Chirurgo vertebrale integrazione di competenze · 2014. 9. 8. · L’ortopedia è una disciplina...

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ISSN 1970-741X Anno VIII Numero 3/2013 Poste Italiane Spa - Sped. in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. I comma I, DCB Milano Taxe Perçue TERAPIA ORTOPEDICA DEL PAZIENTE ANZIANO TERAPIA DEL DOLORE FOCUS SULLA LEGGE 38 IL QUESITO DIAGNOSTICO ORTHOVIEWS LA RICERCA NEL MONDO CORSI E CONGRESSI RICERCA SUI MATERIALI BIOVETRI CONTRO LE INFEZIONI L’ortopedia è una disciplina che negli ultimi anni ha cono- sciuto un’evoluzione davvero molto forte. La ricerca ha fatto passi da gigante e trovato applicazioni pratiche assolutamente interessanti, l’industria ha saputo mettere a frutto numerosi brevetti di gruppi giovani e attivi. In questo numero di Tabloid di Ortopedia, per dirne una, rendiamo conto degli studi clinici condotti sui biovetri in diversi campi di applicazione in ambito ortopedico e trau- matologico. Sono frutto della migliore ricerca scientifica e trovano già un impiego clinico, sia pure con indicazioni terapeutiche particolari. Da circa due anni, presso il Centro di chirurgia ricostruttiva e delle infezioni osteo-arti- colari dell’Istituto Galeazzi di Milano si sta svolgendo una ricerca sulla loro efficacia per il trattamento dei difetti ossei in infezione: lo studio è parte di una raccolta dati osservazionale multicentrica europea ed è stato inserito in un progetto di ricerca co-finanziato dal ministero della Salute italiano. Insomma, chi pensasse che in un momento di crisi si debba dare più importanza all’impellenza di problemati- che strettamente professionali è in errore: la via maestra per uscire dalla crisi è proprio quella di puntare sulla ricerca e sull’innovazione tecnologica come unico stru- mento disponibile per riguadagnare la competitività per- duta. La ricerca ripaga in termini pratici. Certamente la ricerca scientifica italiana ha bisogno di un futuro migliore, fatto di investimenti strategici, di program- mazione, di trasparenza e di incentivi al merito. Ma l'Italia ha soprattutto bisogno di ricerca scientifica produttiva e competitiva per uscire dal declino. Nell’economia moder- na l’unico modo per avere una economia sana e in cresci- Nutrire la ricerca fa crescere la clinica EDITORIALE L’intervista GRIFFIN EDITORE www.griffineditore.it - [email protected] CONTINUA A PAGINA 3 SCONTO SPECIALE 2013 POLIZZA Giovane Medico POLIZZA Dipendente POLIZZA Libero Professionista Colpa Grave ORTOPEDICO Polizze R.C. Professionale Mario Di Silvestre e Tiziana Greggi La cura dellernia non invasiva wwww.winformweb.it L i n t e r v i s t a Chirurgo vertebrale integrazione di competenze Chirurgo vertebrale integrazione di competenze XXXVI CONGRESSO SICV&GIS

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ISSN 1970-741X A n n o V I I I N u m e r o 3 / 2 0 1 3 Poste Italiane Spa - Sped. in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. I comma I, DCB Milano Taxe Perçue

TERAPIA ORTOPEDICADEL PAZIENTE ANZIANO

TERAPIA DEL DOLOREFOCUS SULLA LEGGE 38

IL QUESITO DIAGNOSTICO ORTHOVIEWSLA RICERCA NEL MONDO

CORSIE CONGRESSI

RICERCA SUI MATERIALIBIOVETRI CONTRO LE INFEZIONI

L’ortopedia è una disciplina che negli ultimi anni ha cono-sciuto un’evoluzione davvero molto forte. La ricerca hafatto passi da gigante e trovato applicazioni praticheassolutamente interessanti, l’industria ha saputo metterea frutto numerosi brevetti di gruppi giovani e attivi. In questo numero di Tabloid di Ortopedia, per dirne una,rendiamo conto degli studi clinici condotti sui biovetri indiversi campi di applicazione in ambito ortopedico e trau-matologico. Sono frutto della migliore ricerca scientifica etrovano già un impiego clinico, sia pure con indicazioniterapeutiche particolari. Da circa due anni, presso ilCentro di chirurgia ricostruttiva e delle infezioni osteo-arti-colari dell’Istituto Galeazzi di Milano si sta svolgendo unaricerca sulla loro efficacia per il trattamento dei difettiossei in infezione: lo studio è parte di una raccolta datiosservazionale multicentrica europea ed è stato inseritoin un progetto di ricerca co-finanziato dal ministero dellaSalute italiano.Insomma, chi pensasse che in un momento di crisi sidebba dare più importanza all’impellenza di problemati-che strettamente professionali è in errore: la via maestraper uscire dalla crisi è proprio quella di puntare sullaricerca e sull’innovazione tecnologica come unico stru-mento disponibile per riguadagnare la competitività per-duta. La ricerca ripaga in termini pratici.Certamente la ricerca scientifica italiana ha bisogno di unfuturo migliore, fatto di investimenti strategici, di program-mazione, di trasparenza e di incentivi al merito. Ma l'Italiaha soprattutto bisogno di ricerca scientifica produttiva ecompetitiva per uscire dal declino. Nell’economia moder-na l’unico modo per avere una economia sana e in cresci-

Nutrire la ricercafa crescere la clinica

EDITORIALE L ’ i n t e r v i s t a

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Mario Di Silvestre e Tiziana Greggi

La cura dell�ernia non invasiva

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L ’ i n t e r v i s t a

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XXXVI CONGRESSO SICV&GIS

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Dottor Di Silvestre, faccia-mo il punto sulle deformitàvertebrali nell’adulto.Quanto sono diffuse? Si pos-sono prevenire?Le deformità dell'adulto rap-presentano la patologiaemergente della nostra disci-plina. Sono quindi la causapiù frequente della consulta-zione specialistica. La tipolo-gia di questi pazienti è oggirappresentata dall'ultraset-tantenne, che presentava nel-l'adolescenza una scoliosi,curata male o non curataaffatto con sistemi conserva-tivi, che è venuta progreden-do ulteriormente e in manie-ra significativa dopo i cin-quant’anni. Questa età rap-presenta la fase in cui ladeformità diventa sempre piùimportante e dolorosa esoprattutto determina rapi-damente un'evoluzione conflessione anteriore dellacolonna. La deformità iniziaquindi come scoliosi, madiventa successivamente unosbilanciamento anteriore

della colonna, detto "flatback". Una vera prevenzione nonesiste. È utile un'intensa atti-vità fisica mirata, come laginnastica medica, eseguitacon continuità. La vera pre-venzione è portare l'ultraset-tantenne dallo specialistaquando compaiano chiarisegni di peggioramento dellascoliosi.

Cosa riusciamo oggi a fare dipiù e di meglio rispetto alpassato?Rispetto al passato abbiamooggi una più completa com-prensione della deformitànelle sue implicazioni bio-meccaniche. Inoltre le meto-diche attuali, soprattutto chi-rurgiche e anestesiologiche,sono nettamente miglioratenegli ultimi vent’anni. Per il futuro, l'attenzione deiricercatori è rivolta soprattut-to a individuare la causa di"deficit muscolare" in questisoggetti: nel senso che è una

sorta di deficit muscolare (deimuscoli paravertebrali) ainnescare il peggioramentodella deformità.

Trattamenti conservativi echirurgici. Quali elementideterminano la sceltamigliore?La scelta migliore consistenell'utilizzo di un program-ma riabilitativo intenso emetodico (ginnastica medicae pratica di uno sport) pertutta l'età adulta. La riabilita-zione ha un ruolo chiave nelprimo approccio delle defor-mità dell'adulto. Quando il dolore vertebralediventa persistente (non rece-de più con il riposo) e soprat-tutto quando il dolore si irra-dia glai arti inferiori (compa-re la sciatalgia), è ora di pas-sare tempestivamente allachirurgia. Le indicazioni dellachirurgia sono quindi il dolo-re persistente e invalidante ela documentata progressionedella scoliosi rispetto alleradiografie effettuate neglianni precedenti.

Quali trattamenti conserva-tivi possono dare buonirisultati?Il trattamento conservativomigliore è rappresentatodalla ginnastica medica.Intendo una ginnastica conl'aiuto e il supporto di unterapista della riabilitazione.Rappresenta la metodica piùaffidabile.Il corsetto invece è veramentesconsigliato nell'età adulta.Non ha alcuna funzione posi-tiva e determina un peggiora-mento del quadro muscolareglobale dei muscoli paraver-tebrali.

Quali sono le tecniche chi-rurgiche di maggiore suc-cesso?La fissazione peduncolare.Vengono utilizzate viti chevengono inserite nei pedun-coli (due per ogni vertebra).L'uso delle viti ha permessodi migliorare qualità e stabi-lità della fissazione e per-mette oggi di trattare questedeformità senza dover ricor-rere anche a un secondotempo chirurgico anteriore.Oltre alle viti peduncolari, lachirurgia si avvale delleosteotomie: si tratta di "frat-turare" la colonna in piùpunti per correggere nonsolo la scoliosi ma soprattut-to lo sbilanciamento dellacolonna.

Quale ruolo può avere lachirurgia vertebrale nellepersone anziane?Nelle persone anziane èoggi possibile praticare que-sta chirurgia grazie ai gran-di sviluppi dell’anestesia eall'utilizzo di tecniche riani-matorie molto efficaci. Le fratture osteoporotichesono l'altra grande famigliadi queste deformità dell'an-ziano. Quando le fratturesono più di una, compareuna deformità della colonnain cifosi, ossia si verificaanche in questo caso unsignificativo sbilanciamentoin avanti della colonna.L'artrodesi rappresenta ilsupporto biologico di questachirurgia. La strumentazio-ne e l'artrodesi rappresenta-no il cemento armato chedetermina la stabilità dellacorrezione ottenuta in salaoperatoria.

R. T.

Dottoressa Greggi, cosariusciamo oggi a fare dipiù e di meglio rispetto alpassato riguardo alle“early onset scoliosis”? Negli ultimi dieci anni lachirurgia ha compiuto con-siderevoli passi avanti nellacura della scoliosi. Dainterventi chirurgici impe-gnativi, che richiedevano almalato tempi di immobi-lizzazione molto lunghi el’uso di busti gessati, si èpassati oggi a trattamentipiù efficaci e dalla rispostaimmediata, che conferisco-no una stabilità istantaneaalla colonna vertebrale per-mettendo a chi si è operatodi tornare a casa dopo pocopiù di una settimana dal-l’intervento, camminandocon le proprie gambe edevitando l’impaccio delbusto ortopedico. Gli effetti di questi progressisulla qualità della vita deimalati sono notevoli, ancheperché si tratta principal-

mente di giovani in fase disviluppo che in passatoerano costretti a lunghi rico-veri post-operatori e vede-vano fortemente ridotta laloro capacità di movimentodall’uso prolungato di fasti-diosi corsetti. Oggi tuttoquesto è superato grazie allemoderne tecnologie.

Cosa ha permesso questosalto in avanti e cosa puòattendersi oggi il pazientedopo l’intervento chirur-gico?Con l’intervento, la corre-zione della deformità verte-brale, grazie all’impiego diancoraggi vertebrali imme-diatamente stabili, può rag-giungere il 50-60%.L’effetto è pressoché imme-diato e la colonna risultadefinitivamente e visibil-mente stabile. Questorende superfluo l’uso dibusti o gessi post-operato-ri. Trascorsi tre o quattro

giorni, l’operato puòrimettersi in piedi e doposette-dieci giorni lasciarel’ospedale camminandoautonomamente. Il rientroa scuola o al lavoro è possi-bile in genere dopo due set-timane di convalescenzamentre la ripresa delle nor-mali attività quotidiane e diquella sportiva avvieneall’incirca dopo tre mesi. Sono tempi di gran lungainferiori rispetto a quellirichiesti dalla tradizionaleterapia con busto ortopedi-co e anche il risultato este-tico è decisamente miglio-re, con risvolti psicologicinotevoli.

In che modo gli esercizifisici possono aiutare iragazzi affetti da scoliosi? Di fronte a scoliosi lievi omoderate (sotto i 20 gradi),l’attività fisica crea unasorta di “busto interno” ditipo muscolare che dà

sostegno alla colonna favo-rendone la correzione e, inuna fase iniziale dellamalattia, è sufficiente, dasola, ad arrestarne l’evolu-zione. Per quanto riguardail tipo di ginnastica, spessosi riscontra nei giovani unascarsa volontà di seguirescrupolosamente program-mi specifici di ginnasticariabilitativa, pertanto oggigli ortopedici sono più pro-pensi a consigliare agli ado-lescenti uno sport a piaci-mento, purché eseguito conregolarità (almeno due-trevolte alla settimana) e conmovimenti corretti, chenon “pesino” troppo sullaspina dorsale. La ginnastica correttivaviene vissuta da bambini eragazzi come un’imposizio-ne medica e nella maggiorparte dei casi non dà risul-tati: è quindi meglio unasana partita di pallavolo odi calcio che, se vissutacome un momento ludico e

divertente, impegna inmodo più produttivo imuscoli, consente movi-menti più spontanei e flui-di e quindi alla fine risultapiù efficace dei sempliciesercizi di rieducazionemotoria. Quasi tutti glisport sono ben accetti, aeccezione di quelli cheaggravano la colonna concarichi eccessivi, come lapesistica o il culturismo.Anche sport asimmetricicome il tennis non sonocontroindicati perché, alcontrario di una credenzadiffusa, non sono mai statiassociati alla scoliosi. In una fase più evoluta,quando la curvatura superai 20 gradi, alla ginnasticaviene associato l’uso di unbusto ortopedico, che servea impedire la progressionedella deformità arrivandoalla stabilizzazione dellecurve entro limiti accetta-bili.

Quali trattamenti conser-vativi possono dare buonirisultati? Il trattamento con il bustodeve essere iniziato il piùprecocemente possibile, unavolta accertata la necessità, eprolungato durante tuttol'accrescimento (16-17 anniper le femmine; 17-18 per imaschi). Per quanto riguarda il tipodi tutore più adatto, ne esi-

stono di diversi, da sceglie-re in base alla gravità dellacurva e all'età del ragazzo. Ivecchi busti erano moltopiù rigidi e ingombrantirispetto agli attuali, chesono modulabili e conten-gono efficacemente il tron-co con la possibilità di esse-re regolati, adeguandosi airitmi di crescita del pazien-te. Questi ausili moderni per-mettono di vivere una quo-tidianità libera da vincoli ein alcuni casi consentonomiglioramenti evidenti, mavanno sempre abbinati allaginnastica, che va effettuatanei momenti in cui non siindossa il busto. Esisteanche un altro tipo di gin-nastica, quella respiratoria,che viene consigliata nelleore in cui si porta il busto,per aiutare l’organismo atollerare meglio questostrumento. In caso di scoliosi modera-te (intorno ai 20 gradi), ilbusto viene impiegato atempo parziale, preferibil-mente nella fascia serale-notturna (12-14 ore), men-tre per le forme più evolutesi consigliano circa 16-18ore. Controlli ortopedicieffettuati in media ogni seimesi consentono di verifi-care l'efficacia del tratta-mento e adattare o cambia-re il busto.

