CAPITOLO 3 La procedura e l’iter del contenzioso ... · 50 Dal momento che l’esatto adempimento...

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49 CAPITOLO 3 La procedura e l’iter del contenzioso tributario. A cura di Matteo Manfriani e Federico Pianigiani 3.1. Il procedimento davanti la CTP Fiorentina………….... pag. 49 3.1.1. Preventiva verifica della corretta e tempestiva notificazione dell’atto originante il contenzioso tributario……………………………………………….. pag. 49 3.1.2. Calcolo termine per la proposizione del ricorso………. pag. 51 3.1.3. Redazione ricorso procura alla lite istanza di pubblica udienza - istanza sospensione giudiziale…… pag. 52 3.1.4. Proposizione del ricorso: notifica all’organo che ha emanato l’atto impugnato……………………………... pag. 59 3.1.5. Proposizione del ricorso: costituzione in giudizio pag. 60 3.1.6 Una volta ricevuto l’avviso di trattazione, consultare il fascicolo di causa…………………………………….... pag. 61 3.1.7. Discussione in pubblica udienza e successiva comunicazione del dispositivo da parte della segreteria pag. 63 3.2. Il procedimento davanti la CTR Toscana…………….. pag. 64 3.2.1 Il sistema delle impugnazioni…………………………. pag. 64 3.2.2. Procedimento a seguito di sentenza della CTP interamente favorevole al contribuente ed appellata dall’Ufficio…………………………………………….. pag. 66 3.2.3. Procedimento a seguito di sentenza della CTP contraria al contribuente ed appellata dal medesimo……………. pag. 70 3.2.4. Procedimento a seguito di sentenza della CTP parzialmente favorevole al contribuente ed appellata dall’Ufficio…………………………………………….. pag. 75 3.2.5. Decisione della CTR Toscana ed eventuale ricorso in Cassazione (brevi cenni)………………………………. pag. 77 3.1. Il procedimento davanti la CTP Fiorentina. 3.1.1. Preventiva verifica della corretta e tempestiva notificazione dell’atto originante il contenzioso tributario. Dopo la propedeutica verifica sull’impugnabilità dell’atto (vedasi art. 19 D.Lgs. 546/1992 – d’ora in avanti il Decreto - per l’esatta individuazione degli atti impugnabili) occorre riscontrare la corretta e tempestiva notificazione dell’atto originante il contenzioso tributario.

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CAPITOLO 3

La procedura e l’iter del contenzioso tributario.

A cura di Matteo Manfriani e Federico Pianigiani

3.1. Il procedimento davanti la CTP Fiorentina………….... pag. 49

3.1.1. Preventiva verifica della corretta e tempestiva

notificazione dell’atto originante il contenzioso

tributario………………………………………………..

pag.

49

3.1.2. Calcolo termine per la proposizione del ricorso………. pag. 51

3.1.3. Redazione ricorso – procura alla lite – istanza di

pubblica udienza - istanza sospensione giudiziale……

pag.

52

3.1.4. Proposizione del ricorso: notifica all’organo che ha

emanato l’atto impugnato……………………………...

pag.

59

3.1.5. Proposizione del ricorso: costituzione in giudizio pag. 60

3.1.6 Una volta ricevuto l’avviso di trattazione, consultare il

fascicolo di causa……………………………………....

pag.

61

3.1.7. Discussione in pubblica udienza e successiva

comunicazione del dispositivo da parte della segreteria

pag.

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3.2. Il procedimento davanti la CTR Toscana…………….. pag. 64

3.2.1 Il sistema delle impugnazioni…………………………. pag. 64

3.2.2. Procedimento a seguito di sentenza della CTP

interamente favorevole al contribuente ed appellata

dall’Ufficio……………………………………………..

pag.

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3.2.3. Procedimento a seguito di sentenza della CTP contraria

al contribuente ed appellata dal medesimo…………….

pag.

70

3.2.4. Procedimento a seguito di sentenza della CTP

parzialmente favorevole al contribuente ed appellata

dall’Ufficio……………………………………………..

pag.

75

3.2.5. Decisione della CTR Toscana ed eventuale ricorso in

Cassazione (brevi cenni)……………………………….

pag.

77

3.1. Il procedimento davanti la CTP Fiorentina.

3.1.1. Preventiva verifica della corretta e tempestiva notificazione

dell’atto originante il contenzioso tributario. Dopo la propedeutica verifica sull’impugnabilità dell’atto (vedasi art. 19

D.Lgs. 546/1992 – d’ora in avanti il Decreto - per l’esatta individuazione

degli atti impugnabili) occorre riscontrare la corretta e tempestiva

notificazione dell’atto originante il contenzioso tributario.

50

Dal momento che l’esatto adempimento da parte del contribuente di ogni

imposta, tassa, contributo o altro gravame può esser contestato dall’organo

accertatore entro un determinato lasso di tempo (per verifica dei termini di

accertamento delle principali imposte e tasse si rimanda alla tabella 3 Sez. I

in allegato), occorre controllare immediatamente la tempestiva

notificazione, da parte dell’organo accertatore dell’atto originante il

contenzioso.

La Corte Costituzionale, con la recente sentenza n. 3/2010, ha dichiarato

l’illegittimità costituzionale dell’art. 140 c.p.c. nella parte in cui, come da

interpretazione del diritto vivente espresso dalla giurisprudenza di

Cassazione (SS.UU. sentenza 13 gennaio 2005, n. 458) stabilisce che gli

effetti della notifica decorrono, nei confronti del notificatario, dalla data di

spedizione della raccomandata anziché dalla data in cui questi ha ricevuto il

plico o, comunque decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione.

Al contrario, a seguito di tale pronuncia, è ora presente nel nostro

ordinamento processuale, il principio in base al quale il momento in cui la

notifica si deve considerare perfezionata per il notificante deve distinguersi

da quello in cui la stessa è ritenuta perfezionata per il notificatario , ossia il

principio di “scissione del momento di perfezionamento della notifica”: il

perfezionamento dell’atto segue strade separate per chi lo emette e per chi lo

riceve. Con riguardo alla materia tributaria qualora la notifica dell’atto

avvenga tramite le modalità previste dall’art. 140 c.p.c., il termine a quo per

la proposizione del ricorso non coincide più con la data di spedizione della

raccomandata bensì con quello della ricezione della stessa, o, comunque,

decorsi dieci giorni dal momento della relativa spedizione.

La recente Giurisprudenza (Cassazione sentenza 16 marzo 2011, n. 6102),

contrariamente ad un suo precedente orientamento (Cassazione sentenza 21

agosto 2001, n. 11105) e penalizzando oltremisura i contribuenti non

reperibili di fronte al fisco, ha sancito che per i contribuenti “irreperibili

assoluti” non è necessaria la raccomandata con avviso di ricevimento, come

disposto dall’art. 140 c.p.c..

La c.d. “irreperibilità assoluta” riguarda il caso in cui il messo non reperisca

il contribuente che, dalle notizie acquisite all’atto della notifica, risulti

trasferito in luogo sconosciuto, da cui discende il venir meno della necessità

della raccomandata.

Ai sensi dell’art. 60 del D.P.R. 600/1973 la notifica degli atti fiscali è valida

con l’affissione dell’avviso di deposito dell’atto nell’albo comunale e si ha

per eseguita l’ottavo giorno successivo, nonostante tale norma preveda che

per le notifiche degli atti tributari devono esser osservate le disposizioni ex

art. 137 e segg. c.p.c. (in effetti l’art. 140 c.p.c. prevede che in caso di

assenza del destinatario, rifiuto, assenza o inidoneità delle persone abilitate

a ricevere la copia dell’atto l’ufficiale giudiziario deve provvedere a:

depositare la copia dell’atto nella casa comunale, ad affiggere l’avviso del

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deposito alla porta dell’abitazione o ufficio o dell’azienda del destinatario,

dare notizia al destinatario tramite raccomandata a.r.).

Al contrario la “irreperibilità relativa”, disciplinata dall’art. 140 c.p.c. ed

applicabile per la notifica degli accertamenti (stante il rinvio dell’art. 60

D.P.R. 600/1973) riguarda invece i casi in cui non sia possibile eseguire la

notifica per irreperibilità, incapacità o rifiuto delle persone legittimate alla

ricezione del provvedimento: in questo caso l’agente notificatore ai sensi

dell’art. 140 c.p.c., deposita la copia dell’atto da notificare alla casa del

Comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito in

busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione/ufficio/azienda del

destinatario e gliene da notizia tramite r.a.r..

3.1.2. Calcolo termine per la proposizione del ricorso.

Il ricorso deve esser proposto entro e non oltre 60 giorni dalla data di

notificazione dell’atto impugnato. Come si evince dall’art. 21 del Decreto

tale termine è perentorio, per cui la sua inosservanza (che è rilevabile anche

d’ufficio in ogni grado di giudizio) comporta l’inammissibilità del ricorso.

Tale tassatività non viene meno neanche per effetto di “atipici differimenti”

(tra l’altro in spregio dello Statuto del Contribuente) ad opera di circolari o

comunicazioni ministeriali: l’Amministrazione Finanziaria ad esempio può

sospendere o limitare la sua azione ma non può in alcun modo incidere sul

termine prescritto dalla normativa in oggetto (vedasi ad esempio CTP

Alessandria sentenza 10 marzo 1999 n. 165).

Per il computo dei termini vanno rispettate le norme contenute nell’art. 2963

c.c. e dall’art. 155 c.p.c. .

Nel calcolo dei giorni utili alla proposizione del ricorso si esclude il dies a

quo, ossia il giorno iniziale in cui ad esempio si è ricevuto l’atto notificato,

mentre si conteggia il dies a quem , ovvero il giorno finale.

Se il giorno finale del termine è festivo, la scadenza è prorogata al primo

giorno successivo non festivo (si precisa che il sabato, a seguito della

modifica dell’art. 155 c.p.c. è parificato a tutti gli effetti ad un giorno

festivo).

Anche al processo tributario è applicabile il cosiddetto periodo feriale (pari

a 46 giorni intercorrenti dal primo agosto al 15 settembre di ogni anno) per

cui in tale lasso di tempo i termini risultano sospesi.

Si precisa che, a norma del secondo comma dell’art. 21 del Decreto, il

ricorso avverso il silenzio rifiuto tacito della restituzione ex art. 19 c.1. lett.

g) del Decreto può esser proposto decorsi 90 giorni dalla domanda stessa di

restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta e

sino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto.

Per l’esatto termine per la proposizione del ricorso si rimanda alla Tabella 4

Sezione I, in allegato.

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3.1.3. Redazione ricorso – procura alla lite – istanza di pubblica udienza

e istanza sospensione giudiziale. E’ sempre il contribuente che si rivolge al giudice tributario, dato che

l’Amministrazione, in base alla origine amministrativistica della tassazione,

va ad incidere di propria iniziativa, con atti unilaterali (spesso addirittura

senza alcun contraddittorio), nella sua sfera privata.

Il ricorso del contribuente alla Commissione tributaria provinciale

costituisce l’atto introduttivo, centrale e basilare di tutto il processo

tributario ed ha la funzione, tramite il cosiddetto “principio della domanda”,

di chiamare in giudizio l’Ente che ha emesso l’atto impugnato (vocatio in

ius) e di domanda di tutela giurisdizionale rivolta al giudice (edictio

actionis).

