Cerchi, barche, campi. Relazioni sociali e Social Network ... · Cosa può aver ucciso la realtà?...

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Givigliano A., 2007, Cerchi, barche, campi. Relazioni sociali e Social Network Analysis, in Salvini A. (a c. di), Analisi delle reti sociali. Teorie, metodi, applicazioni, Franco Angeli, Mila- no 2007, pp. 81-118. 81 Cerchi, barche, campi. Relazioni sociali e Social Network Analysis. di Alfredo Givigliano Introduzione «Questa è la storia di un delitto: l’uccisione della realtà. E dello sterminio di un’illusione: l’illusione vitale, l’illusione radicale del mondo. Il reale non scompare nell’illusione, è l’illusione che scompare nella realtà integrale» (Baudrillard J., 1995, p. 3.). Sembra abbastanza strano iniziare un discorso sulle relazioni sociali e sulla social network analysis partendo da un’affermazione di J. Baudrillard, tuttavia, se osserviamo bene i termini che utilizza l’autore francese, vediamo emergere il perché di questo incipit. Un perché che è strettamente collegato alla scelta degli autori che costituiranno la parte centrale di questa discussione; un perché che, all’interno del paradosso, di partire da una prospettiva decostruzionista, ci porterà ad andare oltre, sotto alcuni rispetti, al dualismo realismo vs costruttivismo, in ragione e funzione della reciprocità delle relazioni sociali e della social network analysis. Baudrillard afferma che vi è stato un delitto, ma quale è questo delitto nella prospettiva e nell’ottica che vogliamo qui adottare? Proviamo a rispondere se- condo la stessa linea: il delitto è il delitto della realtà. Ma quale realtà? Quella di tutti i giorni? Quella della fisica delle particelle? Quella dei mercati econo- mici? Quella del sociologo nel momento in cui inizia, continua, porta a termi- ne, in una parola vive, una ricerca sociale? Risposta: la realtà della quale ci vogliamo occupare è tutte queste cose messe insieme, altrimenti non sarebbe reale, ma sarebbe una situazione, un contesto, un universo di discorso costrui- to partendo da un qualcos’altro: dalla realtà stessa. La realtà di cui ci occu- piamo è la realtà sociale, con tutte le sue dimensioni, come possibili campi di indagine ed analisi. La realtà sociale è insieme reale e costruita. Cosa può aver ucciso la realtà? Prima di rispondere a questa ulteriore do- manda, dobbiamo approfondire alcune questioni riguardanti il quesito prece-

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Givigliano A., 2007, Cerchi, barche, campi. Relazioni sociali e Social Network Analysis, in Salvini A. (a c. di), Analisi delle reti sociali. Teorie, metodi, applicazioni, Franco Angeli, Mila-no 2007, pp. 81-118.

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Cerchi, barche, campi. Relazioni sociali e Social Network Analysis.

di Alfredo Givigliano

Introduzione

«Questa è la storia di un delitto: l’uccisione della realtà. E dello sterminio

di un’illusione: l’illusione vitale, l’illusione radicale del mondo. Il reale non scompare nell’illusione, è l’illusione che scompare nella realtà integrale» (Baudrillard J., 1995, p. 3.). Sembra abbastanza strano iniziare un discorso sulle relazioni sociali e sulla social network analysis partendo da un’affermazione di J. Baudrillard, tuttavia, se osserviamo bene i termini che utilizza l’autore francese, vediamo emergere il perché di questo incipit. Un perché che è strettamente collegato alla scelta degli autori che costituiranno la parte centrale di questa discussione; un perché che, all’interno del paradosso, di partire da una prospettiva decostruzionista, ci porterà ad andare oltre, sotto alcuni rispetti, al dualismo realismo vs costruttivismo, in ragione e funzione della reciprocità delle relazioni sociali e della social network analysis.

Baudrillard afferma che vi è stato un delitto, ma quale è questo delitto nella prospettiva e nell’ottica che vogliamo qui adottare? Proviamo a rispondere se-condo la stessa linea: il delitto è il delitto della realtà. Ma quale realtà? Quella di tutti i giorni? Quella della fisica delle particelle? Quella dei mercati econo-mici? Quella del sociologo nel momento in cui inizia, continua, porta a termi-ne, in una parola vive, una ricerca sociale? Risposta: la realtà della quale ci vogliamo occupare è tutte queste cose messe insieme, altrimenti non sarebbe reale, ma sarebbe una situazione, un contesto, un universo di discorso costrui-to partendo da un qualcos’altro: dalla realtà stessa. La realtà di cui ci occu-piamo è la realtà sociale, con tutte le sue dimensioni, come possibili campi di indagine ed analisi. La realtà sociale è insieme reale e costruita.

Cosa può aver ucciso la realtà? Prima di rispondere a questa ulteriore do-manda, dobbiamo approfondire alcune questioni riguardanti il quesito prece-

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Givigliano A., 2007, Cerchi, barche, campi. Relazioni sociali e Social Network Analysis, in Salvini A. (a c. di), Analisi delle reti sociali. Teorie, metodi, applicazioni, Franco Angeli, Mila-no 2007, pp. 81-118.

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dente. L’insieme complesso che abbiamo individuato, anche se in maniera an-cora parziale ed imperfetta, come realtà sociale, nel momento in cui viene ad essere interrogata dal sociologo si mostra, si propone, si determina1, come un insieme complesso di relazioni e strutture. Che siano attori sociali, istituzioni, attori collettivi, eventi sociali, le determinazioni, per mezzo e nelle quali, si concretizzano relazioni e strutture, sono questi due oggetti che costituiscono la controparte del sociologo in action.

Oggetti complessi a loro volta le relazioni e la struttura, sembra quasi che spingano verso il voler identificare la realtà sociale come un oggetto puramen-te formale, un oggetto, quindi, astratto a sua volta2. Ulteriore paradosso: si a-vrebbe una realtà astratta che è proprio la realtà del mondo della vita quoti-diana. Passaggio ulteriore: un oggetto reale, deve in ogni modo, essere un qualcosa che agisce nel mondo reale, che è presente nel mondo in maniera fondante e fondativa; un qualcosa di socialmente reale, deve avere una deter-minazione pragmatica nella storia ed in funzione della storia stessa3.

Relazioni e strutture, ripropongono, sotto alcuni rispetti, ancora una volta un dualismo. L’eredità cartesiana della scissione sembra essersi insinuata in profondità anche in una delle cosiddette giovani scienze (domanda: quando una scienza cresce?): la sociologia. Dualismi ovunque: individualismo vs oli-smo; azione vs struttura; quantitativo vs qualitativo. Il regno dell’aristotelico tertium non datur. Che sia questa una parte della risposta alla domanda che

1 In maniera analoga, dal punto di vista euristico, a quella che I. Prigogine e I. Stengers iden-

tificano: «Il nostro dialogo con la natura è veramente condotto all’interno della natura e la natu-ra risponde soltanto a quelli che, esplicitamente, ammettono di appartenere ad essa», Prigogine I., Stengers I., (1979), p. 218. Affermazione che verrà ulteriormente contestualizzata alla luce del pensiero di P. Bourdieu.

2 Ad esempio: « Il principio fondamentale è che il concetto di struttura sociale non si riferi-sca alla realtà empirica, ma ai modelli costruiti in base ad essa. Risulta quindi chiara la diffe-renza fra due concetti tanto vicini da essere stati spesso confusi, quelli cioè di struttura sociale e di relazioni sociali. Le relazioni sociali sono la materia prima impiegata per la costruzione dei modelli che rendono manifesta la struttura sociale. In nessun caso, quindi, quest’ultima può essere identificata con l’insieme delle relazioni sociali, osservabili in una data società», Lévi-Strauss C., (1953), p. 311. Questa affermazione, non corrisponde, al punto di arrivo al quale vogliamo arrivare, ma contestualizza la caratteristica, sotto alcuni rispetti, formale del concetto di struttura. Mentre, per quanto riguarda il concetto di relazione, è fin troppo intuitivo (verrà sviluppato ulteriormente in seguito) definire in termini formali tale concetto, se non altro in un contesto che tengo conto anche di una cornice complessa, allo stesso tempo epistemologia, lo-gica e sociologica.

3 «Sociologia come geometria del sociale? Simmel aggiunge qualcosa che attenua il formali-smo e l’astrazione: il senso. […] le forme sono sinossi di contenuti e aggregati di senso: il pri-mo essendo per così dire l’aspetto meccanico-selettivo, il secondo l’aspetto qualitativo-culturale», Toscano M. A., (1998), pp. 92-93. Cfr. anche Weber M., (1908), p. 83.

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abbiamo lasciato in sospeso su cosa abbia ucciso la realtà? In effetti, potrebbe essere una buona risposta. Più in generale, questa rispo-

sta, potrebbe essere descritta nei termini di una scissione tra teoria e metodo-logia4. Tuttavia, come insegnano gli scrittori ed i film polizieschi, per stabilire l’autore di un omicidio si devono avere tre elementi: un movente; una oppor-tunità; l’arma del delitto. Quali potrebbero essere nel caso della separazione in questione questi tre elementi? Una rapidissima lettura sociologica della socio-logia stessa fornirebbe le seguenti risposte. Movente: la necessità di autoaf-fermarsi come scienza matura dotata di solide teorie con solidissime metodo-logie e tecniche; opportunità: la scissione stessa operata nell’ambiente scientifico nazionale ed internazionale tra sociologi teorici e sociologi metodologi; l’arma del delitto: da una parte le ricerche teoriche, dall’altro quelle puramente tecnico-metodologiche.

Questa ricostruzione, sebbene nella maggioranza dei casi sembrerebbe del tutto arbitraria e sommaria, nel caso della social network analysis potrebbe essere autorizzata, in fondo non si tratta di una serie di tecniche in cerca di una teoria? Ammesso e non ancora concesso che le tecniche all’interno dalla scienza si possano sviluppare prescindendo da un contesto logico, epistemo-logico, teorico di riferimento, di cornice, di giustificazione5.

Ammesso e non ancora concesso. Infatti, tutte le ricerche empiriche nell’ambito della sociologia, che nel corso degli anni, hanno fatto riferimento, per quanto riguarda la controparte tecnica agli strumenti della social network analysis, possono essere tacciate di varie colpe, ma sicuramente non di quella di essere prive di una teoria. Sempre che la teoria mancante in questione non sia una necessità di ogni singola tecnica indipendentemente dal suo utilizzo all’interno di un contesto epistemologico e di ricerca. Quale sarebbe in questo caso la teoria propria della probabilità?6

Una tecnica indipendentemente dalla sua applicazione all’interno di un ben preciso contesto di studio ed analisi, non ha la minima necessità di esistenza. A meno che non si sia nel campo della teoria pura, quindi, non di quello della metodologia, secondo la distinzione che abbiamo tracciato. Essere in questo

4 Cfr. Bourdieu P., Wacquant L. J. D., (1992). 5 Infatti, come prova a discolpa, si può vedere come «da un punto di vista epistemologico, la

social network analysis non nasce e non si sviluppa secondo prospettive deterministiche, ma attraverso la costruzione di modelli formalizzati di tipo matematico che rendono conto della duplice direzione dell’interazione tra azione sociale e struttura sociale: dalla struttura verso i comportamenti e gli atteggiamenti e viceversa», Salvini A., (2005), p. 26.

6 Cfr. Costantini D., Geymonat L., (1982), per una discussione su come i vari sviluppi del concetto di probabilità siano strettamente connessi con i vari tipi di sviluppo dell’inferenza.

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campo, tuttavia, vorrebbe dire che, poiché le tecniche di social network anal-ysis esistono e non sono solo costruite, ma anche sviluppate, sarebbero esse stesse delle teorie.

