Capire e superare il trauma -...

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Indice Presentazione (Gianni Liotti) 11 Introduzione 15 Prefazione 19 Riservatezza 19 Razionale per un libro sul trauma 19 Come leggere questo libro 20 Avvertenze per il lettore 22 Capire il trauma e le tue reazioni ad esso 25 Che cos’è un trauma? 27 Diversi tipi di trauma 29 A chi si rivolge questo libro? 33 Il trauma nei bambini 34 Perché un trauma può avere un effetto psicologico così forte? 35 Sotto il controllo del sistema di sopravvivenza 37 Che cosa succede durante la reazione di attacco o fuga? 37 Che cosa succede quando una reazione di attacco/fuga non è possibile? 39 Come dare un senso al trauma e adattarsi ad esso 43 I modi più comuni di reagire al trauma 45 Gruppo 1: reazioni in cui rivivi il trauma 46 Ricordi ripetuti e disturbanti del trauma 47 Sogni e incubi ricorrenti e insonnia 49 Flashback 51

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Indice

Presentazione (Gianni Liotti) 11

Introduzione 15

Prefazione 19Riservatezza 19Razionale per un libro sul trauma 19Come leggere questo libro 20Avvertenze per il lettore 22

Capire il trauma e le tue reazioni ad esso 25

Che cos’è un trauma? 27Diversi tipi di trauma 29

A chi si rivolge questo libro? 33Il trauma nei bambini 34

Perché un trauma può avere un effetto psicologico così forte? 35

Sotto il controllo del sistema di sopravvivenza 37Che cosa succede durante la reazione di attacco o fuga? 37Che cosa succede quando una reazione di attacco/fuga non è possibile? 39

Come dare un senso al trauma e adattarsi ad esso 43

I modi più comuni di reagire al trauma 45Gruppo 1: reazioni in cui rivivi il trauma 46

Ricordi ripetuti e disturbanti del trauma 47Sogni e incubi ricorrenti e insonnia 49Flashback 51

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Gruppo 2: reazioni di evitamento e ottundimento 52Le reazioni di ottundimento 53Le reazioni di evitamento 57

Gruppo 3: reazioni di incremento dell’attivazione fisica (o iperattivazione) 60

Difficoltà a addormentarsi e insonnia 61Irritabilità o scoppi d’ira 63Difficoltà di concentrazione e di memoria 65Stato di allerta e preoccupazione eccessivi per la propria sicurezza e quella altrui 66Risposte di eccessivo allarme 68Reazioni fisiche in risposta a situazioni che ricordano il trauma 68

Altre reazioni al trauma 69Reazioni connesse alla perdita di una persona 69La perdita di parti del corpo e i cambiamenti nell’immagine corporea 71Il dolore cronico 72Difficoltà sessuali 73La depressione 75Sensi di colpa, vergogna e autobiasimo 77La dissociazione 80L’abuso di sostanze 84

Cos’è il Disturbo da Stress Post-Traumatico (DSPT)? 86

Perché le persone reagiscono ai traumi in modi diversi? 89

Come affrontare il trauma 91

Il processo di ricostruzione della tua vita 91

Le diverse tappe della guarigione 93

La prima fase: ritrovare un senso di sicurezzae stabilità – il riequilibrio del sistema nervoso 96Salvaguardare la tua sicurezza 97

Come tratti te stesso 97Come ti trattano gli altri 98Come tu tratti gli altri 102Creare un senso di sicurezza nella tua casa 104

Prendersi cura di sé e i ritmi sonno-veglia 107

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Seguire una dieta sana 107Praticare una moderata e regolare attività fisica 108Accettare e «connettersi» alle parti del corpo che sono cambiate 110Prendersi cura del proprio corpo (e anima) 113Creare una routine sicura per il sonno 115

Ripristinare una sana respirazione 120«Connettersi» a una sensazione di sicurezza attraverso lo «spazio sicuro immaginario» 126

Lo scopo della creazione (installazione) di un luogo sicuro immaginario 128Linee guida per la creazione/installazione di un luogo sicuro immaginario 129Testo per la creazione di un luogo sicuro immaginario 131Istruzioni per l’uso del luogo sicuro immaginario 134

La seconda fase: esprimere ed elaborare il trauma 135Modi per raccontare il trauma 139

Raccontare il tuo trauma a una persona disponibile all’ascolto 140Scrivere la tua storia del trauma 142Registrare il tuo racconto dell’esperienza traumatica 143Usare l’arte per esprimere la tua esperienza traumatica 144

La terza fase: lasciarsi il passato alle spalle – il processo di ricostruzione della tua vita 144Affrontare l’evitamento 145Gestire i comportamenti protettivi 147Gestire la rabbia o l’irritabilità 148Gestire le difficoltà sessuali 153Rinforzare l’autostima attraverso la «riconnessione» con gli altri e una sana vita sociale 154Superare i sensi di colpa e la vergogna 157

Riconoscere i sensi di colpa, la vergogna e l’autobiasimo 159Valutare il livello di responsabilità per la situazione traumatica 161

L’effetto sulla tua famiglia o sul tuo partner 166

I farmaci 168

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L’importanza di trovare e mantenere un aiuto specialistico 169Le terapie efficaci 170

La terapia cognitivo-comportamentale 171Il metodo EMDR: desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari 172La terapia cognitivo-evoluzionista e la teoria dell’attaccamento 174La terapia basata sulla mindfulness 176La terapia somatica focalizzata sui traumi 180

Cercare un aiuto professionale 181Se stai seguendo una terapia, continua con il lavoro già iniziato: non abbandonarla troppo presto! 183

Epilogo 184

Indirizzi utili 185

Bibliografia 191

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Gli specialisti, psichiatri, psicologi clinici, psicoterapeuti, hanno da anni a disposizione una letteratura scientifica ampia e in continuo arricchimento sui traumi psicologici e sui modi per alleviare la sofferenza di chi ne è vittima. Le vittime di traumi e i loro familiari o amici, invece, non hanno facilmente modo di documentarsi su quanto è accaduto e accade nel mondo inte-riore come conseguenza dell’intensamente dolorosa esperienza, o su quanto la psicoterapia può offrire per alleviare il disturbo. Questa è la lacuna che il libro di Claudia Herbert e Fabrizio Didonna intende colmare.

La grande chiarezza espositiva, la capacità di accompagnare passo per passo, con sensibilità e rispetto, il lettore, anche se to-talmente digiuno di psicologia, nella comprensione dei disturbi conseguenti a traumi psicologici, e la completezza nel descrivere le terapie disponibili, permettono di affermare che l’intento è stato raggiunto in maniera ammirevole. Di più: grazie alla conoscenza piena e completa dei settori della psicologia clinica e della psichiatria che si occupano di disturbi post-traumatici, gli Autori sono riusciti a produrre un testo che si raccomanda non solo a vittime di traumi, familiari e amici, ma anche alla lettura di professionisti e altri operatori sanitari e sociali. Pur non essendo specialisti, medici di famiglia, medici e infermieri di Pronto Soccorso, personale della Protezione Civile, assistenti sociali e altre figure professionali sono in genere coinvolti nel

Presentazione

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dialogo con persone sopravvissute a traumi, e possono giovarsi grandemente della lettura di questo libro.

I lettori scopriranno quanto sia interiormente vasta, e purtroppo statisticamente frequente, la dimensione di espe-rienza legata al trauma. Scopriranno che le conseguenze del trauma non si limitano a una sofferenza emotiva perdurante al di là dell’esperienza fisicamente o psicologicamente estrema che chiamiamo «trauma»: il trauma può scompaginare a lungo, anche cronicamente, la coscienza e la memoria, può indurre o confermare sfiducia nel significato e nel valore della vita e dei rapporti umani, può generare una catena di incomprensioni reciproche fra le vittime del trauma e chi entra in rapporto con loro, tanto da condurre a un isolamento interiore che è tanto più pericoloso quanto più, esteriormente, la vita sociale della persona che ha subito il trauma continua, riprende e si sviluppa in modo superficialmente normale.

Le conseguenze psicologiche dei traumi, ormai lo sappiamo con certezza, possono anche trasmettersi da una generazione all’altra: i sopravvissuti a gravi traumi, che non hanno avuto la possibilità di elaborarne il significato e superarne le conseguenze disgreganti sulla memoria e sulla coscienza, possono trasmettere, fin dai primi mesi di vita dei loro piccoli, un senso di paurosa e dolorosa impotenza ai figli di cui si prendono cura. Stati mentali simili a quelli che conseguono a traumi possono così manifestarsi e perdurare a lungo anche in bambini che nessuno sottopone a maltrattamento, e che anzi sono figli di genitori che si sforzano di essere particolarmente amorevoli e attenti. Non interrotta da un’appropriata esperienza correttiva, ove necessario di na-tura psicoterapeutica, la vasta e devastante esperienza interiore del trauma valica i confini degli individui, del tempo e delle generazioni, ormai invisibile ai più, ma percepibile da parte di coloro che abbiano avuto modo di soffermarsi e riflettere su queste forme inquietanti del dolore umano.

