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Informazioni generali:

DURATA DEL VIAGGIO: 21 – 22 giorni.

PERIODO DEL VIAGGIO CONSIGLIATO: Novembre – Maggio (per le sezioni marine), altrimenti tutto l’anno.

COME ARRIVARE DALL’ITALIA: In aereo. Consigliamo di adoperare per l’andata l’aeroporto internazionale di Città del

Capo, mentre per il ritorno lo scalo aeroportuale di Port Elizabeth.

FUSO ORARIO: + 1 ora rispetto all’Italia.

DOCUMENTI NECESSARI: Necessario sia il passaporto (meglio se in forma elettronica) che il visto. Il visto si può

richiedere anche direttamente all’arrivo in frontiera ma sarebbe meglio procurarselo

anticipatamente presso le ambasciate o i consolati in Italia. Non si possono far entrare

somme contanti superiori ai 5000 Rand.

PATENTE RICHIESTA: Necessaria la patente internazionale per il noleggio di autoveicoli privati. L’assicurazione

RC dei mezzi è obbligatoria e con massimale illimitato. LA rete stradale principale è di

buona qualità sia nei centri urbani che sulle principali interurbane, prestare però

attenzione a possibili tentativi di rapine durante l’attraversamento delle periferie delle

metropoli. Guida a sinistra.

RISCHI SICUREZZA E SANITARI: Il livello di sicurezza nel paese è buono, ma nelle grandi città (Città del Capo e Port

Elizabeth nel dettaglio) la criminalità è diffusa e bisogna stare attenti a tentativi di scippo e,

in rari casi, di rapine. Da evitare accuratamente, anche per il transito, sono le township

(sobborghi poveri) delle metropoli, con particolare attenzione presso l’area delle Cape Flats

di Città del Capo. La situazione sanitaria è buona con ospedali di buon livello nei principali

centri urbani. Sebbene siano endemiche malattie come la malaria nelle aree paludose la

rickettosi (febbre da zecche) o la bilharziosi (che si prende immergendosi in acque di laghi o

fiumi), non sono necessarie vaccinazioni particolari per visitare il paese, ma è buona norma

stipulare un’assicurazione sanitaria che copra le spese per eventuali cure di emergenza da

usufruire in caso di necessità in Sudafrica e che prevede un eventuale rimpatrio sanitario.

MONETA: RAND SUDAFRICANO.

TASSO DI CAMBIO: 1 € = 14,77 Rand Sudafricani.

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Descrizione del viaggio:

1° - 2° giorno: trasferimento fino a Città del Capo

Nonostante il Cape Town International Airport sia il secondo aeroporto del Sud Africa per traffico passeggeri (con oltre 8,5 milioni di

transiti annui) e una delle principali porte di accesso turistico al continente nero quasi clamorosamente bisogna registrare il fatto che ad

ogni nessuna compagnia aerea ha intrapreso schedulazioni di voli di linea diretti tra Città del Capo e qualsiasi aeroporto italiano. Sia che

partiate da Roma o che decolliate da Milano infatti dovrete necessariamente mettere in conto almeno uno scalo intermedio presso o gli scali

aeroportuali di Istanbul o di Addis Abeba (se partite da Roma), oppure nei principali aeroporti della penisola arabica come Doha, Abu

Dhabi o Dubai. Solo in rare evenienze si trovano voli a prezzi accettabili che comprendano lo scalo intermedio già in territorio sudafricano,

presso l’aeroporto di Johannesburg. Sotto un profilo della durata della tratta dovete sapere che il percorso non è veloce da compiere, infatti

ci vogliono tra le 16 e le 24 di percorrenza per arrivare infine sul suolo sudafricano. Queste tempistiche impongono così che dedichiate

almeno un paio di giorni effettivi di viaggio al mero spostamento, lasciandovi ad ogni modo nella seconda giornata tempo sufficiente per

espletare le formalità doganali, procedere alla registrazione in albergo e al noleggio della vettura con cui vi muoverete durante l’itinerario

proposto e avere ancora a disposizione diverse ore per smaltire la stanchezza del lungo viaggio di andata.

3° - 4° - 5° - 6° giorno: CITTA’ DEL CAPO

Città del Capo è un faro che brilla di una luce splendente, vitale e inconfondibile all’interno del continente africano. Collocata su uno dei

palcoscenici naturali più straordinari del mondo, aggrappata com’è ad una depressione posta a ridosso del Capo di Buona Speranza e alle

alture della Table Mountain, Città del Capo è una metropoli insolitamente cosmopolita e progressista, seducente e sportiva, una vera gemma

per la Nazione Arcobaleno sudafricana. Sicuramente anche qui come in tutte le metropoli africane convivono stridenti contrasti sia sotto un

profilo sociale che urbanistico (le misere township, ricettacolo di povertà e delinquenza dove imperversa il flagello dell’AIDS, si trovano

spesso a brevi distanza dalle aree più abbienti e signorili della metropoli della città), tuttavia ciò che identifica maggiormente Città del Capo

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è lo spirito sempre positivo e propositivo dei suoi abitanti, una caratteristica che contribuisce in maniera ineluttabile a farne il motore vitale

del Sud Africa meridionale (non perdete in questo senso gli sfrenati festeggiamenti carnevaleschi del Cape Town New Year Karnaval che si

tiene a ridosso di Capodanno). Un altro aspetto fondamentale di Città del Capo è il suo marcato multiculturalismo che si percepisce

immediatamente anche solo guardando i volti dei suoi 3,5 milioni di abitanti (terza città del Sudafrica per dimensioni). Qui si parlano infatti

correntemente tre diverse lingue: l’afrikaans (idioma dei bianchi), l’inglese (il più diffuso e accettato) e lo xhosa (un dialetto largamente in

uso tra la popolazione di colore). Città del Capo inoltre è oltre ogni ragionevole dubbio la città turisticamente più attraente di tutta la

Nazione Arcobaleno grazie alle sue molteplici attrattive naturali, ad un aeroporto intercontinentale all’avanguardia, ad un clima mite di

foggia mediterranea (le massime non superano quasi mai i 30° e le minime non scendono generalmente sotto i 5°, mentre le scarne

precipitazioni sono concentrate nei mesi che vanno da giugno a settembre) e ad una concentrazione unica di edifici storici. Città del Capo

risulta essere infatti per anno di fondazione, il 1652 quando venne istituita dalla Compagnia Olandese delle Indie Orientali, la colonia

europea più antica del Sud Africa. L’egemonia Orange imperversò in quest’area però solo sino al 1814 quando la città venne fatta propria

dalla Corona britannica che la mise a guida della nazione sudafricana per lunghi decenni. Purtroppo la classe dirigente locale si macchiò

nel corso degli anni di violente repressioni razziali (esacerbate in seguito ad una violenta epidemia di peste bubbonica che colpì Città del

Capo nel 1901 e di cui vennero ingiustamente accusati i neri delle campagne) che passarono alla storia con l’appellativo di apartheid. La

privazione dei diritti degli uomini di colore e la loro subordinazione ai bianchi dominanti causò una macchia indelebile sulla nazione almeno

sino al 1990 quando lo scarcerato leader politico Nelson Mandela iniziò un lungo percorso di recupero della parità dei diritti di ogni

cittadino di fronte alla legge. Il risultato di queste nuove politiche è ora, a quasi trent’anni di distanza, visibilmente tangibile: la nazione

sudafricana è la principale potenza dell’Africa meridionale, con un’economia florida e un tasso di criminalità decisamente inferiore a molti

suoi stati vicini.

