C’ERA UNA VOLTA LA FUNICOLARE DEL VESUVIO (parte seconda ...

4
febbraio 2006 8 C’ERA UNA VOLTA LA FUNICOLARE DEL VESUVIO (parte seconda) di Alfredo Falcone C ome il paziente lettore ricorderà, nel numero scorso de “Il Cralllino” abbiamo raccontato come nel 1944 l’eruzione del Vesuvio abbia distrutto per la seconda volta la roman- tica funicolare che conduceva i turisti fin sull’orlo del cratere del vulcano fino ad allora ancora in attività. Quando alla fine dell’aprile 1944 l’ira del Vesuvio si fu calmata, ai tecnici della tranvia vesuviana i quali, avan- zando a fatica tra le rocce laviche appena raffreddatesi, si portarono sui luoghi attraversati dal binario, si pre- sentò il miserando spettacolo dell’ope- ra dell’uomo travolta dall’inarrestabile forza della natura. I danni riportati dalla linea tranviaria infatti apparvero subito molto gravi, la funicolare, inve- ce, era stata completamente cancellata dall’eruzione. Poco dopo, nel 1945, la Società Strade Ferrate Secondarie Meridionali (SFSM), gerente la Ferrovia Circumvesuviana, acquistò per lire 3.100.000 quanto rimaneva della tran- via vesuviana e della funicolare: la Società Cook, infatti, avendo perso nel corso del secondo conflitto mondiale il controllo dell’impresa, non avendo più interesse per essa, fu ben lieta di dis- farsene. L’idea delle SFSM era quella di ade- guare lo scartamento metrico della tranvia allo scartamento ridotto* di mm 0,95 della Ferrovia Circumvesuviana con l’impiego di nuove automotrici ad aderenza mista capaci ciascuna di 60 posti a sedere. Il progetto sarebbe dovuto essere realiz- zato entro il 1949 così che i turisti che sarebbero venuti a Napoli in occasione dell’Anno Santo del 1950 potessero agevolmente portarsi sul Vesuvio. Le cose andarono però diversamente. La distruzione della funicolare fu un duro colpo per il turismo napoletano. Gli anni di guerra erano ormai alle spalle ed era ripresa la vita normale. Dopo tanti sacrifici, sofferenze e lutti gli italiani avevano voglia di dimenti- care il passato e di ricostruire quanto era stato distrutto ma, anche, di torna- re a godersi la vita e di divertirsi: tor- narono allora in auge i divertimenti tradizionali quali il cinema, il ballo, le feste di piazza e, perché no, le gite ma il Vesuvio non... tirava più. Il tram, il “trenino azzurro” cosiddetto per la sua livrea crema e azzurra, era tornato a sferragliare tra vecchie lave e pietraie ma il numero dei viaggiatori era inesorabilmente scemato. Il Vesuvio da quando si era conclusa l’e- ruzione aveva perso la sua caratteristi- ca peculiare, vale a dire il pennacchio di fumo e questo fatto ne aveva smi- nuito irrimediabilmente il fascino: la semplice promessa di uno splendido panorama godibile da lassù non attira- va più di tanto e poi gli sparuti turisti, scesi dal tram al capolinea, si ritrova- vano dinanzi la triste visione della sta- zione inferiore della funicolare in gran parte ricoperta di cenere e lapilli. Non c’era più, dunque, ad attenderli la romantica carrozza che li avrebbe por- tati sull’orlo del cratere e non rimane- va loro che proseguire a piedi, scortati dalle guide, lungo uno stretto e scomo- do sentiero che aveva inizio proprio accanto al vecchio edificio sommerso dalle scorie vulcaniche. Non era però concepibile che Napoli perdesse quella che era sempre stata la sua maggiore attrattiva turistica. Si pensò allora che una seggiovia che raggiungesse il cratere del Vesuvio avrebbe potuto costituire una valida alternativa alla scomparsa funicolare così l’Amministrazione provinciale studiò al riguardo un dettagliato pro- getto di seggiovia affidandone la costruzione alla svizzera Von Roll, ditta specializzata in questo tipo di rea- lizzazioni. L’impianto, dato in gestio- ne alla Società Ferrovia e Funicolare Vesuviane, fu aperto all’esercizio l’8 luglio 1953 e ad inaugurarlo fu il gen. Umberto Nobile, il protagonista della sfortunata impresa polare del dirigibi- le “Italia”. La stazione superiore era posta a quota m 1.159,13 s.l.m., quella inferiore, costruita sulle fondazioni della stazio- ne della funicolare, era sita a quota m 762,44, la linea misurava m 826,50 La stazione inferiore della funicolare ricoperta dalle ceneri e dai lapilli dell’eruzione del 1944 (foto collez. A. Falcone). UNA ASSURDA VICENDA * Per scartamento ferroviario si intende la distanza tra le faccie interne delle rotaie che compongono il binario.

