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Mario Botta Cappella del Monte Tamaro, Rivera, Cantone Ticino, Svizzera Chapel of Mount Tamaro, Rivera, Ticino Canton , Switzerland

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Mario Botta

Cappella del Monte Tamaro, Rivera, Cantone Ticino, Svizzera

Chapel of Mount Tamaro, Rivera, Ticino Canton , Switzerland

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Cenni biografici

Nasce a Mendrisio-Ticino, Svizzera, nel1943.Nel 1969 si laurea all’IstitutoUniversitario di Arhitettura di Venezia,relatore Carlo Scarpa. Già da studentecollabora nell’atélier di Le Corbusier aVenezia al progetto del nuovo ospedale,e nel 1969 con Louis Kahnall’esposizione del progetto per il nuovoPalazzo dei Congressi.Nel 1969 apre il proprio studio aLugano, alternando l’attività diprogettazione a quella didattica e diricerca. Dal 1970 è presente conconferenze, seminari e corsi diarchitettura in numerose università, tracui nel 1976 l’École PolytéchniqueFédérale di Losanna, nel 1987 la YaleSchool of Architecture di New Haven,Connecticut, e nel 1989 la Escuela deAltos Estudios a Buenos Aires. Membro della Commissione FederaleSvizzera di Belle Arti, membroonorario del Bund DeutscherArchitekten e dell’American Institute ofArchitects, all’Académie d’Architecturedi Parigi è corrispondente per laSvizzera. Fra le sue realizzazioni più significativevanno ricordate alcune residenze nelCanton Ticino, la Scuola Media aMorbo inferiore, il Centro Artigianaledi Balerna, la Banca di Stato aFriburgo, l’edificio Ransila a Lugano, ilCentro Culturale André Malraux aChambéry, la Banca del Gottardo aLugano, la galleria d’arte Watari-um aTokyo, la chiesa di Mogno e larecentissima Cappella al Monte Tamaro.In fase di studio sono numerosi progetti

destinati alla Svizzera, alla Corea, allaFrancia e all’Italia.Le sue opere hanno ottenuto moltiriconoscimenti e ad esse sono statededicate mostre e pubblicazioni. Tra ipremi si rammentano il “Beton” diZurigo (1985), il “Chicago ArchitctureAward” (1986), il “Baksteen Award”della Royal Dutsch Brick Organization(Olanda, 1989), il premio “CICA”della Biennale Internazionale diArchitettura di Buenos Aires (1989 e1993), il premio della FondazioneLavezzari di Chiasso (1991) e il“Marble Architectural Award” diCarrara (1993).

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Biographical Outline

Born in Mendrisio-Ticino, Switzerlandin 1943.In 1969 he graduated at the VeniceUniversity Institute of Architecture,supervisor Carlo Scarpa. As a studenthe collaborated with Le Corbusier’sVenice studio on the design for the newhospital and in 1969 with Louis Kahnin exhibition of the design for the newConference Centre.In 1969 he opened his own studio atLugano, alternating his design activitieswith teaching and research. From 1970onwards he attended conferences,seminars and architectural courses innumerous universities including in1976 the École Polytéchnique Fédéraleof Lausanne, in 1987 the Yale School ofArchitecture, New Haven, Connecticutand in 1989 the Escuela de AltosEstudios in Buenos Aires.A member of the Swiss FederalCommission for the Fine Arts and anhonorary member of the BundDeutscher Architekten and theAmerican Institute of Architects. He isthe Swiss correspondent at theAcadémie d’Architecture in Paris.Among his most important projects area number of houses in the CantonTicino, the Middle School in MorboInferiore, the centre for small industryin Balerna, the State Bank at Freiburg,the Ransila building in Lugano, theAndré Malraux cultural centre atChambéry, the Banca del Gottardo inLugano, the Watari-um art gallery inTokyo, the church of Mogno and therecent Mount Tamaro Chapel.Numerous projects destined for

Switzerland, Korea, France and Italyare still in the design phase.His works have won many awards andhave been the subject of exhibitions andpublications. These include the Zurich“Beton” (1985), the “ChicagoArchitecture Award” (1986), the“Baksteen Award” of the Royal DutchBrick Organisation (Holland, 1989),the “CICA” prize from theInternational Architecture Biennial inBuenos Aires (1989 and 1993), theFondazione Lavezzari of Chiasso award(1991) and the Carrara “MarbleArchitectural Award” (1993).