Data la natura “documentale” e “cartolare” del processo tributario, il ricorso

introduttivo è l’atto di maggior rilevanza, in quanto, giusto il disposto

dell’art. 57 (che vieta la proposizione di domande nuove nel giudizio di

appello) e del successivo art. 58 (che vieta ai giudici di secondo grado di

disporre nuove prove, salvo casi particolari che saranno esaminati nei

prossimi paragrafi), il ricorrente deve indicare i motivi e le prove di fatto e

di diritto a sostegno della sua tesi.

Per valutare il fondamento probatorio delle pretese della controparte,

occorre infatti risolvere “questioni di fatto”, ossia stabilire in che modo si

sono svolti eventi del passato, e “questioni di diritto” che attengono

all’applicazione di disposizioni normative (cristallizzate nella c.d.

“gerarchia delle fonti”) su tali avvenimenti passati.

Nel giudizio di fatto vengono interpretati elementi conoscitivi inerenti ad

eventi passati (quali a mero titolo esemplificativo documenti, reperti fisici,

materiale fotografico, dichiarazioni scritte di terzi).

Nel giudizio di diritto vengono interpretati testi normativi inerenti alla

materia del contendere.

Questo aspetto interpretativo, tipico dei giudizi di fatto, dà risalto al

probabilismo (nei casi in cui la ricostruzione appare molto probabile si usa

infatti l’espressione “al di sopra di ogni ragionevole dubbio”).

Il giudizio di fatto deve in sostanza individuare il più probabile andamento

dei fatti passati, in base a considerazioni empiriche di esperienza comune (id

quod plerumque accidit) e dunque il ricorso deve tendere a convincere il

giudice che la ricostruzione degli eventi passati è “fortemente probabile”.

Il giudizio di fatto è poi doverosamente verificabile attraverso la

motivazione, che ovviamente può esser sindacata attraverso un appello ai

giudici di secondo grado (vedasi paragrafo 3.2.), nella quale viene illustrato

il percorso logico-argomentativo che ha portato ad una determinata

decisione.

Il “principio della domanda” è in stretta correlazione con la decisione del

giudice, poiché delimita il thema decidendum, determinando così il potere-

dovere del giudice di decidere: in base all’art. 112 c.p.c. il giudice deve

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pronunciare esclusivamente nei limiti della corrispondenza tra il chiesto ed

il pronunciato (di guisa, in base al “principio della corrispondenza tra

chiesto e il pronunciato” è fatto obbligo al giudice di pronunciare entro tale

limite).

Altro fondamentale principio del processo tributario, da tener presente nella

proposizione del ricorso introduttivo, è costituito dal “principio dispositivo e

inquisitorio” (art. 7 del Decreto) secondo il quale il Giudice deve decidere

sulla base di ciò che risulta dell’atto impugnato, dalle censure fatte valere

dal ricorrente e dalle controdeduzioni fatte valere dall’organo impositore.

Occorre dunque verificare attentamente l’allegazione dei fatti sui quali i

giudici devono pronunciarsi ed acquisire i mezzi di prova inerenti a quei

fatti: è il ricorrente che ha sia l’onere di allegazione dei fatti che quello di

indicare le relative prove.

Ma accanto a tali “oneri della prova”, il giudice tributario può acquisire

informazioni utili per pronunciarsi attraverso numerosi mezzi istruttori a sua

disposizione (anche se attenuati con la formulazione dell’art. 7 comma 4 che

vieta, in sede di processo tributario, il giuramento e la prova per testimoni).

Per non ledere il principio costituzionale di cui all’art. 111 comma 2 Cost. –

“parità delle parti nel processo” - il ricorrente può però produrre in

giudizio dichiarazioni scritte di terzi (aventi carattere testimoniale), che

possono costituire utili indizi che dovranno poi esser liberamente apprezzati

e valutati dal giudice (Cassazione sentenza del 10 ottobre 2002, n. 5957;

Cassazione sentenza del 22 dicembre 1999, n. 14427 in base alle quali pur

dovendo esser liberamente valutate dal giudice possono costituire prove

sufficienti dei fatti posti dall’Ufficio alla base delle proprie pretese;

Cassazione sentenza del 15 novembre 2000, n. 14774 in base alla quale tali

dichiarazioni integrano semplici elementi indiziari).

Nella redazione del ricorso introduttivo inoltre è opportuno tener presente le

recenti novità legislative (vedesi capitolo 2 su art. 2 e 3 D.L. 40/2010 cd.

“Decreto Incentivi”) in tema di “disponibilità delle prove”: la novella

introdotta nell’art. 115 c.p.c. rappresenta il punto cruciale della difesa

tributaria e, recependo il recente e consolidato orientamento

giurisprudenziale, viene statuito che i fatti allegati da una parte devono esser

considerati “pacifici” se la controparte li abbia esplicitamente ammessi o

abbia assunto una posizione difensiva incompatibile con la loro negazione

(Cassazione sentenza del 14 marzo 2006 n. 5488). Risulta dunque

indispensabile una puntuale contestazione, sin dal ricorso introduttivo, delle

eccezioni di controparte, evitando qualsiasi forma generica.

Il ricorso deve esser redatto nel modo più chiaro possibile in modo da

facilitare l’evidenziazione e la bontà delle proprie ragioni, tenendo presente

il “principio del libero convincimento del giudice” (art. 116 c.p.c.): a

prescindere infatti dai casi di prova legale (atto pubblico, confessione del

ricorrente) le prove e tutti gli elementi processuali sono valutati liberamente

dal giudice “secondo il suo prudente apprezzamento”.

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Il giudice, secondo logica e buon senso, può scegliere tra i vari elementi

probatori a sua disposizione, in quanto non esiste una precostituita gerarchia

dei mezzi di prova (Cassazione sentenza del 20 giugno 1994 n. 5925): tra

più elementi potrà valutare quello/quelli più attendibili e porli alla base della

decisione (si specifica che secondo la Cassazione sentenza del 18 maggio

1994 n. 4833, il giudice possa radicare il suo convincimento anche su di una

sola presunzione).

Gli elementi essenziali del ricorso (vedasi fac-simile n.1 e n.2 nella Sezione

II atti del contenzioso tributario, in allegato al presente lavoro), individuati

dall’art. 18 del Decreto, sono costituiti dall’indicazione:

a) della Commissione tributaria provinciale a cui è diretto (ossia quella

territorialmente competente, quella nel cui ambito ha sede l’organo

impositore che ha emanato l’atto generante il contenzioso);

b) del ricorrente e del suo legale rappresentante, della relativa residenza o

sede legale o domicilio eventualmente eletto nel territorio dello Stato,

nonché del codice fiscale e dell’indirizzo di posta elettronica certificata;

c) dell’ufficio del Ministero delle Finanze o ente locale o concessionario del

servizio di riscossione nei cui confronti il ricorso è proposto (la

controparte resistente). Si specifica che nella provincia di Firenze dal 8

febbraio 2010 è attiva la Direzione Provinciale di Firenze, che si articola

in un Ufficio Controlli ed in quattro Uffici Territoriali. Per quanto attiene

al Contenzioso i ricorsi proposti dal 8 febbraio 2010 devono indicare

come controparte l'Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di

Firenze - Ufficio Controlli – Area Legale - Via Santa Caterina d’Alessandria n. 23 - 50129 Firenze;

d) dell’atto impugnato e dell’oggetto della domanda (petitum);

e) dei motivi (causa petendi);

f) della sottoscrizione da parte del ricorrente e/o del professionista all’uopo

delegato mediante mandato.

Ai sensi del novellato comma 4 dell’art. 18 del Decreto il ricorso è

inammissibile se manca o è assolutamente incerta una delle indicazioni di

cui alle lettere sopraindicate, ad eccezione di quella relativa al codice fiscale

e all’indirizzo di posta elettronica certificata.

Si precisa che a norma dell’art. 13, comma 3-bis, del D.P.R. 30 maggio

2002 n.115 (d’ora in avanti T.U.S.G. – acronimo di testo unico delle

disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia),

come modificato dalla lettera q) dell’art. 37, comma 6, decreto legge n.

98/2011 e dall’art. 2, comma 35-bis, lett. B), del decreto legge n. 138/2011,

convertito dalla legge n. 148/2011, in caso di omessa indicazione del

proprio indirizzo di posta elettronica certificata e del codice fiscale, il

contributo unificato (vedi infra) è aumentato della metà.

Inoltre, ai sensi dell’art.14, comma 3 bis del T.U.S.G. il valore della lite, a

partire dal 17 settembre 2011 - a seguito dell’entrata in vigore della legge di

conversione del D.L. n. 138 del 13 agosto 2011 - deve risultare da apposita

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dichiarazione rilasciata dalla parte e apposta nelle conclusioni del ricorso

(vedasi atto del contenzioso n. 1 e n. 2, in allegato Sez.I).

In merito alle liti di valore non superiore a Euro 20.000,00 con riferimento

agli atti notificati a decorrere dal 1° aprile 2012, l’art. 17-bis prescrive, a

pena di inammissibilità del ricorso, la presentazione di un apposito reclamo

da presentare alla Direzione Provinciale o alla Direzione Regionale che ha

emanato l’atto (per maggiori dettagli su reclamo e mediazione vedasi

capitolo 2).

Sin dal ricorso introduttivo, proprio tenendo conto del fondamentale

“principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato”, è dunque

fondamentale specificare la causa petendi, ossia il fatto giuridico che

l’attore pone a fondamento della sua domanda, ed il petitum, che

sostanzialmente è ciò che viene richiesto al giudice, ovvero lo specifico

provvedimento richiesto, che in relazione alla prospettazione della causa

petendi fatta valere nel ricorso, sia idoneo a dare una risposta di giustizia

adeguata a fornire una concreta soddisfazione del diritto che viene ritenuto

leso.

Per quanto attiene i requisiti formali del ricorso, a decorrere dal 7 luglio

2011, a seguito delle novità introdotte dall’art. 37, comma 6, del D.L. 6

luglio 2011, n. 98 all’art. 18, comma 1, secondo periodo del T.U.S.G.,

l’imposta di bollo (sinora adempiuta con l’apposizione di marche da bollo

da Euro 14,62 ogni 4 facciate) è stata sostituita dal contributo unificato, il

cui importo, commisurato al valore della lite, varia da un minimo di Euro

30,00 ad un massimo di Euro 1.500 (vedasi tabella al capitolo 2 paragrafo

2.2.1.).

L’attuale art. 18, comma 1, quarto periodo del T.U.S.G. stabilisce infatti che

gli atti e provvedimenti del processo tributario sono “… tutti gli atti

processuali, inclusi quelli antecedenti, necessari o funzionali al

procedimento giurisdizionale tributario”.

Per il pagamento del contributo unificato sono previste 3 distinte modalità:

a) versamento, anche telematico, tramite modello F23, codice tributo 941T

(codice tributo 750T solo a seguito dell’invito dell’ufficio di segreteria a

regolarizzare il tributo), codice ufficio per CTP Firenze: U65, codice

ufficio per CTR Firenze: Z01;

b) versamento agli uffici postali attraverso il conto corrente intestato alla

Tesoreria dello Stato competente per provincia;

c) versamento presso le rivendite di generi di monopolio e di valori bollati.

Le ricevute di pagamento del contributo unificato si allegano al ricorso che

si deposita presso la segreteria della Commissione Tributaria competente.

