Che Cos La Filosofia - Testi

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7/21/2019 Che Cos La Filosofia - Testi http://slidepdf.com/reader/full/che-cos-la-filosofia-testi 1/7 Democrito (ca. 470/475-360/350 a.C.) L’arte della medicina cura le malattie del corpo, quella della filosofia [ sophia ] sottrae l’animo al dominio delle passioni. 1 La tranquillità dell’anima ci è procurata dalla misura nei godimenti e dalla moderazione in generale nella vita: il troppo e il poco son facili a mutare e quindi a produrre grandi turbamenti nell'animo. E quegli animi che sono sempre sballottati tra gli estremi opposti non sono ben fermi né tranquilli. Si deve, dunque, rivolger la mente alle cose possibili e contentarci di quello che si ha, poco curandoci delle persone che vediamo invidiate ed ammirate e senza tener sempre il pensiero dietro a loro; e si deve guardare, piuttosto, alla vita che conducono quelli che son carichi di guai, riflettendo seriamente a quel che essi sopportano, e allora quel tanto che possediamo presentemente ci apparirà grande ed invidiabile, e non ci accadrà più di soffrire in cuor nostro per il desiderio di beni maggiori. Difatti, se uno ammira i ricchi e tutti quelli che dagli altri uomini son stimati fortunati e ad ogni momento il suo pensiero è rivolto a loro, sarà costretto a cacciarsi continuamente in cerca del nuovo e persino a desiderare di compiere qualche azione irrimediabile, una di quelle azioni che son proibite dalle leggi. Perciò bisogna non cercare tutto quel che vediamo, ma contentarci di quel che abbiamo noi, paragonando la nostra vita con quella di coloro che si trovano in condizioni peggiori, e stimarci fortunati pensando quanto sopportano essi e quanto migliore del loro è il nostro stato. E se tu effettivamente ti atterrai a questo modo di considerare le cose, vivrai con animo veramente tranquillo e respingerai da te durante la vita non poche funeste ispiratrici, come l’invidia, I’ambizione e la malevolenza. 2 Eraclito (VI-V sec. a. C.) I filosofi devono essere esperti di molte cose. 3 Un’unica cosa è la saggezza, comprendere la ragione per la quale tutto è governato attraverso il tutto. 4 Platone (427-347) È proprio del filosofo [di colui che ama molto la sapienza] la condizione [ …] di essere pieno di meraviglia; e la filosofia non ha altro cominciamento che questo; e chi disse che Iride fu generata da Taumante non sbagliò, mi sembra, nella genealogia. 5 Quelli che amano il sapere, sanno bene che la loro anima, appena la filosofia comincia a guidarla, è come legata, anzi interamente avvinta al corpo, costretta a rivolgere lo sguardo alla realtà non da sé sola, con i propri mezzi, ma come attraverso un carcere, per cui essa è gravata da una profonda ignoranza, riconoscendo benissimo che sono le passioni umane, questo terribile carcere e che, chi vi si ritrova prigioniero, lo deve solo a se stesso. Quelli che amano il sapere, ripeto, sanno che la filosofia quando prende a guidare la loro anima, che è in simile stato, la conforta, cerca di 1 Diels-Kranz (= DK), frammento 31. 2 DK 191 (in: Presocratici. Testimonianze e frammenti, tr. di V.E. Alfieri, Roma-Bari, Laterza, 1983 3 , vol. II, pp. 788- 9). 3 Eraclito, DK 35. 4 Eraclito, DK 41 (trad. G. Giannantoni), cit. in Diogene Laerzio, Vite dei filosofi , IX, 1. 5 Platone, Teeteto , 155d.

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Democrito (ca. 470/475-360/350 a.C.)

