Canto XIV -  · Dante incontra Guido del Duca*, Rinieri da Calboli* Purgatorio, XIV, 1-9, miniatura...

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407 Canto XIV Sequenze narrative ® GUIDO DEL DUCA E RINIERI DA CALBOLI Due spiriti, incuriositi dalla presenza di un vivo nell’Aldilà, si rivolgono a Dante chieden- do chi egli sia. Dante, umilmente, non rivela il proprio nome e si limita a dire che provie- ne dalla valle dell’Arno, indicandola però con una perifrasi*. ® DISCORSO DI GUIDO DEL DUCA SULLA DECADENZA MORALE DELLA VALLE DELL ARNO Uno dei due spiriti, Guido del Duca, spiega al compagno che il pellegrino ha evitato di pronunciare il nome di quel luogo perché i suoi abitanti hanno abbandonato ogni virtù e sono ormai divenuti simili a bestie. ® LA PROFEZIA SU FULCIERI DA CALBOLI Guido del Duca profetizza inoltre la corruzione e la violenza del nipote di Rinieri da Calbo- li, Fulcieri, durante il periodo del suo incarico podestarile a Firenze. Rinieri ne resta turbato. ® DECADENZA MORALE DELLA ROMAGNA Guido si presenta e confessa il proprio peccato di invidia; rivela quindi anche il nome del- l’altro spirito, il romagnolo Rinieri da Calboli, della cui virtù non è rimasta traccia nei suoi discendenti. Infine, dopo aver ricordato gli uomini e le famiglie illustri della Romagna, Guido si allontana commosso. ® ESEMPI DI INVIDIA PUNITA Si odono intanto delle voci, somiglianti a fulmini e tuoni che squarciano l’aria, gridare esempi di invidia punita: quello biblico di Caino*, maledetto da Dio per aver ucciso il fra- tello Abele*, e quello mitologico di Aglauro*, trasformata in pietra da Mercurio* per aver cercato di impedire l’amore tra il dio e la sorella Erse. ® AMMONIMENTO DI VIRGILIO Virgilio ammonisce gli uomini perché si lasciano sedurre dai beni mondani e, invece di rivolgersi al cielo, tengono gli occhi a terra attirando su di sé la punizione divina. vv 142-151 vv 127-141 vv 73-126 vv 55-72 vv 22-54 vv 1-21 Posizione II cornice Spiriti espianti Invidiosi Pena Siedono appoggiati alla parete rocciosa, sorreggendosi a vicenda; vestono il saio, che ha lo stesso colore della pietra, e hanno le palpebre cucite con fil di ferro. Odono esempi di carità esaltata e di invidia punita Contrappasso L’invidia è peccato contrario alla carità e passa attraverso la vista; gli invidiosi, che non furono solidali con gli altri, ora si sorreggono a vicenda, sono tutti sostenuti dalla parete rocciosa e non possono più vedere Dante incontra Guido del Duca*, Rinieri da Calboli* Purgatorio, XIV, 1-9, miniatura ferrarese, 1474-1482, Ms. Urb. Lat. 365, f. 136 r. Roma, Biblioteca Vaticana.

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Canto XIV

■ Sequenze narrative

® GUIDO DEL DUCA E RINIERI DA CALBOLI

Due spiriti, incuriositi dalla presenza di un vivo nell’Aldilà, si rivolgono a Dante chieden-do chi egli sia. Dante, umilmente, non rivela il proprio nome e si limita a dire che provie-ne dalla valle dell’Arno, indicandola però con una perifrasi*.

® DISCORSO DI GUIDO DEL DUCA SULLA DECADENZA MORALE DELLA VALLE

DELL’ARNO

Uno dei due spiriti, Guido del Duca, spiega al compagno che il pellegrino ha evitato dipronunciare il nome di quel luogo perché i suoi abitanti hanno abbandonato ogni virtù esono ormai divenuti simili a bestie.