Per maggiori dettagli in merito all’introduzione del contributo unificato nel

processo tributario si veda Circolare Ministero Economia e Finanze n. 1/DF

del 21 settembre 2011.

Ai sensi dell’art. 12 del Decreto, per valore della lite, il cui importo deve

esser indicato nelle conclusioni del ricorso (pena pagamento del contributo

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unificato nella misura massima di Euro 1.500,00) si intende l’importo del

tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni; nel caso di atti

contenenti solo sanzioni, il valore della lite è data dalla sommatoria delle

stessa.

Il ricorso deve esser sottoscritto dal difensore del ricorrente, in base ad

apposita procura notarile o più semplicemente in calce o a margine come

detto precedentemente.

Solo nei due casi espressamente sanciti dai commi 5 e 6 dell’art. 12,

controversie minori (controversie di valore inferiore ad � 2.582,28) o

soggetto abilitato a difendere altri (soggetti individuabili dal comma 2

dell’art. 12 ovvero principalmente dottori commercialisti e ragionieri,

avvocati, periti commerciali, consulenti del lavoro purché non dipendenti

della Pubblica Amministrazione), il ricorso può esser direttamente

sottoscritto dal ricorrente (o dal suo legale rappresentante).

Si rammenta che la sottoscrizione del ricorso deve esser apposta sia

sull’originale del ricorso (da notificare all’organo impositore) che sulle

copie destinate alle altre parti, a pena di inammissibilità del contenuto

dell’atto (cd. “inesistenza giuridica” dell’atto non sottoscritto, vedasi

Cassazione sentenze numero 4999/2001; 4051/2001; 6111/1999).

Il redattore del ricorso deve verificare che lo stesso non presenti cause di

inammissibilità, ovvero:

a) mancanza o assoluta incertezza di un requisito essenziale ex art. 18 c.2

del Decreto (ad eccezione del codice fiscale e dell’indirizzo di posta

elettronica certificata);

b) mancanza della sottoscrizione del difensore abilitato, o quando possibile

del ricorrente (la Cassazione con la sentenza n. 21172 del 31 ottobre

2005 ha ritenuto comunque valido il ricorso con sottoscrizione del

difensore esclusivamente in sede di autentificazione della procura, in

calce o a margine dell’atto, perché in tal caso comunque si “assolve al

duplice scopo di certificare l’autografia del mandato e di sottoscrivere

l’atto”;

c) per le controversie di valore non superiore ad Euro 20.000,00 inerenti ad

atti suscettibili di reclamo notificati a decorrere dal 1° aprile 2012,

relative ad atti emessi dall’Agenzia delle Entrate, presentazione di

preventivo reclamo (ex art. 17-bis) alla Direzione provinciale o alla

Direzione regionale che ha emanato l’atto.

Come ormai consolidato nella attuale giurisprudenza, il ricorso privo di un

requisito essenziale si considera “inesistente” ed il suo difetto è insanabile.

Se al contrario non risponde ai requisiti propri della normativa, ma

assolvendo la sua funzione è in grado di raggiungere lo scopo, l’atto

irregolare (“nullo”) mantiene rilievo in quanto il raggiungimento dello

scopo ha sanato il difetto.

A parere di chi scrive, inoltre, dal 1° ottobre 2011, attraverso il ricorso

introduttivo è opportuno richiedere con sempre maggior frequenza alla CTP,

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ove ne ricorrano i requisiti, la sospensione dell’esecuzione dell’atto

impugnato (ex art. 47), anche eventualmente proponendo la concessione di

idonea garanzia mediante cauzione, fideiussione bancaria o polizza

assicurativa (ex art. 47 comma 5), in modo da evitare i gravi danni

economici e finanziari che potrebbero derivare ad esempio da un ipoteca su

beni aziendali (si pensi ad esempio al credit crunch che potrebbe derivare da

un ipoteca legale su immobili strumentali del contribuente).

La procedura ordinaria prevede che l’istanza di sospensione sia decisa, entro

180 giorni dalla data di presentazione della stessa, in modo collegiale dalla

Commissione, con apposita ordinanza; in casi eccezionali, nel momento in

cui il difensore riesce a comprovare motivi di urgenza, il provvedimento di

sospensione può esser adottato provvisoriamente, con apposito decreto, dal

Presidente (si evidenzia che il decreto del Presidente dovrà esser in seguito

confermato in sede di esame collegiale della Commissione).

L’art. 29 del D.L. 78/2010, norma più diffusamente esaminata nel capitolo

dedicato alle novità normative del contenzioso, ha infatti previsto che gli

avvisi di accertamento emessi, a partire dal 1° ottobre 2011, dall’Agenzia

delle Entrate (ai fini imposte sui redditi, Irap e dell’Iva inerenti ai periodi

d’imposta non anteriori al 2007) diventeranno titoli esecutivi dopo 60 giorni

dalla notifica e dovranno indicare espressamente che decorsi 30 giorni dal

termine ultimo per il pagamento (coincidente con il termine di proposizione

del ricorso) la riscossione delle somme richieste, in deroga alle disposizioni

in materia di iscrizione a ruolo (e della successiva fase di spettanza degli

agenti di riscossione di formazione e notifica della cartella di pagamento), è

affidata in carico agli agenti della riscossione, anche ai fini dell’esecuzione

forzata.

L’atto impugnato è, dal 1° ottobre 2011, di per sé idoneo a fungere da titolo

esecutivo prodromico all’adozione delle misure cautelari previste dalla

legge per preservare i crediti erariali o all’avvio delle procedure

espropriative finalizzate alla riscossione degli stessi.

Alla luce di tale innovazione normativa l’istanza di sospensione degli effetti

dell’atto impugnato, procedimento cautelare incidentale endoprocessuale,

dovrà esser riportata all’interno del ricorso introduttivo (vedasi bozza n. 2

sez. I), ben illustrando le condizioni indispensabili per la concedibilità della

sospensione:

a) fumus boni juris: si verifica quando, da una delibazione nel merito,

ovvero da un esame sommario, il ricorso appare fondato;

b) periculum in mora: ovvero quando nel periodo (di solito lungo) di tempo

necessario a far valere il suo diritto in via ordinaria (attraverso il ricorso

principale) il contribuente potrebbe subire un danno grave ed

irreparabile.

La gravità del danno va valutata in relazione alle condizioni economiche

specifiche del ricorrente e dalle conseguenze che gli possono derivare

dall’atto impugnato.

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La giurisprudenza ha ravvisato il requisito della gravità del danno:

� nel caso di società con situazione finanziaria tale da non consentirle di far

fronte alla riscossione provvisoria se non attraverso lo smobilizzo a

condizioni svantaggiose delle proprietà immobiliari (CTP Firenze

Ordinanza 10 gennaio 1997 n. 1);

� nella sproporzione esistente tra il vantaggio derivante al creditore

procedente ed il pregiudizio derivante al debitore esecutato (CTP Novara,

ord. 02 dicembre 1996);

� nella specifica situazione soggettiva del contribuente (CTP Reggio

Emilia sez. VI ord. 05 luglio 1996);

� nella consistenza della pretesa erariale (CTP Lecce sez. VI, ord. 29

giugno 1996, ha ad esempio rigettato la sospensione “in ragione della

somma di denaro non certamente proibitiva” (� 2.892,16).

L’ irreparabilità del danno va valutata anch’essa i termini relativi, ovvero di

“lesione del diritto del contribuente tale da pregiudicarlo seriamente” o “di

danno ingiusto che incide stabilmente” sul contribuente, la sua famiglia e la

sua impresa, arte o professione.

La giurisprudenza ha ravvisato il requisito dell’irreparabilità del danno:

� caso di impresa con esposizione bancaria tale da non consentirle

l’assolvimento della riscossione provvisoria, con conseguente rischio di

pignoramento ed asportazione di beni aziendali strumentali aziendali

all’attività dell’impresa stessa nonché sulle possibili ripercussioni sulla

situazione occupazionale dei dipendenti (CTP Latina sez. III ordinanza

08 maggio 1996);

� quando l’entità dell’importo in contestazione (in senso assoluto e

relativo) e la lunghezza nei tempi dell’eventuale rimborso, possono

generare un danno non rimediabile (CTP Parma, sez. IX, ord. 31 maggio

1996, n. 732);

� quando il pagamento delle somme richieste a titolo di riscossione

provvisoria potrebbe esser effettuato solamente ricorrendo a mezzi

straordinari (CTP Bari sez X, ordinanza 03 maggio 1996);

� quando la riduzione della materia del contendere rileva la sproporzione

della somma iscritta a ruolo, tenendo presente che l’entità del patrimonio

personale dei soci da adeguate garanzie di solvibilità (C.T.P. Genova,

ord. 30 luglio 1996).

La valutazione sulla sussistenza o meno del danno “grave ed irreparabile”

deve esser eseguita con riferimento alla specifica attività svolta dal

contribuente ed in base alle sue concrete disponibilità finanziarie; la

Commissione deve ponderare il concetto di gravità ed irreparabilità, di volta

in volta, senza considerazioni astratte, in base alle peculiari condizioni

economiche-finanziarie del contribuente (vedasi sull’argomento C.T.P.

Pesaro, sez. IV, ord. 26 maggio 1997, n. 86).

Tornando alla predisposizione del ricorso introduttivo, pare infine

opportuno, proprio per delucidare nel miglior modo possibile la causa

59

petendi, e di conseguenza influenzare il “libero convincimento del giudice”,

richiedere espressamente nel corpo del ricorso introduttivo, la “trattazione in

pubblica udienza” (ex art. 34 – per formulazione della richiesta vedesi in

alleato Sezione II atto del contenzioso n.1 e n.2).

In caso contrario infatti la decisione della CTP sarà presa, dopo ovviamente

l’esame della documentazione cartacea, in “camera di consiglio” (ex art.

33).

Proprio la sempre più intricata e complessa normativa fiscale, sempre in

evoluzione, rende preferibile una trattazione in pubblica udienza, ove

magari l’organo giudicante può chiedere ulteriori informazioni e/o

delucidazioni per determinare il proprio convincimento, e di conseguenza la

sentenza.

3.1.4. Proposizione del ricorso: notifica all’organo che ha emanato

l’atto impugnato. Per quanto attiene la notifica del ricorso alla controparte, ovvero all’organo

che ha emanato l’atto impugnato o non ha emanato il provvedimento

richiesto, di solito Ufficio territoriale dell’agenzia delle Entrate, Agenzia del

Territorio, Agenzia delle Dogane, Ente locale, Agenzia della Riscossione o

altro Ente occorre tener presente che dal mese di febbraio 2010 l’Agenzia

delle Entrate ed in particolare la Direzione Provinciale di Firenze ha attuato

un processo di riordino nelle competenze all’interno della Provincia.

In particolare il ricorso può esser proposto mediante una di queste tre

alternative:

a) Consegna diretta: l’originale del ricorso (dopo l’introduzione del

contributo unificato non più in bollo) viene direttamente presentato per il

deposito all’impiegato dell’Ufficio finanziario o dell’Ente che ne rilascia

apposita ricevuta di consegna. In questo caso il ricorso si ritiene

depositato alla data che risulta dalla ricevuta rilasciata;

b) Spedizione postale: l’originale del ricorso in bollo viene spedito tramite

servizio postale, in plico raccomandato (senza busta) con avviso di

ricevimento. Il ricorso, per i motivi precedentemente esposti, si ritiene

proposto dalla data di spedizione risultante dal timbro postale.