Tecniche, teorie, ma di cosa? Ovviamente di un ben preciso e determinato approccio allo studio ed alla analisi di alcuni tipi di fenomeni sociali. La si-tuazione si fa sempre più complessa, infatti, che cos’è un fenomeno sociale? A quali tipi si riferisce la social network analysis. Non si vuole in questa sede costruire, meglio, ridescrivere quale potrebbe essere una teoria per la social network analysis stessa, anche perché avrebbe poco senso, in quanto sviluppo teorico e sviluppo metodologico, procedendo di pari passo, arrivano alle pro-prie determinazioni in termini ricorsivi. Detto in altri termini non si cerca una teoria per giustificare determinate tecniche, ma sono queste ultime che, par-tendo dalla formalizzazione di un dato teorico, forniscono sotto forma di dati empirici, una modalità che interviene a sua volta sulla teoria stessa7.

Possiamo, quindi, affermare che

La prospettiva della social network analysis non si presenta in modo ri-duzioninsta né determinista, prendendo in considerazione i modelli che assumono le relazioni sociali e le modalità attraverso cui questi modelli strutturati favoriscono o vincolano la capacità d’azione degli attori so-ciali; nel contempo, però, questa attenzione agli aspetti globali e siste-mici non è disgiunta dalla considerazione dei modi attraverso cui gli in-dividui contribuiscono, attraverso la propria competenza di attori socia-li, a definire le relazioni sociali e a “utilizzarle” per conseguire i propri scopi. Sebbene l’attenzione alle strutture sociali (intese come reti socia-li) e ai modelli di relazione che le costituiscono sia predominante nell’approccio di rete, l’attore sociale e le sue caratteristiche non sono né ignorate né sottovalutate, ma sono pensati come elementi costitutivi di una reciproca chiamata in causa con gli elementi più propriamente strutturali. (Salvini A., 2005, pp. 25-26)

Al centro del tutto vi sono, quindi, i termini già incontrati di relazioni e

struttura. Se da un lato la concezione di struttura propria della social network analysis, è una concezione che deve comunque evitare di diventare talmente pervasiva ed omnicomprensiva da far cadere nel cosiddetto equivoco struttu-

7 P. Bourdieu ripete più volte, ad esempio, il suo imbarazzo nel dover descrivere le determi-

nazioni teoriche del suo approccio svincolate da qualsiasi contesto euristico, viceversa, la de-terminazione euristica trova un senso solo ed esclusivamente all’interno di queste determina-zioni teoriche.

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rale8, dall’altro lato si deve ben comprendere il ruolo delle relazioni all’interno della social network analysis stessa. La domanda più ovvia, a que-sto punto, sarebbe cosa è una relazione sociale nell’ottica della social network analysis?

Dimensioni, caratteristiche, livelli.

Siamo così arrivati al cuore della nostra discussione. Una premessa è tutta-

via d’obbligo. Non vogliamo, all’interno di questa analisi, fornire una descri-zione completa e coerente di cosa sia una relazione sociale, anche perché, co-me mostra in termini autoreferenziali lo stesso titolo, è stata operata una scelta all’interno del panorama del pensiero sociologico per quanto riguarda i termi-ni stessi del discorso. Non è l’unica, sicuramente è un punto di partenza per ulteriori approfondimenti. Dire che una relazione, nello specifico, una rela-zione sociale, è un qualcosa di multidimensionale e complesso, può forse es-sere a questo punto una risposta del tutto attesa e scontata. Ma in mancanza di ulteriore fantasia epistemologica, diamo ragione di questa scelta, della scelta dei rispetti sotto i quali cade l’oggetto relazione sociale.

Anticipando il punto di arrivo della discussione, possiamo, quindi, dire che una relazione sociale, può essere descritta nei seguenti termini: Le strutture sociali sono insiemi di relazioni sociali. Non tanto come somma, ma come u-nità complessa delle relazioni che sono proprietà emergenti delle interazioni tra attori sociali (attori singoli o collettivi). Si instaura, quindi, una sorta di anello ricorsivo tra attori, strutture sociali (strutture di relazioni) in termini di vincoli e possibilità che determinano e sono determinati dalla relazioni stesse. Nel passaggio, meglio nella declinazione euristica, queste relazioni, sono insiemi dimensionali, quindi, è possibile analizzare sia le singole posi-zioni che il tutto complesso.

La determinazione delle funzioni di appartenenza risulta, quindi, essere la determinazione del tipo di proprietà, relazionale, o attributo che si deve inda-gare9.

Passo indietro, come possiamo arrivare alla definizione di discussione che abbiamo appena descritto? Definizione di discussione, in quanto deve essere

8 Cfr. Salvini A., (2005). 9 L’utilizzo delle funzioni di appartenenza individua la possibilità di iscrivere tutta la presen-

te discussione in un’ottica eventuale, ma non esclusiva, di costruzione in termini di analisi e gestione della vaghezza. Un tentativo simile si può ritrovare per quanto riguarda la fuzzy logic tradizionale in Montgomery J. D., (2000).

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posta al vaglio delle determinazioni e declinazioni tecniche fornite dalla pro-spettiva stessa della social network analysis, la prospettiva alla luce della qua-le è stata costruita10. Per arrivare a questa definizione possiamo, quindi, discu-tere come le relazioni sociali, concetto e oggetto multidimensionale, si decli-nino nelle proprie dimensioni; e come queste si incontrino, sfumino teorica-mente, nelle caratteristiche – componenti caratterizzanti e costitutive – di un modello di rete sociale.

Per quanto riguarda le relazioni sociali possiamo individuare 5 dimensioni:

a. Dimensione formale; b. Dimensione contestuale; c. Dimensione morfologica; d. Dimensione ontologica; e. Dimensione genesica.

Per quanto riguarda le reti sociali possiamo individuare 4 caratteristiche:

!. Reti sociali come rappresentazioni; ". Reti sociali come principi; #. Reti sociali come strutture dinamiche; $. Reti sociali come meccanismi.

Gli spazi in cui le relazioni sociali e le reti sociali sfumano sono, quindi, i

livelli:

1. Livello della Logica; 2. Livello dei Modelli; 3. Livello dei Vincoli; 4. Livello della Possibilità; 5. Livello della Estensione spaziale e temporale; 6. Livello della Inferenza.

L’assunto dal quale partiamo in questa sede, che le reti sociali, le strutture,

10 Anche perché: «we introduce network analysis as a distinct research perspective within

the social and behavioral sciences; distinct because social network analysis is based on an as-sumption of the importance of relationships among interacting units. The social perspective encompasses theories, models, and applications that are expressed in terms of relational con-cepts or processes. That is, relations defined by linkages among units are a fundamental com-ponent of network theories», Wasserman S., Faust K., (1994). p. 4.

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Relazioni sociali

Inferenza

Dimensione formale

Dimensione ontologica

Dimensione contestuale

Dimensione morfologica

Dimensione genesica

Logica Possibilità Modelli Estensione spaziale e temporale

Vincoli

Rappresentazioni Principi Strutture dinamiche

Meccanismi

Reti sociali

sono comunque delle strutture di relazioni, non implica, come si è descritto, solo un’analisi teorica, o una costruzione metodologica e tecnica, di questi oggetti, ma anche una attenzione ai singoli attori sociali che contribuiscono, all’interno dell’anello ricorsivo alla determinazione delle relazioni sociali, quindi, delle strutture sociali.

Dimensioni e caratteristiche, quindi, possono essere inserite all’interno del seguente diagramma, allo stesso tempo, teorico, metodologico ed euristico:

Fig. 1.: Descrizione logico–epistemologica di come relazioni sociali e reti sociali sfumano

all’interno di un anello ricorsivo.

Dimensione a.: Dimensione formale: le «relazioni sociali si presentano sot-

to forma di significativa densità»(Salvini A., 2005, p. 13.). Cosa vuol dire si-gnificativa densità? Innanzitutto, però, cosa vuol dire che le relazioni sociali possiedono una loro dimensione formale? A questo punto dobbiamo andare più a fondo sulla stessa descrizione del termine relazione in questo contesto. La relazione, riassume in sé una serie di determinazioni, declinazioni, cade

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sotto una serie di rispetti, che sono profondamente interconnessi tra loro, ma che, nello stesso tempo, vivono di una vita propria (come in maniera analoga, ad un differente livello, i singoli attori sociali, le relazioni sociali, e le struttu-re sociali).

Non si deve incorrere nell’errore di identificare una relazione sociale in maniera pura e semplice con una relazione logica o matematica. Vi sono forti punti di sovrapposizione, nei quali questi differenti concetti sfumano l’uno nell’altro, ma non vi è totale coincidenza. Appartengono a livelli distinti (anch’essi reciprocamente sfumanti), livelli distinti che contribuiscono a de-terminare la relazione sociale come oggetto complesso sia teorico che meto-dologico; non come ambienti distinti, ma come unità complessa della ricerca stessa.

La significativa densità, racchiude in sé la forma, ma anche la distribuzione sia del contenuto che delle determinazioni delle relazioni sociali come co-struite a partire dai soggetti, che a loro volta, ne sono determinati in termini sia teorici che euristici come possibili oggetti nei quali e sui quali determinare il dato, dato relazionale.

In questo modo la duplice articolazione della dimensione formale in logica e modelli permette di dare conto delle reti sociali in termini di rappresenta-zioni. Infatti la caratteristica ! si divide in logica: «reti sociali come rappre-sentazione organizzativa dei rapporti sociali» (Salvini A., 2005, p. 13) e mo-delli: «idea […] che il modello di rete costituisca una prospettiva di rappre-sentazione ed analisi coerente e pertinente con la complessa articolazione del-la realtà sociale e naturale, sebbene il funzionamento e i pattern delle strutture siano diverse a seconda dei contesti considerati» (Salvini A., 2005, p. 16).

Logica, in quanto le costruzioni formali e la dimensione formale delle rela-zioni sociali sono rappresentazioni a differenti livelli delle relazioni stesse. Rappresentazioni che declinandosi sul versante euristico rappresentano sia la effettiva esistenza nel mondo sociale della realtà pragmatica dei soggetti in situazione di relazione, sia le strutture come strutture di relazioni, quindi, la possibilità di costruzione di modelli che tengano conto dell’anello ricorsivo sempre e comunque inserito all’interno della storia dei singoli soggetti e nella storia delle strutture. Inoltre, nella descrizione della caratteristica delle reti sociali come modelli emerge anche la ricorsività tra la naturalità del sociale e la socialità del reale.

Dimensione b.: Dimensione contestuale: «l’idea che le reti sociali “conta-no” non risiede tanto, o soltanto, nella capacità di sfruttamento individuale delle risorse presenti nelle reti sociali, ma nel fatto che le reti in quanto tali, cioè come strutture relazionali tra attori, costituiscono una forma sociale rile-vante che definisce il contesto in cui muovono quegli stessi attori, i quali non

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sono sempre e comunque motivati, nell’agire, da finalità strumentali» (Salvini A., 2005, p. 14.). Da una parte i soggetti in situazione di interazio-ne/relazione, dall’altra le relazioni sociali: siamo sicuri che siano due poli u-nici, separati in maniera del tutto asettica e fondativa?

Identificata la dimensione formale delle relazioni sociali, dobbiamo vedere quali sono i principi identificati dalle e nelle reti sociali di determinazione contestuale. Determinazione contestuale che riguarda in maniera complessa soggetti, relazioni, strutture, anche perché se da un lato le relazioni sociali sono determinate dai soggetti sociali che a loro volta determinano le strutture sociali; dall’altro le strutture sociali fissano le relazioni sociali che contribui-scono a determinare i soggetti sociali.

