Cannova gianfranco tangenti e rifiuti la regione nel processo grande assente (7)

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1 LE TANGENTI NON SONO ALLARME SOCIALE? IL PROCURATORE AGUECI: “NON HO PAROLE” Questo il commento del magistrato alla notizia del parere dell’Avvocatura e alla conseguente mancata costituzione di parte civile della Regione al processo contro un proprio dipendente accusato di corruzione di Alberto Samonà “Non ho parole”. Questo il commento del procuratore aggiunto Leonardo Agueci alla notizia della mancata costituzione di parte civile della Regione siciliana al processo contro un proprio dipendente infedele accusato di corruzione. Mancata costituzione dovuta a un parere dell’Avvocatura distrettuale dello Stato. “Non ho proprio parole ha detto il magistrato proprio perché l’Avvocatura dello Stato di Palermo è sempre stata sensibile su questi temi. Ho sperimentato la sensibilità dimostrata in altre occasioni, ecco perché questa notizia mi ha lasciato di stucco. Devo leggere le motivazioni”. Eppure, in tal caso la sensibilità non si è tradotta in un orientamento conseguente. La vicenda è quella relativa al procedimento penale a carico del funzionario dell’assessorato al Territorio,Gianfranco Cannova, arrestato mesi fa con l’accusa di avere intascato tangenti e usufruito di soggiorni in lussuosi alberghi, per “oliare” una pratica nel settore dello smaltimento dei rifiuti e delle discariche. Il dipendente regionale è attualmente alla sbarra davanti al tribunale di Palermo ma, male che gli vada, potrà incassare una condanna penale, mentre non vi sarà alcuna provvisionale, alcun risarcimento in favore della Regione, in quanto questa non si è costituita parte civile. Un dietro-front, dovuto al fatto che l’Avvocatura distrettuale dello Stato, investita della questione, ha spiegato che se il danno provocato all’ente pubblico non è eccessivo, allora non è il caso che questo si costituisca parte civile. Una decisione, motivata con parole che lasciano di stucco, soprattutto nella parte in cui viene definita «inopportuna» l’eventualità della Regione di costituirs i al processo per far valere il proprio ruolo di parte offesa. La stessa Avvocatura aveva motivato il proprio orientamento con «l’esiguità del danno provocato dal singolo caso al patrimonio pubblico» e per il «non particolare allarme sociale connesso alle fattispecie concrete contestate». Tanto è bastato per convincere la Regione Siciliana a non costituirsi in giudizio quale parte offesa. http://www.loraquotidiano.it/2015/02/06/le-tangenti-non-sono-allarme-sociale-il-procuratore-agueci- non-ho-parole_24348/ Le mazzette? “Non provocano allarme sociale” E la Regione siciliana non si costituisce parte civile Le mazzette “non sono un fattore di particolare allarme sociale” dice l’Avvocatura distrettuale dello Stato in un parere consegnato alla Regione siciliana. E questo è bastato all’amministrazione regionale per decidere di non costituirsi parte civile nel processo per corruzione a un proprio funzionario. Il processo è cominciato lo scorso 19 gennaio nei confronti di Gianfranco Cannova, dipendente dell’assessorato al Territorio, che ha ammesso di aver preso tangenti (denaro e soggiorni gratis in alberghi di lusso), in cambio di autorizzazioni ad alcuni imprenditori titolari di discariche. La notizia è stata pubblicata da Repubblica. Eppure, dopo l’arresto di Cannova, avvenuto lo scorso luglio, il governatore Rosario Crocetta tuonò contro la nuova tangentopoli. Ma l’Avvocatura ha giudicato “inopportuna” la costituzione di parte civile, “attesa la esiguità del danno e il non particolare allarme sociale connesso alle fattispecie concrete

Transcript of Cannova gianfranco tangenti e rifiuti la regione nel processo grande assente (7)

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LE TANGENTI NON SONO ALLARME SOCIALE? IL PROCURATORE AGUECI: “NON HO PAROLE” Questo il commento del magistrato alla notizia del parere dell’Avvocatura e alla conseguente

mancata costituzione di parte civile della Regione al processo contro un proprio dipendente

accusato di corruzione

di Alberto Samonà

“Non ho parole”. Questo il commento del procuratore aggiunto Leonardo Agueci alla notizia della

mancata costituzione di parte civile della Regione siciliana al processo contro un proprio dipendente

infedele accusato di corruzione. Mancata costituzione dovuta a un parere dell’Avvocatura

distrettuale dello Stato. “Non ho proprio parole – ha detto il magistrato – proprio

perché l’Avvocatura dello Stato di Palermo è sempre stata sensibile su questi temi. Ho sperimentato

la sensibilità dimostrata in altre occasioni, ecco perché questa notizia mi ha lasciato di stucco. Devo

leggere le motivazioni”.

Eppure, in tal caso la sensibilità non si è tradotta in un orientamento conseguente. La vicenda è

quella relativa al procedimento penale a carico del funzionario dell’assessorato al

Territorio,Gianfranco Cannova, arrestato mesi fa con l’accusa di avere intascato tangenti e usufruito

di soggiorni in lussuosi alberghi, per “oliare” una pratica nel settore dello smaltimento dei rifiuti e

delle discariche.

Il dipendente regionale è attualmente alla sbarra davanti al tribunale di Palermo ma, male che gli

vada, potrà incassare una condanna penale, mentre non vi sarà alcuna provvisionale, alcun

risarcimento in favore della Regione, in quanto questa non si è costituita parte civile.

Un dietro-front, dovuto al fatto che l’Avvocatura distrettuale dello Stato, investita della questione,

ha spiegato che se il danno provocato all’ente pubblico non è eccessivo, allora non è il caso che

questo si costituisca parte civile. Una decisione, motivata con parole che lasciano di stucco,

soprattutto nella parte in cui viene definita «inopportuna» l’eventualità della Regione di costituirsi

al processo per far valere il proprio ruolo di parte offesa. La stessa Avvocatura aveva motivato il

proprio orientamento con «l’esiguità del danno provocato dal singolo caso al patrimonio pubblico»

e per il «non particolare allarme sociale connesso alle fattispecie concrete contestate».

Tanto è bastato per convincere la Regione Siciliana a non costituirsi in giudizio quale parte offesa.

http://www.loraquotidiano.it/2015/02/06/le-tangenti-non-sono-allarme-sociale-il-procuratore-agueci-non-ho-parole_24348/

Le mazzette? “Non provocano allarme sociale” E la Regione siciliana non si costituisce parte civile

Le mazzette “non sono un fattore di particolare allarme sociale” dice l’Avvocatura distrettuale dello Stato in un parere consegnato alla Regione siciliana. E questo è bastato all’amministrazione regionale per decidere di non costituirsi parte civile nel processo per corruzione a un proprio funzionario. Il processo è cominciato lo scorso 19 gennaio nei confronti di Gianfranco Cannova, dipendente dell’assessorato al Territorio, che ha ammesso di aver preso tangenti (denaro e soggiorni gratis in alberghi di lusso), in cambio di autorizzazioni ad alcuni imprenditori titolari di discariche. La notizia è stata pubblicata da Repubblica. Eppure, dopo l’arresto di Cannova, avvenuto lo scorso luglio, il governatore Rosario Crocetta tuonò contro la nuova tangentopoli. Ma l’Avvocatura ha giudicato “inopportuna” la costituzione di parte civile, “attesa la esiguità del danno e il non particolare allarme sociale connesso alle fattispecie concrete

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contestate”. Secondo l’Avvocatura, la Regione può esimersi dal chiedere un risarcimento “perché è sufficiente l’impulso accusatorio del pubblico ministero”, si legge in una nota del 10 novembre scorso, firmata dall’avvocato distrettuale Massimo Dell’Aira e dall’incaricato Pierfrancesco La Spina. L’assessore regionale al Territorio, Maurizio Croce, spiega di aver saputo dai giornali della mancata costituzione come parte civile: “È grave la nostra posizione – dice – e vergognosa la motivazione fornita dall’Avvocatura”. E Crocetta aggiunge: “Non so cosa sia successo. Disporrò un’inchiesta interna”. 5 febbraio 2015

http://www.si24.it/2015/02/05/regione-sicilia-processo-gianfranco-cannova-mazzette-allarme-

sociale/79361/

CANNOVA GIANFRANCO ASCESA E DECLINO DELL'ANTIMAFIA DEGLI

AFFARI "CHE NON SI POSSONO RIFIUTARE" Giulio Ambrosetti

Un' inchiesta coinvolge la dirigenza di Confindustria Sicilia e indirettamente quei politiici antimafia

che dovevano rappresentare "il nuovo" rispetto ai vecchi "comitati d'affari". Mala gestione dei beni

sequestrati alla mafia, conflitti d'interessi alla Regione, irregolarità sull'utilizzo dei fondi europei,

privatizzazione degli aereoporti... La magistratura ultimo baluardo in difesa della legalità?

Tira un’aria pesante in questi giorni lungo l’asse Palermo-Caltanissetta-Roma. Agli incroci di mafia

e antimafia c’è un po’ di ‘traffico’. Un ingorgo da legalità ‘strillata’. Storie strane. E un’inchiesta su

presunti fatti di mafia che coinvolge il presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante,

considerato uno degli uomini di punta dell’antimafia e dell’antiracket. Si tratta di dichiarazioni di

pentiti di Cosa nostra che lo tirano in ballo. Notizie da prendere con le pinze, ovviamente. Ma il

fatto che siano venute fuori, beh, è segno che alcune ‘cose’, nell’Isola, stanno cambiando. Anche,

anzi soprattutto per chi, dal 2008, di diritto o di rovescio, esercita in Sicilia un potere pieno e,

adesso, un po’ controllato: il senatore del Megafono-Pd, Giuseppe Lumia.

E’ lui, ormai da sette lunghi anni, l’uomo politico più potente della nuova e della ‘vecchia’

Sicilia. E’ lui il garante di tanti, forse troppi accordi in bilico tra politica, economia e chissà

cos’altro ancora. A lui fa riferimento Antonello Montante, oggi sfiorato dal dubbio che dai tempi

di Crispi e di Giolitti fino ai nostri giorni illumina come un’ombra sinistra tanti politici siciliani

ascesi al soglio del potere. Dubbi che, nel caso dell’ex presidente della Regione, Totò Cuffaro, si

sono trasformati in condanna a sette anni per mafia. Dubbi che hanno accompagnato il suo

successore, Raffaele Lombardo, anche lui fulminato da una condanna di primo grado sempre per

mafia (in questi giorni dovrebbe iniziare il processo di secondo grado). Ogni storia giudiziaria, ogni

inchiesta dei magistrati inquirenti, si sa, è storia a sé. Ma è impossibile non vedere in questa vicenda

il contesto politico in cui è maturata la svolta giudiziaria che coinvolge Montante. Proviamo a

illustrarla.

In politica sono importanti i segnali. E il primo segnale sinistro è arrivato circa una settimana prima

del ‘siluro’ che ha colpito il presidente di Confindustria Sicilia. Ed è stata la scoperta che la Regione

siciliana della quale Rosario Crocetta è il presidente - anche lui, neanche a dirlo, personaggio

legato a doppio filo al senatore Lumia - non si è costituita parte civile in un procedimento

giudiziario che coinvolge un funzionario regionale finito in manette per tangenti. Questa mancata

costituzione di parte civile da parte della Regione, stando a indiscrezioni, potrebbe essere legata al

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fatto che il funzionario finito sotto processo, Gianfranco Cannova, era il responsabile del

procedimento amministrativo di importanti autorizzazioni ambientali. La firma sui

provvedimenti di autorizzazione non poteva essere la sua, perché si tratta, come già accennato, di

un funzionario e non di un dirigente.

Viene da chiedersi, a questo punto, perché hanno arrestato lui, se a firmare erano, a norma di

legge, altri dirigenti. E’ in questo scenario che si inserisce la mancata costituzione di parte civile

da parte del governo regionale di Crocetta. Con molta probabilità, dietro questa storia c’è un

comitato di affari.

E questo comitato di affari che la Regione sta cercando di proteggere non costituendosi parte

civile?

E’ Cannova non sa nulla di questa storia?

Le domande sono più che legittime, perché quello che sta succedendo è veramente strano.

In ogni caso, per il presidente Crocetta - un personaggio che, a parole, si proclama sempre

antimafioso e paladino della cultura della legalità - è una pessima figura, sia nel caso in cui avesse

semplicemente ‘dimenticato’ di costituirsi parte civile, sia nel caso in cui si dovesse venire a

scoprire che dietro questa storia c’è un comitato di affari. La cosa strana è che gli ultimi due

dirigenti che stavano sopra il funzionario regionale finito in manette non ci sono più. Il primo

- Vincenzo Sansone - è andato in pensione negli stessi giorni in cui esplodeva il ‘caso’

Cannova. Il secondo - Natale Zuccarelo - con parenti importanti nel mondo politico siciliano,

è stato trasferito negli uffici del dipartimento regionale dei Rifiuti.

Una settimana dopo lo scivolone di Crocetta (che comunque, come già accennato, non è nuovo a

questo genere di ‘stranezze’, se è vero che il suo governo, in tanti, forse troppi casi, ha ignorato le

regole sull’anticorruzione) è arrivata la ‘botta’ a Montante. Agli osservatori non sfugge che il

presidente di Confindustria Sicilia è stato chiamato a far parte dell’Agenzia per i beni confiscati

e sequestrati alla mafia. Una struttura, inventata dalla politica italiana, della cui presenza in vita i

cittadini del nostro Paese non avvertivano e non avvertono ancora oggi il bisogno.

Su questo punto è bene essere chiari. Dei beni sequestrati e confiscati alla mafia si occupa già la

magistratura. Ci sono state polemiche sul fatto che chi va a gestire questi beni - che di solito sono

avvocati e commercialisti nominati dai magistrati - non avrebbe e competenze imprenditoriali per

gestire aziende confiscate che poi, magari, falliscono. Il problema esiste. Ma non si capisce perché,

a risolverlo, dovrebbero essere soggetti nominati da una politica che spesso è collusa con la mafia.

Insomma, senza girarci tanto attorno, il dubbio, tutt’altro che campato in aria, è che la politica stia

provando a togliere ai magistrati la gestione dei beni confiscati alla mafia. E siccome sono noti i

rapporti tra mafia e politica, non è da escludere che i politici, con questo stratagemma, puntino a

restituire, sottobanco, i beni confiscati ai mafiosi o ai loro eventuali prestanome.

Nessuno, per carità!, vuole offendere i soggetti - Prefetti in testa - chiamati a gestire l’Agenzia per i

beni confiscati o sequestrati alla mafia. Le nostre sono semplici considerazioni politiche che non

coinvolgono i Prefetti. Considerazioni legate, piaccia o no, alla storia del nostro Paese. E’ un

peccato di lesa maestà ricordare - lo faceva nei primi del ‘900 Gaetano Salvemini - che Giolitti, nel

Sud d’Italia, esercitava il suo potere proprio con i Prefetti in combutta con i prepotenti e i mafiosi

dell’epoca? E ci sono dubbi sul fatto che, in Italia, ancora una volta, l’ultimo baluardo contro

un’illegalità mai doma è rappresentato dalla magistratura?

Detto questo, la politica farebbe bene a sbaraccare subito questa inutile Agenzia per i beni confiscati

e sequestrati alla mafia. Quanto ai problemi legati alla mancata gestione imprenditoriale delle

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aziende confiscate alla criminalità organizzata, beh, è sufficiente affiancare ai commercialisti e agli

avvocati imprenditori o associazioni di imprese. Ma questo deve farlo la magistratura e non i

politici attraverso un’inutile Agenzia controllata dalla politica!

Fine delle considerazioni sull’aria pesante che oggi si respira nell’Isola? Niente affatto. I

cambiamenti in corso sono ancora più profondi. Qualcuno, in Sicilia, a partire dal 1994, pensava di

essere immune da qualunque controllo di legge. E, in effetti, forse in parte è stato così. Chi scrive

ricorda un sindaco di Corleone di sinistra che in quegli anni affidava e rinnovava appalti a una

società riconducibile a parenti stretti del boss Bernardo Provenzano. Per non parlare della storia del

miliardo di vecchie lire messo a disposizione dall’Onu nel 2000. SOLDI , affidati a soggetti

dell’antimafia, di cui non si è saputo più nulla.

Tra i personaggi che hanno sempre ‘navigato’ in un’Antimafia molto discutibile c’è il già citato

senatore Lumia. Che oggi non sembra più il politico ‘irresistibile’ di un tempo. Qualcuno ha creduto

che lui e i personaggi a lui vicini non sarebbero mai stati chiamati a rispondere del proprio operato.

Forse perché ha pensato, errando di grosso, che la magistratura era assimilabile agli altri poteri dello

Stato italiano, più o meno addomesticabili. Ebbene, questo qualcuno si è sbagliato. Perché sia la

magistratura nel suo complesso (con riferimento, come vedremo, anche al Tar, sigla che sta per

Tribunale amministrativo regionale della Sicilia), sia la Corte dei Conti stanno rispondendo ai

prepotenti, ai furbi e anche ai mafiosi, vecchi e ‘nuovi’ con un solo linguaggio: quello della

legalità.

La vicenda che oggi coinvolge Montante - vicenda, lo ribadiamo, legata a dichiarazioni di pentiti

ancora tutte da verificare - arriva da lontano e, con molta probabilità, è destinata ad andare lontano.

Toccando tutti i gangli del sistema di potere che dal 2008 tiene in pugno la Sicilia. Chi scrive, già

nei primi mesi dello scorso anno, sul quotidiano on line LinkSicilia, segnalava, ad esempio, lo

strano caso di Patrizia Monterosso, segretario generale della presidenza della Regione (in

pratica, il più alto burocrate della Regione siciliana che, lo ricordiamo, in virtù della propria

Autonomia, potrebbe essere assimilato a uno Stato americano se la stessa Autonomia venisse

applicata correttamente: cosa che non avviene), e di suo marito, l’avvocato Claudio Alongi.

Con la prima che si pronunciava su un incarico del marito presso la stessa amministrazione

regionale! E con il secondo che forniva pareri legali alla moglie per fatti che riguardano la stessa

amministrazione regionale!

Entrambi in palese conflitto di interessi.

Quando abbiamo scritto queste cose ci hanno quasi presi per matti. Non ci credevano. Ma oggi

questa vicenda è diventata di dominio pubblico. E, con molta probabilità, è al vaglio delle autorità

competenti. Superfluo aggiungere che anche la Monterosso fa parte del sistema di potere del

senatore Lumia.

Il senatore Lumia - che è il vero presidente ‘ombra’ della Regione siciliana, in quanto inventore

della candidatura di Crocetta insieme con i geni dell’Udc, formazione politica in via di

decomposizione politica - comincia a perdere colpi. Ben prima del ‘siluro’ che in questi giorni ha

centrato Montante, lo stesso segretario generale della presidenza della Regione, la già citata Patrizia

Monterosso, è stata condannata dalla Corte dei Conti al pagamento di oltre un milione di euro

(€ 1.279.007,04) per fatti riguardanti il settore della formazione professionale. ( SENT. N.

401/2014 http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2014/03/blog-post_14.html )

Un altro ‘pezzo’ importante del sistema di potere di Lumia - la dirigente generale del

dipartimento Lavoro della Regione, Anna Rosa Corsello - è stata di recente ‘bastonata’ dal

Tar Sicilia, che ha dichiarato nullo un atto amministrativo da lei confezionato (si tratta del

decreto di accreditamento degli enti di formazione, atto che avrebbe dovuto essere firmato dal

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presidente della Regione e che, invece, è stato firmato dall’ex assessore regionale, Nelli

Scilabra). Il decreto dichiarato nullo dal Tar Sicilia potrebbe avere effetti dirompenti, perché

sui SOLDI già spesi sulla base di un decreto nullo la Corte dei Conti dovrebbe avviare un’azione

di responsabilità a carico dei protagonisti di questa incredibile storia (parliamo di milioni di euro).

Non solo. Sembra che, adesso, anche l’Unione europea si stia svegliando. Fino ad oggi Bruxelles,

sulla formazione professionale, ha fatto finta di non vedere violazioni incredibili. I burocrati legati

all’attuale governo regionale hanno bloccato l’assegnazione di fondi europei per rivalersi su errori

commessi nell’erogazione di fondi pubblici. Solo che i fondi erogati irregolarmente erano regionali,

mentre quelli con i quali la Regione ha provato a rivalersi erano europei. Due tipologie di fondi

pubblici non sovrapponibili.

Morale: la Regione non avrebbe dovuto bloccare l’erogazione di fondi europei per recuperare

fondi regionali erogati illegittimamente.

Ma c’è, nella gestione della formazione professionale siciliana, un’irregolarità che sta ancora più a

monte. Una storia molto più grave che Bruxelles non ha ancora sanzionato. I fondi europei, per

definizione, sono ‘addizionali’: si debbono, cioè, sommare ai fondi nazionali e regionali. La

Regione siciliana, invece, dal 2012, utilizza i fondi europei sostituendoli totalmente ai fondi

regionali. E questo non si può fare. Non a caso è in corso una class action da parte del mondo della

formazione professionale siciliana contro la Regione che, ormai da quattro anni, non si dota del

Piano formativo regionale della formazione professionale con fondi regionali, finanziando tutto con

le risorse del Fondo sociale europeo. Cosa, questa, che non si dovrebbe fare perché a vietarlo è la

stessa Unione europea che, fino ad oggi, violando leggi e regolamenti che essa stessa si è data, fa

finta di non vedere tutto quello che succede in Sicilia in questo settore, rendendosi complice di

un’irregolarità ai danni di se stessa.

Tutto questo vale per il passato e per il presente. Ma il ‘siluro’ che ha colpito Montante e il sistema

di potere del senatore Lumia riguarda anche il futuro. E’ noto a tutti che, guarda caso in questi

giorni, si è aperta la ‘caccia’ alle tre società che gestiscono gli aeroporti siciliani. Sono la Sac, che

gestisce gli aeroporti di Catania Fontanarossa e Comiso; la Gesap, che gestisce l’aeroporto

‘Falcone-Borsellino’ di Palermo; e l’Airgest, che gestisce l’aeroporto ‘Vincenzo Florio’ di Trapani.

Per motivi ‘misteriosi’ queste tre società - fino ad oggi controllate da soggetti pubblici - dovrebbero

essere privatizzate. Si tratta di società che, se gestite con oculatezza, potrebbero dare utili e

ricchezza alla collettività. Ma siccome siamo in Italia questa ricchezza se la debbono incamerare i

privati. A questo sembra che punti il governo Renzi che, non a caso, su questi e su altri argomenti è

perfettamente in linea con Berlusconi, alla faccia della sinistra che lo stesso Pd di Renzi dice di

rappresentare!

L’affare più grosso è rappresentato dall’aeroporto di Catania, il più importante della Sicilia,

destinato a diventare un hub. Non a caso su questo aeroporto si è già gettato come un falco Ivan Lo

Bello, altro esponente di Confindustria Sicilia vicino a Montante. Chi prenderà il controllo della Sac

- società per azioni oggi controllata dalle Camere di Commercio di Catania, Siracusa e Ragusa,

dall’Istituto regionale per le attività produttive e dalle Province di Catania e Siracusa - assumerà

pure la gestione dell’aeroporto di Comiso, snodo aeroportuale importante per il flusso turistico

verso il Barocco di Noto, Siracusa e Ragusa e per il trasporto cargo di tutta l’ortofrutta prodotta

nelle serre che, dal Ragusano, arrivano fino a Gela e Licata.

Un po’ meno importanti - ma non per questo da tralasciare - gli aeroporti di Palermo e Trapani.

Nella Gesap - società che, come ricordato, gestisce l’aeroporto ‘Falcone-Borsellino’ - troviamo la

Provincia di Palermo come socio di maggioranza, poi il Comune e la Camera di Commercio,

sempre di Palermo. Mentre l’Airgest fa capo per il 49 per cento alla Provincia di Trapani, per il 2

per cento alla Camera di Commercio, sempre di Trapani, e per il restante 49 per cento a un gruppo

di privati.

Non sfugge agli osservatori che Montante, oltre che presiedere la Camera di Commercio di

Caltanissetta, è presidente dell’Unioncamere, cioè dell’Unione delle Camere di Commercio della

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Sicilia. E le Camere di Commercio, in tutt’e tre le eventuali privatizzazioni delle società

aeroportuali, giocheranno un ruolo centrale. Lo stesso discorso vale per le Province siciliane, tutte

commissariate e gestite dalla stessa Regione, cioè dall’accoppiata Lumia-Crocetta…

Insomma, i conti tornano. O meglio, cominciano a non tornare per Lumia, per Montante e per

Crocetta. Tre personaggi che hanno fatto fortuna utilizzando l’antimafia come trampolino di lancio

per la politica (e per gli affari). Ma adesso tutto questo mondo sembra in difficoltà.

Una caduta che non sembra risparmiare nemmeno il numero due di Confindustria Sicilia, Giuseppe

Catanzaro, titolare della più grande discarica della Sicilia in quel di Siculiana, in provincia di

Agrigento. Sotto scacco - non a caso sempre da parte della magistratura - è finita tutta la gestione

dei rifiuti in Sicilia imperniata ancora sulle discariche. Una follia tutta siciliana che inquina

l’ambiente.

Va ricordato che quasi tutte le discariche siciliane non sono a norma di legge. Nelle discariche non

possono essere sotterrati i residui organici, cioè il cosiddetto ‘umido’ che andrebbe lavorato a parte.

Invece in quasi tutte le discariche siciliane i camion pieni di immondizia entrano, scaricano e vanno

via. Ma questo non si può fare, la legge non lo consente. E invece si fa. Ma adesso la festa sembra

finita.

Non va meglio per la gestione dell’acqua. Tutti in Sicilia sanno che, in due anni e oltre di

legislatura, il Parlamento siciliano, di fatto, ha bloccato il disegno di legge d’iniziativa popolare per

il ritorno alla gestione dell’acqua pubblica. La mafia, in Sicilia, è sempre stata contro l’acqua

pubblica. Era così ai tempi di Don Calogero Vizzini e Giuseppe Genco Russo. Ed è così anche oggi

che la mafia opera da Bruxelles, imponendo i proventi delle attività criminali nel calcolo del Pil dei

Paesi dell’Unione europea.

La mafia non vuole il ritorno all’acqua pubblica. E la politica siciliana si sta adeguando alle

‘richieste della mafia che, come insegna ‘Il Padrino’, in genere, non si possono rifiutare. Questo

spiega perché, proprio mentre scriviamo, mezza Regione siciliana è mobilitata a bloccare i tentativi

di alcuni Sindaci dell’Agrigentino di gestire l’acqua nell’interesse dei cittadini. Un esempio

‘intollerabile’…

Insomma, tutto il mondo che gira attorno a Lumia, Montante, Catanzaro, Lo Bello e Crocetta - che è

un mondo di politica legata agli affari, dall’agenzia dei beni confiscati alla mafia alla gestione della

burocrazia, dalle società aeroportuali ai rifiuti, fino all’acqua - in un modo o nell’altro non sembra

più in sintonia con una certa idea di antimafia. La Giustizia da una parte e i grandi interessi che si

scontrano, dall’altra parte, stanno disegnando in Sicilia nuovi scenari.

http://www.lavocedinewyork.com/Ascesa-e-declino-dell-Antimafia-degli-affari-che-non-si-

possono-rifiutare-/d/9843/

IL GRANDE INGANNO DELL'ANTIMAFIA SICILIANA: COSÌ L'EROE DELLA LEGALITÀ

METTE LE MANI SULL'EXPO

Montante, indagato assieme all'ex governatore Lombardo, condannato, sono i creatori di

Caltanissetta "zona franca" anti-pizzo. Tra collusioni e fiumi di soldi, tutti i paradossi di

un'impostura politica dietro la dittatura degli affari

dai nostri inviati ATTILIO BOLZONI E EMANUELE LAURIA

CALTANISSETTA - Lo sapevate che esiste una "zona franca della legalità" dove ci sono gli

abitanti più buoni e più onesti d'Italia? E lo sapevate che l'hanno fortemente voluta un governatore

condannato per mafia e un imprenditore indagato per mafia? Per capirne di più bisogna andare a

Caltanissetta, quella che è diventata la capitale dell'impostura siciliana.

Nella città dove è iniziata l'irresistibile ascesa del cavaliere Antonio Calogero Montante detto

Antonello, presidente di Confindustria Sicilia, presidente della locale Camera di commercio,

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presidente di tutte le Camere di commercio dell'isola, consigliere per Banca d'Italia, delegato

nazionale di Confindustria (per la legalità, naturalmente) e membro dell'Agenzia nazionale dei beni

confiscati (unica carica dalla quale si è al momento autosospeso per un'indagine a suo carico per

concorso esterno), si può scoprire come in nome di una assai incerta antimafia si è instaurata una

sorta di dittatura degli affari. Un califfato che si estende in tutta la Sicilia ma che è nato qui, a

Caltanissetta, dove commistioni - e in alcuni casi connivenze - fra imprese e politica, impresa e

stampa, imprese e forze di polizia, imprese e magistratura, hanno ammorbato l'aria e fatto calare

una cappa irrespirabile sulla città.

UNA FINZIONE SOFFOCANTE

In Sicilia tutto si fonda su due parole magiche: legalità e antimafia. È una "legalità" costruita a

tavolino e un'"antimafia padronale" che copre operazioni politiche opache e favorisce gruppi di

interesse. Dopo la felice stagione iniziata con la "rivolta degli imprenditori" del 2007 guidata da

Ivan Lo Bello contro il racket, trasformismo e ingordigia hanno snaturato l'iniziale esperienza e una

consorteria si è impadronita di tutto.

La "zona franca" l'ha pretesa la Confindustria siciliana di Montante, l'unico "partito" che nel

governo regionale siede ininterrottamente da sei anni con un proprio rappresentante. Quando

governatore era Raffaele Lombardo - il 2 maggio del 2012 - fu istituita con un atto ufficiale la

Provincia di Caltanissetta fu riconosciuta come "zona franca della legalità". L'obiettivo era quello di

concedere benefici fiscali alle aziende che "si oppongono alle richieste estorsive della criminalità

organizzata". Previsione di spesa: 50 milioni di euro.

Lombardo, che al momento della firma era già indagato per reati di mafia, due mesi più tardi si è

dimesso e un anno dopo è stato condannato in primo grado a 6 anni e 8 mesi. Un (presunto) amico

dei boss che concede agevolazioni a chi si batte contro il racket su richiesta di chi - Montante - è

oggi a sua volta chiamato in causa da cinque pentiti per legami con le "famiglie". Trame di potere in

una Sicilia che non ha mai temuto il paradosso.

SOTTO GLI OCCHI DEL MONDO

La Confindustria di Montante ormai è ovunque. Guida l'Irsap, l'istituto che gestisce le aree

industriali siciliane, ha un peso decisivo nel business dei rifiuti e ora ha messo le mani sull'Expo.

Pochi giorni fa, l'assessore alle Attività produttive Linda Vancheri, il rappresentante di

Confindustria nella giunta di Rosario Crocetta, ha siglato una convenzione che assegna a

Unioncamere un pacchetto di interventi per due milioni di euro. Chi guida Unioncamere in Sicilia?

Antonello Montante. Sarà lui, malgrado l'inchiesta per concorso esterno, a decidere quali

"eccellenze" siciliane del settore agro-alimentare dovranno figurare nella vetrina di Milano e in

undici stand fra porti e aeroporti dell'isola. Materia d'indagine per almeno due procure (Palermo e

Caltanissetta) e per Raffaele Cantone, il presidente dell'Authority contro la corruzione che, appena

il 16 gennaio scorso, ha annunciato che su Expo è stato avviato "il più grande controllo antimafia di

tutti i tempi".

MARKETING DI IMMAGINE

Una rete di interessi così fitta è protetta anche da una stampa a volte troppo compiacente con

Montante e i suoi amici. Al punto da proporre (l'ha fatto La Sicilia in un lungo articolo) la notizia di

una laurea honoris causa in Economia e Commercio riconosciuta dall'Università "La Sapienza"

all'imprenditore. L'ateneo ha smentito il giorno dopo. Era falso.

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Nelle sue molteplici vesti istituzionali Montante ha spesso offerto un "sostegno" a mezzi

d'informazione e singoli giornalisti. Da presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta ha

erogato una pioggia di contributi, sotto la voce "azione di marketing territoriale". Ne hanno

beneficiato cronisti-scrittori, ancora prima della pubblicazione dei loro libri e testate web. Una

settimana fa Il Fatto Nisseno, uno dei siti favoriti, ha cancellato un'intervista di Michele Costa (il

figlio del procuratore ucciso a Palermo nel 1980) che manifestava perplessità sull'opportunità che

Montante - sott'inchiesta - mantenesse le sue cariche.

L'intervista è sparita nella notte "dopo devastanti pressioni". Un altro clamoroso caso riguarda un

contratto di collaborazione per due anni - 1.300 euro al mese - che Confindustria Centro Sicilia

(sempre Montante presidente) ha firmato con il responsabile delle pagine di Caltanissetta de Il

Giornale di Sicilia. Tutti episodi, quelli citati, che hanno spinto l'Ordine dei giornalisti ad aprire

un'indagine conoscitiva.

UN ALTRO PALADINO

Oltre ad Antonello Montante, c'è un altro campione dell'antimafia a Caltanissetta. Si chiama

Massimo Romano, socio e amico del Cavaliere, è il proprietario di 34 supermercati sparsi per la

Sicilia e, qualche anno fa, era già finito nelle pieghe di un'indagine sui "pizzini" di Bernardo

Provenzano molto interessato alla grande distribuzione. Romano da molto tempo siede a tavoli

istituzionali con questori e prefetti, è il presidente del Confidi (un consorzio che cede prestiti a

piccole e medie imprese) e il suo nome è scivolato in un'operazione antimafia dove il fratello

Vincenzo - secondo il giudizio dei magistrati - l'avrebbe tenuto fuori dalla faccenda delle

estorsioni "per preservarlo da possibili negative conseguenze sia di immagine che di carattere

giudiziario". Il doppio volto di Caltanissetta zona franca per la legalità.

L'IMPASTO

C'è promiscuità fra investigatori e magistrati e l'indagato di mafia Montante. A Roma e in Sicilia. A

Caltanissetta - visti i suoi rapporti intensi con Angelino Alfano che poi l'ha designato anche

all'Agenzia dei beni confiscati - Antonello Montante è riuscito, il 21 ottobre del 2013, a far

presiedere al ministro dell'Interno il comitato nazionale per l'ordine pubblico e sicurezza. Un

organismo che, solo in casi straordinari, si riunisce lontano da Roma. In Sicilia non accadeva dai

tempi delle stragi di Falcone e Borsellino. Perché la scelta di Caltanissetta? Per farla diventare

quella che non è mai stata, cioè una roccaforte dell'antimafia.

In Sicilia e a Caltanissetta c'è una vicinanza molesta fra imprenditori e rappresentanti dello Stato (si

racconta di questori che si trasformano in tappetini al cospetto di Montante, di prefetti che hanno

ricevuto esagerate regalie), ci sono investigatori che si fanno assumere parenti e amiche dalla

cordata (è il caso di un ufficiale della Dia e di un maggiore della Finanza), ci sono uomini dei

servizi segreti che sguazzano allegramente nell'ambiente "antimafioso", c'è una prossimità

imbarazzante con molte toghe. Tanto evidente che ha portato il nuovo presidente dell'Associazione

nazionale magistrati Fernando Asaro a invitare i suoi colleghi "a una ineludibile concreta distanza

da centri di potere economici ". Più chiaro di così.

http://www.repubblica.it/cronaca/2015/02/23/news/il_grande_inganno_dell_antimafia_siciliana_cos

_l_eroe_della_legalit_mette_le_mani_sull_expo-107966853/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_23-02-

2015

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17 FEBBRAIO 2015

La provocazione di Montante: "Burocrazia peggio della mafia, il pizzo si paga con un conto in

nero"

Le immagini si riferiscono all'incontro del 25 febbraio 2014 a Catania tra Confindustria e la giunta

comunale di Enzo Bianco nel corso del quale il presidente dell'associazione siciliana degli

industriali Antonello Montante – attualmente indagato per presunti contatti con i boss - parla a

lungo di mafia e burocrazia, asserendo che quest'ultima è più dannosa della mafia. E che il pizzo si

può pagare con un conto in nero (Immagini di Angelo Capuano)

LEGGI SU PALERMO.REPUBBLICA.IT

Soldi da Montante ai giornalisti, indaga l'Ordine

Montante coinvolto in due inchieste per mafia lascia i Beni confiscati

Montante, il paladino antimafia sotto inchiesta per contatti con i boss

COINVOLTO IN DUE INCHIESTE PER MAFIA, MONTANTE LASCIA L'AGENZIA PER I

BENI CONFISCATI

Il delegato per la legalità di Confindustria, presidente dell'associazione in Sicilia, si sospende

dall'incarico dopo le notizie pubblicate da Repubblica delle indagini che lo riguardano a

Caltanissetta e Catania. di EMANUELE LAURIA

Antonello Montante lascia la carica di consigliere dell'Agenzia per i beni confiscati ai boss. Una

decisione sofferta. maturata solo nelle ultime ore, dopo un frenetico giro di consultazioni. Il

presidente di Confindustria Sicilia, delegato per la legalità dell'associazione di viale

dell'Astronomia, si sospende dai vertici dell'Agenzia dopo le notizie, pubblicate da Repubblica, di

due inchieste per mafia, a Caltanissetta e Catania, che lo vedono coinvolto. A parlare di Montante

sono cinque pentiti, che raccontano di una vicinanza dell'imprenditore di Serradifalco

(Caltanissetta) con esponenti di spicco delle locali "famiglie".

Montante, in una nota, annuncia la sospensione dall'incarico nel direttivo dell'Agenzia presieduta

dal prefetto Umberto Postiglione e di cui fa parte anche il procuratore nazionale antimafia Franco

Roberti. Negli ultimi giorni anche da ambienti confindustriali era giunta a Montante la

sollecitazione a compiere questo passo: una mossa che dovrebbe servire a placare le polemiche, in

attesa di sviluppi giudiziari.

Scrive il leader confindustriale: "È per il profondo rispetto verso tutte le istituzioni, a partire da

magistratura e forze dell’ordine, che oggi, alla luce delle notizie che ho appreso dalla stampa,

seppure sconsigliato da tanti, ho deciso di autosospendermi dal consiglio direttivo dell’Agenzia".

Montante mantiene gli incarichi all'interno di Confindustria: il comitato di presidenza di viale

dell'Astronomia mercoledì aveva ribadito la fiducia all'imprenditore, uno dei protagonisti nell'Isola

della rivolta degli industriali contro il racket: passaggio non scontato, che aveva fatto seguito al

sostegno offerto il giorno prima, a Palermo, dai vertici di Confindustria Sicilia, Ance Sicilia,

Piccola Industria e Giovani industriali dell'Isola.

Ma la questione centrale, ogni giorno di più, era diventata la permanenza di Montante nel ruolo di

consigliere dell'Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla mafia. "Montante si dovrebbe

dimettere? Non lo so, dipende da una sua sensibile valutazione ", aveva detto il prefetto Postiglione,

pur rimanendo prudente: "Nessuno è colpevole fino a che non è condannato né è costretto a

dimettersi per legge".

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In un silenzio sostanziale di quasi tutti i principali partiti, Sel, grillini e Rifondazione Comunista

avevano auspicato un passo indietro di Montante. L'autosospensione, in particolare, era stata chiesta

dal vicepresidente della commissione antimafia Claudio Fava. Una decisione che Montante ha preso

stamattina.

"Mai avrei pensato – scrive Montante – di dovermi trovare un giorno in una situazione simile dopo

anni trascorsi in trincea, insieme a tanti altri imprenditori, sempre al fianco delle istituzioni. Anni

durante i quali un gruppo di giovani imprenditori siciliani ha preso coraggio e ha espulso dalla

propria associazione persone che avevano rivestito ruoli apicali negli organi associativi regionali e

che, come hanno sottolineato alti magistrati in occasioni pubbliche, grazie al metodo mafioso e a

protezioni politiche, avevano creato un sistema di potere di portata regionale se non nazionale. Anni

durante i quali abbiamo accompagnato decine di colleghi alla denuncia, sostenendoli anche nelle

aule di tribunale, anni in cui abbiamo sollecitato controlli antimafia preventivi, in alcuni casi mai

fatti prima, e ci siamo costituiti parte civile, insieme con tutte le associazioni aderenti a

Confindustria, in processi contro esponenti di spicco della criminalità organizzata".

Il presidente degli industriali siciliani parla anche dei collaboratori di giustizia che lo chiamano in

causa: "Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni - afferma

Montante - sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in

documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l'ordine e

la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo

minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. Tutto per affermare una rivoluzione

innanzitutto culturale"

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2015/02/13/news/coinvolto_in_due_inchieste_per_mafia_montante_lascia_l_agenzia_per_i_beni

_confiscati-107198186/

MONTANTE, L'INDUSTRIALE PALADINO DELL'ANTIMAFIA SOTTO INCHIESTA IN

SICILIA PER MAFIA

Leader in ascesa, presidente degli imprenditori siciliani, delegato per la legalità di Confindustria

Ora però tre pentiti lo accusano. E dal suo passato spuntano fuori amicizie compromettenti di ATTILIO BOLZONI e FRANCESCO VIVIANO

C'È UN pezzo grosso dell'Antimafia dell'ultima ora che è finito sotto inchiesta per mafia. È uno dei

volti nuovi dell'Italia che combatte i boss, ha rapporti stretti con più di un ministro e con tanti

prefetti, è il presidente degli industriali siciliani e il delegato per la "legalità" di Confindustria. Ci

sono alcuni pentiti che parlano di lui e delle sue "pericolose frequentazioni". Come si chiuderà

questa vicenda - se c'è solo fumo o anche molto arrosto - nessuno ancora lo può dire, di sicuro

però Antonello Montante, uno dei cosiddetti paladini delle battaglie antimafia più recenti (troppo

recenti, maligna qualcuno) è al momento indagato per reati di mafia alla procura della repubblica di

Caltanissetta. All'anagrafe è registrato come Antonio Calogero Montante, ha 52 anni, è un siciliano

di Serradifalco, provincia di Caltanissetta - dove è anche presidente della locale Camera di

Commercio - ed è stato nominato Cavaliere del Lavoro nel 2008. È a capo di un impero nato negli

anni '20 del secolo scorso con una fabbrica di biciclette, è fondatore della "Msa", Mediterr Shock

Absorbers Spa, azienda di progettazione e produzione di ammortizzatori per veicoli industriali

presente in tutto il mondo.

Su di lui c'è l'inchiesta di Caltanissetta e poi ce n'è un'altra a Catania, su una denuncia presentata nei

mesi scorsi. Indagini blindatissime, sia per il "peso" del personaggio coinvolto sia per gli effetti che

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le stesse indagini potrebbero provocare. Per esempio, dal 20 gennaio 2015, il governo - su

proposta del ministero dell'Interno - ha designato Montante componente dell'Agenzia dei beni

confiscati. Una postazione strategica, lì si decide il destino di patrimoni sporchi per miliardi di euro.

L'inchiesta è nella prima fase e nessuno è nelle condizioni di prevedere dove potrebbe portare, ma

fra le pieghe di questa storia ci sono già tutte le incoerenze di un'antimafia di fresca nascita - con

patenti rilasciate con assai disinvoltura - e il paradosso tutto italiano di come si possa

tranquillamente navigare da una sponda all'altra senza incertezze e contraccolpi.

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2015/02/09/news/montante_l_industriale_paladino_dell_antima

fia_sotto_inchiesta_in_sicilia_per_mafia-106867246/

COINVOLTO IN DUE INCHIESTE PER MAFIA, MONTANTE LASCIA L'AGENZIA

PER I BENI CONFISCATI

Il delegato per la legalità di Confindustria, presidente dell'associazione in Sicilia, si sospende dall'incarico dopo

le notizie pubblicate da Repubblica delle indagini che lo riguardano a Caltanissetta e Catania.

di EMANUELE LAURIA

Antonello Montante lascia la carica di consigliere dell'Agenzia per i beni confiscati ai boss. Una

decisione sofferta. maturata solo nelle ultime ore, dopo un frenetico giro di consultazioni. Il

presidente di Confindustria Sicilia, delegato per la legalità dell'associazione di viale

dell'Astronomia, si sospende dai vertici dell'Agenzia dopo le notizie, pubblicate da Repubblica, di

due inchieste per mafia, a Caltanissetta e Catania, che lo vedono coinvolto. A parlare di Montante

sono cinque pentiti, che raccontano di una vicinanza dell'imprenditore di Serradifalco

(Caltanissetta) con esponenti di spicco delle locali "famiglie".

Montante, in una nota, annuncia la sospensione dall'incarico nel direttivo dell'Agenzia presieduta

dal prefetto Umberto Postiglione e di cui fa parte anche il procuratore nazionale antimafia Franco

Roberti. Negli ultimi giorni anche da ambienti confindustriali era giunta a Montante la

sollecitazione a compiere questo passo: una mossa che dovrebbe servire a placare le polemiche, in

attesa di sviluppi giudiziari.

Scrive il leader confindustriale: "È per il profondo rispetto verso tutte le istituzioni, a partire da

magistratura e forze dell’ordine, che oggi, alla luce delle notizie che ho appreso dalla stampa,

seppure sconsigliato da tanti, ho deciso di autosospendermi dal consiglio direttivo dell’Agenzia".

Montante mantiene gli incarichi all'interno di Confindustria: il comitato di presidenza di viale

dell'Astronomia mercoledì aveva ribadito la fiducia all'imprenditore, uno dei protagonisti nell'Isola

della rivolta degli industriali contro il racket: passaggio non scontato, che aveva fatto seguito al

sostegno offerto il giorno prima, a Palermo, dai vertici di Confindustria Sicilia, Ance Sicilia,

Piccola Industria e Giovani industriali dell'Isola.

Ma la questione centrale, ogni giorno di più, era diventata la permanenza di Montante nel ruolo di

consigliere dell'Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla mafia. "Montante si dovrebbe

dimettere? Non lo so, dipende da una sua sensibile valutazione ", aveva detto il prefetto Postiglione,

pur rimanendo prudente: "Nessuno è colpevole fino a che non è condannato né è costretto a

dimettersi per legge".

In un silenzio sostanziale di quasi tutti i principali partiti, Sel, grillini e Rifondazione Comunista

avevano auspicato un passo indietro di Montante. L'autosospensione, in particolare, era stata chiesta

dal vicepresidente della commissione antimafia Claudio Fava. Una decisione che Montante ha preso

stamattina.

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"Mai avrei pensato – scrive Montante – di dovermi trovare un giorno in una situazione simile dopo

anni trascorsi in trincea, insieme a tanti altri imprenditori, sempre al fianco delle istituzioni. Anni

durante i quali un gruppo di giovani imprenditori siciliani ha preso coraggio e ha espulso dalla

propria associazione persone che avevano rivestito ruoli apicali negli organi associativi regionali e

che, come hanno sottolineato alti magistrati in occasioni pubbliche, grazie al metodo mafioso e a

protezioni politiche, avevano creato un sistema di potere di portata regionale se non nazionale. Anni

durante i quali abbiamo accompagnato decine di colleghi alla denuncia, sostenendoli anche nelle

aule di tribunale, anni in cui abbiamo sollecitato controlli antimafia preventivi, in alcuni casi mai

fatti prima, e ci siamo costituiti parte civile, insieme con tutte le associazioni aderenti a

Confindustria, in processi contro esponenti di spicco della criminalità organizzata".

Il presidente degli industriali siciliani parla anche dei collaboratori di giustizia che lo chiamano in

causa: "Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni - afferma

Montante - sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in

documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l'ordine e

la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo

minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. Tutto per affermare una rivoluzione

innanzitutto culturale"

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2015/02/13/news/coinvolto_in_due_inchieste_per_mafia_mont

ante_lascia_l_agenzia_per_i_beni_confiscati-107198186/

MONTANTE, CONFINDUSTRIA E LA FINE (IN)NATURALE E MORTALE

DELLA LUNGA CORSA ALLA DELEGITTIMAZIONE

17 FEBBRAIO 2015

Ho sempre creduto nel dubbio. Lo considero il principale pregio di un giornalista. Solo il dubbio,

infatti, consente di scavare nelle verità che, a piene mani, vengono scaraventate addosso alla nostra

categoria.

Le verità della magistratura, la verità dei partiti, la verità della politica, la verità dei pentiti, quella

dei pentiti che si pentono di essersi pentiti e poi magari si ripentono, la verità degli imprenditori che

si abbeverano alla mangiatoia pubblica e sono poi i primi a chiedere “più mercato”, la verità dei

giornalisti schierati oppure quella della quota parte di classe dirigente marcia che governa questo

Paese.

Non ho mai creduto alle verità come appaiono, quelle che Giuseppe Lombardo, pm della Dda di

Reggio Calabria chiama le “mezze verità”. Quelle pronte da “bere” come la Milano dei bei (!) tempi

che furono. Non crediate sia facile non credere alle “mezze verità”: si pagano prezzi altissimi.

Il legittimo dubbio ha fatto ritenere ad una parte della stampa che il presidente di Confindustria

Sicilia, Antonello Montante sia o possa essere effettivamente quel losco figuro che viene (o

verrebbe) dipinto da alcuni pentiti di Cosa nostra gestiti, non senza colpi di scena in fase di

evoluzione, tra la Procura di Caltanissetta e quella di Catania.

Nulla quaestio. Sarà la magistratura a tentare di provare cosa c’è di vero, cosa c’è di falso, ma

soprattutto cosa c’è in quel “mondo di sopra” che a Roma stanno ancora aspettando di scoprire,

mentre in Sicilia, così come in Calabria, è in piena evoluzione da decenni, come del resto sa chi,

come l’attuale procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, quasi 20 anni fa provò a

dimostrare, senza successo, la realtà dei sistemi criminali che corrono ben oltre un criminale

mafioso. Toccherà, eventualmente, ad un aula di Tribunale giudicare fino a eventuale terzo grado.

Il dubbio, amico di penna (ormai si può dire di mouse e pc) mi spinge a continuare a scrivere del

“caso Montante” proprio ora che toccherà alla magistratura spegnere il ventilatore che, dopo essersi

acceso mediaticamente, da qualche giorno sembra in “pausa”. Come? Chiudendo presto le indagini

(a meno che una fila di batteria non moltiplichi i 180 giorni a disposizione di ciascuno per

raccontare la propria verità e allora la graticola girerà a lungo con buona pace della Giustizia).

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Sono fatto così. Quando gli altri parlano taccio. Quando gli altri tacciono, scrivo. Non mi

interessa prendere parte a contese sulla pelle dell’antimafia (ho già scritto e detto che non sta a me

difendere Montante) ma provare a capire fino in fondo esercitando e sublimando l’arte del dubbio

(si veda anche link a fondo pagina con precedente articolo) .

E così il dubbio mi porta a scavare in una parola: delegittimazione, che declino in alcune delle

varianti possibili in quel della provincia nissena.

Forse abbiamo perso di vista un fatto apparentemente secondario ma invece di primaria importanza.

Questa vicenda nasce nella culla di Cosa nostra, quel “vallone” nisseno dal quale nobiluomini

(spero si arguisca l’ironia) quali Giuseppe Genco Russo e Calogero Vizzini dettavano legge alla

Sicilia intera e apparecchiavano la tavola (rectius: le battigie) agli alleati “ammerrecani”.

In altre parole, come si direbbe nella mia amata Roma, «quando voi eravate ancora sugli alberi, noi

eravamo già froci», che tradotto vuol dire: a Cosa nostra nissena nessuno può insegnare nulla.

E nessuno, dunque, può dimenticare che nel 2007, subito dopo l’approvazione del codice etico, la

sede di Confindustria di Caltanissetta (proprio laddove nacque la rivolta contro i “prenditori”, in

casa propria, nella classe industriale siciliana) fu rivoltata come un calzino per leggere (e

fotocopiare e duplicare?) atti e documenti anche riservati. Guarda tu la vita, proprio quando, nei

tempi in cui la rivolta suonava, alcuni notabili dell’associazionismo e della vita economica nissena

erano dediti a profondissime e minuziose attività di dossieraggio ad uso di capi mafia dal colletto

bianco e dall’anima nera.

Non ricordavo a memoria – per riportarlo alla mente ho dovuto ricomporre le tessere di un puzzle

che ho ricostruito anche grazie a quella potenziale fonte che è Internet – che in questi anni, ogni

qual volta c’è stato un passo avanti decisivo della genia industriale e imprenditoriale che si è mossa

all’unisono (sarebbero dunque tutti potenziale amici di presunti amici dei mafiosi? La domanda a

me pare legittima) dietro a Lo Bello eMontante e al loro grido di rivolta contro l’omertà mafiosa (il

primo nemico di Cosa nostra è la parola, dopo vengono, di conseguenza, gli atti), c’è stata una

reazione uguale e contraria a quella alla quale pare di assistere in questi giorni. Pare: come vedete

dubito.

Un’escalation che non poteva portare (all’epoca) a omicidi per un riflesso condizionato e per una

ragione pratica. Il riflesso condizionato risiede nel fatto che ai pupi di Cosa nostra manovrati dalle

menti raffinate sembrava impossibile ricevere un “no” a richieste che fino a quel momento non

potevano essere rifiutate (pizzo e protezione) e che addirittura sfociava in denunce in sede penale

degli affamatori aguzzini. Che succede? si saranno chiesti pupi e pupari.

La ragione pratica è che uccidere chi si opponeva a Cosa nostra tra gli imprenditori era difficile: le

scorte, che talvolta sono messe a protezione degli inutili, questa volta erano messe a disposizione di

qualcuno utile alla causa di civiltà sociale ed economica.

Bisognava fare, dunque, troppo rumore. Meglio lanciare la scia lunghissima e distillata della

delegittimazione.

Volete due-esempi-due dell’escalation diffamatoria e delegittimante di questi anni? Quando

l’imprenditore che opera nel settore dell’ambiente Giuseppe Catanzaro, attuale numero 2 di

Confindustria Sicilia, denunciò ad Agrigento i suoi carnefici, partì la crociata non contro – si badi

bene – le sue battaglie ma contro il suo passato e le presunte ombre che lo avvolgevano. Quella scia

non si è ancora spenta.

Lo schema – mutatis mutandis – si ripropose con Ivanhoe Lo Bello, attuale vicepresidente

nazionale di Confindustria, che nel 2010, stufo della cappa di omertà e ipocrisia che gravava (e

grava oggi più di ieri) su Catania, scoperchiò anche con un’intervista al Corriere della Sera il

maleodorante pentolone delle aree industriali, del movimento terra, dei trasporti e dell’edilizia. A

Palermo ci furono, in manifestazioni pubbliche, slogan, cori e striscioni contro colui il quale voleva

contribuire a cambiare, con i fatti, le cose. E i fatti (non le chiacchiere) dicono che fu Lo Bello a

mettere nero su bianco una frase sconcertate (non per chi, come me, segue l’evoluzione delle mafie)

nella nota riservata di Confindustria per il vertice nazionale della sicurezza svolto a Caltanissetta il

21 ottobre 2013 finita nelle mani del ministro dell’Interno Angelino Alfano. Con riferimento ad un

settore nel quale oggi sono ancora in piena evoluzione le indagini della magistratura, (non lo cito

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per non dare vantaggi a chi deve sentire invece il fiato sul collo della Giustizia) Lo Bello scrisse

testualmente e Montante controfirmò, che «il territorio della provincia di Catania ha un ruolo

ancora più rilevante, in quanto Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra lavorano congiuntamente e

regolano il mercato a livello nazionale». Precedevano e seguivano nomi e cognomi. Quella scia non

si è ancora spenta.

Credo che la delegittimazione (l’ho scritto mille volte su questo umile e umido blog con

riferimento a tante altre vicende inquietanti) sia la culla della morte. Più della morte fisica la

delegittimazione è in grado di uccidere, perché colpisce il luogo di una vita: la purezza

dell’anima.

Ma attenzione: quando la delegittimazione fallisce dopo aver usato, nella sua escalation, armi

estreme e radicali, quando non riesce nel proprio intento e quando la corsa non si può arrestare, non

resta che la morte. Quella fisica. Quella che uccide un uomo per educare un popolo come, in Sicilia

e nel Sud, è stato troppo spesso educato.

Non sono solo io a pensarlo. A meno che nella genia dei soggetti pericolosi dell’antimafia parolaia

non rientri anche il presidente della Corte di appello di Caltanissetta, fu proprio lui, Salvatore

Cardinale, il 24 gennaio 2015, in apertura di anno giudiziario, ad affermare: «…in tal senso, da

parte degli investigatori, sono stati interpretati gli attacchi contro i nuovi vertici confindustriali

siciliani e nisseni, spesso aggrediti attraverso il metodo subdolo della diffamazione e del discredito

mediatico, e l’accentuata campagna di delegittimazione condotta a tutto campo contro vari

protagonisti dell’antimafia operativa, mirati a riprodurre una strategia della tensione che potrebbe

tradursi in azioni eclatanti. Su tale linea strategica sembrano porsi i due “avvertimenti”, uno dei

quali consumato a Caltanissetta, posti in essere contro il Presidente dell’Irsap(Alfonso Cicero,

ndr)».

Arrestate Montante, indagate Lo Bello, braccate Cicero, crocifiggete chi si è schierato per

tornaconto con loro o fate l’esatto contrario, smontate le accuse e riabilitate un corso ma, vi prego,

fatelo presto, e mi rivolgo alla magistratura, perché, senza Giustizia rapida, ci scapperà il morto. Il

primo nome è già sulla lista. Per educare un popolo. [email protected]

si legga anche http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2015/02/13/antonello-montante-battaglie-ignorate-denunce-dimenticate-di-ministri-e-magistrati-e-parole-calate-dei-pentiti/ http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2015/02/17/montante-confindustria-e-la-fine-innaturale-e-mortale-della-lunga-corsa-alla-delegittimazione/

IL GRANDE INGANNO DELL'ANTIMAFIA SICILIANA: COSÌ L'EROE DELLA LEGALITÀ

METTE LE MANI SULL'EXPO

Montante, indagato assieme all'ex governatore Lombardo, condannato, sono i creatori di

Caltanissetta "zona franca" anti-pizzo. Tra collusioni e fiumi di soldi, tutti i paradossi di

un'impostura politica dietro la dittatura degli affari

dai nostri inviati ATTILIO BOLZONI E EMANUELE LAURIA

CALTANISSETTA - Lo sapevate che esiste una "zona franca della legalità" dove ci sono gli

abitanti più buoni e più onesti d'Italia? E lo sapevate che l'hanno fortemente voluta un governatore

condannato per mafia e un imprenditore indagato per mafia? Per capirne di più bisogna andare a

Caltanissetta, quella che è diventata la capitale dell'impostura siciliana.

Nella città dove è iniziata l'irresistibile ascesa del cavaliere Antonio Calogero Montante detto

Antonello, presidente di Confindustria Sicilia, presidente della locale Camera di commercio,

presidente di tutte le Camere di commercio dell'isola, consigliere per Banca d'Italia, delegato

nazionale di Confindustria (per la legalità, naturalmente) e membro dell'Agenzia nazionale dei beni

confiscati (unica carica dalla quale si è al momento autosospeso per un'indagine a suo carico per

concorso esterno), si può scoprire come in nome di una assai incerta antimafia si è instaurata una

sorta di dittatura degli affari. Un califfato che si estende in tutta la Sicilia ma che è nato qui, a

Caltanissetta, dove commistioni - e in alcuni casi connivenze - fra imprese e politica, impresa e

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stampa, imprese e forze di polizia, imprese e magistratura, hanno ammorbato l'aria e fatto calare

una cappa irrespirabile sulla città.

UNA FINZIONE SOFFOCANTE

In Sicilia tutto si fonda su due parole magiche: legalità e antimafia. È una "legalità" costruita a

tavolino e un'"antimafia padronale" che copre operazioni politiche opache e favorisce gruppi di

interesse. Dopo la felice stagione iniziata con la "rivolta degli imprenditori" del 2007 guidata da

Ivan Lo Bello contro il racket, trasformismo e ingordigia hanno snaturato l'iniziale esperienza e una

consorteria si è impadronita di tutto.

La "zona franca" l'ha pretesa la Confindustria siciliana di Montante, l'unico "partito" che nel

governo regionale siede ininterrottamente da sei anni con un proprio rappresentante. Quando

governatore era Raffaele Lombardo - il 2 maggio del 2012 - fu istituita con un atto ufficiale la

Provincia di Caltanissetta fu riconosciuta come "zona franca della legalità". L'obiettivo era quello di

concedere benefici fiscali alle aziende che "si oppongono alle richieste estorsive della criminalità

organizzata". Previsione di spesa: 50 milioni di euro.

Lombardo, che al momento della firma era già indagato per reati di mafia, due mesi più tardi si è

dimesso e un anno dopo è stato condannato in primo grado a 6 anni e 8 mesi. Un (presunto) amico

dei boss che concede agevolazioni a chi si batte contro il racket su richiesta di chi - Montante - è

oggi a sua volta chiamato in causa da cinque pentiti per legami con le "famiglie". Trame di potere in

una Sicilia che non ha mai temuto il paradosso.

SOTTO GLI OCCHI DEL MONDO

La Confindustria di Montante ormai è ovunque. Guida l'Irsap, l'istituto che gestisce le aree

industriali siciliane, ha un peso decisivo nel business dei rifiuti e ora ha messo le mani sull'Expo.

Pochi giorni fa, l'assessore alle Attività produttive Linda Vancheri, il rappresentante di

Confindustria nella giunta di Rosario Crocetta, ha siglato una convenzione che assegna a

Unioncamere un pacchetto di interventi per due milioni di euro. Chi guida Unioncamere in Sicilia?

Antonello Montante. Sarà lui, malgrado l'inchiesta per concorso esterno, a decidere quali

"eccellenze" siciliane del settore agro-alimentare dovranno figurare nella vetrina di Milano e in

undici stand fra porti e aeroporti dell'isola. Materia d'indagine per almeno due procure (Palermo e

Caltanissetta) e per Raffaele Cantone, il presidente dell'Authority contro la corruzione che, appena

il 16 gennaio scorso, ha annunciato che su Expo è stato avviato "il più grande controllo antimafia di

tutti i tempi".

MARKETING DI IMMAGINE

Una rete di interessi così fitta è protetta anche da una stampa a volte troppo compiacente con

Montante e i suoi amici. Al punto da proporre (l'ha fatto La Sicilia in un lungo articolo) la notizia di

una laurea honoris causa in Economia e Commercio riconosciuta dall'Università "La Sapienza"

all'imprenditore. L'ateneo ha smentito il giorno dopo. Era falso.

