Catalogo mostra - Brochure
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Qualche tempo fa Dino Vaccaro mi contatta per invi-
tarmi a visitare un sito da lui creato, Villachincana,
un salotto culturale online.
Avevo un ricordo sbiadito di Dino subito mi misi al
computer per cercare una sua foto.
L’immagine del ragazzo che conservavo veniva sop-
piantata dal viso dell’uomo che era diventato.
Scrutavo i tratti del viso per ricordare e, a un tratto,
mi sovvenì l’immagine del ragazzo sempre in prima
linea per tutto quello che si sposa con l’arte
Capii subito che il mio compaesano aveva conserva-
to con gli anni quell’animo sensibile in continua ri-
cerca di tutto ciò che potesse accrescere questo
dono.
Dino nasce in un paesino dell’entroterra siciliano tra
le falde dei monti Sicani e la Valplatani, terra di zol-
fatari e di contadini, terre cantate e amate da Luigi
Pirandello, Alessio Di Giovanni e Rosa Balistreri:
CIANCIANA. Paese che, malgrado il trasferimento al
Nord per lavoro, rimarrà sempre nel suo cuore, dove scappa appena possibile per rigenerarsi,
sapendo bene che le proprie radici con il tempo, affondano sempre di più nella terra che lo ha
generato. E che da lì come un’arrestabile linfa alimentano le sue passioni.
Passioni e tradizioni che esporta al Nord per non dimenticarle facendole rivivere, e condivide-
re con i suoi compaesani: allestisce la tavola di San Giuseppe, (la prima in Veneto), fa gustare
dolci tipici siciliani e persino il panino con la milza.
Il suo percorso artistico inizia con la Fotografia intorno agli anni Settanta.Sceglie l’immagine
come linguaggio universale aperto a tutti.
Una passione, quella della fotografia, che lo porta in giro a immortalare attimi di vita vissuta e
luoghi a lui cari. Impressiona sulla pellicola tutte le immagini che gli suscitano emozioni, sen-
za mai alterarle nei loro valori fondamentali, cercando sempre nuove angolazioni con cui os-
servare la realtà, per stupire, emozionare e raccontare. Per fermare, anche, lo scorrere inarre-
stabile del tempo che si porta via ogni istante vissuto, per poi un giorno -come lui stesso af-
ferma- cullarsi in questo mare di ricordi, e nello stesso tempo condividerli e consegnarli alle
generazioni future.
Fotografare, per Dino, diventa un bisogno, come respirare. Bisogno che non si arresta solo
all’immagine fotografica ma che con il tempo si trasferisce sulla tela.
All'inizio del suo cammino da pittore Dino Vaccaro dipinge quadri di contenuto vagamente au-
tobiografico, realizzati in atmosfere vive nella sua memoria. Artista di strada, autodidat-
ta, introverso-conteplativo, che non vuole rimanere isolato, è sempre alla ricerca di un nuovo
modo di esprimersi, fino a che entra in contatto con il vero mondo dei pittori: Pietro Arfeli e
Beniamino Caramanna, in particolare, lo guidano alla scoperta di quel mondo pittorico verso
cui, nebulosamente, ma anche irresistibilmente, si era sempre sentito attratto.
………… MA RACCONTATO PITTORICAMENTE IN MODO ACCENNATO E NAIF (IDEALE) CIO' CHE FA SEMPRE
PIACERE ALL'OCCHIO AFFAMANTO DI CULTURA E CURIOSITA'.
DIREI CHE HAI FATTO CENTRO E DIREI CHE DOVRESTI, A MIO PARERE, CONTINUARE AFFETTIVAMENTE
CON QUESTA STRADA E CIOE' "RACCONTARE" A MODO TUO E SEMPLIFICATO
TUTTO CIO' CHE TI VIENE IN MENTE E DI CUI RIESCI A VEDERNE UN INTERESSE CON PIU CAMPI DA
INSERIRE. (1)
Con l'incoraggiamento di questi amici, ma anche della moglie, e il confronto
con il loro modo di pensare e il senso di libertà che la loro pittura gli comuni-
ca, riprende a dipingere con nuovo spirito e maggiore sicurezza.