• Qualsiasi visita ognuno di noi abbia intenzione di programmare per scoprire i diversi tesori che si celano nell’intricato tessuto urbano

di Città del Capo finirà quasi obbligatoriamente per far coincidere l’avvio del proprio tour con la perlustrazione del City Bowl, il

quartiere centrale di Cape Town che pare racchiuso come in uno scrigno geografico d’eccezione posto com’è tra le alture di Signal

Hill e della Table Mountain e le acque atlantiche che bagnano il Waterfront, il porto storico di Città del Capo. Elemento

architettonico di spicco dell’area è il Castle of Good Hope, un possente mastio di foggia europea a pianta pentagonale e difeso da

arcigne mura che gli olandesi eressero a difesa della loro colonia tra il 1666 e il 1679. Essendo ancora oggi sede di un comando

militare dell’esercito sudafricano il castello è visitabile liberamente solo in alcune sezioni ma anche solo le sale in cui potrete

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accedere vi ammalieranno con la loro collezione di antichi archibugi militari e con la William Fehr Collection, una mostra di mobili

d’epoca davvero deliziosa. Conclusa la visita e dopo aver ammirato la vasta piazza antistante nota come Grand Parade (che fu

palcoscenico anche del primo discorso pubblico da neo uomo libero di Nelson Mandela nel 1990) imboccate quindi verso sud la vasta

arteria stradale di Buitenkant Street che fende da nord a sud il City Bowl di Cape Town. Lungo questa strada perennemente stracolma

di gente trova ubicazione quello che è forse il museo più celebrato della città: il District Six Museum. Questo museo ripercorre gli

avvenimenti storici, le storie di soprusi e limitazioni della libertà dei vari governi bianchi che promossero l’apartheid in Sud Africa

per quasi tutto il XX secolo e si torva in un luogo simbolo di quelle nefaste tendenze politiche e sociali. Fino agli anni ’60 e ’70 infatti

l’area del District Six era un melting pot perfetto di cittadini bianchi e di colore che vivevano in armonia ma per volere dei governi

che si succedettero a quel tempo fu imposto uno sgombro coatto alla popolazione di colore del quartiere (circa 50.000 persone) che

furono poi costrette ad andare a vivere nelle baraccopoli dei Cape Flats. Se da un lato questi fatti crearono uno scandalo

internazionale di grande rilievo essi non fecero altro che acuire i già tesi rapporti tra le due fazioni sudafricane e molti dei deportati

non fecero altro che aumentare le fila dei gruppi criminali e rivoltosi nei confronti del governo, come è ben spiegato nelle varie mostre

del museo.

Una vista del cuore di Città del Capo, il City Bowl, che rende giustizia della sua spettacolare collocazione cinta com’è dalle alture

della Signal Hill e della Table Mountain a sud e dal porto sull’Oceano Atlantico a nord. Di seguito poi alcuni militari che procedono

al passo all’interno del Castle of Good Hope e una delle sale del District Six Museum, dedicato all’apartheid.

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Terminata anche questa visita dal carattere illuminante sulle recenti vicissitudini della storia sudafricana potrete quindi decisamente

cambiare registro e spessore dei temi trattati dal vostro tour di Cape Town dirigendovi pochi isolati verso ovest per convergere in

direzione dei Company’s Gardens, anticipati lungo il vostro cammino dalla sezione ebraica della città che si rende palesa dinnanzi ai

vostri occhi soprattutto per il fatto di ospitare alcune splendide sinagoghe, amabilmente restaurate di recente (l’Old Synagogue e la

Great Synagogue). Dal canto loro invece i Company’s Gardens sono una splendida area verde che rende più vivibile lo spesso

congestionato labirinto di strade del City Bowl di Cape Town. Questi giardini ornamentali oggi curatissimi in cui scorrazzano

liberamente numerosi scoiattoli sono il lascito alla città dei primi appezzamenti terrieri che la Compagnia delle Indie Orientali

olandese iniziò a coltivare quando fondò la primigenia colonia di Città del Capo. Perfetti per un lauto pranzo in forma di pic-nic da

sgranocchiare al sole sui suoi prati il Company’s Garden è anche la cornice dell’interessante South Africa National Gallery, la

principale pinacoteca della Nazione Arcobaleno al cui interno sono esposti i maggiori capolavori delle arti figurative sudafricane, tra

cui spiccano le sculture The Butcher Boys di Jane Alexander. Smaltiti i postumi del pranzo e rigenerati a sufficienza sul morbido

manto erboso dei Company’s Gardens nel primo pomeriggio potrete quindi proseguire nella scoperta del cuore di Cape Town

percorrendo la parallela al parco che si estende ad est dello stesso in direzione nord (Government Avenue) la quale vi permetterà di

passare a fianco alla Houses of Parliament, l’appariscente edificio che funge da parlamento nazionale e che passò alla storia per

essere stato il teatro dell’omicidio di Harold Macmillan, l’ideatore dell’apartheid, nel 1966. Verso l’estremità settentrionale di

Government Avenue raggiungerete quindi l’Iziko Slave Lodge, una delle costruzioni più antiche di tutto il Sud Africa (data 1660) che

fu adoperata come residenza per un migliaio di schiavi alla volta fino al 1811. Le condizioni di vita erano davvero durissime per

quegli sventurati (il tasso di mortalità medio annuo era del 20%) e oggi diverse mostre al suo interno fungono da spiegazione

storiografica alle ignominiose pratiche di costanti soprusi e privazioni che si svolsero qui e nel resto della nazione per secoli. Al suo

interno al contempo nel cortile si trovano però anche le lapidi di Jan Van Riebeeck e della moglie, fondatori della città. Conclusa

anche questa visita dal carattere storico proseguendo per qualche centinaio di metri verso nord sarete come catapultati

improvvisamente nel cuore del primo insediamento coloniale olandese di Città del Capo. Oggi questo quartiere è divenuto il tempio

del commercio al dettaglio e della vita notturna più dinamica di Cape Town e ruota con i suoi splendidi palazzi vittoriani e le sue

architetture art decò (imperdibile è il Mutual Building del 1939) attorno all’acciottolata Greenmarket Square e alla sempre gremita

Long Street. Il bello di questo animato dedalo di viottoli in cui si respira l’atmosfera dell’epoca coloniale di Cape Town sta proprio

nel perdersi senza meta tra le vetrine e i bar del posto ma ci raccomandiamo prima di lasciarvi completamente andare al vizio di

riserbare ancora almeno un paio d’ore per perlustrare gli ultimi due immancabili angoli del City Bowl di Città del Capo: il minuto

quartiere di Bo-Kaap e lo sperone roccioso del Signal Hill.

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In prima immagine la raffinata costruzione dell’Houses of Parliament di Città del Capo che ospita la sede del parlamento

sudafricano. Al centro quindi il tipico mercatino di souvenir e manufatti locali che anima ciclicamente Greenmarket Square, la piazza

simbolo del City Bowl di Cape Town. Infine uno sguardo sui locali notturni di Long Street, epicentro della nighlfe della metropoli.

Bo-Kaap, incuneato tra la sezione storica olandese del centro e gli scoscesi versanti della Signal Hill è uno dei luoghi più pittoreschi

di Cape Town grazie alla profusione di case basse dai tetti variopinti che danno un tocco davvero africano e raffinato alla metropoli

(fu peraltro qui nell’800 che i primi schiavi liberati manifestarono per i loro diritti civili). Dal canto suo invece la rupe di Signal Hill,

alta 350m e svettante sul cuore di Città del Capo (la si raggiunge con un strada servita da mezzi pubblici o con sentieri dal Bo-Kaap

della lunghezza di 45 minuti circa), è uno straordinario punto panoramico che si fa davvero indimenticabile all’imbrunire quando le

calde luci del tramonto lasciano spazio alla visione della città punteggiata da una miriade di luci artificiali che la illuminano. Oltre

che per lo spettacolo paesaggistico la Signal Hill si rende nota ogni giorno intorno alle 12 per lo sparo a salve del colpo di cannone

del Noon Gun che echeggia per tutto il City Bowl. Calate infine le tenebre non vi resterà quindi altro da fare che discendere dalla

Signal Hill in direzione del cuore del City Bowl puntando dritti specificatamente verso Long Street o l’area di Waterkant dove si

potranno trascorrere le serate più gustose ed effervescenti di tutta la metropoli sudafricana, un vero tempio del divertimento e degli

eccessi.

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Sgargiante, eclettica e carica d’atmosfera Bo-Kaap è l’area probabilmente più pittoresca di tutto il City Bowl di Città del Capo, un

microcosmo altamente fotogenico e decisamente imperdibile. Quindi una vista dei romantici e indimenticabili tramonti che potrete

gustare dagli spiazzi sommitali del Signal Hill e la vista notturna eccezionale di Cape Town dalla vetta della medesima collina.

• Pochi luoghi sono tanto evocativi non solo della storia recente sudafricana ma dei soprusi attuati da una classe dirigente su frange

della propria popolazione per meri motivi razziali come l’ex penitenziario di Robben Island. Situato su un’isola di poco al largo della

linea di costa atlantica di Città del Capo questo carcere rimase in funzione sino al 1996 e passò alla storia per essere stato il luogo in

cui Nelson Mandela scontò la maggior parte dei suoi 26 anni di prigionia (dal 1964 al 1990). Oggi il sito è tutelato come Patrimonio

dell’Umanità da parte dell’UNESCO e lo si può visitare mediante tour guidati che vengono condotti, quando possibile, anche da ex

detenuti del penitenziario che volontariamente hanno deciso di rendersi disponibili a questa attività come segno del nuovo spirito di

riconciliazione nazionale. A Robben Island percepirete l’atmosfera da carcere duro con sezioni dedicate ai lavori forzati che furono

l’emblema del penitenziario dell’epoca e avrete modo di vedere alcune delle minute e scarne celle in cui vivevano i carcerati, tra cui

quella che appartenne per anni a Nelson Mandela. Particolarmente toccante è l’entrata alla mostra delle Cell Stories, il gruppo di 40

celle di isolamento che sono state adibite a micro museo ognuna di ogni particolare detenuto che vi passò del tempo, comprendente

fascicoli sulla sua storia e alcuni manufatti che l’internato creò durante la sua permanenza a Robben Island.

