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HARLEQUIN MONDADORI I doveri di una duchessa Christine Merrill

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HARLEQUIN MONDADORI

I doveridi una duchessa

Christine Merrill

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Immagine di copertina: Bruno Faganello

Titolo originale dell'edizione in lingua inglese:

The Inconvenient Duchess Harlequin Mills & Boon Historical Romance

© 2006 Christine Merrill Traduzione di Daniela Mento

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto

di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con

Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione Harmony History dicembre 2007

Questo volume è stato impresso nel novembre 2007

da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd)

HARMONY HISTORY ISSN 1124 - 7320

Periodico quindicinale n. 308 del 20/12/2007 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 624 dell'11/10/1996 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

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«Sai che sto morendo...» mormorò la donna, ag-grappandosi con le dita esili e pallide alla mano del figlio. Marcus Radwell, quarto Duca di Haughleigh, cercò di restare impassibile. «Lo dicevate anche a Natale, madre» le ricor-dò. «Questa volta è vero, Marcus. Non ti sto men-tendo.» Solo sua madre sarebbe stata capace d'inscena-re con tanta teatralità la propria presunta agonia, pensò Marcus. Il letto a baldacchino aveva i ten-daggi di velluto viola, forse per rendere ancora più malsano il suo colorito. Al suo capezzale c'e-rano le candele e un vaso pieno di gigli, come se fosse già una camera ardente. «Le forze mi stanno lasciando, figlio mio. A-scolta bene quello che ti devo dire perché non po-trò più ripeterlo...» Fece un cenno stanco verso il bicchiere sul comodino. Marcus si affrettò a riempirlo con l'acqua di una brocca e a porgerglielo, scrutandola in volto. Probabilmente quella malattia era finta come tutte

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le altre, ma la mano della donna tremava, mentre prendeva il bicchiere, notò stupito. «Se vi sentite troppo debole, madre, forse sa-rebbe meglio rimandare» le consigliò. «Diventerò sempre più debole, ormai sono con-dannata.» «Lo dicevate anche l'altra volta, ma era soltanto una scusa per farmi tornare a Haughleigh Grange. Quando avete qualcosa da dirmi, perché non me lo scrivete?» «Ti dispiace tanto ritornare a casa da tua ma-dre?» «Questa non è casa mia, è casa vostra.» «No, Vostra Grazia» gli ricordò lei con una ri-sata amara. «Da quando hai ereditato il titolo di Duca di Haughleigh questa è casa tua, che ti piac-cia o meno.» La risata si trasformò in un accesso di tosse. Marcus si rabbuiò: forse sua madre stava davvero male, ma aveva finto tante volte che non riusciva più a crederle. «Ti prego, dammi la scatola che c'è su quel ta-volo» gli disse lei. Era una scatola piena di vecchie lettere. «Negli ultimi tempi ho fatto il possibile per ri-mediare ai torti che ho commesso nella vita» gli confidò la donna. Vent'anni non le sarebbero bastati, pensò subito Marcus con amarezza. «Ho cercato di fare del bene, di aiutare chi era in difficoltà nella speranza che il Giudice Supre-mo, al momento del mio trapasso, possa perdona-re i miei peccati. Mesi fa ho ricevuto questa lette-ra. È di una mia vecchia amica dei tempi della

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scuola, che non rivedo da anni. Le avevo fatto un grave torto, che ora vorrei riparare.» Marcus, prima ancora di sentire il resto, indo-vinò quello che sua madre gli avrebbe detto. Gli avrebbe parlato di qualche brava fanciulla, di no-bile famiglia, che avrebbe potuto sposare per dare un erede al casato. «Quando è morto suo padre questa mia compa-gna di scuola ha dovuto guadagnarsi da vivere fa-cendo la dama di compagnia a una fanciulla di ot-tima famiglia. Le è affezionata come se fosse sua figlia e vorrebbe...» «No» rispose subito Marcus per impedire alla madre di continuare. «Non ti ho ancora chiesto niente, perché mi ri-spondi di no?» «Perché so che cosa volete propormi. Non è la prima volta, madre, che mi trovate una moglie, ma io non ho alcuna voglia di risposarmi.» «Vuoi continuare a soffrire per una donna mor-ta dieci anni fa? A che scopo? Prima di andarme-ne, Marcus, voglio vederti di nuovo sposato. La-dy Cecily, così si chiama la mia cara amica, dice che questa fanciulla è orfana, che le terre della sua famiglia sono tutte ipotecate e che rischia di doversi guadagnare da vivere come lei, facendo la dama di compagnia o la governante. Mi ha scritto per chiedermi di aiutarla e io non voglio tirarmi indietro.» «E voi vorreste offrire me come capro espiato-rio per le vostre colpe di quarant'anni fa?» «Ho un figlio di trentacinque anni che spreca il suo tempo con donne di malaffare, invece di cu-rarsi delle sue terre e dei suoi averi! Se morirai

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senza un erede, il titolo e tutto quello che possiedi passeranno a tuo fratello. Non ci hai pensato o credi di essere immortale?» «Non dovrebbe dispiacervi, madre. St. John è sempre stato il vostro preferito.» «Non sarò ipocrita, non ti dirò che sei tu il mio figlio prediletto, ma anche una madre si rende conto dei difetti di un figlio che ama in modo par-ticolare. St. John mi è caro, ma nel giro di un an-no perderebbe a dadi tutto quello che ha lasciato tuo padre, incluso il titolo. Per questo motivo, Marcus, tu dovrai avere un erede.» Sposarsi, avere un erede e forse anche venire ad abitare in quella sinistra dimora piena di fanta-smi! Gli sembrava più una tomba che una casa e Marcus aveva sempre fatto di tutto per starne lon-tano. Sua madre ebbe un altro accesso di tosse e lui le porse di nuovo il bicchiere. «Non ti offro come capro espiatorio per i miei peccati, spero solo che questa sia la donna giusta per te. Ti chiedo di non dirmi di no prima di aver-la conosciuta. Ho proposto a Lady Cecily di ve-nirmi a trovare con la sua giovane protetta, così avrai modo di vederla e di parlare con lei. Forse non sarà una bellezza, ma la mia amica scrive che gode di ottima salute e che è dotata di un insolito buonsenso per una fanciulla della sua età. Due qualità che ne farebbero, da sole, una buona mo-glie.» Marcus non disse nulla. «Perché non rispondi? Sei già innamorato di qualche cortigiana?» Marcus scosse il capo.

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«O forse hai perso la testa per una donna sposa-ta? La moglie di un tuo amico?» lo incalzò la ma-dre. «Santo cielo, no!» «Corteggi in segreto qualche fanciulla di buona famiglia che potresti sposare? No di certo, sareb-be sperare troppo. Perciò, caro figlio, prendi in considerazione la mia proposta. Se la fanciulla è di tuo gradimento, sposala e, nel giro di un anno, avrai l'erede che tanto abbiamo atteso.» Un altro accesso di tosse, più forte di quelli precedenti, costrinse la duchessa a piegarsi in a-vanti. Marcus la dovette sostenere mentre una ca-meriera entrava nella stanza per soccorrere la pa-drona. La tosse sembrava inarrestabile e, quando la domestica se ne andò, portò via con sé il fazzo-letto sporco di sangue. «Madre...» mormorò Marcus allarmato. Questa volta era davvero malata, non si trattava della solita finzione. «Ti prego, figlio mio, ti chiedo solo di farmi morire in pace. Sposati, dammi un nipote, non ti chiedo altro.» Se stava davvero morendo non poteva rifiutar-glielo. Marcus sospirò e si arrese. «Ti prometto di conoscere la fanciulla» le ri-spose, augurandosi di non dover mai rimpiangere quelle parole.

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Il portone di Haughleigh Grange, la residenza del Duca di Haughleigh, era di solida quercia. Quan-do Lady Miranda Grey bussò si chiese se avreb-bero sentito, dato che quella sera infuriava un vio-lento temporale. Finalmente arrivò il maggiordomo ma, quando aprì il portone, rimase per un attimo a fissarla perplesso, quasi augurandosi che una raffica di vento la portasse via. Non doveva essere un bello spettacolo, si disse Miranda, con i capelli bagnati che le ricadevano sul viso, il vestito da viaggio infangato e lo scialle con cui cercava di ripararsi fradicio di pioggia. Per fortuna aveva preferito in-dossare un paio di scarpe del tutto inadatte a una signora elegante, ma che almeno le avevano man-tenuto i piedi asciutti durante la lunga camminata per arrivare fin lì dal villaggio. Il maggiordomo aprì la bocca e Miranda fu si-cura che stesse per cacciarla o, almeno, per dirle di entrare dalla porta di servizio. Allora si ricordò di quanto Cecily le aveva ripetuto per tutti quegli anni. Non è l'apparenza che conta, ma quello che

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sei. Tu sei una gentildonna, Miranda, e lo sarai sempre. Se te lo ricordi, tutti ti tratteranno come meriti. «Buonasera. Sono Lady Miranda Grey» fece sapere al maggiordomo con il tono più condiscen-dente possibile. «E vorrei vedere la Duchessa di Haughleigh.» Ricevette per tutta risposta uno sguardo stupito, poi il maggiordomo si allontanò mormorando qualcosa che lei non capì, se non il fatto che ave-va nominato la biblioteca. Miranda entrò, anche se non l'avevano invitata a farlo, e lasciò cadere sul pavimento di marmo la sua borsa da viaggio. Pesava come se fosse di piombo e non intendeva portarla nemmeno per un altro passo, non era compito suo. Non voleva ri-manere lì ad aspettare che il maggiordomo tor-nasse, perciò lo seguì in biblioteca. Lui le fece cenno di accomodarsi nella stanza e aggiunse qualche altra cosa con voce impastata, parlando in tono molto basso. Quando lo vide an-dare via si augurò che stesse andando ad avvertire la duchessa del suo arrivo e non a bere ancora il gin che apprezzava tanto, a giudicare dal suo ali-to. Esaminò la biblioteca, cercando di ignorare le gocce di pioggia che cadevano sul pavimento dai suoi vestiti. Era sontuosa, come il resto della di-mora. Soffitti altissimi, corridoi che sembravano interminabili, ampie finestre che guardavano sul grande parco che circondava Haughleigh Grange. Il Duca di Haughleigh sembrava ricchissimo, ma probabilmente non lo era davvero... o non a-vrebbe mai accettato di aprire proprio a lei le por-

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te di casa sua. I bei libri rilegati in pelle allineati sugli scaffali erano ricoperti di polvere, quindi non sembrava troppo appassionato di lettura. For-se era ricco ma non colto, ma un esame più atten-to di quello che la circondava le diede un quadro diverso della situazione. Il camino era sporco di fuliggine, avrebbe do-vuto essere pulito. Le tende di velluto alle finestre erano polverose e, quando le spostò, qualche tar-ma volò via spaventata. Il maggiordomo sembrava mezzo ubriaco, la servitù non puliva come avrebbe dovuto. Se il du-ca era un ignorante, sua madre non sapeva farsi obbedire dai domestici. Se solo fosse stata lei la padrona di una dimora come quella... Miranda non andò oltre. Cecily si illudeva che il duca potesse sposarla, ma le favole erano sem-pre state la sua passione. Lei invece sapeva bene che la sua era una missione disperata, eppure l'a-veva affrontata perché non aveva altre possibilità di salvezza. Doveva farsi forza, raccogliere tutto il proprio coraggio e pensare che forse sarebbe davvero di-ventata la padrona di quella sontuosa dimora. E allora le cose sarebbero cambiate, la polvere sa-rebbe sparita e il maggiordomo avrebbe dovuto dire addio al gin oppure al suo impiego. Non poteva offrire al Duca di Haughleigh una ricca dote e nemmeno il fascino e la bellezza di tante dame londinesi, ma che cosa importava così lontano da Londra? Sarebbe stata un'ottima pa-drona di casa e gli avrebbe dato l'erede che la du-chessa sua madre aspettava da tempo.

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Cecily le aveva parlato a lungo del Duca di Haughleigh. Da dieci anni era vedovo, probabil-mente aveva già i capelli grigi ed era un po' cur-vo, ma che cosa le importava? In dieci anni dove-va essersi consolato con tutte le amanti che vole-va, non sarebbe stato un marito troppo esigente. Un uomo tranquillo, riservato, così glielo aveva dipinto Cecily. Non sarebbe stato difficile andare d'accordo con lui, con un po' di comprensione e di gentilezza. Miranda sentì che la porta si apriva e si voltò per vedere chi fosse. Il gentiluomo che vide entra-re non corrispondeva per niente all'idea che si era fatta del Duca di Haughleigh. Era alto, biondo, con gli occhi azzurri. Aveva un sorriso affascinante e non sembrava molto più vecchio di lei. Cecily doveva essersi sbagliata. «Guarda guarda che bella sorpresa!» disse il giovane gentiluomo facendosi avanti e continuan-do a sorridere. «Chi siete, mia cara?» Miranda fece una profonda riverenza. «Lady Cecily ha scritto a vostra madre il gior-no della mia venuta, tuttavia non ho trovato nes-suno ad aspettarmi all'arrivo della diligenza» gli spiegò, imbarazzata per le condizioni in cui la tro-vava. «Capisco» rispose lui serio. «Conoscete bene mia madre?» «Non l'ho mai incontrata, ma Lady Cecily mi ha parlato tanto di lei. Erano compagne di scuola, si sono scritte molte lettere.» Miranda cercò nella borsetta la lettera di pre-sentazione che Lady Cecily aveva preparato per lei. La trovò, ma purtroppo era bagnata.

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«Non sapevate della malattia di mia madre?» le domandò lui prendendo la lettera e dandole una rapida occhiata. Poi le indicò la fascia di velluto nero che aveva al braccio. Miranda capì, all'improvviso. «Volete dirmi che vostra madre...?» «Purtroppo ci ha lasciato qualche settimana fa. Temo che vi sarà impossibile incontrarla, ma pos-so aggiungere che non avete perso molto. Mi di-spiace, penserete che non è affatto rispettoso da parte mia parlare così di una madre morta da po-co, ma purtroppo non era una persona gradevole da frequentare. Che cosa vi prende?» Miranda, pallida in volto, si era lasciata cadere sulla poltrona più vicina senza curarsi degli abiti bagnati. «Mi avete detto che non la conoscevate, perciò credevo che non vi avrebbe fatto molto effetto ap-prendere della sua morte. Posso offrirvi qualcosa da bere per riprendervi dalla notizia? Del bran-dy?» le chiese il giovane gentiluomo, stupito del-la sua reazione. Cercò il liquore dappertutto, ma non lo trovò. «Wilkins l'avrà fatto sparire come al solito, dannato ubriacone» brontolò fra sé, poi an-dò alla porta e la spalancò. «Wilkins!» gridò nel corridoio. «Dov'è il brandy?» Miranda si nascose il viso fra le mani per lo sconforto. La duchessa era morta, quindi il duca l'avrebbe rispedita a casa senza la minima esita-zione. Non sembrava affatto un povero vedovo bisognoso d'affetto, non avrebbe saputo che cosa farsene di lei. «Che modi sono, St. John? Se vuoi bere tutto il brandy che abbiamo in casa fai pure, ma non urla-

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re in questa maniera indecorosa. Non ti è rimasto un briciolo di dignità?» fu la risposta che venne dal corridoio, e non era di certo stato il maggior-domo a replicare. Sulla soglia della biblioteca apparve un altro gentiluomo, alto come il primo ma dai capelli scuri, appena brizzolati sulle tempie, e dagli occhi grigi come un cielo in tempesta. Non sorrideva, aveva il viso segnato dal dolore e dall'amarezza, ma da lui emanavano un'energia e una forza che l'altro non aveva. «Ti porti a casa anche le donne? St. John, cac-cerò fuori te e lei se non...» «Mio caro fratello, questa fanciulla non si trova qui per mia volontà, ma per quella di nostra ma-dre» rispose il gentiluomo biondo. «Ti posso pre-sentare Lady Miranda Grey? Lady Miranda, que-sto è il Duca di Haughleigh.» «Voi siete il duca?» Miranda si alzò immediatamente dalla poltrona e cercò di fargli una riverenza, ma le ginocchia le tremavano per l'emozione. «Certo che sono il duca. Questa è casa mia, chi credevate di trovarci? Il Principe Reggente?» «Credo che Lady Miranda fosse convinta che il duca ero io. Stavamo conversando piacevolmente quando tu...» «Da quanto tempo conversavate piacevolmen-te?» domandò sospettoso Marcus. «Pochi minuti.» «E durante quella piacevole conversazione tu hai evitato di spiegarle che si stava sbagliando?» «Caro fratello, non penserai per caso che io...» «Mi dispiace moltissimo che vostra madre...

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Vostra Grazia, questa è la lettera di presentazione di Lady Cecily Dawson. Vostra madre vi avrà di certo parlato di me» li interruppe imbarazzata Mi-randa, porgendo al duca la lettera bagnata. Marcus prese la lettera e la degnò di un'occhia-ta ancora più breve di quella che le aveva dato il fratello. «Accidenti a me!» imprecò. «Non avrei dovuto promettere niente, ma mi ero accorto che era dav-vero malata. Credevo che la sua morte mi avrebbe liberato dall'impegno che mi ero preso, invece...» «Avete promesso di sposarmi sperando che vo-stra madre morisse prima di doverlo fare?» chiese inorridita Miranda. «Ho solo promesso che vi avrei incontrata, non che vi avrei sposata» mise subito in chiaro il du-ca. «Mi ero completamente dimenticato di voi, e invece eccovi qui. Con la vostra cameriera, im-magino.» «Io, veramente... La mia cameriera si è amma-lata, non ha potuto accompagnarmi» mentì Mi-randa. «E questa Lady Cecily che ha scritto la lette-ra?» «È avanti con gli anni, non viaggia più.» In realtà Lady Cecily era sana e robusta, ma aveva detto che non ci teneva affatto a rivedere la duchessa. «Avete viaggiato da sola? Da Londra fino al Devon?» «Con la diligenza postale.» Seduta a cassetta, accanto al cocchiere per ri-sparmiare sul denaro del biglietto. «Quando siete arrivata al villaggio?»

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«Un paio di ore fa. Non ho trovato nessuno ad aspettarmi all'arrivo della diligenza, così sono ve-nuta sin qui a piedi» spiegò Miranda al duca. «Sotto la pioggia? Sono quattro miglia!» «Mi piace la pioggia.» «E vi piace anche mettere a repentaglio la vo-stra reputazione? Avete viaggiato da sola per ve-nire in una casa dove vivono due scapoli?» «Credevo che avrei trovato anche vostra madre a Haughleigh Grange.» «Qualcuno vi ha visto, lungo la strada?» si in-formò ancora il duca. «Ho chiesto la strada a una simpatica coppia in calesse, mentre venivo qui.» Marcus imprecò sottovoce. «Descrivetemi la simpatica coppia, se non vi dispiace» aggiunse fra i denti. «Il marito era piuttosto florido, con i capelli grigi. La moglie era magra, con l'espressione se-vera. Ah, sì, lui portava gli occhiali, lei era un po' strabica da un occhio.» Marcus imprecò di nuovo, un po' meno sotto-voce. «Spero che non abbiate detto loro il vostro no-me.» «Perché non avrei dovuto dirlo?» chiese inge-nuamente Miranda. Il duca si lasciò cadere su una poltrona mentre suo fratello scoppiava a ridere. «Che cos'hai da ridere, idiota? Non capisci in quale situazione ci troviamo?» sbottò Marcus. St. John rise di nuovo, proprio perché capiva benissimo quale fosse la situazione. «Potrei fare una generosa offerta alla nostra ospite, se sei tan-

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to preoccupato di quello che pensa la gente» ri-spose al fratello. «Prova a fare il tipo di offerta che hai in mente e ti taglio la testa. Lady... Come diavolo vi chia-mate? Lady Miranda» disse dopo aver dato un'al-tra occhiata alla lettera che aveva ancora in mano, «venendo qui voi avete incontrato il reverendo Winslow e sua moglie, i due peggiori pettegoli di Marshmore. Ben presto tutto il villaggio sarà al corrente della notizia.» «Di quale notizia? Scusate, non capisco.» «Che il Duca di Haughleigh e suo fratello» le spiegò St. John, «dopo la morte della madre si so-no riconciliati fino al punto da far venire da Lon-dra una delle loro amanti.» «Ma non è vero!» «Che cosa volete che importi se è vero o meno? Tutti lo crederanno e discuteranno soltanto se l'a-mante è mia o di St. John» la zittì il duca. «Mrs. Winslow ha una cugina a Londra, perciò la noti-zia arriverà anche laggiù. La vostra reputazione è rovinata.» «Non disperare, Marcus, la soluzione è a porta-ta di mano» lo consolò scherzosamente il fratello. «Che cosa voleva nostra madre? Che cosa le ave-vi promesso?» «Vuoi chiudere il becco?» «Fai il tuo dovere da gentiluomo.» «Ti ho detto di stare zitto!» «Non pensare solo alla reputazione di Lady Mi-randa, pensa anche alla tua. Sei il Duca di Hau-ghleigh, che cosa vuoi che si dica di te? Che non hai salvato l'onore di una fanciulla innocente?» «Accidenti a me! Accidenti alla promessa che

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avevo fatto a nostra madre! Accidenti al vicario e a quella lingua malefica di sua moglie, che possa-no bruciare all'inferno per tutta l'eternità!» «Marcus, Marcus... Adesso che ti sei sfogato pensa a fare il tuo dovere» lo sollecitò il fratello. «E accidenti anche a te, St. John!» «Il Duca di Haughleigh non si può tirare indie-tro quando c'è di mezzo l'onore di una fanciulla.» «Non ho bisogno di prendere lezioni di cavalle-ria da te.» «Non hai scelta. Devi proteggere il tuo prezio-so nome, oltre che la reputazione di Lady Miran-da, e c'è un solo modo per riuscirci.» «Ti stai divertendo, vero?» «Avanti, Marcus, rimandare è inutile. Prima ti togli questo peso e meglio è. Che cosa aspetti? Ormai è inevitabile.» Era la pura verità. Suo fratello, per quanto o-dioso, aveva ragione. Marcus Radwell, quarto Duca di Haughleigh, si irrigidì. Doveva farlo, non c'era altra via di uscita per evitare uno scandalo. Fece appello a tutte le pro-prie forze per non rivelare le emozioni che lotta-vano dentro di lui e si volse verso la loro ospite. «Lady Miranda» le chiese con voce ferma, «vorreste farmi l'onore di diventare mia moglie?»

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«Ma è ridicolo!» Miranda non avrebbe voluto dirlo, ma le era sfuggito. Non si era immaginata che le cose an-dassero così, però quello era lo scopo per cui era venuta nel Devon. Sposare il Duca di Haughleigh, e adesso il duca le aveva chiesto di diventare sua moglie. Perché mai aveva risposto in quel modo? «Trovate ridicola la mia proposta?» Il duca sembrava offeso, oltre che stupito. «No, no» si affrettò a smentire Miranda. «Non è ridicola, solo che è stata così improvvisa... Non me l'aspettavo.» «Vi siete ripresa dalla sorpresa? Allora rispon-detemi.» Miranda guardò il fratello più giovane. Cecily aveva accennato al fatto che il duca avesse un fra-tello minore, ma se l'era dimenticato. St. John la guardava con un sogghigno divertito e non sem-brava volerla aiutare. «Vostra Grazia...» Neppure il duca sembrava disposto a soccorrer-la. Stava battendo nervosamente un piede, impa-

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ziente di sentire la sua risposta. Non era per nulla gentile da parte sua comportarsi in quel modo, mentre lei stava per prendere una decisione che le avrebbe cambiato per sempre la vita. Ancora una volta le tornarono in mente i saggi consigli di Cecily. Quello che vuoi non ha importanza, Miranda. Dimenticati sogni e desideri, un buon matrimonio è la tua sola salvezza. Lo era ancora di più adesso che rischiava di perdere l'unica cosa che le era rimasta, la reputa-zione. «Sarei davvero rovinata, se non accettassi di sposarvi?» «Non lo sareste solo se il vicario e sua moglie decidessero di comportarsi da persone discrete, ma non lo faranno mai» le rispose Marcus. «Mi dispiace» aggiunse dopo un attimo. Gli dispiaceva per lei o per se stesso? Avrebbe espiato per il resto della sua vita la leggerezza con cui aveva promesso a sua madre di conoscerla. «Va bene. Se è quello che volete, vi sposerò» gli rispose Miranda a bassa voce. «Non è quello che voglio» replicò lui, perden-do in parte il proprio autocontrollo. «È solo quel-lo che bisogna fare. Sarete contenta, per voi è un successo. Non eravate venuta qui per sposarmi? Mi sposerete, perciò è inutile che fingiate di non essere soddisfatta. È il vostro trionfo e il trionfo di mia madre, postumo. Adesso, se permettete» aggiunse alzandosi dalla poltrona, «vado a scrive-re una lettera al vicario. Gliela farò recapitare ap-pena possibile e lo pregherò di venire qui domani mattina per celebrare le nostre nozze. Per fortuna

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abbiamo una cappella privata, non dovremo spo-sarci sotto gli occhi di tutti i curiosi del villag-gio.» «E io che cosa farò nel frattempo?» domandò Miranda. «Fate quello che volete. Che cosa me ne impor-ta? Andate nella vostra stanza! Toglietevi quei vestiti bagnati e mettetevi qualcosa di asciutto.» «Ma io non ho una stanza» si lamentò Miranda mentre Marcus usciva sbattendo la porta. Si voltò verso St. John. Il suo futuro cognato sembrava essersi molto divertito nell'ultimo quar-to d'ora, il sorriso non riusciva a lasciare le sue belle labbra. «Non preoccupatevi per mio fratello. Gli passe-rà, è solo un po' eccitato. Non capita tutti i giorni di sposare una perfetta sconosciuta» le disse, ri-dendo di gusto. «Non mi sembra che abbia un buon carattere.» «Sapete come dice il proverbio: can che ab-baia...» «Volete dire che non morde?» St. John ridivenne serio, come se si fosse ricor-dato qualcosa di molto spiacevole, poi la sua e-spressione si rasserenò di nuovo. «Può abbaiare quanto gli pare, ma vi dovrà sposare. Che cosa ne dite se andiamo a cercare quel fannullone del maggiordomo? Vi troverà una camera e si occuperà dei vostri bagagli.» Sua madre era riuscita ancora una volta a cac-ciarlo nei guai, anche dopo la sua morte. Sembra-va che nulla potesse proteggerlo dalla pessima in-fluenza che aveva sempre avuto sulla sua vita.

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Mentre frugava nei cassetti della camera della defunta, alla ricerca delle lettere della dama di compagnia di Miranda, Marcus si chiese perché avesse ceduto così in fretta agli obblighi della ca-valleria e avesse chiesto alla giovane di sposarlo. Il vicario e sua moglie? La presenza di St. John? Il suo senso dell'onore? No, era stato lo sguardo disperato di quella po-vera fanciulla a vincere ogni sua resistenza. I suoi dimessi abiti bagnati, le miserevoli condizioni dei suoi capelli che grondavano acqua, le sue scarpe da contadina anche se veniva da Londra ed era di nobile famiglia. Marcus sapeva bene che cosa fosse la dispera-zione. L'aveva vista nei propri occhi tutte le volte che si radeva, al mattino, dopo la morte della mo-glie. L'aveva rivista negli occhi di Lady Miranda Grey e non aveva potuto tirarsi indietro. Dov'erano quelle dannate lettere? Non era da sua madre bruciarle, dovevano ancora essere da qualche parte. Trovò invece quelle che St. John le scriveva da Londra, ipocrita che non era altro. Cara madre..., incominciavano tutte così e fi-nivano invariabilmente con una richiesta di dena-ro. St. John aveva detestato la madre, pur essendo il suo prediletto, ma era sempre riuscito a spillarle dei quattrini, in un modo o nell'altro. I soldi erano il suo problema, riusciva a perderne a carte più di quanti ne avesse. Finalmente Marcus riconobbe la scatola che la duchessa gli aveva mostrato il giorno infausto in cui gli aveva parlato di Miranda. Le lettere della sua compagna di scuola erano lì, ora avrebbe sa-puto chi era la donna che stava per sposare.

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Cara Andrea, ormai sono trascorsi quasi quaran-t'anni da quando abbiamo lasciato il collegio di Miss Farthing. Ho pensato molte volte a te... Così cominciava la prima lettera di Lady Ce-cily. Proseguiva raccontandole la propria vita e le vicende che l'avevano condotta in casa di Sir An-thony Grey, come dama di compagnia di sua fi-glia Miranda. Decantava le virtù della fanciulla e spiegava che non avrebbe potuto aspirare a un buon matrimonio, non avendo alcuna dote. Poi le ricordava il figlio rimasto vedovo dieci anni pri-ma e la difficoltà, per una buona madre, di trovare una nuora sana e di buonsenso, che potesse darle i nipoti che desiderava. Una lettera molto strana, da parte di un'amica che non si faceva viva da quarant'anni. Doveva a-vere una notevole faccia tosta, quella Lady Cecily Dawson. Alla prima missiva ne era seguita una seconda e poi una terza. La risposta della madre di Marcus non arrivava, Lady Cecily diventava impaziente. Mi dispiace per i tuoi problemi di salute, le scri-veva, ma anche se sei malata non puoi esimerti dall'aiutare Miranda. Posso perdonarti il male che mi hai fatto tanto tempo fa, ma devi renderti conto che questa povera fanciulla è orfana e non ha nessuno che la possa aiutare. Che cosa intendeva dire? Marcus non sapeva tutto del passato di sua madre e non desiderava conoscerne di più. Quello che gli era noto gli ba-stava, era anche troppo per lui.

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Che altro aveva fatto? Del male a una sua com-pagna di scuola, non esitava a crederlo, ma in quale modo la defunta Duchessa di Haughleigh poteva essere responsabile delle difficoltà in cui si trovava Lady Miranda Grey? Una fanciulla provata dalla vita, magra, spa-ventata, che non sembrava abituata al sorriso. Proprio come lui, si rese conto. Forse quel matri-monio non sarebbe stato una disgrazia, finì per pensare: si sarebbero consolati a vicenda. Anche in quel momento lo sguardo di Miranda era spaventato, mentre si guardava intorno nella camera in cui l'avevano condotta. Una camera sontuosa come tutte le altre di quell'antica dimo-ra, una camera degna di una duchessa. E lei stava per diventare la Duchessa di Haughleigh. Cecily glielo aveva ripetuto tante volte che le cose sarebbero cambiate, che l'attendeva un futu-ro radioso. Era nata per essere felice, non per sof-frire. Presto sarebbe stata la padrona di una casa grande e meravigliosa. Era vero, ma non avrebbe mai immaginato che, per prima cosa, l'avrebbe dovuta pulire. Quando era stata l'ultima volta che avevano a-perto le finestre per arieggiare quella stanza?, si chiese soffiando via la polvere dalla mensola del camino. C'erano ragnatele dappertutto, se avesse avuto una scala sarebbe salita fino al soffitto a volta per liberarlo dalle tele che i ragni avevano intessuto indisturbati per anni. Tirò le tende per aprire le finestre e la polvere che cadde su di lei la fece tossire. Fuori pioveva, nella sera tempestosa si intravedeva un giardino

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che probabilmente era trascurato come la casa. Le venne di nuovo il dubbio che il suo futuro marito fosse povero, anche se Cecily le aveva as-sicurato che non lo era. Aveva denaro a sufficien-za per sprecarlo con le cortigiane, aveva aggiunto. Evidentemente non amava sprecarlo per la sua casa. Cecily le aveva anche descritto la defunta duchessa come una specie di ragno che viveva in una grande ragnatela. Non sapeva quanto fosse andata vicino alla realtà, soprattutto per quanto ri-guardava le ragnatele. Cecily aveva pregato la duchessa di aiutare Mi-randa in qualche modo. Nelle sue ultime lettere l'aveva offerta come sposa non soltanto al figlio maggiore, ma anche a quello minore e, se neppu-re questo fosse stato possibile, a qualche genti-luomo dai mezzi adeguati, che potesse provvede-re degnamente a lei. Una specie di asta al ribasso, pensò con ama-rezza Miranda, ricordando quanto si era sentita umiliata per quelle lettere, ma che aveva dato i suoi frutti. Stava per diventare la moglie di un duca e presto gli avrebbe dato un erede. L'idea la riempì d'angoscia. E se il figlio tanto atteso non fosse arrivato subito? Si immaginò se-duta al tavolo della colazione con suo marito, po-che settimane dopo le nozze, mentre lui le chie-deva arcigno perché non fosse già incinta. Cercò di calmarsi. Si stava comportando come un'isterica, non riusciva ad apprezzare la grande fortuna che le era capitata. Il duca aveva agito da gentiluomo, il che andava tutto a suo favore. Non le era sembrato affatto felice per quelle nozze for-zate, ma lei avrebbe fatto di tutto per essere una

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buona moglie. Se poi proprio non fossero riusciti ad andare d'accordo, in una casa così grande non sarebbe stato difficile incontrarsi il meno possibi-le. Qualcuno bussò alla porta. «Lady Miranda? Mi chiamo Polly, mi manda Lord St. John. Posso entrare?» Era una giovane cameriera con la cuffietta di pizzo. Entrò con un vassoio su cui c'erano una teiera e una cena leggera. «La cameriera personale della duchessa se n'è andata dopo la sua morte» le spiegò posando il vassoio su un tavolino. «Spero che vi accontente-rete di me.» Avrebbe dovuto anche accontentarsi della cena, pensò Miranda vedendo quello che c'era nei piat-ti. Non aveva pensato che avrebbe mangiato peg-gio che a casa sua, come ospite di un duca. «Dopo la morte della duchessa nessuno si oc-cupa più della casa» proseguì la cameriera mentre Miranda si sedeva e assaggiava una pietanza. Era cucinata male, non sapeva di nulla. «E prima della morte della duchessa?» «Sua Grazia era malata, cenava sempre nella sua camera.» «E i suoi figli?» «Sua Grazia il duca e Lord St. John non vivono qui. Il Duca di Haughleigh era a Parigi, è tornato solo per la malattia della madre. Lord St. John ha rischiato di arrivare troppo tardi anche per il fune-rale.» Mentre Miranda mangiava, Polly cominciò a occuparsi della sua borsa da viaggio. «Quando arriveranno i vostri bagagli?» le do-

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mandò tirando fuori i pochi vestiti consunti che costituivano il suo corredo. «Avevo con me altri bagagli, ma ho dovuto la-sciarli alla stazione di posta dove si è fermata la diligenza. Temo che li abbiano già rubati.» Un furto che avrebbe giovato ben poco ai ladri, aggiunse dentro di sé, ricordando che cosa conte-neva l'unico baule che aveva portato con sé. «Manderemo qualcuno a prenderli appena ces-serà la pioggia» aggiunse la cameriera. Non sarebbe stato più pratico che il duca le for-nisse il denaro necessario per rifarsi il guardaro-ba? Una duchessa doveva avere un certo decoro, anche se viveva in campagna. Miranda non sop-portava più d'indossare gli abiti vecchi e fuori moda di Cecily. «Sua Grazia il duca, dopo il funerale, ha inco-minciato a occuparsi della tenuta» continuava in-tanto Polly. «A volte cena al villaggio, a volte a casa di qualche fattore o dell'intendente. Credo che si senta un po' in colpa per avere trascurato la proprietà finché era viva sua madre.» «E Lord St. John?» «Lui non è quasi mai a casa. È un rubacuori, sapete? Almeno così dicono.» Un donnaiolo, proprio il tipo di uomo con cui Miranda non avrebbe voluto avere nulla a che fa-re. Però con lei era stato gentile. «È stato Lord St. John a dirci di darvi questa camera» aggiunse Polly. «Perché proprio questa camera?» «Era quella della moglie del duca, morta dieci anni fa.» Miranda lanciò un'occhiata timorosa al letto.

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Non l'attirava la prospettiva di dormire sullo stes-so giaciglio dove la prima moglie del duca aveva esalato l'ultimo respiro. «Spero che abbiano almeno cambiato le len-zuola» osservò Polly, che aveva capito quello che stava pensando. Be', non sembrava, considerò Miranda. «Di che cosa era morta?» «Di parto, insieme a suo figlio. Il duca aveva giurato di non risposarsi mai più, così mi hanno raccontato.» Invece stava per sposarsi di nuovo, pensò Mi-randa. «Com'era sua moglie?» «Non l'ho conosciuta. Ero troppo giovane, non facevo ancora la cameriera.» Il duca l'avrebbe odiata per sempre, temette Miranda, perché per colpa sua era stato costretto a tradire il proprio giuramento. Se non fosse stata disperata il mattino dopo gli avrebbe chiesto una carrozza per tornare a Londra, liberandolo da o-gni obbligo verso di lei. Non voleva un marito che la sposasse per forza, controvoglia, e che la disprezzasse per il resto della vita. Invece non aveva scelta. Cercò di ripetersi an-cora una volta che era stata molto fortunata, che il duca l'avrebbe sposata e che forse avrebbe potuto aiutare suo padre e Cecily, che per lei era stata come una madre in tutti quegli anni. Sempre che suo marito glielo avesse permesso. Prima di tutto avrebbe dovuto rivelargli di avere ancora un padre, anche se Cecily nelle sue lettere aveva dichiarato che era orfana. E poi gli avrebbe dovuto confessare le reali condizioni in cui era vissuta fino a quel momento.

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Durante la notte la pioggia continuò a cadere. La stanza era fredda, il misero fuoco nel caminet-to non sarebbe mai riuscito ad asciugare l'umidità che si era accumulata in dieci anni nelle pareti. Polly aveva fatto il possibile perché la fiamma ardesse di più, ma purtroppo il camino non tirava e non c'era modo di rimediare, almeno per il mo-mento. Era giunto l'ordine, da parte del duca, che Miranda rimanesse chiusa a chiave in camera fino al mattino, quando qualcuno sarebbe venuto da lei per accompagnarla nella cappella dove il ma-trimonio doveva essere celebrato. Perché mai?, si era chiesta Miranda chiudendo-si a chiave quando Polly era uscita. Non certo per salvare le apparenze, dato che la sua reputazione era già andata in fumo. Anche perché la porta che dalla sua camera comunicava con quella del duca probabilmente non era affatto chiusa a chiave, perciò lui sarebbe potuto entrare quando voleva. Sembrava che l'ordine le fosse stato dato non tanto per proteggerla da qualcosa, ma per impe-dirle di fuggire nel caso che il suo futuro marito avesse deciso di farle visita. In punta di piedi Miranda andò fino a quella porta e posò l'orecchio sul pesante pannello di quercia. C'era qualcuno che si muoveva nell'altra stanza. Udì anche qualche imprecazione, poi più nulla. Sembrava che il duca fosse andato a letto dopo avere inveito ancora una volta contro la sorte che gli aveva mandato quella sposa indesiderata. Non aveva la minima intenzione di anticipare la prima notte di nozze. Miranda si sentì sciocca e ridicola. Come aveva

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potuto pensare che il suo futuro marito provasse per lei un desiderio così forte e incontrollabile da non saper attendere neppure ventiquattr'ore? Non resistette, però, alla tentazione di control-lare se i suoi sospetti fossero giusti. Abbassò pia-no piano la maniglia e la porta si aprì. La camera attigua era buia. Con la stessa delicatezza Miranda richiuse la porta, sperando che il duca non si fosse accorto di nulla. Forse dormiva e avrebbe continuato a dormire per tutta la notte, ma Miranda non si sentiva u-gualmente tranquilla. Prima di andare a letto ap-poggiò lo schienale di una sedia sotto la maniglia della porta e poi, per maggior sicurezza, spostò anche un mobiletto perché bloccasse l'entrata. Solo dopo averlo fatto andò a sdraiarsi sul grande letto a baldacchino dov'era morta la prima moglie del duca, ma rimase a lungo insonne pri-ma di riuscire ad addormentarsi. Marcus si era appena assopito quando qualcosa l'aveva svegliato di colpo. Un rumore che sem-brava venire dal passato, il cigolio di una porta che si apriva. Aveva sperato che l'incubo non tornasse più, invece era tornato. Aveva temuto, arrivando di nuovo in quella casa dove un tempo aveva vissuto con sua moglie, che i fantasmi del passato avreb-bero ricominciato a tormentarlo. Quante volte a-veva sognato che quella porta si riaprisse, invece non si sarebbe mai più aperta per far entrare Be-thany. Al contrario, dopo la morte di sua madre era

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sembrato che il doloroso passato fosse svanito per sempre. Neppure il funerale della duchessa aveva rinnovato l'angoscia di un altro funerale in cui, dieci anni prima, erano stati seppelliti sua moglie e il bambino che era nato da lei. Il cigolio improvviso, però, gli aveva interrotto il sonno appena iniziato, causandogli un'accelera-zione improvvisa dei battiti del cuore. Il sogno crudele non aveva ancora finito di perseguitarlo? Ma non era un sogno. Marcus se ne rese conto quando vide la luce dell'altra stanza e poi la porta che si richiudeva. Non stava sognando, era stata Lady Miranda Grey ad aprire quella porta. Poco per volta il battito del suo cuore si calmò. Non era un incubo, ma la realtà. L'indomani sa-rebbe stato di nuovo un uomo sposato, un'altra donna sarebbe diventata sua moglie. Aveva giurato a se stesso che non doveva più succedere, invece... Rimase in ascolto, sentì dei rumori. Lady Mi-randa stava trascinando qualcosa contro la porta, forse una sedia. Poi la sentì spostare qualcosa di ancora più pesante. Era solo una fanciulla spaventata, lontana da casa, timorosa dello sposo che ancora non cono-sceva. Non temete, Miranda, dormite tranquilla. Non abbiate paura del futuro. Ci faremo compagnia, può darsi perfino che saremo felici. Almeno non saremo più soli. Una fanciulla virtuosa, che si barricava in ca-mera da letto perché lui non aveva avuto il buon-senso e la delicatezza di chiudere quella porta. Non ci aveva nemmeno pensato, per dieci anni

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aveva cercato di dimenticare che quella camera esistesse e ci era quasi riuscito. Per una volta gli sarebbe piaciuto dimenticare la correttezza e l'onore e andare da lei, ma sapeva che non l'avrebbe fatto. Poteva aspettare, doveva aspettare. Tutto era rimandato all'indomani. Dormite tranquilla, Miranda, almeno per que-sta notte.