La spedizione del ricorso in busta chiusa costituisce, salvo espressa

contestazione del contenuto da parte del destinatario, una “mera

irregolarità” (Cassazione sentenza 2 settembre 1994, n. 17702).

c) Notifica tramite ufficiale giudiziario: il ricorrente deve consegnare

originale e copia conforme del ricorso, all’ufficiale giudiziario, che ai

sensi dell’artt. 137 e segg. c.p.c. spedirà alla controparte la copia

conforme e restituirà al ricorrente l’originale con l’apposita “relata di

notifica”. Il ricorso s’intende effettuato per il ricorrente dalla data di

consegna del ricorso all’ufficiale giudiziario, anche se gli effetti sono

condizionati al perfezionamento dell’intero procedimento notificatorio.

60

Si precisa che non è ammessa la consegna diretta all’Agente della

riscossione, per cui nei suoi confronti occorrerà procedere a mezzo ufficiale

giudiziario o tramite spedizione postale del plico.

3.1.5. Proposizione del ricorso: costituzione in giudizio (art. 23). Solamente con la costituzione in giudizio del ricorrente si viene ad

incardinare il processo dinnanzi alla Commissione tributaria. La mancata

costituzione in giudizio entro il termine tassativo prescritto dalla legge rende

il ricorso introduttivo presentato alla controparte “inammissibile”: tale vizio

è rilevabile in ogni grado di giudizio, anche d’ufficio.

Entro il termine perentorio di 30 giorni (non un mese, ed escluso periodo

feriale) dalla proposizione del ricorso il ricorrente deve depositare, presso la

segreteria della CTP competente, l’originale o la copia conforme del ricorso

rispettivamente notificato a mezzo ufficiale giudiziario o spedito/presentato

alla controparte (con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione

del plico raccomandato a mezzo posta).

In particolare:

a) se la proposizione del ricorso è avvenuta mediante consegna diretta: sarà

depositata la copia conforme all’originale del ricorso (in carta semplice)

assieme alla ricevuta dell’avvenuta consegna diretta;

b) se la proposizione del ricorso è avvenuta a mezzo posta: sarà depositata

la copia conforme all’originale in carta semplice del ricorso spedito alla

controparte assieme alla fotocopia della ricevuta attestante l’avvenuta

spedizione per raccomandata a.r. e copia dell’avviso di ricevimento

ritornato al mittente (che la Circolare Ministero Finanze 3 aprile 2001 n.

36/E ha stabilito esser l’unico documento in grado di attestare l’avvenuta

notifica e la regolare costituzione del contradditorio, nell’ipotesi in cui

controparte non si sia costituita in giudizio).

c) Se la proposizione del ricorso è avvenuta per mezzo ufficiale giudiziario:

sarà depositato l’originale del ricorso (in bollo sino all’introduzione del

contributo unificato).

Assieme al ricorso (in copia conforme o in originale, nel caso c)), il

difensore abilitato deve depositare la nota di iscrizione al ruolo (art. 22

comma 1) ed il fascicolo di causa (art. 22 comma 4).

La nota di iscrizione a ruolo, contenente l’indicazione delle parti, del

difensore che si costituisce, dell’atto impugnato, della materia del

contendere, del valore della controversia e della data della notificazione del

ricorso, deve esser compilata in stampatello, sottoscritta dal difensore

abilitato e depositata presso la CTP utilizzando i modelli predisposti dalla

Direzione della Giustizia Tributaria, scaricabile dal sito www.finanze.it

(per maggiori informazioni circa la nota vedasi il capitolo 2).

Il fascicolo di causa, in apposita cartella, deve presentare un apposito indice

per la facile consultazione di tutta la documentazione allegata al ricorso,

61

necessaria per influenzare il libero convincimento/apprezzamento del

giudice.

I vari allegati (ad esempio normativa – leggi o decreti a sostegno della

propria pretesa; prassi – circolari o risoluzioni emesse magari dalla stessa

controparte, in conflitto con l’atto impugnato; giurisprudenza sentenze o

ordinanze della Suprema Corte di Cassazione o di altre Commissioni

Tributarie Provinciali o Regionali che hanno già deciso in materie analoghe)

a sostegno delle proprie ragioni possono esser prodotte in originale o in

copia (Cassazione sent. 24 aprile 2009, n. 9773, ha sancito

inequivocabilmente infatti che “la produzione di documenti in copia

fotostatica costituisce un mezzo idoneo per introdurre la prova nel

processo, incombendo alla controparte l’onere di contestarne la conformità

all’originale, come previsto dall’art. 2712 c.c., ed avendo il giudice

l’obbligo).

Il fascicolo di causa deve esser in grado di rappresentare nel modo più

intellegibile possibile l’iter logico seguito dal ricorrente: il ricorso,

corredato dai vari allegati, devono esser in grado di evidenziare, al di sopra

di ogni ragionevole dubbio, la stretta correlazione tra la causa petendi ed il

petitum.

Si specifica che i 30 giorni (non 1 mese!) per la costituzione in giudizio

decorrono dalla data di proposizione del ricorso.

Per il calcolo del termine non si conteggia il giorno iniziale, ma si computa

quello finale.

La copia consegnata in segreteria deve esser conforme all’originale (spedito

o consegnato).

La “dichiarazione di conformità”, ai sensi dell’art. 22 c.3 del Decreto,

(vedasi bozza in allegato Sezione II Atto del contenzioso n.1 e n.2) deve

esser apposta in calce alla copia del ricorso, e sottoscritta dal difensore

abilitato o dal ricorrente (per le controversie di minor entità, ove possibile).

In caso l’atto depositato e quello spedito/consegnato alla controparte siano

difformi, e tale difformità incidano sul contenuto o su elementi fondamentali

del ricorso, il ricorso è inammissibile.

Se le difformità sono lievi, meramente formali e prive di rilievo, o quando

manchi la “dichiarazione di conformità” le irregolarità sono state dichiarate

dalla Suprema Corte di Cassazione (sentenze 14430/2005, 3562/2005)

superabili attraverso il confronto diretto tra i due documenti.

3.1.6. Una volta ricevuto l’avviso di trattazione, consultare fascicolo. Nel processo tributario, procedimento prettamente “cartolare”, il ricorso

introduttivo è l’atto di maggior rilevanza, in quanto giusto il disposto

dell’art. 57 del Decreto (che vieta la proposizione di domande nuove nel

giudizio di appello) e del successivo art. 58 del Decreto (che vieta ai giudici

di secondo grado di disporre nuove prove, salvo casi particolari che saranno

62

esaminati nel proseguo), il ricorrente deve indicare i motivi e le prove di

fatto e di diritto a sostegno della sua tesi.

Pare dunque inevitabile verificare opportunamente i motivi ed i documenti

allegati al ricorso depositato e, ove si rendesse necessario, integrare tale

documentazione seguendo la procedura indicata nell’art. 24 del Decreto.

Le parti possono produrre documenti (in originale o in fotocopia), non solo

allegandoli direttamente agli atti processuali, ma anche separatamente,

elencandoli in apposita nota di deposito sottoscritta da depositare in

originale ed in tante copie a seconda del numero delle altre parti.

Dato che la Segreteria non è obbligata a comunicare il deposito di tali

documenti, pare opportuno che ogni parte consulti periodicamente il

fascicolo per verificare le “mosse” della controparte.

Dopo la proposizione del ricorso e la costituzione in giudizio non è possibile

integrare i motivi dello stesso, ovvero ampliare l’oggetto del ricorso

introduttivo (petitum) o produrre nuovi motivi o fatti giuridici a sostegno

della propria tesi (causa petendi).

Solo nel caso di deposito di documenti (prima non conosciuti o conoscibili

dal ricorrente in base alla normale diligenza) ad opera della controparte o

per input della Commissione tributaria, il ricorrente può integrare i motivi

originariamente dedotti nel ricorso introduttivo, sempreché vi sia una

correlazione diretta tra documenti prima “non conosciuti” ed i nuovi motivi

elencati nella memoria integrativa.

I nuovi motivi sono integrati in una “memoria integrativa” avente gli stessi

requisiti e le stesse modalità previste dal ricorso introduttivo, da proporsi

entro il termine perentorio di 60 giorni dalla data di notizia del deposito dei

nuovi documenti:

a) se i documenti sono depositati dalle parti: il termine di 60 gg. decorre dal

momento in cui la parte ha estratto copia del documento “non conosciuto”

dal fascicolo di causa;

b) nel caso, più raro, in cui sia la Commissione tributaria ad assegnare un

termine ad una parte per la produzione di un documento, i 60 gg. decorrono

dalla scadenza di tale termine.

Se prima dello spirare di detto termine è già stata fissata la data di

trattazione della controversia, il ricorrente può fare istanza per il rinvio della

trattazione (in camera di consiglio) o dell’udienza pubblica, in modo da

consentire il deposito della memoria integrativa.

Ai sensi dell’art. 32 del Decreto è ammesso inoltre che le parti possano

depositare, nei termini perentori previsti dalla normativa:

a) documenti: sino a venti giorni liberi prima della data di trattazione;

b) memorie illustrative: sino a dieci giorni liberi prima della data di

trattazione;

c) brevi repliche scritte: entro cinque giorni liberi prima della data di

trattazione, nel solo caso di trattazione della controversia in camera di

consiglio.

63

I documenti e le memorie illustrative, esclusivamente per sviluppare ed

esporre in modo più dettagliato i motivi già dedotti nel ricorso, vengono

depositati con apposita nota di deposito in originale (in bollo) ed in tante

copie quante sono le controparti (in carta semplice).

Nel caso specifico delle brevi repliche, data l’impossibilità di contro

dedurre, non occorre il deposito per la controparte.

In base anche alle indicazioni della Corte di Cassazione (sentenza del 20

settembre 2002, 16343) il computo dei giorni liberi deve farsi a ritroso, per

cui:

a) se il primo giorno cade nel periodo feriale (1°agosto – 15 settembre) si

procede all’indietro sino al primo “giorno utile”;

b) se l’ultimo giorno è festivo (sabato o domenica) gli atti in oggetto vanno

depositati il giorno precedente non festivo.

La consegna brevi manu degli atti processuali ex art. 32 del Decreto, alla

segreteria della Commissione, ad oggi è l’unico modo di deposito prevista

dalla normativa.

E’ inoltre sempre possibile in udienza, richiedere al segretario la

verbalizzazione del deposito di documenti, conosciuti o conoscibili.

Data la natura “documentale” e “cartolare” del contenzioso tributario, la

regola generale, se almeno una delle parti non ha richiesto la discussione in

pubblica udienza, prevede che la controversia sia trattata in camera di

consiglio, senza la presenza delle parti.

3.1.7. Discussione e successiva comunicazione del dispositivo dalla

segreteria. Dopo che il relatore ha riassunto ed esposto al collegio “i fatti e le questioni

della controversia”, della trattazione viene redatto processo verbale dal

segretario.

Se al contrario, come consigliato, almeno una parte richiede (con apposita

istanza o all’interno del ricorso introduttivo, come da bozza del ricorso in

allegato Sezione II, Atto del contenzioso n.1 e n.2) la discussione in

pubblica udienza, il Relatore espone al collegio i fatti e le questioni rilevanti

della controversia, ed il Presidente ammette le parti presenti alla

discussione.