Siamo, quindi, di fronte ad una situazione che chiama in causa vincoli: «le reti sociali costituiscono anche principi organizzativi dei flussi di risorse che transitano attraverso le molteplici interconnessioni (siano esse informazioni, significati simbolici, forme di sostegno o beni materiali)» (Salvini A., 2005, p. 16.) e possibilità: «nelle reti sociali si depositano valori materiali e non mate-riali che contribuiscono a determinare la “ricchezza” individuale e collettiva, espressa in beni relazionali e immediatamente “spendibile” qualora se ne pre-senti la necessità. Ovviamente, tale ricchezza si distribuisce in modo diverso per ogni individuo, e non sempre questa disparità distributiva dipende unica-mente dalle “capacità relazionali” degli attori sociali, o dalla loro capacità di investimento» (Salvini A., 2005, p. 13.).

Vincoli che a livello delle reti sociali rappresentano il concretizzarsi della forma, quindi, pongono in essere in termini ed in maniera storicamente data, la pragmatica stessa delle reti sociali; nello stesso tempo costituiscono i limiti delle azioni dei soggetti sociali ed i limiti delle azioni delle strutture sociali, come anche, i limiti entro i quali si dispiega il percorso ricorsivo (percorso in-sieme logico, teorico e pragmatico). Vincoli che non sono dati una volta per tutte, ma che si modificano nello spazio come nel tempo in ragione e funzione della vita stessa dei soggetti sociali e delle strutture di relazione.

Per quanto riguarda la possibilità, la prima considerazione da fare riguarda la sua identificazione come spazio con l’insieme che si può definire dal capi-tale sociale e da tutti i capitali che costituiscono il punto di partenza dell’azione dei soggetti, siano essi attori o strutture sociali. Concetto di capi-tale come punto di partenza, che si concretizza attraverso i vincoli, nella de-terminazione stessa delle reti sociali, ma, nello stesso tempo, ne fornisce il presupposto in quanto spazio formato, giocato e nel quale si formano e gioca-

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no le relazioni sociali11. Una seconda considerazione riporta all’attenzione, ancora una volta, il fatto

che le reti sociali, attraverso il principio che esprime uno spazio di possibilità, sono contestutalizzate nelle storie dei singoli soggetti che le costituiscono, ma anche nelle loro proprie determinazioni storiche. T. Snijders12 parla di una e-strema difficoltà riguardo il determinare la storia passata di una rete sociale in quanto oggetto estremamente complesso, ciononostante, descrive strumenti tecnici per indagare la storia futura della rete stessa. In una parola vincoli e possibilità si intrecciano come principi delle reti sociali, nel definire la di-mensione contestuale delle relazioni sociali.

Vincoli e possibilità sono, quindi, livelli che interagiscono sia in termini logici che in relazione ai modelli, teorici ed euristici. Livelli che interagiscono sia nella descrizione che opera il sociologo, ma soprattutto, nel concretizzarsi delle pratiche stesse dei soggetti sociali13.

Dimensione c.: Dimensione morfologica: «il mondo circostante, sociale e non sociale, può esser letto alla luce della sua struttura dinamica di fondo, che si presenta, appunto sotto forma di reti di relazioni e interdipendenze» (Salvini A., 2005, p. 14.). La storicità delle relazioni sociali, quindi, dei soggetti e del-le strutture tramite e per mezzo dei principi riguardanti i vincoli e le possibili-tà delle reti sociali, non è un qualcosa di statico, né spazialmente, né tempo-ralmente.

È un qualcosa che contribuisce a determinare, come linea direttrice, la di-mensione del concretizzarsi stesso delle forme sociali, quindi, contribuisce a co-determinare l’effettiva disposizione nello spazio e nel tempo delle strutture sociali, come anche di ciò che è esterno a loro, ma con il quale entrano in con-tinuo contatto, scambio, co-determinazione del reale stesso.

Co-determinazione, che, tuttavia, parte dalla base della realtà naturale del mondo fisico, realtà naturale che diventa sociale nella determinazione dinami-ca delle relazioni sociali stesse. Determinazione dinamica che prende la forma delle strutture sociali nelle quali i singoli soggetti occupano determinate posi-

11 Estremamente interessante risulta, quindi, essere l’analisi che operano G. Plickert, B.

Wellman, R. Côté per quanto riguarda il modo attraverso cui la possibilità si intreccia, forma ed è formata dai vincoli, sia per quanto riguarda il modo in cui gli attori si relazionano tra loro, sia per come si relazionano con le strutture sociali, ma anche per quanto riguarda il relazionarsi reciproco delle strutture stesse, nello stesso tempo relazionarsi di strutture ed attori; cfr. Plickert G., Wellman B., Côté R., (2005).

12 Cfr. Snijders T. A. B., (2005). 13 In questo modo si ridefinisce il problema dell’equivoco strutturale non tentando una me-

diazione, una terza via, ma, piuttosto, utilizzando un contesto logico (declinato in teoria, meto-dologia e tecnica) differente. Cfr. Salvini A., (2005).

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zioni, posizioni che contribuiscono a determinare le reti stesse; posizioni che sono, a loro volta, all’interno di una determinazione ricorsiva con le relazioni sociali stesse. Non si possono prendere in considerazione le une, senza tener contestualmente conto anche delle altre. La stessa relazione strutturale che intercorre tra le strutture sociali ed il mondo ambiente esterno.

Dimensione d.: Dimensione ontologica: «Le reti costituiscono esiti non scontati di complesse relazioni di interdipendenza tra attori; sebbene si debba sempre aver chiaro il pericolo di una “reificazione” delle reti sociali, i livelli di interdipendenza riguardano relazioni che hanno una connotazione sia mate-riale che non materiale» (Salvini A., 2005, p. 16.). Si presenta, a questo punto, un ulteriore problema: quali sono le realtà reali all’interno di questa analisi, quali godono di una propria ontologia indipendente, quali sono gli oggetti de-rivati, quali quelli su cui costruire l’intero percorso?

Una prima considerazione riguarda il fatto che qualsiasi oggetto all’interno del discorso scientifico gode di una propria determinazione ontologica. Non necessariamente un oggetto non presente in natura, strettamente indipendente dal soggetto che indaga quella natura o dal soggetto che la vive, non ha un proprio status ontologico14. Due argomentazioni possono essere descritte per analizzare questa dimensione. La prima riguarda lo statuto ontologico degli oggetti sociali in generale; la seconda, lo statuto ontologico del concetto di re-lazione in rapporto con quelli di attore e struttura.

Per quanto riguarda la prima, possiamo riportare le critiche che A. Varzi propone alla posizione fortemente riduzionista e realista assunta da J. Searle. Secondo Varzi, Searle non fa altro che assegnare uno statuto ontologico agli oggetti sociali, in quanto entità fisiche alle quali viene assegnato a posteriori un significato sociale in virtù di un atteggiamento intenzionale collettivo. Tut-tavia, la critica di Varzi si sviluppa su un binario ancor più fortemente reali-

14 Partendo dalla distinzione proposta da A. Varzi nei termini: «In un primo senso, si può di-

re che è nella sua dimensione materiale che l’ontologia si occupa esplicitamente della questione «Che cosa esiste?» (prima, dopo, o accanto alla metafisica); nella sua dimensione formale l’ontologia si occuperebbe invece di ciò che esiste, non al fine di redigerne un inventario detta-gliato, né al fine di specificarne la natura, bensì sotto il profilo generalissimo delle sue caratteri-stiche necessarie», Varzi A. C., (2005), p. 28; si può arrivare alla descrizione secondo cui «L’idea che un buon inventario del mondo debba includere, oltre agli oggetti, anche le azioni e gli eventi che li vedono partecipi – come le passeggiate, le partite di calcio, i temporali – è oggi molto diffusa. Non solo azioni ed eventi sembrano costituire un punto di riferimento impre-scindibile nel nostro quotidiano commercio col mondo […] Tra i filosofi contemporanei che hanno contribuito a difendere questo punto di vista, Donald Davidson è forse quello che più di ogni altro ha il merito di averne esplicitato la dimensione propriamente ontologica», Varzi A. C., (2005), p. 60.

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sta, in base al quale, Searle non avrebbe preso in considerazione, nella sua de-scrizione, oggetti sociali ben più astratti e invisibili quali gli stati, i sindacati, le organizzazioni, ecc. (Varzi A. C., 2005, pp. 74-76.).

La seconda argomentazione parte da alcune considerazioni di P. Donati, se-condo il quale: «Le argomentazioni che presento […] partono dal presupposto che le relazioni sociali esistono. Esse non sono una pura astrazione mentale. Non sono né una proiezione degli individui, né un prodotto dei sistemi. Al contrario, individui e sistemi sono in buona misura prodotti delle relazioni so-ciali. Ma le relazioni sociali non esistono in actu se non con, attraverso e nei soggetti che le attualizzano. Non sono i sistemi che attualizzano le relazioni, bensì i soggetti, persone o gruppi sociali. D’altra parte, però, le relazioni, per essere attualizzate, debbono sottostare alle condizioni di possibilità dei sistemi entro situazioni determinate»15. Posizione in questo contesto interessante che sottolinea sia la esistenza di un rapporto tra attori, strutture sociali e relazioni sociali, rapporto ricorsivo, nel nostro contesto di analisi; sia la valenza stori-co-pragamtica delle relazioni sociali stesse.

Le due dimensioni, quella morfologica e quella ontologica, si declinano nella caratteristica della reti sociali come strutture dinamiche, caratteristica che si declina, a sua volta, nella estensione spaziale e temporale delle reti so-ciali stesse. La componente strutturale delle relazioni sociali, la componente che determina le reti sociali come reti di relazioni, può essere identificata come una topologia (Salvini A., 2005, p. 17.), una topologia che si può de-scrivere nei seguenti termini: «Quella presentata dalla social network analysis è una prospettiva per la quale le reti sociali costituiscono la struttura dinamica degli ambienti e dei contesti in cui si svolge l’azione degli individui, in ogni dimensione della vita»16.

Questa affermazione, può anche essere discussa alla luce di alcune conside-razioni ontologiche su relazioni propriamente topologiche, relazioni quali quella espressa dal predicato ‘x è connesso a y’. Possiamo risalire fino ad A. N. Whitehead, il quale afferma che due oggetti sono connessi nel momento in cui vi è un terzo oggetto che ricopre i primi due, in altri termini, un terzo e-

15 Donati P., (1991), pp. 24-25. Va tuttavia ulteriormente problematizzata la posizione delle

relazioni sociali, nei confronti degli stessi attori e delle strutture per quanto riguarda il livello di assunzione dello statuto ontologico e la eventuale relativa e reciproca posizione di prius.

16 Salvini A., (2005), p. 16. Ma anche «Il luogo, topos, può essere definito assolutamente come il sito in cui una cosa o un agente “ha luogo”, esiste, insomma, come localizzazione o, relazionalmente, topologicamente, come una posizione, un rango in un ordine», Bourdieu P., (1997), p. 138.

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vento che è la somma dei primi due17. Nella social network analysis due nodi sono connessi nel momento in cui vi è una relazione tra i due, mentre due reti sono connesse, nel momento in cui vi è una relazione tra le due18.

Seguendo la linea di Whitehead le relazioni avrebbero una propria ontolo-gia, nel momento in cui, fossero la semplice somma delle azioni dei due attori all’interno della struttura fornita dalla rete, lo stesso si può estendere alle re-lazioni tra reti. Ma questo vorrebbe dire reificare completamente la relazione sociale, reificazione che, tuttavia, non può sussistere, in quanto la relazione sociale è da una parte l’oggetto di analisi, ma non coincide con la somma del-le azioni dei soggetti, mancherebbero, infatti, le componenti di vincolo e pos-sibilità date dalla rete, non semplice contenitore, ma parte attiva del processo genesico delle relazioni sociali come proprietà emergenti all’interno di un processo di ricorso di organizzazione.

