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Capitolo 3 Teorie classiche II Questo capitolo è la prosecuzione del precedente e presenta altri tre grandi teorici classici. Il primo, Georg Simmel, è una scelta non con- troversa perché sempre più spesso lo troviamo annoverato a fianco di Marx, Weber e Durkheim tra i fondatori e i maestri indiscussi della so- ciologia. Gli altri due autori rappresentano invece scelte più atipiche e, secondo alcuni, discutibili. Thorstein Veblem, americano, è abitualmen- te ritenuto un economista. Tuttavia, merita di essere riconosciuto tra i grandi teorici del pensiero sociologico classico perché innanzitutto (1) le sue idee erano sociologiche; poi (2) la sua grand theory del cambia- mento economico è assimilabile, sia per il suo obiettivo che per la sua portata, a quelle dei grandi maestri finora discussi (che peraltro hanno sempre avuto qualcosa da dire sull’economia); e infine (3) soltanto lui è riuscito ad anticipare l’epocale mutamento avvenuto nel tardo vente- simo secolo da un’economia che si potrebbe definire “di produzione” a una principalmente orientata al “consumo”. Anche presentare George Herbert Mead, un altro americano, in questo contesto può apparire come una scelta discutibile. Per quanto Mead abbia afferrato meno de- gli altri i grandi cambiamenti e le tematiche cruciali a lui contempora- nee, ha nondimeno sviluppato una teoria che presenta intuizioni uniche nel loro genere, rispetto alla coscienza individuale (inclusi i concetti di “mente” e “Sé”), all’azione e all’interazione. Georg Simmel: la crescente tragedia della cultura Georg Simmel (1858-1918) è un altro importante teorico sociale te- desco. La riflessione di Simmel ruota attorno a quella che egli definiva “la tragedia della cultura”. Tuttavia, prima ancora di procedere su George Ritzer - Teoria sociologica. Radici classiche e sfide contemporanee (C) 2012 Apogeo

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Capitolo 3

Teorie classiche II

Questo capitolo è la prosecuzione del precedente e presenta altri tre grandi teorici classici. Il primo, Georg Simmel, è una scelta non con-troversa perché sempre più spesso lo troviamo annoverato a fianco di Marx, Weber e Durkheim tra i fondatori e i maestri indiscussi della so-ciologia. Gli altri due autori rappresentano invece scelte più atipiche e, secondo alcuni, discutibili. Thorstein Veblem, americano, è abitualmen-te ritenuto un economista. Tuttavia, merita di essere riconosciuto tra i grandi teorici del pensiero sociologico classico perché innanzitutto (1) le sue idee erano sociologiche; poi (2) la sua grand theory del cambia-mento economico è assimilabile, sia per il suo obiettivo che per la sua portata, a quelle dei grandi maestri finora discussi (che peraltro hanno sempre avuto qualcosa da dire sull’economia); e infine (3) soltanto lui è riuscito ad anticipare l’epocale mutamento avvenuto nel tardo vente-simo secolo da un’economia che si potrebbe definire “di produzione” a una principalmente orientata al “consumo”. Anche presentare George Herbert Mead, un altro americano, in questo contesto può apparire come una scelta discutibile. Per quanto Mead abbia afferrato meno de-gli altri i grandi cambiamenti e le tematiche cruciali a lui contempora-nee, ha nondimeno sviluppato una teoria che presenta intuizioni uniche nel loro genere, rispetto alla coscienza individuale (inclusi i concetti di “mente” e “Sé”), all’azione e all’interazione.

Georg Simmel: la crescente tragedia della cultura

Georg Simmel (1858-1918) è un altro importante teorico sociale te-desco. La riflessione di Simmel ruota attorno a quella che egli definiva “la tragedia della cultura”. Tuttavia, prima ancora di procedere su

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questo fronte, dobbiamo prendere confidenza con alcune delle pietre angolari su cui Simmel sviluppò in seguito tutta la sua teorizzazione.