R. T.

FACTS&NEWS FACTS&NEWS

Chirurgia vertebrale come specialitàverso il riconoscimento europeoNella chirurgia del rachide l’integrazione delle competenze – ortopediche e neurochirurgiche – in una nuova specialità è sempre più vicina, almeno a livello europeo. Nel nostro Paese Sicv&Gis spinge per questa soluzione

Il congresso nazionaledella Società italiana dichirurgia vertebrale e

Gruppo italiano scoliosi(Sicv&Gis), giunto all’edi-zione numero 36, torna que-st’anno a Bologna. Non sitratta di una scelta casuale epriva di implicazioni, comesi comprende dalle paroledei due presidenti, TizianaGreggi e Mario Di Silvestre,che operano entrambi pres-so l’Istituto ortopedicoRizzoli. «Organizzare aBologna il XXXVI congressoGis è per noi un grandeonore ed è pure un impegnoaffettivo – spiega la dotto-ressa Tiziana Greggi – per-ché Bologna è la sede dellanostra scuola, dove abbiamo

avuto il privilegio di riceveregli insegnamenti da duegrandi maestri della chirur-gia vertebrale come PatrizioParisini e Romolo Savini,che furono fra i soci fonda-tori della nostra societàscientifica». Le fa eco il dot-tor Mario Di Silvestre: «daanni volevamo organizzareil congresso nazionale aBologna. Questo nostrodesiderio è diventato mag-giore da quando il nostromaestro, Patrizio Parisini, ciha lasciato prematuramen-te». Il congresso nazionale rap-presenta un momento diconfronto tra quanti sioccupano di patologia verte-brale e un modo per i più

giovani per affacciarsi aigrandi temi di questa chi-rurgia. L’edizione di que-st’anno presenta inoltre unainnovazione importanteperché per la prima voltaverrà utilizzata la nuovaintestazione Sicv&Gis, pro-posta dal precedente consi-glio direttivo e approvatadall’assemblea del 2102. Ilsignificato è chiaro: «Questocongresso – afferma TizianaGreggi – è rivolto a tutticoloro che si occupano dichirurgia vertebrale, senzaalcuna esclusione. La nostrasocietà accoglie infatti socidal settore ortopedico e neu-rochirurgico. Si parlerà delleinnovazioni e degli studi cheriguardano la chirurgia ver-

tebrale, in tutti i suoi settori:dalla traumatologia, alleneoplasie e naturalmente ledeformità».Un’altra novità è il pre-meeting del giovedì matti-na, con un intervento indiretta, dedicato ai giovanio a tutti coloro che si avvi-cinano ora o desideranoavvicinarsi alla chirurgiadella scoliosi.

Le difficoltà economichedei congressi medici«Abbiamo cercato di curaremolto la parte scientifica –conferma Mario DiSilvestre, che passa poi ainquadrare l’evento nell’at-tuale situazione di crisi

economica, che ha colpitopesantemente anche l’atti-vità congressuale –. Non èstato facile in questomomento di grave crisi riu-scire a salvaguardare quelliche erano gli obiettivi checi eravamo prefissi. Molteaziende hanno limitato illoro apporto all'evento, inquando preferiscono oraorganizzare più meetingstrettamente monomarca epiuttosto tristi dal punto divista scientifico, ritenendo-li più efficaci in tema dimera promozione dei loroprodotti». Si tratta di unproblema generale, fa nota-re la dottoressa Greggi: «giàda tempo si è notato, alivello nazionale e interna-

zionale, che i congressi nonsono più organizzati conampie disponibilità econo-miche: anche il nostro con-gresso si svolge quest’annoin una situazione in cui lepossibilità di contributoeconomico da parte delleaziende è molto ristrettarispetto agli ultimi diecianni. È mia impressione – emio desiderio – checomunque si possa realiz-zare un incontro scientifi-camente costruttivo pertutti, in un contesto disobrietà e amicizia».

Renato Torlaschi

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ta è investire in ricerca, innovazione, tecnologia ed educa-zione delle generazioni future (scuola e università).Ecco che cosa serve: un laboratorio che ha l’obiettivo dicreare un nuovo modello di relazione industria-universitàdove la ricerca e la conoscenza accademica si unisconoal know how e all’esperienza industriale.In generale, oggi purtroppo l’Italia riserva alla ricercapoco e male. Le carenze di personale, logistiche e ingenerale di supporto sono croniche e fondi per i centriche istituzionalmente sviluppano ricerca e si confrontanoa livello internazionale sono pochi. Con la scusa del tra-sferimento tecnologico, ma con le solite logiche clientela-ri, molti soldi vengono erogati per iniziative discutibili – adesempio, consorzi costituiti ad hoc – che non portano poia nessun risultato. Eppure è fuori discussione che la collaborazione tra ilmondo della ricerca e quello delle imprese è nell'interes-se di entrambe e dell'intera società. L'Europa ha bisognodei risultati della ricerca per poter competere sui mercatiinternazionali. Da parte sua, anche la ricerca non può farea meno delle risorse aggiuntive offerte dall'industria.Ciò premesso, spetterà poi al medico il compito di inte-grare nella pratica clinica la formazione permanente, chelo informa sui risultati della ricerca principalmente attra-verso la letteratura scientifica e i corsi più seri. È necessa-rio avere la capacità e la disponibilità mentale di modifica-re il proprio comportamento terapeutico in modo continuose è il caso, accettando di incorporare i risultati dellaricerca nelle proprie decisioni.

(Paolo Pegoraro)

SEGUE DA PAGINA 1

GRANDI PASSI AVANTI DELLA CHIRURGIA NELLA SCOLIOSI GIOVANILE

LE DEFORMITÀ VERTEBRALI DELL’ADULTO

Le deformità infantili e giovanili sono scoliosi a insorgenzaprecoce; insorgono in età evolutiva, dai tre ai sei anni leinfantili, e fino ai dieci anni le giovanili. Tiziana Greggi, uno dei presidenti del congressoSicv&Gis, è un’esperta di queste patologie ed è responsa-bile della struttura semplice dipartimentale di chirurgiadelle deformità del rachide dell’Istituto ortopedico Rizzolidi Bologna.In occasione del congresso abbiamo voluto approfondirecon lei le novità dell’approccio a queste patologie.

Le deformità vertebrali dell’adulto, spesso esito di scoliosi del-l’adolescenza, sono ovviamente uno tra gli argomenti centralidi cui si occupa il Siv&Gis e questa edizione del congressorappresenta l’occasione migliore per un confronto sul tema. Ne ha parlato a Tabloid di Ortopedia Mario Di Silvestre, unodei due presidenti dell’evento di Bologna. Di Silvestre operapresso la struttura semplice dipartimentale di chirurgia delledeformità del rachide dell’Istituto ortopedico Rizzoli diBologna, dove è coordinatore del centro di riferimento spe-cialistico di chirurgia delle deformità vertebrali nell'adulto.

DIVISIONE SUPERATA: ORTOPEDICI E NEUROCHIRURGHISONO CHIRURGHI VERTEBRALI

Per la prima volta l’intestazione del congresso nazio-nale della società di chirurgia vertebrale è Sicv&Gis.Il presidente, Daniele Fabris Monterumici, ce ne spie-ga la ragione. «Il cambio del nome della società èavvenuto ormai molti anni fa. A parte l’acronimo, ladenominazione era inizialmente Gruppo italiano distudio della scoliosi. Nel 1994, durante il congressoche si tenne a Padova, si introdusse un nuovo nome,Società italiana di chirurgia vertebrale – Gis. E daallora questo è il nome della società scientifica. Loscorso anno, non per questioni medico scientifiche,ma di rapporti fiscali con le aziende, come moltissimesocietà scientifiche, si è costituita una società digestione, che viene chiamata Sicv&Gis».Tuttavia, la convergenza di chirurghi ortopedici eneurochirurghi è una realtà: «Questa società – ricordail dottor Fabris Monterumici – è nata nel 1977 comegruppo dedicato al trattamento conservativo e chirur-gico delle scoliosi. Sempre più spesso ci si è occupa-ti anche di altre patologie della colonna finché nel

1994 è stato evidente che dovevamo cambiare nomealla società, perché era riduttivo continuare a chia-marla Gruppo italiano di studio della scoliosi. Nel frat-tempo da parte dei neurochirurghi si è sviluppato uninteresse crescente verso la colonna. Questo ha por-tato al fatto che sempre più neurochirurghi sianoentrati come soci nella nostra società». Una delle classiche domande che ci si pone a livellopopolare è: questo intervento chi deve farlo, l’ortope-dico o il neurochirurgo? «In realtà – risponde il presi-dente di Sicv&Gis – deve farla il chirurgo vertebrale,che può essere di estrazione ortopedica oppure neu-rochirurgica, ma che deve essere diventato nel tempoun chirurgo della colonna. L’obiettivo è l’integrazionedelle due specialità e la formazione di una specialitànuova».Questo dovrebbe essere riconosciuto anche a livel-lo formativo? «Certamente! In Italia le cose sonomolto spesso ondivaghe: si pensi che fino a sei-sette anni fa tra gli insegnamenti della scuola di spe-cializzazione in ortopedia e traumatologia c’eranodue insegnamenti, uno di patologia e uno di trauma-tologia della colonna vertebrale, che poi sono staticancellati. Si seguono talvolta logiche non scrutabi-li. Ma direi che in Europa si sta sempre più andandoverso la formazione professionale di chirurghi chesappiano intervenire su tutta la colonna. La nuovaspecialità sarà probabilmente riconosciuta prima alivello europeo che italiano, tant’è che EuroSpine,importante società europea della colonna, ha giàorganizzato corsi internazionali di primo e di secon-do livello, che a un certo punto avranno una valenzaformale».Per il momento abbiamo chirurghi vertebrali di estra-zione neurochirurgica e altri di provenienza ortopedi-ca. «Bisogna però essere chiari su un punto: non èche un ortopedico in quanto tale sappia fare chirurgiadella colonna, e lo stesso vale per un neurochirurgo.È un percorso che devono fare entrambi».

R. T.

Tiziana Greggi

Mario Di Silvestre

Daniele Fabris Monterumici, presidente Sicv&Gis

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Patologia coxo-femorale del paziente giovane attivoChirurgia dell’anca: per l’allungarsi della durata della vita si cerca di rinviare l’intervento chirurgico. Ma l’indicazione alla chirurgia, in questo caso particolare, arriva direttamente dal paziente Francesco Falez

Professor Falez, chi è “ilpaziente giovane attivo”?In primo luogo bisognanotare che oggi l’età ana-grafica non sempre va d’ac-cordo con quella biologica,per cui persone di sessantao anche settant’anni hannolivelli funzionali ben piùelevati di quelli che si rile-vavano qualche decenniofa. Ci sono invece pazienticinquantenni che magarinon sono altrettanto “gio-vani” dal punto di vistafunzionale; eppure hannodi fronte una durata e unaprospettiva di vita moltopiù lunga e sottopongonogli impianti a uno stressridotto. Queste due tipologie dipazienti si trovano entram-be di fronte alla necessità didisporre di impianti longe-vi e resistenti ai fenomenidi usura. Se poi una persona è siagiovane che attiva, il pro-blema della durata degliimpianti si pone in modoancora più evidente. Èchiaro che in tutti questicasi si andrà molto proba-bilmente verso una revisio-ne.

Come si sviluppa in generela patologia dolorosaall’articolazione coxo-femorale?In genere ha una storiaabbastanza determinata:nasce come coxalgia da unprocesso infiammatorio cheè ovviamente doloroso;quando questo processo nelcorso del tempo va esauren-dosi, il dolore da infiamma-torio diventa meccanico ecomporta un’escursionearticolare incompleta, chespesso non soddisfa le esi-genze del paziente. Tipicamente il paziente,nella difficoltà di svolgerenormali attività quotidianecome allacciare le scarpe,forza il gesto e sente dolore;

quindi, a seguito dell’escur-sione articolare, può nasce-re il dolore meccanico.

Tra le cause, che ruolo hal’impingement acetabola-re?Oggi si è certamente consi-derato una delle cause ezio-patogenetiche dell’artrosiconclamata. In fase iniziale,è la morfologia del pazientea determinare l’impinge-ment acetabolare, che è insostanza un’anomala con-gruenza tra testa e acetabo-lo; nel lungo tempo questoporta a una manifestazionedi tipo degenerativo artro-sico. La conoscenza di questomeccanismo è frutto dellavoro di Reinhold Ganz edei suoi collaboratori, madi fatto oggi noi non sap-piamo realmente se il trat-tamento precoce, in faseassolutamente iniziale del-l’impingement, possa poievitare l’evoluzione inartrosi.

Come vanno trattate que-ste tipologie di pazienti,dalle richieste tanto supe-riori rispetto al passato?Intanto, in funzione dell’au-mento della durata dellavita, si cerca di rinviare ilmomento dell’interventochirurgico. Oggi disponia-mo di diverse metodiche; siricorre soprattutto a infiltra-zioni articolari di acido ialu-ronico o concentrati piastri-nici, ma anche a biostimola-zioni e biotecnologie chepossono produrre migliora-menti, ma non devono dareal paziente l’illusione chepossano portare a una gua-rigione.Se si tratta di un paziente ingrado di gestire il dolore,ha senso ritardare l’inter-vento, ma è la sua valuta-zione soggettiva – e non ilchirurgo – a determinare

quando è il caso di affron-tare l’intervento. Se la qua-lità della vita non è giudica-ta soddisfacente, allora èopportuno operare chirur-gicamente, indipendente-mente dall’età del paziente.

Nell’approccio chirurgico,cosa è cambiato nel corsodegli anni?Si è parlato sempre piùspesso di mininvasività,termine che per alcuni versiè stato inizialmente maleinterpretato. La mininvasi-vità non consiste solo nellepiccole incisioni, mainnanzitutto nell’uso di vied’accesso rispettose del-l’anatomia e secondo quellache oggi viene definita tis-sue sparing surgery, con iltermine coniato dal profes-sor Francesco Pipino, unachirurgia che ha tutto uncorollario di norme darispettare. Quindi oggi sihanno sì, in parte, incisioniridotte, ma anche la ridu-zione dei distacchi musco-lari, l’uso di impianti piùpiccoli, la conservazionedel collo.

D’altro canto, su questalinea si sono riprese, inmodo nuovo, anche vec-chie linee d’accesso; peresempio, oggi si fa tantoparlare della via d’accessodiretta anteriore, ingressoche è assolutamente inter-muscolare, non stacca innessun modo i muscoli equindi offre grandi benefi-ci nel recupero. Si è poi svi-luppata, specialmente inEuropa e in particolare inItalia, tutta la filosofia deiminimpianti, degli impian-ti a stelo corto. In Italia ein Europa siamo ormaiassolutamente all’avan-guardia rispetto agli StatiUniti; la nostra cultura inortopedia protesica è net-tamente più avanzata diquella degli americani, chefanno più numeri mameno qualità.

Dopo l’intervento e la faseriabilitativa, cosa si puòattendere a livello funzio-nale il paziente giovane?Nelle fasi iniziali, il recupe-ro funzionale postoperato-rio è dipendente dalla via

d’accesso: più siamo rispet-tosi dei muscoli e più pre-cocemente si ottiene ilrecupero. Ma dal terzomese successivo all’inter-vento, qualunque sia la viad’accesso, i risultati funzio-nali si equivalgono e c’è unannullamento della diffe-renza iniziale.Il paziente può tornare afare praticamente tutto,anche se ovviamentedipende da cosa faceva pre-cedentemente. A volte ilpaziente ha aspettativeancora superiori, che peròdevono essere ricondotte ailivelli funzionali preopera-tori e certamente non sipotranno praticare sportestremi o di contatto; matutta l’attività sportivamoderata è assolutamenteperseguibile.