La parola passa inizialmente al ricorrente che spesso, nel breve termine a

disposizione, deve riuscire a sviluppare la disamina proposta dal relatore,

tentando di far capire le proprie ragioni e l’iter logico e di buon senso

seguito negli atti processuali depositati, in modo da influenzare il libero

convincimento ed apprezzamento di tutto il collegio giudicante.

Il ricorrente deve inoltre tener presente ed anticipare le eventuali obiezioni

che saranno proposte successivamente nella discussione orale della

controparte.

64

Illustrate le due posizioni il Presidente concede la parola al Relatore ed agli

altri componenti del Collegio giudicante, per eventuali chiarimenti o quesiti

e può, se lo ritiene opportuno, ammettere brevi repliche.

Dell’udienza il Segretario redige apposito processo verbale.

Il Collegio giudicante, dopo la discussione o la trattazione, delibera in

segreto la decisione nella camera di consiglio (e dunque senza la presenza

delle parti).

La sentenza, pronunciata in nome del popolo italiano ed intestata alla

Repubblica Italiana, deve contenere:

a) composizione collegio giudicante, parti ed eventuali difensori;

b) esposizione dello svolgimento del processo;

c) richiesta delle parti;

d) succinta esposizione dei fatti di fatto e di diritto;

e) il dispositivo della sentenza

f) data della deliberazione;

g) sottoscrizione del presidente ed estensore.

Si precisa che la mancanza dei requisiti f) e g) determina la nullità assoluta

ed insanabile della sentenza (la Cassazione SS.UU. del 9 marzo 1981, n.

1297).

Ai sensi dell’art. 37 infine “la sentenza è resa pubblica, nel testo integrale

originale, mediante deposito nella segreteria della commissione tributaria

entro trenta giorni dalla data della deliberazione”.

Il dispositivo della sentenza è poi comunicato alle parti costituite in

giudizio, entro 10 gg. dal deposito della stessa.

3.2. Il procedimento davanti la CTR Toscana.

3.2.1. Il sistema delle impugnazioni. Attraverso l’impugnazione la parte che risulti soccombente (integralmente o

parzialmente) può rimuovere gli effetti pregiudizievoli derivanti da una

sentenza, rivolgendosi ad un altro giudice. I mezzi di impugnazione delle

sentenze tributarie sono tassativamente elencati nell’art. 50 del Decreto e si

legittimano nei seguenti atti:

- atto di appello, alla Commissione tributaria regionale avverso le sentenze

della Commissione tributaria provinciale;

- ricorso per cassazione, per impugnare le sentenze della Commissione

tributaria regionale;

- ricorso per revocazione (revocazione ordinaria e straordinaria), nei casi

previsti dall’art. 395 c.p.c., per impugnare le sentenze della Commissione

tributarie provinciale e/o regionale.

Per l’atto di appello, impugnazione di merito, si rimanda ai paragrafi 3.2.3 e

3.2.4; per il ricorso per cassazione, impugnazione di legittimità, si rinvia al

paragrafo 3.2.5. Per il ricorso per revocazione (sezione IV del Decreto, artt.

da 64 a 67), vista la sua natura di mezzo di impugnazione di carattere

eccezionale, valgono le seguenti osservazioni.

65

L’istituto della revocazione consente di impugnare le sentenze della

Commissione tributaria provinciale o Commissione tributaria regionale che

comportano accertamenti di fatto e che sul punto non possono essere

ulteriormente impugnabili o non sono state impugnate (art. 64 del Decreto).

Con la revocazione il ricorrente denuncia, allo stesso giudice che ha emesso

la sentenza contestata, i seguenti errori di giudizio previsti in maniera

tassativa dall’art. 395 c.p.c. (al quale il Decreto compie esplicito rimando):

1. dolo di una parte a danno dell’altra (revocazione straordinaria);

2. prove false (revocazione straordinaria);

3. ritrovamento, dopo una sentenza di uno o più documenti decisivi della

controversia (revocazione straordinaria);

4. erronea supposizione di un fatto (revocazione ordinaria);

5. contrarietà ad un precedente giudicato (revocazione ordinaria);

6. dolo del giudice (revocazione straordinaria).

La revocazione è ordinaria quando i vizi dell’atto sono palesi (nn. 4 e 5

dell’art. 395 c.p.c. sopra riportato) e impediscono il passaggio in giudicato

della sentenza contestata, mentre è straordinaria (nn. 1, 2, 3 e 6 dell’art. 395

c.p.c. sopra riportato) quando i vizi sono occulti e quindi può essere esperita

anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza.

Perciò, nei casi di revocazione ordinaria il ricorso può essere esperito nel

termine di 60 giorni dalla notifica della sentenza oppure nel temine cd.

‘lungo’ dei 6 mesi dalla mancata notifica (più gli eventuali 46 giorni di

sospensione feriale), mentre nei casi di revocazione straordinaria la parte

interessata deve proporre ricorso sempre entro 60 giorni ma decorrenti,

stavolta, dalla scoperta dei motivi che la rendono ammissibile (art. 51

secondo comma del Decreto).

I termini previsti dalla legge per il ricorso per revocazione, come per gli altri

mezzi di impugnazione, sono perentori.

Ai sensi dell’art. 65 del Decreto competente per la revocazione è la

medesima Commissione tributaria che ha emesso la sentenza contestata e la

forma del ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità:

- gli elementi previsti dall’art. 53 del Decreto (ovvero gli elementi essenziali

dell’atto di appello, per i quali vedi infra);

- la specifica indicazione del motivo di revocazione;

- la prova dei fatti di cui ai nn. 1, 2, 3 e 6 dell’art. 395 c.p.c.;

- la data della scoperta o della falsità dichiarata o del recupero del

documento.

La prova della sentenza passata in giudicato che accerta il dolo del giudice

deve essere data mediante la sua produzione in copia autentica.

Per la presentazione del ricorso per revocazione, il Decreto rimanda alla

modalità prevista per la presentazione dell’atto di appello (si veda in

proposito il paragrafo 3.2.3).

Per la revocazione si osservano le norme stabilite per il procedimento

davanti ad essa e contro la sentenza emessa sono ammessi i mezzi

66

d’impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata

per revocazione (art. 66 e 67 del Decreto).

3.2.2 Procedimento a seguito di sentenza della CTP interamente

favorevole al contribuente ed appellata dall’Ufficio. Una volta ricevuto il dispositivo di accoglimento totale del ricorso di parte,

al fine di ottenere la definitività di quanto statuito nella sentenza, il

contribuente può tenere due comportamenti: attivo, ovvero ritirare dalla

segreteria della CTP Firenze copia autentica della sentenza (numero due

copie) per notificarla alla controparte ai sensi dell’art. 38, oppure passivo,

vale a dire attendere il decorso del termine cd. ‘lungo’ di impugnazione

della sentenza (o l’eventuale notifica dell’atto di appello dell’Ufficio, presso

il domicilio eletto nell’instaurato contenzioso).

Ai sensi dell’art. 327 c.p.c. (come modificato dall’art. 46 comma 10 della L.

18 giugno 2009) per termine lungo di impugnazione si intende il decorso del

termine di 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza (cioè dal deposito in

segreteria), per i giudizi instaurati dopo il 4 luglio 2009 (più, ovviamente, 46

giorni se la data insiste nel periodo di sospensione feriale, che decorre dal 1

agosto al 15 settembre e previsto dalla L. 7 ottobre 1969 n.742).

Per i giudizi instaurati in data antecedente al 4 luglio 2009 resta in vigore il

temine lungo di un anno e 46 giorni dal deposito o pubblicazione della

sentenza: in generale, si ritiene che il momento in cui si debba considerare

instaurato il giudizio coincida con la data di notifica del ricorso di primo

grado e non con la data della successiva costituzione in giudizio, con la

conseguenza che per tali giudizi continui ad applicarsi il termine lungo di un

anno anche se la sentenza da appellare o contro cui si ricorre per cassazione

sia stata depositata o notificata dopo tale data (tale interpretazione è animata

da uno spirito prudenziale che privilegia l’interpretazione secondo la quale

il termine lungo valga a partire dalla data di notifica del ricorso introduttivo

e non dalla costituzione in giudizio di parte, ovviamente posteriore. Trova

riscontro anche in recente giurisprudenza, vedasi CTP Torino Sezione XI

sentenza n.130/2011).

La notifica della sentenza può considerarsi comportamento attivo in quanto

se l’ufficio non notifica l’atto di appello entro 60 gg. dalla data di notifica

della sentenza, il giudicato di primo grado, interamente favorevole al

contribuente, diviene definitivo.

Per effettuare la notifica della sentenza l’art. 38 del Decreto, come novellato

dall’art. 3 comma 1 lett. a) del DL 25 marzo 2010 n.40, dispone di

richiedere numero due copie della sentenza alla CTP Firenze conformi

all’originale, da notificare all’altra parte attraverso l’Ufficiale giudiziario,

oppure tramite il servizio postale con raccomandata in plico senza busta con

ricevuta di ritorno ovvero, ed in ultimo, a mezzo consegna diretta alla

controparte con una ricevuta sulla copia.

67

La richiesta delle copie conformi della sentenza alla segreteria della

commissione tributaria provinciale (oppure regionale, nel caso di notifica

della sentenza emessa dalla Commissione tributaria regionale) è effettuata

mediante istanza in carta bollata (marca da euro 14,62) con applicazione di

marca da bollo da euro 14,62 per ogni quattro facciate su entrambe le copie

delle sentenza richieste. La segreteria adita è tenuta ad adempiere alla

richiesta entro 5 giorni (termine ordinatorio) ed a riscuotere i diritti di copia

pari ad euro 0,516 fino a quattro facciate (vedasi tabella dell’art.1 Decreto

del 1 ottobre 1996 Ministero Finanze pubblicato in G.U. n.235 del 7 ottobre

1996). Se le sentenze sono chieste in forma esecutiva per procedere ad

esecuzione forzata nei confronti della controparte, le copie della sentenza

sono esenti da bollo in quanto il processo di esecuzione è soggetto al

contributo unificato (Risoluzione Ministeriale n.106/E del 29 luglio 2005).

Nel caso il ricorso di parte sia stato notificato successivamente al 6 luglio

2011 è dovuto il contributo unificato e quindi, anche per il ritiro di copie

conformi delle sentenze, non è più richiesta l’applicazione della marca da

bollo da 14,62 (mentre restano dovuti i diritti di copia come sopra indicati).

Mentre le notifiche della sentenza diretta oppure a mezzo posta non recano

particolari problemi, per la notifica a mezzo Ufficiale giudiziario occorre

apporre la seguente relata di notifica (propria degli atti ex art. 137 e segg.

c.p.c.) in calce o sul retro dell’ultimo foglio sulle due copie rilasciate dalla

Commissione.

** ** **

relazione di notificazione

A richiesta del dott. … … , con studio in … …, difensore domiciliata rio del

contribuente … … , come da procura speciale alle liti risultante in atti, io

sottoscritto Ufficiale giudiziario, presso la Corte di Appello di Firenze, ho

notificato la suestesa sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di

Firenze alla … (controparte) … , in persona del direttore pro tempore,

rimettendone e consegnandone copia conforme alla sede di … … , via … …

ed ivi a mani di … … (oppure a mezzo dell’Ufficio postale di … …).

