Castelluccio - Il Recupero Delle Strutture in Cls Del Ponte Di Vivara

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    Concrete2014 - Progetto e Tecnologia per il Costruito Tra XX e XXI secolo

    CONCRETE 2014PROGETTO E TECNOLOGIA PER IL COSTRUITO

    Tra XX e XXI secolo

    Termoli25 e 26 settembre 2014

    IL RECUPERO DELLE STRUTTURE IN CLS IN AMBIENTE MARINO:IL CASO DEL PONTE DI VIVARA A PROCIDA (NA)

    Roberto Castelluccio

    Università degli Studi di Napoli Federico II, Napoli, Italiae-mail: [email protected]

    Parole chiave: calcestruzzo, recupero, ponte, marino

    Abstract

    This text analyzes the issue of the recovery of the concrete in aggressive marineenvironment and specifies the methods of investigation and action taken toconsolidate the Bridge of Vivara in Procida. The island of Procida was originatedby eruptive activity of five volcanoes; the partial immersion and landslides alongthe south eastern part of the oldest, gave rise to the island of Vivara (0:32 sqkm), characterized by the peculiar half-moon configuration that draws theevolution of the ancient volcanic structure, completed ashore from thepromontory of Santa Margherita, in the center of which grows the wonderful

    stretch of water called Gulf of Genito. The connection between Procida and Vivarais provided by a bridge built in 1957, the structure, typical of the viaducts, ismade using a system of prefabricated beams resting on reinforced concretepulvinos and columns in concrete, founded on a system of plinths on the seabed.The advanced state of deterioration had affected the load-bearing capacity;therefore it was necessary to prepare a recovery intervention and technologicalseismic upgrading who have restored the functionality. The author illustrates themethodology used to develop the plan finding inquiries, project choices and thematerials used, on the basis of the most recent legislation and research on thedurability of reinforced concrete structures, cast in situ and pre-stressed,according to the exposure to aggressive agents of sea origin.

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    1  Introduzione

    L’isola di Procida è, per dimensione territoriale (3.5 Kmq), la terza isola della

    Provincia di Napoli insieme alla vicina Ischia ed a Capri; situata a nord della Cittàdi Pozzuoli è integrata nel sistema territoriale e geologico dei Campi Flegrei.L’isola ha avuto origine, circa 25.000 anni addietro, dall’eruzione di cinque diversivulcani, oggi inattivi ed in gran parte sommersi, le cui residuali conformazionidefiniscono il territorio costituito quasi esclusivamente da formazioni di tufo giallonapoletano. La parziale immersione ed il franamento del versante sud orientaledel più antico vulcano, causato dalle imponenti mareggiate provocate dai venti diLibeccio e Scirocco, hanno dato origine all’isolotto di Vivara (0.32 kmq),caratterizzato dalla peculiare configurazione a mezza luna che disegna partedell’andamento dell’antico edificio vulcanico, completato a terra dal promontoriodi Santa Margherita, nel centro del quale si sviluppa il meraviglioso specchio

    d’acqua chiamato Golfo di Genito [Fig.1].

    Fig.1- Vista satellitare – Vivara a sud-ovest - [Fonte Google]

    Vivara è un sito ad alto valore ambientale ed archeologico, dichiarato RiservaNaturale Statale è inserito nell'ambito del programma comunitario «Natura2000», secondo i princìpi contenuti nelle Direttive CEE “Uccelli” e “Habitat”. Lavalenza naturalistica ha da sempre determinato l’utilizzo del territorio, tant’è chegià in età romana l'isola veniva chiamata con il nome di Vivaria, in seguitodiventato Vivarium, denunciando l’originale funzione di vivaio marino. 

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    Il collegamento tra l’isola di Procida e Vivara è costituito da un ponte incalcestruzzo armato costruito nel 1957 dalla Cassa per il Mezzogiorno, peralloggiare la tubazione dell’acquedotto campano che, dopo aver attraversato

    Vivara seguendo un percorso sotterraneo, si immerge e raggiunge l’isola diIschia.