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La portata, l’intensità e la crudezza del dolore implicato nei traumi sono spesso tali da indurre tanto le vittime quanto i testimoni di esso a cercare di ignorarlo, dimenticarlo il più in fretta possibile, o addirittura negarlo. Queste strategie difen-sive sono parte del dramma, non la sua soluzione. E tuttavia non si possono criticare le strategie difensive, per quanto siano controproducenti, se non si conoscono modi migliori per con-tenere e tollerare il dolore mentale. Chi accoglie la vittima di un trauma nell’incontro e nel dialogo rispettoso o amichevole che rendono la vita umana degna di essere vissuta, ma non sa come il trauma possa essere superato, è dunque in qualche misura giustificato se collude con la vittima nell’ignorarne o negarne il dolore magari latente ma sempre presente fino a che il perturbante significato del trauma non sia stato condiviso e superato. La conseguenza, tuttavia, è che gli effetti dei traumi si mantengono e si estendono non solo nell’individuo che ne soffre, ma anche nella società in cui vive. Per questa ragione, un libro che porti a conoscenza del grande pubblico quel che si può fare per superare il dolore del trauma senza ignorarlo o negarlo, è non solo un contributo alla riduzione della sofferenza delle vittime, ma anche un’opera di grande utilità sociale.

Giovanni LiottiPresidente della Società Italiana

di Terapia Comportamentale e Cognitiva

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La vita di un individuo consiste in un insieme di avvenimenti, di cui l’ultimo

potrebbe anche cambiare il senso di tutto l’insieme.Italo Calvino

Il termine trauma deriva da un verbo greco che significa ferire, ledere, danneggiare e fa riferimento esplicito a una ferita con lacerazione e agli effetti di un urto o di uno shock violento sull’organismo. Quando si parla di trauma psichico ci si riferisce all’esperienza di sopraffazione di una persona da parte di uno stimolo eccessivo e straordinario che la rende priva di difese e incapace di reagire. Le persone vittime di un trauma vivono per definizione un’esperienza improvvisa, travolgente e spesso incomprensibile nei suoi effetti e conseguenze.

Questo libro nasce dalla necessità di fornire all’interno del panorama italiano una guida che possa dare delle risposte alle tante persone, vittime di esperienze traumatiche, che sono costrette a vivere l’intera vita senza capire esattamente che cosa hanno subito, spesso in epoca precoce, e il significato delle loro reazioni a tali esperienze.

I cambiamenti climatici degli ultimi decenni hanno portato progressivamente a una modificazione imprevedibile degli equilibri dell’ecosistema e a un probabile rischio di incre-mento di fenomeni atmosferici straordinari e di conseguenza

Introduzione

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di disastri naturali; basti citare, fra i tanti, le terribili alluvioni in Italia, Francia e Germania degli ultimi anni; gli spaventosi uragani del 2004 negli Stati Uniti, l’uragano Katrina nel 2005, o il catastrofico maremoto-tsunami nell’Oceano Indiano del 2004. Oltre a ciò, il problema degli attentati terroristici, che fino a qualche anno fa si riteneva riguardasse solo certi Paesi, è diventato un fenomeno drammaticamente attuale e globale, in particolare dopo l’attentato dell’11 settembre 2001 al World Trade Center di New York. Tutti questi avvenimenti, e molti altri, nonché l’amplificazione sempre maggiore data loro dai mass media, hanno fatto sì che la gente entrasse in contatto sempre più direttamente con una dimensione e una realtà che oltrepassano angosciosamente le normali capacità umane di fronteggiamento degli eventi di vita, facendo quindi diventare sempre più saliente il problema del trauma e delle sue conse-guenze nella vita delle persone.

Tutto questo per non citare le molto più numerose e quotidiane, ma meno note agli onori della cronaca, esperienze traumatiche di milioni di persone, che rientrano nella sfera di vita individuale e che lasciano spesso segni profondi e du-raturi in chi le ha vissute. Ovviamente, i traumi psicologici sono un fenomeno esistente da sempre: dopo ogni guerra, dopo i grandi disastri naturali o dopo le catastrofi causate dall’uomo; tuttavia, è forse la nostra difficoltà ad ammettere l’esistenza del trauma o una certa riluttanza a voler affrontare nel modo dovuto gli effetti secondari di tale evento che ci induce talvolta a ignorare il problema, o addirittura a negare che possa esistere.

Inoltre, in passato, il trauma psicologico richiedeva cure estremamente lunghe, e le forme di trattamento disponibili erano relativamente inefficaci; oggigiorno, fortunatamente, la terapia del trauma ha compiuto progressi e miglioramenti importanti, permettendo dei risultati relativamente veloci e duraturi.

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Questo libro desidera offrire un aiuto concreto e fornire delle risposte alle innumerevoli domande di tutte quelle persone che sono entrate a contatto in modo diretto o indiretto con delle esperienze traumatiche, aiutandole a riconoscere, capire e normalizzare le reazioni che sovente conseguono ad esse e a comprenderne le cause. Il libro potrà essere utile anche per tutti coloro (familiari, parenti, amici) che dovranno offrire un sostegno a tali persone e nella parte finale dell’opera vengono fornite anche delle indicazioni aggiornate su alcuni dei tratta-menti specialistici, attualmente disponibili, dimostratisi tra i più efficaci per la risoluzione di questi problemi.

Capire e superare il trauma si propone, inoltre, come una guida, che può essere di utilità informativa in generale per chiunque sia interessato all’argomento specifico e in parti-colare per tutti gli operatori nel campo medico e psicologico — psicologi, psichiatri, operatori sanitari, medici, infermieri e assistenti sociali, o chiunque promuova direttamente la salute mentale — che in vari modi possono entrare in contatto con persone traumatizzate.

Le letture consigliate alla fine del libro potranno permettere un approfondimento dei contenuti trattati e l’elenco di alcuni centri idonei alla terapia del trauma potrebbe essere d’aiuto per facilitare l’inizio di un eventuale percorso terapeutico specifico per coloro che ne sentissero la necessità.

Ci auguriamo di tutto cuore che anche attraverso queste pagine molte persone potranno cominciare a vedere la strada da percorrere per uscire dal tunnel dell’esperienza traumatica e per riappropriarsi della loro vita e della serenità perduta.

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tuo trauma. Può essere difficile stare a contatto con la tua sofferenza, ma essa non è pericolosa. Questo non peggiorerà in alcun modo il tuo trauma, anzi: sarebbe utile se tu riuscissi a concederti di sentire la tua sofferenza, piuttosto che cercare di allontanarla da te. È importante, comunque, che tu ti senta veramente sicuro mentre fai tutto questo. Assicurati perciò di essere in un contesto che tu percepisci come protettivo e che ci siano altre persone intorno a te, con le quali senti di poter esprimere agevolmente le tue emozioni. Sii consapevole dei messaggi interni che dai a te stesso quando ti senti giù d’umore. Concediti del tempo per prenderti cura di te e per calmarti e sii gentile con te stesso. Spesso è di grande sollievo e molto terapeutico riuscire a esprimere le proprie emozioni. Perciò, sarebbe utile se ti trovassi un luogo nella tua abita-zione dove non sarai disturbato e dove potrai sentirti sicuro nell’esprimere le tue emozioni.

• Non tutte le parti di questo libro saranno rilevanti per te. Questo non è un problema. Leggi quelle che senti maggior-mente collegate a te e alla tua esperienza. Potresti leggere alcune delle parti rimanenti del libro in un secondo tempo per scoprire se contengono informazioni che potrebbero anche esserti d’aiuto.

• Se leggere è un problema per te reale, potresti trovare utile farlo con qualcuno. Scegli una persona che tu pensi sarebbe comprensiva e paziente. Potrebbe aiutarti a rivedere insieme le parti che non ti sono completamente chiare.

• Se non riesci a trovare una persona con la quale condividere la lettura, potresti leggere il libro ad alta voce registrandolo su un’audiocassetta o su CD-ROM. Non cercare di capire il libro mentre lo stai leggendo ad alta voce. Potrai farlo dopo, ascoltandolo. In questo modo potrai ritornare più volte su alcune parti, senza dovertele leggere.

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Avvertenze per il lettore

Leggere un libro sulle reazioni al trauma potrebbe essere per te abbastanza difficile. Questo contiene alcuni esempi di come altre persone hanno vissuto le loro reazioni a un evento traumatico, esempi che sono stati riportati per aiutarti a capi-re che queste reazioni sono comuni. Forse alcune o molte di queste reazioni le hai avute anche tu e sapere che non sei solo nell’affrontare queste esperienze può farti sentire meno isolato ed esserti molto d’aiuto. Comunque, è importante che tu legga questo libro in un modo che non ti traumatizzi ulteriormente. Qui sotto ci sono dei consigli riguardo a cosa è utile che tu presti attenzione.