L’arte della medicina cura le malattie del corpo, quella della filosofia [ sophia ] sottrae l’animo aldominio delle passioni.1

La tranquillità dell’anima ci è procurata dalla misura nei godimenti e dalla moderazione ingenerale nella vita: il troppo e il poco son facili a mutare e quindi a produrre grandi turbamentinell'animo. E quegli animi che sono sempre sballottati tra gli estremi opposti non sono ben fermi nétranquilli. Si deve, dunque, rivolger la mente alle cose possibili e contentarci di quello che si ha, poco curandoci delle persone che vediamo invidiate ed ammirate e senza tener sempre il pensierodietro a loro; e si deve guardare, piuttosto, alla vita che conducono quelli che son carichi di guai,riflettendo seriamente a quel che essi sopportano, e allora quel tanto che possediamo presentementeci apparirà grande ed invidiabile, e non ci accadrà più di soffrire in cuor nostro per il desiderio di beni maggiori. Difatti, se uno ammira i ricchi e tutti quelli che dagli altri uomini son stimatifortunati e ad ogni momento il suo pensiero è rivolto a loro, sarà costretto a cacciarsi continuamentein cerca del nuovo e persino a desiderare di compiere qualche azione irrimediabile, una di quelleazioni che son proibite dalle leggi. Perciò bisogna non cercare tutto quel che vediamo, macontentarci di quel che abbiamo noi, paragonando la nostra vita con quella di coloro che si trovanoin condizioni peggiori, e stimarci fortunati pensando quanto sopportano essi e quanto migliore delloro è il nostro stato. E se tu effettivamente ti atterrai a questo modo di considerare le cose, vivraicon animo veramente tranquillo e respingerai da te durante la vita non poche funeste ispiratrici,come l’invidia, I’ambizione e la malevolenza.2

Eraclito (VI-V sec. a. C.)

I filosofi devono essere esperti di molte cose.3

Un’unica cosa è la saggezza, comprendere la ragione per la quale tutto è governato attraverso iltutto.4

Platone (427-347)

È proprio del filosofo [di colui che ama molto la sapienza] la condizione […] di essere pieno dimeraviglia; e la filosofia non ha altro cominciamento che questo; e chi disse che Iride fu generata da

Taumante non sbagliò, mi sembra, nella genealogia.5

Quelli che amano il sapere, sanno bene che la loro anima, appena la filosofia comincia a

guidarla, è come legata, anzi interamente avvinta al corpo, costretta a rivolgere lo sguardo alla realtànon da sé sola, con i propri mezzi, ma come attraverso un carcere, per cui essa è gravata da una profonda ignoranza, riconoscendo benissimo che sono le passioni umane, questo terribile carcere eche, chi vi si ritrova prigioniero, lo deve solo a se stesso. Quelli che amano il sapere, ripeto, sannoche la filosofia quando prende a guidare la loro anima, che è in simile stato, la conforta, cerca di

1 Diels-Kranz (= DK), frammento 31.2 DK 191 (in: Presocratici. Testimonianze e frammenti, tr. di V.E. Alfieri, Roma-Bari, Laterza, 19833, vol. II, pp. 788-9).3 Eraclito, DK 35.4 Eraclito, DK 41 (trad. G. Giannantoni), cit. in Diogene Laerzio,Vite dei filosofi , IX, 1.5 Platone,Teeteto , 155d.

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liberarla, facendole vedere come sia illusoria qualsiasi indagine svolta non solo per mezzo dellavista, ma anche attraverso l'udito o con l'ausilio degli altri sensi; la persuade, così , a farne a meno,dei sensi, se non per quel tanto che le sia necessario servirsi di essi e la esorta a comporsi, araccogliersi in sé, a non fidarsi che di se stessa e solo di quella realtà che ella indaga con le suefacoltà e a giudicare falsa, invece, quell’altra, mutevole e contingente, che ella esamina con mezzi

non suoi; perché questa è sensibile e visibile, mentre quella è intelligibile e invisibile. L’anima,dunque, del vero filosofo sa di non doversi opporre a questa liberazione e, perciò, si tiene lontana,quanto più può, dai piaceri terreni, dai desideri, dagli affanni e dai timori, ben sapendo che se uno sifa vincere dalle passioni, dai timori, dai dolori e dai desideri, il male che ne potrà ricevere, anche il più grande, come per esempio una malattia o la perdita di tutti i suoi beni, sarebbe ben poca cosa difronte al male estremo cui andrebbe incontro e al quale, purtroppo, non ci si pensa.6

Aristotele (384/383-322/321)

O si deve filosofare o non si deve: ma per decidere di non filosofare è pur sempre necessariofilosofare; dunque in ogni caso filosofare è necessario.7

