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CHIRURGIA TORACICA 2016/2017 Indice 1. Versamento pleurico…………………………………………………………………………………..1 2. Empiema…………………………………………………………………………………………………..24 3. Pneumotorace…………………………………………………………………………………………..29 4. Tumori polmonare…………………………………………………………………………………….37 5. Patologie del mediastino………………………………………………………………………….54 Scaricato da www.sunhope.it

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CHIRURGIA TORACICA

2016/2017

Indice

1. Versamento pleurico…………………………………………………………………………………..1

2. Empiema…………………………………………………………………………………………………..24

3. Pneumotorace…………………………………………………………………………………………..29

4. Tumori polmonare…………………………………………………………………………………….37

5. Patologie del mediastino………………………………………………………………………….54

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22/11/2016 LEZIONE DI CHIRURGIA TORACICA

PROF. SANTINI

IL VERSAMENTO PEURICO

Che cos’è il versamento pleurico? È un accumulo anomalo di liquido nel cavo pleurico; in effetti il cavo pleurico è uno spazio virtuale nel quale vige una pressione negativa, nel quale è presente una quota minima di liquido, si tratta di pochi cc, che servono ad aumentare le superfici pleuriche per facilitare lo scorrimento della pleura viscerale nei confronti della pleura parietale. In situazioni patologiche questo liquido si può accumulare determinando una sintomatologia varia, nella maggior parte dei casi una dispnea ingravescente. L’equazione di Starling regola il passaggio di un liquido attraverso una membrana semipermeabile, sia essa la superficie della pleura o anche la parete di un vaso; l’equazione di Starling dice che il flusso attraverso una membrana semipermeabile è determinato da un fattore k che è intrinseco alla membrana stessa (cioè è il fattore di permeabilità caratteristico della membrana di cui stiamo parlando) e poi la differenza di pressione idrostatica tra i 2 versanti della membrana semipermeabile e la pressione oncotica sempre sui 2 versanti.

Noi sappiamo che nello spazio pleurico vige una pressione negativa che possiamo porre in media -5, una pressione oncotica di -4 , mentre invece da un lato abbiamo la pleura viscerale e dall’altro la pleura parietale. Nella pleura viscerale esistono vasi della circolazione sistemica (pochi), mentre la maggior parte del circolo è permeato dai capillari polmonari a pressione più bassa e quindi nei capillari sistemici la pressione è 26, la pressione oncotica è -29, dunque abbiamo -3 come risultante da questo lato; mentre invece nei capillari polmonari in cui la pressione è più bassa abbiamo la risultante di -17. Considerando che nel cavo pleurico abbiamo una pressione di -9, vedete che i capillari sistemici tendono a cedere liquido nello spazio pleurico mentre i

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capillari polmonari tendono a riassorbire questo liquido. Dall’altro lato abbiamo la pleura parietale il cui circolo è esclusivamente sistemico e quindi si ha una risultante di -3 che tende a cedere liquido nel cavo pleurico. Il risultato di tutto questo sarebbe un accumulo di liquido nel cavo pleurico progressivo che può essere anche di 5-10 litri in 24 ore.

Ma perché questo liquido non si accumula? Perché esiste anche il circolo linfatico, questi pori linfatici che sono responsabili della maggiore quota di riassorbimento del liquido nel cavo pleurico. Questo liquido che non è in situazione statica ma dinamica, di continua formazione e riassorbimento, ha le sue caratteristiche intrinseche:

questi sono dati molto importanti che ci serviranno a indirizzare la diagnosi

quando avremo dei campioni del nostro liquido.

In presenza di un versamento pleurico dobbiamo cercare di formulare una diagnosi e quindi di escludere l’eziologia neoplastica, cercare di individuare la causa del versamento pleurico e poi trattare se possibile la causa in maniera efficace e prevenire le recidive.

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Quali possono essere le cause di formazione del versamento pleurico? Tutte quelle cause che determinano alterazione della legge di Starling:

1. Aumento della pressione idrostatica su un versante: determinato da cardiopatia congestizia , stasi vascolare, aumento della pressione idrostatica sul versante capillare, passaggio di liquido e ridotto riassorbimento.

2. Riduzione della pressione oncotica: perché ci sono poche proteine in circolo, o perché il pz ne produce di meno (in caso di alterato metabolismo epatico es pz cirrotico), oppure quando vi è un aumentata perdita proteica per sindrome nefrosica.

3. Aumento della pressione negativa endopleurica: in caso di atelettasia che è una risultante della mancata ventilazione di una zona più o meno estesa di parenchima polmonare; in questa zona non entra più aria, l’aria presente negli alveoli viene man mano riassorbita, il volume polmonare si riduce anche se all’interno degli alveoli trasuda del liquido polmonare; un polmone atelectasico è di volume inferiore rispetto a un polmone normalmente areato. Poiché il cavo pleurico è un cavo rigido, se il polmone tende a ridursi di volume, aumenta la forza di trazione nello spazio pleurico, quindi aumenta la pressione negativa che è all’origine del versamento pleurico.

4. Aumento della permeabilità: elemento fondamentale nella distinzione di diagnosi dei versamenti pleurici; ovvero quel fattore k che si può alterare in presenza di un’infiammazione o di un processo neoplastico.

5.Alterazioni del drenaggio linfatico legato a un coinvolgimento neoplastico, alla linfangite neoplastica o a metastasi pleuriche che ostruiscono questi pori e quindi causano aumento del versamento.

Come si ottiene una diagnosi in un pz con versamento pleurico? Innanzitutto dobbiamo raccogliere adeguatamente l’anamnesi perché la presenza di una patologia cardiaca, epatica o renale ci orienta verso quella forma di versamento in cui non vi è alterazione della permeabilità della membrana ma piuttosto sono chiamati in causa pressione idrostatica e oncotica; ovviamente è fondamentale sapere se il pz è stato affetto da una neoplasia più o meno recentemente, poiché può esserci una localizzazione pleurica; la presenza di febbre può orientare verso una natura infiammatoria del versamento; o l’eventuale presenza di un trauma può orientare verso la presenza di un emotorace; patologie venose che possono essere all’origine di un’embolia polmonare che a sua volta può essere causa di versamento pleurico.

La sintomatologia è rappresentata soprattutto dalla dispnea legata alla sindrome da occupazione pleurica che questo versamento comporta, quindi dispnea ingravescente con l’aumentare del versamento pleurico.

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La tosse pleurica che è una tosse stizzosa, quindi la pleurite nelle fasi iniziali può portare oltre al dolore una tosse di tipo stizzoso; il dolore può essere presente nelle fasi iniziali del versamento di tipo infiammatorio ma anche nel caso di neoplasia. L’esame obiettivo che cosa dimostrerà? L’ipomobilità dell’emitorace che non può partecipare ai movimenti respiratori e che apparirà iperdisteso (per il contenuto liquido) rispetto al controlaterale; fa eccezione un caso, che vedremo nel mesotelioma pleurico, che tende invece a retrarre l’emitorace anche in presenza di un versamento pleurico. La respirazione da questo lato è inficiata, ridotta e quindi il murmure vescicolare sarà assente o ridotto, il fremito vocale tattile ugualmente e si avrà ottusità alla percussione (il bravo medico riesce a delimitare i confini del liquido con la percussione e a guidare le procedure invasive per perfezionare la diagnosi, ma oggi non si può prescindere dalla documentazione radiografica). Quindi radiografia del torace, TC , ed ecografia sono i tre cardini su cui poggiamo la diagnosi.

Questo è lo sfondato costo-diaframmatico e vedete che è libero, mantiene il suo angolo acuto, e il normale contenuto aereo del polmone. Diverso è invece più a dx, dove c’è qualcosa che oblitera il seno costo-frenico (tenete conto che perché si visualizzi un versamento pleurico, è necessario che si accumulino almeno 350-400 cc perché il liquido tende ad accumularsi in sede posteriore dove il seno costo-diaframmatico si approfonda e quindi può contenere molti più cc), mentre invece in latero-laterale diventa più evidente, più facile scorgere il liquido. Qui appare molto più evidente che il liquido ha raggiunto e superato il 1-1.5-2litri e assume l’aspetto caratteristico del versamento pleurico che è la linea Damoiseau-Ellis, caratteristica di trasudato (ma si può

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trovare anche in caso di essudato) perché essendo meno viscoso tende più facilmente a salire. Se voi vedete un’immagine Rx del genere cosa ipotizzate?

C’è un’ opacità rotondeggiante che a vederla così sembrerebbe un tumore del polmone o per lo meno è una massa che occupa spazio nel polmone. Ma voi dovete sempre cercare di ragionare con la tridimensionalità del corpo umano e allora se andiamo a vedere la Rx latero-laterale vedete che questa assume più l’aspetto lenticolare; praticamente è il liquido contenuto all’interno della scissura per cui visto in proiezione antero-posteriore assume l’aspetto di una “palla”, ma visto in posizione laterale ritorna nel suo aspetto di lente e quindi non è un tumore, perciò tumore fantasma! È un versamento pleurico intrascissurale.

:la Tc ci dà informazioni sul versamento pleurico quando l’abbiamo svuotato, perché se facciamo la tc in un pz con versamento massivo avremo sicuramente la conferma della presenza del liquido, ma l’ eventuale presenza di una neoplasia nel parenchima polmonare potremo scorgerla più difficilmente perché il polmone è collassato. Chi tra atelettasia e collasso ha maggiore impatto sulla funzionalità respiratoria? Il collasso perché in esso non è mantenuta la perfusione del parenchima per cui aumenta la quota shunt nell’atelettasia mentre nel collasso tutto il sangue viene shiftato nel polmone sano. La caratteristica della tc è quella di poter valutare la densità e qui vediamo che c’è un contenuto liquido, c’è parenchima compresso.

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Qui vedete accanto a una sottile falda di versamento delle nodulazioni pleuriche bilaterali, cosa può essere?

Una localizzazione metastatica ad esempio cancro del colon o mammella.

L’ecografia garantisce la corretta esecuzione della toracentesi, ci consente di

visualizzare il liquido, i sepimenti fibrosi nel contesto del liquido. Cos’è la toracentesi? È la puntura esplorativa, evacuativa che può essere

esclusivamente diagnostica o anche terapeutica laddove si svuota il cavo pleurico, e viene eseguita in questa posizione.

Di regola si dice che si punge sul 6-7 spazio intercostale sulla linea angolare della scapola quindi posteriormente; si pone il pz in questa posizione, appoggiato su un tavolino o sostenuto da un assistente, si esegue un’ anestesia locale e si punge.

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Come vedete si punge seguendo il margine superiore della costa sottostante, perché? Perché sul margine inferiore passa il fascio vascolo-nervoso (anche se questo non passa sotto ma dietro e quindi difficilmente lo si può pungere).

Quindi la toracentesi evacuativa è un’indagine irrinunciabile nel versamento pleurico, può non essere eseguita solo quando il pz è affetto da cardiopatia congestizia conclamata con edema polmonare in cui siamo autorizzati a ipotizzare che quel versamento pleurico è di origine cardiogena. Le controindicazioni relative sono legate ai fattori che possono incrementare le complicanze quali: diatesi emorragica, la terapia anticoagulante, la presenza di scarso liquido o la presenza di una ventilazione meccanica (che può rendere più facile la puntura del polmone; ovviamente in ventilazione meccanica la pressione endo-parenchimale è maggiore e quindi si può avere un pneumotorace), oppure un basso rapporto costi-benefici, cioè quando tutto sommato non ci interessa molto sapere di che cosa si tratta perché siamo davanti a un paziente chiaramente neoplastico con modesta quantità di versamento pleurico, in questo caso potrebbe non essere necessario intervenire.

La prima cosa che facciamo con il liquido è osservarlo perché già questo ci può dare degli elementi: possiamo trovarci difronte a pus, possiamo trovarci difronte a sangue, possiamo trovarci difronte a chilo,

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possiamo avere un liquido nero amebico (rarissimo) e questi sono liquidi che hanno caratteristiche ben evidenti. Ovviamente l’esame chimico-fisico, l’esame citologico, l’esame colturale e l’antibiogramma sono fondamentali per distinguere se si tratta di essudato o di trasudato. La vera differenza tra i due è fisiopatologica perchè la legge di Starling ci dice che nell’ essudato è alterato il fattore K , la permeabilità; nel trasudato sono gli altri fattori che si alterano, quindi è questa la sostanziale differenza, tutto quello che ne consegue sono i mezzi per cercare di distinguere l’uno o l’altro e quindi il laboratorio ci indirizza nella diagnosi.

Quindi queste sono le caratteristiche di colore: giallo citrino piuttosto trasparente per i trasudati, giallo torbido negli essudati, siero-ematico negli essudati da neoplasia ( la presenza di un versamento siero ematico in assenza di traumi, in assenza di pregresse toracentesi, fa pensare a una neoplasia; tenete conto che bastano 2 o 3 gocce di sangue per far diventare siero-ematico un versamento pleurico). Può essere purulento nell’empiema, può essere ematico nell’emotorace, può essere lattescente nel chilotorace. E come si fa a distinguere tra un emotorace o un versamento siero ematico? Con un meccanismo piuttosto antico che però funziona: facciamo cadere alcune gocce del nostro liquido su una garza e se la macchia si distende come in questo caso con un centro più rosso e dei margini sierosi, è un versamento siero-ematico; se invece la macchia rimane uniformemente rossa siamo di fronte a un emotorace (ovviamente esiste anche il laboratorio per fare questo, però questo è il metodo che nella pratica clinica può essere utile).

L’esame chimico-fisico è fondamentale per perfezionare quello che stiamo dicendo, quindi valutazioni delle proteine, dell’LDH , la conta cellulare , che come dicevamo prima sono elementi da ricordare sempre perché la definizione di essudato segue i criteri di Light, quindi il rapporto tra le proteine del liquido

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che rispetto alle proteine del siero è sempre maggiore di 0.5.

Poi so che siete abituati a parlare di valori assoluti, 3 grammi: al disopra dei 3 grammi è un essudato, al di sotto dei 3 g è un trasudato; è sbagliato perché, un paziente cirrotico, può avere un essudato, una polmonite, può avere una flebite, può avere un empiema? Certo, ma in quel caso il quantitativo di proteine, essendo il paziente cirrotico, sarà basso, inferiore ai 3 grammi, quindi non è il contenuto assoluto di proteine ma è un rapporto tra contenuto di proteine nel liquido e il contenuto di proteine del siero. Così come è importante il rapporto LDH libero rispetto a LDH nel siero maggiore di 0,6 o per lo meno superiore a due terzi del valore normale. A scopo più che altro storico vi riporto quella che è la prova di Rivalta, che consiste nel far cadere una goccia del liquido che dobbiamo esaminare in una soluzione di acido acetico molto diluita: qualora si abbia il coagularsi delle proteine presenti, si tratta di essudato . L’altro elemento importante è la conta cellulare, nel trasudato la conta cellulare di solito è ridotta mentre invece nell’ essudato è aumentata raggiungendo valori elevatissimi nell’ empiema (superiori a 5000), mentre nel caso di neoplasie e tbc raggiunge i 5000.