Alcuni esempi potrebbero ricordarti degli aspetti del trauma che hai vissuto e leggendoli potresti provare un certo turbamento. Come descritto sopra, prendere contatto con la propria sofferenza e diventarne consapevole può esserti molto d’aiuto, anche se ti farà sentire un po’ a disagio, poiché potresti non essere abituato a esprimerla. Questo è spesso l’inizio di un normale processo di guarigione. Puoi verificare i tuoi livelli di disagio notando cosa accade nel tuo corpo, sia emotivamente che fisicamente. Mentre leggi, cerca di prestare regolarmente attenzione alle sensazioni nel tuo corpo. È importante che tu non ti senta troppo attivato, sul piano psicofisico, dal materiale che stai leggendo, perché questo libro è stato pensato come uno strumento d’aiuto e non per ricrearti un trauma. Inoltre, se sei troppo attivato non riuscirai ad apprendere ciò che leggi. Se noti che i tuoi livelli di attivazione diventano troppo alti, metti il libro da parte e fai una pausa. Cerca di fare qualcosa di rilassante e di molto diverso per distrarti. Riprendi in mano il libro solo quando senti che il tuo corpo si è calmato.

Se alcuni esempi in questo libro creano delle immagini forti nella tua mente riguardanti le esperienze traumatiche di

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altre persone e le senti molto reali, può essere utile prenderne le distanze. Fai qualcos’altro per distrarti e non cercare di im-maginare te stesso nelle situazioni traumatiche altrui, poiché questo potrebbe causarti un’inutile traumatizzazione.

Tutti gli esempi dei pazienti sono scritti in pacchetti di testo con carattere diverso e, se ti rendi conto che leggerli ti crea troppo stress, sentiti libero di saltare tutte le parti di testo scritte in questo stile. In alternativa, potresti trovare un amico che non sarebbe eccessivamente turbato nel leggere quelle parti e che potrebbe parlarti di quegli esempi senza entrare troppo nel dettaglio.

Similmente, interrompi la lettura e fai qualcosa di diverso se si verifica una qualsiasi delle seguenti condizioni:

• sensazioni che stai perdendo il contatto con la realtà, come rivivere delle memorie estreme e opprimenti dell’evento, scene retrospettive (flashback), allucinazioni (vedere o sentire cose che non esistono) o sensazioni generali di essere distante e non connesso con il corpo o con l’ambiente che ti circonda;

• se nonostante la tua perseveranza non riesci a tenere a mente nulla del testo o non riesci assolutamente a concentrarti;

• se vivi delle reazioni d’ansia molto forti, come iperventilazio-ne (respiro affannoso), attacchi di panico o battito cardiaco irregolare;

• se vivi delle reazioni fisiche molto intense, come forti tremori, sensazioni di freddo intenso o vampate di calore, o forte mal di testa;

• se hai idee suicidarie;• se vorresti far del male a te stesso o alle persone intorno a te;• se provi rabbia o collera incontrollabili.

Se hai una qualsiasi di queste reazioni mentre leggi il li-bro, dovresti parlarne con il tuo medico di famiglia o con il tuo psicoterapeuta prima di continuare la lettura. Forse non è il mo-mento giusto per te per leggere un libro come questo, o forse per farlo hai bisogno di ulteriori precauzioni o sostegno da parte di altri.

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Improvvisamente, nel corso della vita, determinati eventi traumatici possono stravolgere l’esistenza delle persone, in-fluendo profondamente su come si sentono con se stesse e gli altri nel loro ambiente, e a volte modificando la loro visione del mondo. Le persone possono provare enorme confusione e spesso terrore per come si sentono e si comportano dopo un improvviso evento traumatico.

Carlo, che era sopravvissuto a un grave incendio, mi disse un giorno: «Dopo che sono sopravvissuto a quel trauma ho pensato che fosse tutto finito — ma fu allora che in realtà tutto cominciò».

Per diversi mesi fu incapace di tenere lontano dalla mente le immagini dell’evento traumatico.

Carlo mi disse: «Era come se ogni giorno parti del trauma ricomparissero nuovamente. Io volevo lasciarlo alle spalle, andare avanti nella mia vita, ma era come se il trauma non volesse lasciarmi. Quel che è peggio è che non solo le mie giornate erano piene di ricordi terrificanti su ciò che mi era successo, ma anche quando cercavo di trovare un po’ di tregua di notte attraverso il sonno i ricordi non mi lasciava-no stare. Ero perseguitato da ripetuti e ricorrenti incubi che sembravano così reali che spesso mi svegliavo urlando e piangendo, convinto di essere ancora in mezzo all’incendio. Qualsiasi cosa facessi, sentivo in quel momento di non riu-scire a muovermi, ero totalmente intrappolato nell’evento. Lo sentivo così reale che in quel momento ero convinto di stare impazzendo».

CAPITOLO PRIMO

Capire il trauma e le tue reazioni ad esso

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traumatico accade a causa di un errore umano, di una macchina o di un sistema di procedure progettati dall’uomo. L’incidente automobilistico descritto in precedenza, che Anna e Pamela hanno vissuto, entrerebbe nella categoria dei traumi causati da azioni umane involontarie. Il secondo gruppo include:– incidenti automobilistici (indicati come IA), che includono

anche incidenti con la motocicletta e la bici;– disastri su mezzi di trasporto, come treni, metropolitane, pull-

man, come il disastro ferroviario di Paddington nel 2000, o quello di Selby nel 2001; disastri aerei, come l’incidente all’aeroporto di Milano nel 2001; disastri marittimi, come il disastro del traghetto a Zeebrugge nel 1987;

– incendi, esplosioni, ustioni, gravi shock elettrici, come incidenti causati dalla rete elettrica;

– incidenti industriali: crollo di un edificio, come ad esempio quello di una parte del nuovo terminal all’aeroporto Charles de Gaulle a Parigi nel 2004; il crollo di una diga, come il disastro del Vajont nel 1963 o quello in Siria nel 2002;

– disastri ambientali, come fuoriuscite accidentali di petrolio o di sostanze chimiche;

– disastri nucleari, come a Tokaimura in Giappone nel 1999 o Chernobyl in Ucraina nel 1986;

– incidenti medici; danno chirurgico a qualche parte del corpo; perdita (amputazione o mutilazione) di una parte del corpo.

I disastri naturali rappresentano la terza categoria di eventi specifici potenzialmente traumatici. Generalmente avvengono senza che l’uomo possa in alcun modo intervenire e alcuni esempi di eventi di questo tipo sono: – terremoti, come quello in Friuli, nel 1976, che ha provocato

più di 1.000 vittime, o quello in Irpinia nel 1980 con 2.800 morti, o il terremoto a Izmir in Turchia nel 1999, in cui sono morte 17.000 persone, o quello in Iran nel 2004 con 43.000 vittime;

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– gli tsunami o maremoti, come lo tsunami del 2004 nell’Oceano Indiano, che ha causato la morte di più di 200.000 persone, o lo tsunami alto 10 m nel 1998 a Papua Nuova Guinea;

– alluvioni e nubifragi, come le alluvioni in Liguria del 1992 e 1993, in Piemonte del 1994 (68 morti), in Toscana e Calabria nel 1996 o in Val di Sarno nel 1998 (147 morti);

– tempeste, come quella a sud della Germania nel 1999; torna-do; uragani, come i 4 grandi uragani Charlie, Frances, Ivan e Jeanne e l’uragano Katrina nel 2005 in Florida, che hanno provocato centinaia di morti e danni incalcolabili;

– incendi boschivi, come i gravi incendi in Sardegna nelle estati del 2004 e del 2005;

– eruzioni vulcaniche, come quella del vulcano colombiano Nevada del Ruiz, che ha ucciso 25.000 persone nel 1985;

– carestie, come quelle, provocate dalla siccità, che hanno colpito i Paesi del Corno d’Africa nel 2006, in particolare la Somalia, il Gibuti, l’Etiopia e il Kenya;

– attacchi da parte di animali, come serpenti, cani, pesci, felini.

La lista presentata è evidentemente incompleta, ma ci dà un esempio dei molti eventi che potrebbero costituire esperienze traumatiche per le persone che li hanno vissuti. I traumi ge-nerati da una chiara intenzionalità altrui sono i più difficili da elaborare e superare, e in tali casi il trattamento può risultare più problematico rispetto ai traumi causati da eventi casuali e non intenzionali. È più facile accettare le conseguenze di un disastro naturale che il dolore apparentemente evitabile che può essere causato dagli errori umani e, ancor peggio, da una volontà cosciente di arrecare un danno fisico o morale.

Non tutti i traumi rientrano nelle categorie indicate sopra. Eventi della vita — quali un divorzio, la disoccupazione, un aborto spontaneo, il parto di un figlio nato morto, o la scomparsa improvvisa di un congiunto o di una persona amata — possono essere vissuti come esperienze traumatiche, la relativa gravità

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delle quali potrà dipendere dalle particolari circostanze in cui si sono verificate. Ognuno, nell’arco della vita, può vivere più esperienze che potrebbero costituire dei traumi personali. Quando una persona ha vissuto più eventi traumatici, ognuno dei quali viene ricordato separatamente, possiamo parlare di trauma di tipo II A.