Transcript of C’ERA UNA VOLTA LA FUNICOLARE DEL VESUVIO (parte seconda ...

Page 1: C’ERA UNA VOLTA LA FUNICOLARE DEL VESUVIO (parte seconda ...

febbraio 2006

8

C’ERA UNA VOLTA LA FUNICOLARE DEL VESUVIO (parte seconda)

di AAllffrreeddoo FFaallccoonnee

Come il paziente lettore ricorderà,nel numero scorso de “Il

Cralllino” abbiamo raccontato comenel 1944 l’eruzione del Vesuvio abbiadistrutto per la seconda volta la roman-tica funicolare che conduceva i turistifin sull’orlo del cratere del vulcanofino ad allora ancora in attività.

Quando alla fine dell’aprile 1944 l’iradel Vesuvio si fu calmata, ai tecnicidella tranvia vesuviana i quali, avan-zando a fatica tra le rocce lavicheappena raffreddatesi, si portarono suiluoghi attraversati dal binario, si pre-sentò il miserando spettacolo dell’ope-ra dell’uomo travolta dall’inarrestabileforza della natura. I danni riportatidalla linea tranviaria infatti apparverosubito molto gravi, la funicolare, inve-ce, era stata completamente cancellatadall’eruzione. Poco dopo, nel 1945, la Società StradeFerrate Secondarie Meridionali(SFSM), gerente la FerroviaCircumvesuviana, acquistò per lire3.100.000 quanto rimaneva della tran-via vesuviana e della funicolare: laSocietà Cook, infatti, avendo perso nelcorso del secondo conflitto mondiale ilcontrollo dell’impresa, non avendo piùinteresse per essa, fu ben lieta di dis-farsene. L’idea delle SFSM era quella di ade-guare lo scartamento metrico dellatranvia allo scartamento ridotto* dimm 0,95 della FerroviaCircumvesuviana con l’impiego dinuove automotrici ad aderenza mistacapaci ciascuna di 60 posti a sedere. Ilprogetto sarebbe dovuto essere realiz-zato entro il 1949 così che i turisti chesarebbero venuti a Napoli in occasionedell’Anno Santo del 1950 potesseroagevolmente portarsi sul Vesuvio. Lecose andarono però diversamente.La distruzione della funicolare fu unduro colpo per il turismo napoletano.Gli anni di guerra erano ormai alle

spalle ed era ripresa la vita normale.Dopo tanti sacrifici, sofferenze e luttigli italiani avevano voglia di dimenti-care il passato e di ricostruire quantoera stato distrutto ma, anche, di torna-re a godersi la vita e di divertirsi: tor-narono allora in auge i divertimentitradizionali quali il cinema, il ballo, lefeste di piazza e, perché no, le gite mail Vesuvio non... tirava più. Il tram, il “trenino azzurro” cosiddettoper la sua livrea crema e azzurra, eratornato a sferragliare tra vecchie lave epietraie ma il numero dei viaggiatoriera inesorabilmente scemato. IlVesuvio da quando si era conclusa l’e-ruzione aveva perso la sua caratteristi-ca peculiare, vale a dire il pennacchiodi fumo e questo fatto ne aveva smi-nuito irrimediabilmente il fascino: lasemplice promessa di uno splendidopanorama godibile da lassù non attira-va più di tanto e poi gli sparuti turisti,scesi dal tram al capolinea, si ritrova-vano dinanzi la triste visione della sta-zione inferiore della funicolare in granparte ricoperta di cenere e lapilli. Nonc’era più, dunque, ad attenderli laromantica carrozza che li avrebbe por-tati sull’orlo del cratere e non rimane-

va loro che proseguire a piedi, scortatidalle guide, lungo uno stretto e scomo-do sentiero che aveva inizio proprioaccanto al vecchio edificio sommersodalle scorie vulcaniche.