Nascono così le nuove opere dedicate a eventi storici che lo hanno profonda-
mente turbato, come Tempesta devastante, dedicato a tutti gli ebrei morti per
mano nazista;Minatori, in ricordo degli emigranti che lavoravano nelle minie-
re; Sangue rosso aPortella delle Ginestre in memoria dei morti per mano ma-
fiosa.
E tele come Rosa di Sicilia Dedicato a Rosa Balistreri sua Musa per le scelte
sociali e politiche..
Instancabile nel suo eclettismo, nel 2009, crea il portale Villachincana,. Un-
Contenitore Culturale Pluridimensionale aperto alle continue iniziative cultura-
li, proposte sia dalle redazione che dagli utenti, a tutti coloro che vogliono sta-
re insieme, conoscersi, fare salotto, in questa villa virtuale, discutendo di arte
e cultura.
Dando voce all’arte di esprimersi in tutte le sue forme.
(1) Pietro Arfeli in uno scambio di mail
ANGELA CHIAZZA
ROSA DI SICILIA
Quadro dedicato a Rosa Balisreri ( cantante di musica etnica siciliana) pittura acrilica su tela.
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Lo scopo di Dino, come lui stesso afferma è quello di conservare immutati attimi di vita, per poi un giorno ripescarli
tra le onde della mente e navigarci.
Uno di questi ricordi riguarda il periodo della sua crescita, quando l’affacciarsi alla vita era collegato con la ribellio-
ne, con la contestazione, con la ricerca del cambiamento e della giustizia. Ideali che l’artista condivise con una don-
na del popolo, a cui bastava un sorriso, una chitarra e un buon bicchiere di vino per trasformare in contenuto poeti-
co, musicale e simbolico il significato politico e culturale di alcune tra le più vecchie canzoni d’amore siciliane: Rosa
Balistreri.
Il quadro dedicato a ROSA è un’esplosione di colori vivaci, forti, pennellate precise come a sottolineare attraverso la
pittura naif la personalità della donna, ritratta mentre con la sua immancabile chitarra canta la sua rabbia, il suo
dolore , la sua solitudine ma anche la sua speranza.
Carico di simboli questo quadro dedicato a Rosa ma anche alla sua terra.
Alle spalle della donna, Dino dipinge i colori della sua Sicilia, non arida, come si conosce, il colore giallo è quasi as-
sente, ma verde e rigogliosa come a sottolineare che il desiderio del cambiamento non deve morire e può cambiare
il paesaggio non devastandone le caratteristiche.
Sullo sfondo l’attenzione di chi guarda è catturata da un grande sole che sovrasta sulla luna quasi a voler ribadire
che il sorgere di un nuovo giorno è speranza sulla rassegnazione, che la vita sovrasta la morte, che la luce squarcia
le tenebre, qualsiasi esse siano.
Ancora simboli: In primo piano Dino dipinge una rosa, un fiore che pur crescendo tra le spine conserva la sua bellez-
za, come a sottolineare quella che è stata la vita della Balistreri, che nonostante i tormenti che l’hanno caratterizza-
ta è riuscita a conservare la sua bellezza interiore e la sua dolcezza che, ancora l’artista sottolinea con il fiore di
mandorlo delicato e trasformarsi in un dolce frutto.
ANGELA CHIAZZA
La Balistreri canta e suona tra la rosa rossa, suo fiore, e il ramo di mandorlo in fiore. Alle spalle sole e luna non si
atteggiano come lotta tra bene e male, bensì come ciclicità degli elementi costanti e naturali, infatti si baciano. Dun-
que, colori, suoni, musica si compenetrano in una orchestrazione voluta dall'autore.