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Werner Oechslin Mario Botta: l’architettura sacra,l’espressione e la pietra

Mario Botta è uno dei pochi architettiche oggi si assumono il compito dicostruire l’edificio sacro. Dopo Ron-champ di Le Corbusier e le formeespressive del “brutalismo” che ne sonoderivate, negli ultimi decenni si è fattauna relativa calma nella costruzione dichiese. Non solo il tema dell’edificiosacro, ma più in generale anche la fun-zione espressiva dell’architettura - e lacostruzione di chiese nel movimentomoderno ne era particolarmente affetta- sono così finiti un po’ ai margini del-l’interesse generale. Con le più recentirealizzazioni di Mario Botta a Mogno, aEvry e sul monte Tamaro si registra uncambiamento.Una delle qualità riconosciute di MarioBotta è la sua volontà di progettare edi-fici di forte espressività. E’ sorprendentecome proprio in ciò non venga eguaglia-to dai suoi imitatori - e sono tanti -nonostante i molti plagi formali. Questodimostra la grande capacità di MarioBotta proprio nella dimestichezza con imezzi architettonici più elementari. Nefa parte anche la sua lunga esperienzacon un materiale come la pietra. Piùradicale dei suoi colleghi ticinesi, Bottamolto spesso ha adoperato i materialiquasi allo stato primitivo e ha concepitola sua architettura essenzialmente nelmateriale, sviluppandone da qui laforma. Fin dall’inizio proprio lì, neimateriali, ha per così dire rintracciato ecercato di determinare il carattere dellesue costruzoni.La cappella sul monte Tamaro rappre-sentava a questo riguardo una sfida par-ticolare, e dall’altro lato gli offriva anche- dopo tante esperienze consimili - lecondizioni ideali per portare questa par-ticolare qualità della sua architetturaalle estreme conseguenze. Qui, su una

falda del monte, in alto sopra la valle,alla condizione della pietra si aggiungeanche il compito dell’edificio sacro.Mario Botta reagisce in maniera conse-guente con i suoi mezzi di composizioneelementare in materiali altrettanto ele-mentari. Con il lungo passaggio che viadduce, la cappella sta sul dorso dellamontagna come un promontorio, e sispinge fino all’orlo più esterno. Posata dipiatto, tutta la gravità della pietra divie-ne visibile, come se l’opera dovesse starbassa per le ingiurie del tempo: un’ar-chitettura da montagna fatta di una pie-tra che deve affrontare tutte le intempe-rie; una “eterna rocca”, se si voglionoscomodare le immagini che sono asso-ciate con la chiesa - e con Pietro comefigura-fondamento. Si potrebbe conti-nuare con tutta una serie di immagini edi esempi costruiti che accompagnano lastoria di questo tema. Non da meno,anzi in pieno diritto, la costruzione diBotta vi fa sovranamente il suo ingresso.Il carattere disteso dell’opera, di effettograve, è messo in scena fin da subito dal-l’accesso grandiosamente impiantato.Esso conduce ad un ponte. E l’ampiaarcata di questo porta a sua volta a uncilindro tagliato obliquamente, nel qualeè celata la cappella. Pietra su pietra.Architettura come prosecuzione dellamontagna, come leggera correzione geo-metrica della massa rocciosa, che nellaluce serale del tramonto non si cogliequasi più come tale e si confonde con ilprofilo della montagna! Proprio questo,l’equiparazione di architettura e natura,possiede la sua tradizione, che risale benoltre i modelli di “architettura alpina”che sono stabiliti da Bruno Taut in parteproprio nel Canton Ticino. Ma, a diffe-renza di essi, in Botta non è il contrastofra l’intervento tecnico-artistico e il ruvi-