® LA PROFEZIA SU FULCIERI DA CALBOLI

Guido del Duca profetizza inoltre la corruzione e la violenza del nipote di Rinieri da Calbo-li, Fulcieri, durante il periodo del suo incarico podestarile a Firenze. Rinieri ne resta turbato.

® DECADENZA MORALE DELLA ROMAGNA

Guido si presenta e confessa il proprio peccato di invidia; rivela quindi anche il nome del-l’altro spirito, il romagnolo Rinieri da Calboli, della cui virtù non è rimasta traccia nei suoidiscendenti. Infine, dopo aver ricordato gli uomini e le famiglie illustri della Romagna,Guido si allontana commosso.

® ESEMPI DI INVIDIA PUNITA

Si odono intanto delle voci, somiglianti a fulmini e tuoni che squarciano l’aria, gridareesempi di invidia punita: quello biblico di Caino*, maledetto da Dio per aver ucciso il fra-tello Abele*, e quello mitologico di Aglauro*, trasformata in pietra da Mercurio* per avercercato di impedire l’amore tra il dio e la sorella Erse.

® AMMONIMENTO DI VIRGILIO

Virgilio ammonisce gli uomini perché si lasciano sedurre dai beni mondani e, invece dirivolgersi al cielo, tengono gli occhi a terra attirando su di sé la punizione divina.

vv 142-151

vv 127-141

vv 73-126

vv 55-72

vv 22-54

vv 1-21

Posizione II cornice

Spiriti espianti Invidiosi

Pena Siedono appoggiati alla parete rocciosa, sorreggendosi a vicenda;vestono il saio, che ha lo stesso colore della pietra, e hanno le palpebrecucite con fil di ferro. Odono esempi di carità esaltata e di invidia punita

Contrappasso L’invidia è peccato contrario alla carità e passa attraverso lavista; gli invidiosi, che non furono solidali con gli altri, ora si sorreggono avicenda, sono tutti sostenuti dalla parete rocciosa e non possono più vedere

Dante incontra Guido del Duca*, Rinieri da Calboli*

Purgatorio, XIV,1-9, miniaturaferrarese, 1474-1482, Ms. Urb. Lat. 365,f. 136 r. Roma, BibliotecaVaticana.

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■ Temi e motivi

Invettiva di Guido del Duca contro la decadenza della Toscana e della RomagnaÈ questo il secondo canto dedicato al peccato dell’invidia, la cui considerazione passa tut-tavia in secondo piano (verrà ripresa negli esempi finali ai vv. 127-141) per cedere il postoal tema politico, affidato alla voce di Guido del Duca*, un personaggio di secondario rilie-vo storico ma eletto tuttavia da Dante quale portavoce dei nobili valori della civiltà corte-se, che nell’età presente appaiono dimenticati, cancellati dalla corruzione della nuova societàmercantile. Dopo l’invettiva all’Italia nel canto VI, estesa nel VII all’intera Europa, la denun-cia della decadenza morale si concentra ora sulla Toscana e sulla Romagna. L’ampio discor-so di Guido comprende due momenti distinti, uno di accusa e uno di rimpianto, contras-segnati da un diverso stile: dapprima la rassegna degli abitanti della valle dell’Arno, rappre-sentati non come uomini ma come bestie, rassegna che si concluderà con la profezia apoca-littica su Fulcieri da Calboli*; quindi la commossa rievocazione degli antichi valori dellaRomagna. Passato e presente sono visti come un cammino di progressiva degenerazione,come punto di partenza e di arrivo di un processo irreversibile che va dai padri ai figli, dainobili ideali della civiltà cavalleresco-cortese (pregio e onore, v. 88; amore e cortesia, v. 110) allacorruzione del presente. Silenziosa, ma significativa e funzionale, la presenza di Rinieri daCalboli, che col suo turbamento e il suo tacito assenso sostiene le parole dell’altro, cosìcome il pianto di Paolo accentuava drammaticamente la confessione di Francesca (Inf. V).