    2  La Storia

    Le campagne archeologiche hanno consentito di ritrovare pochi resti di un tempioarcaico ascrivibile al VI sec.a.c. e di appurare la presenza micenea durante laseconda metà del II millennio a.C.Durante il periodo dell’Impero Romano Vivara era considerata una riserva dicaccia e di pesca: il cratere, quasi completamente chiuso, rappresentava una

    sorta di vivaio di pesci isolato rispetto al mare aperto.La vocazione ambientale e venatoria del territorio è confermata nei documentidel reame di Carlo III di Borbone, nella seconda metà del Settecento, dove sitrova la testimonianza della costruzione di alcuni edifici, tra i quali la Casa delCaporale all’ingresso dell’isola, e probabilmente anche la torre nei pressi degliedifici superiori.Agli inizi dell’Ottocento, a causa della felice posizione geografica, divenne unavamposto militare strategico. A questo periodo risalgono alcune costruzionirealizzate dai francesi napoleonici che si opponevano alle resistenze borboniche.Nel 1818 l’isola di Vivara è stata ceduta, come bene demaniale, al Comune diProcida che ne inizia la trasformazione agricola e l’implementazione edilizia:vengono realizzati imponenti terrazzamenti per l’impianto dei vigneti ed oliveti,per la produzione del vino e dell’olio, e realizzati alcuni edifici tra i quali lafornace per la realizzazione della la calce.Infine nel 1957 viene realizzato il ponte tubo, oggi di proprietà dell’acquedottocampano, sia a servizio dell’acquedotto sia delle attività produttive sviluppatesisull’isolotto. Attualmente l’isola di è di proprietà dell'Ospedale Civico di Procida Albano  Francescano, Ente di assistenza e beneficenza, che lo valorizza come sito avocazione turistica naturalistica e centro di ricerca ambientale.

    3  Il recupero del Ponte di Vivara

    Nel 2010 Eniacqua Campania s.p.a. ha realizzato l’intervento di recupero erisanamento delle strutture del ponte che evidenziava uno stato di avanzatafatiscenza tecnologica e strutturale, mettendo a rischio la funzionalità idraulica edeterminando un pericolo per la pubblica e privata incolumità che aveva indottole amministrazioni competenti già nell’anno 2000 ad interdire la navigazionesottostante e l’accesso al ponte, di fatto isolando Vivara e destinandola ad unprogressivo stato di abbandono.

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    3.1  Il rilievo dimensionale e materico

    Il ponte si compone di nove campate (sette a mare e due a terra), di luce

    variabile tra 12.65 e 25.60 mt, ed è costituito da un impalcato realizzato da duetravi in calcestruzzo armato precompresso (c.a.p.) affiancate, sulle quali poggiaun sistema di beole in cls. amovibili, superiori ed inferiori, che rappresentanorispettivamente il piano carrabile e la chiusura verso il mare [Fig.2].All’interno dell’intercapedine è alloggiata la  tubazione in acciaio Ф 450dell’acquedotto a servizio dell’isola di Ischia, poggiata ad intervalli regolari subaggioli disposti in corrispondenza dei traversi in c.a.o. di collegamento [Fig.3].

    Fig.2- Planimetria e Profilo del Ponte – [Grafico di Rilievo – Autore]

    Le travi principali sono costituite da due travi a doppio T in c.a.p. di altezzah=140 cm., semplicemente poggiate sulle pile intermedie mediante un sistema dipulvini in calcestruzzo armato in opera (c.a.o.).Le pile sono costituite da una coppia di pilastri a sezione circolare di diametroФ 630 mm., connessi in testa dal pulvino in c.a.o. ed al piede dal plinto difondazione.Le fondazioni sono di tipo diretto ed isolato, avendo sfruttato le ottimecaratteristiche meccaniche del banco roccioso su cui sono impostate; inoltre laparticolare forma circolare dei plinti minimizza la superficie incidente con lecorrenti marine nelle diverse direzioni, diminuendo la superficie di attrito deifiletti fluidi che schematizzano le suddette correnti.I plinti hanno una sezione circolare di diametro d=400cm per uno spessoreh=300 cm ed evidenziano un allargamento inferiore di diametro d=600 cm peruno spessore h= 150 cm.Il sistema fondale è completato dai due plinti disposti sotto le due ultime pileverso terra che non essendo immersi hanno forma rettangolare.Gli appoggi di estremità sono invece costituiti da due spalle in c.a.o. in opera didimensioni ciclopiche, direttamente fondate sul sottofondo roccioso.L’impalcato verso l’isola di Procida prosegue, dopo la spalla, mediante un sistemadi telai paralleli costituiti da travi e pilastri in c.a.o. su cui è disposta una soletta.in c.a.o. Il pilastri sono fondati direttamente sulla scogliera.

