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Fabrizio Bettetti, Gerri Del Ben CYBERBULLISMO Natura e diffusione del fenomeno che attacca le nuove generazioni

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Fabrizio Bettetti, Gerri Del Ben

CYBERBULLISMO

Natura e diffusione del fenomeno che attacca le nuove generazioni

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Sommario

1. Cyberbullismo, cos’è?

2. Confronto con il bullismo tradizionale

3. Tipi di cyberbullismo

4. Diffusione del fenomeno

5. Come proteggersi?

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1. Cyberbullismo, cos’è?

Il cyberbullismo (ovvero “bullismo online”) è il termine che indica un tipo di attacco continuo, ripetuto,

offensivo e sistematico attuato mediante la rete. Si tratta di un’evoluzione del bullismo tradizionale.

Negli Stati Uniti, l’organo noto come U.S. Department of Health & Human Services ha dichiarato che il

cyberbullismo può includere “messaggi di testo, e-mail e gossip diffusi via posta elettronica o postati sui

social network, ma anche la pubblicazione di video e foto imbarazzanti, la creazione di profili e siti web

falsi”.

I giuristi anglofoni distinguono di solito tra il cyberbullying (cyberbullismo) che avviene tra minorenni e

il cyberharassment (cybermolestia) che avviene tra adulti o tra un adulto ed un minorenne. Tuttavia,

nell’uso corrente, cyberbullying viene utilizzato indifferentemente per entrambi i casi.

Il termine cyberbullying è stato coniato dall’insegnante canadese Bill Belsey.

2. Confronto con il bullismo tradizionale

Rispetto al bullismo tradizionale nella vita reale, l’uso dei mezzi elettronici conferisce al cyberbullismo

alcune caratteristiche proprie. In effetti la tecnologia non ha fatto altro che mettere sul piatto d’argento

dei molestatori nuove occasioni per colpire i più vulnerabili. Tra l’altro la cultura del “condividere

tutto” sui social network, che oramai è una norma, ha gettato ulteriore benzina sul fuoco.

Le caratteristiche proprie del cyberbullismo sono principalmente le seguenti.

Anonimato del molestatore. Ad essere precisi, tale anonimato è illusorio; ogni comunicazione

elettronica lascia sempre delle tracce. Il punto è che, per la vittima, in particolare se si tratta di

un bambino o di un ragazzo, è difficile risalire, da sola, al proprio molestatore (il cosiddetto

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cyberbullo). Inoltre, a fronte dell’anonimato del cyberbullo, spiacevoli cose sul conto della

vittima possono essere inoltrate ad un ampio numero di persone; per di più la diffusione di

notizie in rete è molto rapida.

Indebolimento delle remore etiche. La caratteristica precedente, abbinata alla possibilità di fingere di

essere un’altra persona online, può indebolire le remore etiche: spesso la gente fa o dice cose

online che non farebbe o direbbe nella vita reale. Ad esempio, i bambini che sono restii ad

offendere qualcuno personalmente, potrebbero trovare nel cyberbullismo la via per realizzare le

loro bravate. Evitando così la possibilità di un’immediata ritorsione fisica o la vista della

reazione emotiva della vittima, il cyberbullo si comporta in una forma molto più aggressiva (e

codarda), rispetto a quella che avrebbe assunto se si fosse trovato faccia a faccia con la vittima.

L’uso di forme alternative di comunicazione (in luogo del dialogo diretto) che porta

all’indebolimento delle barriere di tipo morale, è dovuto all’epoca di apatia che le persone

stanno vivendo.

Assenza di limiti spaziotemporali. Mentre il bullismo tradizionale avviene di solito in luoghi e

momenti specifici (ad esempio in contesto scolastico), il cyberbullismo investe la vittima ogni

volta che si collega al mezzo elettronico utilizzato dal cyberbullo (per esempio un social

network). Quindi se un tempo il bullismo tradizionale terminava con la fine della giornata

scolastica, il cyberbullismo può intensificarsi dopo le lezioni. È un fenomeno che va ben oltre i

banchi di scuola; un ragazzino prepotente può perseguitare le proprie vittime anche a casa,

entrando nello spazio inviolabile di una cameretta.