Ci sono test specifici, mirati a confermare o meno la diagnosi in alcuni casi particolari, come ad esempio vi ricordo i markers neoplastici soprattutto il CEA, il CYFRA21-1, che sono abbastanza validi per ipotizare la presenza di una neoplasia del polmone, oppure l’ematocrito per poter distinguere in maniera scientifica se si tratta di un emotorace o di un versamento sieroematico,

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colesterolo e trigliceridi nel pneumotorace e così via. Allora versamento trasudatizio, quello di cui abbiamo detto che non è coinvolto il fattore K , la permeabilità: è un versamento, come dire di tipo medico, cardiopatia, nefropatia, cirrosi epatica, quindi la terapia medica di questi pz dovrebbe sortire l’effetto di guarire o di migliorare la situazione di questi pazienti. Quindi non è competenza nostra, lo affidiamo a un medico e il medico cercherà di trattare al meglio questi pazienti. Di nostra competenza invece devono essere i versamenti essudatizi, diverse sono le cause: principalmente le neoplasie, le infezioni, l’embolia polmonare, patologie addominali soprattutto le pancreatiti , caratteristico è il versamento pleurico soprattutto a sinistra nel corso di pancreatite acuta, nelle collagenopatie , nei versamenti da farmaci, interventi cardio chirurgici, non tanto come versamento ematico come complicanza dell’intervento di cardiochirurgia, ma è nostra esperienza vedere anche a distanza di tempo, giorni, settimane, mesi dall’intervento di cardio-chirurgia, la comparsa di un versamento pleurico che a volte mette in crisi il cardiochirurgo; ci invia il pz per trattare questo versamento pleurico che è refrattario perché non è un versamento legato alla cardiopatia di cui è affetto il paziente ma è un versamento post-chirurgico. La Sindrome di Meigs è una particolare sindrome che si manifesta con cisti ovariche, che associa quindi la cisti ovarica con il versamento pleurico. Il versamento di maggiore interesse per il chirurgo toracico è il versamento neoplastico, che significa versamento neoplastico? È un versamento che si manifesta in un paziente neoplastico e che può avere diverse eziologie; e sottolineo i fattori importanti nel ricordare queste diverse eziologie, perché non sempre la presenza di versamento pleurico in un paziente neoplastico indica la neoplasia a livello pleurico, perché come vedremo, diversi sono i meccanismi fisopatologici che possono portare alla formazione di un versamento pleurico.

Allora ovviamente il coinvolgimento della pleura da parte della neoplasia è il primo elemento; vi è una reazione neoplastica, una reazione infiammatoria e stravaso di liquido dai capillari a livello della pleura, prevalentemente parietale; e poi obliterazione dei pori di cui parlavamo prima, linfangite, quindi manifestazione della diffusione della neoplasia a livello della pleura; ma anche l’ostruzione bronchiale che comporta atelettasia e questo può comportare formazione di versamento pleurico, quindi in questo caso il versamento

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pleurico non è indice di una diffusione metastatica alla pleura, ma soltanto di un’ostruzione bronchiale; (ciò non vuol dire che il paziente sia inoperabile ma ovviamente deve essere valutata la situazione). Il paziente neoplastico è di solito un paziente cachettico, malnutrito, con una perdita di proteine, con una ridotta produzione di proteine e quindi questa riduzione della pressione oncotica può portare a un versamento pleurico; ci può essere un’infezione secondaria o ostruzione bronchiale e quindi la polmonite comporta la comparsa di un versamento essudatizio; può esserci una reazione ai farmaci, alla terapia radiante o al deposito di immunocomplessi. Risulta quindi che il versamento pleurico neoplastico è un’entità piuttosto complessa che richiede maggior attenzione da parte nostra, perché è una situazione che impatta in maniera importante su quella che è la qualità della vita del paziente; perché il paziente ha dispnea legata alla sindrome da occupazione pleurica detta precedentemente; ma se noi sottoponiamo il paziente a frequenti toracentesi per alleviare questa dispnea, portiamo via continuamente questo liquido e quindi non facciamo altro che aumentare la deplezione proteica, gli squilibri elettrolitici che a loro volta aumentano la produzione di liquido; si innesca un circuito vizioso in cui la qualità della vita ne risulta sempre più danneggiata.

Allora ricordiamo che il versamento pleurico si manifesta negli uomini prevalentemente per neoplasie del polmone, linfomi, neoplasie dell’apparato gastroenterico; nelle donne soprattutto nel cancro della mammella, dell’ovaio e anche del polmone.

Come vedete la presenza di un versamento pleurico neoplastico rappresenta un elemento prognostico certamente sfavorevole, l’aspettativa di vita di questi pazienti è sicuramente bassa: 3 mesi per il cancro al polmone, 8 mesi per il cancro alla mammella, 10 mesi per un mesotelioma. Dobbiamo cercare qualcosa per migliorare in maniera rapida le condizioni di questo paziente.

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Purtroppo dopo un anno soltanto il 15% dei pazienti sono vivi. Dobbiamo ottenere un’efficace palliazione e soprattutto confermare la presenza di neoplasia a livello pleurico, proprio perché potrebbero essere pazienti ancora operabili, il cancro al polmone ostruente il bronco potrebbe essere suscettibile, potrebbe essere ad un primo stadio che per caso si è localizzato in un bronco e quindi ha ostruito e determinato l’atelettasia, può essere operabile;

quindi efficace palliazione e conferma cito-istologica, per ottenere un rapido miglioramento della sintomatologia e quindi anche una breve ospedalizzazione; dobbiamo cercare di risolvere il problema in maniera rapida perché proprio in virtù di quella che è la breve aspettativa di vita di questi pz, dobbiamo consentire loro di tornare a casa, di vivere gli ultimi anni-mesi della loro vita negli affetti familiari.

E allora la toracentesi è certamente importante per ottenere la diagnosi , ma l’elemento fondamentale è la toracoscopia; essa ci consente di visualizzare il liquido, prelevarlo in maniera corretta ma soprattutto di ispezionare il cavo pleurico sia sul versante viscerale che sul versante parietale e vedere questa diffusione metastatica, questi noduli biancastri a livello della pleura parietale e quindi di eseguire biopsie su questi noduli e confermare la presenza o meno di neoplasia. Ma soprattutto in corso di toracoscopia è possibile eseguire la PLEURODESI: sinfisi ottenuta sulle due pleure, cioè dobbiamo far sì che le due pleure si “azzecchino”, che la pleura viscerale aderisca alla parietale in modo tale da obliterare questo spazio e non consentire più al liquido di formarsi. In questo caso la pleurodesi viene ottenuta con una sostanza, il talco che è un minerale che ha una spiccata azione flogistica sulla pleura, determina una reazione infiammatoria estremamente violenta, in alcuni casi si arriva anche ad avere febbre molto alta la sera dell’intervento. Però questo è positivo perché vuol dire che c’è realmente quello che noi volevamo ottenere, ovvero la reazione flogistica che fa sì che il polmone aderisca alla parete e di solito in 24-48 ore si riesce a ottenere una pleurodesi efficace e a ridurre lo spazio del

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versamento pleurico. Vedete questo è un altro caso, il liquido è siero-ematico, indice di una neoplasia che va attentamente ricercata in tutti gli angoli del cavo pleurico e qui vedete alcune immagini di metastasi; e questa è una situazione piuttosto singolare:

è frequente la presenza di versamento pleurico nel pz cirrotico, ovviamente si può pensare sia legata alla disprotidemia, e così è. Ma in effetti, al di là di quello che può essere il meccanismo locale di stravaso di liquido a livello dei capillari pleurici, vi è anche spesso la ostruzione dei pori diaframmatici: qui vedete lo zampillo perché questa bollicina di pleura diaframmatica si è bucata e consente il passaggio di ascite , che è molto frequente nei cirrotici, direttamente nel cavo pleurico.

Allora le opzioni terapeutiche nel versamento sono toracentesi e toracostomia: ripetute punture possono ottenere una palliazione estremamente limitata nel tempo; fai respirare un po’ meglio il pz ma si innesca il meccanismo di cui parlavamo in precedenza. La chemio e radioterapia nei linfomi e leucemie può essere valida(infatti nei versamenti pleurici da patologie di questo genere non si interviene con la pleurodesi se non in casi particolari perchè di solito con la chemio e radio si ottiene anche un miglioramento del versamento ). Si può eseguire la pleurodesi attraverso un tubo, viene posto il tubo di drenaggio nei pz talmente defedati che non possono essere sottoposti alla toracostomia , si posiziona il tubo di drenaggio e si inietta una sospensione di talco; il talco non è solubile ma si sospende in un liquido, in 100cc di soluzione fisiologica, si agita e si inietta nel cavo. Poi si va a fare il cosiddetto “gira arrosto”, si fa decombere il pz su tutti i lati in maniera tale da disperdere qst liquido su tutta la superficie pleurica, si clampa; poi si riapre, si fa fuoriuscire questo liquido e si spera che questo abbia ottenuto i risultati. Del tutto migliore è il ricorso alla videotoracoscopia con il talco. Questo è il sistema per aspergere il talco sulla

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superficie del polmone e questo è un altro caso che è importante in corso di videotoracoscopia, (ovviamente il cui ruolo viene escluso come sempre negli interventi di chirurgia toracica). Si elidono le aderenze, si aspira completamente il liquido, vedete questo è un mesotelioma pleurico, ma l’elemento fondamentale è che il polmone che noi abbiamo fatto escludere dalla anestesista, venga riventilato per garantirci che quel polmone abbia ancora conservato la capacità di distendersi e di raggiungere la parete del cavo pleurico in modo tale da ottenere la sinfisi. Perché molto spesso, laddove esiste una diffusione neoplastica oppure quel liquido sia rimasto per molto tempo in sede, si è formata una cotenna fibrinosa che impedisce al polmone di espandersi e a questo punto la pleurodesi non la possiamo più ottenere. Qui vedete come a volte possono essere presenti delle aderenze che impediscono l’esplorazione del cavo, bisogna prima elidere le aderenze e poi esplorare tutto, garantirsi la presenza o meno di neoplasia a livello della pleura viscerale o parietale e poi, una volta che siamo riusciti a liberare tutto si asperge il tutto con il talco ottenendo il risultato voluto. Dicevamo che in alcuni casi però il polmone è incarcerato cioè è acquattato, ricoperto da questa cotenna di fibrina oppure cotenna neoplastica che ne impedisce la riespansione e in questi casi cosa possiamo fare per ottenere una palliazione della sintomatologia? Possiamo utilizzare questo aggeggio, una valvolina che serve per drenare il liquido dal cavo pleurico al cavo peritoneale, perché questo ha una capacità di riassorbimento maggiore rispetto alla superficie della pleura , per cui con questo sistema che deve essere attivato a ogni pressione su questa camera , 1cc di liquido viene spostato dal cavo pleurico al cavo peritoneale; i due cateterini vengono posti uno nel cavo pleurico l’altro nel cavo peritoneale, in questo modo viene posto sulla superficie costale, in modo che le coste rappresentino un piano rigido su cui possiamo pigiare; è un intervento che viene eseguito in anestesia locale, qui vedete l’incisione addominale attraverso la quale il catetere viene posto in addome, questa è l’incisione a livello del torace.

È un trattamento palliativo in caso di polmone incarcerato, in cui l’aspettativa di vita sia almeno superiore a tre mesi e ci sia una attiva partecipazione del pz o di chi lo assiste perché bisogna premere su questa valvolina.

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Allora abbiamo detto che il versamento pleurico è spesso espressione di patologie neoplastiche della pleura che possono essere primitive o secondarie; la pleura è frequentemente sede di localizzazioni metastatiche ma anche sede di neoplasie primitive che distinguiamo in sottomesoteliali, mesotelioma pleurico, neoplasie secondarie ma la pleura può essere coinvolta anche in linfomi e leucemie.

Cosa si intende per neoplasie sottomesoteliali? Voi sapete che la pleura è un foglietto formato da mesotelio e quindi l’unico tumore che veramente origina dalla pleura è il mesotelioma; le altre neoplasie hanno origine sottomesoteliale e quindi lipomi, liposarcomi, tumori di origine muscolare e poi il Mesotelioma Benigno (che mesotelioma non è), o Tumore Fibroso della Pleura: origina dal connettivo sottomesoteliale, è piuttosto raro; la definizione corretta è tumore fibroso della pleura, è considerato benigno, anche se talvolta può avere un comportamento incerto; origina dal connettivo sottomesoteliale, nel 60-80% dei casi origina dalla pleura viscerale; è spesso asintomatico anche quando raggiunge dimensioni cospicue, a volte può essere associato a sindromi paraneoplastiche; laddove è di grosse dimensioni può dare dispnea,tosse, dolore toracico; frequente è l’osteoartropatia ipertrofica, dita a bacchetta di tamburo; oppure può essere associato a crisi ipoglicemiche sintomatiche senza apparente motivo, che possono essere il primo sintomo di esordio della presenza di un tumore fibroso della pleura.

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Vedete l’ampliamento del mediastino quindi è un tumore che origina sul versante mediastinico della pleura, contenuto di aspetto disomogeneo.

Ecco qui l’intervento chirurgico: si tratta di interventi relativamente banali perché originano in un punto della pleura, hanno un piccolo picciuolo vascolare che irrora questa grossa massa per cui basta clampare il picciuolo e si porta via la massa;il problema è portarla via perché di grosse dimensioni. All’esame istologico di questo intervento risulta un tumore fibroso benigno della pleura, purtroppo così non è e a distanza di 20 anni si è manifestato un uguale tumore fibroso in un’ altra sede ma che non è più benigno, che ha un indice mitotico molto più elevato che fa pensare a una degenerazione neoplastica. Quindi le escissioni chirurgiche radicali rappresentano la cura definitiva in gran parte dei casi, la neoplasia può talvolta recidivare e rarissime sono le metastasi a distanza.

Veniamo adesso al mesotelioma maligno, molto importante non tanto per incidenza ma per l’importanza sociale. È una neoplasia maligna di origine mesoteliale, colpisce prevalentemente la pleura ma può colpire anche altre strutture mesoteliali come il peritoneo e la tonaca vaginale del testicolo. È una neoplasia maligna letale infrequente, per la quale sono disponibili limitate opzioni terapeutiche però una cosa è certa, è una delle poche neoplasie di cui è accertata l’eziologia: già nel 1960 veniva pubblicato questo lavoro in cui si dimostrava il rapporto tra mesotelioma e esposizione all’amianto. Sono trascorsi 32 anni perché in Italia, venisse messo al bando e noi siamo stati tra i

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primi nel mondo, ancora oggi l’amianto viene utilizzato largamente in alcuni Paesi per le sue caratteristiche meccaniche che sono eccezionali.

Ci deve essere però un fattore genetico che associato all’amianto deve predisporre all’insorgenza di questa malattia; nel passato si è parlato anche di un’ altra eziologia, ovvero il virus SV40; si tratta di un virus che contaminava il terreno di coltura su cui veniva preparato il vaccino anti-polio, non quello che avete fatto voi che è il Sabin (la zolletta di zucchero); la mia generazione che è stata la prima ad essere vaccinata ha fatto il Salk che si iniettava e veniva preparato su cellule renali di scimmia; a mio parere però è stato un tentativo da parte di alcune lobby di spostare l’attenzione dall’amianto verso altre cause. L’amianto è un minerale naturale, presente in Italia soprattutto in Val d’Aosta, Piemonte dove esistevano miniere di amianto, ma in alcune regioni del mondo come l’Australia, l’amianto è ubiquitario, è presente nel terreno.

Da un punto di vista tecnologico è un materiale eccezionale, perché può essere filato; è ignifugo, è flessibile ed è stato utilizzato in tantissime applicazioni tra cui l’Eternit (coperture di cemento-amianto), oltre a questo è stato usato anche nella coibentazione delle navi o dei treni. Un grande attore Steve McQueen, era un appassionato di automobilismo ed è morto di Mesotelioma perché le sue tute contenevano amianto. In Australia c’è molta quantità di amianto per cui l’incidenza di Mesotelioma è molto alta, l’Italia è al terzo posto. In Italia solo nel 1992 è stato vietato l’uso dell’amianto; esso ha un tempo di latenza molto lungo, ci vogliono 30 anni circa, dall’esposizione alla manifestazione della neoplasia, per cui noi oggi dovremmo vedere gli effetti dell’abolizione dell’uso dell’amianto e quindi la riduzione dell’incidenza dell’amianto, ma così non è. Nelle diverse parti di Italia come ad esempio: la Val D’Aosta, la Liguria, il Piemonte hanno una incidenza elevata di mesotelioma. In Campania l’incidenza è abbastanza alta soprattutto nella zona di Napoli, a causa della presenza dei cantieri navali a Castellamare di Stabia, l’Italsider di Pozzuoli o fabbriche di vagoni ferroviari per cui molte persone sono state esposte all’amianto. Il Mesotelioma può manifestarsi in età giovanile, fermo restando che bisogna rispettare i 30 anni di latenza. Nella terra dei fuochi dato che per molti anni

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nelle discariche si è scaricato amianto, bisogna aspettare tanti anni per vedere finalmente scendere quella curva. Anche in Bangladesh casi di mesotelioma.

