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Espansione Web Capitolo 4 OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 1 Capitolo 4 OBBLIGAZIONI E CONTRATTI Sezione Seconda Le altre fonti di obbligazione: da atti unilaterali e da atti illeciti 1. OBBLIGAZIONI NASCENTI DA ATTI UNILATERALI 1.1 Le promesse unilaterali in generale (art. 1987) La promessa unilaterale è un negozio giuridico unilaterale con il quale un soggetto si ob- bliga ad eseguire una determinata prestazione, a favore di un altro soggetto, indipendente- mente dall’accettazione di questi. La promessa si differenzia dal contratto in quanto mentre il contratto è un negozio bilaterale (tipico o atipico) ed è fonte generale di obbligazioni, la promessa è un negozio unilaterale e produce effetti obbligatori nei soli casi pre- visti dalla legge (art. 1987). I caratteri delle promesse unilaterali sono: — l’obbligatorietà: la promessa importa il dovere di adempimento indipendentemente dall’accettazione del destinatario; — l’irrevocabilità; — l’inapplicabilità del binomio onerosità-gratuità: la prestazione non acquista mai il carattere di corrispettivo; — il numero chiuso (numerus clausus). Tra le figure di promesse unilaterali previste dalla legge si ricordino: la promessa di paga- mento (art. 1988); la ricognizione (o riconoscimento) di debito (art. 1988); la promessa al pubblico (art. 1989); i titoli di credito (artt. 1992-2027). 1.2 Promessa di pagamento e ricognizione di debito (art. 1988) La promessa di pagamento è un atto unilaterale con il quale una persona promette il pa- gamento di una determinata somma nei confronti di un’altra. La ricognizione di debito, invece, è un atto unilaterale con cui un soggetto riconosce l’esi- stenza di un proprio debito verso un altro soggetto. Gli istituti suddetti hanno caratteristiche comuni. Infatti entrambi consistono in: dichiarazioni di volontà «inter vivos» unilaterali (in quanto poste in essere da una sola parte); recettizie (in quanto rivolte ad un determinato destinatario); obbligatorie (in quanto chi promette o riconosce il proprio debito si obbliga unilateralmente); astratte, perché da esse non si desume la causa per la quale si promette il pagamento o si riconosce il debito; con effetti probatori (in quanto, una volta poste in essere, dispensano il destinatario dall’onere di provare l’esistenza del rapporto fondamentale, ossia del titolo e, quindi, del fatto costitutivo del credito, che, pertanto, si presume). Si realizza, cioè, l’inversione dell’onere della prova su chi ha emesso la dichiarazione: in altre pa- role chi promette il pagamento o riconosce il debito, per liberarsi dall’obbligo di pagamento (cd. astrazione processuale) dovrà accollarsi l’onere di provare l’eventuale inesistenza o l’illiceità del rapporto sottostante, sul cui presupposto è stata fatta la promessa o il riconoscimento.

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Capitolo

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Sezione SecondaLe altre fonti di obbligazione:

da atti unilaterali e da atti illeciti

1. ObbligaziOni nasCenti da atti unilaterali

1.1 le promesse unilaterali in generale (art. 1987)

La promessa unilaterale è un negozio giuridico unilaterale con il quale un soggetto si ob-bliga ad eseguire una determinata prestazione, a favore di un altro soggetto, indipendente-mente dall’accettazione di questi.La promessa si differenzia dal contratto in quanto mentre il contratto è un negozio bilaterale (tipico o atipico) ed è fonte generale di obbligazioni, la promessa è un negozio unilaterale e produce effetti obbligatori nei soli casi pre-visti dalla legge (art. 1987).

I caratteri delle promesse unilaterali sono:— l’obbligatorietà: la promessa importa il dovere di adempimento indipendentemente

dall’accettazione del destinatario;— l’irrevocabilità;— l’inapplicabilità del binomio onerosità-gratuità: la prestazione non acquista mai il

carattere di corrispettivo;— il numero chiuso (numerus clausus).