Visti i livelli di successonella riduzione del doloree nel recupero funzionale,perché si tende a rinviarel’intervento? È un po’ il retaggio di unavecchia cultura e chi fa chi-rurgia a un certo livello

non consiglia più di farel’intervento il più tardipossibile; il timore era chel’impianto, consumandosie usurandosi, andasse poisostituito. Questo rimanevero, ma non posso dire aun paziente quarantenne diaspettare fino ai 65 anni,l’età che un tempo era statadefinita ideale per l’inter-vento. Ma oggi la duratamedia della vita è moltosuperiore e quindi neppureun intervento fatto a 65anni può garantire che nonsi renda necessaria unarevisione.Nel frattempo, non biso-gna dimenticare che inuovi materiali si usuranomolto meno: abbiamo ilpolietilene con vitamina Eche è molto più resistenterispetto al polietilene nor-male, disponiamo di cera-miche che non si rompo-no, abbiamo superato ilconcetto del metallo-metallo, che peraltro nonva demonizzato e se benutilizzato può dare buonirisultati nel tempo.

Renato Torlaschi

Strategie di prevenzioneper l’artrosi del ginocchioChirurgia del ginocchio: alcune delle cause che portano alla degenerazione artrosica sono state individuate con un buon grado dicertezza e possono essere prevenute. Se ne parlerà al congresso Otodi

Professor Sessa, come sideclina oggi il concetto dimininvasività nel campodella protesica del ginoc-chio?Il vero concetto di mininva-sività nel campo della prote-sica del ginocchio si realizzaoggi attraverso un tratta-mento sostitutivo limitato alsolo compartimento degene-rato. Gli altri compartimen-ti, indenni da degenerazione,devono essere risparmiati.Questo concetto peraltroben si sposa con la filosofiadella prevenzione, di cui nonrappresenta altro che la logi-ca conseguenza. Oggi la pre-venzione è fondamentale e lasostituzione deve essereriservata ai casi con degene-razione marcata, non altri-

menti trattabile, e limitata alsolo compartimento interes-sato. Con sempre maggiorfrequenza infatti ci troviamoal cospetto di persone giova-ni, attive, che svolgono atti-vità fisica e vogliono conti-nuare a poterla effettuare.

Come nasce la protesimonocompartimentale?La protesi monocomparti-mentale si è cominciata adiffondere negli anniSettanta per merito di perso-naggi quali Insall e Laskinche, benché avessero ideato esviluppato la protesi totale,hanno intuito la possibilità,davanti alla degenerazionedi un solo compartimento,della sostituzione del solo

compartimento degenerato.I primi risultati non sonostati incoraggianti, con per-centuali di sopravvivenza del70% a cinque anni. Con l’in-troduzione di rigide indica-zioni, quali un’età superioreai settant’anni, peso inferio-re a 82 chilogrammi, integri-tà del legamento crociatoanteriore e varismo nonsuperiore ai 10 gradi, si èottenuto un incremento deirisultati fino a dati soddisfa-centi. Ulteriori migliora-menti sono derivati, alla finedegli anni Novanta grazieall’introduzione di nuovimateriali e con le modifichedel design protesico. Un riscontro indiretto delprogresso tecnologico sideduce dalle cause di insuc-cesso, che negli anniNovanta erano rappresenta-te dall’usura del polietilene edalla mobilizzazione asetticae oggi invece dalla degenera-zione artrosica nei compar-timenti inizialmente inden-ni. Ulteriori vantaggi sono poiderivati dall’impiego di unaccesso mininvasivo che hapermesso di effettuare rico-veri di breve durata e unrecupero accelerato. Si sonocosì raggiunte percentuali dibuoni risultati superiori al90% a oltre dieci anni,sovrapponibili ai buonirisultati ottenuti con la pro-tesi totale di ginocchio. Gliultimi dati pubblicati hannoconfermato il mantenimen-to degli ottimi risultati anchea vent’anni, nei pazienti gio-vani, al di sotto dei sessan-t’anni, e nei pazienti obesi. Un altro vantaggio della pro-tesi monocompartimentale èrappresentato dalla possibi-lità di revisione, in caso diinsuccesso, con un impiantoprotesico totale di tipo pri-mario.

Quali condizioni predi-spongono all’insorgenzadella degenerazione artro-sica e quali forme di pre-venzione devono essereattuate?Le condizioni che più di fre-quente predispongono aun’artrosi sono la rotturadel menisco, in particolaredi quello esterno, la lesionedel legamento crociato ante-riore non trattata, le fratturearticolari e naturalmente i

difetti dell’asse femoro-tibiale e i difetti di allinea-mento e di stabilità dellafemoro-rotulea. La preven-zione assume un ruolo fon-damentale e oggi si realizzaattraverso la ricostruzionedel Lca, la ricostruzioneanatomica delle superficiarticolari e la reinserzionedel menisco. Ma se ripristi-no della stabilità nelle lesio-ni legamentose e della con-gruenza articolare nelle frat-ture raccolgono il consensogenerale e vengono realizza-te nella totalità dei casi, nellerotture meniscali, pur costi-tuendo la scelta teorica una-nime, la meniscopessi non èsempre realizzabile. Non dirado infatti non sussistonole condizioni imprescindibi-li perché la reinserzioneabbia successo. E la conse-guenza della meniscectomia,soprattutto esterna, nel gio-vane è un’inevitabile dege-nerazione artrosica. Un difetto dell’asse femoro-tibiale con deviazione sulpiano frontale, più spesso invarismo, comporta neltempo una degenerazioneartrosica. È importanteintervenire precocemente,prima che si instauri l’artro-si, ripristinando l’asse ana-tomico. La correzione oggiavviene attraverso un inter-vento di osteotomia medialedi addizione. Non è quindinecessaria l’osteotomia delperone, con le complicanzeche spesso ne derivavano, esi evita un abbassamentodella rotula. Anche l’even-tuale revisione per protesiz-zazione, spesso problemati-ca dopo un’osteotomia disottrazione, con l’osteoto-mia mediale risulta facilita-ta. L’artrosi conclamata,mediale o laterale, al disopra dei 55 anni, inveceoggi va trattata con unasostituzione monocompar-timentale, sicuramente piùaffidabile e di maggior sod-disfazione per il paziente.

Come si attua invece la pre-venzione dell’artrosi femo-ro-rotulea?Il dolore anteriore di ginoc-chio è frequente e vieneriportato in un adolescentesu quattro. Nel passato veni-va inquadrato col termine dicondromalacia di rotula.L’ipotesi che la cartilagine

fosse all’origine della sinto-matologia si è rivelata inesat-ta, in quanto i pazienti condolore anteriore non presen-tano una patologia cartilagi-nea. La chiave per una cor-retta interpretazione deldolore anteriore va ricercatain una accurata identifica-zione di fattori etiopatoge-netici quali una patella alta,una displasia trocleare, unaaumentata distanza tra tube-rosità tibiale e gola trocleare(TA-GT) o di problemisecondari dei tessuti molli,

quali una ipoplasia del vastomediale e una contratturadel retinacolo laterale.Un’alterata biomeccanicagenera stress abnormi sullafemoro-rotulea. Gli stessifattori sono anche all’originedi una instabilità femoro-rotulea e vanno riconosciutie trattati tempestivamenteperché malallineamento einstabilità, se misconosciuti,portano a una degenerazio-ne artrosica.

Renato Torlaschi

Vincenzo Sessa

Uno dei presidenti del congresso Otodi di quest’anno èVincenzo Sessa, che ha anticipato a Tabloid di ortopediaalcuni punti relativi a uno degli argomenti centrali dell’even-to, l'artrosi compartimentale del ginocchio. Dalle nuove acquisizioni in merito alla prevenzione, al diffon-dersi delle protesi monocompartimentali, la chirurgia prote-sica di ginocchio si è evoluta nella direzione di una sempreminore invasività.

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Figg. 1a e 1b: mininvasività significa incisioni ridotte con preservazionedei tessuti molli. In particolare viene risparmiato l’apparato estensore

Fig. 2: mininvasività significa anche sostituzione di due compartimen-ti e preservazione di quello indenne. Il recupero dell’articolarità è com-pleto, più rapido e la propriocettività conservata

Il Congresso numero 44 dell’associazione ortopedici trau-matologi d'Italia si tiene quest’anno a Roma, il 9 e 10 mag-gio. A presiederlo due nomi illustri, Francesco Falez eVincenzo Sessa.«È un congresso che nasce tra mille polemiche nei rap-porti con Assobiomedica, – dichiara il professor Falez,che è anche presidente Otodi – nasce come una sfida,non certo ad Assobiomedica, ma al difficile compito di riu-scire a fare attività formativa, nel rispetto di quelle chesono tutte le normative, in tempi in cui è necessario con-tenere le spese. Quindi ritengo che il congresso meriti l’at-tenzione di tutti quanti i soci Otodi, perché è indirizzatoproprio a loro, confermando la continuità della formazioneportata avanti della nostra società».Ma come hanno risposto le aziende in questo momento digrave difficoltà economica? «Io collaboro con le aziendeda tanti anni – risponde Falez – e so che, se vedono qua-lità, partecipano volentieri. E da questo punto di vista direiche c’è stata certamente una buona riposta. Anzi, un rin-graziamento vero va proprio alle aziende, perché hannocompreso le difficoltà con cui nasce questo convegno ehanno comunque deciso di mettersi a disposizione, permantenere viva l’attività congressuale».

Il programma scientificoLa prima giornata congressuale è dedicata alla degenera-zione compartimentale del ginocchio. «L’attualità in que-sto campo oggi si identifica col concetto di mininvasività.– spiega il professor Sessa –. Mininvasivo deve esserel’approccio chirurgico, mininvasivo deve essere l’impiantoprotesico. Nella chirurgia del ginocchio il vero concetto di

mininvasività si realizza attraverso un trattamento sostituti-vo limitato al solo compartimento degenerato. Inoltre ilconcetto di mininvasività è imprescindibile da una chirur-gia fast-track. Basso impatto sulla vita di relazione delpaziente, vita normale fino alla sera precedente, riabilita-zione precoce e ritorno immediato all’attività abituale quo-tidiana». Il primo obiettivo del congresso, sulla scorta di questi con-cetti e della diffusione della chirurgia sostitutiva comparti-mentale, è quello di fare il punto su questo tipo di impianti ein particolare differenziare le indicazioni tra protesi compar-timentale e protesi totale. «Soprattutto per quanto riguarda ilcompartimento mediale – continua Sessa – i buoni risultatihanno favorito un’estensione delle indicazioni che oggi com-prendono anche condizioni particolari quali l’artrosi medialenel paziente obeso, l’artrosi mediale nel paziente giovanecon lesione del Lca, l’artrosi mediale con concomitanteartrosi femoro-rotulea. Meno utilizzata la protesi monocom-partimentale esterna ma solo per le minori indicazioni, nonper i risultati che sono ugualmente soddisfacenti, mentrerimane raro l’impiego isolato di protesi femoro-rotulea sia perle ridotte indicazioni che per i risultati meno prevedibili».Il secondo obiettivo del congresso è ribadire l’importanzadella prevenzione. Quali trattamenti mettere in atto e quan-do per evitare che si instauri l’artrosi. Se ne discuterà in tresessioni: compartimento femoro-rotuleo, mediale e laterale.Grande attenzione viene posta al compartimento femoro-rotuleo, il meno conosciuto. L’artrosi femoro-rotulea isolata èrelativamente rara, compresa tra il 2% negli uomini e l’8%nelle donne sopra i 55 anni, anche se in realtà radiografica-mente è presente rispettivamente nel 12% e nel 20%, ma di

Roma, 9 e 10 maggio: il congresso nazionale Otodi

difficile trattamento. Di qui il ruolo fondamentale della pre-venzione. Perché se è vero che il 50% delle artrosi è idiopa-tica, ben il 33% è secondario a una instabilità. Come com-portarsi dopo il primo episodio di lussazione? Il professorSessa assicura che «una prima lussazione acuta senzalesioni Ocd e in assenza di fattori di rischio importanti puòessere trattata in maniera incruenta, con risultati soddisfa-centi che raggiungono il 62% dei casi. Risultati soddisfa-centi che nei pazienti scheletricamente immaturi, condisplasia della troclea, si riducono però al 31%. Studi recen-ti hanno dimostrato che il MPFL (Medial PatellofemoralLigament) è il più importante stabilizzatore passivo dellarotula. A seguito di un episodio di lussazione una risonanzamagnetica dovrebbe essere eseguita di routine per identifi-care un’eventuale rottura del MPFL, lesioni osteocondrali oaltri fattori di rischio per eventuali recidive. Oggi i miglioririsultati sono assicurati proprio dalla ricostruzione del MPFL.Le recidive sono limitate al 5%, legate alla presenza di unadisplasia trocleare. La duplicazione del retinacolo medialepresenta risultati insoddisfacenti. E anche i risultati del late-ral release sono deludenti perché possono portare a unincremento dell’instabilità».E relativamente all’altra patologia, il malallineamento?«Oggi è più facilmente inquadrabile grazie alla radiologia,che ci offre una misurazione esatta della distanza TA-GT.Il trattamento si basava, e si basa tuttora, su di una media-lizzazione della tuberosità tibiale realizzabile mediantediverse varianti tecniche. Attenzione va posta al possibileeffetto artrosizzante di questi interventi per cui oggi ancheil trattamento del malallineamento può avvalersi della rico-struzione del MPFL».

Uno dei due temi principali del congresso Otodi è “la pato-logia coxo-femorale del paziente giovane attivo”. Come sipuò capire dal titolo, l’età e lo stile di vita dei pazienti di oggirichiedono di rivedere gli approcci tradizionali. Nuove tecni-che e materiali dalle proprietà migliori aiutano i chirurghi adaffrontare sfide impossibili in un passato anche recente.Ne abbiamo parlato con Francesco Falez, uno dei due pre-sidenti del congresso.

Per informazioni: Ad Arte srl - Tel. 051.19936160 - [email protected] - www.otodi.com

SPECIALE CONGRESSO OTODI - ROMA, 9-10 MAGGIO SPECIALE CONGRESSO OTODI - ROMA, 9-10 MAGGIO

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Professor Donelli, cosa siintende per “paziente fra-gile”?Nonostante non esista unadefinizione univoca di “sin-drome di fragilità”, possia-mo affermare che si inten-de una condizione clinicacomplessa, caratterizzatada una precarietà degliequilibri biologici che faci-lita l’insorgenza di piùpatologie, con concorso difattori di ordine fisiologico,di ordine patologico, psico-economico e sociale.Per questi motivi il pazien-te anziano necessita di par-ticolare attenzione sotto ilprofilo clinico per la pluri-patologia da cui è affetto e,in particolar modo, perl’elevato rischio di compli-canze che possono interve-nire nel corso della terapia.

Attenzione che deve esseremassima da parte dell’orto-pedico, anche in ottica ditutela medico-legale.

Che riflessione si può faresulla qualità del percorsoclinico-assistenziale delpaziente anziano in Italia?In una popolazione i deter-minanti della salute sonorappresentati per il 30%dalla predisposizione gene-tica, per il 40% dalle abitu-dini di vita, per il 5% dalrischio ambientale, per il15% dalla condizionesociale e per il 10% dall’as-sistenza sanitaria. La quali-tà di quest’ultima variamolto sul territorio nazio-nale: a Milano un pazienteche necessita di un inter-vento protesico ha a dispo-

sizione sei cliniche univer-sitarie, sei ospedali e 20case di cura accreditate epuò ricevere l’impianto intempi piuttosto brevi; inaltre città d’Italia c’è maga-ri solo un ospedale cheserve un territorio – e un

numero di pazienti – moltovasto, quindi con liste d’at-tesa piuttosto lunghe.