Da un punto di vista clinico: è caratterizzata da un lunghissimo tempo di latenza, abbiamo detto 30 anni; i segni caratteristici della patologia sono: versamento pleurico e dolore, (l’associazione di un versamento pleurico e dolore fa pensare ad un mesotelioma), oltre a questo vi può essere dispnea, febbricola( 37,5 max 38) accompagnata da sudorazione notturna, tosse stizzosa, caratteristica dell’irritazione della pleura; calo ponderale legato alla cachessia neoplastica e poi anche deformazione della gabbia toracica. Molte volte il paziente va dal medico di famiglia perché nota di avere la scoliosi (è strano che si verifichi a 50-60 anni, piuttosto si ha un incurvamento in avanti della schiena a quest’ età ): questo perché l’emitorace tende a retrarsi, gli spazi intercostali tendono ad avvicinarsi. Al mesotelioma si accompagnano anche sindromi paraneoplastiche: trombocitosi, ipoglicemia, ipercalcemia, ipercoagulabilità, iperincrezione di ormone antidiuretico.

Un grafico che dovete stamparvi in testa: la mediana di sopravvivenza del mesotelioma è 10 mesi, a 24 mesi non più del 6% dei pz sono viventi. È l’elemento da cui partiamo per cercare di ottenere un successo terapeutico.

Diagnostica: radiografia del torace che mette in evidenza il versamento pleurico e dei “mammelloni” pleurici; ancora la tc mette in evidenza il versamento pleurico con ispessimenti localizzati della pleura.

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L’esposizione all’amianto, può determinare diverse patologie di competenza dello pneumologo o del chirurgo toracico: la patologia principale di competenza dello pneumologo è l’asbestosi che è una pneumoconiosi, ovvero patologia interstiziale polmonare legata all’esposizione all’ amianto. Accanto a questa vi può essere l’insorgenza delle placche pleuriche che sono sclero-ialine, ispessimenti localizzati della pleura che hanno un aspetto madreperlaceo, traslucido, sono dure e che sono un segno caratteristico dell’esposizione all’amianto; ma non è una lesione preneoplastica, non vuol dire che il pz andrà incontro a mesotelioma, però ovviamente si tratta di un pz che è stato esposto all’ amianto e per questo può andare incontro a mesotelioma. E qui vedete qualcosa che può essere una placca,anche se le placche sono sulla pleura parietale; questo che vedete è un segno patognomonico di mesotelioma:

ispessimento abbastanza omogeneo di tutta la pleura sia sul versante mediastinico ch sul versante parietale, retrazione dell’ emitorace e spazi intercostali ridotti. E questo è un altro segno patognomonico(ispessimento intrascissurale): la scissura è ispessita e contiene tessuto neoplastico, nel 99% dei casi è un mesotelioma; questo pezzo anatomico conferma quanto dicevamo, ovvero vi è la scissura ispessita con tessuto neoplastico.

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La RMN serve a visualizzare il coinvolgimento diaframmatico per poter programmare un approccio di tipo chirurgico; la PET ugualmente dimostra un attivo metabolismo a livello della pleura e qui mostra una metastasi.

Si suole dire che il mesotelioma non dà metastasi a distanza, non è vero! Il problema è che ha un’insorgenza così rapida che spesso le metastasi non hanno neanche il tempo di manifestarsi; ma nei reperti autoptici le metastasi si trovano con una certa frequenza. Come si fa la diagnosi di mesotelioma? Allora tenete presente che io sono contrario all’accanimento diagnostico perché quando non vi è prospettiva terapeutica per il pz secondo me non bisogna accanirsi nemmeno per la diagnosi. Il mesotelioma pleurico fa un po’ eccezione perché si tratta con una patologia con un impatto medico-legale importantissimo e bisogna fornire al pz la diagnosi istologica in modo tale che nessuno può contraddire la natura della patologia neoplastica in modo che gli eredi possano avere un riconoscimento dallo Stato o meglio dalle aziende di tipo economico. Allora la toracentesi può fornirci il liquido che viene analizzato, l’esame citologico può qualche volta dirci se ci sono cellule neoplastiche ma l’anatomopatologo difficilmente potrà formulare una diagnosi corretta perché l’adenocarcinoma e mesotelioma a volte si confondono nell’ esame citologico per cui sarà indispensabile eseguire, laddove esistono dei grossi mammelloni pleurici un’agobiopsia pleurica con ago tranciante; ma laddove esista un cavo è meglio andare a fare una toraco-scopia. Il mesotelioma è un trasformista, anche in corso di mesotelioma lo possiamo trovare sotto diverse forme: noduli

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pleurici, placche che sono molto simili alle placche sclero-ialine vedete questo aspetto lardaceo ma non sono placche in questo caso ma un vero e proprio mesotelioma; queste sono le placche non mesotelioma di cui vi parlavo in precedenza; versamento pleurico; questo è un pz che abbiamo operato 2 anni fa venuto alla nostra osservazione per pneumotorace, gli abbiamo fatto una toracoscopia per pneumotorace per fargli la pleurodesi per il trattamento di pneumotorace ed eventualmente resezione della bolla, solo che c’era questo aspetto così biancastro che era sospetto. Alla biopsia è risultato mesotelioma in fase iniziale. Il mesotelioma di solito si localizza alla pleura parietale, ma può coinvolgere anche la pleura viscerale.La stadiazione è relativa al coinvolgimento della/e pleure, e al coinvolgimento delle stazioni linfonodali.

Il liquido ha una caratteristica particolare, a volte basta fare una toracentesi e si ipotizza la diagnosi perché il liquido è filante, diventa quasi come il miele perché contiene molto acido ialuronico e quindi diventa estremamente denso. Dal punto di vista istologico riconosciamo 3 tipi di mesotelioma: epiteliomorfo, sarcomatoso e misto; tra i 3 il meno cattivo è l’epiteliomorfo mentre il sarcomatoso e il misto hanno prognosi nettamente infausta. La stadiazione è legata all’estensione della neoplasia alla sola pleura parietale o all’entità del coinvolgimento viscerale, lo stato della pleura mediastinica e diaframmatica, l’eventuale invasione del pericardio, del diaframma e del parenchima polmonare; sono tutti elementi che devono essere valutati in maniera estremamente attenta e in questo la toracoscopia c’è di grande aiuto perché possiamo vedere qual è la situazione endopleurica. Qui vedete la stadiazione :

Veniamo alle terapie del mesotelioma: per molto tempo è stata considerata una patologia non trattabile, per cui si è diffuso il nichilismo terapeutico: per il pz non si può fare nulla, deve andare incontro al suo destino. Questo perché nessuna terapia poteva essere realmente efficace e allora si è diffuso il concetto di terapia multi-modale, ovvero qualcosa che riunisse in un unico trattamento tutte queste discipline e oggi così facciamo, associando chemio-radioterapia e chirurgia con qualche risultato. La chemio da sola serve a poco, le poli-chemioterapie hanno efficacia maggiore ma hanno tossicità elevata, oggi la terapia di scelta è legata alla alimta e al cisplatino, in trattamenti multi-

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modali. La radioterapia deve essere conformazionale nel senso che deve colpire esclusivamente il foglietto pleurico, risparmiando il parenchima polmonare altrimenti si determina una insufficienza respiratoria piuttosto grave. E infine la chirurgia che può avere diverse indicazioni: il banale trattamento del versamento (in toracoscopia, pleurodesi con talco o al limite pleurectomia), citoriduzione nell’ambito di un trattamento multi-modale, la nebulizzazione endocavitaria di sostanze. Quali possono essere dunque le opzioni chirurgiche: la pleurodesi in VATS, la pleurectomia parziale incorso di VATS o di toracotomia e poi le due principali strategie terapeutiche che sono la pleurectomia decorticazione e la pleuropneumonectomia. Trattamento palliativo, ottenere una palliazione efficace e quindi pleurodesi con talco; anticipiamo in pratica quella che è la normale progressione della patologia perché il tumore primo o poi tende a riempire il cavo pleurico quindi non si forma più versamento in una fase successiva. Allora possiamo garantirci un miglioramento immediato della qualità della vita con la pleurodesi con talco; come in questo caso, il polmone non può riespandersi e allora in corso di toracoscopia si esegue una pleurectomia più o meno estesa, il pz non è suscettibile di trattamento più importante e quindi si esegue una pleurectomia portando via quello che si riesce a portare via per ottenere una riespansione del polmone e una obliterazione del cavo pleurico. Vedete questa è la situazione pre-operatoria, vedete che i due lobi sono raggrinziti e sono “a palla” proprio per l’ispessimento della pleura e questo è invece il risultato ottenuto dopo aver decorticato il polmone. Ma il trattamento sul quale ormai ci siamo allineati è un po’ più invasivo, che prevede l’ asportazione seria del tessuto neoplastico o in pleurectomia decorticazione o in pleuropneumonectomia ; la prima prevede l’asportazione della pleura parietale, viscerale, del diaframma, del pericardio per ottenere l’asportazione della massa neoplastica per quanto possibile il più radicale possibile; è un intervento importante, la breccia ottenuta portando via il diaframma viene ricostruita con dei patch di goretex. L’obiettivo è quello di ottenere una buona riespansione, una citoriduzione efficace, associato poi alla chemio e radioterapia. È un intervento con incidenza di mortalità bassa e da incidenza di complicanze abbastanza accettabile; l’altro intervento che possiamo eseguire è la pleuropneumonectomia che consiste nell’asportare l’intero polmone, il diaframma e il pericardio, è più devastante gravato da un’ incidenza di complicanze maggiore che adesso non eseguiamo più, la nostra strategia terapeutica è ora orientata sulla terapia neo-adiuvante cioè fatta in fase pre-operatoria con cisplatino e alimta pre-operatoria: pleurectomia decorticazione, radioterapia nell’immediato post-operatorio cioè passati 30 giorni, radioterapia post-operatoria per consolidare il risultato ottenuto con la chirurgia e ancora chemioterapia e poi si tiene sotto osservazione il pz. Il nostro obiettivo è quello di raggiungere i 3 anni di sopravvivenza e con alcuni di questi pz ci siamo

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riusciti; ipotesi di guarigione non esistono. Siamo arrivati a 22 mesi di sopravvivenza, quindi qualche risultato l’abbiamo avuto.

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CHIRURGIA TORACICA  prof.Santini                                             23/11/16               

 

EMPIEMA Si definisce Empiema la raccolta di pus in una cavità preformata a differenza dell’ascesso che è una raccolta 

di pus in una cavità neoformata. 

L’empiema per antonomasia è l’empiema pleurico. Se la pleurite non si risolve in 14 giorni si trasforma in 

empiema. Può essere riconosciuto da una febbre persistente, lieve durante il giorno e aumenta di notte 

quando sopravviene una sudorazione abbondante(Febbre settica). C’è lo stimolo della tosse ma il paziente 

nulla riesce ad espettorare(tosse stizzosa della pleurite), occhi vuoti, guance con macchie rosse, le unghie 

delle mani piegate, le dita sono calde soprattutto alle estremità e c’è gonfiore ai piedi. La cachessia della 

sepsi è estremamente drammatica pari o addirittura superiore a quella neoplastica; peggiora con la 

malattia e migliora se l’empiema viene trattato. La batteriologia dell’empiema è varia, prevalentemente 

sono Gram+ ma anche Gram‐  e anaerobi.  

 

I fattori che determinano un aumento dell’incidenza dell’empiema sono: 

soprattutto la chemio‐resistenza batterica, determinata da un uso incongruo degli antibiotici; 

 l’immunodeficienza congenita ma soprattutto acquisita;  

acquisita per le terapie immunosoppressive e  

diabete che predispone a infezioni. 

 

 L’eziologia dell’empiema è data principalmente  

dalla polmonite; noi distinguiamo un empiema metapneumonico e parapneumonico a seconda se 

l’insorgenza di questo versamento pleurico purulento  avviene in corso di polmonite o 

successivamente alla polmonite; 

le ostruzioni bronchiali da neoplasia o corpo estraneo con conseguente accumulo di secrezioni 

nell’albero tracheo‐bronchiale e quindi una sovrainfezione;  

spostamento di infezioni polmonari al cavo pleurico;  

la presenza di bronchiectasie;  

raramente la diffusione ematogena di focolai settici distanti;  

la diffusione  di infezioni da regioni contigue(pancreatiti o ascessi sub‐frenici);  

empiema come complicanza di interventi chirurgici;  

traumi toraco‐addominali. 

 

La clinica è data da una febbre remittente, dolore soprattutto in fase iniziale per irritazione e sfregamento 

delle pleure dunque negli empiemi franchi vi è l’attenuazione del dolore; tosse secca o produttiva nel caso 

di polmonite; dispnea che può essere dovuta alla causa dell’empiema(nel caso di ostruzioni bronchiali); 

astenia e calo ponderale. E’ estrema importante ricordare ai fini di una corretta programmazione 

terapeutica quello che è l’andamento anatomo‐patologico di questa patologia in quanto l’empiema 

attraversa diverse fasi:  

essudativa;  

fibrino purulenta e  

dell’organizzazione. 

 

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Tutto questo dura intorno alle 3‐4 settimane, significa che nella fase iniziale o essudativa all’interno del 

nostro cavo pleurico troviamo un liquido, un essudato, che in fase iniziale è ancora trasparente per poi 

diventare sempre più corpuscolato , opaco e infine pus(fase fibrino‐purulenta). 

Nella prima fase il polmone è chiaramente elastico e conserva le sue caratteristiche di normo espansibilità; 

togliendo il liquido il polmone si espande normalmente. Nella seconda fase fibrino‐purulenta, la fase in cui 

questo liquido comincia a trasformarsi in pus, si deposita sulla superficie della pleura viscerale un sottile 

peel di fibrina  che tende poi a essere colonizzato da fibroblasti. Si crea una  cotenna che tende a ispessirsi 

sempre più e quindi il polmone diventa sempre meno elastico, tende a diventare “incarcerato” a causa di 

questa cotenna fibrinosa. Il polmone tende a diventare meno espansibile. A conclusione del processo 

anatomo‐patologico si passa alla fase dell’organizzazione  nella quale troviamo una  cotenna talmente 

spessa da bloccare al suo interno il polmone che non può più espandersi nemmeno drenando la raccolta 

purulenta.   

Tutto questo avviene in 3‐4 settimane, c’è una fase iniziale preclinica di cui non si conosce la durata esatta 

per l’assenza di sintomi, poi compare la sintomatologia più eclatante; lo stadio I che si sovrappone a uno 

stadio II fino a trasformarsi dalla 4 settimana in uno stadio III che è la fase di organizzazione. Ovviamente 

tutto questo ha un riflesso sulla programmazione terapeutica. 

Le complicanze dell’empiema sono: 

fibrotorace(principalmente); 

la retrazione dell’emitorace  con il polmone incarcerato e la formazione di questa spessissima 

cotenna; 

empiema necessitatis, è l’apertura verso l’esterno dell’empiema. Si crea una fistola soprattutto  

nelle zone di parete più sottile(solco sottomammario); 

fistola broncopleurica,  l’empiema si apre una strada verso l’interno, verso il parenchima 

polmonare così da formare una fistola tra bronchi e cavo pleurico. Questa consente il passaggio 

continuo di aria e la formazione  di un pneumotorace, di un pio pneumotorace, per la presenza di 

pus e aria nel cavo pleurico(può essere la causa di empiema); 

diffusione locale di infezione con la comparsa di osteomielite(coste e sterno), pericardite, 

mediastinite e ascesso subfrenico; 

sepsi, amiloidosi. 

 

Iter diagnostico: 

Esame Clinico: l’empiema dovrebbe essere facilmente diagnosticabile in quanto il paziente è 

settico, presenta febbre, con un esame obbiettivo mettiamo in evidenza la presenza del 

versamento pleurico, ci orientiamo verso la pleurite. L’evoluzione della pleurite è l’empiema; 

Diagnostica per immagini (RX, TC, ECO); 

Esame colturale del liquido pleurico; 

Antibiogramma; 

Indagini strumentali collaterali per ricercare le cause patogenetiche quali ad esempio ostruzioni; 

       la broncoscopia può far parte dell’iter diagnostico dell’empiema. 