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    Fig.3- Sezione sul pulvino e Sezione Corrente - [Grafico di Progetto – Autore]

    3.2  Lo stato di conservazione

    Nel corso dei primi sopralluoghi, via terra e via mare, finalizzati alla valutazionedello stato di conservazione delle strutture del ponte è stato possibile osservareche gli elementi costruttivi versavano in una condizione di avanzato degradotecnologico, determinato dall’aggressione dell'ambiente marino fortementecaratterizzato dalla presenza di cloruri e di elevate percentuali di solfati,provenienti dall’attività vulcanica della caldera dei Campi Flegrei. La combinazione dei fenomeni di carbonatazione, attacco salino dei cloruri eformazione di ettringite secondaria, aveva determinato la diffusa condizione didegenerazione materica, incidendo negativamente sulle caratteristiche diresistenza delle strutture [Figg.4 - 5].Le travi in c.a.p. evidenziavano un profondo stato di degenerazione materica,

    con particolare concentrazione all’intradosso delle campate centrali, determinatodall’ossidazione delle armature e dall’espulsione dei copriferri.Le patologie erano state aggravate dall’ applicazione, nel corso di precedentiinterventi di consolidamento, di piatti in acciaio all’intradosso che, scarsamenteprotetti da spessori di calcestruzzo, avevano favorito la fessurazione e lapenetrazione degli agenti aggressivi.

     I pulvini   risultavano le strutture maggiormente degradate per effetto dellepatologie connesse alla carbonatazione ed alla formazione di ettringitesecondaria. I fenomeni di sgretolamento del Cls., di ossidazione delle armature,di espulsione dei copriferri e riduzione delle sezioni resistenti, coinvolgevanospessori molto profondi delle strutture.

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    Fig.4- Degenerazione pulvini ed intradosso travi [Foto dell’Autore] 

    Fig.5- Degenerazione delle strutture a terra – [Foto dell’Autore] 

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     Il sistema dei pilastri , benché assoggettati a cicli di bagnatura ed asciugatura,evidenziavano uno stato di conservazione molto migliore delle altre strutture inelevazione perché probabilmente risanati di recente mediante interventi di

    protezione superficiale. I plinti di fondazione, completamente immersi ed assoggettati all’effetto delmoto ondoso e delle correnti marine, non evidenziavamo fenomeni degeneratividei materiali ma erano generalmente interessati da profondi scavernamenti alpiede che producevano un’incipiente condizione di instabilità e la parzializzazionedelle superficie di trasmissione dei carichi al suolo con conseguente aumentodelle tensioni.Le spalle ciclopiche, assoggettate a cicli di bagnatura ed asciugatura, eranoaffette da patologie di carattere superficiale di attacco salino ed ossidazione,evidenziando diffusi fenomeni di distacco del copriferro per effettodell’ossidazione delle armature. 

    Le travi, i piastri e la soletta in c.a.o. costituenti il sistema di telai a terra sitrovavano in uno stato di avanzato degrado per effetto della combinazione deifenomeni di carbonatazione, degli attacchi salini, dell’insufficiente spessore delcopriferro e della qualità della miscela del calcestruzzo sicuramente più povero dicemento e con elevato grado di porosità, dovuto anche un inadeguato mixgranulometrico. Inoltre i pilastri erano innestati direttamente nella scoglieradenunciando l’assenza di elementi di fondazione.