Quali sono i dati nazionalidi riferimento per questipazienti?

Secondo i dati del ministe-ro della Salute, in Italia l’at-tesa di vita è 70,8 anni pergli uomini e 83,7 per ledonne.L’invecchiamento compor-ta la perdita delle strutturee delle funzioni dell’organi-smo. Il paziente anziano èun soggetto fragile perchéaffetto da pluripatologie:l’80% è portatore di due opiù malattie croniche, spes-so irreversibili, che ne com-promettono l’autonomia.L’anziano ha una minoreriserva funzionale e dun-que una maggiore fragilità.La disabilità aumenta conl’età: dai 70 ai 74 anni èpari al 9,7%, dai 75 ai 79anni è quasi raddoppiata(17,8%) e raggiunge quasiil 45% all’ottava decade. Inun reparto di ortopedia lamaggior parte dei pazientiappartengono a quest’ulti-ma fascia di età: il frattura-to di femore, il fratturatod’omero, la donna che hasubito crolli vertebrali ecc.

Qual è l’obiettivo dellaterapia medica e ortopedi-ca sui pazienti anziani?Secondo un’indagine con-dotta dal Censis nel 2005, laperdita dell’autosufficienzaè la paura principale del-l’anziano. La cura di questo pazientemira quindi non tanto aguarire, quanto a mantene-re o a ripristinare l’autono-mia del soggetto.

Interventi protesici sulpaziente anziano: qualisono le indicazioni?Oggi è usuale trovarsi difronte a un paziente over 80per un intervento di prote-si. Non c’è un’indicazioneprecisa per questi pazienti:vanno valutati singolar-mente, caso per caso.Anche da un punto di vistamedico-legale, in caso dicontenzioso, si tenterà distabilire l’appropriatezzadella cura analizzando lecondizioni del pazienteprima dell’intervento e lacorretta valutazione delrapporto rischio-beneficioda parte del medico.Oggetto della nostra riflessio-ne clinica è l’età biologica enon l’età anagrafica delpaziente. Chirurgo e soprat-tutto anestesista dovrannovalutare attentamente il suoquadro clinico. Naturalmentela presenza di polipatologie –ipertensione, cardiopatia,insufficienza renale – sononormali in un paziente diquesta età e non costituisco-no automaticamente unacontroindicazione all’inter-vento.

Nella pratica clinica sonosempre seguite questelinee guida?Per tutti gli interventi di ele-zione vale il principio dellaprudenza, che non va tra-dotto però in una medicinadifensiva. Prudenza va inter-pretata come diligenza.

FOCUS ON

Il ruolo dell’ortopediconon è semplice, perchésubisce una serie di condi-zionamenti. È importantis-simo però non sottovaluta-re mai lo stato di salute delpaziente, anche se ciòdovesse comportare unritardo nell’esecuzione deltrattamento chirurgicoindicato che, frequente-mente (frattura del collodel femore), viene indicatoaprioristicamente nelleprime 48 ore.

Quali sono i principalimotivi scatenanti dellecause di cui si occupa inTribunale?Fra le diverse motivazioni,due a mio avviso sembranoessere alla base dell’originedel contenzioso medico-legale: una diversa percezio-ne da parte del cittadino del

concetto di diritto alla salutee il nuovo metodo giuridicod’interpretazione della colpaprofessionale. Diversi fattorihanno formato queste situa-zioni: il deficit di comunica-zione per via del quale ilpaziente non sempre èinformato in modo esausti-vo, l’eccessiva aspettativadovuta a sensazionali infor-mazioni mediatiche e la nonvalutazione del rapportorischio/beneficio della tera-pia proposta.

Professor Donelli, ilpaziente anziano, spesso, èun paziente con osteopo-rosi. Cosa comporta que-sta condizione in terminidi qualità della vita?Nella gestione del pazienteaffetto da osteoporosi, lafrattura è la problematicaclinica più rilevante e la più

devastante è sicuramente lafrattura del femore.In Italia l’osteoporosi col-pisce il 13% degli uominioltre i 75 anni e ben il 45%delle donne di pari età. Lamalattia si associa a unaumento della morbilità edella mortalità: gli anzianicon frattura di femore neisei mesi successivi all’even-to presentano una mortali-tà del 15-20% superiore aquella dei loro coetaneisenza frattura. Meno del40% dei soggetti chesopravvivono recuperanocompletamente la funzio-nalità dell’arto; altri pre-sentano uno stato perma-nente di disabilità, che nerichiede spesso l’istituzio-nalizzazione. Dolore e complicanze ditipo posturale completanoquesto sconfortante quadroclinico.

È l’ortopedico o il geriatralo specialista più adattoper coordinare il percorsoterapeutico? In quale spe-cialista risiedono le com-petenze più adatte?La specialità in osteoporosinon esiste. Esiste la figuradi un clinico di diversediscipline che si interessa diosteoporosi. Però comesappiamo questo “iperspe-cialista” non è presente intutte le realtà ospedaliere.È per questo motivo che èdi fondamentale impor-tanza una condivisione delpaziente da parte del geria-tra e del chirurgo ortope-dico, che devono attivareuna collaborazione multi-disciplinare per mettere inpratica un percorso effica-ce ed efficiente nella curadell’anziano fragile.

Andrea Peren

FEDERANZIANI: REGISTRIPER MAPPARE I 4 “BIG KILLER”

Sono partiti in marzo i Registri della salute diFederAnziani, dedicati alle quattro grandi aree patologi-che che minacciano la salute degli anziani e insieme lasostenibilità del Servizio sanitario nazionale: malattie car-diocircolatorie, respiratorie, oncologiche e diabetiche.Quattro macroaree che corrispondono all'80% delle pato-logie degli anziani in Italia.L'iniziativa prevede la somministrazione a tutti gli aderen-ti ai centri FederAnziani (che rappresentano oltre 3 milionidi pazienti) di un questionario a risposta multipla elabora-to in collaborazione con le società scientifiche e i medicidi medicina generale. L’obiettivo è quello di «raccoglieredati utili per la costituzione di un database che “mappi” ilpiù realisticamente possibile la diffusione delle quattropatologie sul territorio nazionale» ha spiegato RobertoMessina, presidente di FederAnziani. L’iniziativa gode delpatrocinio del ministero della Salute e dell'Aifa e serviràanche per «velocizzare la presentazione di istanze e pro-poste presso i vari enti, con lo scopo di tutelare il dirittoalla salute di tutti favorendo l'accesso alle cure, ai farma-ci, ai protocolli terapeutici».

AITOG, APPROCCIO CLINICO ALL’ORTOPEDIA DELL’ANZIANO

L’Associazione italiana di traumatologia e ortopedia geria-trica (Aitog) – presieduta da Luigi Fantasia – è stata fon-data nel 1996 da Vittorio Valerio e Adriano Tango, è aper-ta anche a geriatri e fisiatri e oggi conta circa 230 iscritti.«Aitog è una società di ortopedia e traumatologia: non sioccupa solamente di traumi ma anche di clinica» sottoli-nea Fabio Donelli, responsabile per la formazione Aitog edirettore scientifico della rivista “Aitog Oggi”, per eviden-ziare una peculiarità della società scientifica, che puressendo affiliata alla Siot vuole fortemente mantenere lapropria identità e indipendenza.Aitog organizza nel corso dell’anno alcuni eventi scientifi-ci monotematici e si riunisce, in ambito Siot, all’internodello spazio dedicato alle società superspecialistiche. Ilprossimo appuntamento è quello di venerdì 10 maggiocon il convegno di Rho (Milano) dal titolo “Metodiche chi-rurgiche innovative nella traumatologia dei pazienti confragilità ossea”.Per il futuro il professor Donelli sta lavorando a un proget-to di formazione in collaborazione con la Società italianadi medicina fisica e riabilitativa (Simfer): «ho avuto unincontro con il dottor Lorenzo Pannella, fisiatra dell’Istitutoortopedico Gaetano Pini di Milano e responsabile dellariabilitazione geriatrica per Simfer, per gettare le basi diuna collaborazione su un evento formativo comune» ci harivelato Donelli.

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Il percorso di curadel paziente anzianoIl paziente fragile presenta una serie di problematiche che rendono la cura particolarmente complessa, per la quale secondo Fabio Donelliserve «una collaborazione multidisciplinare tra ortopedico e geriatra»

FOCUS ON

Fabio Donelli

Il trattamento ortopedico delle fratture da fragilità è tecnica-mente consolidato nella pratica chirurgica, ma ciò nonostan-te mortalità e invalidità sono ancora elevate nel pazienteanziano, in particolare per le fratture di femore. «Alcune pro-blematiche ortopediche sono tuttora dibattute, come adesempio l'indicazione alla vertebroplastica del pazienteanziano e le problematiche annesse alla protesizzazionedelle fatture femorali e omerali – spiega il professor FabioDonelli, docente universitario e responsabile per la formazio-ne dell’Associazione italiana di traumatologia e ortopediageriatrica (Aitog) –. Anche la terapia farmacologica di pre-venzione e trattamento dell'osteoporosi nell'anziano richiedeuna riflessione, sia per le terapie innovative all'orizzonte, siaper le specificità che contraddistinguono la gestione delpaziente anziano con fratture da fragilità. Scarsa aderenzaalle terapie croniche e condizioni di ipovitaminosi D sonoalcune delle principali cause che inficiano l'effetto dei farma-

ci. Una particolare attenzione va posta inoltre all'effetto deifarmaci antinfiammatori sulla guarigione della frattura e sulriassorbimento osseo periprotesico» avverte l’esperto. La presenza dei pazienti over 80 nei nostri ospedali è inaumento. Quello che manca sono i fondi necessari a curarli inmaniera appropriata. Secondo l’Istat in Italia nel 2011 l’ammon-tare della spesa sanitaria pubblica è stata pari al 7,1% del Pil– due punti percentuali in meno rispetto al 2009 – e la previsio-ne per il 2012 è di -0,4% rispetto all’anno precedente. «Ci sonomeno risorse per il sistema salute e questo incide profonda-mente sull’assistenza sanitaria e sui servizi sociali come le Rsa(residenze sanitarie assistenziali)» sottolinea Fabio Donelli,ortopedico che svolge anche un’intensa attività medico-legalein qualità di consulente del Tribunale di Milano.Tabloid di Ortopedia ha voluto fare il punto sul percorso di curadedicato al paziente anziano e sulle sue criticità a livello clini-co e organizzativo.

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Giuseppe Dell'Osso, Fabio Donelli e Giorgio Varacca pre-siederanno il 15 e 16 novembre a Salsomaggiore Terme(Terme Zoja) il quarto convegno di traumatologia clinica eforense, una manifestazione scientifica che rappresentaormai un appuntamento fisso per l’ortopedia. A metà traclinica e aggiornamento in materia medico-legale, il con-vegno presenta una serie di aspetti di immediato riscontropratico per i partecipanti.«I chirurghi si trovano a confrontarsi con sempre piùnumerose problematiche medico-legali connesse ai loroatti medici e chirurgici e, in particolare, con quella relativaal consenso informato per terapie innovative o sperimen-tali, che assume rilievo specifico nell'anziano, gravatospesso da patologie cognitive» sottolinea Fabio Donelli,che si occupa da anni anche di medicina legale. Sembra incredibile ma l’inadeguatezza del consensoinformato è ancora oggi una delle principali cause di con-tenzioso. «Presupposto fondamentale per ogni terapia è ilconsenso informato, che dovrà essere specifico per ognitipo di intervento: il paziente dovrà essere esaustivamente

edotto su diagnosi, prognosi, percorso terapeutico e sullepossibili alternative. Il consenso deve contenere le possi-bili complicanze del trattamento proposto, le indicazioni dieventuali gravi rischi per la vita ma anche le conseguenzedel mancato trattamento» ci ricorda Donelli.Questa attività informativa al paziente però, anche da unpunto di vista legale oltre che deontologico, non si esauri-sce con una firma su un modulo: «è fondamentale che ilmedico verifichi l’effettiva comprensione da parte del sog-getto o, nel caso di persone interdette, dal tutore o dal-l’amministratore di sostegno, nel caso l’operando si trovinell’impossibilità anche parziale e temporanea di provve-dere ai propri interessi. In caso di paziente straniero – cene sono parecchi anche nelle Rsa –, l’informativa dovreb-be essere redatta nella sua lingua» puntualizza FabioDonelli, che nel suo ufficio ha parecchi faldoni su causelegali di questo tipo.Dal consenso informato alle scelte cliniche: in ottica medi-co-legale, come indicato dal Decreto Balduzzi (recente-mente convertito in legge), è necessario operare secondo

linee guida riconosciute: “nell’accertamento della colpalieve nell’attività dell’esercente le professioni sanitarie ilgiudice tiene conto in particolare dell’osservanza, nelcaso concreto, delle linee guida e delle buone praticheaccreditate dalla comunità scientifica nazionale e interna-zionale”.Attenzione anche all’appropriatezza dell’utilizzo dei farma-ci off-label: anche per questi è necessario valutare atten-tamente il rapporto rischio-beneficio, anche dal punto divista farmacoeconomico.La sessione medico-legale del convegno conterrà la pre-sentazione di un caso clinico e poi una discussione conmagistrati, ortopedici, medici legali e avvocati.Per quanto riguarda la parte clinica invece, oltre a relazio-ni monotematiche, sono previste due sessioni chirurgiche:una sull’urgenza e una sulla stabilizzazione.

Per informazioni: Keyword Europa srlTel. 02.54122513 - [email protected]

UN CONVEGNO TRA CLINICA E ASPETTI MEDICO-LEGALIINADEGUATEZZA DEL CONSENSO INFORMATO: SPESSO È CAUSA DI CONTENZIOSO

EMERGENCY: UN TEAM DI CHIRURGIA DI GUERRA PARTE PER BANGUI

A pochi giorni dal colpo di stato in Repubblica Centrafricana,gli ospedali pubblici di Bangui stanno riprendendo l’attività,ma sono allo stremo. I medici sono fuggiti durante l’assalto allacittà, mancano farmaci e strumentari utili alle cure. In città cisono ancora almeno 200 feriti che non possono essere opera-ti e – ora che i mezzi di trasporto iniziano a circolare – ne stan-no arrivando altri dai villaggi.Il direttore degli ospedali di Bangui ha chiesto aiuto aEmergency per poter garantire l’attività chirurgica in città edare assistenza alle vittime della guerra. È così che un team diEmergency composto da un chirurgo ortopedico, un chirurgogenerale, un’infermiera di sala operatoria, due anestesisti edue logisti sta partendo per Bangui per riattivare due sale ope-ratorie al Complexe pédiatrique. Emergency fornirà all’ospe-dale anche medicinali, materiali di consumo, biomedicali etutta la strumentazione necessaria per le sale operatorie. Emergency è in Repubblica Centrafricana dal 2009 con uncentro pediatrico.

Le informazioni su come (e dove) lavorare con Emergency sitrovano qui: http://www.emergency.it/lavoracon/chirurgo-ortopedico.htmlAd oggi per i chirurghi ortopedici è possibile collaborare inAfghanistan e Sierra Leone per missioni di almeno 6 mesi.