 

 

 

 

 

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Il paziente è allettato, decombe supino e il liquido si accumula(peel di fibrina) posteriormente; può essere 

anche saccato in quanto l’organismo tende a circoscrivere il versamento così che si vengono a formare  

delle aderenze tra pleura viscerale e pleura parietale.  

 

Obiettivi della terapia: 

Controllare infezione; 

Fisioterapia respiratoria e supporto nutrizionale(il paziente è cachettico e si può ricorrere alla 

nutrizione parenterale); 

Drenaggio essudato (come suggeriva già Ippocrate “Ubi pus, ibi evacua”); 

Asportazione della sacca che si è venuta a formare perché la cotenna potrebbe impedire al 

polmone di espandersi. La riespansione del polmone è la “conditio sine qua non” per ottenere la 

guarigione di questi pazienti, poiché laddove permane uno spazio vuoto la natura tende a riempirlo 

con del liquido che fa persistere l’infezione; 

Riespansione polmonare. 

 

Terapia 

La toracentesi in fase inziale può servire ai fini diagnostici ma ai fini terapeutici poco si può fare con questa 

metodica tranne che nelle primissime fasi quando l’essudato è ancora fluido e l’esame colturale è negativo. 

Le iniezioni di antibiotici nel cavo pleurico, in questo caso, possono risolvere l’empiema. 

La terapia di elezione è il drenaggio del cavo pleurico che riesce a risolvere l’empiema (si posiziona un tubo 

di calibro adeguato così da favorire la fuoriuscita del pus che è denso. Si potrebbe associare l’uso di 

fibrinolitici nel cavo pleurico per sciogliere i depositi di fibrina e favorirne la fuoriuscita). 

Le indicazioni terapeutiche sono dettate dallo stadio evolutivo dell’affezione.  

Nel caso in cui si ha la presenza di lesioni associate (siano esse pleuriche, parenchimali o addominali) 

andremo a trattare anche queste patologie associate). 

Inizialmente antibiotici ad ampio spettro ma preferibilmente mirati in dipendenza dell’esame colturale che 

abbiamo ottenuto. 

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 Insuccesso terapeutico dovuto a: 

Antibioticoterapia non idonea 

Drenaggio malfunzionante 

Sepimentazione del cavo 

Infezioni nosocomiale (da Gram‐ o da anaerobi) 

Deficit immunitario 

 

(Drenaggio malfunzionante) Il semplice posizionamento del drenaggio spesso non consente di evacuare 

completamente il cavo pleurico, a causa del peel di fibrina che incarcera il polmone, per cui il ricorso in fase 

abbastanza precoce alla videotoracoscopia ci consente di completare l’iter diagnostico, di ottenere una 

completa toilette del cavo pleurico rompendo tutte le sepimentazioni, le varie sacche, sbrigliando e 

ripulendo il cavo e posizionando uno o più drenaggi(è preferibile posizionarne almeno due). 

In alcuni casi si può ottenere la decorticazione mininvasiva in toracoscopia andando a staccare quel peel di 

fibrina allorquando questo sia ancora soffice e morbido e quindi asportabile dalla superficie polmonare. 

 

Quando il paziente è in condizioni estremamente “scadute” non posso effettuare un intervento di 

decorticazione(intervento piuttosto traumatizzante)quindi possiamo adottare la toracotomia secondo 

ELOESSER. 

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Si esegue una resezione costale e si sutura la cute fissandola alla pleura parietale in modo tale da 

determinare un continuo drenaggio del cavo pleurico e consentendo  dall’esterno delle medicazioni con 

soluzioni disinfettanti in modo tale da avere sotto controllo l’infezione.(usata molto raramente al giorno 

d’oggi se non in particolari casi EMPIEMI SECONDARI A FISTOLE BRONCHIALI IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A 

PNEUMECTOMIA). 

 

 (Toracotomia secondo Eloesser prima guerra mondiale) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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PNEUMOTORACE  

Il pneumotorace è la raccolta di aria nel cavo pleurico. 

La pressione normalmente nel cavo pleurico, che è uno spazio virtuale, varia da ‐10 a ‐2 cmH20. 

In particolare situazione queste pressioni negative possono essere alterate per il passaggio di aria nel cavo 

pleurico. 

Distinguiamo tre tipi di pneumotorace: 

Spontaneo; 

Post‐traumatico; 

Iatrogeno(può essere accidentale, errore durante la toracentesi; voluto, nel caso di toracoscopia, 

per meglio esplorare il cavo pleurico). 

 

  

Questa doppia curva dimostra che c’è un doppio picco di incidenza di  pneumotorace spontaneo; 

distinguiamo un picco intorno ai 20 anni(pneumotorace spontaneo giovanile) e un picco intorno ai 60/70 

(pneumotorace spontaneo nell’anziano). Esistono delle situazioni differenti nel giovane e nell’anziano che 

possono portare alla fuoriuscita di aria dal parenchima polmonare e al manifestarsi di un pneumotorace. 

 

Per pneumotorace spontaneo primitivo, tipico del giovane, intendiamo una raccolta di aria nel cavo 

pleurico senza una causa apparente.  

Pneumotorace spontaneo secondario, tipico dell’anziano, è quello in cui esiste una patologia polmonare 

che può aver determinato il passaggio di aria.  

 

Pneumotorace secondario cause: 

BPCO(Enfisema bolloso), si formano queste bolle che si rompono e permettono il passaggio di aria 

nel cavo pleurico; 

Fibrosi Polmonare; 

Neoplasia del polmone(primitiva o secondaria);metastasi da sarcoma soprattutto; 

TBC; 

Ascessi Polmonari; 

Cisti da echinococco. 

 

 

 

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Sintomatologia pneumotorace spontaneo: 

Può essere asintomatico(specie nei giovani); 

Dolore trafittivo(i pazienti riferiscono come un colpo di pugnale), è determinato dalla distensione 

rapida degli spazi intercostali con tiraggio della pleura parietale; 

Dispnea(nel giovane è più una tachipnea)legata al dolore che il paziente avverte; 

Espansione dell’emitorace; 

Riduzione FVT; 

Riduzione MV; 

Suono timpanico. 

 

Si può avere anche un enfisema sottocutaneo, per il passaggio di aria attraverso il sottocute, che tende a 

risalire e che può manifestarsi soprattutto al livello delle palpebre; può prendere anche il collo. 

 

  

La diagnosi di pneumotorace avviene tramite la RX; la TAC ci consente di valutare le condizioni del 

parenchima polmonare. 

 

  

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Ci vogliono circa 6 settimane per il riassorbimento completo di un pneumotorace con collasso totale invece 

in pochi giorni si può avere la riespansione polmonare in caso di collasso di modeste entità. 

 

Il pneumotorace spontaneo primitivo colpisce giovani sani tra i 16‐40(non è rara!): 

Senza precedenti morbosi 

Fumatori 

Abuso di marijuana 

 

  

 

  

Si ritiene che la marijuana non sia dannosa, falso! In confronto al tabacco è molto peggio. 

La bleb è una bollicina ricoperta da pleura viscerale che si forma nei giovani sani(eziologia è sconosciuta); si 

ipotizza che la formazione di questa bleb sia determinata dallo sfregamento della pleura viscerale sui 

margini delle coste che sono relativamente taglienti in quanto si manifestano soprattutto in giovani sani, 

magri, atletici e con poco pannicolo adiposo.  Non essendoci il pannicolo adiposo la pleura si danneggia con 

lo sfregamento. 

 

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Questa non è più una bleb ma è una bolla che si riscontra nei pazienti fumatori di marijuana. 

A titolo di curiosità: sono descritti dei pneumotoraci insorti durante dei concerti perché la musica a 

frequenze molto basse e ad alto volume determina delle vibrazioni che sembra  possano favorire la lesione 

della pleura e quindi l’ insorgenza di pneumotorace soprattutto in soggetti predisposti (o soggetti con 

blebs). 

 

Pneumotorace, fisiopatologia: 

Chiuso, l’aria entra e la breccia si chiude, la pressione dipende  dalla quantità di aria entrata, il 

polmone è più o meno collassato in base alla quantità di aria; 

Aperto, la comunicazione tra ambiente esterno e pleura persiste, la pressione è uguale a quella 

esterna, il polmone è collassato; 

A valvola, l’aria entra durante l’ispirazione ma non esce durante l’espirazione, pneumotorace 

ipertensivo. 

 

Nel pneumotorace ipertensivo abbiamo collasso totale del polmone, sbandamento del mediastino in senso 

controlaterale e compressione sul polmone controlaterale con inginocchiamento della cava inferiore quindi 

un ostacolato ritorno venoso. Morte del paziente per shock cardiogeno. 

 

  

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Nel caso in cui non abbiamo la radiografia possiamo fare diagnosi di sbandamento del mediastino 

osservando la trachea che in questi casi è spostata. In questi casi si deve bucare la parete toracica così l’aria 

fuoriesce. Il polmone non si espande ma si salva la vita al paziente. 

Complicanze: 

Recidiva(30‐45% dopo un episodio, 40‐50% dopo due episodi, 80% dopo tre episodi); 

Pneumotorace ipertensivo; 

Insufficienza respiratoria; 

Perdita aerea prolungata(la breccia non tende a chiudersi e abbiamo l’insorgenza di pneumotorace 

inveterato); 

Pneumotorace inveterato(la perdita aerea dura da molto tempo, il polmone collassa e si ricopre di 

fibrina; ad un certo punto si incarcera e non si riespande più); 

Emopneumotorace ( si posso possono avere delle aderenze tra pleura parietale e viscerale 

riccamente vascolarizzate che si possono rompere in caso di pneumotorace e quindi con il collasso 

del polmone si ha sanguinamento nel cavo pleurico); 

Pneumotorace bilaterale; 

Pneumomediastino  (passaggio di aria nel mediastino e da qui nel sottocute quindi enfisema 

sottocutaneo). 

 

Obiettivi terapeutici: 

Rapida e completa riespansione polmonare; 

Recuperare o miglioramento della funzionalità respiratoria; 

Prevenzione delle recidive  

 

La prevenzione delle recidive dipenderà dall’entità del pneumotorace, condizione, età e attività lavorativa 

del paziente. 

In caso di pneumotorace parziale può essere sufficiente la semplice osservazione con la somministrazione 

di ossigeno per facilitare il riassorbimento dell’aria nel cavo pleurico. Con l’O2 diminuiamo la pressione 

parziale  di azoto nel sangue e facilitarne il passaggio dell’aria  dalla pleura al sangue. 

Laddove il pneumotorace non sia parziale e si ha necessità di far espandere il polmone in maniera rapida 

utilizziamo la valvola di Heimlich. 

 

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Opzioni terapeutiche: 

Toracostomia chiusa, ovvero il posizionamento di un tubo di drenaggio che viene introdotto nel 

cavo pleurico; va posizionato lungo il 4°‐5° spazio intercostale lungo la linea ascellare media(si 

ottiene una migliore riespansione, più facile drenare eventuali liquidi e il sangue presenti nel cavo 

pleurico,  con cicatrici minime e senza intaccare i muscoli pettorali. Il tubo di drenaggio lo 

colleghiamo alla Montenovesi. 

 

  

 

Indicazione chirurgica:  

Pnx complicato 

Rischio professionale 

Problemi psicologici 

Recidiva 

Bilateralità 

 

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Toracotomia ascellare o VATS 

 

  

Per evitare le recidive si effettua l’apicectomia; all’apice polmonare si ha la maggiore localizzazione di 

blebs. 

Trattamento fondamentale per questi pazienti è la pleurodesi, l’utilizzo del talco dipenderà dal paziente. 

(In pazienti giovani è sconsigliato usare il talco in quanto renderà più difficili ulteriori operazioni chirurgiche 

polmonari) 

In soggetti giovani si procederà con la pleurodesi meccanica tramite abrasione; si brucia la pleura parietale 

per determinarne l’irritazione e facilitare la formazione di aderenze tra le due pleure(parietale e viscerale). 

Tali aderenze saranno efficaci nel prevenire il pneumotorace ma non tali da impedire ulteriori operazioni al 

cavo pleurico. In caso di recidive in pazienti che sono già stati trattati in questo modo si eseguirà la 

pleurectomia parziale in modo tale da mettere a nudo la fascia endotoracica e questa, quando a contatto 

con la pleura viscerale, determina la formazione di aderenze ancora più tenaci; in questo modo si 

scongiurano ulteriori recidive. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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BPCO  

La broncopneumopatia cronica ostruttiva è una patologia che riconosce nella chirurgia toracica 

un’indicazione nel trattamento  delle complicanze , riduzione della dispnea e miglioramento della qualità di 

vita. 

L’aspetto tipico di un torace di un paziente con BPCO è a botte. 

Il paziente con BPCO nella fase terminale della malattia può andare incontro alla formazione di bolle più o 

meno voluminose; vanno trattate quando peggiorano in complicanze: sovradistensione, infezione, 

emorragia, pneumotorace o cancro su bolla.  

Per migliorare la funzionalità respiratoria di questi pazienti interveniamo attraverso l’eliminazione delle 

bolle in quanto diminuiscono l’elasticità polmonare;  in tal modo otteniamo anche una riduzione delle 

resistenze aeree e vascolari.  

L’intervento si effettua solamente se la bolla comprima più del 30% e vi sia una reale capacità del recupero 

funzionale. 

La BPCO può essere trattata anche attraverso la riduzione di volume polmonare: andiamo a togliere dei 

pezzi di polmone con l’obiettivo di migliorare la condizione di questo paziente. 

La LVRS (Lung Volume Reduction Surgery) è un intervento palliativo che si prefigge di ridurre la dispnea e di 

migliorare la qualità di vita del paziente per un periodo di tempo imprecisato. L’exeresi delle aree 

parenchimali con ipoperfusione e ritenzione gassosa che, comprimendo zone circostanti a struttura 

anatomica normale, ne alterano la funzione. La riduzione dell’iperdistensione consente al parenchima 

residuo di riacquistare una certa elasticità e di migliorare la funzione toraco‐diaframmatica. 

Benefici della LVRS: 

Miglioramento del recupero elastico del polmone 

Riduzione delle resistenze nelle piccole vie aeree 

Miglioramento della dinamica della parete 

Ristabilimento del rapporto ventilazione/perfusione nel restante parenchima 

Miglioramento della meccanica diaframmatica 

Altre tecniche non chirurgiche ma broncoscopiche consistono in valvoline  che vengono posizionate nei 

bronchi; esse consentono il passaggio di aria in una sola direzione facilitando la fuoriuscita di aria. Il 

polmone va incontro ad atelettasia e quindi otteniamo una riduzione del volume polmonare non chirurgica. 

 

 

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                                                          Tumori Polmonari 

assistente Prof. Santini                                                                                                                  5/12/16 

 

Il tumore ai polmoni detto anche carcinoma broncogeno, dall’epitelio da cui prende origine, è un 

tumore che ha un ampio spettro sia dal punto di vista clinico che dal punto di vista chirurgico. 

 

In questa diapositiva a partire dal 1975 fino al 2005 c'è l’incidenza del tipo di neoplasia più 

frequente nel sesso maschile e nel sesso femminile. In questo lasso di tempo vediamo come il più 

frequente sia il tumore alla prostata nei maschi e il tumore alla mammella nelle femmine, seguiti 

dal tumore al polmone al secondo posto in entrambi i sessi. Sempre partendo dal 1975 si vede 

come l’incidenza del tumore al polmone sia molto più elevata negli uomini che nelle donne, questo 

perché in quel periodo i fumatori maschi erano maggiori. Nel tempo con la diffusione del fumo di 

sigaretta anche nel sesso femminile il tumore al polmone è diventato una delle neoplasie più 

diffuse sia nel sesso maschile che in quello femminile. 