    3.3  Le indagini sui materiali

    Sulla scorta delle analisi visive, tenuto conto delle preliminari ipotesi progettuali

    scaturite da considerazioni circa l’ottimizzazione degli interventi e l’adozione diparametri di sicurezza progettuale (non è stata considerato l’apporto residualedell’armatura esistente sia per le strutture in elevazione sia per quelle difondazione), è stata progettata una campagna di indagini, per la determinazionedelle caratteristiche meccaniche residuali, che consentisse di raggiungere unlivello di conoscenza almeno LC2 anche in considerazione della documentazionedi progetto disponibile.Per le strutture in elevazione si è previsto di realizzare una combinazione diindagini distruttive e non distruttive che hanno consentito di definire:  le caratteristiche meccaniche del cls.armato;  le patologie di origine chimica (carbonatazione – attacco di cloruri e solfati); 

    i quadri fessurativi;Per le strutture in acqua sono state realizzate prove distruttive sui materiali,indagini dirette ed endoscopiche, effettuate da squadre di sub che hannomisurato e localizzato gli scavernamenti e realizzato dei report filmati.

    3.3.1 Caratteristiche meccaniche del Cls. armato

    La determinazione delle caratteristiche di resistenza delle strutture in cls. armatoè stata effettuata con un serie di indagini distruttive e non distruttive. Perlimitare l’invasività delle prove dirette, sono state preventivamente individuate le

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    posizioni delle armature mediante indagini pacometriche e successivamente sonostati effettuati i prelievi di almeno un campione cilindrico per ogni elemento.I provini sono stati sottoposti a prove di laboratorio per la determinazione delle

    caratteristiche meccanche; inoltre al fine di ottenere una mappatura più estesadei valori di resistenza è stata effettuata una diffusa campagna di indagini nondistruttive Sonreb (sclerometriche ed ultrasuoni).L’indagine è stata condotta determinando per ogni area di saggio due coppie divalori ottenuti mediante:-  il rilievo ultrasonico,  basato sulla determinazione della velocità dipropagazione di impulsi ultrasonici, il cui valore di riferimento è stato ottenutodalla media di tre prove.-  il rilievo sclerometrico,  basato sulla determinazione della durezzasuperficiale tramite l’indice di rimbalzo, il cui valore di riferimento è statoottenuto dalla media di dieci prove.

    La velocità di propagazione e l’indice di rimbalzo, sono stati messi in correlazionecon la resistenza a compressione del calcestruzzo secondo la legge di variazione:

    (1)  Rc = a x d x Ib x Vc 

    Rc = resistenza a compressione del c.l.s.;I = valore medio indici di rimbalzo;V = velocità media degli ultrasuoni;a = indice di taraturad = modulo di poissonb,c = costanti da ricavarsi sperimentalmente.

    Nel caso specifico dal confronto tra i valori ottenuti con le prove puntuali dischiacciamento delle carote e quelli ottenuti con le prove distribuite Sonreb èstato possibile definire un sistema di taratura e di correlazione che ha consentitodi estendere i risultati a zone molto più ampie delle strutture.L’indagine sulle armature è stata condotta mediante asportazione di una fascia dicopriferro in tre sezioni (testa – mezzeria –  base) ed il prelievo di un numerolimitato di barre da sottoporre a prove di trazione, considerando che le ipotesiprogettuali prevedevano di non considerare la presenza delle armature esistentinella determinazione dei valori resistenti delle strutture risanate.Le prove sulle travi prefabbricate e sulle beole sono state molto limitate pereffetto della predeterminazione progettuale di sostituire questi elementi connuove strutture con caratteristiche prestazionali molto più elevate a parità disezioni geometriche. La scelta è stata effettuata anche per effetto dellavalutazione dell’impatto irreversibile prodotto dai successivi interventi diconsolidamento che le travi hanno subito.Pertanto dalle indagini effettuate si è desunto, con riferimento al dal D.M. 14gennaio 2008, che: per le pile e per i plinti di fondazione è possibile ipotizzareuna classe di resistenza del Cls. assimilabile alla C 16/20, mentre per i pulvini eper i telai della struttura a terra il Cls attinge valori di resistenza inferiori al limitedi un materiale strutturale.

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    3.3.2 Determinazione degli attacchi chimici

    Al fine di indagare l’impatto, sulle strutture di cls e sulle armature, dell’ambiente

    di tipo marino e dei connessi agenti aggressivi: Anidride Carbonica, Cloruri eSolfati, sono state sviluppate le analisi in sito di misurazione della carbonatazioneed in laboratorio per la misurazione del contenuto di sali nei prelievi.