Giacché i tour guidati di Robben Island seguono ferrei orari prestabiliti avrete modo di fare rientro al Waterfront, la zona portuale da

cui salpano questi traghetti, già prima dell’ora di pranzo. Il Waterfront rappresenta un po' un’icona della moderna Città del Capo con

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una serie di musei, centri commerciali, cinema, bar e ristoranti ideati e creati ad uso e consumo di turisti e abitanti del posto. Si tratta

in realtà dell’antico porto scavato e costruito verso il 1860 ma oggi non è più neanche lontanamente un’area trafficata e trasandata.

Qui avrete modo, oltre che di pranzare, di dilettarvi con un po' di shopping presso il gigantesco shopping mall Victoria&Albert

Waterfront, di scrutare curiosi le statue dei premi nobel sudafricani che caratterizzano Nobel Square, di entrare nel Nelson Mandela

Gateaway (un piccolo ma illuminante museo sulla lotta per la libertà) e anche di passare qualche ora all’interno del Two Oceans

Aquarium, uno splendido acquario che raccoglie pesci e mammiferi marini che popolano sia le più calde acque atlantiche che le

gelide acque dell’Oceano Meridionale poco distante.

Alcune dei siti che potrete visionare durante la mattinata del secondo vostro giorno a Città del Capo sono visionabili attraverso queste

tre fotografie: dalla vista panoramica della remota Robben Island, che fu sede di un notissimo penitenziario in tempi di apartheid fino

al 1996. Quindi la Nobel Square, epicentro del vitale Waterfront ed infine alcune delle vasche del Two Oceans Aquarium.

Nel pomeriggio invece nulla appare più appagante che dirigersi verso sud dal Waterfront in direzione della mitica Table Mountain, la

montagna dalla cima piatta (da cui il nome) che domina da sempre Città del Capo. La TableMountain, oltre che per il profilo

caratteristico e per le viste sontuose che si godono dalla sua sommità (1086m) è nota anche per possedere un clima mutevole e incline

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a venti forti e ad essere spesso ricoperta da una tipica nube trasversale nota come tablecloth (tovaglia) che rende praticamente inutili

le velleità di ognuno di raggiungerla per ammirarne il panorama. Fortunatamente già dal 1929, e poi rinnovata nel 1997, esiste una

funivia che vi porterà rapidamente dalla città sino in vetta e che vi permetterà facilmente di entrare in contatto con l’estrema

biodiversità della flora della montagna (si contano 1400 specie vegetali diverse) e con i numerosi animali che la popolano. Tra questi

sarà facilissimo imbattersi in manguste, serpenti, tartarughe oltre ovviamente agli onnipresenti iraci del Capo, simili a grossi roditori.

Questo contesto naturalistico così complesso e ben amalgamato ha fatto sì che oggi la Table Mountain sia tutelata da un parco

nazionale appositamente creato per lei. Vi suggeriamo di rimanere in loco più a lungo possibile e di discendere verso Città del Capo

solo con le ultime corse pomeridiane della funivia. Una volta tornati in città alla stazione di fondovalle della funivia sappiate che

sarete ormai prossimi ai sobborghi atlantici incastonati tra splendide baie oceaniche di Clifton e Camps Bay, due luoghi ideali per

passeggiare sulla spiaggia in attesa di un romantico tramonto con il solenne profilo della Table Mountain retrostante. Qui inoltre si

trovano alcuni dei ristoranti di pesce più accattivanti di tutta Città del Capo.

In prima immagine una classica cartolina di Città del Capo con il suo pittoresco e sempre animato porto del Waterfront che si staglia

su uno sfondo dominato dall’inconfondibile profilo della Table Mountain. Al centro quindi la celebre funivia che risale fino alla piana

sommità della montagna ed infine una delle splendide baie sabbiose di Clifton, giusto ai piedi del gigante di granito di Cape Town.

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• La terza giornata a Città del Capo comincia quindi a convogliare la vostra attenzione dalle meraviglie del cuore della metropoli verso

le aree periferiche e i quartieri satellite della stessa, permettendovi di potervi fare un’idea a 360° di cosa significhi la quotidianità per

la maggior parte degli abitanti di Cape Town e di quanto sfaccettata e diversa sia la situazione sociale presente in ogni grande

agglomerato urbano africano. Il percorso che vi consigliamo di seguire ha inizio con la perlustrazione del quartiere di Rondebosch,

giusto a est del centro, che rappresenta storicamente il fulcro delle tendenze bohémien e alternative di Città del Capo. A Rondebosch

troverete oltre ad un’atmosfera intrigante anche una concentrazione del tutto inconsueta di giovani che si aggirano continuamente

nelle strade muovendosi svelti e affaccendati: sono gli studenti della University of Cape Town, l’ateneo più prestigioso (è stabilmente

al primo posto nella classifica delle università africane) e antico (è del 1829) del Continente Nero che offre istruzione pubblica a circa

30.000 studenti. Sotto un profilo turistico invece gli elementi di maggior spicco di Rondebosch risultano essere la Groote Schuur, un

delizioso palazzo coloniale ricco di mobili e finiture raffinatissime con parchi adiacenti curatissimi, e il Rhodes Memorial, un

monumento in granito commemorativo del magnate minerario sudafricano che si colloca però su un punto davvero panoramico da cui

la vista spazia dapprima sul microcosmo intricato delle township di Cape Town e poi in lontananza sulle alture poste in direzione del

cuore del Sud Africa. Concluse le visite a Rondebosch non indugiate però oltre in zona ma raggiungete il vostro operatore turistico

che avrete individuato e con cui avrete concordato precedentemente per la perlustrazione delle township delle Cape Flats di Città del

Capo (con il termine Cape Flats si intendono tutta quella serie di sobborghi fatiscenti che sorgono sulla piana sabbiosa a est della

Table Mountain e che si estendono per chilometri in ogni direzione). Vi raccomandiamo caldamente di non visitare autonomamente

questi quartieri composti da baracche in cui le condizioni di vita sono precarie e in cui manca spesso l’accesso ai più elementari

servizi pubblici, giacché la povertà diffusa li ha resi col tempo un luogo pericoloso dove la delinquenza impera e non ci sono garanzie

di accesso in tranquillità a meno che non vi muoviate con operatori che precedentemente abbiano concordato tempi e luoghi di visita

con gli abitanti locali. Anche se questa descrizione possa scoraggiare i meno impavidi in realtà entrare in queste realtà è l’unico

modo per capire in profondità l’anima della metropoli sudafricana: qui vive buona parte della popolazione povera della città e solo

muovendosi in queste strade potrete capire le condizioni di vita e le spinte sociali che plasmano la vita di Città del Capo. Gli operatori

autorizzati sono in genere molto bravi a spiegarvi sfaccettature e aspetti che sfuggirebbero ai non autoctoni e potranno anche

condurvi in mercati della zona in cui potrete acquistare prodotti e souvenir fatti a mano dalla gente del posto, sostentando così

l’economia di queste povere famiglie direttamente. Spesso i visitatori rimangono colpiti dalle visite alle township ma il momento in cui

ne rimangono più shoccati è quello in cui rientrano, spostandosi solo di alcuni chilometri verso ovest, nei quartieri più abbienti di

Cape Town. Effettivamente non si può rimanere indifferenti a tanta diseguaglianza sociale concentrata in un’area così ristretta.