Non dobbiamo perciò preoccuparci se la filosofia non si dimostra utile o vantaggiosa perchè nonaffermiamo innanzi tutto che sia vantaggiosa, ma piuttosto che è buona, e che la si debba sceglierenon per qualcos’altro, ma per se stessa. Infatti come noi andiamo ad Olimpia per lo spettacolo deigiochi in sè, anche senza averne alcun altro vantaggio (perchè lo spettacolo vale in sè più di moltodenaro), e come non guardiamo le rappresentazioni drammatiche delle feste Dionisie in base alcalcolo di ricevere qualcosa dagli attori – anzi siamo proprio noi a pagare – e come valutiamo moltialtri spettacoli più di una gran somma di denaro, così anche valuteremo la contemplazionedell'universo più che non tutte quelle cose.8

Fra tutte le professioni, soltanto quella del filosofo è tale, che le sue leggi sono stabili e le azionigiuste e nobili. Infatti il filosofo soltanto vive guardando costantemente alla natura e al divino.Come il buon capitano di una nave, egli ormeggia la sua vita a ciò che è eterno e costante, là gettal’ancora e vive padrone di sè. Ora questa conoscenza è di per sé teor[et]ica, però ci offre la possibilità di regolare su di essa ogni nostra azione. Come cioè, la vista non crea né produce nulla, perchè la sua funzione è soltanto quella di distinguere e rendere evidente ognuna delle cose visibili, però ci pone in grado di fare certe cose ricorrendo ad essa, e ci offre l’aiuto più importante perl’azione (infatti saremmo pressoché completamente incapaci di muoverci, se non la possedessimo),così anche risulta chiaro che mediante questo sapere noi compiamo innumerevoli azioni, sebbene

esso sia teoretico; con il suo aiuto decidiamo se una certa cosa deve essere ricercata, un’altraevitata; ma soprattutto, mediante questa conoscenza, conseguiamo tutto ciò che è buono. Chivolesse verificare ciò che abbiamo detto,deve avere ben chiaro che tutto ciò che per l’uomo è buono e utile alla vita sta nell’esercizio e nell’azione, e non nella sola conoscenza del bene.Rimaniamo in buona salute non perchè conosciamo le cose che ci assicurano la salute, ma perché leforniamo al corpo; non siamo ricchi in conseguenza del fatto che sappiamo che cosa è la ricchezza, bensì del fatto che abbiamo acquistato grandi sostanze; e infine, ciò che importa più di tutto, nonviviamo una vita più bella e più nobile perché conosciamo qualcosadell’essere, ma piuttosto perchéil nostro agire è buono; questa infatti è veramente la vita felice. Ne consegue che anche la filosofia,

6 Platone, Fedone , 82d-83b.7 Aristotele, Propreptico , fr. 51.8 Aristotele, Propreptico , trad. D. Fusaro, B44.

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se è davvero utile come noi asseriamo, o è un esercizio di azioni rette, oppure è giovevole per taliazioni.9

Chi, infatti, preferisce il puro conoscere, sceglierà massimamente quella che è scienza al

massimo grado, e tale è, appunto, la scienza di ciò che è conoscibile nel grado più alto; e sonoconoscibili nel grado più alto i primi principi e le cause, giacché mediante questi e in base a questisono conosciute le altre cose, e non questi sono conosciuti mediante le cose che da essi dipendono,ed è suprema e più importante rispetto alla scienza subordinata ad essa quella scienza che conosce ilfine per cui si deve compiere ogni azione particolare; e questo fine è il bene di ogni cosa particolaree, in linea generale, è il sommo bene nell’intera natura. Pertanto, in base a tutte le nostre precedenticonsiderazioni, risulta che il nome su cui noi stiamo conducendo l’indagine [la Sapienza] rientranella medesima scienza, poiché questa non può fare a meno di contemplare i primi principi e le prime cause; e il bene, ossia il fine, è una delle cause.