Associazione

Sebbene Georg Simmel abbia proposto una grand theory imperniata sulla tragedia della cultura, la sua fama è spesso associata alla sua teoria della vita quotidiana, che ha raccolto ampi consensi dal mo-mento in cui è stata presentata sino ai giorni nostri. Infatti, più di qualsiasi altro pensatore classico, Simmel era attratto da tutti quei comportamenti o episodi quotidiani che potrebbero apparire banali o privi senso: pensiamo per esempio a individui che cenano insieme, che chiedono indicazioni per strada o che si vestono in modo tale da compiacere gli altri. Queste forme di associazione, o interazione, servono a costruire legami tra gli individui; vengono continuamente create, elaborate, abbandonate, e quindi sostituite da altre forme di associazione. Per Simmel, queste associazioni rappresentano gli ato-mi della vita sociale e come tali andrebbero studiate al microscopio. Questa teoria, come è evidente, differisce significativamente dalle più ambiziose riflessioni di Simmel sulla tragedia della cultura, ma non ne è del tutto scollegata.

Simmel, come Weber, si spinge fino al punto di definire la sociolo-gia come lo studio della vita quotidiana: la sociologia deve sì studiare la società, ma la società altro non è che la somma delle interazioni individuali che la compongono.

Forme e tipi

Simmel ha proposto una importante distinzione tra forme di intera-zione e tipi di attori che interagiscono. Nel mondo reale gli individui devono continuamente confrontarsi con una gamma impressionante di interazioni e di attori che interagiscono tra e con loro, e questo genera frequentemente sconcerto e confusione. Per poter far fronte a questo caos, gli individui riducono il loro mondo sociale a un numero limitato di forme di interazione e di tipi di attori. Prova a pensare al numero incredibile di interazioni che hanno luogo durante una festa: qualcuno ti chiede: “Cosa ti porta a una festa così?” - questa forma di interazione potrebbe essere interpretata in almeno due modi: una

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richiesta di informazione o il desiderio di stabilire una relazione. Data la natura della festa e il modo in cui vengono pronunciate le parole, hai modo di interpretarle come forma di interazione del tipo “tentati-vo di iniziare una relazione” piuttosto che entro la forma “richiesta di informazione”. A seconda poi che tu abbia o meno voglia di flirtare un poco, puoi rispondere “Beh, la possibilità di incontrare qualcuno come te” oppure “L’autobus”. Il fatto è che, siccome in ogni momento della nostra vita stanno succedendo sempre un sacco di cose contem-poraneamente, cerchiamo di ridurre l’interazione a un numero limi-tato di forme così da poter essere in grado di comprenderle meglio e affrontarle nel modo più adeguato.

La stessa cosa avviene quando abbiamo a che vedere con un gran numero di individui con cui potremmo potenzialmente interagire. Per poter gestire meglio la nostra relazione con loro, li riduciamo a un numero limitato di tipi di attori. A una festa qualcuno ci chiede per-ché siamo lì, ma siccome non abbiamo mai incontrato prima que-sta persona, non conosciamo le sue caratteristiche particolari. Se non conosciamo questa persona, come facciamo a risponderle? Secondo Simmel abbiamo a disposizione un insieme di tipi di riferimento e la nostra decisione iniziale sarà di assegnare questo individuo in parti-colare a uno di questi tipi. Si tratta di una proposta seria o solo di un flirt? La risposta a questa domanda è influenzata dal tentativo iniziale di categorizzare questa persona. Puoi poi scoprire in seguito che il tuo giudizio iniziale era del tutto sbagliato e che hai inserito quella persona nella categoria sbagliata. Ciononostante, in un mondo in cui continuiamo a incontrare innumerevoli individui, non possiamo fare a meno di utilizzare questi tipi come prime approssimazioni per deci-dere se iniziare o evitare un’interazione.

Simmel riteneva che gli individui sviluppano automaticamente forme e tipi per poter venire a capo delle proprie interazioni quoti-diane, ma anche il sociologo può compiere la stessa operazione. Per questo Simmel ha prodotto numerosi saggi che trattano le forme di interazione (per esempio tra sovraordinati e sottoposti) e tipi di attori (per esempio lo straniero).