Nelle sue molteplici vesti istituzionali Montante ha spesso offerto un "sostegno" a mezzi

d'informazione e singoli giornalisti. Da presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta ha

erogato una pioggia di contributi, sotto la voce "azione di marketing territoriale". Ne hanno

beneficiato cronisti-scrittori, ancora prima della pubblicazione dei loro libri e testate web. Una

settimana fa Il Fatto Nisseno, uno dei siti favoriti, ha cancellato un'intervista di Michele Costa (il

16

figlio del procuratore ucciso a Palermo nel 1980) che manifestava perplessità sull'opportunità che

Montante - sott'inchiesta - mantenesse le sue cariche.

L'intervista è sparita nella notte "dopo devastanti pressioni". Un altro clamoroso caso riguarda un

contratto di collaborazione per due anni - 1.300 euro al mese - che Confindustria Centro Sicilia

(sempre Montante presidente) ha firmato con il responsabile delle pagine di Caltanissetta de Il

Giornale di Sicilia. Tutti episodi, quelli citati, che hanno spinto l'Ordine dei giornalisti ad aprire

un'indagine conoscitiva.

UN ALTRO PALADINO

Oltre ad Antonello Montante, c'è un altro campione dell'antimafia a Caltanissetta. Si chiama

Massimo Romano, socio e amico del Cavaliere, è il proprietario di 34 supermercati sparsi per la

Sicilia e, qualche anno fa, era già finito nelle pieghe di un'indagine sui "pizzini" di Bernardo

Provenzano molto interessato alla grande distribuzione. Romano da molto tempo siede a tavoli

istituzionali con questori e prefetti, è il presidente del Confidi (un consorzio che cede prestiti a

piccole e medie imprese) e il suo nome è scivolato in un'operazione antimafia dove il fratello

Vincenzo - secondo il giudizio dei magistrati - l'avrebbe tenuto fuori dalla faccenda delle

estorsioni "per preservarlo da possibili negative conseguenze sia di immagine che di carattere

giudiziario". Il doppio volto di Caltanissetta zona franca per la legalità.

L'IMPASTO

C'è promiscuità fra investigatori e magistrati e l'indagato di mafia Montante. A Roma e in Sicilia. A

Caltanissetta - visti i suoi rapporti intensi con Angelino Alfano che poi l'ha designato anche

all'Agenzia dei beni confiscati - Antonello Montante è riuscito, il 21 ottobre del 2013, a far

presiedere al ministro dell'Interno il comitato nazionale per l'ordine pubblico e sicurezza. Un

organismo che, solo in casi straordinari, si riunisce lontano da Roma. In Sicilia non accadeva dai

tempi delle stragi di Falcone e Borsellino. Perché la scelta di Caltanissetta? Per farla diventare

quella che non è mai stata, cioè una roccaforte dell'antimafia.

In Sicilia e a Caltanissetta c'è una vicinanza molesta fra imprenditori e rappresentanti dello Stato (si

racconta di questori che si trasformano in tappetini al cospetto di Montante, di prefetti che hanno

ricevuto esagerate regalie), ci sono investigatori che si fanno assumere parenti e amiche dalla

cordata (è il caso di un ufficiale della Dia e di un maggiore della Finanza), ci sono uomini dei

servizi segreti che sguazzano allegramente nell'ambiente "antimafioso", c'è una prossimità

imbarazzante con molte toghe. Tanto evidente che ha portato il nuovo presidente dell'Associazione

nazionale magistrati Fernando Asaro a invitare i suoi colleghi "a una ineludibile concreta distanza

da centri di potere economici ". Più chiaro di così.

http://www.repubblica.it/cronaca/2015/02/23/news/il_grande_inganno_dell_antimafia_siciliana_cos

_l_eroe_della_legalit_mette_le_mani_sull_expo-107966853/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_23-02-

2015

17 FEBBRAIO 2015

La provocazione di Montante: "Burocrazia peggio della mafia, il pizzo si paga con un conto in

nero"

Le immagini si riferiscono all'incontro del 25 febbraio 2014 a Catania tra Confindustria e la giunta

comunale di Enzo Bianco nel corso del quale il presidente dell'associazione siciliana degli

industriali Antonello Montante – attualmente indagato per presunti contatti con i boss - parla a

17

lungo di mafia e burocrazia, asserendo che quest'ultima è più dannosa della mafia. E che il pizzo si

può pagare con un conto in nero (Immagini di Angelo Capuano)

LEGGI SU PALERMO.REPUBBLICA.IT

Soldi da Montante ai giornalisti, indaga l'Ordine

Montante coinvolto in due inchieste per mafia lascia i Beni confiscati

Montante, il paladino antimafia sotto inchiesta per contatti con i boss

COINVOLTO IN DUE INCHIESTE PER MAFIA, MONTANTE LASCIA L'AGENZIA PER I

BENI CONFISCATI

Il delegato per la legalità di Confindustria, presidente dell'associazione in Sicilia, si sospende

dall'incarico dopo le notizie pubblicate da Repubblica delle indagini che lo riguardano a

Caltanissetta e Catania. di EMANUELE LAURIA

Antonello Montante lascia la carica di consigliere dell'Agenzia per i beni confiscati ai boss. Una

decisione sofferta. maturata solo nelle ultime ore, dopo un frenetico giro di consultazioni. Il

presidente di Confindustria Sicilia, delegato per la legalità dell'associazione di viale

dell'Astronomia, si sospende dai vertici dell'Agenzia dopo le notizie, pubblicate da Repubblica, di

due inchieste per mafia, a Caltanissetta e Catania, che lo vedono coinvolto. A parlare di Montante

sono cinque pentiti, che raccontano di una vicinanza dell'imprenditore di Serradifalco

(Caltanissetta) con esponenti di spicco delle locali "famiglie".

Montante, in una nota, annuncia la sospensione dall'incarico nel direttivo dell'Agenzia presieduta

dal prefetto Umberto Postiglione e di cui fa parte anche il procuratore nazionale antimafia Franco

Roberti. Negli ultimi giorni anche da ambienti confindustriali era giunta a Montante la

sollecitazione a compiere questo passo: una mossa che dovrebbe servire a placare le polemiche, in

attesa di sviluppi giudiziari.

Scrive il leader confindustriale: "È per il profondo rispetto verso tutte le istituzioni, a partire da

magistratura e forze dell’ordine, che oggi, alla luce delle notizie che ho appreso dalla stampa,

seppure sconsigliato da tanti, ho deciso di autosospendermi dal consiglio direttivo dell’Agenzia".

Montante mantiene gli incarichi all'interno di Confindustria: il comitato di presidenza di viale

dell'Astronomia mercoledì aveva ribadito la fiducia all'imprenditore, uno dei protagonisti nell'Isola

della rivolta degli industriali contro il racket: passaggio non scontato, che aveva fatto seguito al

sostegno offerto il giorno prima, a Palermo, dai vertici di Confindustria Sicilia, Ance Sicilia,

Piccola Industria e Giovani industriali dell'Isola.

Ma la questione centrale, ogni giorno di più, era diventata la permanenza di Montante nel ruolo di

consigliere dell'Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla mafia. "Montante si dovrebbe

dimettere? Non lo so, dipende da una sua sensibile valutazione ", aveva detto il prefetto Postiglione,

pur rimanendo prudente: "Nessuno è colpevole fino a che non è condannato né è costretto a

dimettersi per legge".

In un silenzio sostanziale di quasi tutti i principali partiti, Sel, grillini e Rifondazione Comunista

avevano auspicato un passo indietro di Montante. L'autosospensione, in particolare, era stata chiesta

dal vicepresidente della commissione antimafia Claudio Fava. Una decisione che Montante ha preso

stamattina.

18

"Mai avrei pensato – scrive Montante – di dovermi trovare un giorno in una situazione simile dopo

anni trascorsi in trincea, insieme a tanti altri imprenditori, sempre al fianco delle istituzioni. Anni

durante i quali un gruppo di giovani imprenditori siciliani ha preso coraggio e ha espulso dalla

propria associazione persone che avevano rivestito ruoli apicali negli organi associativi regionali e

che, come hanno sottolineato alti magistrati in occasioni pubbliche, grazie al metodo mafioso e a

protezioni politiche, avevano creato un sistema di potere di portata regionale se non nazionale. Anni

durante i quali abbiamo accompagnato decine di colleghi alla denuncia, sostenendoli anche nelle

aule di tribunale, anni in cui abbiamo sollecitato controlli antimafia preventivi, in alcuni casi mai

fatti prima, e ci siamo costituiti parte civile, insieme con tutte le associazioni aderenti a

Confindustria, in processi contro esponenti di spicco della criminalità organizzata".

Il presidente degli industriali siciliani parla anche dei collaboratori di giustizia che lo chiamano in

causa: "Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni - afferma

Montante - sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in

documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l'ordine e

la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo

minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. Tutto per affermare una rivoluzione

innanzitutto culturale"

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2015/02/13/news/coinvolto_in_due_inchieste_per_mafia_montante_lascia_l_agenzia_per_i_beni

_confiscati-107198186/

MONTANTE, L'INDUSTRIALE PALADINO DELL'ANTIMAFIA SOTTO INCHIESTA IN

SICILIA PER MAFIA

Leader in ascesa, presidente degli imprenditori siciliani, delegato per la legalità di Confindustria

Ora però tre pentiti lo accusano. E dal suo passato spuntano fuori amicizie compromettenti di ATTILIO BOLZONI e FRANCESCO VIVIANO

C'È UN pezzo grosso dell'Antimafia dell'ultima ora che è finito sotto inchiesta per mafia. È uno dei

volti nuovi dell'Italia che combatte i boss, ha rapporti stretti con più di un ministro e con tanti

prefetti, è il presidente degli industriali siciliani e il delegato per la "legalità" di Confindustria. Ci

sono alcuni pentiti che parlano di lui e delle sue "pericolose frequentazioni". Come si chiuderà

questa vicenda - se c'è solo fumo o anche molto arrosto - nessuno ancora lo può dire, di sicuro

però Antonello Montante, uno dei cosiddetti paladini delle battaglie antimafia più recenti (troppo

recenti, maligna qualcuno) è al momento indagato per reati di mafia alla procura della repubblica di

Caltanissetta. All'anagrafe è registrato come Antonio Calogero Montante, ha 52 anni, è un siciliano

di Serradifalco, provincia di Caltanissetta - dove è anche presidente della locale Camera di

Commercio - ed è stato nominato Cavaliere del Lavoro nel 2008. È a capo di un impero nato negli

anni '20 del secolo scorso con una fabbrica di biciclette, è fondatore della "Msa", Mediterr Shock

Absorbers Spa, azienda di progettazione e produzione di ammortizzatori per veicoli industriali

presente in tutto il mondo.

Su di lui c'è l'inchiesta di Caltanissetta e poi ce n'è un'altra a Catania, su una denuncia presentata nei

mesi scorsi. Indagini blindatissime, sia per il "peso" del personaggio coinvolto sia per gli effetti che

le stesse indagini potrebbero provocare. Per esempio, dal 20 gennaio 2015, il governo - su

proposta del ministero dell'Interno - ha designato Montante componente dell'Agenzia dei beni

confiscati. Una postazione strategica, lì si decide il destino di patrimoni sporchi per miliardi di euro.

L'inchiesta è nella prima fase e nessuno è nelle condizioni di prevedere dove potrebbe portare, ma

fra le pieghe di questa storia ci sono già tutte le incoerenze di un'antimafia di fresca nascita - con

19

patenti rilasciate con assai disinvoltura - e il paradosso tutto italiano di come si possa

tranquillamente navigare da una sponda all'altra senza incertezze e contraccolpi.

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2015/02/09/news/montante_l_industriale_paladino_dell_antima

fia_sotto_inchiesta_in_sicilia_per_mafia-106867246/

COINVOLTO IN DUE INCHIESTE PER MAFIA, MONTANTE LASCIA L'AGENZIA

PER I BENI CONFISCATI

Il delegato per la legalità di Confindustria, presidente dell'associazione in Sicilia, si sospende dall'incarico dopo

le notizie pubblicate da Repubblica delle indagini che lo riguardano a Caltanissetta e Catania.

di EMANUELE LAURIA

Antonello Montante lascia la carica di consigliere dell'Agenzia per i beni confiscati ai boss. Una

decisione sofferta. maturata solo nelle ultime ore, dopo un frenetico giro di consultazioni. Il

presidente di Confindustria Sicilia, delegato per la legalità dell'associazione di viale

dell'Astronomia, si sospende dai vertici dell'Agenzia dopo le notizie, pubblicate da Repubblica, di

due inchieste per mafia, a Caltanissetta e Catania, che lo vedono coinvolto. A parlare di Montante

sono cinque pentiti, che raccontano di una vicinanza dell'imprenditore di Serradifalco

(Caltanissetta) con esponenti di spicco delle locali "famiglie".

Montante, in una nota, annuncia la sospensione dall'incarico nel direttivo dell'Agenzia presieduta

dal prefetto Umberto Postiglione e di cui fa parte anche il procuratore nazionale antimafia Franco

Roberti. Negli ultimi giorni anche da ambienti confindustriali era giunta a Montante la

sollecitazione a compiere questo passo: una mossa che dovrebbe servire a placare le polemiche, in

attesa di sviluppi giudiziari.

Scrive il leader confindustriale: "È per il profondo rispetto verso tutte le istituzioni, a partire da

magistratura e forze dell’ordine, che oggi, alla luce delle notizie che ho appreso dalla stampa,

seppure sconsigliato da tanti, ho deciso di autosospendermi dal consiglio direttivo dell’Agenzia".

Montante mantiene gli incarichi all'interno di Confindustria: il comitato di presidenza di viale

dell'Astronomia mercoledì aveva ribadito la fiducia all'imprenditore, uno dei protagonisti nell'Isola

della rivolta degli industriali contro il racket: passaggio non scontato, che aveva fatto seguito al

sostegno offerto il giorno prima, a Palermo, dai vertici di Confindustria Sicilia, Ance Sicilia,

Piccola Industria e Giovani industriali dell'Isola.

Ma la questione centrale, ogni giorno di più, era diventata la permanenza di Montante nel ruolo di

consigliere dell'Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla mafia. "Montante si dovrebbe

dimettere? Non lo so, dipende da una sua sensibile valutazione ", aveva detto il prefetto Postiglione,

pur rimanendo prudente: "Nessuno è colpevole fino a che non è condannato né è costretto a

dimettersi per legge".

In un silenzio sostanziale di quasi tutti i principali partiti, Sel, grillini e Rifondazione Comunista

avevano auspicato un passo indietro di Montante. L'autosospensione, in particolare, era stata chiesta

dal vicepresidente della commissione antimafia Claudio Fava. Una decisione che Montante ha preso

stamattina.

"Mai avrei pensato – scrive Montante – di dovermi trovare un giorno in una situazione simile dopo

anni trascorsi in trincea, insieme a tanti altri imprenditori, sempre al fianco delle istituzioni. Anni

durante i quali un gruppo di giovani imprenditori siciliani ha preso coraggio e ha espulso dalla

propria associazione persone che avevano rivestito ruoli apicali negli organi associativi regionali e

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che, come hanno sottolineato alti magistrati in occasioni pubbliche, grazie al metodo mafioso e a

protezioni politiche, avevano creato un sistema di potere di portata regionale se non nazionale. Anni

durante i quali abbiamo accompagnato decine di colleghi alla denuncia, sostenendoli anche nelle

aule di tribunale, anni in cui abbiamo sollecitato controlli antimafia preventivi, in alcuni casi mai

fatti prima, e ci siamo costituiti parte civile, insieme con tutte le associazioni aderenti a

Confindustria, in processi contro esponenti di spicco della criminalità organizzata".

Il presidente degli industriali siciliani parla anche dei collaboratori di giustizia che lo chiamano in

causa: "Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni - afferma

Montante - sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in

documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l'ordine e

la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo

minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. Tutto per affermare una rivoluzione

innanzitutto culturale"

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2015/02/13/news/coinvolto_in_due_inchieste_per_mafia_mont

ante_lascia_l_agenzia_per_i_beni_confiscati-107198186/

http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2015/02/il-grande-inganno-dellantimafia.html

ANTONELLO MONTANTE, BATTAGLIE (IGNORATE), DENUNCE (DIMENTICATE) DI MINISTRI E MAGISTRATI E PAROLE (CALATE) DEI

PENTITI 13 FEBBRAIO 2015

Il presidente di Confindustria Sicilia e delegato di Confindustria nazionale sui temi della

legalità Antonello Montante sarebbe accusato da alcuni pentiti di essere in contatto o vicino a

mafiosi o ad ambienti mafiosi, dai quali avrebbe ricevuto favori ricambiati.

Ora, specificato che la magistratura (di Caltanissetta e Catania che starebbero indagando) farà il suo

corso (sul quale non mi permetto di fare appunti), specificato che non mi permetto neppure di

giudicare il lavoro dei giornalisti che hanno scritto della vicenda, specificato che dei pentiti (in

generale) mi fido da sempre quanto un piranha negli slip e quando ne ho trattato me ne sono dovuto

pentire giurando a me stesso che si fottessero tutti, ricordato che nessuno come i siciliani e i

calabresi è specializzato in “tragediate” (altresì chiamate “carrette”), specificato che non compete a

me prendere le difese di Antonello Montante (e infatti non le prendo perché lo fa da solo e/o con i

suoi avvocati), sottolineato che fino a che ci sarà democrazia e libertà di opinione, stampa, giudizio,

parola e informazione, continuerò a ragionare con il mio cervello senza guardare in faccia a

nessuno, vi sottopongo, o cari lettori di questo umile e umido blog, un mero contributo di riflessioni

ad una vicenda nelle mani sacrosante della magistratura.

1) Complimenti vivissimi alle menti raffinatissime che, da alcuni mesi, stanno distillando le fughe

di notizie sulla (o sulle) indagini e/o procedimenti penali aperti nei confronti di Montante. Gli

ambienti investigativi e giudiziari, pronti, senza scrupoli e contravvenendo ai principi costituzionali

e a quelli scritti sulla Carta europea dei diritti dell’Uomo, a indagare i giornalisti per concussione

(avete letto bene, con pene che arrivano a 7 anni di reclusione) quando danno liberamente conto di

procedimenti o indagini a loro sgradite, sono invece rapidissimi nell’allungare la manina (a chi

vogliono) con informazioni a orologeria a qualcuno congeniali. Perché vedete, sia che si tratti di

una bufala accusatoria montata ad arte (dai pentiti suddetti che ovviamente rappresenterebbero il

braccio e non certo la mente), sia che si tratti di un filone propizio per fare luce su presunti legami

impropri tra mafia e antimafia, queste fughe di notizie su indagini definite dai giornali blindatissime

(come? Blindatissime? Pensa te se non lo erano…) sono state studiate a tavolino. Sono mesi, infatti,

che si assiste ad un “distillato” di voci e sussurri su Montante.

2) Un risultato immediato, le menti raffinatissime che hanno cantato, l’hanno raggiunto: infliggere

un colpo durissimo all’antimafia. Non mi riferisco a quella dei nomi ma a quella dei fatti e dei gesti.

Ebbene, mi domando e vi domando: con quale forza e spirito in Sicilia e al Sud (ma non solo) gli

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imprenditori vessati dalle mafie continueranno a bussare alle porte delle forze dell’ordine e della

stessa Confindustria per denunciare i propri maledetti carnefici mafiosi? Credetemi anche in questo

caso: proprio questo è il momento più propizio. Denunciate la mafia, perché è “merda”. Non solo

quella fatta da picciotti e capibastone ma, soprattutto, quella fatta di intelligenze al servizio del

male. Chi denuncia è sempre libero e ora più che mai, sono convinto, Forze dell’Ordine e

Confindustrie locali sono pronte ad accogliere e seminare legalità.

3) Ricordo che Francesco Cossiga chiamava il sindaco di Palermo Leoluca Orlando,Leoluca

Orlando Cascio. Lo stesso Cossiga, che ovviamente era perennemente coperto da immunità

parlamentare e/o presidenziale, nel corso di una trasmissione televisiva con Giuliano Ferrara, più di

20 anni or sono, spiegò che nella prima relazione di minoranza della Commissione Antimafia degli

anni ’70, firmata dalla vittima della mafia, onorevole Pio La Torre, ammazzato nel 1982, il padre

dell’allora onorevole Leoluca Orlando (Cascio), celebre notabile Dc, era definito il collegamento tra

la politici ed ambienti salottieri palermitani del dopoguerra dove era facile che bianco e nero si

mischiassero.

Quando, oltre 20 anni fa, conobbi Leoluca, che non ricorreva mai al doppio cognome (Orlando

Cascio), di tutto mi preoccupai tranne che di giudicarlo dalle gesta di suo padre. Ammesso e non

concesso che fossero nebulose. Un uomo politico – la stessa cosa, sublimata da poche settimane da

un elezione, si può dire per la famiglia Mattarella, di cui un membro è diventato Presidente della

Repubblica alla luce del sole e dell’ombra, visti gli attacchi rivolti ai presunti trascorsi paterni – lo

giudico dal momento e nel momento in cui fa politica, cioè si prende cura di una collettività

amministrata. Il suo passato mi interessa ma solo se serve per dimostrare nel presente e per il futuro,

coerenza con i principi e i valori nei quali io personalmente sono stato cresciuto e che insegno ai

miei due figli. Se quei valori sono contraddetti (onestà, probità, lealtà, legalità, incorruttibilità,

rispetto dei diritti e della legge e via di questo passo) me ne fotto di passato, presente e futuro.

Bene. Mutatis mutandis, lo stesso discorso vale per chi si oppone alla mafia tra gli imprenditori che

(è il caso di Montante) ricoprono anche fondamentali ruoli associazionistici.

Da quando io l’ho conosciuto (otto anni or sono iniziò la battaglia confindustriale per l’etica

d’impresa e la rivolta alla mafia prima proprio a Caltanissetta e poi su per li rami in tutta Italia) i

comportamenti e il rigore di Montante mi sono apparsi conseguenziali a valori di dura opposizione

all’economia criminale e alla mafia sociale, che scorre a fiumi nelle varie stanze dei bottoni di una

classe dirigente sempre più corrotta. Inutile ricordare le prese di posizione (tutti dobbiamo ricordare

che è proprio la parola il primo nemico della mafia, fondata non a caso sull’omertà) ma gli atti sì: le

espulsioni dei mafiosi o dei presunti mafiosi dalle associazioni, i commissariamenti mai osati prima

di alcune Confindustrie locali (do you remember Reggio Calabria?), i protocolli d’intesa visti e

rivisti per renderli non chiacchere (di solito lo sono) ma concreti, l’azione di rinnovamento nelle

associazioni (comprese quelle camerali, o sono anche quelle frutto di comparaggio?), l’obbligo di

white list negli appalti pubblici, le zone franche per attirare INVESTIMENTI nelle province

palermitane e nissene, la legalità al centro dell’azione degli industriali, il rating di legalità per le

imprese nei confronti delle banche e degli enti appaltatori, il sostegno a quella magistratura che

finalmente ha deciso di usare il lanciafiamme contro le mafie e i sistemi criminali, le costituzioni di

Confindustria (proprio a Caltanissetta e poi ovunque) come parte civile nei processi per mafia e la

durissima lotta in Sicilia (poi ci torno) contro quei centri di potere massonico deviato/mafioso che

erano le aree di sviluppo industriale.

Figuriamoci se, quando l’ho saputo, potevo e posso giudicare le azioni di Montante per il fatto che

quando aveva 17 anni un suo testimone di nozze, venti anni dopo il matrimonio o giù di lì, da

incensurato passerà ad essere noto alla Giustizia, come suo padre che morirà poi suicida in carcere

nel 1992. Chi è senza peccato, scagli il primo testimone.

4) C’è chi, in questi giorni, si sta prodigando per srotolare “dietrologie” a giustificazione delle

presunte dichiarazioni (da riscontrare o pera della magistratura alla quale ci rimettiamo) dei pentiti

(1, 5, 10, 100, boh!) contro Montante. E’ perché è stato nominato dal Governo nella inutile (finora)

Agenzia nazionale dei beni confiscati alle mafie! E’ perché il movimento antimafia si è sempre

spaccato su tutto in Sicilia e dunque è il risultato di una guerra intestina (ma intestina a chi?)! E’

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perché chi troppo vuole nulla stringe e, tranne la carica di sindaco, a Caltanissetta e a Roma ormai

lui è più di un papa! E’ perché queste cose entrano in campo mentre si giocava (ma si gioca tuttora)

la partita per occupare la poltrona di capo della Procura di Palermo! E’ perché è amico di potenti

troppo potenti in tutti i campi: dalla politica alla magistratura! E’ così o cosà, lascio che ciascuno

dica la propria (rispetto tutti a maggior ragione, e lo dico in generale, quando non sono d’accordo).

Io aborro la dietrologia e faccio, umilmente, riferimento ad un fatto, che sarà senza dubbio una

coincidenza.

Se ho ben capito il capataz degli accusatori sarebbe tal Salvatore Dario Di Francesco, che nell’area

di sviluppo industriale di Caltanissetta prestava lavoro.

Bene. Leggete quel che denunciarono il 5 giugno 2014 anche (e sottolineo anche) in Commissione

parlamentare antimafia Montante e Ivanhoe Lo Bello (vicepresidente nazionale di Confindustria) a

proposito delle Asi siciliane e non solo: «…ci troviamo, in Sicilia, in una situazione complessa, che

riguarda – voglio portarla all’attenzione della Commissione antimafia – il ruolo dei consorzi di

sviluppo industriale, che hanno dimostrato nel tempo di essere un luogo di presenza capillare e

diffusa di criminalità mafiosa. Oggi la regione ha riportato al centro i consorzi, ma il presidente dei

consorzi Asi, oggi Irsap, è oggetto di continue intimidazioni. Peraltro, da tempo ha avuto un

aumento della scorta, il secondo livello, ed è costantemente attaccato da tanti soggetti con minacce

significative, su cui voglio richiamare l’attenzione della Commissione antimafia. Mi riservo anche

di fare arrivare alla Commissione antimafia della documentazione sui temi dei consorzi di sviluppo

industriale, tema centralissimo anche nelle dinamiche nel rapporto tra cattiva impresa e sistema

mafioso» (Lo Bello).

«Abbiamo divulgato una cultura di impresa nuova, sostenendo che forse era il caso di cambiare

rotta, considerato che nel 2005 e nel 2007 i presidenti delle Confindustrie siciliane erano stati tutti

indagati o arrestati per lo stesso problema, Palermo, Caltanissetta, Enna. Il problema del consorzio

Asi si conosceva, ma non era emerso.…

…Ha parlato il mio collega dei consorzi Asi, che andavano oltre ogni immaginazione. Erano luoghi,

come le indagini e le condanne dimostrano, in cui le organizzazioni si riunivano. È un’anomalia

tutta nostra, tutta siciliana o del Mezzogiorno d’Italia. Erano cose pazzesche.

Ricordiamo che e un imprenditore del nord, che doveva realizzare un opificio industriale,

presidente, chiedeva l’autorizzazione al comune d’appartenenza, chiedendo la concessione Pag.

17edilizia per costruirlo. Parlo della Sicilia, ma possiamo anche parlare della Calabria e di altri

luoghi. In Sicilia non era così. Bisognava andare prima al comune di appartenenza, chiedere

l’autorizzazione alla costruzione dell’opificio, parlare con tutta la commissione edilizia, senza

dimenticare nessuno, con l’ingegnere capo, ma non finiva lì.

Serviva il nulla osta del consorzio dell’area sviluppo industriale, un ente appaltante in

contrapposizione al comune d’appartenenza. All’interno del consorzio Asi c’erano un presidente, un

direttore generale, un ingegnere capo e una struttura infinita. Non lo ha citato Lo Bello, che ha fatto

grandi cose, ma lascia il ruolo a me e mi fa fare bella figura, quindi racconto io che in una due

diligence sempre a due abbiamo verificato che all’interno dei consorzi ASI c’erano insediate anche

30 aziende e il consiglio d’ammissione dello stesso consorzio era di 70 unità.

In Sicilia, ad esempio, il numero degli amministratori dei consorzi Asi era un totale di 800 persone,

con circa 500 aziende insediate, quindi non è questo il problema. Oggi abbiamo copiato modello

nazionale virtuoso. In realtà, lo ha fatto chi ha proposto la legge, in parte anche noi, e oggi un

gruppo dirigente non è sostituito da un altro gruppo dirigente: si è sostituito quel modello e 800

persone sono sostituite da 5. Questo si è verificato.

Non vi ho detto cosa fossero i consorzi Asi dentro le Asi stesse, queste aree industriali: dei

condomìni. Ho aziende da decenni al nord: ci si apre un’azienda in un’area a destinazione

industriale e si chiede l’autorizzazione solo al comune. Poi c’è da versare ogni mese una quota per il

giardinaggio esterno. Questo è un condominio, non con 30 aziende, bensì con 500 insediate.

I consorziati servivano, quindi, a controllare le aziende e poi diventavano i luoghi – parlo di

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inchieste e di condanne che vediamo ogni giorno – dove si incontravano i capimafia, non di

nascosto, niente di segretato, bensì ufficialmente proprio lì nei consorzi. Facevano, quindi, riunioni

con la mafia.

Non affidavano i terreni a veri imprenditori, ma a quelli a cui serviva il terreno, lo regalavano. Sono

attive inchieste anche a Palermo, a Catania, a Caltanissetta, ad Agrigento. Non ne parliamo. Parlo,

naturalmente, sempre della Sicilia.

L’attuale presidente Cicero è stato oggetto, e la notizia è pubblica, di inquietanti attentati. Gli stessi

procuratori hanno sentito l’esigenza di esternarlo in maniera forte ricorrendo all’attività mediatica.

Questo signore o questi signori vivano in uno stato di guerra vera.

Parliamo di ordigni, di commandi interi, sei persone, fortunatamente tutte fotografate, che arrivano

con un mezzo perché volevano caricarlo o ammazzarlo. Fortunatamente, sono stati beccati dalle

telecamere e quindi è stato sventato tutto. Non stiamo parlando, quindi, di fantasie, ma di cose serie.

Queste sono le cose più grosse, poi ce sono si minori.

È saltato un sistema. Oggi le aree industriali danno a chi ha un progetto e anche subito. Oggi non ci

sono più le consulenze, i vitalizi, non c’è spartizione politica e questo, naturalmente, ha fatto saltare

i nervi. Oggi quell’organizzazione non controlla più le aziende, e quindi non sa a chi chiedere il

pizzo e a chi non chiederlo. Questo è saltato.

Questo è ciò che fa Confindustria. Ho iniziato a dire che non siamo un’associazione antiracket, ma

che dobbiamo dire al nostro associato che non gli conviene un certo comportamento. Se si è in un

sistema malato, prima o poi si finisce come in quella due diligence mia e di Lo Bello, per cui dopo

venti o trent’anni si crolla o lo Stato arriva e sequestra l’azienda o la sequestra la mafia o ti

ammazzano comunque per strada. Penso che in parte ci siamo riusciti. Il problema è culturale,

presidente, non di azioni o di legge, ma è un problema per cui bisogna comunque un po’ ancora

forse aspettare» (Montante).

5) Il 24 gennaio 2015 il presidente della Corte di appello di Caltanissetta, Salvatore Cardinale, in

apertura di anno giudiziario dirà: «ci sono ancora boss che impartiscono ordini dal carcere e che

continuano a mantenere e ad esercitare il loro antico potere. Il periodo preso in esame, è stato

caratterizzato da intimidazioni, minacce, insinuazioni e delegittimazioni varie rivolte a magistrati,

funzionari pubblici e rappresentanti di organizzazioni private, specie quelli più esposti sul campo

dell’antimafia e della lotta all’illegalità.

Si tratta di segnali che sembrano manifestare un parziale cambiamento della strategia fin qui

perseguita del cosiddetto “inabissamento” a favore della scelta di una maggiore visibilità anche

mediatica dell’insofferenza sempre più crescente verso l’azione di contrasto che tuttora è condotta

dallo Stato e che trova l’adesione in alcuni protagonisti di un’imprenditoria libera e illuminata.

In tal senso, da parte degli investigatori, sono stati interpretati gli attacchi contro i nuovi vertici

confindustriali siciliani e nisseni, spesso aggrediti attraverso il metodo subdolo della diffamazione e

del discredito mediatico, e l’accentuata campagna di delegittimazione condotta a tutto campo contro

vari protagonisti dell’antimafia operativa, mirati a riprodurre una strategia della tensione che

potrebbe tradursi in azioni eclatanti. Su tale linea strategica sembrano porsi i due “avvertimenti”,

uno dei quali consumato a Caltanissetta, posti in essere contro il Presidente dell’Irsap».

La domanda sorge spontanea: è impazzito il procuratore generale che parla di «imprenditoria libera

e illuminata…di intimidazioni, minacce, insinuazioni, delegittimazioni, metodi subdoli e discrediti

mediatici» in corso nei confronti anche dei vertici confindustriali nisseni e siciliani oppure i pentiti?

Non dico tanto ma se avessi ricevuto io la soffiata sulle presunte indagini su Montante (a quando Lo

Bello?) questa domanda me la sarei fatta e quantomeno avrei tenuto acceso il falò del dubbio.

6) Già perché, guardate voi come è corta la memoria, il 21 ottobre 2013, a Caltanissetta, ci fu una

riunione straordinaria del Comitato nazionale per l’ordine pubblico per fronteggiare il rischio di

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nuovi attentati di cui nessuno, i questi giorni, si è ricordato. Senz’altro le menti raffinatissime hanno

sperato nell’oblio.

Mai come in quei mesi, le speranze di cambiamento, descritte sui media di tutto il mondo dopo la

decisione – di Confindustria Sicilia prima e Confindustria nazionale poi – di mettere all’angolo gli

imprenditori che non denunciavano pizzo e mafie, apparivano lontane, sotto assedio e a rischio.

«A Caltanissetta è scesa in campo la squadra-Stato al massimo livello, dal Procuratore nazionale

antimafia ai vertici delle Forze dell’ordine, dai prefetti alle Dda, al Governo», disse il ministro

dell’Interno Angelino Alfano, rispondendo a chi gli chiedeva se ci fosse il rischio che Cosa nostra

alzi il tiro. «Non possiamo escludere – ha detto – che questo sia l’intendimento della mafia». Poi il

ministro ribadì sostegno e vicinanza agli imprenditori, «a cominciare da Montante e Lo Bello che si

sono ribellati al racket».

7) Ma attenzione ora ad un’altra data: il 17 settembre 2013, il Comune di Chianciano Terme

(Siena) mise sul proprio sito istituzionale foto e cronaca di un convegno sulle stragi di mafia del ’92

che si era tenuto due giorni prima nella sala Fellini delle Terme e passato sotto drammatico silenzio

a livello nazionale. Anch’esso passato nel dimenticatoio della stampa e dalla speranza di oblio delle

menti raffinatissime. «È in corso una campagna di delegittimazione da parte di centri di poteri

occulti – dichiarò in quell’occasione il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari – che mirano a

screditare chi in Sicilia combatte con i fatti malaffare e mafia. Ci sono centri di potere, collegati

sicuramente con le organizzazioni mafiose, che utilizzando nuovi mezzi di comunicazione come

blog, social network o fantomatici giornali online e gettano sospetti e fango su chi l’antimafia la fa

davvero, ovvero con i fatti. Hanno avviato una campagna di delegittimazione, oltre a proseguire con

gli avvertimenti. Continuano ad arrivare buste con proiettili, croci ed altri messaggi inquietanti».

8) Dunque eravamo a settembre 2013 e Lari, vale a dire il capo della Procura che ora con quella di

Catania starebbe indagando su Montante, un anno e mezzo fa parlava di centri di potere che

ordiscono campagne di delegittimazione e discriminazione utilizzando ogni mezzo possibile e

immaginabile. Certo, non c’erano nomi e cognomi maLari, un mese dopo quelle frasi, a ottobre,

sarà alla riunione del Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza, con un ministro dell’Interno che

invece fece i nomi di coloro che si erano ribellati al racket, a partire (i nomi li ha fatti Alfano, non io

o voi) da Lo Bello eMontante. E poche settimane fa, un procuratore generale, Cardinale, metterà in

fila gli avvenimenti senza peli sulla lingua. Due più due fa ancora quattro?

Di questo incontro a Chianciano Terme, a parte le cronache locali toscane e siciliane, la grande

stampa si disinteressò, perché un annuncio di morte non è una notizia. Quelle che sgorgano dalle

menti raffinatissime – che, ripeto, siano fondate o meno – si.

Le mafie hanno memoria lunga e non basta una vita per cancellarla.

Tifo, come sempre, per la Giustizia e spero, nel nome dell’Italia onesta nella quale senza se e senza

ma mi riconosco, di sapere prestissimo la verità. I miei principi non cambieranno. Ne usciranno

rafforzati. [email protected] http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2015/02/13/antonello-montante-battaglie-ignorate-denunce-dimenticate-di-ministri-e-magistrati-e-parole-calate-dei-pentiti/

A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE FEMMINE http://tutelaariaregionesicilia.blogspot.it/2015/02/blog-post_17.html

MONTANTE, CONFINDUSTRIA E LA FINE (IN)NATURALE E MORTALE

DELLA LUNGA CORSA ALLA DELEGITTIMAZIONE

17 FEBBRAIO 2015

Ho sempre creduto nel dubbio. Lo considero il principale pregio di un giornalista. Solo il dubbio,

infatti, consente di scavare nelle verità che, a piene mani, vengono scaraventate addosso alla nostra

categoria.

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Le verità della magistratura, la verità dei partiti, la verità della politica, la verità dei pentiti, quella

dei pentiti che si pentono di essersi pentiti e poi magari si ripentono, la verità degli imprenditori che

si abbeverano alla mangiatoia pubblica e sono poi i primi a chiedere “più mercato”, la verità dei

giornalisti schierati oppure quella della quota parte di classe dirigente marcia che governa questo

Paese.

Non ho mai creduto alle verità come appaiono, quelle che Giuseppe Lombardo, pm della Dda di

Reggio Calabria chiama le “mezze verità”. Quelle pronte da “bere” come la Milano dei bei (!) tempi

che furono. Non crediate sia facile non credere alle “mezze verità”: si pagano prezzi altissimi.

Il legittimo dubbio ha fatto ritenere ad una parte della stampa che il presidente di Confindustria

Sicilia, Antonello Montante sia o possa essere effettivamente quel losco figuro che viene (o

verrebbe) dipinto da alcuni pentiti di Cosa nostra gestiti, non senza colpi di scena in fase di

evoluzione, tra la Procura di Caltanissetta e quella di Catania.

Nulla quaestio. Sarà la magistratura a tentare di provare cosa c’è di vero, cosa c’è di falso, ma

soprattutto cosa c’è in quel “mondo di sopra” che a Roma stanno ancora aspettando di scoprire,

mentre in Sicilia, così come in Calabria, è in piena evoluzione da decenni, come del resto sa chi,

come l’attuale procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, quasi 20 anni fa provò a

dimostrare, senza successo, la realtà dei sistemi criminali che corrono ben oltre un criminale

mafioso. Toccherà, eventualmente, ad un aula di Tribunale giudicare fino a eventuale terzo grado.

Il dubbio, amico di penna (ormai si può dire di mouse e pc) mi spinge a continuare a scrivere del

“caso Montante” proprio ora che toccherà alla magistratura spegnere il ventilatore che, dopo essersi

acceso mediaticamente, da qualche giorno sembra in “pausa”. Come? Chiudendo presto le indagini

(a meno che una fila di batteria non moltiplichi i 180 giorni a disposizione di ciascuno per

raccontare la propria verità e allora la graticola girerà a lungo con buona pace della Giustizia).

Sono fatto così. Quando gli altri parlano taccio. Quando gli altri tacciono, scrivo. Non mi

interessa prendere parte a contese sulla pelle dell’antimafia (ho già scritto e detto che non sta a me

difendere Montante) ma provare a capire fino in fondo esercitando e sublimando l’arte del dubbio

(si veda anche link a fondo pagina con precedente articolo) .

E così il dubbio mi porta a scavare in una parola: delegittimazione, che declino in alcune delle

varianti possibili in quel della provincia nissena.

Forse abbiamo perso di vista un fatto apparentemente secondario ma invece di primaria importanza.

Questa vicenda nasce nella culla di Cosa nostra, quel “vallone” nisseno dal quale nobiluomini

(spero si arguisca l’ironia) quali Giuseppe Genco Russo e Calogero Vizzini dettavano legge alla

Sicilia intera e apparecchiavano la tavola (rectius: le battigie) agli alleati “ammerrecani”.

In altre parole, come si direbbe nella mia amata Roma, «quando voi eravate ancora sugli alberi, noi

eravamo già froci», che tradotto vuol dire: a Cosa nostra nissena nessuno può insegnare nulla.

E nessuno, dunque, può dimenticare che nel 2007, subito dopo l’approvazione del codice etico, la

sede di Confindustria di Caltanissetta (proprio laddove nacque la rivolta contro i “prenditori”, in

casa propria, nella classe industriale siciliana) fu rivoltata come un calzino per leggere (e

fotocopiare e duplicare?) atti e documenti anche riservati. Guarda tu la vita, proprio quando, nei

tempi in cui la rivolta suonava, alcuni notabili dell’associazionismo e della vita economica nissena

erano dediti a profondissime e minuziose attività di dossieraggio ad uso di capi mafia dal colletto

bianco e dall’anima nera.

Non ricordavo a memoria – per riportarlo alla mente ho dovuto ricomporre le tessere di un puzzle

che ho ricostruito anche grazie a quella potenziale fonte che è Internet – che in questi anni, ogni

qual volta c’è stato un passo avanti decisivo della genia industriale e imprenditoriale che si è mossa

all’unisono (sarebbero dunque tutti potenziale amici di presunti amici dei mafiosi? La domanda a

me pare legittima) dietro a Lo Bello eMontante e al loro grido di rivolta contro l’omertà mafiosa (il

primo nemico di Cosa nostra è la parola, dopo vengono, di conseguenza, gli atti), c’è stata una

reazione uguale e contraria a quella alla quale pare di assistere in questi giorni. Pare: come vedete

dubito.

Un’escalation che non poteva portare (all’epoca) a omicidi per un riflesso condizionato e per una

ragione pratica. Il riflesso condizionato risiede nel fatto che ai pupi di Cosa nostra manovrati dalle

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menti raffinate sembrava impossibile ricevere un “no” a richieste che fino a quel momento non

potevano essere rifiutate (pizzo e protezione) e che addirittura sfociava in denunce in sede penale

degli affamatori aguzzini. Che succede? si saranno chiesti pupi e pupari.

La ragione pratica è che uccidere chi si opponeva a Cosa nostra tra gli imprenditori era difficile: le

scorte, che talvolta sono messe a protezione degli inutili, questa volta erano messe a disposizione di

qualcuno utile alla causa di civiltà sociale ed economica.

Bisognava fare, dunque, troppo rumore. Meglio lanciare la scia lunghissima e distillata della

delegittimazione.

Volete due-esempi-due dell’escalation diffamatoria e delegittimante di questi anni? Quando

l’imprenditore che opera nel settore dell’ambiente Giuseppe Catanzaro, attuale numero 2 di

Confindustria Sicilia, denunciò ad Agrigento i suoi carnefici, partì la crociata non contro – si badi

bene – le sue battaglie ma contro il suo passato e le presunte ombre che lo avvolgevano. Quella scia

non si è ancora spenta.

Lo schema – mutatis mutandis – si ripropose con Ivanhoe Lo Bello, attuale vicepresidente

nazionale di Confindustria, che nel 2010, stufo della cappa di omertà e ipocrisia che gravava (e

grava oggi più di ieri) su Catania, scoperchiò anche con un’intervista al Corriere della Sera il

maleodorante pentolone delle aree industriali, del movimento terra, dei trasporti e dell’edilizia. A

Palermo ci furono, in manifestazioni pubbliche, slogan, cori e striscioni contro colui il quale voleva

contribuire a cambiare, con i fatti, le cose. E i fatti (non le chiacchiere) dicono che fu Lo Bello a

mettere nero su bianco una frase sconcertate (non per chi, come me, segue l’evoluzione delle mafie)

nella nota riservata di Confindustria per il vertice nazionale della sicurezza svolto a Caltanissetta il

21 ottobre 2013 finita nelle mani del ministro dell’Interno Angelino Alfano. Con riferimento ad un

settore nel quale oggi sono ancora in piena evoluzione le indagini della magistratura, (non lo cito

per non dare vantaggi a chi deve sentire invece il fiato sul collo della Giustizia) Lo Bello scrisse

testualmente e Montante controfirmò, che «il territorio della provincia di Catania ha un ruolo

ancora più rilevante, in quanto Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra lavorano congiuntamente e

regolano il mercato a livello nazionale». Precedevano e seguivano nomi e cognomi. Quella scia non

si è ancora spenta.

Credo che la delegittimazione (l’ho scritto mille volte su questo umile e umido blog con

riferimento a tante altre vicende inquietanti) sia la culla della morte. Più della morte fisica la

delegittimazione è in grado di uccidere, perché colpisce il luogo di una vita: la purezza

dell’anima.

Ma attenzione: quando la delegittimazione fallisce dopo aver usato, nella sua escalation, armi

estreme e radicali, quando non riesce nel proprio intento e quando la corsa non si può arrestare, non

resta che la morte. Quella fisica. Quella che uccide un uomo per educare un popolo come, in Sicilia

e nel Sud, è stato troppo spesso educato.

Non sono solo io a pensarlo. A meno che nella genia dei soggetti pericolosi dell’antimafia parolaia

non rientri anche il presidente della Corte di appello di Caltanissetta, fu proprio lui, Salvatore

Cardinale, il 24 gennaio 2015, in apertura di anno giudiziario, ad affermare: «…in tal senso, da

parte degli investigatori, sono stati interpretati gli attacchi contro i nuovi vertici confindustriali

siciliani e nisseni, spesso aggrediti attraverso il metodo subdolo della diffamazione e del discredito

mediatico, e l’accentuata campagna di delegittimazione condotta a tutto campo contro vari

protagonisti dell’antimafia operativa, mirati a riprodurre una strategia della tensione che potrebbe

tradursi in azioni eclatanti. Su tale linea strategica sembrano porsi i due “avvertimenti”, uno dei

quali consumato a Caltanissetta, posti in essere contro il Presidente dell’Irsap(Alfonso Cicero,

ndr)».

Arrestate Montante, indagate Lo Bello, braccate Cicero, crocifiggete chi si è schierato per

tornaconto con loro o fate l’esatto contrario, smontate le accuse e riabilitate un corso ma, vi prego,

fatelo presto, e mi rivolgo alla magistratura, perché, senza Giustizia rapida, ci scapperà il morto. Il

primo nome è già sulla lista. Per educare un popolo. [email protected]

si legga anche http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2015/02/13/antonello-montante-battaglie-ignorate-denunce-dimenticate-di-ministri-e-magistrati-e-parole-calate-dei-pentiti/ http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2015/02/17/montante-confindustria-e-la-fine-innaturale-e-mortale-della-lunga-corsa-alla-delegittimazione/

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IL GRANDE INGANNO DELL'ANTIMAFIA SICILIANA: COSÌ L'EROE DELLA LEGALITÀ

METTE LE MANI SULL'EXPO

Montante, indagato assieme all'ex governatore Lombardo, condannato, sono i creatori di

Caltanissetta "zona franca" anti-pizzo. Tra collusioni e fiumi di soldi, tutti i paradossi di

un'impostura politica dietro la dittatura degli affari

dai nostri inviati ATTILIO BOLZONI E EMANUELE LAURIA

CALTANISSETTA - Lo sapevate che esiste una "zona franca della legalità" dove ci sono gli

abitanti più buoni e più onesti d'Italia? E lo sapevate che l'hanno fortemente voluta un governatore

condannato per mafia e un imprenditore indagato per mafia? Per capirne di più bisogna andare a

Caltanissetta, quella che è diventata la capitale dell'impostura siciliana.

Nella città dove è iniziata l'irresistibile ascesa del cavaliere Antonio Calogero Montante detto

Antonello, presidente di Confindustria Sicilia, presidente della locale Camera di commercio,

presidente di tutte le Camere di commercio dell'isola, consigliere per Banca d'Italia, delegato

nazionale di Confindustria (per la legalità, naturalmente) e membro dell'Agenzia nazionale dei beni

confiscati (unica carica dalla quale si è al momento autosospeso per un'indagine a suo carico per

concorso esterno), si può scoprire come in nome di una assai incerta antimafia si è instaurata una

sorta di dittatura degli affari. Un califfato che si estende in tutta la Sicilia ma che è nato qui, a

Caltanissetta, dove commistioni - e in alcuni casi connivenze - fra imprese e politica, impresa e

stampa, imprese e forze di polizia, imprese e magistratura, hanno ammorbato l'aria e fatto calare

una cappa irrespirabile sulla città.

UNA FINZIONE SOFFOCANTE

In Sicilia tutto si fonda su due parole magiche: legalità e antimafia. È una "legalità" costruita a

tavolino e un'"antimafia padronale" che copre operazioni politiche opache e favorisce gruppi di

interesse. Dopo la felice stagione iniziata con la "rivolta degli imprenditori" del 2007 guidata da

Ivan Lo Bello contro il racket, trasformismo e ingordigia hanno snaturato l'iniziale esperienza e una

consorteria si è impadronita di tutto.

La "zona franca" l'ha pretesa la Confindustria siciliana di Montante, l'unico "partito" che nel

governo regionale siede ininterrottamente da sei anni con un proprio rappresentante. Quando

governatore era Raffaele Lombardo - il 2 maggio del 2012 - fu istituita con un atto ufficiale la

Provincia di Caltanissetta fu riconosciuta come "zona franca della legalità". L'obiettivo era quello di

concedere benefici fiscali alle aziende che "si oppongono alle richieste estorsive della criminalità

organizzata". Previsione di spesa: 50 milioni di euro.

Lombardo, che al momento della firma era già indagato per reati di mafia, due mesi più tardi si è

dimesso e un anno dopo è stato condannato in primo grado a 6 anni e 8 mesi. Un (presunto) amico

dei boss che concede agevolazioni a chi si batte contro il racket su richiesta di chi - Montante - è

oggi a sua volta chiamato in causa da cinque pentiti per legami con le "famiglie". Trame di potere in

una Sicilia che non ha mai temuto il paradosso.

SOTTO GLI OCCHI DEL MONDO

La Confindustria di Montante ormai è ovunque. Guida l'Irsap, l'istituto che gestisce le aree

industriali siciliane, ha un peso decisivo nel business dei rifiuti e ora ha messo le mani sull'Expo.

Pochi giorni fa, l'assessore alle Attività produttive Linda Vancheri, il rappresentante di

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Confindustria nella giunta di Rosario Crocetta, ha siglato una convenzione che assegna a

Unioncamere un pacchetto di interventi per due milioni di euro. Chi guida Unioncamere in Sicilia?

Antonello Montante. Sarà lui, malgrado l'inchiesta per concorso esterno, a decidere quali

"eccellenze" siciliane del settore agro-alimentare dovranno figurare nella vetrina di Milano e in

undici stand fra porti e aeroporti dell'isola. Materia d'indagine per almeno due procure (Palermo e

Caltanissetta) e per Raffaele Cantone, il presidente dell'Authority contro la corruzione che, appena

il 16 gennaio scorso, ha annunciato che su Expo è stato avviato "il più grande controllo antimafia di

tutti i tempi".

MARKETING DI IMMAGINE

Una rete di interessi così fitta è protetta anche da una stampa a volte troppo compiacente con

Montante e i suoi amici. Al punto da proporre (l'ha fatto La Sicilia in un lungo articolo) la notizia di

una laurea honoris causa in Economia e Commercio riconosciuta dall'Università "La Sapienza"

all'imprenditore. L'ateneo ha smentito il giorno dopo. Era falso.

Nelle sue molteplici vesti istituzionali Montante ha spesso offerto un "sostegno" a mezzi

d'informazione e singoli giornalisti. Da presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta ha

erogato una pioggia di contributi, sotto la voce "azione di marketing territoriale". Ne hanno

beneficiato cronisti-scrittori, ancora prima della pubblicazione dei loro libri e testate web. Una

settimana fa Il Fatto Nisseno, uno dei siti favoriti, ha cancellato un'intervista di Michele Costa (il

figlio del procuratore ucciso a Palermo nel 1980) che manifestava perplessità sull'opportunità che

Montante - sott'inchiesta - mantenesse le sue cariche.

L'intervista è sparita nella notte "dopo devastanti pressioni". Un altro clamoroso caso riguarda un

contratto di collaborazione per due anni - 1.300 euro al mese - che Confindustria Centro Sicilia

(sempre Montante presidente) ha firmato con il responsabile delle pagine di Caltanissetta de Il

Giornale di Sicilia. Tutti episodi, quelli citati, che hanno spinto l'Ordine dei giornalisti ad aprire

un'indagine conoscitiva.

UN ALTRO PALADINO

Oltre ad Antonello Montante, c'è un altro campione dell'antimafia a Caltanissetta. Si chiama

Massimo Romano, socio e amico del Cavaliere, è il proprietario di 34 supermercati sparsi per la

Sicilia e, qualche anno fa, era già finito nelle pieghe di un'indagine sui "pizzini" di Bernardo

Provenzano molto interessato alla grande distribuzione. Romano da molto tempo siede a tavoli

istituzionali con questori e prefetti, è il presidente del Confidi (un consorzio che cede prestiti a

piccole e medie imprese) e il suo nome è scivolato in un'operazione antimafia dove il fratello

Vincenzo - secondo il giudizio dei magistrati - l'avrebbe tenuto fuori dalla faccenda delle

estorsioni "per preservarlo da possibili negative conseguenze sia di immagine che di carattere

giudiziario". Il doppio volto di Caltanissetta zona franca per la legalità.

L'IMPASTO

C'è promiscuità fra investigatori e magistrati e l'indagato di mafia Montante. A Roma e in Sicilia. A

Caltanissetta - visti i suoi rapporti intensi con Angelino Alfano che poi l'ha designato anche

all'Agenzia dei beni confiscati - Antonello Montante è riuscito, il 21 ottobre del 2013, a far

presiedere al ministro dell'Interno il comitato nazionale per l'ordine pubblico e sicurezza. Un

organismo che, solo in casi straordinari, si riunisce lontano da Roma. In Sicilia non accadeva dai

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tempi delle stragi di Falcone e Borsellino. Perché la scelta di Caltanissetta? Per farla diventare

quella che non è mai stata, cioè una roccaforte dell'antimafia.

In Sicilia e a Caltanissetta c'è una vicinanza molesta fra imprenditori e rappresentanti dello Stato (si

racconta di questori che si trasformano in tappetini al cospetto di Montante, di prefetti che hanno

ricevuto esagerate regalie), ci sono investigatori che si fanno assumere parenti e amiche dalla

cordata (è il caso di un ufficiale della Dia e di un maggiore della Finanza), ci sono uomini dei

servizi segreti che sguazzano allegramente nell'ambiente "antimafioso", c'è una prossimità

imbarazzante con molte toghe. Tanto evidente che ha portato il nuovo presidente dell'Associazione

nazionale magistrati Fernando Asaro a invitare i suoi colleghi "a una ineludibile concreta distanza

da centri di potere economici ". Più chiaro di così.

http://www.repubblica.it/cronaca/2015/02/23/news/il_grande_inganno_dell_antimafia_siciliana_cos

_l_eroe_della_legalit_mette_le_mani_sull_expo-107966853/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_23-02-

2015

17 FEBBRAIO 2015

La provocazione di Montante: "Burocrazia peggio della mafia, il pizzo si paga con un conto in

nero"

Le immagini si riferiscono all'incontro del 25 febbraio 2014 a Catania tra Confindustria e la giunta

comunale di Enzo Bianco nel corso del quale il presidente dell'associazione siciliana degli

industriali Antonello Montante – attualmente indagato per presunti contatti con i boss - parla a

lungo di mafia e burocrazia, asserendo che quest'ultima è più dannosa della mafia. E che il pizzo si

può pagare con un conto in nero (Immagini di Angelo Capuano)

LEGGI SU PALERMO.REPUBBLICA.IT

Soldi da Montante ai giornalisti, indaga l'Ordine

Montante coinvolto in due inchieste per mafia lascia i Beni confiscati

Montante, il paladino antimafia sotto inchiesta per contatti con i boss

COINVOLTO IN DUE INCHIESTE PER MAFIA, MONTANTE LASCIA L'AGENZIA PER I

BENI CONFISCATI

Il delegato per la legalità di Confindustria, presidente dell'associazione in Sicilia, si sospende

dall'incarico dopo le notizie pubblicate da Repubblica delle indagini che lo riguardano a

Caltanissetta e Catania. di EMANUELE LAURIA

Antonello Montante lascia la carica di consigliere dell'Agenzia per i beni confiscati ai boss. Una

decisione sofferta. maturata solo nelle ultime ore, dopo un frenetico giro di consultazioni. Il

presidente di Confindustria Sicilia, delegato per la legalità dell'associazione di viale

dell'Astronomia, si sospende dai vertici dell'Agenzia dopo le notizie, pubblicate da Repubblica, di

due inchieste per mafia, a Caltanissetta e Catania, che lo vedono coinvolto. A parlare di Montante

sono cinque pentiti, che raccontano di una vicinanza dell'imprenditore di Serradifalco

(Caltanissetta) con esponenti di spicco delle locali "famiglie".

Montante, in una nota, annuncia la sospensione dall'incarico nel direttivo dell'Agenzia presieduta

dal prefetto Umberto Postiglione e di cui fa parte anche il procuratore nazionale antimafia Franco

Roberti. Negli ultimi giorni anche da ambienti confindustriali era giunta a Montante la

sollecitazione a compiere questo passo: una mossa che dovrebbe servire a placare le polemiche, in

attesa di sviluppi giudiziari.

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Scrive il leader confindustriale: "È per il profondo rispetto verso tutte le istituzioni, a partire da

magistratura e forze dell’ordine, che oggi, alla luce delle notizie che ho appreso dalla stampa,

seppure sconsigliato da tanti, ho deciso di autosospendermi dal consiglio direttivo dell’Agenzia".

Montante mantiene gli incarichi all'interno di Confindustria: il comitato di presidenza di viale

dell'Astronomia mercoledì aveva ribadito la fiducia all'imprenditore, uno dei protagonisti nell'Isola

della rivolta degli industriali contro il racket: passaggio non scontato, che aveva fatto seguito al

sostegno offerto il giorno prima, a Palermo, dai vertici di Confindustria Sicilia, Ance Sicilia,

Piccola Industria e Giovani industriali dell'Isola.

Ma la questione centrale, ogni giorno di più, era diventata la permanenza di Montante nel ruolo di

consigliere dell'Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla mafia. "Montante si dovrebbe

dimettere? Non lo so, dipende da una sua sensibile valutazione ", aveva detto il prefetto Postiglione,

pur rimanendo prudente: "Nessuno è colpevole fino a che non è condannato né è costretto a

dimettersi per legge".

In un silenzio sostanziale di quasi tutti i principali partiti, Sel, grillini e Rifondazione Comunista

avevano auspicato un passo indietro di Montante. L'autosospensione, in particolare, era stata chiesta

dal vicepresidente della commissione antimafia Claudio Fava. Una decisione che Montante ha preso

stamattina.

"Mai avrei pensato – scrive Montante – di dovermi trovare un giorno in una situazione simile dopo

anni trascorsi in trincea, insieme a tanti altri imprenditori, sempre al fianco delle istituzioni. Anni

durante i quali un gruppo di giovani imprenditori siciliani ha preso coraggio e ha espulso dalla

propria associazione persone che avevano rivestito ruoli apicali negli organi associativi regionali e

che, come hanno sottolineato alti magistrati in occasioni pubbliche, grazie al metodo mafioso e a

protezioni politiche, avevano creato un sistema di potere di portata regionale se non nazionale. Anni

durante i quali abbiamo accompagnato decine di colleghi alla denuncia, sostenendoli anche nelle

aule di tribunale, anni in cui abbiamo sollecitato controlli antimafia preventivi, in alcuni casi mai

fatti prima, e ci siamo costituiti parte civile, insieme con tutte le associazioni aderenti a

Confindustria, in processi contro esponenti di spicco della criminalità organizzata".

Il presidente degli industriali siciliani parla anche dei collaboratori di giustizia che lo chiamano in

causa: "Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni - afferma

Montante - sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in

documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l'ordine e

la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo

minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. Tutto per affermare una rivoluzione

innanzitutto culturale"

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2015/02/13/news/coinvolto_in_due_inchieste_per_mafia_montante_lascia_l_agenzia_per_i_beni

_confiscati-107198186/

MONTANTE, L'INDUSTRIALE PALADINO DELL'ANTIMAFIA SOTTO INCHIESTA IN

SICILIA PER MAFIA

Leader in ascesa, presidente degli imprenditori siciliani, delegato per la legalità di Confindustria

Ora però tre pentiti lo accusano. E dal suo passato spuntano fuori amicizie compromettenti di ATTILIO BOLZONI e FRANCESCO VIVIANO

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C'È UN pezzo grosso dell'Antimafia dell'ultima ora che è finito sotto inchiesta per mafia. È uno dei

volti nuovi dell'Italia che combatte i boss, ha rapporti stretti con più di un ministro e con tanti

prefetti, è il presidente degli industriali siciliani e il delegato per la "legalità" di Confindustria. Ci

sono alcuni pentiti che parlano di lui e delle sue "pericolose frequentazioni". Come si chiuderà

questa vicenda - se c'è solo fumo o anche molto arrosto - nessuno ancora lo può dire, di sicuro

però Antonello Montante, uno dei cosiddetti paladini delle battaglie antimafia più recenti (troppo

recenti, maligna qualcuno) è al momento indagato per reati di mafia alla procura della repubblica di

Caltanissetta. All'anagrafe è registrato come Antonio Calogero Montante, ha 52 anni, è un siciliano

di Serradifalco, provincia di Caltanissetta - dove è anche presidente della locale Camera di

Commercio - ed è stato nominato Cavaliere del Lavoro nel 2008. È a capo di un impero nato negli

anni '20 del secolo scorso con una fabbrica di biciclette, è fondatore della "Msa", Mediterr Shock

Absorbers Spa, azienda di progettazione e produzione di ammortizzatori per veicoli industriali

presente in tutto il mondo.