Potenzialmente questo attacco può avvenire in qualunque luogo ed a qualsiasi ora del giorno. In

effetti, post pubblicati su un social network oppure e-mail imbarazzanti sono in rete 24 ore su

24.

Come nel bullismo tradizionale, però, il prevaricatore vuole prendere di mira chi è ritenuto “diverso”,

solitamente per aspetto estetico, timidezza, orientamento sessuale, politico o religioso, abbigliamento

non ritenuto convenzionale e così via. Gli esiti di tali molestie possono essere l’erosione di qualsivoglia

volontà di aggregazione ed il conseguente isolamento, implicando esso, a sua volta, danni psicologici

non indifferenti come la depressione o, nei casi peggiori, ideazioni e intenzioni di suicidio. Tra l’altro,

spesso, i molestatori, soprattutto se giovani, non si rendono effettivamente conto di quanto la propria

condotta può nuocere alla persona altrui.

Non è un caso che gli esiti del cyberbullismo possano essere addirittura più gravi rispetto a quelli del

bullismo tradizionale: se qualcosa, come una notizia imbarazzante oppure una foto personale, viene

diffuso in rete, si è soliti pensare che la notizia arriverà a tutti e durerà per sempre. Le vittime del

cyberbullismo sono, quindi, doppiamente imbarazzate.

Il bullismo tradizionale, nel contesto del cyberbullismo (o bullismo online), viene spesso chiamato

bullismo offline.

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3. Tipi di cyberbullismo

Il cyberbullismo assume, nello specifico, varie denominazioni a seconda del contesto e dei mezzi

utilizzati per porlo in essere.

Di seguito sono elencate le diverse categorie di cyberbullismo e le rispettive caratteristiche peculiari.

Flaming. Con tale termine si indicano messaggi elettronici, violenti e volgari, detti flame, mirati a

suscitare “battaglie” verbali online, tra due o più contendenti, che si affrontano ad “armi pari”

(il potere è, infatti, bilanciato e non sempre è presente una vittima come nel tradizionale

bullismo) per una durata temporale determinata dall’attività online condivisa.

Il flaming può essere, infatti, circoscritto ad una o più conversazioni che avvengono nelle chat o

caratterizzare la partecipazione (soprattutto degli adolescenti di sesso maschile) ai videogiochi

interattivi su internet. In questo secondo caso, ad esempio, possono essere presi di mira, con

insulti e minacce, i principianti che, con il pretesto di errori inevitabilmente connessi

all’inesperienza, diventano oggetto di discussioni aggressive.

Il divertimento sembra collegato, allora, non solo alla partecipazione al gioco interattivo, ma

soprattutto al piacere di insultare o minacciare il nuovo arrivato che, sentendosi protetto

dall’anonimato e dalla conseguente, presunta, invisibilità, può rispondere egli stesso in modo

fortemente aggressivo alle provocazioni, alimentandole.

È bene, però, precisare che una lunga sequenza di messaggi insultanti e minacciosi (flame war)

potrebbe, in alcuni casi, precedere una vera e propria aggressione nella vita reale.

Molestie (harassment). Consiste in messaggi scortesi, offensivi, insultanti, disturbanti, che vengono

inviati ripetutamente nel tempo, attraverso e-mail, SMS, MMS, telefonate sgradite o talvolta

mute.

A differenza di quanto accade nel flaming, sono qui riconoscibili le proprietà della persistenza (il

comportamento aggressivo è reiterato nel tempo) e della asimmetria di potere tra il cyberbullo

(o i cyberbulli) e la vittima. Si tratta, dunque, di una relazione sbilanciata nella quale, come nel

tradizionale bullismo, la vittima è sempre in posizione tale da subire passivamente le molestie o,

al massimo, da tentare, generalmente senza successo, di convincere il persecutore a porre fine

alle aggressioni.

Può talvolta anche accadere che la vittima replichi ai messaggi offensivi con comunicazioni

altrettanto scortesi ed aggressive, ma, differentemente da quanto avviene nel flaming, l’intento è

unicamente quello di far cessare i comportamenti molesti.

In alcuni casi, il cyberbullo, per rafforzare la propria attività offensiva, può anche coinvolgere i

propri contatti online, che, magari pur non conoscendo direttamente lo studente target, si

prestano a partecipare alle aggressioni online (fenomeno che prende il nome di reclutamento

volontario).