Uno schizzo biografico. Georg Simmel (1858-1918)

Simmel era un uomo ai margini, uno “straniero” nel mondo accade-mico tedesco. Oggi viene ritenuto uno dei grandi maestri della teoria,

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ma nel corso della sua vita ha occupato solo ruoli secondari all’in-terno dell’università: non riusciva a ottenere un salario regolare e dipendeva dalle rette versate dagli studenti. Eppure, ha prodotto un imponente corpus di scritti e opere sociologiche, che i più eminenti intellettuali dell’epoca (a cominciare da Max Weber) tenevano in alta considerazione. Perché dunque era così marginale?Due ragioni in particolare spiccano più delle altre. Innanzitutto non amava scrivere seguendo i canoni stilistici che l’accademia riteneva legittimi e doverosi: i suoi saggi, con titoli e su argomenti spesso po-polari, venivano frequentemente pubblicati su giornali e riviste ri-volti al grande pubblico. Simmel si trovava molto più a suo agio con questo tipo di prodotto che non nella compilazione di spessi tomi enciclopedici (pur avendo scritto anche opere di questo tipo), ma i di-rigenti delle università tedesche dell’epoca spesso non sapevano cosa farsene di questi lavori.L’altra ragione è che Simmel era un ebreo che lavorava in un conte-sto, quello accademico, brulicante di pregiudizi antisemiti. In un rap-porto inviato al Ministero dell’Educazione Simmel veniva descritto come ebreo nell’apparenza, nel modo di comportarsi e nel modo di pensare. Data questa opinione dei colleghi e l’antisemitismo dei tem-pi, non meraviglia che Simmel abbia trovato impossibile incardinarsi in una posizione accademica regolare, per lo meno fin quasi alla fine della sua vita, quando riuscì a ottenere, pur in una università minore, una cattedra vera e propria.

Consapevolezza

La riflessione di Simmel sul concetto di associazione è collegata alla sua concezione di cosa sia la consapevolezza, nozione da cui quella di associazione prende le mosse. Simmel operava infatti secondo l’as-sunto che gli individui si impegnano nell’azione seguendo un processo consapevole: nelle loro interazioni ciascun partecipante è portatore di diverse motivazioni, obiettivi e interessi che si compongono in un processo creativamente consapevole. Simmel riteneva anche che gli individui fossero in grado di confrontarsi mentalmente tra di loro, ponendosi al di fuori delle proprie azioni: in altre parole, gli indivi-dui possono acquisire stimoli esterni, valutarli, tentare diversi corsi d’azione, e quindi decidere cosa fare. Proprio grazie a queste capacità

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mentali gli individui non vengono resi schiavi dagli stimoli esterni o dalle strutture esterne, tuttavia, la mente ha anche la capacità di dotare questi stimoli o strutture esterne di un’esistenza separata e re-ale; in termini sociologici la mente ha la capacità di reificare questi fenomeni. In questo modo, gli esseri umani finiscono con il creare i vincoli che li limitano: attraverso i processi mentali possono liberarsi, imprigionarsi o, più probabilmente, subire una combinazione di en-trambe le cose.

Concetto chiave. Segretezza

La segretezza viene definita da Simmel come la condizione in cui un individuo ha intenzione di nascondere qualcosa mentre un altro aspi-ra a rivelare quanto viene nascosto. Gli individui devono venire a conoscenza di alcune cose rispetto agli altri per poter interagire: per esempio, dobbiamo sapere con chi abbiamo a che fare (si tratta di un amico, un parente, un negoziante…). Possiamo arrivare a conoscere molte cose rispetto agli altri, ma non li conosceremo mai completa-mente: non riusciremo mai a conoscere tutti i pensieri, i cambiamenti d’umore, i tratti di carattere delle altre persone.In tutti gli ambiti della nostra vita acquisiamo non solo certezze e verità, ma anche ignoranza ed errore; tuttavia, è nella nostra intera-zione con gli altri individui che l’ignoranza e l’errore acquisiscono un carattere distintivo, che ha a che vedere con la vita interiore delle persone con cui interagiamo. Gli individui, a differenza di qualsiasi altro oggetto della conoscenza, hanno la capacità di rivelare inten-zionalmente la verità su se stessi oppure di mentire e celare questa informazione.Il fatto è che se anche gli individui volessero rivelare tutto su se stessi (e molto spesso non lo desiderano), non potrebbero comunque far-lo, perché tutta quella quantità di informazioni farebbe ammattire chiunque. Quindi, ogni persona deve selezionare le informazioni che offre agli altri. Secondo Simmel, che aveva una certa sensibilità nei confronti degli aspetti quantitativi dell’esistenza umana, rendiamo partecipi gli altri solo di frammenti delle nostre vite. Per di più, sce-gliamo quali frammenti rivelare e quali nascondere: in tutte le intera-zioni riveliamo solo una parte di noi stessi, e quale parte dipende da come selezioniamo e come combiniamo i frammenti che decidiamo di rendere pubblici.