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Legge 38: dolore cronicoè una vera patologiaÈ il principale merito della legge 38: il dolore nella sua forma cronicaviene riconosciuto non più come sintomo ma come vera e propria patologia. Facciamo il punto a tre anni dall’entrata in vigore della legge

FOCUS ON

Professor Fanelli, a tre annidi distanza dall'emanazio-ne della Legge 38 si può giàfare qualche considerazio-ne sulla sua efficacia comestrumento normativo:quali sono i punti forti equali le criticità?Sono molto soddisfatto deirisultati raggiunti in questitre anni di lavoro intenso.Quando una legge è cosìrivoluzionaria, passare dallateoria alla pratica clinicaquotidiana richiede tempo,molti ostacoli da superare,una formazione adeguata eun grande lavoro corale.Non va dimenticato chequesta normativa ha avutoun duplice, importanteeffetto: sul piano culturale,rendendo necessario unapproccio del tutto nuovoalla gestione del dolore, e sulpiano organizzativo, isti-tuendo due reti distinte perla terapia del dolore e lecure palliative. Un merito fondamentaledella Legge 38 è stato quellodi aver finalmente ricono-sciuto al dolore cronico ladignità di vera malattia enon di semplice sintomo,promuovendo un approc-cio del tutto nuovo al suotrattamento e sdoganandol’impiego dei farmacioppioidi.Grazie a questa normativasta cambiando l’atteggia-mento dei clinici, che oradedicano più attenzione alproblema, e si sta a poco apoco radicando anche nelnostro Paese una reale cul-tura del diritto a non soffri-re. Sicuramente c’è ancorada lavorare, soprattutto dalpunto di vista organizzativoe formativo, ma il processo èormai avviato ed è irreversi-bile.

Quali sono i risultati ad oggiottenuti nell'implementazio-ne dei singoli obiettivi dellaLegge 38, vale a dire l'appro-priatezza diagnostica e tera-peutica, l'accesso ai tratta-menti, la distribuzione eintegrazione dei servizi terri-toriali e delle risposte assi-stenziali, la formazione delpersonale sanitario?Gli strumenti tecnico-buro-cratici per rendere operativa laLegge 38 sono stati ormai ulti-mati.A dicembre 2010 la conferen-za Stato-Regioni ha approvatole linee guida predisposte dallaCommissione ministeriale perla promozione, lo sviluppo e ilcoordinamento degli inter-venti regionali nell'ambitodelle reti di cure palliative e diterapia del dolore. E questo èstato un passaggio fondamen-tale, per poter dare le “gambe”alla legge.Un altro importante risultatoche abbiamo raggiunto è l’isti-tuzione dei master di alta for-mazione per palliativisti eterapisti del dolore, che parti-ranno da quest’anno accade-mico, secondo percorsi didat-tici omogenei identificati daMiur e ministero della Salute.Con tutte le sigle della medici-na generale, abbiamo inoltreconcordato un iter didatticocomune su terapia del doloree cure palliative, per garantireai medici di famiglia una pre-parazione uniforme. Ora stia-mo cercando di coinvolgereanche i farmacisti nel sistemadella formazione. Sul fronte dell’appropriatezzaprescrittiva, grazie anche allesemplificazioni introdottedalla legge e alle campagneinformative messe in campo,il consumo di oppioidi sta cre-scendo del 23% su baseannua, benché servano ulte-

riori sforzi per adeguarci allamedia europea.Il 25 luglio 2011, inoltre, laconferenza Stato-Regioni haapprovato in toto il documen-to predisposto dal ministerosui requisiti minimi necessariper l’accreditamento dei cen-tri Hub&Spoke. Si tratta direquisiti di carattere essenzial-mente pratico, che devonosoddisfare il concetto di rete,contribuendo concretamentea quella continuità assistenzia-le ospedale-territorio allaquale punta la legge 38: dalleore di attività settimanale allareperibilità telefonica, dall'or-ganico alle attrezzature e alnumero di posti letto dedicati. Il ministro Balduzzi haapprezzato il lavoro svoltofinora, spronandoci a prose-guire in questa direzione conrinnovata determinazione,per raggiungere risultati sem-pre più concreti. Oggi siamodunque a un punto di svolta:abbiamo praticamente tuttigli strumenti per rendere ope-rativa la legge 38.

Di quali strumenti si avvalela commissione nazionale, dalei coordinata, per ottimizza-re l'attuazione dei principicontenuti nella legge 38?Con l’obiettivo di verificare lostato di attuazione della legge38 e tutelare l’accesso dei citta-dini alle cure, la direzionegenerale della programmazio-ne sanitaria, dei livelli essen-ziali di assistenza e dei princi-pi etici di sistema del ministe-ro della Salute ha creato unufficio appositamente prepo-sto al monitoraggio del rece-pimento e quindi dell’effettivaapplicazione della normativada parte delle diverse Regioni,l'Ufficio XI. In un’epoca di tagli alla spesa,

la sua istituzione è particolar-mente significativa e attestal’attenzione che il ministerosta dedicando al dolore.L’Ufficio XI lavora a supportodella commissione nazionale,coordinando il lavoro di tresottocommissioni tecniche; irisultati della sua attività dimonitoraggio vengono rac-colti all’interno di un rappor-to annuale presentato alParlamento. Sempre per vigilare sulla qua-lità dell’assistenza erogata sulterritorio, il ministero ha atti-vato anche lo strumento del“cruscotto”, un software speci-fico per rilevare la tipologiadelle prestazioni ospedaliere emonitorare le prescrizioni,attraverso i dati del sistemainformativo sanitario e quellimessi a disposizione dalleRegioni.

Rispetto alla gestione deidiversi tipi di dolore – acuto,cronico non oncologico,oncologico – è attualmentegarantita un'omogeneità ditrattamento?La legge 38 di fatto obbliga ilmedico a prendersi cura deldolore, di qualsiasi natura essosia e qualunque ne sia la causa.Questo per poter garantire atutti gli italiani che soffronoun accesso equo e uniforme aitrattamenti più appropriati. Per poter gestire in manieraadeguata qualunque tipo disofferenza fisica, inoltre, lalegge 38 ha espressamenteprevisto un modello organiz-zativo basato su un approcciomultidisciplinare al proble-ma, che veda specialisti,medici di famiglia e infermie-ri collaborare tra loro, all’in-terno delle due reti territoria-li di terapia del dolore e curepalliative.

Qual è oggi il livello di infor-mazione del pubblico inmerito ai contenuti dellalegge 38 e alle opportunitàofferte ai malati con sinto-matologia dolorosa e in par-ticolare ai pazienti con dolo-re cronico non oncologico?Molti italiani ancora nonconoscono l’esistenza dellanormativa che li tutela daldolore. Secondo una recenteindagine condotta dall’asso-ciazione di pazienti “Viveresenza dolore”, 7 cittadini su10 ignorano l'esistenza dellalegge 38 e più di 5 su 10 nonhanno informazioni ade-guate sui centri di terapiaantalgica presenti sul terri-torio, ai quali ci si può rivol-gere per ricevere assistenzada specialisti algologi.Molto spesso poi, in presen-za di una sintomatologiadolorosa cronica di naturanon oncologica, prevale neipazienti la tendenza a rasse-gnarsi e sopportare.L’obiettivo cui dobbiamotendere è far sì che tutti i cit-tadini percepiscano la lottaalla sofferenza come un lorodiritto inalienabile e inizinoa pretenderla.

In quale dei vari settoriconcernenti la gestione deipazienti con dolore ritienedebba essere concentratol'impegno maggiore nelprossimo futuro?Per completare la pienaattuazione della legge 38dobbiamo sicuramentepuntare a un’adeguata for-mazione degli operatorisanitari territoriali e, ingenerale, di tutti gli addettiai lavori, oltre che alla cor-retta informazione dellapopolazione.I clinici devono impegnarsi

ad acquisire le competenzenecessarie per poter gestireal meglio il dolore. Occorrepoi intervenire sul frontedell’appropriatezza prescrit-tiva e vincere la marcata“oppiofobia” che ancorapermane in una parte dellaclasse medica e che è spessoall’origine di un impiegoinappropriato di Fans.Un’altra sfida che resta daaffrontare è l’allineamentodelle Regioni nei tempi diattivazione delle reti territo-riali di terapia del dolore ecure palliative, ancora diso-mogenee. La costituzionedelle reti è la chiave di voltaper una concreta continuitàassistenziale, fra territorio eospedale, e per un accessoomogeneo alle prestazionisull’intero territorio nazio-nale. Come dicevo, con l’approva-zione dei requisiti minimida parte della conferenzaStato-Regioni, siamo a unpunto di svolta. È il momen-to di intensificare l’impegnoda parte di tutti: ministero,Regioni, clinici e strutturesanitarie. Soltanto attraversoun lavoro di squadra potre-mo realizzare nel nostroPaese una delle rivoluzionipiù importanti nel campodella medicina e garantirefinalmente a chi soffre unfuturo senza dolore.

Monica Oldani

1. Breivik H et al. Survey ofchronic pain in Europe: preva-lence, impact on daily life, andtreatment. Eur J Pain2006;10:287-333.2. Fanelli G et al. Dolore inItalia. Analisi della situazione.Proposte operative. RecentiProgressi in Medicina 2012;103:133-141.

Guido Fanelli

Sono trascorsi poco più di tre anni dall'approvazione dellaLegge 38 del 15 marzo 2010 “Disposizioni per garantire l'ac-cesso alle cure palliative e alla terapia del dolore” (il testo suwww.parlamento.it/parlam/leggi/10038l.htm). Sicuramente abbastanza per incominciare ad apprezzarne laportata innovativa. Per quanto, a fronte dei ragguardevoli passiavanti compiuti in questo intervallo di tempo, soprattutto sulpiano organizzativo, molto resta ancora da fare, in particolarmodo sul piano culturale, sia in termini di informazione eresponsabilizzazione del pubblico nei confronti del propriodiritto a “non soffrire”, sia in termini di sensibilizzazione dellacomunità medica verso un approccio specificamente compe-tente alla gestione della sintomatologia dolorosa.Il provvedimento normativo si è fatto carico di una realtà sanita-ria – quella del dolore in generale e del dolore cronico in parti-

colare – tanto rilevante quanto, in precedenza, marginalizzata.Secondo dati epidemiologici europei, emersi dall'indagine“Pain in Europe” condotta in 16 paesi per un totale di circa46.400 soggetti adulti intervistati, nel 2003 (anno di raccoltadei dati) l'Italia risultava essere, dopo la Norvegia e la Polonia,uno dei paesi con i più alti tassi di prevalenza di dolore croni-co moderato-grave (il 26% contro la media europea del 19%),nonché, dopo la Polonia, uno dei paesi in cui i farmaci mag-giormente utilizzati nel trattamento del dolore erano i Fans (nel68% dei casi contro la media europea del 44%) ma con un'al-ta percentuale di pazienti (il 41%) non soddisfatti degli effettidel trattamento (1).A distanza di dieci anni, il rapporto-documento di indirizzo“Dolore in Italia. Analisi della situazione. Proposte operative”da poco pubblicato, rimarca che il quadro della pratica pre-

scrittiva è cambiato ma in modo ancora troppo poco tangibile,con un consumo sempre predominante di Fans e uno scarsoricorso a paracetamolo e oppiacei e quote tuttora inaccettabi-li di pazienti che lamentano un controllo non sufficiente dellasintomatologia dolorosa.La strada da percorrere è ancora lunga, ma gli strumenti orga-nizzativi messi in campo sono progettati per realizzare, su piùfronti, quel radicale mutamento di prospettiva che è stato deli-neato, nei suoi obiettivi, dalla legge 38. A dare una descrizione esaustiva di tali strumenti, dei risultatifinora raggiunti e delle potenzialità future, è il coordinatoredella Commissione nazionale per l'attuazione della legge 38del ministero della Salute, Guido Fanelli, che è anche direttoredella Struttura complessa di anestesia, rianimazione e terapiaantalgica dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Parma.

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Page 6: Chirurgo vertebrale integrazione di competenze · 2014. 9. 8. · L’ortopedia è una disciplina che negli ultimi anni ha cono-sciuto un’evoluzione davvero molto forte. La ricerca

Nuovi materiali: biovetricontro le infezioni osseeLe proprietà antibatteriche dei biovetri, utilizzati come sostituti d’osso,consentono di fare a meno degli antibiotici. Allo studio la possibilità diricoprire le protesi con questi nuovi biomateriali per prevenire le infezioni

FOCUS ON

Carlo Luca Romanò

Professor Romanò, daquanto tempo si studianoquesti innovativi materialie chi ha iniziato a occupar-sene? Bioceramiche e biovetrisono stati studiati comebiomateriale da più di tren-t’anni. Difficoltà tecniche diproduzione su larga scalane hanno però ritardatol'impiego clinico per anni,nonostante i buoni risultatiottenuti in campo speri-mentale. Nei primi decennidalla loro introduzione, ilprincipale utilizzo clinico èstato nella riparazione didifetti ossei facciali, a livelloorbitario, dell'orecchiomedio, alveolare o dei senifrontali. Solo recentemente, nel2006, un innovativo biove-tro, BG S53P4 (nome com-merciale: BonAlive), pro-dotto da una azienda finlan-dese con moderne tecnolo-gie , è stato approvato alivello europeo per l'uso inortopedia come sostitutoosseo. La dottoressa NinaLindfors, del dipartimentodi ortopedia delloUniversity Central Hospital

di Helsinki, ha svolto studisull'animale e successiva-mente ha condotto i primiimpianti nell'uomo per iltrattamento di tumori beni-gni ossei e di infezioniossee.

Esistono già in commer-cio? Il prodotto è stato commer-cializzato solo recentemen-te, dapprima soltanto inpochi centri europei sele-zionati. L'utilizzo è quindiancora limitato e riservato aben precise indicazioniterapeutiche.

In quali patologie e in chemodo i biovetri possonorisultare utili? L'utilizzo maggiore e inizia-le è stato per la cura deitumori ossei benigni, tutta-via lo sviluppo per noi oggipiù interessante è certa-mente l'applicazione neltrattamento delle infezioniossee, quali osteomieliti,infezioni dopo osteosintesio fratture.I biovetri, infatti, quanto

vengono inseriti nel difettoosseo, dimostrano proprie-tà osteoconduttive e anti-batteriche. Si è osservato, dopo l'im-pianto nell'osso, il verificar-si di reazioni chimiche cheportano alla formazione diuno strato ricco di silicati e,al di sopra di questo, diidrossiapatite, che si legaall'osso ospite. L'aumentolocale del pH intorno albiovetro, con formazione diun ambiente alcalino, spie-ga almeno in parte l'elevatoeffetto antibatterico localedel biomateriale. Tale effet-to antibatterico è statoosservato in vitro su tutti ipatogeni testati.

Qual è la reale portata delvantaggio clinico?L’infezione ossea rappre-senta una delle patologiepiù complesse e di difficiletrattamento in ambitoortopedico e interessa ognianno migliaia di nuovipazienti, soprattutto inseguito a ferite o traumi edopo interventi chirurgici.Tra i vari problemi legati aquesta patologia, la perditadi osso è certamente unodei più gravi; il deficit osseoè legato sia all’azione diret-ta dei batteri sull’osso siaallo stato infiammatoriolocale che si viene a creare.Il trattamento delle perditeossee nelle infezioni richie-de spesso l’uso di tecnichechirurgiche speciali e diinnesti ossei o di sostitutiossei addizionati di antibio-tico. Tuttavia, la scelta di unantibiotico mirato puòessere resa impossibile dallamancanza dell’isolamentobatterico (in circa il 20-30%

dei casi) e i batteri possonodivenire resistenti al farma-co selezionato.L’innovazione introdottadall’impiego dei biovetricome sostituto osseo per iltrattamento delle infezioniossee deriva dalla loro pro-prietà antibatterica, graziealla quale viene ostacolatal’infezione senza doverricorrere all’impiego diantibiotici che potrebberoin vari casi risultare ineffi-caci o suscitare resistenzetra i microorganismi pre-senti.Altri effetti biochimicidimostrati per il biovetroBonAlive sono l'aumentataattività locale degli osteo-blasti e l'effetto angiogene-tico, due proprietà che sonoestremamente interessantiproprio per il trattamentodi difetti ossei in focolaiinfetti, dove la vascolarizza-zione risulta un elementofondamentale per favorirela guarigione.