A chi si rivolge questo libro?

Qualsiasi tipo di esperienza traumatica può causare profonde ferite emotive, che possono avere effetti durevoli e generare varie difficoltà nell’affrontare la vita in modo efficace e adeguato. Que-sto libro si rivolge in particolare alle persone che hanno vissuto un trauma derivante da un evento unico, specifico e improvviso, o da eventi multipli del medesimo genere. Qui includiamo le catastrofi e i disastri di vasta scala, ma anche eventi traumatici specifici quali incidenti stradali, incendi, atti di violenza con danno alla persona, e altri tipi ancora. Il libro è stato scritto per ogni tipo di trauma che viene definito nell’ambito sanitario come appartenente al tipo I oppure al tipo II A.

Anche le persone che hanno subito traumi prolungati e reiterati (come violenze ripetute all’interno della famiglia), abusi, atti di crudeltà, quali la tortura, o traumi infantili, anche gravi, di tipo sessuale, fisico o emozionale, potranno trovare in questa guida delle informazioni utili.

Tuttavia, desideriamo ricordare al lettore che questa guida non può trattare il problema del trauma in modo del tutto esaustivo, e non verranno discussi certi effetti specifici risultanti da tali esperienze. Chiunque abbia subito traumi prolungati nel tempo troverà utile consultare i testi che trattano tale pro-blematica in modo specifico, alcuni dei quali sono indicati in fondo a questa guida.

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È opportuno, per chi soffre degli effetti di un trauma prolungato, rivolgersi a un professionista qualificato, specia-lizzato nel trattamento di casi di traumi più complessi talvolta categorizzati come il tipo II B. A volte il medico di famiglia sa indirizzare la persona che ha subito un trauma allo specialista più adatto.

Il trauma nei bambini

I traumi possono avere un effetto devastante sui bambini e pregiudicare gravemente il loro benessere. Rispetto agli adul-ti, i bambini possono essere più facilmente vittime di eventi traumatizzanti, perché hanno relativamente poche risorse con le quali interpretare in modo adeguato gli eventi che vivono. Sebbene le reazioni dei bambini sopravvissuti ai traumi siano simili a quelle degli adulti (poiché tali reazioni derivano dagli stessi processi psicofisici), la loro manifestazione può esse-re diversa. A seconda dell’età in cui è avvenuto il trauma, i bambini potrebbero non avere ancora acquisito le conoscenze linguistiche necessarie per parlare ed esprimere il loro disagio; possono però rivelare i loro sentimenti attraverso comporta-menti insoliti, come un forte ritiro sociale, l’apatia, o anche l’iperattività o perfino l’aggressività. È molto importante non sottovalutare l’effetto delle esperienze traumatiche nei bambini. Anche se alcune parti di questo libro possono aiutare i genitori o i tutori a capire l’esperienza dei bambini traumatizzati, esso non è stato scritto specificamente per loro. I genitori o i tutori di bambini che hanno subito un trauma dovrebbero rivolgersi agli specialisti per l’infanzia.

Come indicato in precedenza, questo libro non può so-stituire l’intervento psicoterapeutico. È improbabile che un libro possa da solo offrire l’aiuto specialistico che occorre per assicurare una guarigione completa. Esso potrà comunque

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essere molto utile alle persone che hanno subito un trauma, soprattutto se viene utilizzato in combinazione con una terapia specialistica. La premessa su cui si fonda questo libro è che quando riusciamo a vedere le reazioni al trauma come «risposte» comuni e comprensibili, e non come comportamenti anomali e folli di cui ci si dovrebbe vergognare, avremo una base sicura per la guarigione. Il libro potrebbe anche spronare le persone traumatizzate a ricercare senza indugi un aiuto specialistico, specialmente se manifestano le reazioni al trauma da molto tempo, senza alcun segnale di attenuazione dei sintomi o di una guarigione spontanea.

Perché un trauma può avere un effetto psicologico così forte?

Attraverso i mezzi di comunicazione di massa, la maggior parte di noi sa che in ogni momento gli eventi traumatici suc-cedono e coinvolgono le persone. Tuttavia, a livello individuale, tendiamo a credere di essere al sicuro e che queste cose non capiteranno mai a noi. Magari a te è capitato di immaginare come te la caveresti se ti trovassi in una situazione traumatica come quelle che vedi in televisione. Probabilmente avrai pensato: «Sarebbe terribile dover subire un’esperienza del genere, non saprei come fare!» oppure «Mi sarei comportato in modo molto diverso se mi fossi trovato io in quella situazione».

Ora anche tu hai subito un trauma, e sei sopravvissuto. E potresti sentirti confuso, perché ora sembra tutto diverso da come pensavi che sarebbe stato se ti fossi trovato tu in una situa-zione del genere. È come se tutte le tue convinzioni precedenti andassero in frantumi e il tuo senso di sicurezza non esistesse più. Questo accade perché osservare un’esperienza traumatica dall’esterno è ben diverso dall’esserne coinvolti. Quasi tutte le

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persone vittime di un trauma affermano che questa esperienza è diversa da qualsiasi altra avuta prima. Si ha la sensazione che tutto il proprio essere sia stato influenzato e si rimane con profonde ferite fisiche ed emotive.

Le esperienze traumatiche accadono improvvisamente e inaspettatamente. Solitamente, quando si tratta di esperienze nuove, abbiamo un po’ di tempo per abituarci al cambiamento. Anche quando dobbiamo far fronte a esperienze di vita difficili (ad esempio un’operazione chirurgica importante), spesso dispo-niamo di un lasso di tempo prima dell’evento in cui possiamo prepararci. Di solito, più tempo abbiamo a nostra disposizione per abituarci alle esperienze difficili, più ci sentiamo preparati e più facile sarà per noi gestire la situazione. Questo succede perché abbiamo avuto il tempo necessario per cambiare e adat-tare le nostre aspettative.

Ma non possiamo programmare un trauma! Di solito, il trauma ci crolla addosso, e quando accade, lo viviamo come un evento spaventoso, pericoloso e in qualche modo travolgente.Quindi, quando avviene, tutto il nostro organismo — consi-stente nell’interazione tra le nostre funzioni mentali, emotive e corporee — deve adattarsi rapidamente alla nuova esperienza. L’organismo deve rispondere, per poter fronteggiare al meglio la nuova circostanza.

Spesso, quando l’esperienza traumatica accade, non c’è tempo per prepararsi mentalmente a reagire e di norma pren-de il comando il nostro sistema di sopravvivenza fisica. Questo avviene in modo automatico ed è totalmente fuori dal nostro controllo. Tale sistema si attiva anche quando, in un secondo momento, ci si rende conto che in realtà non c’era una seria minaccia di un danno fisico o di morte, né per sé né per gli altri, sebbene lì per lì si possa avere avuto esattamente questa impressione. In quel momento, il sistema di sopravvivenza, innato e automatico, ha gestito tutto.

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parlare della mia esperienza, non capii. Per quel che riguardava l’incidente, non provavo niente, ma allo stesso tempo non ci volevo pensare e non volevo che gli altri me lo ricordassero. Volevo soltanto andare avanti con la mia vita come se tutto fosse a posto. In alcuni momenti mi sentivo molto duro e insensibile e avrei voluto provare qualcosa.

LE REAZIONI DI OTTUNDIMENTO

Durante e dopo le esperienze traumatiche, il tuo organi-smo ha la capacità di proteggersi dal dolore emotivo estremo. I sopravvissuti ai traumi psichici frequentemente riferiscono di non aver provato nulla in quella che più tardi descrivono come un’esperienza veramente sconvolgente a livello emotivo. Spesso si sentono «insensibili». Per sopravvivere possono aver fatto delle cose che sarebbero impensabili nella loro vita normale di tutti i giorni e che potrebbero non essere coerenti con i valori ai quali di solito fanno riferimento.

Isabella, un’infermiera professionale, viaggiava su un treno pieno di pendolari, che fu coinvolto in una collisione e deragliò. Più tardi, dopo l’incidente, raccontava:

L’esperienza mi colpì a livello «fisico»: iniziò con uno shock che attraversò tutto il mio corpo al momento della collisione. Non riuscivo a comprendere cosa fosse successo e, subito dopo, era come se tutto il mio corpo fosse «anestetizzato»: non sentivo niente. Udivo invece le urla e le grida di altre per-sone attorno a me. L’unica cosa a cui pensavo era riuscire a scappare in qualche modo da quella carrozza. Fu soltanto alcuni giorni più tardi che cominciai a pensare a tutte le altre persone che in quel momento mi circondavano, e che erano state ferite. La mia mente si riempiva ora di immagini della scena, e fu allora che mi resi conto che forse, in quella si-tuazione, avrebbero avuto bisogno del mio aiuto. Questo mi fece sentire malissimo. Non riuscivo a capire perché mi fossi comportata in modo così egoistico, quando normalmente mi adoperavo sempre per aiutare gli altri. Questo mi influenzò profondamente, e per molto tempo sentii di non essere più degna di fare l’infermiera.