Che essa non sia una scienza produttiva risulta con chiarezza anche da qualche considerazione suquelli che diedero inizio alla riflessione filosofica; infatti gli uomini, sia nel nostro tempo siadapprincipio, hanno preso dalla meraviglia lo spunto per filosofare, perché dapprincipio essi sistupivano dei fenomeni che erano a portata di mano e di cui essi non sapevano rendersi conto, e inun secondo momento, a poco a poco, procedendo in questo stesso modo, si trovarono di fronte amaggiori difficoltà, quali le affezioni della luna e del sole e delle stelle e l’origine dell’universo. Chiè nell’incertezza e nella meraviglia crede di essere nell’ignoranza (perciò anche chi ha propensione per le leggende è, in un certo qual modo, filosofo, giacché il mito è un insieme di cosemeravigliose); e quindi, se è vero che gli uomini si diedero a filosofare con lo scopo di sfuggireall’ignoranza, è evidente che essi perseguivano la scienza col puro scopo di sapere e non perqualche bisogno pratico.10

La «scienza prima» si occupa di cose che esistono separatamente e che sono immobili. E se tuttele cause sono necessariamente eterne, a maggior ragione lo sono quelle di cui si occupa questascienza, giacché esse sono cause di quelle cose divine che si manifestano ai sensi nostri […]. Noi potremmo chiederci, in realtà, se la filosofia prima sia universale o se essa si occupi di un generedeterminato e di una determinata natura […]; se, pertanto, non si ammette l’esistenza di alcun’altrasostanza al di fuori di quelle che sono naturalmente composte, la fisica, allora, dovrebbe essere lascienza prima; ma se esiste una certa sostanza immobile, la scienza che si occupa di questa deveavere la precedenza e deve essere filosofia prima, e la sua universalità risiede appunto nel fatto cheessa è prima; e sarà compito di questa scienza contemplare l’essere-in-quanto-essere, cioè l’essenzae le proprietà che l’essere possiede in-quanto-essere.11

9 Ivi, B49-52 (trad. Fusaro modificata da me).10 Aristotele, Metafisica , I, 2, 982 a 32 – 982 b 22, trad. A. Russo, Roma-Bari, Laterza, 1992, pp. 8-9.11 Aristotele, Metafisica , VI, 2, 1026 a 13 – 1026 a 34, ivi, p. 176.

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K. Marx (1818-1883)

2. La questione se al pensiero umano appartenga una verità oggettiva non è una questioneteorica, ma pratica . E' nell'attività pratica che l'uomo deve dimostrare la verità, cioè la realtà e il potere, il carattere terreno del suo pensiero. La disputa sulla realtà o non-realtà di un pensiero che si

isoli dalla pratica è una questione puramente scolastica .[…]

11. I filosofi hanno solointerpretato il mondo in modi diversi; si tratta però dimutarlo .12

L. Wittgenstein (1889-1951)

Non c’èun metodo della filosofia, ma ci sono metodi, per così dire diverse terapie.13

Il filosofo è un uomo che deve guarire in sé molte malattie dell’intelletto prima di poter giungerealle nozioni del sano senso comune.14

W. Dilthey (1833-1911)

Siamo abituati a comprendere sotto il concetto generale di filosofia determinati prodottiintellettuali che sono emersi in gran numero, nel corso della storia, presso i diversi popoli. Quando poi esprimiamo ciò che questi dati di fatto designati dall’uso linguistico come ‘filosofia’, o come‘filosofici’, hanno in comune, allor a sorge il concetto di filosofia. Questo concetto raggiungerebbela sua massima compiutezza se si fornisse una descrizione adeguata dell’essenza della filosofia. Unsimile concetto dell’essenza esprimerebbe la legge della formazione che agisce nella genesi di ognisingolo sistema filosofico, e da esso emergerebbero i rapporti di parentela tra i singoli fatti che glisono subordinati.

Una soluzione di questo compito ideale è possibile solo a condizione che in ciò chequalifichiamo come ‘filosofia’ o ‘filosofico’ sia effettivamente contenuto un simile stato di cosegenerale, in modo tale che in tutti questi singoli casi agisca una legge di formazione e così un nesso

interno comprenda l’intero ambito che va sotto tale nome. E ogni volta che si parla di filosofia, si dàquesto per presupposto. Con il nome di filosofia si intende quindi un oggetto generale; dietro isingoli dati di fatto si presuppone un nesso mentale, come fondamento unitario e necessario deisingoli dati di fatto empirici della filosofia, come regola delle loro mutazioni e come principiodell’ordine in cui si articola la loro molteplicità.