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Mr. Winslow, il vicario, scosse severamente il ca-po. «Come vedete» gli disse Marcus mostrandogli la lettera, «ieri sera avevo scritto questo messag-gio per pregarvi di venire qui stamattina, in modo che potessimo risolvere la situazione. Ve l'avrei mandato dopo colazione.» Invece il sacerdote si era precipitato dal duca al levar del sole, in compagnia di quella strega della moglie, grazie anche al fatto che il temporale era finalmente cessato. Vecchio impiccione, pensò Marcus. Di sicuro era stata la moglie a spingerlo a venire a curiosa-re. «Una situazione davvero incresciosa, Vostra Grazia, se mi permettete di dirvelo» rispose il vi-cario prendendo la lettera. «Sono lieto che abbiate deciso di fare il vostro dovere di gentiluomo pri-ma che le chiacchiere del villaggio danneggiasse-ro la reputazione di una fanciulla innocente.» Se gli stava così a cuore la reputazione di una fanciulla innocente, rifletté Marcus, perché quel-l'ipocrita non l'aveva aiutata e aveva permesso

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che si recasse da sola, di sera e durante un tempo-rale, in una casa dove vivevano due scapoli? «Non resta altro che provvedere alla cerimo-nia» rispose invece. «Vostra madre ne sarebbe felice.» «Mia madre?» «Mi aveva parlato, durante la mia ultima visita, dell'eventualità di un vostro matrimonio.» «Vi aveva parlato di Lady Miranda?» Mr. Winslow annuì. «Mi aveva detto che una fanciulla sarebbe giunta presto a Marshmore...» «È per questo che avete permesso che Lady Miranda arrivasse fino a qui da sola, di sera, du-rante un temporale, e non l'avete aiutata come a-vrebbe fatto qualunque buon cristiano? E se io non fossi stato a casa quando è arrivata? Se ci fosse stato solo Lord St. John?» Marcus non era riuscito a trattenersi. Il vicario si mostrò un po' imbarazzato. «Vostra Grazia, per fortuna le cose sono andate come dovevano andare.» «Perciò io dovrò sposare un'estranea scelta da mia madre.» «Date le circostanze, sarebbe bene chiedere su-bito a Londra una dispensa speciale per le nozze. Credo che nel giro di una settimana...» «Mi stupisco che voi e mia madre non ci aveste già pensato, reverendo. Mentre aspettiamo la li-cenza speciale, che cosa possiamo fare? Lady Mi-randa verrà a casa vostra?» «Mia moglie e io saremo lieti di ospitarla» si affrettò a fargli sapere il vicario. «E invece faremo come dico io. La cerimonia verrà celebrata oggi stesso.»

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«Vostra Grazia, questo va contro tutte le rego-le!» protestò il vicario. «Non vi voglio obbligare ad andare contro le regole a cui tenete tanto, ma vi avverto che non rimetterete più piede in questa casa se non farete come dico.» «Vostra Grazia...» «Se vi foste mostrato più caritatevole con una fanciulla sola, ieri sera, non ci sarebbe stato biso-gno di questa discussione. Oggi voi celebrerete le nostre nozze, domani io partirò per Londra per ot-tenere la licenza speciale.» Mr. Winslow continuava a scuotere il capo con tutta la propria disapprovazione. «Una cerimonia senza licenza non verrà consi-derata legittima» lo mise in guardia l'altro. «Avrà un valore morale, se non legale. Un sa-cerdote come voi dovrebbe curarsi soprattutto della moralità, non vi pare? Perciò andate nella cappella a preparare la cerimonia.» Il vicario obbedì, non gli restava altro da fare. Il Duca di Haughleigh non era un avaro, Mr. Winslow sapeva che il suo servizio sarebbe stato generosamente ricompensato. Il reverendo, per quanto fosse detestabile, ave-va detto un'innegabile verità. La cerimonia che si sarebbe svolta di lì a poco nella cappella della re-sidenza del Duca di Haughleigh non avrebbe avu-to alcun valore legale, senza la licenza. Questo si-gnificava che l'onore di Lady Miranda Grey non sarebbe stato davvero al sicuro, prima che i loro nomi fossero scritti l'uno accanto all'altro su una licenza di matrimonio.

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Marcus decise che doveva parlare subito con suo fratello e lo mandò a chiamare. St. John arri-vò senza troppa fretta in biblioteca, dove il duca lo stava aspettando. «Sempre ai vostri ordini, Vostra Grazia» lo canzonò sedendosi davanti alla scrivania. «Per favore, risparmiami i tuoi falsi salamelec-chi, St. John.» «Non sei contento nemmeno quando mi mostro umile e obbediente? È davvero difficile riuscire a compiacere un duca» sospirò il fratello. «Potresti fare a meno di ricordarmi ogni volta che sono io il duca?» «Il duca e l'erede» sottolineò St. John, che te-neva molto di più al denaro che al titolo. «In quanto duca ed erede» ripeté Marcus ai li-miti della pazienza, «ti chiedo di starmi a sentire e di fare quello che ti dirò.» «D'accordo, Marcus.» La docilità di suo fratel-lo sembrava sempre falsa. «Una tregua fra di noi sarà il mio dono per le tue nozze, ma ti avverto che durerà solo un giorno.» «È proprio delle mie nozze che ti voglio parla-re.» «Davvero? Hai bisogno di qualche consiglio per adempiere ai tuoi doveri di marito?» lo derise St. John. «Non ho bisogno di consigli, e soprattutto non da te.» «Davvero? Non direi, se mi ricordo il tuo ma-trimonio con Bethany...» «Come ti permetti di nominare Bethany?» tuo-nò Marcus colpendo con un pugno il ripiano della scrivania.

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«Era mia cognata, ne posso parlare quanto vo-glio.» Per un attimo Marcus ebbe l'impulso di stran-golarlo, ma riuscì a controllarsi. «Mi avevi promesso una tregua e l'hai già rot-ta» gli fece notare. «Hai ragione, devo ammetterlo.» «Allora, St. John, fingiamo che tu e io siamo fratelli nel vero senso della parola, almeno per oggi.» «Va bene, fingiamo pure.» «Fingiamo anche che in te sia rimasta una bri-ciola di quel senso dell'onore che dovrebbe esser-ci in ogni gentiluomo.» «In quante cose dobbiamo fingere! Comincia a non piacermi questo gioco» protestò St. John con il broncio. «Non ho ancora finito.» «Che altro vuoi da me?» «Che tu te ne vada subito da Haughleigh Gran-ge, in modo che io non sia costretto a farti caccia-re con la forza dai servitori.» «Tu mi faresti cacciare con la forza? Non ci credo.» «Vuoi scommetterci?» «Perché mai dovrei andarmene?» «Perché rimani qui solo nella speranza che io cada dalle scale e mi rompa l'osso del collo, nel qual caso diventeresti tu l'erede.» «Mi giudichi molto male, Marcus» protestò St. John, mostrandosi offeso. «Ti conosco troppo bene. Tu detesti questa ca-sa anche più di me, non c'è altro motivo perché tu rimanga.»

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«Un motivo adesso c'è. Trovo deliziosa Lady Miranda.» «Non sai nulla di lei.» «Ho trascorso con la tua futura sposa più tempo di quanto ne abbia passato tu, da quando è arriva-ta.» «Devi partire subito, St. John. Non farmelo ri-petere.» «Non credo che riuscirei a sopportare di stare lontano dalla mia cara cognata. Per me, ormai, è come una sorella» dichiarò St. John con la falsa innocenza che gli era così naturale. «È in questo modo che la vedo.» «La vedrai da lontano.» «Perché mai...?» Marcus era stanco di parlare. Aprì il cassetto della scrivania e lasciò che le monete dentro un borsellino di cuoio parlassero per lui. «Partirai immediatamente» gli intimò, facendo-le tintinnare. «Non è necessario che tu ritorni in camera tua perché Wilkins, in questo momento, sta facendo i tuoi bagagli. Te li farò mandare al più presto alla locanda in paese.» St. John fissava il borsellino, ma non sembrava per nulla convinto. «Perché mai dovrei obbedirti?» gli domandò ir-ritato. Forse voleva più denaro, ma il fratello non era disposto a dargliene. «Perché, mio caro, non hai molte alternative. O parti immediatamente da qui o ci rimani per sem-pre. Andrai a fare compagnia a nostra madre nella tomba di famiglia.» «Mi uccideresti? Stai pensando a un fratrici-

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dio? Sei peggiorato negli ultimi dieci anni, Mar-cus.» «Non ti ucciderei a sangue freddo, pensavo a un duello. Ti conviene batterti con me, St. John? Non credo, non ti sarebbe convenuto neppure die-ci anni fa, prima che imparassi tutti i trucchi dai migliori maestri di spada, in Italia.» «Nostra madre è morta da poco...» «Abbiamo avuto un adeguato periodo di lutto che abbiamo trascorso insieme, cercando di riav-vicinarci dopo le molte incomprensioni che c'era-no state fra di noi. È stato un fallimento totale, St. John, dovresti essere il primo ad ammetterlo. Da oggi in poi non sei più il benvenuto in questa ca-sa. Prendi il denaro e vattene, o chiamo i servito-ri.» St. John tacque per un attimo. «Hai ancora paura, vero, Marcus?» «Di te? No di certo.» «Il passato continua a perseguitarti.» «Non sono più l'ingenuo giovane che ero dieci anni fa. Non c'è più posto per te in casa mia. Qual è la tua decisione?» St. John allungò indolente la mano e prese la borsa. «Come potrei rifiutare la tua generosità?» gli chiese sardonico. «Al mio ritorno a Londra berrò un bicchiere con gli amici alla tua salute e a quel-la della tua giovane sposa.» «Hai preso una saggia decisione, fratello mio» ripose Marcus senza dimostrare tutto il proprio sollievo. Miranda attese con calma ostentata che Mrs.

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Winslow e Polly esaminassero il suo vestito. «Ma è grigio!» disapprovò costernata la moglie del vicario. «Un colore che si adatta a tutte le circostanze» si giustificò Miranda. Non aveva mai potuto permettersi di avere abiti per ogni occasione. «Per tutte le circostanze, ma non per un matri-monio» obiettò Mrs. Winslow. «Non avete nulla di più appropriato, mia cara? Il grigio sarebbe più opportuno per un funerale.» «Infatti ho indossato questo vestito quando è morta mia madre» mentì Miranda. L'abito in realtà era stato confezionato molti anni prima per Lady Cecily, quando era morto uno dei suoi amanti, un conte spagnolo che dice-va di volerla sposare. Invece del nero aveva scelto il grigio perché non contava di piangerlo troppo a lungo, desiderando trovarsi al più presto un altro amante. Invece, dopo la morte della madre di Mi-randa, era andata a vivere con lei e con suo padre. «Mi dispiace per la morte di vostra madre, ma da allora non avete avuto occasione di comperare qualche altro vestito, mia cara?» le domandò Mrs. Winslow. «Me n'è mancato il tempo» mentì ancora più spudoratamente Miranda. «Dopo le nozze il duca provvederà» la rassicu-rò la moglie del vicario, che si stava preoccupan-do d'altro, adesso che sapeva che Miranda era ri-masta orfana. «Indosserete questo vestito, ma...» Inspirò profondamente, come per prendere corag-gio. «Ci sono cose che ogni giovane donna do-vrebbe sapere prima di sposarsi. Vostra madre,

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prima di morire, ha avuto modo di parlarvene?» «Grazie, Mrs. Winslow, ma non dovete preoc-cuparvi» tagliò corto Miranda. Cecily era stata più esauriente di qualunque madre. A Miranda sarebbe stato risparmiato il trauma della prima notte di nozze, grazie alle sue informazioni dettagliate. La moglie del vicario però non sembrava anco-ra convinta. «Siete al corrente che esistono differenze fra un uomo e una donna?» «Ho prestato la mia opera volontaria in associa-zioni caritatevoli, dove ho fatto anche l'infermie-ra.» «Così avete potuto notare...» «Ho notato, Mrs. Winslow.» «Benissimo. Cioè, non vorrei che mi frainten-deste, ma almeno non resterete sorpresa. Grazie a quelle differenze nascono i bambini. Avete capi-to, vero?» Miranda aveva capito, ma dubitava che ci sa-rebbe riuscita con spiegazioni così vaghe, se non avesse avuto alle spalle le lezioni di Cecily. «Comunque non dovete preoccuparvi. Penserà a tutto il duca, lui sa come fare. È un uomo, come dire, molto vigoroso.» «Vigoroso?» «Robusto, diciamo. Gli uomini della sua fami-glia hanno fama di avere appetiti robusti, infatti, e non solo a tavola» aggiunse la donna con aperta disapprovazione. Miranda guardò la moglie del vicario con ap-propriata perplessità, fingendo di non aver capito. «Vorrà subito un erede, è naturale. Se le sue

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pretese però dovessero essere eccessive... Be', ec-co... nessuno può condannare una povera donna se qualche volta dice un'innocente bugia a suo marito. Vi basterà fingere di avere una forte emi-crania, se vorrete riposare in pace almeno una notte» le consigliò Mrs. Winslow amichevolmen-te. Miranda, in fondo alla cappella, attendeva l'ar-rivo dello sposo. Quando, pochi minuti prima, aveva sentito bussare alla porta della sua camera, aveva creduto che fosse proprio il duca. Invece era Lord St. John, suo fratello, che le aveva offer-to un mazzolino di fiori e l'aveva scortata nella cappella. Alla fine aveva scartato il vestito grigio, anche se era di seta, per indossare il suo abito migliore da passeggio. Anche quello era un vecchio abito di Cecily adattato alla sua giovane protetta. Ave-va aggiunto un orlo di pizzo perché Miranda era più alta di lei, ma le maniche a sbuffo risultavano un po' troppo corte. Alla luce del giorno si sareb-bero notati i ritocchi, ma per fortuna la cappella era illuminata solo dalle candele. «Sorridete, mia cara, anche se una lunga con-versazione con la moglie del vicario riuscirebbe a deprimere chiunque» le consigliò St. John mentre aspettavano nella cappella l'arrivo dello sposo. «Vi ha parlato dei vostri doveri coniugali?» ag-giunse poi con una sfrontatezza che la fece arros-sire. «Mi ha rivolto molte domande su quanto è av-venuto qui dal mio arrivo. Mi ha detto che, se in-tendevo rifiutare la proposta di matrimonio di vo-

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stro fratello, mi avrebbe ospitata in casa sua.» La risata di St. John fece voltare il vicario e sua moglie, che si trovavano vicino all'altare. «Dannata ipocrita! Sarebbe stata felice se voi foste scoppiata a piangere e le aveste raccontato che vi avevamo fatto chissà che cosa.» «Sarà rimasta molto delusa.» «Siamo ancora in tempo. Perché sposate mio fratello? Potremmo fuggire insieme adesso, pro-prio prima delle nozze.» «Scoppierebbe uno scandalo, milord.» «Sedotta ai piedi dell'altare dal fratello del du-ca, giovane e scapestrato. Tutti ne parlerebbero per anni, e non solo qui nel Devon. Diventereste famosa, ma non voglio annoiarvi ulteriormente con proposte che non sembrano interessarvi. Ve-dete quella vetrata colorata?» «Quella dove è raffigurato il martirio di San Giovanni Battista?» La testa del santo veniva mostrata a Erode su un piatto d'argento. «Mi sono sempre chiesto perché mia madre a-vesse deciso di chiamarmi come lui. Pensate che gli rassomigli?» St. John tirò fuori la lingua e cercò di imitare l'espressione della testa sul piatto. Per quanto fos-se irriverente, Miranda dovette mordersi le labbra per non ridere. «In verità è un vecchio nome di famiglia e la vetrata è stata commissionata da un mio irrepren-sibile antenato che, probabilmente, aveva perso la testa per qualche donna. Tutti i personaggi raffi-gurati in questa cappella somigliano a qualche Radwell, tranne che a mio fratello Marcus. Io in-

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fatti ho sempre pensato che non fosse un vero Radwell.» «Vostro fratello ha lo stesso profilo di quel san-to laggiù» lo smentì Miranda, accennando a una statua. «Non gli somiglia affatto. E poi perché l'hanno chiamato Marcus? In famiglia abbiamo tutti nomi di santi, lui invece ha il nome di un romano. Pro-babilmente di un dittatore, gli starebbe bene.» «Che cosa ci fai ancora qui?» Il Duca di Haughleigh aveva fatto il suo ingres-so nella cappella di famiglia e il tono della sua voce sembrava davvero quello di un dittatore. «Come potrei mancare al matrimonio di mio fratello?» «Ti avevo ordinato di partire immediatamen-te!» «Non prima della cerimonia. Credevo che sarei stato io ad avere l'onore di accompagnare la no-stra cara Lady Miranda all'altare.» «Ecco perché quando sono andato da lei ho tro-vato la camera vuota.» «Non sai che è di cattivo augurio che lo sposo veda la sposa prima della cerimonia?» gli ricordò St. John. «In questo caso sarà di pessimo augurio, ma per il fratello dello sposo.» Miranda non capiva bene che cosa stesse acca-dendo, ma il vicario e sua moglie li stavano guar-dando. «Vostra Grazia, vi prego... Vostro fratello non potrebbe rimanere almeno per la cerimonia?» do-mandò lei per mettere fine alla discussione. «Come volete. Non mettere alla prova la mia

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pazienza, St. John, ti avverto. Accompagna la sposa all'altare, dato che ci tieni tanto.» Lord St. John offrì il braccio alla futura cognata e cominciò a percorrere lentamente la navata cen-trale della cappella. Il duca, dietro di loro, lo spin-se per fargli accelerare il passo. «Hai fretta, Marcus? Ti capisco, con una sposa così deliziosa, ma dobbiamo rispettare la solenni-tà dell'occasione.» «Taci e cammina» lo zittì il fratello. Miranda si augurò che non incominciasse a im-precare, tanto sembrava irritato. Il sacerdote, quando arrivarono davanti all'alta-re, fece il possibile per esibire un sorriso radioso. «Siamo qui riuniti, miei cari fratelli» incomin-ciò lietamente rivolgendosi ai banchi vuoti, «per unire in matrimonio...» Proseguì per qualche minuto con un tono così monotono che Miranda si sarebbe addormentata, se non fosse stata tesa come una corda di violino. Il duca, accanto a lei, sembrava altrettanto impa-ziente che il vicario cominciasse la cerimonia. «E se qualcuno è a conoscenza di qualche im-pedimento a queste nozze, che parli subito o che taccia per sempre» concluse Mr. Winslow guar-dando la moglie seduta nel primo banco. Perdonami, Signore, per quello che sto facen-do. Ti giuro che farò il possibile per essere una buona moglie per quest'uomo, anche se ci sono tante cose che gli ho tenuto nascoste. Tu sai che ho promesso a Cecily e a mio padre di mantenere il segreto, pregava intanto Miranda nel suo cuore. La mano di Marcus afferrò improvvisamente la sua. Era forte, era la mano di un uomo che le a-

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vrebbe dato coraggio per affrontare la vita. Con lui al suo fianco non avrebbe mai più avuto paura. Forse era una specie di segno, si disse Miranda, Dio nonostante tutto le aveva dato un buon mari-to. Quando il vicario pose la fatidica domanda, Marcus rispose affermativamente con una sicu-rezza che rincuorò Miranda. Anche lei giurò di amarlo, onorarlo e servirlo con una voce ferma che non avrebbe creduto di avere. Quando però il reverendo chiese l'anello, Mar-cus e Miranda si guardarono negli occhi per la prima volta da quando lui era arrivato nella cap-pella e il loro sguardo era smarrito. Si erano sem-plicemente dimenticati di quel particolare. Allora Marcus si tolse l'anello con lo stemma di famiglia che aveva al mignolo e lo passò al vica-rio da benedire. «Con questo anello io ti sposo» disse il duca, e prima d'infilarlo al dito di Miranda lo baciò. Miranda ne fu commossa. L'anello era troppo grande, lei dovette chiudere la mano perché non scivolasse via. Le sembrò di trattenere fra le dita il bacio di Marcus. La sua tenerezza l'aveva con-quistata, come la forza con cui aveva stretto la sua mano davanti all'altare. Adesso erano marito e moglie. Marcus le offrì il braccio e insieme si voltarono per ricevere le congratulazioni dei presenti. Mrs. Winslow disse che era stata una bella ceri-monia e augurò loro tanta felicità, ma lo fece con scarsa convinzione. St. John strinse la mano al fratello, che rimase rigido e distaccato.

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«Tanti auguri, Marcus. Anche questa volta hai avuto più fortuna di quanta meritassi» gli disse. Poi si voltò verso la cognata. «Miranda, devo an-darmene ma, se avrete bisogno di me, sarò alla lo-canda nel villaggio. Lasciate che sia io il primo ad avere il privilegio di baciare la sposa.» Prima che Marcus potesse impedirglielo, le sfiorò le labbra con un bacio che fece chiaramen-te infuriare lo sposo, per quanto fosse sembrato innocente. «St. John, è ora che te ne vada. Anzi, avresti già dovuto andartene da un pezzo» disse il duca con evidente irritazione. «E voi, moglie mia» ag-giunse rivolto a Miranda, «dovreste stare più at-tenta a chi vi bacia.» Miranda aprì la bocca per protestare, ma non osò. Marcus la stava guardando in un modo molto strano, che le diede i brividi. I suoi occhi grigi erano diventati cupi e minac-ciosi, la fissavano come se volessero scandagliare la sua anima. Il battito del cuore di Miranda acce-lerò mentre Marcus si chinava a baciarla. Fu un bacio che non aveva nulla di quello fur-tivo che il cognato le aveva dato qualche attimo prima. Era un bacio appassionato, il bacio di un uomo che reclamava una donna come il suo pos-sesso unico e personale, che non intendeva divi-dere con nessun altro. Non era conveniente che la baciasse così in una chiesa, davanti ad altre persone. Miranda sentiva che era sbagliato, ma non poteva opporsi e quel bacio la stava coinvolgendo molto più di quanto avrebbe voluto. Non ricordava più dove fosse, chi fosse, che cosa stesse facendo, sentiva soltanto le

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labbra di Marcus sulle sue, le braccia di suo mari-to che la stringevano. Le mancava il fiato e quando lui, finalmente, la lasciò andare, si accorse che St. John stava ab-bandonando in fretta la cappella di famiglia, sen-za voltarsi indietro.

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Miranda tremava ancora per l'emozione e la sor-presa. Erano in una chiesa, suo marito l'aveva ba-ciata in modo sconveniente davanti al vicario e a sua moglie e lei si era lasciata travolgere dalla sua passione. Mr. e Mrs. Winslow la stavano fissando con di-sapprovazione e leggevano sul suo viso quanto a-vesse gradito quel bacio sfrontato. Tanto per peg-giorare le cose, Marcus, invece di rimanere ac-canto a lei, stava seguendo il fratello per essere sicuro che andasse alle stalle e salisse a cavallo. «Reverendo, Mrs. Winslow, non so come rin-graziarvi» disse Miranda con un sorriso di circo-stanza. «Senza il vostro aiuto e la vostra gentilez-za non sarebbe stato possibile celebrare questa ce-rimonia.» «Potrete sempre disporre di noi, Vostra Grazia» le rispose il vicario. Miranda si guardò intorno, credendo che suo marito fosse tornato e che il reverendo si stesse ri-volgendo a lui. Fu solo questione di un attimo, poi si ricordò che adesso era una duchessa. «Grazie, grazie ancora» ripeté aspettandosi che

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si congedassero, invece i due continuavano a fis-sarla e non si muovevano. «Dopo il rinfresco chiederemo a Sua Grazia il duca se ha ancora bisogno di noi» aggiunse il vi-cario. Il rinfresco? Ci sarebbe stato un rinfresco? Mi-randa non ne era a conoscenza né si era preoccu-pata di informarsi, ma a quanto pareva i Winslow ne erano convinti. «Sì, certo, il rinfresco...» Considerato l'umore di suo marito e il modo in cui l'aveva lasciata nella cappella a vedersela con i soli due ospiti, dubitava che avesse pensato a un rinfresco. Forse, però, qualcuno avrebbe portato dalle cucine una torta e una bottiglia di champa-gne, tanto per festeggiare. Anche perché i Win-slow non davano il minimo segno di volersene ri-tornare a casa. «Andiamo in salotto e vediamo che cosa ci hanno preparato» disse con il tono più spensierato che riuscì a ostentare. Dopo averli accompagnati in salotto, Miranda si mise alla ricerca del maggiordomo. Trovò Wil-kins nell'atrio, mezzo ubriaco come la sera prima. Dal modo in cui la guardò fu sicura che non si ri-cordasse chi era. «Wilkins, andate da Sua Grazia e chiedetegli di tornare per salutare il reverendo e sua moglie» gli ordinò con il tono della padrona, in modo che ca-pisse chi era. «Mandatemi la governante, bisogna pensare a un rinfresco.» Wilkins sembrò sgomento. «Qua... quale rinfresco, si... signora?» le do-mandò con la voce impastata. «La... la governante

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non c'è. Oggi... oggi è il suo giorno libero.» Il caos era totale, dedusse Miranda, ma cercò di non farsi prendere dal panico. Da soli venti minu-ti era la padrona di casa, non poteva pretendere di avere già in mano la situazione. «Prima di tutto, Wilkins, dovrete rivolgervi a me chiamandomi Vostra Grazia» gli fece sapere. «Ho appena sposato il duca, quindi sono diventa-ta la Duchessa di Haughleigh. Se oggi è il giorno libero della governante, chi si occupa della casa in sua assenza?» Wilkins, invece di risponderle, la fissò come se non avesse capito una parola. «Dov'è la cuoca? È sobria? È viva? Abbiamo una cuoca, Wilkins?» gli domandò allora lei. «Sì, milady... Vostra Grazia» farfugliò il mag-giordomo, cercando di drizzare le spalle. Dunque qualcosa aveva capito. «Informate la cuoca che, se ci tiene a mantene-re il suo impiego, dovrà preparare un rinfresco per le mie nozze. Ha tempo tre quarti d'ora per fa-re quello che può, non pretendo miracoli. Andate a prendere un paio di bottiglie del nostro cham-pagne migliore in cantina» aggiunse, «e natural-mente non scordatevi di dire al duca di venire in salotto.» Wilkins doveva essere meno ubriaco di quanto sembrava perché si diresse verso le cucine con passo rapido e non troppo malfermo. Rincuorata per averlo riportato almeno in parte alla realtà, Miranda tornò in salotto per occuparsi degli ospi-ti, com'era suo dovere in quanto padrona di casa. Il reverendo e sua moglie avevano preso posto su due poltrone e sembravano a disagio, ma lei si

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comportò con la massima naturalezza, continuan-do a sorridere come se tutto andasse per il meglio. «Il rinfresco arriverà un po' in ritardo» si scusò, quindi tentò di conversare del più e del meno. I suoi sforzi non furono gratificati da una par-tecipazione attiva da parte degli ospiti. I Winslow non avevano interessi al di fuori della parrocchia, non amavano leggere, non si curavano di nulla se non dei pettegolezzi del circondario. «Conoscete bene la famiglia Radwell?» do-mandò pensando che, se il duca fosse finalmente tornato, si sarebbe meritato di sentire che stava prendendo informazioni su di lui. «Vivo in questa zona da quando ero bambino» le rispose il vicario. «Ah, le cose erano differenti quando c'era ancora il vecchio duca» aggiunse. «Davvero? In che senso?» chiese interessata. Mr. Winslow lanciò un'occhiata guardinga ver-so la porta, come se temesse di vedere comparire Marcus da un momento all'altro. Forse lui non a-vrebbe osato rispondere, ma Mrs. Winslow mori-va dalla voglia di spettegolare un po'. «Il vecchio duca sapeva tenere a bada i suoi fi-glioli. Con lui c'erano prosperità e benessere. Il quarto duca» proseguì riferendosi a Marcus, «ha fatto il possibile fino a quando gli è morta la mo-glie, ma poi... Lord St. John non ha mai fatto altro che giocare a carte o a dadi, senza contare che da quando ha avuto l'età per capire la differenza fra un uomo e una donna... Mi capite, Vostra Grazia. Debiti, solo debiti. La povera duchessa madre è morta per il dispiacere, ne sono sicura.» «Il duca attuale...» tentò di chiedere Miranda, ma prima che potesse finire la frase la porta si

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spalancò e Marcus comparve come evocato dalle sue parole. «Vorrei parlarvi per un attimo, Miranda» l'apo-strofò con un tono autoritario mentre la moglie del vicario impallidiva. «Se potete scusarmi per qualche minuto» disse Miranda agli ospiti, alzandosi e seguendo suo ma-rito nell'atrio. «Vostra Grazia?» «Avete richiesto la mia presenza, Miranda?» le domandò lui, come se fosse offeso del modo in cui l'aveva fatto convocare. «Ho solo chiesto a Wilkins di trovarvi e di pre-garvi di tornare dai nostri ospiti per il rinfresco di nozze.» «Non ho mai ordinato un rinfresco di nozze.» «L'ho fatto io al vostro posto. I Winslow se lo aspettano e non possiamo deluderli.» «Accidenti ai Winslow!» «Se volete imprecare contro di loro, Vostra Grazia, fatelo pure, ma vi pregherei di abbassare la voce perché stanno certamente origliando alla porta.» «Che cosa volete che me ne importi? Se non hanno il buonsenso di andarsene...» «Benissimo, allora non ci sarà alcun rinfresco e, dato che a quanto pare io non ho la minima au-torità in questa casa, mi ritirerò in camera mia e lascerò che voi vi liberiate di loro, come vi siete liberato di vostro fratello.» «Adesso capisco. Non vi va che abbia allonta-nato St. John. Mio fratello non metterà più piede in questa casa, è un mio ordine e così sarà, che vi piaccia o meno.»

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«St. John? Che cosa volete che m'importi se l'avete cacciato? Non siate ridicolo! Vi sto soltan-to chiedendo di comportarvi come un gentiluo-mo.» «Ma io mi sono comportato come un gentiluo-mo quando vi ho chiesto di sposarmi, almeno mi pare.» «Potreste fare un piccolo sforzo e continuare a comportarvi come tale» sibilò Miranda fra i denti, in modo che dal salotto non potessero sentire. «Che cosa vi costa bere una coppa di champagne con i Winslow? Ringraziare il vicario per avere celebrato le nostre nozze? Dargli del denaro come ricompensa in modo da liberarci finalmente di lui e di sua moglie?» La porta del salotto si spalancò, il sacerdote fe-ce capolino. «Vostra Grazia...» Il duca simulò un sorriso che era più aggressivo che radioso. «Mia moglie ha dato gli ordini per un rinfresco, reverendo. Andiamo in sala da pranzo e vediamo che cosa ci serviranno» dichiarò con un'allegria così forzata che il vicario arretrò di un passo, co-me spaventato. Per fortuna Marcus si diresse verso la sala da pranzo, perché Miranda non aveva la minima idea di dove si trovasse. Quando vi arrivarono con i Winslow vide che non era per nulla differente dalle altre stanze. C'era polvere dappertutto, per-fino sui pannelli di seta alle pareti che raffigura-vano grasse pastorelle che guidavano grasse pe-core su e giù per le colline. Arrivò finalmente la torta, un vero disastro. La

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cuoca non aveva avuto tempo di preparare una vera torta, perciò si era limitata a restaurarne una avanzata da un pasto precedente. L'aveva tagliata a pezzi e rimessa insieme in modo da formare una torta più piccola, ma intera, che poi aveva glassa-to e rivestito di violette candite. Il risultato era pietoso, ma Marcus continuò a sorridere come aveva fatto nell'atrio, mentre il vicario ringraziava ad alta voce il Signore per il pane quotidiano e benediceva il dolce. Per fortuna Wilkins era arrivato con le bottiglie di champagne che Miranda aveva chiesto. Quello almeno avrebbe aiutato a dimenticare quanto fos-se orribile quella torta, si augurò Miranda mentre veniva versato nei bicchieri. Si stupì di quanto fosse buono lo champagne, perché non ne aveva mai bevuto in vita sua. An-dava giù come acqua e, quasi senza rendersene conto, ne bevve tre bicchieri. Quando aprì la bocca per parlare le sfuggì un singhiozzo. I Winslow si voltarono verso di lei lanciandole un'occhiata di biasimo e da quel mo-mento Miranda non bevve più. Il rinfresco era finito, perché i Winslow non se ne andavano? Miranda si ricordò che il reverendo non era stato ancora ricompensato per avere cele-brato il matrimonio. Il duca si alzò da tavola e avanzò verso Mr. Winslow con passo lento, guardandolo negli oc-chi. Che cosa aveva in mente?, si chiese Miranda. Dalla sua espressione c'era da temere il peggio e anche Mrs. Winslow sembrava preoccupata. Quando fu davanti al reverendo, Marcus prese di tasca una custodia e l'appoggiò sulla tavola,

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accanto al suo piatto. «Grazie di tutto, reverendo. Mrs. Winslow, vi auguro una buona giornata.» I coniugi Winslow non avevano atteso altro, si alzarono e si congedarono in pochi minuti. Mi-randa pensò che, se Marcus avesse subito dato lo-ro il denaro, si sarebbe potuto evitare anche quel patetico rinfresco. «Avete visto? Ci siamo liberati di loro» le disse Marcus con aria soddisfatta. «Grazie al cielo.» Il duca la guardava, come se anche lui aspettas-se qualcosa. «Il mio anello» le suggerì, dato che lei non riu-sciva a capire. «Il vostro anello?» «Potreste restituirmelo, se non vi dispiace?» Le dispiaceva, ma non poteva rifiutare di dar-glielo. Quando se lo tolse dal dito, l'anello le sfuggì di mano e rotolò sul pavimento di marmo. Marcus si chinò a raccoglierlo. «Grazie. Ci vedremo più tardi» le promise, poi se ne andò.

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Miranda, sdraiata sul letto, osservava un ragno che stava tessendo la sua tela in un angolo del baldacchino. Marcus sarebbe venuto fra non mol-to, avrebbe fatto quello che doveva fare e poi lei avrebbe potuto finalmente dormire. Cecily le aveva detto che la prima volta non era molto piacevole, anzi, poteva essere anche piutto-sto doloroso. Tuttavia niente sarebbe potuto esse-re più doloroso per lei del momento in cui aveva dovuto lasciare casa sua per venire a Haughleigh Grange, perciò non aveva paura. Cecily aveva anche aggiunto che dipendeva molto dall'uomo. Ce n'erano di premurosi e genti-li, con cui era un piacere fare l'amore, e altri bru-schi o frettolosi, pessimi amanti. Miranda non po-teva scegliere, aveva sposato il duca e quello era l'uomo a cui avrebbe dovuto dare un erede. Quin-di era inutile farsi problemi, l'avrebbe accettato così com'era. Aveva già avuto una brutta esperienza con un uomo detestabile e non ci teneva a ricordarla. Quando era andata a lavorare come aiuto in cuci-na in una nobile dimora nei pressi di Londra, il

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padrone di casa l'aveva sorpresa mentre portava al cuoco le fragole che era andata a raccogliere nel-l'orto. L'aveva bloccata nel corridoio, sorridendo-le ma costringendola ad arretrare verso la parete. In un primo momento non aveva fatto altro che prendere una fragola dal paniere che Miranda a-veva in mano, ma poi ne aveva offerta una anche a lei e aveva voluto mettergliela fra le labbra. Miranda aveva dovuto difendersi dal nobiluo-mo che cercava di baciarla e di convincerla a gua-dagnarsi la vita in un modo molto più facile e me-no faticoso. Si vergognava di aver avuto la tenta-zione di accettare la sua proposta, ma era fuggita ugualmente, con il risultato di perdere il posto. Ripensò a suo marito. Il bacio in chiesa era sta-to appassionato, anche troppo. Si augurò che non fosse una specie di bruto e cercò di apprezzare i suoi lati migliori. Era un uomo abbastanza giovane, decisamente attraente, sufficientemente pulito. Quando l'aveva baciata il suo alito era stato fresco, sembrava go-dere di buona salute ed era sempre ben rasato e pettinato. Avrebbe potuto capitarle di peggio, si disse. Come moglie di un duca non avrebbe sofferto la fame, i suoi figli avrebbero avuto un titolo nobi-liare, bei vestiti, una buona educazione e un futu-ro tranquillo. Più di quanto avesse avuto lei dalla vita, almeno fino a quel momento. Suo padre ne sarebbe stato felice, se lo avesse saputo. Peccato che non lo potesse sapere, perché le aveva proibito di scriverle. Quando era partita per venire a Haughleigh Grange le aveva fatto giurare sulla Bibbia che non avrebbe cercato di

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comunicare in alcun modo con lui e con Cecily. Non doveva correre il rischio che il duca scopris-se la verità. I minuti passavano, la porta che metteva in co-municazione la sua camera e quella del duca ri-maneva chiusa. Chissà, forse Marcus non aveva la minima intenzione di venire, almeno per quella sera. Ormai era quasi mezzanotte, forse dormiva già e si era dimenticato della sua sposa. Miranda sospirò. Purtroppo lei non riusciva a dormire, anche perché le sembrava di avere un buco nello stomaco. Non aveva più mangiato nul-la, dopo quella orribile torta del banchetto di noz-ze. Perché non aveva chiesto a Polly di portarle qualcosa in camera, all'ora di cena? Era così ner-vosa per quello che stava per accadere che non le era sembrato di avere fame, ma adesso l'appetito le era tornato. Svegliare Polly le sembrava inopportuno, a u-n'ora così tarda. Se avesse potuto sarebbe scesa in cucina a vedere se c'era qualcosa da mangiare. Perché non poteva? Quella adesso era casa sua, chi le avrebbe impedito di aprire la dispensa e di cercare dei biscotti, del formaggio o del pane, in-somma qualcosa da mettere sotto i denti per far tacere i morsi della fame? Ignorava dove fossero le cucine, ma da qualche parte dovevano pur essere. Ci pensò ancora per cinque minuti, lanciando di tanto in tanto un'oc-chiata spazientita verso la porta che andava nella camera di Marcus. Il duca ormai dormiva, ne era sicura, quindi tanto valeva alzarsi e andare alla ricerca di cibo. Non sarebbe riuscita ad addor-mentarsi con i crampi allo stomaco.