Cyber-persecuzione (cyberstalking). Quando l’harassment diviene particolarmente insistente ed

intimidatorio e la vittima comincia a temere per la propria sicurezza fisica, il comportamento

offensivo assume la denominazione di cyber-persecuzione. E’ facile riscontrare il cyberstalking

nell’ambito di relazioni fortemente conflittuali con i coetanei o nel caso di rapporti sentimentali

interrotti.

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In questo caso, il cyberbullo, oltre a minacciare la vittima di aggressioni fisiche può diffondere

materiale riservato in suo possesso (fotografie sessualmente esplicite, videoclip intimi,

manoscritti personali) nella rete.

Denigrazione. L’obiettivo del cyberbullo è, in questo caso, quello di danneggiare la reputazione o

le amicizie di un coetaneo, diffondendo online pettegolezzi o altro materiale offensivo. I

cyberbulli possono, infatti, inviare o pubblicare su internet immagini (fotografie o videoclip)

alterate della vittima, ad esempio, modificando il viso o il corpo dello studente target al fine di

ridicolizzarlo, oppure rendendolo protagonista di scene sessualmente esplicite, attraverso l’uso

di fotomontaggi.

In questi casi, i coetanei che ricevono i messaggi o visualizzano su internet le fotografie o i

videoclip non sono, necessariamente, le vittime (come, invece, prevalentemente avviene

nell’harassment e nel cyberstalking) ma spettatori, talvolta passivi del cyberbullismo (quando si

limitano a guardare), più facilmente attivi (se scaricano il materiale, lo segnalano ad altri amici, lo

commentano o lo votano).

Dunque, a differenza di quanto avviene nel cyberstalking, l’attività offensiva ed intenzionale del

cyberbullo può concretizzarsi in una sola azione (esempio: pubblicare una foto ritoccata del

compagno di classe), capace di generare, con il contributo attivo, ma non necessariamente

richiesto, degli altri utenti di internet (reclutamento involontario), effetti a cascata non

prevedibili.

Ricordiamo, infine, che la denigrazione è la forma di cyberbullismo più comunemente utilizzata

dagli studenti contro i loro docenti: numerosi sono, infatti, i videoclip, gravemente offensivi,

presenti su internet, riportanti episodi della vita in classe. In alcuni casi le scene rappresentate

sono evidentemente false e, dunque, ricostruite ad hoc dallo studente, talvolta sono, purtroppo,

vere.

Sostituzione di persona (impersonation). Se uno studente viola l’account di qualcuno (perché ha

ottenuto consensualmente la password o perché è riuscito, con appositi programmi, ad

individuarla) può farsi passare per questa persona e inviare messaggi con l’obiettivo di dare una

cattiva immagine della stessa, crearle problemi o metterla in pericolo, danneggiarne la

reputazione o le amicizie.

Pensiamo, ad esempio, al caso dello studente che, impossessatosi dell’account di un coetaneo,

invia, dal profilo di posta elettronica dell’ignaro proprietario, con facilmente immaginabili

conseguenze, messaggi minacciosi ai compagni di classe o ai docenti.

Outing and trickery. Con il termine “outing” si intende una forma di cyberbullismo attraverso la

quale, il cyberbullo, dopo aver “salvato” le confidenze spontanee (outing) di un coetaneo, o

immagini riservate ed intime, decide, in un secondo momento, di pubblicarle su un blog o

diffonderle attraverso e-mail.

In altri casi, il cyberbullo può sollecitare, con l’inganno (trickery), “l’amico” a condividere online

segreti o informazioni imbarazzanti su se stesso o un’altra persona per poi diffonderli ad altri

utenti della rete, o minacciarlo di farlo qualora non si renda disponibile ad esaudire le sue

richieste (talvolta anche sessuali).

Il cyberbullo può, dunque, avere inizialmente un rapporto bilanciato con la futura vittima, o

quantomeno fingere di averlo, per poi assumere una posizione prevaricatoria e contare sul

contributo attivo ma non necessariamente richiesto degli altri navigatori di Internet.