Una topologia, quindi, come dispiegamento di posizioni ed analisi di queste posizioni all’interno di uno spazio sociale che identifica spazi di possibilità che si concretizzano in relazioni sociali.

Dimensione e.: Dimensione genesica: «Le reti costituiscono strutture di re-lazione tra vari processi che, secondo alcuni studiosi, hanno la caratteristica di essere auto-generanti»(Salvini A., 2005, p. 16.). Ovviamente le relazioni so-ciali non nascono dal nulla, potrebbero farlo se avessero uno statuto ontologi-co isomorfo a quello degli enti naturali; ma anche se costituiscono gli oggetti propri della social network analysis, come descritto in questa analisi, li costi-tuiscono in ragione della loro dipendenza strutturata e strutturante con gli at-tori sociali, in modo tale da costituire strutture di relazioni sociali. Ma come si costituiscono, quindi, queste strutture, queste reti?

La genesi delle relazioni sociali, dipende dalla serie di interazioni ricorsive che intercorrono tra attori e strutture sociali, secondo modalità, abbiamo vi-sto, declinate nelle caratteristiche precedenti. Questa genesi, corrisponde, sot-to alcuni rispetti, al processo stesso di ricorsione, nel momento in cui una re-lazione sociale emerge come modificazione di una preesistente all’interno dei vincoli e delle possibilità della struttura sociale, secondo la logica ed il mo-dello individuati, in un determinato spazio e tempo che sono quelli sociali. Se si volesse andare a ritroso fino alla prima relazione sociale, si dovrebbe arri-vare, probabilmente, fino alla prima forma di struttura sociale e di azione dei soggetti.

17 Cfr. Whitehead A. N., (1920), p. 71; Varzi A. C., (2005), pp. 94-95; pp. 106-107. 18 Una analisi estremamente interessante delle reti di reti e della relazione tra attributi e dati

relazioni è quella descritta in Cordaz D., (2005).

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Questa ricorsione prende, assume, le caratteristiche del meccanismo nei termini di una inferenza. Infatti possiamo parlare di reti sociali come «mecca-nismi di strutturazione delle dinamiche sociali» (Salvini A., 2005, p. 13.). Il concetto di meccanismo sociale, sta vivendo in questo momento una stagione estremamente prolifica dal punto di vista dell’indagine scientifica, grazie agli studi della cosiddetta sociologi analitica. Potrebbe essere, in effetti un buon strumento questo per la descrizione della nascita delle reti sociali dal punto di vista inferenziale19.

Come riepilogo possiamo costruire le seguenti tabelle:

19 Cfr. Hedström P., Swedberg R. (eds.), (1998); Barbera F., (2004). Alcuni aspetti di queste

ricerche vanno comunque ulteriormente analizzati, tra gli altri, quelli che sembrano essere i più interessanti da approfondire, riguardano l’affermazione secondo la quale i meccanismi sociali sarebbero più interessati alla spiegazione che non alla previsione, in antitesi con una lettura del positivismo; un secondo aspetto riguarda effettivamente il tipo di inferenza causale che i mec-canismi sociali implicherebbero e dalla quale sarebbero implicati e determinati. Per quanto ri-guarda il primo aspetto è curioso che, come riporta Barbera, «Il punto centrale, per Coleman, è che non vi sono, perlomeno nelle scienze sociali, solo ragioni epistemologiche per scegliere uno schema analitico o un modello teorico particolare: la ricerca del livello più adeguato per la spiegazione attraverso meccanismi sociali è misurata anche sulla volontà di individuare proces-si causali sui quali le politiche pubbliche possano intervenire», Barbera F., (2004), p. 37; ma, per poter intervenire, non bisogna in qualche modo anche prevedere eventuali sviluppi futuri e conseguenze, eventualmente, inattese? Lo stesso Coleman «È probabile che una spiegazione basata sull’analisi interna del comportamento sistemico, nei termini delle azioni e degli orien-tamenti delle unità di livello inferiore, risulti più stabile e generale di una spiegazione che ri-mane al livello sistemico. Poiché infatti il comportamento del sistema è un esito delle azioni delle parti che lo compongono, ci si può aspettare che sapere in che modo le azioni di queste parti si combinano nel produrre il comportamento sistemico determinerà una migliore prevedi-bilità di quanto non accada con una spiegazione basata sulle relazioni statistiche tra le caratteri-stiche di superficie del sistema. Non è detto che sia così, ovviamente, soprattutto nel caso in cui le caratteristiche di superficie siano le cause prossime del comportamento da spiegare», Cole-man J. S., (1990), trad. it. parz. (2005), p. 16; ed ancora «relazioni come quelle descritte […] sono da considerarsi generalizzazioni empiriche di livello macro che possono essere previste deduttivamente da una teoria. Si può dire che la teoria che genera queste relazioni come propo-sizioni specifiche è una teoria dell’azione individuale unita a una teoria della combinazione di queste azioni che, secondo regole specifiche, produce un comportamento sistemico», Coleman J. S., (1990), trad. it. parz. (2005), p. 37. Ad un livello epistemologico differente «Per dirla di-versamente, la mia assunzione implicita è che le previsioni teoriche qui formulate sarebbero sostanzialmente le stesse sia nel caso gli attori agiscano proprio secondo la concezione comune di razionalità, sia nel caso le loro azioni presentino deviazioni come quelle di cui si è detto», Coleman J. S., (1990), trad. it. parz. (2005), p. 641. E per concludere «Ma c’è un secondo modo di inferire gli interessi di un attore collettivo (e quindi di prevederne il comportamento). Si trat-ta dell’analisi interna dell’attore collettivo, che inferisce dagli interessi delle varie posizioni al suo interno e dalla struttura di controllo definita dalla sua costituzione le azioni e dunque gli interessi (o gli interessi e dunque le azioni) che ci si può aspettare dall’attore», Coleman J. S., (1990), trad. it. parz. (2005), p. 668.

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Tab 1.: Dimensioni delle Relazioni sociali. (Cfr. Salvini A., (2005).) RELAZIONI SOCIALI Dimensione

formale Dimensione contestuale

Dimensione morfologica

Dimensione ontologica

Dimensione genesica

relazioni sociali si

presentano sotto forma

di significati-va densità

l’idea che le reti sociali “conta-no” non risiede tanto, o soltan-to, nella capacità di sfruttamen-to individuale delle risorse pre-senti nelle reti sociali, ma nel fatto che le reti in quanto tali, cioè come strutture relazionali

tra attori, costituiscono una forma sociale rilevante che definisce il contesto in cui

muovono quegli stessi attori, i quali non sono sempre e co-

munque motivati, nell’agire, da finalità strumentali

il mondo cir-costante, so-ciale e non sociale, può

esser letto alla luce della sua struttura dina-mica di fondo, che si presenta, appunto sotto

forma di reti di relazioni e

interdipenden-ze

Le reti costituiscono esiti non scontati di complesse relazioni di interdipendenza

tra attori; sebbene si debba sempre aver chiaro il pericolo di una “reificazione” delle reti sociali, i

livelli di interdipen-denza riguardano

relazioni che hanno una connotazione sia materiale che

non materiale

Le reti costi-tuiscono

strutture di relazione tra vari processi che, secondo alcuni stu-

diosi, hanno la caratteri-

stica di esse-re auto-

generanti

Tab 2.: Caratteristiche delle reti sociali. (Cfr. Salvini A., (2005).) RETI SOCIALI

Rappresentazioni Principi Strutture

dinamiche Meccanismi

Logica Modelli Vincoli Possibilità Estensione spaziale e temporale

Inferenza

reti sociali come

rappre-senta-zione

organiz-zativa dei rapporti sociali

idea […] che il modello di rete costitui-sca una pro-spettiva di

rappresenta-zione ed ana-lisi coerente e pertinente con la com-

plessa artico-lazione della realtà sociale

e naturale, sebbene il funziona-mento e i

pattern delle strutture sia-no diverse a seconda dei contesti con-

siderati

le reti sociali costituiscono anche principi organizzativi dei flussi di risorse che

transitano at-traverso le

molteplici in-terconnes-sioni

(siano esse informazioni,

significati sim-bolici, forme di sostegno o

beni materiali)

nelle reti sociali si depositano valori ma-teriali e non materiali che contribuiscono a determinare la “ric-

chezza” individuale e collettiva, espressa in beni relazionali e im-mediatamente “spen-dibile” qualora se ne presenti la necessità. Ovviamente, tale ric-chezza si distribuisce in modo diverso per

ogni individuo, e non sempre questa dispari-tà distributiva dipende unicamente dalle “ca-

pacità relazionali” degli attori sociali, o dalla loro capacità di

investimento

Quella pre-sentata dalla

social network anal-

ysis è una prospettiva

per la quale le reti sociali

costituiscono la struttura

dinamica de-gli ambienti e dei contesti in cui si svolge l’azione degli individui, in ogni dimen-sione della

vita

reti sociali […] come

meccanismi di struttura-zione delle dinamiche

sociali

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Possiamo, a questo punto, passare ad una descrizione del pensiero di tre au-tori che ci sono sembrati fondamentali nella costruzione del percorso che ab-biamo presentato. I tre autori in questione sono G. Simmel, J. S. Coleman e P. Bourdieu. Il primo da molti riconosciuto come uno dei punti di riferimento teorici della social network analysis; il secondo uno degli autori che mag-giormente hanno contribuito allo sviluppo di idee centrali nella social network analysis, non ultima una lettura, sotto alcuni aspetti relazionale, del passaggio dal macro al micro. Il terzo, una figura centrale negli studi sul capitale socia-le, ma forse poco messo in relazione anche con un determinato approccio alle relazioni sociali stesse.

Come punto di contatto tra questa parte e la seguente della nostra discus-sione, possiamo, quindi concludere con i seguenti termini:

Le strutture sociali hanno la loro concretezza nella misura in cui sono definite dalle interconnessioni di individui altrettanto concreti; attraver-so le loro azioni, gli individui contribuiscono a plasmare le forme di queste interconnessioni, ma, d’altra parte, queste stesse strutture produ-cono effetti sugli individui, favorendone o vincolandone l’azione. Sus-siste, in questa idea di struttura sociale, un fattore di circolarità che la differenzia profondamente dall’individualismo e dall’olismo metodolo-gico, né la colloca in una posizione intermedia tra le due, come elemen-to di mediazione o di sintesi dell’una e dell’altra. Si tratta semplicemen-te di una prospettiva diversa e indipendente dalle due precedenti; il fat-tore causale risiede nella relazione, nelle interconnessioni tra posizioni sociali che nel contempo definiscono e sono definite dalla struttura so-ciale (Salvini A., 2005, p. 18.).

Georg Simmel

Nel momento in cui rivolgiamo il nostro sguardo verso G. Simmel ci tro-

viamo di fronte un autore estremamente interessante, ma che nel contempo, come da più parti rilevato, non sempre è stato tenuto in considerazione secon-do le possibilità insite nel percorso tracciato dal suo pensiero. Simmel, tutta-via, è da sempre riconosciuto come uno dei referenti teorici preferenziali per quanto riguarda la social network analysis.

Sono le parole dello stesso M. Weber che ci possono far comprendere, in via preliminare, il perché ed il come di questo sguardo privilegiato nei con-fronti del suo contemporaneo, anticipando tratti essenziali sottolineati e presi in prestito, sotto alcuni rispetti, da parte degli autori più direttamente coinvolti nella costruzione e nello sviluppo delle metodiche riguardanti le reti sociali.