FRANCESCO TAORMINA
La tua opera "Rosa di Sicilia", debbo esprimere la mia positività, infatti l'opera già dalla stessa intestazione evoca la
Balistreri, la Sicilia, la rosa, le tre cose messe in un mortaio e ben amalgamate hanno dato il tuo bellisssimo quadro,
infatti esprime quanto di meglio abbia dato la Sicilia in campo musicale, Rosa Balistreri, certo la bella ragazza che hai
disegnato e che suona la chitarra non somiglia al viso pieno di passione, di rughe, di fatiche e pene, che è proprio
della Balistreri, ma il quadro (ho scaricato l'immagine del quadro che ho messo nel mio archivio personale) risulta
molto vivace, colorato, pieno di significati, in una parola esprime positività. Un plauso a te per il quadro ma anche
per quanto fai per la cultura siciliana. Un caro saluto
NICOLO LA PERNA
DALLA PIRRERA A CHARLEROI
Le immagini del tuo ultimo lavoro che proponi vedono nella zona centrale due impronte: il piede nudo giallo dello
zolfo e l'impronta dello scarpone di carbone di "marcinelle".Tra di esse il viaggio del minatore seguito da moglie e
figli, con alle mani valige di cartone. A sinistra si ha una lavorazione arcaica, a destra radicata sulla modernità
(motocompressore).Di notevole interesse è il cielo blu che emerge tra il minatore zolfo e quello carbone. Nondime-
no il cielo blu delle due figure in basso a destra anonime, che camminano per un ritorno, fra tetti rossi.
Francesco Taormina
Dalla Pirrera a Charleroi
Non poteva mancare tra le opere di Dino, per la sua sensibilità al dolore sociale, una tela dedicata ai minatori. Con
Dalla Pirrera a Charleroi, l’Artista tocca le note giuste per arrivare al cuore di tutti.
La tinge con colori forti per marcarne tutta la sofferenza, attingendo il pennello nei propri ricordi e non solo.
Cianciana: paese di solfatari e viddrani.
Erano 196 le miniere di zolfo della zona che ben presto chiusero, con il conseguente aumento della disoccupazione
che si tradusse, in poco tempo, in disperazione e valige
legate con lo spago, appesantite da pochi indumenti e da moltissimi ricordi a cui aggrapparsi quando la solitudine
diventava insormontabile.
L’emigrazione, è ricordata dall’artista con la raffigurazione del piede nudo di lu carusu, sporco dalla polvere gialla
lasciata dallo zolfo, al centro del quadro, sostituita dalla polvere nera del carbone delle miniere di Charleroi. Polvere
maledetta che rimane imprigionata oltre che nelle fessure della suola di gomma dello scarpone, anche nei polmoni,
sulla pelle e nel cuore del minatore.
Una nuova triste realtà, fatta ancora di crolli, incendi, allagamenti, labirinti e cunicoli caldissimi, carnai che conti-
nuano a seminare morte.
Non c’era famiglia a Cianciana che non avesse un padre, un nonno, un fratello che in un gelido mattino avesse pre-
so il binario che, tante volte era senza ritorno.
Tanti i racconti sulla vita dell’emigrato.
Uno, in particolare, mi ritorna alla mente, osservando questa tela. Una donna, alla Stazione di Marullo, che emigra-
va in Argentina, che al fischio del treno alla partenza, emise un urlo pieno di dolore, di angoscia di disperazione da
coprire il rumore dello stesso treno.
Si soffermerà a lungo il visitatore davanti il quadro Dalla Pirrera a Charleroi, perché molti saranno i ricordi che gli
affioreranno alla mente; dai carusi che morivano schiacciati nelle viscere di quella terra che gli aveva negato l’infan-
zia; alle vedove bianche, che da sole restavano ad occuparsi della casa e dei figli, alla solitudine di chi viveva in terra
straniera.
Il blu del cielo lasciato ombrato da qualche nuvola, in alto nel quadro, alle spalle di chi parte, ritorna in basso, in
piccolo ma terso e intenso, davanti da chi ritorna, come segno di una speranza, quella speranza che non manca mai
nelle opere di Dino.
Angela Chiazza
SANGUE ROSSO - 1° Maggio a Portella delle Ginestre
Tutte le opere di Dino sono concatenate da un unico filo conduttore: la violenza verso il debole che,
diventa disperazione, incredulità, richiesta di aiuto e nello stesso tempo speranza di cambiamento.
In tutte le tele emerge il desiderio dell’artista di portare alla memoria i fatti che lo hanno colpito per
non dimenticarli ma sigillarli come insegnamento nelle mente delle nuove generazioni.
L’opera dedicata alla Strage di Portella della Ginestra ne è un’altra testimonianza.