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do monte ad essere tematizzato, bensì ilmateriale stesso, la pietra nel suo signi-ficato elementare. Sotto questo aspetto èmolto maggiore l’affinità con Viollet-le-Duc o con Ruskin. Nelle loro visioni deimassicci montuosi architettonici è moltopiù importante l’eternità della naturache non l’artificiosità dell’architettura.Vi appaiono i monti stessi come architet-tura, esaltati ed esagerati nella fantasia.Allo stesso modo in Botta il vero tema èla roccia e la natura: il monte è statoampliato di una piccola sporgenza, nellasua massa architettonica è stato integra-to di pochi strati di roccia.La cappella di Botta sul Monte Tamarocorrisponde però anche a quell’alta esi-genza di architettura, che è insita neltema religioso, ciò che già Johann Gott-fried Herder - generalizzando in sensostorico-culturale - definiva come la“pura piena idea” del sacro. Per avvol-gere - proprio in senso letterale - questa“idea” in una forma architettonica ade-guata e quindi soddisfare questo parti-colare compito, Botta lascia parlare lapietra, la lascia nella sua condizioneruvida, pesante ed elementare, facendoarchitettura in senso ugualmente uni-versale, generale. L’accesso alla cappella sporge con unadoppia muratura a strati. E lo stessogrande arco che conduce alla cappella, ilquale propriamente non ha niente dasuperare come ponte e sta per se stesso,appartiene piuttosto al campo del “sim-bolico”, dove - se si vuole ricordare lacorrispondente concezione di Hegel, sco-modata proprio per la relazione fraarchitettura e religione - significato eforma coincidono. Ancor prima essoassomiglia - e anche questa osservazionedistoglie da una visione strettamentefunzionale del ponte - a uno di quei

famosi ponti naturali, come ad esempioil “Ponte di Veja” nelle vicinanze diVerona, che già nel XVIII secolo furonoscoperti come particolare meravigliadella natura e in seguito spesso visitati eammirati con stupore. Ricordi del gene-re si risvegliano a proposito, in quantol’intento di Mario Botta è di collegare laforza elementare della pietra con unaaltrettanto elementare architettura limi-tata a poche forme basilari. In questaunificazione raggiunge una validaespressione, che è del tutto adeguata aun edificio sacro e inoltre dimostra chel’architettura può ancora soddisfare lasua esigenza fondamentale di carattere edi espressione al di là della nuda appli-cazione pratica.

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Werner Oechslin Mario Botta: Sacred Architecture,Expression and Stone

Today Mario Botta is one of the fewarchitects to undertake the constructionof a sacred building. After Ronchampand Le Corbusier and the “Brutalist”forms of expression they originated, thelast few decades have seen a period ofrelative calm in church building. As aresult, not just the sacred building itself,but more generally the expressive role ofarchitecture - with the construction ofchurches in the modern movementbeing particularly affected - has endedup rather at the margins of general inte-rest. However, with Mario Botta’s recentprojects at Mogno, Evry and on MountTamaro the situation has changed.One of Mario Botta’s recognised qualitiesis his desire to design highly expressivebuildings and it is surprising that it isprecisely in this that his imitators - andthere are many - fail to match him,despite the many formal plagiarisms.This is evidence of Mario Botta’s greatability in mastering the most elementaryof architectural vehicles. This partlycomes from his long experience with amaterial such as stone. More radicalthan his colleagues in the Ticino school,Botta has often used materials left almo-st in their raw state, conceiving hisarchitecture essentially through thematerial itself and using this as a star-ting point for the form. Right from thebeginning, it is precisely through thematerials that he has, so to speak,tracked down and sought to determinethe character of his buildings.In this context, the chapel on MountTamaro represented a particular chal-lenge and on the other hand also offeredhim - after so many similar experiences- the ideal conditions in which to takethe particular quality of his architectureto the limit. Here on a mountain slope