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Infatti Weber ricorda come «Per parlare nei termini più generali, «sociologia» è per Simmel una scienza che si occupa delle «interazioni» fra gli individui. Ora, è chiaro che il concetto di «interazione» contiene una buona dose di am-biguità. Nel suo senso più ampio, in quanto reciproco influenzarsi di parec-chie (ma comunque finite) «unità», le «interazioni» si manifestano con le più varie sfumature, per esempio nella meccanica, nella fisica, nella chimica e in tutte le scienze naturali, con il risultato che la loro esistenza è stata sempre annoverata fra gli «assiomi»»20.

Simmel descrive, nel suo percorso, una serie di concetti, una serie di pro-blematiche, che possono essere inserite all’interno dello schema diagrammati-co che abbiamo tracciato riguardo le dimensioni delle relazioni sociali e le ca-ratteristiche delle reti sociali che confluiscono nei livelli. Il concetto di forma, quello di contenuto, la descrizione del rapporto tra individuo e società, sia in termini genesici, che in termini strutturali, come anche i concetti di differen-ziazione e di cerchia sociale, sono tutti, intersecandosi e sovrapponendosi tra loro, concetti che hanno fatto ritenere ai sociologi dei networks di poter consi-derare Simmel come un sicuro punto di riferimento21.

Ancora, all’interno del pensiero di Simmel, si possono rintracciare spunti identificabili come una presa di posizione ed un raccordo su problematiche che saranno centrali per gli altri autori che prenderemo in considerazione all’interno della nostra discussione. Infatti si possono riscontrare descrizioni del problema micro-macro; si può riscontrare, da un punto di vista metodolo-gico, la problematica di un individualismo contrapposto ad un’analisi della realtà non propriamente olistica, ma nemmeno del tutto incentrata sul concetto di individuo come fondamento ultimo dell’impresa scientifica nelle e per le scienze sociali. In termini epistemologici, la descrizione di un realismo che sfuma nel costruttivismo, con riferimenti che si possono far rientrare nella

20 Weber M., (1908), p. 84. Ed ancora, «il concetto di «interazione», come già nel preceden-

te esempio tratto dal mondo fisico, sarà tanto esteso da non poter immaginare, se non nel modo più artificiale, un’influenza «unidirezionale», ossia un qualsiasi caso di un uomo influenzato da un altro in cui non sia presente qualche elemento di «interazione»», Weber M., (1908), p. 86.

21 È importante, quanto meno delineare, formalmente, il concetto stesso di forma: «Se l’attributo di realtà spettasse solo a quelle unità ultime che non si danno mai come fenomeni ma in essi acquisiscono una forma (laddove ogni forma è una connessione introdotta da un sogget-to che opera proprio nel senso del “connettere”), la realtà ci sfuggirebbe. È dunque arbitrario affermare che la scomposizione debba aver termine con l’individuo: anch’esso, ad un’analisi più approfondita, appare come una somma di qualità singole, destini individuali, forze e condi-zionamenti storici, che nei suoi riguardi si pongono come entità elementari, allo stesso modo degli individui di fronte alla “società”», Simmel G., (1917), in Jedlowski P., Floriani S., Grande T., Nicotera F., Parini E. G., (a cura di), (2002), p. 98.

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problematica della costruzione dei dati, della costruzione concetti, come an-che della costruzione dei fenomeni sociali stessi.

Alcune considerazioni possono farci comprendere meglio il posizionamen-to di Simmel all’interno dei livelli tracciati in precedenza. In questa nostra di-scussione possiamo partire dalla considerazione secondo la quale, l’oggetto della sociologia è, comunque, un oggetto complesso, un oggetto complesso in ragione, da un lato del meccanismo di astrazione e sintesi che esso stesso è e rappresenta, dall’altro in ragione di una possibile coincidenza di manifesta-zioni sociali in un dato tempo e spazio, ma del loro divergere subito prima e subito dopo la momentanea coincidenza: la dinamicità è ben identificata in questi termini (Simmel G., 1890, pp. 11-12.).

In secondo luogo «L’idea per cui l’uomo, in tutto il suo essere e in ogni sua manifestazione, è determinato dai rapporti di reciprocità con altri uomini, de-ve infatti introdurre una prospettiva nuova nel campo delle cosiddette scienze dello spirito»22; prospettiva nuova che si può ben comprendere alla luce di un’altra affermazione di Simmel: «Anche nel caso della conoscenza, quindi, non si può cominciare, poniamo, con il concetto di società, dalla cui determi-natezza deriverebbero le relazioni e le interazioni delle componenti: sono in-vece queste che devono essere accertate, e la società è solo il nome con cui si designa la somma di queste interazioni, un nome che è utilizzabile solo nella misura in cui siano state accertate e stabilite. Si tratta quindi di un concetto del quale è utilizzabile una misura maggiore o minore, a seconda del maggiore o minore numero e della maggiore o minore intimità delle interazioni esistenti tra le persone date. In tal modo il concetto di società perde del tutto quel carat-tere mistico che il realismo individualistico voleva vedere in esso»23.

Esiste, quindi, una tensione tra individuo e società, come anche una tensio-ne tra individuo e le cerchie sociali di cui fa parte, che contribuisce relazio-nalmente a costituire e dalle quali è relazionalmente posizionato all’interno dello spazio sociale. Siamo di fronte ad una duplice differenziazione, del sin-golo nei confronti delle cerchie sociali, e delle cerchie nei confronti del singo-lo stesso. Il tutto alla luce della considerazione secondo la quale ogni indivi-duo è contemporaneamente interno ed esterno nei confronti delle cerchie so-

22 Simmel G., (1917), riportato in Jedlowski P., Floriani S., Grande T., Nicotera F., Parini E.

G., (a cura di), (2002), p. 102. «Chiave di volta del pensiero di Simmel è il concetto di We-chselwirkung, traducibile con le espressioni “effetto di reciprocità” o “influenza reciproca”, grazie al quale la realtà è concepita come una rete di fenomeni interrelati. La sociologia in par-ticolare, è lo studio delle forme che le relazioni di influenza reciproca assumono fra gli esseri umani», Jedlowski P., (2002), p. 93.

23 Simmel G., (1890), pp. 19, cfr. anche pp. 163-164.

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ciali stesse. Individuo che è contemporaneamente interno ed esterno sia da un punto di vista epistemologico, che logico, che nella effettiva realtà di tutti i giorni (Simmel G., 1908, p. 35.)

Così, se da un lato abbiamo che «ogni fenomeno individuale è determinato in genere da un’infinità di influenze provenienti dalla sua cerchia ambientale umana» (Simmel G., 1908, p. 5.), contestualmente, ed in maniera reciproca, abbiamo che «La possibilità di individualizzazione cresce smisuratamente an-che in quanto la medesima persona può assumere posizioni relative del tutto diverse nelle differenti cerchie alle quali essa appartiene contemporaneamen-te»24; per arrivare alla fine a sostenere che «I gruppi ai quali il singolo appar-tiene costituiscono per così dire un sistema di coordinate, in maniera tale che ogni coordinata nuova che si aggiunge lo determina in maniera più precisa e inequivocabile»25.

Siamo di fronte ad un complesso sistema di vincoli e possibilità, dati in maniera relazionale, contestualmente, sia dalle singole individualità che dalle cerchie alle quali queste individualità appartengono. Appartengono in ragione e funzione di una serie di relazioni che possiamo ricondurre anche agli a prio-ri stessi della sociologia; infatti, dall’a priori della vita sociale si arriva alla determinazione posizionale e relazionale del suo stesso culmine, il concetto di professione (Simmel G., 1908, p. 38.).

Possiamo, trovare altri luoghi, nell’opera di Simmel, tali da poterlo conte-stualizzare, quanto meno in termini problematici, di sfida, di stimolo e do-manda, all’interno della nostra descrizione diagrammatica. Ad esempio in re-lazione al livello della logica (Simmel G., 1890, p. 17.); a quello dei model-li26; a quello dei vincoli ed, in maniera relazionalmente ricorsiva a quello delle

24 Simmel G., (1908), p. 363. Partendo dall’assunto che «L’associazione è dunque una forma

che si realizza in infiniti modi: in essa, animati da un’identità di interessi (sensibili o ideali, temporanei o durevoli, consci o inconsci, di tipo causale o teleologico), gli individui crescono nell’unità e danno corpo alle loro aspettative», Simmel G., (1917), p. 76.

25 Continuando, «La partecipazione di volta in volta a ognuna di esse lascia ancora un ampio gioco all’individualità; ma, quanto più numerose esse diventano, tanto più improbabile sarà che altre persone ancora presentino la medesima combinazione di gruppi, cioè che queste numerose cerchie si intersechino ancora in un punto. Come l’oggetto concreto perde la sua individualità per la nostra conoscenza quando lo si riconduce a un concetto generale in base a una proprietà, ma la riacquista nella misura in cui vengono messi in rilievo gli altri concetti sotto i quali lo inquadrano le altre sue proprietà, cosicché ogni cosa – per parlare in termini platonici – parteci-pa di tante idee quante proprietà possiede, e raggiunge così la sua determinatezza individuale, nello stesso modo la personalità si atteggia di fronte alle cerchie a cui appartiene», Simmel G., (1908), p. 355-356.

26 Simmel G., (1890), p. 16-17; Simmel G., (1917), riportato in Jedlowski P., Floriani S., Grande T., Nicotera F., Parini E. G., (a cura di), (2002), p. 96.

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possibilità27; come anche a quello della estensione spaziale e temporale28 ed a quello dell’inferenza29.

Per concludere la complessità relazionale all’interno del pensiero di Sim-mel, in relazione alla sistematizzazione diagrammatica che abbiamo fornito può essere riassunta ancora nei seguenti termini:

La connessione causale che intesse ciascun elemento sociale nell’essere e nell’agire di ogni altro, dando così luogo alla rete esteriore della so-cietà si trasforma in una connessione teleologica non appena la si con-sidera dal punto di vista dei portatori individuali, di coloro che la pro-ducono, i quali si sentono come io e il cui atteggiamento cresce sul ter-reno della personalità che è per sé e si determina da sé. Il fatto che quel-la totalità fenomenica si adatta allo scopo di queste individualità che quasi le si fanno incontro dall’esterno, che offre al processo vitale di queste, determinato dall’interno, il luogo in cui la sua particolarità di-venta un elemento necessario nella vita del tutto – tutto ciò, assunto come categoria fondamentale, conferisce alla coscienza dell’individuo la forma che lo designa come elemento sociale. (Simmel G., 1908, p. 38.)

Prima di passare a J. S. Coleman, tuttavia, ancora un passaggio. Passaggio

che ci introdurrà, in un certo senso, all’autore successivo, secondo una delle linee di sviluppo principali del suo pensiero, anche in relazione alle tematiche della social network analysis e del problema delle relazioni sociali: passaggio che riguarda la tensione tra micro e macro.

Simmel afferma: «Quanto più elevata, perfezionata e raffinata, tanto più una formazione sembra essere diretta da un’energia peculiare, che riguarda solo la totalità in quanto totalità, e tanto più impercettibile diventa la parteci-pazione degli elementi all’esistenza e allo sviluppo della totalità. Mentre in un aggregato rozzo e inorganico, o composto solo di poche parti, l’effetto di cia-scuna parte sul destino del tutto è accertabile in modo per così dire macrosco-pico, in un aggregato raffinato e composto di molti membri esso è visibile so-lo ad uno sguardo acuto. Questo aggregato concede alla parte una tale ric-chezza di relazioni che essa, collocata in certo modo tra le relazioni stesse, non si dà interamente a nessuna relazione e acquista così un’indipendenza che nasconde, oggettivamente e soggettivamente, la sua collaborazione alla totali-tà» (Simmel G., 1908, p. 29.).

27 Simmel G., (1890), pp. 27, 32, 59-60; Simmel G., (1908), pp. 20-21, 70. 28 Simmel G., (1890), pp. 20-21, 44-45. 29 Simmel G., (1890), pp. 10, 21-22.