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Marcus bevve un sorso di brandy. Non riusciva a decidersi a salire di sopra per fare il suo dovere di marito. Era la sua prima notte di nozze e si sta-va comportando come un vigliacco. Si versò ancora un po' di brandy. Adesso che sua madre era morta e St. John era stato cacciato di casa, si sentiva finalmente il pa-drone. Aveva tante cose a cui pensare, una moglie era solo un problema in più. Chissà che cosa pensava di lui Miranda. Proba-bilmente lo considerava rozzo e maleducato, per il modo in cui si era comportato con lei. Da quan-do era entrata in casa sua lo aveva sentito soltanto imprecare, forse stava aspettando tremante che entrasse in camera sua per reclamare i suoi diritti coniugali. Certo che una donna che partiva da Londra da sola, per offrirsi come sposa a un uomo che non conosceva nemmeno non doveva essere esatta-mente una verginella spaventata. Anzi, con ogni probabilità non era affatto vergine. Non sapeva nulla della sua famiglia, ma se fos-sero state persone rispettabili non le avrebbero mai permesso di venire a Haughleigh Grange sen-za un accompagnatore. A lui non importava che fosse vergine o meno. Voleva un erede e se gliel'avesse dato non le a-vrebbe chiesto altro. Ma l'erede non sarebbe mai nato, se avesse continuato a trascorrere le sue se-rate in biblioteca a bere, invece che nel letto della moglie. Sospirò, ingoiò l'ultimo sorso di brandy e si al-zò dalla poltrona. Il dovere lo chiamava e Miran-da stava di certo aspettando una sua visita. Non

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poteva offenderla, trascurandola fin dalla prima notte di nozze. Uscì dalla biblioteca e salì lo scalone che por-tava al piano di sopra. Quando si faceva l'amore si conosceva veramente una donna. Finalmente avrebbe capito chi era Miranda, se una fanciulla onesta o un'avventuriera che la sorte avversa, e i sensi di colpa di sua madre, lo avevano costretto a sposare. Avrebbe potuto essere anche una cortigiana, per quello che ne sapeva. Una volta a Londra per procurarsi la licenza avrebbe preso informazioni su di lei. Non voleva che il prossimo Duca di Haughleigh nascesse da una donna di malaffare. Senza la licenza il loro matrimonio non sarebbe stato valido da un punto di vista legale, il vicario era stato chiaro e anche lui lo sapeva. Certo che, se fosse stata una cortigiana, i suoi vestiti sarebbero stati ben diversi. Questa conside-razione lo rassicurò. Si vergognò di aver pensato male di Miranda. Le cortigiane guadagnavano pa-recchio denaro, erano le donne oneste che viveva-no in miseria. Una volta tornato in camera sua si chiese come presentarsi a lei. Completamente vestito? No, ci sarebbe voluto troppo tempo per spo-gliarsi, ma di certo non si poteva presentare senza vestiti. Se Miranda era una fanciulla innocente, se non aveva mai conosciuto un uomo in vita sua, sarebbe stato un trauma terribile per lei vederlo entrare nudo in camera sua. Marcus si spogliò e poi si avvolse nella sua ve-staglia di broccato. In quel momento, con ogni probabilità, Miranda era seduta sul suo letto, ner-

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vosa e angosciata, e si stava chiedendo quando sarebbe arrivato e che cosa sarebbe successo. Chissà se le avevano dato le informazioni ne-cessarie per non spaventarsi? Avrebbe dovuto capirlo da solo, con molto tat-to. Per prima cosa si sarebbe seduto accanto a lei sul letto, le avrebbe preso una mano per rassicu-rarla e le avrebbe parlato con molta dolcezza per farle capire che non doveva temere nulla di male. Poi l'avrebbe baciata. A giudicare dalla sua reazione nella cappella, quella mattina, le piaceva essere baciata. L'avreb-be baciata fino a farle dimenticare la paura, se ne aveva, e poi avrebbe cominciato a spogliarla. Po-co per volta, senza affrettarsi. Il resto sarebbe ve-nuto da sé, si augurava con reciproca soddisfa-zione. Respirò profondamente per farsi coraggio e a-prì la porta che metteva in comunicazione le loro due camere. La stanza di Miranda era buia, solo la luna illuminava il suo letto. Un letto vuoto. Dov'era andata sua moglie? Era incredibile! Possibile che quella fosse la re-sidenza di un duca? Miranda, dopo aver aperto tutti gli armadi e le credenze della grande cucina, era riuscita a trova-re solo un po' di pane secco e di formaggio stan-tio. Anche i topi dovevano morire di fame in quella casa, si disse, oppure tutto era chiuso nella dispensa a fianco della cucina, di cui non aveva la chiave. Immaginò la lettera che avrebbe scritto a Ce-

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cily e a suo padre il giorno dopo, se avesse potu-to. Ho sposato un duca e sto morendo di fame. Diede un morso al pane, rischiando di spezzarsi un dente. Non aveva importanza, le bastava riem-pirsi lo stomaco per riuscire a dormire. «Che cosa ci fate qui in cucina?» l'apostrofò il duca, entrando in quel momento. Marcus doveva essere davvero il nome di qual-che dittatore, pensò Miranda, perché soltanto un despota avrebbe usato di continuo quel tono auto-ritario. «Perché non eravate in camera vostra? Vi ho cercato dappertutto, stavo per svegliare la servi-tù... Certo che sarebbe stata una gioia per i pette-goli, la Duchessa di Haughleigh che preferisce venire in cucina a mangiare formaggio piuttosto che attendere suo marito la prima notte di nozze.» «Mi avete sposata per mettere a tacere le male-lingue, tuttavia le temete ancora. È così importan-te per voi quello che pensa la gente?» lo rimbeccò Miranda. «Se vostro marito vi dice che non vuole che la gente parli male di voi, dovete fare in modo di accontentarlo, se intendete rimanere in questa ca-sa» la minacciò Marcus. «Perché mai dovrei volere restare in questa ca-sa? Comincio a chiedermelo» lo rimbeccò Miran-da. «Perché mi avete sposato, ecco perché!» si in-furiò il marito, alzando la voce. «Avete sposato un duca! Non vi basta?» «Avete bevuto» dedusse Miranda sentendo l'o-dore del brandy. «Non sono mai stata così umilia-ta in vita mia. Avrei dovuto aspettarvi per ore nel

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mio letto mentre voi vi ubriacavate. Questa mat-tina nella cappella mi avete baciato in un modo oltraggioso, davanti al vicario e a sua moglie, poi mi avete fatto attendere tutta la notte prima di ri-cordarvi di me. Sono venuta in cucina, Vostra Grazia, per mangiare qualcosa dato che morivo di fame. Non vi siete preoccupato di farmi servire la cena, mi avete ignorato dal momento in cui Mr. Winslow e sua moglie se ne sono andati. Siete così fiero di essere un duca, ma guardate come vi comportate! Da quando vi conosco non avete fat-to altro che abbaiare, vivete in una casa grande e sontuosa, ma sudicia e polverosa da fare paura. Qui in cucina sono riuscita a trovare solo un boc-cone di pane secco e questo formaggio rancido che neppure un topo vorrebbe mangiare.» Il Duca di Haughleigh era rimasto di sasso. A Miranda ricordò un cane che, mentre stava ab-baiando, avesse ricevuto una bastonata dal padro-ne. Era molto difficile, però, che Marcus battesse in ritirata con la coda fra le gambe come avrebbe fatto il cane. «Se la mia casa non vi piace» replicò in tono gelido quando si fu ripreso dalla sorpresa di quel-la risposta insolente, «non dovete fare altro che prendere i vostri bagagli e tornarvene a Londra.» Miranda avrebbe voluto rispondergli con lo stesso piglio di prima, ma non ci riuscì. Era stan-ca, affamata, delusa, nervosa. Come poteva fare i bagagli e tornare a Londra? Non aveva altre pos-sibilità, non aveva altra speranza. Doveva rimane-re e sopportare quell'uomo arido e arrogante. Si sentì male. Forse era colpa della fame, forse di tutte le emozioni della giornata. Si accorse che

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la testa le girava, cercò di appoggiarsi al tavolo, ma le ginocchia non riuscivano a reggerla. Chiuse gli occhi e sperò che Marcus avesse almeno il buon cuore di prenderla fra le braccia prima che cadesse a terra. «Maledizione!» imprecò Marcus vedendo che Miranda stava per perdere i sensi. L'afferrò e la strinse forte perché non finisse sul pavimento. Prima lo trattava come nessuno aveva mai osato trattarlo in vita sua, poi si afflosciava svenuta. Che donna era? Tenendola fra le braccia, però, si rese conto di quanto fosse magra. Era davvero pelle e ossa, leg-gera come una piuma, benché fosse piuttosto alta per essere una donna. Le sue mani erano fredde come ghiaccio, il suo volto bianco come un len-zuolo. Era stato davvero un pessimo ospite, si disse. Non si era preoccupato di lei, non si era curato che mangiasse qualcosa. Un egoista senza cuore, ecco che cosa era diventato in tanti anni di ama-rezza e di solitudine. «Mettetemi giù...» gemette Miranda quando riaprì gli occhi, mentre la stava portando al piano di sopra. «Non siete nemmeno in grado di reggervi in piedi e vorreste che vi mettessi giù?» «Dove... dove mi state portando?» «Nella vostra stanza, a letto.» «No, no...» «Che cosa credete? Per chi mi avete preso? Non sono un necrofilo, non farei mai l'amore con un cadavere!» replicò lui sarcastico. «Vi metterò

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a letto perché possiate calmarvi e riposare.» Quando arrivò nella sua camera la depose sul letto, si sedette accanto a lei e le prese le mani. Cercò di riscaldargliele massaggiandole e scoprì che non sembravano affatto le mani di una gentil-donna. Erano callose, ruvide, come quelle di una donna che lavorava per vivere. Miranda cercò di ritrarle vergognosa, ma lui glielo impedì. Solo allora notò quanto misera fos-se la sua camicia da notte, di semplice cotone, lisa e rammendata in più punti. «Vi manderò subito Polly perché accenda il fuoco e vi porti qualcosa da mangiare. In futuro non abbiate mai paura di chiedere quello che vo-lete, che sia del cibo o della legna per il fuoco. Resterò in camera mia, se avete bisogno di me, ma non temete. Aspetterò che stiate meglio prima di prendere una decisione. Buonanotte, Miranda.» Tornò in camera sua e tirò il cordone del cam-panello per svegliare il suo valletto, che avrebbe provveduto a trovare Polly e a dirle che cosa do-veva fare. Che strana donna aveva sposato, si disse seden-dosi alla scrivania. Strana ed eccitante, perché era molto diversa da come se la sarebbe aspettata. Fragile e forte al tempo stesso, un fiore delicato con il fuoco nelle vene. Era la prima volta, dopo tanto tempo, che sentiva il desiderio di proteggere una donna, di conoscerla meglio, forse di amarla e non soltanto fisicamente. Il loro matrimonio era cominciato nel peggiore dei modi, ma sarebbe potuto proseguire meglio, con un po' di sforzo da parte di entrambi. Da par-te sua, soprattutto, dovette riconoscere Marcus,

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perché fino a quel momento si era reso odioso. D'ora in poi avrebbe agito con cautela, per evi-tare il disastro che era stato il suo primo matri-monio. Era diventato lo schiavo di Bethany, pri-ma di rendersi conto che donna fosse. Non aveva mai sofferto tanto in vita sua, per quello non ave-va più voluto sposarsi. C'erano tante cose che avrebbe voluto sapere di Miranda. Perché le sue mani erano così ruvide? Per quanto povera, una vera gentildonna non si sarebbe mai abbassata a lavori pesanti. Avrebbe voluto parlare con lei tutta la notte, ma non poteva. «Vostra Grazia?» chiese assonnato il suo val-letto comparendo sulla porta. Marcus gli diede gli ordini per Polly, poi gli disse di preparare la loro partenza per Londra. «Quando volete partire, Vostra Grazia?» «Subito» fu la risposta. «Avverti il cocchiere e fai preparare la carrozza.» Quando il valletto se ne fu andato, Marcus pre-se un foglio di carta dal primo cassetto della scri-vania, la sua penna d'oca e cominciò a scrivere una lettera per sua moglie. Cara Miranda... No, non era quello il modo giusto per incominciarla, fra di loro non c'era an-cora tanta confidenza. Miranda, le scrisse, domani mattina partirò per Londra. La casa è vostra, siete voi la padrona e dovrete comportarvi come tale. Rimarrò lontano due settimane, quindi avremo tutto il tempo di ri-pensare al nostro matrimonio e di prendere la de-cisione giusta. Se volete vi concederò un annul-

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lamento, ma non credo che la nostra sia un'unio-ne impossibile. Molti matrimoni cominciati male sono migliorati con il passare del tempo. Che altro poteva dirle? Che avrebbe cercato di lasciare a Londra il suo caratteraccio e che sareb-be tornato con le migliori intenzioni per diventare un buon marito? Terminò la lettera con qualche altra riga, poi la sigillò. L'avrebbe fatta portare a Miranda da una cameriera, perché la potesse leggere a colazione. Non avrebbe più dovuto sopportare la sua pre-senza, due settimane le avrebbero dato il tempo per ambientarsi nella sua nuova casa. Era frastor-nata quanto lui per tutto quello che era successo, non sarebbe stato saggio imporle di affrontare su-bito il matrimonio con un uomo che per lei era un perfetto estraneo. C'era però qualcosa che voleva assolutamente portare con sé a Londra. Mentre il suo valletto, che era tornato, preparava i bagagli per il viaggio, Marcus andò in camera di sua madre. Prese la scatola con le lettere di Lady Cecily e la portò in camera sua. Le avrebbe lette con attenzione per capire chi fosse la donna che le aveva mandato la sua sposa e per conoscere meglio Miranda.

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Il mattino dopo, quando sorse il sole, Miranda ti-rò le tende del letto a baldacchino e continuò a ri-muginare su quello che era successo la sera pri-ma. Dopo il suo colloquio con il duca era sicura che una carrozza fosse già pronta per riportarla a Londra. Oppure, molto probabilmente, il duca non le avrebbe fornito nemmeno la carrozza e lei sarebbe dovuta tornare a casa con la diligenza po-stale, pagando di tasca propria. Con quale denaro? Non aveva più il becco di un quattrino e suo padre era stato chiaro, quando l'aveva salutata. Il matrimonio era l'unica soluzio-ne, non doveva assolutamente tornare a casa. Perciò, quel mattino stesso, Miranda era decisa a gettarsi ai piedi del Duca di Haughleigh per chiedergli di perdonarla. Sarebbe stata la migliore delle mogli, se solo le avesse dato la possibilità di dimostrarglielo. Polly arrivò verso le sette con il tè. «Siete già sveglia, Vostra Grazia?» si stupì, i-gnorando come fosse andata realmente la sua pri-ma notte di nozze. Si era aspettata di trovarla profondamente ad-

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dormentata, esausta e soddisfatta dopo un'appas-sionata notte d'amore, ma la sua padrona sembra-va solo esausta e per niente soddisfatta. «La cuoca vi ha preparato la colazione» le an-nunciò, «e vi ha mandato questo tè.» Il tè era caldo e un po' più corposo del solito. Un deciso passo in avanti, dato che quello che le era stato servito dalla sera del suo arrivo era stato sempre tiepido e così leggero da sembrare acqua. «Sua Grazia il duca mi ha detto che dovete mangiare e che io dovrò anche forzarvi a farlo, se necessario» aggiunse Polly con un certo orgoglio per l'incarico che le era stato dato. «Davvero? E quando te l'ha detto?» chiese Mi-randa piuttosto scettica. «Ieri sera, prima di partire.» «Il duca è partito?» «Sì, Vostra Grazia, ma ha detto al maggiordo-mo che adesso siete voi la padrona e che dobbia-mo obbedirvi.» Miranda non sapeva più che cosa pensare. Si era immaginata ai piedi di Marcus, che gli chie-deva pietà perché non la cacciasse, e invece era stato lui ad andarsene. «Dov'è andato?» «A Londra, Vostra Grazia.» A Londra per prendere la licenza di matrimo-nio? Allora non voleva liberarsi di lei. «Stamattina è ritornato Lord St. John. Si vede che ha saputo che il duca è partito» aggiunse Polly che, come tutti i domestici, era al corrente dei dissapori fra i due fratelli. Miranda ora era ansiosa di vestirsi e di scende-re a fare colazione. Non sarebbe dovuta tornare a

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Londra sulla diligenza postale. Quella adesso era la sua casa, lei era la Duchessa di Haughleigh. Si sarebbe messa a danzare per la gioia. E se invece Marcus fosse andato a Londra per chiedere l'annullamento del loro matrimonio? Era sempre una possibilità e il sospetto spense il suo entusiasmo. Comunque non era il caso di fasciarsi la testa prima di essersela rotta. Se Marcus fosse tornato con l'intenzione di annullare le loro nozze, Mi-randa avrebbe cercato in qualche modo di correre ai ripari. Per il momento era ancora la Duchessa di Haughleigh e contava di comportarsi come ta-le. Sarebbe scesa per fare colazione e per scam-biare due parole con suo cognato, dato che era ri-tornato sfidando il fratello. Quando entrò nella sala della colazione Miran-da trovò St. John seduto a capotavola, come se fosse il padrone di casa. Stava leggendo la posta del duca e lei si chiese come avrebbe reagito suo marito se lo avesse visto in quel momento. «Oh, Miranda!» esclamò nel vederla. «La vo-stra presenza in questa casa ha già portato dei mi-glioramenti.» Si alzò e l'aiutò ad accomodarsi sulla sedia ac-canto a lui. «Quali miglioramenti, milord?» «Questa è la prima volta che mi viene servita una colazione decente, da quando sono tornato a Haughleigh Grange. Non mi sono fidato ad assag-giare le aringhe affumicate, ma vi posso garantire che le uova sono fresche.» «Forse a vostro fratello non farebbe piacere sa-

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pere che siete tornato durante la sua assenza» o-biettò lei. «Può darsi, ma come potevo lasciarvi sola sa-pendo che lui era partito per Londra? I domestici mi hanno in simpatia e forse non gli diranno nul-la. Forse anche voi, mia cara cognata, eviterete di amareggiarlo raccontandogli che la pecora nera di famiglia gli ha disobbedito un'altra volta.» Miranda ci avrebbe pensato, comunque in quel momento la preoccupava di più che lui stesse leg-gendo la posta di Marcus. «Quella è la posta arrivata stamattina?» gli do-mandò allungando una mano per prenderla. «Mia cara Miranda, come mai siete così ansio-sa di leggerla? State forse aspettando un messag-gio amoroso da qualcuno dei vostri corteggiato-ri?» scherzò St. John, ma fu lesto a impossessarsi di tutte le lettere prima che lei potesse toccarle. «Purtroppo i miei creditori sono riusciti a rintrac-ciarmi fin qui» aggiunse con un sospiro mentre le appallottolava. «Non mi risparmiano mai le loro esortazioni a pagare i debiti.» Prima che Miranda potesse protestare, il cogna-to si alzò e andò a gettare tutte le lettere nel fuoco che ardeva nel caminetto. Così lei non avrebbe mai saputo se le avesse mentito. Miranda, per quanto seccata, cercò di mante-nersi calma e di stare al gioco. «Mio caro St. John, almeno qualche volta do-vreste accontentare i vostri creditori» gli rispose tranquilla. «Sono sicuro che avete un'opinione orribile di me, se avete creduto a quello che vi avrà raccon-tato mio fratello.»

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«Oh, no!» Miranda rise cercando di mostrarsi imbarazzata. «Vi sbagliate, vostro fratello non mi ha raccontato nulla di voi. Ieri sera non abbiamo avuto molto tempo per parlare, per dire la verità.» Abbassò timidamente lo sguardo e sbocconcel-lò la fetta di pane tostato che aveva in mano, co-me una timida sposina imbarazzata che preferisse cambiare argomento. «Almeno vi avrà detto perché è partito con tan-ta fretta per Londra.» «Per ottenere la licenza di matrimonio.» «Sì, certo, ma non era necessario partire nel bel mezzo della notte.» «Sono sicura che Marcus l'ha fatto per una buo-na ragione» rispose evasivamente Miranda, anche perché non avrebbe saputo come giustificarlo. «Avrà voluto fare sapere che si era sposato a qualche persona in particolare, prima che lo ve-nisse a sapere da altri» insinuò St. John. Miranda attese che continuasse, senza fare al-cun commento ma drizzando le orecchie. «So che non dovrei parlare con voi di questo argomento, ma non sono un ipocrita e credo che sia meglio che voi sappiate come stanno le cose» proseguì St. John con molta disinvoltura. «Non siete una bambina, non vi illuderete di certo che vostro marito sia rimasto per dieci anni senza una donna.» Miranda, con estrema lentezza, imburrò una fetta di pane tostato. Così Marcus era partito in fretta e furia per Londra allo scopo di avvertire la propria amante delle nozze appena celebrate. Cer-cò di mantenersi impassibile. «Avete ragione voi, St. John, è sempre meglio

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sapere come stanno le cose» dichiarò approvando. «Siete una donna piena di buonsenso. Niente sciocche scenate, anche perché il vostro matrimo-nio è stato così improvviso, inaspettato... Non si può pretendere di cambiare il mondo in un paio di giorni, non vi pare? Mio fratello è abituato a fare quello che vuole e continuerà a farlo. È il suo ca-rattere.» Le stava dicendo che Marcus avrebbe continua-to ad avere un'amante e forse molte amanti, anche dopo le nozze? «Come vi ho già detto ieri» aggiunse sorriden-do il cognato, «ricordatevi che io sarò sempre a vostra disposizione, nel caso aveste bisogno di qualcosa durante le assenze di vostro marito.» «Non so come ringraziarvi.» «Ora purtroppo devo andare, ma tornerò stasera a cena, per farvi compagnia. Se voi gradite la mia presenza, naturalmente.» Non poteva dirgli che non la gradiva, perciò si limitò a sorridere. Quando St. John se ne fu anda-to, Miranda si rese conto che avrebbe dovuto or-ganizzare la cena. La cuoca se l'era cavata con la colazione, ma per cena non poteva servire a suo cognato qualche uovo strapazzato e un paio di a-ringhe affumicate. Si alzò e andò in cucina. Quando vi arrivò non trovò nessuno, ma vide che le padelle con cui era stata preparata la colazione erano ancora sporche. Nessuno si era dato la pena di lavarle e questo la diceva lunga sulla negligenza del personale. Era meglio parlare al più presto con la governante, decise Miranda, per dirle che le cose dovevano cambiare.

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«Chi siete?» si sentì apostrofare bruscamente. In cucina era entrata una donna bassa e robusta che la stava fissando in maniera bellicosa. Dalla cuffietta che aveva in testa e dai suoi modi autori-tari Miranda dedusse che doveva essere proprio la governante. «Sono la Duchessa di Haughleigh» le fece sa-pere, anche se l'abito che portava non era degno di una duchessa. «La Duchessa di Haughleigh è morta.» «Ora c'è una nuova Duchessa di Haughleigh. Sua Grazia il duca e io ci siamo sposati ieri.» «Sua Grazia il duca non mi ha mai parlato di un matrimonio.» «Forse ve ne avrebbero potuto parlare i dome-stici, ma a quanto pare non hanno voluto guastar-vi la sorpresa.» «Ieri era il mio giorno libero e questa mattina, quando sono tornata...» «Nessuno vi ha detto niente, vi capisco. Forse Wilkins avrebbe fatto meglio a...» «Wilkins? Quel vecchio ubriacone? Si guarda bene dal rivolgermi la parola.» Una sguattera aveva fatto capolino in cucina, sentendo la voce della governante. Non osò dire nulla, ma si rintanò in un angolo, dal quale avreb-be potuto seguire il battibecco. «Voi siete la governante, vero, Mrs...?» «Mrs. Clopton.» «Come tale dovreste sapere che stamattina la cuoca ha preparato la colazione per me e per Lord St. John.» «Uff! Non mi importa nulla delle donne di Lord St. John. La cuoca può preparare la colazio-

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ne per chi vuole, io non ne voglio sapere niente.» «Come governante dovreste essere la responsa-bile qui, no?» Dopo la sguattera erano arrivati altri domestici che assistevano incuriositi a quello che stava suc-cedendo, assiepati davanti alla porta. Miranda non poteva permettersi di perdere la faccia davanti a loro, perché non avrebbe più avu-to alcuna autorità con il personale. «Se siete responsabile di quello che ho visto da quando sono arrivata, avete ben poco di cui essere fiera» proseguì con severità. «Ho la netta impres-sione che in questa casa i domestici non facciano nulla. C'è polvere e sporcizia dappertutto.» «Il personale fa anche troppo, per quello che è pagato. Non si lavora bene a stomaco vuoto.» «Sarò io a giudicare se siete pagati troppo o troppo poco. Portatemi i registri della contabilità, Mrs. Clopton, e vedremo le spese.» Sentir nominare i libri contabili non fece alcun piacere alla governante. «Sua Grazia non ha mai voluto controllare i conti» le fece sapere. «Sua Grazia non è qui» rispose Miranda, che non sapeva se Mrs. Clopton si stesse riferendo al-la defunta duchessa o al duca. «D'ora in poi sarò io a dare gli ordini, che vi piaccia o no.» «Non credo affatto che sia necessario vedere i libri contabili» si intestardì la governante. «No? E perché, Mrs. Clopton?» «Quando c'era ancora la duchessa...» «Immagino che neppure lei abbia mai control-lato i conti. Da quanti anni, Mrs. Clopton, fate la cresta sulle spese?»

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«Come vi permettete di darmi della ladra?» tuonò la governante mentre un mormorio passava fra i servitori che fino a quel momento avevano ascoltato in assoluto silenzio. «Sono la Duchessa di Haughleigh e voi siete alle mie dipendenze. Portatemi i libri contabili.» «Non siete la Duchessa di Haughleigh! Non potete darmi degli ordini!» «Se non avete rubato in tutti questi anni non c'è alcuna ragione per non mostrarmi la contabilità.» «Mettersi in tasca quattro soldi di tanto in tanto non è un grande crimine, ma spacciarsi per una duchessa quando invece...» «Siete licenziata, Mrs. Clopton. Spero che ab-biate rubato parecchio, perché non troverete facil-mente un altro impiego senza le mie referenze.» Il mormorio del personale presente questa volta si trasformò in un'esclamazione collettiva di stu-pore. «Wilkins?» chiamò Miranda senza voltarsi, ma ben certa che anche il maggiordomo avesse assi-stito alla scena. «Vostra Grazia?» Wilkins si fece subito avanti. «Voglio che questa donna lasci immediatamen-te Haughleigh Grange. Riunite tutti i domestici nell'atrio, vorrei parlare con loro.» «Sì, Vostra Grazia.» Obbedì senza discutere e questo fu un bel risul-tato per Miranda. Se il maggiordomo avesse ese-guito i suoi ordini, anche il resto della servitù a-vrebbe imparato a fare altrettanto. I Binley erano da generazioni i legali dei Duchi di Haughleigh. L'ultimo della stirpe, il giovane

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Claude, aveva da poco sostituito il padre dopo molti anni trascorsi a studiare legge a Oxford, se-guiti da un tirocinio come apprendista nello stu-dio di famiglia a Londra. Fu lui ad accogliere Marcus, che era stato suo compagno di università, nel solenne studio rive-stito da pannelli di quercia. Poi si sedette all'im-ponente scrivania che era stata di suo padre, dopo avere offerto una tazza di tè al duca che si era ac-comodato su una poltrona di cuoio. «A che cosa devo l'onore di una visita, Vostra Grazia?» «Ho un problema, Claude» fu la risposta di Marcus, dopo aver bevuto un sorso di tè. «I vostri problemi sono i nostri, come ben sape-te.» «Per risolvere questo sarà necessaria la massi-ma discrezione.» «La discrezione è sempre stata la prima qualità di un Binley.» Come Marcus aveva potuto constatare quando studiavano insieme, anche se ai tempi di Oxford non si preoccupavano molto della discrezione. «Il problema riguarda una donna» precisò. «Vostro fratello?» chiese Claude, prendendo il libretto degli assegni. Una bella somma aveva sempre aiutato St. John a sbarazzarsi di qualche amante diventata scomoda. «No, questa volta no.» «Voi, Marcus?» si stupì Claude. «Proprio io» confermò lui. «Siete sempre stato così cauto in fatto di don-ne...» osservò il legale.

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«A differenza dei miei antenati» aggiunse il duca ridendo. «Ne avete fatta di fatica, voi Bin-ley, per salvare il buon nome dei Radwell attra-verso i secoli.» «Vostra Grazia non ha mai avuto problemi di questo genere. Almeno, non negli ultimi dieci an-ni» aggiunse a bassa voce. «Questo problema non sono andato a cercarme-lo. È arrivato a Haughleigh Grange pochi giorni fa e mi sono trovato incastrato senza nemmeno sapere com'era successo. Adesso ho una moglie.» «Vi siete sposato?» si allarmò Binley. «In chiesa, ma senza licenza. Con una donna che non avevo mai visto prima.» All'avvocato quasi andò di traverso il tè che stava bevendo. «Avreste sposato un'estranea? No, il tè non è adatto per questo colloquio. La bottiglia del bran-dy è accanto a voi, Vostra Grazia. Servitevene pure e, se non vi dispiace, versatene un bicchiere anche per me.» «A quest'ora del mattino?» obiettò Marcus, ma seguì il consiglio. «Mio padre diceva che, nella vostra famiglia, eravate l'eccezione che conferma la regola. Io gli rispondevo che vostro fratello era già abbastanza donnaiolo per due, perciò voi potevate fare a me-no di seguire le orme dei vostri antenati» spiegò Claude mentre bevevano il brandy. «La colpa è tutta di mia madre. Ora vi raccon-terò la storia dal principio.» L'avvocato l'ascoltò con la massima attenzione. A mano a mano che Marcus raccontava, la sua espressione si rilassava visibilmente. Dopotutto,

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la soluzione non sarebbe stata così complicata. «Credo che la cosa migliore sarebbe di offrire alla fanciulla una buona sistemazione. Un vitali-zio o una rendita che le permetta di stabilirsi mol-to lontano da Londra e dal Devon.» «Ma se l'interessata fosse davvero di nobile fa-miglia, come asseriscono le lettere inviate a mia madre?» «La rendita dovrebbe essere maggiore, ma le cose non cambiano. Il matrimonio non è legale senza la licenza e inoltre, come voi mi avete spie-gato, non è stato consumato. Quindi vi costerebbe solo un migliaio di sterline in più liberarvi di lei.» «Le lettere dicevano anche che mia madre ave-va commesso un torto nei riguardi della donna che le ha chiesto di farmi sposare la mia attuale moglie.» «Vostra madre, purtroppo, non c'è più e a voi non possono essere imputati i suoi eventuali torti, di certo avvenuti molti anni fa.» «Vorrei sapere che cosa era successo, se c'era stato uno scandalo.» «Marcus, se volete il mio consiglio, prima vi liberate di lei e meglio è. Se invece di chiederle subito di sposarvi mi aveste mandato un messag-gio, vi avrei consigliato di cacciarla su due piedi. Buon Dio, ma quale famiglia rispettabile mande-rebbe da sola una fanciulla a reclamare un marito in quel modo?» «C'era anche St. John in casa mia. Se non l'a-vessi presa sotto la mia protezione potete imma-ginare che cosa sarebbe successo.» «Anche questo è un problema che si sarebbe potuto risolvere in fretta, se voi non foste così te-

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nero di cuore. Quante volte vi ho consigliato di smettere di dare soldi a vostro fratello? È una san-guisuga, fino a quando saprà di poter ottenere del denaro da voi non riuscirete mai a liberarvene.» Marcus non rispose e Claude temette di essere andato troppo oltre. «Vi prego di scusarmi, Vostra Grazia, ma ho parlato in nome della nostra vecchia amicizia. Se non intendete seguire i miei consigli, datemi delle istruzioni e mi limiterò a obbedire ai vostri ordini. Dovrei farvi le congratulazioni per il matrimo-nio?» gli domandò in tono scherzoso. «In realtà non so quello che voglio» ammise Marcus. Sapeva soltanto che non desiderava comportar-si come un egoista, come tutti i suoi antenati, co-me suo fratello e sua madre. Voleva essere un uo-mo migliore, un uomo giusto e generoso. «Per prima cosa credo che sarebbe bene avere tutte le informazioni possibili sulla famiglia della fanciulla. Se è davvero nobile e se mia madre ha commesso qualche mancanza nei confronti di qualcuno di loro...» «Non mi direte che sareste anche disposto a confermare le nozze e a renderle legali!» esclamò Claude senza riuscire più a contenersi. «Vostra Grazia, sarebbe pura follia!» «La prima volta mi sono sposato per amore e voi sapete com'è andata a finire. St. John si augu-ra che mi venga un colpo prima che riesca a met-tere al mondo un erede, ma potrebbe rimanere de-luso. Questa donna forse è una cortigiana e un'av-venturiera ma, se non lo è, forse è la fortuna più grande che mi sia capitata. Voi non sapete in qua-

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li condizioni ho trovato Haughleigh Grange, ci vorrebbe una donna di polso per prendere in ma-no la situazione. Mi sembra che lei abbia corag-gio e volontà, credo che sarebbe una buona pa-drona di casa. Se mi darà un figlio potrei perfino innamorarmi di lei...» «Parlate d'amore, Marcus, ma mi sembra piut-tosto che abbiate bisogno di una buona governan-te» obiettò l'avvocato. «Non sono più ingenuo come lo ero dieci anni fa, amico mio. Se quella che ho sposato è una donna onesta e dotata di buonsenso, non chiedo altro. Nei due giorni in cui è stata a casa mia non l'ho mai vista ridere come una sciocca, frignare o lasciarsi andare a isterismi come avrebbero fatto tante dame londinesi in situazioni anche meno difficili. Ha carattere, forse fin troppo, ma almeno con lei non mi annoierò.» Ricordò quando l'aveva baciata, quando l'aveva presa fra le braccia e portata nella sua camera da letto. Gli sfuggì un sorriso inconsapevole che l'avvocato non poté fare a meno di notare. «Pensate bene a quello che fate, Vostra Grazia» lo supplicò. «Ci ho pensato a lungo, prima di venire da voi. Eccovi le lettere che sono state mandate a mia madre. Sopra vi troverete tutti i dati che vi servi-ranno per cercare informazioni sulla famiglia di Lady Miranda Grey. È questo il suo nome.» «Sempre che lo sia davvero.» «Se non lo è, dovrete scoprire come si chiama e da dove viene. Solo quando saprò ogni cosa su di lei prenderò una decisione» concluse Marcus.

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Le prime indagini avevano dato qualche frutto, ma Marcus non rinunciò a investigare per proprio conto. Era esistita effettivamente una Lady Miranda Grey, figlia di Sir Anthony Grey, ma di lei non si sapeva più nulla. Avrebbe dovuto avere ventitré anni, ma era sparita nel nulla come suo padre che, dopo avere scialacquato tutto il denaro della mo-glie defunta, forse era fuggito sul Continente o più probabilmente si era sparato un colpo, come dicevano in molti. Quanto a Lady Cecily Dawson, nessuno diceva di conoscerla. Chissà se era il vero nome della donna che aveva scritto a sua madre, parlandole di Miranda! Marcus aveva un metodo personale per svolge-re le indagini e, quel giorno, aveva già visitato due cartolerie con una delle lettere di Lady Ce-cily, purtroppo senza alcun risultato. Bastava il suo titolo, però, perché i proprietari e i commessi si facessero in quattro per aiutarlo. «In che cosa posso esservi utile, Vostra Gra-zia?» gli domandò rispettosamente il proprietario

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della terza cartoleria quando seppe con chi aveva a che fare. «Vorrei della carta da lettera per mia moglie, con il suo monogramma.» «Siamo al vostro servizio. Non dovete fare al-tro che darci le vostre indicazioni e le seguiremo con la massima cura» fu la risposta, come in tutte le altre cartolerie che aveva visitato. Qualunque negoziante avrebbe fatto carte false per diventare fornitore del Duca di Haughleigh. «Ho qui un esempio da mostrarvi, alcune lette-re che erano state inviate alla mia defunta madre. La carta mi sembra di ottima qualità, la vorrei co-sì. Sto cercando di trovare il cartolaio da cui è sta-ta acquistata. Per caso siete voi?» «Perdonatemi, Vostra Grazia, ma perché non chiedete a chi le ha mandate dove si è servito?» osò suggerire il negoziante. La risposta fu uno sguardo gelido che avrebbe scoraggiato chiunque dal dare altri consigli di quel genere. «È il mio lavoro, Vostra Grazia, credo che sarò in grado di darvi le indicazioni che volete. Posso esaminare le lettere da vicino?» si corresse subito il cartolaio. Guardò le carte e le lettere con molta attenzio-ne. «Che curioso!» commentò. «La scrittura è la stessa e anche l'inchiostro, ma non la carta e i mo-nogrammi.» Anche Marcus, naturalmente, lo aveva notato. «Sarebbe troppo lungo spiegarvene la ragione» tagliò corto. «Certo, non sono cose che mi riguardino. L'in-

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chiostro sembra di pessima qualità e anche la penna con cui le lettere sono state vergate. Per-mettete che guardi la filigrana della carta?» Prese fra le dita una lettera dopo l'altra e la esa-minò in controluce. «Non mi ero sbagliato, tre tipi diversi di filigra-na, uno per ogni lettera. La quarta lettera, invece, è scritta su carta piuttosto comune, di certo non proviene dalla mia cartoleria. La quinta lettera ha uno stemma nobiliare cancellato, come se chi l'ha scritta avesse cercato di nasconderlo.» Il cartolaio, probabilmente, si stava facendo le stesse domande che si era posto Marcus, esami-nando le lettere, e forse era arrivato alle stesse conclusioni. Quella era carta da lettera di varia provenienza, che Lady Cecily aveva usato per scrivere a sua madre perché non ne aveva altra a disposizione. «La carta più comune potete trovarla in qua-lunque negozio di Londra, per pochi soldi. Quella con lo stemma cancellato, invece, la vendono solo in una cartoleria di Bond Street ed è molto costo-sa. Le altre tre sono nostre, le vendevamo qualche anno fa... e credo anche di riconoscere i mono-grammi.» «Clienti londinesi?» sperò Marcus. «Non esattamente. Uno è il proprietario di una manifattura, vive in un villaggio a est di Londra. Anche gli altri clienti, a pensarci bene, dovrebbe-ro essere di quella zona...» Anche Lady Cecily doveva vivere da quelle parti, allora. Per Marcus fu una bella notizia, re-stringeva il campo delle sue ricerche, che promet-tevano di essere meno lunghe del previsto.

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«Sareste così gentile da scrivermi i loro nomi e indirizzi, mentre scelgo la carta da lettere per mia moglie?» Marcus lasciò il negozio, dopo aver ordinato più carta da lettera di quanta Miranda ne avrebbe potuta usare in dieci anni, con gli indirizzi dei clienti. Il cartolaio era molto soddisfatto e anche lui. Una volta tornato nella sua residenza londinese, con una mappa dei dintorni di Londra cercò i pic-coli villaggi dove vivevano il padrone della mani-fattura e gli altri. Erano tutti vicini, sarebbe stato facile rintracciare Lady Cecily se abitava ancora in quella zona. Non era una garanzia, naturalmen-te, ma almeno adesso sapeva dove cercare. Ci sarebbe andato il giorno seguente e avrebbe cominciato facendo domande nelle locande e nel-le taverne. Con l'aiuto di un po' di denaro e di qualche boccale di birra aveva buone speranze di trovare le informazioni che gli servivano.

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Tutto il personale al servizio del Duca di Haugh-leigh era allineato nell'atrio della sua residenza nel Devon. I domestici, che avevano assistito al licenziamento su due piedi della governante che aveva fatto il bello e il cattivo tempo per tanti an-ni, adesso tremavano all'idea che la nuova du-chessa volesse liberarsi anche di loro. Miranda cominciò rassicurandoli. «Ho licenziato Mrs. Clopton perché ha rifiutato di mostrarmi i libri contabili. Non tollero la diso-nestà e, inoltre, ritengo che abbia diretto il perso-nale di questa casa in maniera del tutto riprovevo-le. La rimpiazzerò presto, ma nel frattempo do-vremo fare in modo di rimediare ai suoi errori. Ci sarà molto da lavorare, perciò sarà meglio che vi dividiate in squadre a cui verranno assegnati com-piti diversi.» Mentre parlava Miranda non poté fare a meno di spolverare con il fazzoletto la cornice di uno dei pannelli di quercia che ricoprivano le pareti dell'atrio. C'era tanta di quella polvere che non sa-rebbero bastati giorni interi per pulirli e lucidarli. «Se avete sorelle, zie o cugine che vogliono

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darci una mano, dite loro di presentarsi a Jenny. Verranno assunte temporaneamente e potranno guadagnare un po' di denaro» aggiunse. Jenny era la capocameriera, che per il momento avrebbe sostituito la governante. Disse che cono-sceva diverse donne, al villaggio, che avrebbero lavorato volentieri per la duchessa. Dopo aver distribuito i compiti per quella gior-nata, Miranda si ritirò nello studio di suo marito. Aveva scoperto che le stanze occupate dal duca erano le uniche pulite in tutta la casa. Mrs. Clop-ton non aveva osato spingere la propria negligen-za fino al punto di lasciare invadere anche quelle dalla sporcizia. Si sedette sulla poltrona di Marcus, dietro la sua scrivania di mogano. Doveva essere bello na-scere figlio di un duca e vivere sempre negli agi, senza ristrettezze economiche e senza problemi. Marcus doveva trascorrere parecchio tempo in quella stanza, era lì che riceveva le visite e dava gli ordini all'intendente che si occupava della te-nuta. Miranda giocherellò con la maniglia di un cas-setto della scrivania e poi, per un improvviso im-pulso, l'aprì. Non era chiuso a chiave e dentro c'e-rano molti fogli vergati dalla scrittura nitida e precisa di suo marito. Se si poteva capire il carattere di un uomo dal modo in cui scriveva, Marcus aveva un tempera-mento forte, deciso. Non era necessario studiare la sua scrittura per capirlo, se n'era già accorta, ma in quei segni non vedeva alcuna traccia della sua tendenza a dominare gli altri, anche se St. John diceva che era un despota.