Non era però concepibile che Napoliperdesse quella che era sempre stata lasua maggiore attrattiva turistica. Sipensò allora che una seggiovia cheraggiungesse il cratere del Vesuvioavrebbe potuto costituire una validaalternativa alla scomparsa funicolarecosì l’Amministrazione provincialestudiò al riguardo un dettagliato pro-getto di seggiovia affidandone lacostruzione alla svizzera Von Roll,ditta specializzata in questo tipo di rea-lizzazioni. L’impianto, dato in gestio-ne alla Società Ferrovia e FunicolareVesuviane, fu aperto all’esercizio l’8luglio 1953 e ad inaugurarlo fu il gen.Umberto Nobile, il protagonista dellasfortunata impresa polare del dirigibi-le “Italia”. La stazione superiore era posta a quotam 1.159,13 s.l.m., quella inferiore,costruita sulle fondazioni della stazio-ne della funicolare, era sita a quota m762,44, la linea misurava m 826,50

La stazione inferiore della funicolare ricoperta dalle ceneri e dai lapilli dell’eruzione del 1944(foto collez. A. Falcone).

UUNNAA AASSSSUURRDDAA VVIICCEENNDDAA

* Per scartamento ferroviario si intende ladistanza tra le faccie interne delle rotaie checompongono il binario.

Page 2: C’ERA UNA VOLTA LA FUNICOLARE DEL VESUVIO (parte seconda ...

sull’inclinata e m 716,89 sull’orizzon-tale e superava un dislivello di m396,69 con una pendenza del 74%.Ancora qualche dato tecnico: il diame-tro della fune traente era di mm 23, lerulliere che sostenevano le funi eranoaffidate a nove tralicci in ferro, l’ulti-mo dei quali quadruplo, alti tra i 7 ed i12 m.; le seggiole, in numero di 23, edistanziate l’una dall’altra di m 72,erano biposto pertanto gli escursionistiviaggiavano in coppie con il vantaggiodi non sentirsi isolati nel vuoto pur tro-vandosi ad un’altezza, rispetto al pen-dio del Gran Cono, compresa tra i 2 edi 4 m soltanto. La seggiovia poteva tra-sportare 250 persone l’ora alla veloci-tà di m 2,5/sec. Proprio in quel periodo nuove fumaro-le si erano sviluppate intorno al crate-re e da esse si levavano sottili fili difumo che sembravano indizi di unafase di risveglio del vulcano e quindidi una nuova attrattiva per i visitatori;si sperava dunque che la combinazio-ne tranvia+seggiovia avrebbe richia-mato il grande turismo ma questa nonapportò i benefici sperati. I tempierano cambiati l’Italia, uscita distruttadalla guerra si stava risollevando, lericostruite industrie lavoravano apieno ritmo, ci si avvisava verso ilcosiddetto “boom economico” deglianni sessanta e si cominciavano adavvertire le prime avvisaglie dell’e-norme sviluppo che, in breve, avrebbeavuto la motorizzazione privata grazieanche all’allora contenuto costo del

carburante. Miglioravano le strade,nascevano le autostrade, si diffondeva-no le auto e gli scooters e la disponibi-lità di questi mezzi cambiò in breve lamentalità della gente: si poteva ormairaggiungere qualsiasi meta senzadover ricorrere al meno comodomezzo pubblico. Il completamentodella rete autostradale fece il resto: lemerci ormai non venivano più traspor-tate su ferro ma tramite il più flessibi-le mezzo gommato ed il totale calodell’utenza risultò fatale a tante picco-le ferrovie che in quegli anni furonocostrette a chiudere. A questo tristedestino non poteva sfuggire la tranviavesuviana. Poco dopo l’inaugurazione della seg-giovia venne asfaltata la strada colle-gante Pugliano con l’Osservatorio econ la stazione inferiore dell’impiantoe questo fu il colpo di grazia per laromantica tranvia; nell’area alla basedel Gran Cono, destinata a parcheggio,potevano ora irrompere oltre alle innu-merevoli auto e moto, anche i grossipullman turistici e gli autobus del ser-vizio urbano: era l’avvento del turismodi massa, quello disordinato che portainevitabilmente al degrado ambientale.La tranvia del Vesuvio non aveva piùmotivo di esistere pertanto, divenuta“ramo secco”, venne soppressa nel1955 e smantellata due anni più tardi. L’avvento della seggiovia dunque nonapportò all’area vesuviana i beneficisperati e l’entusiasmo suscitato inizial-mente andò affievolendosi con il