Quali sono le indicazioni equali gli eventuali effettiavversi?Le indicazioni principalisono i difetti ossei cavitari,quindi ben delimitati, comein tumori ossei benigni.L’effetto antibatterico diret-to ne permette l’uso anchein casi di difetti ossei sededi infezione attiva o poten-ziale (soggetti immunode-pressi o con rischio aumen-tato di infezione ossea). Noi l’abbiamo utilizzatosenza effetti indesiderati indifetti ossei anche di diversedecine di centimetri cubiciin osteomieliti ematogene,post-traumatiche o post-chirurgiche.

Contro quali tipi dimicrorganismi sono effi-caci? L’effetto antibatterico diret-to, basato principalmentesull’azione chimica legataall’elevazione del pH locale,fa sì che il biovetro sia effi-cace sia contro batteriGram positivi che negativi,con effetto battericida.

Quali ricerche sono statecondotte a livello clinico? Diversi centri clinici stannoconducendo studi sui bio-

vetri in diversi campi diapplicazione in ambitoortopedico e traumatologi-co.Da circa due anni, presso ilCrio dell’Istituto ortopedi-co Galeazzi di Milano stia-mo svolgendo una ricercasull’efficacia dei biovetriper il trattamento dei difet-ti ossei in infezione. Talestudio è parte di una rac-colta dati osservazionalemulticentrica europea ed èstato inserito in un proget-to di ricerca co-finanziatodal ministero della Saluteitaliano.

Ci può raccontare nel det-taglio la vostra esperienzaal Galeazzi? Dal 2010 a oggi sono statitrattati presso il reparto dame diretto più di 30pazienti, affetti da osteo-mielite e complicanze setti-che a livello delle ossa delloscheletro. Si tratta dellacasistica più grande a livel-lo internazionale, con untasso di successo superioreal 90%.Rispetto ad altri sostitutiossei addizionati di anti-biotici utilizzati in passato,si è osservata in particolarel’assenza di effetti collatera-li, tra cui quello di unasecrezione sierosa prolun-gata dalla ferita chirurgica,che limitava l’utilizzo dialcuni sostituti ossei a basedi sali di calcio usati in pas-sato.Nel nostro Istituto abbiamocondotto anche studi invitro, sotto il coordinamentodel professor LorenzoDrago, direttore delLaboratorio di analisi clini-che e microbiologiche. Ilteam di ricercatori ha potu-to dimostrare che il biovetrostudiato non ha soltantoproprietà battericide, maanche una efficacia nell’ini-bire la formazione di bio-film batterico, esplicandoun’azione antibattericabasata sulle proprietà fisico-chimiche del preparato.In linea con i risultati perse-guiti in questa sperimenta-zione, è stato recentementeavviato un nuovo progetto,finanziato dalla ComunitàEuropea, finalizzatoall’eventuale impiego deibiovetri per il rivestimentodi protesi metalliche.

Ci spieghi meglio di cosa sitrattaQuesto tipo di trattamentoprevede il ricorso a biove-tri, adeguatamente associa-ti a un idrogel su base diacido ialuronico, per il rive-stimento di protesi e plac-che metalliche, affidando aessi una funzione antibatte-rica in sostituzione dell’an-tibiotico.Privi di tossicità nei con-fronti delle cellule dell’os-so, i biovetri risultanoinfatti difficilmente ricono-scibili dai batteri e quindipossono proteggere le pro-tesi da infezioni battericheche potrebbero compro-metterne l’uso.Grazie a questa estensionedelle funzionalità ormairiconosciute dei biovetri, siritiene in tal modo diridurre l’eventualità dicomplicanze post operato-rie nel settore della chirur-gia protesica articolare.Contrastando eventualiinfezioni aderenti alla pro-tesi, il rivestimento conbiovetri ne eviterebbe larimozione e, di fatto, ridur-rebbe il livello di complica-zione del processo chirur-gico caratterizzato dal-l’asportazione del tessutoinfetto, resezione dell’osso,somministrazione prolun-gata di antibiotici e reim-pianto finale.

Professor Romanò, sem-bra che i risultati siano,almeno per ora, davveroconfortanti e lascino bensperare per il futuro.Si tratta di obiettivi impor-tanti, attestabili da risultatiche dovranno essere con-fermati nei prossimi anni,attraverso un percorso distudio e sperimentazione lacui conclusione è previstaper il 2015, ma le cui pre-messe sono insite nei tra-guardi finora raggiunti.Complessivamente, i risul-tati che abbiamo consegui-to fino ad oggi confermanocome l’utilizzo dei biovetriantibatterici nel campodelle applicazioni osseerappresenti un’interessanteevoluzione in area medica eapra nuove prospettive neltrattamento di patologieinvalidanti.

Renato Torlaschi

La scienza dei materiali sta contribuendo in misura crescen-te ai progressi della medicina; in ortopedia, l’ambito piùconosciuto è costituito dalla chirurgia protesica, in enormeespansione negli ultimi anni, in cui i biomateriali costituisco-no ormai un fattore critico di successo. Ne esistono però altriche si prestano ad applicazioni inattese, come il trattamen-to delle infezioni. Tra i ceramici intrinsecamente bioattivisono comprese le bioceramiche e i biovetri e in Italia esisteun centro all’avanguardia nello studio di questi prodotti. Siamo a Milano, all’Irccs Istituto ortopedico Galeazzi,dove è attivo il Centro di chirurgia ricostruttiva e delle infe-zioni osteo-articolari (Crio) diretto da Carlo Luca Romanò,presidente della European bone and joint infection socie-ty (Ebjis).

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?RM (1) T2 Spair coronale

Mario è un ragazzo di 38 anni che ha sempre goduto dibuona salute e lavora in una palestra come dipendente:qualche tempo fa ha subito un trauma da caduta allaspalla sinistra, con un vasto ematoma sottocutaneo che siè poi riassorbito lentamente.In seguito ha iniziato a lamentare algia alla spalla di talelato, con progressivo gonfiore craniale che ha indotto ilpaziente a rivolgersi al medico curante.Il medico curante ha prescritto un’indagine ecograficamirata, che ha confermato una tumefazione dei tessutimolli, tra componente ossea e muscolo deltoide, dinon univoca interpretazione; non è a disposizionel’iconografia.

ESAMI DI LABORATORIO E STRUMENTALIGli esami del sangue non hanno riportato franchi segnipatologici, se non un lieve rialzo dei lattati.L’indagine successiva richiesta è stata una risonanzamagnetica (1) senza mezzo di contrasto.Si è dunque confermata una massa solida tra testa del-l’omero e ventre muscolare del deltoide, ad elevataintensità di segnale in T2 e ipointensità T1, a marginisostanzialmente regolari.Il completamento con contrasto (2), indispensabile perun corretto inquadramento della patologia, è stato ese-guito pochi giorni dopo. L’enhancement è sostanzial-mente periferico, con qualche spot intralesionale.

IPOTESI DIAGNOSTICHEPresa visione dell’iconografia a disposizione, qual èl’ipotesi più plausibile?

• Raccolta ascessuale nei tessuti molli, dndd• Lesione sarcomatosa dei tessuti molli• Ematoma in fase di organizzazione da pregresso trauma• Miosite ossificante

A CURA DI GIORGIO CASTELLAZZI LA SOLUZIONE A PAGINA 22

RM (1) T1 sagittale

RM (1) T1 coronale RM (1) T2 FFE assiale

RM (1) T2 Spair sagittale

RM (2) T1 assiale post-mdc RM (2) T1 fat-sat assiale post-mdc RM (2) T1 coronale post-mdc

?Q U E S I T ODIAGNOSTICO

F O R M A Z I O N E C O N T I N U A

Page 8: Chirurgo vertebrale integrazione di competenze · 2014. 9. 8. · L’ortopedia è una disciplina che negli ultimi anni ha cono-sciuto un’evoluzione davvero molto forte. La ricerca

Secondo quanto affermauno studio pubblicato onli-ne su Jama InternalMedicine, le donne sarebbe-ro più esposte al rischio difallimento dell'impianto inseguito a intervento di pro-tesi totale d'anca rispettoagli uomini. Il gruppo distudio guidato da MariaInacio, medico del

Southern CaliforniaPermanente Medical Groupdi San Diego, è giunto aqueste conclusioni dopoaver esaminato fattori dirischio specifici, con l’in-tento di fornire a medici epazienti dati utili per poterscegliere dispositivi e tecni-che chirurgiche con mag-giori probabilità di succes-

so a lungo termine.La protesi totale d'anca èun’operazione che vieneeseguita con maggiore fre-quenza nelle donne rispet-to agli uomini. Fattori spe-cifici legati al sesso delpaziente e ai risultati otte-nuti sono stati analizzatianche in altre procedurechirurgiche di primariaimportanza, tuttavia sem-brerebbero assumere unsignificato più rilevantenelle operazioni di protesid’anca a causa delle diffe-renze anatomiche esistentitra uomini e donne.Sulla base di questa ipotesi,il team di ricercatori haesaminato l'associazionetra sesso e rischio di revi-sione a breve termine diprotesi totale d'anca pren-dendo in considerazioneun totale di 35.140 casi dioperazioni di protesi totale

di anca con tre anni di fol-low up; i soggetti avevanoun’età media di circa 66anni e tra questi il 57,5% dipazienti era di sesso fem-minile. I pazienti sono statimonitorati da aprile 2001 adicembre 2010.«Nella nostra analisi di unampio gruppo di protesitotali d’anca, incluso uncampione diversificatosulla base di 46 ospedali,abbiamo rilevato che al fol-low up medio di 3 anni ledonne presentano unrischio più elevato di revi-sione per tutte le cause(hazard ratio pari a 1,29) edi revisione asettica(hazard ratio 1,32), ma nondi revisione settica (hazardratio 1,17)» ha commenta-to l’autrice. Analizzandonel dettaglio i dati raccolti,emerge che una percentua-le maggiore di donne ha

ricevuto teste femorali da28 mm (28,2% contro il13,1% degli uomini) e pre-sentava una prevalenza dicombinazione articolaremetallo-polietilene alta-mente reticolato rispettoagli uomini (60,6% controil 53,7%). Gli uomini ave-vano una percentuale piùalta di teste femorali da 36mm o più grandi (55,4%contro il 32,8%) e unnumero superiore di prote-si di tipo metallo-metallo(19,4% contro il 9,6%). Acinque anni di follow up lasopravvivenza del disposi-tivo riscontrata è stata con-siderata dagli autri signifi-cativamente differente tra idue sessi: il 97,7% per gliuomini contro il 97,1%nelle donne. Commentando i risultatidella ricerca, la dottoressaDiana Zuckerman del

National Research Centerfor Women & Families diWashington ha affermato:«Analisi specifiche relativeal sesso sono particolar-mente importanti in orto-pedia a causa delle sostan-ziali differenze anatomichetra i sessi. I dati di questaricerca forniscono unprimo passo importantenella comprensione deglialti tassi di revisione ininterventi di protesi totaledi anca nelle donne».

Rachele Villa

Inacio MC, Ake CF, PaxtonEW, Khatod M, Wang C, GrossTP, Kaczmarek RG, Marinac-Dabic D, Sedrakyan A. Sexand risk of hip implant failure:assessing total hip arthroplastyoutcomes in the United States.JAMA Intern Med 2013 Feb18:1-7.

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L’intervento di protesi tota-le d’anca aumenta notevol-mente il rischio di ictusnelle settimane successive:lo conferma un nuovo eampio studio pubblicato suStroke, che suggerisce divalutare con attenzionel’opportunità di ricorrere aquesto tipo di chirurgianelle persone anziane.Infatti l’ictus, che è una trale principali cause di mortenei paesi industrializzati,colpisce con maggiore fre-quenza le persone con etàsuperiore ai 75 anni, unafascia di popolazione ormaimolto ampia, a cui semprepiù spesso vengono propo-sti interventi di sostituzionid’anca.La frequenza degli ictusperioperatori in questi

pazienti era già stata stima-ta in altri trial, che peròfinora non avevano con-frontato il rischio rispetto agruppi di controllo nonsottoposti a chirurgia; man-cava inoltre una valutazio-ne delle tempistiche in cuisi verificano questi graviepisodi e di come farmaci ocomorbilità possano influi-re sul fenomeno.A proporsi di colmare lalacuna è stato un gruppo diricercatori olandesi, danesie inglesi, coordinato daFrank de Vries, professoredi farmacoepidemiologiapresso l’università diUtrecht, nei Paesi Bassi. Lostudio è stato condotto suidati contenuti nei registrinazionali della Danimarcadove, dal 1998 al 2007, sono

state effettuate 66.583 sosti-tuzioni primarie d’anca;ognuno dei pazienti è statomesso a confronto con altritre di pari anno di nascita,sesso e area geografica diprovenienza ma non sotto-posti a interventi di artro-protesi nel periodo consi-derato.L’analisi ha evidenziato unnotevole aumento delrischio di ictus ischemico edi ictus emorragico durantele prime due settimane suc-cessive all’intervento chi-rurgico, con un hazard ratioaggiustato rispettivamentedi 4,69 e 4,4. Gli autori escludono che lastima sia falsata dalla mag-giore accuratezza con cui gliictus potrebbero essere regi-strati nel periodo di posto-

peratorio, infatti il rischiorelativo di ictus corso nelleprime due settimane daipazienti operati per tumoreè di appena 0,90.Comunque, passati 15 gior-ni dall’intervento di artro-plastica, il rischio si riducerapidamente per entrambi itipi di ictus, pur rimanendopiù elevato della norma perlungo tempo: un maggiorrischio di ictus ischemico èstato rilevato per sei setti-mane dopo l’interventomentre per l’ictus emorra-gico si è mantenuto per 12settimane. L’associazioneappare ancora più forte se siconsiderano eventi a esitofatale.Ma lo studio mostra anchela notevole efficacia dellaterapia farmacologica: i

pazienti che hanno ricevutoun trattamento standardcon farmaci antipiastriniciha visto ridursi del 70% ilrischio di ictus ischemiconelle prime sei settimanerispetto a coloro che nonhanno assunto nessun far-maco antitrombotico.Una meta-analisi hamostrato che l’efficacia del-l’aspirina si manifesta neidiversi dosaggi sommini-strati, dai 50 fino ai 1.500mg al giorno, mentre altrifarmaci non si sono asso-ciati ad analoghi migliora-menti.A conclusione del suo stu-dio, il dottor de Vries hafatto notare che «c’è dovun-que la tendenza a ridurre lalunghezza dei ricoveri inospedale, a causa delle

migliori terapie disponibili,per la sempre più condivisastrategia di mobilizzareprecocemente i pazienti eper la maggiore attenzioneall’abbattimento dei costi,ma questo non deve portarea trascurare il rrischio diictus, specialmente nelleprime due settimane suc-cessive alla chirurgia prote-sica».

Giampiero Pilat

Lalmohamed A, VestergaardP, Cooper C, de Boer A,Leufkens HG, van Staa TP, deVries F. Timing of stroke inpatients undergoing total hipreplacement and matchedcontrols: a nationwide cohortstudy. Stroke 2012 Dec;43(12):3225-9.