Tra le figure di promesse unilaterali previste dalla legge si ricordino: la promessa di paga-mento (art. 1988); la ricognizione (o riconoscimento) di debito (art. 1988); la promessa al pubblico (art. 1989); i titoli di credito (artt. 1992-2027).

1.2 Promessa di pagamento e ricognizione di debito (art. 1988)

La promessa di pagamento è un atto unilaterale con il quale una persona promette il pa-gamento di una determinata somma nei confronti di un’altra.La ricognizione di debito, invece, è un atto unilaterale con cui un soggetto riconosce l’esi-stenza di un proprio debito verso un altro soggetto.Gli istituti suddetti hanno caratteristiche comuni. Infatti entrambi consistono in:— dichiarazioni di volontà «inter vivos» unilaterali (in quanto poste in essere da una sola parte);— recettizie (in quanto rivolte ad un determinato destinatario);— obbligatorie (in quanto chi promette o riconosce il proprio debito si obbliga unilateralmente);— astratte, perché da esse non si desume la causa per la quale si promette il pagamento o si riconosce il debito;— con effetti probatori (in quanto, una volta poste in essere, dispensano il destinatario dall’onere di provare

l’esistenza del rapporto fondamentale, ossia del titolo e, quindi, del fatto costitutivo del credito, che, pertanto, si presume). Si realizza, cioè, l’inversione dell’onere della prova su chi ha emesso la dichiarazione: in altre pa-role chi promette il pagamento o riconosce il debito, per liberarsi dall’obbligo di pagamento (cd. astrazione processuale) dovrà accollarsi l’onere di provare l’eventuale inesistenza o l’illiceità del rapporto sottostante, sul cui presupposto è stata fatta la promessa o il riconoscimento.

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e1.3 la promessa al pubblico (art. 1989)

È la promessa unilaterale, rivolta ad un destinatario indeterminato («in incertam perso-nam»), di effettuare una data prestazione a favore di chi si trovi in una determinata situa-zione (es.: prometto di dare cinquecento euro allo studente che riporterà la media più alta al termine dell’anno scolastico) o compia una data azione (es.: prometto una ricompensa a chi ritroverà un bassotto smarrito).La promessa al pubblico diviene vincolante per il promittente appena è portata a conoscen-za del pubblico.La promessa è revocabile purché (art. 1990):— la revoca avvenga per giusta causa e sia resa pubblica nella stessa forma della promessa;— non si sia già verificata la situazione considerata o non sia stata già compiuta l’azione pre-

vista.

Differenze

La promessa al pubblico va tenuta distinta dall’offerta al pubblico: la prima è caratterizzata da «una prestazione unilaterale che si farà in una determinata circostanza, senza che sia necessaria la formazione di un contratto; offerta al pubblico è, invece, la proposta in incertam personam a concludere un contratto» per il quale è comunque necessaria l’accettazione.

2. ObbligaziOni nasCenti dalla legge

Si parla di obbligazione legale quando manca una volontà intesa a creare l’obbligazione stes-sa. Si tratta di ipotesi in cui l’ordinamento giuridico, per esigenze di ordine sociale, fa ricade-re sul soggetto un’obbligazione: o in quanto questi si trova in una determinata situazione giu-ridica; o perché si verificano presupposti ai quali l’ordinamento stesso ricollega la nascita di un’obbligazione, indipendentemente dalla volontà dell’obbligato. Esaminiamole brevemente.