tempo e a nulla valse anche il concor-so “Una canzone per la seggiovia”bandito dalla Circumvesuviana alloscopo di pubblicizzare il nuovoimpianto con una canzone che potessesuccedere alla famosissima “funiculìfuniculà” che celebrava la scomparsafunicolare del Vesuvio. La possibilità di raggiungere il craterecomodamente seduti, sulle prime sem-brò attirare i turisti ma la seggioviaevidenziò ben presto i propri limiti:l’orario di servizio dalle 10 alle 17,30era troppo breve; quando tirava ventole sedie dondolavano paurosamentepertanto, in condizioni metereologichenon ottimali, il servizio veniva sospe-so; molto spesso poi i turisti era obbli-gati a lunghe file per acquistare ibiglietti per cui, a coloro i quali, essen-do in gita organizzata, il programmastilato concedeva limiti di tempomolto ristretti, poteva capitare didover, con grande delusione, rinuncia-re all’ascesa; infine le spese di manu-tenzione dell’impianto erano eccessi-vamente onerose in relazione ai tempiin cui esso poteva essere in esercizio.Per questi motivi la “SocietàSeggiovia ed Autolinee del Vesuvio(SAV)” subentrata alla “SocietàFerrovia e Funicolare Vesuviane” giànel 1976 aveva avviato lo studio di unanuova funicolare certamente più van-taggiosa sul piano economico rispettoalla seggiovia per la sua maggiorecapacità di trasporto potendo essa tra-sportare in un’ora ben novecento pas-seggeri contro le duecento della seg-giovia. La chiusura della seggiovia era stabili-ta per il 14 febbraio 1983, data di sca-denza dell’agibilità dell’impianto: la“vita tecnica” di un impianto a funenon può infatti superare i trent’anni diesercizio, dopo di che bisogna rinno-vare l’intero complesso dagli organi ditrazione ai tralicci e dalle carrucolealle seggiole adeguando il tutto allenuove, aggiornate normative di sicu-rezza. La Società esercente riuscì tut-tavia ad ottenere uno slittamento didue anni da questa data per cui la seg-giovia sarebbe stata disattivata impro-rogabilmente il 14 febbraio 1985: lachiusura definitiva avvenne invece nelsettembre del 1984 allorché, duranteun violento temporale un fulmine dan-neggiò seriamente il cavo di trazione.

Termine di corsa: la seggiola biposto, con a bordo una coppia di turisti ha raggiunto la sta-zione superiore della seggiovia (foto collez. A. Falcone).

febbraio 2006

9

Page 3: C’ERA UNA VOLTA LA FUNICOLARE DEL VESUVIO (parte seconda ...

febbraio 2006

10

Un incidente che, per la verità, nonsuscitò...eccessivi rimpianti.

Visto l’insoddisfacente servizio offertodalla seggiovia, il Consiglio Regionaledella Campania deliberò nel 1980 lacostruzione della nuova funicolare edil relativo progetto venne inserito nelpiano triennale di sviluppo approvatodallo stesso Consiglio nel novembre1994. La deliberazione del ConsiglioRegionale suscitò grande entusiasmo:nella ricostruzione della funicolare,che avrebbe valorizzato una risorsanaturale come il Vesuvio, si intravede-va infatti non soltanto il rifiorire delleattività economiche legate al flussoturistico che aveva come meta tradi-zionale appunto il Vesuvio ma anchel’uscita dallo stato di degrado in cuiversava l’intera zona. Il mancatodecollo dell’area vesuviana pur riccadi attrattive naturali, storiche e cultura-li, era facilmente individuato nella dif-ficoltà di trasporto in assenza di unsistema viario in grado di smaltire l’in-tenso traffico locale e di consentire unrapido accesso alle zone di maggiorinteresse turistico. La mobilità è infat-ti la caratteristica peculiare del turismoe la realizzazione della funicolareavrebbe comportato anche interventimirati al miglioramento stradale ren-dendo l’intero comprensorio menocongestionato dal traffico e quindi piùvivibile. La gestione Diretta Trasporti Pubblicidella Regione Campania “Linee delVesuvio” istituita nei primi mesi del1987 dispose una gara internazionaledi appalto per la costruzione dellanuova funicolare che venne aggiudica-ta all’ANSALDO Trasporti mentre laprogettazione delle stazioni e dellecarrozze venne affidata all’architettoprof. Nicola Pagliara, un esperto delsettore. Il progetto esecutivo dell’im-pianto fu approvato dalla RegioneCampania e successivamente dalMinistero per i Beni Culturali edAmbientali e dagli altri Ministeri com-petenti. Pareva che tutto andasse per ilmeglio: i giornali napoletani dedicaro-no molto spazio all’argomento pubbli-cando articoli dai toni entusiastici, ric-chi di notizie non solo storiche su que-sto particolare mezzo di trasporto; siaccennò finanche ad un eventualeritorno della tranvia.