Su di lui c'è l'inchiesta di Caltanissetta e poi ce n'è un'altra a Catania, su una denuncia presentata nei

mesi scorsi. Indagini blindatissime, sia per il "peso" del personaggio coinvolto sia per gli effetti che

le stesse indagini potrebbero provocare. Per esempio, dal 20 gennaio 2015, il governo - su

proposta del ministero dell'Interno - ha designato Montante componente dell'Agenzia dei beni

confiscati. Una postazione strategica, lì si decide il destino di patrimoni sporchi per miliardi di euro.

L'inchiesta è nella prima fase e nessuno è nelle condizioni di prevedere dove potrebbe portare, ma

fra le pieghe di questa storia ci sono già tutte le incoerenze di un'antimafia di fresca nascita - con

patenti rilasciate con assai disinvoltura - e il paradosso tutto italiano di come si possa

tranquillamente navigare da una sponda all'altra senza incertezze e contraccolpi.

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2015/02/09/news/montante_l_industriale_paladino_dell_antima

fia_sotto_inchiesta_in_sicilia_per_mafia-106867246/

COINVOLTO IN DUE INCHIESTE PER MAFIA, MONTANTE LASCIA L'AGENZIA

PER I BENI CONFISCATI

Il delegato per la legalità di Confindustria, presidente dell'associazione in Sicilia, si sospende dall'incarico dopo

le notizie pubblicate da Repubblica delle indagini che lo riguardano a Caltanissetta e Catania.

di EMANUELE LAURIA

Antonello Montante lascia la carica di consigliere dell'Agenzia per i beni confiscati ai boss. Una

decisione sofferta. maturata solo nelle ultime ore, dopo un frenetico giro di consultazioni. Il

presidente di Confindustria Sicilia, delegato per la legalità dell'associazione di viale

dell'Astronomia, si sospende dai vertici dell'Agenzia dopo le notizie, pubblicate da Repubblica, di

due inchieste per mafia, a Caltanissetta e Catania, che lo vedono coinvolto. A parlare di Montante

sono cinque pentiti, che raccontano di una vicinanza dell'imprenditore di Serradifalco

(Caltanissetta) con esponenti di spicco delle locali "famiglie".

Montante, in una nota, annuncia la sospensione dall'incarico nel direttivo dell'Agenzia presieduta

dal prefetto Umberto Postiglione e di cui fa parte anche il procuratore nazionale antimafia Franco

Roberti. Negli ultimi giorni anche da ambienti confindustriali era giunta a Montante la

sollecitazione a compiere questo passo: una mossa che dovrebbe servire a placare le polemiche, in

attesa di sviluppi giudiziari.

Scrive il leader confindustriale: "È per il profondo rispetto verso tutte le istituzioni, a partire da

magistratura e forze dell’ordine, che oggi, alla luce delle notizie che ho appreso dalla stampa,

seppure sconsigliato da tanti, ho deciso di autosospendermi dal consiglio direttivo dell’Agenzia".

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Montante mantiene gli incarichi all'interno di Confindustria: il comitato di presidenza di viale

dell'Astronomia mercoledì aveva ribadito la fiducia all'imprenditore, uno dei protagonisti nell'Isola

della rivolta degli industriali contro il racket: passaggio non scontato, che aveva fatto seguito al

sostegno offerto il giorno prima, a Palermo, dai vertici di Confindustria Sicilia, Ance Sicilia,

Piccola Industria e Giovani industriali dell'Isola.

Ma la questione centrale, ogni giorno di più, era diventata la permanenza di Montante nel ruolo di

consigliere dell'Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla mafia. "Montante si dovrebbe

dimettere? Non lo so, dipende da una sua sensibile valutazione ", aveva detto il prefetto Postiglione,

pur rimanendo prudente: "Nessuno è colpevole fino a che non è condannato né è costretto a

dimettersi per legge".

In un silenzio sostanziale di quasi tutti i principali partiti, Sel, grillini e Rifondazione Comunista

avevano auspicato un passo indietro di Montante. L'autosospensione, in particolare, era stata chiesta

dal vicepresidente della commissione antimafia Claudio Fava. Una decisione che Montante ha preso

stamattina.

"Mai avrei pensato – scrive Montante – di dovermi trovare un giorno in una situazione simile dopo

anni trascorsi in trincea, insieme a tanti altri imprenditori, sempre al fianco delle istituzioni. Anni

durante i quali un gruppo di giovani imprenditori siciliani ha preso coraggio e ha espulso dalla

propria associazione persone che avevano rivestito ruoli apicali negli organi associativi regionali e

che, come hanno sottolineato alti magistrati in occasioni pubbliche, grazie al metodo mafioso e a

protezioni politiche, avevano creato un sistema di potere di portata regionale se non nazionale. Anni

durante i quali abbiamo accompagnato decine di colleghi alla denuncia, sostenendoli anche nelle

aule di tribunale, anni in cui abbiamo sollecitato controlli antimafia preventivi, in alcuni casi mai

fatti prima, e ci siamo costituiti parte civile, insieme con tutte le associazioni aderenti a

Confindustria, in processi contro esponenti di spicco della criminalità organizzata".

Il presidente degli industriali siciliani parla anche dei collaboratori di giustizia che lo chiamano in

causa: "Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni - afferma

Montante - sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in

documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l'ordine e

la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo

minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. Tutto per affermare una rivoluzione

innanzitutto culturale"

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2015/02/13/news/coinvolto_in_due_inchieste_per_mafia_mont

ante_lascia_l_agenzia_per_i_beni_confiscati-107198186/

A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE FEMMINE

http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2015/02/il-grande-inganno-dellantimafia.html

ANTONELLO MONTANTE, BATTAGLIE (IGNORATE), DENUNCE (DIMENTICATE) DI MINISTRI E MAGISTRATI E PAROLE (CALATE) DEI

PENTITI 13 FEBBRAIO 2015

Il presidente di Confindustria Sicilia e delegato di Confindustria nazionale sui temi della

legalità Antonello Montante sarebbe accusato da alcuni pentiti di essere in contatto o vicino a

mafiosi o ad ambienti mafiosi, dai quali avrebbe ricevuto favori ricambiati.

Ora, specificato che la magistratura (di Caltanissetta e Catania che starebbero indagando) farà il suo

corso (sul quale non mi permetto di fare appunti), specificato che non mi permetto neppure di

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giudicare il lavoro dei giornalisti che hanno scritto della vicenda, specificato che dei pentiti (in

generale) mi fido da sempre quanto un piranha negli slip e quando ne ho trattato me ne sono dovuto

pentire giurando a me stesso che si fottessero tutti, ricordato che nessuno come i siciliani e i

calabresi è specializzato in “tragediate” (altresì chiamate “carrette”), specificato che non compete a

me prendere le difese di Antonello Montante (e infatti non le prendo perché lo fa da solo e/o con i

suoi avvocati), sottolineato che fino a che ci sarà democrazia e libertà di opinione, stampa, giudizio,

parola e informazione, continuerò a ragionare con il mio cervello senza guardare in faccia a

nessuno, vi sottopongo, o cari lettori di questo umile e umido blog, un mero contributo di riflessioni

ad una vicenda nelle mani sacrosante della magistratura.

1) Complimenti vivissimi alle menti raffinatissime che, da alcuni mesi, stanno distillando le fughe

di notizie sulla (o sulle) indagini e/o procedimenti penali aperti nei confronti di Montante. Gli

ambienti investigativi e giudiziari, pronti, senza scrupoli e contravvenendo ai principi costituzionali

e a quelli scritti sulla Carta europea dei diritti dell’Uomo, a indagare i giornalisti per concussione

(avete letto bene, con pene che arrivano a 7 anni di reclusione) quando danno liberamente conto di

procedimenti o indagini a loro sgradite, sono invece rapidissimi nell’allungare la manina (a chi

vogliono) con informazioni a orologeria a qualcuno congeniali. Perché vedete, sia che si tratti di

una bufala accusatoria montata ad arte (dai pentiti suddetti che ovviamente rappresenterebbero il

braccio e non certo la mente), sia che si tratti di un filone propizio per fare luce su presunti legami

impropri tra mafia e antimafia, queste fughe di notizie su indagini definite dai giornali blindatissime

(come? Blindatissime? Pensa te se non lo erano…) sono state studiate a tavolino. Sono mesi, infatti,

che si assiste ad un “distillato” di voci e sussurri su Montante.

2) Un risultato immediato, le menti raffinatissime che hanno cantato, l’hanno raggiunto: infliggere

un colpo durissimo all’antimafia. Non mi riferisco a quella dei nomi ma a quella dei fatti e dei gesti.

Ebbene, mi domando e vi domando: con quale forza e spirito in Sicilia e al Sud (ma non solo) gli

imprenditori vessati dalle mafie continueranno a bussare alle porte delle forze dell’ordine e della

stessa Confindustria per denunciare i propri maledetti carnefici mafiosi? Credetemi anche in questo

caso: proprio questo è il momento più propizio. Denunciate la mafia, perché è “merda”. Non solo

quella fatta da picciotti e capibastone ma, soprattutto, quella fatta di intelligenze al servizio del

male. Chi denuncia è sempre libero e ora più che mai, sono convinto, Forze dell’Ordine e

Confindustrie locali sono pronte ad accogliere e seminare legalità.

3) Ricordo che Francesco Cossiga chiamava il sindaco di Palermo Leoluca Orlando,Leoluca

Orlando Cascio. Lo stesso Cossiga, che ovviamente era perennemente coperto da immunità

parlamentare e/o presidenziale, nel corso di una trasmissione televisiva con Giuliano Ferrara, più di

20 anni or sono, spiegò che nella prima relazione di minoranza della Commissione Antimafia degli

anni ’70, firmata dalla vittima della mafia, onorevole Pio La Torre, ammazzato nel 1982, il padre

dell’allora onorevole Leoluca Orlando (Cascio), celebre notabile Dc, era definito il collegamento tra

la politici ed ambienti salottieri palermitani del dopoguerra dove era facile che bianco e nero si

mischiassero.

Quando, oltre 20 anni fa, conobbi Leoluca, che non ricorreva mai al doppio cognome (Orlando

Cascio), di tutto mi preoccupai tranne che di giudicarlo dalle gesta di suo padre. Ammesso e non

concesso che fossero nebulose. Un uomo politico – la stessa cosa, sublimata da poche settimane da

un elezione, si può dire per la famiglia Mattarella, di cui un membro è diventato Presidente della

Repubblica alla luce del sole e dell’ombra, visti gli attacchi rivolti ai presunti trascorsi paterni – lo

giudico dal momento e nel momento in cui fa politica, cioè si prende cura di una collettività

amministrata. Il suo passato mi interessa ma solo se serve per dimostrare nel presente e per il futuro,

coerenza con i principi e i valori nei quali io personalmente sono stato cresciuto e che insegno ai

miei due figli. Se quei valori sono contraddetti (onestà, probità, lealtà, legalità, incorruttibilità,

rispetto dei diritti e della legge e via di questo passo) me ne fotto di passato, presente e futuro.

Bene. Mutatis mutandis, lo stesso discorso vale per chi si oppone alla mafia tra gli imprenditori che

(è il caso di Montante) ricoprono anche fondamentali ruoli associazionistici.

Da quando io l’ho conosciuto (otto anni or sono iniziò la battaglia confindustriale per l’etica

d’impresa e la rivolta alla mafia prima proprio a Caltanissetta e poi su per li rami in tutta Italia) i

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comportamenti e il rigore di Montante mi sono apparsi conseguenziali a valori di dura opposizione

all’economia criminale e alla mafia sociale, che scorre a fiumi nelle varie stanze dei bottoni di una

classe dirigente sempre più corrotta. Inutile ricordare le prese di posizione (tutti dobbiamo ricordare

che è proprio la parola il primo nemico della mafia, fondata non a caso sull’omertà) ma gli atti sì: le

espulsioni dei mafiosi o dei presunti mafiosi dalle associazioni, i commissariamenti mai osati prima

di alcune Confindustrie locali (do you remember Reggio Calabria?), i protocolli d’intesa visti e

rivisti per renderli non chiacchere (di solito lo sono) ma concreti, l’azione di rinnovamento nelle

associazioni (comprese quelle camerali, o sono anche quelle frutto di comparaggio?), l’obbligo di

white list negli appalti pubblici, le zone franche per attirare INVESTIMENTI nelle province

palermitane e nissene, la legalità al centro dell’azione degli industriali, il rating di legalità per le

imprese nei confronti delle banche e degli enti appaltatori, il sostegno a quella magistratura che

finalmente ha deciso di usare il lanciafiamme contro le mafie e i sistemi criminali, le costituzioni di

Confindustria (proprio a Caltanissetta e poi ovunque) come parte civile nei processi per mafia e la

durissima lotta in Sicilia (poi ci torno) contro quei centri di potere massonico deviato/mafioso che

erano le aree di sviluppo industriale.

Figuriamoci se, quando l’ho saputo, potevo e posso giudicare le azioni di Montante per il fatto che

quando aveva 17 anni un suo testimone di nozze, venti anni dopo il matrimonio o giù di lì, da

incensurato passerà ad essere noto alla Giustizia, come suo padre che morirà poi suicida in carcere

nel 1992. Chi è senza peccato, scagli il primo testimone.

4) C’è chi, in questi giorni, si sta prodigando per srotolare “dietrologie” a giustificazione delle

presunte dichiarazioni (da riscontrare o pera della magistratura alla quale ci rimettiamo) dei pentiti

(1, 5, 10, 100, boh!) contro Montante. E’ perché è stato nominato dal Governo nella inutile (finora)

Agenzia nazionale dei beni confiscati alle mafie! E’ perché il movimento antimafia si è sempre

spaccato su tutto in Sicilia e dunque è il risultato di una guerra intestina (ma intestina a chi?)! E’

perché chi troppo vuole nulla stringe e, tranne la carica di sindaco, a Caltanissetta e a Roma ormai

lui è più di un papa! E’ perché queste cose entrano in campo mentre si giocava (ma si gioca tuttora)

la partita per occupare la poltrona di capo della Procura di Palermo! E’ perché è amico di potenti

troppo potenti in tutti i campi: dalla politica alla magistratura! E’ così o cosà, lascio che ciascuno

dica la propria (rispetto tutti a maggior ragione, e lo dico in generale, quando non sono d’accordo).

Io aborro la dietrologia e faccio, umilmente, riferimento ad un fatto, che sarà senza dubbio una

coincidenza.

Se ho ben capito il capataz degli accusatori sarebbe tal Salvatore Dario Di Francesco, che nell’area

di sviluppo industriale di Caltanissetta prestava lavoro.

Bene. Leggete quel che denunciarono il 5 giugno 2014 anche (e sottolineo anche) in Commissione

parlamentare antimafia Montante e Ivanhoe Lo Bello (vicepresidente nazionale di Confindustria) a

proposito delle Asi siciliane e non solo: «…ci troviamo, in Sicilia, in una situazione complessa, che

riguarda – voglio portarla all’attenzione della Commissione antimafia – il ruolo dei consorzi di

sviluppo industriale, che hanno dimostrato nel tempo di essere un luogo di presenza capillare e

diffusa di criminalità mafiosa. Oggi la regione ha riportato al centro i consorzi, ma il presidente dei

consorzi Asi, oggi Irsap, è oggetto di continue intimidazioni. Peraltro, da tempo ha avuto un

aumento della scorta, il secondo livello, ed è costantemente attaccato da tanti soggetti con minacce

significative, su cui voglio richiamare l’attenzione della Commissione antimafia. Mi riservo anche

di fare arrivare alla Commissione antimafia della documentazione sui temi dei consorzi di sviluppo

industriale, tema centralissimo anche nelle dinamiche nel rapporto tra cattiva impresa e sistema

mafioso» (Lo Bello).

«Abbiamo divulgato una cultura di impresa nuova, sostenendo che forse era il caso di cambiare

rotta, considerato che nel 2005 e nel 2007 i presidenti delle Confindustrie siciliane erano stati tutti

indagati o arrestati per lo stesso problema, Palermo, Caltanissetta, Enna. Il problema del consorzio

Asi si conosceva, ma non era emerso.…

…Ha parlato il mio collega dei consorzi Asi, che andavano oltre ogni immaginazione. Erano luoghi,

come le indagini e le condanne dimostrano, in cui le organizzazioni si riunivano. È un’anomalia

tutta nostra, tutta siciliana o del Mezzogiorno d’Italia. Erano cose pazzesche.

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Ricordiamo che e un imprenditore del nord, che doveva realizzare un opificio industriale,

presidente, chiedeva l’autorizzazione al comune d’appartenenza, chiedendo la concessione Pag.

17edilizia per costruirlo. Parlo della Sicilia, ma possiamo anche parlare della Calabria e di altri

luoghi. In Sicilia non era così. Bisognava andare prima al comune di appartenenza, chiedere

l’autorizzazione alla costruzione dell’opificio, parlare con tutta la commissione edilizia, senza

dimenticare nessuno, con l’ingegnere capo, ma non finiva lì.

Serviva il nulla osta del consorzio dell’area sviluppo industriale, un ente appaltante in

contrapposizione al comune d’appartenenza. All’interno del consorzio Asi c’erano un presidente, un

direttore generale, un ingegnere capo e una struttura infinita. Non lo ha citato Lo Bello, che ha fatto

grandi cose, ma lascia il ruolo a me e mi fa fare bella figura, quindi racconto io che in una due

diligence sempre a due abbiamo verificato che all’interno dei consorzi ASI c’erano insediate anche

30 aziende e il consiglio d’ammissione dello stesso consorzio era di 70 unità.

In Sicilia, ad esempio, il numero degli amministratori dei consorzi Asi era un totale di 800 persone,

con circa 500 aziende insediate, quindi non è questo il problema. Oggi abbiamo copiato modello

nazionale virtuoso. In realtà, lo ha fatto chi ha proposto la legge, in parte anche noi, e oggi un

gruppo dirigente non è sostituito da un altro gruppo dirigente: si è sostituito quel modello e 800

persone sono sostituite da 5. Questo si è verificato.

Non vi ho detto cosa fossero i consorzi Asi dentro le Asi stesse, queste aree industriali: dei

condomìni. Ho aziende da decenni al nord: ci si apre un’azienda in un’area a destinazione

industriale e si chiede l’autorizzazione solo al comune. Poi c’è da versare ogni mese una quota per il

giardinaggio esterno. Questo è un condominio, non con 30 aziende, bensì con 500 insediate.

I consorziati servivano, quindi, a controllare le aziende e poi diventavano i luoghi – parlo di

inchieste e di condanne che vediamo ogni giorno – dove si incontravano i capimafia, non di

nascosto, niente di segretato, bensì ufficialmente proprio lì nei consorzi. Facevano, quindi, riunioni

con la mafia.

Non affidavano i terreni a veri imprenditori, ma a quelli a cui serviva il terreno, lo regalavano. Sono

attive inchieste anche a Palermo, a Catania, a Caltanissetta, ad Agrigento. Non ne parliamo. Parlo,

naturalmente, sempre della Sicilia.

L’attuale presidente Cicero è stato oggetto, e la notizia è pubblica, di inquietanti attentati. Gli stessi

procuratori hanno sentito l’esigenza di esternarlo in maniera forte ricorrendo all’attività mediatica.

Questo signore o questi signori vivano in uno stato di guerra vera.

Parliamo di ordigni, di commandi interi, sei persone, fortunatamente tutte fotografate, che arrivano

con un mezzo perché volevano caricarlo o ammazzarlo. Fortunatamente, sono stati beccati dalle

telecamere e quindi è stato sventato tutto. Non stiamo parlando, quindi, di fantasie, ma di cose serie.

Queste sono le cose più grosse, poi ce sono si minori.

È saltato un sistema. Oggi le aree industriali danno a chi ha un progetto e anche subito. Oggi non ci

sono più le consulenze, i vitalizi, non c’è spartizione politica e questo, naturalmente, ha fatto saltare

i nervi. Oggi quell’organizzazione non controlla più le aziende, e quindi non sa a chi chiedere il

pizzo e a chi non chiederlo. Questo è saltato.

Questo è ciò che fa Confindustria. Ho iniziato a dire che non siamo un’associazione antiracket, ma

che dobbiamo dire al nostro associato che non gli conviene un certo comportamento. Se si è in un

sistema malato, prima o poi si finisce come in quella due diligence mia e di Lo Bello, per cui dopo

venti o trent’anni si crolla o lo Stato arriva e sequestra l’azienda o la sequestra la mafia o ti

ammazzano comunque per strada. Penso che in parte ci siamo riusciti. Il problema è culturale,

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presidente, non di azioni o di legge, ma è un problema per cui bisogna comunque un po’ ancora

forse aspettare» (Montante).

5) Il 24 gennaio 2015 il presidente della Corte di appello di Caltanissetta, Salvatore Cardinale, in

apertura di anno giudiziario dirà: «ci sono ancora boss che impartiscono ordini dal carcere e che

continuano a mantenere e ad esercitare il loro antico potere. Il periodo preso in esame, è stato

caratterizzato da intimidazioni, minacce, insinuazioni e delegittimazioni varie rivolte a magistrati,

funzionari pubblici e rappresentanti di organizzazioni private, specie quelli più esposti sul campo

dell’antimafia e della lotta all’illegalità.

Si tratta di segnali che sembrano manifestare un parziale cambiamento della strategia fin qui

perseguita del cosiddetto “inabissamento” a favore della scelta di una maggiore visibilità anche

mediatica dell’insofferenza sempre più crescente verso l’azione di contrasto che tuttora è condotta

dallo Stato e che trova l’adesione in alcuni protagonisti di un’imprenditoria libera e illuminata.

In tal senso, da parte degli investigatori, sono stati interpretati gli attacchi contro i nuovi vertici

confindustriali siciliani e nisseni, spesso aggrediti attraverso il metodo subdolo della diffamazione e

del discredito mediatico, e l’accentuata campagna di delegittimazione condotta a tutto campo contro

vari protagonisti dell’antimafia operativa, mirati a riprodurre una strategia della tensione che

potrebbe tradursi in azioni eclatanti. Su tale linea strategica sembrano porsi i due “avvertimenti”,

uno dei quali consumato a Caltanissetta, posti in essere contro il Presidente dell’Irsap».

La domanda sorge spontanea: è impazzito il procuratore generale che parla di «imprenditoria libera

e illuminata…di intimidazioni, minacce, insinuazioni, delegittimazioni, metodi subdoli e discrediti

mediatici» in corso nei confronti anche dei vertici confindustriali nisseni e siciliani oppure i pentiti?

Non dico tanto ma se avessi ricevuto io la soffiata sulle presunte indagini su Montante (a quando Lo

Bello?) questa domanda me la sarei fatta e quantomeno avrei tenuto acceso il falò del dubbio.

6) Già perché, guardate voi come è corta la memoria, il 21 ottobre 2013, a Caltanissetta, ci fu una

riunione straordinaria del Comitato nazionale per l’ordine pubblico per fronteggiare il rischio di

nuovi attentati di cui nessuno, i questi giorni, si è ricordato. Senz’altro le menti raffinatissime hanno

sperato nell’oblio.

Mai come in quei mesi, le speranze di cambiamento, descritte sui media di tutto il mondo dopo la

decisione – di Confindustria Sicilia prima e Confindustria nazionale poi – di mettere all’angolo gli

imprenditori che non denunciavano pizzo e mafie, apparivano lontane, sotto assedio e a rischio.

«A Caltanissetta è scesa in campo la squadra-Stato al massimo livello, dal Procuratore nazionale

antimafia ai vertici delle Forze dell’ordine, dai prefetti alle Dda, al Governo», disse il ministro

dell’Interno Angelino Alfano, rispondendo a chi gli chiedeva se ci fosse il rischio che Cosa nostra

alzi il tiro. «Non possiamo escludere – ha detto – che questo sia l’intendimento della mafia». Poi il

ministro ribadì sostegno e vicinanza agli imprenditori, «a cominciare da Montante e Lo Bello che si

sono ribellati al racket».

7) Ma attenzione ora ad un’altra data: il 17 settembre 2013, il Comune di Chianciano Terme

(Siena) mise sul proprio sito istituzionale foto e cronaca di un convegno sulle stragi di mafia del ’92

che si era tenuto due giorni prima nella sala Fellini delle Terme e passato sotto drammatico silenzio

a livello nazionale. Anch’esso passato nel dimenticatoio della stampa e dalla speranza di oblio delle

menti raffinatissime. «È in corso una campagna di delegittimazione da parte di centri di poteri

occulti – dichiarò in quell’occasione il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari – che mirano a

screditare chi in Sicilia combatte con i fatti malaffare e mafia. Ci sono centri di potere, collegati

sicuramente con le organizzazioni mafiose, che utilizzando nuovi mezzi di comunicazione come

blog, social network o fantomatici giornali online e gettano sospetti e fango su chi l’antimafia la fa

davvero, ovvero con i fatti. Hanno avviato una campagna di delegittimazione, oltre a proseguire con

gli avvertimenti. Continuano ad arrivare buste con proiettili, croci ed altri messaggi inquietanti».

8) Dunque eravamo a settembre 2013 e Lari, vale a dire il capo della Procura che ora con quella di

Catania starebbe indagando su Montante, un anno e mezzo fa parlava di centri di potere che

ordiscono campagne di delegittimazione e discriminazione utilizzando ogni mezzo possibile e

immaginabile. Certo, non c’erano nomi e cognomi maLari, un mese dopo quelle frasi, a ottobre,

sarà alla riunione del Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza, con un ministro dell’Interno che

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invece fece i nomi di coloro che si erano ribellati al racket, a partire (i nomi li ha fatti Alfano, non io

o voi) da Lo Bello eMontante. E poche settimane fa, un procuratore generale, Cardinale, metterà in

fila gli avvenimenti senza peli sulla lingua. Due più due fa ancora quattro?

Di questo incontro a Chianciano Terme, a parte le cronache locali toscane e siciliane, la grande

stampa si disinteressò, perché un annuncio di morte non è una notizia. Quelle che sgorgano dalle

menti raffinatissime – che, ripeto, siano fondate o meno – si.

Le mafie hanno memoria lunga e non basta una vita per cancellarla.

Tifo, come sempre, per la Giustizia e spero, nel nome dell’Italia onesta nella quale senza se e senza

ma mi riconosco, di sapere prestissimo la verità. I miei principi non cambieranno. Ne usciranno

rafforzati. [email protected] http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2015/02/13/antonello-montante-battaglie-ignorate-denunce-dimenticate-di-ministri-e-magistrati-e-parole-calate-dei-pentiti/

A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE FEMMINE http://tutelaariaregionesicilia.blogspot.it/2015/02/blog-post_17.html

CANNOVA GIANFRANCO ASCESA E DECLINO DELL'ANTIMAFIA DEGLI

AFFARI "CHE NON SI POSSONO RIFIUTARE" Giulio Ambrosetti

Un' inchiesta coinvolge la dirigenza di Confindustria Sicilia e indirettamente quei politiici antimafia

che dovevano rappresentare "il nuovo" rispetto ai vecchi "comitati d'affari". Mala gestione dei beni

sequestrati alla mafia, conflitti d'interessi alla Regione, irregolarità sull'utilizzo dei fondi europei,

privatizzazione degli aereoporti... La magistratura ultimo baluardo in difesa della legalità?

Tira un’aria pesante in questi giorni lungo l’asse Palermo-Caltanissetta-Roma. Agli incroci di mafia

e antimafia c’è un po’ di ‘traffico’. Un ingorgo da legalità ‘strillata’. Storie strane. E un’inchiesta su

presunti fatti di mafia che coinvolge il presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante,

considerato uno degli uomini di punta dell’antimafia e dell’antiracket. Si tratta di dichiarazioni di

pentiti di Cosa nostra che lo tirano in ballo. Notizie da prendere con le pinze, ovviamente. Ma il

fatto che siano venute fuori, beh, è segno che alcune ‘cose’, nell’Isola, stanno cambiando. Anche,

anzi soprattutto per chi, dal 2008, di diritto o di rovescio, esercita in Sicilia un potere pieno e,

adesso, un po’ controllato: il senatore del Megafono-Pd, Giuseppe Lumia.

E’ lui, ormai da sette lunghi anni, l’uomo politico più potente della nuova e della ‘vecchia’

Sicilia. E’ lui il garante di tanti, forse troppi accordi in bilico tra politica, economia e chissà

cos’altro ancora. A lui fa riferimento Antonello Montante, oggi sfiorato dal dubbio che dai tempi

di Crispi e di Giolitti fino ai nostri giorni illumina come un’ombra sinistra tanti politici siciliani

ascesi al soglio del potere. Dubbi che, nel caso dell’ex presidente della Regione, Totò Cuffaro, si

sono trasformati in condanna a sette anni per mafia. Dubbi che hanno accompagnato il suo

successore, Raffaele Lombardo, anche lui fulminato da una condanna di primo grado sempre per

mafia (in questi giorni dovrebbe iniziare il processo di secondo grado). Ogni storia giudiziaria, ogni

inchiesta dei magistrati inquirenti, si sa, è storia a sé. Ma è impossibile non vedere in questa vicenda

il contesto politico in cui è maturata la svolta giudiziaria che coinvolge Montante. Proviamo a

illustrarla.

In politica sono importanti i segnali. E il primo segnale sinistro è arrivato circa una settimana prima

del ‘siluro’ che ha colpito il presidente di Confindustria Sicilia. Ed è stata la scoperta che la Regione

siciliana della quale Rosario Crocetta è il presidente - anche lui, neanche a dirlo, personaggio

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legato a doppio filo al senatore Lumia - non si è costituita parte civile in un procedimento

giudiziario che coinvolge un funzionario regionale finito in manette per tangenti. Questa mancata

costituzione di parte civile da parte della Regione, stando a indiscrezioni, potrebbe essere legata al

fatto che il funzionario finito sotto processo, Gianfranco Cannova, era il responsabile del

procedimento amministrativo di importanti autorizzazioni ambientali. La firma sui

provvedimenti di autorizzazione non poteva essere la sua, perché si tratta, come già accennato, di

un funzionario e non di un dirigente.

Viene da chiedersi, a questo punto, perché hanno arrestato lui, se a firmare erano, a norma di

legge, altri dirigenti. E’ in questo scenario che si inserisce la mancata costituzione di parte civile

da parte del governo regionale di Crocetta. Con molta probabilità, dietro questa storia c’è un

comitato di affari.

E questo comitato di affari che la Regione sta cercando di proteggere non costituendosi parte

civile?

E’ Cannova non sa nulla di questa storia?

Le domande sono più che legittime, perché quello che sta succedendo è veramente strano.

In ogni caso, per il presidente Crocetta - un personaggio che, a parole, si proclama sempre

antimafioso e paladino della cultura della legalità - è una pessima figura, sia nel caso in cui avesse

semplicemente ‘dimenticato’ di costituirsi parte civile, sia nel caso in cui si dovesse venire a

scoprire che dietro questa storia c’è un comitato di affari. La cosa strana è che gli ultimi due

dirigenti che stavano sopra il funzionario regionale finito in manette non ci sono più. Il primo

- Vincenzo Sansone - è andato in pensione negli stessi giorni in cui esplodeva il ‘caso’

Cannova. Il secondo - Natale Zuccarelo - con parenti importanti nel mondo politico siciliano,

è stato trasferito negli uffici del dipartimento regionale dei Rifiuti.

Una settimana dopo lo scivolone di Crocetta (che comunque, come già accennato, non è nuovo a

questo genere di ‘stranezze’, se è vero che il suo governo, in tanti, forse troppi casi, ha ignorato le

regole sull’anticorruzione) è arrivata la ‘botta’ a Montante. Agli osservatori non sfugge che il

presidente di Confindustria Sicilia è stato chiamato a far parte dell’Agenzia per i beni confiscati

e sequestrati alla mafia. Una struttura, inventata dalla politica italiana, della cui presenza in vita i

cittadini del nostro Paese non avvertivano e non avvertono ancora oggi il bisogno.

Su questo punto è bene essere chiari. Dei beni sequestrati e confiscati alla mafia si occupa già la

magistratura. Ci sono state polemiche sul fatto che chi va a gestire questi beni - che di solito sono

avvocati e commercialisti nominati dai magistrati - non avrebbe e competenze imprenditoriali per

gestire aziende confiscate che poi, magari, falliscono. Il problema esiste. Ma non si capisce perché,

a risolverlo, dovrebbero essere soggetti nominati da una politica che spesso è collusa con la mafia.

Insomma, senza girarci tanto attorno, il dubbio, tutt’altro che campato in aria, è che la politica stia

provando a togliere ai magistrati la gestione dei beni confiscati alla mafia. E siccome sono noti i

rapporti tra mafia e politica, non è da escludere che i politici, con questo stratagemma, puntino a

restituire, sottobanco, i beni confiscati ai mafiosi o ai loro eventuali prestanome.

Nessuno, per carità!, vuole offendere i soggetti - Prefetti in testa - chiamati a gestire l’Agenzia per i

beni confiscati o sequestrati alla mafia. Le nostre sono semplici considerazioni politiche che non

coinvolgono i Prefetti. Considerazioni legate, piaccia o no, alla storia del nostro Paese. E’ un

peccato di lesa maestà ricordare - lo faceva nei primi del ‘900 Gaetano Salvemini - che Giolitti, nel

Sud d’Italia, esercitava il suo potere proprio con i Prefetti in combutta con i prepotenti e i mafiosi

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dell’epoca? E ci sono dubbi sul fatto che, in Italia, ancora una volta, l’ultimo baluardo contro

un’illegalità mai doma è rappresentato dalla magistratura?

Detto questo, la politica farebbe bene a sbaraccare subito questa inutile Agenzia per i beni confiscati

e sequestrati alla mafia. Quanto ai problemi legati alla mancata gestione imprenditoriale delle

aziende confiscate alla criminalità organizzata, beh, è sufficiente affiancare ai commercialisti e agli

avvocati imprenditori o associazioni di imprese. Ma questo deve farlo la magistratura e non i

politici attraverso un’inutile Agenzia controllata dalla politica!

Fine delle considerazioni sull’aria pesante che oggi si respira nell’Isola? Niente affatto. I

cambiamenti in corso sono ancora più profondi. Qualcuno, in Sicilia, a partire dal 1994, pensava di

essere immune da qualunque controllo di legge. E, in effetti, forse in parte è stato così. Chi scrive

ricorda un sindaco di Corleone di sinistra che in quegli anni affidava e rinnovava appalti a una

società riconducibile a parenti stretti del boss Bernardo Provenzano. Per non parlare della storia del

miliardo di vecchie lire messo a disposizione dall’Onu nel 2000. SOLDI , affidati a soggetti

dell’antimafia, di cui non si è saputo più nulla.

Tra i personaggi che hanno sempre ‘navigato’ in un’Antimafia molto discutibile c’è il già citato

senatore Lumia. Che oggi non sembra più il politico ‘irresistibile’ di un tempo. Qualcuno ha creduto

che lui e i personaggi a lui vicini non sarebbero mai stati chiamati a rispondere del proprio operato.

Forse perché ha pensato, errando di grosso, che la magistratura era assimilabile agli altri poteri dello

Stato italiano, più o meno addomesticabili. Ebbene, questo qualcuno si è sbagliato. Perché sia la

magistratura nel suo complesso (con riferimento, come vedremo, anche al Tar, sigla che sta per

Tribunale amministrativo regionale della Sicilia), sia la Corte dei Conti stanno rispondendo ai

prepotenti, ai furbi e anche ai mafiosi, vecchi e ‘nuovi’ con un solo linguaggio: quello della

legalità.

La vicenda che oggi coinvolge Montante - vicenda, lo ribadiamo, legata a dichiarazioni di pentiti

ancora tutte da verificare - arriva da lontano e, con molta probabilità, è destinata ad andare lontano.

Toccando tutti i gangli del sistema di potere che dal 2008 tiene in pugno la Sicilia. Chi scrive, già

nei primi mesi dello scorso anno, sul quotidiano on line LinkSicilia, segnalava, ad esempio, lo

strano caso di Patrizia Monterosso, segretario generale della presidenza della Regione (in

pratica, il più alto burocrate della Regione siciliana che, lo ricordiamo, in virtù della propria

Autonomia, potrebbe essere assimilato a uno Stato americano se la stessa Autonomia venisse

applicata correttamente: cosa che non avviene), e di suo marito, l’avvocato Claudio Alongi.

Con la prima che si pronunciava su un incarico del marito presso la stessa amministrazione

regionale! E con il secondo che forniva pareri legali alla moglie per fatti che riguardano la stessa

amministrazione regionale!

Entrambi in palese conflitto di interessi.

Quando abbiamo scritto queste cose ci hanno quasi presi per matti. Non ci credevano. Ma oggi

questa vicenda è diventata di dominio pubblico. E, con molta probabilità, è al vaglio delle autorità

competenti. Superfluo aggiungere che anche la Monterosso fa parte del sistema di potere del

senatore Lumia.

Il senatore Lumia - che è il vero presidente ‘ombra’ della Regione siciliana, in quanto inventore

della candidatura di Crocetta insieme con i geni dell’Udc, formazione politica in via di

decomposizione politica - comincia a perdere colpi. Ben prima del ‘siluro’ che in questi giorni ha

centrato Montante, lo stesso segretario generale della presidenza della Regione, la già citata Patrizia

Monterosso, è stata condannata dalla Corte dei Conti al pagamento di oltre un milione di euro

(€ 1.279.007,04) per fatti riguardanti il settore della formazione professionale. ( SENT. N.

401/2014 http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2014/03/blog-post_14.html )

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Un altro ‘pezzo’ importante del sistema di potere di Lumia - la dirigente generale del

dipartimento Lavoro della Regione, Anna Rosa Corsello - è stata di recente ‘bastonata’ dal

Tar Sicilia, che ha dichiarato nullo un atto amministrativo da lei confezionato (si tratta del

decreto di accreditamento degli enti di formazione, atto che avrebbe dovuto essere firmato dal

presidente della Regione e che, invece, è stato firmato dall’ex assessore regionale, Nelli

Scilabra). Il decreto dichiarato nullo dal Tar Sicilia potrebbe avere effetti dirompenti, perché

sui SOLDI già spesi sulla base di un decreto nullo la Corte dei Conti dovrebbe avviare un’azione

di responsabilità a carico dei protagonisti di questa incredibile storia (parliamo di milioni di euro).

Non solo. Sembra che, adesso, anche l’Unione europea si stia svegliando. Fino ad oggi Bruxelles,

sulla formazione professionale, ha fatto finta di non vedere violazioni incredibili. I burocrati legati

all’attuale governo regionale hanno bloccato l’assegnazione di fondi europei per rivalersi su errori

commessi nell’erogazione di fondi pubblici. Solo che i fondi erogati irregolarmente erano regionali,

mentre quelli con i quali la Regione ha provato a rivalersi erano europei. Due tipologie di fondi

pubblici non sovrapponibili.

Morale: la Regione non avrebbe dovuto bloccare l’erogazione di fondi europei per recuperare

fondi regionali erogati illegittimamente.

Ma c’è, nella gestione della formazione professionale siciliana, un’irregolarità che sta ancora più a

monte. Una storia molto più grave che Bruxelles non ha ancora sanzionato. I fondi europei, per

definizione, sono ‘addizionali’: si debbono, cioè, sommare ai fondi nazionali e regionali. La

Regione siciliana, invece, dal 2012, utilizza i fondi europei sostituendoli totalmente ai fondi

regionali. E questo non si può fare. Non a caso è in corso una class action da parte del mondo della

formazione professionale siciliana contro la Regione che, ormai da quattro anni, non si dota del

Piano formativo regionale della formazione professionale con fondi regionali, finanziando tutto con

le risorse del Fondo sociale europeo. Cosa, questa, che non si dovrebbe fare perché a vietarlo è la

stessa Unione europea che, fino ad oggi, violando leggi e regolamenti che essa stessa si è data, fa

finta di non vedere tutto quello che succede in Sicilia in questo settore, rendendosi complice di

un’irregolarità ai danni di se stessa.

Tutto questo vale per il passato e per il presente. Ma il ‘siluro’ che ha colpito Montante e il sistema

di potere del senatore Lumia riguarda anche il futuro. E’ noto a tutti che, guarda caso in questi

giorni, si è aperta la ‘caccia’ alle tre società che gestiscono gli aeroporti siciliani. Sono la Sac, che

gestisce gli aeroporti di Catania Fontanarossa e Comiso; la Gesap, che gestisce l’aeroporto

‘Falcone-Borsellino’ di Palermo; e l’Airgest, che gestisce l’aeroporto ‘Vincenzo Florio’ di Trapani.

Per motivi ‘misteriosi’ queste tre società - fino ad oggi controllate da soggetti pubblici - dovrebbero

essere privatizzate. Si tratta di società che, se gestite con oculatezza, potrebbero dare utili e

ricchezza alla collettività. Ma siccome siamo in Italia questa ricchezza se la debbono incamerare i

privati. A questo sembra che punti il governo Renzi che, non a caso, su questi e su altri argomenti è

perfettamente in linea con Berlusconi, alla faccia della sinistra che lo stesso Pd di Renzi dice di

rappresentare!

L’affare più grosso è rappresentato dall’aeroporto di Catania, il più importante della Sicilia,

destinato a diventare un hub. Non a caso su questo aeroporto si è già gettato come un falco Ivan Lo

Bello, altro esponente di Confindustria Sicilia vicino a Montante. Chi prenderà il controllo della Sac

- società per azioni oggi controllata dalle Camere di Commercio di Catania, Siracusa e Ragusa,

dall’Istituto regionale per le attività produttive e dalle Province di Catania e Siracusa - assumerà

pure la gestione dell’aeroporto di Comiso, snodo aeroportuale importante per il flusso turistico

verso il Barocco di Noto, Siracusa e Ragusa e per il trasporto cargo di tutta l’ortofrutta prodotta

nelle serre che, dal Ragusano, arrivano fino a Gela e Licata.

Un po’ meno importanti - ma non per questo da tralasciare - gli aeroporti di Palermo e Trapani.

Nella Gesap - società che, come ricordato, gestisce l’aeroporto ‘Falcone-Borsellino’ - troviamo la

Provincia di Palermo come socio di maggioranza, poi il Comune e la Camera di Commercio,

sempre di Palermo. Mentre l’Airgest fa capo per il 49 per cento alla Provincia di Trapani, per il 2

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per cento alla Camera di Commercio, sempre di Trapani, e per il restante 49 per cento a un gruppo

di privati.

Non sfugge agli osservatori che Montante, oltre che presiedere la Camera di Commercio di

Caltanissetta, è presidente dell’Unioncamere, cioè dell’Unione delle Camere di Commercio della

Sicilia. E le Camere di Commercio, in tutt’e tre le eventuali privatizzazioni delle società

aeroportuali, giocheranno un ruolo centrale. Lo stesso discorso vale per le Province siciliane, tutte

commissariate e gestite dalla stessa Regione, cioè dall’accoppiata Lumia-Crocetta…

Insomma, i conti tornano. O meglio, cominciano a non tornare per Lumia, per Montante e per

Crocetta. Tre personaggi che hanno fatto fortuna utilizzando l’antimafia come trampolino di lancio

per la politica (e per gli affari). Ma adesso tutto questo mondo sembra in difficoltà.

Una caduta che non sembra risparmiare nemmeno il numero due di Confindustria Sicilia, Giuseppe

Catanzaro, titolare della più grande discarica della Sicilia in quel di Siculiana, in provincia di

Agrigento. Sotto scacco - non a caso sempre da parte della magistratura - è finita tutta la gestione

dei rifiuti in Sicilia imperniata ancora sulle discariche. Una follia tutta siciliana che inquina

l’ambiente.

Va ricordato che quasi tutte le discariche siciliane non sono a norma di legge. Nelle discariche non

possono essere sotterrati i residui organici, cioè il cosiddetto ‘umido’ che andrebbe lavorato a parte.

Invece in quasi tutte le discariche siciliane i camion pieni di immondizia entrano, scaricano e vanno

via. Ma questo non si può fare, la legge non lo consente. E invece si fa. Ma adesso la festa sembra

finita.

Non va meglio per la gestione dell’acqua. Tutti in Sicilia sanno che, in due anni e oltre di

legislatura, il Parlamento siciliano, di fatto, ha bloccato il disegno di legge d’iniziativa popolare per

il ritorno alla gestione dell’acqua pubblica. La mafia, in Sicilia, è sempre stata contro l’acqua

pubblica. Era così ai tempi di Don Calogero Vizzini e Giuseppe Genco Russo. Ed è così anche oggi

che la mafia opera da Bruxelles, imponendo i proventi delle attività criminali nel calcolo del Pil dei

Paesi dell’Unione europea.

La mafia non vuole il ritorno all’acqua pubblica. E la politica siciliana si sta adeguando alle

‘richieste della mafia che, come insegna ‘Il Padrino’, in genere, non si possono rifiutare. Questo

spiega perché, proprio mentre scriviamo, mezza Regione siciliana è mobilitata a bloccare i tentativi

di alcuni Sindaci dell’Agrigentino di gestire l’acqua nell’interesse dei cittadini. Un esempio

‘intollerabile’…

Insomma, tutto il mondo che gira attorno a Lumia, Montante, Catanzaro, Lo Bello e Crocetta - che è

un mondo di politica legata agli affari, dall’agenzia dei beni confiscati alla mafia alla gestione della

burocrazia, dalle società aeroportuali ai rifiuti, fino all’acqua - in un modo o nell’altro non sembra

più in sintonia con una certa idea di antimafia. La Giustizia da una parte e i grandi interessi che si

scontrano, dall’altra parte, stanno disegnando in Sicilia nuovi scenari.

http://www.lavocedinewyork.com/Ascesa-e-declino-dell-Antimafia-degli-affari-che-non-si-

possono-rifiutare-/d/9843/

BATOSTA PER IL GOVERNO CROCETTA DECRETO-ACCREDITAMENTI

ANNULLATO Venerdì 30 Gennaio 2015 - 17:27 di Accursio Sabella

I giudici amministrativi hanno accolto il ricorso di decine di enti tra cui l'Anfe e lo Ial. Il decreto

dell'assessore Scilabra che stabiliva i requisiti per ottenere i finanziamenti pubblici è illegittimo:

doveva essere deliberato dalla giunta e firmato dal governatore.

PALERMO - Nuova “bacchettata” del Tar al governo Crocetta. Una bocciatura che rischia di far

esplodere il mondo della Formazione. I giudici amministrativi hanno dato ragione a una quarantina

tra enti e associazioni che avevano presentato un ricorso contro il decreto che disciplina gli

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accreditamenti nel mondo dei corsi professionali. In particolare, nei confronti del passaggio in cui si

prevede la revoca dell'accreditamento in caso di presenza di contenziosi tra l'ente e la pubblica

amministrazione. Un provvedimento che era apparso fin da subito contrario persino alle regole del

buon senso. Ma i giudici amministrativi sono andati oltre. Bocciando, di fatto, l'intero

provvedimento. Quello sulla base del quale sono stati distribuiti e sono stati tolti gli accreditamenti

agli enti. E il motivo è quasi grottesco: quel provvedimento, firmato da Nelli Scilabra, doveva

invece – stando allo Statuto – essere sottoscritto dal presidente della Regione. Uno scivolone

clamoroso.

Già alla fine del 2013, il Tar aveva accolto la richiesta di sospensiva avanzata da queste

associazioni. Con due distinti ricorsi: uno dell'Anfe Sicilia e di altre associazioni e uno di un nutrito

gruppo di enti. Enti che, come detto, si erano opposti contro le norme contenute nel decreto

assessoriale del 23 luglio 2013. Si tratta, del provvedimento che elenca i nuovi requisiti per

l’accreditamento, strumento utile per poter partecipare alla distribuzione dei contributi pubblici per

lo svolgimento dei corsi di Formazione.

In quell’atto, firmato come detto dall'allora assessore Nelli Scilabra, fra le altre cose, si inibiva

l'accreditamento a quegli enti che avessero in corso "liti" e contenziosi con l'amministrazione

regionale. Ma un primo e più grave vizio di quel decreto sta proprio nel “firmatario”. Quelle

disposizioni, infatti, precisano i giudici “hanno la caratteristica della novità, introducendo

condizioni, caratterizzate altresì dalla generalità ed astrattezza, ulteriori rispetto a quelle fino a quel

momento esistenti l’accreditamento di enti di formazione e per il mantenimento dello medesimo

status: in altri termini quelle di cui si discute si atteggiano quali vere e proprie norme di carattere

secondario rispetto la disciplina primaria”. Veri e propri regolamenti, quindi, che, stando allo

Statuto siciliano “devono essere deliberati dalla Giunta di Governo ed adottati nella forma del

Decreto Presidenziale, mentre ai singoli assessori spetta esclusivamente il potere di proporre

l’adozione di regolamenti nelle materie di rispettiva competenza. Nel caso di specie – si legge - il

decreto oggetto di impugnazione non risulta adottato in conformità al quadro normativo appena

richiamato. Conseguentemente lo stesso decreto risulta illegittimo”.

I ricorsi accolti sono due: uno è stato proposto da Asef e Anfop, associazioni che raccolgono diversi

enti, assistite dal legale Carlo Comandé. "L'aspetto importante - sottolineano dallo studio Comandé

- è che è stato annullato l'intero decreto per effetto di una contestazione preliminare fatta da noi: non

doveva essere un decreto assessoriale, ma un decreto del presidente della Regione. Il

provvedimento doveva dunque passare da un ok del Cga". L'altro è stato proposto dall'Anfe, dallo

Ial e da un'altra ventina di enti (tra questi l'Interefop, il Cufti, l'Anapia, l'Ecap di Agrigento) difesi

dagli avvocati Sebastiano Papandrea e Fulvio Ingaglio.

Oltre a una causa di illegittimità legata al mancato rispetto delle norme sul soggetto che ha la

potestà di emanare regolamenti, poi, ecco che i giudici entrano nel merito di quel passaggio relativo

all'eventuale lite pendente (od anche sopravvenuta) che, spiegano i giudici amministrativi, “non è di

per sé indice della inaffidabilità dell’impresa, potendosi la lite chiudere a favore della stessa (con

riconoscimento delle relative ragioni). Inoltre, - si legge nella sentenza - è sintomatico della non

necessaria finalizzazione alla selezione qualitativa dei partecipanti, il fatto che la clausola in esame

individui come fatti ostativi non solo le liti attuali, ma altresì quelle passate”. Una norma non solo

incomprensibile, spiegano i giudici, ma anche inutile. Non porterebbe, infatti, alcun vantaggio

all'attività amministrativa: “Una simile previsione – si legge infatti - non ha alcuna proiezione sul

terreno dell’efficacia dell’azione amministrativa, ma unicamente una evidente ed univoca finalità di

penalizzazione, dal momento che l’esercizio del diritto di difesa (principale interesse antagonista a

quello dell’amministrazione), di cui all’articolo 24 della Costituzione, sembra costituire un fatto

ostativo rispetto alla stipula di contratti con l’amministrazione intimata, anche in relazione a

vicende ormai definite ed a rapporti esauriti”. Agli enti, stando a quel passaggio indicato dal

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governatore, in quei giorni, quasi come un segno della “moralizzazione” in atto nel mondo della

Formazione, non sarebbe stato garantito il diritto di difendersi dalla Regione, visto che la

conseguenza sarebbe stata quella dell'immediata estromissione dai finanziamenti pubblici. Un

ingiustizia. E due errori in uno. La Regione scivola ancora una volta e clamorosamente. Sul terreno

insidioso della Formazione siciliana.

http://livesicilia.it/2015/01/30/formazione-nuova-batosta-per-il-governo-crocetta-il-tar-annulla-il-

decreto-sugli-accreditamenti_592101/

L'INCHIESTA SUL FLOP-DAY, ANNA ROSA CORSELLO: "AI MAGISTRATI HO

CONSEGNATO LE CARTE E SPIEGATO TUTTO" GIUSEPPE MESSINA 10 OTTOBRE 2014

FORMAZIONE E LAVORO – La documentazione fornita dall'ex dirigente generale dei

dipartimenti formazione e lavoro della regione siciliana e' adesso al vaglio della procura della

repubblica di palermo

Ci sono volute cinque ore per fare luce sulla gestione dei tirocini formativi finanziati con le risorse

del Piano Giovani e sul flop day dello scorso 5 agosto.

La dottoressa Anna Rosa Corsello, ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e Formazione

professionale ha esaminato, davanti ai magistrati della Procura della Repubblica presso il Tribunale

di Palermo, tutti gli aspetti inerenti l'attuazione del Piano Giovani e, in particolare, i tirocini

formativi 'appaltati' senza gara ad Italia Lavoro, la società del Ministero del lavoro che in Sicilia

sembra aver trovato l' 'America'.

Nel lunghissimo interrogatorio di oggi, i magistrati hanno focalizzato l'attenzione su alcuni aspetti

della vicenda che la dottoressa Corsello ha puntualmente spiegato nei minimi particolari, supportata

dall'ampia documentazione depositata. Dall'affidamento diretto alle ragioni della scelta di Italia

lavoro e delle altre società esterne alla Regione: Formez, Ett e Sviluppo Italia Sicilia. Atti

amministrativi effettuati dall'Amministrazione regionale sulla base di un'apposita delibera adottata

dalla Giunta regionale di Rosario Crocetta.

Inoltre, l'ex dirigente generale ha chiarito ai magistrati i problemi generati dall'utilizzo del sistema

informatico che, inceppatosi lo scorso 5 agosto, ha estromesso dalla candidatura e dall'incrocio con

le aziende decine di migliaia di giovani.

In particolare, la dottoressa Corsello si è soffermata sugli affidamenti diretti inerenti al sistema

informatico Silav creato per gestire le adesioni dei giovani entro i 25 anni al Piano della Garanzia

Giovani Sicilia e che hanno riguardato il collegamento con il sistema dei Centri per l'impiego. A tal

riguardo, la relazione tra i tirocini e i Centri per l'impiego è strato oggetto di confronto nel corso del

citato interrogatorio.

Lo strumento del tirocinio formativo, lo ricordiamo, è destinato ai giovani tra i 18 ed e 35 anni che

possono usufruire di un periodo di lavoro presso le aziende che ne fanno richiesta, percependo una

somma pari a 500 euro al mese per complessivi 6 mesi. All'azienda è riconosciuto un rimborso di

250 euro al mese al quale aggiungere un BONUS finale nel caso di assunzione a tempo

determinato che aumenta se il contratto è subordinato.

Sono 2000 i tirocini messi a bando in Sicilia non ancora assegnati per l'insipienza del Governo

regionale. Anche per questo - e non solo per aver lasciato senza stipendio oltre 8 mila lavoratori

della Formazione professionale - l'assessore Scilabra sarà oggetto di una mozione di censura da

parte dell'Ars.

Il flop-day dello scorso 5 agosto ha paralizzato l'attività amministrativa. L'Amministrazione

regionale sta ancora valutando se validare il click-day dello scorso 5 agosto e aprire una nuova

finestra per garantire l'accesso ai giovani.

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Dalle ultime notizie, pare che 'appatteranno le carte' assegnando i mille e 600 tirocini ai 'fortunati'

che sono riusciti a collegarsi al discusso sito, in barba ad altre decine di migliaia di giovani che non

sono riusciti a collegarsi. Così avrebbero deciso i soliti Azzeccagarbugli.

Tornando all'interrogatorio, in una nota pervenuta in redazione, Salvatore Modica, uno dei legali

della dottoressa Anna Rosa Corsello riferisce che l'interrogatorio, richiesto dall'ex dirigente

generale dei dipartimenti Lavoro Formazione professionale si è svolto in un clima di assoluta

serenità e di massima collaborazione, senza che venissero mosse specifiche accuse.

La dottoressa Corsello, prosegue la nota, ha fornito ampie e dettagliate spiegazioni in ordine agli

articolati passaggi tecnici che connotano le vicende oggetto di indagine, inchiesta condotta da

magistrati attenti e rigorosi sui quali l'ex dirigente generale ripone massima stima e fiducia farà il

proprio corso.

"Ho avuto ieri pomeriggio alle 15,30 l'incontro da me richiesto e mi sono presentata accompagnata

dai miei legali - racconta al giornale la dottoressa Corsello -. L'incontro si è svolto all'insegna della

massima collaborazione e cordialità - aggiunge - ho fornito i chiarimenti per i quali avevo chiesto di

essere sentita ed ho depositato gli atti inerenti la procedura amministrativa".

"Nulla mi è stato contestato o addebitato - ci dice l'ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e

Formazione professionale - e non ho mosso accuse nei confronti di alcuno, limitandomi a spiegare

gli atti che producevo".

"Ci sono volute cinque per consentire ai magistrati di verbalizzare i chiarimenti - sottolinea l'ex

dirigente generale dei dipartimenti Formazione e Lavoro - esclusivamente inerenti le procedure

amministrative che hanno riguardato il mio operato".

"Sono serena - conclude la dottoressa Corsello - e mi rimetto alle valutazioni dei magistrati che mi

hanno seguita con molta attenzione".

http://palermo.meridionews.it/articolo/28627/linchiesta-sul-flop-day-anna-rosa-corsello-ai-

magistrati-ho-consegnato-le-carte-e-spiegato-tutto/

L'AMARO/ LUMIA COME SCHOPENHAUER: IL MONDO È COME LO VEDI BRASIL 24 SETTEMBRE 2013

POLITICA – Non è che sottovalutiamo i politici siciliani? non è che con la fretta di giudicarli quali

ascari, tiranni ed affaristi, prendiamo qualche abbaglio? il dubbio irrompe all'improvviso. A

generarlo sono le parole pronunciate da beppe lumia, senatore del pd a roma, promotore de il

megafono in sicilia, nonché regista del governo crocetta insieme con la lobby dei "professionisti

dell'antimafia" di confindustria sicilia, nel corso della direzione regionale del pd, ancora in corso al

san paolo palace di palermo.

Non è che sottovalutiamo i politici siciliani? Non è che con la fretta di giudicarli quali ascari,

tiranni ed affaristi, prendiamo qualche abbaglio? Il dubbio irrompe all'improvviso. A generarlo

sono le parole pronunciate da Beppe Lumia, Senatore del Pd a Roma, promotore de il Megafono in

Sicilia, nonché regista del Governo Crocetta insieme con la lobby dei "professionisti dell'antimafia"

di Confindustria Sicilia, nel corso della direzione regionale del Pd, ancora in corso al San Paolo

Palace di Palermo.

Il Senatore, con la sua capacità oratoria, ha ricordato a tutti un grandissimo filosofo: Arthur

Schopenhauer e la sua opera somma: "Il mondo come volontà e rappresentazione". Di che si

tratta? Detto in maniera molto rozza (non abbiamo la saggezza degli esponenti del Megafono), in

questo capolavoro dell'intelletto umano, il filosofo tedesco sostiene che ognuno di noi percepisce la

realtà che vuole. E, in effetti, Lumia, nel suo intervento parla di cose che, evidentemente, percepisce

solo lui:

"Questo e' un partito che si isola dalla stampa nazionale e mondiale, che vede con simpatia un

Presidente per la prima volta davvero in grado di rompere col passato. I cittadini siciliani, i

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giornali, l'opinione pubblica, la classe dirigente nazionale del partito vedono il presidente Crocetta

come una grande risorsa"ha detto dinnanzi ad una platea inferocita che ha votato il documento del

segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, che propone l'abbandono della Giunta Crocetta.

Ma che giornali legge Lumia? Di quale opinione pubblica parla? E, soprattutto, dove vive? In

Sicilia, a quanto ci risulta, si parla di un Governo che si era presentato come rivoluzionario, e che

invece si è piegato ai diktati di quattro affaristi, peraltro non eletti, e si è inchinato dinnanzi a quelli

degli apparati ministeriali romani legati alle oligarchie finanziarie dell'Ue. Altro che popolo

Siciliano...

Forse, il Senatore dal doppio partito, non ha letto la seconda parte dell'opera del filosofo tedesco.

Dove spiega che vero è che la realtà fenomenica è come c'è la rappresentiamo ma che tra noi e la

vera realtà è come se vi fosse uno schermo che ce la fa vedere distorta e non come essa è

veramente: il velo di Maya di cui parla la filosofia indiana, alla quale Schopenhauer spesso si rifà.

Il 21 Settembre scorso, ricorreva l'anniversario della morte del filosofo tedesco, datata 1860. Non è

da escludere che il suo spirito stia vagando proprio in questi giorni nell'Universo, e che magari, si

è fermato anche al San Paolo Palace hotel. Ma solo per pochi secondi.

www.glialtrionline.it/2012/03/05/il-nuovismo-e-le-sue-lobby-in-sicilia-vince-il-

partito-pro-lombardo/

12 luglio 2013 - 20:29 Nuova puntata sul gruppo di Potere Crocetta-Lumia-Lo Bello-Montante che domina in Sicilia. Nel

silenzio della stampa. E mentre Fontanarossa, in mano a Confindustria, rischia di essere svenduta a

imprenditori amici, la zona industriale di Catania, retta sempre da Confindustria, va in malora. Nella

giunta Bianco, è stato Giuseppe Lumia a convincere l’ing. Luigi Bosco, ad accettare l’incarico

assessoriale in giunta. Bosco, si è notato subito, ha differenze di vedute con il sindaco su Corso dei

Martiri, una megaoperazione immobiliare al centro di Catania, che potrebbe cambiare il volto

della città per i prossimi decenni. Senza dimenticare l’Irsap che significa zone industriali, uno dei

numerosi obiettivi nel mirino della «lobby dei quattro» che continua, grazie al decisivo ruolo del

governatore di Sicilia, a tessere le fila di un’occupazione militare di posti e luoghi determinanti per

le sorti dell’Isola, di Marco Benanti

PENTITI CONTRO LEADER DI CONFINDUSTRIA: MONTANTE INDAGATO PER MAFIA

A suo carico, secondo il quotidiano la Repubblica, vi sarebbero un’inchiesta della

procura di Caltanissetta e una dell’ufficio inquirente di Catania. Originario di Serradifalco, l’imprenditore e’ titolare dell’omonima fabbrica di biciclette fondata negli anni ’20 del secolo scorso, e’ presidente della Camera di Commercio nissena e il 20

gennaio scorso è stato designato – su proposta del ministero dell’Interno – componente dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati

di Giuseppe Pipitone

È il delegato per la Legalità di Confindustria, e ha guidato gli imprenditori siciliani nella

rivoluzione contro il racket e contro Costa Nostra. Risulta però coinvolto anche in un’indagine di mafia della procura di Caltanissetta. Un vero e proprio paradosso,

quello di Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia, che, secondo l’edizione odierna di Repubblica,sarebbe sotto inchiesta per reati di mafia da parte della Procura nissena. Un’inchiesta top secret quella su Montante, indicato pochi

giorni fa dal ministero dell’Interno come componente dell’Agenzia dei beni confiscati, che gestisce le proprietà immobiliari confiscati ai boss di Cosa Nostra.