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Erano appunti che riguardavano le riparazioni da fare nelle case dei contadini della tenuta, la vendita del raccolto, i lavori nei campi. Però ce n'era uno che la riguardava, era quello per la som-ma da pagare al vicario per avere celebrato le loro nozze. Una bella somma, Mr. Winslow e sua mo-glie non avevano nulla di cui lamentarsi. E poi, in fondo a un foglio, Miranda lesse il suo nome, seguito da un punto interrogativo, come se Marcus avesse cercato di capire chi era la donna che gli era capitata in casa in una serata buia e tempestosa. Miranda? Le sembrava di sentire Marcus che pronunciava il suo nome, quasi in un sussurro, come in una carezza che le diede un brivido. «Vostra Grazia?» Non aveva sentito bussare il maggiordomo, che era entrato nello studio. «Sì, Wilkins?» replicò chiudendo il cassetto in cui stava curiosando. «Se permettete vorrei dirvi...» cominciò l'uo-mo, cercando di spiegarsi, ma sembrò abbandona-re subito l'impresa. «Mi dispiace, Vostra Grazia, ma temo di dover dare le dimissioni.» Miranda aveva temuto di doverlo licenziare lei stessa, perciò la sua decisione fu un sollievo. D'altra parte non sapeva se sarebbe riuscita a fare a meno anche del maggiordomo, ora che aveva licenziato la governante. «Credo che il duca sarà molto dispiaciuto di perdervi, Wilkins. Quali sono le ragioni della vo-stra decisione?» «Desidero soltanto risparmiarvi il disturbo di licenziarmi, Vostra Grazia» fu la sincera risposta.

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«Ho dovuto licenziare Mrs. Clopton per il suo atteggiamento, Wilkins. Non solo si era compor-tata molto male, ma non ha mostrato il minimo pentimento. C'è qualche altra cosa che vorreste dirmi?» «Vostra Grazia, quando ispezionerete le canti-ne vi accorgerete che mancano molte bottiglie. Sono io il responsabile di questa mancanza.» «Non avete modo di rimediare, Wilkins?» «Purtroppo non mi è possibile. Posso parlare francamente, Vostra Grazia?» «Vi prego di farlo.» «Il salario del personale della duchessa era così basso che tutti rubavamo, non c'era altro modo per sopravvivere. Non potrei mai ripagare il duca per quello che ho preso senza il suo consenso.» A Miranda piacque la sua sincerità, forse lo a-veva giudicato male. «Non è il caso che vi licenziate, Wilkins. Ne parlerò con mio marito al suo ritorno e vedremo che cosa si può fare.» Prima che il maggiordomo potesse ringraziarla, Jenny bussò alla porta. «Vostra Grazia, venite subito, vi prego! È suc-cesso qualcosa di terribile in sala da pranzo» le disse tutta agitata. Miranda temette che qualcuno fosse caduto dalla scala mentre puliva il soffitto, ma quando arrivò in sala da pranzo si accorse che era capitato qualcosa di molto peggio, almeno agli occhi delle cameriere. I suoi ordini erano stati di lavare la tappezzeria, ma il risultato era stato disastroso. Le pastorelle troppo grasse si erano sciolte insieme alle loro pe-

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core obese, sulle colline verdi dello sfondo scen-devano rivoli d'acqua e di colore. «I pannelli erano dipinti a mano» dovette con-statare desolata Miranda. Non si trattava di tappezzeria, ma dell'opera di qualche anonimo artista che era andata perduta. «Bisognerà tappezzare di nuovo la stanza» con-cluse. «Noi abbiamo obbedito soltanto ai vostri ordi-ni» si scusarono le cameriere che temevano di fa-re la fine della governante. «Certo, non vi preoccupate. Lasciate perdere i pannelli e continuate a pulire la stanza come vi avevo detto.» In fondo aveva detestato le pastorelle e i loro greggi fin dal primo momento, si disse per sdram-matizzare, ma non poteva prevedere come avreb-be reagito Marcus nel vedere rovinate le pareti della sua sala da pranzo. La tappezzeria doveva essere subito sostituita, in modo che Marcus non vedesse quel disastro. Ma come poteva cambiarla se non aveva un sol-do? Marcus, prima di partire, non le aveva lascia-to un fondo a cui attingere durante la sua assenza. Miranda si ritirò nella propria camera a pensare al da farsi. Aveva servito in casa di gente ricca e nobile, non aveva mai visto che pagassero diret-tamente i fornitori. Anche dopo la morte di sua madre i negozianti avevano fatto credito a suo pa-dre solo perché poteva vantare il titolo di baronet-to. Chi avrebbe mai osato chiedere del denaro alla Duchessa di Haughleigh? Se si fosse presentata in carrozza, con il cocchiere e i lacchè in livrea nes-

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sun negoziante le avrebbe negato di fornirle tutta la tappezzeria di cui aveva bisogno! Perciò decise di recarsi al più presto ad acqui-stare quanto era necessario. Nel pomeriggio, dopo un sonnellino ristoratore, Miranda affrontò la cuoca. Insieme aprirono la di-spensa e così scoprì che c'erano provviste suffi-cienti per nutrire tutti quanti, senza costringere i domestici a patire la fame com'era successo fino ad allora. Disse poi alla cuoca che poteva ordinare tutto quello che era necessario per preparare delle pie-tanze degne di un duca e dei suoi ospiti, auguran-dosi che fosse all'altezza di farlo. Quella sera, in-sieme a St. John, avrebbe potuto giudicarlo. Polly l'aiutò a scegliere l'abito con cui presen-tarsi al cognato. Era di raso rosso scuro, un altro dono di Cecily, modificato anche questo come tutti gli altri per adattarlo alla sua altezza. Era sta-ta aggiunta una balza di pizzo alla gonna, tolta da un altro vestito, e le maniche erano state accorcia-te per eliminare i polsini lisi. St. John, quando arrivò, si disse incantato e si chinò a baciarle la mano. «Siete bellissima, mia cara» aggiunse, esage-rando come al solito. Quando entrarono nella sala da pranzo, però, si lasciò sfuggire un'esclamazio-ne di sgomento. «Mio Dio! Che cosa è successo qui?» Miranda si sedette a tavola e bevve un sorso di vino prima di rispondere. «Il mio primo atto come nuova Duchessa di Haughleigh è stato di licenziare la governante. Il

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secondo di distruggere la tappezzeria della sala da pranzo, tentando di pulirla.» «Il secondo Duca di Haughleigh aveva fatto venire questi pannelli di seta dalla Francia» si li-mitò a osservare St. John. «Erano preziosi?» «Pezzi unici, direi.» «Che cosa dirà l'attuale Duca di Haughleigh quando vedrà questo disastro?» «Probabilmente a Marcus verrà un colpo, così voi rimarrete vedova e io diventerò duca, quindi vi meriterete la mia eterna gratitudine» rispose ri-dendo il cognato. «Sto scherzando. Quei pannelli erano notevoli non solo per il loro valore, ma an-che per la loro bruttezza. Li ho sempre detestati e credo che anche Marcus condividesse il mio pare-re.» Miranda sorrise per il sollievo. St. John aveva i suoi lati simpatici e per tutta la cena non fece al-tro che divertirla con le sue battute e lodare le ot-time pietanze che la cuoca aveva saputo preparare per loro. «Come preferite trascorrere la serata?» le chie-se il cognato alla fine della cena. «Andiamo in sa-lotto a conversare? Vi interesserebbe se vi facessi visitare la casa da cima a fondo? Scommetto che non avete ancora visto tutte le stanze.» «È vero, ma non mi sembra l'ora adatta per vi-sitare la casa.» «I servitori ci faranno strada e illumineranno le varie camere con i candelabri. Ma, se preferite, potremmo limitare la nostra visita guidata alla galleria dei ritratti. In questo modo potrei raccon-

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tarvi la storia della nostra famiglia» le propose lui. «È un'idea eccellente, St. John» approvò Mi-randa. Tirò il cordone del campanello e fece venire Wilkins. Il maggiordomo, con un candeliere in mano, illuminò il loro cammino fino alla galleria che si trovava al secondo piano, un lungo salone rettangolare dov'erano allineati i ritratti di tutti gli antenati di Marcus e di suo fratello. Il primo Duca di Haughleigh si era guadagnato il titolo in battaglia. Il secondo non era noto per le sue grandi imprese, ma per essere impazzito. Del resto era stato quello che aveva fatto venire dalla Francia, con grande spesa, gli orribili pannelli della sala da pranzo che erano andati distrutti, il che, dichiarò St. John, era una prova della sua mente malata. Arrivarono fino al ritratto del padre di Marcus e di St. John, morto cadendo da cavallo quando i due figli erano ancora piccoli. Accanto a lui c'era un ritratto della defunta duchessa e St. John, per la prima volta da quando era arrivato, tacque e di-venne serio nel rivedere il volto della madre. La duchessa era bionda come St. John e gli so-migliava moltissimo, osservò Miranda. Aveva gli stessi occhi azzurri del figlio ed era bella come le aveva raccontato Cecily. Non sembrava affatto una donna egoista e crudele, come le aveva detto la sua amica, almeno non in quel ritratto. Accanto a lei c'era il quadro che ritraeva Mar-cus. Il marito di Miranda era giovane, i suoi ca-pelli non erano ancora brizzolati sulle tempie, ma il suo volto esprimeva già una gravità che lo fa-

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ceva sembrare saggio e maturo, forse un po' triste. Suo marito era stato un uomo infelice anche prima della morte della moglie? Quel ritratto do-veva risalire a più di dieci anni addietro. Stava per chiedere spiegazioni a St. John quando si ac-corse che il cognato si era spostato. Non si trovava più davanti al ritratto della ma-dre, ma stava fissando il quadro che seguiva quel-lo di Marcus. Miranda lo raggiunse incuriosita e vide che il ritratto era quello di una giovane don-na d'insolita bellezza. Definirla bella sarebbe stato troppo poco, era così incantevole e radiosa da togliere il fiato. Bionda come la madre di Marcus, la sua pelle era simile a porcellana, il suo seno era un invito a fa-re l'amore. Qualunque uomo si sarebbe innamora-to di una donna così. «È Bethany» le disse St. John. «La donna più bella che sia mai vissuta in questa casa.» Miranda si accorse che il cognato aveva gli oc-chi umidi, come se fosse in preda a una commo-zione davvero insolita per un tipo come lui. «Anche lei è una vostra antenata?» gli chiese. «Era la prima moglie di Marcus» le rispose St. John. Lei guardò di nuovo il ritratto. Marcus era stato il marito di una donna simile e adesso si trovava intrappolato in un matrimonio con lei. Non c'era da meravigliarsi che fosse così adirato e insoffe-rente! «È morta di parto, vero?» chiese al cognato. «Così dicono» rispose lui evasivamente. Miranda si incuriosì. «Dubitate che sia questa la verità?»

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«No, no, Bethany morì cercando di dare un e-rede a suo marito, ma io penso che...» Sospirò e volse lo sguardo altrove, come per non tradire la propria emozione. «Penso che se Bethany fosse stata felice, se avesse sposato un altro uomo, for-se le cose sarebbero andate diversamente.» «Il loro non era un matrimonio felice?» «Avete visto com'è mio fratello, Miranda» ri-spose St. John con una certa impazienza, come se tutto fosse talmente evidente da rendere inutili ul-teriori spiegazioni. «Come potrebbe essere felice una donna sposata a un tipo come lui? Bethany era delicata come una farfalla, non riusciva più a sopportare i suoi malumori, il suo carattere dispo-tico e arrogante. È morta dopo solo un anno dalle nozze, ma qualcosa era morto in lei molto prima di quella notte fatale...» «Perché aveva sposato...?» «Perché aveva sposato Marcus? E me lo chie-dete? Per la stessa ragione per cui l'avete sposato voi, naturalmente.» Per disperazione?, si chiese Miranda. Bethany si trovava in una situazione simile alla sua? «L'aveva sposato per il titolo che mio fratello aveva ereditato da nostro padre, era ricco e poten-te, aveva molto da offrire a una donna» continuò St. John come parlando a se stesso. «Questo ri-tratto non le fa giustizia. I suoi occhi erano molto più azzurri, i suoi capelli come l'oro. Cantava co-me un angelo e anche la sua risata era soave come musica. Bethany era simile a una coppa di cristal-lo, destinata prima o poi a infrangersi fra le dita di chi non la sapeva trattare con la dovuta cura.» Tacque per qualche secondo, come sopraffatto dal

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ricordo. «Mio fratello la vide e decise che doveva essere sua. Lei fu abbagliata dal suo titolo e dal suo denaro, accettò di sposarlo. Qualche mese do-po le nozze era già terrorizzata e sognava solo di riuscire a fuggire. Non potei fare nulla per aiutar-la, avevo solo diciotto anni. Se penso a quel peta-lo di rosa nelle mani di quel...» Non finì la frase, come se non osasse pronunciare la parola che a-vrebbe definito Marcus nel modo giusto. «Questa volta, però, non commetterò lo stesso errore. Mi-randa, quel poco che ho è a vostra disposizione. Basta solo una vostra parola e vi condurrò lonta-no da questa casa, nessuno saprà mai dove. Mar-cus non riuscirà più a trovarvi e voi sarete salva. Seguite il mio consiglio, prima che sia troppo tar-di.» Miranda lo guardò sconcertata. «Perché non me lo avete detto ieri, prima che lo sposassi?» «Ieri mio fratello non era ancora partito. Ades-so non c'è, posso parlarvi liberamente. Basta una vostra parola e non rivedrete mai più il Duca di Haughleigh.» Miranda non aveva alcun luogo dove fuggire e non credeva di essere delicata e impressionabile come era stata la bellissima Bethany. Aveva do-vuto affrontare povertà e fatica per molti anni, ora poteva sopportare anche un marito dal pessimo carattere. «Grazie, St. John» gli rispose. «Mi ricorderò della vostra gentile offerta di aiuto, ma non credo che ne avrò bisogno.»

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Marcus lesse l'insegna sbiadita della locanda: L'Aiutante del Duca. Gli sembrò di buon auspicio per la sua ricerca, anche se l'esterno del locale non ispirava ottimismo. I vetri alle finestre erano sporchi, i cardini della porta arrugginiti. Non sarebbe mai entrato in una locanda simile se, invece di informazioni, avesse cercato un boccale di birra o un letto per dormire. Quello era l'ultimo di una lunga serie di locali che aveva visitato nella zona indicata dal carto-laio londinese. Lunghe chiacchierate con ragazzi di stalla e locandieri, qualche moneta distribuita con generosità non avevano dato alcun risultato. Nessuno sembrava conoscere Miranda Grey o Cecily Dawson, tanto che ormai Marcus comin-ciava a credere che fossero nomi fittizi. Se le due donne fossero state sconosciute anche in quel lo-cale non gli restava che tornare nel Devon. Entrò e si diresse nella sala di mescita. Il suo ingresso attirò l'attenzione di tutti gli avventori, che vedevano raramente entrare uno sconosciuto, soprattutto così ben vestito. Marcus si sedette a un tavolo. Era venuto da

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solo, non conosceva nessuno. Se qualcuno in quella locanda avesse voluto rubargli la borsa con il denaro non doveva fare altro che dargli una bot-ta in testa. Era sicuro che gli altri avventori lo a-vrebbero aiutato a gettare il suo corpo nel fosso più vicino, per poi dividere fraternamente il botti-no. La cameriera arrivò con un boccale di birra, an-che se non aveva ancora ordinato, e glielo mise davanti. Non sorrideva e se ne sarebbe andata su-bito via se lui non l'avesse trattenuta per il brac-cio. «Ho bisogno di un'informazione» le disse. «Qui serviamo birra, non informazioni. Se ave-te bisogno di informazioni andate da qualche altra parte» rispose lei divincolandosi. Marcus la lasciò andare e cercò di dimostrarsi gentile. «Saprò ricompensarvi bene» le promise. «Bevete la vostra birra e tornatevene da dove siete venuto.» Allora Marcus tirò fuori di tasca una moneta d'oro e la posò sul tavolo. Gli occhi della fanciulla brillarono di avidità. Continuò a tacere ma non si mosse. «Avete mai sentito parlare di Miranda Grey o di Cecily Dawson?» le domandò. Trasalì e Marcus sentì nascere la speranza. Co-nosceva quei nomi o non avrebbe reagito in quel modo. Invece di rispondergli tornò al bancone di me-scita e mormorò qualcosa al padrone. I due di-scussero animatamente, lanciandogli occhiate fur-tive. Poi il padrone venne verso Marcus e si se-

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dette al suo tavolo, senza chiedergliene il permes-so. «Siete un uomo coraggioso» gli disse prenden-do la moneta e lanciandola alla cameriera. «Veni-te da solo in una locanda come questa e fate do-mande che non dovreste fare.» «Perché non avrei dovuto chiedere alla vostra cameriera se ha mai sentito parlare di Miranda Grey e di Cecily Dawson?» «Perché quelli come voi di solito non si inte-ressano di gente come noi, e se lo fanno significa solo che ci sono guai in vista.» «Conosco Miranda Grey, voglio solo informa-zioni su di lei.» «Per quale scopo?» «È arrivata in casa mia senza referenze.» In fondo non era del tutto una bugia, anche se a una futura moglie di solito non si chiedono refe-renze. Il locandiere credette di aver capito. «Miranda è una fanciulla onesta, una buona la-voratrice» gli assicurò. «Chiedetelo a chiunque nei dintorni e vi risponderà come me. Potete as-sumerla senza esitazione.» «Ha lavorato in questa locanda?» «No, ma ha dato una mano in molte case rispet-tabili della zona e tutti potrebbero dirvi le stesse cose. Qui la gente è affezionata a Miranda e se qualcuno dovesse trattarla male o farle proposte sconvenienti» aggiunse con il tono di una minac-cia rivolta a Marcus, «molti degli uomini qui pre-senti non ci penserebbero due volte a dargli una bella lezione.» «E Cecily Dawson? Dove posso trovarla?»

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«A voi non interessava solo Miranda?» «Volevo ringraziare Cecily Dawson per aver-mela mandata.» «Conoscete anche Cecily?» «Una volta era amica di mia madre. Vorrei por-tarle notizie di Miranda.» L'uomo non sembrò molto disposto a fornirgli l'indirizzo di Cecily, così Marcus tirò fuori di ta-sca un'altra moneta e la posò sul tavolo. «Non so se state mentendo...» «Perché mai dovrei mentirvi?» chiese Marcus. «Però Cecily sarà contenta di avere notizie del-la sua Miranda» concluse il locandiere prendendo la moneta e facendola sparire nelle sue tasche. Poi diede a Marcus le indicazioni necessarie per raggiungere la casa della vecchia compagna di scuola di sua madre.

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Marcus era partito da una settimana ma, al suo ri-torno, avrebbe trovato molto cambiata la sua di-mora. Miranda si era data da fare per dirigere i dome-stici e le donne che erano state assunte nel villag-gio, e ora la residenza del Duca di Haughleigh era davvero degna di un tale padrone. Mentre controllava i servitori che pulivano i lampadari, in cima alle scale, sentì l'impulso di salire anche lei ad aiutarli. Però era già abbastan-za disdicevole che una duchessa passasse la mag-gior parte del proprio tempo a occuparsi delle pu-lizie, senza che si abbassasse anche a spolverare i lampadari con le proprie mani. «State ancora perdendo tempo con questi lavori inutili?» le chiese St. John arrivando senza preav-viso, come faceva di solito. «Non sono affatto una perdita di tempo, e tanto meno inutili. La casa era in condizioni spavento-se, adesso è finalmente presentabile.» «D'accordo, Miranda, ma non siete voi che do-vreste occuparvi di queste cose. Mio fratello inor-ridirebbe, se tornasse a casa e vedesse la sua du-

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chessa che si comporta come una cameriera.» Miranda pensò che Marcus sarebbe stato co-munque dispiaciuto di trovarla, al suo ritorno a casa. «Senza contare che vi siete sporcata il viso di polvere» aggiunse il cognato prendendo il proprio fazzoletto orlato di trine per pulirla. «Davvero in-solito per una duchessa.» Miranda glielo prese di mano e si pulì da sola, poi glielo restituì. «Mia cara, non dovreste trascorrere così tanto tempo in casa. Vi farebbe bene uscire, respirare un po' d'aria fresca e non tutta questa polvere. Mi è venuta una bella idea.» «Quale idea?» chiese lei senza molto entusia-smo. «Perché non andiamo a fare una passeggiata in campagna? Non credo che abbiate nemmeno il sospetto di quanto sia grande la tenuta.» A Miranda la proposta piacque molto. Una bel-la passeggiata in carrozza sarebbe stato un diver-sivo interessante, dopo tanti giorni trascorsi in ca-sa a fare le pulizie. «Mio fratello possiede degli splendidi purosan-gue. Sceglierete la giumenta che preferite e ga-lopperemo nei campi per il resto della giornata.» Miranda impallidì. Erano anni che non saliva in sella a un cavallo, e l'ultima volta era stato un pic-colo pony. «Così avrò la scusa per provare l'ultimo acqui-sto di mio fratello, uno stallone che gli invidio moltissimo» aggiunse St. John. «Non ho un abito adatto per andare a cavallo» si scusò Miranda.

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«E che cosa importa? Apriremo gli armadi di mia madre, lei ne aveva tanti.» «Ecco, la verità è che... che i cavalli mi fanno paura» mentì Miranda. «Avete paura dei cavalli? Buon Dio, quando lo saprà Marcus! Voi non sapete che la caccia è una delle passioni di mio fratello, non fa altro che cacciare quando è qui, galoppando come un matto da una parte all'altra della tenuta. Che cosa direb-be se sapesse che sua moglie non condivide la sua passione, ma ha addirittura timore dei suoi amati purosangue? Mia cara Miranda, bisogna porre su-bito rimedio a questa situazione. Sapete quanto è irritabile vostro marito, non vorrei che vi facesse qualche scenata.» «Non voglio uscire a cavallo, St. John.» «Ci sono qui io, non dovete essere nervosa. Sceglieremo la più tranquilla delle giumente e vi insegnerò a non avere paura. Faremo soltanto una passeggiata tranquilla, non ci metteremo di certo a galoppare e a saltare le siepi.» L'abito da equitazione di Miranda forse non era all'ultima moda, ma non era quello il problema. La defunta Duchessa di Haughleigh era stata una donna minuta e formosa, proprio come Cecily, e anche con i suoi abiti Miranda si trovò ancora una volta ad avere le maniche troppo corte, la vita troppo stretta e il corpetto troppo largo, adatto a contenere un seno prosperoso che lei non posse-deva. Gli stivali della madre di Marcus erano di pelle finissima, ma così stretti che le davano l'impres-sione di avere i piedi in una morsa. Scese le scale

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cercando di non zoppicare e se St. John, che l'at-tendeva ai piedi dello scalone, vide qualcosa di strano nel suo abbigliamento ebbe la delicatezza di non farglielo notare. Andarono insieme nelle stalle, lui prese il ma-gnifico stallone nero di Marcus e lei la più docile di tutte le giumente. Non si ricordava che i cavalli fossero così alti, si disse mentre il cognato l'aiu-tava a salire in sella. Partirono al passo, l'uno a fianco dell'altro. Miranda cercò di ricordarsi quello che aveva imparato da bambina e di comportarsi con una certa disinvoltura, per quanto avesse paura di ca-dere. «Non è poi tanto male, non trovate?» le doman-dò il cognato. Lei confermò, anche se non troppo convinta. In fondo era stato molto gentile a offrirsi di darle le-zioni, in modo che Marcus non fosse troppo delu-so dalla sua incapacità. «Andremo fino a quel boschetto laggiù» propo-se lui, indicandole una macchia di alberi. Mentre procedevano tranquilli, St. John la in-tratteneva con i suoi ricordi di infanzia. Quelli e-rano i cespugli di more che lui e Marcus saccheg-giavano dei loro frutti ogni estate, quando erano bambini. Sull'albero in cima alla collina, così gli avevano raccontato i ragazzi del villaggio, era stato impiccato un famoso bandito di strada. A un certo punto, sempre conversando affabil-mente, St. John spinse al trotto lo stallone e la giumenta lo imitò, con vivo disappunto di Miran-da, che avrebbe preferito continuare al passo co-me prima.

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«St. John, forse sarebbe meglio...» tentò di con-vincere il cognato. «Quando saremo al boschetto scenderemo a fa-re quattro passi. Vi state comportando molto be-ne» la rassicurò lui. Miranda strinse i denti. St. John non rallentava il passo del suo stallone e la giumenta li seguiva docilmente, facendola sobbalzare sulla sella in un modo che le faceva venire un nodo allo stomaco per la paura di cadere. Il boschetto non sembrava lontano e Miranda cercò di calmarsi, dicendo che doveva tenere duro ancora per poco. Sfortunatamente, a mano a mano che si avvici-navano al boschetto, il sentiero su cui procedeva-no si restrinse. Miranda cercò di trattenere la giumenta per re-stare dietro a St. John e al suo cavallo, ma l'ani-male si guardò bene dall'obbedire ai suoi stratto-ni. Voleva rimanere al fianco dello stallone, di cui forse si era invaghita, e ignorava gli ordini della padrona. Miranda, esasperata, finì per tirare le redini con troppa forza e la giumenta si fermò di colpo, ab-bassando subito il capo per brucare l'erba. Il risultato fu che Miranda perse l'equilibrio e cadde in avanti, finendo sull'erba che la giumenta stava brucando. St. John sembrò inorridito, anche se Miranda non sembrava essersi fatta male. «Mio Dio!» esclamò. «Forse non è stata una buona idea fare questa cavalcata» commentò Miranda in un borbottio, cercando di alzarsi e pensando che fosse una for-

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tuna almeno essere caduta su quell'erba così alta e folta. «Non muovetevi! State ferma dove siete!» le ordinò il cognato scendendo di sella per andare ad aiutarla. «Non mi sono fatta niente» dichiarò Miranda, ma quando appoggiò il piede sinistro sentì una fitta alla caviglia. St. John l'aiutò a sdraiarsi di nuovo sull'erba. «La caviglia... Forse una storta...» si lamentò Miranda, seccata con se stessa per aver accettato di uscire a cavallo insieme a lui. «Adesso vedremo.» Con orrore Miranda si accorse che lui cercava di toglierle lo stivale sinistro. «Che cosa fate?» «Ve l'ho detto, voglio controllare che cosa vi siete fatta alla caviglia. Dio non voglia che si sia rotta, non potrei mai perdonarmelo» dichiarò il giovane gentiluomo in tono sollecito. Quando lo stivale venne via Miranda per poco non gridò per il dolore. St. John cercò di toglierle anche l'altro. «Mi sono fatta male solo a una caviglia» obiet-tò lei. «Dobbiamo esserne sicuri» le rispose il cogna-to levandole anche lo stivale destro. La situazione era molto imbarazzante e anche alquanto sconveniente, pensò Miranda. Per fortu-na non stava passando nessuno in quel momento, ma di certo avrebbe fatto sensazione se si fosse saputo della duchessa senza stivali in un prato... e del cognato che le palpava una caviglia. «È gonfia. Vi fa male?»

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Lei annuì mordendosi le labbra. «Adesso sentiamo l'altra caviglia.» L'altra stava benissimo, ma St. John la toccò a lungo, fino a quando ne fu certo. Miranda non era abituata a lasciarsi toccare da un uomo, le sue dita le diedero delle sensazioni che non aveva mai provato, ma che preferiva non catalogare. Era sicura che fosse molto sconve-niente che fosse suo cognato, e non suo marito, a procurargliele. «Mi rimetterò da sola gli stivali, se non vi di-spiace» gli disse. St. John, invece di darglieli, li lanciò lontano. «Che cosa fate? Sono gli stivali di vostra ma-dre» si scandalizzò Miranda. «Ormai non le servono più e voi non dovete rimetterveli. Quando saremo arrivati a casa la ca-viglia si sarà gonfiata ancora di più, non riuscire-ste a toglierli.» «Non posso tornare a casa senza stivali!» pro-testò Miranda. «Ascoltatemi, per una volta.» Lo aveva ascoltato anche troppo, pensò Miran-da irritata. «Aiutatemi a risalire in sella» lo pregò. «Non ancora. Prima, mentre controllavo le vo-stre caviglie, vi ho visto quasi sorridere. Vi stavo facendo solletico?» le domandò lui. «Non esattamente...» «Non mentite. Soffrite il solletico, questa è la verità.» Cominciò a solleticarle le piante dei piedi e Mi-randa, pur ribellandosi, non poté fare a meno di ridere.

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«Vorrei tanto rendervi felice, Miranda. È una gioia vedervi ridere.» «È anche molto sconveniente, St. John.» «Ridete ancora, ve ne prego.» «Aiutatemi a salire in sella, per favore» insi-stette lei, a disagio. «Non prima che abbiate riso di nuovo.» Miranda cercò di opporsi, ma St. John le fece ancora solletico. «Se mi conosceste meglio sapreste che è inutile negarmi quello che desidero. Ridete, o resteremo qui tutta la giornata, qualcuno passerà di sicuro e ci vedrà.» Miranda rise ancora, lui ne fu felice e finalmen-te l'aiutò ad alzarsi. «Marcus era molto diverso, quando eravamo bambini» le spiegò. «Adesso è cambiato, è diven-tato un uomo duro con cui è assai difficile andare d'accordo. Voi però sapete che avrete sempre un alleato in me. Perché risalire sulla giumenta, mia cara? Non sarebbe meglio se vi portassi con me, sul mio cavallo?» Il suo sguardo era così innocente, i suoi occhi così azzurri mentre le faceva quella proposta... Miranda però non volle saperne. «Credo di farcela a cavalcare da sola» gli ri-spose decisa. «Ne siete sicura?» «Sicurissima.» «Come volete.» L'aiutò a salire in sella prendendola fra le brac-cia. Miranda voltò il viso perché lui non si accor-gesse che era arrossita. Avrebbe voluto essere ingenua come sembrava,

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ma non lo era. Cecily le aveva spiegato ogni cosa dei rapporti fra un uomo e una donna e sapeva che non era giusto che provasse simili sensazioni con un uomo che non era suo marito. Il fatto che fosse suo cognato era anche peggio e St. John non avrebbe mai dovuto sospettare quali erano state le sue reazioni, e ancora di meno il duca.

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La casa non era certo come Marcus se la sarebbe aspettata. Aveva immaginato che Cecily Dawson vivesse in un casolare piccolo ma grazioso, cir-condato dai fiori. Non c'era niente di grazioso o di gentile nel tugurio che trovò, più piccolo e povero di tante delle case dei suoi contadini nel Devon. Bussò alla porta, chiedendosi se non si fosse sbagliato nel seguire le indicazioni che gli aveva dato il locandiere. «Lady Cecily Dawson?» chiese rispettosamen-te alla donna che venne ad aprirgli. «Che cosa volete da lei?» «Vorrei solo vederla.» «E perché? Chi vi manda? Qualcuno dei suoi vecchi amanti? Andatevene, qui non troverete nulla di quello che cercate.» «Cerco solo le risposte ad alcune domande» le fece sapere Marcus. «Vorrei farvele lontano da occhi curiosi, se non vi dispiace.» Entrò e, prima che lei potesse fare obiezioni, gettò sul tavolo il borsellino, in modo che la don-na sentisse tintinnare il denaro che conteneva. «Sono disposto a pagare bene le informazioni

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che mi darete» aggiunse, vedendo che ora la don-na sembrava interessata. «Ai vostri ordini, milord» gli rispose l'altra con una riverenza. «Vorrei sapere dove posso trovare Lady Cecily Dawson o chiunque possa dirmi qualcosa di lei e di Miranda Grey.» Al nome di Miranda la donna si allarmò. «Che cosa volete da Miranda Grey?» gli do-mandò. «Vorrei sapere come viveva prima di sposarsi» le spiegò Marcus. «Si è sposata?» trillò la donna felice. «Sì.» «Com'è suo marito?» «Suo marito è una persona molto influente, si-gnora. Vuole avere informazioni sulla vita prece-dente della moglie ed è disposto a pagare bene. Se gli dovessero raccontare delle menzogne, allo-ra sarebbero guai per voi e per sua moglie.» «Cecily, lascia parlare me» ordinò la voce di un uomo da dietro una tenda che nascondeva parte della stanza. La tenda si aprì, mostrando così un letto. L'uo-mo, che poteva avere fra i cinquanta e i sessan-t'anni, si alzò faticosamente dal giaciglio appog-giandosi a un bastone. Le sue mani portavano i segni dell'artrite de-formante e anche i suoi piedi, da come cammina-va, dovevano soffrire dello stesso male. Guardò Marcus come se fosse davanti a un suo pari, senza abbassare lo sguardo, come se si tro-vassero in un palazzo e non in un povero tugurio mezzo diroccato.

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«Con chi ho l'onore di parlare, signore?» gli chiese. «Preferirei rimanere anonimo.» «Se preferite rimanere anonimo, potete prende-re il vostro denaro e andarvene. Siete entrato in casa mia di vostra volontà, il minimo che potreste fare è presentarvi. Vi do la mia parola d'onore che nessuno saprà della vostra visita, al di fuori di queste quattro mura.» «La vostra parola d'onore?» «Se non vale molto per voi, non so che cosa posso farci. Non ho altro da offrirvi.» Marcus annuì. «Sono Marcus Radwell, Duca di Haughleigh. E voi chi siete?» «Io sono Sir Anthony Grey, Vostra Grazia, il padre della fanciulla su cui state cercando infor-mazioni.» I due uomini si guardarono. Non si sarebbe po-tuto dire chi fosse più stupito, se il baronetto de-caduto che si ritrovava in casa un duca o il duca che scopriva di avere un suocero. «Le lettere inviate a mia madre dicevano che Miranda era orfana» obiettò Marcus. «Era una bugia» gli fece sapere Sir Anthony senza mezzi termini. «Non cambiava molto che fosse orfana o meno, perché suo padre non poteva fare niente per lei.» Quante altre bugie c'erano in quelle lettere? Marcus cominciò a pensare di essersi cacciato in un maledetto imbroglio. «Prima che continuiamo questa conversazione, Vostra Grazia, ditemi se è vero che avete sposato la mia Miranda.» «Sì, l'ho sposata» fu la risposta.

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«E adesso siete venuto a svolgere indagini su di lei. Non vi sembra un po' tardi per cercare la veri-tà?» «Ho lasciato la mia casa nel Devon subito dopo le nozze» gli spiegò Marcus. «Prima... prima che un annullamento diventasse impossibile» sottoli-neò con tutto il tatto possibile, dato che stava par-lando al padre della sposa. «Capisco. E dove si trova mia figlia in questo momento?» «È ancora a casa mia, nel Devon.» «La vostra decisione definitiva su questo ma-trimonio dipende da quanto verrete a sapere dalle vostre indagini?» «E dai desideri di Miranda. Non ho la minima intenzione di forzarla a restare mia moglie, se non lo desidera.» «Oh, lo resterà, se gliene darete la possibilità. Guardate come sono ridotto, Vostra Grazia, non sono più in grado di mantenere mia figlia. Miran-da sa che dovrà contare solo sulle proprie forze per sopravvivere, quindi non può scegliere.» «Vorrei che mi raccontaste la vostra storia dal-l'inizio, Sir Anthony.» Una risata accolse la sua richiesta. «Sir Anthony! Quanti anni sono passati dall'ul-tima volta in cui qualcuno mi ha chiamato così! Sediamoci, Vostra Grazia. Cecily, siediti anche tu.» Presero posto tutti insieme intorno al tavolo. Quella donna magra e invecchiata anzitempo era Lady Cecily Dawson? Era davvero di nobile fa-miglia, si chiese Marcus, come l'uomo infermo e amareggiato che aveva davanti?

