel Corridoio di Hexì fino a Dunhuang, poi si ramificavano in un ramo

settentrionale e uno meridionale per oltrepassare l’implacabile Deserto del Taklimakan, salvo poi raggrupparsi proprio qui a Kashgar prima

che le merci prendessero le vie del Pamir verso la Persia o di Samarcanda verso la Russia e l’Europa. Tra i prodotti più scambiati, oltre

ovviamente alla seta, vi erano cibi come noci o frutta, ma anche metalli, pelli, carta, pietre preziose, oro, avorio e animali (primi tra tutti gli

ambitissimi cavalli di Fergana), ma forse l’aspetto più importante della Via della Seta fu il rendere possibile il fluire di idee e credi religiosi

facendo avvicinare inesorabilmente genti delle astrazioni culturali più disparate tra loro.

Per raggiungere Kashgar da Urumqi è necessario prendere un volo interno (diretto) di due ore (gestito da numerosi operatori locali) che vi

permetterà di godere dall’alto dell’immenso e inospitale Deserto del Taklimakan, un bacino di forma quasi rettangolare con lati di 1000 e

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500km rispettivamente. I depositi sedimentari del Taklimakan possono raggiungere la strabiliante profondità di quasi 3300 metri e ciò è stato

reso possibile da possenti fenomeni di subsidenza geologica che hanno permesso di creare una sorta di idrografia autonoma basato sul

lunghissimo fiume Tarim che lo attraversa per oltre 2000km. Il Taklimakan nella zona di Kashgar è spiccatamente sabbioso con dune alte

fino a 200 metri e presenta un clima aridissimo e spiccatamente continentale con estati molto calde (fino a 40° e inverni freddi in cui si

raggiungono senza difficoltà i -10°). Una volta sbarcati a Kashgar ad ogni modo la prima cosa da farsi è quella di portarsi rapidamente

verso la Città Vecchia, il cuore pulsante della realtà locale, che nonostante il costante imperversare di opere di riqualificazione urbanistica

asettica da parte delle autorità cinesi (per minare le velleità indipendentistiche uigure) è ancora l’anima del regno del Tukestan. Se da un

lato l’impronta musulmana di Kashgar è ben visibile adocchiando l’immensa moschea rivestita di mattonelle in ceramica gialla di Id Kah che

raccoglie migliaia di fedeli ogni settimana, l’impronta commerciale del posto la si percepisce perfettamente visitando il Gran Bazar

Domenicale (Yengi Bazaar) o il Mercato Domenicale del Bestiame (Mai Bazaar). Il Gran Bazar Domenicale (aperto però ogni giorno) è un

bazar dove troverete qualsiasi tipo di prodotto desideriate e dove dovrete fare sfoggio delle vostre abilità in tema di contrattazione. Farvi

inebriare dal tourbillon di sensazioni, gusti, odori e rumori di questo mercato è sempre però un’esperienza indimenticabile. E che dire a

riguardo del notissimo Mercato Domenicale del Bestiame di Kashgar? Ogni domenica mattina qui convergono migliaia di animali (pecore,

cammelli, cavalli, mucche, asini) provenienti da tutte le campagne vicine che vengono stipati tra le bancarelle e venduti al miglior offerente.

Certo se avete una sensibilità elevata per il trattamento da riservarsi agli animali potreste rimanere turbati dalle condizioni con cui queste

bestie vengono trattate ma ricordate che si tratta di usanze millenarie consolidate e facenti parte integrante del background culturale uiguro.

In ogni caso non potrete mancare un’ispezione a questo turbolento bazar di animali, forse l’icona più celebre nel mondo di Kashgar. Tra le

altre destinazioni in città che non dovreste dimenticare di esplorare vi menzioniamo infine il Mausoleo di Abakh Hoja, vero capolavoro

dell’architettura islamica locale e meta incessante per i pellegrini (poco fuori città) e il Mercato notturno di Ou’er Daxiké, nei pressi della

moschea di Id Kah, che rappresenta l’opzione ideale per degustare alcune succulente preparazioni della cucina uigura. Un’avvertenza

solamente per quanto concerne le tempistiche: visto che buona parte della mattina della ventiquattresima giornata sarà da dedicarsi al mero

spostamento da Urumqi a Kashgar vi esortiamo a prevedere almeno due giorni in questa storica città commerciale lungo la Via della Seta, di

certo non ne rimarrete delusi.

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Tre immagini che rendono giustizia del crogiolo umano e storico rappresentato da Kashagr, snodo cruciale della storica Via della Seta

centrasiatica. Se da un lato la sua Città Vecchia è il cuore pulsante della tradizione uigura dello Xinjiang, nulla appare più affascinante che

lanciarsi nel Mercato Domenicale del Bestiame o nel Gran Bazar, autentici spaccati di vita di Kashgar.

26° - 27° giorno: trasferimento fino in Italia

Kashgar è uno dei luoghi più remoti di tutta la Cina, quasi del pianeta, e quindi non deve sorprendere che fare ritorno da qui sino in Italia è

un’impresa alquanto ardua e lunga. Fortunatamente grazie ai progressi nella logistica e nei trasporti interni cinesi oggi Kashgar possiede

collegamenti aerei diretti con Pechino, Guangzhou e Shanghai, cosa che vi permetterà con un singolo scalo intermedio di fare rientro in

Italia dal Deserto del Taklimakan. L’impegno orario in questo caso per il viaggio di ritorno si attesta tra le 25 e le 35 ore complessive, ma

grazie al fatto che vi muoverete in regressione di fuso orario due giorni di calendario appaiono più che sufficienti per completare la tratta.

L’opzione più veloce per rientrare in Italia da Kashgar non è però la più economica e chi volesse può scegliere percorsi più articolati che

prevedono un primo scalo a Urumqi, Xi’an, Chengdu e successivi atterraggi o sempre su suolo cinese, o in Russia (San Pietroburgo o

Mosca), o direttamente nei principali hub europei. Le cifre in questi casi si riducono ma il viaggio di ritorno arriva a durare anche 30-38 ore.

Scegliete a seconda delle vostre possibilità ma sappiate che in ogni caso non sarà un viaggio di veloce respiro.