 

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In quest’altra slide viene evidenziata l’incidenza topografica, si nota come nei paesi industrializzati 

come Cina Europa e Nord America, con un alto tasso di inquinamento ambientale, presentino una 

maggiore incidenza di questa patologia. La decade in cui si distribuisce maggiormente l’incidenza di 

tumore al polmone è tra i 55 e 75 anni. Si è dimostrata una minore incidenza in soggetti meno 

esposti al fumo e fattori ambientali. Il problema maggiormente legato al tumore al polmone è il 

fattore di prevenzione. I fattori di rischio sono: 1‐ Fumo di sigaretta (non si prende in 

considerazione solo il numero di sigarette fumate, ma anche l’età di inizio del tabagismo, per cui un 

individuo che ha iniziato prima è più esposto al rischio). Inoltre inalare il fumo aumenta 

notevolmente l’introduzione di cancerogeni nelle vie aeree. Quindi un fumatore ha un rischio 10 

volte più elevato rispetto a un non fumatore, un forte fumatore aumenta tale rischio fino a 25 

volte. Praticamente l’epitelio polmonare è pseudostratificato cilindrico ciliato, mentre in un 

fumatore tende a modificarsi in epitelio pavimentoso cheratinizzante con un processo di 

metaplasia, che può essere lieve, moderata e severa. Quando è severa si parla di carcinoma in situ. 

2‐ Inquinamento ambientale dovuto alla produzione di idrocarburi aromatici 

3‐ Condizioni di lavoro come con i minatori. 

4‐ Carenze alimentari (come avitaminosi A, E e carotenoidi) 

Comunque in tutti i casi di tumore ai polmoni si può parlare anche di una predisposizione genetica, 

quindi la malattia ha patogenesi multifattoriale, determinata dalla somma dei fattori ambientali a 

questo substrato genetico. In questa slide si vede come un soggetto di 65 anni che non ha mai 

smesso di fumare presenti un’incidenza altissima, al contrario un soggetto della stessa età che ha 

smesso di fumare da dieci anni presenta un’incidenza molto più bassa, determinando come, a 

qualsiasi età, smettere di fumare determini una notevole riduzione dei fattori di rischio. Dicevo 

prima, che sono fondamentali prevenzione e diagnosi precoce. I programmi di screening dei 

soggetti forti fumatori di età compresa tra i 65 e 75 anni prevedono la Rx del torace più l’esame 

dell’espettorato; lo step successivo è il gold standard dello studio del torace, ovvero la TC. Alcuni 

studi affermano che questo programma di screening sia servito per una diagnosi precoce del 

tumore, altri invece considerano le spese troppo superiori alla sua reale efficacia nella diagnosi. Il 

problema del tumore al polmone è che è una patologia subdola. Il paziente qualora viene indicato 

asintomatico, presenta difficile diagnosi. In pazienti fumatori che presentano bronchiti croniche e 

forte espulsione di espettorato (sintomi che possono essere sottovalutati dal medico di famiglia il 

quale prescrive antibiotici e cortisone supponendo una normale bronchite) gioca molta importanza 

la sensibilità del medico di famiglia, che deve identificare variazioni nei sintomi dei pazienti come 

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strisce di sangue nell’espettorato, maggiore frequenza di espulsione, associazione a dolore 

toracico. L’errata interpretazione di questi sintomi può portare a un consulto specialistico in una 

fase già avanzata della malattia, dove i sintomi non sono più organo‐specifici, ma sistemici. Quindi 

l’insorgenza della malattia può essere: asintomatica; organo‐specifica; sistemica (e quindi 

caratterizzata da sintomi extra polmonari). 

L’insorgenza asintomatica è rara, molto più frequente la presenza di sintomi specifici come dispnea 

e sangue nell’ispettorato, che con un’attenta anamnesi possono portare a un sospetto di 

carcinoma. Si ricorda che il dolore si presenta unicamente quando viene interessata la pleura 

parietale poiché la pleura viscerale non presenta innervazione. La tosse si verifica quando il tumore 

è in prossimità del bronco. La dispnea è un sintomo più avanzato in cui c’è l’interessamento 

endoluminale del nervo del bronco(?) o una compressione dovuta a versamento(?). Poi c'è la 

febbre, presente in tutti i tumori. 

Altri sintomi possono essere extrapolmonari in cui i linfonodi possono comprimere strutture come 

il nervo ricorrente (determinando disfonia) o l’esofago (determinando disfagia), oppure una 

compressione della cava inoltre una compressione del ricorrente in una posizione bassa può 

determinare anche una paralisi del diaframma. 

 

Invece un tumore localizzato nell’apice polmonare all’altezza della 1‐2 costa con interessamento 

del plesso brachiale e del nervo simpatico cervicotoracico e dei vasi succlavi viene chiamato 

tumore di Pancoast. La sindrome tipica determinata da questo tumore provoca, nel caso in cui sia 

interessato il ganglio stellato, come sintomatologia: miosi, ptosi ed enoftalmo 

Nel caso in cui interessi il plesso brachiale abbiamo parestesia del lato ulnare del braccio 

interessato. 

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Altri sintomi extrapolmonari possono essere provocati da metastasi determinando sintomi 

cerebrali; sintomi ossei a livello sternale, femorale…; sintomi epatici e tumefazione linfonodale. Le 

sindromi paraneoplastiche sono manifestazioni cliniche correlate con la presenza di una neoplasia, 

non imputabili a fenomeni ostruttivi, distruttivi o irritativi da parte della neoplasia o delle sue 

metastasi. Non fanno parte del quadro comune della neoplasia, sembrano entità cliniche 

autonome e scompaiono successivamente al trattamento della neoplasia. Tali sindromi 

paraneoplastiche possono essere: endocrine, osteoarticolari, neuromuscolari, cardiovascolari e 

cutanee. 

Le sindromi endocrine possono essere caratterizzate da Sindrome Cushingoide, da iperproduzione 

di ADH, ipercalcemia, ipertiroidismo, ipocalcemia, iperglicemia. 

 

Le sindromi osteoarticolari sono tipiche e possono interessare arti inferiori e superiori, ove la 

porzione distale delle falangi assume una forma a bacchetta di tamburo e le unghie una forma a 

vetrino di orologio. Le sindromi paraneoplastiche neuromuscolari sono: degenerazione corticale ed 

encefalite limbica (demenza); degenerazione cerebellare subacuta; neuropatia ottica e retinopatia; 

mielopatia necrotica subacuta; neuropatia sensitiva; neuropatia autonoma; sindrome 

miasteniforme di Eaton‐Lambert. Le sindromi cardiavascolari sono: tromboflebite migrante, 

endocardite trombotica abatterica e CID. Le sindormi cutanee sono: dermatomiosite e Achantosis 

nigricans. 

Che strada si intraprende quando ci si trova di fronte a un cancro polmonare? Il trattamento è 

sempre multimodale, caratterizzato da chemioterapia, radioterapia e chirurgia. Innanzitutto 

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dobbiamo tipizzare il tumore mediante tipizzazione istologica, ne segue la stadiazione, e formare 

un programma terapeutico in relazione al quadro che ci troviamo davanti. 

 

 

Tipizzazione istologica & Stadiazione 

La tipizzazione istologica si fa con: la citologia sull’espettorato (come nel carcinoma in situ, 

applicando un esame istologico sull’espettorato si va a valutare la presenza di cellule cancerose); la 

broncoscopia; l’agobiopsia transtoracica; biopsia dei linfonodi superficiali; biopsia delle lesioni 

metastatiche; toracentesi (citologia sul versamento pleurico); video‐toracoscopia; toracotomia 

esplorativa. 

Come si distingue il tumore al polmone? Quando parliamo di tumore al polmone si distingue prima 

tra tumore benigno e maligno. Il maligno a sua volta va distinto in tumore a piccole cellule e non a 

piccole cellule. 

1‐ Il tumore non a piccole cellule di primo tipo è lo squamocellulare, con localizzazione 

prevalentemente ilare, e può presentarsi inizialmente come una neoplasia che interessa la parete 

bronchiale, è di colorito biancastro e può presentare uno sviluppo endoluminale oppure 

interessare direttamente il parenchima. Invece sul piano anatomo‐patologico queste cellule sono 

cordoni legati tra di loro da ponti intercellulari. Fattori di rischio sono: fumo di sigarette, ecc. 

Presenta una crescita relativamente lenta, con potere metastatizzante ai linfonodi ilari. 

2‐ L’adenocarcinoma si presenta come un tumore a forma di piccole labbra localizzato 

prevalentemente nella periferia, anch’esso è correlato al fumo, con un potere metastatizzante 

maggiore rispetto allo squamocellulare, ma con una crescita più lenta. 

3‐ Abbiamo il carcinoma a grandi cellule con un’organizzazione sia ilare che periferica, anch’esso 

legato al fumo, con una crescita rapida e alto potere metastatizzante. 

4‐ Il tumore a piccole cellule invece si presenta in modo diverso dai precedenti con un aspetto 

citologico tipico, caratterizzato da un uguale rapporto nucleo/citosol (un tempo veniva chiamato 

“chicco d’avena”) con un nucleo ipercromatico molto facile da individuare. Ciò che lo distingue è un 

alto potenziale metastatizzante e solo in alcuni casi si può intervenire chirurgicamente. 

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Il tumore con maggiore incidenza oggi è l’adenocarcinoma. Questo si presenta con aspetto dei 

linfonodi in immagine TAC sfumato, può presentare localizzazioni multiple. Nel momento in cui 

l’andiamo a vedere sul tavolo operatorio, l'adenocarcinoma presenta colorito biancastro e 

consistenza più friabile in alcuni casi, in altri più addensata; mentre invece il carcinoma 

squamocellulare ha colorito grigiastro, margini un po’ più regolari e consistenza duro‐elastica. Nel 

microcitoma (carcinoma a piccole cellule) a volte succede che la lesione è molto piccola, però con 

l’addossamento delle strutture linfonodali la pleurite evolve. Già nel momento in cui facciamo 

diagnosi abbiamo delle metastasi a distanza, la chirurgia non sempre è indicata (soltanto in casi 

specifici), inoltre risponde in modo buono alla chemio e radioterapia. 

Il nostro obiettivo è di andare a programmare la terapia e formulare una prognosi adeguata. si fa 

uno studio multicentrico e si confrontano i vari studi. Questo è il punto principale che andiamo ad 

affrontare: la stadiazione. Quindi valutiamo le dimensioni del tumore, il rapporto con le strutture 

adiacenti, l’interessamento linfonodale (in base alle stazioni linfonodali indico lo stato dei linfonodi 

e la presenza di metastasi). Quali sono i supporti diagnostici nella stadiazione del cancro al 

polmone? La TAC del torace è il gold standard quando dovete studiare patologie polmonari, si 

esegue la TAC total body per assicurarci che non ci siano lesioni epatiche, renali, cerebrali; la 

risonanza magnetica per il cranio; la TAC‐PET ci permette di andare a studiare bene le strutture 

linfonodali, dove c’è la possibilità di evidenziare la colorazione dei linfonodi stessi, la scintigrafia 

ossea nel caso di metastasi ossee. Altra indagine importante è la broncoscopia: al di là della 

possibilità di andare ad esplorare l’albero bronchiale, oggi c’è la possibilità di utilizzare una 

broncoscopia che sfrutta un dispositivo con una piccolissima sonda ecografica al davanti che ci 

permette di valutare dal lume tracheale, dal lume bronchiale, le strutture linfonodali che ci sono 

davanti, come se fosse una normale ecografia, e quindi ci permette di andare ad approfondire e 

ottenere informazioni precise per quanto riguarda le condizioni dei linfonodi. La mediastinoscopia: 

laddove la broncoscopia non ci dà informazioni, con questa possiamo studiare meglio le stazioni 

linfonodali; mediastinotomia; VATS; la biopsia linfonodale con cui possiamo analizzare i linfonodi 

soprabrachiali, inguinali, cervicali e ascellari; la toracotomia, laddove sia necessaria per avere 

ulteriori informazioni.                  

 Stadiazione TNM. 

Lo studio della T permette di valutare le dimensioni, la sede e i rapporti con le strutture adiacenti. 

Consideriamo i diversi casi: Tx: cellule neoplastiche presenti nell’espettorato senza evidenza 

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sierologica e broncoscopica del tumore. T0: non c’è alcuna evidenza di tumore. Tis: è un carcinoma 

in situ. T1: abbiamo tumore inferiore ai 3cm, senza interessamento della pleura viscerale e del 

bronco lobare. Il T1 si divide in T1a (inferiore ai 2cm) e T1b (tra i 2 e i 3cm). T2: tumore superiore ai 

3 cm e inferiore ai 7 cm, invade pleura viscerale, ed è associato a una atelettasia che non coinvolge 

l’intero polmone. In broncoscopia l’estensione del tumore deve essere nel bronco lobare o almeno 

a 2cm dalla carena, a sua volta il T2 si divide in T2a (tra i 3 e 5cm) e T2b (tra 5 e 7cm). T3: tumore 

superiore ai 7cm o di ogni dimensione, con breve estensione o sulla parete toracica, alla pleura 

mediastinica, o al miocardio. Tutte queste strutture possono essere facilmente resecate. Questo 

tumore viene rilevato a livello del bronco principale a meno di 2cm dalla carena. Può essere 

associato ad atelettasia dell’intero polmone ed è associato ad un nodulo neoplastico che si trova 

nello stesso lobo. 

T4: tumore di ogni dimensione con invasione del mediastino, del cuore, dei grossi vasi, trachea, 

esofago, corpi vertebrali (queste strutture non possono essere ovviamente resecate). Presenza di 

noduli neoplastici satelliti in un altro lobo dello stesso polmone. 

Tutte queste informazioni, nel momento in cui si mettono in rapporto con la stadiazione completa 

e con un iter terapeutico e chirurgico, assume un valore estremamente importante.  Il fattore N 

interessa i linfonodi. In questo caso si valuta il numero e l’infiltrazione della capsula. Nx: 

incompleta o assente valutazione delle metastasi ai linfonodi regionali. N0: non dimostrabili 

metastasi ai linfonodi regionali. N1: metastasi ai linfonodi della regione peribronchiale o ilare 

omolaterale, o ambedue, includendo una estensione diretta. N2: metastasi ai linfonodi 

mediastiniciomolaterali e/o carenali. N3: metastasi ai linfonodi omo o controlaterali, prescalenici e 

sopraclaveari.  

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(riferendosi alla slide) questa tipizzazione indica precisamente i linfonodi interessati. Questi in alto 

sono i mediastinici alti; subito seguono i paratracheali alti; 3: retrotracheali o prevascolari; 4: 

paratracheali bassi o sottoazygotici; 5: sottoaortici; 6: paraortici; 7: sottocarenali; 8: paraesofagei; 

9: ilari; ne seguono poi gli interlobari; i lobari; i segmentali e i subsegmentali. 

Parliamo ora di metastasi. Fattore M.  Mx: la presenza di metastasi a distanza non può essere 

valutata. M0: assenza di metastasi a distanza. M1: presenza di metastasi. Si divide in M1a 

(presenza di noduli in un lobo del pomone controlaterale o presenza di versamento pleurico a 

citologia positiva per cellule neoplastiche) e M1b (metastasi a distanza). 

 

Questa è l’assegnazione che permette di vedere il rapporto tra T, N e M. Ora vi faccio vedere i casi 

clinici: 

Carcinoma in situ (Tis N0 M0). Facciamo una radiografia del torace e non vediamo niente. In 

questo caso identifichiamo le cellule neoplastiche dall’espettorato. Come si fa? Si fanno dei 

brushing o dei broncoaspirati seriali, ognuno per ogni lobo, classificandoli con precisione, per 

capire poi esattamente la sede in cui è presente il carcinoma. 

Stadio IA: T1(a,b) N0 M0, abbiamo un tumore inferiore ai 3cm, periferico, non c’è interessamento 

linfonodale né metastasi a distanza. Questo è il caso chirurgico che ha più successo e la 

sopravvivenza a distanza di 5 anni dà ottimi risultati. 

Stadio IB: T2a N0 M0 interessa la pleura viscerale, che è a una distanza superiore ai 2cm dalla 

carena. 

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Stadio IIA: T1a,b N1 M0 oppure T2a N1 M0 oppure T2b N0 M0, in questo caso parliamo di un 

interessamento dei linfonodi ilari (N1), nel T1 N1 M0 la lesione è inferiore ai tre centimetri, 

interessa i linfonodi ilari prebronchiali ed è a più di 2cm dalla carena. Nella lesione T2b N1 M0 

abbiamo una lesione superiore ai 5cm. 