2.1 la gestione di affari altrui (artt. 2028-2032)

Si ha gestione di affari quando un soggetto (gestore) assume spontaneamente, cioè senza esservi obbligato e senza averne avuto incarico dall’interessato («dominus»), l’amministra-zione di uno o più affari patrimoniali altrui. A tale fatto la legge, concorrendo alcuni requisi-ti, ricollega il sorgere di obbligazioni sia a carico del gestore che a carico del «dominus», cioè del soggetto a vantaggio del quale si è operato. La gestione di affari altrui è riconosciuta solo quando l’interessato non sia in grado di provvedere da sé (art. 2028).Esempio frequente di gestione di affari altrui è quello del vicino che provvede ad una riparazione urgente dell’im-mobile mentre il proprietario è assente (l’impossibilità dell’interessato di provvedere da sé può anche derivare da cause diverse dalla sua lontananza quali malattia, incapacità temporanea di intendere e di volere etc.).

Requisiti della gestione di affari altrui sono l’utilità iniziale della gestione (valutata obiet-tivamente), la mancanza di divieto da parte del «dominus», la consapevolezza dell’alienità dell’affare, la liceità dello stesso e la capacità di agire del gestore (art. 2029).

La negotiorum gestio produce i seguenti effetti:— il gestore ha l’obbligo di continuare la gestione intrapresa, finché l’interessato (o l’erede in caso di morte del

dominus) non sia in condizione di provvedervi da sé (art. 2028), ed è sottoposto a tutti gli obblighi del manda-tario (diligenza del buon padre di famiglia, obbligo di rendiconto etc.);

— il «dominus» deve adempiere, verso i terzi, agli obblighi che gli derivano dai negozi compiuti dal gestore in nome di lui e deve «tenere indenne» il gestore dalle obbligazioni che questi abbia assunto in nome proprio, rimborsandogli le spese sostenute ed i relativi interessi. Da ciò si deduce che il gestore non agisce a proprio rischio (art. 2031).

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Quanto alle azioni nascenti dalla gestione d’affari, si distingue tra:— actio negotiorum gestorum directa, che spetta al dominus per ottenere l’adempimento delle obbligazioni

del gestore;— actio negotiorum gestorum contraria che spetta, invece, al gestore per ottenere l’adempimento delle obbli-

gazioni del dominus.

Differenze

L’istituto della gestione di affari si differenzia da:

— la promessa del fatto del terzo, in quanto in questo caso nessuna influenza si ha nella sfera giuridica del terzo;

— il mandato, poiché in questo caso l’interposizione avviene in forza di contratto;— il contratto a favore di terzo, si tratta di un negozio e non di un atto unilaterale, e inoltre,

perché mentre nel contratto a favore del terzo la prestazione deve essere fatta al terzo, nella gestione il terzo deve eseguirla a favore del gestore.

2.2 il pagamento dell’indebito (artt. 2033-2040)

È l’esecuzione di un pagamento non dovuto.Esso dà luogo ad un’obbligazione di restituzione con il correlativo diritto da parte di chi ha eseguito la prestazione non dovuta di ripetere (ossia di riottenere) quanto dato. La discipli-na contemplata dagli artt. 2037 e ss. concerne l’ipotesi nella quale indebitamente sia stata ricevuta una «cosa determinata»; relativamente alle prestazioni di fare, indebitamente ese-guite, manca una normativa «ad hoc». In tal caso, analogicamente, possono trovare applica-zione, in quanto compatibili, le norme dell’istituto dell’«arricchimento senza causa».

Si ha indebito oggettivo quando chi paga salda un debito che assolutamente non esiste (come ad es. nel caso di prestazione eseguita in esecuzione di un negozio nullo o di un debito già estinto). Si ha, invece, indebito sogget-tivo quando «l’adempiente», che non è debitore, paga per errore scusabile ad un creditore quanto a costui è dovu-to da un terzo. In questo caso, invece, il credito esiste, ma chi paga non è il debitore, trattandosi di un debito altrui.

Nel caso di indebito soggettivo la ripetizione non è ammessa:— quando il creditore si sia privato, in buona fede, del titolo o delle garanzie che assistevano il credito. In tal caso

colui che ha pagato subentra nei diritti del creditore;— quando il pagamento è stato eseguito non ricorrendo la scusabilità dell’errore.