Ora è possibile parlare di un’essenza della filosofia intesa esattamente così? È cosa tutt’altro cheevidente. Il significato della parola ‘filosofia’, o ‘filosofico’, varia talmente nel tempo e nellospazio, e le creazioni intellettuali che sono state designate con questo nome dai propri autori sonocosì diverse, che potrebbe sembrare che le varie epoche abbiano applicato la bella parola ‘filosofia’,coniata dai greci, a creazioni sempre diverse. Perché alcuni intendono per filosofia la fondazione

12 Tesi su Feuerbach (1845), trad. di P. Togliatti, in Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classicatedesca , Roma, Editori Riuniti, 1950, pp. 77-80.13 L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche , § 133.14 Vermischte Bemerkungen (trad. it. Pensieri diversi , Milano, Adelphi), 86 (1944).

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delle singole scienze; altri ampliano questo concetto di filosofia aggiungendo a tale fondazione ilcompito di dedurne il nesso che lega le singole scienze; oppure la filosofia viene ridotta al nessodelle singole scienze; oppure ancora la filosofia viene definita come la scienza dello spirito, lascienza dell’esperienza interna; infine per essa si intende anche il sapere rispetto al comportamentonella vita o la scienza dei valori universali. Dov’è il nesso interno che lega concezioni della filosofia

così varie e formulazioni così diverse tra loro? Se non si riesce a trovarlo, allora abbiamo a che faresoltanto con opere diverse che appaiono sotto condizioni storiche mutevoli come esigenze dellacultura, e che condividono una stessa denominazione solo estrinsecamente e in base allecontingenze storiche – ci sono allora filosofie , ma nonuna filosofia . Quindi anche la storia dellafilosofia non possiede un’unità interna.Essa riceve allora per mano dei singoli autori, a seconda delconcetto che essi se ne formano nel contesto dei propri sistemi, un contenuto sempre nuovo eun’estensione sempre diversa. Uno preferisce esporre questa storia come avanzamento verso unafondazione sempre più approfondita delle singole scienze, un altro come la progressiva riflessionedell’intelletto su se stesso, un altro come la crescente comprensione dell’esperienza di vita o deivalori della vita. Ora per decidere in quale misura si possa par lare di un’essenza della filosofia,dobbiamo volgerci dalle definizioni concettuali dei singoli filosofi allo stato di fatto storico dellafilosofia stessa: questo fornisce il materiale per la conoscenza di ciò che è la filosofia; il risultato diquesto procedimento induttivo può allora essere compreso più profondamente nelle sue leggi.15

J. Dewey (1859-1952)

La filosofia è un fenomeno della cultura umana come la politica, la letteratura e le arti figurative.Ha naturalmente legami con la scienza sociale, con la civiltà. Presso i filosofi esiste la convinzioneche mentre nei sistemi dei pensatori del passato si riflettevano le condizioni e le confusioni del lorotempo, la filosofia odierna in generale, e quella propria di ciascuno di loro in particolare, si sialiberata dall’influenza di quel complesso di istituzioni che costituisce la cultura. Bacon, Descartes eKant erano troppo convinti di aver rifondato l’intera filosofia, perché si erano attenutistrettissimamente a una base esclusivamente intellettuale – esclusivamente nel senso cheescluderebbe tutto al di fuori dell’intelletto. Gli sviluppi successivi hanno rivelato che si trattava diuna palese illusione, e hanno mostrato che il lavoro della filosofia consiste nell’antica e semprenuova impresa di adattare la massa di tradizioni che di volta in volta costituiscono realmente lospirito dell’uomo a quelle tendenze scientifiche e esigenze politiche che sono nuove e inconciliabilicon le autorità tramandate. I filosofi sono parte della storia e presi nel suo movimento; forse essisono in una certa misura creatori del futuro, ma certamente anche creature del passato.