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Esclusione. Il cyberbullo decide di escludere intenzionalmente un coetaneo da un gruppo online,

da una chat, da un gioco interattivo o da altri ambienti protetti da password. Talvolta gli

studenti per indicare questa modalità prevaricatoria utilizzano il termine “bannare”.

È bene precisare che la leadership di un giovane studente è, attualmente, determinata non solo

dai contatti che ha nella vita reale ma anche dal numero di “amici” raggiungibili online.

L’esclusione è, allora, una severa punizione, impartita dai coetanei, che determinando una netta

riduzione di collegamenti amicali, riduce la popolarità, dunque, il potere.

Cyberashing (o happy slapping). Un ragazzo o un gruppo di

ragazzi picchiano o danno degli schiaffi ad un coetaneo,

mentre altri riprendono l’aggressione con il videotelefonino.

Le immagini vengono, poi, pubblicate su Internet e

visualizzate da utenti ai quali la rete offre, pur non avendo

direttamente partecipato al fatto, occasione di condivisione

online (possono commentare, aprire discussioni, votare il

video preferito o più “divertente”, consigliarne la visione ad

altri, …).

4. Diffusione del fenomeno

Internet offre un sacco di vantaggi, tuttavia può anche essere usato per scopi poco nobili. Il

cyberbllying è infatti un problema molto serio e molto diffuso al giorno d’oggi.

I bambini e gli adolescenti di oggi sono profondamente immersi nell’era di Internet e delle

comunicazioni virtuali (molto di più degli adulti) e prendono molto sul serio tutto quello che succede

loro online. A differenza degli adulti, i ragazzi sono più deboli dal punto di vista psicologico e talvolta

questo li rende completamente indifesi. Se già gli adulti si sentono tristi, offesi oppure arrabbiati a causa

di una conversazione tenutasi online, si pensi a come potrebbero sentirsi o reagire dei bambini. Talvolta

gli adulti vogliono rilassarsi ed agire senza pensare troppo, un po’ come i più piccoli. Ma, in linea

generale, sanno (o dovrebbero sapere) come agire dato che sono adulti. I bambini, invece, si

comportano sempre come bambini; non è che sia per forza una cosa negativa, è normale che sia così. Il

punto è che, per natura, i più piccoli possono correre maggiori pericoli.

Dunque i bambini ed i ragazzi sono i più colpiti dal fenomeno del cyberbullismo. Non sono tuttavia gli

unici. Tra i più colpito si menzionano anche: personaggi pubblici (politici, youtuber, showman) persone

con problemi a livello psicologico o fisico, persone con nemici (questi ultimi possono essere ex

fidanzati o ex fidanzate, colleghi di lavoro invidiosi).

Il volume degli incidenti di cyberbullismo sta aumentando. Un sondaggio statunitense del 2008-2009 ha

rilevato che il 6% degli studenti di età compresa tra i 6 ed i 12 anni sono stati vittime di atti di

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cyberbullismo; mentre uno studio del 2011 mostra che lo stesso è accaduto al 16% degli studenti di età

compresa tra i 9 ed i 12 anni.

Le scuole hanno iniziato e stanno progressivamente aumentando le misure per combattere questo

genere di abusi. Vengono, in particolare, organizzate vere e proprie lezioni per sensibilizzare i ragazzi in

merito a questo fenomeno. Va però detto che le scuole hanno un potere limitato e possono monitorare

solo parzialmente l’attività online e l’interazione dei ragazzi con i social media; inoltre sono incapaci di

punire gli studenti per azioni compiute in rete al di fuori dell’orario scolastico.

La diffusione di smartphone e tablet, unitamente alla facilità del loro utilizzo, ha generato un aumento

di accesso alla rete da parte dei più piccoli sia per giocare che per cercare informazioni. I genitori

sentono, quindi, l’esigenza di essere consapevoli dei rischi che i loro figli corrono e capire quali

strumenti utilizzare per proteggerli. Secondo un sondaggio del 2014 condotto da Kaspersky Lab, il 23%

dei genitori si preoccupa del fatto che i figli siano esposti a rischi online, di questi poi il 12% ha

affermato che i propri figli hanno visionato contenuti inappropriati in rete, mentre l’8% che hanno

comunicato con sconosciuti. Non viene sottovalutato poi il problema (a sollevarlo è il 32% degli

intervistati) secondo cui i figli possono spendere denaro online a loro insaputa, condizione che avviene

molto spesso quando si ha a che fare con delle applicazioni legate ai giochi.