Ad ogni modo la giornata turistica può concludersi perlustrando nel pomeriggio i quartieri di Constantia e Newlands, fieramente

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aggrappanti ai versanti orientali del massiccio della Table Mountain. Constantia vanta una tradizione secolare di produzione vinicola

(furono questi in passato i primi terreni sfruttati dai coloni per la viticoltura in terra sudafricana) e a testimoniare questo aspetto in

maniera deliziosa ci pensa il Groot Constantia, una tenuta in stile coloniale squisitamente olandese del ‘700, in cui potrete muovervi

tra gli appartamenti signorili, le stanze adibite ad appartamenti degli schiavi, la Cloete Celler (la cantina originale dell’epoca) e

giardini e campi che la attorniano fecondi di prodotti della terra oggi come un tempo. Newlands invece si identifica con i Kirstenbosch

Botanical Gardens, un giardino botanico di 36 ettari nel quale sono coltivati quasi esclusivamente esemplari di flora autoctona

sudafricana (ci sono 9.000 delle 22.000 piante endemiche della nazione qui). Se per gli appassionati di botanica rappresenterà una

vera e propria mecca questo luogo risulta visivamente e olfattivamente intrigante agli occhi di ogni turista, che potrà rilassarsi verso

il tramonto tra i suoi camminamenti sempre curati. Una volta calate le tenebre sappiate infine che a Newlands si collocano i due

principali impianti sportivi di Città del Capo (il Newlands Cricket Ground dove gioca la nazionale sudafricana di questo sport e lo

storico Newlands Rugby Stadium, del 1888 e secondo impianto al mondo per anzianità, sede delle franchigie di rugby della Western

Province e degli Stormes, nonché della principale squadra di calcio di Cape Town: l’Ajax Cape Town). Passare una serata assistendo

a un match con il corollario del caldissimo tifo dei supporter locali può essere un modo alternativo e divertente di entrare in simbiosi

con le tendenze nazionalpopolari della città.

Una vista degli edifici che costituiscono il cuore dell’ateneo della University of Cape Town, i quali si stagliano fieri sullo sfondo delle

impervie alture del massiccio della Table Mountain. Al centro poi una foto che rende l’idea della situazione di degrado e miseria delle

township di Cape Flats, ombelico nero e povero di Città del Capo. Infine gli storici vigneti del ricco di Constantia, poco distante.

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• La quarta e ultima giornata della vostra visita a Città del Capo si focalizza invece sui siti di interesse che si susseguono lungo la

frastagliata ma spettacolare penisola rocciosa che conduce in ultimo presso l’estremità meridionale (così comunemente accettata

anche se di fatto geograficamente non lo è) del continente africano: il Capo di Buona Speranza. Per muovervi in questa zona dovrete

già necessariamente possedere un mezzo di locomozione autonomo e per l’occasione vi suggeriamo un invitante percorso circolare

che vi permetterà di non ripassare mai dalla medesima zona durante la giornata. In mattinata il nostro consiglio è quello di

percorrere la linea di costa atlantica occidentale della penisola lungo la quale toccherete i magnifici litorali urbani di Hout Bay e

Kommetije (45km, 1 ora dal centro di Città del Capo) bagnati dalle gelide acque sempre mosse provenienti direttamente

dall’Antartide che tuttavia si sono attestati come le principali basi per il surf della città. La strada che congiunge questi sobborghi è

peraltro una delle più spettacolari e panoramiche che potrete gustarvi durante la vostra permanenza sudafricana.

Scattata qualche foto di rito e passato un po' di tempo a vedere le evoluzioni degli spericolati della tavola potrete quindi proseguire

lungo la costa atlantica con la vostra auto, lambendo nuovamente calette deliziose sferzate costantemente dagli elementi (come

Witsand Bay e Scarborough), per portarvi verso l’ora di pranzo presso la località di Simon’s Town (25km, 30 minuti), collocata però

sulla costa orientale della Penisola del Capo. Simon’s Town è da sempre una cittadina legata indissolubilmente al mare essendo

ormai da secoli la sede della marina militare sudafricana ma presenta anche alcuni scorci vittoriani e diverse ristorazioni davvero

intriganti. Ciò che la rende celebre nel mondo ai giorni nostri è però la grande colonia di pinguini africani (in genere oltre 3000) che

popola la spiaggia urbana di Boulders Beach, ad accesso regolamentato, nella quale però potrete passeggiare e sguazzare in

compagnia di questi uccelli che evocano scenari dell’Antartide.

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In prima immagine una spettacolare vista panoramica della magnifica costa atlantica della Penisola del Capo con sullo sfondo la baia

riparata di Hout Bay. Al centro invece la spiaggia di Boulders Beach sempre affollata da una colonia stabile di centinaia di pinguini

africani ed infine uno scorcio della pittoresca Simon’s Town, caratterizzata da una serie di splendidi edifici vittoriani.

Smaltiti i postumi del pranzo nel primo pomeriggio vi invitiamo quindi a riprendere l’auto e puntare dritto verso il parcheggio più

meridionale accessibile con vetture private della Cape of Good Hope Nature Reserve (25km, 40 minuti). Vi starete così approcciando

a un luogo mitico, entrato di diritto nella storia della nautica mondiale tra il 1487 (quando il navigatore portoghese Bartolomeo Diaz

lo raggiunse per primo) e il 1497 (quando per la prima volta Vasco de Gama lo doppiò con successo concludendo la tratta diretta alle

Indie orientali). Il Capo di Buona Speranza è un posto schietto, solenne e in cui vi sarà facilissimo cogliere la straordinaria potenza

della natura. Questo punto funge infatti da divisorio tra l’Oceano Atlantico, l’Oceano Indiano e le vastità australi dell’Oceano

Meridionale e pertanto è sferzato costantemente da venti impetuosi, mentre le sue acque ribollenti di vita sono perennemente agitate

da onde alte diversi metri. Una permanenza classica al Capo di Buona Speranza si costituisce di una breve passeggiata in direzione

della limitrofa spiaggia di Dias Beach, un vero idillio per gli occhi, e poi in una camminata di un paio di chilometri in direzione del

Cape Point vero e proprio. Per i meno sportivi è possibile anche usufruire di una funicolare che abbrevia il percorso. Il capo è

sormontato dall’antico faro del 1860, oggi abbandonato a causa della sua frequente predisposizione a finire inesorabilmente

imbrigliato nelle fitte nebbie invernali della zona. Se però giungerete qui in una giornata ventosa e soleggiata le viste che vi si

paleseranno dinnanzi saranno davvero eccezionali, specie al tramonto quando il quadro diventa davvero romantico.

Fatto rientro alle vostre autovetture potrete quindi iniziare il percorso a ritroso in direzione del cuore di Città del Capo, ma prima di

fare rientro per la notte al vostro albergo merita una piccola sosta (magari anche per la cena) la storica cittadina balneare di

Muizenberg (45km, 1 ora) che fu all’inizio del XX secolo una delle pioniere dell’industria turistica sudafricana. Dopo un periodo di

profonda crisi la località si sta risollevando velocemente e cenare lungo la spiaggia orlata di cabine balneari tipicamente vittoriane è

sempre un’esperienza sfiziosa e da ricordare. Da qui infine vi sarà agevole fare rientro alla vostra location a Cape Town città (25km,

30 minuti).

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La spiaggia di Dias Beach, incuneata tra le falesia del Capo di Buona Speranza, rappresenta l’estremo litorale sabbioso meridionale

del continente africano, una vera gemma prima degli infiniti mari del sud. Al centro poi una vista aerea dell’irto e severo profilo che

caratterizza il Capo di Buona Speranza. In terza immagine infine le iconiche cabine balneari vittoriane multicolori di Muizenberg.

7° giorno: STELLENBOSCH, FRANSCHHOEK

Immediatamente a est rispetto alla metropoli di Città del Capo si estende una delle regioni più celebri, gastronomicamente parlando, non

solo dell’intero Sudafrica ma di tutto il Continente Nero: il Cape Winelands. Questa sezione della provincia sudafricana del Western Cape

che si caratterizza per rilievi collinari irti che si innalzano di alcune centinaia di metri dalla piana continentale è ormai infatti da secoli la

culla dell’industria enologica sudafricana. Sui versanti di questi rilievi i bianchi iniziarono infatti a coltivare vitigni adatti alla produzione di

ottimi bianchi come chenin blanc (o steen), seguito dal sauvignon blanc e dallo chardonnay a cui poi fiancheggiarono man mano anche il

pinotage del Capo, lo shiraz e il cabernet sauvignon per la produzioni di rossi di livello molto elevato. E’ di più recente introduzione invece

la coltivazioni di filari ideati allo scopo di realizzare prodotti come il brandy, il porto o l’hanepoot, ossia rossi liquorosi adatti ad essere

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sorseggiati singolarmente o in accompagnamento di sfiziosi dolciumi. All’interno di questo contesto collinare ben curato e tentatore si

collocano alcune delle cittadine dalla più antica fondazione coloniale del Sudafrica che vi permetteranno di passeggiare in un contesto

urbano curato e vibrante durante le vostre peregrinazioni tra le numerose cantine vinicole della zona. Prima realtà urbana degna della

vostra attenzione arrivando da Città del Capo è sicuramente la cittadina di Stellenbosch (50km, 45 minuti). Seconda città in quanto a anno di

fondazione del Sudafrica, risale il primigenio avamposto al 1679, Stellenbosch possiede un’anima giovanile e propensa al divertimento grazie

alla nutrita popolazione di studenti che frequenta l’università locale che ha fama di essere una delle culle dell’elite afrikaners (bianchi del