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La menzogna è una forma di interazione in cui un individuo inten-zionalmente nasconde agli altri la verità. Una menzogna non solo abbandona gli altri individui in una concezione errata, ma questo errore è chiaramente imputabile al fatto che il bugiardo intendeva deliberatamente ingannare gli altri.Simmel ha discusso la menzogna in termini di geometria sociale, spe-cialmente in riferimento all’idea di distanza. Per esempio, possiamo accettare meglio e venire a patti con le bugie di coloro che sono di-stanti da noi: non ci troviamo in grande difficoltà scoprendo che quel tal politico di Roma qualche volta ci racconta una frottola. Al con-trario, troviamo insopportabile che a mentirci siano le persone a noi vicine. La bugia di uno sposo, di un amante, di un figlio ha un impat-to ben più devastante su di noi che la frottola di un amministratore pubblico di cui possiamo venire a conoscenza magari solo attraverso lo schermo televisivo.Più in generale, in termini di distanza, ogni comunicazione quotidia-na combina elementi conosciuti da ambo le parti con elementi cono-sciuti da uno solo dei due partecipanti all’interazione. L’esistenza di questi elementi conosciuti solo unilateralmente porta a una distanza in tutte le relazioni sociali: Simmel sosteneva che tutte le relazioni so-ciali richiedono sia elementi conosciuti agli attori che interagiscono, sia elementi conosciuti da una sola delle due parti. In altre parole, persino le relazioni più intime implicano vicinanza e distanza, co-noscenza reciproca e reciproco occultamento; quindi, la segretezza è parte integrale di tutte le relazioni sociali, sebbene una relazione pos-sa essere distrutta nel momento stesso in cui un segreto viene rivelato.Simmel sostiene che nella forma di associazione più intima e meno segreta, il matrimonio, vi sia la tentazione di chiedere al partner di non avere segreti. Tuttavia, secondo Simmel questo è uno sbaglio. Tanto per cominciare perché tutte le relazioni sociali richiedono una combinazione di verità e di errore: per essere più precisi, la com-pleta trasparenza reciproca (assumendo che questa sia comunque possibile) renderebbe il matrimonio un dato di fatto e rimuoverebbe ogni possibilità di imprevisto. Inoltre, la maggior parte di noi ha del-le risorse interne limitate e ogni rivelazione riduce i tesori nascosti che abbiamo in serbo da offrire agli altri. Solo chi possiede enormi depositi di talenti può permettersi numerose rivelazioni al proprio sposo; tutti gli altri risulterebbero denudati da un eccesso di auto-rivelazione, rendendosi sempre meno interessanti.

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Ampiezza del gruppo

Uno degli aspetti più degni di nota della sociologia della vita quotidia-na di Simmel è il modo in cui il nostro autore ricostruisce le strutture sociali più complesse a partire dalle interazioni di tutti i giorni. Que-sto modo di procedere è evidente nel suo famoso saggio sulle diadi e le triadi. In parole semplici, una diade è un gruppo composto da due persone e una triade è un gruppo composto da tre persone. A primo acchito può sembrare che non ci siano differenze tra l’una e l’altra. Dopo tutto, che differenza può fare una persona in più o in meno? La risposta sorprendente e importantissima di Simmel è che una persona sola fa una differenza enorme. Infatti, sociologicamente si riscontra una differenza cruciale proprio tra i gruppi formati da due o da tre persone: nessuna ulteriore aggiunta all’ampiezza di un gruppo com-posto da più di due persone crea un mutamento tale come quello che si osserva passando da una diade a una triade. A differenza dei gruppi di qualsiasi altra grandezza, infatti, la diade non ha alcun significa-to se non quello attribuitole dai due partecipanti. In una diade non emerge alcuna struttura di gruppo indipendente, perché consiste di soli due individui che interagiscono tra di loro. Ciascuno di questi due individui separati mantiene un alto livello di individualità. Poiché il gruppo non è separabile, non esiste alcuna minaccia collettiva per il singolo membro del gruppo.