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Sebbene Isabella si colpevolizzasse per non aver prestato aiuto agli altri nell’incidente ferroviario, il suo comportamento è ben comprensibile e normale nel contesto di un’esperienza in cui c’è il rischio di morire. Attraverso il rilascio di certi ormoni, il suo corpo aveva disabilitato il suo normale comportamento di soccorso verso gli altri, allo scopo di proteggerla, in modo che potesse salvarsi e sopravvivere. Non le aveva lasciato alcu-no spazio mentale e nessuna capacità emotiva perché potesse focalizzarsi sull’aiuto da dare agli altri. Quindi, le reazioni di Isabella durante il trauma non significano affatto che sia una persona insensibile ai bisogni degli altri o egoista, né dovrebbero squalificarla in qualche modo per quel che riguarda il suo lavoro come infermiera. Al momento del trauma, lei si trovava sotto l’esclusivo controllo del suo sistema per la sopravvivenza, che ha il potere di disabilitare i comportamenti controllati dalla coscienza normale.

Se durante il trauma hai agito in un modo che successi-vamente ti è sembrato completamente diverso dal tuo com-portamento normale, è possibile che in quei momenti abbia assunto il controllo il tuo sistema per la sopravvivenza. E se è stato così, è importante che tu capisca che non hai nessuna colpa per questo comportamento, e non devi sentirti male, perché in quel momento non avresti potuto agire diversamente.

Potresti anche aver sentito una specie di «blocco» totale delle tue emozioni, durante l’intera l’esperienza traumatica o in alcuni suoi momenti. Può esserti sembrata irreale, come un (brutto) sogno. Anche se una parte di te sapeva bene cosa stava accadendo, e quanto fosse spaventoso, a livello emotivo forse non eri capace di sentire niente. Può esserti sembrato strano: eri lì, ma una parte di te non c’era. Forse ti sei anche rimproverato per non aver «sentito» del tutto l’esperienza, ma non è stata colpa tua, né vuol dire che sei una persona fredda e insensibile. Significa piuttosto che il tuo sistema per la sopravvivenza ha

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preso il controllo della situazione e ha «anestetizzato» una parte delle tue reazioni normali per aiutarti a sopravvivere.

La sensazione di ottundimento può durare vari giorni o anche di più. È normale, specialmente se hai subito un trauma che ha attivato una risposta di «congelamento», come è stato spiegato sopra («Che cosa succede quando una reazione di at-tacco/fuga non è possibile?»). Altre persone, non direttamente coinvolte nel trauma, possono interpretare in modo errato queste sensazioni, pensando che siano un segno di forza interiore e un modo «ottimale» di affrontare le difficoltà. Avrai forse sentito dire a qualcuno com’è rimasto colpito dalla tua forza e da come sei riuscito ad affrontare a tutta l’esperienza. Questo genere di commenti può averti indotto a pensare che è giusto far fronte a un trauma in questo modo. In seguito, però, man mano che passava la sensazione di ottundimento, cedendo il passo ai tuoi veri sentimenti rispetto al trauma, forse ti sei vergognato, sei rimasto sorpreso dall’intensità delle emozioni che emergevano, a tratti opprimenti, o hai pensato di non avere il diritto di sentire il dolore, la rabbia, lo sconvolgimento interiore o qualunque altra reazione puoi aver avuto.

Non sempre le risposte di ottundimento si alternano con le reazioni in cui rivivi l’esperienza traumatica. Per alcune persone l’ottundimento emotivo è quasi sempre presente e lo descrivono come una specie di congelamento interiore. Se succede anche a te, forse hai soltanto una scarsa capacità di sentire queste emozioni, o non ci riesci affatto. Forse per te è difficile esprimere l’amore, sentire piacere nell’intimità o vivere momenti di tenerezza con le persone che ti erano vicine prima dell’incidente traumatico. Forse prima avevi un buon senso dell’umorismo, ma ora ti rendi conto di averlo completamente perso: esternamente ridi, ma non senti più alcuna gioia o piacere. Forse, quando altri ti raccontano i loro problemi, soffri per la tua incapacità di provare empatia o confronti la tua esperienza

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del trauma con ciò che sai delle loro, giudicando poi te stesso, per la tua durezza e insensibilità, e loro, perché dovrebbero essere più forti. O, ancora, la tua incapacità di connetterti con le tue emozioni potrebbe farti sentire staccato dalle persone che ti circondano, rendendoti difficile andare d’accordo con loro o sentirle emozionalmente vicine. Forse ti hanno detto che sembri freddo o insensibile, e forse è proprio così che ti senti. Ma non è vero. Incontri queste difficoltà perché al momento del trauma psicologico, per proteggerti, il tuo organismo ha «spento» oppure ha «anestetizzato» le tue sensazioni. Una parte del tuo organismo adesso potrebbe essere ancora bloccata, poiché non ti sei ancora ripreso completamente. Quindi, sarà difficile per te riuscire a connetterti veramente con le tue emozioni o a sentirti vicino agli altri.

Laura, una donna che perse la parte inferiore della gamba sinistra durante un attacco terroristico, disse:

Dopo l’esplosione, sapevo soltanto che dovevo uscire dalla stazione. Non sapevo cosa fosse successo, ma intuivo che era qualcosa di terribile. Corsi per quello che mi sembrò un tempo lunghissimo, e poi mi fermò un poliziotto; mi diede una coperta e mi disse di sedermi in un grande spazio aperto per aspettare i soccorritori con le ambulanze, che sarebbero arrivati presto per aiutarmi. Rimasi stupefatta, perché solo quando mi sedetti mi resi conto che mi era successo qualco-sa di grave alla gamba e al piede sinistri. Non avevo sentito dolore e tutto il mio corpo era come insensibile. Anche ora, dopo il periodo che ho trascorso in ospedale, mi sento ancora completamente «anestetizzata» e incapace di connettermi con le altre persone. So che i miei famigliari cercano di essere affettuosi e di aiutarmi, ma non riesco a sentire niente per nessuno. È come se qualcosa si fosse spento dentro di me, e non m’importa nemmeno.

Potrebbe essere utile, sia per te che per gli altri, sapere che l’ottundimento emotivo ha in realtà una funzione protettiva e si attiva perché le emozioni che hai sentito durante il trauma erano

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rimanere a lungo negli spazi aperti, come al circolo del golf, perché mi sentivo insicuro ed esposto.

Quando dovevo recarmi in un luogo pubblico, come la banca o il supermercato, dovevo subito mettermi in una posizione che mi permettesse di tenere le spalle al muro e un occhio sulle uscite: le porte, le finestre e le altre aperture. Ero mol-to guardingo e mi aspettavo di trovare dei pericoli ovunque. Qualche volta queste sensazioni erano così forti che mi tro-vavo costretto a gettarmi sotto il tavolo più vicino, credendo di essere sotto tiro. Diventavo molto ansioso durante quelle ore della giornata in cui mia moglie era al lavoro. A causa dell’irregolarità dei suoi turni — è un’infermiera — lei non riusciva sempre a calcolare precisamente quando sarebbe tornata a casa. Se non tornava alla solita ora, e non era riu-scita a chiamarmi dal lavoro, cominciavo a diventare irrequieto e mi mettevo a camminare avanti e indietro. Poi, la cercavo al cellulare, continuamente, e se non riuscivo a raggiungerla mi angosciavo e immaginavo cose terribili. Questi rimuginii sembravano così reali che ci credevo e alla fine ero convinto di averla perduta. Le sensazioni erano così forti che, a livello fisico, provavo in modo molto chiaro tutte le emozioni conse-guenti a una perdita importante. Quando arrivava a casa, le correvo incontro come un bambino disperato, e piangevo, solo per il sollievo di rivederla. Dopo, mi sentivo veramente sciocco e imbarazzato, ma in quel momento non riuscivo proprio a controllare queste emozioni.

Tutte queste risposte sono causate dall’iperattivazione e dobbiamo ricordare che fanno parte del sistema di protezione dell’organismo. Nella nostra mente, il trauma ha generato un livello di vigilanza così alto che ormai tendiamo a esaminare costantemente cosa sta succedendo nell’ambiente attorno a noi. Questo può essere estremamente faticoso poiché i nostri sensi stanno facendo un lavoro straordinario per mantenere un elevato livello di sicurezza. Tutto il sistema reagisce come se noi o le persone che amiamo fossimo ancora in una situazione molto pericolosa. È come se il tuo sistema di protezione do-vesse sempre assicurarsi che, nel caso il trauma si ripresentasse, questa volta sarai senz’altro preparato. Ma il problema sta nel

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fatto che non hai più bisogno di questo alto livello di vigilanza: il trauma è già accaduto ed è poco probabile che si ripresenti. Man mano che lo elabori nel modo appropriato, gradualmente diminuirà l’intensità di queste risposte. Tuttavia, avrai forse bisogno dell’aiuto di un terapeuta specializzato.