Sussistono casi in cui il pagamento non dovuto non legittima colui che ha adempiuto alla re-stituzione; tali sono:— l’adempimento di una obbligazione naturale;— l’esecuzione di una prestazione contraria al buon costume: è il caso del cd. «negozio im-

morale» (art. 2035);— l’adempimento di un debito prescritto (art. 2940).

2.3 l’ingiustificato arricchimento (artt. 2041-2042)

Tutte le volte in cui al depauperamento di un soggetto corrisponda l’arricchimento senza causa di un altro soggetto, l’ordinamento riconosce al depauperato una speciale azione di ingiustificato arricchimento (art. 2041 c.c.).Non è, pertanto, necessario che l’arricchimento abbia un fondamento economico o etico: è sufficiente giustificazione ogni idoneo titolo legale, giuridico o convenzionale. Quindi, ele-menti per l’esperimento dell’azione sono l’arricchimento di un soggetto, la diminuzione pa-trimoniale di un altro, il nesso causale fra le due variazioni patrimoniali e la mancanza di causa giustificatrice.

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eL’azione in esame è generale e sussidiaria; essa può essere esercitata solo se al danneggia-to non spetti altra azione specifica. Ciò è giustificato dalla circostanza che chi agisce ex art. 2041 c.c. può ottenere, laddove la restituzione non sia più possibile, un indennizzo, limita-to alla somma minore tra l’impoverimento da lui ricevuto e il corrispondente arricchimen-to ottenuto da altra persona in buona fede: in sostanza un indennizzo inferiore a quello ot-tenibile mediante l’esercizio di altre azioni specifiche.

3. ObbligaziOni nasCenti da attO illeCitO

I fatti illeciti rientrano tra le fonti dell’obbligazione (cfr. l’art. 1173), in quanto da essi deri-va l’obbligo di risarcimento del danno a carico del loro autore.Sono fonti non negoziali (o legali), perché l’obbligazione di risarcimento è conseguenza non voluta dall’autore del fatto.

3.1 l’illecito civile (art. 2043)

L’art. 2043 definisce illecito «qualsiasi fatto doloso o colposo che cagioni ad altri un danno ingiusto», sancendo l’obbligo per colui che lo ha commesso di risarcire il danno. Tale nor-ma costituisce il cardine del sistema della responsabilità extracontrattuale.Da ciò risulta che l’attività illecita è fonte di responsabilità civile (e quindi dell’obbligo di ri-sarcimento) in quanto è causa di danno.Atto o fatto illecito non è, tuttavia, ogni fatto dannoso bensì solo quello che cagiona un dan-no ingiusto.Elementi della responsabilità civile (cd. extracontrattuale o aquiliana) sono:— la capacità di intendere e di volere;— il fatto (atto) commissivo o omissivo;— la colpa o il dolo;— il danno;— l’ingiustizia del danno;— il nesso di causalità tra fatto e danno.

3.2 la capacità di intendere e di volere

La responsabilità civile presuppone l’imputabilità: perché il fatto dannoso possa essere imputato all’agente, l’art. 2046 richiede che questi sia capace di intendere e di volere al mo-mento in cui lo ha commesso.

Non è dunque necessaria la capacità legale di agire, richiesta invece per il compimento di negozi giuridici: si ritie-ne infatti sufficiente, per rendersi conto che è illecito cagionare ad altri un danno ingiusto, un grado di maturità in-feriore rispetto a quello necessario per potere amministrare un patrimonio.

L’art. 2046 precisa che l’esclusione della responsabilità dell’incapace di intendere e di vole-re cessa nell’ipotesi in cui il soggetto si sia trovato in tale stato psichico per propria colpa (es.: per essersi ubriacato) o per averlo dolosamente determinato (es.: allo scopo di procu-rarsi una scusa).