Aggiungere una terza persona a una diade, creando una triade, rende invece possibile l’emergere di una struttura di gruppo indi-pendente, ed è questa la differenza cruciale tra una configurazione e l’altra. Nel caso di una triade esiste la possibilità di una minaccia di gruppo nei confronti dell’individualità. Inoltre, l’aggiunta di una terza parte rende possibile la creazione di nuovi ruoli sociali che era-no impensabili o impossibili in una diade: per esempio, un membro della triade può fare da mediatore o da arbitro in una disputa tra gli altri due, oppure, il terzo può sfruttare le incomprensioni tra gli altri due membri per ottenere maggior potere. Ancora, è possibile che due membri del gruppo competano tra loro per aggiudicarsi il favore del terzo, o che il terzo fomenti i rancori tra le due parti, assicurandosi così un maggiore controllo su entrambi. Così, in vari modi, può emer-gere un sistema di autorità e di stratificazione, un sistema che non può esistere in una diade. La trasformazione da una diade a una triade è essenziale per lo sviluppo di strutture sociali che possono diventare separate dai singoli individui e quindi esercitare sugli stessi una forma

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di coercizione. In altre parole, la tragedia della cultura che occupa un ruolo così centrale nella grand theory di Simmel diventa possibile solo quando si è sviluppata per lo meno una triade.

Simmel ci ha offerto numerosissime intuizioni rispetto all’am-piezza del gruppo. Per esempio, anche se può apparire contraddit-torio, ha sostenuto che la libertà dell’individuo aumenta al crescere dell’ampiezza del gruppo di cui è parte. È più facile infatti che un piccolo gruppo eserciti un controllo maggiore sull’individuo, che semplicemente non può scappare dallo sguardo e dal controllo degli altri membri del gruppo. In un gruppo più ampio, invece, l’individuo ha una maggior possibilità di nascondersi, di diventare meno visi-bile e quindi meno soggetto al controllo del gruppo. Nelle società più grandi, e specialmente nelle città, dove plausibilmente coesisto-no molti gruppi diversi, l’individuo è membro di più cerchie sociali contemporaneamente. Di conseguenza, ciascun gruppo è in grado di controllare solo una minima parte del comportamento di un in-dividuo. Tuttavia, in questo tipo di società gli individui diventano soggetti ad altri tipi di controllo, come esemplificato dalla tragedia della cultura, che verrà presentata poco più avanti. Per di più, le masse sono più soggette a essere controllate da un’idea, di solito la più semplice disponibile; la prossimità fisica di un grande numero di individui, specialmente nelle città moderne, li rende più impres-sionabili e più soggetti a seguire idee semplicistiche imbarcandosi in azioni emotive e spesso prive di senso.

La distanza e lo straniero

Sempre seguendo questo stesso filone di “geometria sociale” Simmel si è interessato allo studio della distanza. Per esempio, il tipo sociale precedentemente menzionato, lo straniero, è definito proprio attra-verso il concetto di distanza: lo straniero è colui che non è né troppo vicino né troppo lontano. Se si avvicinasse troppo, non sarebbe più uno straniero, sarebbe un membro del gruppo; ma se fosse troppo lontano cesserebbe di avere qualsivoglia contatto col gruppo stesso. Quindi, per essere stranieri è necessaria una combinazione di vici-nanza e distanza.

La peculiare forma di distanza/vicinanza che esiste tra lo straniero e il gruppo porta a forme di interazione inusuali tra i due. Per esempio, lo straniero può essere più oggettivo nella sua interazione con i membri

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del gruppo: la sua mancanza di coinvolgimento emotivo gli consente di poter esprimere un giudizio spassionato sulle relazioni con i singo-li individui; d’altro canto, proprio perché è straniero, quindi estraneo, i membri del gruppo possono paradossalmente sentirsi più a proprio agio nel fargli le loro confidenze di quanto non sarebbero con gli altri partecipanti alla stessa cerchia sociale. Si sentono liberi di fare confiden-ze allo straniero perché hanno l’impressione che queste non verranno rivelate, esattamente come spesso accade che alcune persone si sentano abbastanza a proprio agio nel raccontare i fatti propri a un tassista che non rivedranno mai più e che difficilmente entrerà in contatto con altri membri del proprio gruppo. Infatti, gli stessi individui possono apparire riluttanti a fare quelle stesse confidenze ad alcuni membri del gruppo per timore che altri potrebbero venirne a conoscenza.