high above the valley the role of sacredbuilding is added to the conditionsimposed by the stone. Mario Botta reactsaccordingly with his elementary meansof composition and equally elementarymaterials. Approached by a long path,the chapel stands perched on the moun-tain ridge like a promontory, reachingout to the extreme outside edge. Laidflat, the stone is seen in all its weight asif the building had to be kept low toendure the inclemencies of the climate:mountain architecture made of stonewhich has to stand up to all kinds of badweather; “eternal rock” to bring in animage associated with the church - andwith Peter the Rock as its foundationfigure. One could draw up a whole seriesof images and examples of buildingswhich illustrate the history of thistheme. And into this series - in no wayinferior, quite the opposite in fact - Bot-ta’s building makes its regal entrance.The spacious and severe nature of thebuilding is immediately highlighted bythe grand entrance leading to a bridge.And the wide arch of this leads in itsturn into an obliquely cut cylinderwhich hides the chapel. Stone on stone.Architecture as a continuation of themountain, as a slight geometric correc-tion of the mass of rock which in theevening light of sunset is hardly noticea-ble as such, blending in with the profileof the mountain! This merging of archi-tecture and nature has a tradition whichgoes back well beyond the models of“Alpine architecture” established byBruno Taut, in part right here in theCanton Ticino. But unlike them, in Bot-ta’s work it is not the contrast betweenthe technical-artistic intervention andthe rough mountain which is the theme,but rather the material itself, stone in its

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elementary meaning. In this context, theaffinity is therefore more with Viollet-le-Duc or Ruskin. According to their visionof the mountainous architectural mas-sifs, the eternal quality of nature ismuch more important than the artificialquality of architecture. The mountainsthemselves seem like architecture,magnified and exaggerated in the imagi-nation. In the same way, in Botta’s work,the true theme is the rock and nature. Asmall projection has been added to themountain, a few strata of rock have beenincorporated into the architectural body.Botta’s chapel on Mount Tamaro alsosatisfies the high architectural require-ments inherent in the religious theme,that which Johann Gottfried Herder -generalising in a historical-culturalsense - defined as the “full pure idea” ofthe sacred. To envelop - in a literal sense- this “idea” in a suitable architecturalform and thus satisfy this particulardemand, Botta lets the stone talk, he lea-ves it in its natural state, heavy and ele-mentary, creating architecture in anequally general and universal sense. Theentrance to the chapel juts out with dou-ble layered walls. And the great arch

which leads to the chapel, which hasnothing to cross as a bridge and standsin its own right, belongs rather to thefield of the “symbolic” where - to recallthe corresponding concept Hegel usedprecisely to describe the relationshipbetween architecture and religion - mea-ning and form coincide. Even more so itresembles - and this observation tooleads one away from a strictly functionalview of the bridge - one of the mostfamous natural bridges, for example, the“Ponte di Veja” near Verona which asearly as the 18th century was discoveredas one of nature’s particular marvels andwhich was often subsequently visitedwith admiration and amazement. Theseare the sort of memories that are awake-ned, in that Mario Botta’s aim is to linkthe elementary strength of stone with anequally elementary architecture limitedto a few basic forms. In this unificationhe achieves a valid form of expressionwhich is completely appropriate for asacred building while also demonstra-ting that architecture can still satisfy thefundamental requirement of characterand expression beyond the naked prac-tical application.

Pietro Ceroni, Il ponte di Veja presso Verona, da: Zaccaria Betti:Descrizione di un meraviglioso PonteNaturale nei Monti Veronesi, Verona 1766.

Pietro Ceroni, The Ponte di Vejanear Verona from Zaccaria Betti:Descrizione di un meraviglioso PonteNaturale nei Monti Veronesi, Verona 1766.