Sudafrica) per antonomasia. Muovendovi lungo le sue sempre ordinate strade centrali non farete fatica a incrociare diverse enoteche ottime

per un primo assaggio dei prodotti agricoli della zona, ma merita anche un’oretta del vostro tempo il Village Musuem, un’area di un isolato

del centro adibita a museo a cielo aperto con diverse costruzioni risalenti al ‘700 e all’800 perfettamente conservate anche negli interni che

potranno darvi un’idea delle condizioni di vita dei residenti del passato. Inutile negare però che il fulcro di ogni visita a Stellenbosch consiste

nella perlustrazione di almeno un paio di cantine vinicole sparse nelle campagne adiacenti l’abitato. Non esistono produttori migliori di altri

(almeno sotto un profilo turistico) e vale così la pena lasciarvi trasportare dal vostro intuito e dalla vostra curiosità per fare amicizia con

qualche viticoltore, degustare i suoi prodotti e magari poi comprare qualche sua bottiglia. Se capitaste poi in zona in agosto sfruttate

l’occasione offertavi dal Wine Festival locale, una manifestazione che raccoglie oltre 400 produttori che vi faranno degustare con gioia le

loro migliori vendemmie.

Una volta reputate concluse le vostre esperienze in quei di Stellenbosch potrete quindi riprendere la vostra automobile per dirigervi in

direzione della minuta ma affascinante realtà rurale di Franschhoek (40km, 45 minuti) che ha fama di essere la città cardine della cucina

tipica sudafricana. Effettivamente muovendovi per le sue strade altamente pittoresche, tutto un susseguirsi di splendidi B&B, vetrine di atelier

e ristorantini con dehors superbi vi verrà praticamente spontaneo chiedervi se vi state aggirando per una realtà sudafricana o della

campagna francese. Obiettivamente il legame tra la nazione transalpina e Franschhoek affonda le sue radici nella storia (furono i coloni

francesi a fondarla e la traduzione del suo appellativo in lingua italiana suona come “angolo dei francesi”) ma col passare degli anni la città

ha delineato una sua fisionomia, sempre però imperniata sulla centralissima Huguenot Street dove si affollano produttori di cioccolato,

eccellenti vasai e al termine della quale trova ubicazione l’Huguenot Memorial Park dedicato agli ugonotti che per primi si trasferirono in

Sudafrica nel passato. Anche a Franschhoek come a Stellenbosch comunque l’epicentro di una visita rimangono le incursioni nelle varie

aziende vinicole che possiedono spesso splendide cantine ed enoteche anche nel cuore della città. Tuttavia una permanenza a Franschhoek

non potrà reputarsi conclusa prima della cena, per la cui scelta del locale non avrete che l’imbarazzo della scelta.

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In prima immagine il complesso dei palazzi dell’Univeristà di Stellenbosch, considerata la culla della istruzione d’elite degli afrikaners del

Sud Africa. Quindi di seguito i fantastici paesaggi collinari e bucolici del contesto in cui sorge Franschhoek e in terza immagine alcuni dei

suoi superbi ed accattivanti ristoranti con dehors che l’hanno resa celebre come capitale culinaria del Sud Africa.

8° giorno: PAARL

Vi consigliamo di spendere almeno due giorni del vostro viaggio in terra sudafricana nella Cape Winelands al fine di coglierne con maggior

calma e appagamento i suoi aspetti bucolici e sfiziosi. Meta di una bella gita in giornata da Franschhoek può essere in questo contesto una

visita alla cittadina di Paarl (35km, 30 minuti), considerata da molti sudafricani una delle realtà urbane in cui più nitidamente traspaiono

ancora le radici coloniche olandesi della nazione, tanto che qui si dice sia nato l’idioma afrikaans (la lingua parlata dai bianchi del

Sudafrica). A corroborare tali dicerie ci pensano quindi un paio di musei decisamente interessanti che si collocano nel centro città, giusto a

metà strada tra la trafficata Main Street e il corso del Berg River. Stiamo parlando in prima istanza del Paarl Museum, che ripercorre la

storia del Western Cape all’interno di una chiesa parrocchiale di foggia olandese del 1714, e in secondo luogo dell’Afrikaans Language

Museum che invece si incentra sulla genesi di questa singolare vulgata. Concluse queste due prime visite vi esortiamo quindi a muovere verso

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la periferia di Paarl dove si trova la Drakestein Prison, ossia l’istituto penitenziario che ospitò dal 1988 al 1990 Nelson Mandela durante i

suoi due ultimi anni di prigionia. Le condizioni di vita a cui il futuro statista sudafricano fu sottoposto in questo luogo furono decisamente più

agevoli di quelle che dovette subire a Robben Island ma ad ogni modo fu qui che l’11 febbraio 1990 egli riacquistò la libertà ed iniziò la sua

ascesa politica e il percorso di affrancamento nazionale dall’apartheid. Giunta quindi l’ora di pranzo, dopo queste prime visite, potrete

quindi dedicarvi a un nuovo appagante tour enologico nelle aziende vinicole situate nei dintorni di Paarl, molte delle quali combinano alle

degustazioni di vini la possibilità di nutrirsi con prelibati piatti della tradizione locale. Se volete un consiglio fermatevi in una delle aziende

produttrici che incrocerete mentre vi muoverete in direzione del mitico Bain’s Kloof Pass (35km, 45 minuti), uno dei valichi più scenografici

delle alture costituenti la Cape Winelands e a cui si accede tramite una storica strada sterrata fatta costruire nell’800 da illuminati funzionari

locali. Verso metà pomeriggio infine, lungo la strada del rientro verso Franschhoek (65km, 75 minuti) merita sicuramente una sosta il

complesso termale del Santé Wellness Centre (poco fuori Paarl) che abbina le classiche offerte di un centro benessere a vere e proprie

pratiche curative a base di vino terapia. Una volta rigenerati da tanta libidine in ultimo poi, a sera, lanciatevi ancor auna volta nelle golose

ristorazioni di Franschhoek per una nuova immersione nella cucina sudafricana di qualità.

Alcuni splendidi scorci che potrete godervi muovendovi liberamente nella Cape Winelands, la terra per antonomasia della produzione

vitivinicola sudafricana. Qui abbondano le tenute in cui si producono sontuosi vini bianchi e rossi che vengono serviti con amore ai

viandanti, mentre nei pressi di Paarl si trova anche lo Santé Wellness Centre che offre pratiche termali e di vino terapia ai suoi frequentatori.

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9° giorno: HERMANUS

Dopo questo primo approccio squisitamente culinario alla nazione sudafricana la nona giornata dell’itinerario proposto vi porterà quindi

dall’entroterra collinare del Western Cape sino alla località costiera di Hermanus (100km, 75 minuti), magnificamente collocata lungo la

linea di costa meridionale del Sudafrica che si affaccia sull’impetuoso ma ricchissimo di vita marina Oceano Meridionale. Hermanus in sé è

poco più di un borgo di pescatori cresciuto man mano attorno allo storico Old Harbour letteralmente aggrappato alla scogliera grazie alla

spinta turistica che la zona ha saputo attrarre sfruttando al meglio proprio il potenziale faunistico marino che popola i mari circostanti. Da

ormai qualche decennio Hermanus è il sito sudafricano per antonomasia per l’avvistamento delle balene o per le adrenaliniche immersioni

tra gli squali. Sono molti gli operatori che previo laute somme da elargire vi accompagneranno in gabbie di acciaio inox negli habitat di

questi giganteschi carnivori degli abissi, che vengono attirati nei pressi della zona di immersione grazie a possenti esche. Di sicuro vi

rimarrà memoria di questa esperienza da un lato elettrizzante e dall’altro terrorizzante ma affidatevi sempre e solo ad operatori esperti, sia

per la vostra incolumità sia perché questi adottano tecniche di approccio a questi pesci idonee ai loro comportamenti naturali. Decisamente

più conciliante, ma allo stesso tempo impressionante, è l’incontro ravvicinato con i cetacei che da giugno a novembre popolano a decine la

Walker Bay (il golfo subito a est di Hermanus), attratte in queste generose acque dall’insolita concentrazione di cibo. I metodi di

avvicinamento alle balene sono in genere attraverso piccole imbarcazioni motorizzate e nelle uscite più fortunate potrete persino farvi

schizzare dall’inabissamento della enorme coda delle balene che emergeranno proprio in prossimità della chiglia della vostra barca (non

abbiate paura è rarissimo che centrino in pieno il natante). Quale che sia stata la vostra avventura faunistica marina della giornata una volta

giunto il tramonto verrete ricondotti a Hermanus paese dagli operatori a cui vi sarete affidati e, calate le tenebre, sarete sorpresi come

questo borgo marinaresco affacciato sull’immenso Oceano Meridionale sappia esser invitante e carico di charme agli occhi di ogni

viandante.