** ** **

La notifica deve avvenire ad istanza di parte, ovvero per mano del

contribuente o del proprio procuratore in giudizio.

Nei successivi 30 giorni dalla notifica, la parte notificante deve depositare

l’originale (o copia autentica dell’originale notificato), ovvero copia

autentica della sentenza consegnata o spedita per posta, con fotocopia della

ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del

servizio postale unitamente all’avviso di ricevimento presso la segreteria

della CTP (o della CTR per la notifica delle sentenze di secondo grado), che

ne rilascia ricevuta e l’inserisce nel fascicolo d’ufficio.

Con la notificazione della sentenza inizia a decorrere il termine ‘breve’ di 60

giorni, in luogo di quello ‘lungo’ di 6 mesi (più gli eventuali 46 giorni di

sospensione feriale) dalla data del deposito della sentenza nella Segreteria

68

della CTP, per l’impugnazione attraverso l’atto di appello dell’ufficio

soccombente. Una particolarità da tenere nella dovuta considerazione è la

sovrapposizione del termine breve (a seguito di notifica) con quello lungo

(decorrente, ripetiamolo, dal deposito della sentenza): in questo caso prevale

il termine lungo, nel senso che se il termine lungo scade antecedentemente

al termine breve (perché la parte notifica la sentenza nei 60 gg. prima dello

spirare del temine lungo), quest’ultimo vale come termine utile alla

definitività della sentenza il termine lungo e non occorre attendere lo spirare

del termine breve, ad esso posteriore. A titolo di esempio, per un

contenzioso instaurato successivamente al 4 luglio 2009, se il deposito della

sentenza è il 30 novembre 2011 e provvediamo alla notifica della sentenza

all’ufficio il 30 aprile 2012, il termine ultimo per l’ufficio per notificare

l’atto di appello è il 30 maggio (termine lungo di sei mesi) e non il 29

giugno (termine breve di 60 gg. dalla notifica). Tale impostazione è

confermata da giurisprudenza di Cassazione, si veda per tutte la sentenza del

27 marzo 1990, la n. 2475.

Ipotizziamo, inoltre, che sia tenendo il comportamento attivo che passivo il

contribuente riceva l’atto di appello notificato dall’Ufficio.

Innanzitutto, occorre verificare che l’atto di appello dell’ufficio sia stato

notificato ‘nei termini’ di legge sopra ricordati perché, se così non fosse, lo

stesso risulterebbe inammissibile. L’inammissibilità dell’appello, rilevabile

anche d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo (Cassazione

11 febbraio 1985 n. 1115) comporta la definitività del giudicato favorevole

al contribuente ex art. 324 c.p.c..

Tale vizio non può essere sanato nemmeno dalla costituzione in giudizio

dell’appellato, in quanto trattasi di un adempimento a pena di decadenza del

quale deriva il passaggio in giudicato della sentenza impugnata (Cassazione

18 luglio 2003 n. 11227).

Dopo questo primo controllo, nei soli casi di notifica dell’atto di appello

mediante consegna diretta oppure mediante spedizione a mezzo posta

(procedura nella prassi maggiormente seguita), è opportuno verificare che

l’Ufficio abbia depositato copia dell’atto notificato presso la segreteria della

commissione tributaria provinciale che ha emesso la sentenza impugnata.

Anche in tale circostanza, l’eventuale mancato deposito comporta

l’inammissibilità del gravame.

Con l’entrata in vigore del D.L. 25 marzo 2010 convertito con modificazioni

dalla L. 22 maggio 2010 n.73, art.3 comma 1 lett.c) non è più necessario

verificare se l’atto di appello principale sia stato previamente autorizzato

(gli uffici periferici del Dipartimento delle entrate - uffici locali o

dipartimenti provinciali dell’Agenzia delle Entrate - dovevano essere

autorizzati alla proposizione dell’atto di appello dal responsabile del

servizio del contenzioso della competente direzione regionale delle entrate).

E’ pur vero che recente giurisprudenza di Cassazione (Sezioni Unite,

sentenza del 14 gennaio 2005 n. 604) riteneva che tale norma fosse stata

69

resa inefficace già dall’entrata in vigore del D.Lgs. 30 agosto 1999 n. 300

relativo alla istituzione delle agenzie fiscali ed alla soppressione dei

dipartimenti e degli uffici del ministero delle finanze (ai quali fa esplicito

riferimento al norma citata del Decreto), ma lo stesso ministero (Direzione

Centrale Normativa e Contenzioso) continuava a pretendere che le Direzioni

provinciali e regionali continuassero ad applicare la procedura

dell’autorizzazione all’appello (Circolare Agenzia Entrate 3 dicembre 2007

n. 65/E). Con la modifica di legge apportata dal DL 73 del 2010, all’art. 52

comma 2 (abrogato) la questione può definitivamente dirsi chiusa: per la

produzione dell’atto di appello l’ufficio periferico del Dipartimento delle

entrate non necessita dell’autorizzazione del responsabile del servizio del

contenzioso della direzione regionale delle entrate.

Dopo avere correttamente ricevuto, a mezzo di consegna diretta, posta

raccomandata a.r. o notifica, l’atto di appello dell’ufficio, il contribuente

resistente deve provvedere a costituirsi in giudizio entro il termine di 60

giorni dalla ricezione dell’appello dell’Ufficio mediante il deposito presso la

segreteria della CTR Toscana (alla via Lorenzo il Magnifico, 68 -

50129 Firenze tel. 055470168, fax 055475236) di un apposito atto di

controdeduzioni (art. 54 del Decreto).

Il deposito può anche avvenire con invio per posta con la medesima

modalità vista nel primo grado di giudizio: in plico senza busta con

raccomandata a.r.. In tale ipotesi il termine dei 60 giorni si intende rispettato

con la data di spedizione della propria costituzione in giudizio.

Tale atto di controdeduzioni (o atto di contrappello o controricorso in

appello) per il richiamo all’art. 23 del Decreto deve essere redatto in tante

copie quante sono le parti, a cui va aggiunto l’originale che resta nel

fascicolo di ufficio. L’atto non è assoggettato a contributo unificato in

quanto non risulta incluso tra gli atti di cui agli artt. 13 e 18 del T.U.S.G..

Anche in appello, come per il primo grado di giudizio, il termine di 60 gg.

previsto per il deposito delle controdeduzioni della parte resistente non è

perentorio pertanto la costituzione in giudizio potrà anche essere fatta

tardivamente con la perdita però, così facendo, di una serie di garanzie

processuali (invio dell’avviso di trattazione – art. 31 c.1 del Decreto,

dell’istanza di trattazione in pubblica udienza – art. 28 c.1 del Decreto, del

dispositivo della sentenza – art. 37 c.2 del Decreto, della denuncia di

variazione del domicilio - art. 17 c.1 del Decreto, di altri decreti del

Presidente e così via ...).

Nel caso sottoposto, ossia di totale vittoria nel giudizio di primo grado, la

parte può argomentare la propria costituzione in giudizio limitandosi ad una

memoria di resistenza alle ragioni addotte dall’appellante (Cassazione 4

giugno 1999 n. 5495) sottolineando le argomentazioni vincenti del ricorso

che hanno trovato conferma nella decisione dei giudici di prime cure. In tale

caso, si potrebbe ribadire esplicitamente le argomentazioni che il giudice di

70

primo grado non avesse ripetuto nella sentenza, per evitare che le medesime

possano essere considerate come rinunciate dal giudice di secondo grado.

Si nota che l’appello presentato dalla parte totalmente vittoriosa è dichiarato

inammissibile per carenza di interesse ad agire (Cassazione 27 novembre

2002 n. 16768).

L’atto di controdeduzioni deve quindi esporre le tesi difensive

controbattendo puntualmente ad ogni argomentazione dell’appello,

indicando le prove di cui avvalersi, può altresì proporre eventuali eccezioni

non rilevabili d’ufficio e richiedere l’eventuale chiamata in causa di un

terzo.

L’atto di controdeduzioni deve essere sottoscritto dal difensore o dalla parte;

deve essere rilasciata procura speciale alle liti a meno che la procura

rilasciata nel ricorso introduttivo non consenta la difesa in ogni stato e grado

del giudizio (come, peraltro, pare auspicabile).

Una volta depositato l’atto di controdeduzioni, con modalità e tempi

anzidetti, alla segreteria della Commissione tributaria regionale, occorre

attendere la comunicazione dell’avviso di trattazione della controversia la

quale, ritenendolo opportuno, sarà in pubblica udienza per richiesta di parte

resistente (dando per scontato che la pubblica udienza non sia già stata

richiesta dalla parte appellante).

Una volta incardinato il contenzioso presso la Commissione tributaria

regionale, valgono le stesse argomentazioni esposte nei paragrafi 3.1.6 e

3.1.7 circa le possibilità di produrre documenti e memoria illustrative e, più

in generale, la modalità di gestione del contenzioso da parte del

contribuente.

3.2.3. Procedimento a seguito di sentenza della CTP contraria al

contribuente ed appellata dal medesimo. Diversamente da quanto sopra argomentato, se il dispositivo di sentenza

respinge il ricorso, il contribuente potrà impugnare la sentenza sfavorevole

presso la CTR Toscana. Come ricordato al paragrafo precedente, il termine

per impugnare la sentenza decorre dalla data di pubblicazione della

medesima (che coincide con il deposito in segreteria della CTP – data che

peraltro si desume anche dal dispositivo della sentenza che viene inviato per

posta al domicilio eletto del ricorrente) ed è:

a) termine ‘lungo’: entro 6 mesi ed eventuali 46 giorni di sospensione feriale

– nel caso in cui non venga notificata la sentenza dall’altra parte;

b) termine ‘breve’: entro 60 giorni - nel caso in cui la sentenza sia notificata

dalla parte vittoriosa in primo grado.

In considerazione della perentorietà del termine ‘lungo’ e/o ‘breve’, la

presentazione tardiva dell’atto di appello comporta l’inammissibilità dello

stesso.

Ai sensi dell’art. 53 del Decreto, l’appello deve contenere:

a) indicazione della commissione tributaria a cui è diretto;

71

b) indicazione dell’appellante e della altre parti nei cui confronti è proposto;

c) gli estremi della sentenza impugnata (non occorre l’allegazione della

medesima in quanto la commissione tributaria regionale provvedere a

richiedere il fascicolo alla provinciale, con sentenza in copia autentica);

d) l’esposizione sommaria dei fatti;

e) l’oggetto della domanda, ovvero la richiesta di riforma o di annullamento

totale o parziale della sentenza pronunciata in primo grado;

f) i motivi specifici dell’impugnazione, che devono riguardare la sentenza

impugnata e non l’atto di accertamento e devono essere specificatamente

enunciati;

g) la sottoscrizione – sia sull’originale che sulle copie – del difensore

dell’appellante che agisce in forza della procura alla lite o del

contribuente stesso per i casi in cui può stare in giudizio personalmente.

La mancanza di uno solo dei requisiti sopra ricordati è causa di

inammissibilità dell’appello; in tale caso è comunque possibile presentare

nuovamente un nuovo atto di appello atteso che non sia già stata dichiarata

l’inammissibilità dal giudice oppure che non siano scaduti i termini per

impugnare la sentenza (Cassazione 7 gennaio 2004 n. 50). Non si ritiene che

tale principio di riproponibilità dell’atto possa valere anche per ricorso di

primo grado in quanto non si tratta di principio generale ma relativo al solo

giudizio di impugnazione (art. 60 del Decreto).