Il cyberbullismo è sottovalutato da alcuni ed esagerato dai genitori troppo protettivi.

Purtroppo si sono anche registrati casi di genitori che hanno partecipato alle azioni di cyberbullismo dei

loro figli.

Dalla ricerca in questione risulta, inoltre, che il 45% degli intervistati ha ammesso che i propri figli sono

stati minacciati oppure offesi online, ad esempio in chat o sui social media. Tra questi, però, il 34%

dichiara di non aver colto l’esistenza di un problema per un lungo periodo di tempo.

Il tema è quindi molto delicato, anche perché secondo un altro 34% degli intervistati i fenomeni di

bullismo multimediale passano dall’online all’offline.

Alcuni studi del 2014 (LSE study), hanno rilevato un aumento costante, anno dopo anno, di casi di

cyberbullismo: in Europa, metà delle vittime di cyberbullismo soffre di depressione e nel 38% dei casi si

arriva anche a tentativi di suicidio. Sono dati davvero allarmanti.

Il dottor Astrid Carolus, psicologo dell’Università di Würzburg, specializzato in social media, ha

dichiarato che “per gli adolescenti non esiste una separazione tra mondo online e mondo offline. Se gli

adulti ‘vanno su Internet’, per i giovani di oggi è come essere costantemente online in quanto

trascorrono su Internet la maggior parte della giornata. Con tutti i vantaggi ma anche i pericoli che ne

conseguono”.

In un sondaggio del 2015 condotto da Kaspersky Lab, quasi la metà dei bambini ed adolescenti

ammettono di essere stati vittima di cyberbullismo ed 1 su 4 afferma che l’episodio si è ripetuto più di

una volta. In particolare 1 ragazzo su 4 di età compresa tra i 12 ed i 17 anni ha subìto un qualche

episodio di cyberbullismo.

Il cyberbullismo è, oramai, un fenomeno così diffuso, che questa parola è entrata a far parte dei

vocabolari più importanti come si può vedere nella figura sottostante.

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La diffusione di questo fenomeno è garantita anche dalla nascita di manifestazioni contro il

cyberbullismo. Ogni anno, il terzo venerdì del mese di giugno, si celebra la giornata internazionale

dedicata al cyberbullismo, il Stop Cyberbullying Day. È un’occasione per dire “no” al cyberbullismo,

una giornata in cui tutte le persone che odiano il bullismo e gli abusi online possono dimostrare il loro

disprezzo e unirsi al movimento il cui obiettivo è opporsi a questo genere di abusi.

I legislatori hanno progressivamente pensato a nuove leggi per prevenire e punire i criminali. Come il

bullismo nella vita reale, il cyberbullismo può a volte costituire una violazione del Codice Civile e del

Codice Penale e, per quanto riguarda l’ordinamento italiano, del Codice della Privacy. Il cyberbullismo

in Italia è un reato che non rispetta l’art. 3 della Costituzione Italiana. Si rischia da un risarcimento

economico alla prigione.

5. Come proteggersi?

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È possibile stilare una lista di consigli che può essere di grande aiuto al fine di prevenire fenomeni di

cyberbullismo. Va detto che, come prima cosa, occorre sensibilizzare i genitori in quanto, spesso, sono

loro i primi ad essere inconsapevoli del fenomeno del cyberbullismo. Questo sia perché non

considerano il fenomeno così rilevante, sia perché i genitori non sono molto avvezzi alle nuove

tecnologie (e quindi vi è un’ignoranza alla radice).

È fondamentale parlarne; parlare con i propri bambini e

ragazzi e metterli in guardia dai pericoli che si possono

nascondere in rete.

La consapevolezza è la prima arma per combattere il

cyberbullismo (e non solo, in generale qualunque

fenomeno atto a minare la propria sicurezza intesa nel

senso più ampio del termine), fin da piccoli.

Interessarsi delle attività online di bambini e ragazzi. Si sa cosa fanno i propri ragazzi con i loro

smartphone o tablet? Forse va tutto bene, semplicemente stanno solo guardando un film o

giocando ad un videogioco; oppure no e, senza saperlo, qualcuno sta compiendo nei loro

confronti un atto di cyberbullismo.