Lo straniero non è solo un tipo sociale, ma possiamo discutere il suo “essere straniero” come una forma sociale di interazione. Per esempio, la misura in cui un individuo è straniero, ovvero quella par-ticolare combinazione di vicinanza e distanza, entra persino nelle no-stre relazioni più intime: persino il più stretto dei matrimoni può ave-re elementi di distanza (gli amici del poker di lui, il gruppo di lettura di lei). Per la precisione, Simmel riteneva che i matrimoni di successo dovessero mantenere un certo grado di estraneità per poter continua-re a essere interessanti.

Concetto chiave. Spazio

Mentre le riflessioni di Simmel sulla distanza sono molto diffuse, la sua più ampia teoria dello spazio è molto meno conosciuta Uno dei suoi aspetti principali riguarda in particolare la definizione dei con-fini dello spazio. La loro importanza ci viene rivelata specialmente quando questi stessi confini appaiono indefiniti o indistinti. Confini indefiniti si osservano quando i gruppi non si limitano ai propri con-fini politici (per esempio una massa di persone in un grande spazio). Trovarsi all’aperto in questo modo rende il gruppo soggetto all’im-pulsività, all’entusiasmo, e suscettibile di manipolazione. Questo, na-turalmente, può essere collegato a cose come la manipolazione e simi-li. Uno spazio è indistinto quando lo stesso spazio risulta non definito a un gruppo, che per qualche ragione viene a ritrovarsi in uno spazio buio come la pece. Tra le altre cose, è probabile che questa condizione porti il gruppo a fantasticare.

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Alcune delle intuizioni più interessanti di Simmel sullo spazio riguar-da il suo punto di vista su “il ponte” e su “la porta”. Per esempio, mentre il ponte porta sempre a una unione, la porta può portare sia alla connessione (quando è aperta) sia alla separazione (quando è chiusa). Simmel ne deduce che la porta abbia quindi un significa-to ben più ricco e più vitale del ponte. La direzione non ha alcuna differenza per i ponti, ma c’è una grande differenza nell’entrare o nell’uscire da una porta.

Distanza e valore

Una delle intuizioni più interessanti di Simmel sulla distanza ha a che vedere con la nozione di valore e in particolare con lo sviluppo di una teoria del valore alternativa a quella proposta da Marx. Simmel soste-neva che il valore delle cose fosse una funzione della loro distanza da noi: quello che troviamo a portata di mano, o che è facile raggiungere, non ha un grande valore; quindi, anche se le nostre vite dipendono dall’aria che respiriamo, nella maggior parte dei casi non la riteniamo preziosa, perché si trova sempre intorno a noi ed è facile da ottenere. Ovviamente, l’aria sarebbe ritenuta molto più importante se ce ne fosse poca (per esempio perché l’inquinamento la rende irrespirabile o pericolosa per la nostra salute) o se fosse difficile da procurarsi (come succede, per esempio, a un malato di enfisema). Analogamente, anche le cose troppo distanti da noi, o troppo difficili da ottenere, non han-no un grande valore. Così un trekking sull’Everest per la maggior par-te di noi non rappresenta un valore, perché è un posto troppo lontano da raggiungere, che richiede troppa fatica, e un eccessivo investimento in denaro per poter prendere parte a una spedizione. A giochi fatti, ciò che riteniamo veramente prezioso è quello che sappiamo di poter ottenere, ma a prezzo di uno sforzo considerevole.

Cultura oggettiva e soggettiva

La tragedia della cultura si basa sulla distinzione tra cultura sogget-tiva (o individuale) e cultura oggettiva (o collettiva). La cultura og-gettiva comprende tutto quanto viene prodotto da una società (gli artefatti, ma anche l’arte, la scienza, la filosofia, e così via); la cultura

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