Una festa, quella dei lavoratori, il primo maggio, ma anche della vittoria che avevano avuto il pci e il psi
alle regionali del 20 aprile del 1947, che finisce in tragedia da parte dei partiti conservatori di cui face-
vano parte i possidenti delle terre che avevano armato le mani dei mafiosi capeggiati da Salvatore Giu-
liano.
Dino immortala l’episodio,ancora una volta, con colori brillanti, non spenti, “è difficile – dichiara l’artista
- imprimere tragedie con colori vivaci, perchè mentre pensi ai colori da usare, ti vengono in mente solo
tutte le tonalità dei grigi”, per sottolineare quell’aria di festa che si respirava tra i manifestanti e nella
natura stessa, con l’esplosione della fioritura, che la stagione prevede, delle ginestre e del fichidindia.
I sorrisi, le urla di gioia si trasformano in maschere di terrore ed incredulità per quello che stava acca-
dendo che l’artista imprime sui visi in primo piano, sullo sfondo le bandiere rosse s’immischiano al san-
gue innocente versato, accentuato dall’uomo che nasconde il viso tra le mani per non vedere. La mon-
tagna minacciosa sullo sfondo non può nascondere al resto del mondo quello che stava accadendo anzi
fa da eco per richiamarne l’attenzione e la zabbara fiorita sulla destra del dipinto rimarca ancora una
volta la speranza per una Sicilia capace di rompere quella gabbia di miseria, di mafia, che la opprime da
secoli.
Terra che può, anzi che deve rinascere, così come l’Agave i cui fiori e i frutti per crescere necessitano di
tutte le riserve della pianta stessa, che fiorendo, muore dando forza ad una nuova pianta.
ANGELA CHIAZZA
I MANISCALCHI
Commento dell'autore:
I maniscalchi di via Salerno, Nino Perzia e Nino Mamo, i due fabbri a suo tempo
chiamati anche ferrascecchi, per noi ragazzi vedere forgiare il ferro e ferrare i
muli e gli asini era uno spettacolo indescrivibile, ricordo che ci forgiavano la
punta della strummula, appena forgiata ancora calda la infilavano nella sfera di
legno (che era costruita dal falegname Vincenzo Schiurba) e nasceva la strum-
mula... questo quadro e' dedicato ad Antonino Mamo e Antonino Perzia, perso-
ne a cui ero molto legato per la loro professione e il loro carattere e di amicizia
tra le famiglie. Dino Vaccaro
Questo quadro dal titolo La Bottega dei Maniscalchi, apre la serie che l’artista
Vaccaro dedicherà all’importanza dei mestieri di una volta.
Con un approccio infantile, una rappresentazione favolistica della realtà, piena
di dettagli e di elementi decorativi, con la mancanza di regole stilistiche e pitto-
riche, quale la pittura naif, Dino vuole, ancora una volta sottolineare l’importan-
za dell’attaccamento alle tradizioni. Al contrario però degli artisti autodidatti
che dipingono per sé stessi, per il loro bisogno di esprimersi, Dino sente forte la
necessità di far conoscere alle nuove generazioni i mestieri perduti.
La Bottega dei maniscalchi si può paragonare a quella che oggi potrebbe essere
un’autofficina e il blu delle tute dei ferracavaddri ricordano quelle dei meccanici
di oggi.
I colori forti ne rappresentano la fatica
Angela Chiazza
Shoah - tempesta devastante - L'Olocausto 27 GENNAIO
Oggi è il giorno della Memoria, per Ricordare fino a che punto l’uomo può umiliare e annientare un altro uomo, suo fratello .
Quello che non vorremmo ricordare oggi è l’indifferenza con la quale tutti quelli che sapevano ,ed erano in molti ….hanno la-
sciato che si consumasse la più grande vergogna dell’umanità nel cuore della civilissima Europa. Oggi è il giorno della memoria
per tutti noi che sappiamo,e non dobbiamo stare in silenzio di fronte alle guerre ,alle sofferenze ,alle deportazioni dei popo-
li ,ogni Uomo è nato Libero e ha diritto a una vita dignitosa in pace, nella sua terra. I diritti di tutta l’umanità intera devono
essere rispettati,senza differenza alcuna, al di là dei colori o delle religioni, il sangue che scorre nelle nostre vene è rosso per
tutti. Siamo fratelli. rosamary
"Penso che sia una cosa complessa spiegare cosa mi spinge a dipingere, sarà una questione di stati d'animo".