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«Vi racconterò la mia storia a cominciare da tredici anni or sono, Vostra Grazia. Prima non c'è nulla da dire, ero un uomo ricco e felice, avevo una bella moglie di cui ero molto innamorato e una figlia incantevole. Tredici anni fa credetti che la mia gioia sarebbe ancora aumentata, perché mia moglie mi disse che presto mi avrebbe dato un altro figlio ed entrambi speravamo che fosse un maschio, un erede per il mio nome e per il mio titolo.» Sir Anthony tacque, come per assaporare alme-no per un attimo quella lontana felicità. «Come mi sbagliavo... Mia moglie morì dando alla luce il mio erede, che le sopravvisse solo per qualche ora. La mia felicità se n'era andata per sempre, nemmeno mia figlia riuscì a consolarmi della perdita di mia moglie. Credo che voi possia-te capirmi, Vostra Grazia, perché Cecily mi ha detto che avete vissuto un dramma molto simile al mio.» Marcus annuì in silenzio. «Incominciai a bere e a giocare» proseguì il padre di Miranda. «Ben presto dilapidai il mio pa-trimonio e quello di mia moglie. Quando rimasi senza denaro chiesi agli amici dei prestiti che non avrei potuto restituire. A un certo punto trovai fi-nalmente il coraggio di prendere una pistola per mettere fine alla mia vita. E pensavo che, se lo avessi fatto prima, la mia Miranda sarebbe stata orfana, ma almeno avrebbe avuto ancora il mio denaro, le terre di mia moglie, una dote per spo-sarsi... Quando stavo per tirarmi un colpo alla tempia, fu proprio Miranda a salvarmi. Entrò nel mio studio, povera innocente, e non capì che cosa

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stavo per fare, perché vedendola avevo nascosto la pistola. Però mi bastò guardarla negli occhi per capire che non potevo essere così vigliacco da la-sciarla sola.» Sir Anthony prese fiato, poi continuò. «Avevo i creditori alla porta, i miei amici non mi avrebbero più prestato un soldo, rischiavo a ogni minuto di venire arrestato per debiti e di fini-re in prigione. Non restava che una cosa da fare, e la feci. Presi Miranda, le poche cose che mi resta-vano e sparii per sempre. Da queste parti stavano per aprire una manifattura, mi presentai chieden-do un posto come semplice impiegato. Natural-mente non dissi nulla del mio titolo, venni assun-to e da allora Miranda e io vivemmo una vita semplice, in un luogo in cui nessuno sarebbe mai venuto a cercarci. Non bevevo più, non giocavo più, ma nemmeno quella parentesi di serenità po-teva durare. Ben presto la mia vista diminuì al punto che non riuscivo più a decifrare i numeri e la scrittura. Non potevo continuare a lavorare in ufficio, dovetti accontentarmi di un lavoro da o-peraio, ai telai della stessa manifattura. Cecily, che nel frattempo era venuta a stare con noi, lavo-rava come lavandaia e Miranda come cameriera, quando poteva. Solo così riuscivamo a guadagna-re abbastanza da vivere. Mia figlia era ridotta a fare la domestica, per espiare i miei peccati.» «Una domestica che ha sposato un duca» gli ri-cordò Marcus. «Me lo state rinfacciando? Mia figlia resta pur sempre Lady Miranda Grey, anche se ha fatto la sguattera in cucina e ha lavato i pavimenti nelle case dei ricchi. Nessuno può toglierle quello che è

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suo dalla nascita, per quanto diventi povera e de-relitta. Siamo ricorsi a vostra madre quando la si-tuazione è peggiorata ulteriormente. La mia artri-te deformante ormai non mi permetteva nemmeno di lavorare come operaio e, mentre Miranda era a servizio in casa di certi nobili dei dintorni, uno di loro cercò di baciarla. Vostra Grazia, voi che cosa avreste fatto al mio posto? Dovevo aspettare che qualche mascalzone approfittasse di mia figlia, portandole via l'onore, l'unica cosa che ancora le restava? Cecily pensò di ricorrere a vostra madre, anche perché viveva nel Devon e forse non aveva mai saputo dello scandalo legato al mio nome.» «Vostra madre aveva un conto aperto con me, Vostra Grazia» aggiunse Cecily, che fino a quel momento aveva taciuto. «Ho letto le vostre lettere, parlavate di un torto che vi aveva fatto. Quale torto?» «Speravo che si sentisse ancora in colpa, e per fortuna è stato così.» «Mia madre stava morendo.» Cecily lo guardò freddamente. «Probabilmente è questa la ragione per cui ha risposto alla mia prima lettera. Vostra madre era una donna dal ca-rattere duro, solo la vicinanza della morte poteva farla pentire dei suoi peccati. Aveva molto di cui farsi perdonare dal nostro Creatore, che stava per incontrare.» Marcus lo sapeva benissimo. «Che cosa vi ave-va fatto mia madre? Ditemelo, per favore.» «Eravamo insieme in collegio, quando io ero ancora Lady Cecily Dawson. Dormivamo nella stessa camera ed eravamo molto amiche. Mio pa-dre morì quando avevo quattordici anni, lascian-

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domi un po' di denaro e una dote modesta, ammi-nistrata da una vecchia zia che non si curava di me e da un fiduciario, un vecchio notaio che di tanto in tanto mi chiamava nel suo ufficio per par-larmi di mio padre e delle clausole del testamen-to. Un giorno restai nel suo studio più del solito, quando tutti i suoi impiegati erano andati a casa... Che cosa ne sapevo della vita? Ero poco più di una bambina, non immaginavo che potessero esi-stere uomini così...» Marcus si rese conto che il padre di Miranda si era irrigidito, come se non volesse sentire altro. «Quella sera, quando tornai in collegio, confi-dai piangendo a vostra madre quello che era suc-cesso e lei mi giurò che non lo avrebbe mai detto a nessuno. Quando finì l'anno scolastico io tornai a casa da mia zia e non rividi vostra madre che l'anno seguente, quando per entrambe ci fu il de-butto in società. Eravamo giovani e belle, quanti gentiluomini ci facevano la corte...» Cecily sorri-se, ricordando quei tempi. «Sir Anthony Grey era uno di quei gentiluomini, ma c'era anche vostro padre. Sembrava indeciso fra me e vostra madre, così da amiche diventammo rivali. Sembrava che vostro padre avesse una certa preferenza per me e, a un certo punto, erano tutti convinti che sarei diventata duchessa. Poi, però, accadde qualcosa che nessuno aveva previsto.» Marcus l'aveva già indovinato, conoscendo sua madre. «La storia del notaio divenne di dominio pub-blico. Vostra madre se l'era, per così dire, lasciata sfuggire e d'un tratto tutta l'aristocrazia londinese ne fu al corrente. La fortunata fanciulla che stava

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per diventare duchessa divenne invece la protago-nista di uno scandalo, una spudorata seduttrice, non la vittima innocente di un bruto. È inutile dire chi sposò vostro padre, perché lo sapete. A me non restò nulla, perché non avevo più il mio ono-re. I corteggiatori svanirono, nessuno mi avrebbe più sposata. Al massimo potevo aspirare a qual-che ricco amante, ed è così che vissi per molti an-ni, fino a quando ritrovai Sir Anthony, anche lui rovinato dal destino e con una figlia da crescere. Da allora siamo rimasti sempre insieme.» Il compagno della sua vita l'accarezzò con la mano deformata dalla malattia. «Volevate vendicarvi di mia madre? Non avete pensato che sarei stato io la vittima?» l'accusò Marcus. «Vi ho mandato un'ottima moglie, Vostra Gra-zia» si difese Cecily, «che non sareste riuscito a trovare nei salotti di Londra. Miranda non ha avu-to modo di vivere in società, come le sarebbe spettato di diritto, ma è buona e onesta, forte e ge-nerosa. Non vi sarebbe potuto capitare di meglio, credetemi, e non ve lo dico solo perché l'ho sem-pre considerata come mia figlia.» «Non volevamo intrappolarvi in un matrimo-nio» tentò di spiegargli ancora Sir Anthony. «Ci sarebbe anche bastato che vostra madre trovasse un buon marito per Miranda. Saremmo stati felici perfino se le avesse dato le referenze necessarie per essere assunta come governante o come dama di compagnia in qualche ricca famiglia. Sarebbe stato sempre meglio che restare qui a patire la fame.» «Mia madre adesso è morta. Perché dovrei sen-

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tirmi legato dai suoi sensi di colpa, giusti o sba-gliati che fossero?» «Mi dispiace di aver parlato con durezza di vo-stra madre, Vostra Grazia» si scusò Cecily. «Avete detto la verità su di lei. Per tutta la vita si è curata solo di se stessa, del suo titolo e del suo denaro. Ha trascurato tutto il resto, perfino i suoi figli.» Marcus tacque, aveva già detto trop-po. «Adesso che so chi ho sposato...» «Sì, Vostra Grazia, avete sposato una fanciulla innocente che è stata allevata da un uomo che era un ubriacone e da una donna che ha fatto la corti-giana» lo interruppe Sir Anthony. «Una fanciulla che prima di partire per venire da voi ha giurato sulla Bibbia di sua madre, perché io l'ho costretta a farlo, che non avrebbe fatto parola del suo pas-sato e che non sarebbe mai tornata qui a morire di fame insieme a noi. Perché quel giorno non ho preso la pistola e non ho sparato anche a lei, inve-ce di lasciarmi convincere a continuare a vivere? Non avremmo più sofferto, non mi sarei mai tro-vato a cercare di convincere suo marito di avere sposato una perla!» «Una perla? Io avrei sposato una perla?» «Un perla può cadere nel fango e sporcarsi, ma è sempre una perla.» Marcus tacque a lungo, poi prese una decisio-ne. «Fate i bagagli, vi trasferirete subito nella mia casa nel Northumberland. È solo un casolare che uso per la caccia, ma resterete lì ad aspettare un mio messaggio. Che cosa fareste per vostra figlia, Sir Anthony?» «Qualunque cosa, Vostra Grazia. Chiedetemi pure quello che volete.»

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«Scrivetemi i nomi delle persone a cui dovete del denaro.» «Che cosa?» «I vostri creditori, signore. Vi ricorderete anco-ra i loro nomi, almeno lo spero. Pagherò io i vo-stri debiti, così il vostro buon nome sarà salvo. Miranda non dovrà più soffrire per i vostri errori, che resti mia moglie o no» decise Marcus.

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Miranda stava gridando spaventata. Marcus non la vedeva, sentiva soltanto la sua voce e cercava di correre da lei, ma i suoi stivali affondavano nel fango, non riusciva a muoversi. «Aiuto! Aiuto!» urlava terrorizzata sua moglie. Il fango risucchiava Marcus, come se si trovas-se sulle sabbie mobili. Afferrò il ramo di un albe-ro, riuscì a uscire da quella trappola viscida. Mi-randa continuava a gridare, doveva correre da lei, altrimenti... Marcus si svegliò, madido di sudore, nella sua casa di Londra. La stanza era buia e silenziosa, non c'erano né fango né rami di alberi, non poteva sentire la voce di Miranda perché lei si trovava nel Devon. I sogni, o meglio gli incubi, avevano condizio-nato buona parte della sua vita. Dopo la morte di Bethany l'avevano perseguitato fino al punto che non era più tornato nel Devon per il timore che ri-cominciassero. Sapeva, però, che i sogni poteva-no essere premonitori. Miranda aveva bisogno di lui, per quello lo a-veva chiamato in sogno? Non occorreva un incu-

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bo per rendersi conto che forse si trovava in diffi-coltà, da sola in una casa sconosciuta. Era rimasto a Londra anche troppo, decise. La debole luce alla finestra gli diceva che l'alba era vicina, perciò suonò il campanello per chiamare il suo valletto. Mentre il domestico lo radeva, Marcus ripensò a Sir Anthony e a Lady Cecily. Era incredibile quanto male potessero fare la debolezza di un uomo e la perfidia di una donna! Sir Anthony non si era curato della figlia quando gli era morta la moglie, aveva pensato soltanto al proprio dolore. Sua madre non aveva esitato a ro-vinare per sempre un'amica, pur di diventare Du-chessa di Haughleigh. Non poteva rimediare al male che era stato fat-to a Cecily, ma il futuro di Miranda poteva ancora essere salvato. Per prima cosa andò a fare acquisti a Bond Street, seguito da un domestico che doveva porta-re i pacchetti. Mentre entrava in una delle migliori sartorie di Londra, pensò a Lady Cecily Dawson come sua suocera, al pranzo di Natale. Il vicario e sua mo-glie sarebbero stati colti da un infarto, se avessero potuto immaginare la professione che aveva pra-ticato a Londra. Era assolutamente necessario che Sir Anthony sposasse Lady Cecily, ammesso che lui e Miranda fossero rimasti marito e moglie, se non altro la loro unione di tanti anni sarebbe stata legittimata. Chissà, forse avrebbe potuto ospitarli nella ca-mera che era stata di sua madre, quando fossero

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andati a trovarli, pensò con innegabile perfidia. Era un figlio malvagio? Sua madre non aveva a-vuto alcuna pietà di Lady Cecily, non poteva di-menticarlo. Sarebbe stata lei la Duchessa di Hau-ghleigh, se non l'avesse tradita. Sarebbe diventata lei sua madre, si rese conto Marcus. «In che cosa posso servirvi, Vostra Grazia?» gli chiese Madame Souette, riconoscendolo dopo tutti quegli anni. Lo fece accomodare su un divano e ordinò che gli servissero del tè. «Ho bisogno di tutto quello che può servire a una signora, dai vestiti ai cappellini, dalla bian-cheria alle scarpe. Vi ho portato un abito, in modo che possiate prendere le misure.» L'abito gli era stato fornito da Lady Cecily, come un paio di scarpe di Miranda, ed era così vecchio e rovinato che Madame Souette inorridì. «La signora dovrà fare vita di società o rimane-re in casa?» si informò con un certo tatto. «Dovrà andare a teatro, ai ricevimenti, ai bal-li... Quando mia moglie verrà a Londra non credo che avrà molto tempo per restare in casa.» «Vostra moglie? Mi state chiedendo di rifornire il guardaroba di una duchessa?» strepitò Madame Souette, gli occhi che brillavano di avidità. «Ha perso tutti i suoi vestiti durante il viaggio per venire nel Devon. Tutti i suoi bauli sono finiti in un fiume e non si è potuto recuperarli.» «Ma che peccato!» commentò falsamente Ma-dame, ma non riuscì a sembrare davvero coster-nata. «Vorrei che tutto fosse pronto in tre giorni.» Madame Souette esitò, ma non avrebbe mai ri-

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sposto che non era possibile, a costo di faticare giorno e notte con tutte le sue lavoranti. «I suoi capelli e gli occhi sono scuri, ma ha l'incarnato molto pallido. Mi fido di voi più che di me stesso, scegliete le stoffe e i colori che le sta-ranno meglio. Sarete generosamente ricompensa-ta, come sapete» concluse il duca, alzandosi. «E ora, se mi volete scusare, ho ancora parecchi ac-quisti da fare.» Dopo essere uscito dalla sartoria, Marcus si re-cò in una gioielleria. Anche il proprietario lo rico-nobbe immediatamente e lo trattò con la massima deferenza. «Mi sono sposato di recente e vorrei fare dono a mia moglie degli smeraldi di famiglia» gli disse aprendo l'astuccio che aveva portato con sé. Come odiava quella collana!, pensò mentre il gioielliere l'ammirava e diceva che era splendida. L'aveva vista al collo di sua madre e poi di Be-thany. «Vorrei cambiare la montatura della collana, questa è troppo fuori moda.» Diede qualche indicazione al gioielliere, che in-tanto prendeva nota. «Desiderate altro, Vostra Grazia?» «No... Anzi, sì» rispose quando lo sguardo gli cadde sull'anello con lo stemma che portava al mignolo. «Vorrei un anello. Ci siamo sposati in gran fretta, non abbiamo avuto tempo di pensar-ci.» Gli vennero portati gli anelli più belli del nego-zio, con diamanti, rubini e smeraldi. «No, non mi piacciono. Sono troppo banali.»

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Che cosa poteva andare bene per una donna co-me Miranda? «Avete della ceralacca? Potete portarmela?» chiese al gioielliere. Quando arrivò la ceralacca, Marcus la fece sciogliere con la candela e usò il proprio anello per imprimere lo stemma di famiglia. «Preparatemi un anello d'oro con questo stem-ma, adatto al dito di una donna.» «Molto insolito, Vostra Grazia» si permise di fargli notare il gioielliere. «Sono sicuro che le piacerà più di un diaman-te» dichiarò Marcus. Prima di tornare a casa, quella mattina Marcus passò dallo studio di Claude Binley, suo legale e amico di vecchia data. «Come vanno le cose?» gli chiese entrando nel suo studio. «Dipende dai punti di vista, Vostra Grazia» fu la risposta. «Dal vostro punto di vista, mio caro Claude.» «Dal mio punto di vista, Vostra Grazia, vanno troppo in fretta.» «Bene. Immagino che questo significhi che sie-te riuscito a ottenere la licenza speciale per le mie nozze» dedusse Marcus sedendosi davanti alla sua scrivania. «Vedo che siete di ottimo umore.» «Non dovrei esserlo?» «Ho fatto tutto quello che mi avete chiesto. Ho la licenza per il matrimonio e ho aperto dei conti per Sir Anthony Grey al White's e in altri circoli londinesi.»

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«Vi arriveranno dei conti da pagare da una sar-toria e da un gioielliere.» Claude non sembrò accogliere bene la notizia. «C'è qualcosa che non va? I nostri fondi non bastano?» «No, Vostra Grazia, non ci sono problemi di denaro.» «E allora che cosa c'è che vi rende così di catti-vo umore, amico mio?» «Devo parlare francamente, Vostra Grazia?» «Sì, e fatelo chiamandomi con il mio nome, co-me quando studiavamo insieme a Oxford.» «Marcus, mi ricordo il vostro primo matrimo-nio, la rapidità con cui avete corteggiato e sposato vostra moglie. Ricordo anche altri dettagli della vostra precedente unione e... non vorrei davvero che si ripetessero.» «Perché mai dovrebbero ripetersi?» «Mi sembra che ci siano molti punti in comune con la situazione attuale.» «Quali, per esempio?» «Una donna che non conoscete, raccomandata da vostra madre. Un matrimonio improvviso, molti regali, molte spese, il rifiuto ostinato di sta-re a sentire chi cercava di aprirvi gli occhi.» «Miranda e Bethany non potrebbero essere più diverse. Mia madre l'avrebbe sicuramente detesta-ta, se fosse vissuta abbastanza a lungo per cono-scerla.» «Sposare una donna perché vostra madre l'a-vrebbe detestata è un po' come sposarne una per-ché le piaceva. Siete ancora condizionato da quel-lo che pensava lei» gli fece notare Claude con molto buonsenso.

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«Era ora che mi sposassi, in un modo o nell'al-tro.» «Sono perfettamente d'accordo. Tutti sperava-mo che prima o poi trovaste la donna giusta, ma non mi sembra questo il modo. Vi comportate co-me se aveste già deciso di confermare il vostro matrimonio, mentre sarebbe molto più prudente aspettare. Anche poche settimane potrebbero ba-stare ad aprirvi gli occhi.» «Che cosa volete dire?» «In questi casi sarebbe molto meglio lasciar passare qualche mese prima di...» «Ho capito, date le circostanze dovrei attendere qualche mese per essere sicuro che mia moglie non sia già incinta e che il prossimo Duca di Hau-ghleigh non sia figlio di qualcun altro. State par-lando di mia moglie, Claude, vi prego di ricordar-vene.» «Vi prego di ricordarvi da chi è stata allevata vostra moglie. Questa Lady Cecily di cui mi avete parlato ha un passato a dir poco discutibile, quan-to a Sir Anthony non è altro che un...» «Badate bene a quello che state per dire, Clau-de!» «Vi sto dicendo la verità, anche se non vi piace sentirla» insistette l'avvocato. «Sono vostro amico dai tempi della scuola, come avete avuto la bontà di ricordarmi. Chi avrebbe il coraggio di dirvela, se non io?» «Anch'io sono figlio di un ubriacone e mia ma-dre era una vera strega» replicò Marcus senza mezzi termini. «Tutti sanno perché mio padre cadde da cavallo e morì prematuramente, perché aveva bevuto troppo come al solito.»

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«Non volete davvero starmi a sentire?» «Non ho ascoltato quello che mi avete detto?» Marcus sospirò. «Anch'io vi ho detto la verità, e lo sapete. I miei genitori erano come ve li ho de-scritti, possiamo dire che si meritavano a vicenda. Forse è per questo che nemmeno io valgo molto, a parte il mio titolo e il mio denaro...» «Che cosa dite, Vostra Grazia?» cercò di obiet-tare Claude. «È così. Non ho mai combinato niente di buono nella vita e sarebbe facile darne la colpa ai miei genitori. Quando penso, però, che la mia prima moglie era stata allevata da genitori esemplari, mi chiedo se sia davvero così importante la loro in-fluenza su di noi.» «Forse volete minimizzarla per illudervi che la donna che avete sposato e da cui potreste ancora separarvi...» «Non continuate, vi prego.» Claude si rassegnò. «Come volete, Vostra Gra-zia. È inutile che io insista ancora, ormai avete deciso. Prego soltanto il cielo che questa volta ab-biate ragione.»

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«Vostra Grazia, avete acquistato qualcosa per il vostro guardaroba?» chiese Polly quando Miran-da tornò dal villaggio. «No, Polly. Quello che ho mi basta.» La cameriera scosse il capo con evidente disap-provazione. Era chiaro che avrebbe voluto che la sua padrona si vestisse un po' meglio, ora che era duchessa, invece continuava a usare quei vecchi vestiti stinti e rammendati, indegni perfino di una domestica. Miranda, invece, era così preoccupata per tutte le spese che Marcus avrebbe dovuto sostenere al suo ritorno, che non avrebbe osato nemmeno ac-quistare un fazzolettino per sé. La nuova tappez-zeria di seta che aveva ordinato per la sala da pranzo costava una fortuna, almeno ai suoi occhi, ed era colpa sua se i preziosi pannelli dipinti a mano si erano rovinati. Chissà che cosa avrebbe detto Marcus al suo ritorno! «Questo vestito doveva essere molto bello, un tempo» si permise di notare Polly, chinandosi e prendendo fra le dita l'orlo logoro dell'abito della duchessa.

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Il pizzo staccato da un altro abito non era stato sufficiente per bordare tutto l'orlo, ne mancava un pezzo nella parte posteriore. «Forse basterebbe comperare del pizzo nuovo e rifare il bordo. Anche quello sulle maniche do-vrebbe essere cambiato.» «Non se ne parla nemmeno, Polly.» «Perché non vi comperate almeno un cappelli-no, Vostra Grazia?» azzardò la cameriera in tono disperato. «Non è necessario, almeno per il momento. Ne parlerò con mio marito, quando ritornerà da Lon-dra.» «Forse vi porterà tanti bei regali dalla capitale. A pensarci bene quello che vendono in paese non è degno di una dama come voi, mentre a Londra il duca avrà trovato degli splendidi vestiti.» Miranda volse altrove lo sguardo. Cominciava a credere che Marcus si fosse dimenticato di es-sersi sposato. Da lui non aveva avuto un biglietto, una lettera, come se si fosse scordato di lei. «E poi c'è la vostra pettinatura» proseguì Polly. «La mia pettinatura? Che cos'ha che non va?» Per un attimo temette che la cameriera le chie-desse di comperare una parrucca. «È un po' fuori moda. Oggigiorno le dame del-l'alta società non si pettinano più così.» Cecily le aveva insegnato a pettinarsi com'era di moda molti anni prima, quando ancora fre-quentava il bel mondo. Che cosa poteva saperne della moda attuale, dato che ormai faceva la la-vandaia? «Se permettete, vorrei provare a farvi questa pettinatura» osò proporle Polly, tirando fuori la

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pagina di un giornale di moda molto in voga in quel periodo. Forse glielo aveva dato qualche altra cameriera, pensò Miranda. «Vedete? Un po' più lunghi dietro, ma con i riccioli sulla fronte. I riccioli servono per attirare l'attenzione sugli occhi, Vostra Grazia, e voi ave-te degli occhi così belli!» Miranda però non si fidava. Che cosa ne sapeva Polly? Inorridì all'idea del disastro che avrebbe potuto compiere sulla sua testa con un paio di for-bici e i ferri roventi per arricciare i capelli. «Taglio sempre i capelli alle mie sorelle, Vo-stra Grazia» le fece sapere la cameriera per rassi-curarla sulle proprie capacità come parrucchiera. «Lavorano qui da noi?» domandò Miranda, che così avrebbe potuto accertarsi dei risultati. «No, Vostra Grazia» dovette ammettere Polly, «ma sono sempre state contente del modo in cui le ho pettinate.» Per Miranda fu un sollievo. Fra le domestiche ce n'era qualcuna che era pettinata in modo orribi-le, almeno non avrebbe corso il rischio di finire così. «Va bene, Polly...» fece appena in tempo a dire. «Davvero, Vostra Grazia? Vado subito a pren-dere le forbici!» Corse via dalla stanza prima che Miranda po-tesse fermarla. Le sue intenzioni erano state solo di dirle che ci avrebbe pensato, ma la cameriera aveva frainteso per troppo entusiasmo. «Potete sedervi davanti allo specchio, Vostra Grazia. Farò in un momento, vedrete» le garantì la giovane, tornando con le forbici in mano.

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Miranda obbedì, incapace di deluderla. Si se-dette davanti allo specchio e chiuse gli occhi, te-mendo il peggio. I capelli ricrescono, si disse, sentendo come lavorava di forbici la sua giovane cameriera mentre le raccontava delle sue sorelle, delle sue amiche, dei corteggiatori delle sue sorel-le, di quelli delle sue amiche... «Ecco fatto! Potete aprire gli occhi» le disse Polly quando ebbe finito. «Vado a prendere i ferri per arricciare i capelli e intanto vi porto anche una tazza di tè.» Miranda aprì gli occhi e si guardò nello spec-chio. Quasi non si riconobbe: il nuovo taglio di capelli trasformava il suo viso. Gli zigomi veni-vano messi in risalto, e anche gli occhi. Polly a-veva ragione, i suoi occhi erano davvero belli, ma lei non lo aveva mai notato. Chissà che cosa avrebbe detto Marcus. Arrossì e il rossore contribuì a renderla ancora più carina. Non era affatto male, dopotutto. Una fanciulla davvero graziosa, se solo avesse avuto dei vestiti degni di lei. Polly tornò con il tè e con i ferri per arricciare i capelli. Trovò la padrona sorridente e anche un po' intimidita dalla propria bellezza, che aveva appena scoperto. Quella sera St. John, quando la vide entrare in sala da pranzo, balzò in piedi per la sorpresa. «Miranda!» esclamò. «Che cosa vi è successo? Siete andata e tornata da Londra in un giorno so-lo?» «No» rispose lei lusingata. «È stata Polly a pet-tinarmi. Non credevo che fosse così brava.»

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«Siete... siete davvero bellissima!» «Non esagerate con i complimenti.» «Non sto esagerando.» «Credete che il duca approverà?» St. John volse altrove lo sguardo. «È da anni che Marcus e io non ci frequentiamo, non so se i suoi gusti sulle donne sono cambiati, ma sono certo che anche lui vi troverà incantevole. Questa pettinatura vi dona moltissimo.» Cenarono chiacchierando allegramente. St. John le chiese se la caviglia le facesse anco-ra male e lei gli rispose che ormai era andata a posto. Miranda permise al valletto di riempirle più volte il bicchiere di vino. Per la prima volta in vita sua si sentiva attraente, ed era una sensazione nuova e indimenticabile. «Se a Marcus non piacerà questa muova petti-natura, non importa. Piace a me» dichiarò a un certo punto, forse perché aveva bevuto troppo. St. John scoppiò a ridere per quella innocente ribellione. «Adesso sì che mi piacete! Non avevo notato che aveste un collo così elegante e flessuo-so.» Miranda arrossì. Quei complimenti le facevano piacere, ma avrebbe voluto che fosse suo marito a farglieli. Intanto St. John continuava a chiacchie-rare, le parlava del suo sogno di allevare purosan-gue. Un allevamento di cavalli costava moltissimo, Miranda dubitava che suo cognato avesse il dena-ro sufficiente per una simile impresa. Forse spe-rava in un prestito di Marcus, ma in quel caso era meglio che non si facesse trovare a Haughleigh Grange, al ritorno del fratello.

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Che cosa avrebbe detto ritrovandoselo in casa, dopo averlo scacciato? Al dolce la conversazione cominciò a languire. Miranda si era accorta di aver bevuto troppo e pensava che sarebbe stato meglio ritirarsi subito dopo cena. St. John, però, aveva ben altri progetti. «Stasera potremmo andare nella sala da musi-ca, dove c'è il pianoforte. La mia voce non è un granché, ma vi canterò qualche bella canzone po-polare e forse voi avrete la bontà di unirvi a me in un duetto.» Anche lui aveva bevuto molto, pensò Miranda, il duetto sarebbe sembrato il coro di due ubriachi. «È meglio di no. Sarà per un'altra volta» gli ri-spose. «Mi ritirerò in camera mia e leggerò un po' prima di dormire.» «In questo caso vi accompagno» le disse lui al-zandosi in piedi e offrendole il braccio. «Non è necessario, grazie.» «Certo che è necessario. Non vi lascerò vagare da sola per questa grande casa, che conoscete ap-pena.» Miranda cedette e si lasciò accompagnare fino ai piedi dello scalone. «Grazie, St. John. Buonanotte.» «Siamo solo a metà strada» protestò lui. «Non posso abbandonarvi qui.» «Francamente non credo che mi perderò in casa mia» obiettò lei. «Questa è anche casa mia, o almeno lo è stata. Tutti sembrano dimenticarselo, come se non fa-cessi parte della famiglia.» «Ma voi fate parte della famiglia, almeno per quanto mi riguarda. Vi considero come il fratello

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che non ho mai avuto» replicò Miranda seria. «Non è un gran male non avere fratelli. Che co-sa darei per essere stato figlio unico!» rimpianse il cognato. «Ma sarò felice di essere vostro fratel-lo, mia cara.» Prima che potesse fermarlo, St. John la baciò su una guancia. Poi, approfittando della sua sor-presa, l'accarezzò con la punta di un dito dove l'a-veva baciata. Miranda arrossì violentemente, St. John si la-sciò sfuggire un sorriso. «Mio fratello è partito la notte stessa delle vo-stre nozze. Siete sua moglie soltanto di nome» le mormorò. «Mi sembra molto sconveniente fare simili di-scorsi» cercò di tagliare corto Miranda. «Sarà sconveniente, ma è la verità. Non ho bi-sogno che voi me lo confermiate, ne sono sicu-ro.» Miranda tacque imbarazzata. «Che idiota, mio fratello! Abbandonare una gemma come voi per correre dietro chissà a quali donne, a Londra...» «Mio marito non mi ha abbandonato» lo smentì Miranda, ma la sua voce tremava. «Tornerà, non vi preoccupate, dopo essersi di-vertito con le sue cortigiane. E si aspetterà, natu-ralmente, di trovarvi docile e innocente ad aspet-tarlo. Si meriterebbe di essere ripagato con la sua stessa moneta.» «Sono una donna onesta, milord.» «Ne sono sicuro, ma scoprirete presto che molti uomini non hanno il minimo scrupolo a tentare una moglie trascurata dal marito.»

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«Voi mi proteggerete da loro, non è vero?» ri-batté Miranda. «In questo caso non ho nulla da te-mere.» «Voi non avete bisogno di qualcuno che vi pro-tegga. Avete bisogno di qualcuno che vi sappia amare.» «St. John, state andando troppo oltre» protestò Miranda, facendo per andarsene. Il cognato la fermò. «Stavo solo scherzando. Non siate adirata con me, vi supplico. Se anche voi mi scacciate, chi mi resterà al mondo? Dite che mi perdonate, che sie-te ancora mia sorella.» «Va bene, vi perdono. Promettetemi però di comportarvi meglio.» «Farò tutto quello che mi chiederete, ma non mandatemi via. Senza di voi mi sentirei davvero solo al mondo.» Il suo sguardo era triste, notò Miranda. St. John sembrava davvero un uomo molto infelice, nono-stante l'apparente spensieratezza. «Soltanto voi riuscite a capirmi, Miranda. Fin dal primo momento mi avete trattato con calore, senza il disprezzo che mio fratello mi ha sempre dimostrato. Voi non sapete quanto mi sia sentito solo e disperato, in certi momenti.» Poteva capirlo invece, anche lei si era sentita sola e disperata più di una volta. «Sono così adirato con mio fratello che vi tratta in questo modo» continuò St. John. «Un fiore co-me voi non dovrebbe essere lasciato a languire in una casa fredda e buia. Dovrebbe essere portato alla luce, dove può mostrare tutta la propria bel-lezza.»

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Senza aggiungere una parola, la baciò sulle lab-bra. Miranda tentò di fuggire, ma St. John le aveva afferrato le braccia e non la lasciava andare. Per un attimo il suo sgomento si lasciò sopraffare dal piacere. Nessuno l'aveva mai baciata in quel mo-do e St. John sapeva baciare. Cecily glielo aveva detto, c'erano uomini che ti potevano portare in paradiso con un bacio. Il buonsenso però ebbe il sopravvento. Anni e anni trascorsi a pulire e a lavare avevano reso for-ti le braccia e le mani di Miranda. Alzò un pugno e sferrò un colpo deciso sulla testa di St. John, che si ritrasse barcollando. Doveva avergli fatto molto male, il suo sguardo stupito rivelava che non si era aspettato una rea-zione tanto decisa e tanta forza in una donna così magra. Miranda ne approfittò per fuggire a perdifiato su per lo scalone, fino ad arrivare nella propria camera, dove si chiuse a chiave. St. John non sembrava ancora soddisfatto. La inseguì e si chinò davanti alla porta chiusa, per parlarle attraverso il buco della serratura. «Miranda, fatemi entrare. Vi prego, aprite que-sta porta.» Lei, invece di rispondergli, incrociò le braccia e andò a sedersi sul letto. «Miranda, mio fratello non sa quanto sono dol-ci le vostre labbra, per questo vi ha lasciato sola e se n'è andato a Londra.» Lei continuò a tacere. «Temete che glielo andrò a raccontare? Possa morire se mi sfuggirà una sola parola su di noi.»

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«Andatevene, St. John!» gli intimò lei. «Mi cacciate dopo avermi tentato? Come pote-te essere così crudele?» «Non vi ho mai tentato, bugiardo che non siete altro!» «La vostra sola presenza è una tentazione per me.» «Siete falso come un serpente!» «Questo non è il giardino dell'Eden, Miranda. È una casa fredda come una tomba, dove si può morire di solitudine se non si trova qualcuno con cui riscaldare il proprio cuore. Che cosa vi aspet-tate da mio fratello? Non avete visto come si è comportato la prima notte di nozze?» «Sarebbe meglio che ve ne andaste subito da questa casa, se non vi piace.» «Vostra Grazia, io vado e vengo da questa casa come e quando voglio. Ho sempre fatto così e continuerò a farlo, a meno che non preferiate che spieghi a vostro marito perché vorreste che me ne andassi. Marcus non la prenderebbe molto bene, sapete?» «State alla larga da me. Non voglio più veder-vi.» «Per un po' forse non vorrete vedermi, ma poi mi rimpiangerete, tesoro. Che marito sarà Marcus per voi? Quante volte vi lascerà sola per correre dietro le sue amanti? Quando sentirete il bisogno di qualcuno che vi ami, che vi consoli, che vi ca-pisca, la mia porta sarà sempre aperta per voi.» St. John se ne andò ridendo, lasciandola nello sgomento. Era un furfante, un mascalzone, ma Miranda non riusciva a perdonarsi di avere provato con lui

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un piacere che la faceva sentire una poco di buo-no, una donna perduta. Non era stata allevata come una gentildonna, Cecily le aveva insegnato cose che qualunque de-buttante avrebbe dovuto ignorare. Invece a lei era piaciuto imparare, dai racconti dell'amica, quello che succedeva fra un uomo e una donna. C'era qualcosa di sbagliato in lei, per questo aveva pro-vato piacere con St. John, e se ne sarebbe sempre sentita in colpa. Aveva provato piacere, era inutile negarlo, an-che quando era ancora una cameriera e il suo pa-drone aveva tentato di baciarla. Anche quella vol-ta, oltre al disgusto, aveva provato un'innegabile sensazione di piacere. Si augurò che Marcus non venisse mai a sco-prire la sua vergogna. Non solo che suo fratello avesse osato baciarla, ma soprattutto che sua mo-glie aveva inclinazioni indegne di una donna nor-male, assolutamente ignobili per una duchessa. Desiderava essere amata da un uomo, forse era sbagliato, ma non c'era nulla che desiderasse di più. Controllò che la porta fosse chiusa bene a chia-ve, ma non le bastò. Prese una sedia e l'appoggiò contro la porta, poi si sedette sulla sedia. Chiuse gli occhi e appoggiò la fronte contro la porta, pre-gando silenziosamente che quel segreto restasse per sempre nascosto nel suo cuore di peccatrice.

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C'era un gran trambusto in cortile, Miranda se ne accorse appena sveglia. Quasi cadde dalla sedia, dove si era addormentata la sera prima. Un incendio?, si chiese sentendo le voci dei do-mestici. No, sarebbero venuti a svegliarla. Qualcuno bussò alla porta. «Vostra Grazia? Siete sveglia?» Polly cercò di entrare, ma scoprì che la porta era chiusa a chia-ve. «Vestitevi, vi prego. Sua Grazia il duca è tor-nato.» Marcus era tornato, finalmente! Quasi avesse saputo cosa era successo la sera prima fra lei e suo fratello e fosse venuto a chiedergliene conto. Miranda aprì la porta e fece entrare Polly. Le disse di cercare nell'armadio qualcosa che potesse indossare, ma era un'impresa disperata. Il vestito che aveva indosso, quello della sera prima, era così sgualcito dopo la notte trascorsa sulla sedia che Miranda se lo tolse subito. Pur-troppo, era anche uno degli abiti migliori che a-vesse. «Ecco, Vostra Grazia» disse Polly, prendendo dall'armadio un altro dei terribili abiti di Cecily.

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Almeno era pulito e stirato, considerò Miranda mentre la cameriera l'aiutava a indossarlo. I suoi capelli erano in uno stato pietoso. Polly fece il possibile per pettinarla, ma nemmeno così era presentabile. Niente avrebbe potuto rendere il colore alle sue guance pallide o far sparire le sue occhiaie. Miranda lasciò la propria camera giurando a se stessa che non si sarebbe lasciata sopraffare dai sensi di colpa. Scese lo scalone a testa alta, spe-rando che almeno la sua nuova pettinatura fosse gradita al marito che aveva atteso così a lungo. Marcus era davanti al portone, stava dando or-dini ai domestici che portavano dentro bauli e va-ligie. Il suo mantello era impolverato, ma quando se lo tolse e lo diede al maggiordomo apparve in tutta la sua eleganza. Giacca scura, cravatta im-peccabile, camicia di seta bianca. Un vero duca, e lei era sua moglie. Si sentì or-gogliosa di lui e avrebbe voluto essere la donna più bella del mondo, per meritare un marito così. Invece, anche con la nuova pettinatura, si sentiva al massimo degna di lavorare come domestica nella casa di cui avrebbe dovuto essere la padro-na. «Bentornato, Vostra Grazia.» Lo salutò con una profonda riverenza, quando fu davanti a lui. Marcus la guardò e sorrise. Non disse nulla del-la sua pettinatura, ma le sembrò che almeno non fosse contrariato nel vederla. Dove siete stato?, avrebbe voluto chiedergli, per quanto si sentisse in colpa. Con quali donne aveva trascorso il suo tempo, lontano da lei? «Sembra che io sia arrivato contemporanea-

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mente ad alcuni vostri acquisti» le disse accen-nando a certe grosse scatole. «Erano alla locanda, appena giunti con la diligenza postale. Ve li ho portati.» «Ve ne sono grata» rispose Miranda, imbaraz-zata che la tappezzeria di seta che aveva ordinato fosse stata consegnata proprio quel giorno. «Vi posso spiegare ogni cosa» continuò in fretta, ma temeva la sua reazione nell'apprendere che i pan-nelli di seta della sala da pranzo erano perduti per sempre. «Andiamo nel mio studio, così potrete raccon-tarmi tutto» le suggerì Marcus. Miranda lo seguì nello studio. Marcus si sedet-te alla scrivania e cominciò a dare un'occhiata alla posta che era arrivata durante la sua assenza. «Allora?» chiese alla moglie, che non aveva aperto bocca ma era rimasta in piedi, davanti alla scrivania, come se attendesse il suo permesso di parlare. «Ecco, quelle scatole che avete trovato alla lo-canda...» «Avete ordinato qualche vestito per voi? Cap-pellini, guanti e cose del genere? Non dovete giu-stificarvi, io...» «In quelle scatole c'è la nuova tappezzeria per la sala da pranzo. Avevo ordinato di pulire i pan-nelli di seta, ma purtroppo con l'acqua i colori si sono sciolti. Non sapevo che fossero dipinti a ma-no, mi dispiace moltissimo» gli confessò Miranda tutto d'un fiato, tremando all'idea della sua possi-bile reazione. «Avete ordinato di pulire i pannelli della sala da pranzo?» ripeté lui incredulo.

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«Ho fatto male, vero? Erano così sporchi, cre-detemi, che non ho potuto farne a meno. Se solo avessi saputo che si sarebbero rovinati avrei atte-so il vostro ritorno per pulire quella stanza.» «Avete fatto pulire anche le altre stanze?» le domandò Marcus, sempre più sorpreso. «Non le vostre, che del resto erano già abba-stanza in ordine. Le altre, però, non venivano pu-lite a fondo da anni, almeno a giudicare da quello che ho visto. Ho fatto assumere alcune donne al villaggio per dare una mano alle cameriere. Solo temporaneamente, è ovvio, per i lavori più pesan-ti.» «La governante che cosa ha detto?» «L'ho licenziata e ne ho assunta un'altra, che mi sembra più solerte e soprattutto più onesta. Temo che la precedente facesse la cresta sulle spese.» «Avete davvero licenziato la governante di mia madre?» Miranda non ne fu sicura, ma le sembrò di sen-tire una certa ammirazione nel tono della sua vo-ce. Il maggiordomo venne a bussare in quel mo-mento, chiedendo di poter parlare con il padrone. «Più tardi, Wilkins» gli rispose Marcus. «Forse sarebbe bene che sentiste quello che ha da dirvi, Vostra Grazia» si permise di obiettare Miranda. «Entrate, Wilkins, forse è meglio che sia io a spiegare come sono andate le cose.» Marcus non era abituato che qualcuno conte-stasse le sue decisioni, anche di poco conto, come quella di rimandare un colloquio con il maggior-domo. Però rimase a sentire quello che Miranda voleva dirgli.

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«Vedete, negli ultimi tempi Wilkins, forse per-ché era insoddisfatto del suo lavoro, ha incomin-ciato a bere. Ha bevuto molto e a farne le spese è stata la vostra cantina.» «È vero, Wilkins?» «S... sì, Vostra Grazia» ammise a malincuore il maggiordomo, chinando il capo. «Eravate insoddisfatto del vostro lavoro?» do-mandò ancora Marcus. «Era insoddisfatto del suo stipendio, temo, co-me tutti i domestici. Vostra madre era...» Miranda non osò esprimere un giudizio dato che la duches-sa, oltre a essere la madre di Marcus, era anche morta da poco. «Vostra madre si era dimenticata di aumentare il loro stipendio negli ultimi anni» si limitò a dire. «Credo che sarebbe giusto modifi-care i loro salari e portarli a un livello almeno de-coroso.» Miranda si intendeva certamente più di lui delle retribuzioni della servitù, dopo aver lavorato per anni come cameriera. «Dovrei ricompensare un ladro e un ubriacone aumentandogli lo stipendio?» replicò Marcus. Wilkins sarebbe voluto sprofondare per la ver-gogna. «Vedete, Vostra Grazia, quando i domestici so-no pagati poco non lavorano bene e cercano di ru-bacchiare tutte le volte che possono. Annacquano il vino, rivendono la legna e il carbone, compera-no solo carne e verdura scadente per risparmiare e mettersi i soldi in tasca. Se volete mangiare bene e vivere in una casa sufficientemente riscaldata e non fredda come una tomba, è meglio che paghia-te alla servitù un salario dignitoso.»