3.3 il fatto, la colpa e il dolo

Il fatto è un comportamento umano che può consistere in un atto positivo (commissivo), dal quale il soggetto avrebbe dovuto astenersi, o in un fatto omissivo, cioè in un non facere che determinerà illecito solo se vi era un obbligo giuridico ad agire.La colpa, invece, consiste nella violazione di un dovere di diligenza, cautela o perizia, nei con-fronti dei terzi: l’atto illecito è colposo quando l’evento dannoso non è voluto ma è cagiona-

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to per negligenza, imprudenza o imperizia (cd. colpa generica), ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline (cd. colpa specifica).Sono esempi di fatti colposi:— per negligenza, la diffusione di notizie che risultano diffamatorie allorché il giornalista non si preoccupi di

controllarne la veridicità;— per imprudenza, il ferimento involontario di una persona mentre si maneggia un’arma da fuoco;— per imperizia, il crollo di un edificio causato da un errore dell’ingegnere nel calcolo del cemento armato.

Il dolo, invece, consiste nella volontaria violazione del dovere giuridico; l’atto illecito è dolo-so quando chi l’ha commesso ha agito con la coscienza e la volontà (rectius: con l’intenzio-ne) di cagionare l’evento dannoso.

3.4 il danno ingiusto e il nesso di causalità

Danno ingiusto è la lesione provocata ad un interesse altrui giuridicamente protetto. In altri termini il danno è ingiusto quando lede illegittimamente la sfera giuridica altrui.Si distingue il danno patrimoniale, che si traduce direttamente o indirettamente in un pre-giudizio al patrimonio, dal danno non patrimoniale (o danno morale) che consiste in un pre-giudizio recato direttamente alla persona (art. 2059), senza colpire né il patrimonio di essa né la sua capacità produttiva.Controverso è il problema della risarcibilità del cd. danno biologico o danno alla salute.Secondo l’insegnamento tradizionale, il danno biologico, ossia la menomazione dell’integrità psico-fisica del soggetto:— o si traduce in un danno patrimoniale, nella misura in cui incide sulla possibilità di guadagno (es. mediante

una menomazione della capacità lavorativa), ed è allora risarcibile in via generale;— o costituisce un danno non patrimoniale, e in tal caso è risarcibile (ex art. 2059) solo nei casi determinati dalla

legge, cioè nel caso in cui esso sia cagionato da un fatto costituente reato.Il riconoscimento costituzionale (art. 32) del diritto alla salute come diritto primario ed assoluto ha tuttavia indot-to la dottrina e la giurisprudenza più recenti a considerare la violazione di tale bene come fonte di responsabilità ex art. 2043 al di là delle conseguenze che tale violazione ha prodotto sull’attitudine a produrre reddito.La Corte di Cassazione (sentenza n. 3675 del 6-6-1981) ha perciò formulato il principio secondo il quale «il danno cd. biologico deve essere considerato risarcibile ancorché non incidente sulla capacità di produrre reddito ed anzi, indipendentemente da quest’ultima, le cui menomazioni vanno indipendentemente risarcite».Il danno biologico va considerato come danno connesso al «valore uomo» nella sua concreta dimensione: in esso, perciò, rientrano anche quelle forme di danno non relative alla capacità lavorativa, come il danno estetico, il dan-no alla sfera sessuale. Tale principio è stato ribadito anche dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 3564/1996 che fa confluire nel danno biologico anche le limitazioni alla vita di relazione, decretando, dunque, la fine del dan-no alla vita di relazione come figura autonoma di danno patrimoniale.Da ultimo, una definizione di danno biologico è contenuta nel Codice delle assicurazioni private (D.Lgs. 7-9-2005, n. 209) che, all’art. 139, definisce il danno biologico come la lesione temporanea o permanente all’integrità psi-co-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali riper-cussioni sulla sua capacità di produrre reddito.Conseguentemente all’ammissione del danno biologico la giurisprudenza ha enucleato ulteriori possibilità di le-sione, in rapporto alle molteplici esplicazioni della personalità umana. Con la sent. n. 7713/2000 la Cassazione aveva, pertanto, riconosciuto la risarcibilità del danno cd. esistenziale.La nozione di danno esistenziale farebbe riferimento a qualsiasi evento che, per la sua negativa incidenza sul com-plesso dei rapporti facenti capo alla persona, è suscettibile di ripercuotersi in maniera consistente sulla esistenza di questa determinando una «lesione in sé», a prescindere da lesioni concrete (a differenza del danno biologico) e da una incidenza del fatto-evento su prospettive reddituali (a differenza del danno patrimoniale).Da ultimo, però, la categoria del danno esistenziale è stata rivisitata dalle Sezioni Unite della Cassazione, che ne han-no negato l’esistenza come voce autonoma di danno, statuendo che (26972/2008) il pregiudizio di tipo esistenzia-le può essere risarcito solo se ed in quanto vi è una lesione di diritti costituzionalmente inviolabili della persona.