Chirurgia d’anca e rischio di ictus nei pazienti anziani

CHIRURGIA PROTESICA

Page 9: Chirurgo vertebrale integrazione di competenze · 2014. 9. 8. · L’ortopedia è una disciplina che negli ultimi anni ha cono-sciuto un’evoluzione davvero molto forte. La ricerca

Oggi l’utilizzo degli antibioticiè accompagnato dal problemadella resistenza batterica, chene impone un utilizzo attento,senza sprechi e limitato ai casidi effettiva necessità.Da questo punto di vista,assumono un’importanzaancora maggiore le recentiraccomandazioni emesse con-giuntamente dalla Americanacademy of orthopaedic sur-geons (Aaos) e dalla Americandental association (Ada).La ragione della collaborazio-ne tra queste due importantiassociazioni statunitensi cheoperano in ambiti distanticome l’ortopedia e l’odonto-iatria è facilmente comprensi-bile dal titolo delle linee guidaemesse: «Prevention of ortho-paedic implant infection inpatients undergoing dentalprocedures». Si parla dunquedi persone che hanno avutouna sostituzione protesica eche si sottopongono a proce-dure odontoiatriche di routi-ne: secondo gli esperti ameri-

cani non vi sono evidenze chequeste terapie possano causa-re infezioni intorno alle prote-si articolari e quindi non c’èragione di raccomandarel’utilizzo generalizzato degliantibiotici.Diceva esattamente il contra-rio un lavoro pubblicato loscorso anno sul Journal ofClinical Rheumatology, di cuivi abbiamo parlato suTabloid di Ortopedia e suOrthoAcademy (www.orthoa-cademy.it) nell’articolo “Dalcavo orale al liquido sinovia-le”.La questione è rilevante acausa del crescente numero dipersone che hanno ricevutoun intervento di artroprotesi:solo nel 2010 e nei soli StatiUniti sono state effettuate302.000 sostituzioni d’anca e658.000 di ginocchio. Le infezioni possono prodursiquando microrganismi estra-nei entrano nella ferita duran-te o dopo l’intervento e posso-no comprometterne il risulta-

to rendendo necessarie lungheprofilassi antibiotiche e talvol-ta un nuovo ricorso alla chi-rurgia. Secondo gli studi citatidalla linea guida di Ada eAaos, le percentuali medie diinfezioni variano dal 2 al 3%.Il dottor David S. Jevsevar,chirurgo ortopedico che hacollaborato alla stesura deldocumento, ricorda che «si è alungo dibattuto se i pazienticon impianti ortopedici, prin-cipalmente all’anca e al ginoc-chio, aumentino il rischio diinfezioni periprotesiche quan-do si sottopongono a terapieodontoiatriche; quel cheabbiamo trovato, a conclusio-ne della nostra analisi, è chenon vi sono evidenze conclu-sive che dimostrino l’utilità diricorrere ad antibiotici».Tre sono le raccomandazioniprincipali di queste lineeguida, basate su una revisionesistematica degli studi com-parsi in letteratura. La prima,basata su evidenze limitate,consiglia di rimettere in

discussione l’abitudine di pre-scrivere una profilassi antibio-tica ai pazienti con protesi chesi sottopongono a cure odon-toiatriche; la seconda racco-mandazione indirizza all’uti-lizzo di antimicrobici oralitopici per la prevenzione delleinfezioni; ma solo la terza rac-coglie un consenso generaliz-zato ed è quella che supportauna scrupolosa attenzione nelmantenere una buona igieneorale.Il documento non intendeessere esaustivo della proble-matica affrontata: «pensiamopiuttosto – afferma ancoraJevsevar – che possa essere uti-lizzato come strumento edu-cativo per guidare ortopedici eodontoiatri a prendere deci-sioni nel trattamento dei pro-pri pazienti in modo damigliorarne la qualità e l’effi-cacia. Come clinici il nostroobiettivo è muoverci secondoil miglior interesse dei nostripazienti».

Renato Torlaschi

1. www.ada.org2. www.aaos.org/guidelines3. Della Valle CJ, ZuckermanJD, Di Cesare PE.Periprosthetic Sepsis. ClinOrthop 2004; (420):26-31.4. Watters W 3rd, RethmanMP, Hanson NB, Abt E,Anderson PA, Carroll KC,Futrell HC, Garvin K, GlennSO, Hellstein J, Hewlett A,Kolessar D, Moucha C,

O'Donnell RJ, O'Toole JE,Osmon DR, Evans RP,Rinella A, Steinberg MJ,Goldberg M, Ristic H, BoyerK, Sluka P, Martin WR 3rd,Cummins DS, Song S,Woznica A, Gross L.Prevention of orthopaedicimplant infection in patientsundergoing dental procedu-res. J Am Acad Orthop Surg2013 Mar;21(3):180-9.

Protesi ortopediche e cure dentistiche:non servono gli antibiotici

FARMACOLOGIA

Un team di ricercatori del-l’università di Manchester hareso noti su Annals ofPharmacotherapy i risultati diuna ricerca sulla prevalenza enatura degli errori di sommi-nistrazione dei farmaci (Mae,medication administrationerrors) in ambito sanitario. Sebbene il margine di errorerimanga un evento comunenelle cure mediche, i progressiin questo ambito sono moltolenti e difficoltosi perchè iltasso di errore nella sommini-strazione dei farmaci riporta-to dalla letteratura varia sensi-

bilmente in base alle differentidefinizioni di errore, ai meto-di di raccolta dei dati e alleimpostazioni di base dei varistudi. Questa review suggeri-sce come le ricerche futuredovrebbero puntare a elimi-nare le incongruenze tra glistudi per ottenere un maggiorgrado di comparabilità.La ricerca è stata condottaanalizzando dieci banche datielettroniche (tra cui Medline,Embase, Scopus e PsycInfo),selezionando gli studi in lin-gua inglese pubblicati nelperiodo 1985-2012 condotti

utilizzando unicamente ilmetodo di osservazione diret-ta, con una modalità che per-metteva di determinare iltasso di errori. Dai 91 studianalizzati, prevalentementecondotti all’interno di struttu-re ospedaliere e in parte incase di cura per lungodegenti,è emerso un tasso di erroremediano (range interquartile)pari al 19,6% del totale dellepossibilità di errore, compresierrori nel tempo di sommini-strazione, e un tasso dell’8%considerando solo la modalitàdi somministrazione, corretta

o non corretta, escludendo glierrori nei tempi di sommini-strazione.Un tasso mediano superiore èstato osservato nelle sommi-nistrazioni per via endoveno-sa (53,3%, escludendo errorinei tempi di somministrazio-ne), rispetto ai casi in cui sonostate studiate tutte le modalitàdi somministrazione (20,1%),dove ogni dose può accumu-lare più di un errore. Gli erro-ri più comuni riportati daglistudi includevano errori ditempo, di omissione o didosaggio.

I tre gruppi di farmaci piùcomunemente associati con icasi di errata somministrazio-ne sono stati quelli riguardan-ti il sistema cardiovascolare, lanutrizione e il sangue e il siste-ma gastrointestinale.Lo studio rivela come le causedegli errori più comuni disomministrazione dei farma-ci, soprattutto riguardo aitempi di somministrazione,siano carenze conoscitive e diconcentrazione del singolooperatore oppure disguidi ditipo organizzativo dovuti aprocedure poco chiare, carico

di lavoro eccessivo o ridottadisponibilità di risorse. Lesoluzioni proposte per mini-mizzare l’incidenza degli erro-ri di somministrazione sonomolteplici e includono ilricorso al sistema dei codici abarre per l’identificazione delpaziente e del farmaco e pro-poste di formazione adeguatadel personale infermieristico.

Rachele Villa

Keers RN et al. AnnPharmacother 2013 Feb;47(2):237-56.

L’identikit degli errori di somministrazione dei farmaci

FARMACOLOGIA

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Le neuropatie periferiche sono patologie che, in granparte dei casi, sfociano in sintomi primari quali dolore edeficit funzionali. Le cause più frequenti richiamano lemalattie metaboliche (come il diabete), i traumi, gli inter-venti chirurgici e i danni da compressione, soprattutto alivello dei tunnel anatomici (sindrome del tunnel carpale,sindrome del tunnel cubitale, cervicobrachialgia, lombo-

sciatalgia e lombo-cruralgia). Qualunque sia lacausa, le neuropatieperiferiche sonocaratterizzate da flo-gosi, danno mielini-co, sofferenza asso-nale e danno meta-bolico.In particolare, il

decorso può riconoscere due fasi distinte: una faseiniziale, dove prevalgono infiammazione e dolore, euna fase evolutiva, caratterizzata da manifestazionicorrelate al danno mielinico e metabolico (formicolii,parestesie, deficit funzionali). Su queste basi fisiopa-tologiche, deve poggiare una strategia terapeuticache punti ai due aspetti.La curcumina interviene sull’innesco del processoinfiammatorio grazie all’inibizione dell’NF-kB – quindidella produzione delle citochine – e sull’amplificazionedella flogosi, perché inibisce la degranulazione deimastociti. Inoltre, da studi recenti, emerge un’attivitàdella curcumina sui recettori vanilloidi del dolore. Unicur è un integratore a base di curcumina fitosomaad alto dosaggio (2g/die) e ad elevatabiodisponibilità (29volte superiore allacurcumina tradizio-nale). Axin C è costituitoda curcumina fitoso-ma (1g/die) e acidoalfa lipoico (600mg/die). La strategia per un approccio completo e innovativoalle neuropatie periferiche prevede l’impiego di Unicurnei primi 20 giorni, alla posologia di 2 compresse algiorno, e di Axin C nei successivi 30 giorni, alla poso-logia di 2 compresse al giorno.In sintesi, 50 giorni di trattamento, 20 giorni con Unicurper intervenire da subito in maniera prevalente su flogo-si e dolore e, successivamente, 30 giorni con Axin C percontrastare il danno mielinico e il danno metabolico.

NEUROPATIE PERIFERICHE: UN APPROCCIO INNOVATIVO

DALLE AZIENDE

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Clodronato in ortopedia:applicazioni ed efficaciaIn ambito ortopedico il clodronato si è dimostrato efficace in numerosesituazioni cliniche: in chirurgia protesica, nell’osteoporosi, contro il dolore.Da preferire la somministrazione intramuscolare rispetto a quella orale

FOCUS ON

Il Clodronato è un bisfo-sfonato ampiamenteconosciuto e utilizzato,

dagli anni Sessanta a oggi,nella terapia di una serie didisordini osteometabolicicaratterizzati da eccessivoriassorbimento quali ilmorbo di Paget, l’ipercalce-mia maligna, le osteolisitumorali, l’iperparatiroidi-smo primario. Negli ultimianni invece sono apparsinella letteratura internazio-nale dati interessanti sullavalidità terapeutica del clo-dronato anche nell'osteomie-lite sclerotizzante diffusadella mandibola, nell’osteo-artrosi erosiva, nell’osteoge-nesi imperfetta, nell’osteopo-rosi transitoria dell’anca,nella prevenzione della perdi-ta ossea periprotesica in esitidi interventi chirurgici diprotesizzazione di grandiarticolazioni (anca e ginoc-chio). Il clodronato inoltredalla fine degli anni Novantaè stato impiegato con succes-so nella prevenzione e tratta-mento dell'osteoporosipostmenopausale. Infine, invirtù della sua efficacia antin-fiammatoria e antalgica (nonposseduta dai bisfosfonatipiù recenti), ha mostrato ilsuo effetto anche nell’algodi-strofia, nella periartropatiad’anca dolorosa non respon-siva, nell’artrite reumatoide enella spalla dolorosa (1).Gli ambiti in cui il clodrona-to trova applicazione in orto-pedia sono dunque moltepli-ci e tutti validati da una soli-da evidenza di dati presentiin letteratura.

Clodronato in chirurgia protesicaCaso esemplare nel quale ilconcorso tra l'azione antirias-sorbitiva e quella antinfiam-

matoria del clodronato èessenziale nel determinarnel'efficacia è rappresentato dalsuo impiego in chirurgia pro-tesica nella fase di stabilizza-zione post-impianto, dovenotoriamente la perdita osseaperiprotesica è risultato delprocesso flogistico.Lo studio più recente in que-sto settore è il trial clinicomulticentrico condotto daTrevisan et al (2) su un cam-pione di 91 soggetti sottopo-sti ad artroprotesi d'anca noncementata, randomizzati aricevere clodronato per viaintramuscolare (alla dose di100 mg al giorno per diecigiorni consecutivi e poi unavolta alla settimana per lesuccessive 50 settimane) ver-sus nessun trattamento. Ipazienti sono stati seguiti perun follow up complessivo diun anno, con valutazionedella densità ossea periprote-sica e dei markers sierici dimetabolismo osseo CTX eBAP prima dell'inizio deltrattamento e poi a distanzadi 3, 6 e 12 mesi.Confermando analoghi studiprecedenti, i risultati a unanno hanno dimostrato unaperdita ossea significativa-mente inferiore nel gruppotrattato con clodronato, inparticolare nella popolazionefemminile (maggiormente arischio di osteolisi periprote-sica).

Clodronato nell’osteoporosiUn altro ambito di applica-zione del clodronato ampia-mente indagato è quello del-l'osteoporosi.Dosi e intervalli di sommini-strazione variabili sono statisperimentati per il tratta-mento dell'osteoporosipostmenopausale, prevalen-temente con le formulazioni

per via iniettiva disponibili.Per quanto riguarda la dose,un recentissimo lavoro diFrediani et al (3) ha valutatoin 60 donne con osteoporosipostmenopausale l'efficaciadi 200 mg di clodronato i.m.la settimana (in due sommi-nistrazioni) rispetto alla dosetradizionalmente in uso di100 mg i.m./settimana, perun periodo di trattamento didue anni. Tutte le pazientihanno inoltre ricevuto laseguente supplementazione:un bolo iniziale di 300.000 UIdi vitamina D3 e una dosegiornaliera di calcio (1 g) evitamina D3 (800 UI). I risul-

tati dello studio riportanoper la dose raddoppiataaumenti superiori e più rapi-di della densità ossea a livellovertebrale, e ancor più, inproporzione, a livello femo-rale, con valori di BMD a 12mesi comparabili – talorasuperiori – a quelli raggiunticon la dose convenzionale a24 mesi, oltre che un ulterio-re e significativo guadagnoottenuto nel corso del secon-do anno di trattamento chenon si è verificato invece conil 100 mg/settimana.In precedenza, Muratore et al(4) hanno invece messo aconfronto in donne con

osteoporosi postmenopausa-le due diversi regimi di som-ministrazione di clodronatoi.m.: 100 mg una volta la set-timana e 200 mg ogni duesettimane. Il risultato a unanno fu di un incrementodella BMD lombare e femo-rale, diminuzione dei marca-tori di riassorbimento e ridu-zione del dolore pressochésovrapponibile, oltre adun’aderenza alla terapia deci-samente superiore con il regi-me bisettimanale (nessunpaziente ha sospeso il tratta-mento rispetto al 20% diinterruzioni con lo schemasettimanale).La sovrapponibilità dei risul-tati sulla BMD dei due diver-si regimi di somministrazio-ne è stata poi confermata indonne con osteoporosipostmenopausale con followup di due anni da Frediani etal (5).L'azione antiriassorbitiva delclodronato (prevenzionedella perdita ossea e dellefratture da fragilità) è statadimostrata inoltre in pazientia rischio per cause diverse inampi studi prospettici dilungo periodo condotti daFrediani et al (6) eMcCloskey et al (7, 8).