La «sventurata» valle dell’ArnoL’invettiva di Guido del Duca segue geograficamente il corso dell’Arno (mai nominatoesplicitamente, ma solo attraverso ampie e precise perifrasi geografiche), dalla fonte allafoce. Gli abitanti di questa sventurata valle hanno perduto l’inclinazione al bene tanto dadivenire bestie, come se la stessa maga Circe li avesse trasformati (v. 42). La rassegna diGuido è un vero e proprio bestiario (basato sull’onomastica e sugli stemmi gentilizi), chedescrive gli abitanti come brutti porci, botoli... ringhiosi, lupi e volpi... piene di froda. Qualsiasitentativo di rimediare alla dilagante corruzione sembra al momento del tutto inutile, cosìcome le famiglie nobili della Romagna, tanto rinomate per la loro fama di pregio e cor-tesia, sono irrimediabilmente estinte, mentre quelle sopravvissute sono alla mercé degliultimi discendenti che si comportano come demonî. Di qui il monito a non dare più eredialle famiglie, per non macchiare il nome e il ricordo della stirpe.

Canto XIVPurgatorio

«Chi è costui che ’l nostro monte cerchia prima che morte li abbia dato il volo,

3 e apre li occhi a sua voglia e coverchia?».

«Non so chi sia, ma so ch’e’ non è solo; domandal tu che più li t’avvicini,

6 e dolcemente, sì che parli, acco’lo».

Così due spirti, l’uno a l’altro chini, ragionavan di me ivi a man dritta;

9 poi fer li visi, per dirmi, supini;

® GUIDO DEL DUCA E RINIERI DA CALBOLI«Chi è quest’uomo che percorre le cornici (cerchia) del nostromonte prima che la morte gli abbia separato l’anima dalcorpo (li abbia dato il volo), e apre e chiude (coverchia) gli occhia suo piacimento (a sua voglia)?»«Non so chi sia, ma so che non è solo; chiediglielo (domandal)tu che gli sei più vicino (li t’avvicini), e accoglilo (acco’lo) corte-semente (dolcemente), in modo che parli volentieri (sì che parli)».

Così due spiriti alla mia destra (a man dritta), uno appoggiatoall’altro, discutevano (ragionavan) di me lì; quindi alzarono(fer... supini) il volto per parlarmi;

vv 1-21

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Canto XIV Purgatorio

e disse l’uno: «O anima che fitta nel corpo ancora inver’ lo ciel ten vai,

12 per carità ne consola e ne ditta

onde vieni e chi se’; ché tu ne fai tanto maravigliar de la tua grazia,

15 quanto vuol cosa che non fu più mai».

E io: «Per mezza Toscana si spazia un fiumicel che nasce in Falterona,

18 e cento miglia di corso nol sazia.

Di sovr’ esso rech’ io questa persona: dirvi ch’i’ sia, saria parlare indarno,

21 ché ’l nome mio ancor molto non suona».

«Se ben lo ’ntendimento tuo accarno con lo ’ntelletto», allora mi rispuose

24 quei che diceva pria, «tu parli d’Arno».

E l’altro disse lui: «Perché nascose questi il vocabol di quella riviera,

27 pur com’ om fa de l’orribili cose?».

E l’ombra che di ciò domandata era, si sdebitò così: «Non so; ma degno

30 ben è che ’l nome di tal valle pèra;

ché dal principio suo, ov’ è sì pregno l’alpestro monte ond’ è tronco Peloro,

33 che ’n pochi luoghi passa oltra quel segno,

infin là ’ve si rende per ristoro di quel che ’l ciel de la marina asciuga,

36 ond’ hanno i fiumi ciò che va con loro,

vertù così per nimica si fuga da tutti come biscia, o per sventura

39 del luogo, o per mal uso che li fruga:

ond’ hanno sì mutata lor natura li abitator de la misera valle,

42 che par che Circe li avesse in pastura.