Chi nella definizione astratta della filosofia esprime l’idea che essa abbia a che fare con l’eternaverità o realtà, non toccata dal tempo e dallo spazio, deve ammettere che la filosofia comemanifestazione concreta è puramente storica, ha un corso storico e una molteplicità di luoghi in cuiabita. […]

D’altronde anche coloro che la disprezzano, chela considerano una sterile e monotonatrattazione di problemi insolubili o irreali, farebbero i filistei se negassero che la filosofia, sia o nonsia rivelazione di verità eterne, è comunque di straordinaria importanza come disvelamento dei problemi, delle proteste e delle aspirazioni dell’umanità. […]

La vita del pensiero consiste nel trovare una connessione in un certo punto tra il nuovo e ilvecchio, tra usanze profondamente radicate e predisposizioni inconsce che, che vengono portate allaluce e all’attenzione attraverso un qualche conflitto con nuovi orientamenti dell’attività. Filosofie

15 Wilhelm Dilthey, Das Wesen der Philosophie , Stuttgart, Reclam, 1984, pp. 25-27 (trad. mia).

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che compaiono in periodi caratteristici determinano le grandi strutture di continuità che sorgonoquando si creano connessioni durevoli del genere tra un passato che si ostina e un futuro che preme.

La filosofia ha quindi uno stretto legame con la storia della cultura, con il susseguirsi dellemutazioni della civiltà. Essa si nutre di correnti della tradizione che in momenti critici vengonoriportate alla loro fonte, in modo che la corrente possa prendere una nuova direzione; viene

fecondata dal fermento di nuove invenzioni nell’industria, di nuove esplorazioni del globo terrestre,di nuove scoperte scientifiche. Ma la filosofia non è soltanto un riflesso passivo della civiltà, che perdura attraverso il cambiamento e muta nella durata. È essa stessa un cambiamento; le struttureche vengono costruite in questa connessione del nuovo e dell’antico sono piuttosto delle profezieche delle cronache; sono strategie, tentativi di prevenire gli sviluppi successivi. Le annotazioniintellettuali che costituiscono una filosofia hanno una virtù generatrice, proprio perché sonoesagerazioni che procedono per scelte ed eliminazioni. […]

In questo modo la filosofia segna un cambiamento nella cultura. Poiché essa costruisce strutturecui il pensiero e l’agire del futuro devono adattarsi, il suo ruolo nella storia della civiltà consistenell’ampliare e trasformare la cultura. L’uomo esprime qualcosa a proprio rischio; una voltaespresso, questo qualcosa prende posto in una nuova prospettiva; acquisisce un carattere di permanenza che originariamente non gli apparteneva; entra in modo provocatorio nell’abitudine enell’uso; scuote e indica la necessità di nuovi sforzi. Con questo non voglio dire che l’elementocreativo sia necessariamente quello dominante nel ruolo della filosofia; è evidente che le sueformulazioni sono state spesso principalmente conservatrici, giustificazioni di elementi scelti dellatradizione e delle istituzioni tramandate. Ma anche questi sistemi conservatori hanno esercitatoun’azione trasformatrice, se non addirittura creatrice; hanno conferito a quei fattori scelti un poteresulla fantasia e sull’immaginazione delle generazioni seguenti che altrimenti essi non avrebberoavuto. E ci sono altri periodi, come quello del XVII e XVIII secolo in Europa, in cuil’atteggiamento della filosofia è stato spesso rivoluzionario. Per i suoi autori questo cambiamentoera solo un cambiamento dall’errore assoluto alla verità assoluta; pergenerazioni più tarde,guardando all’indietro, il mutamento del contenuto meramente fattuale non era nulla a paragone delmutamento dei desideri e della direzione degli sforzi. […]

Finché adoreremo la scienza e avremo paura della filosofia, non avremo una grande scienza;avremo una continuazione zoppicante e incespicante di cose già pensate e dette altrove. Se quantodetto contiene un’implicita esortazione, allora è un’esortazione a gettare a mare ogni timidezzaintellettuale, che tarpa le ali della fantasia, un’esortazione all’audacia speculativa, a una maggiorefiducia nelle idee, ad abbandonare una vile dipendenza da quelle idee parziali cui abitualmentediamo il nome di fatti. Ho datto alla filosofia una funzione più umile del solito. Ma la modestiarispetto al suo posto definitivo non è incompatibile con l’audacia nel sostenere questa funzione, perquanto possa essere umile. Questa combinazione di modestia e di coraggio rappresenta l’unicomodo che conosco con cui il filosofo possa guardare in faccia gli altri uomini con sincerità e

umanità.16

B. Russell (1872-1970)

Il fine della filosofia – come quello, d’altronde, di ogni altra attività mentale, dello ‘studium’ nelsenso originale della parola – è la conoscenza. E la conoscenza di cui qui si tratta è quel genere diconoscenza che porta unità e sistematicità nelle scienze riunite, e quel genere che risulta da unaverifica critica del fondamento delle nostre convinzioni, dei nostri pregiudizi e delle nostre opinioni.