A suo carico, sempre secondo il quotidiano diretto da Ezio Mauro, ci sarebbero le dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia. Uno è Salvatore Dario Di

Francesco, mafioso di Serradifalco, lo stesso paese di Montante. Arrestato un anno fa

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dalla Squadra Mobile , Di Francesco ha iniziato a raccontare di appalti pilotati nella zona e in particolare al Consorzio Asi, l’area di sviluppo industriale, dal ’99 al 2004. Di Francesco è stato definito ‘’il collettore tra esponenti di Cosa nostra e i colletti

bianchi della provincia’’. Il pentito è “compare” del mafioso di Serradifalco Vincenzo Arnone (il padre di quest’ultimo, Paolino Arnone era un boss di Cosa nostra e si

suicidò nel carcere nisseno di Malaspina nell’autunno del ’92 dopo una retata), che è stato compare di nozze di Montante.

Una notizia già resa pubblica lo scorso anno dalla rivista I Siciliani Giovani: in rete venne diffusa una foto di Montante insieme a Vincenzo Arnone nella sede di

Assindustria nissena, scattata negli anni Ottanta, ma anche il certificato di nozze di un giovanissimo Montante – aveva solo 17 anni – insieme ai quattro testimoni. Due erano proprio Paolino e Vincenzo Arnone. Anche queste lontane conoscenze, a quanto

pare, sono confluite nell’indagine, rappresentata soprattutto dalle dichiarazioni del pentito Di Francesco. Il leader di Confindustria ha spiegato che le sue frequentazioni

con Arnone, altro non erano che legami dovuti alla comune origine paesana legata a Serradifalco.

È dalla piccola cittadina in provincia di Caltanissetta che parte la scalata imprenditoriale dei Montante, attivi già dagli anni venti con una fabbrica di biciclette.

Un marchio storico rilanciato da Antonello Montante, che è anche fondatore della Msa, Mediterr Shock Absorbers spa, un’azienda di ammortizzatori per veicoli industriali con sedi in tutto il mondo. Poi l’imprenditore nisseno inizia ad impegnarsi

anche in Confindustria: nel 2008, insieme al suo predecessore Ivan Lo Bello, è stato tra gli artefici del codice etico e della svolta anti racket degli industriali siciliani. Un

“nuovo corso” che molti hanno definito come la “rivoluzione antimafia” dell’Isola, dato che parallelamente alle denunce contro il pizzo, gli industriali emarginarono alcuni ex leader di Confindustria considerati vicini ai clan: primo tra tutti Pietro Di Vincenzo,

condannato in via definitiva a nove anni per estorsione.

“No comment, altro non posso aggiungere”. E’ quanto si è limitato a dire all’Adnkronos il Procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, interpellato sull’inchiesta per mafia a carico del Presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante. L’industriale sotto

indagine è considerato vicino a molti magistrati delle procure siciliane che in questi ultimi anni hanno creduto alla ‘’rivolta antimafia’’ dell’imprenditoria siciliana, e la sua

‘’cordata’’ ha avuto un ruolo importante nell’elezione di Rosario Crocetta a Palazzo d’Orleans. Proprio per questo l’indagine a suo carico suscita un notevole scalpore negli ambienti politici e finanziari dell’Isola. Ora che alcuni pentiti parlano delle sue

‘’pericolose frequentazioni’’, come scrive La Repubblica, i casi sono due: o qualcuno ha voluto ordire una trama per infangare il simbolo di una Sicilia che vuole cambiare,

oppure è arrivato il momento di riflettere sui possibili ‘’travestimenti dell’Antimafia’’.

http://www.loraquotidiano.it/2015/02/09/pentiti-contro-leader-di-confindustria-montante-indagato-per-mafia_24680/

NICOLÒ MARINO: LA MIA LOTTA CONTRO L’AFFAIRE “MONNEZZA” Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto. Alla fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico: “Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”. E Crocetta? “Cambiò discorso”. Ma perchè l’ha nominata assessore? “Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”

di Luciano Mirone

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11 novembre 2014 Dopo sette mesi dal suo siluramento punta il dito contro il governatore Rosario Crocetta, contro i

vertici di Confindustria Sicilia – ovvero il vice presidente Giuseppe Catanzaro e il

presidente Antonello Montante –, contro il vice presidente di Confindustria nazionale Ivan Lo

Bello, contro il senatore del Pd Giuseppe Lumia, contro alcuni funzionari regionali che avrebbero

“firmato atti palesemente illegittimi”. Tante le accuse: dal rilascio delle autorizzazioni alle

“manovre messe in atto per evitare la realizzazione delle piattaforme pubbliche per favorire le

discariche private, specie quella di Siculiana (Agrigento), gestita dal vice presidente di

Confindustria Sicilia”.

Detto e sottoscritto da Nicolò Marino, ex assessore del Governo Crocetta con delega ai Rifiuti,

all’Acqua e all’Energia, dal 12 dicembre 2012 al 14 aprile scorso.

Oggi Marino rompe un lungo silenzio e in questa intervista spiega molti retroscena legati allo

scandalo della spazzatura nell’isola. “Non sappiamo cosa c’è dentro le nostre discariche e nel nostro

sottosuolo, potrebbero anche esserci rifiuti pericolosi: in questi anni non è stato controllato nulla né

dall’Arpa, né dalle Province. Un affare gigantesco come questo non poteva lasciare indifferente la

criminalità organizzata, che a Mazzarrà Sant’Andrea, per esempio, ha scaricato l’immondizia della

Campania”.

È un fiume in piena l’ex magistrato. “Non voglio che passi il messaggio (come il presidente

Crocetta ha cercato di fare anche in questi giorni) di essermi occupato, durante il mio mandato, solo

della discarica di Siculiana per un pregiudizio nei confronti di Giuseppe Catanzaro, trascurando

quelle di Mazzarrà Sant’Andrea (nei giorni scorsi sottoposta a sequestro preventivo) e di Motta

Sant’Anastasia (anche questa formalmente chiusa)”. Un’accusa che Marino respinge al mittente

proprio nei giorni in cui – con le inchieste della magistratura e della Commissione nazionale

antimafia – i nodi dell’“affaire spazzatura” stanno venendo al pettine.

“La verità – dice Marino – è che mi sono occupato a trecentosessanta gradi del ciclo dei rifiuti,

cercando delle soluzioni finalizzate al risparmio e al bene comune”.

A difendere l’ex assessore scendono in campo i sindaci di Furnari, Mario Foti, e di Misterbianco,

Nino Di Guardo, che da anni lottano per la chiusura degli impianti di Mazzarrà e di Motta:

“Crocetta – dichiarano all’unisono – ha buttato fuori l’ex assessore Marino che stava portando

avanti una seria azione di rinnovamento e di trasparenza”.

“Va ricordato al presidente Crocetta – afferma Marino – che una delle più grosse autorizzazioni

rilasciate (3 milioni di metri cubi di volume) è stata concessa nel 2009 a favore della discarica del

vice presidente di Confindustria Sicilia”.

E poi: “Catanzaro è il primo imprenditore dell’isola a sferrare l’attacco più grave al governo

Crocetta. Quando? Quando ottenemmo il decreto legge dal governo Monti per l’emergenza rifiuti.

Al momento della conversione in legge, Catanzaro scrive, in qualità di vice presidente di

Confindustria Sicilia, al presidente della Commissione ambiente del Senato, Marinello, sostenendo

che non bisognava convertire in legge la parte di rifiuti relativa all’impiantistica, cioè alle

discariche, in quanto le esperienze del passato avevano dimostrato che l’emergenza era stata la

breccia tramite la quale erano entrati gli interessi mafiosi. Il problema è che Catanzaro aveva avuto

un’autorizzazione illegittima, e si era inserito nella gestione della discarica di Siculiana

approfittando di quell’emergenza rifiuti che lui stesso aveva stigmatizzato. In pratica Catanzaro ha

sferrato un attacco al Governo Crocetta, ma è stato protetto dallo stesso Crocetta con dichiarazioni

pubbliche anche a mio danno”.

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Perché Crocetta difende Catanzaro e attacca Marino?

“Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare

europeo e come presidente della Regione siciliana. Il governatore non vive bene la presenza di

personaggi che oscurano la sua immagine. Mantenendo la mia autonomia l’ho messo in crisi”.

Perché, dottor Marino, lei accusa anche il presidente di Confindustria?

“Mentre sono ancora assessore mi chiama il senatore del Pd Beppe Lumia, e mi dice: ‘

Quando vieni a Palermo?’.

‘Domani’.

‘Assolutamente no, ci dobbiamo vedere stasera’.

‘Beppe, sono a Catania, non posso’.

‘Allora veniamo noi: io, Antonello Montante e Ivan lo Bello’.

L’incontro avviene all’hotel Excelsior di Catania. Montante esordisce così:

‘Se vuoi fare la guerra a colpi di dossier io sono pronto, la devi smettere di mandare in giro

Ferdinando Buceti (mio capo di Gabinetto ed ex vice Questore della Polizia di Stato, nonché

appartenente alla Dia di Caltanissetta) ad acquisire informazioni sul mio conto’.

Gli rispondo: ‘Sei veramente fuori di testa. Non ho bisogno di mandare persone in giro per saperne

di più su di te, sono sufficientemente informato. Non ti permettere di fare insinuazioni di questo

tipo’.

Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza

rifiuti, prende posizione contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta

zitto.

Alla fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico:

‘Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”.

E Crocetta?

“Cambiò discorso”.

Cosa avvenne a seguito della sua inchiesta?

“Il direttore generale del dipartimento Territorio e Ambiente, dott. Gaetano Gullo, scrisse che la

situazione di Siculiana e di Motta era regolare. La cosa assurda è che questo signore, che ritengo

assolutamente incapace e inadeguato per svolgere le funzioni conferitegli, rimanga ancora al suo

posto nonostante le mie sollecitazioni a Crocetta di sollevarlo dall’incarico”.

Qual è il ruolo del senatore Lumia?

“Ha sempre sponsorizzato Catanzaro, anzi, direi che Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa

cosa”.

Perché Crocetta la nomina assessore?

“Me lo chiedo anch’io. Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero

in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse

controllarmi”.

Un’operazione di facciata?

“Alla luce di questi fatti, direi proprio di sì”.

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http://www.loraquotidiano.it/2014/11/11/nicolo-marino-la-mia-lotta-contro-l-affaire-monnezza_12086/ 12 novembre 2014

RIFIUTI, MONTANTE E LO BELLO QUERELANO NICOLÒ MARINO

Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione industriale “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dottor Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia

di Luciano Mirone

È guerra aperta fra i vertici di Confindustria e l’ex assessore ai Rifiuti del Governo Crocetta, Nicolò Marino. Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale

dell’organizzazione industriale, rispettivamente Ivan Lo Bello e Antonello Montante, “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dott. Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia,

“rinvenendosi nelle stesse contenuti gravemente diffamatori e minacciosi, oltre che riferimenti a fatti e circostanze fantasiosamente ricostruite e completamente destituite

di ogni fondamento”.

La nota diffusa dall’ufficio stampa di Confindustria Sicilia fa riferimento a

un’intervista apparsa nei due quotidiani, in cui l’ex assessore regionale ai Rifiuti, all’Acqua e all’Energia accusava soprattutto il vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro di essere stato destinatario, secondo l’ex magistrato, “di

una serie di autorizzazioni illegittime per la discarica di Siculiana (3 milioni di metri cubi di volume), che lo stesso Catanzaro gestisce”.

A parere di Marino, sarebbero state messe in atto delle “vere e proprie manovre per evitare la realizzazione delle piattaforme pubbliche (specie quella prevista a Gela) per

favorire la discarica di Siculiana, che perderebbe buona parte del suo fatturato attuale”. Marino nell’intervista tira in ballo il governatore della Sicilia Rosario

Crocetta, “protettore di Catanzaro”, ma anche il senatore del Pd Beppe Lumia (“ha sempre sponsorizzato Catanzaro”), nonché i vertici di Confindustria Lo Bello e Montante, sostenendo che “Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa

cosa”. Motivo? “Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana”.

Un’intervista durissima quella rilasciata ieri da Marino, dopo sette mesi di “guerra fredda” fra lui e il presidente della Regione, dopo il siluramento subito dall’ex

magistrato da uno degli assessorati più delicati di Palazzo d’Orleans. A difendere l’operato dell’ex assessore ai Rifiuti, in questi giorni sono scesi in campo il sindaco di

Misterbianco, Nino Di Guardo, e di Furnari, Mario Foti, che da anni lottano per la chiusura delle discariche di Motta Sant’Anastasia e di Mazzarrà Sant’Andrea: “Crocetta ha buttato fuori l’ex assessore Marino che stava portando avanti una seria azione di

rinnovamento e di trasparenza”.

La replica dei vertici di Confindustria Lo Bello e Montante non si è fatta attendere. Silenzio, Sul caso è intervenuto anche il senatore Lumia: “È singolare che l’ex assessore all’Energia e ai Rifiuti della Regione Siciliana Nicolò Marino dedicava e

continua a dedicare gran parte del suo tempo ad attaccare pubblicamente quegli imprenditori del settore che hanno denunciato Cosa nostra. Contro la mafia dei rifiuti,

invece, Marino non ha mai detto nulla. Nessuna valutazione, nessun giudizio”, ha dichiarato Lumia. “Per quanto mi riguarda – aggiunge – mi sono sempre schierato dalla parte di quegli imprenditori che rischiano la vita e che con Confindustria Sicilia

hanno fatto una scelta storica e senza precedenti contro Cosa nostra. Con questa Confindustria si dialoga e ci si confronta, con la mafia dei rifiuti no, anzi la si

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aggredisce”. “Col presidente Crocetta – spiega – non siamo mai entrati nel merito delle scelte amministrative e di gestione dei rifiuti fatte da Marino, ma non potevamo stare zitti e fermi di fronte a questo suo modo scellerato di attaccare l’impresa sana.

Semmai sono note le nostre opinioni a favore delle discariche pubbliche e contro il proliferare di quelle private”. “Quindi – conclude Lumia – Marino dovrà dar conto delle

sue affermazioni, non solo sul piano giudiziario ma anche dell’etica pubblica”.

http://www.loraquotidiano.it/2014/11/12/rifiuti-montante-bello-querelano-nicolo-

marino_12194/

MONTANTE INDAGATO PER MAFIA. E IVAN LO BELLO RESTA SOLO?

La notizia è “il Presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante indagato per mafia”. Sarà la

magistratura a stabilire la verità, ma è tutto come un “deja vu”.

Su “L’Ora Quotidiano” del 9 Febbraio 2015: “Pentiti contro leader di Confindustria: Montante

indagato per mafia“.

Una notizia bomba. Antonello Montante, infatti, oltre ad essere il Presidente di Confindustria

Sicilia, è:

Delegato nazionale di Confindustria per i problemi della legalità;

Componente dell’Agenzia Nazionale per i beni confiscati alla mafia (su designazione del Ministero

dell’Interno);

Presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta;

Presidente di Unioncamere Sicilia

È del novembre 2014 l’altra accusa. Quella che il magistrato Nicolò Marino mosse ai vertici di

Confindustria siciliana. La questione era legata alla gestione dei rifiuti e il dito era puntato sul vice

presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, ma non solo.

Marino ha indicando ciò che a suo parere costituisce un sistema di potere e di collusioni formato

da Montante, Lo Bello, Lumia (senatore PD. Poteva mancare il PD?), Catanzaro e lo stesso

Presidente della Regione Siciliana Crocetta.

Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare

europeo e come presidente della Regione siciliana.

Montante e Lo Bello hanno prontamente querelato Nicolò Marino che, però, pare non essersi affatto

intimidito. Anzi, ha rincarato la dose.

Questa Amministrazione – scrive Marino – è ben a conoscenza che nel lontano 1995 la Catanzaro

Costruzioni s.r.l. ebbe ad aggiudicarsi il servizio per la gestione della discarica di Siculiana in ATI

con la FORNI ed Impianti industriali Ing. De Bartolomeis S.p.a. di Milano (l’unica in possesso dei

requisiti per la partecipazione alla gara), questa ultima coinvolta successivamente nell’inchiesta

“TRASH” della DDA di Palermo, per vicende connesse alla turbativa d’asta in gare per discariche,

depuratori ed altri impianti di smaltimento, inchiesta culminata finanche nell’arresto del suo

direttore generale, Massimo Tronci, per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso,

risultato in rapporti di affari con RIINA Salvatore, BUSCEMI Antonio, LIPARI Giuseppe, VIRGA

Vincenzo, NANIA Filippo, BRUSCA Giovanni e SIINO Angelo1

Per inciso, Siculiana è in provincia di Agrigento. Provincia di Giuseppe Catanzaro, ma anche del

Ministro dell’Interno Angelino Alfano, lo stesso che ha nominato Montante all’Agenzia Nazionale

dei beni confiscati alla mafia.

Montante indagato per mafia. Mah!

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A proposito dell’incarico conferito da Angeli Alfano, ci sarebbe pure quel piccolo problema

sul conflitto di interessi:

È giusto insomma che uno dei membri del consiglio direttivo dell’Agenzia che assegna i beni

confiscati alle mafie sia anche uno dei più influenti soci di un ente che ha tra le sue finalità la

gestione dei beni confiscati a Cosa Nostra?

Strano destino, quello di Confindustria Sicilia.

Oggi abbiamo Montante indagato per mafia, ma dei vertici di Confindustria Sicilia ebbe già ad

interessarsi la Commissione nazionale Antimafia degli anni ’70 che, in diverse pagine, menziona

l’ing. Domenico (Mimì) La Cavera, l’allora Presidente di Confindustria Sicilia.

I suoi rapporti con l’ineffabile avvocato Vito Guarrasi di Palermo2 . Strano tipo, Vito

Guarrasi. Imparentato con Enrico Cuccia(Mediobanca).

Definito “il vero boss”, “l’avvocato dei misteri”.

Per il giudice Calia presenziò perfino alla sottoscrizione del trattato di Cassibile, rappresentando gli

interessi della mafia.

Amici inseparabili, lui e La Cavera. Insieme e con il deputato comunista Emanuele

Macaluso furono i fautori e i sostenitori della “stagione del milazzismo” in Sicilia3

Silvio Milazzo, dopo le elezioni, il 12 agosto 1959 formò un secondo governo, dove però non entrò

più il MSI. Questo secondo governo ebbe allora un sostegno variegato, dalle sinistre, ai monarchici,

ai vertici di Sicindustria, allora guidata da Domenico La Cavera che già aveva rotto con

Confindustria, fino ad esponenti vicini alla mafia.

La Cavera ebbe relazioni anche con l’altro (oltre lo stesso Guarrasi) grande attore del “Caso

Mattei”, Graziano Verzotto, e con lo stesso Enrico Mattei.

È stato uno dei promotori insieme a Vito Guarrasi e Graziano Verzotto della Sofis (ente pubblico

siciliano nato nel 1957) di cui fu nominato direttore. Il suo nome compare nelle relazioni compiute

dalla Commissione parlamentare antimafia negli anni ’70.

Ma i suoi affari in contiguità con la mafia andavano oltre:

Fu amministratore delegato della SIRAP, (società controllata dall’ESPI), coinvolta nell’indagine su

Angelo Siino, il gestore degli affari economici di Cosa Nostra

Antonello Montante e Ivan Lo Bello per Domenico La Cavera erano “i ragazzi”.

Montante e Lo Bello (e Catanzaro) son sempre andati d’amore e d’accordo. Sicilia ovest al primo e

Sicilia est al secondo.

Presidenza della Camera di Commercio di Caltanissetta al primo, quella di Siracusa al secondo.

Altre grandi Camere di Commercio siciliane (Catania e Messina) – ma anche Enna, ad esempio –

sono tenute dal Governo Crocetta in condizione di commissariamento di dubbia legittimità.

Antonello Montante indagato per mafia. Si stenta a crederlo!

Dice il deputato regionale siciliano Leanza4

Lo Bello e Montante? Sono i padroni della Sicilia

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Solo ultimamente, secondo alcune voci, si sarebbero creati dissapori tra loro, ma lingue ancor più

malevole sostengono che sia tutto “teatro”. In ballo ci sono gli accorpamenti delle Camere di

Commercio siciliane e con essi la gestione delle (s)vendite degli aeroporti siciliani.

E adesso ci si ritrova Antonello Montante indagato per mafia.

http://ilcappellopensatore.it/2015/02/montante-indagato-per-mafia-e-ivan-lo-bello-resta-solo/

http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2015/02/blog-post_11.html

CANNOVA GIANFRANCO ASCESA E DECLINO DELL'ANTIMAFIA DEGLI

AFFARI "CHE NON SI POSSONO RIFIUTARE" Giulio Ambrosetti

Un' inchiesta coinvolge la dirigenza di Confindustria Sicilia e indirettamente quei politiici antimafia

che dovevano rappresentare "il nuovo" rispetto ai vecchi "comitati d'affari". Mala gestione dei beni

sequestrati alla mafia, conflitti d'interessi alla Regione, irregolarità sull'utilizzo dei fondi europei,

privatizzazione degli aereoporti... La magistratura ultimo baluardo in difesa della legalità?

Tira un’aria pesante in questi giorni lungo l’asse Palermo-Caltanissetta-Roma. Agli incroci di mafia

e antimafia c’è un po’ di ‘traffico’. Un ingorgo da legalità ‘strillata’. Storie strane. E un’inchiesta su

presunti fatti di mafia che coinvolge il presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante,

considerato uno degli uomini di punta dell’antimafia e dell’antiracket. Si tratta di dichiarazioni di

pentiti di Cosa nostra che lo tirano in ballo. Notizie da prendere con le pinze, ovviamente. Ma il

fatto che siano venute fuori, beh, è segno che alcune ‘cose’, nell’Isola, stanno cambiando. Anche,

anzi soprattutto per chi, dal 2008, di diritto o di rovescio, esercita in Sicilia un potere pieno e,

adesso, un po’ controllato: il senatore del Megafono-Pd, Giuseppe Lumia.

E’ lui, ormai da sette lunghi anni, l’uomo politico più potente della nuova e della ‘vecchia’

Sicilia. E’ lui il garante di tanti, forse troppi accordi in bilico tra politica, economia e chissà

cos’altro ancora. A lui fa riferimento Antonello Montante, oggi sfiorato dal dubbio che dai tempi

di Crispi e di Giolitti fino ai nostri giorni illumina come un’ombra sinistra tanti politici siciliani

ascesi al soglio del potere. Dubbi che, nel caso dell’ex presidente della Regione, Totò Cuffaro, si

sono trasformati in condanna a sette anni per mafia. Dubbi che hanno accompagnato il suo

successore, Raffaele Lombardo, anche lui fulminato da una condanna di primo grado sempre per

mafia (in questi giorni dovrebbe iniziare il processo di secondo grado). Ogni storia giudiziaria, ogni

inchiesta dei magistrati inquirenti, si sa, è storia a sé. Ma è impossibile non vedere in questa vicenda

il contesto politico in cui è maturata la svolta giudiziaria che coinvolge Montante. Proviamo a

illustrarla.

In politica sono importanti i segnali. E il primo segnale sinistro è arrivato circa una settimana prima

del ‘siluro’ che ha colpito il presidente di Confindustria Sicilia. Ed è stata la scoperta che la Regione

siciliana della quale Rosario Crocetta è il presidente - anche lui, neanche a dirlo, personaggio

legato a doppio filo al senatore Lumia - non si è costituita parte civile in un procedimento

giudiziario che coinvolge un funzionario regionale finito in manette per tangenti. Questa mancata

costituzione di parte civile da parte della Regione, stando a indiscrezioni, potrebbe essere legata al

fatto che il funzionario finito sotto processo, Gianfranco Cannova, era il responsabile del

procedimento amministrativo di importanti autorizzazioni ambientali. La firma sui

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provvedimenti di autorizzazione non poteva essere la sua, perché si tratta, come già accennato, di

un funzionario e non di un dirigente.

Viene da chiedersi, a questo punto, perché hanno arrestato lui, se a firmare erano, a norma di

legge, altri dirigenti. E’ in questo scenario che si inserisce la mancata costituzione di parte civile

da parte del governo regionale di Crocetta. Con molta probabilità, dietro questa storia c’è un

comitato di affari.

E questo comitato di affari che la Regione sta cercando di proteggere non costituendosi parte

civile?

E’ Cannova non sa nulla di questa storia?

Le domande sono più che legittime, perché quello che sta succedendo è veramente strano.

In ogni caso, per il presidente Crocetta - un personaggio che, a parole, si proclama sempre

antimafioso e paladino della cultura della legalità - è una pessima figura, sia nel caso in cui avesse

semplicemente ‘dimenticato’ di costituirsi parte civile, sia nel caso in cui si dovesse venire a

scoprire che dietro questa storia c’è un comitato di affari. La cosa strana è che gli ultimi due

dirigenti che stavano sopra il funzionario regionale finito in manette non ci sono più. Il primo

- Vincenzo Sansone - è andato in pensione negli stessi giorni in cui esplodeva il ‘caso’

Cannova. Il secondo - Natale Zuccarelo - con parenti importanti nel mondo politico siciliano,

è stato trasferito negli uffici del dipartimento regionale dei Rifiuti.

Una settimana dopo lo scivolone di Crocetta (che comunque, come già accennato, non è nuovo a

questo genere di ‘stranezze’, se è vero che il suo governo, in tanti, forse troppi casi, ha ignorato le

regole sull’anticorruzione) è arrivata la ‘botta’ a Montante. Agli osservatori non sfugge che il

presidente di Confindustria Sicilia è stato chiamato a far parte dell’Agenzia per i beni confiscati

e sequestrati alla mafia. Una struttura, inventata dalla politica italiana, della cui presenza in vita i

cittadini del nostro Paese non avvertivano e non avvertono ancora oggi il bisogno.

Su questo punto è bene essere chiari. Dei beni sequestrati e confiscati alla mafia si occupa già la

magistratura. Ci sono state polemiche sul fatto che chi va a gestire questi beni - che di solito sono

avvocati e commercialisti nominati dai magistrati - non avrebbe e competenze imprenditoriali per

gestire aziende confiscate che poi, magari, falliscono. Il problema esiste. Ma non si capisce perché,

a risolverlo, dovrebbero essere soggetti nominati da una politica che spesso è collusa con la mafia.

Insomma, senza girarci tanto attorno, il dubbio, tutt’altro che campato in aria, è che la politica stia

provando a togliere ai magistrati la gestione dei beni confiscati alla mafia. E siccome sono noti i

rapporti tra mafia e politica, non è da escludere che i politici, con questo stratagemma, puntino a

restituire, sottobanco, i beni confiscati ai mafiosi o ai loro eventuali prestanome.

Nessuno, per carità!, vuole offendere i soggetti - Prefetti in testa - chiamati a gestire l’Agenzia per i

beni confiscati o sequestrati alla mafia. Le nostre sono semplici considerazioni politiche che non

coinvolgono i Prefetti. Considerazioni legate, piaccia o no, alla storia del nostro Paese. E’ un

peccato di lesa maestà ricordare - lo faceva nei primi del ‘900 Gaetano Salvemini - che Giolitti, nel

Sud d’Italia, esercitava il suo potere proprio con i Prefetti in combutta con i prepotenti e i mafiosi

dell’epoca? E ci sono dubbi sul fatto che, in Italia, ancora una volta, l’ultimo baluardo contro

un’illegalità mai doma è rappresentato dalla magistratura?

Detto questo, la politica farebbe bene a sbaraccare subito questa inutile Agenzia per i beni confiscati

e sequestrati alla mafia. Quanto ai problemi legati alla mancata gestione imprenditoriale delle

aziende confiscate alla criminalità organizzata, beh, è sufficiente affiancare ai commercialisti e agli

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avvocati imprenditori o associazioni di imprese. Ma questo deve farlo la magistratura e non i

politici attraverso un’inutile Agenzia controllata dalla politica!

Fine delle considerazioni sull’aria pesante che oggi si respira nell’Isola? Niente affatto. I

cambiamenti in corso sono ancora più profondi. Qualcuno, in Sicilia, a partire dal 1994, pensava di

essere immune da qualunque controllo di legge. E, in effetti, forse in parte è stato così. Chi scrive

ricorda un sindaco di Corleone di sinistra che in quegli anni affidava e rinnovava appalti a una

società riconducibile a parenti stretti del boss Bernardo Provenzano. Per non parlare della storia del

miliardo di vecchie lire messo a disposizione dall’Onu nel 2000. SOLDI , affidati a soggetti

dell’antimafia, di cui non si è saputo più nulla.

Tra i personaggi che hanno sempre ‘navigato’ in un’Antimafia molto discutibile c’è il già citato

senatore Lumia. Che oggi non sembra più il politico ‘irresistibile’ di un tempo. Qualcuno ha creduto

che lui e i personaggi a lui vicini non sarebbero mai stati chiamati a rispondere del proprio operato.

Forse perché ha pensato, errando di grosso, che la magistratura era assimilabile agli altri poteri dello

Stato italiano, più o meno addomesticabili. Ebbene, questo qualcuno si è sbagliato. Perché sia la

magistratura nel suo complesso (con riferimento, come vedremo, anche al Tar, sigla che sta per

Tribunale amministrativo regionale della Sicilia), sia la Corte dei Conti stanno rispondendo ai

prepotenti, ai furbi e anche ai mafiosi, vecchi e ‘nuovi’ con un solo linguaggio: quello della

legalità.

La vicenda che oggi coinvolge Montante - vicenda, lo ribadiamo, legata a dichiarazioni di pentiti

ancora tutte da verificare - arriva da lontano e, con molta probabilità, è destinata ad andare lontano.

Toccando tutti i gangli del sistema di potere che dal 2008 tiene in pugno la Sicilia. Chi scrive, già

nei primi mesi dello scorso anno, sul quotidiano on line LinkSicilia, segnalava, ad esempio, lo

strano caso di Patrizia Monterosso, segretario generale della presidenza della Regione (in

pratica, il più alto burocrate della Regione siciliana che, lo ricordiamo, in virtù della propria

Autonomia, potrebbe essere assimilato a uno Stato americano se la stessa Autonomia venisse

applicata correttamente: cosa che non avviene), e di suo marito, l’avvocato Claudio Alongi.

Con la prima che si pronunciava su un incarico del marito presso la stessa amministrazione

regionale! E con il secondo che forniva pareri legali alla moglie per fatti che riguardano la stessa

amministrazione regionale!

Entrambi in palese conflitto di interessi.

Quando abbiamo scritto queste cose ci hanno quasi presi per matti. Non ci credevano. Ma oggi

questa vicenda è diventata di dominio pubblico. E, con molta probabilità, è al vaglio delle autorità

competenti. Superfluo aggiungere che anche la Monterosso fa parte del sistema di potere del

senatore Lumia.

Il senatore Lumia - che è il vero presidente ‘ombra’ della Regione siciliana, in quanto inventore

della candidatura di Crocetta insieme con i geni dell’Udc, formazione politica in via di

decomposizione politica - comincia a perdere colpi. Ben prima del ‘siluro’ che in questi giorni ha

centrato Montante, lo stesso segretario generale della presidenza della Regione, la già citata Patrizia

Monterosso, è stata condannata dalla Corte dei Conti al pagamento di oltre un milione di euro

(€ 1.279.007,04) per fatti riguardanti il settore della formazione professionale. ( SENT. N.

401/2014 http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2014/03/blog-post_14.html )

Un altro ‘pezzo’ importante del sistema di potere di Lumia - la dirigente generale del

dipartimento Lavoro della Regione, Anna Rosa Corsello - è stata di recente ‘bastonata’ dal

Tar Sicilia, che ha dichiarato nullo un atto amministrativo da lei confezionato (si tratta del

decreto di accreditamento degli enti di formazione, atto che avrebbe dovuto essere firmato dal

presidente della Regione e che, invece, è stato firmato dall’ex assessore regionale, Nelli

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Scilabra). Il decreto dichiarato nullo dal Tar Sicilia potrebbe avere effetti dirompenti, perché

sui SOLDI già spesi sulla base di un decreto nullo la Corte dei Conti dovrebbe avviare un’azione

di responsabilità a carico dei protagonisti di questa incredibile storia (parliamo di milioni di euro).

Non solo. Sembra che, adesso, anche l’Unione europea si stia svegliando. Fino ad oggi Bruxelles,

sulla formazione professionale, ha fatto finta di non vedere violazioni incredibili. I burocrati legati

all’attuale governo regionale hanno bloccato l’assegnazione di fondi europei per rivalersi su errori

commessi nell’erogazione di fondi pubblici. Solo che i fondi erogati irregolarmente erano regionali,

mentre quelli con i quali la Regione ha provato a rivalersi erano europei. Due tipologie di fondi

pubblici non sovrapponibili.

Morale: la Regione non avrebbe dovuto bloccare l’erogazione di fondi europei per recuperare

fondi regionali erogati illegittimamente.

Ma c’è, nella gestione della formazione professionale siciliana, un’irregolarità che sta ancora più a

monte. Una storia molto più grave che Bruxelles non ha ancora sanzionato. I fondi europei, per

definizione, sono ‘addizionali’: si debbono, cioè, sommare ai fondi nazionali e regionali. La

Regione siciliana, invece, dal 2012, utilizza i fondi europei sostituendoli totalmente ai fondi

regionali. E questo non si può fare. Non a caso è in corso una class action da parte del mondo della

formazione professionale siciliana contro la Regione che, ormai da quattro anni, non si dota del

Piano formativo regionale della formazione professionale con fondi regionali, finanziando tutto con

le risorse del Fondo sociale europeo. Cosa, questa, che non si dovrebbe fare perché a vietarlo è la

stessa Unione europea che, fino ad oggi, violando leggi e regolamenti che essa stessa si è data, fa

finta di non vedere tutto quello che succede in Sicilia in questo settore, rendendosi complice di

un’irregolarità ai danni di se stessa.

Tutto questo vale per il passato e per il presente. Ma il ‘siluro’ che ha colpito Montante e il sistema

di potere del senatore Lumia riguarda anche il futuro. E’ noto a tutti che, guarda caso in questi

giorni, si è aperta la ‘caccia’ alle tre società che gestiscono gli aeroporti siciliani. Sono la Sac, che

gestisce gli aeroporti di Catania Fontanarossa e Comiso; la Gesap, che gestisce l’aeroporto

‘Falcone-Borsellino’ di Palermo; e l’Airgest, che gestisce l’aeroporto ‘Vincenzo Florio’ di Trapani.

Per motivi ‘misteriosi’ queste tre società - fino ad oggi controllate da soggetti pubblici - dovrebbero

essere privatizzate. Si tratta di società che, se gestite con oculatezza, potrebbero dare utili e

ricchezza alla collettività. Ma siccome siamo in Italia questa ricchezza se la debbono incamerare i

privati. A questo sembra che punti il governo Renzi che, non a caso, su questi e su altri argomenti è

perfettamente in linea con Berlusconi, alla faccia della sinistra che lo stesso Pd di Renzi dice di

rappresentare!

L’affare più grosso è rappresentato dall’aeroporto di Catania, il più importante della Sicilia,

destinato a diventare un hub. Non a caso su questo aeroporto si è già gettato come un falco Ivan Lo

Bello, altro esponente di Confindustria Sicilia vicino a Montante. Chi prenderà il controllo della Sac

- società per azioni oggi controllata dalle Camere di Commercio di Catania, Siracusa e Ragusa,

dall’Istituto regionale per le attività produttive e dalle Province di Catania e Siracusa - assumerà

pure la gestione dell’aeroporto di Comiso, snodo aeroportuale importante per il flusso turistico

verso il Barocco di Noto, Siracusa e Ragusa e per il trasporto cargo di tutta l’ortofrutta prodotta

nelle serre che, dal Ragusano, arrivano fino a Gela e Licata.

Un po’ meno importanti - ma non per questo da tralasciare - gli aeroporti di Palermo e Trapani.

Nella Gesap - società che, come ricordato, gestisce l’aeroporto ‘Falcone-Borsellino’ - troviamo la

Provincia di Palermo come socio di maggioranza, poi il Comune e la Camera di Commercio,

sempre di Palermo. Mentre l’Airgest fa capo per il 49 per cento alla Provincia di Trapani, per il 2

per cento alla Camera di Commercio, sempre di Trapani, e per il restante 49 per cento a un gruppo

di privati.

Non sfugge agli osservatori che Montante, oltre che presiedere la Camera di Commercio di

Caltanissetta, è presidente dell’Unioncamere, cioè dell’Unione delle Camere di Commercio della

Sicilia. E le Camere di Commercio, in tutt’e tre le eventuali privatizzazioni delle società

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aeroportuali, giocheranno un ruolo centrale. Lo stesso discorso vale per le Province siciliane, tutte

commissariate e gestite dalla stessa Regione, cioè dall’accoppiata Lumia-Crocetta…

Insomma, i conti tornano. O meglio, cominciano a non tornare per Lumia, per Montante e per

Crocetta. Tre personaggi che hanno fatto fortuna utilizzando l’antimafia come trampolino di lancio

per la politica (e per gli affari). Ma adesso tutto questo mondo sembra in difficoltà.

Una caduta che non sembra risparmiare nemmeno il numero due di Confindustria Sicilia, Giuseppe

Catanzaro, titolare della più grande discarica della Sicilia in quel di Siculiana, in provincia di

Agrigento. Sotto scacco - non a caso sempre da parte della magistratura - è finita tutta la gestione

dei rifiuti in Sicilia imperniata ancora sulle discariche. Una follia tutta siciliana che inquina

l’ambiente.

Va ricordato che quasi tutte le discariche siciliane non sono a norma di legge. Nelle discariche non

possono essere sotterrati i residui organici, cioè il cosiddetto ‘umido’ che andrebbe lavorato a parte.

Invece in quasi tutte le discariche siciliane i camion pieni di immondizia entrano, scaricano e vanno

via. Ma questo non si può fare, la legge non lo consente. E invece si fa. Ma adesso la festa sembra

finita.

Non va meglio per la gestione dell’acqua. Tutti in Sicilia sanno che, in due anni e oltre di

legislatura, il Parlamento siciliano, di fatto, ha bloccato il disegno di legge d’iniziativa popolare per

il ritorno alla gestione dell’acqua pubblica. La mafia, in Sicilia, è sempre stata contro l’acqua

pubblica. Era così ai tempi di Don Calogero Vizzini e Giuseppe Genco Russo. Ed è così anche oggi

che la mafia opera da Bruxelles, imponendo i proventi delle attività criminali nel calcolo del Pil dei

Paesi dell’Unione europea.

La mafia non vuole il ritorno all’acqua pubblica. E la politica siciliana si sta adeguando alle

‘richieste della mafia che, come insegna ‘Il Padrino’, in genere, non si possono rifiutare. Questo

spiega perché, proprio mentre scriviamo, mezza Regione siciliana è mobilitata a bloccare i tentativi

di alcuni Sindaci dell’Agrigentino di gestire l’acqua nell’interesse dei cittadini. Un esempio

‘intollerabile’…

Insomma, tutto il mondo che gira attorno a Lumia, Montante, Catanzaro, Lo Bello e Crocetta - che è

un mondo di politica legata agli affari, dall’agenzia dei beni confiscati alla mafia alla gestione della

burocrazia, dalle società aeroportuali ai rifiuti, fino all’acqua - in un modo o nell’altro non sembra

più in sintonia con una certa idea di antimafia. La Giustizia da una parte e i grandi interessi che si

scontrano, dall’altra parte, stanno disegnando in Sicilia nuovi scenari.

http://www.lavocedinewyork.com/Ascesa-e-declino-dell-Antimafia-degli-affari-che-non-si-

possono-rifiutare-/d/9843/

BATOSTA PER IL GOVERNO CROCETTA DECRETO-ACCREDITAMENTI

ANNULLATO Venerdì 30 Gennaio 2015 - 17:27 di Accursio Sabella

I giudici amministrativi hanno accolto il ricorso di decine di enti tra cui l'Anfe e lo Ial. Il decreto

dell'assessore Scilabra che stabiliva i requisiti per ottenere i finanziamenti pubblici è illegittimo:

doveva essere deliberato dalla giunta e firmato dal governatore.

PALERMO - Nuova “bacchettata” del Tar al governo Crocetta. Una bocciatura che rischia di far

esplodere il mondo della Formazione. I giudici amministrativi hanno dato ragione a una quarantina

tra enti e associazioni che avevano presentato un ricorso contro il decreto che disciplina gli

accreditamenti nel mondo dei corsi professionali. In particolare, nei confronti del passaggio in cui si

prevede la revoca dell'accreditamento in caso di presenza di contenziosi tra l'ente e la pubblica

amministrazione. Un provvedimento che era apparso fin da subito contrario persino alle regole del

buon senso. Ma i giudici amministrativi sono andati oltre. Bocciando, di fatto, l'intero

provvedimento. Quello sulla base del quale sono stati distribuiti e sono stati tolti gli accreditamenti

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agli enti. E il motivo è quasi grottesco: quel provvedimento, firmato da Nelli Scilabra, doveva

invece – stando allo Statuto – essere sottoscritto dal presidente della Regione. Uno scivolone

clamoroso.

Già alla fine del 2013, il Tar aveva accolto la richiesta di sospensiva avanzata da queste

associazioni. Con due distinti ricorsi: uno dell'Anfe Sicilia e di altre associazioni e uno di un nutrito

gruppo di enti. Enti che, come detto, si erano opposti contro le norme contenute nel decreto

assessoriale del 23 luglio 2013. Si tratta, del provvedimento che elenca i nuovi requisiti per

l’accreditamento, strumento utile per poter partecipare alla distribuzione dei contributi pubblici per

lo svolgimento dei corsi di Formazione.

In quell’atto, firmato come detto dall'allora assessore Nelli Scilabra, fra le altre cose, si inibiva

l'accreditamento a quegli enti che avessero in corso "liti" e contenziosi con l'amministrazione

regionale. Ma un primo e più grave vizio di quel decreto sta proprio nel “firmatario”. Quelle

disposizioni, infatti, precisano i giudici “hanno la caratteristica della novità, introducendo

condizioni, caratterizzate altresì dalla generalità ed astrattezza, ulteriori rispetto a quelle fino a quel

momento esistenti l’accreditamento di enti di formazione e per il mantenimento dello medesimo

status: in altri termini quelle di cui si discute si atteggiano quali vere e proprie norme di carattere

secondario rispetto la disciplina primaria”. Veri e propri regolamenti, quindi, che, stando allo

Statuto siciliano “devono essere deliberati dalla Giunta di Governo ed adottati nella forma del

Decreto Presidenziale, mentre ai singoli assessori spetta esclusivamente il potere di proporre

l’adozione di regolamenti nelle materie di rispettiva competenza. Nel caso di specie – si legge - il

decreto oggetto di impugnazione non risulta adottato in conformità al quadro normativo appena

richiamato. Conseguentemente lo stesso decreto risulta illegittimo”.

I ricorsi accolti sono due: uno è stato proposto da Asef e Anfop, associazioni che raccolgono diversi

enti, assistite dal legale Carlo Comandé. "L'aspetto importante - sottolineano dallo studio Comandé

- è che è stato annullato l'intero decreto per effetto di una contestazione preliminare fatta da noi: non

doveva essere un decreto assessoriale, ma un decreto del presidente della Regione. Il

provvedimento doveva dunque passare da un ok del Cga". L'altro è stato proposto dall'Anfe, dallo

Ial e da un'altra ventina di enti (tra questi l'Interefop, il Cufti, l'Anapia, l'Ecap di Agrigento) difesi

dagli avvocati Sebastiano Papandrea e Fulvio Ingaglio.

Oltre a una causa di illegittimità legata al mancato rispetto delle norme sul soggetto che ha la

potestà di emanare regolamenti, poi, ecco che i giudici entrano nel merito di quel passaggio relativo

all'eventuale lite pendente (od anche sopravvenuta) che, spiegano i giudici amministrativi, “non è di

per sé indice della inaffidabilità dell’impresa, potendosi la lite chiudere a favore della stessa (con

riconoscimento delle relative ragioni). Inoltre, - si legge nella sentenza - è sintomatico della non

necessaria finalizzazione alla selezione qualitativa dei partecipanti, il fatto che la clausola in esame

individui come fatti ostativi non solo le liti attuali, ma altresì quelle passate”. Una norma non solo

incomprensibile, spiegano i giudici, ma anche inutile. Non porterebbe, infatti, alcun vantaggio

all'attività amministrativa: “Una simile previsione – si legge infatti - non ha alcuna proiezione sul

terreno dell’efficacia dell’azione amministrativa, ma unicamente una evidente ed univoca finalità di

penalizzazione, dal momento che l’esercizio del diritto di difesa (principale interesse antagonista a

quello dell’amministrazione), di cui all’articolo 24 della Costituzione, sembra costituire un fatto

ostativo rispetto alla stipula di contratti con l’amministrazione intimata, anche in relazione a

vicende ormai definite ed a rapporti esauriti”. Agli enti, stando a quel passaggio indicato dal

governatore, in quei giorni, quasi come un segno della “moralizzazione” in atto nel mondo della

Formazione, non sarebbe stato garantito il diritto di difendersi dalla Regione, visto che la

conseguenza sarebbe stata quella dell'immediata estromissione dai finanziamenti pubblici. Un

ingiustizia. E due errori in uno. La Regione scivola ancora una volta e clamorosamente. Sul terreno

insidioso della Formazione siciliana.

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http://livesicilia.it/2015/01/30/formazione-nuova-batosta-per-il-governo-crocetta-il-tar-annulla-il-

decreto-sugli-accreditamenti_592101/

L'INCHIESTA SUL FLOP-DAY, ANNA ROSA CORSELLO: "AI MAGISTRATI HO

CONSEGNATO LE CARTE E SPIEGATO TUTTO" GIUSEPPE MESSINA 10 OTTOBRE 2014

FORMAZIONE E LAVORO – La documentazione fornita dall'ex dirigente generale dei

dipartimenti formazione e lavoro della regione siciliana e' adesso al vaglio della procura della

repubblica di palermo

Ci sono volute cinque ore per fare luce sulla gestione dei tirocini formativi finanziati con le risorse

del Piano Giovani e sul flop day dello scorso 5 agosto.

La dottoressa Anna Rosa Corsello, ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e Formazione

professionale ha esaminato, davanti ai magistrati della Procura della Repubblica presso il Tribunale

di Palermo, tutti gli aspetti inerenti l'attuazione del Piano Giovani e, in particolare, i tirocini

formativi 'appaltati' senza gara ad Italia Lavoro, la società del Ministero del lavoro che in Sicilia

sembra aver trovato l' 'America'.

Nel lunghissimo interrogatorio di oggi, i magistrati hanno focalizzato l'attenzione su alcuni aspetti

della vicenda che la dottoressa Corsello ha puntualmente spiegato nei minimi particolari, supportata

dall'ampia documentazione depositata. Dall'affidamento diretto alle ragioni della scelta di Italia

lavoro e delle altre società esterne alla Regione: Formez, Ett e Sviluppo Italia Sicilia. Atti

amministrativi effettuati dall'Amministrazione regionale sulla base di un'apposita delibera adottata

dalla Giunta regionale di Rosario Crocetta.

Inoltre, l'ex dirigente generale ha chiarito ai magistrati i problemi generati dall'utilizzo del sistema

informatico che, inceppatosi lo scorso 5 agosto, ha estromesso dalla candidatura e dall'incrocio con

le aziende decine di migliaia di giovani.

In particolare, la dottoressa Corsello si è soffermata sugli affidamenti diretti inerenti al sistema

informatico Silav creato per gestire le adesioni dei giovani entro i 25 anni al Piano della Garanzia

Giovani Sicilia e che hanno riguardato il collegamento con il sistema dei Centri per l'impiego. A tal

riguardo, la relazione tra i tirocini e i Centri per l'impiego è strato oggetto di confronto nel corso del

citato interrogatorio.

Lo strumento del tirocinio formativo, lo ricordiamo, è destinato ai giovani tra i 18 ed e 35 anni che

possono usufruire di un periodo di lavoro presso le aziende che ne fanno richiesta, percependo una

somma pari a 500 euro al mese per complessivi 6 mesi. All'azienda è riconosciuto un rimborso di

250 euro al mese al quale aggiungere un BONUS finale nel caso di assunzione a tempo

determinato che aumenta se il contratto è subordinato.

Sono 2000 i tirocini messi a bando in Sicilia non ancora assegnati per l'insipienza del Governo

regionale. Anche per questo - e non solo per aver lasciato senza stipendio oltre 8 mila lavoratori

della Formazione professionale - l'assessore Scilabra sarà oggetto di una mozione di censura da

parte dell'Ars.

Il flop-day dello scorso 5 agosto ha paralizzato l'attività amministrativa. L'Amministrazione

regionale sta ancora valutando se validare il click-day dello scorso 5 agosto e aprire una nuova

finestra per garantire l'accesso ai giovani.

Dalle ultime notizie, pare che 'appatteranno le carte' assegnando i mille e 600 tirocini ai 'fortunati'

che sono riusciti a collegarsi al discusso sito, in barba ad altre decine di migliaia di giovani che non

sono riusciti a collegarsi. Così avrebbero deciso i soliti Azzeccagarbugli.

Tornando all'interrogatorio, in una nota pervenuta in redazione, Salvatore Modica, uno dei legali

della dottoressa Anna Rosa Corsello riferisce che l'interrogatorio, richiesto dall'ex dirigente

generale dei dipartimenti Lavoro Formazione professionale si è svolto in un clima di assoluta

serenità e di massima collaborazione, senza che venissero mosse specifiche accuse.

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La dottoressa Corsello, prosegue la nota, ha fornito ampie e dettagliate spiegazioni in ordine agli

articolati passaggi tecnici che connotano le vicende oggetto di indagine, inchiesta condotta da

magistrati attenti e rigorosi sui quali l'ex dirigente generale ripone massima stima e fiducia farà il

proprio corso.

"Ho avuto ieri pomeriggio alle 15,30 l'incontro da me richiesto e mi sono presentata accompagnata

dai miei legali - racconta al giornale la dottoressa Corsello -. L'incontro si è svolto all'insegna della

massima collaborazione e cordialità - aggiunge - ho fornito i chiarimenti per i quali avevo chiesto di

essere sentita ed ho depositato gli atti inerenti la procedura amministrativa".

"Nulla mi è stato contestato o addebitato - ci dice l'ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e

Formazione professionale - e non ho mosso accuse nei confronti di alcuno, limitandomi a spiegare

gli atti che producevo".

"Ci sono volute cinque per consentire ai magistrati di verbalizzare i chiarimenti - sottolinea l'ex

dirigente generale dei dipartimenti Formazione e Lavoro - esclusivamente inerenti le procedure

amministrative che hanno riguardato il mio operato".

"Sono serena - conclude la dottoressa Corsello - e mi rimetto alle valutazioni dei magistrati che mi

hanno seguita con molta attenzione".

http://palermo.meridionews.it/articolo/28627/linchiesta-sul-flop-day-anna-rosa-corsello-ai-

magistrati-ho-consegnato-le-carte-e-spiegato-tutto/

L'AMARO/ LUMIA COME SCHOPENHAUER: IL MONDO È COME LO VEDI BRASIL 24 SETTEMBRE 2013

POLITICA – Non è che sottovalutiamo i politici siciliani? non è che con la fretta di giudicarli quali

ascari, tiranni ed affaristi, prendiamo qualche abbaglio? il dubbio irrompe all'improvviso. A

generarlo sono le parole pronunciate da beppe lumia, senatore del pd a roma, promotore de il

megafono in sicilia, nonché regista del governo crocetta insieme con la lobby dei "professionisti

dell'antimafia" di confindustria sicilia, nel corso della direzione regionale del pd, ancora in corso al

san paolo palace di palermo.

Non è che sottovalutiamo i politici siciliani? Non è che con la fretta di giudicarli quali ascari,

tiranni ed affaristi, prendiamo qualche abbaglio? Il dubbio irrompe all'improvviso. A generarlo

sono le parole pronunciate da Beppe Lumia, Senatore del Pd a Roma, promotore de il Megafono in

Sicilia, nonché regista del Governo Crocetta insieme con la lobby dei "professionisti dell'antimafia"

di Confindustria Sicilia, nel corso della direzione regionale del Pd, ancora in corso al San Paolo

Palace di Palermo.

Il Senatore, con la sua capacità oratoria, ha ricordato a tutti un grandissimo filosofo: Arthur

Schopenhauer e la sua opera somma: "Il mondo come volontà e rappresentazione". Di che si

tratta? Detto in maniera molto rozza (non abbiamo la saggezza degli esponenti del Megafono), in

questo capolavoro dell'intelletto umano, il filosofo tedesco sostiene che ognuno di noi percepisce la

realtà che vuole. E, in effetti, Lumia, nel suo intervento parla di cose che, evidentemente, percepisce

solo lui:

"Questo e' un partito che si isola dalla stampa nazionale e mondiale, che vede con simpatia un

Presidente per la prima volta davvero in grado di rompere col passato. I cittadini siciliani, i

giornali, l'opinione pubblica, la classe dirigente nazionale del partito vedono il presidente Crocetta

come una grande risorsa"ha detto dinnanzi ad una platea inferocita che ha votato il documento del

segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, che propone l'abbandono della Giunta Crocetta.

Ma che giornali legge Lumia? Di quale opinione pubblica parla? E, soprattutto, dove vive? In

Sicilia, a quanto ci risulta, si parla di un Governo che si era presentato come rivoluzionario, e che

invece si è piegato ai diktati di quattro affaristi, peraltro non eletti, e si è inchinato dinnanzi a quelli

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degli apparati ministeriali romani legati alle oligarchie finanziarie dell'Ue. Altro che popolo

Siciliano...

Forse, il Senatore dal doppio partito, non ha letto la seconda parte dell'opera del filosofo tedesco.

Dove spiega che vero è che la realtà fenomenica è come c'è la rappresentiamo ma che tra noi e la

vera realtà è come se vi fosse uno schermo che ce la fa vedere distorta e non come essa è

veramente: il velo di Maya di cui parla la filosofia indiana, alla quale Schopenhauer spesso si rifà.

Il 21 Settembre scorso, ricorreva l'anniversario della morte del filosofo tedesco, datata 1860. Non è

da escludere che il suo spirito stia vagando proprio in questi giorni nell'Universo, e che magari, si

è fermato anche al San Paolo Palace hotel. Ma solo per pochi secondi.

www.glialtrionline.it/2012/03/05/il-nuovismo-e-le-sue-lobby-in-sicilia-vince-il-

partito-pro-lombardo/

12 luglio 2013 - 20:29 Nuova puntata sul gruppo di Potere Crocetta-Lumia-Lo Bello-Montante che domina in Sicilia. Nel

silenzio della stampa. E mentre Fontanarossa, in mano a Confindustria, rischia di essere svenduta a

imprenditori amici, la zona industriale di Catania, retta sempre da Confindustria, va in malora. Nella

giunta Bianco, è stato Giuseppe Lumia a convincere l’ing. Luigi Bosco, ad accettare l’incarico

assessoriale in giunta. Bosco, si è notato subito, ha differenze di vedute con il sindaco su Corso dei

Martiri, una megaoperazione immobiliare al centro di Catania, che potrebbe cambiare il volto

della città per i prossimi decenni. Senza dimenticare l’Irsap che significa zone industriali, uno dei

numerosi obiettivi nel mirino della «lobby dei quattro» che continua, grazie al decisivo ruolo del

governatore di Sicilia, a tessere le fila di un’occupazione militare di posti e luoghi determinanti per

le sorti dell’Isola, di Marco Benanti

PENTITI CONTRO LEADER DI CONFINDUSTRIA: MONTANTE INDAGATO PER MAFIA

A suo carico, secondo il quotidiano la Repubblica, vi sarebbero un’inchiesta della

procura di Caltanissetta e una dell’ufficio inquirente di Catania. Originario di Serradifalco, l’imprenditore e’ titolare dell’omonima fabbrica di biciclette fondata negli

anni ’20 del secolo scorso, e’ presidente della Camera di Commercio nissena e il 20 gennaio scorso è stato designato – su proposta del ministero dell’Interno – componente dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati

di Giuseppe Pipitone

È il delegato per la Legalità di Confindustria, e ha guidato gli imprenditori siciliani nella

rivoluzione contro il racket e contro Costa Nostra. Risulta però coinvolto anche in un’indagine di mafia della procura di Caltanissetta. Un vero e proprio paradosso,

quello di Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia, che, secondo l’edizione odierna di Repubblica,sarebbe sotto inchiesta per reati di mafia da parte della Procura nissena. Un’inchiesta top secret quella su Montante, indicato pochi

giorni fa dal ministero dell’Interno come componente dell’Agenzia dei beni confiscati, che gestisce le proprietà immobiliari confiscati ai boss di Cosa Nostra.

A suo carico, sempre secondo il quotidiano diretto da Ezio Mauro, ci sarebbero le dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia. Uno è Salvatore Dario Di

Francesco, mafioso di Serradifalco, lo stesso paese di Montante. Arrestato un anno fa dalla Squadra Mobile , Di Francesco ha iniziato a raccontare di appalti pilotati nella

zona e in particolare al Consorzio Asi, l’area di sviluppo industriale, dal ’99 al 2004. Di Francesco è stato definito ‘’il collettore tra esponenti di Cosa nostra e i colletti bianchi della provincia’’. Il pentito è “compare” del mafioso di Serradifalco Vincenzo

Arnone (il padre di quest’ultimo, Paolino Arnone era un boss di Cosa nostra e si

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suicidò nel carcere nisseno di Malaspina nell’autunno del ’92 dopo una retata), che è stato compare di nozze di Montante.

Una notizia già resa pubblica lo scorso anno dalla rivista I Siciliani Giovani: in rete venne diffusa una foto di Montante insieme a Vincenzo Arnone nella sede di

Assindustria nissena, scattata negli anni Ottanta, ma anche il certificato di nozze di un giovanissimo Montante – aveva solo 17 anni – insieme ai quattro testimoni. Due erano proprio Paolino e Vincenzo Arnone. Anche queste lontane conoscenze, a quanto

pare, sono confluite nell’indagine, rappresentata soprattutto dalle dichiarazioni del pentito Di Francesco. Il leader di Confindustria ha spiegato che le sue frequentazioni

con Arnone, altro non erano che legami dovuti alla comune origine paesana legata a Serradifalco.

È dalla piccola cittadina in provincia di Caltanissetta che parte la scalata imprenditoriale dei Montante, attivi già dagli anni venti con una fabbrica di biciclette.

Un marchio storico rilanciato da Antonello Montante, che è anche fondatore della Msa, Mediterr Shock Absorbers spa, un’azienda di ammortizzatori per veicoli industriali con sedi in tutto il mondo. Poi l’imprenditore nisseno inizia ad impegnarsi

anche in Confindustria: nel 2008, insieme al suo predecessore Ivan Lo Bello, è stato tra gli artefici del codice etico e della svolta anti racket degli industriali siciliani. Un

“nuovo corso” che molti hanno definito come la “rivoluzione antimafia” dell’Isola, dato che parallelamente alle denunce contro il pizzo, gli industriali emarginarono alcuni ex leader di Confindustria considerati vicini ai clan: primo tra tutti Pietro Di Vincenzo,

condannato in via definitiva a nove anni per estorsione.

“No comment, altro non posso aggiungere”. E’ quanto si è limitato a dire all’Adnkronos il Procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, interpellato sull’inchiesta per mafia a carico del Presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante. L’industriale sotto

indagine è considerato vicino a molti magistrati delle procure siciliane che in questi ultimi anni hanno creduto alla ‘’rivolta antimafia’’ dell’imprenditoria siciliana, e la sua

‘’cordata’’ ha avuto un ruolo importante nell’elezione di Rosario Crocetta a Palazzo d’Orleans. Proprio per questo l’indagine a suo carico suscita un notevole scalpore negli ambienti politici e finanziari dell’Isola. Ora che alcuni pentiti parlano delle sue

‘’pericolose frequentazioni’’, come scrive La Repubblica, i casi sono due: o qualcuno ha voluto ordire una trama per infangare il simbolo di una Sicilia che vuole cambiare,

oppure è arrivato il momento di riflettere sui possibili ‘’travestimenti dell’Antimafia’’.

http://www.loraquotidiano.it/2015/02/09/pentiti-contro-leader-di-confindustria-montante-indagato-per-mafia_24680/

NICOLÒ MARINO: LA MIA LOTTA CONTRO L’AFFAIRE “MONNEZZA” Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto. Alla fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico: “Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”. E Crocetta? “Cambiò discorso”. Ma perchè l’ha nominata assessore? “Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”

di Luciano Mirone

11 novembre 2014 Dopo sette mesi dal suo siluramento punta il dito contro il governatore Rosario Crocetta, contro i

vertici di Confindustria Sicilia – ovvero il vice presidente Giuseppe Catanzaro e il

presidente Antonello Montante –, contro il vice presidente di Confindustria nazionale Ivan Lo

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Bello, contro il senatore del Pd Giuseppe Lumia, contro alcuni funzionari regionali che avrebbero

“firmato atti palesemente illegittimi”. Tante le accuse: dal rilascio delle autorizzazioni alle

“manovre messe in atto per evitare la realizzazione delle piattaforme pubbliche per favorire le

discariche private, specie quella di Siculiana (Agrigento), gestita dal vice presidente di

Confindustria Sicilia”.

Detto e sottoscritto da Nicolò Marino, ex assessore del Governo Crocetta con delega ai Rifiuti,

all’Acqua e all’Energia, dal 12 dicembre 2012 al 14 aprile scorso.

Oggi Marino rompe un lungo silenzio e in questa intervista spiega molti retroscena legati allo

scandalo della spazzatura nell’isola. “Non sappiamo cosa c’è dentro le nostre discariche e nel nostro

sottosuolo, potrebbero anche esserci rifiuti pericolosi: in questi anni non è stato controllato nulla né

dall’Arpa, né dalle Province. Un affare gigantesco come questo non poteva lasciare indifferente la

criminalità organizzata, che a Mazzarrà Sant’Andrea, per esempio, ha scaricato l’immondizia della

Campania”.

È un fiume in piena l’ex magistrato. “Non voglio che passi il messaggio (come il presidente

Crocetta ha cercato di fare anche in questi giorni) di essermi occupato, durante il mio mandato, solo

della discarica di Siculiana per un pregiudizio nei confronti di Giuseppe Catanzaro, trascurando

quelle di Mazzarrà Sant’Andrea (nei giorni scorsi sottoposta a sequestro preventivo) e di Motta

Sant’Anastasia (anche questa formalmente chiusa)”. Un’accusa che Marino respinge al mittente

proprio nei giorni in cui – con le inchieste della magistratura e della Commissione nazionale

antimafia – i nodi dell’“affaire spazzatura” stanno venendo al pettine.