Tra brutti porci, più degni di galle che d’altro cibo fatto in uman uso,

45 dirizza prima il suo povero calle.

e uno di essi disse: «O anima che vai verso il cielo ancoracongiunta (fitta) al corpo, in nome della carità dacci confor-to (ne consola) e dicci (ne ditta)

da dove vieni e chi sei; dal momento che, per la grazia a teconcessa (tua), desti in noi tanta meraviglia (ne fai tanto mara-vigliar) quanta ne richiede (vuol) un fatto mai avvenuto (chenon fu) prima d’ora (più mai)».

E io: «Al centro (Per mezza) della Toscana si estende (si spa-zia) un fiumicello che nasce sul monte Falterona, al cui corsonon bastano (nol sazia) cento miglia.

Io reco questo mio corpo (persona) da un luogo situato suquesto fiume (Di sovr’esso): dirvi chi io sia, sarebbe parlareinutilmente (indarno), perché il mio nome non è ancoramolto noto (molto non suona)».

® DISCORSO DI GUIDO DEL DUCA SULLADECADENZA MORALE DEL LAVALLE DELL’ARNO«Se intendo (accarno con lo ’ntelletto) correttamente (ben) il tuoconcetto (’ntendimento)», mi rispose allora quello che avevaparlato per primo, «tu ti riferisci (parli) all’Arno». E l’altro gli disse: «Perché costui tenne nascosto il nome (ilvocabol) di quel fiume (riviera), proprio come si fa (com’om fa)delle cose più terribili (orribili)?».

E l’ombra a cui era rivolta (domandata era) questa domanda (diciò), si sdebitò così: «Non so; ma è sicuramente giusto (degnoben) che il nome di questa valle perisca (pèra);

poiché dalla sua sorgente (principio), dove la catena montuosa(l’alpestro monte, ossia gli Appennini) da cui è staccato (è tron-co) il monte Peloro, è così alta e massiccia (è sì pregno) che inpochi altri punti (luoghi) lo è di più (passa oltra quel segno),

fin dove si getta nel mare (si rende) per ricompensarlo (perristoro) dell’acqua (de la marina) che il sole (’l ciel) fa evapora-re (asciuga), motivo per cui (ond’) i fiumi hanno acqua nel loroletto (ciò che va con loro),

a tal punto la virtù è fuggita (si fuga) da tutti, sentita ostile (pernimica) come una biscia, o a causa di una maledizione (sven-tura) del luogo, o della malvagia abitudine (mal uso) che li sti-mola al male (li fruga):

per cui gli abitanti della misera valle hanno mutato la proprianatura tanto che sembra che essi siano stati nutriti (li avesse inpastura) da Circe.

All’inizio (prima) il fiume dirige (drizza) il suo corso ancorapovero d’acqua (povero calle) tra sudici (brutti) porci, più degnidi ghiande (galle) che di altro cibo adatto agli uomini.

vv 22-54

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Canto XIVPurgatorio

Botoli trova poi, venendo giuso, ringhiosi più che non chiede lor possa,

48 e da lor disdegnosa torce il muso.

Vassi caggendo; e quant’ ella più ’ngrossa, tanto più trova di can farsi lupi

51 la maladetta e sventurata fossa.

Discesa poi per più pelaghi cupi, trova le volpi sì piene di froda,

54 che non temono ingegno che le occùpi.

Né lascerò di dir perch’ altri m’oda; e buon sarà costui, s’ancor s’ammenta

57 di ciò che vero spirto mi disnoda.

Io veggio tuo nepote che diventa cacciator di quei lupi in su la riva

60 del fiero fiume, e tutti li sgomenta.

Vende la carne loro essendo viva; poscia li ancide come antica belva;

63 molti di vita e sé di pregio priva.

Sanguinoso esce de la trista selva; lasciala tal, che di qui a mille anni

66 ne lo stato primaio non si rinselva».

Com’ a l’annunzio di dogliosi danni si turba il viso di colui ch’ascolta,

69 da qual che parte il periglio l’assanni,

così vid’ io l’altr’ anima, che volta stava a udir, turbarsi e farsi trista,

72 poi ch’ebbe la parola a sé raccolta.