Capire cosa fanno i propri ragazzi sui social network e aggiungerli ai propri amici.

Incoraggiarli a parlare delle proprie esperienze online, in particolare di tutto ciò che non li fa

sentire a proprio agio, e a dire quando si sentono minacciati. Proteggere i propri figli può essere

talvolta un compito arduo, soprattutto ora nell’epoca degli smartphone. I ragazzi possono

essere connessi in vari modi, e non sempre è possibile essere presenti. Occorre gestire il

cyberbullismo così come si gestisce il bullismo nella vita reale: bisogna incoraggiare i propri

ragazzi ad essere aperti ed a parlare con un adulto nel caso ricevessero messaggi inappropriati o

minacciosi.

È possibile bloccare certi numeri di telefono o certi contatti nel caso in cui i ragazzi non si

sentissero a loro agio.

Stabilire assieme ai propri figli delle regole precise rispetto a quello che possono o non possono

fare online e spiegare loro l’importanza di tale regola. Tenere presente che è bene ridefinire

queste regole quando i propri ragazzi crescono.

Si tenga presente che i divieti non funzionano mai!

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Se si impongono regole troppo rigide rispetto ai

social network, i ragazzi potrebbero fare cose ad

insaputa dei propri genitori. Togliere ai ragazzi gli

smartphone, o non consentire loro di accedere ad

Internet non risolve il problema. Infatti questo è

uno dei motivi per cui i figli non vengono a

raccontare di essere caduti vittima del

cyberbullismo. Se lo raccontassero, infatti, i loro

genitori scoprirebbero che i figli hanno

disobbedito al loro divieto.

Se non si può combattere il problema, lo si

abbracci e lo si controlli.

Usare un Parental Control (Controllo Genitori) per stabilire una base grazie alla quale definire

quello che è accettabile e quello che non lo è: quanto tempo possono trascorrere online, in quali

momenti della giornata o della settimana, che tipo di contenuti e quali attività dovrebbero essere

bloccati. È possibile applicare filtri diversi ad ogni account presente su di un computer. In

questo modo è possibile ottenere un controllo personalizzato diverso per ogni ragazzo.

Qui di seguito è presentato un esempio di Parental Control.

Si faccia riferimento alla figura sovrastante.

Il riquadro numerato con “1” evidenzia che il Parental Control agisce sulle attività su Internet.

Il riquadro numerato con “2” permette di impostare delle restrizioni all’accesso ad Internet. In

particolare è possibile consentire l’accesso ad Internet limitatamente ad un certo numero di ore

che può essere diverso nel weekend o negli altri giorni della settimana.

Il riquadro numerato con “3” si riferisce al controllo della ricerca sul web. Attivando “Enable

Safe Search” è possibile escludere da una ricerca sul web dei risultati relativi a siti web dal

contenuto inappropriato quali, per esempio, siti per adulti. Si tenga presente che solitamente

l’opzione Safe Search può non essere compatibile con tutti i più diffusi motori di ricerca.

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Attivando “Block access to the following websites” è possibile creare una lista di siti web da

escludere alla ricerca.

Il riquadro numerato con “4” consente di limitare il download di certi tipi di file.

Si faccia riferimento alla figura sovrastante.

Il riquadro numerato con “1” evidenzia che il Parental Control agisce sulle attività legate alla

comunicazione nella messaggistica istantanea e nei social network.

Il riquadro numerato con “2” permette di impostare restrizioni su messaggi relativi a social

network o messaggistica istantanea.

Il riquadro numerato con “3” consente di gestire la lista delle esclusioni in cui, a seconda delle

impostazioni del riquadro numerato con “2”, è possibile inserire i messaggi da bloccare oppure

da consentire.

Proteggere sempre il computer con un buon antivirus con Internet Security.

Non dimenticarsi degli smartphone dei propri ragazzi; in realtà sono dei computer molto

sofisticati. La maggior parte degli smartphone include misure di Parental Control ed esistono

app fidate in grado di filtrare i contenuti inappropriati o bloccare eventuali SMS fastidiosi.

Se dovesse capitare qualche episodio spiacevole, è opportuno stare vicino ai propri figli ed

aiutarli.