Ma non si può affermare che la filosofia abbia avuto molto successo nel tentativo di trovare risposte16 John Dewey, Philosophy and Civilization (1931), cit. in Elberfeld,Was ist Philosophie? Programmatische Texte von

Platon bis Derrida , Stuttgart, Reclam, 2006, pp. 206-210 (trad. mia).

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definitive alle sue domande. Se si chiede a un matematico, a un geologo o a un altro scienziato aquale patrimonio di verità la sua scienza abbia portato, la sua risposta durerà facilmente tantoquanto vorremo stare ad ascoltarlo. Ma se si pone la stessa domanda a un filosofo, egli dovràammettere – se è franco e sincero – che qui non si è giunti a risultati positivi comparabili con quellidelle altre scienze. […]

Il valore della filosofia consiste al contrario proprio essenzialmente nell’incertezza che essa portacon sé. Chi non ha mai avuto un capriccio filosofico cammina nella vita ed è come rinchiuso in una prigione: dei pregiudizi del buon senso comune, delle opinioni abituali della sua epoca o della suanazione e delle opinioni che sono cresciute in lui senza il contributo o l’assenso della ragioneriflessiva. Un uomo tale tenderà a trovare il mondo determinato, finito, evidente; gli oggettifamiliari non suscitano domande, e le possibilità che non gli sono familiari le respingerà condisprezzo. Ma nonappena cominciamo a filosofare […] le stesse cose quotidiane portano a domandecui si può rispondere solo in modo molto incompleto. La filosofia non ci può dire con certezza qualisono le risposte giuste a queste domande, ma ci può dare molte possibilità sulle quali riflettere, cheampiano il nostro campo visivo e ci liberano dalla tirannia del consueto. Essa riduce la nostracertezza su cosa siano le cose, ma aumenta il nostro sapere su quel che le cose potrebbero essere.Abbatte la certezza un po’ arrogante di coloro che non si sono mai trovati nel regno del dubbioliberatore, e mantiene desta la nostra capacità di stupirci, mostrandoci le cose che ci sono familiarida lati inconsueti. […]

La contemplazione filosofica è una via d’uscita. La sua lungimiranza non divide il mondo in duesettori, in amici e nemici, utile e dannoso, buono e cattivo: è uno sguardo imparziale sul tutto. Se lacontemplazione filosofica non viene guastata da ingerenze estranee, essa non vuol dimostrare chel’intero mondo è affine all’uomo. Ogni conoscenza guadagnata è anche un ampiamento del nostrosé, ma tale ampiamento riesce nel modo migliore quando non lo si cerca direttamente. Riescequando il desiderio di sapere agisce liberamente, attraverso osservazioni che non cercano fin dal principio nei loro oggetti questa o quella particolarità, bensì nelle quali il sé si conforma alle proprietà che si trovano nell’oggetto. […]

Quello che nella contemplazione resta di personale o privato, tutto ciò che dipende dalleabitudini, dai propri interessi o desideri, distorce l’oggetto e disturba l’unità che l’intelletto ricerca.Poiché erigono una sorta di barriera tra il soggetto e l’oggetto, queste cose personali e privatediventano una prigione della mente. L’intelletto libero vuol vedere le cose come le vedrebbe Dio,libero dal qui e ora, da speranze e paure, senza il ciarpame delle opinioni abituali e dei pregiudizitradizionali, calmo, privo di passione, animato da un unico desiderio, che esclude ogni altro, diconoscenza, una conoscenza tanto impersonale, tanto puramente contemplativa quanto èumanamente possibile. Per questo l’intelletto libero stimerà di più la conoscenza astratta e generale, che non viene toccata dalle contingenze della storia personale, che la conoscenza attraverso i sensi,che dipende necessariamente da un punto di vista del tutto personale e da un corpo i cui organi di

senso travisano ciò che ci svelano.17

17 B. Russell,“Il valore della filosofia”, inThe problems of philosophy ( I problemi della filosofia ), cap. 15, trad. mia.