Nonostante che l’art. 13 comma 3-bis e l’art. 14 comma 3-bis del T.U.S.G.

non facciano esplicito riferimento all’atto di appello, riteniamo opportuno

indicare nell’atto di appello sia l’indirizzo di posta elettronica certificata del

difensore ed il codice fiscale della parte, sia l’indicazione del valore della

lite (determinato ai sensi del comma 5 dell’art. 12 del Decreto). In

particolare, per espressa segnalazione della CTR di Firenze, la mancanza

della dichiarazione del valore della lite nell’atto di appello comporta

l’applicazione del contributo unificato nella misura massima di euro

1.500,00 mentre solo la mancanza dell’indicazione dell’indirizzo di posta

certificata e del codice fiscale della parte nell’atto di appello può essere

tempestivamente sanata con apposita dichiarazione, anche separata, ovvero

nella Nota di iscrizione a ruolo e comunque prima dell’invito al pagamento

(per un approfondimento del contributo unificato si rimanda al capitolo II,

par. 2.2.1).

E’ possibile redigere un unico atto di appello contro diverse sentenze rese

tra le stesse parti e con oggetto comune, purché siano espressamente

indicate le sentenze impugnate ed inequivocabile la volontà di impugnarle.

Per una corretta redazione dell’atto di appello si vedano gli articoli del

Decreto disciplinanti le questioni ed eccezioni non riproposte in appello, le

domande ed eccezioni nuove e le nuove prove in appello (artt. 56, 57 e 58).

In particolare valgano i seguenti principi:

1. Questioni ed eccezioni non riproposte in appello: nella redazione

dell’atto di appello occorre prestare attenzione al principio per cui le

72

questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, non

specificatamente riproposte in appello, si intendono rinunciate.

L’appellante che vuol riproporre al giudice di secondo grado le

domande ed eccezioni già introdotte in giudizio con il proprio ricorso

che, però, non sono state accolte dai giudici di prime cure, deve

specificatamente esplicitarle nel proprio atto: nell’art. 56 del Decreto

c’è quindi una presunzione assoluta di decadenza delle domande ed

eccezioni non riproposte.

2. Domande ed eccezioni nuove: nel giudizio di appello non si possono

proporre nuove domande, cioè domande che non siano già state

sottoposte ai giudici di primo grado, ciò nonostante è consentito al

giudice di appello pronunciarsi su domande proposte in prime cure sulle

quali il giudice non si sia pronunciato (circolare ministeriale 23 aprile

1999 n. 98/E). Per verificare la presenza o meno di domande nuove

occorre fare riferimento agli elementi costitutivi della domanda, vale a

dire ai soggetti, al ‘petitum’ ed alla ‘causa petendi’. Le domande nuove,

se proposte, vengono dichiarate inammissibili d’ufficio. Secondo la

Cassazione si ha domanda nuova “improponibile nel giudizio

d’appello, quando il contribuente, nell’atto di appello, introduce, al

fine di ottenere l’eliminazione dell’atto impugnato, una causa petendi

diversa, fondata su situazioni giuridiche non prospettate in primo

grado, sicché risulti inserito nel processo un nuovo tema di indagine”

(Cassazione sentenza n. 4335/02, ribadita da sentenza del 30 luglio

2007 n. 16829). Inoltre si ha domanda nuova in appello quando “i

nuovi elementi, dedotti dinanzi al giudice di secondo grado, comportino

il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, modificando

l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia, in

modo da porre in essere una pretesa diversa … da quella fatta valere in

primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il

contraddittorio” (Cassazione sentenza del 2 aprile 2007 n. 8169). Nel

giudizio d’appello, altresì, non possono essere proposte nuove eccezioni

ad esclusione di quelle rilevabili d’ufficio: è quindi possibile illustrare

con nuovi argomenti le eccezioni già formulate, ovviamente stando ben

attenti a non violare il divieto di ampliamento del thema decidendum

(Cassazione sentenza del 12 agosto 2004 n. 15646). Per inciso, si

intende ‘eccezione’ il mezzo di cui una parte si avvale per contrastare le

domande della controparte.

3. Nuove prove: davanti al Giudice della Commissione tributaria regionale

possono essere prodotte nuove prove dalle parti solo se il medesimo

giudice lo ritiene necessario ai fini della decisione oppure se la parte

dimostri di non averle potute fornire nel precedente grado di giudizio

per causa ad essa non imputabile. Invece è consentito alla parte di

produrre nuovi documenti in appello, indipendentemente dalla

possibilità o meno di non aver potuto fornire i documenti nel precedente

73

giudizio per causa alla parte imputabile ed ovviamente con il limite

della materia che si è definita in primo grado (Cassazione sentenza del 8

aprile 2009 n. 8489 e sentenza del 9 gennaio 2009 n. 232).

Il ricorso in appello è proposto secondo le medesime modalità del ricorso

introduttivo ovvero deve essere notificato all’altra parte in giudizio:

� tramite ufficiale giudiziario ex art. 137 e segg. c.p.c.;

� tramite servizio postale mediante spedizione dell’atto in plico senza busta

raccomandato senza avviso di ricevimento;

� direttamente tramite deposito a tutte le altre parti che hanno partecipato al

giudizio.

L’atto di appello, una volta notificato, deve essere depositato a norma

dell’art. 22 del Decreto, secondo le modalità proprie del deposito del ricorso

introduttivo (costituzione in giudizio del ricorrente): entro 30 gg dalla

notifica, come sopra effettuata, l’appellante deve depositare o spedire in

plico raccomandato a/r senza busta presso la segreteria della Commissione

tributaria regionale copia dell’atto di appello consegnato alla controparte

con la ricevuta di consegna della controparte (in caso di notifica diretta

dell’atto di appello) oppure copia dell’atto di appello spedito a mezzo posta

all’altra parte con ricevuta della raccomandata a/r di spedizione (in caso di

notifica a mezzo posta) oppure l’originale dell’atto di appello (in caso di

notifica a mezzo ufficiale giudiziario). I 30 giorni si computano senza

considerare il dies a quo (data di notifica) e conteggiando il giorno finale

(dies a quem), come nel primo grado di giudizio. In caso di unico gravame

con più parti si considera come dies a quo, per far decorre i 30 giorni,

l’ultima notificazione effettuata (Circolare Ministero Finanze 18 dicembre

1996 n. 291/E).

Nei soli casi di notifica dell’atto di appello mediante consegna diretta

oppure mediante spedizione a mezzo posta (procedura nella prassi

maggiormente seguita), l’appellante deve dichiarare nel proprio atto di

appello (in calce) la conformità tra atto notificato e depositato ed inoltre

l’appellante medesimo deve depositare (e non spedire!!!) copia dell’atto

notificato presso la segreteria della Commissione tributaria provinciale che

ha emesso la sentenza impugnata. Tale secondo adempimento è stato

introdotto dall’art.3-bis comma 7 DL 30 settembre 2005 n. 203 convertito

con modificazioni dalla L 2 dicembre 2005 n.248 e si applica agli atti di

appello notificati a decorrere dal 3 novembre 2005. La norma non prevede

alcun termine per l’adempimento mentre la Corte Costituzionale ha chiarito

che il deposito dell’atto presso la Commissione tributaria provinciale deve

avvenire nel termine per la costituzione in giudizio.

Si suggerisce di presentare alla Commissione tributaria regionale (insieme ai

documenti necessari per la propria costituzione in giudizio) una copia della

ricevuta rilasciata dalla commissione tributaria provinciale relativa

all’avvenuto deposito della copia dell’atto di appello.

74

La mancata conformità tra l’atto notificato e depositato determina

l’inammissibilità del gravame, al pari del mancato deposito dell’atto di

appello presso la Commissione tributaria provinciale che ha emesso la

sentenza impugnata (art. 53 comma 2 del Decreto). La mancata indicazione

nell’appello della conformità tra atto notificato e depositato non comporta

l’inammissibilità dell’appello in quanto la conformità trai i due atti può

essere accertata mediante confronto tra i due esemplari.

Al momento della costituzione in giudizio, il ricorrente deve allegare al

ricorso anche la nota di iscrizione a ruolo, come dispone il novellato art. 22

comma 1 del Decreto. La nota di iscrizione a ruolo, obbligatoria per le

costituzioni in giudizio dei ricorrenti a decorrere dal 17 settembre 2011, è

composta dalle seguenti sezioni:

1. intestazione: dove deve essere indicata la Commissione regionale

competente ed il proponente (contribuente);

2. richiesta di iscrizione al registro generale appelli: occorre indicare se è

stata presentata istanza di sospensione sulle sanzioni, richiesta di

trattazione in pubblica udienza e il numero degli eventuali allegati;

3. valore della controversia: si rimanda a quanto detto in occasione del

primo grado di giudizio;

4. contributo unificato: si rinvia come sopra;

5. numero parti ricorrenti e modulo dati della parte ricorrente: si rinvia

come sopra;

6. numero parti resistenti e modulo dati della parte resistente: occorre

indicare i dati della parte resistente, del rappresentante legale della

società, del difensore della resistente e la domiciliazione (ultime due

indicazioni non compilare se la parte resistente è l’ufficio impositore);

7. modulo dati relativi alla sentenza impugnata: occorre indicare la sede

della commissione tributaria provinciale che ha emesso al sentenza, il

numero, la data di deposito della medesima e il numero di r.g.r. del

ricorso;

8. modulo relativo agli atti impugnati in appello: il modulo, numerato

appositamente, deve contenere indicazione da chi è stato emesso l’atto

impugnato, denominazione dell’ufficio impositore, denominazione,

numero e importo dell’atto nonché il periodo d’imposta.

In caso di mancata compilazione della nota di deposito l’appello verrà

comunque ritirato ma la segreteria della Commissione tributaria regionale

non assegnerà il numero di registro generale appelli (fin quando non verrà

prodotta la nota). Senza attribuzione del numero di registro generale appelli,

il ricorso resta depositato in segreteria e non viene inviato al Presidente

della Commissione per l’assegnazione alla Sezione competente per la

discussione.

Per quanto attiene i requisiti formali dell’appello, a decorrere dal 7 luglio

2011, a seguito delle novità introdotte dall’art. 37, comma 6, del D.L. 6

luglio 2011, n. 98 all’art. 18, comma 1, secondo periodo del T.U.S.G.,

75

l’imposta di bollo (sinora adempiuta con l’apposizione di marche da bollo

da Euro 14,62 ogni 4 facciate) sono state sostituite dal contributo unificato,

il cui importo, commisurato al valore della lite, varia da un minimo di Euro

30,00 ad un massimo di Euro 1.500 (vedasi tabella n. 3 in allegato),

aumentato della metà a decorrere dal 1° gennaio 2012 in base alla novella

contenuta nella L. 12.11.2011, n.183 (legge stabilità 2012) art. 28, comma 1

e 3.

L’attuale art. 18, comma 1, quarto periodo del T.U.S.G. stabilisce infatti che

gli atti e provvedimenti del processo tributario sono “… tutti gli atti

processuali, inclusi quelli antecedenti, necessari o funzionali” al

procedimento giurisdizionale tributario”.