RISPOSTE DI ECCESSIVO ALLARME

Potresti accorgerti di essere diventato molto sensibile ai rumori e agli odori, più teso e suscettibile. A seconda del tipo di trauma che hai subito, potresti, per esempio, allarmarti fa-cilmente per i movimenti improvvisi e inattesi, come quando qualcuno che sta dietro alle tue spalle ti tocca.

Dopo il terremoto, Filippo si accorse che reagiva sempre in modo esagerato se c’erano movimenti improvvisi e inattesi nell’ambiente attorno a lui, come quando il vento muoveva le tende davanti a una finestra aperta. Sobbalzava facilmente se improvvisamente qualcuno bussava alla porta, o se udiva altri rumori forti. Queste intense reazioni rimanevano a lungo nel suo organismo, anche quando lo stimolo che le aveva attivate era passato da molto tempo.

Quando appare in te la risposta di allarme, potresti sen-tirti «fuori controllo» e anche spaventato, non capendo perché reagisci così. Le risposte di allarme sono un altro modo che il tuo organismo usa per proteggerti dai pericoli: finché non avrai elaborato il trauma e non ti sarai ripreso completamente, sarà difficile che esso riduca l’intensità delle reazioni, anche se non c’è alcun pericolo immediato.

REAZIONI FISICHE IN RISPOSTA A SITUAZIONI CHE RICORDANO IL TRAUMA

Le reazioni corporee che avvengono in situazioni che ricordano un trauma variano da individuo a individuo. Può

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appena l’effetto finisce, le emozioni opprimenti sono di nuovo lì. Inoltre, di solito conducono all’instaurarsi di una qualche forma di dipendenza. Quindi, oltre che dai sintomi già molto disturbanti del trauma, la persona si trova condizionata anche dagli effetti collaterali della dipendenza, che operano a livello psicologico e spesso anche fisico, e deve gestire anche quelli. Molte dipendenze affaticano il corpo e possono essere molto dannose per l’individuo che ne è vittima. Una volta stabilite, possono essere difficili da dominare poiché determinano un ciclo che si autoperpetua e si automantiene. Nel caso delle sostanze da abuso, c’è di solito il problema aggiuntivo della dipendenza chimica (assuefazione), che non solo aumenta la frequenza di assunzione della sostanza, ma produce anche effetti collaterali disturbanti durante i tentativi di smettere.

Se ti riconosci in queste descrizioni di comportamenti com-pulsivi, dovrai affrontare questi problemi prima di poter essere pronto a elaborare il trauma. Che tu abbia sviluppato questi comportamenti di dipendenza o compulsivi prima dell’esperienza traumatica o che siano apparsi in seguito ad essa, come tentativo di fronteggiarne gli effetti dolorosi, è comunque probabile che trarresti beneficio da un aiuto professionale. Potresti provare vergogna o imbarazzo per la tua dipendenza o per i tuoi com-portamenti compulsivi, e una parte di te potrebbe addirittura negare l’esistenza del problema. Cerca, per quanto ti è possibile, di essere sincero e aperto con te stesso. Se non sei sicuro di avere un problema di questo genere, mantieni un diario quotidiano e cerca di monitorare ciò che fai e quanto spesso cedi al comportamento dipendente o impulsivo. Nota cosa accade in questi momenti e come ti senti quando non adotti quei comportamenti per un po’ di tempo. Fondamentalmente, negando una dipendenza o un comportamento impulsivo, se esiste, inganni te stesso, perché ti privi indirettamente della possibilità di guarire dagli effetti del trauma. Quindi, anche se potrebbe comportare un certo disagio,

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è il modo più salutare e coraggioso di essere onesti con se stessi. Potrebbe esserti utile parlarne con il tuo medico di fiducia, il quale potrà consigliarti e indicarti uno specialista adatto al caso; oppure, se credi che il tuo medico di famiglia potrebbe non essere molto comprensivo, potresti rivolgerti a un’associazione oppure a un gruppo, che ti aiuti a superare il problema o a scegliere una persona che ti assista in questo percorso. La maggior parte dei terapeuti specializzati nei traumi psicologici ritiene necessario che le persone abbiano risolto gli eventuali problemi di questo genere prima di affrontare i traumi e il processo di elaborazione, ma alcuni possono aiutarti a fare anche questo, prima di passare alla seconda fase del trattamento. Tuttavia, il pieno successo dipende dalla tua capacità di essere completamente sincero: con te stesso e anche con il terapeuta che avrai scelto.

Cos’è il Disturbo da Stress Post-Traumatico (DSPT)?

Può darsi che un medico, uno psichiatra, uno psicologo o qualche altro operatore ti abbia detto che hai un disturbo da stress post-traumatico (post-traumatic stress disorder). Questo termine, che si riferisce a una particolare gamma e combina-zione di reazioni che possono presentarsi e svilupparsi dopo un’esperienza traumatica, indica un quadro di sintomi a cui fanno riferimento gli operatori sanitari per capire le tue possibili reazioni e per decidere come è meglio aiutarti a fronteggiare gli effetti del trauma che hai subito.

Possiamo definire i traumi in molti modi, ma in genere le persone con questo disturbo sono state esposte a un evento traumatico in cui hanno vissuto, affrontato o assistito a uno o più eventi che hanno implicato una minaccia alla loro o altrui integrità fisica o gravi lesioni. Hanno inoltre sperimentato paura intensa e sentimenti di impotenza o orrore.

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Perché le persone reagiscono ai traumi in modi diversi?

Potresti chiederti perché alcune persone sviluppano il disturbo da stress post-traumatico e altre no. Devi sapere che chiunque può avere questo disturbo. Avere il DSPT non è un segno di debolezza oppure che hai fatto qualcosa che gli altri non hanno fatto. Con ogni probabilità il disturbo è comparso in te semplicemente perché le tue esperienze traumatiche erano veramente gravi. Forse ti chiedi perché le tue reazioni sembrano più forti e più gravi rispetto a quelle di un tuo amico o conoscente che ha subito esattamente lo stesso trauma. È perché esiste una gamma quasi infinita di modi di vivere la vita e, quindi, anche di vivere un trauma: la risposta ad esso sarà diversa a seconda delle caratteristiche individuali e dei modi in cui le persone vivono se stesse e l’ambiente. Ognuno vive l’esperienza trau-matica attraverso i filtri delle proprie sensazioni e osservazioni del momento. Essendo tutti diversi, anche le nostre esperienze possono essere diverse, ma ugualmente legittime, così come le differenti reazioni ad esse. Ricorda che non c’è un modo giusto o sbagliato di reagire a un’esperienza traumatica e non permettere a nessuno, che siano gli altri o te stesso, di dubitare delle tue esperienze ed emozioni. Così come le tue esperienze e reazioni meritano di essere rispettate, è altrettanto importante che tu rispetti quelle degli altri.

È veramente molto utile evitare di fare paragoni tra noi e gli altri, perché non potrai mai sapere effettivamente cosa provano le altre persone. Potrebbero soffrire tanto quanto te, ma potresti non esserne consapevole, perché non ne parlano e non lo manifestano esteriormente. E poi, potrebbero non rendersi ancora conto di quanto li abbia influenzati il trauma, perché il loro organismo è sotto shock e le loro sensazioni sono state «anestetizzate». Dal modo in cui si presentano e agiscono, potremmo dedurre che queste siano persone forti, capaci di

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fronteggiare ogni situazione, come se il trauma non avesse avuto alcun effetto su di loro. Forse è il contrario, ma non hai modo di saperlo. Ogni persona reagisce a modo suo, e quindi non serve a niente paragonare le tue reazioni con quelle degli altri o giudicarle: né le tue, né quelle delle altre persone. È più utile che tu ti conceda la possibilità di riconoscere come il trauma ti ha influenzato, poiché solo questo ti permetterà di guarire.

Benché le reazioni delle persone a uno stesso trauma pos-sano per qualche aspetto essere simili, varieranno comunque per intensità, tempo di comparsa e durata. Inoltre, ricordiamo che il DSPT è molto più probabile quando l’evento traumatico si è ripetuto più volte o è durato a lungo nel tempo.

Leggendo questo libro, potresti renderti conto che hai alcune delle reazioni elencate sopra, ma non altre, oppure che le tue sono più o meno intense. Questo è assolutamente normale, poiché non tutte le persone presentano tutte le reazioni descritte in questo libro. Questo libro ti sarà comunque utile e potrai scegliere di leggere le parti più corrispondenti al tuo caso. Se invece vedi che hai tutte le reazioni indicate qui, è probabile che tu abbia un disturbo da stress post-traumatico.

Ricorda che non è colpa tua e che non potevi in alcun modo evitare gli effetti del trauma. Ora ci sono delle cose che puoi fare per superare il tuo problema. Sarebbe in ogni caso molto utile per te cercare l’aiuto di uno psicoterapeuta o medico specializzato nella salute mentale, che potrà valutare gli effetti che hai subito e proporti una terapia specifica oppure inviarti a uno specialista in questo campo. È dimostrato che i libri come questo possono essere molto utili per chi segue una terapia per i traumi psicologici, perciò puoi continuare a leggerlo anche durante il percorso psicoterapeutico. Puoi anche segnalarlo al tuo medico di famiglia, perché possa comprendere velocemente il tipo di problema che hai, il tipo di aiuto di cui hai bisogno e a quale specialista è meglio inviarti.