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Problema dell’analisi micro-macro. Nel senso che, la crescente complica-tezza di un aggregato, vista dal punto di vista del numero degli oggetti, o delle parti, in esso interagenti e costituenti lo stesso aggregato, sembra essere ana-lizzabile in termini inversamente proporzionali alla costruzione di una cornice teorica e metodologica, epistemologica e logica di riferimento. Abbiamo, quindi, due possibilità:

1. Approccio Macro: pochi individui; grande forza nei legami che questi

individui devono instaurare tra loro e con il tutto, per la stessa soprav-vivenza del tutto; necessità e possibilità di studiare ed analizzare il tutto in termini olistici, quindi, in termini macro, sia per quanto riguarda il comportamento verso l’esterno che per quanto riguarda la stessa costi-tuzione, determinazione, del tutto;

2. Approccio Micro: la parte deve essere analizzata per dare un senso al comportamento del tutto, composto questa volta, da un numero mag-giore di parti singole, o oggetti. Per poter comprendere il comporta-mento del tutto, si deve andare a scavare a fondo fino ai suoi costituenti ultimi, in questo modo, però, la stessa parte diventa indifferenziata se non ad uno sguardo analitico, in modo tale da identificare parti (ogget-ti) e relazioni.

James S. Coleman

L’ultimo passaggio che abbiamo trattato del pensiero di Simmel, è stato in-

serito, con modalità anche strumentale, per introdurre in maniera, forse più morbida, un autore che, sotto alcuni rispetti, è notevolmente differente da quest’ultimo. D’altra parte, possiamo rintracciare, anche in questo nuovo compagno di viaggio, differenti spunti di riflessione sul, riguardo, ed in favore della nostra descrizione diagrammatica. L’autore in questione è J. S. Cole-man.

Coleman è ritenuto uno dei padri fondatori della social network analysis, in termini più diretti e lineari di quanto non lo sia Simmel. Anche se A. Stin-chcombe recensendo il volume del 1990, Foundations of Social Theory, asse-gna al suo articolo un titolo che non lascia dubbi, all’interno dell’ambiente nel quale si sviluppa il discorso sulle reti sociali, riguardo il corposo debito che Coleman ha nei confronti dell’autore tedesco. Il titolo è Simmel systematized. James S. Coleman and the social forms of purposive action in his Founda-

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tions of Social Theory30. Riprendiamo. Coleman può essere ricondotto al contesto della dialogica tra

social network analysis e relazioni sociali sotto differenti punti di vista e per-corsi ad un tempo epistemologici, metodologici ed euristici. In questa sede ne individuiamo tre, due dei quali affrontiamo subito, il terzo (in realtà il primo), verrà affrontato nella parte conclusiva della nostra discussione. Questi tre am-biti sono: i) la relazione tra sociologia e matematica; ii) il problema micro-macro; iii) la relazione tra soggetti nell’analisi interna del comportamento si-stemico.

Come spunto preliminare, per contestualizzare ulteriormente il discorso, possiamo affermare che «Il compito della sociologia, per Coleman, è di co-struire una scienza del comportamento individuale, concepito come razionale e orientato in base a finalità utilitaristiche elaborate dall’attore sociale, tenen-do in debito conto la struttura sociale in cui si muove, a sua volta composta dall’organizzazione dei ruoli e delle posizioni assunte da quegli stessi attori; la struttura sociale così definita fornisce nel contempo incentivi e vincoli per l’azione sociale, costituendone il contesto tipico di svolgimento» (Salvini A., (2005), p. 31.).

In altri termini, possiamo riassumere il concetto di (e l’oggetto della) teoria sociale per Coleman secondo la seguente sistematizzazione31:

a. Effetti delle proprietà del sistema sui vincoli o gli orientamenti degli at-

tori; b. Azione degli attori presenti nel sistema (azione intenzionale); c. Combinazione o intersezione di queste azioni, che determina il compor-

tamento sistemico; Attori, azioni e sistemi, ma dove sono le relazioni? Prima di poter risponde-

re a questa domanda dobbiamo ulteriormente delineare quello che lo stesso Coleman chiama il sistema minimo all’interno della sua descrizione del socia-le. Il sistema minimo non è altro che un insieme di elementi e di modi di col-legamento fra gli elementi stessi. Gli elementi si dividono in attori e cose (chiare le eredità weberiana e durkheimiana, tuttavia, non in termini parson-siani32); le cose in risorse ed eventi33. I modi di collegamento degli elementi,

30 Stinchcombe A., (1992). È da notare, tuttavia, che nella sua replica, Coleman non nomina

in nessun contesto Simmel, cfr. Coleman J. S., (1992). 31 Cfr. Coleman J. S., (1990). 32 Lo stesso Coleman, infatti, sostiene di voler andare altre Parsons, nel senso di un dire ciò

che Parsons non ha detto, vincolato dalle possibilità fornite dal suo sistema. Cfr. Coleman J. S.,

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Elementi

Sistema minimo

Modi di collegamento degli elementi

Attori Cose

Controllo Interesse

Risorse Eventi

invece, si articolano in controllo ed interesse. Fig. 2.: Il sistema minimo di J. S. Coleman.

Il sistema minimo è la base stessa della teoria sviluppata dall’autore ameri-

cano. Teoria che apre una discussione con un percorso di sviluppo del pensie-ro sociologico del passato, ma con numerosi successori nel presente. «La teo-ria sociale troppo spesso ha percorso la strada più facile: creare concettual-

(1986).

33 È interessante notare come «Società, infatti, è solo il nome con cui si indica una cerchia di individui, legati l’un l’altro da varie forme di reciprocità, la cui unità è la stessa che si osserva in un sistema di masse corporee, tali da influenzarsi a vicenda e comportarsi secondo la deter-minazione che ricevono. Anche in questo caso, ci si può opporre che solo gli elementi singoli sono “realtà” e che il movimento o le modifiche cui vanno incontro non hanno nulla di tangibi-le, ma costituiscono delle realtà di secondo grado: che, in altri termini, il luogo di questi feno-meni sta solo nei singoli frammenti di materia, mentre la loro presunta unità è frutto di una sin-tesi artificiale (gli impulsi ricevuti o trasmessi restano infatti circoscritti a quelle esistenze ulti-me e particolari). Allo stesso modo, si può ripetere che le uniche realtà propriamente dette sono sempre e soltanto gli individui umani. Ma di questo passo non si ottiene nulla. La società non è una sostanza e, di per sé, non è nulla di concreto; è un evento, è la funzione dell’“agire e pati-re”, è il destino e la forma cui ciascuno va soggetto per via degli altri», Simmel G., (1917), ri-portato in Jedlowski P., Floriani S., Grande T., Nicotera F., Parini E. G., (a cura di), (2002), pp. 100-101; cfr. anche Simmel G., (1890), p. 19; pp. 31-32 in relazione alla differenziazione stes-sa.

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mente al livello micro proprio il tipo di creatura che per semplice aggregazio-ne produrrà il comportamento sistemico osservato, sia che si tratti del funzio-namento ordinario e prosaico di una burocrazia, sia che si tratti dell’agitazione spontanea ed emotiva di una folla. La strada corretta per la teoria sociale è più difficile: conservare una concezione unitaria di come sono fatti gli individui e generare i vari comportamenti dei sistemi non partendo da creature diverse, ma da diverse strutture dei rapporti in cui queste creature si trovano»34.

Gli elementi all’interno di questo passaggio da analizzare risultano essere più di uno. La transizione e la interazione reciproca da e tra un livello micro ed un livello macro del sociale, sia in termini di costruzione teorica che di de-scrizione euristica, è uno dei cavalli di battaglia di Coleman in questa disputa. La Coleman’s boat35, (altro debito saldato nei confronti del nostro titolo), è una delle rappresentazioni diagrammatiche più citate, analizzate e discusse della sociologia contemporanea.

L’accento, posto sul livello micro e sull’assenza di un livello macro se non come un qualcosa di derivato, fa pendere l’ago della bilancia verso un olismo metodologico e teorico che non può sostenere, tuttavia, il fatto che l’unità sul-la quale si opera la ricerca sociale è comunque una unità di livello micro, an-che se i fenomeni da spiegare sono a livello macro. Non può sostenerlo, in quanto, anche se costruisce il livello macro, questo risulta sempre e comunque un artefatto prodotto da attori sociali decontestualizzati, sia storicamente che teoricamente36.

Cosa vuol dire questo? L’assenza del passaggio iniziale, dal macro al mi-cro, priva gli attori sociali del loro punto di partenza naturale, meglio del con-testo genesico, i systems of actions, all’interno, in base, ed in funzione dei quali gli attori dispongono, utilizzano, ambiscono, alle risorse. La base sulla quale tutto questo avviene, sulla quale, in funzione della quale, e per mezzo della quale, è la rational theory of action37. Il livello macro risulta essere sem-pre un’astrazione, anche perché l’azione si svolge ad un livello differente da quello nel quale si trova il fenomeno da spiegare, tuttavia, è una astrazione

34 Coleman J. S., (1990), trad, it. parz. (2005), p. 258. 35 Coleman J. S., (1990), trad, it. parz. (2005), p. 22; Coleman J. S., (1990), p. 715; cfr. an-

che Coleman J. S., (1986). 36 Coleman J. S., (1990), trad. it. (2005), p. 39. 37 «Nella rational action theory, essa [la teoria dell’economia dei piaceri esplicitamente

normativa] lo è altrettanto, ma si crede positiva: offre cioè un modello normativo di ciò che l’agente deve essere se vuole essere razionale [nel senso dello scienziato] per una descrizione del principio esplicativo di ciò che egli fa realmente15. […] 15 Cfr. J. Coleman, Foundations of Social Theory, Harvard University Press, Cambridge (Mass.) 1991», Bourdieu P., (1997), p. 147.

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che ha effetti diretti sulla realtà, meglio è la realtà stessa. Nel passaggio dal punto 1 al punto 4 della Coleman’s boat, infatti si ha il

meccanismo di costruzione del fenomeno stesso, il fatto che questa costruzio-ne debba scendere di livello, non fa altro che rendere visibili le interazioni re-ciproche tra gli attori sociali, sottostanti ai vincoli sistemici38, e nello stesso tempo, descrive la possibilità che lo stesso livello macro sia descritto nei ter-mini di un attore unico in azione. Attore unico che è l’attore collettivo. Inci-dentalmente, l’attore collettivo, non è altro che il testimone di una trasforma-zione, un mutamento nel concetto stesso di società, dalla società naturale si è passati alla società costruita, non tanto in contrapposizione ad un realismo portato alle estreme conseguenze, quanto in ragione di una effettiva realtà so-ciale degli attori collettivi stessi.

Siamo, quindi, di fronte ad una serie di livelli di relazioni sociali, livelli non necessariamente rigidamente delimitati, ma che possono sfumare gli uni negli altri. Anche perché non è la semplice somma delle azioni di livello mi-cro che può determinare la costruzione del fenomeno del livello macro, tanto meno nel caso in cui questa sia l’azione di un attore collettivo. Non è la sem-plice somma, in quanto, comunque, gli attori sociali interagiscono con il livel-lo macro nel momento in cui questo fornisce non solo le possibilità, ma anche i vincoli alla loro stessa azione. Vincoli e possibilità che instaurano, quindi, un percorso ricorsivo anch’esso su più di un livello.

Gli attori collettivi, infatti, non sono entità puramente ideali, astratte, im-modificabili. Sono sotto alcuni rispetti, il frutto delle azioni, delle interazioni e delle retroazioni di questi scambi sociali, in una parola, le relazioni sociali tra gli attori singoli che arrivano ad occupare determinate posizioni all’interno degli stessi attori collettivi39. La dialogica, quindi, tra uno e molteplice, la compresenza tra singolare e collettivo si gioca all’interno dello scambio socia-le interno tra attori e struttura. Scambio che, essendo ricorsivamente determi-nato opera delle modificazioni, in funzione e ragione del contenuto e della forma delle relazioni, sia nei soggetti individuali, (eventuale modifica della propria posizione), sia negli attori collettivi.