Ed è proprio questo stato d’animo, di dolore, di sofferenza, di angoscia, che in questa tela, Dino, vuole condividere con chi sofferma
lo sguardo sul dipinto.
Il patimento che emerge dal dipinto, colpisce all'improvviso come un colpo di frusta, il cui dolore rimane impresso sulla pelle con
una cicatrice mai rimarginata, per sempre.
Ancora tanti simboli si leggono dalle pennellate decise e cariche di colore.
In primo piano, la scena è dominata da una donna il cui viso martoriato, che appena s’ intravede, è coperto da una folta chioma di
capelli rossi, che in basso diventano rivoli che gocciolano sangue che a sua volta si sparge su due fascioni ai quali inerme, piegata su
se stessa, si aggrappa .
TEMPESTA DEVASTANTE il titolo dell’opera, questo è stato l olocausto per chi lo ha vissuto sulla propria pelle e per chi, ad oggi, ne
vede le immagini e ne legge la triste storia. Ha piegato tutte le coscienze, non c è stato uomo che non ha sentito dentro di se un
palpito di colpa, un uomo che non si è chiesto il perchè di tanto orrore che ha causato 15 milioni di morti tra le categorie ritenute
"indesiderabili" (omosessuali-zingari-testimoni di geova-handicappati-dissidenti politici) oltre gli ebrei.
Ci si chiede perchè Dino sceglie il corpo di una donna per rappresentare la shoa e non quello scheletrico e nudo di un uomo o il viso
scavato e sofferente di un bambino.
Guardando attentamente lo scenario nel suo complesso possiamo trovare le risposte.
Il corpo raffigurato, marchiato allo sterminio, i numeri impressi nel braccio lo testimoniano,. non è emaciato, diafano ma vigoroso Il
seno turgido ne da testimonianza.
Sceglie la donna perchè in lei è racchiuso il mistero della procreazione, la vita che nasce, e con la vita la speranza, il domani, il futu-
ro. Dino la dipinge si piegata su se stessa, a rimarcarne ancora una volta la sofferenza, ma nell'atto di rialzarsi come si vede dalle
braccia che cercano un appiglio e la gamba pronta a dare slancio al resto del corpo.
Questo è l’auspicio di un mondo migliore che non manca mai nei quadri di Dino, l’augurio che l umanità reagisca e corra in aiuto a
se stessa. Lo dipinge nudo questo corpo, che in arte ha due significati, talvolta il simbolo del bello, talvolta quello dell'osceno, in
questo caso niente di più indecente è stato compiuto dall' uomo verso il proprio fratello, ha proporzioni fisiche asciutte e tornite
che, come nell’arte greca che rappresentavano la correttezza e la moralità che l' artista continua a ricercare.
Una riflessione va fatta anche sulla scelta del colore.
Il rosso, questo colore primario che l’artista largamente usa per dipingere i capelli della donna, le fasce laterali, i tetti del lager .
Sarà perché con il colore vuole ancora rimarcare gli stati d’animo, rosso è il colore del sangue, della vita che nasce e spesso della
morte; ma anche dello spavento e del pudore che inietta le gote degli adolescenti ; della vergogna, è il contrario del nero e del
lutto; è perché è sensuale, impudico, intrepido e ribelle.
Il bello del rosso è che attraversa l'occhio, il cuore e la mente di tutti: dei poveri e dei ricchi, dei colti e degli incolti, degli ultimi e dei
primi. E' un riferimento simbolico perenne dell'immaginario collettivo universale in grado di attraversare razze e culture, a prescin-
dere dalle epoche storiche.
Inoltre per sottolineare un tratto della personalità dell'artista possiamo dire che preferire il colore rosso rispecchia una persona con
grande energia che ama agire e mettersi sempre in competizione con il prossimo e, soprattutto, con se stesso. Ha un carattere au-
dace e desidera sempre colpire l’attenzione degli altri.