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Una vista panoramica sull’abitato di Hermanus, uno dei centri più pittoreschi della solenne costa sudafricana australe affacciata

sull’impetuoso e sempre mosso Oceano Meridionale. Quindi due scatti che rendono giustizia delle attività per cui Hermanus è famosa nel

mondo: le immersioni da brivido nelle gabbie tra gli enormi squali e le uscite per l’avvistamento delle gigantesche balene.

10° - 11° giorno: DE HOOP NATURE RESERVE

La decima e undicesima giornata per questo vostro tour nell’estremità meridionale del Sud Africa vi propongono il primo vero e diretto

contatto con la natura incontaminata e, a tratti, selvaggia del Continente Nero. La De Hoop Nature Reserve, comodamente accessibile in

auto da Hermanus (150km, 2 ore), rappresenta uno dei tratti costieri più identificativi della costa meridionale del Sud Africa che in queste

lande presenta un’affinità ecologica apparente davvero sorprendente con l’ambiente mediterraneo. Il fynbos, come è stata ribattezzata la

complessa struttura ecologica locale, non propone però la medesima flora mediterranea, bensì trattasi di una nicchia naturale

completamente a sé stante, costituita da ben 8000 specie vegetali, delle quali ben 5000 sono endemiche e tra queste spicca il caso dell’erica,

diffusa su tutta la Terra in sole 26 varianti qui se ne trovano oltre 600 tipologie differenti. Oltre che per la flora la De Hoop Nature Reserve

ammalia poi i visitatori con la sua fauna, sia terrestre (molto diffuse sono la zebra di montagna del Capo e il bontebok, un’antilope dalla

caratteristica macchia bianca sul mantello nella zona di attacco della coda) che marina (le acque sempre tormentate dell’Oceano

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Meridionale antistante sono tra i siti riproduttivi più ambiti dalle balene australi). Non bastasse tutto questo la De Hoop Nature Reserve

presenta infine persino un piccolo deserto sabbioso costiero e una romantica costa frastagliata che si compone di una successione di baie e

scogliere deliziosamente immerse nella quiete e nel silenzio più assoluto. L’accesso migliore alla zona è costituito dal sito costiero di Koppie

Alleen dove potrete parcheggiare la vostra auto e iniziare a perlustrare la vasta distesa sabbiosa percorsa da diverse dune che si estende ad

ovest del luogo. Da qui ha anche inizio il celebre percorso escursionistico noto come Whale Route che si snoda per 55km all’interno del

parco e che ne raggiunge tutte le principali zone di interesse. Giacché l’entroterra è decisamente meno spettacolare che l’area costiera vi

invitiamo a non percorre in toto il sentiero (a meno che non abbiate molto tempo a disposizione) ma di limitarvi al tratto del percorso che

lambisce la costa (lungo il quale gli avvistamenti delle balene al largo sono molto frequenti). A seconda del vostro stato di forma fisica

potrete provi come obiettivi o l’accessibile sito di Vaalkrans (7km, 3 ore di cammino da Koppie Alleen) oppure spingervi fino al remoto

avamposto di Hamerkop (17km, 9 ore di cammino) entrambi dotati di spartane ma funzionali strutture (rifugi) nei quali potrete liberamente

fermarvi per la notte. Di certo non aspettatevi strutture lussuose, ma in questi classici rifugi escursionistici avrete l’opportunità di godervi a

sera un tramonto dal sapore ancestrale e un’alba davvero romantica, senza dimenticare che all’imbrunire o all’albeggiare si acuiscono le

possibilità di vedere la fauna selvatica terrestre altrimenti un poco schiva ad avvicinarsi al percorso di trekking principale del parco. La

seconda giornata alla De Hoop Nature Reserve si snoderà quindi a ritroso lungo il sentiero in direzione di Koppie Alleen e una volta rientrati

alle vostre autovetture tenete conto che dovrete ancora fare un cospicuo trasferimento in direzione dell’abitato di Knysna (365km, 4 ore di

guida effettiva), luogo che fungerà da vostra nuova base per il proseguo del viaggio.

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La De Hoop Nature Reserve custodisce al suo interno un vero e proprio patrimonio ecologico di biodiversità di livello mondiale: qui tra

splendidi deserti costieri e una vegetazione simile alla macchia mediterranea denominata fynbos potrete muovervi tra mandrie di bontebok e

antilopi e pernottare in magnifiche strutture messe a disposizione dei turisti lungo la selvaggia e spettacolare costa dell’Oceano Meridionale.

12° giorno: OUDTSHOORN

Meta perfetta per una gita giornaliera da Knysna Oudtshoorn (125km, 105 minuti) presenta due peculiarità che la rendono una delle località

più caratteristiche dell’entroterra meridionale del Sud Africa. Oudtshoorn è infatti al contempo la realtà più intimamente legata

all’allevamento e al commercio dei derivati dello struzzo e il principale centro abitato del Little Karoo, l’altopiano semidesertico

caratterizzato da savana alternata a praterie che si estende a una quota di 400-800m che risulta essere popolato da centinaia di capi di

springbok (antilope simbolo del Sud Africa), testuggini, aquile nere e zebre di montagna del Capo. Ad ogni modo non appena entrerete in

orbita di Oudtshoorn ciò che rapirà la vostra attenzione non potranno che essere gli estesissimi allevamenti degli struzzi, una pratica

economica diffusa in zona già da metà dell’800 che visse la sua epoca d’oro proprio a cavallo del XIX e XX secolo quando nel mondo si

diffuse la moda di collezionare le piume di questi volatili, cosa che permise di convogliare in città ingenti quantitativi di capitali che

sovvenzionarono lo sviluppo e la prosperità di Oudtshoorn. Oltre a visitare almeno uno di questi ranch del Little Karoo non dimenticate di

completare le vostre conoscenze in tema di allevamento di struzzi visitando il C.P. Nel Museum che vi erudirà con tutto ciò che c’è da sapere

in tema di questi volatili e che propone persino ricostruzioni conformi agli originali dei negozi di epoca vittoriana che una volta

caratterizzavano tutto il centro di Oudtshoorn. Una volta giunta l’ora di pranzo approfittate quindi delle diverse ristorazioni cittadine che

propongono ovviamente piatti a base di uova di struzzo e biltong (carne essiccata del medesimo animale).

Nel pomeriggio potrete invece dilettarvi tra due intrattenimenti completamente diversi tra loro: gli amanti della fauna selvatica africana non

dovrebbero lasciarsi sfuggire l’occasione di incontri davvero molto ravvicinati con le decine di suricati che popolano il Meerkat Magic

Conservation Project situato giusto qualche chilometro a ovest di Oudtshoorn, mentre chi è più incline a lasciarsi emozionare dagli anfiteatri

naturali dovrebbero muovere in direzione nord lungo le lande semidesertiche del Little Karoo alla volta delle Cango Caves (30km, 25

minuti), uno dei siti speleologici più accattivanti di tutto il Sud Africa in cui potrete inoltrarvi prendendo parte a bellissime visite guidate che

propongono tour di differenti durate. Terminate le vostre attività pomeridiane quindi fate rientro a Knysna nuovamente per la notte.

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In prima immagine una vista panoramica sulle praterie che caratterizzano l’area del Little Karoo in prossimità della cittadina di Oudtshoorn,

vera e propria capitale mondiale dell’allevamento degli struzzi, ormai da due secoli un’icona di questo angolo della provincia del Western

Cape. Infine potete ammirare gli interni ricchi di stalattiti e stalagmiti delle Cango Caves, gemma speleologica del Sud Africa.

13° - 14° giorno: KNYSNA - GARDEN ROUTE

Con l’appellativo di Garden Route si identifica quell’area della costa meridionale sudafricana che approssimativamente si estende da

George, a ovest, sino a Plattenberg Bay, a est, raggruppando al suo interno alcuni degli scenari costieri e delle località balneari più rinomate

della nazione sudafricana. In realtà con la medesima toponomastica gli operatori turistici tendono a raggruppare anche le montagne

dell’immediato entroterra, spesso ricche di foreste lussureggianti e assai piovose in estate, il tutto per poter proporre quest’area affacciata

sull’Oceano Meridionale come una delle più poliedriche e interessanti sotto un profilo di visita dell’intera nazione. Energiche campagne

pubblicitarie nel recente passato a favore della Garden Route hanno infatti promosso uno sviluppo turistico imponente della zona, fattore che

si è estrinsecato anche, purtroppo, con un boom edilizio talvolta incontrollato. Ciò che non difetta alle varie località della zona è però la

possibilità di intrattenimento, sia notturno che diurno: qui potrete compiere praticamente ogni attività ricreativa desideriate, sia marina che

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non.