“La verità – dice Marino – è che mi sono occupato a trecentosessanta gradi del ciclo dei rifiuti,

cercando delle soluzioni finalizzate al risparmio e al bene comune”.

A difendere l’ex assessore scendono in campo i sindaci di Furnari, Mario Foti, e di Misterbianco,

Nino Di Guardo, che da anni lottano per la chiusura degli impianti di Mazzarrà e di Motta:

“Crocetta – dichiarano all’unisono – ha buttato fuori l’ex assessore Marino che stava portando

avanti una seria azione di rinnovamento e di trasparenza”.

“Va ricordato al presidente Crocetta – afferma Marino – che una delle più grosse autorizzazioni

rilasciate (3 milioni di metri cubi di volume) è stata concessa nel 2009 a favore della discarica del

vice presidente di Confindustria Sicilia”.

E poi: “Catanzaro è il primo imprenditore dell’isola a sferrare l’attacco più grave al governo

Crocetta. Quando? Quando ottenemmo il decreto legge dal governo Monti per l’emergenza rifiuti.

Al momento della conversione in legge, Catanzaro scrive, in qualità di vice presidente di

Confindustria Sicilia, al presidente della Commissione ambiente del Senato, Marinello, sostenendo

che non bisognava convertire in legge la parte di rifiuti relativa all’impiantistica, cioè alle

discariche, in quanto le esperienze del passato avevano dimostrato che l’emergenza era stata la

breccia tramite la quale erano entrati gli interessi mafiosi. Il problema è che Catanzaro aveva avuto

un’autorizzazione illegittima, e si era inserito nella gestione della discarica di Siculiana

approfittando di quell’emergenza rifiuti che lui stesso aveva stigmatizzato. In pratica Catanzaro ha

sferrato un attacco al Governo Crocetta, ma è stato protetto dallo stesso Crocetta con dichiarazioni

pubbliche anche a mio danno”.

Perché Crocetta difende Catanzaro e attacca Marino?

“Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare

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europeo e come presidente della Regione siciliana. Il governatore non vive bene la presenza di

personaggi che oscurano la sua immagine. Mantenendo la mia autonomia l’ho messo in crisi”.

Perché, dottor Marino, lei accusa anche il presidente di Confindustria?

“Mentre sono ancora assessore mi chiama il senatore del Pd Beppe Lumia, e mi dice: ‘

Quando vieni a Palermo?’.

‘Domani’.

‘Assolutamente no, ci dobbiamo vedere stasera’.

‘Beppe, sono a Catania, non posso’.

‘Allora veniamo noi: io, Antonello Montante e Ivan lo Bello’.

L’incontro avviene all’hotel Excelsior di Catania. Montante esordisce così:

‘Se vuoi fare la guerra a colpi di dossier io sono pronto, la devi smettere di mandare in giro

Ferdinando Buceti (mio capo di Gabinetto ed ex vice Questore della Polizia di Stato, nonché

appartenente alla Dia di Caltanissetta) ad acquisire informazioni sul mio conto’.

Gli rispondo: ‘Sei veramente fuori di testa. Non ho bisogno di mandare persone in giro per saperne

di più su di te, sono sufficientemente informato. Non ti permettere di fare insinuazioni di questo

tipo’.

Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza

rifiuti, prende posizione contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta

zitto.

Alla fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico:

‘Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”.

E Crocetta?

“Cambiò discorso”.

Cosa avvenne a seguito della sua inchiesta?

“Il direttore generale del dipartimento Territorio e Ambiente, dott. Gaetano Gullo, scrisse che la

situazione di Siculiana e di Motta era regolare. La cosa assurda è che questo signore, che ritengo

assolutamente incapace e inadeguato per svolgere le funzioni conferitegli, rimanga ancora al suo

posto nonostante le mie sollecitazioni a Crocetta di sollevarlo dall’incarico”.

Qual è il ruolo del senatore Lumia?

“Ha sempre sponsorizzato Catanzaro, anzi, direi che Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa

cosa”.

Perché Crocetta la nomina assessore?

“Me lo chiedo anch’io. Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero

in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse

controllarmi”.

Un’operazione di facciata?

“Alla luce di questi fatti, direi proprio di sì”.

http://www.loraquotidiano.it/2014/11/11/nicolo-marino-la-mia-lotta-contro-l-affaire-monnezza_12086/ 12 novembre 2014

RIFIUTI, MONTANTE E LO BELLO QUERELANO NICOLÒ MARINO

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Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione industriale “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dottor Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia

di Luciano Mirone

È guerra aperta fra i vertici di Confindustria e l’ex assessore ai Rifiuti del Governo Crocetta, Nicolò Marino. Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale

dell’organizzazione industriale, rispettivamente Ivan Lo Bello e Antonello Montante, “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dott. Marino, in

relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia, “rinvenendosi nelle stesse contenuti gravemente diffamatori e minacciosi, oltre che riferimenti a fatti e circostanze fantasiosamente ricostruite e completamente destituite

di ogni fondamento”.

La nota diffusa dall’ufficio stampa di Confindustria Sicilia fa riferimento a un’intervista apparsa nei due quotidiani, in cui l’ex assessore regionale ai Rifiuti, all’Acqua e all’Energia accusava soprattutto il vice presidente di Confindustria

Sicilia, Giuseppe Catanzaro di essere stato destinatario, secondo l’ex magistrato, “di una serie di autorizzazioni illegittime per la discarica di Siculiana (3 milioni di metri

cubi di volume), che lo stesso Catanzaro gestisce”.

A parere di Marino, sarebbero state messe in atto delle “vere e proprie manovre per

evitare la realizzazione delle piattaforme pubbliche (specie quella prevista a Gela) per favorire la discarica di Siculiana, che perderebbe buona parte del suo fatturato

attuale”. Marino nell’intervista tira in ballo il governatore della Sicilia Rosario Crocetta, “protettore di Catanzaro”, ma anche il senatore del Pd Beppe Lumia (“ha sempre sponsorizzato Catanzaro”), nonché i vertici di Confindustria Lo

Bello e Montante, sostenendo che “Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”. Motivo? “Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di

Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana”.

Un’intervista durissima quella rilasciata ieri da Marino, dopo sette mesi di “guerra

fredda” fra lui e il presidente della Regione, dopo il siluramento subito dall’ex magistrato da uno degli assessorati più delicati di Palazzo d’Orleans. A difendere l’operato dell’ex assessore ai Rifiuti, in questi giorni sono scesi in campo il sindaco di

Misterbianco, Nino Di Guardo, e di Furnari, Mario Foti, che da anni lottano per la chiusura delle discariche di Motta Sant’Anastasia e di Mazzarrà Sant’Andrea: “Crocetta

ha buttato fuori l’ex assessore Marino che stava portando avanti una seria azione di rinnovamento e di trasparenza”.

La replica dei vertici di Confindustria Lo Bello e Montante non si è fatta attendere. Silenzio, Sul caso è intervenuto anche il senatore Lumia: “È singolare che l’ex

assessore all’Energia e ai Rifiuti della Regione Siciliana Nicolò Marino dedicava e continua a dedicare gran parte del suo tempo ad attaccare pubblicamente quegli imprenditori del settore che hanno denunciato Cosa nostra. Contro la mafia dei rifiuti,

invece, Marino non ha mai detto nulla. Nessuna valutazione, nessun giudizio”, ha dichiarato Lumia. “Per quanto mi riguarda – aggiunge – mi sono sempre schierato

dalla parte di quegli imprenditori che rischiano la vita e che con Confindustria Sicilia hanno fatto una scelta storica e senza precedenti contro Cosa nostra. Con questa

Confindustria si dialoga e ci si confronta, con la mafia dei rifiuti no, anzi la si aggredisce”. “Col presidente Crocetta – spiega – non siamo mai entrati nel merito delle scelte amministrative e di gestione dei rifiuti fatte da Marino, ma non potevamo

stare zitti e fermi di fronte a questo suo modo scellerato di attaccare l’impresa sana. Semmai sono note le nostre opinioni a favore delle discariche pubbliche e contro il

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proliferare di quelle private”. “Quindi – conclude Lumia – Marino dovrà dar conto delle sue affermazioni, non solo sul piano giudiziario ma anche dell’etica pubblica”.

http://www.loraquotidiano.it/2014/11/12/rifiuti-montante-bello-querelano-nicolo-marino_12194/

MONTANTE INDAGATO PER MAFIA. E IVAN LO BELLO RESTA SOLO?

La notizia è “il Presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante indagato per mafia”. Sarà la

magistratura a stabilire la verità, ma è tutto come un “deja vu”.

Su “L’Ora Quotidiano” del 9 Febbraio 2015: “Pentiti contro leader di Confindustria: Montante

indagato per mafia“.

Una notizia bomba. Antonello Montante, infatti, oltre ad essere il Presidente di Confindustria

Sicilia, è:

Delegato nazionale di Confindustria per i problemi della legalità;

Componente dell’Agenzia Nazionale per i beni confiscati alla mafia (su designazione del Ministero

dell’Interno);

Presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta;

Presidente di Unioncamere Sicilia

È del novembre 2014 l’altra accusa. Quella che il magistrato Nicolò Marino mosse ai vertici di

Confindustria siciliana. La questione era legata alla gestione dei rifiuti e il dito era puntato sul vice

presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, ma non solo.

Marino ha indicando ciò che a suo parere costituisce un sistema di potere e di collusioni formato

da Montante, Lo Bello, Lumia (senatore PD. Poteva mancare il PD?), Catanzaro e lo stesso

Presidente della Regione Siciliana Crocetta.

Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare

europeo e come presidente della Regione siciliana.

Montante e Lo Bello hanno prontamente querelato Nicolò Marino che, però, pare non essersi affatto

intimidito. Anzi, ha rincarato la dose.

Questa Amministrazione – scrive Marino – è ben a conoscenza che nel lontano 1995 la Catanzaro

Costruzioni s.r.l. ebbe ad aggiudicarsi il servizio per la gestione della discarica di Siculiana in ATI

con la FORNI ed Impianti industriali Ing. De Bartolomeis S.p.a. di Milano (l’unica in possesso dei

requisiti per la partecipazione alla gara), questa ultima coinvolta successivamente nell’inchiesta

“TRASH” della DDA di Palermo, per vicende connesse alla turbativa d’asta in gare per discariche,

depuratori ed altri impianti di smaltimento, inchiesta culminata finanche nell’arresto del suo

direttore generale, Massimo Tronci, per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso,

risultato in rapporti di affari con RIINA Salvatore, BUSCEMI Antonio, LIPARI Giuseppe, VIRGA

Vincenzo, NANIA Filippo, BRUSCA Giovanni e SIINO Angelo1

Per inciso, Siculiana è in provincia di Agrigento. Provincia di Giuseppe Catanzaro, ma anche del

Ministro dell’Interno Angelino Alfano, lo stesso che ha nominato Montante all’Agenzia Nazionale

dei beni confiscati alla mafia.

Montante indagato per mafia. Mah!

A proposito dell’incarico conferito da Angeli Alfano, ci sarebbe pure quel piccolo problema

sul conflitto di interessi:

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È giusto insomma che uno dei membri del consiglio direttivo dell’Agenzia che assegna i beni

confiscati alle mafie sia anche uno dei più influenti soci di un ente che ha tra le sue finalità la

gestione dei beni confiscati a Cosa Nostra?

Strano destino, quello di Confindustria Sicilia.

Oggi abbiamo Montante indagato per mafia, ma dei vertici di Confindustria Sicilia ebbe già ad

interessarsi la Commissione nazionale Antimafia degli anni ’70 che, in diverse pagine, menziona

l’ing. Domenico (Mimì) La Cavera, l’allora Presidente di Confindustria Sicilia.

I suoi rapporti con l’ineffabile avvocato Vito Guarrasi di Palermo2 . Strano tipo, Vito

Guarrasi. Imparentato con Enrico Cuccia(Mediobanca).

Definito “il vero boss”, “l’avvocato dei misteri”.

Per il giudice Calia presenziò perfino alla sottoscrizione del trattato di Cassibile, rappresentando gli

interessi della mafia.

Amici inseparabili, lui e La Cavera. Insieme e con il deputato comunista Emanuele

Macaluso furono i fautori e i sostenitori della “stagione del milazzismo” in Sicilia3 Silvio Milazzo,

dopo le elezioni, il 12 agosto 1959 formò un secondo governo, dove però non entrò più il MSI.

Questo secondo governo ebbe allora un sostegno variegato, dalle sinistre, ai monarchici, ai vertici

di Sicindustria, allora guidata da Domenico La Cavera che già aveva rotto con Confindustria, fino

ad esponenti vicini alla mafia.

La Cavera ebbe relazioni anche con l’altro (oltre lo stesso Guarrasi) grande attore del “Caso

Mattei”, Graziano Verzotto, e con lo stesso Enrico Mattei.

È stato uno dei promotori insieme a Vito Guarrasi e Graziano Verzotto della Sofis (ente pubblico

siciliano nato nel 1957) di cui fu nominato direttore. Il suo nome compare nelle relazioni compiute

dalla Commissione parlamentare antimafia negli anni ’70.

Ma i suoi affari in contiguità con la mafia andavano oltre:

Fu amministratore delegato della SIRAP, (società controllata dall’ESPI), coinvolta nell’indagine su

Angelo Siino, il gestore degli affari economici di Cosa Nostra

Antonello Montante e Ivan Lo Bello per Domenico La Cavera erano “i ragazzi”.

Montante e Lo Bello (e Catanzaro) son sempre andati d’amore e d’accordo. Sicilia ovest al primo e

Sicilia est al secondo.

Presidenza della Camera di Commercio di Caltanissetta al primo, quella di Siracusa al secondo.

Altre grandi Camere di Commercio siciliane (Catania e Messina) – ma anche Enna, ad esempio –

sono tenute dal Governo Crocetta in condizione di commissariamento di dubbia legittimità.

Antonello Montante indagato per mafia. Si stenta a crederlo!

Dice il deputato regionale siciliano Leanza4

Lo Bello e Montante? Sono i padroni della Sicilia

Solo ultimamente, secondo alcune voci, si sarebbero creati dissapori tra loro, ma lingue ancor più

malevole sostengono che sia tutto “teatro”. In ballo ci sono gli accorpamenti delle Camere di

Commercio siciliane e con essi la gestione delle (s)vendite degli aeroporti siciliani.

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E adesso ci si ritrova Antonello Montante indagato per mafia.

http://ilcappellopensatore.it/2015/02/montante-indagato-per-mafia-e-ivan-lo-bello-resta-solo/

A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE FEMMINE

http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2015/02/blog-post_11.html

A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE FEMMINE

http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2015/02/il-grande-inganno-dellantimafia.html

BATOSTA PER IL GOVERNO CROCETTA DECRETO-ACCREDITAMENTI

ANNULLATO Venerdì 30 Gennaio 2015 - 17:27 di Accursio Sabella

I giudici amministrativi hanno accolto il ricorso di decine di enti tra cui l'Anfe e lo Ial. Il decreto

dell'assessore Scilabra che stabiliva i requisiti per ottenere i finanziamenti pubblici è illegittimo:

doveva essere deliberato dalla giunta e firmato dal governatore.

PALERMO - Nuova “bacchettata” del Tar al governo Crocetta. Una bocciatura che rischia di far

esplodere il mondo della Formazione. I giudici amministrativi hanno dato ragione a una quarantina

tra enti e associazioni che avevano presentato un ricorso contro il decreto che disciplina gli

accreditamenti nel mondo dei corsi professionali. In particolare, nei confronti del passaggio in cui si

prevede la revoca dell'accreditamento in caso di presenza di contenziosi tra l'ente e la pubblica

amministrazione. Un provvedimento che era apparso fin da subito contrario persino alle regole del

buon senso. Ma i giudici amministrativi sono andati oltre. Bocciando, di fatto, l'intero

provvedimento. Quello sulla base del quale sono stati distribuiti e sono stati tolti gli accreditamenti

agli enti. E il motivo è quasi grottesco: quel provvedimento, firmato da Nelli Scilabra, doveva

invece – stando allo Statuto – essere sottoscritto dal presidente della Regione. Uno scivolone

clamoroso.

Già alla fine del 2013, il Tar aveva accolto la richiesta di sospensiva avanzata da queste

associazioni. Con due distinti ricorsi: uno dell'Anfe Sicilia e di altre associazioni e uno di un nutrito

gruppo di enti. Enti che, come detto, si erano opposti contro le norme contenute nel decreto

assessoriale del 23 luglio 2013. Si tratta, del provvedimento che elenca i nuovi requisiti per

l’accreditamento, strumento utile per poter partecipare alla distribuzione dei contributi pubblici per

lo svolgimento dei corsi di Formazione.

In quell’atto, firmato come detto dall'allora assessore Nelli Scilabra, fra le altre cose, si inibiva

l'accreditamento a quegli enti che avessero in corso "liti" e contenziosi con l'amministrazione

regionale. Ma un primo e più grave vizio di quel decreto sta proprio nel “firmatario”. Quelle

disposizioni, infatti, precisano i giudici “hanno la caratteristica della novità, introducendo

condizioni, caratterizzate altresì dalla generalità ed astrattezza, ulteriori rispetto a quelle fino a quel

momento esistenti l’accreditamento di enti di formazione e per il mantenimento dello medesimo

status: in altri termini quelle di cui si discute si atteggiano quali vere e proprie norme di carattere

secondario rispetto la disciplina primaria”. Veri e propri regolamenti, quindi, che, stando allo

Statuto siciliano “devono essere deliberati dalla Giunta di Governo ed adottati nella forma del

Decreto Presidenziale, mentre ai singoli assessori spetta esclusivamente il potere di proporre

l’adozione di regolamenti nelle materie di rispettiva competenza. Nel caso di specie – si legge - il

decreto oggetto di impugnazione non risulta adottato in conformità al quadro normativo appena

richiamato. Conseguentemente lo stesso decreto risulta illegittimo”.

I ricorsi accolti sono due: uno è stato proposto da Asef e Anfop, associazioni che raccolgono diversi

enti, assistite dal legale Carlo Comandé. "L'aspetto importante - sottolineano dallo studio Comandé

- è che è stato annullato l'intero decreto per effetto di una contestazione preliminare fatta da noi: non

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doveva essere un decreto assessoriale, ma un decreto del presidente della Regione. Il

provvedimento doveva dunque passare da un ok del Cga". L'altro è stato proposto dall'Anfe, dallo

Ial e da un'altra ventina di enti (tra questi l'Interefop, il Cufti, l'Anapia, l'Ecap di Agrigento) difesi

dagli avvocati Sebastiano Papandrea e Fulvio Ingaglio.

Oltre a una causa di illegittimità legata al mancato rispetto delle norme sul soggetto che ha la

potestà di emanare regolamenti, poi, ecco che i giudici entrano nel merito di quel passaggio relativo

all'eventuale lite pendente (od anche sopravvenuta) che, spiegano i giudici amministrativi, “non è di

per sé indice della inaffidabilità dell’impresa, potendosi la lite chiudere a favore della stessa (con

riconoscimento delle relative ragioni). Inoltre, - si legge nella sentenza - è sintomatico della non

necessaria finalizzazione alla selezione qualitativa dei partecipanti, il fatto che la clausola in esame

individui come fatti ostativi non solo le liti attuali, ma altresì quelle passate”. Una norma non solo

incomprensibile, spiegano i giudici, ma anche inutile. Non porterebbe, infatti, alcun vantaggio

all'attività amministrativa: “Una simile previsione – si legge infatti - non ha alcuna proiezione sul

terreno dell’efficacia dell’azione amministrativa, ma unicamente una evidente ed univoca finalità di

penalizzazione, dal momento che l’esercizio del diritto di difesa (principale interesse antagonista a

quello dell’amministrazione), di cui all’articolo 24 della Costituzione, sembra costituire un fatto

ostativo rispetto alla stipula di contratti con l’amministrazione intimata, anche in relazione a

vicende ormai definite ed a rapporti esauriti”. Agli enti, stando a quel passaggio indicato dal

governatore, in quei giorni, quasi come un segno della “moralizzazione” in atto nel mondo della

Formazione, non sarebbe stato garantito il diritto di difendersi dalla Regione, visto che la

conseguenza sarebbe stata quella dell'immediata estromissione dai finanziamenti pubblici. Un

ingiustizia. E due errori in uno. La Regione scivola ancora una volta e clamorosamente. Sul terreno

insidioso della Formazione siciliana.

http://livesicilia.it/2015/01/30/formazione-nuova-batosta-per-il-governo-crocetta-il-tar-annulla-il-

decreto-sugli-accreditamenti_592101/

L'INCHIESTA SUL FLOP-DAY, ANNA ROSA CORSELLO: "AI MAGISTRATI HO

CONSEGNATO LE CARTE E SPIEGATO TUTTO" GIUSEPPE MESSINA 10 OTTOBRE 2014

FORMAZIONE E LAVORO – La documentazione fornita dall'ex dirigente generale dei

dipartimenti formazione e lavoro della regione siciliana e' adesso al vaglio della procura della

repubblica di palermo

Ci sono volute cinque ore per fare luce sulla gestione dei tirocini formativi finanziati con le risorse

del Piano Giovani e sul flop day dello scorso 5 agosto.

La dottoressa Anna Rosa Corsello, ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e Formazione

professionale ha esaminato, davanti ai magistrati della Procura della Repubblica presso il Tribunale

di Palermo, tutti gli aspetti inerenti l'attuazione del Piano Giovani e, in particolare, i tirocini

formativi 'appaltati' senza gara ad Italia Lavoro, la società del Ministero del lavoro che in Sicilia

sembra aver trovato l' 'America'.

Nel lunghissimo interrogatorio di oggi, i magistrati hanno focalizzato l'attenzione su alcuni aspetti

della vicenda che la dottoressa Corsello ha puntualmente spiegato nei minimi particolari, supportata

dall'ampia documentazione depositata. Dall'affidamento diretto alle ragioni della scelta di Italia

lavoro e delle altre società esterne alla Regione: Formez, Ett e Sviluppo Italia Sicilia. Atti

amministrativi effettuati dall'Amministrazione regionale sulla base di un'apposita delibera adottata

dalla Giunta regionale di Rosario Crocetta.

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Inoltre, l'ex dirigente generale ha chiarito ai magistrati i problemi generati dall'utilizzo del sistema

informatico che, inceppatosi lo scorso 5 agosto, ha estromesso dalla candidatura e dall'incrocio con

le aziende decine di migliaia di giovani.

In particolare, la dottoressa Corsello si è soffermata sugli affidamenti diretti inerenti al sistema

informatico Silav creato per gestire le adesioni dei giovani entro i 25 anni al Piano della Garanzia

Giovani Sicilia e che hanno riguardato il collegamento con il sistema dei Centri per l'impiego. A tal

riguardo, la relazione tra i tirocini e i Centri per l'impiego è strato oggetto di confronto nel corso del

citato interrogatorio.

Lo strumento del tirocinio formativo, lo ricordiamo, è destinato ai giovani tra i 18 ed e 35 anni che

possono usufruire di un periodo di lavoro presso le aziende che ne fanno richiesta, percependo una

somma pari a 500 euro al mese per complessivi 6 mesi. All'azienda è riconosciuto un rimborso di

250 euro al mese al quale aggiungere un BONUS finale nel caso di assunzione a tempo

determinato che aumenta se il contratto è subordinato.

Sono 2000 i tirocini messi a bando in Sicilia non ancora assegnati per l'insipienza del Governo

regionale. Anche per questo - e non solo per aver lasciato senza stipendio oltre 8 mila lavoratori

della Formazione professionale - l'assessore Scilabra sarà oggetto di una mozione di censura da

parte dell'Ars.

Il flop-day dello scorso 5 agosto ha paralizzato l'attività amministrativa. L'Amministrazione

regionale sta ancora valutando se validare il click-day dello scorso 5 agosto e aprire una nuova

finestra per garantire l'accesso ai giovani.

Dalle ultime notizie, pare che 'appatteranno le carte' assegnando i mille e 600 tirocini ai 'fortunati'

che sono riusciti a collegarsi al discusso sito, in barba ad altre decine di migliaia di giovani che non

sono riusciti a collegarsi. Così avrebbero deciso i soliti Azzeccagarbugli.

Tornando all'interrogatorio, in una nota pervenuta in redazione, Salvatore Modica, uno dei legali

della dottoressa Anna Rosa Corsello riferisce che l'interrogatorio, richiesto dall'ex dirigente

generale dei dipartimenti Lavoro Formazione professionale si è svolto in un clima di assoluta

serenità e di massima collaborazione, senza che venissero mosse specifiche accuse.

La dottoressa Corsello, prosegue la nota, ha fornito ampie e dettagliate spiegazioni in ordine agli

articolati passaggi tecnici che connotano le vicende oggetto di indagine, inchiesta condotta da

magistrati attenti e rigorosi sui quali l'ex dirigente generale ripone massima stima e fiducia farà il

proprio corso.

"Ho avuto ieri pomeriggio alle 15,30 l'incontro da me richiesto e mi sono presentata accompagnata

dai miei legali - racconta al giornale la dottoressa Corsello -. L'incontro si è svolto all'insegna della

massima collaborazione e cordialità - aggiunge - ho fornito i chiarimenti per i quali avevo chiesto di

essere sentita ed ho depositato gli atti inerenti la procedura amministrativa".

"Nulla mi è stato contestato o addebitato - ci dice l'ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e

Formazione professionale - e non ho mosso accuse nei confronti di alcuno, limitandomi a spiegare

gli atti che producevo".

"Ci sono volute cinque per consentire ai magistrati di verbalizzare i chiarimenti - sottolinea l'ex

dirigente generale dei dipartimenti Formazione e Lavoro - esclusivamente inerenti le procedure

amministrative che hanno riguardato il mio operato".

"Sono serena - conclude la dottoressa Corsello - e mi rimetto alle valutazioni dei magistrati che mi

hanno seguita con molta attenzione".

http://palermo.meridionews.it/articolo/28627/linchiesta-sul-flop-day-anna-rosa-corsello-ai-

magistrati-ho-consegnato-le-carte-e-spiegato-tutto/

L'AMARO/ LUMIA COME SCHOPENHAUER: IL MONDO È COME LO VEDI BRASIL 24 SETTEMBRE 2013

POLITICA – Non è che sottovalutiamo i politici siciliani? non è che con la fretta di giudicarli quali

ascari, tiranni ed affaristi, prendiamo qualche abbaglio? il dubbio irrompe all'improvviso. A

generarlo sono le parole pronunciate da beppe lumia, senatore del pd a roma, promotore de il

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megafono in sicilia, nonché regista del governo crocetta insieme con la lobby dei "professionisti

dell'antimafia" di confindustria sicilia, nel corso della direzione regionale del pd, ancora in corso al

san paolo palace di palermo.

Non è che sottovalutiamo i politici siciliani? Non è che con la fretta di giudicarli quali ascari,

tiranni ed affaristi, prendiamo qualche abbaglio? Il dubbio irrompe all'improvviso. A generarlo

sono le parole pronunciate da Beppe Lumia, Senatore del Pd a Roma, promotore de il Megafono in

Sicilia, nonché regista del Governo Crocetta insieme con la lobby dei "professionisti dell'antimafia"

di Confindustria Sicilia, nel corso della direzione regionale del Pd, ancora in corso al San Paolo

Palace di Palermo.

Il Senatore, con la sua capacità oratoria, ha ricordato a tutti un grandissimo filosofo: Arthur

Schopenhauer e la sua opera somma: "Il mondo come volontà e rappresentazione". Di che si

tratta? Detto in maniera molto rozza (non abbiamo la saggezza degli esponenti del Megafono), in

questo capolavoro dell'intelletto umano, il filosofo tedesco sostiene che ognuno di noi percepisce la

realtà che vuole. E, in effetti, Lumia, nel suo intervento parla di cose che, evidentemente, percepisce

solo lui:

"Questo e' un partito che si isola dalla stampa nazionale e mondiale, che vede con simpatia un

Presidente per la prima volta davvero in grado di rompere col passato. I cittadini siciliani, i

giornali, l'opinione pubblica, la classe dirigente nazionale del partito vedono il presidente Crocetta

come una grande risorsa"ha detto dinnanzi ad una platea inferocita che ha votato il documento del

segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, che propone l'abbandono della Giunta Crocetta.

Ma che giornali legge Lumia? Di quale opinione pubblica parla? E, soprattutto, dove vive? In

Sicilia, a quanto ci risulta, si parla di un Governo che si era presentato come rivoluzionario, e che

invece si è piegato ai diktati di quattro affaristi, peraltro non eletti, e si è inchinato dinnanzi a quelli

degli apparati ministeriali romani legati alle oligarchie finanziarie dell'Ue. Altro che popolo

Siciliano...

Forse, il Senatore dal doppio partito, non ha letto la seconda parte dell'opera del filosofo tedesco.

Dove spiega che vero è che la realtà fenomenica è come c'è la rappresentiamo ma che tra noi e la

vera realtà è come se vi fosse uno schermo che ce la fa vedere distorta e non come essa è

veramente: il velo di Maya di cui parla la filosofia indiana, alla quale Schopenhauer spesso si rifà.

Il 21 Settembre scorso, ricorreva l'anniversario della morte del filosofo tedesco, datata 1860. Non è

da escludere che il suo spirito stia vagando proprio in questi giorni nell'Universo, e che magari, si

è fermato anche al San Paolo Palace hotel. Ma solo per pochi secondi.

www.glialtrionline.it/2012/03/05/il-nuovismo-e-le-sue-lobby-in-sicilia-vince-il-

partito-pro-lombardo/

12 luglio 2013 - 20:29 Nuova puntata sul gruppo di Potere Crocetta-Lumia-Lo Bello-Montante che domina in Sicilia. Nel

silenzio della stampa. E mentre Fontanarossa, in mano a Confindustria, rischia di essere svenduta a

imprenditori amici, la zona industriale di Catania, retta sempre da Confindustria, va in malora. Nella

giunta Bianco, è stato Giuseppe Lumia a convincere l’ing. Luigi Bosco, ad accettare l’incarico

assessoriale in giunta. Bosco, si è notato subito, ha differenze di vedute con il sindaco su Corso dei

Martiri, una megaoperazione immobiliare al centro di Catania, che potrebbe cambiare il volto

della città per i prossimi decenni. Senza dimenticare l’Irsap che significa zone industriali, uno dei

numerosi obiettivi nel mirino della «lobby dei quattro» che continua, grazie al decisivo ruolo del

governatore di Sicilia, a tessere le fila di un’occupazione militare di posti e luoghi determinanti per

le sorti dell’Isola, di Marco Benanti

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PENTITI CONTRO LEADER DI CONFINDUSTRIA: MONTANTE INDAGATO PER MAFIA

A suo carico, secondo il quotidiano la Repubblica, vi sarebbero un’inchiesta della

procura di Caltanissetta e una dell’ufficio inquirente di Catania. Originario di Serradifalco, l’imprenditore e’ titolare dell’omonima fabbrica di biciclette fondata negli anni ’20 del secolo scorso, e’ presidente della Camera di Commercio nissena e il 20

gennaio scorso è stato designato – su proposta del ministero dell’Interno – componente dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati

di Giuseppe Pipitone

È il delegato per la Legalità di Confindustria, e ha guidato gli imprenditori siciliani nella

rivoluzione contro il racket e contro Costa Nostra. Risulta però coinvolto anche in un’indagine di mafia della procura di Caltanissetta. Un vero e proprio paradosso, quello di Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia, che, secondo

l’edizione odierna di Repubblica,sarebbe sotto inchiesta per reati di mafia da parte della Procura nissena. Un’inchiesta top secret quella su Montante, indicato pochi

giorni fa dal ministero dell’Interno come componente dell’Agenzia dei beni confiscati, che gestisce le proprietà immobiliari confiscati ai boss di Cosa Nostra.

A suo carico, sempre secondo il quotidiano diretto da Ezio Mauro, ci sarebbero le dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia. Uno è Salvatore Dario Di

Francesco, mafioso di Serradifalco, lo stesso paese di Montante. Arrestato un anno fa dalla Squadra Mobile , Di Francesco ha iniziato a raccontare di appalti pilotati nella zona e in particolare al Consorzio Asi, l’area di sviluppo industriale, dal ’99 al 2004. Di

Francesco è stato definito ‘’il collettore tra esponenti di Cosa nostra e i colletti bianchi della provincia’’. Il pentito è “compare” del mafioso di Serradifalco Vincenzo

Arnone (il padre di quest’ultimo, Paolino Arnone era un boss di Cosa nostra e si suicidò nel carcere nisseno di Malaspina nell’autunno del ’92 dopo una retata), che è

stato compare di nozze di Montante.

Una notizia già resa pubblica lo scorso anno dalla rivista I Siciliani Giovani: in rete

venne diffusa una foto di Montante insieme a Vincenzo Arnone nella sede di Assindustria nissena, scattata negli anni Ottanta, ma anche il certificato di nozze di un giovanissimo Montante – aveva solo 17 anni – insieme ai quattro testimoni. Due erano

proprio Paolino e Vincenzo Arnone. Anche queste lontane conoscenze, a quanto pare, sono confluite nell’indagine, rappresentata soprattutto dalle dichiarazioni del

pentito Di Francesco. Il leader di Confindustria ha spiegato che le sue frequentazioni con Arnone, altro non erano che legami dovuti alla comune origine paesana legata a Serradifalco.

È dalla piccola cittadina in provincia di Caltanissetta che parte la scalata

imprenditoriale dei Montante, attivi già dagli anni venti con una fabbrica di biciclette. Un marchio storico rilanciato da Antonello Montante, che è anche fondatore della Msa, Mediterr Shock Absorbers spa, un’azienda di ammortizzatori per veicoli

industriali con sedi in tutto il mondo. Poi l’imprenditore nisseno inizia ad impegnarsi anche in Confindustria: nel 2008, insieme al suo predecessore Ivan Lo Bello, è stato

tra gli artefici del codice etico e della svolta anti racket degli industriali siciliani. Un “nuovo corso” che molti hanno definito come la “rivoluzione antimafia” dell’Isola, dato che parallelamente alle denunce contro il pizzo, gli industriali emarginarono alcuni ex

leader di Confindustria considerati vicini ai clan: primo tra tutti Pietro Di Vincenzo, condannato in via definitiva a nove anni per estorsione.

“No comment, altro non posso aggiungere”. E’ quanto si è limitato a dire all’Adnkronos il Procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, interpellato sull’inchiesta per mafia a

carico del Presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante. L’industriale sotto

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indagine è considerato vicino a molti magistrati delle procure siciliane che in questi ultimi anni hanno creduto alla ‘’rivolta antimafia’’ dell’imprenditoria siciliana, e la sua ‘’cordata’’ ha avuto un ruolo importante nell’elezione di Rosario Crocetta a Palazzo

d’Orleans. Proprio per questo l’indagine a suo carico suscita un notevole scalpore negli ambienti politici e finanziari dell’Isola. Ora che alcuni pentiti parlano delle sue

‘’pericolose frequentazioni’’, come scrive La Repubblica, i casi sono due: o qualcuno ha voluto ordire una trama per infangare il simbolo di una Sicilia che vuole cambiare, oppure è arrivato il momento di riflettere sui possibili ‘’travestimenti dell’Antimafia’’.

http://www.loraquotidiano.it/2015/02/09/pentiti-contro-leader-di-confindustria-montante-indagato-per-mafia_24680/

NICOLÒ MARINO: LA MIA LOTTA CONTRO L’AFFAIRE “MONNEZZA” Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto. Alla fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico: “Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”. E Crocetta? “Cambiò discorso”. Ma perchè l’ha nominata assessore? “Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”

di Luciano Mirone

11 novembre 2014

Dopo sette mesi dal suo siluramento punta il dito contro il governatore Rosario Crocetta, contro i

vertici di Confindustria Sicilia – ovvero il vice presidente Giuseppe Catanzaro e il

presidente Antonello Montante –, contro il vice presidente di Confindustria nazionale Ivan Lo

Bello, contro il senatore del Pd Giuseppe Lumia, contro alcuni funzionari regionali che avrebbero

“firmato atti palesemente illegittimi”. Tante le accuse: dal rilascio delle autorizzazioni alle

“manovre messe in atto per evitare la realizzazione delle piattaforme pubbliche per favorire le

discariche private, specie quella di Siculiana (Agrigento), gestita dal vice presidente di

Confindustria Sicilia”.

Detto e sottoscritto da Nicolò Marino, ex assessore del Governo Crocetta con delega ai Rifiuti,

all’Acqua e all’Energia, dal 12 dicembre 2012 al 14 aprile scorso.

Oggi Marino rompe un lungo silenzio e in questa intervista spiega molti retroscena legati allo

scandalo della spazzatura nell’isola. “Non sappiamo cosa c’è dentro le nostre discariche e nel nostro

sottosuolo, potrebbero anche esserci rifiuti pericolosi: in questi anni non è stato controllato nulla né

dall’Arpa, né dalle Province. Un affare gigantesco come questo non poteva lasciare indifferente la

criminalità organizzata, che a Mazzarrà Sant’Andrea, per esempio, ha scaricato l’immondizia della

Campania”.

È un fiume in piena l’ex magistrato. “Non voglio che passi il messaggio (come il presidente

Crocetta ha cercato di fare anche in questi giorni) di essermi occupato, durante il mio mandato, solo

della discarica di Siculiana per un pregiudizio nei confronti di Giuseppe Catanzaro, trascurando

quelle di Mazzarrà Sant’Andrea (nei giorni scorsi sottoposta a sequestro preventivo) e di Motta

Sant’Anastasia (anche questa formalmente chiusa)”. Un’accusa che Marino respinge al mittente

proprio nei giorni in cui – con le inchieste della magistratura e della Commissione nazionale

antimafia – i nodi dell’“affaire spazzatura” stanno venendo al pettine.

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“La verità – dice Marino – è che mi sono occupato a trecentosessanta gradi del ciclo dei rifiuti,

cercando delle soluzioni finalizzate al risparmio e al bene comune”.

A difendere l’ex assessore scendono in campo i sindaci di Furnari, Mario Foti, e di Misterbianco,

Nino Di Guardo, che da anni lottano per la chiusura degli impianti di Mazzarrà e di Motta:

“Crocetta – dichiarano all’unisono – ha buttato fuori l’ex assessore Marino che stava portando

avanti una seria azione di rinnovamento e di trasparenza”.

“Va ricordato al presidente Crocetta – afferma Marino – che una delle più grosse autorizzazioni

rilasciate (3 milioni di metri cubi di volume) è stata concessa nel 2009 a favore della discarica del

vice presidente di Confindustria Sicilia”.

E poi: “Catanzaro è il primo imprenditore dell’isola a sferrare l’attacco più grave al governo

Crocetta. Quando? Quando ottenemmo il decreto legge dal governo Monti per l’emergenza rifiuti.

Al momento della conversione in legge, Catanzaro scrive, in qualità di vice presidente di

Confindustria Sicilia, al presidente della Commissione ambiente del Senato, Marinello, sostenendo

che non bisognava convertire in legge la parte di rifiuti relativa all’impiantistica, cioè alle

discariche, in quanto le esperienze del passato avevano dimostrato che l’emergenza era stata la

breccia tramite la quale erano entrati gli interessi mafiosi. Il problema è che Catanzaro aveva avuto

un’autorizzazione illegittima, e si era inserito nella gestione della discarica di Siculiana

approfittando di quell’emergenza rifiuti che lui stesso aveva stigmatizzato. In pratica Catanzaro ha

sferrato un attacco al Governo Crocetta, ma è stato protetto dallo stesso Crocetta con dichiarazioni

pubbliche anche a mio danno”.

Perché Crocetta difende Catanzaro e attacca Marino?

“Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare

europeo e come presidente della Regione siciliana. Il governatore non vive bene la presenza di

personaggi che oscurano la sua immagine. Mantenendo la mia autonomia l’ho messo in crisi”.

Perché, dottor Marino, lei accusa anche il presidente di Confindustria?

“Mentre sono ancora assessore mi chiama il senatore del Pd Beppe Lumia, e mi dice: ‘

Quando vieni a Palermo?’.

‘Domani’.

‘Assolutamente no, ci dobbiamo vedere stasera’.

‘Beppe, sono a Catania, non posso’.

‘Allora veniamo noi: io, Antonello Montante e Ivan lo Bello’.

L’incontro avviene all’hotel Excelsior di Catania. Montante esordisce così:

‘Se vuoi fare la guerra a colpi di dossier io sono pronto, la devi smettere di mandare in giro

Ferdinando Buceti (mio capo di Gabinetto ed ex vice Questore della Polizia di Stato, nonché

appartenente alla Dia di Caltanissetta) ad acquisire informazioni sul mio conto’.

Gli rispondo: ‘Sei veramente fuori di testa. Non ho bisogno di mandare persone in giro per saperne

di più su di te, sono sufficientemente informato. Non ti permettere di fare insinuazioni di questo

tipo’.

Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza

rifiuti, prende posizione contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta

zitto.

Alla fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico:

‘Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”.

E Crocetta?

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“Cambiò discorso”.

Cosa avvenne a seguito della sua inchiesta?

“Il direttore generale del dipartimento Territorio e Ambiente, dott. Gaetano Gullo, scrisse che la

situazione di Siculiana e di Motta era regolare. La cosa assurda è che questo signore, che ritengo

assolutamente incapace e inadeguato per svolgere le funzioni conferitegli, rimanga ancora al suo

posto nonostante le mie sollecitazioni a Crocetta di sollevarlo dall’incarico”.

Qual è il ruolo del senatore Lumia?

“Ha sempre sponsorizzato Catanzaro, anzi, direi che Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa

cosa”.

Perché Crocetta la nomina assessore?

“Me lo chiedo anch’io. Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero

in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse

controllarmi”.

Un’operazione di facciata?

“Alla luce di questi fatti, direi proprio di sì”.

http://www.loraquotidiano.it/2014/11/11/nicolo-marino-la-mia-lotta-contro-l-affaire-monnezza_12086/

12 novembre 2014

RIFIUTI, MONTANTE E LO BELLO QUERELANO NICOLÒ MARINO

Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione industriale “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dottor Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia

di Luciano Mirone

È guerra aperta fra i vertici di Confindustria e l’ex assessore ai Rifiuti del Governo Crocetta, Nicolò Marino. Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale

dell’organizzazione industriale, rispettivamente Ivan Lo Bello e Antonello Montante, “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dott. Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia,

“rinvenendosi nelle stesse contenuti gravemente diffamatori e minacciosi, oltre che riferimenti a fatti e circostanze fantasiosamente ricostruite e completamente destituite

di ogni fondamento”.

La nota diffusa dall’ufficio stampa di Confindustria Sicilia fa riferimento a

un’intervista apparsa nei due quotidiani, in cui l’ex assessore regionale ai Rifiuti, all’Acqua e all’Energia accusava soprattutto il vice presidente di Confindustria

Sicilia, Giuseppe Catanzaro di essere stato destinatario, secondo l’ex magistrato, “di una serie di autorizzazioni illegittime per la discarica di Siculiana (3 milioni di metri cubi di volume), che lo stesso Catanzaro gestisce”.

A parere di Marino, sarebbero state messe in atto delle “vere e proprie manovre per

evitare la realizzazione delle piattaforme pubbliche (specie quella prevista a Gela) per

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favorire la discarica di Siculiana, che perderebbe buona parte del suo fatturato attuale”. Marino nell’intervista tira in ballo il governatore della Sicilia Rosario Crocetta, “protettore di Catanzaro”, ma anche il senatore del Pd Beppe Lumia (“ha

sempre sponsorizzato Catanzaro”), nonché i vertici di Confindustria Lo Bello e Montante, sostenendo che “Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa

cosa”. Motivo? “Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana”.

Un’intervista durissima quella rilasciata ieri da Marino, dopo sette mesi di “guerra fredda” fra lui e il presidente della Regione, dopo il siluramento subito dall’ex

magistrato da uno degli assessorati più delicati di Palazzo d’Orleans. A difendere l’operato dell’ex assessore ai Rifiuti, in questi giorni sono scesi in campo il sindaco di Misterbianco, Nino Di Guardo, e di Furnari, Mario Foti, che da anni lottano per la

chiusura delle discariche di Motta Sant’Anastasia e di Mazzarrà Sant’Andrea: “Crocetta ha buttato fuori l’ex assessore Marino che stava portando avanti una seria azione di

rinnovamento e di trasparenza”.

La replica dei vertici di Confindustria Lo Bello e Montante non si è fatta attendere.

Silenzio, Sul caso è intervenuto anche il senatore Lumia: “È singolare che l’ex assessore all’Energia e ai Rifiuti della Regione Siciliana Nicolò Marino dedicava e

continua a dedicare gran parte del suo tempo ad attaccare pubblicamente quegli imprenditori del settore che hanno denunciato Cosa nostra. Contro la mafia dei rifiuti, invece, Marino non ha mai detto nulla. Nessuna valutazione, nessun giudizio”, ha

dichiarato Lumia. “Per quanto mi riguarda – aggiunge – mi sono sempre schierato dalla parte di quegli imprenditori che rischiano la vita e che con Confindustria Sicilia

hanno fatto una scelta storica e senza precedenti contro Cosa nostra. Con questa Confindustria si dialoga e ci si confronta, con la mafia dei rifiuti no, anzi la si aggredisce”. “Col presidente Crocetta – spiega – non siamo mai entrati nel merito

delle scelte amministrative e di gestione dei rifiuti fatte da Marino, ma non potevamo stare zitti e fermi di fronte a questo suo modo scellerato di attaccare l’impresa sana.

Semmai sono note le nostre opinioni a favore delle discariche pubbliche e contro il proliferare di quelle private”. “Quindi – conclude Lumia – Marino dovrà dar conto delle sue affermazioni, non solo sul piano giudiziario ma anche dell’etica pubblica”.

http://www.loraquotidiano.it/2014/11/12/rifiuti-montante-bello-querelano-nicolo-

marino_12194/

MONTANTE INDAGATO PER MAFIA. E IVAN LO BELLO RESTA SOLO?

La notizia è “il Presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante indagato per mafia”. Sarà la

magistratura a stabilire la verità, ma è tutto come un “deja vu”.

Su “L’Ora Quotidiano” del 9 Febbraio 2015: “Pentiti contro leader di Confindustria: Montante

indagato per mafia“.

Una notizia bomba. Antonello Montante, infatti, oltre ad essere il Presidente di Confindustria

Sicilia, è:

Delegato nazionale di Confindustria per i problemi della legalità;

Componente dell’Agenzia Nazionale per i beni confiscati alla mafia (su designazione del Ministero

dell’Interno);

Presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta;

Presidente di Unioncamere Sicilia

È del novembre 2014 l’altra accusa. Quella che il magistrato Nicolò Marino mosse ai vertici di

Confindustria siciliana. La questione era legata alla gestione dei rifiuti e il dito era puntato sul vice

presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, ma non solo.

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Marino ha indicando ciò che a suo parere costituisce un sistema di potere e di collusioni formato

da Montante, Lo Bello, Lumia (senatore PD. Poteva mancare il PD?), Catanzaro e lo stesso

Presidente della Regione Siciliana Crocetta.

Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare

europeo e come presidente della Regione siciliana.

Montante e Lo Bello hanno prontamente querelato Nicolò Marino che, però, pare non essersi affatto

intimidito. Anzi, ha rincarato la dose.

Questa Amministrazione – scrive Marino – è ben a conoscenza che nel lontano 1995 la Catanzaro

Costruzioni s.r.l. ebbe ad aggiudicarsi il servizio per la gestione della discarica di Siculiana in ATI

con la FORNI ed Impianti industriali Ing. De Bartolomeis S.p.a. di Milano (l’unica in possesso dei

requisiti per la partecipazione alla gara), questa ultima coinvolta successivamente nell’inchiesta

“TRASH” della DDA di Palermo, per vicende connesse alla turbativa d’asta in gare per discariche,

depuratori ed altri impianti di smaltimento, inchiesta culminata finanche nell’arresto del suo

direttore generale, Massimo Tronci, per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso,

risultato in rapporti di affari con RIINA Salvatore, BUSCEMI Antonio, LIPARI Giuseppe, VIRGA

Vincenzo, NANIA Filippo, BRUSCA Giovanni e SIINO Angelo1

Per inciso, Siculiana è in provincia di Agrigento. Provincia di Giuseppe Catanzaro, ma anche del

Ministro dell’Interno Angelino Alfano, lo stesso che ha nominato Montante all’Agenzia Nazionale

dei beni confiscati alla mafia.

Montante indagato per mafia. Mah!

A proposito dell’incarico conferito da Angeli Alfano, ci sarebbe pure quel piccolo problema

sul conflitto di interessi:

È giusto insomma che uno dei membri del consiglio direttivo dell’Agenzia che assegna i beni

confiscati alle mafie sia anche uno dei più influenti soci di un ente che ha tra le sue finalità la

gestione dei beni confiscati a Cosa Nostra?

Strano destino, quello di Confindustria Sicilia.

Oggi abbiamo Montante indagato per mafia, ma dei vertici di Confindustria Sicilia ebbe già ad

interessarsi la Commissione nazionale Antimafia degli anni ’70 che, in diverse pagine, menziona

l’ing. Domenico (Mimì) La Cavera, l’allora Presidente di Confindustria Sicilia.

I suoi rapporti con l’ineffabile avvocato Vito Guarrasi di Palermo2 . Strano tipo, Vito

Guarrasi. Imparentato con Enrico Cuccia(Mediobanca).

Definito “il vero boss”, “l’avvocato dei misteri”.

Per il giudice Calia presenziò perfino alla sottoscrizione del trattato di Cassibile, rappresentando gli

interessi della mafia.

Amici inseparabili, lui e La Cavera. Insieme e con il deputato comunista Emanuele

Macaluso furono i fautori e i sostenitori della “stagione del milazzismo” in Sicilia3

Silvio Milazzo, dopo le elezioni, il 12 agosto 1959 formò un secondo governo, dove però non entrò

più il MSI. Questo secondo governo ebbe allora un sostegno variegato, dalle sinistre, ai monarchici,

ai vertici di Sicindustria, allora guidata da Domenico La Cavera che già aveva rotto con

Confindustria, fino ad esponenti vicini alla mafia.

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La Cavera ebbe relazioni anche con l’altro (oltre lo stesso Guarrasi) grande attore del “Caso

Mattei”, Graziano Verzotto, e con lo stesso Enrico Mattei.

È stato uno dei promotori insieme a Vito Guarrasi e Graziano Verzotto della Sofis (ente pubblico

siciliano nato nel 1957) di cui fu nominato direttore. Il suo nome compare nelle relazioni compiute

dalla Commissione parlamentare antimafia negli anni ’70.

Ma i suoi affari in contiguità con la mafia andavano oltre:

Fu amministratore delegato della SIRAP, (società controllata dall’ESPI), coinvolta nell’indagine su

Angelo Siino, il gestore degli affari economici di Cosa Nostra

Antonello Montante e Ivan Lo Bello per Domenico La Cavera erano “i ragazzi”.

Montante e Lo Bello (e Catanzaro) son sempre andati d’amore e d’accordo. Sicilia ovest al primo e

Sicilia est al secondo.

Presidenza della Camera di Commercio di Caltanissetta al primo, quella di Siracusa al secondo.

Altre grandi Camere di Commercio siciliane (Catania e Messina) – ma anche Enna, ad esempio –

sono tenute dal Governo Crocetta in condizione di commissariamento di dubbia legittimità.

Antonello Montante indagato per mafia. Si stenta a crederlo!

Dice il deputato regionale siciliano Leanza4

Lo Bello e Montante? Sono i padroni della Sicilia

Solo ultimamente, secondo alcune voci, si sarebbero creati dissapori tra loro, ma lingue ancor più

malevole sostengono che sia tutto “teatro”. In ballo ci sono gli accorpamenti delle Camere di

Commercio siciliane e con essi la gestione delle (s)vendite degli aeroporti siciliani.

E adesso ci si ritrova Antonello Montante indagato per mafia.

http://ilcappellopensatore.it/2015/02/montante-indagato-per-mafia-e-ivan-lo-bello-resta-solo/

A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE FEMMINE

http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2015/02/blog-post_11.html

LO SCANDALO DEI POTERI INVISIBILI ZOOM SULL'AVVOCATURA DELLO

STATO

Giovedì 05 Febbraio 2015 - 17:01 di Salvo Toscano

Con un imbarazzante parere, l'Avvocatura suggerisce al governo di non costituirsi parte civile al

processo contro un funzionario per corruzione, perché non desta "allarme sociale". Ma già altri

pronunciamenti dell'ufficio avevano messo nei guai la giunta. Che, fragile e maldestra, delega

all'oracolo anche le decisioni più politiche

PALERMO – La decisione non era passata inosservata. Ed era stata raccontata da Riccardo Lo

Verso su Livesicilia il 19 gennaio scorso. La decisione era quella del governo regionale di non

costituirsi parte civile, tramite l'Avvocatura dello Stato, al processo che vede imputati Gianfranco

Cannova, funzionario dell'assessorato regionale Territorio Ambiente, e quattro imprenditori, tutti

accusati di corruzione. Oggi un tassello in più della clamorosa vicenda lo aggiunge Repubblica, che

dà notizia delle motivazioni addotte dall'Avvocatura dello Stato a supporto della scelta di non

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costituirsi parte civile. Secondo l'Avvocatura, riporta il giornale, la corruzione "non costituisce

allarme sociale", e il danno all'erario è esiguo. E dire che proprio su questo caso Rosario Crocetta

aveva tuonato pubblicamente. Nel corso di una conferenza stampa pochi giorni dopo il blitz il

governatore commentò: "Il caso Cannova? Potrebbe essere solo l'inizio. Stiamo vagliando l'ipotesi

della confisca o dell'esproprio per pubblica utilità delle discariche private". L'inchiesta

riguardava un presunto giro di mazzette (ammesse dallo stesso funzionario) nell'ambito dello

smaltimento dei rifiuti.

Insomma, malgrado i ripetuti allarmi lanciati a più riprese dai massimi vertici istituzionali sul tema,

la corruzione secondo l'Avvocatura dello Stato, almeno nella fattispecie, non desta allarme sociale.

Una posizione che sta suscitando scandalo e scatenando polemiche, e che è stata stigmatizzata dallo

stesso Crocetta, che secondo Repubblica è “caduto dalle nuvole” apprendendo della vicenda, in

merito alla quale ha annunciato INDAGINI interne. Più che la scelta in sé, infatti, a colpire sono da

un lato le motivazioni addotte e dall'altro la reazione spaesata del governo. Sì, perché laddove la

politica è debole e distratta, altri poteri incrementano il proprio peso specifico. L'Avvocatura dello

Stato, con i suoi pareri, non fa eccezione. Anzi, i pareri dell'ufficio sono diventati pane quotidiano e

bussola per una politica fragile e insicura, in tempi carichi di insidie. Anche nell'ambito di decisioni

in cui l'ultima parola dovrebbe spettare alla politica. Ne è nato quasi un tutt'uno, una sorta di

governicchio parallelo le cui mosse sono state in più d'una occasione smontate da altri poteri

discreti, come quello della Corte dei conti.

In effetti, nel recente passato l'Avvocatura ha manifestato parametri di giudizio a volte

controversi. La “morbidezza” sulla vicenda Cannova, ad esempio, stride con l'intransigenza

mostrata su un altro caso – ovviamente ben diverso dal punto di vista giuridico – che invece è stato

al centro dell'attenzione dei media, quello sul vitalizio di Totò Cuffaro. Nel maggio scorso l'Ars

chiese un parere sulla vicenda all'Avvocatura. La norma infatti, scriveva Palazzo dei Normanni,

prevedeva la sospensione del vitalizio dei parlamentari solo per reati contro la pubblica

amministrazione. L'Avvocatura distrettuale di Palermo scrisse che la sospensione del vitalizio era

invece giustificata dalle norme del codice penale (in particolare gli articoli 28 e 29), specificando

che il vitalizio non è assimilabile a una pensione. Un responso che arrivò anche sull'onda delle

proteste di una parte di opinione pubblica e nel clima scottante causato dalla vasta eco mediatica

scatenata dal caso. Per aver man forte sulla propria interpretazione, l'Avvocatura di Palermo chiese

conforto all'Avvocatura generale dello Stato, che confermò quella interpretazione. Curioso però che

malgrado il riferimento a norme nazionali, il vitalizio non sia ancora stato sospeso - o almeno non

se ne ha notizia - ai parlamentari nazionali condannati e che al momento il codice penale

sembrerebbe applicarsi al solo Cuffaro.

D'altronde, il parere sul caso Cannova non è il primo a “inguaiare” il governo regionale. Già in un

paio di vicende eclatanti i buoni consigli dell'Avvocatura hanno messo in difficoltà la giunta

regionale. Emblematico il caso delle assunzioni a Sicilia e-Servizi, che avevano avuto il parere

favorevole dell'Avvocatura e che sono state invece contestate dalla Corte dei conti (che ha accusato

di danno erariale lo stesso avvocato dello Stato Dell'Aira). L'altra insidia arrivò dalla Sanità e dalle

nomine dei direttori generali delle aziende catanesi Paolo Cantaro e Angelo Pellicanò. Nomine

giunte il giorno prima dell'entrata in vigore del decreto Renzi che stoppava gli incarichi manageriali

per le persone in quiescenza. Quanto basta per spingere il governo regionale a chiedere appunto un

parere all'Avvocatura. Secondo l'avvocato dello Stato, quelle nomine andavano stoppate perché il

rapporto di lavoro si sarebbe formalizzato all'atto della sottoscrizione del contratto, che sarebbe

giunto, quindi, dopo l'entrata in vigore del decreto "stoppa-pensionati". Così, è partita la revoca di

quelle nomine, che ha anche innescato forti polemiche e l'apertura di un fascicolo da parte della

Procura di Catania. Qualche settimana dopo è lo stesso ministro Madia a fornire, attraverso una

circolare esplicativa, la corretta interpretazione della norma. Una interpretazione che smentisce il

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parere dell'avvocatura: le nomine sono arrivate prima dell'entrata in vigore del decreto. E quindi non

sono sottoposte ai limiti previsti dalla norma.

Uno schema analogo: la politica cerca riparo nel parere dell'oracolo, i magistrati contabili o il

governo nazionale smontano tutto. E adesso arriva lo scandalo Cannova. Che irrita, tardivamente, lo

stesso governo regionale offrendone un'immagine maldestra. Governo che proprio in questi giorni è

chiamato a decidere su un'altra eventuale costituzione di parte civile. Quella nel procedimento

davanti al Tribunale di Palermo che coinvolge undici persone, tra cui l'ex assessore regionale Pippo

Gianni - l'udienza preliminare è stata fissata per il 25 febbraio - per una vicenda di presunta

corruzione nell'ambito delle energie alternative.

http://livesicilia.it/2015/02/05/lo-scandalo-dei-poteri-invisibili-rapporto-sullavvocatura-dello-

stato_594167/

CORRUZIONE, LA REGIONE NON SI COSTITUISCE PARTE CIVILE M5S:

“VERGOGNOSO” E PARTONO INTERROGAZIONI ALL’ARS E ALLA CAMERA PUBBLICATO IL 5 FEBBRAIO 2015

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81

Inviata a Crocetta anche una lettera a firma di tutti i deputati siciliani del Movimento all’Ars, alla Camera, al Senato e a Bruxelles La missiva sottoscritta pure dai sindaci Cinquestelle

Due interrogazioni all’Ars e alla Camera e una lettera al presidente della Regione. Il movimento 5

Stelle reagisce con forza in Sicilia, a Roma e a Bruxelles alla “allucinante decisione” della Regione

di non costituirsi parte civile nel procedimento contro un funzionario che ha ammesso di aver

ricevuto denaro in cambio di autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti. I deputati condannano

anche l’ancor più assurdo parere dell’Avvocatura dello Stato, che non ha ravvisato nel

comportamento del funzionario “nessun allarme sociale”

“Crocetta – afferma il deputato all’Ars Giancarlo Cancelleri – è lesto a issare il vessillo

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dell’antimafia in qualsiasi occasione, ma quando c’è da far parlare i fatti rimane spesso indietro. E

corruzione e mafia vanno spesso a braccetto. Ci spieghi i motivi di questa assurda decisione che

nessun sconclusionato parere dell’Avvocatura dello Stato potrà mai giustificare”.

“All’amarezza sulla mancata presenza della Regione a questo processo – afferma la deputata a sala

d’Ercole Angela Foti - si aggiunge la beffa delle motivazioni espresse dall’avvocatura. Cadono le

braccia. Con questo governo abbiamo gettato la spugna della speranza. Troppe le azioni scellerate,

come la cacciata di Marino all’indomani del dossier sulle discariche private in Sicilia, depositato e

secretato presso la commissione antimafia Ars e alla Procura. Evidentemente l’ ‘affaire’ rifiuti in

Sicilia non deve essere smosso, se non con le chiacchiere. C’è comunque un altro processo, ‘Terra

mia’, in cui la Regione può costituirsi parte civile. Crocetta non si lasci sfuggire quantomeno questa

occasione”

“Dalla mia posizione sul banco della presidenza – afferma la deputata alla Camera Claudia

Mannino l’ho visto con i miei occhi, Crocetta, il grande elettore siciliano, spellarsi le mani per

applaudire il presidente della Repubblica durante discorso d’insediamento. Mattarella ha parlato di

livelli inaccettabili della corruzione che favorisce le consorterie e penalizza gli onesti. Un vero

attore. Prima si commuove poi rientra a Palermo e fa spallucce”

La Mannino e gli altri deputati alla Camera M5S proporranno ai deputati siciliani degli altri partiti

di firmare l’interrogazione rivolta sull’argomento al Presidente del Consiglio. Intanto tutti i

parlamentari M5S di Camera, Senato ed Ars hanno indirizzato una lettera a Crocetta, sottoscritta

anche dall’eurodeputato Corraro e dai sindaci di Bagheria e Ragusa, Cinque e Piccitto.

Nella lettera si legge tra l’altro “la corruzione è corruzione e la costituzione di parte civile, aldilà del

parere dell’Avvocatura dello Stato a dir poco irrituale, sarebbe stata un’autentica occasione per dire

no… Il suo comportamento è, a nostro parere ingiustificabile. Proprio Lei che da parlamentare

europeo ha ricoperto l’incarico di Vice Presidente della Commissione speciale sulla criminalità

organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro. Perché?