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LocalitàAlpe Foppa 1567 s.l.m.Comune di Rivera, Cantone Ticino, Svizzera

CommittenteEgidio Cattaneo, Rivera

Data di progettazione1990

Data di realizzazione1992-1995

ProgettazioneMario Botta

CollaboratoriDominique SganziniPaolo Merzaghi

Direzione lavoriMassimo Moreni, studio Mario Botta

Ingegnere civileIngg. Passera e Pedretti, Bellinzona

Impresa di costruzioneBignasca Contractor, Lugano

Ditta fornitrice pietraCapa Porfido da Albiano s.r.l., Trento, Italia(porfido piano cava, a pavimento lastre dipietra fiammata)

Cappella del Monte Tamaro

La Cappella, dedicata a Santa Mariadegli Angeli, sorge a 1.530 metri di alti-tudine al bordo di un terrazzamentonaturale sotto il quale si apre una gran-diosa vista panoramica: lo sguardo spa-zia dal Lago di Lugano fino a Bellinzo-na per ridiscendere verso il Lago Mag-giore. Il santuario, sito in località AlpeFoppa, è raggiungibile mediante unacabinovia che parte da Rivera nel Can-ton Ticino e porta agli impianti sciisticidel Monte Tamaro.Per la sua collocazione, la costruzioneriflette l’impostazione degli insediamen-ti tipici del paesaggio prealpino, sempreposti a presidio del territorio montano ea segnare il limite della condizione del-l’habitat fra lo spazio modellato dall’uo-mo e la dimensione aperta del suolonaturale. Anche l’intervento architetto-nico al Monte Tamaro, come gesto che sispinge nella montagna, consolida lalinea di demarcazione più elevata dellapresenza umana e contemporaneamenterende leggibile da quella cornice ladistesa delle valli sottostanti.Costruito in struttura di cemento conrivestimento in pietra di porfido, ilmanufatto, combinando un corpo cilin-drico massiccio e un ardito ponte adarco, coniuga l’idea del bastione conquella del belvedere. Il percorso verso lacappella si configura come una passerel-la che si proietta dalla montagna per 65metri. All’altra estremità si raggiunge unbelvedere posto sopra la struttura metal-lica che sorregge una campana. Da que-sto punto è possibile scendere lungo lacopertura a gradoni della cappella fino aincontrare una scala, trasversale alponte, che porta allo spiazzo dove siapre l’ingresso ad arco della cappella.La cappella vera e propria è formata daun volume cilindrico, del diametro di 15

metri, il cui spazio interno risulta tripar-tito dall’attraversamento longitudinale,in alto, dei due setti murari che sosten-gono la passerella superiore e definisco-no dunque all’interno un corridoio, consoffitto a volta, che conduce all’abside,spinta fuori dal volume cilindrico. Ledue sezioni del soffitto ai lati della voltalongitudinale seguono l’andamento deigradoni esterni di copertura e presenta-no fessure orizzontali vetrate ricavatenelle alzate dei gradini, dalle qualientrano tagli di luce. Una luce zenitaleinonda invece la piccola abside, dipintada Enzo Cucchi con l’immagine di duemani incise su un fondo blu che sfumanel bianco verso il cielo e nel nero versoil pavimento.Ai piedi delle pareti semicircolari siaprono due serie di undici finestrelle perlato, che offrono squarci di vista verso ilpanorama sottostante. A rendere forte la presenza dell’opera ea darle un carattere monumentale cosìdeciso contribuisce indubbiamente lascelta della pietra come materiale chericopre interamente la struttura e inparte la costituisce. Tanto più che si trat-ta di conci di porfido a spacco o lavora-ti di punta, murati a paramento conti-nuo in corsi regolari di diversa altezza.Per il coronamento delle murature e leghiere degli archi si sono usati elementimassicci. Anche le pavimentazioni sonoin lastre dello stesso materiale, per cuil’effetto complessivo è quello di una soli-da fortificazione di pietra, una rielabo-razione della stessa roccia da cui laforma emerge.