Stadio IIB: T2b N1 M0 oppure T3 N0 M0. T2b N1 M0 il tumore interessa i linfonodi ilari e la pleura 

viscerale; nel caso del T3 abbiamo una lesione superiore ai 7 cm. Nel caso di T3 la lesione interessa 

la parete e sono coinvolte molteplici strutture che possono essere resecate. In un intervento che 

abbiamo eseguito è stata eliminata parte delle coste e della parete muscolare, inserendo delle 

protesi. Un altro caso di T3 N0 M0 presenta oltre al nodulo principale un nodulo satellite nello 

stesso lobo, con interessamento dei linfonodi ilari, M0 perché non ci sono metastasi. 

Stadio IIIA: T1‐3 N2 M0; T3 N1 M0; T4(satellite) N0 M0. T1‐2 N2 M0: abbiamo interessamento dei 

linfonodi del mediastino ovvero sottocarenali e mediastinici controlaterali alla lesione; T3 N1 M0 vi 

è un interessamento della pleura viscerale e dei linfonodi ilari, non ci sono metastasi; nello stadio 

IIIA si può avere T1a senza interessamento della pleura viscerale con massa inferiore a 2cm e T1b 

con massa tra 2‐3cm che possono essere N1 (interessamento linfonodi ilari) e N2 (interessamento 

linfonodi mediastinici). Abbiamo T3 N1 M0 e T4 N0 M0. Vediamo come nel T4 siano interessati due 

lobi dello stesso polmone. 

Stadio IIIB: T1‐4 N3 M0; T4(invasione) N0‐3 M0. Con N3 si indica interessamento dei linfonodi 

sopraclaveari, scalenici, ma con assenza di metastasi. Come si vede da quest’immagine vi è una 

grossa massa che determina un interessamento anche della cava superiore, compressa dalla 

lesione. 

Stadio IV: T1‐4 N0‐3 M1a (versamento a citologia positiva). Tumore al polmone con lesione di un 

nodulo del polmone controlaterale. Può essere caratterizzato da un versamento con citologia 

positiva, linfoadenopatia mediastinica con interessamento dei linfonodi sottocarenali. 

Queste sono tutte le tipizzazioni e le stadiazioni veloci. Successivamente vedremo le azioni 

consigliate. Mentre col IIIA consigliamo più velocemente un’operazione, con il IIIB valutiamo le 

diverse condizioni. Più si interviene in uno stadio precoce maggiori sono le possibilità di 

sopravvivenza. Naturalmente il paziente oncologico non è un paziente cardiochirurgico, a cui, con 

un bypass, regalo 20 anni. Il paziente oncologico è più complesso, per tutta la vita sarà sottoposto 

a un follow‐up. Ovviamente anche se dopo 5 anni si considera la guarigione, dal punto di vista 

psicologico bisogna trattarlo in maniera diversa. Quando prepariamo il paziente chirurgicamente 

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per essere sottoposto a una resezione polmonare, deve soddisfare i seguenti criteri: innanzitutto 

va fatto un banale esame clinico come primo approccio al paziente; esami di laboratorio per 

renderci conto dei valori dell’emocromo, creatinina, transaminasi...; 

                                                                                                    Pasquale Chiacchio, Michele Cirillo 

La spirometria valutando il fev1 ovvero la capacità respiratoria. Considerando che il paziente deve 

essere sottoposto a un intervento di resezione (che può essere lobectomia o addirittura una 

pneumonectomia) deve soddisfare dei criteri ventilatori adeguati, in quanto non possiamo andare 

a togliere una porzione di parenchima polmonare ad un pz che ha fv1 basso, enfisematoso poiché 

andremmo ad arrecare un danno. 

 L’intervento va fatto laddove è compatibile con la sopravvivenza o comunque con una vita 

dignitosa. L’intervento è abbastanza complesso, non è solo il polmone che va valutato ma bisogna 

valutare l’attività cardiaca, ECG, le pressioni polmonari, la frazione di eiezione ventricolare ovvero 

se il pz ha un cuore tale da poter sopportare l’intervento e quindi dobbiamo capire se ha una 

contrattilità adeguata. 

Il pz che arriva da noi è tra i 60 e i 70 anni, a quell’età presenta problemi cardiovascolari, 

ipertensione, problemi renali, problemi epatici; si tratta di un pz complesso e quindi bisogna fare 

molta attenzione alla valutazione pre‐intervento: valutiamo l’emo‐gas quindi ci interessa la 

pressione parziale della CO2 della O2, la saturazione, la scintigrafia polmonare funzionale che 

permette di valutare il deficit perfusivo e in quale zona il polmone è interessato. Può succedere 

che pazienti con un enfisema abbiano in corrispondenza della lesione un deficit di perfusione. 

Questo ci permette di renderci conto se nel momento in cui rimuoviamo con l’intervento una 

determinata aerea, la restante abbia una perfusione adeguata. Si effettua un test, per capire il 

VLCO per capire la velocità di diffusione del monossido di carbonio e dopo il TSA; dobbiamo capire 

se con l’anestesia generale potrebbe esserci uno sbalzo pressorio, in quanto il pz potrebbe avere 

una placca a livello dei nuclei sopraottici e il nostro dovere è assicurarcene, ovviamente viene 

effettuato in pz di oltre 60 anni. Quindi dobbiamo assicurarci che il pz riesca a sopportare 

intervento chirurgico e anestesia. L’ECG viene effettuato in casi specifici ovvero si tratta di pz che 

possono avere extrasistolie, fibrillazioni e pz sottoposti a precedenti cardiopatie ischemiche. 

Facciamo inoltre un test da sforzo, ECG 24h, coronarografia ove necessaria. 

Ho insistito tanto sull’aumento dell’incidenza del tumore nelle persone anziane, negli ultimi anni 

però non è la regola, infatti qualche tempo fa ci è capitato un ragazzo di 19 anni con lesioni 

bilaterali e chiaramente in questo caso c’è un substrato anche genetico. In questo caso abbiamo 

fatto diagnosi precoce, abbiamo resecato nella zona della lesione e successivamente il pz è stato 

avviato ad una terapia medica con risultati, per il momento, palliativi. 

Quindi è vero che vi sono fattori di rischio ma non dimentichiamo il substrato genetico che ha un 

ruolo importante. Se consideriamo il problema dell’inquinamento ambientale, magari i nostri 

nonni 50/60 anni fa non sono stati sottoposti agli inquinanti ai quali sono sottoposti i giovani oggi, 

ad esempio un giovano di 30 anni è stato sottoposto a inquinanti ambientali per molto più tempo 

rispetto ad un anziano, anche questo ha abbassato l’età di insorgenza del tumore nei giovani.  

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Per il carcinoma polmonare, secondo questa casistica, in Campania l’ 80% dei pazienti sono 

inoperabili, generalmente sono pz già al II stadio. Il 20% che rimane è sottoposto a terapia 

chirurgica e medica. Il 12% sopravvive dopo 5 anni, l’8% muore nei primi 5 anni. 

L’intervento chirurgico ha un ruolo fondamentale nella cura del carcinoma polmonare. 

Per quanto concerne la sopravvivenza, possiamo osservare che vi è differenza a seconda dello 

stadio, ovvero i pz individuati allo stadio IA hanno una sopravvivenza maggiore rispetto a quelli 

allo stadio IB questo perché vi è una differenza di dimensioni. Inferiore a 3cm in un caso e tra 2‐3 

cm nell’altro. In maniera particolare osservando il grafico la sopravvivenza per 

‐ stadio IA al 70% 

‐ stadio IB al 53% 

‐ stadio IIA al 45,8% 

‐ stadio IIB al 38% 

‐ stadio IIIA al 20% 

Per quanto riguarda l’early lung cancer si tratta di una malattia limitata al polmone e ai linfonodi 

situati entro i confini dei foglietti pleurici. Anche in questo caso vale lo stesso discorso ovvero gli 

stadi iniziali sono quelli favoriti per una sopravvivenza. 

Per quanto riguarda invece il carcinoma in situ: 

‐ Presenta un incidenza <1% quindi estremamente bassa  

‐ Dobbiamo localizzare la sede attraverso: 

Lavaggi e/o brushing bronchiali settoriali: viene sospettato quando all’espettorato 

compaiono cellule neoplastiche. Quindi si effettuano lavaggi seriati ovvero ad ogni bronco 

faccio il lavaggio e lo vado ad analizzare, ripeto l’operazione per tutti i bronchi dell’albero 

respiratorio in questo modo ho un’idea precisa. 

Laser a fluorescenza 

‐ Sopravvivenza elevatissima in quanto tu prendi il tumore proprio sul nascere e quindi 

sopravvivenza a 5 anni con percentuali elevate (considera 3 studi effettuati su un numero 

elevato di pazienti e mostra che le percentuali a 5 anni sono tra l’80 e il 90%) 

Chiaramente il follow up è sempre serrato  

Per quanto riguarda il tumore al primo stadio: 

‐ Nodulo <3cm; 

‐ Senza Interessamento linfonodi mediastinici; 

‐ Tumore senza estensione alla pleura viscerale o fatta la broncoscopia si valuta che è entro i 2 

cm dalla carena; 

‐ Sopravvivenza molto più elevata; 

Nel momento in cui ci troviamo di fronte, perché bisogna anche essere fortunati nel trovarci di 

fronte il primo stadio, si effettua la scelta dell’intervento che consiste nella lobectomia, ovvero 

nell’asportazione dell’intero lobo interessato dalla neoplasia. Nel momento in cui viene effettuata 

la lobectomia (dopo aver asportato il lobo si effettua la legatura dei vasi, ovvero sia quelli arteriosi 

e venosi, e del bronco) bisogna assicurarsi che non ci sia neoplasia (margini liberi dalla neoplasia) e 

né linfonodi (criteri di radicalità per fare in modo che non vi siano delle recidive).  

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Infatti, durante l’intervento chirurgico va tenuta presente anche la linfadenectomia lobo‐specifica 

che consiste nell’asportazione di almeno 3 stazioni che drenano il lobo interessato dalla neoplasia. 

Viene effettuato anche un lavaggio pleurico, e se risulta negativo si considera come fattore 

prognostico positivo per il paziente.  

Quindi abbiamo detto che l’intervento più idoneo e con maggiori risultati è la lobectomia con 

annessa linfadenectomia. Su quest’ultima va fatto un discorso generico anche se richiederebbe un 

approfondimento maggiore. La linfadenectomia può essere quindi lobo specifica, ma anche 

sistemica, ovvero asportazione del tessuto adiposo mediastinico e quindi con asportazione dei 

linfonodi a dx sottoazygotici e i paraesofagei a sx para e sottoaortici; poi abbiamo quella radicale e 

infine quella estesa con asportazione anche dei ln cervicali. In alcuni casi può essere effettuato 

anche il sampling ovvero il prelievo di uno o più ln ritenuti significativi nella valutazione pre od 

intraoperatoria (nel primo caso viene valutato con la TC, nel secondo caso se durante l’operazione 

viene intravisto un ln con dimensioni e forma alterate). 

Quali sono le complicanze della linfadenectomia?  

‐ Si prolunga il tempo operatorio,  

‐ Si ha un incremento delle morbidità operatorie, ovvero emorragie, chilotorace, ostacolato 

drenaggio linfatico controlaterale. 

Quali sono i vantaggi?  

‐ Si permette una giusta stadiazione per garantire una migliore terapia oncologica per il 

paziente. 

Gli interventi alternativi alla lobectomia sono: 

‐ Bilobectomia: solo a dx quando il tumore è interlobare e quindi è posizionato tra 2 scissure. Si 

va quindi ad effettuare una asportazione di 2 lobi adiacenti dello stesso polmone (lobo 

superiore e medio del polmone dx). 

‐ Pneumectomia: generalmente si evita per le complicanze cardiache e respiratorie; solo nel 

caso di una buona ventilazione perché lo scopo del medico è assicurare l’asportazione del 

tumore ma garantire comunque una sopravvivenza adeguata (bisogna essere curativi). 

‐ Sleeve lobectomy: quando la neoplasia è situata subito dopo l’orifizio del bronco principale e 

la pneumectomia è controindicata per cause funzionali (ventilatorie e cardiache). In questo 

caso viene eliminata la porzione interessata dalla neoplasia e viene effettuata una anastomosi 

tra il moncone distale e la porzione residua. Non abbiamo però una radicalità oncologica 

come la lobectomia: abbiamo infatti una maggiore percentuale di recidiva a 5 anni 

dall’intervento (considera uno studio che valuta le recidive a 5 anni). 

‐ Resezioni minime: Altri interventi effettuati su pazienti che non possono sopportare i 

precedenti 

Segmentectomia: è la più indicata nel caso di impossibilità di effettuare la lobectomia; per 

esempio se il segmento interessato è quello apicale si asporta il segmento apicale del 

bronco con ramo apicale dell’arteria, il ramo apicale della vena. È meno radicale ma più 

aggressivo delle altre 2. 

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Resezione atipica o wedge resection: consiste nell’asportazione del parenchima 

circostante la lesione periferica (per esempio nel caso di metastasi polmonari come quelle 

del cancro del colon); non inficia la funzionalità respiratoria. Il problema è la recidiva 

Enucleazione: si elimina solo il nodulo neoplastico. Ancora maggiore della precedente il 

rischio di recidiva 

Vantaggi degli interventi con resezioni minime: 1) Ridotta perdita del parenchima funzionante 

2) Possibilità, se necessari, di ulteriori interventi   3) Minore mortalità  

Nelle resezioni limitate dunque abbiamo una ridotta perdita del parenchima funzionante, ma i 

pazienti possono essere successivamente sottoposti laddove c'è la necessità a successivi interventi 

con una minore mortalità. Per quanto riguarda invece le resezioni abbiamo svantaggi come 

“morbidità” operatorie che sono legate alle perdite aeree. Le resezioni in questo caso vengono 

effettuate con delle suturatrici che con una specie di morsa che taglia e cuce, con dei punti. Nel 

momento in cui fai la resezione si può fare una sutura. Quando ci sono metastasi a distanza 

ovviamente l'iter sarà poi diverso. 

A cinque anni, andiamo a confrontare pazienti che sono stati sottoposti alla lobectomia e alle 

resezioni e si vede come la lobectomia è molto più radicale rispetto alla resezione e questo 

ovviamente incide sulla sopravvivenza.  

  

Nella VATS si utilizzano piccoli accessi attraverso i quali viene inserita una telecamera, 

generalmente va inserita nel 7° o l'8° spazio intercostale, e poi invece altri due accessi laterali 

intorno al primo spazio a destra e a sinistra. Vengono utilizzati strumenti endoscopici di piccolo 

calibro. 

Il paziente avrà ovviamente una ferita molto più piccola con vantaggi nel post operatorio e per la 

guarigione. 

 

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Nel secondo stadio. 

Tumore senza estensione oltre la pleura viscerale o entro i 2cm dalla carena, con metastasi ai 

linfonodi broncopolmonari ed ilari. 

T1 N1 M0 Stadio IIa 

T2N1M0 Stadio IIb 

Allora sopravvivenza nel T1T2N1 a 5 anni varia tra 33‐45% per i T2 e 50‐60% per i T1. 

I fattori prognostici sono: 

Caratteristiche del T 

Istologia 

Numero e sede dei linfonodi metastatici 

Diffusione intra o extra nodale 

CEA 

Indice di captazione alla Pet 

Invasione vascolare 

Le invasioni linfonodali possono essere carenali, sottocarenali, bronchiali, mediastinici, oppure, nel 

caso di N3, prescalenici e sopraclaveari. 

 

La sopravvivenza in relazione ai linfonodi metastatici. Nel caso in cui parliamo degli interlobari la 

sopravvivenza è più alta, nel caso di un coinvolgimento dei linfonodi ilari abbiamo percentuali più 

basse.  