Sconcerta tanta disattenzione soprattutto se si pensa che, proprio Lei, era deputato europeo quando

la Commissione con la nota 19-1-2011 ha presentato al Parlamento europeo, la STRATEGIA

TEMATICA SULLA PREVENZIONE E IL RICICLAGGIO DEI RIFIUTI…”

http://www.sicilia5stelle.it/2015/02/corruzione-la-regione-non-si-costituisce-parte-civile-m5s-

vergognoso-e-partono-interrogazioni-allars-e-alla-camera/

Signor Presidente,

alcune settimane fa, qui a Palermo, il presidente dell'Autorità anticorruzione, Raffaele

Cantone ha dichiarato che per tenere legati le istituzioni e l'apparato burocratico, le

organizzazioni mafiose ricorrono alla corruzione più che agli atti intimidatori, sottolineando

che l'autorità da lui presieduta, in Sicilia sta indagando sui rifiuti.

Il messaggio del magistrato era chiaro, bisogna punire i colpevoli e premiare chi rispetta le

regole.

Presidente Crocetta, avevamo confidato nelle sue parole e ci saremmo aspettati

che le stesse potessero produrre fatti concreti, invece, apprendiamo, con stupore, dalla

stampa che la Regione Sicilia “malgrado tutto” non si espone, non prende il toro della

corruzione per le corna, neppure di fronte all’evidenza di un funzionario infedele e reo

confesso.

Signor Presidente, la corruzione è corruzione e la costituzione di parte civile, aldilà

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del parere dell’Avvocatura dello Stato a dir poco irrituale, sarebbe stata un’autentica

occasione per dire no, io non ci sto, i siciliani non ci stanno. Il suo comportamento è, a

nostro parere ingiustificabile. Proprio Lei che da parlamentare europeo ha ricoperto

l’incarico di Vice Presidente della Commissione speciale sulla criminalità organizzata, la

corruzione e il riciclaggio di denaro. Perché?

Sconcerta tanta disattenzione soprattutto se si pensa che, proprio Lei, era deputato

europeo quando la Commissione con la nota 19-1-2011 ha presentato al Parlamento

europeo, la STRATEGIA TEMATICA SULLA PREVENZIONE E IL RICICLAGGIO DEI

RIFIUTI.

A tale proposito, ci preme informarLa che, insieme ai colleghi senatori del M5S, abbiamo

presentato una denuncia alla Corte dei Conti per danno erariale conseguente alla seconda

condanna della Corte di Giustizia Europea sulle discariche abusive. Giacché diversi di

questi invasi insistono sul nostro territorio, abbiamo segnalato anche il suo nome alla

Magistratura contabile. Sarebbe profondamente iniquo, infatti, che le multe inflitte dalla

Corte al nostro Paese le debbano pagare, gli incolpevoli cittadini siciliani.

Ci dica almeno a che punto è il procedimento disciplinare nei confronti del funzionario reo

confesso.

Cordialmente,

Dep. Claudia Mannino Dep. Villarosa Alessio Dep. Cancelleri Azzurra Dep. Francesco

D’Uva Dep. Chiara Di Benedetto Dep. Di Vita Giulia Dep. Grillo Giulia Dep. Lorefice

Marialucia Dep. Lupo Loredana Dep. M arzana Maria Dep. Nuti Riccardo Dep. Rizzo

Gianluca Sen. Mario Michele Giarrusso Sen. Nunzia Catalfo Sen. Ornella Bertorotta Sen.

Vincenzo Santangelo Euro Dep. Ignazio Corrao Sindaco Federico Piccitto Sindaco

Patrizio Cinque Dep. Cancelleri Giovanni Carlo Dep. Cappello Francesco Dep. Ciaccio

Giorgio Dep. Ciancio Gianina Dep. Ferreri Vanessa Dep. Foti Angela Dep. La Rocca

Claudia Dep. Mangiacavallo Matteo Dep, Palmeri Valentina Dep. Siragusa Salvatore Dep.

Tancredi Sergio Dep. Trizzino Giampiero Dep. Zafarana Valentina Dep. Zito Stefano

https://drive.google.com/file/d/0B7CXjOhUiR9eakRkV2RBUndkRDhSMEp1NW9xMTlQMnNKd

0NV/view

TANGENTI E RIFIUTI, IL PROCESSO LA REGIONE GRANDE ASSENTE LUNEDÌ 19 GENNAIO 2015 - 18:03 DI RICCARDO LO VERSO

La Regione Siciliana e il governatore Crocetta non sono costituti parte civile al processo che vede

imputati Gianfranco Cannova (nella foto), funzionario dell'assessorato al Territorio e ambiente, e 4

imprenditori. Sono tutti accusati di corruzione.

PALERMO - C'è un tempo per le conferenze stampa e gli annunci. E c'è un tempo in cui alle parole

possono seguire i fatti. Oggi la Regione e il suo governo hanno perso l'occasione per un gesto

concreto. Non si sono costituti parte civile, tramite l'Avvocatura dello Stato, al processo che vede

imputati Gianfranco Cannova, funzionario dell'assessorato regionale Territorio Ambiente, e quattro

imprenditori. Sono tutti accusati di corruzione.

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Cannova avrebbe intascato mazzette in cambio di agevolazioni nel rilascio di autorizzazioni per lo

smaltimento dei rifiuti. Oltre al presunto dipendente infedele sotto accusa ci sono Giuseppe

Antonioli, amministratore delegato della discarica di Mazzarrà Sant'Andrea, nel Messinese,

Domenico Proto, titolare della discarica, i fratelli Calogero e Nicolò Sodano, proprietari della

Soambiente di Agrigento.

Oggi il processo ha preso il via. Si è costituito parte civile il Comune di Motta Sant'Anastasia.

Respinta, invece, la richiesta del Comune di Misterbianco e di due associazione onlus: “Centro per i

diritti del cittadino” e “Codici Sicilia”. La grande assente era la Regione che, in soldoni, non potrà

chiedere i danni qualora gli imputati venissero condannati al termine del dibattimento.

Il funzionario palermitano, nel corso di un interrogatorio, ammise di avere intascato tangenti per

facilitare le pratiche degli imprenditori. Bastava pagare per evitare i controlli nelle discariche e le

possibili chiusure. Il prezzo della corruzione sarebbero stati migliaia di euro in contanti - diecimila

euro o forse più - televisori ultramoderni e soggiorni in alberghi di lusso. Fatti gravi tanto che oggi

il Tribunale ha respinto la richiesta di Cannova che avrebbe voluto patteggiare quattro anni di

carcere.

Fatti gravi come sottolineò lo stesso governatore Rosario Crocetta, nel corso di una conferenza

stampa pochi giorni dopo il blitz: "Il caso Cannova? Potrebbe essere solo l'inizio. Stiamo vagliando

l'ipotesi della confisca o dell'esproprio per pubblica utilità delle discariche private". Ed ancora: "Da

quando c'è questa amministrazione, però, non ci sono più coperchi. Forse, quando siamo intervenuti

con le rotazioni, dovevamo essere più incisivi ancora. La frequenza di queste inchieste mi fanno

pensare: altro che tangentopoli... . Dopo la Formazione, il Ciapi, i Beni culturali, la sanità...".

Sono tutti temi caldissimi, diventati materia dei dossier consegnati in questi mesi da Crocetta in

Procura per denunciare il malaffare che si annida nella pubblica amministrazione regionale. Un via

vai negli uffici giudiziari, quello del governatore. Per raggiungere le stanze dei procuratori Crocetta

è transitato a pochi metri dala stessa aula dove oggi la Regione e il suo governo erano i grandi

assenti.

Assenza reiterata, per la verità. La Regione avrebbe potuto costituirsi parte civile già quattro mesi in

sede di udienza preliminare quando Cannova e gli altri furono rinviati a giudizio sulla base della

richiesta della Procura. Una richiesta che indicava la Regione siciliana come parte offesa del

processo. La stessa Regione, grande assente del processo.

http://livesicilia.it/2015/01/19/rifiuti-tangenti-processo-regione-siciliana-palermo-rosario-

crocetta_588019/

TANGENTI, CROCETTA ALL'ATTACCO: "CANNOVA? SOLO L'INIZIO" Giovedì 24 Luglio 2014

Il governatore: "Questa è una nuova tangentopoli. Stiamo pensando alla

confisca delle discariche private. Pippo Gianni? Non ho letto le carte...". PALERMO - "Il caso Cannova? Potrebbe essere solo l'inizio. La vicenda che riguarda Pippo

Gianni? Non ho ancora visto le carte...". Il presidente della Regione da un lato attacco, dall'altro

"smorza". I filoni coinvolti dalle ultime inchieste della magistratura, infatti, sono due. Da un lato il

rovente settore delle discariche. Dall'altro le mazzette per il fotovoltaico. La Regione, comunque, è

investita dagli scandali. E il governatore, che giunge in conferenza stampa insieme all'assessore

Calleri, annuncia interventi drastici. Estremi.

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"Chideremo un parere all'Avvocatura dello Stato e all'ufficio legale. Stiamo vagliando l'ipotesi della

confisca o dell'esproprio per pubblica utilità delle discariche private". Le discariche gestite da

alcune aziende finite al centro appunto delle INDAGINI giudiziarie. "Abbiamo revocato - ha detto

Crocetta - l'autorizzazione a Oikos e anche a Soambiente, nei confronti della quale c'è anche una

informativa antimafia 'interdittiva'. Ma non solo. Abbiamo riscontrato delle anomalie anche in

un'altra discarica che ancora non è entrata in funzione, quella di Sant'Agata di Militello. Abbiamo

raccolto le denunce del sindaco: quella discarica stava sorgendo su una fiumare. Andrò a controllare

con i miei occhi".

Ma al di là dei singoli fatti, il tema, più generale è quello di una corruzione dentro la Regione che

appare più ampia del previsto: "Da quando c'è questa amministrazione, però, - ha precisato Crocetta

- non ci sono più coperchi. Forse, quando siamo intervenuti con le rotazioni, dovevamo essere più

incisivi ancora. La frequenza di queste inchieste mi fanno pensare: altro che tangentopoli... Dopo la

Formazione, il Ciapi, i Beni culturali, la sanità...". E in vista, così, ecco i provvedimenti anche nei

confronti dei funzionari coinvolti: "Certamente li sospenderemo. Poi - ha annunciato Crocetta -

verificheremo la possibilità, nel caso in cui le accuse si faccessero più concrete, di procedere col

licenziamento. Non abbiamo bisogno di questi collaboratori dentro la Regione".

E i prossimi passi potrebbero essere rappresentati da ispezioni a tappeto in tutti gli assessorati, ma

soprattutto in quello dell'Energia: "Intanto - ha detto il governatore - verificheremo le pratiche

curate da Cannova negli ultimi cinque anni. Servono controlli più intensi sia nelle fasi autorizzative

che in quelle di gestione". Ma attorno a Cannova ecco il giallo: il funzionario, inizialmente oggetto

di una rotazione, sarebbe rientrato dopo poco più di un anno nello stesso ruolo: "Ho saputo solo

adesso - spiega Crocetta - che quel dipendente è rientrato nella vecchia mansione a causa delle

pressioni operate da un sindacato autonomo".

Ma oltre ai rifiuti, come detto, ecco esplodere il "caso" delle mazzette per l'insediamento di un mega

impianto fotovoltaico a Monreale. Una vicenda che, stando alla ricostruzione dei pm,

coinvolgerebbe, oltre a funzionari della Regione, anche l'ex assessore all'Industria Pippo Gianni. "Il

funzionario, - ha precisato l'assessore Calleri - cioè la dottoressa Marcenò, verrà subito sospesa".

"Pippo Gianni? Ancora - ha detto invece Crocetta - so troppo poco di questa inchiesta. Vedremo. In

una convention dei Drs chiesi a Savona di uscire dalla sala? I fatti sono molto diversi...".

"Il settore dell'Energia e dei Rifiuti, - ha detto Calleri - è da monitorare secondo noi con

grandissima attenzione. È ora di dire basta a una situazione del genere. Lo dico da assessore e da

persona che combatte da una vita contro il malaffare e la mafia. Anche per questo, tutti gli atti di cui

siamo venuti a conoscenza sono stati già inviati alla Procura".

La conferenza stampa è finita.

17.32 Crocetta: "Sarà necessario pure un lavoro retroattivo, e capire con quali dirigenti e quali

funzionari abbiamo a che fare".

17.26 Crocetta: "Gianni? Non abbiamo ancora elementi. Savona? Erano questioni

diverse...aspettiamo di sapere, di conoscere gli atti. Magari ci sono intercettazioni non rese note.

Faremo correttamente le nostre valutazioni. L'Eolico? La giunta sta approvando un progetto di

legge che renderà molto difficile i nuovi INVESTIMENTI ".

17.19 Crocetta: "Il coinvolgimento di Pippo Gianni? Io voglio guardare le carte. Cannova era

tornato al suo posto? Sono curioso di verificarlo. Avevo dato disposizione che quelli trasferiti non

dovevano tornare al dipartimento di provenienza".

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17.15 Crocetta: "Servono controlli più intensi sia nelle fasi autorizzative che in quelle di gestione.

Chi ci assicura che nelle discariche non arrivino rifiuti tossici?".

17.09 Crocetta: "È mai possibile che, tra eolico e energia si debba sempre passare dalla mafia o

dalla corruzione?".

17.05 Crocetta: "Dobbiamo pensare a un nuovo modo di vedere il mondo dei rifiuti. Non possono

essere più gestite da società con questi requisiti. Chi ci tutela, ad esempio, sullo smaltimento dei

rifiuti pericolosi?"

17.02 Crocetta: "Di fronte a certe cose, stiamo pensando se è possibile operare anche attraverso

l'acquisizione o la confisca delle discariche. Coinvolgeremo l'Ufficio legislativo e l'Avvocatura per

verificare se dal punto di vista legislativo si può intervenire. A volte non riesco a far comprendere

anche alla politica che lo Statuto ci deve aiutare a fare meglio".

17.00 Crocetta: "Dove sarà possibile, da parte nostra, agiremo attraverso i licenziamenti, dopo la

sospensione immediata dall'incarico. Non abbiamo bisogno di questi collaboratori dentro la

Regione".

16.58 Crocetta: "Abbiamo riferito alla Procura. E stiamo anche raccogliendo le autorizzazioni

rilasciate da Cannova negli ultimi cinque anni. E saranno analizzati gli atti compiuti da funzionari e

dirigenti all'Energia che hanno riguardato alcune autorizzazioni".

16.55 Crocetta: "Il funzionario Cannova? Non può essere un fatto isolato. Peccato quella "n" in più,

avremmo avuto il privilegio di avere un Canova alla Regione".

16.54 Crocetta: "La frequenza di queste inchieste ci fanno dire: altro che tangentopoli... Dopo l

Formazione, il Ciapi, i Beni cultural, la sanità...".

16.52 È arrivato il presidente Crocetta: "Da quando c'è questa amministrazione, non ci sono più

coperchi. Forse, quando siamo intervenuti con le rotazioni, dovevamo essere più incisivi ancora".

16.49 Calleri: "Sul settore dell'Eolico e dell'energia l'attenzione, in tutta Italia, è altissima. Si tratta

di una sorta di Tangentopoli".

16.45 Calleri: "Sulle ultime vicende riguardanti il fotovoltaico, stiamo valutando come intervenire

nei confronti dell'unico funzionario coinvolto, la dottoressa Marcenò".

16.41 Calleri: "Ho inviato tutto ciò di cui sono venuto a conoscenza alla Procura della Repubblica.

Anche su alcune criticità su una discarica a Sant'Agata di Militello".

16.38 Calleri: "Abbiamo disposti la calendarizzazione cronologica delle pratiche sull'Energia.

Riguardo alle discariche, abbiamo ordinato la chiusura dell'Oikos. Abbiamo anche revocato

l'autorizzazione alla Soambiente, in seguito a una informazione prefettizia negativa. Siamo

intervenuti allo stesso modo con Tirreno Ambiente".

16.37 Calleri: "Non sottovalutiamo il settore dell'Energia e dei Rifiuti, da monitorare secondo noi

con grandissima attenzione. È ora di dire basta a una situazione del genere. Lo dico da assessore e

da persona che combatte da una vita contro il malaffare e la mafia".

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16.35 È arrivato a Palazzo d'Orleans l'assessore all'Energia Salvatore Calleri: "Il presidente Crocetta

sta arrivando".

16.29. La conferenza stampa sta per iniziare.

Alle 16 il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta e l'assessore all'Energia, Salvatore

Calleri terranno una conferenza stampa "sul tema delle tangenti all'Ambiente e all'Energia", presso

la sala Alessi di Palazzo d'Orleans, a Palermo.

LiveSicilia seguirà l'evento in diretta.

http://livesicilia.it/2014/07/24/tangenti-conferenza-stampa-di-crocetta-livesicilia-seguira-la-

diretta_520264/

RIFIUTI E MAZZETTE IN ASSESSORATO ARRESTATI UN FUNZIONARIO

REGIONALE E 4 IMPRENDITORI

VENERDÌ 18 LUGLIO 2014 - 20:05 DI RICCARDO LO VERSO

di RICCARDO LO VERSO Gli imprenditori sono un catanese, due agrigentini e un novarese con

interessi a Messina. Un impiegato dell'assessorato regionale al Territorio e ambiente avrebbe

intascato tangenti per rilasciare certificazioni favorevoli e ammorbidire i controlli sulle discariche e

sullo smaltimento dei rifiuti.(Leggi i nomi degli arrestati e delle discariche coinvolte). Video: gli

arresti e i sequestri di gioielli e tv

PALERMO- Con le mazzette filava tutto liscio come l'olio. Un funzionario dell'assessorato

regionale al Territorio e ambiente di Palermo e quattro imprenditori del settore dei rifiuti sono stati

arrestati dalla sezione reati contro la pubblica amministrazione della Squadra mobile di Palermo.

Gli imprenditori sono un catanese, due agrigentini e un novarese con interessi a Messina.

Gli agenti hanno monitorato i loro intrecci illeciti fin dal 2011, scavando nel complicato iter

amministrativo che accompagna la gestione delle discariche e lo smaltimento dei rifiuti. La

corruzione si sarebbe annidata fra i tanti passaggi burocratici. Soprattutto quelli sulle valutazioni di

impatto ambientale. Che diventavano favorevoli dietro il pagamento di tangenti. Non solo soldi ma

anche regali vari. In barba soprattutto alle normative contro l'inquinamento.

Il funzionario nei mesi scorsi è stato trasferito d'ufficio per evitare che continuasse a gestire quello

che gli investigatori definiscono "un grosso giro di affari". Le misure cautelari sono state chieste e

ottenute dal pool della Procura che si occupa di pubblica amministrazione, coordinato dall'aggiunto

Leonardo Agueci.

I poliziotti parlano di "stratificazione normativa e complesso apparato burocratico che hanno

permesso al funzionario infedele do giostrare nella gestione delle procedure connesse al rilascio dei

provvedimenti, agevolando gli imprenditori e preservandoli dall’ordinaria attività di controllo e

monitoraggio della pubblica amministrazione sulla modalità di gestione delle discariche e dello

smaltimento dei rifiuti, consentendo loro in questo modo di bypassare indenni tutti i controlli".

*Aggiornamento ore 11.22

Il funzionario dell'assessorato arrestato è Gianfranco Cannova. Questi, invece, i nomi degli imprenditori finiti in manette: gli agrigentini Calogero e Nicolò

Sodano, il catanese Domenico Proto e il novarese Giuseppe Antonioli. Le

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discariche coinvolte nell'inchiesta sono tre: Mazzarrà Sant'Andrea, "Soambiente" di Agrigento e "Oikos" di Motta Sant'Anastasia.

PALERMO - E' Gianfranco Cannova, 56enne, il funzionario dell'assessorato

regionale al Territorio e ambiente arrestato nell'ambito dell'inchiesta che a Palermo ha svelato un giro di mazzette legate allo smaltimento dei rifiuti e ai

controlli nelle discariche siciliane. Questi, invece, i nomi degli imprenditori finiti in manette: i fratelli agrigentini Calogero e Nicolò Sodano, di 54 e 53 anni,

titolari della discarica "Soambiente" di Agrigento, il catanese Domenico Proto, 48 anni, titolare della discarica "Oikos" di Motta Sant'Anastasia (Ct) e il

novarese Giuseppe Antonioli, 53 anni, amministratore delegato della discarica di Mazzarrà Sant'Andrea (Me).

http://livesicilia.it/2014/07/18/rifiuti-e-mazzette-in-assessorato-i-nomi-degli-arrestati_517722/

a cura del Comitato Cittadino Isola Pulita Isola delle Femmine

http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2015/02/le-tangenti-non-sono-allarme-sociale-il.html TANGENTI E RIFIUTI, IL PROCESSO LA REGIONE GRANDE ASSENTE

Gennaio 2015 - 18:03 di Riccardo Lo Verso

La Regione Siciliana e il governatore Crocetta non sono costituti parte civile al processo che vede imputati Gianfranco Cannova (nella foto), funzionario dell'assessorato al Territorio e ambiente, e 4 imprenditori. Sono tutti accusati di corruzione.

PALERMO - C'è un tempo per le conferenze STAMPA e gli annunci. E c'è un tempo in cui alle

parole possono seguire i fatti. Oggi la Regione e il suo governo hanno perso l'occasione per un

gesto concreto. Non si sono costituti parte civile, tramite l'Avvocatura dello Stato, al processo che

vede imputati Gianfranco Cannova, funzionario dell'assessorato regionale Territorio Ambiente, e

quattro imprenditori. Sono tutti accusati di corruzione.

Cannova avrebbe intascato mazzette in cambio di agevolazioni nel rilascio di autorizzazioni per lo

smaltimento dei rifiuti. Oltre al presunto dipendente infedele sotto accusa ci sono Giuseppe

Antonioli, amministratore delegato della discarica di Mazzarrà Sant'Andrea, nel Messinese,

Domenico Proto, titolare della discarica, i fratelli Calogero e Nicolò Sodano, proprietari della

Soambiente di Agrigento.

Oggi il processo ha preso il via. Si è costituito parte civile il Comune di Motta Sant'Anastasia.

Respinta, invece, la RICHIESTA del Comune di Misterbianco e di due associazione onlus:

“Centro per i diritti del CITTADINO ” e “Codici Sicilia”. La grande assente era la Regione che, in

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soldoni, non potrà chiedere i danni qualora gli imputati venissero condannati al termine del

dibattimento.

Il funzionario palermitano, nel CORSO di un interrogatorio, ammise di avere intascato tangenti

per facilitare le pratiche degli imprenditori. Bastava pagare per evitare i controlli nelle discariche e

le possibili chiusure. Il prezzo della corruzione sarebbero stati migliaia di euro in contanti -

diecimila euro o forse più - televisori ultramoderni e soggiorni in alberghi di lusso. Fatti gravi tanto

che oggi il Tribunale ha respinto la RICHIESTA di Cannova che avrebbe voluto patteggiare

quattro anni di carcere.

Fatti gravi COME sottolineò lo stesso governatore Rosario Crocetta, nel corso di una conferenza

stampa pochi giorni dopo il blitz: "Il caso Cannova? Potrebbe essere solo l'inizio. Stiamo vagliando

l'ipotesi della confisca o dell'esproprio per pubblica utilità delle discariche private". Ed ancora: "Da

quando c'è questa AMMINISTRAZIONE , però, non ci sono più coperchi. Forse, quando siamo

intervenuti con le rotazioni, dovevamo essere più incisivi ancora. La frequenza di queste inchieste

mi fanno pensare: altro che tangentopoli... . Dopo la Formazione, il Ciapi, i Beni culturali, la

sanità...".

Sono TUTTI temi caldissimi, diventati materia dei dossier consegnati in questi mesi da Crocetta in

Procura per denunciare il malaffare che si annida nella pubblica AMMINISTRAZIONE regionale.

Un via vai negli uffici giudiziari, quello del governatore. Per raggiungere le stanze dei procuratori

Crocetta è transitato a pochi metri dala stessa aula dove oggi la Regione e il suo governo erano i

grandi assenti.

Assenza reiterata, per la verità. La REGIONE avrebbe potuto costituirsi parte civile già quattro

mesi in sede di udienza preliminare quando Cannova e gli altri furono rinviati a giudizio sulla base

della richiesta della Procura. Una richiesta che indicava la Regione siciliana come parte offesa del

processo. La stessa Regione, grande assente del processo.

magnafranco 19-01-2015 - 18:15:53

la REGIONE avrebbe dovuto dare mandato per costituirsi parte civile e chiedere i danni che sono

derivati dal comportamento infedele ed a delinquere del cannavo, ma evidentemente la magistratura

deve ancora scavare a fondo, perchè non si costituisce parte civile e il solo funzionario avrebbe

potuto ordire a tutto quanto accaduto. chi stà coprendo cannavo', sicuramente gli avranno promesso

indulgenza e quindi occorre fargli dire quello che sa' e come si svolgevano i fatti realmente.

RISPONDI

rabbit 19-01-2015 - 19:38:47

Concordo, certamente da solo il funzionario non poteva gestire i rilasci di queste delicate e

complesse autorizzazioni e il non costituirsi parte civile da parte della REGIONE è uno scandalo

nello scandalo. ECCO perché il cannova non ha mai fatto nomi ma si è limitato solamente a

riconoscere le proprie responsabilità, forse ha avuto fatta qualche promessa. Che buffoni!!!

Cico (l'originale) 19-01-2015 - 18:33:29

La Regione avrebbe dovuto costituirsi parte civile per un danno di qualche decina di migliaia di

euro nei confronti di un suo dipendente infedele? Ma se non lo ha mai fatto contro suoi ex deputati,

ex assessori ed ex presidenti per danni praticamente incalcolabili?

lux 19-01-2015 - 18:58:34

COME siete malpensanti su scurdaru !!!!!!

90

dani 19-01-2015 - 19:31:44

Solo una PAROLA ripetuta tre volte: vergogna vergogna vergogna

marco68 19-01-2015 - 20:48:00

Trovata la spiegazione: in tema di balli sud-americani Cannova non balla la samba di Pappagone,

ma solo il tango col casquè, quindi forse è per questo che Pappagone non si è costituito. A parte gli

scherzi, ma l'assessore-avvocato Caleca, che ha licenziato un funzionario che intascava tangenti,

che ci dice di QUESTA disparità di trattamento, ovvero di questa vergogna pappagoniana e della

giunta di cui è componente?

dipende 19-01-2015 - 20:49:29

Cari siciliani, dovete capire che costituirsi parte civile non fa odiens, quindi perche

perderci TEMPO . Ormai siamo all'isola dei famosi, quindi se non tira al presidente ed ai suoi

cuccioli (dirigenti generali ed assessori) non conta. Che schifo... ma ormai visto che fanno schifo

sempre neanche li tocca un aggettivo del genere.

Pippo BIANCO 19-01-2015 - 20:53:55

Hanno paura che racconti TUTTO il magna magna dei burattinai del governo crocetta...e se lo

provocano può far saltare il governo.

Argo 19-01-2015 - 21:59:21

Concordo appieno.

antimafia a gogo' 19-01-2015 - 23:22:38

Caro Lo Verso, indaga indaga che andrai lontano....... tanto da qualcun ALTRO che avrebbe

l'obbligo di indagare......

non ci possiamo aspettare nulla........

GIUSEPPE Maritati 20-01-2015 - 11:58:37

Si va facendo sempre più tormentato e incomprensibile il cammino del governo regionale che non

riesce a compiere un solo passo partendo dalle sue eccellenti risorse naturali e umane. Il presidente

Crocetta prima concede una proroga ai termini di SCADENZA degli ATO confermandoli fino a

giugno. Poi non si costituisce parte vivile nel processo dove è imputato di corruzione il funzionario

pubblico che distribuiva permessi a suo piacimento personale. Mi sembrano due decisioni, prese in

questo difficile momento, che lungi dal contrastare poteri e interessi criminali, li alimenta e li

ravviva.

scettico 20-01-2015 - 12:03:50

Il nostro caro Presidente non manca di stupirci, lui che si vanta di essere un paladino della legalità e

poi al MOMENTO di dimostrarlo si nasconde.

Vergogna anzichè ANDARE in procura vattene a casa per il bene di chi lo ha votato.

hiro 20-01-2015 - 16:07:00

Inquietante il comportamento del governo. O

http://livesicilia.it/2015/01/19/rifiuti-tangenti-processo-regione-siciliana-palermo-rosario-crocetta_588019/

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Mazzette e rifiuti alla Regione Territorio, funzionario a giudizio 08 Ottobre 2014

Gianfranco Cannova avrebbe intascato mazzette in cambio di agevolazioni nel rilascio di autorizzazioni

per lo smaltimento dei rifiuti. Il processo al via il 15 gennaio. Con lui a giudizio anche 4 imprenditori.

PALERMO - Il gup di Palermo ha rinviato a giudizio un funzionario dell'assessorato

regionale Territorio Ambiente, Gianfranco Cannova, e quattro imprenditori. Sono tutti

accusati di corruzione. Cannova avrebbe intascato mazzette in cambio di agevolazioni nel rilascio di

autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti. Oltre a Cannova, andranno a giudizio, il 15 gennaio

davanti alla terza sezione del Tribunale, Giuseppe Antonioli, amministratore delegato della discarica

di Mazzarrà Sant'Andrea (Me), Domenico Proto, titolare della discarica, i fratelli Calogero e Nicolò

Sodano, proprietari della discarica Soambiente di Agrigento.

Secondo l'accusa, sostenuta dal sostituto procuratore Alessandro Picchi, il funzionario

avrebbe agevolato gli imprenditori preservandoli dall'ordinaria attività di controllo e monitoraggio

imposte a chi gestisce le discariche e previste per lo smaltimento dei rifiuti e avrebbe consentito

loro di bypassare indenni tutti i controlli. Tutti i personaggi coinvolti vennero arrestati a luglio.

(ANSA).

"Mazzette dagli imprenditori" Chiesto il giudizio per Cannova 18 Settembre 2014

L'indagine sulle autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti. Chiesto il processo, oltre che per il funzionario della Regione, anche per Giuseppe Antonioli, Domenico Proto e i fratelli Calogero e Nicolò

Sodano.

PALERMO - La Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio di un funzionario

dell'assessorato regionale Territorio Ambiente, Gianfranco Cannova, e di quattro

imprenditori. Sono tutti accusati di corruzione. Cannova avrebbe intascato mazzette in cambio di

agevolazioni nel rilascio di autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti. L'indagine, iniziata nel 2011

e durata due anni, e' stata condotta dalla polizia di Palermo e Agrigento avendo coinvolta anche due

imprenditori agrigentini. Oltre a Cannova, il processo è stato chiesto per Giuseppe Antonioli,

amministratore delegato della discarica di Mazzarra' Sant'Andrea (Me), Domenico Proto, titolare

della discarica, i fratelli Calogero e Nicolo' Sodano, proprietari della discarica Soambiente di

Agrigento.

Anche muovendosi nel complicato groviglio delle procedure amministrative, il funzionario avrebbe

agevolato gli imprenditori preservandoli dall'ordinaria attività di controllo e monitoraggio imposte a

chi gestisce le discariche e previste per lo smaltimento dei rifiuti e avrebbe consentito loro di

bypassare indenni tutti i controlli. Tutti i personaggi coinvolti vennero arrestati a luglio. Secondo le

indagini i titolari di grossi impianti di smaltimento avrebbero pagato svariate migliaia di euro per

ottenere i favori di Cannova. Ma non solo. Al funzionario infedele sarebbero state messe a

disposizioni escort, viaggi e impianti televisivi da oltre 17 mila euro.

http://m.livesicilia.it/2014/09/18/mazzette-dagli-imprenditori-dei-rifiuti-chiesto-il-giudizio-per-cannova_540186/

MAZZETTE E DISCARICHE, APERTA UN'INDAGINE INTERNA ALL'ASSESSORATO

AMBIENTE: "SI CERCANO COMPLICITÀ"

Nelle carte dell'inchiesta i dubbi degli inquirenti sul sistema dei controlli. Una commissione al

dipartimento "Accertamenti affidati a esterni". Nel mirino i contatti del funzionario regionale

arrestato con altri burocrati e politici. I rapporti con i big del settore rifiuti di ANTONIO FRASCHILLA

Davvero un semplice funzionario poteva influenzare e a volte prendere decisioni su discariche, rifiuti e autorizzazioni milionarie? Davvero Gianfranco Cannova, arrestato

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perché secondo gli inquirenti avrebbe intascato mazzette dai titolari delle principali discariche private siciliane, ha fatto tutto da solo? A queste domande proverà a dare una risposta una commissione che sarà nominata dal dirigente del dipartimento Territorio e ambiente Gaetano Gullo, che sulla vicenda delle discariche dell'Oikos e della Tirreno ambiente vuole vederci chiaro. Specie dopo che lui stesso lunedì scorso ha firmato un verbale che alle contestazioni mosse dall'ex assessore Nicolò Marino e dal dirigente Rifiuti Marco Lupo sull'Oikos risponde che tutto è a posto e la discarica può continuare a lavorare: "Convocherò subito i dirigenti del mio dipartimento per capire perché hanno dato parere favorevole e mi hanno fatto firmare questo atto su una discarica nell'occhio del ciclone", dice. Il funzionario del servizio autorizzazioni Via-vas deve rispondere al dirigente dell'Unità operativa, al dirigente del servizio, al dirigente generale del dipartimento e, a volte, anche all'assessore al ramo. Come faceva Cannova a garantire il risultato agli imprenditori in piena solitudine? Insomma, sull'assessorato Territorio e ambiente, ma anche sui dirigenti che hanno lavorato all'assessorato Energia, ancora ci sono zone d'ombra sulle quali fare luce. Da qui la decisione del neo dirigente generale Gullo di nominare una commissione d'inchiesta esterna: "Voglio nominare professionisti che non hanno alcun rapporto con dipendenti dell'amministrazione ", dice Gullo.

Una cosa è certa: dalle carte dell'indagine che ha portato all'arresto del funzionario e di quattro imprenditori (tra i quali i re delle discariche siciliane, il catanese Domenico Proto e Giuseppe Antonioli) emergono dubbi degli inquirenti sul coinvolgimento di altri dirigenti, quanto meno superficiali in alcuni atteggiamenti e decisioni. A esempio nelle carte dell'indagine si cita un pranzo avvenuto tra Proto, Cannova e un altro alto dirigente del settore Rifiuti in un noto ristorante di Palermo. Gli inquirenti sottolineano "l'atipicità" di questo incontro in ambienti non istituzionali tra i funzionari pubblici e "un soggetto privato" interessato in un procedimento amministrativo gestito da quegli stessi funzionari. Ma c'è di più. Dalle intercettazioni emerge anche che il Cannova avrebbe proposto a Proto di pagare anche questo alto dirigente del Rifiuti che, a suo dire, era vicino al Partito democratico. In un'altra intercettazione, invece, Cannova tranquillizzava gli imprenditori sull'esito di una conferenza di servizio grazie ai "suoi canali e amicizie" all'interno della macchina burocratica. Non solo, dalle carte emerge poi come Cannova entrava in contrasto con alcuni dirigenti dei dipartimenti Territorio e Rifiuti, questi magari erano mossi da altri motivi politici perché parenti di deputati catanesi che sponsorizzavano altre iniziative a scapito della Oikos. E, ancora, Cannova dimostra di avere rapporti diretti anche con ispettori dell'Arpa, che invitava a pranzo per discutere di iniziative su alcune discariche. Ad altri dirigenti del dipartimento, invece, Cannova chiedeva "informazioni" riservate: come ad esempio sulla situazione burocratica riguardante la società Osmon, riconducibile all'imprenditore Antonioli, ottenendo "dettagliate informazioni nonché l'apparente disponibilità dello stesso dirigente contattato ad aiutare l'Antonioli e la sua società". Il dirigente in questione provava poi a convincere della bontà dell'iniziativa presentata dalla Osmon l'allora responsabile del dipartimento Energia Gianluca Galati.

Insomma, le complicità, più o meno volontarie, ci sono state, eccome. E proprio su queste si baserà adesso l'indagine interna al dipartimento Ambiente: "Ci saranno trasferimenti, qui dobbiamo cambiare proprio aria", assicura l'attuale dirigente generale Gullo, che denuncia come il caso Cannova riguardi anche il sindacato. "Avevamo trasferito il dipendente ben prima degli arresti di ieri, proprio perché ci era sembrato che qualcosa non quadrava - dice Gullo - a esempio vedevamo troppi politici venire in dipartimento a

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parlare direttamente con lui. Ma la Uil ci ha fatto opposizione perché in quanto rappresentante sindacale Cannova non poteva essere trasferito. Così è tornato nello stesso ufficio della Via-Vas e delle autorizzazioni. Anche questo un paradosso sul quale andrebbe fatta chiarezza". Intanto i grillini chiedono di revocare l'autorizzazione alla discarica di Motta Sant'Anastasia dell'Oikos, nonostante proprio lunedì scorso Gullo abbia firmato il verbale che invece sostiene che nel sito tutto è in regola. Una bella matassa che sarà difficile da districare.

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2014/07/20/news/mazzette_e_discariche_aperta_un_indagine_interna_all_assessorato_ambiente_si_cercano_complicit-92003770/

CHI SONO I DIRIGENTI E FUNZIONARI DELL'ASSESSORATO TERRITORIO E

AMBIENTE DELLA REGIONE SICILIA ANCHE DIVERSI DA QUELLO ARRESTATO?

Fermo restando il quadro accusatorio nei confronti del funzionario dell'assessorato territorio e ambiente, arch.Cannova, & relativi soci

attualmente individuati. quello che viene riportato dalla stampa e, stranamente, anche dal virgolettato degli inquirenti non può non apparire poco

verisimile ed incongruo.

A quanto è dato conoscere :

Cannova è un funzionario e come tale, ovviamente, non era nei suoi poteri

rilasciare, come invece erroneamente riportato, alcuna autorizzazione.

Cannova è stato, al più, il responsabile dei procedimenti amministrativi a lui

affidati dal dirigente dell'unità operativa o dal dirigente del Servizio VIA-VAS, e tra l'altro è stato per anni fino a poco tempo fa il segretario di conferenze dei

servizi, spesso per il rilascio delle AIA, ma la sua funzione non poteva andare oltre.

Cannova, in quanto funzionario, non poteva che svolgere le sue funzioni o incardinato in una Unità Operativa retta da un dirigente o alle dirette

dipendenze funzionali del dirigente responsabile del Servizio VIA-VAS deputato al rilascio anche delle AIA; ci risulta che era il segretario delle conferenze dei

servizi indette dal Servizio VIA-VAS e colui che andava a seconda dei casi a rendere i pareri nelle conferenze dei servizi per il rilascio di autorizzazioni di

competenza di altri dipartimenti, pareri tuttavia predisposti non da lui ma dai responsabili gerarchici a lui superiori.

Quindi, Cannova poteva sì fornire "consigli" o qualcos'altro agli imprenditori "amici", ma poteva "condizionare" il rilascio delle autorizazioni solo ed

esclusivamente se chi stava gerarchicamente sopra di lui - in prima battuta il dirigente dell'Unità Operativa doveva condividere il

procedimento e trasmetterlo al responsabile del servizio,

- in seconda il responsabile del servizio se condivideva la proposta

dell'U.O. rilasciava l'autorizzazione nel caso di sua competenza,

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- in terza il dirigente generale del dipartimento se condivideva la proposta del servizio rilasciava l'autorizzazione nel caso di sua competenza

- ed in quarta se l'assessore condivideva la proposta del dipartimento, vagliata dal suo gabinetto, rilasciava l'autorizzazione nel caso di sua

competenza,

non si accorgeva di nessuna eventuale irregolarità o faceva parte della rete del

"condizionamento".

Quindi, ai vari livelli,

o Cannova, dal basso superava tutte le varie maglie e faceva fessi dirigenti di unità operativa e responsabile del servizio, dirigente generale, segreteria

tecnica dell'assessore e l'assessore,

o nessuno controllava gli atti e le autorizzazioni erano firmate senza neppure

leggere i decreti che si firmavano

o...Cannova era soltanto il primo anello della catena.

Ecco perchè la versione così come riportata dalla stampa fa acqua da tutte le

parti, le autorizzazioni rilasciate da Cannova sono inesistenti e se Cannova condizionava, chi erano i condizionati lungo i vari passaggi amministrativi che

portavano al rilascio delle autorizzazioni o alla fornitura dei pareri del servizio VIA-VAS nelle conferenze dei servizi presso altri dipartimenti?

Può darsi, anzi speriamo, che lo dirà Cannova meditando nelle patrie galere.

Un'ultima perla.

Ricordiamo tutti quando "scoppia" al dipartimento ambiente la bomba

Crocetta-Lo Bello delle 3500 pratiche inevase al servizio VIA-VAS. Stante il numero esorbitante è logico pensare che si siano accumulate

quantomeno nel corso degli ultimi anni.

Chi sono stati i dirigenti responsabili di questo Servizio negli ultimi anni, i

dirigenti generali del dipartimento ambiente, i dirigenti responsabili del controllo di gestione ed i dirigenti responsabili della valutazione delle attività

dirigenziali?

I nomi sono tutti arcinoti e si trovano nel sito dell'ARTA, ma ci limitiamo solo a

rilevare, perchè sono dati pubblicati sempre nel sito dell'ARTA, che i

responsabili del Servizio di quel periodo, hanno avuto attestato di avere raggiunto negli stessi anni dell'accumulo tutti gli obiettivi previsti (???) ed

hanno di conseguenza intascato le relative indennità (circa 9300 euro/anno per gli obiettivi e oltre 23340 euro/anno in quanto a indennità d'incarico).

Quindi, per attestazione della stessa amministrazione, il Servizio VIA-VAS ha funzionato al meglio, nonostante che, a detta della stessa amministrazione,

avesse accumulato 3500 pratiche inevase.

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Qualcuno dei dirigenti del Servizio VIA-VAS ha ricevuto dall'amministrazione denunciante, in primis Crocetta, Lo Bello e Arnone (dirigente generale) qualche

contestazione, qualche provvedimento di responsabilità dirigenziale? Manco a parlarne.

Anzi, come "botto" della bomba, i dirigenti responsabili del Servizio VIA-VAS non solo non sono stati chiamati a rispondere delle responsabilità dell'enorme

accumulo, ma anzi, uno dei dirigenti è stato trasferito ad altro dipartimento sempre come capo servizio, l'altro è stato addirittura promosso da Crocetta a

dirigente generale, prima nello stesso dipartimento ambiente e dopo in un altro (il dipartimento regionale tecnico).

E' notizia di qualche giorno che quest'ultimo si è appena messo in pensione con almeno 7000 euro al mese ed una buonauscita che assommerebbe di

diverse centinaia di migliaia di euro.

Come si dice in siciliano, chi ddici?

Vabbè, tanto c'è...Cannova !!!

Comitato Cittadino isola Pulita

di Isola delle Femmine sede dello Stabilimento Italcementi a cui è stato

concessa Autorizzazione Integrata Ambientale decreto 693 18 luglio 2008 a firma dell'ing. Vincenzo Sansone, responsabile del Servizio VIA-VAS, con

segretario della relativa conferenza dei servizi arch. Gianfranco Cannova.

LA BELLA VITA DEL FUNZIONARIO REGIONALE CANNOVA FATTA DI "MONEZZA"

MARKEZ

Gianfranco Cannova, funzionario regionale all’assessoratoTerritorio Ambiente,

faceva da consulente agli imprenditori dello smaltimento dei rifiuti. Dava le dritte su quanto avvenivano le ispezioni a “sorpresa”, consigliava gli

adeguamenti della tariffa di smaltimento dei rifiuti dando anche le motivazioni delle richieste....e vacanze, viaggi, bella vita.

“…Mimmo…Mimmo…una cosa una cosa sola. – diceva Cannova a Domenico Proto titolare della discarica di Motta Sant’Anastasia – La tariffa di 5 anni fa.

ma tu lo sai il gasolio a quanto era 5 anni fà?”. Per questi servigi veniva ripagato e bene. Sono stati almeno 20 i soggiorni per il funzionario e tutta la

sua famiglia al prestigioso Baja Verde di Acicastello. Viaggi anche a Rimini tutto pagato dall’azienda di Proto.

Sempre Cannova nel corso di un’intercettazione spiegava al figlio il suo

rapporto di “collaborazione” con Domenico Proto, titolare del mega impianto nel catanese. “Quello che io guadagno in un anno, lui lo guadagna in un mese”.

E il figlio gli chiede perché non gli dà un po’ soldi. “Se io lavoro mi da… mi da soldi pe… non regala nessuno niente. Se tu li meriti perché sei bravo e lavori,

te li danno”. Il figlio a questo punto chiede se il padre collabora con Domenico Proto. “Certo! Non lo vedi che abbiamo lav… abbiamo parlato di lavoro?” E

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quanto ti dà chiede il figlio. “Dipende quello che faccio, se guadagno 10.000 mi da 10.000, se guadagno 5.000 mi da 5.000″.

Un dialogo (alla cui lettura si rinvia) i cui termini e i cui contenuti davvero non meritano altri commenti dal momento che il Cannova si esprimeva come se

fosse stato lui l’imprenditore interessato alla pratica amministrava e non il funzionario pubblico dell’ufficio regionale.

C’erano alcuni problemi nella gestione della discarica di Motta Sant’Anastasia e Gianfranco Cannova organizzò un pranzo al ristorante “Papoff” di via Isidoro La

Lumia. Al tavolo si sedettero il 6 marzo 2012 Domenico Proto, Gianfranco Cannova, Domenico Michelon e Roberto Li Causi, questi ultimi funzionari del

Dipartimento Acque Rifiuti. Un consesso “atipico” sottolineano gli investigatori in ambienti non istituzionali

tra i funzionari pubblici e un soggetto privato interessato in

un procedimento amministrativo gestito da quegli stessi funzionari. Michelon svolgeva il ruolo di sub-commissario delegato all’emergenza rifiuti ed il

Dipartimento Acque e Rifiuti era soggetto istituzionale coinvolto nelle Conferenze dei Servizi.

“Prima dell’incontro Cannova, – spiera prima dell’arrivo del Proto, aveva incontrato brevemente nella sua autovettura Michelon e Li Causi

“preparandoli”, per così dire, sulle tematiche di interesse di “Mimmo” (cioè di Domenico Proto) in specie mostrandosi contrariato per la procedura

di annullamento in autotutela del precedente decreto di autorizzazione a favore della società Oikos, che l’ingegnere Natale Zuccarello, avrebbe messo alla

firma del Dirigente Arnone Giovanni, all’insaputa del Cannova stesso”

http://www.qtsicilia.it/2013-08-25-07-23-18/39-la-regione-siciliana/1603-la-bella-vita-

del-funzionario-regionale-cannova-fatta-di-qmonezzaq.html

Rifiuti e corruzione, arrestato Mimmo Proto In manette 4 imprenditori e un funzionario Di Carmen Valisano | 18 luglio 2014

L’operazione, denominata Terra mia, ha portato all’individuazione di un complesso sistema di procedure ambientali non seguite e controlli evitati grazie al presunto pagamento di tangenti. Coinvolti quattro titolari di discariche, tra i quali il proprietario dell’impianto di contrada Tiritì, a Motta Sant’Anastasia. Il dipendente regionale «rilasciava le autorizzazioni Aia e gestiva l’ufficio come suo feudo. Con gli imprenditori amici era prodigo di consigli anche per fregare l’amministrazione pubblica».

Un funzionario della Regione e quattro imprenditori legati alla gestione dei rifiuti sono stati arrestati stamattina dagli uomini della squadra mobile

di Palermo. Tra loro spicca il nome di Domenico Proto, titolare della Oikos spa, la ditta proprietaria del mega-impianto di contrada Tiritì-Valanghe d’inverno.

Secondo le accuse, Gianfranco Cannova (dipendente dell’assessorato regionale

Territorio e ambiente) avrebbe avuto un ruolo nella gestione delle procedure più importanti, quelle legate al rilascio delle autorizzazioni all’attività delle

discariche. In cambio di regali e viaggi, avrebbe agevolato gli iter d evitato agli

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impianti amici controlli e monitoraggi ai quali avrebbero dovuto invece sottostare. Un quadro di corruzione definito dagli inquirenti molto grave nel

quale sono coinvolti, oltre a Proto, gli imprenditori Giuseppe Antonioli (amministratore della discarica di Mazzarrà Sant’Andrea, in provincia

di Messina) e i fratelli Calogero (ex senatore della Casa delle libertà) e Nicolò Sodano, responsabili della Soambiente di Agrigento.

L’operazione, denominata Terra mia, ha avuto inizio nel 2011 ed è durata oltre due anni. I titolati delle indagini hanno messo in rilievo come «questo settore

amministrativo è caratterizzato da unastratificazione normativa e da un complesso e macchinoso apparato burocratico». Elementi che hanno

facilitato l’azione contestata al presunto funzionario infedele. «La corruzione e i corrotti sono un rifiuto speciale e pericolosi - dichiara il procuratore aggiungo di

Palermo Dino Petralia - L’imprenditore del Catanese (Domenico Proto, ndr)

aveva bisogno di ampliare la discarica a tre milioni di metri cubi. Aveva bisogno dell’Autorizzazione integrata ambientale.Sembra che l’azione per

ottenerla in modo illegale sia la regola». A lui fa eco il collega Leonardo Agueci: «Il funzionario regionale rilasciava le autorizzazioni Aia e gestiva l’ufficio come

suo feudo. Con gli imprenditori amici era prodigo di consigli anche per fregare l’amministrazione pubblica». Nessuna remora di controlli. «Poteva

svolgere una attività illecita con la massima disinvoltura».

Sia il sito di contrada Tiritì-Valanghe d’inverno che l’impianto messinese

di Mazzarrà Sant’Andrea sono sotto inchiesta da parte della dirigenza regionale all’Ambiente per presunte violazioni compiute nella gestione dei rispettivi

impianti. Un’inchiesta avviata qualche mese fa dall’ex assessore regionale Nicolò Marino. Soambiente gestisce i siti agrigentini

di Siculiana e contrada Monserrato e a Noto (in provincia di Siracusa) quello di contrada Stallaini.

A poche ore dall’arresto di Proto, intanto, Confindustria Catania ha sospeso la ditta Oikos, interrompendo il suo rapporto con l’associazione. «Il

provvedimento è stato adottato d’urgenza, in ottemperanza del codice etico di

Confindustria, spiegano.

http://ctzen.it/2014/07/18/rifiuti-e-corruzione-arrestato-mimmo-proto-in-manette-4-

imprenditori-e-un-funzionario/

MAFIA, RIFIUTI E MAZZETTE: I FRATELLI SODANO TRADITI DALLE

INTERCETTAZIONI

Gli inquirenti hanno disegnato il quadro accusatorio grazie alle discussioni, tra le altre, dei fratelli

Sodano, inizialmente sottoposti ad intercettazione per confermare un sospetto rapporto con la

criminalità organizzata. LE INTERCETTAZION

Mafia, rifiuti e mazzette: i fratelli Sodano traditi dalle intercettazioni

LE intercettazioni telefoniche nei confronti dei fratelli Nicolò e Calogero Sodano, arrestati stanotte

nell'ambito dell'indagine sulle mazzette alla Regione Sicilia, partirono inizialmente per acquisire

elementi di prova che confermassero presunti rapporti tra i Sodano con ambienti della criminalità

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organizzata. Ma durante l'ascolto dei loro telefoni e delle microspie piazzate tra auto e uffici, i

poliziotti hanno sentito tutt'altro.

Sin dalle fasi iniziali dell'indagine, infatti, venivano intercettati assidui contatti telefonici con il

funzionario regionale Gianfranco Cannova, in qualità di responsabile del procedimento

funzionale al rilascio del provvedimento di autorizzazione. Così gli inquirenti avrebbero appurato

come lo stesso Cannova si sarebbe ripetutamente attivato ogniqualvolta gli imprenditori Sodano ne

caldeggiavano un intervento. Ma non solo: talvolta è stato proprio lui stesso a sollecitare i due

fratelli agrigentini, nel corso delle diverse fasi dei procedimenti amministrativi, ad assumere più

iniziative; sollecitazioni che si sarebbero concretizzate in incontri anche a stretto giro, per i quali

Cannova avrebbe più volte dato la disponibilità di raggiungere i due imprenditori ad Agrigento.

Sotto la lente d'ingrandimento degli investigatori è finito, in particolare, un incontro avvenuto il 2

maggio del 2011, quando i Sodano incontrarono Cannova nei suoi uffici a Palermo. Poco prima che

i fratelli giungessero nel capoluogo di regione, però, i poliziotti intercettarono una telefonata in

cui Calogero Sodano chiede ad un proprio collaboratore di quantificare la disponibilità di soldi

contanti in azienda; una richiesta alla quale il dipendente ha riferito l'ammontare di 3mila e 585

euro che Calogero Sodano - pur lamentato la scarsità della liquidità - avrebbe chiesto di avere il

prima possibile, in quanto doveva recarsi urgentemente a Palermo. Una richiesta che per gli

inquirenti trova spiegazione nella consolidata pratica di portare, di volta in volta, delle "mazzette" al

funzionario regionale.

Ma per gli investigatori la dimostrazione forse più eloquente del rapporto delittuoso viene fornita

una discussione tra i due fratelli Sodano, intercettata nel settembre del 2011 grazie ad una microspia

piazzata sulla loro auto, nella quale Nicolò e Calogero commentano tra loro il "costo esagerato" del

funzionario regionale, ricordando il fatto che lo stesso aveva già ricevuto circa cinquantamila euro.

C = a CANNOVA lo faccio chiamare tramite l'avvocato ora...

G = si!

C = …inc…

G = perchè non ha ancora convocato la conferenza dei servizi

C = Ah?

G = gli devi dire, avvocato, ...inc..., avvocato...e noi non lo chiamiamo più ! Cioè, deve capire che

siamo offesi noi con lui...

C = perciò, se noi gli facciamo capire che siamo offesi con lui, a questo il culo sai come gli diventa

? Dice non credo che mi denunciano... non credo che... minchia!

G = qualche trenta.. qualche trentamila euro (30.000) gli abbiamo dato...

C = ma che fa! ma che dici!

G = qualche cinquantamila euro (50.000) gli abbiamo dato.. Lì (diminutivo di Calogero)

C = ma che minchia dici ! E poi quando all'ultimo ci ha chiesto tutti quei soldi... hai visto che ci ha

detto "accontentatevi con questa discarica"

G = si! bello chiaro...

C = bello chiaro... “per ora questo... prendetevi questo per ora...”

G = eh,infatti...

C = da lui dipende... tutte cose lui manovra...

G = si, tutte cose lui...

C = però ha di sopra la politica, capito?

G = la mafia politica...

C = no ! Lui è... lui è...

G = per dargli un incarico di questo... Li (diminutivo di Calogero)

C = lui è...

G = inc. per dargli un incarico di questo... inc. deve fare quello che dicono gli altri...

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C = se c'è la politica ...inc... vanno secondo legge, secondo... qua la legge...inc.

G = ...inc... non solo i grana (soldi, n.d.r.), ma è diventato anche di prestigio, pure.

http://www.agrigentonotizie.it/cronaca/intercettazioni-fratelli-sodano-villaseta-agrigento.html

Tutto parte dall'esposto di Gullo

"Sospensione per Cannova"

Venerdì 18 Luglio 2014 - 11:46 di Claudio Reale

La vicenda che ha portato agli arresti di stamattina è quella finita al centro dello scontro fra Nicolò

Marino e Mariella Lo Bello. Il dirigente del Territorio: "Da lunedì il funzionario non sarà più in

servizio"

PALERMO – Mentre è in corso la conferenza stampa sugli arresti, Gaetano Gullo aspetta notizie.

“Ma chi è, Cannova?”. Sì, è Gianfranco Cannova il funzionario arrestato stamattina dalla polizia

nell'ambito dell'inchiesta su rifiuti e mazzette. Non indica un nome a caso, Gullo: era stato proprio il

dirigente dell'assessorato al Territorio a segnalare alla Procura una strana vicenda che aveva appreso

alla fine del 2013, una storia di presunte mazzette legate alle autorizzazioni per le discariche.

Adesso, per Cannova scatta la sospensione, un provvedimento immediato: “Da lunedì – spiega

Gullo – il funzionario arrestato non sarà in servizio per tutta la durata delle esigenze cautelari”.

La vicenda che ha portato al blitz di stamattina era esplosa a marzo. E si era trasformata in uno

scontro politico fra l'allora assessore all'Energia Nicolò Marino e la titolare del Territorio Mariella

Lo Bello: oggetto del contendere, l'autorizzazione per una discarica pubblica bloccata da una lettera

che lo stesso Gullo aveva firmato “senza leggerla fino in fondo”, come spiegò il dirigente a

LiveSicilia. “Quella lettera – dice Gullo – era stata materialmente predisposta da Cannova”. È così

che si accesero i riflettori sul funzionario: Cannova fu trasferito al servizio Parchi, e intanto Gullo e

Lo Bello raccontarono ai magistrati la storia appresa pochi giorni dopo la lettera. Il funzionario

arrestato oggi ha gestito le autorizzazioni ambientali per la discarica di Mazzarrà Sant'Andrea e -

secondo la tesi, tutta da dimostrare, raccontata da Gullo ai magistrati - poi avrebbe acquistato

un'auto in Lombardia da un'azienda riconducibile a un altro degli indagati.

Sospensione immediata, dunque. Ma non solo. “In questi casi – prosegue Gullo – si avvia un

procedimento disciplinare che potrebbe portare al licenziamento. Quando ci sono profili di carattere

penale la conclusione del procedimento è però successiva all'eventuale condanna. Insomma: prima

si deve concludere l'eventuale processo e poi la commissione di disciplina prenderà una decisione”.

http://livesicilia.it/2014/07/18/tutto-parte-da-un-esposto-di-gullo-ora-sospensione-per-

cannova_517755/

Tutto parte dall'esposto di Gullo 'Sospensione per Cannova' - Live Sicilia

ASSESSORATO TERRITORIO AMBIENTE SICILIA ARRESTI... di isolapulita VACANZE EXTRALUSSO E SOLDI IN CONTANTI SMS E INTERCETTAZIONI SVELANO LE MAZZETTE

Venerdì 18 Luglio 2014 - 16:03 di Riccardo Lo Verso

Secondo gli inquirenti, tra il funzionario regionale Gianfranco Cannova e I'imprenditore catanese Domenico Proto c'era un “consolidato, stratificato e

100

articolato rapporto criminoso". Le intercettazioni che inchioderebbero gli indagati.Una foto degli arresti del blitz tratta dal video.

PALERMO - Soggiorni in hotel di lusso - più di venti vacanze - e mazzette in contanti. C'è tutto

questo alla base di quello che i magistrati definiscono “il consolidato, stratificato ed articolato

rapporto criminoso instaurato dal funzionario pubblico Gianfranco Cannova con l'imprenditore

catanese Domenico Proto, detto Mimmo”.

Proto è presidente della Oikos, la società che gestiva lo smaltimento di rifiuti nella discarica di

contrada Tiritì, a Motta Sant'Anastasia. Cannova aveva presentato all'assessorato regionale al

Territorio e ambiente la richiesta per ampliare la discarica nella vicina contrada Valanghe d'Inverno.

La Oikos è un colosso del settore. Nel 2011 ha fatturato 30 milioni di euro, saliti a 45 nel 2012. Il

previsto ampliamento aveva scatenato la reazione di alcuni comitati “No discarica”, preoccupati per

la salute pubblica.

Un affare milionario che Proto non poteva rischiare di mandare all'aria e si sarebbe “servito” della

collaborazione di Cannova. E così quando, il 12 settembre 2011, Proto gli chiedeva informazioni

(“Sai se domani è stato organizzato una visita in discarica da Palermo”), il funzionario lo metteva in

guardia: “... domani l'ing Michelon (Domenico Michelon dell'Arpa ndr) domani alle ore 09:00

vengono a fare un controllo con ing Polizzi (Alberto Polizzi, dipendente del Dipartimento ndr) e un

consulente dell'Assessore per le problematiche del comitato no discarica”. Cannova non sembrava

preoccupato, ostentava sicurezza: “Per quanto riguarda domani, domani c'è questa riunione e tra

l'altro Michelon e Pulizzi... che non gliene fotte niente di questa cosa. la stanno facendo soltanto

perché gli lo ha ordinato l'assessore... non sono interlocutori che vengono per fare casino o per fare

danno anche perché io gli l'ho detto a Michelon acquisisci i verbali dell'Arpa... prendendoti i verbali

dell'Arpa non hai bisogno di fare niente... perché sta facendo queste cose. Perché l'assessore

praticamente ha letto i giornali e sulla scorta dei giornali che hanno scritto che non sono state

risposte... non sono state date risposte all'interrogazione di Burtone”.

Onde evitare di farsi trovare impreparati, però, Cannova decide di acquisire lo stesso delle

informazioni. Tre giorni dopo contattava dopo Federico Vagliasindi (allora consulente

dell'assessore regionale all'Energia Giosuè Marino) che era stato designato per partecipare

all'ispezione: “Le ripeto la questione non è urgentissima… volevo concordarla con lei per studiare

una linea comune tutto qua… per vedere se lei concordava con il mio pensiero”.

In ballo c'era un affare enorme, visto che la Oikos si era portata avanti con i lavori,spendendo 28 dei

31 milioni di euro necessari per l'ampliamento della discarica. E così il 10 ottobre Cannova passava

a Proto una nuova notizia riservata: “Il fascicolo è in mano a Mimmo e stasera mi dice se va bene”.

Alle 20 e 36 dello stesso giorno scriveva. “I documenti vanno bene. Domani mi faccio spedire da

veronica la firma digitale e presento il tutto”. Veronica era una collaboratrice di Proto. Cannova,

dunque, scrivono i pm, “ si è interessato di seguire, passo passo, tale pratica amministrativa

addirittura concordando con il Proto le fasi successive”.