Clodronato contro il doloreL'azione d’interferenza con iprocessi proinfiammatorioriginati a livello endocellu-lare nella linea monocito-macrofagica conferisce al clo-dronato un ruolo anche neltrattamento del dolore orto-pedico, in particolare in tuttequelle condizioni che benefi-ciano contemporaneamentedell'effetto antiriassorbitivo.L'effetto antalgico del clodro-nato, comunemente sfruttatonella pratica clinica in parti-colare nelle fratture vertebra-

li da fragilità, è stato anchesperimentato nella terapia diforme osteoartrosiche.Nello studio condotto daSaviola et al (9) è recente-mente valutata l'efficacia delclodronato (i.v. + i.m.) inconfronto a idrossiclorochinain pazienti con osteoartrosierosiva della mano, riscon-trando una riduzione signifi-cativa del dolore e del deficitfunzionale nel gruppo intrattamento con il bisfosfo-nato rispetto ad assenza dimiglioramento o lieve peg-gioramento osservati nelgruppo idrossiclorochina.In soggetti con osteoartrosisintomatica del ginocchio,Rossini et al (10) hanno otte-nuto dalla somministrazioneintrarticolare di clodronatorisultati sintomatici e funzio-nali comparabili a quelli del-l'acido ialuronico.

Clodronato in oncologiaIn ambito oncologico vengo-no considerate diverse appli-cazioni del clodronato –come di altri bisfosfonati –nella gestione del dolore neo-plastico, soprattutto se dovu-to a localizzazione ossea. È unfarmaco comunemente usatonella prevenzione delle frat-ture vertebrali, e in generaledelle complicanze scheletri-che, del mieloma multiplo(11) e nel controllo dellemetastatasi ossee di vari tipidi tumore (12-14).

Dott. Luigi Paolo Spreafico

Luigi Paolo Spreafico, speciali-sta in ortopedia e traumatolo-gia, è dirigente di I livelloall’Istituto Auxologico Italiano– Casa di cura San Carlo eopera all’interno della divisionedi ortopedia (responsabile: dot-tor Marcello Nava)

QUALE VIA DI SOMMINISTRAZIONE?

A tutt'oggi mancano studi comparativi per confrontare glieffetti della somministrazione orale e di quella intramusco-lare del clodronato.D’altra parte, nei trattamenti di lungo periodo la sommini-strazione intramuscolare effettuabile a intervalli settimanalio bisettimanali ha ovvi vantaggi rispetto a quella orale acadenza quotidiana, che comporta le complicazioni comu-ni a tutti i bisfosfonati orali: possibili effetti lesivi del trattogastroesofageo, oltre che il disagio del digiuno mattutinoper il paziente – con la possibile conseguenza di una scar-sa aderenza alla terapia – e il rischio di un assorbimentointestinale variabile.La predilezione per la somministrazione parenterale trova ilsuo più forte fondamento nelle caratteristiche farmacocine-tiche del clodronato, che somministrato per via orale hauna biodisponibilità molto bassa (pari al 2%), potenzial-mente influenzata, inoltre, dalla contemporanea assunzio-ne di cibo e bevande, soprattutto se ricche di calcio oferro.L’infusione endovenosa di clodronato viene utilizzatasoprattutto per il trattamento a breve termine dei pazienticon ipercalcemia maligna oppure per la fase di attacco diterapie in cui ne viene sfruttato anche l'effetto antinfiamma-torio, ma è stato anche impiegato, con schemi di sommini-strazione intermittente, nell’osteoporosi postmenopausale. Nel trattamento di lungo periodo, tuttavia, la formulazionepiù utilizzata è quella intramuscolare. La recente disponibi-lità del nuovo dosaggio intramuscolare bisettimanale da200 mg consente infatti alle pazienti con osteoporosipostmenopausale di migliorare l’aderenza al trattamento equindi di aumentarne l’efficacia.

19

Bibliografia1. Bertoldi I, Frediani B. Clodronato: ieri, oggi e domani. Rivista Bisfosfonati

(GIBIS) 2012;13(2):3-17.2. Trevisan C, Ortolani S, Romano P, Isaia G, Agnese L, Dallari D, GrappioloG, Cherubini R, Massari L, Bianchi G. Decreased periprosthetic bone loss inpatients treated with clodronate: A 1-year randomized controlled study. CalcifTissue Int 2010;86(6):436-446.3. Frediani B, Bertoldi I, Pierguidi S, Nicosia A, Picerno V, Filippou G,Cantarini L, Galeazzi M. Improved efficacy of intramuscular weekly admini-stration of clodronate 200 mg (100 mg twice weekly) compared with 100 mg(once weekly) for increasing bone mineral density in postmenopausal osteopo-rosis. Clin Drug Investig 2013;33(3):193-198.4. Muratore M, Quarta L, Calcagnile F, Quarta E. “Twice-a-month” clodro-nate 200 mg IM: a new dosing regimen and improved therapy adherence inthe treatment of postmenopausal osteoporosis. Adv Ther 2010;27(5):314-320.5. Frediani B. Effects of two administration schemes of intramuscular clodro-nic acid on bone mineral density: a randomized, open-label, parallel-groupstudy. Clin Drug Investig 2011;31(1):43-50.

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FOCUS ON21

Le alternative terapeuticheper il dolore neuropaticoSe Fans e analgesici, oltre ai loro effetti collaterali, risultano poco efficacinel trattamento delle neuropatie, è possibile guardare a formulazioni dinutraceutici studiate appositamente per la cura del dolore neuropatico

Antonio Memeo è direttoredella Struttura complessa diortopedia e traumatologiapediatrica dell’Istituto ortopedi-co G. Pini di Milano

Nel dolore neuropati-co il trattamentomaggiormente adot-

tato è quello che prevedel’utilizzo di Fans o analgesicipuri, anche se la risposta inqueste affezioni risulta a tut-t’oggi scarsa.Vari studi e ricerche clinicheriportano come trattamentocorretto quello multidisci-plinare, che prevede unaterapia a base di farmaciantinfiammatori, analgesici,antidepressivi Ssri o Ssnri eanticonvulsivi. Alcuni farmaci (Ssnri, anti-depressivi triciclici e oppioi-di deboli) possono essereutilizzati come terapie diprima linea, alle quali farseguire anticonvulsivanti,altri antidepressivi (farmacidi seconda linea), agenti peruso topico, oppiacei e sup-plementi nutrizionali.Anche gli antiepiletticihanno dimostrato di ridurrel’ipereccitabilità neuronaleattraverso vari meccanismiche interferiscono con l’atti-vità neuro trasmettitorialeeccitatoria.

Il ruolo di antiossidanti e omega 3La terapia prevede anchel’impiego di neuroprotetto-ri, come l’acido alfa lipoico(Ala) detto anche acidotioctico, un composto disol-furo cofattore in reazionivitali che producono ener-gia per l’organismo e conuna spiccata attività antios-sidante.Numerosi studi hanno con-fermato che i processi diossidazione sono coinvolti

nell’insorgenza e nel peg-gioramento del dolore neu-ropatico; lo stress ossidativoè stato considerato unimportante determinantedelle condizioni patologichedegenerative e dolorose deinervi periferici, proprioperché implicate nellacascata del segnale nocicet-tivo doloroso e di sensibiliz-zazione, tipico del doloreneuropatico.Il ruolo dell’acido alfa lipoi-co risiede quindi nella suaspiccata attività antiossi-dante in grado di neutraliz-zare sia le reazioni ossidati-ve che di ridurre le formeossidate derivanti da altrifattori.Un’altra sostanza che puòessere utilizzata per il tratta-mento delle neuropatieperiferiche è il Dha.Il Dha o acido docosaesae-noico è un acido grassopolinsaturo semiessenziale(estratto dall’olio di pesce)appartenente alla famigliadegli omega 3, con 22atomi di carbonio e 6 doppilegami.È un componente fonda-mentale di tutte le membra-ne cellulari (e mitocondria-li), soprattutto di quellenervose dove costituiscel’85% dei fosfolipidi dimembrana.

Una formulazione per il controllo delle neuropatieL’associazione di Dha e Alapermetterebbe di ripristina-re la funzionalità della cellu-la nervosa danneggiata inquanto l’Ala fornirebbel’energia necessaria e il Dha

ne riparerebbe la membranadanneggiata. La presenza del Dha inoltre,essendo una sostanza oleo-sa, garantirebbe una miglio-re solubilizzazione dell’Ala.Ne consegue quindi che, se ledue sostanze vengono assun-te contemporaneamente(perché contenute entrambein una capsula), durante l’as-sorbimento si può avere unpiù rapido ingresso dell’Alanella cellula. Studi recenti (1) dimostra-no infatti come sia impor-tante, al fine di ottenere ilmiglior effetto possibiledell’Ala, di somministrarloin forme farmaceuticheche consentono la suadisponibilità in alte con-centrazioni e nel minortempo possibile.Nello studio di Rossoni eStankov del 2010 (11) èstato anche dimostrato chel’Ala è maggiormente biodi-sponibile grazie alla presen-za del Dha: l’attività antin-fiammatoria dell’Ala som-ministrato in concomitanzacon Dha è risultata infatti dicirca due volte maggiore neiconfronti dell’Ala da solo ecirca sei volte maggiore neiconfronti del Dha.L’associazione Ala e Dhamigliorerebbe quindi il flus-so assonale, l’uptake deineurotrasmettitori e la con-duzione nervosa stimolan-do anche la produzione deifattori di crescita del nervo(Ngf), offrendo infine unamaggiore attività antin-fiammatoria rispetto a quel-la delle singole sostanze.

Dott. Antonio Memeo

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Bibliografia 1. Amenta F, Traini E, Tomassoni D, MigniniF. Pharmacokinetics of different formula-tions of tioctic (alpha-lipoic) acid in healthyvolunteers. Clin Exp Hypertens 2008 Nov;30(8):767-75.2. Bilska A, W∏odek L. Lipoic acid - the drugof the future? Pharmacol Rep 2005 Sep-Oct;57(5):570-7.3. Carlson D, Smith A. The case against con-trolled release lipoic acid: a pharmacokinetic-mechanistic argument (part 1). GeroNovaResearch Inc.: Reno. p. 1-15.4. Coste TC et al. Neuroprotective effect ofdocosahexaenoic acid-enriched phospholipidsin experimental diabetic neuropathy. Diabetes2003 Oct; 52(10):2578-85.5. Gilron et al. Pharmacological managementof chronic neuropathic pain - consensus state-ment and guidelines from the Canadian PainSociety. Pain Res Manag 2007 Spring; 12(1):13-21.6. Head KA. Peripheral neuropathy: pathoge-nic mechanisms and alternative therapies.Altern Med Rev 2006 Dec; 11(4):294-329.7. Kim HY et al. Superoxide signaling in painis independent of nitric oxide signaling.

Neuroreport 2009 Oct 28; 20(16):1424-8.8. Innis SM. Dietary (n-3) fatty acids andbrain development. J Nutr 2007 Apr;137(4):855-9.9. Packer L et al. alpha-Lipoic acid as a biolo-gical antioxidant. Free Radic Biol Med. 1995Aug;19(2):227-50.10. Packer L et al. Neuroprotection by themetabolic antioxidant alpha-lipoic acid. FreeRadic Biol Med 1997; 22(1-2):359-78.11. Rossoni G, Stankov BM. Alpha-lipoic acidand docosahexaenoic acid: a positive interac-tion on the carrageenan inflammatory respon-se in rats. Nutrafoods 2010, 9(3), pp. 21-25.12. Ziegler D et al. Oral treatment with alpha-lipoic acid improves symptomatic diabeticpolyneuropathy: the SYDNEY 2 trial.Diabetes Care 2006 Nov; 29(11):2365-70.

Tempo dall’iniezione di carragenina (in ore)

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CORSI E CONGRESSI 22

L’ A g e n d a d e l l ’ O r t o p e d i c o

La diagnosi corretta è di lesione sarcomatosa dei tessu-ti molli, come da diagnosi istologica post-escissione chi-rurgica radicale.Poco probabili risultano le altre ipotesi, ecco per qualimotivi.Una raccolta ascessuale avrebbe presentato enhance-ment solo periferico, con capsula spessa e sostanzial-mente omogenea, e con disomogeneità dei tessuti molliadiacenti; inoltre almeno gli indici di flogosi ematici avreb-bero dovuto rialzarsi.Un ematoma avrebbe dovuto essere più disomogeneo, ealmeno lievemente iperintenso in T1, con possibile minimoenhancement periferico ma non centrale.Una miosite ossificante sarebbe intramuscolare, con cal-cificazioni contestuali (qui non presenti), e con edema dif-fuso del muscolo.

ORTORISPOSTARISPOSTA AL QUESITO DIAGNOSTICO

Tabloid di Ortopedia Anno VIII - numero 3 aprile 2013Mensile di informazione, cultura, attualità

Direttore responsabilePaolo Pegoraro [email protected]

RedazioneAndrea Peren [email protected] Villa [email protected]

Segreteria di redazione e trafficoMaria Camillo [email protected]. 031.789085 - Fax 031.6853110

Grafica e impaginazioneMinù Art • boutique creativa - www.minuart.it

Hanno collaborato in questo numero: Giorgio Castellazzi,Antonio Memeo, Monica Oldani, Giampiero Pilat, LuigiPaolo Spreafico, Renato Torlaschi

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VenditeStefania Bianchi [email protected] Hefti (Agente) [email protected] Pavan (Agente) [email protected]

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31 maggioMaster Class Sigascot “Cartilage and sport”Milano, Istituto Clinico HumanitasSegreteria Organizzativa: Segreteria SigascotTel. 055.2399112 - Fax [email protected]

4 giugno Rizzoli Advanced Elbow Course 2nd Edition1° Meeting Elbow Dislocation and InstabilityBologna, Centro Congressi Codivilla Putti Segreteria Organizzativa: Ad Arte srlTel. 051.19936160 - Fax [email protected]

5-8 giugno14th congresso EFORTIstanbul, Turchiawww.efort.org/istanbul2013

8 giugnoIl trattamento dei traumi del polso Stato dell’arte e linee guidaRapalloSegreteria Organizzativa: ASL4 ChiavareseTel. 0185.329312 - Fax [email protected]

14-15 giugno 141° Riunione della Società Emiliano-Romagnola-Triveneta di Ortopedia e Traumatologia (SERTOT)Fratture estremo prossimale dell'omeroRevisione delle protesi d'ancaTriesteSegreteria Organizzativa: MV CongressiTel. 0521.290191 - Fax [email protected] - www.mvcongressi.com

15 giugnoArtroscopia e medicina rigenerativa: nuoveprospettive. La ricostruzione del difetto condraleLa riparazione della lesione massiva della cuffiadei rotatoriRoma, Aula Magna - Ospedale ForlaniniSegreteria Organizzativa: Balestra CongressiTel. 06.2148068 - [email protected]

21-22 giugnoXIII Congresso SICOOPRelive surgery: approccio multidisciplinare einnovativo alla patologia ortopedicaGenova, Palazzo Ducale Fondazione Cultura Segreteria Organizzativa: Balestra CongressiTel. 06.2148068 - Fax [email protected]

1 luglio1° Corso base sul trattamento meniscale"Meniscus pathology: remove, repair, replace"Bologna, Istituto Ortopedico Rizzoli Segreteria Organizzativa: OIC srlTel. 055.50351 - Fax [email protected]

19-20 settembre3rd Current Concept SIGASCOT "Le Gonartrosi"Catania, Sheraton Catania & Conference CenterSegreteria Organizzativa: OIC srlTel. 055.50351 - Fax [email protected]

26-28 settembre6° Trauma Meeting "Innovazioni in traumatologia.Le fratture esposte"Riccione (RN), Palazzo dei CongressiSegreteria Organizzativa: Ad Arte srlTel. 051.19936160 - Fax [email protected]

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