Lo dir de l’una e de l’altra la vista mi fer voglioso di saper lor nomi,

75 e dimanda ne fei con prieghi mista;

per che lo spirto che di pria parlòmi ricominciò: «Tu vuo’ ch’io mi deduca

78 nel fare a te ciò che tu far non vuo’mi.

Ma da che Dio in te vuol che traluca tanto sua grazia, non ti sarò scarso;

81 però sappi ch’io fui Guido del Duca.

Poi, scendendo verso il piano (giuso), trova piccoli cani (Boto-li), più ringhiosi di quanto comporti (chiede) la loro forza(possa), e da essi si allontana (torce il muso) sdegnosamente(disdegnosa).

Quindi discende (Vassi caggendo); e quanto più le acque diquesta maledetta e sventurata valle (fossa) s’ingrossano, tantopiù vede (trova) i cani trasformarsi (farsi) in lupi.

Disceso poi attraverso più profonde gole (pelaghi cupi), incon-tra (trova) volpi così piene di inganni (froda), che non temonoalcuna trappola (ingegno) che possa catturarle (occùpi).

® LA PROFEZIA SU FULCIERI DA CALBOLIE non smetterò di parlare (lascerò di dir) perché un altro (altri) mista ascoltando (m’oda): e ciò sarà utile (buon) a costui (Dante), sein seguito (ancor) si ricorderà (s’ammenta) di ciò che mi rivela(disnoda) un veritiero spirito profetico (vero spirto: Dio).Io vedo tuo nipote che diventa cacciatore di quei lupi sullariva del crudele (fiero) fiume, e li terrorizza (sgomenta) tutti.

Vende la loro carne mentre è ancora viva (essendo viva); poi(poscia) li uccide (ancide) con la ferocia di una fiera leggenda-ria (antica belva); priva molti della vita e se stesso dell’onore(pregio).

Esce lordo di sangue (Sanguinoso) dalla sventurata (trista) selva(Firenze); e la lascia in condizioni tali, che da qui a mille anninon potrà ripopolarsi (non si rinselva) tornando alla sua pri-mitiva condizione (ne lo stato primaio)».

Come all’annuncio di luttuosi (dogliosi) danni si turba il visodi chi ascolta, da qualsiasi parte il pericolo (periglio) lo minac-ci (l’assanni),

così vidi l’altra anima, che era tutta assorta (volta stava) adascoltare, turbarsi e rattristarsi (farsi trista), dopo che ebbecompreso (a sé raccolta) quelle parole.

® DECADENZA MORALE DELLA ROMAGNALe parole (Lo dir) dell’una e l’aspetto (la vista) dell’altra mifecero desideroso (voglioso) di sapere i loro nomi, e ne fecirichiesta con tono di preghiere (con prieghi mista);

per la qual cosa lo spirito che prima mi aveva parlato (parlòmi)ricominciò: «Tu vuoi che io mi induca (mi deduca) a fare perte ciò che tu non vuoi fare nei miei confronti (non vuo’mi).

Ma dal momento che (da che) Dio vuole che in te traspaiatanto luminosamente (traluca) la sua grazia, non sarò parco dinotizie (scarso); perciò (però) sappi che io fui Guido del Duca.

vv 73-126

vv 55-72

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Canto XIV Purgatorio

Fu il sangue mio d’invidia sì rïarso, che se veduto avesse uom farsi lieto,

84 visto m’avresti di livore sparso.

Di mia semente cotal paglia mieto; o gente umana, perché poni ’l core

87 là ’v’ è mestier di consorte divieto?

Questi è Rinier; questi è ’l pregio e l’onore de la casa da Calboli, ove nullo

90 fatto s’è reda poi del suo valore.

E non pur lo suo sangue è fatto brullo, tra ’l Po e ’l monte e la marina e ’l Reno,

93 del ben richesto al vero e al trastullo;

ché dentro a questi termini è ripieno di venenosi sterpi, sì che tardi

96 per coltivare omai verrebber meno.

Ov’ è ’l buon Lizio e Arrigo Mainardi? Pier Traversaro e Guido di Carpigna?