Il cancro polmonare è un tumore che va trattato fondamentalmente quando si può, quando la 

malattia è localizzata, chirurgicamente e la lobectomia è l'intervento di scelta, quello più radicale e 

che ci permette una migliore sopravvivenza. Il ricorso alla VATS e tutti i vantaggi derivanti, non 

deve comunque far perdere di vista quello che è l'obiettivo principale: l'impedimento di una 

recidiva. E’ importante valutare la stadiazione del tumore, la sua estensione e l'interessamento 

linfonodale. La maggior incidenza di una recidiva è nei primi 2 anni, è dunque importante un 

follow‐up. Ogni 3 mesi noi richiediamo ai pazienti, anche in assenza di segni o sintomi di ripresa di 

malattia, una TAC del torace ed un'eco‐addome, superati i 2 anni possiamo passare ad un follow‐

up ogni 6 mesi per poi, passati 5 anni ricorrere ad un follow‐up annuale. Nel momento in cui alla 

TAC del torace possono esserci degli interessamenti nel mediastino o comparsa di altre lesioni, si 

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approfondisce ulteriormente, si può richiedere una PET, una TAC dell'addome insomma l'iter va 

cambiato caso su caso a seconda anche delle esigenze che ci troviamo di fronte. 

Su un paziente a rischio di comparsa di un secondo cancro bisogna effettuare un follow‐up 

continuo. Grazie alla chirurgia possiamo trattare il 40% dei pazienti in un secondo stadio. Il 

numero e la sede dei linfonodi metastatici sono un fattore prognostico importante.  

Nei pazienti con una malattia localizzata il miglioramento delle tecniche diagnostiche (PET, VATS), 

il miglioramento di ricerca di fattori prognostici biologici e la ricerca sulle caratteristiche 

genomiche ci ha permesso di scegliere e utilizzare nelle varie condizioni terapie adiuvanti (terapia 

effettuata dopo l’operazione chirurgica) e neo‐adiuvanti (come per es. nell’interessamento dei 

linfonodi mediastinici in cui viene prima indicato un trattamento chemioterapico e 

successivamente il paziente viene operato). 

 

Il 40% dei pazienti che presenta il carcinoma del polmone, pur non presentando metastasi, è in 

uno stadio di malattia localmente avanzata.  Può essere: 

T3 Parietale (pancoast/ non pancoast) 

T3 a sviluppo centrale 

N2‐N3 

T4 

T3 interessa la parete toracica ma non sempre è un pancoast. Il tumore di pancoast è un raro 

tumore che si localizza a livello dell’apice del torace. e. La classica descrizione clinica di questi 

pazienti include una sindrome di Pancoast caratterizzata da dolore che si irradia lungo il braccio 

(manifestazione dovuta all’infiltrazione del plesso brachiale) e da miosi, ptosi palpebrale ed 

enoftalmo (da infiltrazione della catena simpatica) 

Intervenendo chirurgicamente si può effettua una resezione a H, identificando con precisione la 

sede della lesione. Si effettua una procedura con asportazione della struttura muscolare, coste.  

 In questo intervento il muscolo non era interessato, quindi sono state prelevate le coste, resecate. 

Si mantiene sempre un margine soprastante e sottostante alla lesione ed è stata messa una 

protesi in corrispondenza delle ossa asportate. In seguito è stato risuturato, chiuso con il dorsale e 

il dentato.  

Nel caso in cui è interessata anche la parete muscolare l’intervento è molto più demolitivo in 

quanto non ci deve essere l’asportazione solo delle coste ma anche delle strutture muscolari. In 

questo caso si preleva una porzione di muscolo dal dorsale e si riutilizza (ribaltandolo) per 

richiudere la nella porzione in cui è stata asportata la lesione. 

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Ci può essere anche una sostituzione protesica dello sterno.  

T3 parete non Pancoast fattori prognostici: 

Radicalità dell’intervento 

Estensione della lesione 

Coinvolgimento linfonodale 

 

Nei casi di interventi Pancoast bisogna effettuare molta attenzione alle strutture vascolari e alle 

strutture nervose. Non sempre si interviene direttamente chirurgicamente. Alcune volte si 

effettua prima una terapia chemioterapica e poi si interviene chirurgicamente  tentando di far 

ridurre il tumore. In questi casi la sopravvivenza a 5 anni oscilla tra il 27‐35%. 

 In questo caso vengono resecate le prime due coste. 

Il coinvolgimento linfonodale mediastinico può essere: 

N2 Sintomatico (non operabile, interessamento cavale. Si effettua la terapia) 

N2 Clinico (Terapia adiuvante e poi intervento chirurgico) – Sopravvivenza a 5 anni 9‐15% 

N2 chirurgico 

 

PET: consiste nella somministrazione di un tracciante in corrispondenza delle lesioni 

neoplastiche.  

 Stadio IIIB     T1‐4 N3M0     T4N0‐3M0 

Invasione limitata della carena o della trachea 

Invasione periostio corpi vertebrali 

Invasione limitata cava superiore 

Invasione limitata arteria o vene polmonari 

 

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Stadio IV Ogni T Ogni N M1 In cui ci sono metastasi (al cervello, polmone, ossa, surrene) 

Strategia Terapeutica 

Stadio IA               T1N0M0 

STADIO IB             T2N0M0                                CHIRURGIA 

STADIO IIA            T1N1M0 

STADIO IIB            T2N1M0 

                                T3N0M0 

STADIO IIIA           T3N1M0 

                                T1‐3N2M0  > Neoadiuvante + Chirurgia 

STADIO IIIB           T4 ogni N M0 

                                Ogni T N3 M0                               Chemio e/o radioterapia 

STADIO IV             Ogni T ogni N M1 

Nei casi di diagnosi tardiva i  risultati sono ancora deludenti. Una diagnosi precoce è fondamentale 

per assicurare risultati migliori. 

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Lezione Chirurgia Toracica – Prof. Fiorelli – 09/12/2016 

PATOLOGIE DEL MEDIASTINO 

 

Sapete cos’è  il mediastino:  il mediastino è uno spazio virtuale, come  la cavità pleurica, cioè uno 

spazio  che  esiste  e  non  esiste,  come  la  cavità  pleurica  sapete  che  esiste,  c’è  una  pressione 

negativa,  un  film  pleurico  tra  pleura  parietale  e  pleura  viscerale  però  è  virtuale  perché 

normalmente non dà problemi, comincia a dare problemi quando ci  sono patologie della pleura 

che  voi  conoscete  dovute  all’aria  come  lo  pneumotorace  o  il  versamento  pleurico.  Per  il 

mediastino è  lo  stesso,  è una cavità virtuale  che  si divide da un punto di  vista anatomico  in  tre 

grosse  categorie:  un mediastino  anteriore,  un mediastino medio  e  un mediastino  posteriore;  è 

limitato in alto da un piano che passa attraverso il collo e in basso dal diaframma. Da un punto di 

vista anatomico capirete che il mediastino è fondamentale perché ci sono tutti organi e strutture 

vitali per  le funzioni  fisiopatologiche. Allora questi sono  i  tre compartimenti: Lo scompartimento 

anteriore  che è soprattutto organizzato a  livello di cellulare  lasso; c’è  lo scompartimento medio 

dove  c’è  tutto  il  blocco  del  cuore,  dell’arteria  polmonare,  dell’aorta  e  della  cava;  e  c’è  tutta  la 

parte posteriore dove c’è l’esofago e tutta la catena del simpatico. Però perché vi dovete ricordare 

tutta questa distinzione che abbiamo fatto? Perché vi aiuterà ad identificare il tipo di patologia che 

potete  trovare  nel  mediastino,  perché  naturalmente  se  abbiamo  una  patologia  del  mediastino 

posteriore  sicuramente  non  vi  aspetterete  una  patologia  a  carico  del  sistema  linfatico,  che  è 

localizzato  soprattutto  nel  mediastino  anteriore,  ma  vi  aspetterete  una  patologia  per  esempio 

dell’esofago,  come  una  cisti  esofagea  o  un  tumore  dell’esofago,  oppure?  Il  dotto  toracico 

potrebbe essere, oppure  a carico della catena del simpatico quindi ad esempio neurinomi.  

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Nel mediastino anteriore quali sono gli organi 

che  trovate?  Timo,  linfonodi,  tessuto 

connettivo  e  tutto  il  grasso  mediastinico; 

quindi  se  avete  una  grossa  massa  nel 

mediastino  anteriore  a  cosa  dovete  pensare 

come prima cosa? O una patologia del  timo, 

quindi  tutti  i  tumori  del  timo,  i  timomi, 

oppure  la  patologia  che  colpisce  l’apparato 

linfonodale  che  si  chiama?  Linfoma,  oppure 

tutto il grasso mediastinico quindi lipoma. 

 

 

Nel  mediastino  medio  trovate  il  cuore,  l’aorta, 

l’azygos,  la  trachea,  i  vasi polmonari,    i  linfonodi,  

mentre  l’esofago  si  trova  posteriormente,  quindi 

per  vostra  cultura  personale  ricordatevi  che 

l’esofago  è  sempre  posteriore.  Quindi  se  vi 

ritrovate  una massa  nel mediastino medio  a  che 

cosa potreste pensare? Ad un  linfoma, se origina 

dai  linfonodi, oppure tutti  i  tumori che prendono 

per  esempio  l’azygos,  i  tumori  che  nascono 

dall’avventizia  dei  vasi  o  polmonari  o  vasi 

sistemici,  oppure  dell’aorta,  oppure  a  delle  cisti 

broncogene,  che  originano  dai  bronchi,  oppure 

delle cisti del pericardio celomiche.  

 

Mediastino  posteriore  abbiamo:  vene  azygos, 

emiazygos,  catena  del  simpatico  e  nervi 

intercostali;  quindi  tutte  le  patologie  a  carico 

di  questi  organi  le  troverete  nel  mediastino 

posteriore.  

 

 

 

 

 

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MEDIASTINITI 

Allora che cosa sono le mediastiniti? Sono processi  infiammatori, e  l’infiammazione cos’è? È una 

risposta che da il nostro organismo ogni qual volta avviene una noxa iatrogena, quindi per avere 

una  mediastinite,  quindi  un’infiammazione,  il  background  patologico  deve  essere  un’infezione, 

perché ogni  qual  volta  avete un  germe  il  nostro organismo attua un processo d’infiammazione, 

l’infiammazione  poi  come  si  dice  a Napoli  “a  do  coglio  coglio”,  diventa  un  processo  che  è  nato 

come difesa ma poi diventa patologico perché attacca tutti gli organi vicini.  

Le mediastiniti da un punto di vista patologico si dividono in acute e croniche. Qual è la differenza 

tra acute e croniche da un punto di vista temporale? Tutti i processi infiammatori che rientrano nel 

concetto di acuto durano almeno 30 giorni, se superano i 3 mesi si dicono subacuti, se superano i 6 

mesi sono croniche. 

Le mediastiniti  acute  sono  dovute  a  fenomeni  che  avvengono  in  un  lasso  di  tempo  limitato,  e 

sono:  

perforazione esofagea 

mediastinite necrotizzante discendente   

mediastinite post‐sternotomia 

nell’esofago cosa ci passa? Ci passano gli alimenti, ad un certo punto l’esofago si può perforare e 

questa può essere una perforazione spontanea come nella sindrome di Boerhaave, nella quale si 

ha vomito improvviso  a glottide chiusa aumenta talmente tanto la pressione nell’esofago, magari 

quest’esofago  è  già malandato  per  altri  problemi,  e  si  ha  lacerazione.  Può  avvenire  in maniera 

iatrogena ad esempio a causa di un endoscopia, ogni qual volta voi inserite uno strumento in una 

cavità pensate sempre che si può avere una perforazione. Quindi può avvenire anche in maniera 

iatrogena per una esofagoscopia, si ha soprattutto quando ad un certo punto il paziente si stanca, 

l’operatore esce con la punta dello strumento verso l’alto e graffia la mucosa esofagea.  

Poi  si  può  avere  una mediastinite  necrotizzante  discendente,  cioè  dall’alto  l’infezione  scende  a 

poco a poco lungo il collo e arriva fino al mediastino. Quale potrebbe essere uno di questi processi 

secondo voi? Prima tante persone avevano gli ascessi dentari, non  facevano  la bonifica e questi 

ascessi a poco a poco si formavano sempre di più, il pus per cavità andava ad infiltrare tutti i fasci 

del collo determinando poi la mediastinite necrotizzante discendente. 

Post‐sternotomia. Quando si apre lo sterno per un intervento nel mediastino poi si va a richiudere 

ovviamente,  ad  un  certo  punto  se  uno  non  è  stato  particolarmente  pulito  in  sala  operatoria 

oppure  ci  sono  dei  fattori  di  rischio,  come  i  pazienti  diabetici,  si  può  incorrere  in  un  infezione, 

l’infezione si può localizzare sullo sterno, ma se va ad infettare tutto il cellulare lasso,  il cellulare 

lasso che fa? Trattiene questi germi e quindi si ha mediastinite. 

Oppure  la  mediastinite  cronica  si  può  avere  per  tutti  quei  processi  cronici,  ad  esempio  la 

tubercolosi,  l’istoplasmosi…  perché  sono  come  carboni:  quando  li  vedete  belli  ardenti,  quella  è 

l’infezione  acuta,  quando  voi  spegnete  i  carboni  e  rimanete  un  po’  di  cenere  sotto  che magari 

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continua  a  colare  ed  è  lo  stesso  per  l’infezione  cronica,  voi  pensate  che  si  sia  completamente 

raffreddata con gli antibiotici, poi nel  tempo ci può essere un ulteriore noxa che magari  c’entra 

poco  con  l’infezione,  come  l’influenza  o  l’herpes,  cioè  avete  un  periodo  di  decadimento  della 

risposta  immunitaria,  si  ha  una  rieffervescenza  dell’infezione  e  quindi  può  diventare  da  cronica 

nuovamente acuta ed esitare in una mediastinite. 

Da un punto di vista chimico come si manifesta la mediastinite acuta? Con dolore, febbre, dispnea, 

leucocitosi e se non riuscite a tenerla localizzata a quel livello, avete shock settico. Questo è quello 

che vale per tutte le infezioni, per tutte le infezioni voi avete dolore, la febbre, poi avete la dispnea 

perché è  localizzata a  carico dell’apparato  respiratorio,  la  leucocitosi  e  lo  shock  settico  vale per 

tutte  le  infezioni  che  non  si  riescono  a  tenere  localizzate  e  che  quindi  entrano  in  circolo  e  la 

diventa un vero problema. 

MEDIASTINITE DA PERFORAZIONE ESOFAGEA 

La mediastinite da perforazione esofagea può essere: 

spontanea  

traumatica (per esempio in seguito ad incidenti stradali) 

iatrogena  

e presenta un elevata mortalità, dal 15 al 50%.  

Perché  una  lesione  esofagea  è  cosi 

drammatica?  Perché  dà  una 

irritazione  chimica  e  una 

contaminazione  batterica  che 

possono  esitare  in  una  mediastinite 

chimica o  in una mediastinite  settica 

che  diventa  una  mediastinite 

necrotico‐suppurativa,  che  può 

essere  o  circoscritta  con  un  ascesso 

mediastinico  oppure  può  essere 

diffusa.  In  poche  parole,  tutta  sta 

tabella  perché?  Perché  nell’esofago 

che  ci  passa?  Gli  alimenti  e  i  succhi 

gastrici,  che naturalmente non sono sterili,  invece  il mediastino con  tutti  i polmoni è una cavità 

sterile.  Quando  avete  una  perforazione  esofagea,  vedete  che  tutti  sti  succhi  gastrici  e  questi 

alimenti  cominciano  a  passare  nel mediastino  e  quindi  avete  del materiale  infetto  che  attiva  il 

processo  dell’infiammazione  per  circoscrivere  quest’infezione  e  poi  dipende  dalla  quantità  del 

materiale alimentare che passa nel mediastino. Se questa perforazione risulta essere coperta e si 

limita allora quest’infezione può essere circoscritta, si accumula pus e avete un ascesso, se invece 

questa breccia resta aperta e continua sempre a passare materiale il nostro organismo non riesce 

a circoscrivere questo processo infiammatorio‐infettivo e avete una mediastinite diffusa. 