Circa le modalità applicative del contributo unificato si rimanda a quanto

già descritto in tema di ricorso introduttivo, paragrafo 3.1.3.. Per

disposizione della CTR Firenze facciamo notare che nel caso di versamento

del contributo unificato presso una rivendita di generi di monopolio e di

valori bollati, il contrassegno comprovante l’avvenuto pagamento del

contributo unificato deve essere apposto sulla nota di iscrizione a ruolo

presentata alla CTR. Non saranno in nessun modo ammesse fotocopie del

contrassegno, che verrà considerato come non versato salvo prova contraria

a cura della parte o del suo difensore.

Una volta depositato in segreteria della CTR l’atto di appello, con modalità

e tempi anzidetti, occorre attendere la comunicazione dell’avviso di

trattazione della controversia la quale, se opportuno, sarà in pubblica

udienza per richiesta di parte.

Incardinato così il contenzioso presso la Commissione tributaria regionale,

valgono le stesse argomentazioni esposte nei paragrafi 3.1.6 e 3.1.7 afferenti

le possibilità di produrre documenti e memoria illustrative e, più in generale,

la modalità di gestione del contenzioso da parte del ricorrente.

3.2.4. Procedimento a seguito di sentenza della CTP parzialmente

favorevole al contribuente ed appellata dall’Ufficio. Supponiamo che la sentenza della Commissione tributaria provinciale sia

parzialmente favorevole al contribuente ricorrente e che l’ufficio resistente

proponga atto di appello secondo i tempi e le modalità descritte al paragrafo

3.2.2.. Il contribuente resistente deve quindi costituirsi in giudizio con atto

di controdeduzioni, secondo le modalità ed i tempi di cui all’art.23 del

Decreto ed indicati al paragrafo 3.2.2, oppure può costituirsi in giudizio con

atto di controdeduzioni ed allo stesso tempo proporre appello incidentale nei

confronti della sentenza o meglio, nei confronti dei capi della sentenza che

lo hanno visto soccombente in giudizio (ex art.54 del Decreto).

In quest’ultimo caso, che rappresenta poi l’oggetto del presente paragrafo, la

parte che vuole appellare la sentenza della Commissione tributaria

provinciale nella parte sfavorevole con appello già presentato dall’altra parte

in giudizio, entro 60 giorni dalla notifica o consegna o ricevuta a mezzo

76

posta dell’appello principale dell’altra parte in giudizio, propone atto di

controdeduzioni ed appello incidentale mediante deposito in segreteria della

Commissione tributaria regionale in tante copie quante sono le parti in

giudizio, unitamente al fascicolo. L’appello incidentale può essere proposto

solo se la parte ha interesse ad agire, ovvero sia rimasta soccombente in

giudizio: non deve proporre appello incidentale chi abbia interesse non alla

riforma ma alla conferma della sentenza impugnata.

“Solo il tempo costituisce il criterio per distinguere tra appello principale e

incidentale. Ciò che rileva è il solo fattore temporale e non già le

denominazioni che possono aver impiegato le parti. Deve considerarsi

principale l’impugnazione proposta per prima” (Circolare Ministeriale 23

aprile 1996 n.98/E).

Se l’appello incidentale viene prodotto oltre il termine di 60 giorni dalla

notifica della sentenza oppure oltre il termine lungo dei 6 mesi dalla

pubblicazione della sentenza si dice ‘tardivo’, indipendentemente dalla

circostanza che sia proposto entro il termine ordinario dei 60 giorni dalla

notifica, consegna o spedizione dell’appello principale dell’altra parte in

giudizio. Se l’appello principale dell’altra parte in giudizio viene dichiarato

inammissibile anche l’appello incidentale ‘tardivo’ diviene inammissibile,

proprio perché proposto oltre i termini ordinari di impugnazione della

sentenza (Circolare Ministeriale 23 aprile 1996 n.98/E).

Riguardo la modalità di redazione dell’atto valga quanto già esposto in tema

di redazione dell’atto di controdeduzioni (paragrafo 3.2.1.) e in tema di

redazione dell’atto di appello (paragrafo 3.2.2.).

In merito all’obbligatorietà del pagamento del contributo unificato nell’atto

di appello incidentale, il nuovo comma 6-quater dell'articolo 13 del

T.U.S.G. prevede che per i ricorsi principale e incidentale, proposti innanzi

le Commissioni tributarie, il contributo unificato è dovuto verso gli importi

e con le modalità di cui abbiamo già dato conto nel paragrafo 3.1.3.. Più nel

dettaglio, come recita la Circolare Dipartimento delle Finanze del 21

settembre 2011 n.1/DF “nel giudizio d'appello … al pagamento del

contributo unificato è tenuta, normalmente, la parte soccombente in tutto o

in parte nel giudizio di primo grado. Nell'ipotesi di soccombenza parziale in

primo grado, in cui la sentenza sia stata appellata con distinti ricorsi dal

contribuente e dall'amministrazione, ciascuna parte che ricorre è tenuta al

pagamento del contributo in relazione al valore della controversia oggetto

dei rispettivi ricorsi. Tuttavia, qualora il giudizio si sia instaurato innanzi

alle Commissioni tributarie e il resistente si sia costituito in giudizio prima

dell'attore, il soggetto obbligato al pagamento del contributo unificato

risulta essere la parte resistente”.

In merito all’obbligatorietà di presentazione della nota di iscrizione del

ricorso di cui all’art. 22 del Decreto, che vale anche per l’atto di appello (si

veda il paragrafo precedente), si ritiene che in caso di atto di

controdeduzioni con appello incidentale (di cui all’art. 53 del Decreto) non

77

debba essere presentata alla Commissione tributaria regionale all’atto della

costituzione in giudizio in quanto proprio l’ultima norma citata richiama

l’art. 23 del Decreto (costituzione in giudizio della parte resistente) e non

l’art. 22 del Decreto (costituzione in giudizio del ricorrente).

Una volta proposto l’atto di controdeduzioni con appello incidentale

valgono le stesse argomentazioni esposte nei paragrafi 3.1.6 e 3.1.7 afferenti

alle possibilità di produrre documenti e memoria illustrative e, più in

generale, alla modalità di gestione del contenzioso da parte del contribuente.

3.2.5. Decisione della CTR Toscana ed eventuale ricorso in Cassazione

(brevi cenni). Contro la sentenza della Commissione tributaria regionale può essere

proposto ricorso per cassazione. L’oggetto esclusivo del giudizio di

cassazione è la sentenza emessa dai giudici della Commissione tributaria

regionale e pertanto, con il ricorso, non avviene la riproposizione del

giudizio o la sua rinnovazione: la Corte di cassazione può cassare la

sentenza di appello impugnata ma non statuire il merito della causa.

Il riscorso per cassazione può essere proposto solamente per i seguenti

motivi (art. 62 del Decreto che rimanda all’art. 360 c.p.c.):

1. per i motivi attinenti alla giurisdizione;

2. per violazione delle norme sulla competenza;

3. per violazione o falsa applicazione delle norme di diritto;

4. per nullità della sentenza o del procedimento;

5. per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto

controverso e decisivo per il giudizio.

Non è consentito alle parti “prospettare davanti ai giudici di legittimità

problemi nuovi, fondati su elementi di fatto diversi da quelli dedotti nel

giudizio di merito” (Cassazione sentenza del 29 agosto 2000 n. 11314).

Alla luce delle novità legislative introdotte dalla L. 69/2009, in vigore per le

sentenze depositate in Cassazione dopo il 4 luglio 2009, il ricorso alla Corte

di Cassazione è inammissibile se il provvedimento impugnato ha deciso le

questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e

l’esame dei motivi del ricorso non offre elementi per confermare o mutare

l’orientamento della stessa ed, inoltre, risulta sempre inammissibile quando

è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi

regolatori del giusto processo (art. 360-bis c.p.c.).

Inoltre, il ricorso, debitamente sottoscritto da un avvocato iscritto all’Albo

dei patrocinanti dinanzi la Corte di Cassazione e le altre magistrature

superiori e munito di procura speciale, è inammissibile se manca uno dei

seguenti elementi:

a) indicazione delle parti;

b) indicazione della sentenza impugnata;

c) esposizione sommaria dei fatti della causa;

78

d) motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza ed i principi di

diritto su cui si fondano;

e) l’indicazione della procura, se non già conferita in atti;

f) la specifica indicazione degli atti processuali, documenti e contratti che

fondano il ricorso.

In questo grado di giudizio la parte non può stare in giudizio personalmente

ma deve rappresentata da un difensore nominato tara gli avvocati iscritti

nell’Albo dei patrocinanti dinanzi la Corte di Cassazione e le altre

magistrature superiori, a mezzo di una procura speciale (autenticata dal

difensore sia sull’atto originale che sulla copia). Occorre prendere

domiciliazione presso uno studio di Roma in quanto in caso di mancanza di

domiciliazione le notificazioni della Segreteria vengono effettuate presso la

cancelleria della Corte di cassazione (eventualmente il difensore può

richiedere di ricevere le notificazioni tra i difensori e le comunicazioni della

cancelleria a mezzo fax oppure all’indirizzo di posta elettronica).

Una volta redatto il ricorso il medesimo deve essere notificato a controparte

entro 60 giorni dalla notifica della sentenza della Commissione tributaria

regionale operata dall’altra parte in giudizio oppure entro sei mesi in caso di

mancata notifica della sentenza. Entro 20 giorni dalla notifica del ricorso per

Cassazione (oppure entro 20 giorni dall’ultima notifica in caso di più

controparti) l’originale del ricorso, la copia autentica della sentenza

impugnata e gli atti e documenti necessari alla difesa di parte devono essere

depositati presso la cancelleria della Corte di cassazione, a pena di

improcedibilità.

La parte che intende resistere alle pretese del ricorrente può presentare un

controricorso entro 20 giorni dalla scadenza stabilita per il deposito del

ricorso (in pratica, entro 40 giorni dalla notifica del ricorso). La

presentazione del controricorso avviene mediante notifica al ricorrente nel

domicilio eletto e la mancata notifica impedisce la presentazioni di eventuali

memorie consentendo la sola partecipazione alla discussione orale.

Per quanto attiene i requisiti formali del ricorso in Cassazione, a decorrere

dal 7 luglio 2011, a seguito delle novità introdotte dall’art. 37, comma 6, del

D.L. 6 luglio 2011, n. 98 all’art. 18, comma 1, secondo periodo del

T.U.S.G., l’imposta di bollo (sinora adempiuta con l’apposizione di marche

da bollo da Euro 14,62 ogni 4 facciate) è stata sostituita dal contributo

unificato, il cui importo, commisurato al valore della lite, varia da un

minimo di Euro 30,00 ad un massimo di Euro 1.500 (vedasi tabella n. 3 in

allegato), aumentato del doppio a decorrere dal 1° gennaio 2012 in base alla

novella contenuta nella L.12.11.2011, n.183 (legge stabilità 2012) art.28,

comma 1 e 3.

Per tutto quanto non detto, valga il principio dettato dal comma 2 dell’art.

62 del Decreto, secondo cui al procedimento di ricorso per cassazione si

applicano le norme dettate dal c.p.c. (art. 360 e seguenti) che siano però

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compatibili con quelle dettate dal Decreto disciplinante la materia del

contenzioso tributario.

Il rinvio è d’obbligo in quanto il Decreto disciplina solo il giudizio di rinvio

(nell’art. 63) ossia il solo caso per il quale la Cassazione provveda al rinvio

della controversia alla Commissione tributaria provinciale o regionale per

un rinnovo del grado di giudizio.