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«Avete le idee chiare, mi pare.» «Vi sto solo dicendo la verità. Se aumenterete gli stipendi loro vi serviranno meglio e così sarete contento anche voi.» «Questo riguarda anche Wilkins?» «Proporrei di tenerlo con noi, sempre che perda l'abitudine di servirsi del vostro brandy e che ab-bia un buon aumento» dichiarò Miranda. «Del cinque per cento?» «Del dieci, Vostra Grazia» si permise di obiet-tare lei. «D'accordo, come dite voi. Wilkins, avete sen-tito? Andate a dirlo anche agli altri, tutti i dome-stici avranno un aumento del dieci per cento e il merito è solo della duchessa.» «S... sì, Vostra Grazia» balbettò il maggiordo-mo prima di sparire, temendo che il duca potesse cambiare idea da un momento all'altro. Miranda tentò di seguire Wilkins, ma suo mari-to la fermò. «Rimanete, non abbiamo ancora finito» le dis-se. «Sembra che vi siate data molto da fare duran-te la mia assenza.» «Ho cercato soltanto di rimettere in ordine la vostra residenza, dove ce n'era bisogno.» «Quando sono partito per Londra non sembra-vano questi i vostri propositi» obiettò Marcus. «Non ci avevo ancora pensato, Vostra Grazia.» «Mi sembravate piuttosto insoddisfatta del no-stro matrimonio. È ancora così?» Miranda gli fece una profonda riverenza. «Ero stanca e provata emotivamente, Vostra Grazia, mi dispiace di essermi comportata come un'ingrata. Vi ringrazio per avermi sposata e vi

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prometto che sarò una moglie devota e obbedien-te.» Marcus non fece alcun commento e Miranda non capì se fosse contento o insoddisfatto della sua resa senza condizioni. «Avete fatto bene a comperare la nuova tappez-zeria per la sala da pranzo» si limitò a commenta-re. «Spero che vi piacerà. Il colore è simile a quel-la che c'era prima, si intonerà all'arredamento sen-za alcuna difficoltà. Forse ho speso molto, ma non mi avete posto limiti quando siete partito.» «D'ora in poi discuterete con me solo delle spe-se oltre le cento sterline. Per il resto fate pure co-me credete, mi fido di voi.» «Bene, Vostra Grazia. E adesso, se volete scu-sarmi...» Miranda non vedeva l'ora di andarsene. «Ancora una cosa» la trattenne lui. «Sì?» «I vostri capelli.» Miranda attese in silenzio il suo giudizio. «La nuova pettinatura vi dona moltissimo.» Miranda si lasciò sfuggire un sorriso, poi si in-chinò di nuovo e uscì per andare a chiudersi nella propria camera. Suo marito non aveva espresso alcun biasimo per i preziosi pannelli rovinati della sala da pran-zo, non aveva discusso delle spese della nuova tappezzeria e aveva accettato di aumentare lo sti-pendio di tutta la servitù. Si era perfino compli-mentato per la sua nuova pettinatura ma Miranda, mentre saliva in camera, pensava soltanto che il duca se ne era rimasto a Londra per due settimane

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e non si era degnato di dirle che cosa avesse fatto. Forse aveva un'amante bella, ingioiellata ed e-legante, che lo attendeva in un appartamento di-screto dove aveva trascorso notti di passione, sen-za ricordarsi della moglie insignificante che ave-va lasciato nel Devon. Il morso della gelosia le impedì di godere di quello che era stato, tutto sommato, un trionfo. Marcus, a quanto sembrava, non voleva annul-lare il matrimonio. La considerava la nuova Du-chessa di Haughleigh fino al punto di affidarle la gestione della casa. «Oh, Vostra Grazia! Guardate, il duca ha ritro-vato i vostri bagagli! Non li avevano rubati, ma chissà perché alla locanda hanno detto che c'era solo quel vecchio baule, quando abbiamo manda-to il cocchiere a prenderli.» L'esclamazione eccitata di Polly l'accolse quan-do entrò nella sua camera. Che cosa ci facevano tutti quei bauli aperti davanti al suo letto? «Quanti abiti meravigliosi! Ecco perché non volevate comperarne di nuovi» dedusse la came-riera, che stava tirando fuori dai bauli scarpe, ve-stiti, cappellini e biancheria finissima. «Ci deve essere un errore» mormorò Miranda. A chi appartenevano questi abiti da gran dama? «Sono i vostri vestiti, Vostra Grazia. Non vede-te le vostre iniziali sui fazzoletti e sulla bianche-ria? E poi sono della vostra misura.» Era vero, sembravano appena usciti da una sar-toria alla moda e confezionati apposta per lei. Perfino le scarpe e gli stivaletti si adattavano per-fettamente al suo piede. «Non sono belli?» le chiese Marcus.

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Miranda si voltò, sentendo la sua voce, e si ac-corse che il marito, dopo essere salito in camera, aveva aperto la porta fra le loro due camere e la stava guardando. «Sono meravigliosi, Vostra Grazia» gli rispose Polly, che aveva creduto che la domanda fosse stata rivolta a lei. «Nessuna dama potrà reggere al confronto di Sua Grazia la duchessa.» «Sono felice che il guardaroba di mia moglie abbia la tua approvazione, Polly» osservò il duca ridendo. «Ora lasciaci soli, per favore.» Polly se ne andò e Marcus si sedette sul letto per parlare alla moglie. «Come vedete ho ritrovato i vostri bauli. Una vera fortuna che non siano andati persi.» «Sapete benissimo che questi non sono i miei bagagli.» «Certo che lo sono. C'è il vostro nome su ognu-no dei bauli, le vostre iniziali sui fazzoletti e sulla biancheria. Oh, vedo che vi servite da Madame Souette, in Bond Street. Un'ottima scelta, avete un gusto squisito.» «Il gusto squisito è il vostro.» «Diciamo piuttosto di Madame Souette. Le ho lasciato alcune indicazioni e lei ha provveduto a ogni cosa. La conosco da molto tempo, sapevo di potermi fidare di lei.» Marcus si riferiva al fatto che la sua prima mo-glie si era servita da Madame Souette, ma Miran-da non poteva saperlo. «Fate sempre così?» gli chiese indispettita. «Che cosa intendete dire?» Miranda non rispose. Avrebbe dovuto essere felice per tutti quei bei vestiti, ma non lo era. La

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stava trattando come una delle sue amanti, proba-bilmente Madame Souette era abituata a servire anche loro. «Ci sarà un motivo, se mi fate tutti questi bei regali» dedusse senza mostrarsi più grata di pri-ma. «Certo che c'è un motivo. La nuova pettinatura vi sta molto bene» aggiunse Marcus alzandosi e avvicinandosi a lei, «ma non sopporto più di ve-dervi con questi vecchi vestiti che si adattano così poco alla vostra bellezza.» «E che cosa vorreste in cambio?» gli domandò Miranda. Marcus accarezzò i suoi nuovi riccioli. «Non lo indovinate?» «No, non riesco a indovinarlo» replicò lei, an-che se sapeva benissimo che cosa voleva. Quello che un uomo ricco voleva dalle amanti e anche dalla moglie, in cambio di qualche regalo costoso. Gli bastava pagare, non doveva fare di più. «Vorrei, per esempio, che mi diceste grazie» le fece sapere Marcus, che incominciava a sentirsi un po' seccato. «Vi ringrazio, Vostra Grazia.» «E che mi chiamaste con il mio nome, dato che sono vostro marito. Che mi sorrideste, invece di rimanere fredda e rigida come se foste di ghiac-cio.» «Grazie, Marcus, per i bei doni che mi avete fatto» lo accontentò Miranda con un sorriso tira-to. «E adesso, se non vi dispiace...» «Mi state dicendo di andarmene?» «Vi sto solo pregando di...» «Sono abituato a essere trattato in ben altro

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modo, quando faccio dei doni. Vorrei un po' più di entusiasmo da parte vostra. Ci sono donne che per molto meno...» «Non ne dubito, ma io non sono una di quelle donne, Marcus» tagliò corto lei, offesa. «Sono vostra moglie, mi avete sposata e non dovrei sen-tirmi onorata se voi mi degnate della vostra com-pagnia.» Lui imprecò ad alta voce. «Certo, perché mai dovrei aspettarmi che mia moglie dimostri un po' di gratitudine se le faccio dei regali? Perché mai dovrebbe essere felice per il mio ritorno a casa?» «Siete il padrone, non è necessario che me lo ricordiate, e come tale vi ho dato il benvenuto quando siete arrivato.» «Sono il padrone? Ebbene, come tale vi ordino di bruciare tutti quegli stracci che vi siete portata da Londra! Non dovrete indossare altro che questi vestiti e vi conviene obbedirmi perché, in quanto vostro marito, vi chiuderò in camera se non farete quello che dico. Avete capito?» Aveva capito, non c'era bisogno di urlare e nemmeno di andarsene sbattendo la porta, pensò Miranda sedendosi sul letto mentre Marcus scen-deva lo scalone e sbatteva anche il portone del-l'ingresso prima di uscire di casa. «Vostra Grazia?» Polly si affacciò timidamente alla porta. «Posso disfare i vostri bagagli?» «Sì, Polly. Fai pure.» Tutti i domestici dovevano aver sentito la sfu-riata di Marcus. Forse l'avevano sentita anche al villaggio e il modo in cui aveva sbattuto il porto-ne doveva aver spaventato perfino la selvaggina nei boschi.

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Dopo una lunga passeggiata che era servita a calmarlo, Marcus tornò a Haughleigh Grange e si chiuse nel proprio studio. Aveva sbagliato tutto, a quanto pareva. Miran-da non era come Bethany, che avrebbe perso la testa per un baule pieno di vestiti di Madame Souette. Esistevano anche donne che non si pote-vano comperare con il denaro, se l'era quasi di-menticato. Aveva trovato una donna onesta? Certo che, se le avesse detto che sapeva tutto del suo passato, che aveva pagato i debiti di suo padre e che adesso Sir Anthony Grey sarebbe sta-to riammesso in società, Miranda si sarebbe senti-ta in dovere di essergli grata. Forse sarebbe anche venuta docilmente nel suo letto, invece di rimanere fredda e distante come se fosse diventato all'improvviso un uomo privo di attrattive per il gentil sesso. In realtà, non voleva avere Miranda in quel modo. Una donna orgogliosa e onesta meritava di essere conquistata e lui voleva conquistarla. Sem-pre che non gli fosse venuta meno la pazienza per farlo...

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A pranzo Sua Grazia il Duca di Haughleigh si fe-ce aspettare. Miranda sedeva da sola a tavola, nel suo nuovo abito di seta verde che aveva suscitato gli estasiati complimenti di Polly, ad attenderlo insieme al salmone in salsa. Finalmente Marcus si degnò di comparire, sbat-tendo le porte e dando ordini, e si sedette a tavola mentre i valletti si affannavano a riempirgli il piatto e il bicchiere. Non si era curato di salutare la moglie e nem-meno di guardarla, quando era entrato, ma dopo aver assaggiato il salmone si degnò di rivolgerle la parola. «Questo salmone è squisito» dichiarò con evi-dente stupore. «Avete cambiato anche la cuoca?» volle sapere. «Mi sono limitata a dare ordini precisi e a pre-tendere che il pesce acquistato sia sempre di pri-ma qualità» fu la risposta. «Non oso pensare a cosa sarà capace di fare quando saprà che le abbiamo aumentato lo stipen-dio» commentò Marcus.

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«Lo sa già. È la prima volta che prepara una salsa così elaborata.» «Sarà un piacere cenare a casa, se continua a cucinare in questo modo.» «Se vi viene in mente qualcosa che potrebbe farvi rimanere volentieri a cena, ditemelo. Farò in modo di accontentarvi.» Marcus tacque per un attimo, bevendo un sorso di vino. «Appena mi verrà in mente sarete la prima a saperlo» le promise. Miranda arrossì, intuendo che non stava allu-dendo a qualche pietanza particolare. «L'abito che indossate vi dona moltissimo» ag-giunse lui per cambiare argomento. «Grazie, Marcus.» La conversazione, da quel momento, languì. Chissà se si sarebbe rianimata, si chiese Miranda, se avesse chiesto a suo marito che cosa aveva fat-to a Londra? Meglio non rischiare, la risposta non le sarebbe sicuramente piaciuta. «Che cosa intendete fare questo pomeriggio?» gli domandò invece. Marcus non ci aveva pensato. «Credo che andrò a fare un giro in campagna, a visitare qualcuna delle nostre fattorie.» Miranda annuì e continuò a mangiare. «Se volete, potreste accompagnarmi» aggiunse Marcus. Miranda impallidì. «Non siete obbligata a venire, ve l'ho solo chie-sto per cortesia» si affrettò ad aggiungere il duca. «Sarei felice di venire.»

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Se fossi capace di cavalcare, aggiunse nella propria mente. «Benissimo, allora fatevi trovare pronta fra una mezz'ora. Vi aspetterò alle scuderie» le rispose Marcus, togliendosi il tovagliolo e alzandosi da tavola. Trentacinque minuti più tardi Miranda era da-vanti alle scuderie e stava maledicendo gli uomini che credevano che fosse una cosa da nulla indos-sare una tenuta da amazzone in mezz'ora, con i guanti, gli stivali, il cappello e tutto il resto. Respirò profondamente e cercò di calmarsi. Fa-ceva parte dei suoi doveri accompagnare il marito nelle visite ai fattori e ai mezzadri. Era la Duches-sa di Haughleigh e come tale doveva comportarsi, soprattutto in pubblico. Ma perché Marcus si faceva aspettare? «Scusatemi, forse non mi sono spiegato bene» le disse suo marito uscendo dalle scuderie, ma su un barroccio. «Non intendevo andare a cavallo, ma se voi preferite...» «Oh, no! Preferisco anch'io andarci in carroz-za» lo interruppe Miranda, a cui non sembrava vero di poter evitare di cadere un'altra volta. «Molti gentiluomini amano i cavalli più di ogni altra cosa, vanno a caccia, si divertono a saltare siepi e steccati» le spiegò Marcus, aiutandola a salire sul calessino. «Da parte mia non condivido questo entusiasmo. Considero i cavalli un male necessario e me ne tengo alla larga, quando è pos-sibile. Sono animali capricciosi e inaffidabili.» «Condivido assolutamente la vostra opinione» gli assicurò Miranda pensando che, se St. John

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non fosse sparito all'arrivo di suo fratello, gli a-vrebbe detto quello che pensava di lui per averle fatto credere che Marcus fosse un appassionato di equitazione. Mentre si avviavano verso la campagna, Mar-cus sembrava di buonumore e chiacchierava vo-lentieri. Quando passarono davanti all'albero a cui era stato impiccato un bandito di strada, le disse che quello era l'albero di Blackjack Brody. «So che l'hanno impiccato qui» gli rispose Mi-randa. «Me l'ha detto vostro fratello.» Marcus perse immediatamente il buonumore. «Avete visto mio fratello, durante la mia assen-za?» «È tornato subito dopo la vostra partenza» gli rivelò Miranda. Lui imprecò. «Mi dispiace, Marcus, ma è vostro fratello e non me la sentivo di dirgli di andarsene» si giusti-ficò Miranda, che aveva rimpianto moltissimo di non averlo fatto cacciare su due piedi. «La colpa non è vostra. Avrei dovuto immagi-nare che St. John sarebbe tornato. Non vorrei an-noiarvi ripetendovi quello che lui vi avrà già rac-contato della campagna qui intorno.» «Voi non mi annoiate affatto.» «Se dovessi ripartire, preferirei che non riceve-ste degli uomini.» «Sì, certo, ma...» «Anche mio fratello è un uomo, Miranda, vor-rei che non lo dimenticaste.» «Non lo dimenticherò» rispose lei, che aveva già imparato a proprie spese di non poter conside-rare innocuo St. John.

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Marcus sembrava aver perso la voglia di chiac-chierare. Continuarono a inoltrarsi nella campagna fino a quando videro, da lontano, un uomo anziano che cercava di attirare la loro attenzione agitando il cappello. «Vostra Grazia! Vostra Grazia!» gridò corren-do loro incontro. «Steven! Che cosa ti è successo?» gli chiese il duca, avendolo riconosciuto. «Mia nipote Maggie, Vostra Grazia! Sta per partorire e sua madre è andata dai Briggs, questa mattina, e non è ancora tornata.» «Maggie? Me la ricordo bambina. Si è già spo-sata?» «Non si è sposata, Vostra Grazia, ma sta ugual-mente per mettere al mondo un figlio. Vi prego, aiutatemi! Non so che cosa fare.» «Andiamo a casa tua, presto» lo esortò Marcus, facendolo salire. Quando arrivarono al piccolo casolare dove Steven viveva con la nipote, Miranda comprese che non c'era tempo da perdere. I gemiti e le grida di Maggie lasciavano capire che ormai il bambino stava per nascere. «Uscite» ordinò a suo marito e a Steven, che erano entrati con lei nella camera della partorien-te. «Non c'è nulla che possiate fare. Lasciateci so-le.» «Chi diavolo siete?» le chiese poco gentilmente Maggie fra un gemito e l'altro. «Mi chiamo Miranda, sono qui per aiutarti» fu la risposta.

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Dopo qualche minuto Miranda uscì dalla stan-za. «Andate subito a chiamare sua madre» disse a Steven e al marito. «Ha bisogno di averla accan-to, le darà coraggio.» «Io rimango con voi. Ho aiutato tanti agnellini a nascere e...» cercò di opporsi Steven. «Un bambino non è un agnello e una donna non è una pecora» tagliò corto Miranda. «Ho già assistito altre partorienti.» «Andiamo» ordinò Marcus al vecchio. «Non perdiamo tempo.» Il duca era diventato insolitamente pallido quando era entrato nel cottage. Miranda si ricordò di sua moglie, morta di parto, e capì. «Non preoccupatevi per vostra nipote» aggiun-se per tranquillizzare il vecchio. «Tutto andrà be-ne, ma è meglio che ci sia qui anche sua madre.» Marcus ringraziò il cielo di avere portato Mi-randa con sé. Una partoriente lo spaventava più di un'alluvione o di un incendio, era un problema che da solo non sarebbe mai riuscito a risolvere. «Chi è la gentildonna che abbiamo lasciato con Maggie?» gli chiese Steven mentre salivano sul barroccio. «La Duchessa di Haughleigh.» «Vostra madre?» si stupì il vecchio. «Non ti sembra un po' giovane per essere mia madre?» Il povero vecchio non sapeva più quello che di-ceva. «Lady Bethany?» «Lady Bethany è morta dieci anni fa, Steven. Mi sono risposato.»

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«Lady Bethany è morta? Di che cosa?» Marcus non rispose. Ricordò quella giornata in-terminabile, dieci anni prima, le grida penose di sua moglie. Avrebbe fatto di tutto perché smettes-se di gridare, e quando finalmente era calato il si-lenzio... «Vostra Grazia?» lo chiamò Steven, facendolo trasalire. «Perché non parlate più?» «Dove hai detto che è andata tua figlia? Dai Briggs? Ci arriveremo in mezz'ora» gli promise, evitando di rispondergli. Non appena Jane seppe che la figlia aveva le doglie lasciò i Briggs e salì sul calesse per tornare a casa. Marcus e Steven, invece, andarono a sedersi sotto la pergola di una taverna, a bere qualche bir-ra per far passare il tempo. Miranda aveva detto chiaramente che non c'era bisogno di loro al caso-lare e Marcus non aveva il coraggio di rimanere a sentire, forse per ore, le grida di una donna in preda alle doglie. Steven, intanto, ripeteva a tutti che una gran dama si stava occupando di sua nipote, anche se non ricordava più che fosse la Duchessa di Hau-ghleigh. Verso sera Marcus raccolse tutto il proprio co-raggio. «Andiamo, Steven. È ora di ritornare a casa» disse al vecchio. Arrivarono al casolare di Steven mentre il sole stava tramontando. La madre di Maggie uscì a da-re loro il benvenuto.

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«Vostra Grazia, è stata una fortuna che vostra moglie fosse con voi» disse Jane al duca dopo a-vergli fatto una profonda riverenza. «Con il vo-stro permesso mia figlia vorrebbe chiamare Mar-cus il bambino, in vostro onore.» «Grazie, ma sicuramente il padre vorrà dargli un nome di sua scelta.» Il parere di Maggie fu ben diverso, quando Marcus entrò nella stanza della puerpera. «Quel dannato mascalzone mi ha piantata quando ha sa-puto che ero incinta!» dichiarò mostrando al duca il neonato che aveva fra le braccia. «Lo chiamerò Marcus, se a voi non dispiace.» «Ne sarò onorato. Dov'è mia moglie?» chiese il duca, guardandosi intorno. «Sono qui» gli rispose Miranda rientrando e togliendosi il grembiule che aveva indossato. «E-ro andata a stendere in cortile le pezzuole che ab-biamo lavato.» Risalirono sul barroccio per tornare a casa, pro-mettendo a Steven e alle sue donne che avrebbero mandato loro in dono un prosciutto affumicato e un cesto di provviste da Haughleigh Grange. Per un po' Marcus tacque, ma poi non poté fare a meno di dire quello che pensava. «La mia prima moglie era molto bella e canta-va come un angelo. A quei tempi mi sembrava che bastasse per amare una donna, ma poi ho ca-pito che erano cose che non contavano nulla. Mia madre era una grande dama, ma aveva il cuore di pietra e la lingua tagliente come un rasoio. Non avrebbe mai aiutato una povera donna a partorire, come avete fatto voi.» «Allora non credo che sarei piaciuta molto a

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vostra madre, se mi avesse conosciuto» mormorò Miranda, lusingata per il suo apprezzamento. «Neppure io piacevo troppo a mia madre. Pre-feriva mio fratello, che le assomigliava di più» dichiarò Marcus con un sorriso. «Credo che noi due andremo d'accordo, Miranda.»

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Il mattino dopo Miranda indossò uno dei tanti bellissimi vestiti che suo marito le aveva portato da Londra, un abito da mattina di mussolina color albicocca, e scese a fare colazione. Marcus stava dividendo la propria attenzione fra un piatto di aringhe affumicate e un giornale appena arrivato da Londra con la posta, quando la vide entrare. Una buona notte di sonno e un abito nuovo po-tevano fare miracoli per la bellezza di una donna. Il color albicocca della mussolina gli ricordò un frutto succoso, che sarebbe stato felice di assag-giare. «Buongiorno, Miranda» la salutò, sconcertato dal fatto che gli apparisse così attraente. «Buongiorno, Marcus.» Mentre Miranda si sedeva a tavola, suo marito non riuscì a toglierle gli occhi di dosso. «Avete qualche progetto per oggi?» le chiese dopo aver bevuto un sorso di tè, per prendere tempo. Miranda stava imburrando una fetta di pane to-stato.

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«Se non vi dispiace, vorrei controllare il lavoro degli operai che verranno a sistemare la nuova tappezzeria nella sala da pranzo. Poi credo che fa-rò una lista dei lavori più urgenti da fare in casa.» «Sì, certo» commentò deluso Marcus, che ave-va sperato di poterla accompagnare di nuovo a fa-re qualche passeggiata. «A quali stanze volete de-dicare la vostra attenzione, dopo la sala da pran-zo?» «Ecco... Non saprei... Credo le camere per gli ospiti.» «Le camere per gli ospiti, naturalmente» appro-vò Marcus. «Anche la mia camera avrebbe biso-gno di qualche miglioramento.» «Non dovete fare altro che esprimere i vostri desideri, Marcus, e cercherò di accontentarvi in tutti i modi.» Il duca si sforzò di mantenere un'espressione innocente, ma quello che era balenato nella sua mente non lo era affatto. «Forse sarebbe meglio se studiassimo insieme il problema, non vi pare?» «Quando?» si informò timidamente lei. «Quando volete.» «In questo caso preferirei rimandare di qualche giorno, se non vi dispiace, o anche di una settima-na.» Marcus cercò di dissimulare la propria irrita-zione, ma non ci riuscì. «Come volete» rispose stizzito. «Vostra Grazia» mormorò Miranda, «non in-tendevo contrariarvi, ma... capisco che voi abbia-te le vostre esigenze. Se vorrete far visita a una delle vostre amanti, non vi biasimerò.»

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A Marcus andò di traverso il tè che stava be-vendo. Quando si riebbe dallo stupore, la sua rea-zione fu incontrollabile. «Prima di tutto, mia cara moglie, mettiamo su-bito in chiaro alcune cose. Non intendo discutere di simili argomenti, soprattutto a colazione. Poi, se mai dovessi andare da un'amante, non lo direi a voi. Terzo, una donna sposata dovrebbe ignorare che il marito ha delle amanti, o almeno fingere di ignorarlo. Per finire, l'ultima cosa di cui vorrei parlare con mia moglie...» Si trattenne appena in tempo. Come poteva dichiarare che non avrebbe mai parlato alla donna che aveva sposato dei pro-pri desideri sessuali? Si sentì ridicolo. Guardò Miranda aspettandosi che lei scoppias-se in lacrime... oppure a ridere. Invece lo stava guardando senza battere ciglio, sopportando a te-sta alta la sua sfuriata. «Una delle mie amanti! Ma chi vi ha messo in mente simili idee! E dove sarebbero queste aman-ti, di grazia?» «Pensavo che, mentre eravate a Londra...» «Sono andato a Londra per altri motivi, lo sa-pete bene.» «È una risposta molto vaga, Vostra Grazia.» Come si permetteva di trattarlo così? Nessuna donna aveva mai osato tanto. Che cosa le impor-tava delle sue ipotetiche amanti? Marcus guardò sua moglie. Lui era irritato, ma Miranda non lo era da meno. Gelosia? Miranda era gelosa di lui? Non avevano dormito insieme nemmeno una notte, eppure era gelosa. Un sentimento completamente sconosciuto a Bethany, che sarebbe stata contenta se lui si fosse

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trovato un'amante e l'avesse lasciata in pace per un po'. Marcus provò insolito ed estremamente piace-vole che Miranda fosse gelosa di lui. Dunque te-neva a suo marito, non l'aveva sposato solo per il denaro e per il titolo. «Sono tornato con bauli pieni di vestiti per voi, e pensate che io...» «I doni servono ai mariti per alleggerirsi la co-scienza.» «Avrei comperato tutti quei vestiti per farmi perdonare un paio di settimane con una cortigia-na? I bei vestiti sono più regali da cortigiana, che da moglie. A una moglie si regala un braccialetto o una collana, mia cara, in casi del genere.» Miranda non rispose. Marcus si alzò e si avvi-cinò a lei. «A un'amante si regalano capi di biancheria trasparenti, così eccitanti e peccaminosi che voi non riuscireste a immaginare» le fece sapere. Mi-randa volse altrove lo sguardo. «Ma forse un uo-mo, dopo aver trascorso due settimane con una donna del genere, ama tornare a casa propria e trovare una moglie sobria ed elegante. Forse è per questo che vi ho comperato tutti quegli abiti, o forse perché a un uomo fa piacere che sua moglie sia vestita, dalla testa ai piedi, con indumenti che è stato lui a regalarle. Indumenti che, poi, è così piacevole toglierle...» Miranda trattenne il fiato mentre Marcus si chi-nava a sussurrarle ancora qualcosa nell'orecchio. «Anche se dovrò aspettare qualche giorno per farlo, forse una settimana o anche di più» le mor-morò.

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Marcus si chiese come avrebbe reagito se l'a-vesse baciata, o anche solo mordicchiato il lobo dell'orecchio. Invece si ritrasse e ritornò alla sua sedia. «Come vi aspettavate che fosse il matrimonio con me, Miranda?» le domandò a quel punto, se-dendosi di nuovo. «Non mi aspettavo niente.» «Non avevate sogni, speranze? Fantasie fan-ciullesche?» «Sapevo che mi sarei dovuta accontentare del-l'uomo che avrebbe accettato di sposarmi. Non mi facevo illusioni.» Marcus, in quel momento, avrebbe voluto dirle che sapeva tutto del suo passato, che capiva quan-to avesse sofferto. Adesso però le sofferenze era-no finite, le avrebbe insegnato a essere felice. «E voi, Marcus? Avevate mai pensato alla don-na che avreste voluto sposare, dopo la vostra pri-ma moglie? In dieci anni dovreste avere avuto il tempo per farvene un'idea.» «Dieci anni sono lunghi. Ammetto di avere a-vuto delle amanti, ma non recentemente, e non mi è mai passato per la mente di sposare una di loro. Non volevo sposare nemmeno voi, ma sono stato costretto a farlo dalle circostanze. Mia madre a-veva ragione almeno per una cosa, era tempo che prendessi di nuovo moglie. La prima volta l'ho fatto per amore, la seconda per l'onore. Spero di essere più fortunato. Quanto a voi, credo che mi abbiate mentito.» Miranda si irrigidì. «Avevate dei sogni, delle speranze come ogni fanciulla della vostra età. Avete sposato me, ma

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forse il vostro cuore appartiene a un altro. Se è così, non avete che da dirmelo. Siamo ancora in tempo.» «Non c'è nessun uomo nella mia vita.» «Ne siete certa?» «Sono vostra moglie.» «Davanti a Dio, certamente. Ho preso un impe-gno, il giorno che vi ho sposato, e intendo mante-nerlo. A Londra sono riuscito a ottenere una li-cenza speciale, possiamo rendere perfettamente legale il nostro matrimonio quando vogliamo, so-lo firmando la licenza. Come ben sapete c'è un al-tro modo per rendere impossibile un annullamen-to, senza dover ricorrere a cavilli legali.» Miranda finse di non aver sentito l'ultima frase. «Anch'io quando ho giurato di amarvi e di ser-virvi nella buona e nella cattiva sorte non ho men-tito» replicò soltanto. «Siete disposta a firmare la licenza?» «Quando volete.» «Adesso? Subito?» «Datemela, la firmerò.» «È nel mio studio» rispose Marcus alzandosi da tavola. «Andiamo a firmarla.» Quando la licenza fu firmata da entrambi, Mar-cus l'asciugò con la carta assorbente e se la infilò in tasca. «La farò firmare dal vicario, così saremo spo-sati anche davanti alla legge. Scusatemi, stavo per dimenticarmi un piccolo particolare.» «Quale?» gli chiese Miranda, che sembrava a-ver firmato con sollievo. «L'anello. Vi avevo solo prestato il mio.»

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«Non ha importanza, Marcus.» «Certo che ha importanza! La Duchessa di Haughleigh deve avere un anello nuziale. Ne ho ordinato uno per voi, a Londra. Spero che sia di vostro gradimento.» Marcus tirò fuori di tasca il piccolo astuccio che conteneva l'anello che aveva ordinato al gioielliere di Bond Street. Lo aprì e lo mostrò a Miranda. Lei reagì in modo strano. Sembrò sorpresa, non sorrise. Anzi, una lacrima scese piano a rigarle una guancia. Aveva commesso un terribile errore, pensò Marcus deluso. L'anello non le piaceva. «Se non vi piace, non è un problema. Mia ma-dre aveva anelli a non finire, con diamanti, sme-raldi, rubini, perle, opali. Sceglietene uno e sarà vostro. Non con un opale, però. Dicono che porti sfortuna.» «È l'anello più bello che abbia mai visto» mor-morò invece Miranda con voce tremante, pren-dendolo dall'astuccio. «Non potevate scegliere di meglio.» Un'altra lacrima scese sul suo viso e, per la pri-ma volta da quando la conosceva, Marcus la vide sorridere con vera gioia. Pensò a quanto denaro aveva speso in scarpe e vestiti, e lei si commuoveva per un semplice anel-lo d'oro. Non riusciva davvero a capire la sua nuova moglie.

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Quel pomeriggio Miranda, risvegliandosi dopo un breve pisolino, sorrise felice guardando l'anello nuziale che aveva al dito. Marcus non aveva un'amante, almeno così di-ceva. Era tornato con la licenza di matrimonio e l'avevano firmata. Quando gli aveva mostrato il lavoro dei tappezzieri nella sala da pranzo, aveva manifestato tutto il proprio sollievo per essersi li-berato di quegli orribili pannelli francesi dipinti a mano. E le aveva portato da Londra quel magnifi-co anello, in tutto e per tutto uguale a quello con cui l'aveva sposata, anche se questo era della sua misura. In preda alla gioia Miranda aveva baciato Mar-cus, come lui aveva fatto con lei il giorno del loro matrimonio. St. John le aveva raccontato solo bu-gie a proposito di suo marito, adesso se ne rende-va conto. Marcus non era una specie di orco sen-za cuore, brutale e arrogante, ma un uomo capace di premure e forse anche di sentimenti. Con il tempo, forse, sarebbe riuscito a dimenticare che lo aveva intrappolato in quel matrimonio e avreb-be anche potuto cominciare ad amarla.

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Quando uscì dalla propria camera e scese al piano di sotto, Miranda non poté fare a meno di notare la ragnatela sul soffitto dell'atrio. L'aveva vista fin dal primo giorno, ma le sembrava più or-ribile ogni volta che le capitava di guardarla. Salire fino lassù per toglierla non era un pro-blema da poco. Il soffitto dell'atrio era alto ben tre piani, proprio come l'intero edificio. Ci volevano una scala altissima e un domestico che non sof-frisse di vertigini, per quello Miranda aveva sem-pre rimandato. Però quel giorno, mentre scendeva, si rese con-to che forse era possibile arrivare fino alla ragna-tela sporgendosi dall'ultimo pianerottolo dello scalone, con una scopa in mano e uno straccio ba-gnato legato in cima alla scopa. Non disturbò la servitù, occupata a svolgere al-tri lavori. Del resto Miranda sapeva benissimo dove andare a prendere una scopa adatta e se la procurò in un ripostiglio. Risalì fino all'ultimo pianerottolo con la scopa in mano, dopo aver le-gato opportunamente un panno umido sulle setole di saggina. Una volta al terzo piano, però, non riuscì a rag-giungere la ragnatela nemmeno sporgendosi più che poteva. Era troppo lontana, ma forse sarebbe riuscita ad arrivarci salendo su qualcosa. Sul pianerottolo c'era uno sgabello dorato, ap-poggiato a una parete. Lo prese, lo spostò verso la balaustra, ci salì sopra, afferrò il manico della scopa e, tenendosi con l'altra mano alla ringhiera, si sporse nel vuoto sperando di riuscire finalmen-te nel suo intento. «Siete impazzita? Che cosa volete fare? Rom-

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pervi l'osso del collo?» Marcus l'afferrò e la tirò giù dallo sgabello, imprecando adirato. «Stavo solo cercando di arrivare fino a quella ragnatela» si giustificò Miranda. «Potevate cadere di sotto!» «Non correvo alcun pericolo.» «Lo dite voi! Perché non avete chiamato uno dei domestici, se ci tenevate tanto a liberarvi di quella stupida ragnatela?» le chiese Marcus, con-tinuando a stringerla fra le braccia. «Sono perfettamente capace di cavarmela da sola.» «Siete mia moglie! Non vi ho assunta come ca-meriera, se ben ricordo!» Tutti stavano sentendo la sua sfuriata, a meno che fossero diventati sordi. «Vostra Grazia, se non sono una cameriera, perché urlate in questo modo e mi mettete le mani addosso?» sibilò seccata. Marcus la lasciò andare di colpo. «Adesso penserete che le cameriere non tolgo-no le ragnatele perché hanno paura a salire fin qui, dove io potrei aggredirle.» «Non ho mai detto niente del genere.» «Mi riferivo soltanto all'idea che vi siete fatta di me.» «Vostra Grazia, tutti possono sentire la nostra conversazione. Non sarebbe meglio continuarla in un altro luogo?» «Non è facile turbare i domestici di Haughleigh Grange, mia cara moglie, dopo tutti gli anni che hanno trascorso con mia madre. Mettete via quel-la dannata scopa e dimenticatevi di quella ragna-tela oppure ordinerò loro di chiudervi nella vostra

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stanza e di non lasciarvi più uscire. Siate certa che mi obbedirebbero senza fiatare.» Miranda non aveva bisogno delle sue assicura-zioni per credergli. Andò a rimettere a posto la scopa e si rifugiò in camera, prima che lui chia-masse i servitori. Polly bussò alla sua porta più tardi, un po' esi-tante. Anche lei, come tutti, doveva aver sentito la sfuriata del duca e forse si vergognava a farsi a-vanti. Miranda, che era sdraiata nel letto, si alzò men-tre la cameriera entrava. Non doveva farle capire quanto si sentisse umiliata e frustrata per il modo in cui si era comportato suo marito. «Vostra Grazia, Wilkins mi ha dato questa per voi. Ve la manda Sua Grazia il duca.» Miranda guardò la strana cosa che Polly le por-geva. Era una cintura, una specie di catena dorata a cui erano appese una piccola forbice, un astuc-cio per gli aghi, una matita rivestita d'argento e una tavoletta d'avorio, su cui prendere appunti. Sulla tavoletta, con la matita, Marcus aveva scrit-to: Mi dispiace. «È la cintura della castellana, apparteneva alla defunta Duchessa di Haughleigh, la madre di Sua Grazia il duca. Nemmeno la prima moglie di Sua Grazia l'ha mai potuta avere.» In fondo alla cintura era appeso il mazzo delle chiavi di Haughleigh Grange, che avrebbero fatto di lei la vera padrona di casa. «Sua Grazia il duca dice che adesso è vostra e che potete farne quello che volete» aggiunse la giovane cameriera.

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Miranda trovò Marcus nella galleria dei ritratti, davanti al dipinto che raffigurava la sua prima moglie. Se solo quella stanza non fosse stata così piena di fantasmi, si disse attraversandola per andare verso di lui. «Scusatemi, Marcus. Non vorrei disturbarvi...» «Non mi disturbate affatto» le rispose il marito, voltandosi verso di lei. «Vengo qui solo perché c'è molto silenzio.» «Vorrei ringraziarvi per il vostro regalo e dirvi che non avete ragione di essere dispiaciuto. Sono stata io a comportarmi male.» Marcus vide che si era messa la cintura di sua madre. «Non avrei dovuto gridare in quel modo.» «D'ora in poi cercherò di comportarmi davvero come una duchessa.» «Comportatevi come preferite, voglio solo che siate felice.» Lui le cinse le spalle con un braccio e l'avvicinò a sé. «Stavo guardando il ritratto di questo povero sciocco senza cervello» aggiunse, accennando al dipinto che lo ritraeva. «Avevo venticinque anni, mi ero appena sposato e non a-vevo capito nulla della vita. Bisognerà trovare un artista capace di rendere giustizia alla vostra per-sonalità, per il vostro ritratto.» «Il mio ritratto?» «Siete la Duchessa di Haughleigh, il vostro po-sto è accanto a me anche in questa galleria. Alla mia destra, dato che alla sinistra c'è la mia prima moglie. Stareste bene con la scopa in mano, ma non sarebbe degno di una duchessa. Non voglio però che vi facciano il solito ritratto insipido ac-

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canto al pianoforte o, peggio ancora, con uno stu-pido cagnolino in grembo.» «Vostra moglie era molto bella» mormorò Mi-randa, incapace di dominare la gelosia. «Sì» rispose Marcus, come se non facesse altro che ribadire un dato di fatto. «Forse è meglio che vi lasci solo.» Ai vostri rimpianti, pensò Miranda. «No, vi prego, restate.» «Non vorrei che mi paragonaste alla vostra pri-ma moglie.» Perché non sarei mai alla sua altez-za. «Ho sposato Bethany a venticinque anni. Allo-ra ero un altro uomo» le spiegò Marcus. «Era sta-ta mia madre a farci incontrare, sperava che me ne innamorassi e non avrebbe potuto prevedere meglio quello che sarebbe successo. Mi innamo-rai di Bethany dal primo istante, visto che era bel-la come un angelo. Questo ritratto non riesce a rendere la sua incredibile bellezza.» Miranda si sentì assalire da una nuova fitta di gelosia. «Vi deve mancare molto.» «Non mi manca affatto» rispose sorprendente-mente suo marito. «Bethany voleva il mio titolo e il mio denaro, non le importava di me. Per capirlo non c'è voluto molto e, a restarne ferito, è stato soprattutto il mio orgoglio. Mi ero innamorato di una donna che era come un bellissimo guscio vuoto. Dentro non aveva niente, né particolare in-telligenza né spirito né soprattutto un cuore. Con voi sarà diverso, perché da quando vi conosco non avete fatto altro che stupirmi.» Miranda abbassò lo sguardo, ma Marcus le alzò

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il mento con due dita, per costringerla a guardarlo negli occhi. «Che cosa mi nascondete ancora, Miranda?» le domandò sottovoce. «Non vi nascondo nulla.» «Tutti hanno dei segreti, li aveva perfino una donna insipida come la mia prima moglie.» «Il vostro, allora, non era un matrimonio feli-ce?» gli chiese Miranda per cambiare argomento. «Era infelice come lo era stato quello dei miei genitori. Bethany somigliava moltissimo a mia madre, che con la sua vanità e il suo carattere bi-sbetico e maligno aveva reso la vita impossibile al marito. Mio padre beveva per sopportarla, era ubriaco il giorno che cadde da cavallo e si ruppe l'osso del collo. Vidi il suo volto finalmente cal-mo e rilassato, per la prima volta in vita mia, quando era disteso nella bara. Come Bethany, mia madre non era mai contenta. Era inutile cercare di addolcirla in qualche modo, di soddisfare le sue continue pretese. Le piaceva lamentarsi, tormen-tare le persone con accuse e ripicche. La sua uni-ca consolazione era rendere gli altri infelici come lei. Voi non siete così.» «Non lo so» ammise lei. «Come la vostra prima moglie non vi ho sposato per amore. Vi devo con-fessare che, dopo il nostro primo incontro, se a-vessi potuto sarei tornata da dove ero venuta.» «Ma io sono ricco e ho un titolo.» «Anche se non foste stato un duca, o se non fo-ste stato ricco, a quel punto non avevo altra scelta che quella di restare. La mia reputazione era in gioco, se non fossi diventata vostra moglie quale sarebbe stato il mio destino?»