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Agli  inizi  del  ‘700  questo  signore  Boerhaave  era  un  anatomopatologo  che  si  trovò  su  una  nave 

dove c’era un ammiraglio olandese a cui piaceva tanto mangiare e poi si metteva due dita in gola e 

vomitava, si provocava un vomito riflesso; ad un certo punto questo ammiraglio si fece una grande 

mangiata  si  provocò  questo  vomito  riflesso  ed  ebbe  un  grossissimo  dolore  a  livello  sternale, 

perché provocando il vomito tendi ad espellere tutto quello che hai nello stomaco e nell’esofago, 

fin quando la glottide resta aperta riesci ad espellere tutto e non hai un aumento di pressione, ma 

se ad un certo punto si chiude l’orofaringe e tu vuoi vomitare però non si apre la glottide, aumenta 

tantissimo  la  pressione  si  può  avere  rottura  dell’esofago  e  conseguente mediastinite.  Lui  ebbe 

questo fortissimo dolore e morì perché si era rotto  tutto l’esofago nel giro di qualche ora. Allora 

che  fece  questo  anatomopatologo,  gli  fece  un  autopsia  e  notò  nella  cavità  pleurica  e  nel 

mediastino tutti i residui alimentari di quello che si era mangiato un paio di ore prima. Descrisse 

questo  caso  e  la  chiamò  Sindrome  di  Boerhaave,  cioè  una  mediastinite  da  lesione  esofagea 

spontanea in seguito ad un episodio di vomito violento.  

Quindi le perforazioni esofagee spontanee sono dovute:  

- un aumento della pressione endoluminale 

- mancato rilasciamento del muscolo cricofaringeo durante il vomito  

- parete posterolaterale del terzo inferiore del viscere 

- maschi > femmine (perché i maschietti mangiano di più) 

Vabbè l’importante è che vi ricordiate il meccanismo fisiopatologico. 

Poi abbiamo le perforazioni esofagee di tipo traumatico a seguito di: 

- ferite 

- traumi chiusi  

- gas compressi 

- corpi estranei 

- caustici (può capitare che alcuni pazienti psichiatrici ingeriscano caustici a scopi suicidi, non 

muoiono,  ma  questi  caustici  irritano  completamente  la  mucosa  esofagea  fino  alla 

perforazione) 

Oppure possono essere perforazioni esofagee iatrogene: 

- endoscopiche (come la gastroscopia) 

- dilatazioni strumentali (pensate ad esempio quando un paziente ha un tumore esofageo 

che restringe il lume, si deve mettere all’interno una protesi oppure con dei palloncini si 

tenta di aumentare il calibro del lume per ripristinare l’alimentazione, ad un certo punto 

però dilati dilati dilati le pareti ormai sono tutte tumorali e si lacerano) 

- intubazioni palliative (ad esempio quando viene intubato un malato, l’anestesista invece di 

andare in trachea va nell’esofago)  

- interventi chirurgici (per esempio un intervento per un tumore del polmone, lo tenti di 

scollare dalla parete posteriore del mediastino e puoi ledere l’esofago, ma in questo caso 

puoi mettere dei punti di sutura) 

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La maggior parte avvengono per manovre endoscopiche, o la endoscopie normali flessibili o 

per dilatazione. 

Quello che vi si chiede come studenti di medicina o come futuri medici di base o quello che 

farete  è una diagnosi tempestiva, certo non è che dovete fare una diagnosi di perforazione 

esofagea, ma dovete pensarci. Cioè se vedete un adulto che in seguito ad un colpo di vomito 

gli è venuto un forte dolore, incomincia ad avere febbre e dispnea, voi dovete pensare che si è 

rotto l’esofago e quindi dovete fargli fare delle indagini diagnostiche. Questo perché prima fate 

la diagnosi, prima si può procedere con il trattamento e minore sarà la morbilità della malattia. 

Infatti nelle perforazioni esofagee dicono gli inglesi che c’è la Golden Hour, ovvero se fate 

diagnosi entro le 24/48 massimo 72 ore potete intervenire chirurgicamente, chiudere 

chirurgicamente l’esofago e avere una mortalità che sta anche al di sotto del 14%. Man mano 

che aumentate questo periodo di tempo, cioè che vi allontanate dalle 72 ore aumenterà 

sempre di più la morbilità e la mortalità perché ormai il tessuto sarà necrotico, se volete 

mettergli dei punti di sutura sarà come mettere dei punti sul burro, quindi tenderà ad aprirsi, 

poi passate più di 72 ore, quindi 3 o 4 giorni se non si fa diagnosi, il paziente continuerà a 

mangiare, sempre più alimenti passeranno attraverso l’esofago e quindi nel mediastino. 

Quali sono i segni della perforazione esofagea? Sono: 

- Odinofagia 

- Enfisema sottocutaneo: naturalmente ogni qual volta c’è aria nel mediastino voi ve ne 

accorgete perché a livello sottocutaneo avrete una zona di enfisema, cioè si gonfieranno i 

tessuti molli e andando a mettere la mano sentite un crepitio (come quando camminate 

sulla neve) 

- Contrattura di difesa epigastrio: avete proprio un dolore a questo livello, a livello della 

bocca dello stomaco. 

 

Pneumomediastino: dalla radiologia si nota 

tutta l’aria che si forma nel mediastino che 

normalmente non ci dovrebbe essere (frecce 

bianche nell’immagine) 

 

 

 

Questi sono altri esempi. Vedete questo è un enfisema mediastinico a cui si è associato uno 

pneumotorace. Se questa perforazione oltre ad interessare il mediastino va in un altro cavo 

che si chiama cavo pleurico si ha pneumotorace. Vedete questo è il polmone e questa è tutta 

l’aria che si forma. Questo è un cattivo segno perché significa che l’infezione dal mediastino ha 

interessato anche la cavità pleurica. Quindi oltre allo pneumotorace cosa vi aspettereste 

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anche? Un versamento pleurico. Ecco qua questo è il segno dell’idropneumotorace. Da cosa 

vedete che è un idropneumotorace e non un versamento pleurico normale? dalla linea 

orizzontale che delimita la regione inferiore del polmone. 

  

La radiografia vi da soltanto dei segni di intuizione, cioè vi dice: guarda qua abbiamo uno che 

ha vomitato, ha incominciato ad avere febbre e leucocitosi, lo andate a visitare ed ha enfisema 

sottocutaneo, vi andate ad orientare verso una perforazione esofagea, gli fate anche un torace 

in bianco standard che conferma questa diagnosi, però con una semplice radiografia non è che 

fate diagnosi di perforazione esofagea.   

                                                                                                  

Quello che dovete fare è una esofagografia , 

cioè fate una radiografia facendo bere al 

paziente un pasto baritato. Naturalmente 

vedrete che mentre il pasto baritato scende 

nell’esofago se c’è perforazione ci sarà 

fuoriuscita del mezzo di contrasto 

dall’esofago. Potete scegliere o il bario o il 

Gastrographin, ovviamente non lo scegliete 

voi ma il radiologo. Qual è la differenza? Il 

bario è molto più denso mentre il Gastrographin è molto più liquido e quindi se c’è un sospetto 

di perforazione si tende a non dare il bario, perché essendo più denso può aumentare ancora 

di più questo processo infettivo. 

 

Vedete questo è tutto l’esofago qua vedere 

(indica freccia bianca) in un esofago normale 

non l’avreste avuto   

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Questo è l’enfisema sottocutaneo. 

In condizioni normali sapete com’è una tac? 

Che cos’è secondo voi questo buchino, 

questo cilindro tutto nero?  

In radiologia detto in maniera banale, quello 

che vedete nero è aria, quello che vedete 

invece opaco sono le ossa, quello che è 

intermedio sono i muscoli e tutto il resto. 

Questo perché quando vi fate una 

radiografia vi mettete dietro ad una lastra, 

passano i raggi, mentre l’osso assorbe tutti i 

raggi e non li fa passare (ed è per questo che le vedete bianche), l’aria non assorbe niente, fa 

passare tutti i raggi e la lastra appare nera. Quindi secondo voi cos’è questo piccolo cilindro nero? 

La trachea. Vedete tutto questo nero intorno alla trachea? È tutta aria che non ci dovrebbe essere 

ed è l’enfisema mediastinico. 

Qua vedete in seguito a 

perforazione esofagea si osserva 

enfisema sottocutaneo, enfisema 

mediastinico, a cui si è associato 

aria nella cavità pleurica quindi 

pneumotorace e versamento 

pleurico, quindi c’è tutto.  

 

 

 

Quali sono gli obbiettivi terapeutici di una perforazione esofagea?  

o Impedire la contaminazione del mediastino e del cavo pleurico 

o Combattere l’infezione 

o Ottenere una rapida riespansione polmonare 

o Ristabilire la continuità del tratto gastrointestinale  

o Instaurare un supporto nutrizionale ed una terapia antibiotica (naturalmente se avete un 

paziente di cui sospettate una perforazione esofagea cosa gli direste di non fare come 

prima cosa? Di non mangiare, passerà sempre qualcosa tipo la saliva o i succhi gastrici però 

almeno non ci passa tutto il resto) 

Opzioni terapeutiche: 

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o Sutura diretta o rinforzata della lesione esofagea 

o Esofagectomia, se l’esofago è completamente rovinato 

o Drenaggio  

o Drenaggio con tubo a T 

o Esclusione esofagea 

o Posizionamento di protesi 

o Trattamento conservativo 

Trattamento conservativo prevede 

o Sospensione dell’alimentazione per os 

o Atropina ed anti‐H2 (per ridurre l’acidità) 

o Antibioticoterapia a largo spettro 

o NPT(nutrizione parenterale)>2500 calorie  

Una lesione esofagea può essere suturata chirurgicamente, ovviamente per suturare vi dovete 

ricordare della Golden Hour, perché se stiamo entro i primi due giorni si può ancora suturare 

perché i margini sono ancora buoni, ma se si superano i 2/3 giorni la sutura diventa impossibile da 

fare perché i margini diventano necrotici.  

Se vedete che l’esofago, come uno che ha ingerito capsule, è tutto completamente rovinato e 

perforato è inutile andare a suturare perché la sutura non tiene e quindi si deve fare direttamente 

un Esofagectomia. 

Oppure si può fare un altro intervento 

per esclusione bipolare. Cosa si fa: se ho 

la lesione a questo livello e non la posso 

suturare chirurgicamente, la metto a 

riposo, cioè metto una sutura sia 

prossimalmente che distalmente alla 

lesione, l’individuo resta in nutrizione 

parenterale anche per un mese, poi a 

poco a poco, queste sono suturatrici con 

punti che vengono riassorbiti, la lesione si 

cicatrizza. 

 

Questo è un caso in cui mettemmo un tubo a T per trattare un nostro paziente con la sindrome di 

Boerhaave che ci arrivò dopo 4‐5 giorni dall’ospedale di periferia dove avevano fatto diagnosi e 

quindi mettemmo diversi tubi nel mediastino e nella cavità pleurica per drenare il versamento e 

poi gli mettemmo un tubo a T nell’esofago, posizionato in moda tale che la branca lunga del tubo 

fuoriusciva dalla lesione, in questo modo anche la saliva e altro non andava nel mediastino ma 

fuoriusciva attraverso questa branca che era collegata poi ad un altro drenaggio verso l’esterno. In 

ln linea di massima, più tempo passa e più la prognosi è sfavorevole. 

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MEDIASTINITE NECROTIZZANTE DISCENDENTE 

La mediastinite necrotizzante discendente è una possibile complicanza di infezioni orofaringee e 

del collo, che raggiunge il mediastino attraverso i piani cervicali. Il ritardo nella diagnosi e l’utilizzo 

di inadeguate tecniche di drenaggio sono le principali cause dell’alto tasso di mortalità di questa 

patologia (40%). 

Eziologia 

Infezioni cervicali 

Infezioni odontogene 

Infezioni orofaringee 

Infezioni chirurgiche 

Tra i batteri che più spesso interessano questa tipo di patologia, ci sono: Streptococco b emolitico, 

Fusobacterio, Stafilococco, Bacteroidi. 

Quadro Clinico 

1. Sepsi 

2. Tumefazioni del collo(rappresenta la sostanziale differenza tra questa mediastinite e la 

precedente) 

3. Trisma 

4. Disfagia 

5. Disfonia 

6. Insufficienza Respiratoria 

Terapia 

- Antibiotici 

- Drenaggio Chirurgico 

La prognosi risulta essere altamente sfavorevole, con una mortalità al 40%. Inoltre a distanza si 

possono presentare: Sepsi, erosione vascolare, polmoniti, focolai settici cerebrali. 

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MEDIASTINITE POST‐STERNOTOMIA

 

Forma di mediastinite che si viene a creare successivamente ad una sternotomia. Ovviamente non 

in tutti casi si viene a sviluppare questa alterazione patologica, ma ci sono fattori predisponenti: 

- Obesità 

- Diabete 

- BPCO 

- Mobilità dello sterno 

- Dissezione arteria mammaria 

SINDROME MEDIASTINICA 

Sintomi da compressione delle strutture mediastiniche, variamente associati, tra cui prevalgono 

quelli respiratori e circolatori. Ricordiamo che il mediastino è una cavità virtuale e quindi nel 

momento in cui è presente una massa, questa va a comprimere gli organi circostanti. 

In base ai sintomi quindi si può arrivare a capire quale sia l’organo interessato:

 

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I sintomi respiratori compaiono nel momento in cui ad essere interessata da questa compressione 

è la trachea. Maggiore è la compressione e più alto sarà il soffio che si apprezza in inspirazione ed 

espirazione(tirage e cornage). 

La sindome cavale invece si presenta con ostruzione a carico della cava superiore che può 

interessare anche l’azygos. A seconda di dove si presenta quest’ostruzione(sopra, sotto o a livello 

dello sbocco dell’azygos) si presenterà un quadro più o meno importante, con circoli collaterali, 

turgore delle giugulari, cianosi ed edema a mantellina in primis. 

Se questa massa va ad interessare invece la componente nervosa, allora il paziente si può 

presentare con disfonia(nervo laringeo ricorrente), singhiozzo(frenico). 

Diagnosi 

Il primo step che si fa nel momento in cui si presume ci sia una massa nel mediastino, si esegue 

prima una radiografia e poi una TAC. 

Ancora biopsia in mediastinostomia anteriore o la videotoracoscopia. 

A seconda dello sviluppo di questa massa, noi possiamo fare una classificazione in: 

Patologia da dislocazione 

Patologia da contiguità 

Patologia autoctona 

Una patologia da dislocazione classica è il Gozzo cervico‐mediastinico: 

Tumefazione tiroidea che penetra nel mediastino per almeno due dita trasverse al di sotto del 

giugulo a capo iperesteso; l’opacità dovuta a tale tumefazione, evidenziata con gli esami 

radiologici tradizionali del torace, deve proiettarsi almeno a livello di D4.(possono essere retro o 

pre‐vascolare a seconda della localizzazione) 

Sintomi 

- Dispnea 

- Tosse 

- Disfagia 

- Ipertiroidismo 

- Disfonia 

- Sindrome cavale 

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Tra le patologie da contiguità invece si può individuare tutta quelle patologie a carico di organi che 

si trova vicino al mediastino ma non ne fanno parte, classico esempio è rappresentato dal tumore 

al polmone.  

Tumori germinali a sede mediastinica: Istologicamente sono simili ai tumori germinali a 

localizzazione testicolare, ma sono riconosciuti come entità nosologiche distinte per il 

comportamento biologico e chimico più aggressivo. Disinguiamo: 

- GCTs extragonadici primitivi(trasformazione maligna di elementi germinali residui lungo la 

linea mediana) 

- Metastasi da GCTs gonadici 

Classificazione istopatologica: 

- Benigni(Teratomi maturi e/o immaturi) 

- Maligni(Seminoma o non seminomatosi) 

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Terapia 

Chemioterapia 

Radioterapia 

Chirurgia sul residuo della malattia 

Si possono presentare anche altre condizioni patologiche, Mediastino Medio: 

- Linfomi 

- Cisti congenite 

- Masse vascolari e aneurismatiche 

- Ernia diaframmatica 

   

  

Mediastino Posteriore: 

- Derivanti dalle guaine(Schwannoma, neurofibroma) 

- Derivanti dai gangli simpatici(Ganglioneuroma, ganglioneuroblastoma, neuroblastoma) 

 

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