Ritornando alla tela un accenno bisogna fare sul resto dei soggetti raffigurati: il
binario che porta inesorabilmente verso la morte, rimarcando quel senso di rabbia e frustrazione
Nello sfondo il lager, con la sua torretta di avvistamento che sorveglia come se fosse l’occhio dell’umanità intera che tiene sotto
controllo il proprio cuore; una porta aperta sul mare, mare che sembra cielo, lo stesso colore a rappresentarlo come a significare
che il senso della ragione di quel periodo funesto era confuso, scomparso come l azzurro che in alto sulla tela sbiadisce.
In basso alla tela, Dino, vuole dare un omaggio all’opera dell’artista SHALECHET, dipingendo le maschere di ferro, (foglie morte) che
coprono l’intero pavimento del museo di Berlino, il cui suono stridulo emesso dal calpestio del visitatore, simboleggia le urla di mi-
gliaia di uomini donne e bambini morti per mano nazista. A.C.
Scarpette rosse è un omaggio di Dino a tutte le donne.
Donne a cui è stata tolta prematuramente la vita
Donne che ogni giorno muoiono in solitudine, vittime di una violenza anche psi-
cologica che, in molti casi rimane all’interno delle mura domestiche.
Sulla tela esplode il colore rosso, usato dall’artista per attirare maggiormente
l'attenzione dell’osservatore sulla piaga del femminicidio.
Al centro un viso sorpreso su cui scende una lacrima di sangue, una bocca se-
miaperta come a chiedere il perché. Capelli arruffati ed insanguinati che si
espandono sull’intera superficie del quadro come a sottolineare l’ampliamento
del fenomeno.
Scarpette di bimba vezzose, allineate e pronte ad affrontare il sogno della vita.
Scarpe di donna, vuote, inanimate e rovesciate, come il progetto di vita infran-
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Angela Chiazza
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Dino Vaccaro è, per me, il maestro di una pittura intrisa di esistenza che, po-
tremmo dire, corre sul passo stesso degli umori e dei sentimenti di ogni giorno,
si formula sull'esperienza quotidiana di emozioni in rapporto con le cose e con i
fatti individuali e sociali.
Ma la pittura di Vaccaro può essere scissa nelle produzioni di due distinti perio-
di. I suoi primi lavori sembrano essere una rivisitazione emozionale della fan-
ciullezza, il tentativo di personificarla, di catturane con il gesto del dipingere l’a-
spetto più puro: di comunicarne la meraviglia dell’innocenza. Tra questi dipinti
ricordiamo “Tiro di fionda” (osservando questo dipinto il frui-
tore, non senza sorpresa e sconcerto, ha modo di trovarsi in
una posizione atipica ad osservare un lancio di fionda e gli oc-
chi di un bimbo colmi della gioia senza compromessi della
gioventù).
I suoi ultimi lavori comunicano invece l'esperienza della pro-
pria esistenza e il suo rapporto con eventi storici rilevanti nella storia della Sici-
lia e dell’Europa. Tra questi dipinti ricordiamo: Tempesta devastante (una perso-
nalissima riflessione sul genocidio degli ebrei per mano nazista); Dalla Pirrera a
Charleroi (dedicato agli emigranti siciliani che lasciarono la pro-
pria terra e i propri affetti per andare a lavorare nelle miniere del
nord dell’Europa); Sangue rosso (dove l’artista sembra porre, nel
gesto della madre che fugge terrorizzata proteggendo il proprio
pargolo, la sconfitta dell’innocenza per mano assassina); e, non
certo ultima per significato e bellezza, la tela Rosa di Sici-
lia (dove il meraviglioso sole del Sud sembra compiacersi alla
musica ed al canto di quella grande artista che fu Rosa Balistreri).
Nelle sue più recenti opere, Dino Vaccaro ci regala una concezione della pittura
come disamina e giudizio della realtà e, in quanto registro facilmente accessibi-
le a tutti, strumento di riflessione e denuncia e quindi, in qualche modo, utile per
cambiare le cose. Questa vocazione testimoniale del proprio tempo, dei suoi
conflitti e delle sue passioni, nell’arte del ciancianese passa sempre attraverso il
filtro di un solipsismo che incide sulla tela l’esperienza personale trasformando-
la in riflessione umana e umanistica.
Prof. Giuseppe La Rosa
Si ringraziano:
Angela Chiazza , prof. Giuseppe La Rosa e il Maestro Pietro Arfeli