Tra il fatto imputabile ed il danno deve intercorrere un rapporto di causa ed effetto (nesso causale). Non basta, però, che l’evento dannoso scaturisca da una causa, occorre che ne sia

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euna conseguenza immediata e diretta. Il nesso causale sussiste allorché il danno si verifica, in dipendenza del fatto umano, secondo l’ordine naturale delle cose e non rappresenta il pro-dotto di circostanze eccezionali (principio della causalità adeguata).

3.5 l’effetto della responsabilità civile: il risarcimento del danno

Il risarcimento può essere corrisposto:— per equivalente, con il versamento di una somma di danaro corrispondente alla perdi-

ta subìta e al mancato guadagno. L’obbligo del risarcimento del danno per responsabilità extracontrattuale (considerata la sua funzione di

composizione di interessi tra soggetto leso e soggetto danneggiante e, quindi, di riparazione di un danno) si configura come un «debito di valore». Si converte in «debito di valuta» successivamente alla «liquidazione», ossia alla quantificazione risultante da sentenza di condanna del giudice;

— in forma specifica che, invece, consiste nel ripristino della situazione anteriore al dan-no (art. 2058).

Le tabelle sul risarcimento del danno non patrimoniale elaborate dal tribunale di Milano sono quelle maggior-mente applicate dalle corti di merito e, pertanto, sono le più idonee a essere assunte come parametro generale di valutazione dell’entità del risarcimento, con l’apporto dei necessari e opportuni correttivi ai fini della menziona-ta personalizzazione del danno. In altri termini, le tabelle di Milano hanno assunto, nel tempo, una vocazione na-zionale, in quanto contengono parametri di valutazione del danno idonei, più di altre tabelle, a tradurre in con-creto l’attività equitativa del giudice nella determinazione del danno e a evitare (o quantomeno ridurre), al di là delle diversità delle condizioni economiche e sociali dei diversi contesti territoriali, ingiustificate disparità di trat-tamento (Cass. 14402/2011).

3.6 la responsabilità

Responsabilità vuol dire essere chiamati a rispondere di un certo fatto e subirne le conse-guenze; normalmente il criterio di imputazione del danno è costituito dalla colpa del sog-getto agente.Quella di cui abbiamo fin qui parlato è l’ipotesi normale di responsabilità, e cioè quella dolosa o colposa per fat-to proprio.Accanto ad essa, però, la legge prevede ipotesi particolari in cui si è tenuti a risarcire il danno anche se questo deri-va dal comportamento di un soggetto diverso (cd. responsabilità indiretta) o dal fatto commesso senza dolo e senza colpa in base alla sola sussistenza del rapporto di causalità (cd. responsabilità oggettiva) (GALGANO).In tale ultima evenienza, per liberarsi dalla responsabilità, occorre dimostrare la mancanza del rapporto di causali-tà fra la condotta e l’evento. Tra i principali casi di responsabilità oggettiva si ricordino la responsabilità per i danni prodotti dalla circolazione dei veicoli (art. 2054) e la responsabilità per l’esercizio di attività pericolose (art. 2050).