Gli altri livelli all’interno dei quali si hanno le medesime determinazioni formali sono quello micro tout court, nel senso delle relazioni di attori indivi-

38 Coleman J. S., (1990), trad. it. parz. (2005), pp. 35-37. 39 «una semplice invenzione sociale: l’idea di una struttura composta di persone è stata sosti-

tuita dall’idea di una struttura composta di posizioni, dove le persone sono solo gli occupanti delle posizioni. Dunque, i diritti e le risorse delegati dall’autorità non sono proprietà della per-sona cui sono delegati: sono proprietà della posizione cui sono delegati», Coleman J. S., (1990), trad. it. parz. (2005), p. 220.

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duali tra loro; quello degli attori collettivi, le cui posizioni interne sono rico-perte da altri attori collettivi.

Alcune considerazioni, per concludere questa brevissima analisi di alcuni sentieri del percorso teorico e metodologico di Coleman, devono essere a que-sto punto fatte in relazione al concetto di norma. In una nota precedente, ab-biamo riportato un parere non del tutto positivo, per usare un eufemismo, di P. Bourdieu (del quale analizzeremo il campo tra breve) riguardo all’utilizzo del-la rational choice theory, oggetto della considerazione era il problema della norma. Coleman non presuppone la norma all’interno del suo sistema mini-mo, in quanto la norma stessa non è altro che un effetto, un qualcosa di deri-vato; altrimenti si imporrebbero vincoli tali, risolvibili solo in maniera epi-stemologicamente circolare, da non proporre nulla di diverso rispetto a molte altre teorie sociologiche40.

«La nascita delle norme per certi versi è un prototipo del passaggio dal mi-cro al macro, poiché il processo deve derivare da azioni individuali, ma la norma stessa è una proprietà del livello sistemico, che influenza le successive azioni degli individui, sia le sanzioni applicate dagli individui che detengono la norma che le azioni conformi alla norma stessa»41.

Ulteriore esempio: il capitale sociale. All’interno della cornice fornita dalla rational choice theory, Coleman definisce il capitale sociale affermando «concettualizzerò queste risorse sociali-strutturali come un ammontare di ca-pitale per gli individui, cioè come un capitale sociale. Il capitale sociale è de-finito dalla sua funzione. Non si tratta di una singola entità, ma di diverse en-tità che hanno due caratteristiche in comune: consistono tutte di un determina-to aspetto di una struttura sociale, e tutte rendono possibili determinate azioni di individui presenti all’interno di questa struttura»42

Pierre Bourdieu

Il terzo autore del quale dobbiamo a questo punto parlare, come gli altri

due, ci ha accompagnato nel corso della descrizione del percorso che ci ha portato a tracciare la descrizione diagrammatica del rapporto tra relazioni so-

40 Coleman J. S., (1990), trad. it. parz. (2005), p. 312. 41 Coleman J. S., (1990), trad. it. parz. (2005), p. 315. 42 Coleman J. S., (1990), trad. it. parz. (2005), p. 388. Lo scopo di introdurre in questo mo-

mento il capitale sociale è semplicemente quello di rendere ancora una volta esplicito il gioco di azioni ed interazioni, relazioni ricorsive, tra attori sociali, elementari o collettivi; relazioni che si sviluppano all’interno dei livelli della descrizione diagrammatica che abbiamo costruito.

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ciali e reti sociali. Sotto qualche rispetto, possiamo dire, che è forse l’autore che più degli altri ha contribuito, tramite le costruzioni del proprio approccio, a fornirci gli strumenti, metateorici, per la costruzione del diagramma. L’autore in questione è P. Bourdieu. Solitamente, non è ritenuto, a differenza degli atri due, un referente privilegiato all’interno dei percorsi della social network analysis, tuttavia, è possibile rintracciare nella sua costruzione teori-co-metodologica, al pari che in quella di Simmel ed in quella di Coleman, suggestioni tali da poter permettere di sviluppare una descrizione della tensio-ne tra relazioni sociali e reti sociali.

Due considerazioni preliminari. In molte delle sue opere, Bourdieu esprime la sua idiosincrasia nel descrivere, i propri costrutti teorici indipendentemente dalle effettive situazioni di ricerca all’interno delle quali questi costrutti hanno preso forma e contenuto. In effetti, arriva a definire in termini estremamente duri la situazione presente di profonda divisione e separazione tra l’ambiente di sviluppo teorico e quello di progresso nella metodologia, quindi, nell’utilizzo delle tecniche43.

Probabilmente, questo è dovuto anche alla storia personale dell’autore fran-cese, alla storia delle sue relazioni con le reti sociali della metodologia hard della sociologia, identificata spesso con P. F. Lazarsfeld, e le strutture sociali della ricerca scientifica (Bourdieu P., 2002, pp. 73-74.). Come, d’altra parte, alla effettiva sede di nascita dei suoi costrutti, ovvero, le ricerche di sociolo-gia, ma forse soprattutto sulla sociologia.

La seconda considerazione che dobbiamo fare, riguarda la ripresa e lo svi-luppo delle riflessioni sul capitale sociale, come una delle forme di capitale di cui dispongono i soggetti ed i campi. Soggetti e campi, che sono in una situa-zione di continua tensione, di continua costruzione reciproca, di continuo scambio relazionale di tipo ricorsivo. Situazione che Bourdieu non vuole cri-stallizzata in termini puramente strutturali. Infatti: «Potrebbe precisare per quali aspetti la sua concezione dello Stato come insieme di campi burocratici che si sovrappongono parzialmente si differenzi dalla nozione di organisatio-nal State sviluppata da Edward Laumann e David Knoke (1988), dalla network analysis ? […] In effetti, la struttura di un campo, come spazio di re-lazioni oggettive tra posizioni, definita in base al loro rango rispetto alla di-stribuzione dei poteri e delle specie di capitale, è diversa dalle reti più o meno durevoli nelle quali, per un periodo più o meno lungo, può manifestarsi. È quella struttura a determinare la possibilità o l’impossibilità (o più esattamen-te, la maggiore o minore probabilità) che si vengano a instaurare gli scambi

43 Ad esempio cfr. Bourdieu P., (1979); Bourdieu P., Wacquant L. J. D., (1992).

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che esprimono e continuano a far esistere la rete» (Bourdieu P., Wacquant L. J. D., 1992, p. 82.). Sembrerebbe ricomparire l’equivoco strutturale con Bourdieu dalla parte degli strutturalisti. In effetti la situazione è decisamente differente44. L’equivoco strutturale ricompare esattamente nella forma cui ab-biamo accennato: una sovradeterminazione della struttura nei confronti dei soggetti sociali, delle relazioni sociali. Analizzando più in profondità i termini chiave di Bourdieu l’equivoco sull’equivoco verrà dissipato.

Il primo problema che dobbiamo affrontare è quello della oggettivazione partecipe45: problema che riguarda il pericolo di tentare una oggettivazione del mondo a prescindere dal fatto che chi opera quella oggettivazione, quella iscrizione in una struttura data, immutabile, sia esso stesso parte del processo di riflessione ed indagine. Ci troviamo di fronte ad un primo caso di relazio-ne, quella dello scienziato, del sociologo, con il proprio oggetto di studio. Re-lazione tra un soggetto e un campo; relazione ricorsiva, che soggiace ad una logica; descrive e declina modelli; si muove all’interno di uno spazio sociale declinato in campo, quindi, con propri vicoli e possibilità; è estesa nello spa-zio e nel tempo; ha proprie dinamiche di inferenza.

In quali termini possiamo, quindi, descrivere cosa è e quali sono le dinami-che di un campo per Bourdieu? Uno dei pericoli che volevamo evitare, fin dall’inizio della nostra discussione, riguardava il problema della ontologizza-zione delle relazioni, da un lato, dell’assoluto guardare verso i soggetti, dall’altro. In ulteriore soccorso ed aiuto Bourdieu afferma:

Per sfuggire al realismo della struttura che ipostatizza i sistemi di rela-zioni oggettive convertendoli in totalità già costituite al di fuori della storia dell’individuo e della storia del gruppo, occorre, ed è sufficiente passare dall’opus operatum al modus operandi, dalla regolarità statisti-ca o dalla struttura algebrica al principio di produzione di quest’ordine osservato e costruire la teoria della pratica o più precisamente del modo di generazione delle pratiche, che è la condizione per la costruzione di una scienza sperimentale della dialettica dell’interiorità e

44 «Il rifiuto che orientava già da tempo le mie scelte intellettuali, di quello che Merleau-

Ponty chiamava, dando al termine un’accezione molto diversa da quella dell’uso comune, l’“intellettualismo”, affondava le sue radici in disposizioni che mi inducevano a tenermi ai margini dai grandi “movimenti” intellettuali alla moda, come la forma esoterica dello “struttu-ralismo” […] ho partecipato al dibattito strutturalista in una sola occasione, con un testo chia-ramente anti-strutturalista sul campo intellettuale […] così bisogna essere in malafede, o sem-plicemente male informati, per mettermi tra gli “strutturalisti”», Bourdieu P., (2002), pp. 75-76.

45 Bourdieu P., Wacquant L. J. D., (1992), pp. 45-46; 206. Rientrano in questa problematica anche le obiezioni che muove alla etnometodologia, cfr. Bourdieu P., (1972 (2000)); Bourdieu P., (1994).

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dell’esteriorità, cioè dell’interiorizzazione dell’esteriorità e dell’esteriorizzazione dell’interiorità (Bourdieu P., 1972 (2000), p. 206.) 46

Contestualmente però:

La nozione di campo ci deve ricordare che il vero oggetto di una scien-za sociale non è l’individuo, l’«autore», anche se non è possibile co-struire un campo se non a partire dagli individui, perché l’informazione necessaria per l’analisi statistica è generalmente legata a precisi indivi-dui o istituzioni. Ma è il campo che deve essere al centro delle opera-zioni di ricerca. Il che non vuol dire affatto che gli individui siano delle pure «illusioni», che non esistano. La scienza però li costruisce come agenti, e non come individui biologici, come attori o soggetti; tali agen-ti sono socialmente costituiti come attivi e sono in grado di agire sul campo in quanto possiedono le proprietà necessarie per esservi efficien-ti, per produrvi degli effetti. Anzi proprio partendo dalla conoscenza del campo in cui sono inseriti si potrà capire meglio in che cosa consista la loro singolarità, la loro originalità, il punto di vista che hanno in quanto occupano una posizione (in un campo) a partire dalla quale si costitui-sce la loro particolare visione del mondo e del campo stesso… (Bour-dieu P., Wacquant L. J. D., 1992, pp. 76.)

Soggetti e campi sono, quindi, in una situazione di contemporanea e conti-

nua inclusione ridescrizione; è attraverso l’habitus, concretizzazione dello spazio delle possibilità in spazio delle disposizioni, che si attuano nelle prati-che, che il soggetto riesce a diventare una posizione all’interno dello spazio sociale. Posizione che non è, però, esente dalla cornice dello spazio stesso; posizione che diventa reale solo in quanto è lo spazio stesso che lo permette, in ragione e funzione del quanto di capitale di vario tipo porta con sé in dote il soggetto47.