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«Apprezzo la vostra sincerità, Miranda. Vi as-sicuro che non pretenderò da voi più di quanto sa-rete disposta a darmi, ma vi prego di giurarmi, a vostra volta, che non fingerete di provare per me sentimenti che vi saranno estranei. È stato troppo doloroso accorgermi che mia moglie aveva solo finto di amarmi.» «Giuro che non vi ingannerò, Marcus» gli ri-spose sinceramente. In quel momento non era più il potente Duca di Haughleigh che tanto l'aveva intimorita con i suoi modi rudi e scorbutici, ma un uomo come tutti gli altri che chiedeva alla sua donna di non mentirgli. Non avrebbe mai saputo rifiutargli quella promes-sa. «Vi credo, Miranda» disse Marcus prendendola per mano.

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Miranda scoprì presto che una vera gentildonna non aveva nulla da fare tutto il giorno. Suo marito le aveva proibito di aiutare in alcun modo il personale, doveva limitarsi a dare degli ordini e a controllare che venissero eseguiti. Da quando i salari erano stati aumentati i domestici di Haughleigh Grange si erano rivelati solerti ed efficienti, perciò a Miranda non restava altro da fare che annoiarsi. Se fosse stata educata, come Bethany, per di-ventare la moglie di un ricco gentiluomo avrebbe saputo almeno suonare la spinetta, cantare qual-che canzone in pessimo francese, ricamare e di-pingere alla meno peggio qualche acquerello. Invece ignorava tutte le arti che le fanciulle di buona famiglia apprendevano in collegio o dagli istitutori prima del matrimonio. Che cosa le re-stava? Forse poteva imparare a disporre i fiori. Per questo, un mattino, scese in giardino con un paio di cesoie e un cesto per cogliere i fiori con cui avrebbe adornato le stanze della sua resi-denza. Scoprì così che, a parte le zone che pote-vano essere viste dalle finestre, il resto del giardi-

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no era in una condizione di abbandono paragona-bile a quello della casa prima del suo arrivo. Soprattutto gli alberi da frutta erano in uno sta-to miserevole. Avevano bisogno di essere potati e curati, come le siepi di frutti di bosco dietro la ca-sa. Per raccoglierne un po' dovette farsi strada in un groviglio di spine, ma riuscì a riempire il ce-stino che aveva portato per i fiori. Solo che, quando il cesto fu pieno, si rese conto di essersi rovinata le mani e di avere strappato in più punti il vestito. Era uscita senza cappellino, aveva il viso arrossato dal sole e le mani macchia-te. Come una bambina timorosa di venire scoperta dopo una birichinata, tornò precipitosamente in casa per lasciare il cesto di frutti di bosco in cuci-na e correre a lavarsi e a cambiarsi prima che Marcus potesse vederla. «Dove state andando?» Purtroppo Marcus fu la prima persona che in-contrò appena varcata la soglia. «Sto portando in cucina questi frutti di bosco che ho raccolto in giardino» gli rispose, cercando di svignarsela. «Fatevi un po' vedere. Non vi avevo ordinato di non fare più lavori pesanti?» «Raccogliere more e lamponi non è un lavoro pesante» protestò lei, ma suo marito la stava esa-minando. «Potevate mandare un valletto o una cameriera a prenderli. Vi siete sporcata il viso e le mani.» Miranda perse la pazienza. «Mi piace raccogliere le more e i lamponi.» «Se è per questo» replicò Marcus inaspettata-

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mente, «piace anche a me. Com'erano? Maturi al punto giusto?» «Non lo so» ammise Miranda. «Non li avete assaggiati?» «No.» «Non vi piacciono?» «Mi piacciono moltissimo, ma...» Ma una cameriera non poteva mangiarli, quan-do la mandavano a raccoglierli in giardino. Erano per i padroni, non per lei, e veniva punita se la sorprendevano a mangiarne di nascosto. «Miranda, mia cara, siete voi la padrona in questa casa» le ricordò Marcus che aveva capito tutto. «Chiudete gli occhi.» «Io...» «Chiudete gli occhi, se ve lo dice vostro mari-to.» Era la padrona, ma doveva obbedirgli. «Aprite la bocca» le ordinò lui quando ebbe gli occhi chiusi. Un lampone succoso le sfiorò le labbra prima di finire sulla lingua. «Com'è?» le domandò Marcus. Era eccezionale, maturo al punto giusto. Miran-da si leccò le labbra, ma quella situazione le ri-cordava un altro episodio in cui un ricco genti-luomo l'aveva sorpresa con un cesto di frutti in mano, e non era un ricordo piacevole. «Adesso proviamo l'uva spina» decise Marcus. L'uva spina finì in bocca a Miranda come il lampone, ma questa volta Marcus indugiò un atti-mo di troppo con le dita sulle sue labbra. «La vita può essere molto dolce, Miranda, co-me i frutti di bosco in questa stagione. Non desi-

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dero altro che insegnarvelo.» Cercò di baciarla, ma lei reagì istintivamente come se quella fosse un'altra aggressione. Si fece scudo con il cesto e parte dei frutti di bosco si rovesciò sulla magnifi-ca camicia di seta di Marcus, macchiandola rovi-nosamente. «Mio Dio, che disastro!» esclamò costernata. «Marcus, andate subito di sopra e date la camicia al vostro valletto. Forse riuscirà a salvarla se...» Non fece in tempo a finire perché Marcus, sen-za badare ai suoi consigli, la prese fra le braccia e la baciò. Un bacio molto più dolce di tutte le more e i lamponi che aveva nel cesto. «Valeva bene una camicia di seta» le disse lui, scoppiando a ridere dopo averla baciata. Poi si riempì una mano di frutti di bosco e li mangiò avidamente, andandosene via. Miranda lo guardò stupita e trasognata, ancora incredula per quel bacio. Era la prima volta che i lamponi le da-vano alla testa, anche più dello champagne. Quella sera, dopo cena, Miranda raggiunse suo marito in salotto. Di solito lei andava a dormire presto, com'era abituata a fare quando era ancora una cameriera, e lo lasciava da solo a leggere o a bere un bicchiere di brandy. Quella sera però si sentiva diversa, per il bacio che le aveva dato quando era rientrata dal giardino. Non aveva voglia di andare a dormire, forse perché non era riuscita a stancarsi come quando era una domestica. Per tutta la giornata non aveva rivisto Marcus. Si erano incontrati di nuovo a tavola, avevano ce-

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nato conversando del più e del meno e adesso lui era concentrato nella lettura, seduto davanti al ca-minetto, e lei sedeva sul divano senza sapere che cosa fare. Aveva rimesso a posto i cuscini già un paio di volte, non poteva farlo di nuovo, ma le sembrava così stupido stare a guardare il marito senza muo-vere un dito! Se almeno avesse saputo suonare il pianoforte che c'era in un angolo della stanza o ricamare co-me una gentildonna. Era quello che faceva Be-thany, probabilmente, quando lei e il marito tra-scorrevano le serate insieme. Miranda sapeva solo rammendare perché glielo aveva insegnato Ce-cily, ma Marcus l'avrebbe rimproverata, se si fos-se fatta dare dalla servitù la biancheria da ricuci-re. Non le restava che tacere e annoiarsi, guar-dando la pioggia che rigava i vetri delle finestre. «Se siete stanca, mia cara, non rimanete qui per farmi compagnia. Andate pure a dormire» le disse a un tratto suo marito, facendola trasalire. Voleva liberarsi di lei o solo essere gentile? «Non sono stanca» gli rispose. «Spero di non disturbarvi.» «Non mi disturbate affatto.» Marcus ritornò alla sua lettura, Miranda si alzò e gironzolò per la stanza. Si fermò davanti alla bella scacchiera su un tavolino e prese in mano uno dei pezzi per ammirarlo da vicino. «È di alabastro, scolpito a mano» le spiegò lui, facendola trasalire di nuovo. «Un'eredità di fami-glia.» Preziosissimo, pensò Miranda, e rimise a posto il pezzo come se l'avesse sorpresa a rubarlo.

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«Se vi interessano gli scacchi, forse potrei in-segnarvi a giocare» aggiunse suo marito. «So già giocare a scacchi» replicò lei con trop-pa prontezza. Rimpianse subito di non avere taciuto. Marcus si era offerto di insegnarle a giocare e lei, invece di approfittare di quell'opportunità, era stata ma-ledettamente sincera. In fondo, però, glielo aveva promesso. «Anche in casa mia c'era una scacchiera, gio-cavo con mio padre» aggiunse timidamente. Quando Sir Anthony aveva smesso di giocare a carte e a dadi, per non annoiarsi si era dedicato agli scacchi e lei gli aveva tenuto compagnia. «Sapete già giocare? Che bella notizia. Vi an-drebbe di fare una partita con me?» le propose Marcus. Miranda accettò con gratitudine e giurò a se stessa che avrebbe fatto di tutto per perdere, pur essendo una buona giocatrice. Non ebbe tuttavia bisogno di fingersi più debole, perché Marcus si dimostrò davvero migliore di lei e la sconfisse senza il minimo sforzo. «Un'altra partita?» le suggerì. «Con piacere.» «Però dovete giocare al vostro meglio» obiettò lui. «Ho giocato al mio meglio» si difese Miranda. «Permettetemi di dubitarne. Sembravate troppo felice di aver perso.» Durante la seconda partita Miranda fece davve-ro di tutto per riuscire a vincere e per poco non ci riuscì. Cominciava a divertirsi davvero e quando Marcus le chiese se fosse stanca e volesse andare

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a dormire, si rifiutò di farlo. «Non mi concedete la rivincita?» gli domandò. Marcus scoppiò a ridere. «Mia cara, comincio davvero a temervi. Se solo sapeste usare le armi che la natura vi ha dato per distrarmi, potreste sconfiggermi senza alcuna dif-ficoltà.» «Quali armi?» «Quando vi mordete le labbra, per esempio. O trattenete il fiato mentre pensate alla prossima mossa e la vostra scollatura diventa ancora più in-vitante. Sono tentato di lasciarvi vincere una par-tita per osservare quali effetti avrebbe sul colorito delle vostre guance o sulla luce nei vostri occhi.» «Mi dite queste cose perché siete voi che volete distrarmi» l'accusò Miranda. «Volete vincere an-cora.» «Che premio mi dareste, se ci riuscissi?» «Vorreste anche un premio?» «Penso che mi spetterebbe di diritto.» «Non permetterò che vinciate di nuovo, perciò è inutile che vogliate un premio» tagliò corto Mi-randa. In effetti la terza partita fu una sua schiacciante vittoria. «Scaccomatto!» esclamò eccitata battendo le mani, prima di rendersi conto che forse lui si sa-rebbe offeso. «Siete stata bravissima» si complimentò Mar-cus. «Non guardatemi in quel modo, vi meritate i miei complimenti. Spero che adesso non vi scuse-rete per avermi battuto.» «Non ci penso nemmeno» rispose Miranda, che invece era stata sul punto di farlo.

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«Che cosa volete come premio per aver vinto?» «Non voglio nulla.» «Scommetto che, se ci pensate bene, qualche cosa vi verrà in mente.» Miranda sapeva già che cosa avrebbe voluto, che Marcus la baciasse come aveva fatto St. John, prima che lei si rifugiasse nella propria camera. Che cosa poteva rispondergli? Vorrei che mi ba-ciaste come vostro fratello? «Non saprei...» «Lo sapete benissimo.» Miranda si irrigidì. Sapeva leggere nei suoi pensieri? Si vergognò di se stessa. L'avrebbe giu-dicata una sfacciata, se avesse potuto farlo. «Vi sbagliate. Non desidero nulla, se non quel-lo che possa farvi piacere.» «Quello che possa farmi piacere...» ripeté Mar-cus, quasi assaporando quelle parole. «Un giorno forse lo desidererete davvero, ma adesso è troppo presto. Fino a quel giorno, o a quella notte, non mi resterà che aspettare.» Le prese le mani e gliele baciò sul palmo, poi le baciò i polsi facendola rabbrividire. «Dormite bene» le augurò prima di andarsene. Dormire bene? Miranda non si era mai sentita tanto sveglia in vita sua.

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«Avete dormito bene?» le chiese Marcus il matti-no seguente a colazione, alzando appena lo sguar-do dalla posta. «Benissimo, grazie» fu la spudorata menzogna con cui Miranda rispose. Era stata una notte infernale, non aveva fatto altro che rigirarsi nel letto senza riuscire a chiude-re occhio. «Siamo stati invitati al nostro primo ballo» pro-seguì lui passandole un elegante biglietto scritto a mano. «Un vecchio amico di famiglia desidera conoscere la nuova duchessa.» «Dobbiamo andarci?» gli chiese intimorita Mi-randa. «Mia cara, non è questo il modo in cui reagisce una duchessa, quando riceve l'invito a un ballo. Il vostro dovere, come mia nuova consorte, è di as-sillarmi per un nuovo vestito, un viaggio a Londra per ordinarlo, nuovi gioielli, guanti, scarpette e tutto quello che serve a una gentildonna per far morire di invidia tutte le dame presenti al ballo.» «Non voglio far morire nessuno d'invidia» si difese Miranda.

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«Vi bastano gli abiti che avete?» «Mi sembrano più che sufficienti.» «Come potrò viziarvi se siete tanto soddisfatta? Rispondete all'invito, dite che siamo lieti di accet-tarlo.» Un bel problema, pensò Miranda ansiosa. Co-me rispondevano agli inviti le duchesse? Più tardi, nella sua camera, se la prese con Ce-cily e con suo padre mentre tentava di scrivere una risposta decente a chi li aveva invitati. L'ave-vano mandata a sposare un duca senza provvede-re a fornirle l'educazione necessaria per il suo nuovo ruolo. Non solo non sapeva come rispon-dere, ma perfino la sua calligrafia e la sua orto-grafia lasciavano a desiderare. Il risultato fu deprimente, ma non poteva dav-vero fare di meglio. La scelta del vestito per il ballo venne affidata a Polly, di cui Miranda sapeva di potersi fidare. «Quello bianco e oro, Vostra Grazia» le consi-gliò la cameriera. «Non questo verde?» chiese Miranda sfiorando timorosa la seta del suo abito preferito, come se appartenesse a qualcun altro. «No, se mi permettete. Sua Grazia il duca vi darà gli smeraldi, troppo verde non vi donereb-be.» «Gli smeraldi?» «Gli smeraldi di famiglia. Non ve li ha ancora dati, ma di certo non vi manderà a un ballo senza nemmeno un gioiello.» Miranda ricordò gli smeraldi che aveva visto al collo di Bethany e si sentì rabbrividire. Avrebbe

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dovuto indossare quella collana? Marcus non a-vrebbe potuto fare a meno di paragonarla alla sua prima moglie, così bella ed eterea. Per controllare il nervosismo prese uno dei ventagli che suo marito aveva comperato per lei a Londra. Cercò di usarlo come aveva visto fare a qualche dama, ma quasi le cadde di mano. Non sapeva nemmeno sventolarsi con grazia, come poteva presentarsi a un ballo al braccio di un du-ca? Marcus era sdraiato nella sua fossa, stavano per seppellirlo. Per quanto cercasse di muoversi e di gridare, non un suono gli usciva dalla gola né riusciva a muovere un dito. Intorno a lui erano pronti i suoi becchini con le vanghe in mano, primo fra tutti St. John, che lo guardava e sghi-gnazzava felice. C'erano anche sua madre e Bethany, entrambe stavano già spalando terra su di lui. La terra gli cadeva sul viso, gli impediva di respirare. Avreb-be voluto gridare aiuto, ma non poteva. A un tratto vide Miranda. C'era anche lei in mezzo agli altri e aveva una pala in mano. Anche lei avrebbe contribuito a seppellirlo? «Miranda! No!» Finalmente era riuscito a gridare. Miranda lo guardò, per nulla impressionata dalle sue grida. «Perché alzate sempre la voce con me, Mar-cus? Non c'è bisogno di gridare. Di che cosa ave-te paura? Dei fantasmi? Questa fossa non è poi così profonda. Svegliatevi e alzatevi, non fate lo sciocco!»

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Marcus cercò di risponderle, ma non ci riuscì. «Avete sentito, Marcus? È ora di svegliarsi. Svegliatevi, Marcus. Svegliatevi!» continuava a dirgli Miranda e intanto, con la pala, cercava di togliere la terra che gli altri avevano gettato den-tro la fossa. Finalmente Marcus aprì gli occhi e vide che Miranda era davvero accanto a lui, di fianco al letto, con una candela in mano. «Svegliatevi, Marcus!» ripeteva come nel so-gno. «Svegliatevi!» «Miranda...» «Ho sentito che gridavate il mio nome e sono venuta a vedere che cosa stesse succedendo.» «Ho avuto un incubo, scusatemi se vi ho sve-gliata.» «Non stavo dormendo.» La porta che metteva in comunicazione le loro camere era ancora aperta. «C'eravate anche voi nell'incubo» le fece sape-re lui, ancora scosso. «Davvero?» «Mi dicevate di non fare lo sciocco.» Miranda sembrò imbarazzata. «Mi spiace, io...» «Non vorrete scusarvi con me perché, nel mio incubo, mi chiamavate sciocco? Non credo che dipenda da voi quello che sogno.» Miranda indossava una delle camicie da notte di seta finissima che Marcus aveva comperato per lei a Londra. Era così sottile che si poteva intra-vedere il suo corpo e la fiamma della candela, che aveva in mano, creava riflessi dorati sul suo viso e sui suoi capelli. «Nel mio sogno mi siete apparsa come un an-

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gelo. Venivate ad aiutarmi e a darmi coraggio mentre tutti gli altri erano contro di me.» «Se adesso vi sentite bene, Marcus, e non avete più bisogno di niente, forse è meglio che ritorni in camera mia e vi lasci dormire.» «C'è ancora qualcosa che potete fare per me» rispose lui, trattenendola per una mano. «Che cosa?» «Sedetevi qui, restate ancora un po'. Ve ne pre-go.» Miranda, con evidente imbarazzo, cercò una sedia. «No, sedetevi sul letto. Non dovete avere paura di me.» Miranda obbedì, ma si sedette il più possibile lontano da lui. «Non vi chiederò mai nulla che non siate di-sposta a concedermi. Avvicinatevi, per favore, in modo che possa tenervi la mano» la rassicurò di nuovo. Miranda profumava di violette e di prati in fio-re. Era una fragranza che aveva comperato al vil-laggio o quello era sempre stato l'odore dei suoi capelli e della sua pelle? Marcus cercò di baciarle la mano, ma lei si ri-trasse. «Non sono un seduttore» si scusò. «Vorrei che restaste qui per calmarmi come un bambino spa-ventato.» «Non so mai che cosa aspettarmi da voi, Mar-cus.» «Vi ripeto che non vi chiederò nulla che non siate disposta a concedermi. Vorrei solo la vostra compagnia, non lasciatemi solo. Forse la notte mi

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sembrerà meno lunga e riuscirò a riaddormentar-mi, se voi sarete con me.» Miranda esitò, soprattutto quando lui spostò le coperte per farla sdraiare accanto a sé. «Fa freddo, lì fuori. Venite sotto le coperte, non temete. Non mancherò alla mia promessa.» Miranda spense la candela e l'appoggiò sul co-modino. Poi si infilò sotto le coperte con il cuore che batteva forte. Marcus l'accolse fra le braccia, ma non tentò nemmeno di baciarla. Aspirò solo profondamente il profumo dei suoi capelli, con un senso di dol-cezza e di appagamento che non aveva mai pro-vato, nemmeno dopo aver fatto l'amore con una donna. Bethany non si sarebbe mai sognata di tenergli compagnia, dopo aver fatto l'amore ritornava in fretta nella sua camera, dove lui non era ammesso volentieri. Le amanti che aveva avuto in quegli anni erano state anche peggio, i loro letti non li aveva di certo considerati dei rifugi, ma solo un luogo di piacere temporaneo, da cui uscire al più presto. Miranda appoggiò il capo sulla sua spalla. Do-veva essersi accorta che lui non era molto vestito, sotto le lenzuola, ma forse non aveva ancora capi-to che era completamente nudo. Non importava, Marcus era stato sincero. Non voleva sedurla, solo tenerla fra le braccia tutta la notte. In quel modo soltanto, forse, sarebbe riu-scito a ritrovare la pace.

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Il mattino seguente, appena sveglia, Miranda si sentiva confusa. La finestra era dalla parte sba-gliata, avvertiva un calore che non aveva mai pro-vato tra le fredde lenzuola della sua camera. «Buongiorno» mormorò Marcus. «Avete dor-mito bene?» Allora Miranda ricordò tutto. Era ancora fra le braccia di Marcus, aveva trascorso con lui l'intera notte, anche se non era successo nulla fra di loro. Non aveva mai dormito così bene in vita sua. «Sì, grazie» gli rispose. «E voi?» «Se avessi saputo che è così piacevole dormire insieme a voi» le confessò Marcus, «non sarei mai andato a Londra da solo.» La baciò sulle labbra, prima di congedarla. «Mi dispiace, mia cara, ma purtroppo ho molte cose da fare. Questa sera vi devo scortare al ballo a cui ci hanno invitato, spero che non ve ne siate di-menticata.» Miranda si affrettò ad alzarsi, prima che lo fa-cesse lui. Si era resa conto che non indossava nul-la. «Chiamo la vostra cameriera perché vi porti la

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vestaglia?» le chiese Marcus in tono sollecito. «Grazie, non importa.» Lui allora prese la propria vestaglia, che era appoggiata ai piedi del letto, e gliela diede. «Mettetevi questa, così non avrete freddo.» Miranda corse in camera e trovò Polly che l'a-spettava. Naturalmente, non si stupì nel vederla arrivare dalla camera di suo marito, anche se non era mai successo prima che non la trovasse a letto quando veniva a svegliarla. La cameriera era molto eccitata per il ballo a cui la sua padrona doveva partecipare quella sera e continuò a parlarne mentre l'aiutava a lavarsi, a pettinarsi e a vestirsi. Dopo colazione Miranda cercò in biblioteca un libro che potesse aiutarla, ma non ne trovò nessu-no. Chissà perché aveva rimandato fino a quel momento il problema!, si disse. Era convinta che sarebbe stato facile risolverlo, ma adesso non ne era più sicura. Aveva visto spesso danzare gli invitati ai balli dei suoi padroni, quando faceva la cameriera, e non le era sembrato troppo difficile. Aveva anche tentato, qualche volta, di imitare le belle dame e-leganti che volteggiavano nei saloni da ballo illu-minati a giorno. Perché non riusciva a trovare un libro che spie-gasse come si danza? Con un po' di applicazione non avrebbe sfigurato al ballo di quella sera. Il libro però non saltò fuori e lei cominciò a preoccuparsi seriamente. Non avrebbe sopportato che Marcus facesse una brutta figura, presentan-dosi con una moglie che non sapeva danzare.

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Per un attimo pensò di chiedere informazioni a Polly, ma la cameriera non doveva sapere fino a che punto fosse stata misera la vita precedente della sua padrona. L'unico che poteva aiutarla era Marcus, così fi-nì per bussare alla porta del suo studio. «Avanti!» Miranda entrò e vide che suo marito stava con-trollando i libri contabili. Sperò che non si infasti-disse troppo perché lei lo disturbava, e per una ragione tanto frivola. «Marcus, temo di avere un problema» mormo-rò con aria contrita. «Quale problema?» le domandò lui, rimettendo nel calamaio la penna che aveva in mano. «Per il ballo di stasera...» «Ve l'avevo detto di ordinare un abito nuovo.» «L'abito va bene.» «Le scarpe, allora? Mi sembrava di averne comperate anche da ballo.» «Ci sono, Vostra Grazia.» «Non chiamatemi così. Vi servono altre piume di struzzo per l'acconciatura?» «Non posso venire al ballo, Marcus!» esclamò lei. «Non vi sentite bene?» «Non so ballare» gli confessò sconsolata. Suo marito scoppiò a ridere, ma quando vide che lei piangeva smise di colpo e si alzò dalla scrivania per andare a consolarla. «Non è poi una cosa così grave, mia cara Mi-randa.» «Avrei dovuto dirvelo subito. La mia educazio-ne ha molte lacune. Forse potrei dire che ho una

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forte emicrania o che mi sono storta una caviglia, così potrei evitare di ballare.» «Non è necessario. Non piangete, vi prego» la supplicò Marcus mentre lei nascondeva il viso fra le pieghe della sua giacca. Marcus tirò il cordone del campanello e il mag-giordomo apparve dopo qualche attimo sulla por-ta. «Wilkins! Qualcuno dei domestici sa suonare uno strumento? Il violino, per esempio, o anche il piffero, se non c'è di meglio. È da molto tempo che non danzo e temo di essere un po' arrugginito. Voglio sgranchirmi le gambe per non far sfigura-re la duchessa al ballo di stasera. Mandami i suo-natori nel salone da ballo, veniamo subito.» Wilkins sparì dopo aver annuito silenziosamen-te. Marcus baciò la mano di Miranda e lei trovò strano che le sue labbra le sembrassero così ar-denti da bruciarle la pelle. Forse era solo una sua impressione, ma era come se quel bacio le avesse lasciato un marchio, e non solo sulla pelle. «Andate nel salone da ballo, vi raggiungerò su-bito» le disse. Il salone da ballo non era ancora stato pulito dallo stuolo di domestici di Haughleigh Grange. Sarebbe stata un'impresa così faticosa riportarlo allo splendore di un tempo che Miranda aveva preferito lasciarlo per ultimo. Quando vi arrivò, alcuni servitori stavano già togliendo i teli bianchi e impolverati che copriva-no i mobili dorati. Il soffitto era annerito dal fumo delle candele di antichi ricevimenti, le ragnatele coprivano gli affreschi di cherubini danzanti e i fregi a forma di foglie di vite dorate.

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Una volta pulito, decorato con fiori freschi e il-luminato dai grandi lampadari, sarebbe stato il più bel salone da ballo che Miranda avesse mai visto. Se l'era immaginato più di una volta gremi-to dagli ospiti che danzavano al suono di un'or-chestra o che si servivano dai tavoli dei rinfreschi. Arrivarono due domestici, uno con un violino e l'altro con un piccolo flauto di legno, di quelli che si suonavano in campagna. Gli altri servitori, uo-mini e donne, che avevano tolto i teli dai mobili, indugiarono incuriositi. «Restate» ordinò loro il duca quando raggiunse la moglie, vedendo che cercavano di allontanarsi in tutta fretta. «Abbiamo bisogno di almeno sei coppie per danzare la quadriglia.» I valletti e le cameriere sembrarono disorienta-ti. Guardarono Miranda come per chiedere il suo assenso. «Finirete più tardi i vostri lavori, la duchessa è d'accordo» li rassicurò Marcus. Aveva un astuccio con sé, lo posò su un tavoli-no e chiamò sua moglie. «Una duchessa non va a un ballo senza gioiel-li» le mormorò. Aprì l'astuccio e dentro c'era la collana di sme-raldi come Polly aveva predetto. «Ho fatto cambiare la montatura. Ho aggiunto i diamanti perché mi ricordavano la luce dei vostri occhi» le sussurrò lui galante. «Vi piace?» «Sì» rispose Miranda emozionata, mentre Mar-cus gliela metteva al collo. «Spero che mi direte di sì molte altre volte, prima di domani.» Miranda avvampò imbarazzata e si augurò che

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nessuno dei domestici presenti avesse sentito. Marcus l'ammirò con la collana di smeraldi, poi la prese per mano e la condusse al centro del sa-lone. «Cominciamo con qualcosa di facile» ordinò ai due servitori con il violino e il flauto. «Non vorrei essere così goffo da pestare i piedi della duches-sa.» Iniziarono con una semplice quadriglia insieme ai valletti e alle cameriere che, dopo un po', co-minciarono a divertirsi. Il violinista, mentre suo-nava, batteva il tempo con il piede e Miranda tro-vò facile imparare i passi fondamentali di quella danza. «Avete molta predisposizione» si complimentò suo marito. In realtà per lei non era qualcosa di totalmente nuovo perché, anche se non aveva mai danzato, quello che aveva visto in casa dei suoi padroni le aveva comunque insegnato qualcosa. Dopo la quadriglia fu la volta del minuetto e Miranda se la cavò ugualmente bene. Le altre danze campestri che Marcus le insegnò non erano affatto difficili, sperava solo di non confondere i passi quella sera, al ballo. «E ora vi insegnerò un ballo che si danza a Pa-rigi, ma che qui in Inghilterra è ancora considera-to troppo sconveniente, soprattutto per un ricevi-mento in provincia» le disse Marcus a un certo punto. «Sconveniente?» «Si chiama valzer. Violinista, un motivo in tre quarti.» Era davvero un ballo insolito. Il cavaliere do-

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veva cingere la vita della dama, per questo era considerato sconveniente, ma a Miranda piacque molto. Impararlo non le fu facile come per gli al-tri, ma le sembrò decisamente più eccitante. Lei e Marcus volteggiavano davanti agli occhi dei domestici e a un certo punto provò un certo imbarazzo, perché non doveva essere difficile ca-pire quanto le piacesse. «È già finito?» chiese quando il violinista suo-nò le ultime battute. «Credete davvero che non si ballerà il valzer, al ricevimento a cui andremo?» «Temo di no, ma, se volete, dopo il ballo potre-te venire in camera mia e danzeremo ancora» le mormorò Marcus. I domestici vennero congedati, Marcus tornò ai suoi libri contabili e Miranda andò a riposare per non essere troppo stanca quella sera. Purtroppo, però, non riuscì a dormire, come avrebbe deside-rato. Avrebbe voluto danzare il valzer per ore con Marcus, si diceva accarezzando la collana di sme-raldi che aveva al collo e che suo marito le aveva lasciato.

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Per fortuna c'era Polly a vestirla e a pettinarla, perché Miranda era così emozionata per il suo primo ballo che non capiva più nulla. La cameriera aveva ragione, l'abito bianco e dorato le stava benissimo come i capelli raccolti sulla sommità del capo, che scendevano in lunghi riccioli accarezzando il suo collo lungo e flessuo-so. Marcus bussò alla porta della sua camera. «Siete splendida» le disse e, dalla luce nel suo sguardo, Miranda fu certa che non stava menten-do. La scortò fino alla carrozza che li stava aspet-tando davanti al portone, l'aiutò a salire e poi si sedette davanti a lei. Miranda ci restò male, poi-ché avrebbe preferito che si sedesse al suo fianco. «È meglio se vi ammiro a distanza» le spiegò Marcus, come se avesse capito quello che pensa-va. «Così non correremo il rischio di rovinare il capolavoro di Polly.» «In che senso?» «Non vi dispiacerebbe arrivare al ballo con la vostra meravigliosa pettinatura in disordine?»

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Miranda sorrise compiaciuta. «Vi piace così tanto?» «Molto più del vostro vestito.» «Siete stato voi a comprarmelo!» protestò lei. «E ora non vi piace?» «Non mi piacerebbe neppure se fosse l'abito più bello del mondo, perché vorrei togliervelo.» «Non avete un briciolo di compassione» rispo-se Miranda, che stava imparando in fretta l'arte della civetteria. «Morirei di freddo senza vestiti, in una serata ventosa come questa.» «Fidatevi di me, riuscirei a scaldarvi nonostan-te il vento.» Miranda rabbrividì di piacere all'idea, poi si vergognò di se stessa. Desiderò, nel fondo del suo cuore, che Marcus la scaldasse veramente come aveva detto, al ritorno dal ricevimento. «Voi scherzate» civettò. «Non sto scherzando. Per me stasera sarà una dura prova sopportare che tutti i giovani bellim-busti vi corteggino, ma dovrò affrontarla. Ride-rebbero di me se li scacciassi come desidero. Di-rebbero che ormai sono pazzo di voi.» «Siete pazzo di me?» Miranda sgranò gli occhi per la sorpresa, ma sapeva benissimo che lui stava scherzando. «Assolutamente pazzo, Miranda. Sarei lieto se mi vedessero il vicario e sua moglie, penserebbe-ro che ormai sono diventato un uomo rispettabile, che pensa solo alla sua sposa» le rispose Marcus. «Dove avete trovato una moglie così deliziosa, Haughleigh?» gli chiese il padrone di casa mentre Marcus si compiaceva, da lontano, del successo

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che la sua Miranda aveva avuto quella sera. Era la dama più bella e più ammirata del ballo, e non soltanto perché era la Duchessa di Haughleigh. Da quando era arrivata tutti i gentiluomini presen-ti se la contendevano e quello, se da una parte lo rendeva geloso, dall'altra lo faceva sentire orgo-glioso di avere sposato una donna così affascinan-te. «Me l'ha portata il vento di una notte tempesto-sa» rispose all'amico. «Un vento amico, che da al-lora non faccio altro che benedire.» A Miranda dispiaceva di non saper danzare be-ne, ma i suoi cavalieri non sembravano notarlo. Si stava divertendo molto di più di quanto avrebbe creduto, le dispiaceva soltanto di non aver potuto danzare che una volta con suo marito, perché do-po tutti si erano fatti avanti per avere l'onore di un ballo con la duchessa. Mentre volteggiava veloce le sembrò di vedere un volto conosciuto fra gli invitati. «St. John...» mormorò, quindi pestò i piedi al suo cavaliere. Il fratello di Marcus era al ricevimento. Aveva sperato che se ne fosse andato lontano, a Londra o altrove, ma purtroppo si era illusa. Non avrebbe mai avuto il coraggio di presentarsi a Haughleigh Grange quando c'era Marcus, ma aveva accettato l'invito al ballo di un amico di famiglia. Marcus lo aveva visto? Come avrebbe reagito? Miranda temette una scenata davanti a tutti e pen-sò che la cosa migliore sarebbe stata tornare a ca-sa. Prima che Marcus vedesse St. John, se non l'aveva ancora notato, o prima che St. John potes-se accennare a quello che era successo durante la

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sua assenza. Era sicura che suo cognato lo avreb-be fatto, se avesse potuto, per vendicarsi di essere stato scacciato. Avrebbe fatto credere a Marcus che fra di loro c'era stato molto più di un bacio rubato, per ingelosirlo e farlo soffrire, nonché per rovinare lei. Con il cuore in tumulto Miranda disse al suo cavaliere che non si sentiva molto bene. «Vi prego, usciamo un attimo... Anzi, no, andrò solo io sul terrazzo, a prendere un po' d'aria» si corresse, pensando che sarebbe scoppiato uno scandalo, se l'avessero vista uscire con uno degli invitati. «Vi prego, portatemi qualcosa di fresco da bere.» Il giovanotto obbedì e lei uscì sul terrazzo da una delle tante portefinestre, cercando di calmarsi mentre si faceva aria con il ventaglio, in piedi da-vanti alla balaustra. Doveva trovare al più presto Marcus, inventare una scusa e farsi portare a casa. «Stavate aspettando me, Miranda?» le doman-dò con voce suadente St. John, arrivando silen-zioso alle sue spalle. Lei si voltò, impugnando il ventaglio come se fosse un'arma. «Mi sembra di avervi già fatto capire, l'ultima volta che ci siamo visti, quello che penso di voi.» Suo cognato rise, come se la trovasse una bat-tuta divertente. «Per l'esperienza che ho delle donne, una porta chiusa in faccia non è altro che l'invito a provare di nuovo. Una donna onesta avrebbe detto tutto a Marcus e lui mi avrebbe sfidato a duello.» «Io sono una donna onesta!» «Voi siete la perfetta allieva di Lady Cecily

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Dawson. Mia madre mi aveva raccontato tutto della donna che vi ha allevato» le rivelò lui, im-prigionandola con il proprio corpo contro la ba-laustra. Miranda si sentì mancare: quella era l'ultima cosa che Marcus avrebbe dovuto sapere. «Vi è piaciuto quando vi ho baciato, lo so. Co-me vi ho detto, m'intendo di donne.» «Andatevene! Lasciatemi in pace!» cercò di ri-bellarsi lei. «Altrimenti che cosa farete? Racconterete tutto a vostro marito? Se non lo avete fatto finora non lo farete mai. Io vi piaccio più di lui, ecco la veri-tà. Noi siamo uguali» aggiunse St. John baciando-le il lobo di un orecchio. «Che cosa succederebbe se il buon Marcus sapesse che la sua cara mo-gliettina è stata allevata da una nota cortigiana? Vi caccerebbe su due piedi, come ha cacciato me. Che scandalo, non ci pensate?» Miranda si sentì morire. «Non succederà, non abbiate paura. Noi sare-mo amici, vedrete, e ci divertiremo moltissimo in-sieme. Fra un quarto d'ora vi attendo in bibliote-ca, dove potrete mostrarmi quello che Lady Ce-cily vi ha insegnato.» «Siete pazzo, St. John. Non farò mai quello che volete.» «No? Se non verrete in biblioteca andrò da Marcus e gli dirò chi è Lady Cecily Dawson. Vi caccerà in mezzo alla strada, Miranda, lo sapete.» St. John se ne andò e la lasciò sola e sconvolta. Quando tornò il suo cavaliere, con una limonata fresca, Miranda rientrò nel salone da ballo. L'uo-mo la vide così pallida che si spaventò.

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«State davvero male, Vostra Grazia. Vado ad avvertire vostro marito.» «No, no, è solo il caldo. Starò meglio, dopo a-ver bevuto la limonata.» Che cosa poteva fare? Se non fosse andata in biblioteca St. John avrebbe detto tutto a Marcus, non soltanto di Cecily, ma anche di quello che era successo durante il suo viaggio a Londra. Miranda decise che sarebbe andata in bibliote-ca, ma solo per parlare al cognato e convincerlo a non tradire il suo segreto. Se avesse tentato anco-ra di baciarla, o peggio, si sarebbe difesa e sareb-be fuggita. Quando arrivò davanti alla porta della bibliote-ca e l'aprì, un quarto d'ora dopo, si accorse che qualcuno aveva spento tutte le candele e che la stanza era al buio. «Miranda...» sospirò un uomo alle sue spalle, spingendola dentro dal corridoio. Non si era accorta che St. John l'avesse seguita. Miranda fece per gridare, ma lui la stava già ba-ciando. La baciò con tanta passione da toglierle il fiato. «No!» tentò di reagire lei quando poté. «Non posso più aspettare» rispose il cognato, baciandola di nuovo. Miranda si sentì in colpa una volta di più, per-ché non erano i baci di suo marito, eppure le da-vano sensazioni meravigliose. Quando però le mani di St. John le sollevarono la gonna e saliro-no fino alle cosce, si ribellò con tutte le proprie forze. «No, St. John! Lasciatemi!»

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«Che cosa?» L'uomo si era irrigidito e la stava spingendo via come se fosse inorridito. «Avete cominciato senza di me?» chiese la vo-ce di St. John, che era entrato con una candela in mano nella biblioteca buia. «Marcus!» esclamò Miranda, riconoscendo suo marito nell'uomo che l'aveva baciata. «Non ti posso dare torto, Marcus» proseguì St. John. «Poche donne baciano come la nostra Mi-randa. Anch'io non ho saputo resisterle, mentre tu eri a Londra.» Il volto di Marcus sembrava diventato di pietra mentre guardava prima lei poi suo fratello. Miranda non parlava, non smentiva. Era pallida come un lenzuolo, immobile e con lo sguardo ter-rorizzato. «Vai al diavolo, St. John!» esclamò Marcus af-ferrando sua moglie per un braccio e trascinando-la via con sé. «Sei tu a essere già all'inferno, Marcus. E sai come mi piace vederti soffrire» fu la risposta del fratello, prima che Marcus gli chiudesse in faccia la porta della biblioteca. Tornarono a casa in silenzio. Marcus fissava il vuoto davanti a sé e Miranda aveva paura anche di parlare. «Posso spiegarvi ogni cosa» gli aveva sussurra-to mentre lui la trascinava verso la carrozza. Mar-cus non aveva risposto, come se non l'avesse sen-tita. Appena entrati a Haughleigh Grange, lui le or-dinò di salire in camera sua e di mandare via la cameriera.