Non ogni fatto dannoso genera l’obbligo di risarcimento, ma solo il fatto che contrasta con un dovere giuridico (contra ius). Solo in questo caso il danno può ritenersi ingiusto e quin-di meritevole di risarcimento.Di regola, l’obbligo di risarcire il danno incombe su colui che ha commesso il fatto. Talvolta, però, allo scopo di rafforzare la tutela dei danneggiati, è prevista la responsabilità di un sog-getto diverso dall’autore del danno, accanto, eventualmente, alla responsabilità di quest’ultimo.Tra le forme di responsabilità indiretta ricordiamo:a) la responsabilità dei padroni e dei committenti (art. 2049);b) la responsabilità del proprietario per i danni cagionati dal veicolo (art. 2054 comma 3), qualora il proprietario

sia persona diversa dal conducente;c) la responsabilità dei genitori per i danni cagionati dal fatto illecito dei figli minorenni che abitano con essi; analoga

responsabilità è prevista per i precettori e i maestri d’arte per i fatti illeciti dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza (art. 2048).

La responsabilità è esclusa solo se gli interessati provano di non aver potuto impedire il fatto (cd. prova libera-toria).

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3.7 responsabilità contrattuale ed extracontrattuale

Si ha responsabilità contrattuale nel caso di violazione di un dovere specifico, e cioè di un precedente rapporto obbligatorio: l’art. 1218 precisa che, se il debitore non esegue esatta-mente la prestazione dovuta, è tenuto al risarcimento del danno (1).Si ha, invece, responsabilità extracontrattuale o aquiliana nel caso di violazione del do-vere generico del «neminem laedere», cioè del dovere di non ledere l’altrui sfera giuridica correlativo a interessi protetti in modo diretto ed immediato «erga omnes» (diritti soggetti-vi, siano essi reali, siano essi diritti della personalità, artt. 2043 e ss.).La differenza di disciplina giuridica tra i due tipi di responsabilità vige:— riguardo all’onere della prova: nella responsabilità extracontrattuale chi pretende il risarcimento dei danni

(l’attore) deve dimostrare il fatto materiale, cioè la condotta dell’agente, il danno subìto e il rapporto di causa-lità tra la condotta e il danno, nonché la colpa (o il dolo) dell’agente; nella responsabilità contrattuale, invece, l’attore deve dimostrare soltanto l’esistenza dell’obbligazione e l’oggettivo inadempimento, mentre è a carico del debitore, l’onere di provare che l’inadempimento non è a lui imputabile;

— riguardo ai danni risarcibili: mentre in caso di responsabilità contrattuale se l’inadempimento è colposo, e non doloso, sono risarcibili solo i danni prevedibili al tempo in cui è sorta l’obbligazione, nella responsabilità extra-contrattuale sono risarcibili tutti i danni che siano conseguenza immediata e diretta della condotta dell’agente;

— in materia di prescrizione: in caso di responsabilità contrattuale, il diritto al risarcimento dei danni si prescrive, di regola (per i termini più brevi cfr. ad es. gli artt. 2949-2952), nel termine ordinario di dieci anni; mentre in caso di responsabilità extracontrattuale, il diritto al risarcimento si prescrive, di regola, in cinque anni.

(1) Va precisato che la responsabilità contrattuale nasce dall’inadempimento di una precedente obbligazione qua-lunque sia la fonte — contratto, fatto illecito o altro fatto o atto previsto dall’ordinamento da cui tale rapporto nasce — sicché, più correttamente, dovrebbe parlarsi di «responsabilità da inadempimento di un’obbligazione».