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AddressAlpe Foppa 1567 s.l.m.Rivera, Ticino Canton, Switzerland

ClientEgidio Cattaneo, Rivera

Design period1990

Construction period1992-1995

ArchitectMario Botta

Design TeamDominique SganziniPaolo Merzaghi

Works managementMassimo Moreni, Mario Botta’s studio

Civil engineerEng. Passera and Eng. Pedretti, Bellinzona

ContractorsBignasca Contractor, Lugano

Stone suppliersCapa Porfido da Albiano s.r.l., Trento, Italia(quarry finish porphyry, paving slabs offlamed stone)

Chapel of Mount Tamaro

The Chapel, dedicated to Santa Mariadegli Angeli, stands at an altitude of1,530 metres on the edge of a naturalterrace overlooking a magnificent pano-ramic view. The gaze ranges from thelake of Lugano to Bellinzona to thendescend back down towards Lago Mag-giore. The sanctuary situated at AlpeFoppa can be reached by a cablewaywhich starts from Rivera in the CantonTicino and leads to the skiing installa-tions on Mount Tamaro.As a consequence of its location, theconstruction reflects the approach typi-cal of settlements in the pre-Alpinelandscape, ever watchful over the moun-tain terrain and marking the limitbetween the space modelled by man andthe open dimension of the natural land.The architectural project on MountTamaro, in a gesture which thrusts intothe mountain, marks the highest linedefining the human presence and at thesame time makes the expanse of theunderlying valleys legible from withinthe frame.Built in concrete clad with porphyry, thebuilding combines a solid cylindricalbody with a daring arched bridge, com-bining the idea of a bastion with that ofa belvedere. The approach to the chapeltakes the form of a walkway which for65 metres stands out from the moun-tain. At the other end, you reach a bel-vedere above the metal structure sup-porting the belltower. From this point,you descend along the stepped roof ofthe chapel to a staircase, crossways tothe bridge, which leads to the open areacontaining the arched entrance to thechapel.The chapel itself consists of a 15 m dia-meter cylinder, the interior of which isdivided at the top longitudinally into

three by the two dividing walls whichsupport the upper walkway and definean internal corridor with arched ceilingwhich leads to the apse outside thecylindrical volume. The two sections ofthe ceiling either side of the longitudinalvault follow the external steps of the roofand contain horizontal glazed slits in therisers of the steps letting in slivers oflight. In contrast, a zenith light floodsthe small apse, painted by Enzo Cucchiwith an image of two hands on a back-ground of blue shading to white towardsthe sky and black towards the floor.At the foot of the semi-circular walls aretwo series of eleven small windows perside which offer glimpses of the panora-ma below.To strengthen the presence of the workand give it such a decidedly monumen-tal character, the choice of the stonewhich completely covers the structureand has in part been used to build it wasundoubtedly a contributory factor, allthe more so as this takes the form ofsplit or bushhammered porphyry ash-lars laid to form a continuous wall inregular series of different heights. Solidblocks were used to crown the walls andthe lintels of the arches. The floor is alsopaved in slabs of the same material,creating the overall effect of a solid stonefortification, a re-working of the veryrock from which the form emerges.

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Pianta livello / Plan level ±0.00

Pianta livello / Plan level +4.00

Pianta livello / Plan level +8.30

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Veduta dell’ingresso alla Cappella.

View of the entry to the Chapel.

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Sezioni longitudinali e trasversali.

Longitudinal and cross sections.

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Assonometria.

Axonometric projection.

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Vedute dell’ingresso della Cappella condipinti murali di Enzo Cucchi e del murolaterale in porfido.

View of the entry to the Chapel with muralsby Enzo Cucchi and the side wall made orporphyry.

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Veduta della passerella verso la terrazza-belvedere.

View of the footbridge to the terrace-belvedere.

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Sezione longitudinale.Pianta del livello della Cappella.Particolari.

Longitudinal section.Plan at the Chapel level.Details.

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Particolari costruttivi con elementi in pietra.

Structural details with stone components.

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Veduta del ponte-passerella.

View of the footbridge.

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Veduta laterale.Interno della Cappella con dipintomurale di Enzo Cucchi.

Side view.Interior of the Chapel with mural byEnzo Cucchi.

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Schizzi di progetto.Veduta esterna della Cappella.

Project sketches.Exterior view of the Chapel.

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Veduta dell’intradosso del ponte-passerella.

View of the intrados of the footbridge.