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Il processo di ricostruzione della tua vita

Anche se desidereresti che le tue reazioni scomparissero velocemente e automaticamente, questo potrebbe non accadere. Devi sapere che il processo della guarigione richiede un certo tempo, la cui durata può variare notevolmente da persona a persona. Le tue reazioni potrebbero non sparire spontaneamente, e forse avrai bisogno di qualche tipo di aiuto specialistico per poter guarire del tutto.

Il seguente esempio descrive la guarigione di una donna che aveva subito un trauma psicologico. Gina, che si è ripresa bene dopo una rapina armata nella banca in cui lavorava come cassiera, descrive il suo processo di guarigione nel modo seguente:

All’inizio mi sembrava che tutto il mio mondo fosse andato in frantumi. Niente aveva più senso nella mia vita, e sentivo di aver completamente perso il controllo delle cose. Mi sembrava impossibile compiere o portare a termine anche le cose più semplici. Era come se avessi disimparato e dimenticato tutto quello che sapevo in precedenza. Sembrava che la persona fiduciosa e sicura che ero stata fosse ora svanita nel nulla, e che quella rimasta mi fosse sconosciuta. Mi trovavo di fronte a un mistero, un puzzle in cui nessuno dei pezzettini combaciava con gli altri. Ma lentamente, con l’aiuto di uno specialista, parlando delle mie reazioni e delle esperienze vissute durante il trauma, alcuni pezzi di questo puzzle hanno cominciato a ricomporsi. All’inizio erano solo pochi pezzi. Io ero

CAPITOLO SECONDO

Come affrontare il trauma

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così stanca ed esausta, ma con il passare del tempo l’imma-gine del puzzle si ricomponeva e io capivo meglio l’immagine intera. Un po’ alla volta ho ricominciato a sentirmi sicura, un po’ più equilibrata e calma. Ma ci sono state anche battute d’arresto, come quando cercavo di lavorare su alcune parti del puzzle completamente da sola, senza rendermi conto di come il mio isolamento influisse sui rapporti con gli altri attorno a me. Anziché essere compreso, il mio comportamen-to li faceva stare male e così mi sentivo ancora più isolata, sola e disperata. Spesso in quei momenti mi è venuta voglia di mollare tutto e arrendermi. Avevo fatto tanta fatica e ora tutto sembrava inutile. Avevo anche paura di affrontare certi aspetti del trauma, non sapendo che cosa avrei scoperto. In ogni caso sono andata avanti, e un po’ alla volta sono riuscita a riprendermi dagli effetti del trauma e a comprendere che il puzzle non sarà mai completo, perché costruirlo è un pro-cesso che continuerà per tutta la mia vita, né l’immagine del puzzle rimarrà sempre uguale nel tempo. Una volta giunta al termine della terapia, però, avevo lavorato su un numero di parti del puzzle sufficiente per poter sentire che avevo ripreso il controllo su molti aspetti della mia vita. Anche se non potrò mai dimenticarlo, il trauma è diventato ormai una parte del mio quadro, una parte della mia vita. È diventato una parte del puzzle. Questo significa che non può più controllare la mia vita. Sono di nuovo capace di guardare al futuro, e mi sembra che l’esperienza dell’elaborazione del trauma mi abbia aiutata a diventare una persona più comprensiva e tollerante. Dopo il trauma, ho impiegato più di un anno per arrivare a questo punto della mia guarigione.

Non esistono linee guida precise che possano indicare quanto tempo ci vorrà per superare un trauma. Come regola generale, prima riesci a «riconnetterti» a qualche sensazione di sicurezza interna e ristabilire un ordine nella tua vita, prima potrai cominciare a elaborare la tua esperienza traumatica. Come nel caso di Gina, ci potrebbero essere dei momenti in cui ti senti bloccato o ti sembra di tornare indietro anziché andare avanti. Qualunque sia il punto in cui sei arrivato, la storia di Gina illustra che la guarigione richiede tempo e può essere lunga e dolorosa. È un processo molto particolare e soggettivo. A nessuno piace

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studio del terapeuta e ti agevolerà l’elaborazione del trauma. Se in qualsiasi momento senti che il tuo luogo sicuro andrebbe modificato perché tu ti ci senta bene, concediti del tempo per farlo, ripetendo però tutta la procedura indicata sopra, affinché i cambiamenti che apporti siano efficaci e durevoli nel tempo.

Se sei seguito da uno psicologo specializzato nella tecnica EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), un approccio terapeutico che verrà spiegato più avanti, egli potrà aiutarti a «installare» il luogo sicuro utilizzando la stimolazione bilaterale. Nella nostra esperienza, abbiamo notato che, per la maggior parte delle persone, questo funziona meglio con un suono bilaterale (per esempio usando una musica rilassante riprodotta «bilateralmente» da un CD).

La seconda fase: esprimere ed elaborare il trauma

Le tue reazioni al trauma possono essere molto intense e in certi casi addirittura sconvolgenti, e per questo forse eviti di pensare all’incidente e di parlarne. Quando ti fanno domande sul trauma, forse rispondi stando deliberatamente sul vago. Di solito lo si fa perché parlare del trauma procura un forte malessere o perché si teme che gli altri potrebbero rimanere sconvolti nell’ascoltare ciò che abbiamo subito. In altri casi, sono le altre persone a evitare l’argomento, perché non sanno cosa dire o perché hanno paura di turbarti e farti stare male. A volte le vittime di trauma «preparano una storia» e la utilizzano per rispondere alle domande di rito. Se da un lato questa storia può sembrare una versione fedele e accura-ta dell’evento, dall’altro essa ne descrive solo alcuni aspetti; perciò, quando si inizia una terapia, spesso si scopre di non avere ancora avuto veramente l’opportunità di parlare a fondo del proprio trauma.

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Le difficoltà che hai nel parlare del tuo trauma e quelle che gli altri trovano nel farti domande e nell’ascoltarti sono normali e pienamente comprensibili. Sono parte delle nostre reazioni umane per la sopravvivenza. L’esperienza del pericolo durante il trauma è stata sconvolgente per te, quindi qualsiasi ricordo dell’incidente — anche quando viene soltanto menzionato durante una conversazione — crea subito un’associazione con alcune o con tutte le emozioni e/o sensazioni fisiche disturbanti collegate a quell’esperienza. Durante il trauma, queste sensa-zioni sono state immagazzinate in una memoria specifica nel tuo cervello e di quando in quando riemergono in superficie per metterti in guardia dai pericoli. In termini evoluzionistici, questo processo adattivo è in realtà molto utile, perché ha la funzione di prevenire i pericoli simili a quelli in cui si è già incorsi e quindi di aumentare le possibilità di sopravvivenza; doveva essere molto utile in epoche lontanissime, quando gli uomini dovevano andare a caccia per procurarsi il cibo e difendersi dai predatori. In tali circostanze, quando un individuo aveva un incontro pericoloso con un orso, per esempio, il sistema immagazzinava tutte le informazioni necessarie di quell’espe-rienza. E così, se in futuro l’individuo sentiva un rumore simile a quello di un orso che si muove nella foresta, questo sistema speciale della memoria lo avvertiva del pericolo, «stimolando» le stesse sensazioni negative associate al primo orso incontrato e dandogli la possibilità di fuggire. Quindi, le sensazioni, fisiche ed emotive, disturbanti diventano un sistema d’allarme che ci protegge nei momenti di pericolo.

È evidente come un sistema di questo genere sia molto utile; il problema è che questo meccanismo non riesce a distinguere tra un pericolo reale e uno stimolo che viene solo percepito come un pericolo, ma che non lo è necessariamente. Per tale ragione ti fa sentire queste sensazioni spiacevoli anche quando stai solo parlando del trauma o pensandoci: ha registrato come pericoloso

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tutto quanto possa essere collegato con la tua esperienza passata — anche i pensieri — e cerca di avvisarti prima, per proteggerti da altri eventuali pericoli. Naturalmente, tu sai che non è pericoloso pensare al tuo trauma o parlarne, ma questo sistema specifico della memoria si comporta come se lo fosse. Ecco perché parlare di un incidente o pensarci è tanto disturbante ed ecco perché la maggioranza delle persone non vuole parlare del trauma e nean-che pensarci: non vuole sentire queste sensazioni disturbanti. A questo punto è utile ricordare che queste sensazioni disturbanti fanno parte di un meccanismo del tutto naturale e che, sebbene non sia bello provarle, sono lì per proteggerti.