Più che un funzionario pubblico, dunque sarebbe stato al soldo di Proto. In cambio di

cosa?Innanzitutto di viaggi e soggiorni. Tutti extra lusso. Nel novembre 2011 l'imprenditore

catanese ha pagato al dipendente la trasferta a Rimini in occasione della fiera Ecomondo sul riciclo

di rifiuti. “Ti ho messo partenza da Catania, vedi... perché se no dovevi... - diceva proto a Cannova -

. Fai una cosa, parla con Veronica.... dagli l'input qual è la disponibilità e ti faccio cambiare tutte

cose”. E Cannova ricambiava con informazioni preziose: “Senti, vedi che è arrivato l'altro

documento che praticamente parla di nuovo di e... annullamento del decreto AIA nei confronti di

Oikos... ora faccio i fax e glieli faccio arrivare a Veronica, quindi questa cosa continua, è quella del

direttore, pensavo fosse finita e invece continua"

101

Proto temeva il ritiro dell'autorizzazione: Da parte di chi arriva questo documento?”. Risposta: “ Da

parte del direttore, che, praticamente, gli ha scritto l'ufficio di gabinetto dell'assessore, perché ha

avuto la richiesta da parte della Prefettura. Ufficio di presidenza, segreteria tecnica, da parte del

presidente... della... della Regione... Scrive Arnone perché vuole risposta la Monterosso, Patrizia

Monterosso, ch'è il capo di gabinetto di Lombardo... te lo faccio arrivare tramite fax.. ehm... stasera

vattelo a prendere in ufficio”. Cannova è partito per Rimini, portandosi dietro il “documento in

originale” e ha alloggiato al Grand Hotel. Cinque stelle lusso. Il conto - 717 euro - è stato pagato

con carta di credito di Proto. E non è l'unico soggiorno.

Dal 3 al 7 gennaio 2012 Cannova, con tutti i suoi familiari, ha dormito all'Hotel Baja Verde di

Acicastello. Sempre a spese della Oikos. È stato lo spunto investigativo per andare a ritroso nel

tempo e scoprire che tra il 2008 ed il 2012 i Cannova hanno soggiornato venti volte nello stesso

albergo. Le fatture erano tutte intestate, tranne una, alla Oikos per un totale di 31.152. D'altra parte,

secondo i poliziotti della Sezione reati contro la pubblica amministrazione della Suadra mobile di

Palermo, i servigi di Cannova sarebbero stati decisivi per gli affari dell'imprenditore.Era, ad

esempio, lo stesso Cannova a suggerire al Proto di chiedere l’aumento della tariffa per il

conferimento dei rifiuti in discarica: “Quindi, se tu vuoi, la revisione della tariffa, non della TIA

(Tariffa Igiene Ambientale ndr), della tariffa la puoi chiedere a me direttamente... Mimmo...

Mimmo... una cosa una cosa sola. La tariffa di 5 anni fa, ma tu lo sai il gasolio a quanto era 5 anni

fà?... ti do un'altra chiave di lettura, un'altra soluzione. E...io sto mettendo avanti l'aggiornamento...

ora a febbraio programmo la prima conferenza... in occasione dell'approvazione dell'AIA

dell'aggiornamento... e tutto questo incide, incide tantissimo. Ecco perché non si può tenere quella

tariffa. Infatti la questione va rivista, però la camuffiamo, come AIA. Capisci?”.

Viaggi, ma anche soldi in contanti. Come emergeva da una conversazione fra Cannova e il figlio

che, sostengono gli aggiunti Agueci e Petralia e il sostituto Picchi, si commenta da sola: “Se io

lavoro mi da… mi da soldi pe… non regala nessuno niente”; “Se tu li meriti perché sei bravo e

lavori, te li danno”; “Ma tu con Mimmo ci collabori?”, “Certo”; “E quindi te li da i soldi?”; “Certo”;

“Quanti soldi ti ha dato?”, “Dipende quello che faccio, se guadagno 10.000 mi da 10.000, se

guadagno 5.000 mi da 5.000”.

“BUSTARELLE”, VIAGGI E SESSO ARRESTATO FUNZIONARIO REGIONALE

In cambio di denaro, viaggi, regali costosi un funzionario regionale dell’Assessorato Ambiente della

Regione siciliana, Gianfranco Cannova, avrebbe rilasciato autorizzazioni richieste per lo

smaltimento dei rifiuti nell’Isola. Ma il dipendente ‘infedele’ è stato scoperto e arrestato. Con il

funzionario regionale sono finiti in carcere quattro imprenditori, tre siciliani e uno del Nord. Si

tratta di Domenico Proto 48 anni di Catania, Giuseppe Antonioli, novarese di 53 anni e gli

agrigentini Calogero e Niccolò Sodano rispettivamente di 54 e 53 anni.

L’operazione è stata condotta dalla Polizia di Stato che all’alba di oggi ha dato esecuzione ad

un’ordinanza cautelare nei confronti dei cinque arrestati, accusati, a vario titolo di corruzione

nell’ambito dei procedimenti amministrativi volti al rilascio/rinnovo delle autorizzazioni richieste

per lo smaltimento dei rifiuti.

Il provvedimento è stato emesso dal locale ufficio gip, su richiesta della Procura della Repubblica

di Palermo. L’indagine, iniziata nel 2011 e protrattasi per due anni, è stata condotta dagli agenti di

polizia di Palermo, con l’ausilio dei colleghi di Agrigento, in considerazione del coinvolgimento

nell’indagine di due imprenditori nativi e operanti nell’Agrigentino e di altra attività investigativa,

insistente in quel territorio, dalla quale si è tratto spunto.

102

Nel corso delle indagini, la Polizia di Stato ha acclamato che questo settore amministrativo è

caratterizzato da una “stratificazione normativa e da un complesso e macchinoso apparato

burocratico. Tali peculiarità hanno permesso al funzionario infedele, nelle diverse fasi della

procedura amministrativa, di ‘giostrare’ nella gestione delle procedure connesse al rilascio dei

provvedimenti, agevolando gli imprenditori e preservandoli dall’ordinaria attività di controllo e

monitoraggio della PA circa le modalità di gestione delle discariche e dello smaltimento dei rifiuti,

consentendo loro in questo modo di bypassare indenni tutti i controlli”.

Il quadro di corruttela venuto alla luce è, per gli inquirenti “senza ombra di dubbio caratterizzato da

estremi di rilevante gravità, in quanto strettamente connessi alla salute pubblica e alla

preservazione del territorio da gravi danni ambientali”.

Le indagini hanno fatto emergere l’illecita attività del funzionario regionale “che forniva i propri

servizi ‘a pagamento’ anteponendo agli interessi pubblici mere logiche di guadagno e

arricchimento personale”. Era lui il destinatario di sistematiche regalie ed ingenti somme di denaro

da parte degli imprenditori che necessitavano della connessione di indispensabili autorizzazioni

amministrative rilasciate dall’uffcio a cui era preposto Cannova.

Secondo gli inquirenti il funzionario finito in carcere sarebbe stato “a disposizione” degli

imprenditori rilasciando o rinnovando i provvedimenti autorizzativi, o comunque “garantiva una

corsia prefenziale al procedimento, nell’attività di consulenza tecnica degli aspetti amministrativi”.

In sostanza il funzionario avrebbe rilasciato delle autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti in

cambio di ‘mazzette’. Alcune delle tangenti sono state carpite in diretta dagli investigatori.

Ricostruiti invariati benefit e regalie di cui beneficiava: dai soggiorni gratis in prestigiose strutture

alberghiere per sè e la sua famiglia e il pagamento e l’uso di una autovettura a nolo, ma anche

prestazioni sessuali a pagamento.

“Cannova faceva della corruzione un lavoro, una regola di vita”, ha spiegato Silvia Como,

dirigente della sezione per i reati contro la pubblica amministrazione alla Squadra mobile di

Palermo. “C’è una intercettazione – spiega Como – in cui Cannova si trova in auto e spiega al

figlio: ‘se io lavoro mi danno i soldi’, riferendosi agli imprenditori, insomma un padre dà

un’educazione al figlio alquanto inquietante, sul suo modo di affrontare una funzione pubblica”.

Tra le tangenti intascate ci sono anche soggiorni in alberghi lussuosi, nel Catanese “per un valore di

30 mila euro almeno”, dice Como. Oltre a un impianto tv e stereo ad altissimo livello.

“Le norme oscure e complicate sono il sogno di ogni corrotto, ha detto il procuratore capo di

Palermo, Francesco Messineo, commentando gli arresti di oggi – non basta l’azione repressiva per

combattere la corruzione. È più importante semplificare le norme ed eliminare le facoltà

discrezionali, ma anche tempi e scadenze certi”.

http://www.siciliainformazioni.com/106497/viaggi-regali-smaltimento-rifiuti-terremoto-

allassessorato-ambiente

SMALTIMENTO RIFIUTI IN SICILIA, ARRESTATO FUNZIONARIO DELLA REGIONE E 4

IMPRENDITORI PER CORRUZIONE

PALERMO. Un funzionario pubblico e quattro imprenditori, accusati a vario titolo di corruzione

nell'ambito dei procedimenti amministrativi volti al rilascio e rinnovo delle autorizzazioni per lo

smaltimento dei rifiuti, sono stati arrestati questa mattina nel corso dell'operazione Terra Mia

condotta dalla Polizia di Stato. Il provvedimento è stato emesso dal Gip, su richiesta della Procura

della Repubblica di Palermo. L'indagine, iniziata nel 2011 e protrattasi per due anni, è stata

condotta dagli agenti di polizia di Palermo, con l'ausilio dei colleghi di Agrigento, in considerazione

del coinvolgimento nell'indagine di due imprenditori agrigentini. Nel corso delle indagini, la Polizia

di Stato ha constatato che "questo settore amministrativo è caratterizzato da una stratificazione

normativa e da un complesso e macchinoso apparato burocratico". Un complesso di norme che ha

consentito al funzionario infedele - dicono gli investigatori - nelle diverse fasi della procedura

amministrativa, di "giostrare" nella gestione delle procedure connesse al rilascio dei provvedimenti,

agevolando gli imprenditori e preservandoli dall'ordinaria attività di controllo e monitoraggio della

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pubblica amministrazione circa le modalità di gestione delle discariche e dello smaltimento dei

rifiuti, consentendo loro in questo modo di bypassare indenni tutti i controlli. Il quadro di

corruzione emerso è molto grave, secondo gli investigatori, in quanto ha messo a repentaglio la

salute pubblica e alla preservazione del territorio da gravi danni ambientali. I dettagli

dell'operazione saranno resi noti durante una conferenza stampa che si terrà alle 11 nella sala

stampa della Procura a Palermo.

Gli arrestati sono Giuseppe Antonioli 53 anni, amministratore delegato della discarica di Mazzarrà

Sant'Andrea (Me), Gianfranco Cannova, 56 anni, funzionario regionale dell'assessorato territorio e

ambiente, Domenico Proto, 48 anni, titolare discarica di Motta Sant'Anastasia (Ct), i fratelli

Calogero e Nicolò Sodano, 54 anni e 53 anni, titolari della discarica Soambiente ad Agrigento.

http://www.gds.it/gds/sezioni/cronache/dettaglio/articolo/gdsid/360979/

NEL MARZO DELL'ANNO IN CORSO............ Carmelo Catania

MAZZETTE AD UN FUNZIONARIO REGIONALE: ECCO COME AVREBBE OTTENUTO

L’AIA L’ECOMOSTRO, MENTRE AL PROCESSO VIVAIO REGGE L’IMPIANTO

ACCUSATORIO. LA DISCARICA ERA “COSA” LORO

L’assessorato siciliano all’Ambiente – dopo un’indagine interna avviata a seguito della

segnalazione di “strani” ritardi nell’iter autorizzativo della nuova (sic) discarica di Gela – ha

scoperchiato un giro di mazzette che coinvolgerebbe funzionari del dipartimento, con conseguente

denuncia alla procura, firmata dall’assessore Mariella Lo Bello.

Nel mirino è finito un funzionario, non solo per il caso della discarica di Gela, ma anche per altre

procedure autorizzative rilasciate in passato. In particolare per la convocazione, nel settembre 2008,

di una conferenza dei servizi, dallo stesso presieduta, che ha rilasciato l’Autorizzazione integrata

ambientale per l’ampliamento di una discarica nella Sicilia orientale, omettendo la vicinanza a un

centro abitato. Il Tar ha poi annullato questa autorizzazione ma, guarda caso, nell’ottobre del 2008

il funzionario ha acquistato un’Audi A6 in Lombardia, in una concessionaria che faceva riferimento

a un amministratore della discarica in questione.

«Così è stato nel caso di un funzionario del Dipartimento ambiente – riferisce l’assessore Lo Bello –

che subito dopo aver presieduto una conferenza di servizi che procedeva al rilascio

dell’autorizzazione, è diventato proprietario di un’automobile acquistata presso una concessionaria

del novarese, il cui amministratore delegato risulta essere anche l’amministratore delegato della

società alla quale era stata rilasciata l’autorizzazione, autorizzazione che poi il Tar, con due diverse

sentenze nel 2012, ha annullato. Abbiamo così trasferito il funzionario e presentato una denuncia

sospettando un giro di tangenti per oliare alcune pratiche piuttosto che altre, il tutto in un

assessorato noto per le sue lentezze e le improvvise accelerazioni», dice Mariella Lo Bello.

Vi dice niente? A quale discarica si riferisce l’indagine dell’assessore Lo Bello? Chi presiedette

quella conferenza dei servizi?

Per chi avesse avuto modo di leggere il mio La collina della munnizza (2012) ricorderà che nel

riportare la cronaca relativa al secondo ampliamento della discarica di Mazzarrà scrivevo (pag. 61):

«La seconda conferenza dei servizi si tenne il 12 settembre del 2008 […] dal verbale della riunione

risulta che nell’occasione fu chiesto alla Tirrenoambiente dai rappresentanti dell’Arpa di spiegare

l’incongruenza di informazioni circa la quantità di abbancamento dei rifiuti rilasciato sulla

precedente Aia nei confronti della ditta stessa. Il punto doveva essere di una certa rilevanza visto

che, come risulta sempre dal verbale, sull’argomento ci fu un’ampia discussione sul quale si erano

bloccati i lavori della conferenza. L’intervento del presidente Cannova [che evidentemente aveva

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fretta di concludere i lavori, N.d.A.] con la dichiarazione che sull’argomento in questione avrebbe

preparato una memoria, pose fine al dibattito».

Presunte mazzette o meno, sta di fatto che la decisione “d’imperio” del presidente diede il via

definitivo all’Aia.

In questi stessi giorni è stata inoltre emessa l’attesa sentenza al processo d’appello scaturito

dall’operazione Vivaio del 2008. Al centro dell’indagine gli illeciti interessi del clan di Mazzarrà

dal 2003 in poi: il business rifiuti, con lo smaltimento e le assunzioni alle società che gestivano le

discariche di Mazzarrà e Tripi, Tirrenoambiente e l’Ato comprensoriale, lo smaltimento illecito del

pastazzo, le estorsioni alle imprese edili titolari di importati commesse pubbliche: le gallerie

autostradali e ferroviarie, ad esempio, passando per la guerra interna al gruppo tra la famiglia di

Bisognano, negli anni in cui il boss era in carcere, e il reggente Tindaro Calabrese, ansioso di

prenderne il posto, forte dell’alleanza col reggente dei barcellonesi, Carmelo D’Amico, e i contatti

con i Lo Piccolo, culminata nell’omicidio di Ninì Rottino. Agli atti dell’inchiesta anche

l’interferenza nelle elezioni amministrative di Furnari, comune poi sciolto dal Presidente della

Repubblica nel 2009 per infiltrazioni mafiose.

L’impianto accusatorio dei pm Verzera e Massara regge anche in secondo grado. Nel 2012 la prima

sentenza aveva stabilito 16 condanne per quasi 130 anni di carcere e un ergastolo, e subito dopo

erano scattati gli arresti per due “colletti sporchi” ritenuti collusi ai clan. Quella confermata dalla

Corte d’appello di Messina può essere ritenuta a ragione la prima grossa condanna ad un maxi

processo per ecomafia in Sicilia.

Il verdetto d’appello ha confermato l’ergastolo per Aldo Nicola Munafò, braccio destro del boss

Tindaro Calabrese – al quale sono stati inflitti 16 anni – accusato di essere l’esecutore dell’omicidio

Rottino, il camionista eliminato nell’estate nel 2006 nella guerra tra Calabrese e il boss, oggi

collaboratore di giustizia, Melo Bisognano. Sconto di pena per quest’ultimo, 7 anni e mezzo. Sconto

di pena anche per il professore Nello Giambò, ex presidente di Tirrenoambiente ed ex sindaco di

Mazzarrà S. Andrea. La condanna per lui scende da 14 a 8 anni. Otto anni anche per l’imprenditore

Michele Rotella inteso “u baruni” che, insieme a Bisognano e Giambò costituirono la “triade” a cui

si deve la nascita della discarica.

http://www.isiciliani.it/mazzette-ad-un-funzionario-regionale-ecco-come-avrebbero-ottenuto-laia-

lecomostro-mentre-al-processo-vivaio-regge-limpianto-accusatorio-la-discarica-era-cosa-

loro/#.U8j5xpR_sV8

Cannova arch gianfranco 30 aprile 2012 organigramma dta.pdforganigramma

dta from Isola Pulita

CANNOVA NOVEMBRE 2013 Organigramma Dra Novembre 2013 by Pino Ciampolillo

Cannova 2008 Arch Gianfranco Rup 2008 Salvatore Anza' Autorizzazione-Integrata-Ambientale2 by Pino Ciampolillo

Cannova arch gianfranco rup aia italcementi aia scaduta-18-luglio-2010-denuncia-

in-autotutela2from Isola Pulita Cannova Gianfranco Arnone Giovanni 13 Aprile 2011 Aia-d-d-g-232-Del-13!04!2011 by Pino Ciampolillo Cannova Gianfranco Dic 2008 Drs996 by Pino Ciampolillo Cannova Gianfranco 31 Ottobre 2012 Cipro Gest by Pino Ciampolillo CANNOVA GIANFRANCO 2008 Autorizzazione-Integrata-Ambientale2 by Pino Ciampolillo

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ITALCEMENTI DIFFIDA a AIA ITALCEMENTI TAVOLO TECNICO D'ANGELO GIORGIO.pdf by Pino Ciampolillo Tolomeo Sansone Firmatario Del Decreto Aia Italcementi by Pino Ciampolillo Italcementi Conferenze Dei Servizi Per Concessione a.i.a., Dec 693 18 Luglio 2013 Conf. Serv. Italcementi by Pino Ciampolillo Italcementi Autorizzazione Integrata Ambientale Decreto 693 18 Luglio 2013 Diffida Ritiro Decreto e Denunci... by Pino Ciampolillo

Smaltimento rifiuti in Sicilia, arrestato funzionario della Regione e 4 imprenditori per corruzione

“Bustarelle”, viaggi e sesso Arrestato funzionario regionale

Smaltimento rifiuti in Sicilia, arrestato funzionario della Regione e 4 imprenditori per

corruzione,ITALCEMENTI,CANNOVA,TOLOMEO,ZUCCARELLO,SANSONE

MAZZETTE E DISCARICHE, APERTA UN'INDAGINE INTERNA ALL'ASSESSORATO

AMBIENTE: "SI CERCANO COMPLICITÀ"

Nelle carte dell'inchiesta i dubbi degli inquirenti sul sistema dei controlli. Una commissione al

dipartimento "Accertamenti affidati a esterni". Nel mirino i contatti del funzionario regionale

arrestato con altri burocrati e politici. I rapporti con i big del settore rifiuti di ANTONIO FRASCHILLA Davvero un semplice funzionario poteva influenzare e a volte prendere decisioni su discariche, rifiuti e autorizzazioni milionarie? Davvero Gianfranco Cannova, arrestato perché secondo gli inquirenti avrebbe intascato mazzette dai titolari delle principali discariche private siciliane, ha fatto tutto da solo? A queste domande proverà a dare una risposta una commissione che sarà nominata dal dirigente del dipartimento Territorio e ambiente Gaetano Gullo, che sulla vicenda delle discariche dell'Oikos e della Tirreno ambiente vuole vederci chiaro. Specie dopo che lui stesso lunedì scorso ha firmato un verbale che alle contestazioni mosse dall'ex assessore Nicolò Marino e dal dirigente Rifiuti Marco Lupo sull'Oikos risponde che tutto è a posto e la discarica può continuare a lavorare: "Convocherò subito i dirigenti del mio dipartimento per capire perché hanno dato parere favorevole e mi hanno fatto firmare questo atto su una discarica nell'occhio del ciclone", dice. Il funzionario del servizio autorizzazioni Via-vas deve rispondere al dirigente dell'Unità operativa, al dirigente del servizio, al dirigente generale del dipartimento e, a volte, anche all'assessore al ramo. Come faceva Cannova a garantire il risultato agli imprenditori in piena solitudine? Insomma, sull'assessorato Territorio e ambiente, ma anche sui dirigenti che hanno lavorato all'assessorato Energia, ancora ci sono zone d'ombra sulle quali fare luce. Da qui la decisione del neo dirigente generale Gullo di nominare una commissione d'inchiesta esterna: "Voglio nominare professionisti che non hanno alcun rapporto con dipendenti dell'amministrazione ", dice Gullo. Una cosa è certa: dalle carte dell'indagine che ha portato all'arresto del funzionario e di quattro imprenditori (tra i quali i re delle discariche siciliane, il catanese Domenico Proto e

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Giuseppe Antonioli) emergono dubbi degli inquirenti sul coinvolgimento di altri dirigenti, quanto meno superficiali in alcuni atteggiamenti e decisioni. A esempio nelle carte dell'indagine si cita un pranzo avvenuto tra Proto, Cannova e un altro alto dirigente del settore Rifiuti in un noto ristorante di Palermo. Gli inquirenti sottolineano "l'atipicità" di questo incontro in ambienti non istituzionali tra i funzionari pubblici e "un soggetto privato" interessato in un procedimento amministrativo gestito da quegli stessi funzionari. Ma c'è di più. Dalle intercettazioni emerge anche che il Cannova avrebbe proposto a Proto di pagare anche questo alto dirigente del Rifiuti che, a suo dire, era vicino al Partito democratico. In un'altra intercettazione, invece, Cannova tranquillizzava gli imprenditori sull'esito di una conferenza di servizio grazie ai "suoi canali e amicizie" all'interno della macchina burocratica. Non solo, dalle carte emerge poi come Cannova entrava in contrasto con alcuni dirigenti dei dipartimenti Territorio e Rifiuti, questi magari erano mossi da altri motivi politici perché parenti di deputati catanesi che sponsorizzavano altre iniziative a scapito della Oikos. E, ancora, Cannova dimostra di avere rapporti diretti anche con ispettori dell'Arpa, che invitava a pranzo per discutere di iniziative su alcune discariche. Ad altri dirigenti del dipartimento, invece, Cannova chiedeva "informazioni" riservate: come ad esempio sulla situazione burocratica riguardante la società Osmon, riconducibile all'imprenditore Antonioli, ottenendo "dettagliate informazioni nonché l'apparente disponibilità dello stesso dirigente contattato ad aiutare l'Antonioli e la sua società". Il dirigente in questione provava poi a convincere della bontà dell'iniziativa presentata dalla Osmon l'allora responsabile del dipartimento Energia Gianluca Galati. Insomma, le complicità, più o meno volontarie, ci sono state, eccome. E proprio su queste si baserà adesso l'indagine interna al dipartimento Ambiente: "Ci saranno trasferimenti, qui dobbiamo cambiare proprio aria", assicura l'attuale dirigente generale Gullo, che denuncia come il caso Cannova riguardi anche il sindacato. "Avevamo trasferito il dipendente ben prima degli arresti di ieri, proprio perché ci era sembrato che qualcosa non quadrava - dice Gullo - a esempio vedevamo troppi politici venire in dipartimento a parlare direttamente con lui. Ma la Uil ci ha fatto opposizione perché in quanto rappresentante sindacale Cannova non poteva essere trasferito. Così è tornato nello stesso ufficio della Via-Vas e delle autorizzazioni. Anche questo un paradosso sul quale andrebbe fatta chiarezza". Intanto i grillini chiedono di revocare l'autorizzazione alla discarica di Motta Sant'Anastasia dell'Oikos, nonostante proprio lunedì scorso Gullo abbia firmato il verbale che invece sostiene che nel sito tutto è in regola. Una bella matassa che sarà difficile da districare.

"Oikos e Mazzarrà? Bloccate da me Crocetta dice sciocchezze"

di Claudio Reale

L'ex assessore: "La vicenda Cannova non c'entra niente con lo scontro di marzo.

Crocetta lo sa. A bloccare il rinnovo delle autorizzazioni per le discariche del Catanese e del Messinese sono stato io".

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PALERMO - “Oggi mi hanno chiamato in causa diverse persone. Quasi tutte a sproposito”. Da stamattina il telefono di Nicolò Marino non ha smesso di squillare. Dopo l'operazione che ha portato all'arresto di un funzionario dell'assessorato al Territorio e di quattro imprenditori per le presunte mazzette nel settore dei rifiuti, l'ex titolare della delega all'Energia nel governo Crocetta è tornato al centro del dibattito. Chiamato in causa per lo scontro con l'allora assessore al Territorio Mariella Lo Bello nei giorni in cui è stato presentato l'esposto su Gianfranco Cannova, ma anche per le sue posizioni sulla questione rifiuti: “Temo – ha detto il presidente della Regione dell'ex assessore - che su tutta la questione-rifiuti lui abbia commesso alcuni errori di valutazione”. Ha sbagliato? Aveva ragione Mariella Lo Bello? “Quelli che dicono questo dimenticano che questa vicenda riguarda le autorizzazioni per le discariche dell'Oikos e di Mazzarrà. E che sono stato io a costituire la commissione per quegli impianti”. Si era arrivati a uno stop alle autorizzazioni, se non ricordo male. “Più precisamente sono stati avviati i procedimenti per il diniego del rinnovo delle autorizzazioni”. Quando? “Per Oikos all'inizio dell'anno, per Mazzarrà dopo la fine del mio incarico. Ma è il risultato ottenuto dalla commissione che ho fatto nascere io”. In quei giorni, però, si scontrava con la Lo Bello. Che ha presentato l'esposto su Cannova. “La vicenda Cannova non ha niente a che vedere con il dissidio di marzo. E soprattutto non c'entra con la commissione. Anche perché fino a lunedì Gullo, che ha denunciato la vicenda, ha continuato a ribadire che per Oikos è tutto in regola. Tutta questa attività dell'assessore al Territorio e Ambiente io non la vedo”. In quei giorni si parlava di due modelli diversi. Qual era il suo? “Togliere il monopolio delle discariche ai privati e fare i controlli sui prezzi di conferimento in discarica. Su quest'ultimo elemento spero che il mio successore vada avanti. Da quando me ne sono andato io tutto è rimasto fermo, e inoltre si è anche vanificata l'azione di razionalizzazione”. Ok, riformulo la domanda. Qual è il punto sul quale si è consumato lo scontro con Crocetta? “Secondo me la pubblica amministrazione deve essere terza e la politica deve avere un ruolo moralizzatore. Deve prescindere da quello che fa l'autorità giudiziaria”. Come? Proprio lei che è un magistrato dice così? “La politica ha un ruolo diverso. Io ho trasmesso tutti gli atti alla magistratura, ma limitarsi ad aspettarne l'azione è un errore. Il governo Crocetta si muoveva in una logica diversa.

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Una volta, su un'altra vicenda, il presidente me lo disse esplicitamente: 'Aspettiamo i magistrati'. Questo andava contro la mia logica”. Detto oggi suona male. Oggi aspettare la magistratura ha portato i suoi effetti. “Le ripeto: Cannova non c'entrava niente con la lettera. E tutte le cose che sto dicendo a lei sono state dette al presidente. Crocetta non solo non ha fatto niente: insieme all'assessore pro-tempore ha solo creato ostacoli. Era stato informato, mi creda. Ma lui fa così, l'ha capito?”. “Così”? Come? “Cavalca l'onda delle inchieste. Lui invece deve amministrare. Si è circondato di persone non idonee, e io gliel'ho detto molte volte. Lui non solo non si è adeguato, ma si ritiene un tuttologo. Crocetta e l'assessore Lo Bello sanno bene che cosa abbiamo contestato io e il dottore Lupo. Ma le dico di più”. Dica. “Crocetta farebbe bene a dimenticare il mio nome. Dice sciocchezze, come quelle che ha detto in Aula sulla vicenda Catanzaro o come quelle che racconta sull'inchiesta di oggi. Lui lo sa che non è vero, e lo sa che questa inchiesta non c'entra nulla con quello scontro di marzo. Ma Crocetta fa così”. http://livesicilia.it/2014/07/18/oikos-e-mazzarra-bloccate-da-me-crocetta-dice-solo-sciocchezze_517969/

IL BUSINESS DEI RIFIUTI IN MANO AI PRIVATI, ECCO I BIG E I LORO SPONSOR

di ANTONIO FRASCHILLA

La Sicilia è in mano ai padroni dei rifiuti e rischia di ritrovarsi in un'emergenza sanitaria senza precedenti se chiuderanno soltanto alcuni dei siti amministrati dagli imprenditori finiti agli arresti. Una situazione paradossale, frutto di scelte politiche e di un monopolio difeso con le unghie e con i denti dai proprietari dei principali impianti dell'Isola, spesso con l'aiuto dello sponsor politico giusto. A pagare, i cittadini di una regione che non ha praticamente livelli di differenziata accettabili, meno del 10 per cento, e si trova oggi con appena cinque grandi discariche in funzione e autocompattatori che viaggiano da una parte all'altra dell'Isola. Ma chi sono i proprietari delle discariche? Quali i loro sponsor politici negli anni? E perché si è arrivati a questo stato dell'arte? Accantonata la vicenda termovalorizzatori dopo lo stop della Corte di giustizia europea e il sospetto di accordi a tavolino, il governo Lombardo nel 2009 punta tutto sulle discariche. Soprattutto su quelle private, che da sole si vedono in alcuni casi triplicare i volumi di abbancamento di rifiuti concessi per un giro

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d'affari da 700 milioni di euro. Una fetta grossa va proprio alla Oikos della famiglia di Domenico Proto che, come scrivono i pm nell'ordinanza di arresto, ottiene dal governo Lombardo autorizzazioni ad ampliamenti nelle discariche di Motta Sant'Anastasia per 2,5 milioni di mc. Ma chi è Domenico Proto? Sicuramente un imprenditore conosciuto da diversi fronti della politica catanese, con rapporti e amicizie trasversali, dall'ex governatore Raffaele Lombardo all'ex senatore Domenico Sodano. Nelle ultime elezioni amministrative a Motta Sant'Anastasia il nome di Proto è stato spesso evocato dai vari candidati. Una campagna elettorale, quella nel Comune etneo, che si è giocata proprio sulla discarica della Oikos, contestata da alcuni, sostenuta da altri. Proto è considerato amico dell'ex senatore Sudano: la nipote, Valeria, è una deputata di Articolo 4 e insieme a Luca Sammartino, capogruppo all'Ars, ha sostenuto il sindaco vincente Anastasio Carrà, accusato dai rivali di avere una posizione morbida sul futuro della discarica. Ma anche altri candidati sindaco hanno avuto un ruolo negli ampliamenti della discarica dei Proto, come l'ex sindaco Mpa Angelo Giuffrida, e proprio con il capo del partito, Lombardo, Proto vanta di avere rapporti diretti. In ogni caso, la Oikos insieme alla ditta romana Ipi è entrata anche nella raccolta dei rifiuti a Catania sotto l'amministrazione Stancanelli. Trovandosi oggi ad essere sia gestore della raccolta sia della discarica dove i rifiuti vanno a finire. Stancanelli però assicura di non avere tra i suoi amici i Proto: "Ho ricevuto nella scorsa campagna elettorale un finanziamento di 50 mila euro dalla Ipi, i Proto non mi hanno appoggiato nella sfida contro Enzo Bianco", dice. Tra i principali avversari di Proto e della discarica dell'Oikos c'è il sindaco di Misterbianco Nino Di Guardo del Pd, che ha appena pubblicato un bando per la realizzazione di un grande impianto di compostaggio vinto dalla Sicula Trasporti. E qui compaiono gli altri grandi padroni dei rifiuti in Sicilia, la famiglia Leonardi che, nel 2009, si è vista autorizzare dalla Regione abbancamenti per 1,9 milioni di mc nella discarica di Grotte San Giorgio. Altra mega discarica è quella di Mazzarà Sant'Andrea, gestita dalla Tirreno Ambiente, il cui amministratore Giuseppe Antonioli è finito agli arresti: nel 2009 sotto il governo Lombardo ha avuto autorizzati abbancamenti per un fatturato apri a 155 milioni. C'è poi una quarta grande discarica in funzione gestita da privati: quella di Siculiana di proprietà di Giuseppe Catanzaro, numero due di Confindustria Sicilia, l'associazione che dal 2009 esprime un assessore, sia nel governo Lombardo con Marco Venturi alle Attività produttive, sia in quello Crocetta con Linda Vancheri. Catanzaro ha avuto autorizzazioni nel 2009 per 2,9 milioni di metri cubi. Da qualche mese all'assessorato Energia sono stati avviati i procedimenti di revoca sia alla Oikos sia alla Tirreno Ambiente, ai quali si oppone l'assessorato Territorio e ambiente, ma una cosa è fuor di dubbio: un'eventuale chiusura dei siti farebbe scattare l'emergenza. L'Isola com'è finita nelle mani dei privati? Il consulente nominato dall'ex assessore Marino, il docente Aurelio Angelini, non ha dubbi: "Per una scelta precisa del governo Lombardo, che negli stessi anni negava ai Comuni l'apertura di piccole discariche lasciando il monopolio ai privati". http://palermo.repubblica.it/cronaca/2014/07/23/news/il_business_dei_rifiuti_in_mano_ai_privati_e

cco_i_big_e_i_loro_sponsor-92245931/

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SCANDALO MAZZETTE, LA REGIONE CHIUDE LA DISCARICA DI MOTTA

SANT'ANASTASIA

Dopo l'arresto di un funzionario regionale e di quattro imprenditori del settore dei rifiuti,

l'assessorato all'Energia non rinnova l'autorizzazione alla discarica catanese. A rischio il

conferimento dei rifiuti per 90 comuni siciliani di ANTONIO FRASCHILLA

L'assessorato regionale all'Energia non ha rinnovato l'autorizzazione per la discarica di contrada Valanghe d'Inverno, a Motta Sant'Anastasia, in provincia di Catania, bloccando il rinnovo del decreto del 2009 che la autorizzava. La decisione arriva dopo l'arresto di un funzionario regionale e di quattro imprenditori dei rifiuti nell'ambito dell'operazione "Terra mia". In particolare lo stop arriva anche per "la mancanza dell'obbligo di trattamento dei rifiuti con l'effetto che la discarica non è dotata di un impianto a monte idoneo". Il provvedimento firmato dal dirigente Marco Lupo dà 60 giorni di tempo alla Oikos, la società che gestisce la discarica, per presentare il piano di chiusura, in quanto la nuova discarica realizzata a fianco di quelle già esistenti e piene è stata aperta da meno di un anno e adesso deve essere bonificata. La società può fare ricorso al Tar, ma per la Regione a settembre la discarica deve essere chiusa Soddisfazione per il no della Regione Siciliana alla discarica è stata espressa dai deputati M5s all'Ars. "Lo scorso anno - commentano i Cinquestelle - avevamo sottoscritto la mozione all'Ars, in cui impegnavamo il governo alla revoca del medesimo decreto. Veniva chiesto, altresì, di provvedere all'individuazione di un sito alternativo, adeguatamente distante dai centri abitati". http://palermo.repubblica.it/cronaca/2014/07/23/news/scandalo_mazzette_la_regione_chiude_la_dis

carica_di_motta_sant_anastasia-92245709/

IL FUNZIONARIO CONFESSA E COLLABORA RIFIUTI, L'INDAGINE PARALLELA

Martedì 22 Luglio 2014 - 06:11 di Riccardo Lo Verso

Il funzionario dell'assessorato regionale al Territorio e ambiente risponde al Gip e si dice

pronto a farlo anche con i pubblici ministeri di Palermo. Che oggi gli chiederanno notizie

non solo sull'inchiesta sfociata negli arresti di venerdì, ma pure su quella ancora top

secret. Possibile il coinvolgimento di altri imprenditori.

PALERMO - Confessa e collabora. Gianfranco Cannova risponde al Giudice per le indagini preliminari e si dice pronto a fare la stessa cosa con i pubblici ministeri. Che gli chiederanno notizie non solo sull'inchiesta per cui venerdì è stato arrestato, ma pure su quella ancora top secret. Esiste, infatti, un'indagine parallela a quella sulle mazzette intascate dal funzionario dell'assessorato regionale al Territorio e ambiente, sfociata nel blitz di venerdì scorso. E sempre di tangenti si tratterebbe, ma nel mirino ci sarebbero altri

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imprenditori. Non solo i quattro finiti ai domiciliari. E non è escluso il coinvolgimento anche di altri pubblici funzionari. I pubblici ministeri di Palermo scandagliano quella che è stata definita la capacità di Cannova di sfruttare “le sue doti di abile tessitore di rapporti professionali, di amicizie e di contatti gestendo il proprio incarico di servizio come un fatto privato; peraltro è emerso che gli interventi facenti parte dei patti criminosi hanno riguardato anche atti non di stretta competenza dell'ufficio dove operava direttamente il funzionario, ma comunque venuti a conoscenza di quest'ultimo in ragione del suo ruolo istituzionale o sfruttando le sue conoscenze e amicizie con soggetti operanti in altri uffici pubblici, anch'essi impegnati nel settore delle discariche e dello smaltimento dei rifiuti”.

La due giorni in Procura di Cannova è iniziata ieri e proseguirà oggi. Innanzitutto ha scelto di non avvalersi della facoltà di non rispondere nel corso dell'interrogatorio di garanzia davanti al Giudice per le indagini preliminari Vittorio Anania. Tre ore di risposte, fra mattina e pomeriggio, in presenza dei suoi legali, gli avvocati Massimo Motisi e Giuseppe Torre, per ammettere alcuni episodi di corruzione e per smentirne altri. La vicenda della macchina e del televisore pagati dagli imprenditori per i suoi favori non sarebbero andate, secondo il suo racconto, per come li hanno ricostruiti i poliziotti della sezione Reati contro la pubblica amministrazione della Squadra mobile. Era impossibile, però, negare l'evidenza delle intercettazioni da cui emergevano le mazzette in contanti. Gli imprenditori finiti ai domiciliari sono gli agrigentini Calogero e Nicolò Sodano, il catanese Domenico Proto e il novarese Giuseppe Antonioli. C'è, però, l'inchiesta parallela per cui Cannova nei mesi scorsi ha ricevuto la proroga delle indagini. Ed è un'indagine successiva ancora in divenire per la quale è stato necessario un supplemento investigativo.

http://livesicilia.it/2014/07/22/fianfranco-cannova-confessione-mazzette-corruzione-rifiuti-tangenti-palermo_519232/?stampa=1 Motta, i motivi della chiusura della discarica La Regione: stop e bonifica entro ottobre Di Carmen Valisano | 23 luglio 2014

Se il programma stilato dal dirigente regionale Marco Lupo verrà rispettato, entro l’autunno l’impianto di contrada Valanghe d’inverno dovrà terminare ogni attività. Nel frattempo l’azienda proprietaria – la Oikos spa, coinvolta nell’inchiesta della magistratura palermitana Terra mia – dovrà garantire il servizio di raccolta e conferimento dei rifiuti. Ma rimane l’incertezza su quali saranno le nuove destinazioni dei compattatori di 90 Comuni

Un’inchiesta effettuata da un pool di tecnici, diverse conferenze dei servizi, un’indagine della magistratura il cui eco ancora si fa sentire tra le pareti di numerosi uffici regionali e non solo. Tanto è stato necessario per permettere al dipartimento regionale dell’Energia di non rinnovare l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata alla Oikos spa per l’attività della discarica di contrada Valanghe d’inverno, a Motta Sant’Anastasia. La notizia è giunta oggi, ma la decisione è stata presa il giorno prima dal dirigente incaricato, Marco Lupo.

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Le obiezioni presentate ai vertici della Oikos (il cui rappresentante, Domenico Proto, è agli arresti domiciliari perché coinvolto nell’operazione Terra mia) non sono state superate. Nella loro relazione i tecnici «avevano evidenziato, sotto diversi profili, l’insussistenza delle condizioni giuridiche e fattuali necessarie per il richiesto rinnovo del drs 221 del 29 marzo 2009», si legge nel decreto firmato ieri. Criticità non da poco, che «assumono particolare rilevanza, ai fini del diniego del rinnovo dell’autorizzazione». L’elenco è denso: si va dalla «dichiarazione di illegittimità dal punto di vista urbanistico», al «procedimento di Via (Valutazione di impatto ambientale, ndr) viziato» perché redatto e depositato oltre i termini. E poi la violazioni di alcune normative – anche comunitarie – per il pretrattaggio dei rifiuti e la biostabilizzazione della frazione organica e la mancanza di delimitazione dell’area di pertinenza dell’impianto Oikos

Nell’ordinanza viene citata l’inchiesta dalla Procura di Palermo, un elemento, confermano vertici del dipartimento regionale, che ha avuto un indubbio peso sulla decisione finale del dirigente Lupo. Viene dunque ritenuto «necessario e conseguente all’emissione del provvedimento di diniego di rinnovo dell’Aia 221/2009, la predisposizione di un progetto di chiusura definitiva» e inoltre «autorizzare e programmare le modalità di realizzazione del ripristino ambientale e le attività di postgestione della discarica». Chiusura e bonifica.

Ma il problema che numerosi cittadini di Motta e della vicinaMisterbianco, subito dopo l’euforia per la notizia della chiusura, hanno sollevato attraverso i social network riguarda la nuova destinazione dei rifiuti. Un interrogativo al quale i dirigenti regionali non danno risposta. «Ad oggi presso la discarica vengono conferiti i rifiuti prodotti nei territori di circa 90 Comuni appartenenti a diversi ambiti ottimali (Ato)». Sono quattro catanesi, uno di Enna e di Ragusa, tre di Messina. All’azienda è intimato di «assicurare la continuità del servizio pubblico di raccolta degli rsu destinati allo smaltimento, per un periodo breve ma idoneo a consentire al dipartimento di riorganizzare il flusso dei rifiuti e riprogrammare un piano dei conferimenti che ad oggi vengono effettuati nella discarica di contrada Valanghe d’inverno, mediante l’individuazione di siti alternativi per lo smaltimento». Quali saranno le nuove rotte è difficile prevederlo. L’altro sito emergenziale della Sicilia orientale è quello messinese di Mazzarrà Sant’Andrea, anche questo sotto inchiesta, che già ospita camion da oltre cento cittadine siciliane. L’altra struttura papabile è dunque quella di Siculiana, in provincia di Agrigento.

Per il sito mottese è disposto che il progetto definitivo di chiusura e ripristino ambientale «dovrà essere trasmesso al dipartimento regionale dell’Acqua e dei rifiuti entro il 31 agosto». Il documento sarà verificato dagli enti competenti e dovrà essere attuato entro 60 giorni dall’approvazione. Se il probabile ricorso presentato da Proto non dovesse essere accettato, entro ottobre i cancelli dell’impianto di contrada Valanghe d’inverno dovrebbero chiudersi.

http://ctzen.it/2014/07/23/motta-i-motivi-della-chiusura-della-discarica-la-regione-stop-e-bonifica-entro-ottobre/

RIFIUTI: ATO 2 FALLITO, EMERGENZA NEL PALERMITANO DIPENDENTI A

RISCHIO, 1 MILIARDO DI DEBITI VERSO LE DISCARICHE

GIULIO AMBROSETTI 13 GENNAIO 2015

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CRONACA – La gestione commissariale dell'Ato Belice Palermo 2 scadrà il 15 gennaio. Dal

giorno dopo chi raccoglierà la spazzatura nei 17 Comuni interessati? Anche di questo si è parlato

ieri in due riunioni convocate alla Regione. Nel frattempo la discarica di Bellolampo accoglie i

rifiuti di decine di Comuni anche dell'Agrigentino

Tanto per cambiare, in buona parte dei paesi della provincia di Palermo è esplosal’emergenza

rifiuti. Il 23 dicembre scorso è fallito l’Ato rifiuti alto Belìce Palermo 2, società d’ambito che vede

insieme i Comuni di Monreale, San Cipirello, San Giuseppe Jato, Camporeale, Bisacquino, Chiusa

Sclafani, Giuliana, fino a Contessa Entellina. Sono 17 Comuni per un totale di circa 120mila

abitanti. Fino al 15 gennaio l’Ato andrà avanti con il commissario regionale, Maurizio Norrito (tutti

gli Ato rifiuti della Sicilia sono commissariati), e con la curatela fallimentare. E dopo?

Il tema è stato affrontato ieri nel corso di due riunioni convocate a Palermo. La prima - di mattina -

presso la sede dell’assessorato ai Rifiuti. La seconda, nel pomeriggio, presso la Prefettura del

capoluogo dell’Isola. Va detto che questo scenario di crisi è stato ereditato dal nuovo assessore

regionale ai Rifiuti, Vania Contraffatto, che sta provando ad affrontare una situazione difficilissima.

Perché non è facile capire come affrontare il problema rifiuti in questi 17 Comuni dal 16 gennaio in

poi.

Non può essere esclusa una soluzione legislativa, ovvero una legge da parte del Parlamento

siciliano. Ma, ovviamente, non si tratterebbe di una soluzione a brevissimo periodo. Intanto c’è da

affrontare l’emergenza, perché con il fallimento dell’Ato Palermo 2 non si capisce chi dovrà

raccogliere l’immondizia in questi 17 paesi. E non si capisce che fine faranno i 277 dipendenti di

questo Ato.

La situazione è grave anche nei Comuni del Palermitano dell’Ato Palermo 1(Carini, Capaci,

Villagrazia di Carini, Terrasini, Cinisi, Isola delle Femmine, fino a Partinico). Da queste parti, in

realtà, l’emergenza dura ormai da qualche anno: nel senso che l’immondizia rimane non raccolta

per settimane e settimane. Lo spettacolo fa una certa impressione, perché nelle strade che collegano

questi centri, spesso, le montagne di rifiuti si susseguono per chilometri.

L’Ato Palermo 1 non è fallito, ma la gestione è sempre stata sofferta. «A Carini, dove in media

vengono prodotte 100 tonnellate di spazzatura al giorno - si legge in un lancio dell’Ansa - c'è una

distesa di spazzatura lunga due chilometri. Per arginare l'emergenza il Comune ha deciso di

impegnare 20mila euro per potenziare le operazioni di raccolta». Sulla vicenda è intervenuto il

sindaco di Carini che, sempre all’Ansa, ha detto: «Stentiamo a raccogliere la spazzatura che si è

accumulata durante le festività. Oggi per strada ci sono 700 quintali di rifiuti non raccolti. Ho

disposto un intervento straordinario perché i mezzi dell'Ato Palermo non bastano. Entro venerdì la

situazione dovrebbe rientrare».

Il problema rifiuti, in Sicilia, ha mille sfaccettature. C’è la crisi degli Ato. Quello dell’alto Belìce

Ambiente Palermo 2, come già accennato, è fallito. Ma ce ne sono altri che non sono messi meglio.

Al 31 dicembre 2012 l’indebitamento di tutti gli Ato rifiuti della Sicilia verso il sistema delle

discariche (e quindi verso le discariche pubbliche e private) ammontava a circa un miliardo e 400

milioni di euro. Oggi non si sa se l’indebitamento è diminuito o cresciuto.

Si sa, invece, che, negli ultimi due anni, la Regione ha anticipato ai Comuni una parte dei fondi per

pagare il sistema delle discariche. Ma adesso l’assessorato regionale ai Rifiuti avrebbe fornito i dati

all’assessorato all’Economia perchiedere ai Comuni la restituzione delle somme anticipate. Un bel

problema per gli stessi Comuni coinvolti, che saranno costretti ad aumentare le tariffe. Insomma, a

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pagare per la disastrosa gestione dei rifiuti della Sicilia - imperniata ancora oggi sulle discariche -

saranno i cittadini.

Un altro problema riguarda le stesse discariche. Alcune sono state chiuse dalla magistratura in

seguito a indagini (Motta Sant’Anastasia e Mazzarrà Sant’Andrea). Durante le vacanze di Natale un

contestatissimo provvedimento amministrativo del dirigente generale del dipartimento regionale dei

Rifiuti,Domenico Armenio, invitava i cittadini di un bel gruppo di Comuni della provincia di

Palermo e Agrigento a tenersi in casa l’immondizia per mancanza di discariche.

Scelta, questa, che è stata contestata dal presidente dell’Anci Sicilia, Leoluca Orlando, che è anche

sindaco di Palermo, che ha parlato di una Regione che favorirebbe i privati. In effetti, lo stesso

Orlando qualche giorno prima, ha messo a disposizione dei Comuni del Palermitano la discarica di

Bellolampo, che è pubblica. Così la Regione ha fatto precipitosamente marcia indietro, ritirando il

provvedimento amministrativo che avrebbe obbligato i cittadini di tanti Comuni del Palermitano e

dell’Agrigentino a teneri i rifiuti in casa.

Il vero problema di tutta questa incredibile storia è che in Sicilia la raccolta differenziata dei rifiuti,

oggi, è sotto il 5-6 per cento. Era cresciuta dal 2001 al 2008, soprattutto in provincia di Agrigento.

Poi è arrivato il governo Lombardo-Pd. E sono tornate le discariche, in buona parte private.

http://meridionews.it/articolo/30831/rifiuti-ato-2-fallito-emergenza-nel-palermitano-dipendenti-a-

rischio-1-miliardo-di-debiti-verso-le-discariche/

http://isoladellefemminerifiutiamoirifiuti.blogspot.it/2015/01/rifiuti-ato-2-fallito-emergenza-

nel.html

Operazione Terra mia, Motta parte civile

«Per tutelare interessi e immagine del Comune» CARMEN VALISANO

CRONACA – Tra pochi giorni, il 15 gennaio, partirà il processo che mette sotto accusa

un dipendente regionale dell'assessorato Territorio e ambiente e i dirigenti di tre

discariche in tutta la Sicilia. Tra queste anche quella di proprietà della Oikos spa, nel

territorio mottese. La giunta guidata dal primo cittadino Carrà nominerà con

provvedimento urgente un legale per tutelare la cittadina

Motta Sant'Anastasia si costituirà parte civile nel procedimento scaturito

dall'operazione Terra mia. L'inchiesta della procura della Repubblica di Palermo, resa

nota lo scorso luglio, ha messo in luce un sistema di presunte corruzioni nella gestione

delle discariche private in tutta la Sicilia. Nell'indagine è coinvolta la Oikos spa,

azienda proprietaria della contestata discarica nel territorio mottese, da qui la decisione

presa dalla giunta guidata dal primo cittadino Anastasio Carrà che mira a tutelare «gli

interessi e l'immagine del Comune di Motta Sant'Anastasia». Come si legge

nella delibera firmata lo scorso 2 gennaio, dal lavoro della procura «emergono, tra l'altro,

inquietanti scenari in merito alle attività di gestione dei rifiuti nella discarica sita in

territorio comunale e di cui è titolare la suddetta società».

Secondo gli inquirenti palermitani, fulcro del meccanismo sarebbe stato Gianfranco

Cannova (dipendente dell'assessorato regionale Territorio e ambiente) che avrebbe

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rilasciato autorizzazioni alle attività di diversi impianti senza i relativi

controlli, accettando denaro, regali e viaggi, agevolando gli iter per gli

impianti amici. Un eventuale quadro di corruzione preoccupante nel quale

sarebbero coinvolti il proprietario della Oikos spa Domenico Proto, gli

imprenditori Giuseppe Antonioli (amministratore della discarica di Mazzarrà

Sant'Andrea, in provincia di Messina) e i fratelli Calogero(ex senatore della Casa delle

libertà) e Nicolò Sodano, responsabili della Soambiente di Agrigento.

Tutti gli indagati sono stati rinviati a giudizio e giovedì 15 gennaio compariranno

davanti ai giudici del tribunale di Palermo. Così, quasi sei mesi dopo l'apertura del

fascicolo e gli arresti domiciliari per Proto, i rappresentanti del Comune mottese

propongono di «costituirsi parte civile nel procedimento penale scaturito

dall'operazione», e - con provvedimento esecutivo, data l'urgenza - «dare mandato al

sindaco di provvedere con propria determina a nominare il professionista di fiducia».

Una mozione uguale, condivisa da tutta l'opposizione, era stata già approvata dal

consiglio comunale a ridosso dello scandalo. Anche il sindaco del vicino Comune

di Misterbianco, Nino Di Guardo, negli infuocati giorni successivi, aveva annunciato

la stessa misura. http://catania.meridionews.it/articolo/30679/operazione-terra-mia-motta-parte-civile-per-tutelare-interessi-e-immagine-del-comune/

RIFIUTI E CORRUZIONE, ARRESTATO MIMMO PROTO IN MANETTE 4 IMPRENDITORI E UN FUNZIONARIO

CARMEN VALISANO 18 LUGLIO 2014

CRONACA – L'operazione, denominata Terra mia, ha portato all'individuazione di un

complesso sistema di procedure ambientali non seguite e controlli evitati grazie al

presunto pagamento di tangenti. Coinvolti quattro titolari di discariche, tra i quali il

proprietario dell'impianto di contrada Tiritì, a Motta Sant'Anastasia. Il dipendente

regionale «rilasciava le autorizzazioni Aia e gestiva l’ufficio come suo feudo. Con gli

imprenditori amici era prodigo di consigli anche per fregare l’amministrazione

pubblica». Un funzionario della Regione e quattro imprenditori legati alla gestione dei rifiuti sono stati arrestati stamattina dagli uomini della squadra mobile di Palermo. Tra loro spicca il nome di Domenico Proto, titolare della Oikos spa, la ditta proprietaria del mega-impianto di contrada Tiritì-Valanghe d'inverno. Secondo le accuse, Gianfranco Cannova (dipendente dell'assessorato regionale Territorio e ambiente) avrebbe avuto un ruolo nella gestione delle procedure più importanti, quelle legate al rilascio delle autorizzazioni all'attività delle discariche. In cambio di regali e viaggi, avrebbe agevolato gli iter d evitato agli impianti amici controlli e monitoraggi ai quali avrebbero dovuto invece sottostare. Un quadro di corruzione definito dagli inquirenti molto grave nel quale sono coinvolti, oltre a Proto, gli imprenditori Giuseppe Antonioli (amministratore della discarica di Mazzarrà Sant'Andrea, in provincia di Messina) e i fratelli Calogero (ex senatore della Casa delle libertà) e Nicolò Sodano, responsabili della Soambiente di Agrigento. L'operazione, denominata Terra mia, ha avuto inizio nel 2011 ed è durata oltre due anni. I titolati delle indagini hanno messo in rilievo come «questo settore amministrativo è caratterizzato da una stratificazione normativa e da uncomplesso e macchinoso apparato burocratico». Elementi che hanno facilitato l'azione contestata al presunto funzionario infedele. «La corruzione e i corrotti sono un rifiuto speciale e pericolosi - dichiara il procuratore aggiungo di Palermo Dino Petralia - L'imprenditore del Catanese (Domenico Proto, ndr) aveva bisogno di ampliare la discarica a tre milioni di metri cubi.

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Aveva bisogno dell'Autorizzazione integrata ambientale. Sembra che l'azione per ottenerla in modo illegale sia la regola». A lui fa eco il collega Leonardo Agueci: «Il funzionario regionale rilasciava le autorizzazioni Aia e gestiva l'ufficio come suo feudo. Con gli imprenditori amici era prodigo di consigli anche per fregare l'amministrazione pubblica». Nessuna remora di controlli. «Poteva svolgere una attività illecita con la massima disinvoltura». Sia il sito di contrada Tiritì-Valanghe d'inverno che l'impianto messinese di Mazzarrà Sant'Andrea sono sotto inchiesta da parte della dirigenza regionale all'Ambiente per presunte violazioni compiute nella gestione dei rispettivi impianti. Un'inchiesta avviata qualche mese fa dall'ex assessore regionale Nicolò Marino. Soambiente gestisce i siti agrigentini di Siculiana econtrada Monserrato e a Noto (in provincia di Siracusa) quello di contrada Stallaini. A poche ore dall'arresto di Proto, intanto, Confindustria Catania ha sospeso la ditta Oikos, interrompendo il suo rapporto con l'associazione. «Il provvedimento è stato adottato d'urgenza, in ottemperanza del codice etico di Confindustria, spiegano. http://catania.meridionews.it/articolo/11522/rifiuti-e-corruzione-arrestato-mimmo-proto-in-manette-4-imprenditori-e-un-funzionario/ TIRITÌ, TRA CAMBI DI POLTRONE E CONFIDUSTRIA UNA SVOLTA SULLA DISCARICA DEI VELENI?

CARMEN VALISANO 9 APRILE 2014

CRONACA – Il pool di esperti inviato dall'ex assessore Nicolò Marino a verificare le condizioni degli impianti regionali ha sollevato pesanti dubbi sul sito di proprietà della Oikos. Irregolarità riscontrate sia nella struttura attiva da circa un anno che in quella ormai dichiarata esaurita. Ma i passi successivi alla relazione sono messi in dubbio dall'avvicendamento con Salvatore Calleri, considerato vicino agli ambienti dell'associazione di imprenditori che in Sicilia ha come vicepresidente Giuseppe Catanzaro. Proprietario della discarica più grande dell'isola

Un cambio di poltrone alla Regione, gli interessi di Confindustria su un settore

strategico, un Comune alle prese con la campagna elettorale. E una discarica da 2,5 milioni di metri cubi a ridosso di due centri abitati che non smette di

turbare i sonni di cittadini e politici. Siamo finalmente a una svolta nella

questione dell'impianto della Oikos spa? La struttura di gestione dei rifiuti sorge nel Catanese, tra Motta Sant'Anastasia e Misterbianco. È notizia di

ieri che Nicolò Marino, assessore regionale all'Ecologia, sarà sostituito alla guida dell'ente da Salvatore Calleri: renziano, presidente della fondazione

dedicata ad Antonino Caponnetto (era uno dei suoi collaboratori) e considerato vicino agli ambienti di Confindustria. L'associazione - per

bocca di uno dei suoi rappresentanti più influenti, Giuseppe Catanzaro - negli ultimi mesi ha avuto uno scontro durissimo con Marino. Terreno di battaglia,

proprio i rifiuti. Il gruppo Catanzaro, infatti, gestisce la discarica di Siculiana, in provincia di Agrigento, e l'ex assessore ha lanciato pesanti accuse sui

presunti intrecci con Cosa nostra scatenando una reazione fatta di querele e richieste di risarcimento milionarie.

Le irregolarità individuate dalla Regione nel sito catanese riguardano la tutela dell'ambiente e della salute e danno ragione ai cittadini che da tempo

lamentano una serie di violazioni dal punto di vista ambientale. Paure che

emergono sotto forma di un incessante e venefico odore che avvolge i due Comuni e che sembrano avere finalmente un riscontro ufficiale. Tutto comincia

con la revisione, da parte dell'assessorato guidato ancora da Marino, delle

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autorizzazioni concesse agli operatori proprietari degli impianti nella regione. La Oikos è gestore di un sito oramai chiuso (in contrada Tiritì) e di

uno entrato in funzione l'anno scorso nella contigua contrada Valanghe d'inverno per il quale è stato proposto «l'avvio del procedimento di diniego

dell'istanza di rinnovo». Nella comunicazione inviata anche all'azienda della famiglia Proto, il dirigente regionale ricorda che il 17 gennaio 2014 «è

stata costituita una commissione ispettiva per la verifica degli atti relativi alle discariche private in esercizio per rifiuti non pericolosi site nel territorio

siciliano». Pool che ha inviato, tre mesi dopo, una relazione conclusiva. Il documento mette in rilievo alcuni punti: l'assenza delle prescrizioni del

sindaco, la «mancata applicazione del principio di unica Aia (Autorizzazione integrata ambientale, ndr) per uno o più impianti localizzati sullo stesso sito e

gestiti dal medesimo gestore». E poi le «difformità». Quella nel rispetto del

programma di riduzione dei rifiuti biodegradabili, la presenza di rifiuti non ammessi (come liquidi e pneumatici), la mancanza di piani di gestione

operativa e post operativa, sorveglianza e controllo e ripristino ambientale. E ancora violazioni volumetriche, il mancato rispetto delle migliori tecnologie

disponibili, la mancanza di coerenza con il piano regionale di gestione dei rifiuti. Inoltre, «il decreto Aia rilasciato non possiede le caratteristiche di

conformità legislativa più volte richiamata né conseguenzialmente permette l'effettuazione di controlli efficaci sulle attività di gestione rifiuti autorizzate».

Secondo le accuse della Regione, «le attività di gestione dei rifiuti sono state svolte in difformità ad alcune condizioni imposte nel decreto e

nel propedeutico giudizio di compatibilità ambientale (Via), nonché in difformità al decreto legislativo 36/03 e decreto legislativo 59/05», che

normano rispettivamente la gestione delle discariche e la riduzione dell'inquinamento.

L'altra bomba ecologica è rappresentata dall'impianto ormai saturo e chiuso di

contrada Tiritì. Secondo la relazione, la discarica è «rimasta in attività in una situazione di "non conformità legislativa" per tutto il periodo esaminato

dal 1999 al 2006». La Prefettura di Catania «ha di fatto utilizzato una discarica che non era in possesso dei requisti di legge (tecnici e autorizzativi) per lo

smaltimento dei rifiuti urbani». Anche qui la commissione segnala diverse violazioni, compresa la mancata «inclusione dei valori limite per le emissioni

fissati per le sostanze inquinanti». Assente anche il giudizio di compatibilità ambientale. E, come sottolineano i dirigenti dell'assessorato, l'impianto

sarebbe rimasto operativo «anche in data successiva alla scadenza dell'autorizzazione in assenza di valida autorizzazione, e lo è tutt'oggi in fase di

gestione post operativa delle vasche esaurite». Anche per queste ragioni la Oikos è chiamata a effettuare l'analisi di suolo e acque sotterranee «per

escludere l'esistenza di fenomeni di degrado ambientale e di potenziale contaminazione delle matrici acque, suolo e aria». All'azienda viene chiesto un

«piano di indagini» che analizzi «arealmente e tridimensionalmente

l'estensione delle aree della discarica di contrada Tiritì oggetto di abbancamento rifiuti a far data dal primo utilizzo storico (1983)». Il piano

dovrà essere redatto sotto la vigilanza dell'Arpa e della Provincia e a curare il coordinamento saranno il dipartimento regionale e la Prefettura

catanese. Per domani è convocata una conferenza dei servizi presieduta da Marco

Lupo, dirigente generale del dipartimento dell'Acqua e dei rifiuti, area di

118

competenza dell'ormai ex assessore Marino. «È un momento importante, perché la Regione riconosce le ragioni dei comitati», spiega Massimo La

Piana, coordinatore di uno dei due movimenti cittadini che nei Comuni interessati da tempo portano avanti la battaglia contro la discarica, quello di

Misterbianco. L'appuntamento di domani, nel quale la Oikos avrà la possibilità di difendersi, è importante anche per l'altro paese, Motta, alle prese con la

campagna elettorale che porterà al voto tra circa un mese. Il sindaco uscente e candidato, Angelo Giuffrida, a lungo è stato criticato per non aver affiancato i

cittadini nelle numerose proteste e adesso, finalmente, prende posizione. «Domani dovrebbe dare parere negativo», anticipa La Piana.