Città fulcro della Garden Route è indiscutibilmente Knysna, curiosamente non affacciata sull’Oceano Meridionale, bensì posta al termine di

una profonda laguna attorniata da foreste rigogliose. Knysna, grazie anche al contesto naturale in cui torva ubicazione, è da sempre stata

legata al mare (fu un cantiere navale importante in passato) e all’industria del legno, un tempo adoperato proprio per costruire i vascelli e

oggi invece usato per creare splendidi manufatti da abili intagliatori che vendono i loro prodotti in una miriade di negozi di souvenir sparsi

per la città. Essendo l’epicentro dell’industria turistica della Garden Route Knysna è spesso e volentieri congestionata da gitanti e vacanzieri

nei mesi d’alta stagione, cosa che non la rende troppo pittoresca ed accattivante agli occhi dei più. Risulta però essere di sicuro il centro con

la vita notturna più vibrante della zona e per la sua posizione strategica un posto ideale come base per esplorare i dintorni. Una giornata

spesa in quei di Knysna non potrà dirsi goduta appieno se non parteciperete alle uscite su barche che percorrono la sua Lagoon, che un

tempo per la sua imboccatura stretta tra due possenti scogliere lungo le quali le correnti marine sono sempre violente venne considerato

l’ingresso portuale più pericoloso al mondo dalla marina inglese. Se la mattinata sarà spesa ondeggiando alla mercé dell’oceano nella

Knysna Lagoon il pomeriggio può essere invece trascorso tra alcune delle spiagge più eccellenti che la Garden Route abbia da offrirvi,

collocate nelle immediate vicinanze di Knysna. Il litorale più in auge sia per i surfer che per gli amanti della tintarella e di chi ama stare

sdraiato sulla sabbia dorata leggendo un buon libro è sicuramente quello che congiunge le località di Brenton on Sea e Buffels Bay (20km, 20

minuti), una vera delizia per gli occhi e per la mente. Se però voleste raggiungere qualche distesa sabbiosa completamente libera

dall’antropizzazione e verosimilmente scevra di folla potrete sempre provare la costa dello Wilderness National Park (40km, 30 minuti), più a

ovest in direzione di George. In ogni caso ricordate a sera di fare rientro presso Knysna per godere della sua offerta culinaria e vita notturna

intrigante.

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Una spettacolare vista aerea della Garden Route con le alte scogliere ammantate da prati verdissimi che fungono da accesso, pericoloso, alla

Knysna Lagoon, sullo sfondo. In seconda immagine quindi una vista serale del porticciolo di Knysna, principale centro ricreativo e turistico

della zona ed infine uno sguardo sulla distesa dorata della spiaggia che congiunge Brenton on Sea e Buffels Bay.

Una seconda giornata spiccatamente a carattere balneare nella Garden Route può infine essere spesa per scoprire cosa abbia da offrirvi

questa costa nel suo tratto orientale che collega Knysna a Plattenberg Bay (35km, 30 minuti). Questa sezione della costa affacciata

sull’Oceano Meridionale è più scoscesa e ricca di scogliere della sua corrispettiva parte occidentale, tanto che tra le due località ci sono solo

un paio di siti di reale interesse. Il primo è il singolare borgo di Noetzie, caratterizzato sì da una baia dorata ma soprattutto reso stravagante

dalla presenza di diversi alberghi dalla foggia tipica di un castello medievale europeo. Il secondo punto di interesse è invece la severa e un

poco remota Robberg Peninsula, tutelata da un parco naturalistico. Perennemente esposta a venti impetuosi questa lingua di terreno che si

estende giusto a sud di Plettenberg Bay racchiude però sul suo versante meridionale una delle spiagge più fotografate e mirabolanti di tutto il

Sud Africa: una battigia di sabbia candida e finissima che unisce la terraferma continentale a un affioramento roccioso poco distante proteso

verso l’Oceano Meridionale. Molti reputano questo uno dei siti balneari più belli di tutta l’Africa australe. Dal canto suo invece la limitrofa

Plettenberg Bay è ormai divenuta uno dei luoghi turistici marini più affollati e in voga del Sud Africa intero. Qui convergono migliaia di

curiosi e vacanzieri richiamati sia dalla sua ospitalità, spesso a buon mercato, sia dalla lunghissima, quasi interminabile, spiaggia di quasi

20km che disegna un arco perfetto lungo il perimetro della baia omonima. Anche in questo caso il consiglio è di spendere la giornata lungo le

meraviglie marine della Garden Route, ma una volta giunto l’imbrunire di fare rientro a Knysna per la nottata e la serata.

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Una delle numerose costruzioni in stile simil medievale che caratterizza lo stravagante borgo marino di Noetzie, quindi la splendida spiaggia

a doppia semiluna dorata che ammalia i visitatori della Robberg Peninsula ed infine una vista aerea che rende l’idea dell’immenso litorale di

Plattenberg Bay: i tre gioielli della sezione orientale della Garden Route.

15° - 16° giorno: GRAAFF- REINET, CAMDEBOO NATIONAL PARK

La quindicesima giornata di viaggio vi condurrà con una profonda deviazione dalla linea costiera meridionale del Sud Africa verso uno dei

suoi paesaggi più caratteristici dell’entroterra: gli altopiani semidesertici del Karoo. In questo caso penetrerete a fondo nella regione del

Grande Karoo, molto più secca e meno verdeggiante della corrispettiva visitata in precedenza e obiettivo della vostra giornata dovrebbe

essere la cittadina storica di Graaff-Reinet (405km, 4 ore di auto da Knysna). Quarto insediamento coloniale del Sud Africa per anno di

fondazione (1786) Graaff-Reinet è una località in cui l’atmosfera retrò è ancora ben percepibile grazie alle numerose architetture vittoriane,

olandesi e i cottage tipici dal tetto piano del Sud Africa ottocentesco. I turisti non sono una rarità da queste parti e non appena messo piede in

città sarete sicuramente sorpresi dalla quantità di sistemazioni a buon mercato e di alto livello che Graaff-Reinet abbia da offrirvi, così come

intriganti sono le vetrine di diversi negozi del centro che vendono ogni tipo di souvenir, molti dei quali fatti a mano nei borghi rurali del

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Karoo. Una visita a Graaff-Reinet si presta benissimo ad essere compiuta a piedi, essendo il nucleo abitato compatto intorno alla bellissima

Dutch Reformed Church, una chiesa gioiello in pietra con finiture e decorazioni in faccia di un bianco accecante che creano una dicromia

davvero suggestiva. Giusto innanzi alla chiesa si trova poi l’incrocio fondamentale di Graaff-Reinet (tra Church Street e Somerset Street)

intorno la quale sorgono due musei che raccolgono le maggiori produzioni artistiche locali (l’Hester Rupert Art Museum e il Pierneef

Museum) oltre all’immancabile Old Library la quale possiede sale interne che espongono manufatti delle popolazioni del Karoo e svariati

reperti fossili rinvenuti nelle piane semidesertiche limitrofe. Per il resto Graaff-Reinet ben si presta a oziare tra le sue stradine cosparse di

angoli storici e a indugiare sui tavolini degli invitanti bar all’aperto in attesa della notte, una delle più intriganti del modesto panorama

urbano del Karoo.

La seconda giornata in quei di Graaff-Reinet la si può invece spendere perlustrando le aree sottoposte a tutela ambientale che attorniano

l’abitato e che sono note complessivamente con l’appellativo di Camdeboo National Park, dal 2005 (si tratta dell’ex Karoo Nature Reserve

istituita invece nel 1979). Vanto principale di questo neonato parco nazionale sono le sue stravaganti formazioni rocciose di dolorite che si

ergono maestose e frastagliate dalle pianure del Karoo sottostanti. La sezione più spettacolare in questo senso, e del parco nel suo

complesso, è la cosiddetta Valley of Desolation che si può raggiungere sia in automobile che attraverso un appagante sentiero escursionistico

di 14km direttamente da Graaff-Reinet. L’altra sezione spesso visitata del Cambeboo National Park è invece quella posta a settentrione del

bacino lacustre artificiale Van Rynevelds (Nqweba) che lambisce a settentrione la cittadina di Graaff-Reinet. L’area (accessibile in auto ma

dalla quale è vietato scendere) comprende diversi esemplari di fauna selvatica tipica del Karoo come aquile nere, gru del paradiso, bufali,

cudù, antilopi e zebre di montagna del Capo che si possono abbastanza facilmente avvistare, specie all’alba o al tramonto. Che decidiate di

cimentarvi in lunghe escursioni o alla visita più onnicomprensiva del parco in tutte le sue varie sfaccettature per la serata prevedete ancora

una sosta notturna in quei di Graaff-Reinet.