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«Non avrete bisogno di lei, stanotte. Mandatela a dormire e poi venite in camera mia.» Se doveva esserci una scenata era meglio che non ci fossero testimoni, pensò Miranda. Salì in camera sua, svegliò Polly che si era addormentata su una sedia e la mandò a dormire. «Non avrò bisogno di te» le disse, e la giovane cameriera sorrise convinta che quello fosse il pre-ludio a una notte d'amore della padrona. Quando Polly se ne fu andata, Miranda aprì la porta che metteva in comunicazione la sua came-ra con quella del marito. Marcus si era tolto la giacca e si era seduto sul letto per togliersi gli stivali. Li gettò in un angolo, poi si sciolse la cravatta e la camicia e le buttò su una sedia. Il suo petto era liscio e muscoloso. Miranda a-vrebbe tanto voluto accarezzarlo, se non fosse stata così spaventata. «Che cosa volete da me?» gli chiese. «Quello che avete già dato a mio fratello e a chissà quanti prima di lui. Spogliatevi.» Miranda si sentì gli occhi pieni di lacrime, ma non disse nulla. Cercò di togliersi l'abito, ma non riusciva a raggiungere i ganci sulla schiena. «Faccio io» le disse Marcus, vedendola in dif-ficoltà. Le slacciò il vestito, che cadde a terra. Miranda si chinò per prenderlo e appoggiarlo su una sedia. «Lasciatelo dov'è» le ordinò lui. «Che cosa a-spettate? Toglietevi anche il resto.» Miranda rimase solo con il busto. «Guardatemi» le ordinò Marcus. Si era tolto ogni indumento, il suo corpo era

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bello come quello di una statua. Miranda abbassò gli occhi. «È inutile che fingiate una modestia che non avete. Toglietevi anche il busto» tagliò corto lui, irritato da quella che considerava soltanto una commedia. Miranda obbedì. «No, gli smeraldi no. Tenete la collana, mi aiu-terà a ricordarmi che siete la Duchessa di Haugh-leigh e non una donna qualunque.» Aveva bisogno di vedere la collana per ricor-darsene? «Marcus, io...» «Tacete e venite a sdraiarvi sul letto.» Quando Miranda fu sul letto, lui le si sdraiò ac-canto. L'accarezzò, ma senza tenerezza. Miranda fissava il soffitto senza parlare, cercando di rinne-gare se stessa e il proprio corpo traditore, che le mandava segnali di piacere anche se il cuore era a pezzi. Cercò di pensare a quello che Marcus le stava facendo, alle labbra che le stavano baciando il se-no, alle dita che esploravano il suo corpo. Non l'amava, la disprezzava, si stava comportando con lei come avrebbe fatto con qualunque donna di strada. Tale la considerava, infatti le aveva detto di tenere la collana per ricordarsi che era sua mo-glie. Continuava a toccarla. Miranda avrebbe voluto non eccitarsi, ma era impossibile. Si sarebbe mor-sa la lingua per non gemere di piacere quando le carezze si fecero sempre più intime. Il suo respiro era affannoso, sapeva che cosa voleva, ma non lo avrebbe voluto in quel modo.

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Poi sentì il corpo di Marcus su di lei, forte e muscoloso. Chiuse gli occhi, anche se aveva vol-tato il viso per non doverlo guardare in faccia. In un primo momento fu doloroso, Cecily l'a-veva avvertita. Per lei non fu una sorpresa, ma per Marcus sì. Si fermò di colpo, incredulo. Imprecò, poi si ritrasse. Non poteva essere vero, si disse, eppure la pro-va era lì, davanti a lui. Una macchia rossa sul len-zuolo. Marcus non sapeva più che cosa pensare, ma quello non era il momento per pensare. Miranda sentì di nuovo il suo corpo su di lei, tuttavia il marito non fu così irruente come prima. Adesso il dolore sarebbe diventato piacere, così le aveva detto Cecily, ma quale piacere poteva provare con un uomo che non aveva nemmeno voluto sentire la sua difesa, che l'aveva condanna-ta senza chiederle se quello che St. John aveva detto era vero? Quando tutto fu finito, Marcus la strinse fra le braccia. «Adesso dormi» mormorò. «Dormi e non pen-sare a niente.»

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«Buongiorno» disse Miranda entrando nella sala della colazione il mattino dopo. «Buongiorno.» Che altro poteva dirle? Avrebbe dovuto scusar-si per quello che era successo al loro ritorno a ca-sa oppure chiederle spiegazioni per quanto era av-venuto in biblioteca durante il ballo? Né l'una né l'altra cosa sarebbe riuscita a liberarlo dall'ama-rezza che provava. La notte prima, quando lei si era addormentata fra le sue braccia, Marcus si era alzato ed era an-dato a cercare una bottiglia di brandy. Non riusci-va a dormire e aveva sperato che l'alcol l'aiutasse a calmarsi. Quando era tornato non aveva più trovato Mi-randa nel suo letto. Si era svegliata e si era rifu-giata nella propria camera, dove aveva pianto a lungo, a giudicare dagli occhi ancora gonfi e ar-rossati. «Caffè?» gli chiese Miranda, sedendosi a tavo-la davanti a lui. Prima ancora che lui potesse rispondere gli sta-va già riempiendo la tazza.

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Sarebbe stato così il loro matrimonio?, si chie-se Marcus. Lei gli avrebbe servito il caffè la mat-tina, il tè nel pomeriggio, avrebbe imparato a me-moria quello che gli piaceva e quello che invece detestava. Sarebbero sempre rimasti due estranei e avrebbero allevato da estranei una nidiata di fi-gli di cui alcuni sarebbero stati di Marcus e gli al-tri di chissà chi. Di St. John, anche? Eppure Miranda era arrivata vergine alla prima notte di nozze. Allora perché aveva dato un ap-puntamento clandestino a suo fratello, nella bi-blioteca del loro ospite, e si era lasciata baciare credendo che fosse lui? Che cosa c'era stato fra di loro durante il suo viaggio a Londra? Marcus non riuscì più a stare seduto a tavola. Si alzò e andò alla finestra a guardare il cielo lim-pido e il sole che brillava sui fiori del giardino, una bellissima giornata che contrastava con il suo animo tormentato. Miranda lo raggiunse in punta di piedi, quasi temendo che il marito se ne andasse sentendola arrivare. «Ieri sera al ballo...» tentò di spiegargli. «Non voglio parlare di ieri sera» la interruppe lui bruscamente. Avrebbe voluto dimenticare tutto, come se non fosse successo niente. Avrebbe dato qualunque cosa per poter dimenticare. «Ti chiedo solo una cosa, Miranda. Devi giu-rarmi che tutti i figli che metterai al mondo saran-no figli miei.» Lei sembrò ferita e umiliata da quella richiesta, ma non stupita. «Te lo giuro» gli rispose, chinando il capo.

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«Questo mi basta. Oggi ho molto da fare, ci ve-diamo stasera a cena.» Marcus se ne andò e Miranda tornò a sedersi a tavola anche se non aveva il minimo appetito. St. John aveva rovinato tutto. Marcus non le avrebbe mai creduto anche se gli avesse giurato che non era mai successo nulla fra di loro. Nessuna parola avrebbe potuto convincer-lo, se non c'era riuscita neppure la sua verginità. Quella sera Marcus non tornò a casa come ave-va promesso e Miranda fu costretta a cenare da sola. Poi andò nella propria camera, si spogliò e indossò una delle camicie da notte più belle e se-ducenti fra quelle che Marcus le aveva portato da Londra, e attese che lui rientrasse. Le ore passavano e Miranda restava in attesa tendendo l'orecchio a ogni rumore. Era già passa-ta la mezzanotte quando, esasperata da quella lun-ga attesa, si avvicinò alla porta che metteva in comunicazione le loro camere augurandosi che non fosse chiusa a chiave. Non lo era, bastò una lieve pressione sulla ma-niglia per aprirla. Marcus era seduto sul suo letto, completamente vestito e intento a bere un bicchiere di brandy. «Che cosa vuoi, Miranda?» le domandò veden-dola. Il tono della sua voce non era per nulla invitan-te, anzi, sembrava contrariato. «Io... ecco, dato che stamattina hai parlato dei nostri figli e del fatto che desideri un erede... For-se dovremo ritentare di nuovo, non ti pare?» Marcus la osservò con espressione incredula,

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poi scoppiò a ridere così forte che cadde all'indie-tro, sul letto, versando il brandy dal bicchiere che aveva in mano. «Sono così ubriaco, Miranda, che non riuscirei nemmeno a togliermi gli stivali» le rispose con la voce impastata. «Non credo che potrei compiere degnamente il mio dovere di marito.» «Chiamerò il tuo valletto per toglierti gli stiva-li.» «Gli ho già detto di andare a dormire.» «Allora ci penserò io.» Gli tolse il bicchiere del brandy di mano, poi gli stivali e la giacca. Stava per togliergli anche il panciotto quando Marcus trovò la forza di obiet-tare. «Sei un po' troppo abile a spogliare un uomo, mia cara moglie. Dove hai imparato?» «Ho fatto l'infermiera e curato i malati. Non sa-prei annodare una cravatta come il tuo valletto, ma per il resto me la cavo.» Marcus, dimostrandosi molto meno ubriaco di quanto avrebbe voluto farle credere, con una rapi-da mossa la gettò sul letto e fu su di lei, impeden-dole di muoversi con il peso del proprio corpo. «Sei sicura di averlo imparato spogliando i ma-lati?» Possibile che ancora non le credesse? «Come puoi credermi l'amante di tuo fratello quando...? Ieri sera sono andata in biblioteca solo per...» «Non voglio mai più sentire parlare di ieri se-ra!» sbottò lui. «Invece devi ascoltarmi! Mi hai condannato senza sentire quello che potevo dire in mia difesa.

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Tuo fratello mi aveva minacciato che, se non fos-si andata in biblioteca, ti avrebbe raccontato...» «Che cosa voleva raccontarmi?» «Quando eri a Londra...» Era così difficile dir-glielo. «Quando eri a Londra, St. John e io siamo diventati amici.» «Quanto amici?» «Tu non c'eri, non sapevo quando saresti torna-to.» «Ti avevo scritto una lettera prima di partire» le rammentò lui. «Non ho mai visto nessuna lettera.» Com'era possibile? St. John l'aveva fatta spari-re, non c'era altra possibilità. «Che cosa è successo fra te e St. John?» Miranda respirò profondamente per trovare il coraggio di parlare. «Mi ha toccato una caviglia, che credeva slogata. Mi ha baciato e io sono scap-pata. Mi sono dovuta chiudere in camera, o sa-rebbe successo di peggio.» «Tutto qui?» «Ti pare poco?» «Perché non me l'hai detto quando sono torna-to?» «Che cosa avresti pensato di me?» «Conosco mio fratello. C'è altro che non dovrei sapere e che St. John potrebbe usare per ricattar-ti?» «La mia famiglia. Marcus, devi sapere tutto di mio padre e di Lady Cecily Dawson. Forse non ti piacerà, ma è meglio che te lo dica io, piuttosto che tuo fratello.» Miranda gli raccontò ogni cosa, senza nascon-dere nulla. Era molto imbarazzata, ma le sembrò

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di sentire che Marcus, sopra di lei, si rilassasse. «Adesso sai tutto. Se vuoi, puoi mandarmi via e chiedere il divorzio» furono le parole con cui concluse il proprio racconto. «Se lo facessi, andresti da St. John?» le do-mandò Marcus. «Piuttosto preferirei tornare a fare la camerie-ra» fu la sincera risposta. «Se tu non mi vuoi...» «Perché non dovrei volerti? Credi che non sap-pia più apprezzare una bella donna?» «Una bella donna?» «A Parigi, mia cara, c'è una statua greca che ti somiglia, in un museo. La guardavo per ore e sa-rei voluto salire sul piedistallo per baciarla.» Miranda ne fu così sorpresa che non riuscì a di-re nulla. «Ma ci sono anche altre qualità che apprezzo in te.» «Davvero?» «Sei intelligente, sai farti obbedire dai domesti-ci e sei una padrona di casa migliore di quanto sia mai stata mia madre. Hai un carattere forte e non ti lasci intimidire, nemmeno quando io mi abban-dono a sfuriate e a imprecazioni. Non sopporterei mai una donna che cadesse in preda a isterismi per così poco. Però ci sono altre cose che non mi piacciono di te.» «Per esempio?» «Come hai potuto confondermi con mio fratel-lo quando ti baciavo, anche se eravamo al buio?» «Mi hai baciato solo qualche volta» fu la sua pronta giustificazione. Marcus cercò subito di rimediare a quella man-canza. Il suo bacio fu così appassionato e meravi-

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glioso che Miranda dimenticò di aver mai baciato St. John. «Sono stato uno sciocco a lasciarti da sola, do-po averti sposato. Sarei dovuto rimanere qui con te» le mormorò Marcus. «Dimmi, quale caviglia ti ha toccato mio fratello?» «Non mi ricordo più. La sinistra... No, la de-stra. A dire la verità me le ha toccate tutte e due, per essere sicuro che non fossero slogate.» «Te le ha toccate così?» le chiese Marcus, mas-saggiandole la sinistra. «Sì. Ma avevo le calze.» «Non le ha baciate?» «No di certo!» Marcus le baciò la caviglia, ma non si fermò lì. Salì, un bacio dopo l'altro, fino alla sua coscia. Miranda si chiese dove si sarebbe fermato, ma lui non si fermò. «Oh, mio Dio!» esclamò quando lui arrivò do-ve voleva. «Vuoi che smetta?» le chiese Marcus. «Non hai che da dirmelo.» «No, no... Non smettere, ti prego» gemette lei. C'erano cose che Cecily non le aveva detto, e in fondo ne era contenta. La vita coniugale forse le avrebbe riservato altre piacevoli sorprese. Miranda si morse le labbra per non gridare di piacere mentre Marcus continuava a portarla in paradiso con le sue labbra e la sua lingua. Voleva ancora di più, gli stava offrendo tutta se stessa. «Vuoi che facciamo di nuovo quello che abbia-mo fatto ieri sera, ma con più dolcezza e più cal-ma?» le domandò Marcus. «Sì» rispose lei con un sospiro.

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La sua camicia da notte finì sul pavimento, co-me i vestiti di Marcus. Miranda era pronta ad accoglierlo fra le proprie braccia, ma fu lui a stendersi sulla schiena. «Vieni su di me» la invitò, e lei gli obbedì. «E adesso fammi quello che io ho fatto a te» le chie-se. Marcus cercava di controllarsi, di non cedere ai propri istinti, anche se era sempre più difficile. Le mormorava dolci parole in francese, che Miranda non riusciva a capire. «Temo di non sapere il francese» gli disse a un certo punto. «Te lo insegnerò, ma adesso c'è altro che vorrei insegnarti...» La spinse dolcemente contro i cuscini e riprese la lezione interrotta la sera prima. Il valletto del Duca di Haughleigh entrò nella camera del suo padrone, come tutte le mattine, ma lo trovò già in piedi, avvolto nella sua vesta-glia. «Non credo che mi vestirò questa mattina, Thomas» lo informò il duca tirando le tende del letto a baldacchino, in modo che non potesse ve-dere chi era sdraiato nel letto. «Passerò tutto il giorno in camera.» «Siete malato, Vostra Grazia?» «No, ho soltanto voglia di dormire» gli rispose Marcus, ma una risatina femminile, da dietro le tende tirate, accolse le sue parole. «E la colazione, Vostra Grazia?» «Lasciala sul tavolino in corridoio, vicino alla porta. Anche il pranzo e la cena. Credo che avrò

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molta fame, perciò prepara porzioni abbondanti, che bastino per due. E di' a Polly di prendersi una giornata di vacanza, la duchessa oggi non avrà bi-sogno dei suoi servigi. Anche lei vuole dormire.» «Sì, Vostra Grazia» rispose il valletto con un inchino, arretrando verso la porta mentre dietro le tende del letto a baldacchino si sentiva un'altra ri-satina soffocata.

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Miranda guardò suo marito che stava sorseggian-do il Porto seduto davanti al caminetto, come tut-te le sere. Le sembrava incredibile che ci fosse stato un tempo in cui il silenzio fra di loro era op-primente, in cui era insicura e temeva che il loro matrimonio sarebbe naufragato prima ancora di cominciare. Adesso l'ora più bella della giornata era quella in cui si sedevano davanti al caminetto e parlava-no, o tacevano, ma erano felici, in pace con se stessi e l'uno con l'altro. «Marcus?» «Sì, amore mio?» «C'è una cosa che vorrei chiederti.» «Ti dirò tutto quello che vuoi.» «Promettimi di non arrabbiarti.» «Perché dovrei arrabbiarmi?» «Ti prego, parlami di St. John.» Sembrò che l'aria nella stanza si fosse raggelata di colpo. «Perché ti odia tanto?» insistette Miranda. «A-vevi detto che non dovrebbero esserci segreti fra di noi.»

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«Tu sei la mia vita, Miranda, non potrei avere dei segreti per te. St. John non ti ha detto niente, mentre io ero a Londra?» «Mi ha raccontato alcune cose, ma non so se fossero bugie o la verità. Solo tu puoi dirmi che cosa è successo davvero fra di voi.» Marcus bevve un altro sorso di liquore e inco-minciò a raccontare. «Tutto è andato male fin dall'inizio tra noi due. Mio padre preferiva me, mia madre St. John, per-ciò abbiamo sempre litigato. Lui era molto bravo a cavalcare e mio padre mi aveva proibito di ac-cettare le sue sfide, ma St. John mi chiamava co-dardo e non potevo tirarmi indietro. Un giorno quasi mi ruppi l'osso del collo, per saltare una staccionata che lui aveva superato senza alcuna difficoltà in sella al suo cavallo. Invidiavo la sua audacia, ma mi faceva inorridire la sua falsità. Quando nostro padre morì le cose peggiorarono. Mia madre voleva bene soltanto a St. John, non c'era più nessuno che mi amasse. Ero diventato il nuovo Duca di Haughleigh, per questo mio fratel-lo mi odiava ancora di più.» Marcus tacque per un attimo, poi proseguì con gli occhi pieni di tristezza. Non dovevano essere stati facili, per lui, gli anni in cui si era trovato da solo a fronteggiare una madre fredda e distante e un fratello che lo detestava. «Poi ci innamorammo entrambi di una donna. Fui io a conquistarla, ma solo perché ero ricco ed ero un duca.» «Bethany?» Marcus rispose con un cenno del capo. «Per stasera basta, ti prego» le disse. «Perché

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non sali in camera mia? Ci sono modi migliori per occupare il tempo quando siamo insieme, sen-za riesumare un passato così triste.» Miranda lo baciò, poi lo lasciò davanti al cami-netto a fissare le fiamme. Per Marcus era doloro-so perfino ricordare quello che era successo dieci anni prima, non poteva costringerlo a raccontarle tutto in una volta. Miranda avrebbe preferito ve-derlo adirato, piuttosto che avvilito. Salì in fretta al piano di sopra. Sapeva come fargli dimenticare quei brutti ricordi. Doveva solo passare dalla propria camera, togliersi quel vesti-to, indossare una bella camicia da notte e andare ad attenderlo nella sua stanza, sperando che non la facesse aspettare troppo a lungo. Marcus si sa-rebbe dimenticato di ogni cosa fra le sue braccia. Entrò nella propria camera e, immediatamente, si rese conto di non essere sola. C'era qualcuno nella stanza, ne era certa, anche se non riusciva a vederlo. Alzò la candela che aveva in mano e vi-de finalmente l'estraneo. Era St. John, sdraiato sul suo letto, con gli sti-vali infangati e una pistola in mano, puntata verso di lei. «Che cosa ci fate qui?» gli domandò, cercando di controllare il panico. «Stavo aspettando voi, mia bella cognata.» St. John si alzò a sedere sul letto. Le sorrideva come se volesse sedurla, ma continuava a puntar-le addosso la pistola. «Come...?» «Come sono entrato? Santo cielo, non credevo che foste così ingenua, Miranda. Mi sono davvero meravigliato quando Mrs. Clopton mi ha detto di

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avere ancora tutte le chiavi di Haughleigh. Come mai non gliele avete chieste, dopo averla licenzia-ta? Che distrazione imperdonabile!» St. John rise divertito. «Adesso Mrs. Clopton è costretta a la-vorare in una taverna per vivere, vi odia con tutto il cuore. Mi ha quasi implorato di accettare in do-no le chiavi, non è commovente? Aveva sempre avuto un debole per me, la cara Mrs. Clopton.» «Che cosa credete di...?» «Smettetela di fare domande e statemi a senti-re, Vostra Grazia» tagliò corto St. John. «Sono qui perché non sopportavo di stare lontano da voi. Siete contenta di vedermi? No? Eppure dobbiamo finire qualcosa che avevamo incominciato. Non mi piace lasciare le cose a metà.» «Non c'è mai stato niente fra di noi, St. John.» «Voi mentite sapendo di mentire.» Miranda si avvicinò alla porta. «No! Non toccate la maniglia della porta o sarò costretto, anche se a malincuore, a spararvi.» St. John si alzò dal letto e si avvicinò a Miran-da, che aveva sperato di scappare, ma era solo riuscita ad allungare una mano verso la porta. «Rilassatevi, mia cara. Di che cosa avete pau-ra? Non siamo vecchi amici? Perché non vi sede-te alla scrivania?» «Mi sparereste, se tentassi di uscire?» «Volete provare? Non ho davvero intenzione di farvi del male, per questo vi prego di non costrin-germi a farlo. Sedetevi alla scrivania, cara Miran-da, e prendete carta e penna.» Miranda obbedì. «Scrivete un messaggio per vostro marito. Gli direte che mi amate e che siete fuggita con me.»

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«Non me lo sogno nemmeno.» «Ragionate, cara cognata. Noi partiremo per una breve vacanza, staremo lontani per non più di una settimana e poi voi sarete libera di tornare a casa, sana e salva. Non è meglio che vostro mari-to sappia con chi siete?» «Non scriverò mai a Marcus quello che mi ave-te detto.» St. John le puntò la pistola alla tempia. «Non avete molta scelta, temo.» «Sparatemi pure. Preferisco morire che fuggire con voi.» St. John sembrò offeso. «Ho perso il mio fascino? Eppure vi piacevo, appena ci siamo conosciuti. E quando Marcus è andato a Londra fra di noi è nata un'amicizia sin-cera. Anzi, molto più di un'amicizia.» «Voi ne avete approfittato per baciarmi» gli rinfacciò Miranda. «Vi è piaciuto così tanto che avete dovuto chiu-dervi a chiave in questa stessa camera per non ce-dere al vostro desiderio. Venite via con me, Mi-randa, non dovrete più lottare con l'attrazione che provate per me. Marcus vi riprenderà di nuovo quando ritornerete, non temete. Ha fatto così an-che con Bethany.» Miranda lo guardò disgustato. «Avete insidiato anche la sua prima moglie?» St. John trovò la domanda molto divertente. «Insidiato Bethany? Bethany era la mia donna, avrebbe dovuto sposare me. Marcus però l'ha vo-luta per sé e l'ha avuta, come è sempre riuscito ad avere tutto quello che vuole, solo perché lui è il primogenito.»

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«È per vendicarvi che volete rapirmi?» «Il mio unico desiderio è rovinare la sua vita come lui ha rovinato la mia. Anche se non vi toc-cassi con un dito, durante la nostra fuga, per lui sarebbe un tormento immaginare quello che sta succedendo fra di noi. Anche se voi gli giuraste che non c'è stato niente, avrebbe sempre il dubbio che sia una menzogna. Com'era una menzogna quando glielo diceva Bethany. Deve essere stato terribile rendersi conto che la moglie amava un altro uomo.» «Io non vi amo, St. John, e Marcus lo sa. Sa che provo solo pena e disgusto per voi.» «Se Marcus non fosse tornato da Londra, voi sareste stata mia. Potete guardarmi negli occhi e dirmi che non è vero?» «In voi c'è qualcosa di perverso, di distorto, di malato. Mi ripugnate, anche se il vostro aspetto potrebbe essere molto attraente. Andatevene, St. John, finché siete ancora in tempo.» «Non ho bisogno della vostra approvazione. Scrivete quanto vi detterò.» «Se anche lo scrivessi, Marcus non crederebbe mai che sono fuggita con voi di mia volontà» di-chiarò Miranda con voce sicura, anche se tremava dentro di sé. «Voi verrete con me, che lo vogliate o meno. Vi porterò via, a costo di trascinarvi fuori da que-sta stanza tirandovi per i capelli.» «Se lo farete Marcus vi ucciderà. Mi ama e ha fiducia in me, sa che non lo tradirei mai.» «Pensate davvero che avrà ancora fiducia in voi quando saprà chi è Cecily Dawson, la donna che vi ha educato?» la sfidò St. John. «Credete che vi

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crederà ancora una moglie fedele quando saprà che siete stata l'allieva di una delle più famose cortigiane di Londra?» Fu Miranda a sorridere, questa volta. «Marcus lo sa già. Gli ho detto tutto della mia famiglia, per lui non ho segreti. Gli ho perfino raccontato quello che è successo fra di noi mentre lui era a Londra. L'ho fatto perché così non potre-te più ricattarmi in alcun modo.» St. John rimase di sasso. «State mentendo!» l'accusò. «Non è possibile che voi gli abbiate detto chi era Cecily Dawson né che vi ho baciato.» «Lo sa, come sa che non lo tradirei mai. Anda-tevene, St. John, se ci tenete alla vita. Se mi ucci-dete finirete impiccato, se mi rapite sarà vostro fratello a uccidervi con le sue mani.» Miranda vide l'incertezza negli occhi di suo co-gnato. Non era più così sicuro di sé, abbassò la pistola. Stava per aprire la bocca e parlare quando la porta si aprì e apparve Marcus. Quando gli occhi di Marcus si posarono su St. John, Miranda vide che avevano una luce assassi-na. «Lasciami spiegare, Marcus...» cercò di dirgli Miranda. «Non c'è bisogno di spiegazioni, capisco da so-lo quello che è successo» le rispose il marito fis-sando la pistola che St. John aveva in mano. «Vai in camera mia e aspettami. Mio fratello questa volta non la passerà liscia.» «Marcus, no!» Miranda cercò di fermarlo. Fin-ché St. John stringeva in mano una pistola non doveva arrischiarsi a sfidarlo.

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«Entri in casa mia, in camera di mia moglie, e la minacci con una pistola. Credi che uscirai vivo di qui, St. John? Non questa volta, non sono più lo sciocco di una volta.» «Chi ti dice che non sia qui perché tua moglie mi ha invitato?» «Se Miranda ti avesse invitato non avresti bi-sogno di quella pistola. E poi conosco mia mo-glie.» «Sai anche che è stata allevata da un ubriacone pieno di debiti e da una prostituta?» Miranda chinò lo sguardo, ma Marcus non bat-té ciglio. «Lo sai, dunque» dovette ammettere St. John. «Forse non ti importa, fino a quando sei solo tu a saperlo. Ti prometto però, caro fratello, che ben presto lo saprà tutta Londra. Allora non credo che potrai ancora fingere di essere così indifferente.» «La nostra famiglia ha sopportato scandali ben peggiori di questo. Ora che ho pagato tutti i debiti di Sir Anthony...» si lasciò sfuggire Marcus. Miranda lo guardò incredula, vacillò e dovette sedersi per lo stupore. «Mi hai fatto rovinare la sorpresa che avevo preparato per mia moglie. Sarebbe stato il mio re-galo di Natale per lei» sibilò Marcus. St. John, sconfitto e adirato, gettò sul tappeto la pistola. «Va bene, Marcus, ma non hai ancora vinto. Sono sicuro che Miranda non sa tutto dei vecchi scandali della nostra famiglia.» «Lascia riposare i morti, St. John» lo ammonì il fratello con voce dura. «Bethany e io eravamo già fidanzati, quando

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lui me l'ha portata via!» gridò rivolto a Miranda. «È vero, Marcus?» gli chiese lei con un filo di voce. «Io non sapevo niente, la colpa fu tutta di mia madre» si difese Marcus. «Tu l'avevi abbandona-ta e lei aspettava un figlio da te.» «Ero solo andato a Londra, non l'avevo abban-donata. Sarei tornato con l'anello per sposarla.» «I suoi genitori andarono da nostra madre e le dissero che Bethany era incinta. Nostra madre concepì un piano diabolico, non mi disse che Be-thany era incinta, ma me la fece conoscere. Mi innamorai di lei a prima vista, era bella, cantava così bene...» «Sapevi che era la mia donna!» «Sapevo soltanto che tu l'avevi corteggiata, ma lei non mi ha mai detto che fosse stata una cosa seria.» «Me l'hai portata via!» «Non ti avrebbe mai sposato, povero illuso!» Marcus cercò di aprirgli gli occhi. «Non era inna-morata né di te né di me e non sarebbe mai diven-tata la moglie di un figlio cadetto, con un duca a portata di mano. Per nostra madre sarebbe stata la vendetta postuma nei confronti di nostro padre. Io ero l'erede, ero diventato duca, ma sarebbe stato il figlio di St. John, il suo preferito, a continuare la stirpe! Solo una donna cinica e perversa come lei poteva essere capace di tanto.» «Bethany era la mia donna prima che tu la spo-sassi e ha continuato a esserlo anche dopo. Non ti è mai stata fedele, Marcus. Era me che amava.» «Stupido idiota! Neppure a te era stata fedele. Il bambino che credevi tuo, per quello che ne so,

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sarebbe potuto anche essere il figlio di un coc-chiere. Bethany, a letto, sapeva molte più cose di quante tu avresti potuto insegnargliene.» «Sporco bugiardo!» «Giurami che era vergine quando l'hai cono-sciuta. Non puoi farlo, vero?» «Io l'amavo, tu me l'hai portata via e l'hai la-sciata morire» si lamentò St. John. «Che riposino in pace, lei e suo figlio, chiun-que fosse il padre.» «Ero io il padre del bambino!» St. John si scagliò contro suo fratello. Lo colpì come una furia al viso e poi allo stomaco. Marcus gli afferrò il collo con tutte e due le mani, come se volesse strangolarlo. «No, Marcus! È tuo fratello. Lascialo andare» lo supplicò Miranda. Marcus gettò St. John contro la parete. «Conti-nuerà a cercare di farci del male» disse ansimante a sua moglie. «Devo impedirglielo.» «Perché non mi uccidi, Marcus? Così ti sarai finalmente liberato di me» lo sfidò St. John. Non c'era via d'uscita, pensò Miranda. Era co-me se una maledizione perseguitasse la loro fami-glia. A un tratto ebbe un'idea, si alzò e andò a prendere l'astuccio degli smeraldi. «St. John, Marcus ha avuto il titolo perché era il primogenito, ha avuto Haughleigh Grange e ha avuto Bethany. Credo che anche voi dovreste a-vere qualcosa. Questa collana è stata da genera-zioni nella vostra famiglia, prendetela voi e fatene quello che volete. Potrete venderla e partire, an-dare lontano, dove vi sarà possibile rifarvi una vi-ta. Oppure andare a combattere contro Napoleo-

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ne, per l'onore della vostra famiglia e della pa-tria.» St. John non si era aspettato un'offerta del ge-nere. «Non potrete riavere Bethany e non avrete mai me. Non permetterò che vi facciate uccidere da mio marito, rovinando le nostre vite. Accettate la collana e andatevene, ricominciate daccapo e di-menticatevi del passato» lo esortò di nuovo Mi-randa. St. John afferrò la collana, come d'impulso, e se la infilò nella tasca della giacca. Fece per an-darsene, ma sulla soglia della stanza si girò e si inchinò a Miranda. «Grazie per essere stata così generosa con i gioielli di vostro marito, dato che non avete volu-to concedermi nient'altro» le disse con un sorriso che sembrava sarcastico, ma che forse non lo era. Poi se ne andò, senza voltarsi indietro, come se per lui fosse un sollievo lasciare per sempre quel-la casa, come lo era per Marcus e Miranda veder-lo andare via.

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Mancava una settimana a Natale e Miranda non riusciva più a controllare la curiosità per la gran-de sorpresa che Marcus le aveva promesso. Quella mattina, a colazione, suo marito sem-brava particolarmente interessato alla posta. «Novità?» gli chiese. Marcus rispose con un sorriso distratto che au-mentò l'interesse di sua moglie. «Qualcosa che riguarda la grande sorpresa che mi hai promesso per Natale?» insistette lei. «Che sorpresa sarebbe se te lo dicessi?» «Quando saprò che cos'è?» «Prima che tu immagini. Forse oggi stesso.» «È un oggetto?» Marcus sembrò spazientito. «Stai tentando da settimane di strapparmi qual-che particolare, ma non ci riuscirai. Smettila con le domande, le mie uova strapazzate si stanno raf-freddando.» Marcus lasciò perdere la posta e si dedicò alle uova strapazzate. Miranda sospirò insofferente e diede un'occhiata alle lettere. «Qualcosa d'interessante?» si informò il marito.

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«I soliti inviti. Sembra che non ci sarà solo il nostro ballo per festeggiare il Natale.» «E allora perché non lo annulliamo?» le propo-se Marcus, pieno di speranza. «Sai che non è possibile. Abbiamo partecipato a tutti i ricevimenti dei dintorni, è ora che anche noi contribuiamo alla vita sociale del Devon. Pri-ma avevamo la giustificazione che la casa non era ancora in ordine, ma adesso è in condizioni per-fette, dai tetti alle cantine. Perfino il salone da ballo è tirato a lucido e pronto a ricevere tutti i nostri invitati.» «Sei sicura di non stancarti troppo per i prepa-rativi?» si preoccupò Marcus. «Il bambino non ne risentirà, me l'ha detto la levatrice. Un po' di movimento mi farà bene» ri-spose Miranda accarezzandosi il ventre già arro-tondato, anche se la data del parto era ancora lon-tana. «Così dovremo lasciarci invadere da orde di e-stranei che faranno chiasso fino a tarda notte, sac-cheggiando la dispensa e mettendo tutto in disor-dine. Ne sono contento solo per un motivo, che tutti potranno vedere come sei riuscita a trasfor-mare questa casa.» Marcus alzò la tazzina di caffè per brindare a sua moglie. «Onore a te, Miranda Radwell.» «Grazie.» Miranda tornò alla propria posta con un sorriso soddisfatto sulle labbra. «Com'è strano questo pacco. Sembra che con-tenga qualcosa» notò. «Non c'è il mittente, non si capisce chi l'ha mandato e da dove arrivi. Però ne deve aver fatta di strada, da come è ridotto.»

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L'involucro conteneva alcuni fogli di carta av-volti intorno a qualcosa. Quando Miranda cercò di aprirli, uno smeraldo cadde sulla tovaglia. Su un foglio qualcuno aveva scritto soltanto una parola: Grazie. Marcus e Miranda si guardarono. «St. John ha voluto farti sapere che è vivo e che sta bene, ovunque si trovi» le disse suo marito. Entrambi sperarono che si trovasse molto lon-tano, come sembrava dal pacco sgualcito. «Ne sono contenta.» «Anch'io sono contento, basta che non si rifac-cia più vivo. Metti lo smeraldo nel tuo scrigno dei gioielli. Prima o poi potresti rifare la vecchia col-lana di famiglia.» A Miranda non passava neppure per la testa. Aveva sempre detestato gli smeraldi dei Radwell, che erano stati al collo di Bethany e, prima di lei, della madre di Marcus. Wilkins intanto era entrato nella sala della cola-zione e stava cercando, discretamente come al so-lito, di attirare la loro attenzione. «Sì, Wilkins?» «Quello che aspettavate è arrivato, Vostra Gra-zia» rispose il maggiordomo in un modo così cir-cospetto che Miranda fu certa riguardasse la gran-de sorpresa che suo marito le aveva promesso. «Benissimo» commentò Marcus, togliendosi di tasca il fazzoletto che il suo valletto aveva accu-ratamente piegato quel mattino. «Che cosa fai?» gli chiese Miranda. «Userò questo fazzoletto per bendarti.» «Bendarmi? Perché?» «Non ti avevo detto che avresti potuto scoprire

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la tua sorpresa prima di quanto immaginavi? Eb-bene, saprai che cos'è fra pochi minuti.» Miranda si lasciò bendare senza alcuna diffi-coltà. «La porteranno qui?» chiese eccitata. «Andremo noi a vederla. Vieni, ti farò da gui-da.» Le prese una mano e la baciò, prima di posarla sul suo braccio. Insieme uscirono dalla sala della colazione. Miranda si lasciava guidare dolcemen-te. «Sei davvero un uomo impossibile. Perché non mi dici che cos'è la sorpresa?» «Non puoi aspettare ancora qualche minuto?» «Se avessi saputo che eri così insopportabile...» «Oh, lo hai sempre saputo. Mi hai detto chiara-mente che cosa pensavi di me il giorno stesso in cui mi hai sposato. Per questo sono partito subito per Londra, dove mi è venuta l'idea di farti questa sorpresa.» Erano arrivati nell'atrio, dedusse Miranda dal fatto che sotto i piedi adesso c'era il marmo e non più i morbidi tappeti che rivestivano i pavimenti di tutte le stanze. Faceva freddo, come se il portone fosse stato aperto da poco. Avevano portato dentro un pacco, pensò Miranda. Non doveva essere arrivato con la diligenza postale, lo avrebbero consegnato con la posta. Forse lo avevano portato con una diligenza speciale. Inorridì all'idea che suo marito avesse davvero fatto rifare la collana di smeraldi di famiglia, per compensarla di quella che aveva dato a St. John. Avrebbe fatto buon viso a cattivo gioco, natural-

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mente, sperando di potersene liberare in qualche modo, senza che St. John si rifacesse vivo un'altra volta. «Sei pronta?» le chiese suo marito. «Sono pronta. Marcus, non avresti dovuto rega-larmi niente per Natale, mi hai già dato tutto quel-lo che volevo.» «No, credo che ti mancasse ancora qualcosa, amore mio. Per Natale ho voluto colmare questa lacuna.» Le tolse il fazzoletto che la bendava. Miranda cercò di adattare la vista alla luce nell'atrio men-tre Wilkins le annunciava, con grande solennità: «Sir Anthony e Lady Cecily Grey». Miranda non credette ai propri occhi. Davanti a lei c'erano suo padre e Cecily, che non vedeva da sei mesi. Sembravano due persone diverse da quelle che aveva sempre conosciuto, così ben ve-stite e sorridenti com'erano. Da quando non vede-va sorridere suo padre? Corse ad abbracciarli e non riuscì a trattenere le lacrime. Anche Cecily piangeva commossa e suo padre l'accarezzava. «Vi siete sposati...» mormorò Miranda. «Era tempo che lo facessimo» rispose Sir An-thony. Miranda si voltò verso Marcus. «Grazie, oh, grazie! Se anche te lo dicessi mille volte non basterebbe a ringraziarti per questa gioia immensa che mi hai dato. Grazie, Marcus, amore mio.» «Vorrei qualcosa in cambio, da te e da Sir An-thony» rispose lui. «Qualcosa che soltanto voi po-tete darmi.»

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Miranda non capiva. Guardò suo padre e vide che Sir Anthony stava sorridendo come suo mari-to. «Sir Anthony Grey, volete concedermi la mano di vostra figlia?» domandò Marcus. Il padre di Miranda non rispose subito, come se dovesse pensarci su. «Vi garantisco» aggiunse Marcus come per riu-scire a convincerlo, «che vostra figlia avrà da me tutto l'amore e il rispetto che merita, e che farò tutto quello che è in mio potere per renderla la donna più felice del mondo.» «Vi do il mio consenso» rispose Sir Anthony, come se fosse finalmente convinto. Allora Marcus fece qualcosa di ancora più stra-no. Si inginocchiò davanti alla moglie, in mezzo all'atrio di Haughleigh Grange, e le chiese di spo-sarlo. «E voi, Miranda, mi concedete la vostra mano, prendendo in cambio il mio cuore?» Miranda era imbarazzata per la presenza della servitù. «Marcus, alzati, per favore. Certo che ti do la mia mano, siamo già sposati.» «Ci siamo sposati, ma non come tu meritavi. Per questo vorrei rifare tutto dall'inizio, in presen-za della tua famiglia e del reverendo Winslow e di sua moglie, che ci stanno aspettando nella cap-pella. La prima volta non è stata una cerimonia degna di te.» Miranda, commossa, lo baciò sulla fronte. «Ti prego, adesso alzati.» Marcus non si mosse. «Verrai con me nella cappella? Mi sposerai di nuovo?»

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«Ti sposerei mille volte, Marcus» gli assicurò lei con tutto il cuore. Il Duca di Haughleigh finalmente si alzò e offrì il braccio alla sposa, radioso come se quello fosse davvero il giorno delle loro nozze. Il corteo nuziale, costituito dagli sposi e dalla coppia formata da Sir Anthony e sua moglie Ce-cily, si diresse verso la cappella, dove il reveren-do Winslow e un piccolo ma selezionato numero d'invitati li stava aspettando. «Sei felice?» chiese Marcus a Miranda. «Perfettamente felice.» «Io no.» Miranda lo guardò sorpresa. «C'è soltanto un neo alla mia felicità» le rivelò lui prima che entrassero nella cappella. «Dopo una sorpresa come questa, che cosa potrò mai re-galarti l'anno prossimo a Natale?»

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