La nuova funicolare avrebbe richiama-to folle di turisti sul Vesuvio in occa-sione del Campionato Mondiale diCalcio in programma allo stadio SanPaolo nel 1990 e si era stabilito che nelcorso della cerimonia dell’inaugura-zione sarebbero echeggiate le notedella canzone “Funiculì funiculà” can-tata dal grande tenore LucianoPavarotti. Una dose di ottimismogenerale senz’altro eccessiva...I “Mondiali” passarono infatti alla sto-ria sportiva senza che un solo turistastraniero accorso ad assistere alle par-tite a Fuorigrotta potesse salire sulVesuvio: la funicolare era rimastaimpigliata nelle pastorie burocratiche.Le date previste presero a slittare sem-pre più nel tempo cosicché solo il 1°novembre 1991 potettero aver inizio ilavori. L’avvio fu quanto mai spedito,in breve tempo vennero abbattuti i tra-licci e le due stazioni della seggiovia.La demolizione di quella inferioreriservò una emozionante sorpresa:durante lo sbancamento della coltre diceneri e di lapilli, divenuta nel tempocompatta come una roccia, che nel1944 aveva ricoperto quasi del tutto lavecchia stazione, proprio lì dove avevainizio il binario di corsa, dal materialerappreso spuntarono i resti di una vet-tura della vecchia funicolare: dellacassa, in quanto lignea, nessuna trac-cia, il telaio metallico invece era prati-camente intatto.Era stato inoltre avviata la realizzazio-ne delle due nuove stazioni progettate

dal prof. Pagliara; di quella a valle, inparticolare, era stata costruita, a livellostradale, una grande piattaforma incemento armato al di sopra della qualesarebbe sorto il fabbricato viaggiatorimentre al di sotto avrebbero trovatoposto i motori e le varie apparecchia-ture indispensabili per il funzionamen-to dell’impianto, era stata poi ancherealizzata, per lungo tratto, la trinceacon la piattaforma in acciaio e cemen-to sulla quale si sarebbe dovuto posarel’armamento.Erano però trascorsi sei mesi dall’a-pertura dei cantieri che il Comune diTorre del Greco, ritenendo che partedel tracciato nonché la stazione infe-riore della costruenda funicolare rica-dessero sul suo territorio, con ordinan-za del 28 maggio 1992 sospese i lavo-ri intrapresi sul territorio di sua perti-nenza richiedendo la demolizionedelle opere abusivamente realizzate edil ripristino dello stato dei luoghi. Ineffetti sul foglio catastale n. 36 delComune di Torre del Greco risultavache il tracciato della funicolare distrut-to dall’eruzione del 1944, ad esclusio-ne della stazione superiore, insistevatutto sul territorio di questo Comune.Com’era possibile?Ecco cosa era accaduto. L’antica funi-colare, quella di “Funiculì funiculà”per intenderci, la quale ricadeva inte-ramente sul territorio del Comune diErcolano venne demolita nel 1904 ericostruita dalla società Cook, secondocriteri tecnici più al passo con i tempi,

Una delle due carrozze, inutilmente costruite, parcheggiate da anni a Pollena Trocchia nelcapannone delle locali autolinee CPL (foto A. Falcone).