Ora che ne conosci la funzione, puoi anche comprendere che proteggersi non sempre è necessario, né utile per guarire. Per guarire, infatti, devi raccontare le tue esperienze traumatiche, e devi parlarne a fondo, rievocando ogni dettaglio che ti turba emotivamente. Solitamente si crede il contrario, e forse lo credi anche tu; spesso si sente dire: «È meglio dimenticare tutto quan-to» o si ritiene che, non parlandone e non pensandoci, i ricordi andranno via. In realtà, questo generalmente non succede: i ricordi e i pensieri associati all’incidente non svaniranno da soli, perché si è attivato il meccanismo protettivo. Quindi, per poterti «riconciliare» con il trauma, devi concederti l’opportunità di parlare della tua esperienza e degli effetti che ha avuto su di te. In questo modo potrai «disattivare» le sensazioni disturbanti presenti nella tua memoria del trauma e rilasciare il malessere che ancora provi. Essenzialmente, si tratta di un’energia che viene investita in un’azione vecchia, non più necessaria, e che deve essere rilasciata in modo che ti serva nella tua vita attuale e che non ti tenga bloccato nel passato.

Se hai desiderato parlare del tuo trauma e magari ci hai anche provato, forse non sei riuscito a trovare le parole per esprimerti e raccontare la storia in modo coerente. Questo po-trebbe dipendere da come il tuo cervello ha funzionato durante

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il trauma. Alcune ricerche3 hanno dimostrato che durante un incidente traumatico può accadere che alcune parti del cervello letteralmente si «spengano» per qualche istante. Qualche volta, quando il nostro organismo è impegnato unicamente ad assi-curarsi la sopravvivenza, fa convergere tutta la sua energia nelle parti del cervello che devono funzionare durante il trauma. Per poter fare questo, sembra che il cervello «spenga» le zone che non sono direttamente coinvolte nel compito primario di quel momento: la sopravvivenza. Una delle strutture del cervello che sembra spegnersi si chiama ippocampo e ha la funzione di organizzare le informazioni e di dare un senso alle esperienze affinché abbiano significato e possano così essere spiegate ed espresse tramite un linguaggio comprensibile (per questo, deve attivarsi un’altra parte del cervello, l’area di Broca); più tardi possono essere immagazzinate senza che producano ulteriori effetti. Tuttavia, se durante il trauma una parte del cervello è stata spenta — per lo scopo adattivo della sopravvivenza — dopo potrebbe essere difficile tradurre l’esperienza in un linguaggio adeguato e parlarne. Se succede anche a te, non preoccuparti: dopo un trauma ci sono diversi modi per guarire, oltre che parlarne. Per guarire bisogna lavorare sul trauma, e lo si può fare visualizzandolo in un modo che permetta di riviverlo in ogni minimo dettaglio, e con tutte le sensazioni, per poterle elaborare e infine sentirtene libero. Benché questo processo non sia in alcun modo pericoloso, è più efficace e agevole compierlo nel corso di una terapia.

3 Cahill L. (2000) Modulation of long-term memory storage in humans by emotional arousal: Adrenergic activation and the amygdala. In J.P. Aggleton (a cura di), The amygdala: A functional analysis, Oxford, Oxford University Press, pp. 425-445.

McNally R.J. (2003), Remembering trauma, Cambridge, Massachusetts, The Belknap Press of Harvard University Press.

Nadel L. e Jacobs W.J. (1996), The role of the hippocampus in PTSD, panic and phobia. In N. Kato (a cura di), Hippocampus: Functions and clinical relevance, Amsterdam, Netherlands, Elsevier, pp. 455-463.

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lavoro sui sentimenti di colpa, vergogna o disapprovazione, decidi se è il caso di ritornare su un aspetto sul quale hai già lavorato in precedenza, o se sei pronto a progredire a un livello superiore della tua lista.

3. Pensa all’aspetto col quale hai deciso di lavorare ora. Nota l’intensità delle emozioni di colpa, vergogna o disappro-vazione che provi in relazione ad esso (puoi usare la scala 0-10). Cerca di capire dove sono collocati nel tuo corpo questi sentimenti. Spiega a te stesso, nel modo più chiaro e preciso possibile, perché stai provando queste emozioni e scrivilo in una o due frasi.

4. Ora esamina esattamente cosa è successo in quella situazio-ne. Cerca di essere preciso e di indicare tutti i fatti specifici. Scrivi tutte le cose che hai fatto o che non hai fatto, quelle che sono risultate utili e quelle che secondo te non lo sono state. Poi indica sempre per iscritto le conseguenze negative che secondo te sono state causate dall’aver fatto o non fatto determinate cose; compi questa valutazione con la massima sincerità, perché stai misurando il tuo livello di responsabilità in relazione a questo aspetto del trauma. Usa la solita scala a dieci punti, dove 0 significa «per niente responsabile» e 10 significa «completamente responsabile».

5. Riesamina quanto hai scritto, immaginando ora di essere un giudice imparziale e completamente oggettivo che ha il compito di stimare il tuo livello di responsabilità rispetto all’accaduto. Immagina che questo giudice è un uomo saggio, con molta esperienza di vita, e che considera, oltre alla tua visione attuale della situazione, anche molte altre circostanze. Scrivi le osservazioni di questo uomo saggio mentre leggi le domande sotto, una per una.

6. Nel tuo ruolo di giudice, prima di tutto chiediti se la persona che stai giudicando (cioè, te stesso) intendeva causare l’esito negativo. Se la risposta è «sì», vai alla domanda 12.

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7. Assumendo che la tua risposta sia «no», chiediti (e ricordati che sei il giudice saggio) fino a che punto questa persona (cioè tu) può essere ritenuta responsabile per l’accaduto. Dato che non intendeva fare del male, esamina i fattori che hanno contribuito a determinare la situazione. È stata causata da un errore di giudizio? Un’incapacità? Negligenza? Un incidente? Qualche altro motivo? Scrivi tutto.

8. La persona che stai esaminando (cioè te stesso) era l’unica coinvolta nella situazione o ce n’erano anche altre che potrebbero in parte essere responsabili dell’accaduto? Se è così, lascia che il saggio valuti la quota di responsabilità di ciascuna persona presente nella situazione (attribuendo un punteggio percentuale, su un totale di 100%). Scrivi le risposte.

9. Ci sono altre circostanze da considerare che erano al di fuori del controllo delle persone coinvolte (te compreso) e che potrebbero avere contribuito a quanto successo? Ad esempio, quanto hanno inciso le condizioni atmosferiche, la strumentazione che usavi, le informazioni di cui si dispo-neva appena prima dell’evento, ecc.? Lascia che il giudice saggio rifletta su tutti questi aspetti, che gli permetteran-no di stabilire la parte di responsabilità di ciascuna delle persone coinvolte e la rilevanza di ognuno degli ulteriori fattori identificati (di nuovo attribuendo un punteggio percentuale, su un totale di 100%). Prendi nota di tutto mentre procedi.

10. Alla luce di questa analisi, riesamina il tuo effettivo livello di responsabilità e valuta se è ancora alto come quello che ti attribuivi all’inizio. Se si è abbassato, prendi atto della differenza e valuta se sei disposto ad accettarlo; se sì, accetta questa tua parte di responsabilità e, in cambio, liberati dei sentimenti di colpa, vergogna o disapprovazione. Usando la visualizzazione, immagina che escano dal tuo corpo,

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abbandonando i punti in cui si erano installati. Lascia che il tuo corpo si senta più leggero, sollevato e liberato.

11. Se non riesci ad accettare il livello di responsabilità che il giudice saggio ti ha attribuito, chiediti quale potresti accettare. Una volta che hai raggiunto una soluzione che ti va bene, assumiti questo livello di responsabilità e lascia andare i tuoi sensi di colpa, vergogna e disapprovazione, utilizzando la visualizzazione come sopra.

12. Se hai indicato che era tua intenzione causare l’accaduto, lascia che il giudice saggio ti chieda cosa ti aspettavi e de-scriviglielo esattamente, specificando anche come pensavi che ti saresti sentito. Poi, scrivi tutto.

13. Adesso, lascia che il giudice confronti quello che hai appena descritto come esito negativo atteso (includendo anche i sentimenti che ti aspettavi di provare) con quello che è accaduto realmente (compresi i sentimenti che ora di fatto provi). Scrivi tutto. Ora che hai realizzato il tuo proposito, e le cose sono andate come sono andate, provi gli stessi sentimenti che provavi prima? Sono uguali a quelli che nutrivi quando ancora immaginavi soltanto che la cosa desiderata succedesse? Se non lo sono, in che modo sono diversi? Rispetto a ciò che immaginavi prima, sono migliori o peggiori?

14. Che cosa sai ora che non sapevi allora, quando volevi che questo evento negativo succedesse? Con il senno di poi, e riflettendoci, anche se non puoi rimediare a quanto è successo, se tu allora avessi saputo quali sarebbero stati i suoi reali effetti, avresti ugualmente preso quella decisione? Cosa faresti di diverso ora? Scrivi tutte queste cose.

15. Ora che hai visto quali sono le vere conseguenze delle tue azioni, che cosa puoi imparare da tutto ciò per il futuro? Quali sofferenze hanno subito gli altri per effetto della tua scelta? Sapevi quali sofferenze avresti generato? E quanto