99 Oh Romagnuoli tornati in bastardi!

Quando in Bologna un Fabbro si ralligna? quando in Faenza un Bernardin di Fosco,

102 verga gentil di picciola gramigna?

Non ti maravigliar s’io piango, Tosco, quando rimembro, con Guido da Prata,

105 Ugolin d’Azzo che vivette nosco,

Federigo Tignoso e sua brigata, la casa Traversara e li Anastagi

108 (e l’una gente e l’altra è diretata),

le donne e ’ cavalier, li affanni e li agi che ne ’nvogliava amore e cortesia

111 là dove i cuor son fatti sì malvagi.

O Bretinoro, ché non fuggi via, poi che gita se n’è la tua famiglia

114 e molta gente per non esser ria?

Ben fa Bagnacaval, che non rifiglia; e mal fa Castrocaro, e peggio Conio,

117 che di figliar tai conti più s’impiglia.

La mia anima (il sangue mio) fu così rosa (riarso) dall’invidia,che se avessi veduto un uomo allietarsi (farsi lieto), mi avrestivisto illividire per la rabbia (di livore sparso).

Raccolgo (mieto) ora questa paglia da quanto ho seminato (Dimia semente); o uomini (gente umana), perché vi rivolgete (poni’l core) ai beni terreni, per godere dei quali (là ’v) è necessario(è mestier) escludere gli altri (di consorte divieto)?

Questi è Rinieri; questi è il prestigio (pregio) e l’onore dellacasata dei Calboli, nella quale (ove) in seguito nessuno (nullo)ha ereditato (fatto s’è reda) il suo valore.

E non solo la sua stirpe (sangue) si è inaridita (è fatto brullo), trail Po e l’Appennino (’l monte) e il mare e il Reno, delle doti(ben) necessarie (richesto) a un modo di vivere ricco di virtùmorali e civili (al vero) e cavalleresche (al trastullo);

poiché questo territorio (dentro a questi termini) è pieno disterpi velenosi (venenosi), al punto che ormai, per quanto sicoltivasse (per coltivare), li si estirperebbe sempre (verrebbermeno) troppo tardi.

Dove sono ora il valoroso (buon) Lizio e Arrigo Mainardi?Pietro Traversari e Guido di Carpigna? Oh, Romagnoli dege-neri (tornati in bastardi)!

Quando a Bologna rivivrà (si ralligna) più un Fabbro? Quan-do a Faenza un Bernardino di Fosco, nobile ramo (verga gen-til) di umile origine (picciola gramigna)?

Non ti meravigliare se io piango, Toscano (Tosco), quandoricordo Guido da Prata, insieme a Ugolino d’Azzo che visse(vivette) tra noi (nosco),

Federigo Tignoso e la sua compagnia (brigata), la casata deiTraversari e degli Anastagi (l’una e l’altra famiglia [gente]rimaste senza eredi maschi [diretata]),

le donne e i cavalieri, le perigliose imprese (li affanni) e i ripo-si (li agi) di cui (ne) l’amore e la cortesia suscitavano il desi-derio (ne ’nvogliava), mentre ora (là dove) i cuori sono diven-tati così malvagi.

O Bertinoro, perché non ti dilegui (fuggi via), dal momentoche si sono estinte (gita se n’è) la tua casata (famiglia) e moltealtre famiglie (molta gente), per evitare di corrompersi (per nonesser ria)?

Fa bene la casata di Bagnacavallo, che non ha più discenden-ti maschi (non rifiglia); e fa male quella di Castrocaro, e peg-gio ancora quella di Conio, che si ostina (s’impiglia) a mette-re al mondo (figliar) conti così degeneri (tai).

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Canto XIVPurgatorio

Ben faranno i Pagan, da che ’l demonio lor sen girà; ma non però che puro

120 già mai rimagna d’essi testimonio.

O Ugolin de’ Fantolin, sicuro è ’l nome tuo, da che più non s’aspetta

123 chi far lo possa, tralignando, scuro.