Page 4: C’ERA UNA VOLTA LA FUNICOLARE DEL VESUVIO (parte seconda ...

febbraio 2006

11

esattamente sul vecchio tracciato.Questa nuova funicolare riprese adandare allegramente su e giù lungo ilfianco del vulcano soltanto per brevetempo perché la furia della naturaavrebbe spazzato in un amen l’operadell’uomo. Nell’aprile del 1906 infatti,come accennato nella precedente pun-tata, ebbe inizio una tremenda eruzio-ne che incenerì letteralmente la funico-lare appena ricostruita. La Cook, lungi dall’arrendersi, rico-struì ancora una volta l’impianto chevenne inaugurato nel 1909: stavoltaperò, il tracciato, che prima era rettili-neo, fu modificato. Per diminuirne lapendenza, infatti, invece di seguire lageneratrice del Gran Cono, fermorimanendo il punto in cui sorgeva lastazione superiore, il tracciato vennericostruito in due tratte uguali raccor-date in corrispondenza dei binari diincrocio da una curva: il binario,facendo perno idealmente sul suocapolinea a monte ruotò verso sud diuna settantina di metri e fu proprio inseguito a questo spostamento chequasi tutto il tracciato finì per ritrovar-si sul territorio del Comune di Torredel Greco.Per ben 83 anni non si dette alcun peso

alla cosa fin quando cioè, non comin-ciarono i lavori per la nuova funicola-re. Ebbe allora inizio allora una estenuan-te battaglia a colpi di carta bollata, unaserie di ricorsi e controricorsi poi,finalmente il Commissario Prefettiziodi Comune di Torre del Greco, in data16 febbraio 1995 rilasciò al dott.Vincenzo De Rensis, nella sua qualitàdi Commissario della Gestione DirettaTrasporti Pubblici della RegioneCampania “Linee del Vesuvio”, laconcessione in sanatoria per i lavorigià eseguiti e per quelli da eseguire,previo versamento a titolo di oblazio-ne per il contributo di concessione ed acondizione che prima della ripresa deilavori venissero indicate le zone diparcheggio e di sosta come richiestodalla Sovrintendenza. I lavori sarebbe-ro dovuti ricominciare il 16 febbraio1996 e concludersi il 16 febbraio1998.Pareva dunque che non vi fossero piùostacoli per la ricostruzione dellaFunicolare, e ad assicurare anche i piùscettici in materia, contribuiva anchela consegna da parte della ditta Ceretti& Tanfani delle due vetture che avreb-bero dovuto trasportare i turisti sul cra-

tere del Vesuvio. Le carrozze, in viva-ce livrea (una era verniciata in giallo,l’atra in colore rosso amarena, entram-be con il telaio in nero) e capaci cia-scuna di 30 posti a sedere, furono tra-sportate a Pollena Trocchia e “tempo-raneamente” ricoverate presso deposi-to delle locali autolinee CPL. Dunquela nuova funicolare del Vesuvio potevaconsiderarsi una realtà!Ma ecco ad appena tre mesi di distan-za dalla concessione, in data 25 mag-gio 1995, al Commissario De Rensisveniva recapitata da parte della IISezione del TAR l’ordinanza disospensione dei lavori a seguito diricorso proposto da WWFAssociazione Italiana interessata almantenimento dell’assetto del territo-rio. A tanto si aggiungeva il divietoassoluto di costruzione sui fianchi delvulcano. Era l’assurda fine di un sognoe di tante illusioni ma era anche ladimostrazione di come, tra risarcimen-ti alle industrie impegnate, elaborazio-ni di progetti vari, costruzione e poiparcheggio delle vetture ed altro sipossa sprecare pubblico denaro sacri-ficando tra l’altro una risorsa turisticache in altri Paesi europei sarebbe statacertamente valorizzata!

Siamo lieti di apprendere da “La Repubblica” del 1 dicembre 2005 che, finalmente, anche presso l’Ospedale Monaldi i pazienti potran-no ricorrere alla “medicina alternativa” ed in particolare all’agopuntura...

...MA PRESSO IL S. MARIA DELLE GRAZIE DA BEN OLTRE UN DECENNIO FUN-ZIONA, OTTIMAMENTE, L’AMBULATORIO DI AGOPUNTURA DIRETTO DALLADOTT.SSA PAOLA ZULATI E DAL DOTT. ANTONIO ROSSI.