      La profondità di carbonatazione è stata determinata applicando sullasuperficie dei provini cilindrici di calcestruzzo una soluzione di fenolftaleinaall’1% di alcool etilico che a contatto con materiali aventi pH superiore a9.5 vira al rosso violetto, mentre resta incolore per valori inferiori. Laperdita della caratteristica basica del cls determina l’indurimento dellostesso e contestualmente favorisce i fenomeni ossidativi distribuiti dellearmature che non godono della necessaria protezione ambientale.

      L’aggressione salina dovuta alla presenza dei cloruri è stata determinata

    mediante la misurazione delle concentrazione dei sali con prove dilaboratorio su campioni estratti in sito. La presenza di cloruri all’internodella matrice cementizia, in costanza degli effetti di carbonatazione efessurazione del Cls, produce una puntuale ossidazione delle armature(pitting) con conseguente rigonfiamento delle armature, espulsione delcopriferro e riduzione della sezione resistente delle armature stesse.

      L’aggressione salina dovuta alla presenza dei solfati è stata determinatamediante la misurazione delle concentrazione dei sali con prove dilaboratorio su campioni estratti in sito. La penetrazione di solfati all’internodella matrice cementizia produce la formazione di ettringite secondaria cheincide drasticamente sulle compattezza e resistenza del Cls. oltre chefavorire i fenomeni ossidativi delle armature, con conseguentesgretolamento delle superfici di Cls, rigonfiamento delle armature,espulsione del copriferro e riduzione della sezione resistente dellearmature stesse.

    Le indagini hanno evidenziato per i pilastri una profondità di carbonatazionemediamente contenuta nei primi strati della struttura (5 –  10 cm), unaconcentrazione di cloruri inferiori alla soglia critica dello 0,5% rispetto alla massadi cemento, l’assenza di fenomeni di formazione di ettringite.Le strutture fondali non sono state sottoposte ad analisi inerenti l’aggressionesalina in quanto essendo costantemente immerse in acqua non sonoassoggettate alle patologie corrosive per effetto dell’assenza di ossigeno.

    3.3.3 I quadri fessurativi

    Nel corso delle fasi di rilievo ed indagini sono stati analizzati i quadri fessurativida cui si è potuto desumere che la struttura non aveva subito alcun dissesto diorigine strutturale dovuto alla diminuzione delle caratteristiche di resistenza deimateriali o per effetto di deformazioni indotte da cedimenti del sistema fondale.Le patologie che hanno determinato la condizione di fatiscenza sono pertanto daascriversi esclusivamente alla degenerazione tecnologica dei materiali per effettodell’aggressione meccanica e chimica degli agenti ambientali.

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    4  Il progetto di recupero del Ponte di Vivara

    Il progetto si è posto l’obbiettivo di ripristinare la funzionalità del ponte mediante

    il ripristino dei parametri di sicurezza funzionale e statica anche in relazioneall’introduzione delle forzanti sismiche e del moto ondoso.La configurazione di progetto non ha introdotto alcuna variazione estetica efunzionale del ponte, la cui percezione finale, è risultata identica all’originale[Fig.6].Analoghe considerazioni attengono il sistema fondale per cui si è previsto dimantiene sostanzialmente inalterato l’ingombro planimetrico e la quota diestradosso, pur trasferendo le sollecitazioni in profondità per mezzo di unsistema di micropali.L’intervento è completato prevedendo la protezione degli elementi in cls con unaresina superficiale che costituisce un’ulteriore barriera contro gli attacchi

    dell’ambiente marino.Gli interventi preliminarmente previsti sono stati:

     Impalcato: Sostituzione delle attuali travi in c.a.p. con analoghe travi di ugualesezione; Sostituzione del sistema di beole superiori ed inferiori in cls alleggerito

    Pulvini: Demolizione e ricostruzione in c.a. in opera

    Pile: Ringrosso mediante scarificazione del copriferro delle colonne, disposizionedi armatura integrativa e realizzazione del copriferro dello spessore di 6 cm conmalta espansiva ad alta resistenza.