Ma va via, Tosco, omai; ch’or mi diletta troppo di pianger più che di parlare,

126 sì m’ha nostra ragion la mente stretta».

Noi sapavam che quell’ anime care ci sentivano andar; però, tacendo,

129 facëan noi del cammin confidare.

Poi fummo fatti soli procedendo, folgore parve quando l’aere fende,

132 voce che giunse di contra dicendo:

‘Anciderammi qualunque m’apprende’; e fuggì come tuon che si dilegua,

135 se sùbito la nuvola scoscende.

Come da lei l’udir nostro ebbe triegua, ed ecco l’altra con sì gran fracasso,

138 che somigliò tonar che tosto segua:

‘Io sono Aglauro che divenni sasso’; e allor, per ristrignermi al poeta,

141 in destro feci, e non innanzi, il passo.

Già era l’aura d’ogne parte queta; ed el mi disse: «Quel fu ’l duro camo

144 che dovria l’uom tener dentro a sua meta.

Ma voi prendete l’esca, sì che l’amo de l’antico avversaro a sé vi tira;

147 e però poco val freno o richiamo.

Chiamavi ’l cielo e ’ntorno vi si gira, mostrandovi le sue bellezze etterne,

150 e l’occhio vostro pur a terra mira;

onde vi batte chi tutto discerne».

Faranno bene i Pagani a non procreare più, dopo che saràscomparso in famiglia (lor sen girà) l’ultimo diabolico discen-dente (’l demonio); ma non per questo resterà di loro (rimagna)un ricordo (testimonio) onorevole (puro).

O Ugolino dei Fantolini, il tuo nome è invece al sicuro, poi-ché non ci sarà più (s’aspetta) un discendente (chi) che, uscen-do dalla retta via (tralignando), ne possa oscurare il ricordo (farlo possa... scuro).

Vattene oramai, Toscano (Tosco); ora ho più desiderio (mi dilet-ta troppo) di piangere che di parlare, tanto il nostro discorso(nostra ragion) mi ha angustiato (m’ha... la mente stretta).

® ESEMPI DI INVIDIA PUNITASapevamo che quelle anime piene di carità (care) sentivanoche ci stavamo allontanando (andar); perciò, con il loro silen-zio (tacendo), ci garantivano (facean... confidare) che il camminoscelto era giusto (del cammin).Dopo che, essendo avanzati (procedendo), rimanemmo soli(fummo fatti soli), ci venne incontro (giunse di contra) una voce,simile a un fulmine (folgore) che fende l’aria, dicendo:

‘Mi ucciderà (Anciderammi) chiunque (qualunque) mi troverà(m’apprende)’; e poi si allontanò come si dilegua un tuonoquando (se) improvvisamente (sùbito) squarcia (scoscende) unanuvola.

Quando non la udimmo più (l’udir nostro ebbe triegua), imme-diatamente si udì (ed ecco) un’altra voce, così fragorosa (con sìgran fracasso) da somigliare a un susseguirsi di tuoni (tonar chetosto segua):

‘Io sono Aglauro, che fui trasformata (divenni) in sasso’; e allora,per stringermi (ristrignermi) a Virgilio, mi spostai verso destra(in destro feci... il passo) invece che in avanti (e non innanzi).

® AMMONIMENTO DI VIRGILIOOrmai l’aria era ovunque (d’ogne parte) tranquilla (queta); edegli mi disse: «Quello che hai udito (Quel) fu il duro freno(camo) che dovrebbe tenere l’uomo entro i suoi limiti (dentroa sua meta). Voi vi lasciate invece adescare (prendete l’esca), così che l’amodel demonio (l’antico avversaro) vi cattura (a sé vi tira); e perciò(però) poco valgono freni o buoni esempi (richiamo).

Il cielo vi chiama e vi ruota (vi si gira) attorno, mostrandovile sue eterne bellezze, ma (e) i vostri occhi continuano a guar-dare (mira) soltanto verso terra;

e per questo Dio, che tutto vede (discerne), vi punisce (vibatte)».

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