46 Cfr. anche Bourdieu P., (1979), p. 164. 47 «funzione della nozione di habitus, che restituisce all’agente un potere generatore e unifi-

catore, costruttivo e classificatorio, pur ricordando che questa capacità di costruire la realtà so-ciale, anch’essa socialmente costruita, non è quella di un soggetto trascendentale bensì quella di un corpo socializzato, che investe nella pratica principi organizzativi socialmente costruiti e acquisiti nel corso di un’esperienza sociale situata e datata», Bourdieu P., (1997), p. 144. «la relazione che si istituisce fra le posizioni e le prese di posizione non è meccanicamente deter-minata: ogni produttore, scrittore, artista, scienziato costruisce il suo progetto creatore in fun-zione della percezione e delle possibilità disponibili garantite dalle categorie di percezione e di valutazione inscritte nel suo habitus da una certa traiettoria, e anche in funzione della propen-sione a cogliere e a rifiutare l’uno o l’altro dei possibili suggeriti dagli interessi associati alla

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Le disposizioni strutture strutturate strutturanti sono, sotto determinati ri-spetti, ciò che non lascia isolato il soggetto. La determinazione della posizione non è un qualcosa che avviene ipso facto perché un soggetto lo decide. È all’interno di una dimensione relazionale della storia e dello sviluppo della società. Dimensione relazionale che non è puramente costruita dal sociologo, né tanto meno puramente registrata; ciò che porta alla descrizione ed alla ac-quisizione di una posizione nello spazio sociale è un qualcosa di interno allo spazio stesso, meglio allo specifico campo che si sta analizzando.

In termini analitici, un campo può essere definito come una rete o una configurazione di relazioni oggettive tra posizioni. Queste posizioni so-no definite oggettivamente nella loro esistenza e nei condizionamenti che impongono a chi le occupa, agenti o istituzioni, dalla loro situazio-ne (situs) attuale e potenziale all’interno della struttura distributiva delle diverse specie di potere (o di capitale) il cui possesso governa l’accesso a profitti specifici in gioco nel campo, e contemporaneamente dalle re-lazioni oggettive che hanno con altre posizioni (dominio, subordinazio-ne, omologia…) (Bourdieu P., Wacquant L. J. D., 1992, p. 67.)

Non è, quindi, nemmeno il campo che decide il posizionamento dei sogget-

ti in termini assoluti48. Il campo è sempre e comunque anche una costruzione del sociologo che lo indaga; acquista, meglio ridefinisce la propria realtà nel momento in cui il sociologo lo investiga, i soggetti lo vivono, esso stesso non pietrifica i soggetti nei termini di una ineluttabilità del loro destino.

L’oggettività delle relazioni è, quindi, sempre e comunque una oggettività riflessiva49. Infatti, «Pensare in termini di campo significa pensare in maniera relazionale. Il modo relazionale di pensare (più di quello «strutturalista», più angusto) è, come ha dimostrato Cassirer in Substanzbegriff und Funktionsbe-

sua posizione nel gioco», Bourdieu P. (1994), p. 61.

48 Cfr. ad esempio l’analisi della soglia di ingresso all’interno di un campo, Bourdieu P., Wacquant L. J. D., (1992), p. 70 (estremamente interessante il riferimento al vero sociologo).

49 «L’habitus, in quanto struttura strutturante e strutturata, mobilita nelle pratiche e nel pen-siero schemi pratici derivati dall’incorporazione – attraverso il processo storico della socializ-zazione, l’ontogenesi – di strutture sociali, a loro volta derivate dal lavoro storico di generazio-ni successive, la filogenesi», Bourdieu P., Wacquant L. J. D., (1992), p. 104. «l’habitus è infatti contemporaneamente principio generatore di pratiche oggettivamente classificabili e sistema di classificazione (principium divisionis) di queste pratiche. È proprio nel rapporto tra queste due capacità che definiscono l’habitus, capacità di produrre pratiche ed opere classificabili, e capa-cità di distinguere e di valutare queste pratiche e questi prodotti (il gusto), che si costituisce l’immagine del mondo sociale, cioè lo spazio degli stili di vita», Bourdieu P. (1979), p. 175. Cfr. Bourdieu P., (1972 (2000)), p. 228.

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Proposizione da dimostrare

Livelli della proposizione

Unità dei livelli che si riferiscono e

compongono il/i referente/i della

proposizione

Relazione

griff, l’elemento distintivo della scienza moderna […] (Lewin fa esplicitamen-te riferimento a Cassirer, come sto facendo io, per superare il sostanzialismo aristotelico che permea spontaneamente il pensiero del mondo sociale)»50.

Relazioni e relazioni

Le considerazioni rapsodiche che abbiamo descritto, riguardo i tre autori

scelti in questo nostro percorso, alla fine, non sono risultate essere estranee alla costruzione diagrammatica che abbiamo tracciato nella prima parte della nostra analisi. Simmel, Coleman, Bourdieu, ognuno sotto differenti rispetti, tali tuttavia da sfumare a volte gli uni negli altri, ci hanno consentito di decli-nare in uno spazio di confine tra teoria pura e metodologia la tensione tra reti sociali, come strutture di relazioni, e le relazioni sociali stesse. Possiamo compiere un passo ulteriore. Nella descrizione dell’approccio di Coleman, ab-biamo contratto un debito riguardante il primo ambito della sua costruzione: l’ambito del rapporto tra matematica e sociologia. È arrivato il momento di saldare il nostro debito. In fondo, per utilizzare, in termini strumentali, un ar-gomento che potrebbe risultare scomodo per molti51, è immediatamente ri-scontrabile che il termine relazione fa parte sia dell’universo di discorso della matematica che di quello della sociologia. Procediamo con ordine. Nella sua analisi che parte dalla proposta weberiana, Coleman traccia un percorso che può essere sintetizzato nel seguente diagramma52:

Fig. 3: Linguaggio, proposizioni e relazioni in J. S. Coleman.

50 Bourdieu P., Wacquant L. J. D., (1992), p. 67. Cfr. Emirbayer M., (1997); Emirbayer M.,

Goodwin J., (1994), anche se la posizione espressa da Emirbayer potrebbe far pensare ad una ontologizzazione completa delle relazioni sociali in termini di priorità nei confronti dei soggetti e delle strutture di relazioni.

51 Cfr. Sokal A., Bricmont J., (1997). 52 Coleman J. S., 1990, trad. it. parz. (2005), p. 21.

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Si presenta, quindi, il problema dei linguaggi della sociologia. In questa se-de, non vogliamo aprire una traccia di riflessione sistematica ed articolata su questo punto, ma semplicemente, individuare degli ulteriori spunti di rifles-sione all’interno del percorso che abbiamo tracciato. Punto di partenza è la considerazione secondo la quale i linguaggi scientifici sono dimensioni dia-grammatiche del linguaggio del mondo della vita quotidiana, il linguaggio na-turale. In questi termini, la sociologia si colloca, per quanto riguarda la de-terminazione del proprio dato, sintesi complessa di dato sociale (linguaggio naturale) e dato sociologico (linguaggio della sociologia) in un contesto che riprende considerazioni riscontrabili, sotto vari rispetti, nei tre autori che ci hanno accompagnato.

La relazione è, all’interno di questo approccio, un oggetto non fisso all’interno di un unico livello, come abbiamo anche visto nella sua stessa ten-sione reciprocamente costruttrice e modificatrice con le strutture di relazioni, per mezzo, tramite ed in funzione dei soggetti sociali. Relazione è un termine che può indicare una pluralità di aspetti e di oggetti, come nello stesso tempo connettere una serie di oggetti.

• una qualsiasi forma di interazione fra due soggetti; • tutto ciò che vincola i soggetti all’interno del loro vivere il mondo

della vita di tutti i giorni; • espressione matematica: funzione; • oggetto del linguaggio della sociologia; • oggetto del linguaggio della matematica; • oggetto presente nel mondo della vita di tutti i giorni; • oggetto di sintesi.

Una prima linea di riflessione, può, quindi, essere la seguente. Perché vi sia

una relazione vi devono essere due o più soggetti (oggetti) tra i quali la rela-zione intercorre. È forse corretto dire la relazione nasce? Se vi sono due o più soggetti vuol dire che vi sono due o più insiemi di posizioni all’interno del mondo della vita di tutti i giorni in un dato tempo ed in un dato spazio. Queste posizioni, questi insiemi di posizioni, possono individuare degli insiemi sfu-mati di significati e forme sociali le quali, nelle loro composizioni complesse, determinano una serie di spazi di disposizioni che derivano dallo spazio di possibilità dei soggetti stessi. In altre parole, vi sono strutture di relazioni so-ciali, che rientrano all’interno dello schema diagrammatico che abbiamo pro-posto.

Una seconda linea di approfondimento, strettamente connessa con la prima può essere introdotta per mezzo di C. S. Peirce: «le ipoicone […] che rappre-

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sentano le relazioni (principalmente diadiche, o considerate tali) delle parti di una cosa per mezzo di relazioni analoghe fra le loro proprie parti sono dia-grammi» (Peirce C. S., 1902, § 2.277.). Il termine diagramma sembra essere una delle tracce guida. I linguaggi scientifici – quello della sociologia, quello della matematica (se non addirittura la sociologia e la matematica) – possono essere descritti come dimensioni diagrammatiche del linguaggio naturale, in continua, reciproca, tensione.

Ancora,

i diagrammi servono da schema per esperimenti mentali precisi: le va-riazioni in un singolo punto del diagramma determinano mutamenti complessi nel sistema delle relazioni reciproche delle differenti parti si-gnificanti del diagramma; questi mutamenti sono a priori sconosciuti e non perfettamente prevedibili, e vanno dunque attentamente studiati. Tali operazioni sui diagrammi, sia che restino interne alla mente sia che si esternino e vengano fissate in modelli, prendono il luogo degli espe-rimenti che nelle ricerche chimiche e fisiche si fanno sulle cose concre-te. Come è noto, una volta i chimici descrivevano la sperimentazione come una specie di interrogatorio mosso alla Natura. Allo stesso modo, la sperimentazione sui diagrammi costituisce un interrogatorio mosso alla Natura delle relazioni in questione (Peirce C. S., 1906, § 4.530.)53

Possiamo, quindi, affermare che relazione è al contempo oggetto e forma

dell’oggetto (come ci suggerisce Peirce nel passaggio appena riportato) ogget-to in quanto è la relazione sociale stessa ad essere indagata, forma in quanto da un lato è sottoposta a vincoli e possibilità, sia sintattiche che semantiche (logiche e sociali), dall’altro lato, la relazione è il diagramma che si esprime nei due linguaggi scientifici della sociologia e della matematica. La matemati-ca e la statistica sono linguaggi che descrivono e determinano la scienza stessa come linguaggio e ne sono esse stesse determinate. Lo stesso Coleman ha i-dentificato la matematica come linguaggio, in precisa relazione con la socio-logia54.

In conclusione possiamo dire che le considerazioni che abbiamo presentato sono solo un possibile inizio; vincolato da condizioni interne alle strutture di relazioni sociali e scientifiche; che segue un determinato tipo di logica ed i-

53 Ancora, «Un Diagramma è eminentemente un’Icona, è un’Icona di relazioni intellegibili.

[…] Ora, un diagramma, sebbene possieda di solito Elementi che si avvicinano alla natura dei Simboli, insieme a elementi che si avvicinano alla natura degli Indici, è tuttavia principalmente un’Icona delle forme delle relazioni costitutive del suo Oggetto», Peirce C. S., (1906), § 4.531.

54 Cfr. Coleman J. S., (1964); Coleman J. S., (1973).

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dentifica nei modelli un oggetto di riferimento epistemologico e gnoseologico privilegiato; contestualizzato in un tempo ed uno spazio e che adotta meccani-smi inferenziali sia a livello epistemologico che euristico connessi con la pro-pria logica di riferimento.

I prossimi capitoli contestualizzeranno ulteriormente i linguaggi della so-cial network analysis sotto differenti rispetti.

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