    Plinti di fondazione: Realizzazione di sottofondazione con la realizzazione di 16micropali Ф200 armati con un tubolare valvolato Ф  101,6 s=8,8. con solettasuperiore di 50 cm. connessa ai pilastri mediante ferri di attesa ed alla strutturadi fondazione esistente con la scarificazione profonda delle superfici esistenti .

    Spalle ciclopiche: Risanamento delle pareti laterali mediante scarificazione delcopriferro delle parete e il ripristino dello stesso dello spessore di 4 cm con maltaespansiva ad alta resistenza armata con rete Ф3/ (10 x 10) cm in fibra di vetro. 

    Telai in cls. armato: Demolizione e la ricostruzione a parità di forma e

    geometria della soletta, delle travi, dei pilastri e delle fondazioni.

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    Fig.6- Fasi di lavorazione - Il Ponte risanato - [Foto D.dd.LL.]

    4.1  I Materiali di progetto

    Le caratteristiche del calcestruzzo di progetto sono state definite in funzione dellavalutazione della classe di esposizione secondo le UNI11104/2004 e le Lineeguida del Consiglio Superiore dei lavori pubblici. Per uniformare le forniture diCls. è stata considerata la condizione più sfavorevole che risulta definita dallaclasse XS3: ambiente ciclicamente asciutto e bagnato, strutture espostediscontinuamente all’acqua marina; Rapporto acqua/cemento pari a 0.45;  Rckminima 45 Mpa [C35/45]; Dosaggio minimo di cemento 360 kg/mc; Classe diconsistenza S4; Spessore del copriferro 50 mm per le opere in c.a. e 60 per leopere in c.a.p.; Dmax < 0,70*Copriferro = 3.00 cm; Cemento CEM III conformealla UNI 197-1; Curva granulometrica del sistema solido (cemento + aggregato)secondo l’equazione di Fuller e Thompson. Additivi per ottimizzare la porosità

    Il ringrosso delle colonne è stato progettato con malta cementizia premiscelatatixotropica ad espansione contrastata, rinforzata con fibre flessibili di speciale

    lega metallica amorfa non attaccabile dai cloruri e non ossidabile con capacità diespandersi sia allo stato plastico (prima della presa) sia durante l’indurimento alfine di compensare il ritiro e garantire la continua adesione con il sottofondoopportunamente irruvidito e lavato. Il copriferro di almeno 5 cm.La protezione superficiale delle strutture in cls. armato è stato progettatomediante la realizzazione di un rivestimento epossi-poliammidico, bicomponente,ad alto spessore, adatto alla protezione di strutture in calcestruzzo in atmosfereaggressive ed applicabile anche su superfici umide.

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    In fase esecutiva è stato necessario prevedere delle soluzioni migliorative chesostanzialmente tenessero in maggior conto le esigenze di ordine conservativo epaesaggistico.

    Bibliografia

    [1]  D.M. 14 Gennaio 2008 - Approvazione delle Nuove Norme Tecniche per le Costruzioni.

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    [3]  UNI EN 12390  –  3, - Prove sul calcestruzzo indurito - Resistenza alla compressione dei provini,(2009).

    [4] 

    UNI EN 12504  –   4, -  Prove sul calcestruzzo nelle strutture  –  Determinazione della velocità di

     propagazione degli impulsi ultrasonici, (2005).

    [5]  UNI EN 12504  –   2, -  Prove sul calcestruzzo nelle strutture  –   Prove non distruttive  – 

     Determinazione indice sclerometrico, (2001).

    [6]  RILEM NDT 4, -  Recommendations for in situ concrete strength determination by combinednondestructive 

    [7]  Manfredi G., Verderame G.M., Vona M, - Valutazione di edifici esistenti in C.A., Collana dimanuali di progettazione antisismica, IUSS Press, Pavia, (2007).

    [8]  Collepardi M., Ogoumah Olagot.J - Il Calcestruzzo Vulnerabile - Enco srl. –  Italia 2005

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    Coppin D. - Procida tra terra, fuoco e mare  – 

     Associazione Vivara - http://www.vivara.it