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Una vista aerea della spettacolare e desolata posizione in cui torva ubicazione la storica cittadina di Graaff-Reinet, nel cuore dell’entroterra

sudafricano, impreziosita però da diverse architetture pregevoli come la Dutch Reformed Church (in seconda immagine). Nell’ultima

fotografia invece una vista accattivante sulla Valley of Desolation, emblema geologico e paesaggistico del Camdeboo National Park.

17° - 18° giorno: ADDO ELEPHANT NATIONAL PARK

L’Addo Elephant National Park rappresenta oltre ogni ragionevole dubbio il parco faunistico più importante di tutto il Sud Africa

meridionale dato che in questa riserva caratterizzata da una vegetazione bassa e poco diffusa, ideale per scorgere gli animali selvatici nel

loro habitat, potrete abbastanza agevolmente fare esperienza di avvistamenti di leoni, bufali, leopardi, rinoceronti, facoceri, ghepardi, iene,

antilopi, zebre oltre ovviamente ai grandi pachidermi, emblema del parco. Quella che sembra oggi un’oasi naturalistica sospesa nel tempo e

dagli immutabili rituali millenari è in realtà il frutto di un lavoro alacre e instancabile dei suoi curatori che nel 1931 idearono questa area

protetta allo scopo di salvare gli ultimissimi (11) esemplari di elefanti che vivevano allo stato brado nella provincia dell’Eastern Cape, ultimi

discendenti dei branchi da centinaia di capi che furono ad inizi ‘900 sistematicamente sterminati allo scopo di lasciar spazio ai terreni per

l’agricoltura. Dopo anni di cure e attenzione al loro ecosistema sono ormai più di 450 gli elefanti che vivono nell’Addo Elephant National

Park, i quali peraltro si sono abituati alla presenza ora benevola dell’uomo visto che per anni i turisti hanno avuto la sbagliata abitudine di

fornir loro agrumi, specie durante la stagione secca. Nonostante le potenzialità indiscusse come meta turistica e la stretta vicinanza alla

metropoli di Port Elizabeth l’Addo National Park rimane quasi misconosciuto e spesso poco frequentato dai turisti (si contano solo 100.000

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presenze annua, il 55% delle quali composte da curiosi provenienti dal nord Europa), fatto però che permette ai suoi ospiti animali di

proliferare indisturbati in questo tempio naturale nel cuore del Sud Africa. L’accesso principale dell’Addo National Park avviene da ovest e

vi condurrà all’Addo Main Camp (245km, 2 ore e mezzo da Graaf-Reinet). Qui dopo aver preso visione dei percorsi, che potrete anche fare

autonomamente su strade sterrate segnalate, potrete quindi inoltrarvi nel dedalo di percorsi di osservazione della fauna selvatica proposti. Il

nostro consiglio, se le richieste economiche non sono troppo esose, è quello di farvi accompagnare da guide locali che conoscono le abitudini

della fauna e che potranno massimizzare le opportunità di avvistamento della stessa e farvi muovere in questo ambiente selvaggio in

sicurezza. In qualsiasi caso se vi inoltrerete nel parco in autonomia ricordate alcune semplici ma basilari regole: non fornire mai cibo agli

animali, rimanete sui percorsi segnalati e scendete dai veicoli solo nelle apposite aree segnalate. Visto che le opportunità migliori per

scorgere elefanti e altri animali è l’orario del mattino presto vi invitiamo a prendere seriamente in considerazione la possibilità di un

pernotto nelle strutture del parco in modo da avere in seconda giornata la possibilità di fare memorabili incontri ravvicinati e foto ricordo di

questo sublime ecosistema. Una volta dopo aver percorso tutto l’Addo Elephant National Park lungo le sue piste interne dell’Addo Main

Camp sino alla sua entrata meridionale, la Matyholweni Entrance Gate, nel pomeriggio della seconda giornata non vi resterà infine altro da

fare che muovere dal parco in direzione della vivace località marina di Jeffrey’s Bay per la serata (115km, 75 minuti).

Alcuni esemplari della nutrita fauna selvatica che contraddistingue l’Addo Elephant National Park, uno dei santuari naturalistici più

sottovalutati di tutto il Sud Africa: qui avvistamenti di zebre, rinoceronti neri e ovviamente dei possenti elefanti sono possibili anche

direttamente dal vostro veicolo privato che potrà muoversi tra gli animali su apposite strade sterrate segnalate.

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19° - 20° giorno: JEFFREY’S BAY

Jeffrey’s Bay è ormai divenuta da decenni sinonimo di surf a livello mondiale e nel contesto sudafricano la principale realtà turistica della

costa meridionale della nazione affacciata sull’Oceano Meridionale. Del piccolo insediamento originale caratterizzato da una forte impronta

marinaresca rimane ancora qualche sfaccettatura nell’atmosfera locale ma è indubbio che lo spirito libero e propenso al divertimento dei

surfer, la nascita di una serie di seconde case delle classi abbienti locali, di numerosi alberghi per i turisti e di una serie di ristorazioni di

livello nazionale stiano dando una nuova impronta a Jeffrey’s Bay. Il periodo clou dell’anno per i patiti della tavola da surf rimangono i mesi

che vanno da giugno a settembre quando l’Oceano Meridionale regala costantemente cavalloni perfetti per evoluzioni memorabili e iniezioni

di adrenalina uniche. Sempre in questo periodo poi in città si tengono la Billabong Pro e la Pro Junior, due competizioni di livello

internazionale che richiamano i migliori surfer del globo a Jeffrey’s Bay. Anche se Jeffrey’s Bay è deliziosa e di notte è decisamente la

località più ricca di club e feste sfrenate della costa sudafricana se di giorno non siete amanti della confusione o dello struscio tra i nuovi

numerosissimi negozi del centro sappiate che a soli 30km di strada verso ovest si trovano le località marine molto più genuine e scevre di

caos di Cape St Francis e Oyster Bay che peraltro possiedono litorali a mezzaluna sabbiosa che, seppur più piccoli, non hanno davvero nulla

da invidiare ai corrispettivi di Jeffrey’s Bay, anche per quanto concerne il moto ondoso. Vista la bellezza della costa, le infinite opportunità di

fare sport acquatici e di divertimento serale vi consigliamo caldamente di dedicare almeno un paio di giorni a quest’area dell’Eastern Cape:

sarà il perfetto congedo spensierato e indimenticabile a questo sontuoso tour nel cuore meridionale del Sud Africa.

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Un’istantanea che rende l’idea delle immense lande sabbiose che caratterizzano la linea costiera sudafricana nei pressi di Jeffrey’s Bay.

Queste spiagge sono peraltro costantemente sferzate da poderose onde oceaniche che hanno reso la località la capitale nazionale del surf. In

terza immagine infine il meno turistico e più selvaggio Cape St Francis, proiettato verso l’Oceano Meridionale.

21° - 22° giorno: trasferimento fino in Italia

Viaggiare a ritroso dal Sud Africa in direzione dei principali aeroporti italiani non è già di per sé impresa agilissima e diventa una percorso

un poco estenuante se, come in questo caso, il vostro aeroporto di partenza è il grande, ma non gigantesco, Port Elizabeth Airport (90km, 1

ora da Jeffrey’s Bay). Per rientrare in Italia dal quarto scalo aeroportuale della nazione sudafricana, con poco più di un milione di

passeggeri annui che lo frequentano, dovrete necessariamente mettere in conto almeno un paio di scali intermedi lungo la tratta

(generalmente il primo nell’aeroporto di Johannesburg o Città del Capo e il secondo presso o Istanbul o Addis Abeba o i principali hub della

penisola arabico come Dubai, Abu Dhabi o Doha), cosa che farà dilatare i tempi di rientro a 21-26 ore di viaggio in media. Logicamente

anche in assenza di un fuso orario marcato tali tempistiche impongono che siano dedicati al viaggio di rientro almeno un paio di giorni. Per

lo meno sappiate che i costi in genere sono parecchio calmierati ai giorni nostri dopo diversi anni di prezzi davvero esosi.