Una previsione confermata anche sul sito internet del primo cittadino. I due sindaci hanno anche manifestato pubblicamente il proprio sostegno a Nicolò

Marino, esortando il governatore Rosario Crocetta a mantenere il magistrato al

comando del settore. Eppure l'ex assessore non ha sempre goduto delle simpatie dei comitati, così come il sindaco mottese. «Personalmente, il cambio

di direzione può starmi anche bene pur di raggiungere il risultato», osserva pragmaticamente Massimo La Piana. «Quello di domani è un punto

fondamentale: se non dovessero rinnovare l'autorizzazione alla Oikos, si bloccherebbe la discarica». Ovviamente l'azienda potrà ricorrere al Tribunale

amministrativo regionale, «ma intanto sarebbe un riconoscimento per la nostra battaglia», spiega il coordinatore del movimento.

Il nodo successivo da sciogliere è quello relativo alla figura del nuovo assessore. «La nomina di Salvatore Calleri, in questo momento, complica la

questione», riconosce con una certa preoccupazione La Piana. «Bisogna vedere quanto ci metterà a rivedere il caso, se bloccherà l'iter o - come sperano i

cittadini - agirà in continuità amministrativa». I timori degli abitanti risiedono tutti nel legame tra il leader toscano del Megafono e Confindustria.

Associazione legata a doppio filo con il nome del gruppo Catanzaro, dato che

Giuseppe Catanzaro ne è il vicepresidente, oltre a guidare quella che è oggi la discarica più grande della Sicilia. «Laicamente cercheremo un contatto e

chiederemo urgentemente un incontro», promette La Piana. http://catania.meridionews.it/articolo/10656/tiriti-tra-cambi-di-poltrone-e-confidustria-una-svolta-sulla-discarica-dei-veleni/

Carmelo Catania - 11/07/2014

E GIUNTA LA PAROLA FINE PER LA DISCARICA DI MAZZARRÀ SANT’ANDREA?

Marco Lupo, dirigente generale del Dipartimento Energia e rifiuti della Regione, ha avviato il

procedimento di “diniego all’istanza di rinnovo” delle Autorizzazioni integrate ambientali concesse

a Tirrenoambiente nel 2009, e scadute lo scorso 21 maggio senza che l’attività di smaltimento

venisse interrotta, con le quali si consentiva alla società partecipata del comune di Mazzarrà

Sant’Andrea di ampliare, per la terza volta nell’arco di un decennio, la discarica di contrada Zuppà

e realizzare un impianto di selezione e biostabilizzazione e al cui interno opera, dal 2008, anche un

impianto di produzione di energia elettrica dalla combustione del biogas da discarica, impianto,

ricordiamo, sequestrato per ben due volte dalla procura di Barcellona e “sanato” solo lo scorso anno

da un provvedimento regionale.

Ricordiamo anche che i due provvedimenti per i quali oggi la Regione nega il rinnovo erano stati

annullati da due sentenze del Tar di Catania per evidenti violazioni nell’iter autorizzativo. Era stato

cancellato dalle carte geografiche un intero paese che, complice la miopia delle istituzioni, da

troppo tempo è costretto a subire l’inquinamento derivante da una discarica che non sarebbe mai

dovuta nascere.

119

Oggi, nonostante il ribaltamento di quelle due sentenze da parte del Cga, che non aveva

riconosciuto la legittimazione ad agire dei ricorrenti cittadini di Furnari, a seguito dell’istruttoria

svolta dalla Commissione ispettiva nominata dall’ex assessore Marino sono state accertate “criticità

tecniche nei provvedimenti autorizzatorie e “molteplici violazioni della normativa di riferimento” .

Gli ispettori della regione hanno evidenziato come “la discarica è stata gestita in fase operativa in

assenza delle garanzie finanziarie obbligatorie e lo è tutt’oggi in assenza di autorizzazione

all’esercizio a far data dalla scadenza del decreto AIA”. Inoltre viene contestata alla

Tirrenoambiente “la mancata inclusione dei valori limite per le emissioni fissate per le sostanze

inquinanti”, la “mancata indicazione degli opportuni requisiti di controllo delle emissioni, nonché

l’obbligo di comunicare alle autorità competenti ed ai comuni interessati i dati relativi ai controlli

delle emissioni”.

E infine, la “mancanza dei pareri degli enti preposti secondo il regime vincolistico, poichè l’area

ricade nel Piano stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico del torrente Mazzarrà”.

Una discarica, sottolinea la Commissione ispettiva “realizzata in difformità al decreto legislativo

36/2003, nella zona di rispetto dove insistono i pozzi ad uso idropotabile (lo andiamo ripetendo,

inascoltati, dal 1999) di approvvigionamento del comune di Furnari” e le cui “modalità di

impermeabilizzazione” non sono “conformi” a quanto previsto dal decreto 36/2003,

Un quadro, quello rilevato dal Dipartimento, che avendo “forti ripercussioni di carattere ambientale

nell’ambito della effettiva protezione messe in atto ed esistente nelle matrici, suolo, sottosuolo ed

acque”, in aggiunta all’avvio delle procedure di infrazione per non aver ottemperato agli obblighi

previsti da alcuni articoli delle direttive 75/442/CEE, 91/689/CEE e 1999/31/CE concernenti i

rifiuti, quelli pericolosi e la gestione delle discariche, dovrebbe portare alla definitiva chiusura del

sito.

Tirrenoambiente ha a disposizione solo dieci giorni di tempo per produrre le proprie contro-

deduzioni. Poi la Regione esaminerà la documentazione prodotta e nella conferenza di servizi del 2

settembre presso gli uffici del Dipartimento Acque e Rifiuti.

http://www.isiciliani.it/e-giunta-la-parola-fine-per-la-discarica-di-mazzarra-

santandrea/#.VKxvAdKG_wh

REGIONE, CROCETTA NOMINA I NUOVI ASSESSORI I CATANESI FIUMEFREDDO E

TORRISI IN GIUNTA

REDAZIONE 8 APRILE 2014

POLITICA – Il presidente della Regione Sicilia ha reso noti i nomi dei nuovi assessori regionali ieri

sera in tarda serata. Un squadra che cambia per metà, con sei nuove nomine. Entrano nel gioverno

regionale anche tre catanesi: sono Salvatore Calleri, presidente della Fondazione Antonio

Caponnetto; Antonio Fiumefreddo, noto penalista e politico etneo; e Nico Torrisi, imprenditore e

già presidente della Sac, la società di gestione dell'aeroporto di Fontanarossa

E' arrivato ieri in tarda serata l'annuncio della nuova squadra di governo del presidente della

Regione Sicilia Rosario Crocetta. Un rimpasto deciso dopo lunghe settimane di confronti, anche

aspri, all'interno dei partiti di maggioranza, e che vede cambiare sei assessori su dodici.

Rinconfermate Lucia Borsellino (Salute), Nelli Scilabra (Formazione), Mariarita Sgarlata (Beni

culturali), Patrizia Valenti (Funzione pubblica e personale), Michela Stancheris(Servici sociali e

Famiglia) e Linda Vancheri (Attività produttive). I nuovi assessori – la maggior parte ancora in

attesa di delega – sono:

Roberto Agnello, avvocato palermitano, esperto di bilancio, ha lavorato presso il Ministero della

Salute, in quota Pd.

Giuseppe Bruno, avvocato palermitano, anche lui in quota Pd.

Salvatore Calleri, nato a Catania e residente a Firenze da molti anni, presidente nazionale della

Fondazione Caponnetto. Uomo di fiducia del governatore, avrà la delega all'Energia.

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Antonio Fiumefreddo, noto penalista etneo, già legale di Raffaele Lombardoe notissimo alle

cronache politiche catanesi: candidato a sindaco di Catania nel 2001, è stato

successivamente assessore alla Cultura nella giunta di Umberto Scapagnini, suo avversario nella

tornata elettorale. Nel 2008 l'allora presidente della regione Raffaele Lombardo lo nomina

commissario straordinario del teatro Massimo Bellini, ruolo per il quale è stato molto

contestato. Nel 2010 fonda il giornale Sudpress, attraverso il quale si consuma un violento scontro

proprio con Lombardo. Oggi è anche professore della Link University di Roma. In quota Drs

(Democratici riformisti per la Sicilia).

Paolo Ezechia Reale, avvocato di Siracusa, in quota Articolo 4.

Nico Torrisi, dottore commercialista, imprenditore del settore turistico di Catania come

amministratore dell'hotel Baia Verde. Per poco tempo, nel 2012 è stato presidente della Sac, la

società che gestisce l'aeroporto catanese di Fontanarossa. È in quota Udc.

Dallo staff del governatore Crocetta, informano che non c'è ancora una data stabilita per quanto

riguarda l'assegnazione delle deleghe specifiche dei nuovi assessori, che potrebbe avvenire entro il

fine settimana.

http://catania.meridionews.it/articolo/10650/regione-crocetta-nomina-i-nuovi-assessori-i-catanesi-

fiumefreddo-e-torrisi-in-giunta/

MAZZARRÀ, DISCARICA INQUINANTE: DUE BUROCRATI REGIONALI INDAGATI PER

FALSO IDEOLOGICO

Nel mirino della procura di Barcellona Pozzo di Gotto Gianfranco Cannova, già in cella per

l'indagine su rifiuti e tangenti, e Vincenzo Sansone. Nel 2009 rilasciarono un'autorizzazione alla

società TirrenoAmbiente che gestiva il sito. Sotto inchiesta anche Armando Cappadonia,

funzionario dell'Arpa

di MANUELA MODICA

Cinque avvisi di garanzia per reato ambientale e falso ideologico. Si estende l'inchiesta della

procura di Barcellona Pozzo di Gotto sulla discarica di Mazzarrà Sant'Andrea. Altre cinque persone

risultano adesso indagate: tra loro, due funzionari dell'assessorato regionale al Territorio e un

funzionario dell'Arpa, agenzia regionale per l'ambiente, per i quali viene ipotizzato il reato di falso

ideologico commesso da pubblico ufficiale.

Si tratta di Gianfranco Cannova, già detenuto al Pagliarelli di Palermo perché accusato di aver

incassato tangenti per favorire alcuni imprenditori nel settore delle discariche, e Vincenzo Sansone,

dirigente generale del dipartimento regionale tecnico. A entrambi viene contestata un'autorizzazione

rilasciata alla società che gestisce la discarica, la TirrenoAmbiente Spa, nel febbraio del 2009.

Armando Cappadonia, funzionario dell'Arpa, è invece indagato per un'autorizzazione rilasciata nel

2006.

Dopo la richiesta di sequestro, firmata lo scorso 3 novembre e nella quale risultavano indagati gli ex

amministratori di TirrenoAmbiente Antonio Crisafulli, Giuseppe Antonioli (già con divieto di

dimora in Sicilia a seguito di un'indagine per corruzione di un dirigente regionale) e Pino Innocenti,

il prossimo 16 dicembre la procura avvierà una verifica, non ripetibile in dibattimento, per accertare

la presenza di eventuale inquinamento nel sito della discarica.

Le indagini si estendono anche a Sebastiano Giambò, ex sindaco di Mazzarrà Sant'Andrea, già

presidente del Cda di TirrenoAmbiente, oggi agli arresti domiciliari dopo la condanna in primo

grado nell'ambito dell'operazione Vivavio della Dda di Messina, per concorso esterno in

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associazione mafiosa, e Francesco Cannone, anche lui ex presidente del Cda della stessa società.

Per loro la procura ipotizza il reato ambientale.

Si attende adesso la verifica disposta dalla procura per il prossimo 16 dicembre: a eseguirla sarà

l'ingegnere Francesco Melidoro, lo stesso che nel rapporto del 17 settembre aveva rilevato: "Le

acque sotterranee della discarica presentano notevoli indici di inquinamento, sulle pareti della

discarica esistono situazioni di criticità correlate con fuoriuscita di percolato tali da generare locali

profonde incisioni... e le condizioni precarie di equilibrio del corpo della discarica... potrebbero

portare fenomeni gravitativi o franosi di rilevante pericolo per l'ambiente e per l'incolumità delle

persone, i quali potrebbero manifestarsi in un breve medio periodo di tempo, in occasione

soprattutto di intense precipitazioni atmosferiche".

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2014/12/09/news/mazzarr_discarica_inquinante_due_burocrati

_regionali_indagati_per_falso_ideologico-102508090/

LA DISCARICA DI SICULIANA NELL'OCCHIO DEL CICLONE DOMANI

CATANZARO DAVANTI AL GIP DI AGRIGENTO

ANTONELLA SFERRAZZA

CRONACA – A comparire davanti al giudice sarà il fratello del vice presidente di Confindustria Sicilia, insieme con l'ex Presidente della Provincia e due funzionari regionali. I Carabinieri parlano di autorizzazioni illegittime rilasciate con la complicità di funzionari pubblici. Mentre le denunce dell'ex assessore Marino vengono segnalate alla Commissione Nazionale Antimafia

Riesplode in Sicilia, con un boato che è arrivato pure a Roma, l'affaire della gestione delle discariche private nell'Isola. A fare detonare la bomba le dichiarazioni che l'ex assessore regionale all'Energia e ai Rifiuti, Nicolò Marino, aveva rilasciato nel corso di una una intervista a Meridionews e che ha ribadito ieri su altri organi di stampa. Dichiarazioni in cui, in buona sostanza, Marino, che è tornato a fare il magistrato, attacca a muso duro Confindustria Sicilia e le sue ingerenze sul governatore Crocetta «per garantirsi delle situazioni di vantaggio con il mero biglietto da visita dell'antimafia, privo di sostanza». «Ritengo - ha detto chiaramente al nostro giornale - che la mia posizione molto dura contro l'ingerenza, anche nei settori dei rifiuti, di alcuni uomini di Confindustria che facevano riferimento a Ivan Lo bello, Antonello Montante e Giuseppe Catanzaro ha determinato una grande conflittualità per la quale sono stato allontanato». Come già aveva fatto da assessore (e per questo, secondo una opinione diffusa è stato 'defenestrato'), ha quindi puntato il dito contro la discarica di Siculiana, nell'agrigentino, di cui è comproprietario il numero due dell'associazione degli industriali siciliani, Giuseppe Catanzaro: «Catanzaro, approfittando dell'emergenza, ha gestito per tanti anni una discarica che prima apparteneva al comune di Siculiana» ha detto Marino a Meridionews. E ieri, ha rincarato la dose: «Il problema è che Catanzaro aveva avuto un’autorizzazione illegittima».

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Nel bel mezzo di queste polemiche e scontri all'arma bianca (querele incluse), spunta anche una inchiesta giudiziaria sulla discarica di Siculianache va avanti da anni e che domani finirà sul tavolo del Giudice per le Indagini preliminari di Agrigento. Davanti al quale sono chiamati a comparire Lorenzo Catanzaro, fratello del numero degli industriali siciliani e rappresentante legale dell'impianto, l'ex presidente della Provincia regionale di Agrigento, nonché attuale deputato regionale in quota Ncd, Vincenzo Fontana, e due funzionari della Regione, Vincenzo Sansone e Gianfranco Cannova (già rinviato a giudizio nell'inchiesta Terra Mia sulla discarica di Mazzarò). Il giudice dovrà decidere se archiviare il caso, come gli ha chiesto la Procura, o se andare avanti, come vorrebbe il Comune di Siculiana che nel procedimento è parte offesa.

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L'inchiesta parte nel 2007 quando il Nucleo operativo Ecologico dei Carabinieri, durante un controllo nella discarica dei Catanzaro, contesta alcune irregolarità sul suo ampliamento. E ipotizza per i sopra citati protagonisti di questa storia, il reato di abuso d'ufficio, falsità materiale ed ideologica in atti pubblici e illecita gestione di una discarica per rifiuti solidi urbani. I Catanzaro, in buona sostanza, secondo i Carabinieri, hanno ottenuto le autorizzazioni necessarie a gestire ed ampliare la loro discarica, attraverso falsa documentazione e con la complicità di funzionari pubblici. Ricordiamo che la storia di questo impianto è controversa sin dall'origine. Parliamo di una discarica che era pubblica, e che come in un racconto di Pirandello, un bel giorno si risveglia privata (qui vi abbiamo raccontato la sua storia nel dettaglio). Come finirà questa storia sul piano giudiziario è difficile da prevedere. Quello che è certo è che il vaso di Pandora del business rifiuti ormai è stato scoperchiato, e come abbiamo detto all'inizio, del suo contenuto si parlerà anche a Roma. Sempre ieri, infatti, Erasmo Palazzotto, deputato palermitano alla Camera, ha inviato una lettera alla Commissione Nazionale Antimafia,invitandola ad indagare sulle denunce di Marino sul ruolo di Confindustria e del Senatore Beppe Lumia. http://meridionews.it/articolo/29408/la-discarica-di-siculiana-nellocchio-del-ciclone-domani-catanzaro-davanti-al-gip-di-agrigento/

AUTORIZZAZIONI PER LA DISCARICA DI SICULIANA, QUATTRO INDAGATI IN

TRIBUNALE

„Tutto partì da una denuncia dei carabinieri del Noe, i quali denunciarono i due funzionari

dell'Assessorato regionale "Tutela ed Ambiente", il rappresentante legale della "Catanzaro" e

l'allora presidente della Provincia di Agrigento, ritenendoli responsabili, a vario titolo, di abuso

d'ufficio, falsità materiale ed ideologica “

Sono comparsi oggi dinnanzi al Gip del Tribunale di Agrigento, Ottavio Mosti, la "Catanzaro costruzioni", l’ex presidente della Provincia Enzo Fontana e i

dirigenti regionali Vincenzo Sansone e Gianfranco Cannova, coinvolti in un presunto abuso d'ufficio nelle procedure di allargamento della discarica

di contrada Materano, a Siculiana. SI attende la decisione del giudice

rispetto all’eventuale accoglimento della richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero.

Tutto partì nel 2007 da una denuncia dei carabinieri del Noe, i quali denunciarono i due funzionari

dell’Assessorato regionale “Tutela ed Ambiente”, il rappresentante legale della “Catanzaro” e

l’allora presidente della Provincia di Agrigento, ritenendoli responsabili, a vario titolo, di abuso

d’ufficio, falsità materiale ed ideologica commessa in atti pubblici, nonché per “illecita gestione di

una discarica per rifiuti solidi urbani”.

Autorizzazioni per la discarica di Siculiana, quattro indagati in Tribunale

“Ci sottoponiamo con serenità al giudizio”, è stato il commento della ditta che gestisce l’impianto.

http://www.agrigentonotizie.it/cronaca/discarica-siculiana-abuso-ufficio-udienza-quattro-indagati-

agrigento.html

CANNOVA SANSONE SETTEMBRE 2008 DRS 996 30 SETT E DRS 1457 16 DIC 2008 CISMA AMBIENTE CONTRADA

BAGALLI MELILLI

CANNOVA SANSONE SETTEMBRE 2008 DRS 996 30 SETT E DRS 1457 16 DIC 2008 CISMA AMBIENTE CONTRADA BAGALLI

MELI... by Pino Ciampolillo CANNOVA SANSONE ZUCCARELLO TIRRENO AMBIENTE OIKOS SICULIANA

RELAZIONE COMMISSIONE DISCARICA OIKOS 2014

124

CANNOVA SANSONE ZUCCARELLO TIRRENO AMBIENTE OIKOS SICULIANA -

relazione_commissione_discarica_oikos-2014.pd... by Pino Ciampolillo

MAZZARRÀ: ALTRI CINQUE INDAGATI PER LA DISCARICA SOTTO SEQUESTRO

Si allarga l’inchiesta della procura di Barcellona. Ora l’inchiesta coinvolge altre cinque persone: tra

questi, due funzionari dell’assessorato regionale al Territorio e un funzionario dell’Arpa. Le

ipotesi: reato ambientale e falso ideologico di Redazione

Cinque avvisi di garanzia per reato ambientale e falso ideologico. L’inchiesta della procura di

Barcellona Pozzo di Gotto sulla discarica di Mazzarrà Sant’Andre si allarga e coinvolge altre cinque

persone: due funzionari dell’assessorato regionale al Territorio e un funzionario dell’Arpa, agenzia

regionale per l’ambiente, per i quali viene ipotizzato il reato di falso ideologico commesso da

pubblico ufficiale. I nuovi indagati sono Gianfranco Cannova, già detenuto nel carcere di Pagliarelli

di Palermo perché accusato di aver incassato tangenti per favorire alcuni imprenditori nel settore

delle discariche, e Vincenzo Sansone, dirigente generale del dipartimento regionale tecnico. Sono

accusati entrambi di aver rilasciato nel febbraio del 2009 un’autorizzazione alla società che gestisce

la discarica, la TirrenoAmbiente Spa. Il terzo indagato è Armando Cappadonia, funzionario

dell’Arpa, per un’autorizzazione rilasciata nel 2006. Gli ultimi due coinvolti nell’indagine

sono Sebastiano Giambò, ex sindaco di Mazzarrà Sant’Andrea, già presidente del Cda

di TirrenoAmbiente, oggi agli arresti domiciliari dopo la condanna in primo grado nell’ambito

dell’operazione Vivavio della Dda di Messina, per concorso esterno in associazione mafiosa,

e Francesco Cannone, anche lui ex presidente del Cda della stessa società. Per loro la procura

ipotizza il reato ambientale.

I cinque si aggiungono ai primi tre nomi iscritti nel registro degli indagati subito dopo la richiesta di

sequestro della discarica, firmata lo scorso 3 novembre: gli ex amministratori diTirrenoAmbiente

Antonio Crisafulli, Giuseppe Antonioli (già con divieto di dimora in Sicilia a seguito di un’indagine

per corruzione di un dirigente regionale) e Pino Innocenti.

Si attende adesso la verifica dei livelli di inquinamento disposta dalla procura di Barcellona per il

prossimo 16 dicembre: l’esperto incaricato per i rilievi è l’ingegnere Francesco Melidoro, lo stesso

che nel rapporto del 17 settembre aveva rilevato: “Le acque sotterranee della discarica presentano

notevoli indici di inquinamento, sulle pareti della discarica esistono situazioni di criticità correlate

con fuoriuscita di percolato tali da generare locali profonde incisioni… e le condizioni precarie di

equilibrio del corpo della discarica… potrebbero portare fenomeni gravitativi o franosi di rilevante

pericolo per l’ambiente e per l’incolumità delle persone, i quali potrebbero manifestarsi in un breve

medio periodo di tempo, in occasione soprattutto di intense precipitazioni atmosferiche”.

http://www.loraquotidiano.it/2014/12/10/mazzarra-altri-cinque-indagati-per-la-discarica-sotto-

sequestro_16383/

MAZZARÀ SANT’ANDREA, SEQUESTRATA LA DISCARICA PER RIFIUTI GESTITA

DALLA TIRRENO AMBIENTE S.P.A.

E’ avvenuto alle 11,30 di questa mattina a Mazzarrà Sant’Andrea. I Carabinieri della Compagnia di

Barcellona P. G. al Nucleo Operativo Ecologico di Catania hanno dato esecuzione al decreto di

sequestro emesso dal G.I.P. del Tribunale di Barcellona P. G., su richiesta della locale Procura della

Repubblica, della discarica per rifiuti non pericolosi gestita dalla “Tirrenoambiente S.P.A.” situata

in contrada Zuppa.

Il provvedimento è stato adottato nell’ambito delle indagini avviate dalla Procura della Repubblica

diBarcellona P. G. a seguito della relazione elaborata dalla Commissione ispettiva per la verifica

degli atti relativi alle discariche private in esercizio per rifiuti non pericolosi site nel territorio

siciliano istituita con D.A. n. 54 del 17/01/2014. Lo sviluppo delle indagini delegate ai Carabinieri,

125

con l’ausilio di tecnici del settore, hanno permesso di accertare la realizzazione di lavori di

sbancamento propedeutici ad un ulteriore ampliamento della discarica in totale assenza di

autorizzazioni edilizie.

E’ stato anche accertato che l’abbancamento di rifiuti in discarica violava le prescrizioni contenute e

richiamate nei provvedimenti autorizzativi, condotta che integra il reato previsto dall’art. 256 c. 3-4

del decreto legislativo n. 152 del 2006. Nello specifico, sono stati conferiti in discarica oltre 1

milione di mc. di rifiuti ulteriori rispetto ai rifiuti abbancabili. La illegittima coltivazione è avvenuta

in sopraelevazione, comportando concreto rischio di fenomeni franosi con rilevante pericolo per

l’ambiente e per la incolumità delle persone. Sulle pareti della discarica sono state rilevate

situazioni di criticità, con fuoriuscita di percolato. E’ stato anche accertato che le acque sotterranee

della discarica presentano notevoli indici di inquinamento. Per i reati ravvisati rispetto ai fatti di cui

sopra, sono stati notificati ai tre indagati, C. A. di anni 53, A. G. di anni 53 e I. G. di anni 61,

altrettanti avvisi di garanzia.

La discarica di Mazzarrà Sant’Andrea (ME) è da diverso tempo al centro delle cronache anche a

seguito della condanna ad 8 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa dell’ex

Presidente del Consiglio di Amministrazione, Sebastiano Giambò, per fatti attinenti la carica

ricoperta.

Di recente la discarica è stata oggetto dei lavori della Commissione Parlamentare Antimafia

nell’ultima visita effettuata a Messina e Barcellona P. G

http://www.24live.it/87045-mazzara-santandrea-sequestrata-la-discarica-per-rifiuti-gestita-dalla-

tirreno-ambiente-s-p-a

Carmelo Catania - settembre 2014

Una svolta sulla discarica dei veleni?

La commissione istituita dall’ex assessore Marino per verificare le condizioni degli impianti privati

ha sollevato pesanti dubbi sul sito di proprietà della Tirrenoambiente. Diverse le irregolarità

riscontrate.

Quella della discarica di contrada Zuppà, una delle tre più grandi discariche private siciliane, è una

storia lunga più di dieci anni e più volte al centro di inchieste tra commistioni politico-affaristico-

mafiose. Un’enorme collina d’argilla e spazzatura posta a cavallo tra i comuni di Mazzarrà

Sant’Andrea e Furnari, in cui ogni giorno arrivano oltre 700 tonnellate di rifiuti prodotti da Messina

e altre provincie.

Raccolte, triturate, trasportate e interrate dagli operai della Tirrenoambiente Spa, l’azienda guidata

da Giuseppe Antonioli che incamera circa 70.000 euro al giorno (in media ogni tonnellata viene

pagata 100 euro), una miniera d’oro per i gestori.

Nonostante la Regione abbia approvato da tempo un deliberato che impone una distanza minima di

5 chilometri tra le discariche e i centri abitati, l’invaso sorge ad appena 400 metri dal centro abitato

di Furnari, abitato da oltre 3 mila persone, appestando l’aria con miasmi e un fetore insopportabile,

tanto da non poter aprire le finestre nemmeno d’estate.

Potrebbe finalmente prospettarsi una svolta nella questione dell’impianto della Tirrenoambiente.

La commissione ispettiva

Tutto comincia con la revisione, da parte dell’assessorato regionale all’Energia, guidato ancora da

Nicolò Marino, delle autorizzazioni concesse agli operatori proprietari degli impianti privati nella

regione.

Per l’impianto di contrada Zuppà, entrato in funzione nel 2003, è stato proposto «l’avvio del

procedimento di diniego dell’istanza di rinnovo». Nella comunicazione inviata anche all’azienda

partecipata dal comune di Mazzarrà Sant’Andrea, il dirigente regionale Marco Lupo ricorda che il

17 gennaio 2014 «è stata costituita una commissione ispettiva per la verifica degli atti relativi alle

discariche private in esercizio per rifiuti non pericolosi site nel territorio siciliano».

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Commissione che ha sollevato pesanti dubbi sul sito di Mazzarrà.

Le irregolarità individuate dal pool investigativo, raccolte in una relazione conclusiva di 170 pagine

depositata lo scorso giugno, nel sito messinese riguardano la tutela dell’ambiente e della salute e

danno ragione ai cittadini di Furnari che da tempo lamentano una serie di violazioni dal punto di

vista ambientale.

Paure che sembrano avere finalmente un riscontro ufficiale.

Carenze e violazioni

Il documento mette in rilievo alcuni punti: l’assenza delle prescrizioni del sindaco, la «mancata

applicazione del principio di unica Aia (Autorizzazione integrata ambientale) per uno o più impianti

localizzati sullo stesso sito e gestiti dal medesimo gestore». E poi le «difformità». Quella nel

rispetto del programma di riduzione dei rifiuti biodegradabili, la presenza di rifiuti non ammessi

(come liquidi e pneumatici), la mancanza dell’obbligo di trattamento dei rifiuti, dei piani di gestione

operativa e post operativa, sorveglianza e controllo e ripristino ambientale. E ancora violazioni

volumetriche, la mancanza di coerenza con il piano regionale di gestione dei rifiuti.

Inoltre, «il decreto Aia rilasciato non possiede le caratteristiche di conformità legislativa più volte

richiamata né conseguenzialmente permette l’effettuazione di controlli efficaci sulle attività di

gestione rifiuti autorizzate». Secondo le accuse della Regione, «le attività di gestione dei rifiuti sono

state svolte in difformità ad alcune condizioni imposte nel decreto Aia, nonché in difformità al

decreto legislativo 36/03 e decreto legislativo 59/05», che normano rispettivamente la gestione delle

discariche e la riduzione dell’inquinamento.

E ancora « la legittimità dell’atto è palesemente inficiata dall’assenza agli atti del preventivo

giudizio di compatibilità ambientale positivo» (Via), non sono conformi l’impermeabilizzazione, e

manca l’indicazione della capacità totale dell’impianto. Non solo, il progetto della barriera di

confinamento realizzata al di sotto del corpo rifiuti non è stato trasmesso: ciò non rende possibile

attestare se la base dell’ampliamento non si attesti su aree già coltivate.

Gli ispettori inoltre fanno notare come alcune aree intermedie fra la nuova e la vecchia discarica

storica siano «oggetto di coltivazione ed abbancamento». Le immagini tratte da Google Earth

«sembrerebbero confermare l’avvenuto sbancamento in tempi non definiti».

Infine, «non risulta che il piano finanziario sia stato mai trasmesso ed approvato, così come le

garanzie finanziarie». Alla commissione, inoltre, «non è chiaro» se la polizza assicurativa sia

scaduta a maggio del 2012 e soprattutto se sia stata adeguata dopo l’ampliamento.

Decisione rinviata a settembre

Tirrenoambiente, che ha annunciato la chiusura del sito per il prossimo 31 agosto per esaurimento

della capienza, avrebbe stilato un documento con le contro deduzioni.

Il prossimo 2 settembre a Palermo è stata convocata una conferenza dei servizi alla quale è stato

invitato anche il comune di Furnari, che ottiene finalmente il riconoscimento delle proprie ragioni.

Un appuntamento che potrebbe essere fondamentale: se le criticità riscontrate non dovessero essere

risolte, la Regione esprimerà parere negativo al rinnovo delle autorizzazioni.

Ma i passi successivi sono messi in dubbio dall’avvicendamento di Marino con Salvatore Calleri,

considerato vicino agli ambienti di Confindustria.

Il “modello Marino” prevedeva di togliere il monopolio delle discariche ai privati e fare i controlli

sui prezzi di conferimento in discarica.

Ed è proprio sui rifiuti che nei mesi scorsi l’ex assessore si è scontrato con Giuseppe Catanzaro, che

di Confindustria è vicepresidente, lanciando pesanti accuse sui presunti intrecci con Cosa nostra

scatenando una reazione fatta di querele e richieste di risarcimento milionarie.

I timori degli abitanti di Furnari risiedono tutti in questo legame tra il leader toscano del Megafono

e Confindustria. Associazione legata a doppio filo con il nome del gruppo Catanzaro.

Come agirà la Regione, alla luce di quanto evidenziato dalla commissione ispettiva?

127

Calleri bloccherà l’iter o – come sperano i cittadini – agirà in continuità amministrativa?

Mazzette alla Regione

Negli stessi giorni in cui all’assessorato si avviava l’iter del procedimento di diniego delle

autorizzazioni, la procura di Palermo portava a termine l’operazione “Terra Mia”, ordinando

l’arresto proprio dell’amministratore delegato di Tirrenoambiente, Giuseppe Antonioli, insieme ad

altri tre imprenditori della “munnizza” (Domenico Proto della Oikos di Misterbianco, Calogero e

Nicolò Sodano, titolari della discarica Soambiente di Agrigento e del funzionario dell’assessorato

regionale al Territorio e ambiente, Gianfranco Cannova, figura chiave di un sistema di corruzione

messo in atto per raggirare il sistema di autorizzazioni allo smaltimento dei rifiuti.

Gravi i danni ambientali

Secondo gli investigatori il quadro di corruzione emerso è molto grave, in quanto ha messo a

repentaglio la salute pubblica e alla preservazione del territorio da gravi danni ambientali.

Nel corso delle indagini, polizia e Noe dei carabinieri, hanno constatato che «questo settore

amministrativo è caratterizzato da una stratificazione normativa e da un complesso e macchinoso

apparato burocratico che ha consentito al funzionario infedele, pur non rivestendo un ruolo apicale,

di “giostrare” nella gestione delle procedure connesse al rilascio dei provvedimenti, agevolando gli

imprenditori e preservandoli dall’ordinaria attività di controllo e monitoraggio della pubblica

amministrazione consentendo loro in questo modo di superare indenni tutti i controlli.

Cannova, secondo l’accusa, gestiva il suo ufficio come un feudo, ricevendo regalie e ingenti somme

di denaro dai diversi imprenditori che attendevano dal suo ufficio le autorizzazioni amministrative

per l’esercizio delle discariche e che si vedevano garantire una corsia preferenziale per le loro

pratiche. Il funzionario, inoltre, avvertiva in anticipo le imprese dei controlli o le informava del

risultato di riunioni in assessorato.

Quell’Audi sospetta

Nei confronti del dipendente regionale l’ex assessore regionale al Territorio Mariella Lo Bello

aveva presentato lo scorso marzo un esposto. Il funzionario: aveva predisposto un atto che bloccava

l’autorizzazione a una discarica di Gela. A quel punto l’assessore Lo Bello, insospettita dallo

“strano” comportamento, avvia una serie di verifiche e salta fuori la storia di una conferenza dei

servizi convocata nel settembre 2008 e presieduta dallo stesso Cannova che aveva rilasciato

l’Autorizzazione integrata ambientale per l’ampliamento della discarica di Mazzarrà Sant’Andrea,

omettendo la vicinanza al centro abitato di Furnari.

Nell’ottobre del 2008 il funzionario acquista un’Audi A6 in Lombardia, in una concessionaria che

faceva riferimento all’amministratore delegato della società alla quale era stata rilasciata

l’autorizzazione. «Abbiamo così trasferito il funzionario e presentato una denuncia sospettando un

giro di tangenti per oliare alcune pratiche piuttosto che altre, il tutto in un assessorato noto per le

sue lentezze e le improvvise accelerazioni», commentava la Lo Bello.

Inoltre, «il decreto Aia rilasciato non possiede le caratteristiche di conformità legislativa più volte

richiamata né conseguenzialmente permette l’effettuazione di controlli efficaci sulle attività di

gestione rifiuti autorizzate». Secondo le accuse della Regione, «le attività di gestione dei rifiuti sono

state svolte in difformità ad alcune condizioni imposte nel decreto Aia, nonché in difformità al

decreto legislativo 36/03 e decreto legislativo 59/05», che normano rispettivamente la gestione delle

discariche e la riduzione dell’inquinamento.

E ancora « la legittimità dell’atto è palesemente inficiata dall’assenza agli atti del preventivo

giudizio di compatibilità ambientale positivo» (Via), non sono conformi l’impermeabilizzazione, e

manca l’indicazione della capacità totale dell’impianto. Non solo, il progetto della barriera di

128

confinamento realizzata al di sotto del corpo rifiuti non è stato trasmesso: ciò non rende possibile

attestare se la base dell’ampliamento non si attesti su aree già coltivate.

Gli ispettori inoltre fanno notare come alcune aree intermedie fra la nuova e la vecchia discarica

storica siano «oggetto di coltivazione ed abbancamento». Le immagini tratte da Google Earth

«sembrerebbero confermare l’avvenuto sbancamento in tempi non definiti».

Infine, «non risulta che il piano finanziario sia stato mai trasmesso ed approvato, così come le

garanzie finanziarie». Alla commissione, inoltre, «non è chiaro» se la polizza assicurativa sia

scaduta a maggio del 2012 e soprattutto se sia stata adeguata dopo l’ampliamento.

Decisione rinviata a settembre

Tirrenoambiente, che ha annunciato la chiusura del sito per il prossimo 31 agosto per esaurimento

della capienza, avrebbe stilato un documento con le contro deduzioni.

Il prossimo 2 settembre a Palermo è stata convocata una conferenza dei servizi alla quale è stato

invitato anche il comune di Furnari, che ottiene finalmente il riconoscimento delle proprie ragioni.

Un appuntamento che potrebbe essere fondamentale: se le criticità riscontrate non dovessero essere

risolte, la Regione esprimerà parere negativo al rinnovo delle autorizzazioni.

Ma i passi successivi sono messi in dubbio dall’avvicendamento di Marino con Salvatore Calleri,

considerato vicino agli ambienti di Confindustria.

Il “modello Marino” prevedeva di togliere il monopolio delle discariche ai privati e fare i controlli

sui prezzi di conferimento in discarica.

Ed è proprio sui rifiuti che nei mesi scorsi l’ex assessore si è scontrato con Giuseppe Catanzaro, che

di Confindustria è vicepresidente, lanciando pesanti accuse sui presunti intrecci con Cosa nostra

scatenando una reazione fatta di querele e richieste di risarcimento milionarie.

I timori degli abitanti di Furnari risiedono tutti in questo legame tra il leader toscano del Megafono

e Confindustria. Associazione legata a doppio filo con il nome del gruppo Catanzaro.

Come agirà la Regione, alla luce di quanto evidenziato dalla commissione ispettiva?

Calleri bloccherà l’iter o – come sperano i cittadini – agirà in continuità amministrativa?

Mazzette alla Regione

Negli stessi giorni in cui all’assessorato si avviava l’iter del procedimento di diniego delle

autorizzazioni, la procura di Palermo portava a termine l’operazione “Terra Mia”, ordinando

l’arresto proprio dell’amministratore delegato di Tirrenoambiente, Giuseppe Antonioli, insieme ad

altri tre imprenditori della “munnizza” (Domenico Proto della Oikos di Misterbianco, Calogero e

Nicolò Sodano, titolari della discarica Soambiente di Agrigento e del funzionario dell’assessorato

regionale al Territorio e ambiente, Gianfranco Cannova, figura chiave di un sistema di corruzione

messo in atto per raggirare il sistema di autorizzazioni allo smaltimento dei rifiuti.

Gravi i danni ambientali

Secondo gli investigatori il quadro di corruzione emerso è molto grave, in quanto ha messo a

repentaglio la salute pubblica e alla preservazione del territorio da gravi danni ambientali.

Nel corso delle indagini, polizia e Noe dei carabinieri, hanno constatato che «questo settore

amministrativo è caratterizzato da una stratificazione normativa e da un complesso e macchinoso

apparato burocratico che ha consentito al funzionario infedele, pur non rivestendo un ruolo apicale,

di “giostrare” nella gestione delle procedure connesse al rilascio dei provvedimenti, agevolando gli

imprenditori e preservandoli dall’ordinaria attività di controllo e monitoraggio della pubblica

amministrazione consentendo loro in questo modo di superare indenni tutti i controlli.

Cannova, secondo l’accusa, gestiva il suo ufficio come un feudo, ricevendo regalie e ingenti somme

di denaro dai diversi imprenditori che attendevano dal suo ufficio le autorizzazioni amministrative

per l’esercizio delle discariche e che si vedevano garantire una corsia preferenziale per le loro

pratiche. Il funzionario, inoltre, avvertiva in anticipo le imprese dei controlli o le informava del

risultato di riunioni in assessorato.

Quell’Audi sospetta

Nei confronti del dipendente regionale l’ex assessore regionale al Territorio Mariella Lo Bello

aveva presentato lo scorso marzo un esposto. Il funzionario: aveva predisposto un atto che bloccava

l’autorizzazione a una discarica di Gela. A quel punto l’assessore Lo Bello, insospettita dallo

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“strano” comportamento, avvia una serie di verifiche e salta fuori la storia di una conferenza dei

servizi convocata nel settembre 2008 e presieduta dallo stesso Cannova che aveva rilasciato

l’Autorizzazione integrata ambientale per l’ampliamento della discarica di Mazzarrà Sant’Andrea,

omettendo la vicinanza al centro abitato di Furnari.

Nell’ottobre del 2008 il funzionario acquista un’Audi A6 in Lombardia, in una concessionaria che

faceva riferimento all’amministratore delegato della società alla quale era stata rilasciata

l’autorizzazione. «Abbiamo così trasferito il funzionario e presentato una denuncia sospettando un

giro di tangenti per oliare alcune pratiche piuttosto che altre, il tutto in un assessorato noto per le

sue lentezze e le improvvise accelerazioni», commentava la Lo Bello.

http://www.isiciliani.it/una-svolta-sulla-discarica-dei-veleni/#.VIhpstKG_wg

CANNOVA ORDINANZA DI CUSTODIA CAUTELARE CANNOVA ARCHITETTO

GIANFRANCO 7485 11 10308 11 ORDINANZA-CANNOVA-PROTO-F.LLI-SODANO

CANNOVA ORDINANZA DI CUSTODIA CAUTELARE CANNOVA

ARCHITETTO GIANFRANCO 7485 11 10308 11 ORDINANZA-CANNOVA-

PR... by Pino Ciampolillo

REGIONE, BANCOMAT DELLA CORRUZIONE: IN UN ANNO CENTO MILIONI DI

TANGENTI

Dalla pubblicità all'energia: ecco perché nell'Isola dilaga il malaffare

di ANTONIO FRASCHILLA

TANGENTI e malaffare per oltre 100 milioni di euro in poco più di un anno nell'isola del tesoro.

Nel mirino la Regione, che si sta rivelando sempre di più il cuore di un sistema che garantisce truffe

da capogiro tra mazzette e scarsi controlli. Seguono a ruota Comuni e altri enti locali:

complessivamente, negli ultimi sedici mesi soltanto la Guardia di finanza ha segnalato frodi per 520

milioni e danni erariali per 826 milioni. Rifiuti, energia, formazione, sanità, finanziamenti Ue sono i

settori più aggrediti perché bancomat perfetti per affari milionari. "Una nuova tangentopoli, il regno

della manciugghia", ha detto il governatore Rosario Crocetta. Un malaffare che continua però a

espandersi, in particolare proprio nei corridoi dell'amministrazione regionale, con funzionari

coinvolti in indagini e vicende poco chiare tutti rimasti spesso al loro posto nonostante annunci

mediatici di rotazioni e trasferimenti, e con politici, più che chiacchierati, che siedono in

maggioranza.

Una cosa comunque è certa: i numeri forniti dal comando regionale della Guardia di finanza guidato

dal generale Ignazio Gibilaro sono impressionanti e lanciano l'allarme sulla corruzione in Sicilia,

che vede la Regione cuore pulsante di questo mondo nero. Basta leggere le cronache delle indagini

principali in corso delle Procure dell'isola sui fondi del Ciapi utilizzati per pagare i politici, le

tangenti versate da imprenditori a deputati regionali per oliare le pratiche in materia di energia, le

mazzette garantite dai re dei rifiuti per avere le autorizzazioni ambientali, gli enti di formazione in

mano agli onorevoli e, nel mezzo, funzionari e dipendenti pubblici corrotti, nella peggiore della

ipotesi, distratti nella migliore. Mentre la politica sembra confusa e annuncia riforme su riforme

senza andare al dunque: lo scenario migliore per chi vuole continuare a fare affari illeciti all'ombra

di Palazzo d'Orleans e dei Comuni dell'Isola. Cioè dei siciliani.

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2014/07/27/news/regione_bancomat_dell

a_corruzione_in_un_anno_cento_milioni_di_tangenti-92497279/

130

AFFARI, TANGENTI E LOBBY IL SISTEMA RIFIUTI NELL'ISOLA COSTA UN MILIARDO

L'ANNO

ANTONIO FRASCHILLA

ECCO il risultato di anni di mala gestio in un comparto chiave per la salute dei cittadini e il rispetto dell'ambiente: un sistema di smaltimento poco compatibile

e un costo che è pari a 200 euro a siciliano, neonati compresi, contro i 190 del Lazio e i 111 euro della Lombardia. Il tutto mentre non ci sono abbastanza

impianti per la differenziata, che non a caso vede l'Isola ultima nel Paese con

meno del 10 per cento, con conseguente rischio di condanne dell'Unione europea.

Al di là delle indagini giudiziarie, che stanno alzando il velo su tangenti, legami pericolosi con la politica e pressioni sull'amministrazione, e hanno portato agli

arresti di due amministratori di discariche, dell'Oikos e della Tirreno ambiente, il sistema dei rifiuti in Sicilia dopo quasi quindici anni di cattiva gestione è

adesso quasi al collasso e non è più economicamente sostenibile. Al momento i rifiuti siciliani per il 90 per cento finiscono in quattro discariche: oltre a quelle

citate, vanno nei siti della Sicula Trasporti e della Catanzaro. La Sicilia è attraversata da compattatori stracolmi di rifiuti. A esempio, da Termini

Imerese i mezzi partono alla volta di Mazzarà Sant'Andrea (dove per conferire la tariffa è di 90 euro a tonnellata) oppure a Motta San'Anastasia (102 euro a

tonnellata), compiendo più di 300 chilometri tra andata e ritorno. A Bagheria da qualche giorno gli autocompattatori carichi di rifiuti vanno a scaricare a

Siculiana nel sito gestito dalla ditta Catanzaro Costruzioni. «Il servizio reso a

Siculiana ha un costo di 78 euro per tonnellata di rifiuto contro il costo sostenuto per andare a scaricare a Catania di 140 euro per tonnellata», ha

detto il sindaco grillino Patrizio Cinque. In media comun- que il costo per conferire i rifiuti nelle quattro discariche siciliane private costa 100 euro a

tonnellata. Considerando i rifiuti prodotti ogni hanno dai siciliani, pari a 2,5 milioni di

tonnellate, e che di questi ben il 90 per cento finisce sotto terra, il costo complessivo è di 250 milioni di euro all'anno. A questa cifra occorre aggiungere

la spesa per i 13 mila addetti al servizio, in gran parte assunti negli anni d'oro degli Ato che, chiaramente, hanno accumulato un miliardo di euro di debiti.

Nell'Isola c'è un operatore ogni 398 abitanti, contro l'uno ogni mille di Treviso e una media nazionale di un addetto per 680 abitanti.

Dal 2003 è scattata una corsa folle ad assumere personale, spesso a ridosso di tornate elettorali, e i nodi sono venuti al pettine negli ultimi anni. Oggi questi

stipendi costano circa 520 milioni di euro all'anno.

Ma le spese del sistema rifiuti siciliano non finisco qui. A queste cifre occorre aggiungere anche il 30 per cento di spese che va per oneri di gestione,

manutenzione e acquisti di attrezzature: altri 200 milioni di euro all'anno. Il totale fa 970 milioni di euro all'anno, circa un miliardo. A fronte di questa mole

di costi, i tributi riscossi dagli enti locali per lo smaltimento dei rifiuti Tarsu o Tia, ammontano a 650 milioni di euro. Quindi ogni anno il sistema accumula

debiti per oltre 300 milioni di euro: oggi tra Ato e Comuni, il debito nei confronti delle imprese pubbliche e private che lavorano nel comparto è salito

131

così a 1,5 miliardi di euro, nonostante i 600 milioni di euro di fondi regionali bruciati negli ultimi anni attraverso il cosiddetto fondo di rotazione istituito

proprio per aiutare i Comuni. Insomma, costi elevati e una macchina mangiasoldi perfetta. Ecco il sistema

della spazzatura in Sicilia, mentre la magistratura indaga sulle tangenti e il ruolo della politica. Nel frattempo il piano rifiuti rimane in gran parte

incompiuto: i Comuni non hanno i soldi per avviare la differenziata e dopo la fine dell'emergenza, con annesso commissariamento affidato alla Regione,

dovrebbero essere le nuove Srr ad investire negli impianti. Sì, ma con quali fondi? Fino a quando i rifiuti andranno a finire solo nelle discariche? Il governo

Crocetta ha dichiarato guerra ai privati coinvolti nelle indagini e minaccia di requisire le discariche. Ma quali sono i programmi del governo per cambiare

questo sistema?

Dopo gli ultimi arresti il governo Crocetta ha dichiarato guerra ai privati Ogni dodici mesi si accumulano debiti per trecento milioni di euro

GLI OPERATORI

In Sicilia c'è un operatore ogni 398 abitanti Da sinistra, una discarica e Palazzo

d'Orleans http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2014/07/26/affari-tangenti-e-lobby-il-

sistema-rifiuti-nellisola-costa-un-miliardo-lannoPalermo05.html?ref=search

APPALTI E INCHIESTE, IL RITARDO DELLA POLITICA

Salvo Toscano

Con le indagini su discariche e fotovoltaico, gli inquirenti arrivano prima della

politica, malgrado i tanti campanelli d'allarme suonati in questi anni. Serve un intervento deciso sulla burocrazia. Ma anche le imprese hanno qualcosa su cui

riflettere, a partire dalla "convenienza" della legalità

PALERMO – L'ultimo annuncio in ordine di tempo risale a oggi, quando il presidente Rosario

Crocetta ha detto che sarà creata “una banca dati on line, il cui accesso sarà riservato alle forze

dell'ordine e alla magistratura, con tutte le informazioni relative agli appalti pubblici della Regione".

Ma la settimana horribilis per la Regione, con due inchieste che hanno fatto tremare il Palazzo,

quella sulle discariche e quella sul fotovoltaico, promette strascichi. Le indagini hanno svelato

presunti incroci pericolosi tra burocrazia e affari, storie di tangenti e promiscuità – tutte, sia chiaro,

ancora da dimostrare in sede giudiziaria – che gettano più di un'ombra sulla burocrazia regionale.

Storie che affondano le proprie radici in quella matassa ingarbugliata di norme e codicilli, in quel

labirinto nel quale non perdersi, per cittadini e imprese, è pratica non semplice, in quel pantano in

cui le poche certezze fanno il gioco di disonesti e avidi a scapito del diritto.

Colpisce, nelle cronache di questi giorni, la corsa dei politici per piazzarsi primi nel gioco del

“l'avevo detto io”. Tanti si sono iscritti, eppure resta il fatto che fino all'intervento della

magistratura, lo status quo, per esempio sulla vicenda delle discariche, era rimasto quasi intatto. “La

Procura è arrivata a conclusioni che la politica non ha saputo trarre: ha fatto prima delle istituzioni

politiche”, ha sintetizzato in un'intervista a Livesicilia il deputato del Pd Anthony Barbagallo.

Eppure, i campanelli d'allarme erano suonati abbondanti, dentro e fuori dal Palazzo. Sul fronte delle

energie alternative, ad esempio, una relazione dell'assessorato all'Energia aveva sollevato già forti

perplessità sulle procedure per l'autorizzazione per la realizzazione degli impianti alimentati da

fonti rinnovabili, dipingendo un quadro a dir poco caotico degli uffici. Quanto alla vicenda rifiuti,

132

basta sfogliare le collezioni dei giornali. Solo pochi mesi fa, a marzo, era stata la Fit Cisl a chiedere

maggiore trasparenza nel settore, invitando la commissione Antimafia “a rendere pubblico subito

l'esito dei controlli antimafia sulle imprese che gestiscono le discariche in Sicilia, a partire da quelle

pubbliche guidate da politici che pertanto devono dare per primi l'esempio”. Prima ancora c'erano

state le esternazioni – con tanto di polemiche interne alla giunta – degli assessori Nicolò Marino e

Mariella Lo Bello. Già a dicembre del 2010, sul Sole 24 Ore la Confindustria siciliana denunciava

come nell'Isola si rilasciassero autorizzazioni in materia di protezione ambientale senza accertarsi

che le aziende richiedenti avessero le carte in regola per averle. Passava un anno, e nel settembre

del 2011 lo stesso vicepresidente degli industriali Giuseppe Catanzaro, imprenditore del settore,

tornava alla carica, parlando al Giornale di Sicilia di “resistenze di pezzi malati di burocrazia e della

politica che impediscono il cambiamento”, denunciando ritardi nell'informatizzare le procedure e a

lasciare traccia di ciò che si è fatto. Nella stessa intervista Catanzaro lamentava: “Si spendono i

fondi europei per comperare un sistema informatico di gestione delle pratiche, il Sivvi, di cui ad

oggi non c’è alcuna applicazione”, aggiungeva l'imprenditore.

Il Sivvi è un sistema informativo di valutazione di impatto ambientalerealizzato da Sicilia e-Servizi

e Sicilia e-innovazione con i fondi europei, presentato in pompa magna nel giugno 2009 con una

conferenza stampa a cui presero parte tra gli altri l'allora assessore Pippo Sorbello e la dirigente

Rossana Interlandi. Doveva assicurare trasparenza nelle procedure. Lo si è cominciato usare solo

nel 2011, ma in assessorato non pare sia troppo apprezzato, malgrado – spiega il dirigente generale

del dipartimento Ambiente Gaetano Gullo – “all'epoca vi furono spesi 900 mila euro”. La

digitalizzazione, spiega lo stesso Gullo, comunque c'è, sia attraverso Sivvi, sia per mezzo di un

software realizzato da risorse interne che permette consultando quest'indirizzo di seguire l'iter delle

pratiche su pagine excel.

Software o non software, il quadro emerso dalle ultime inchieste richiede alla politica una

tempestività e una decisione nell'intervenire che fin qui non si è vista a sufficienza. E questo al di là

dei proclami e dei data base da mettere a servizio degli investigatori. Servono piuttosto misure che

davvero semplifichino gli iter burocratici garantendo trasparenza e criteri oggettivi e certi, interventi

volti a evitare che si creino “regni” troppo lunghi negli uffici pubblici per mezzo di rotazioni mirate

(che non degenerino nel caos), ogni sforzo possibile volto a evitare occasioni di contatti diretti tra

uffici e ditte, e in ultimo sanzioni severe per i dipendenti infedeli, premiando invece i meritevoli e

preservando questi ultimi da generalizzazioni. Insomma, occorre che la politica ristabilisca il suo

primato sulla burocrazia, che da tempo ormai s'è ridotto invece alla sola attività di spartizione delle

poltrone più pesanti secondo criteri di appartenenza.

Ma d'altra parte, anche per le imprese (e non solo per la politica) le inchieste di questa settimana

offrono senz'altro spunti di riflessione. Un passaggio interessante dell'ordinanza è la conversazione

tra due imprenditori coinvolti nell'indagine, Calogero e Giovanni Sodano. Parlando di presunte

richieste di denaro da Gianfranco Cannova, il funzionario al centro dell'inchiesta, i due

commentavano: “Ora il dottore (Cannova, ndr) ci racconta le solite minchiate... che vuole soldi...

non dobbiamo dare più niente noi... non ci credo che Catanzaro molla una lira per... per... per avere

queste discariche... neanche una lira...”. “Sì...”. “E il primo che si permette a dirgli dammi mille lire

quello lo denuncia... noi troppo esagerati siamo stati...”. Un passaggio che fa riferimento al già

citato vicepresidente degli industriali siciliani e che sembra dar forza alla scuola di pensiero, forse

ancora minoritaria, della "legalità conveniente", per la quale - proprio come accade nei confronti

degli estorsori di Cosa nostra - la denuncia alle autorità è la migliore e più efficace difesa per tenere

alla larga eventuali corrotti e concussori.

http://livesicilia.it/2014/07/25/appalti-e-inchieste-il-ritardo-della-politica_520950/

Appalti e inchieste, il ritardo della politica - Live Sicilia

133

RIFIUTI ED ENERGIA, TANGENTOPOLI DI SICILIA

di Rosario Battiato

Gli ultimi due capitoli: l'operazione Terra Mia e le presunti tangenti per la costruzione del

parco fotovoltaico di Monreale. Nei due settori gli interessi di criminalità organizzata,

malaffare e corruzione. Un sistema denunciato da anni e mai colpito

PALERMO – In Sicilia, i rifiuti e l'energia sono due panieri ricchi di risorse e braccati da interessi

milionari non sempre trasparenti. Nessuno stupore, pertanto, se proprio in questi settori si sono

annidati gli scandali della nuova tangentopoli siciliana. La storia dell'Isola è ricca di esempi, ma i

fatti più recenti hanno riguardato l'inchiesta Terra Mia e l'affare del parco fotovoltaico di Monreale.

Come tanti altri avevano fatto prima di lui, anche l'assessore regionale all'Energia, Salvatore Calleri,

ha tuonato contro la corruzione nella Pubblica amministrazione e ha ribadito l'impegno dei suoi

uffici nel solco tracciato dal suo predecessore, Nicolò Marino, che in maniera incisiva aveva agito

per rimodulare il potere delle discariche private nella direzione della legalità e della trasparenza e

per normare un settore strategico per l'energia verde come l'eolico.

Prima di lui anche Giosuè Marino e Pier Carmelo Russo, entrambi assessori all'Energia durante il

governo Lombardo, avevano espresso diverse e, in alcuni casi, ben documentate perplessità. Lo

stesso governatore aveva sottolineato nel febbraio del 2010 in audizione alla Commissione

parlamentare sui rifiuti, e poi in aprile all'Ars, che c'era un forte appetito della mafia “intorno alla

gestione dei rifiuti”. E le operazioni che si sono susseguite in questi anni hanno confermato un lato

oscuro sin troppo conosciuto: dall'affare dei termovalorizzatori alle discariche abusive nelle miniere

abbandonate di Sicilia, dall'operazione "Trash" di Bronte del 2008 fino alla “Nuova Ionia” del 2013.

Solo qualche esempio pescato nel mare del malaffare che ruota attorno ai rifiuti e che nei giorni

scorsi ha portato alla luce l'ennesimo scandalo che arriverebbe fino alla Regione con l'operazione

Terra Mia, un certosino lavoro di intercettazioni che fa risalire alcune delle registrazioni più

importanti al 2012.

Salvatore Calleri, che viene proprio da una roccaforte di legalità come la Fondazione Caponnetto,

non ha voluto essere da meno dei suoi predecessori e nei giorni scorsi ha rilanciato. “Per quanto

riguarda la discariche il mio assessorato - ha spiegato - ho disposto la chiusura della Oikos Spa di

Motta Sant'Anastasia. Entro pochi mesi abbiamo le gare d'appalto per le discariche pubbliche.

Abbiamo, inoltre, revocato l'autorizzazione alla ditta So Ambiente srl di Agrigento, dove avevamo

avuto un'informazione prefettizia negativa. Per quanto riguarda Tirreno Ambiente, che si trova

vicino Barcellona, siamo intervenuti”. Altri interventi hanno riguardato la discarica di Sant'Agata di

Militello “per situazioni di cui sono venuto a conoscenza che potrebbero avere rilievi penali” e dei

quali sarebbe stato interessato il procuratore Leonardo Agueci”.

Azioni lodevoli, ma c'è evidentemente un problema di funzionamento della macchina burocratica.

Lo ha ammesso implicitamente lo stesso Rosario Crocetta rispondendo risposto ai cronisti che

chiedevano le motivazioni del rientro al posto originario in circa un mese e mezzo del funzionario

dell'assessorato al Territorio, Gianfranco Cannova, da venerdì ai domiciliari in quanto coinvolto

nell'inchiesta, che era stato trasferito ad altro ufficio così come disposto dal governo regionale lo

scorso anno con il provvedimento di rotazione dei dirigenti. Netta la riposta: “Avevo dato

disposizione che i dirigenti trasferiti non dovevano tornare nei settori dai quali erano stati

provenivano”. Perché chi doveva eseguire questo ordine non l'ha fatto?

134

Capitolo energia. Anche qui la Sicilia non si è mai fatta mancare nulla: dall'operazione “Broken

wings” che ha messo nel mirino il re dell'eolico Nicastri ritenuto vicino al superlatitante Matteo

Messina Denaro al primo scandalo fotovoltaico, il processo è in corso, che ha coinvolto i deputati

Vitrano e Bonomo. Il fotovoltaico si è concesso un bis nei giorni scorsi dopo che la Guardia di

Finanza di Napoli, nell'ambito di un'indagine sulla maxi evasione fiscale di due imprenditori

toscani, aveva intercettato un giro di mazzette che riguardava la realizzazione del parco fotovoltaico

di Monreale. Coinvolti l'ex assessore, oggi deputato coi democratici riformisti, Pippo Gianni, e il

dirigente Martino Russo, indagati per corruzione, e Francesco Marcenò, dirigente regionale

indagata per abuso d'ufficio. Per i funzionari previsto un provvedimento di sospensione.

http://www.qds.it/16839-rifiuti-ed-energia-tangentopoli-di-sicilia.htm

Cannova Ordinanza Di Custodia Cautelare Cannova Architetto Gianfranco 7485 11 10308 11 Ordinanza-cannova-pr... by Pino Ciampolillo

Cannova Architetto Gianfranco Intercettazioni Ambientali Paduano Valeriaordinanza Custodia Cautelare Cannov... by Pino Ciampolillo

ASSESSORI CONTRO DURO SCONTRO TRA M marino-e-lo-bello-14-marzo-2014

ASSESSORI CONTRO DURO SCONTRO TRA MARINO E LO... di isolapulita

CUFFARO ALLA COMMISSIONE PARLAMENTARE

RIFIUTI... di isolapulita Cuffaro Genchi Pellerito e i 4 Termovalorizzatori

Cuffaro Genchi Pellerito e i 4 Termovalorizzatori di isolapulita Comm.Parlamentare

RIfiuti Cuffaro Genchi

LUGLIO 2007 Comm.Parlamentare RIfiuti Cuffaro Genchi Luglio... di isolapulita

Cannova conversando telefonicamente con sua moglie Valeria Paduano le confidava che aveva la

disponibilità di un’autovettura “Della ditta”, una locuzione riferita alla “ditta” del Proto esternata in

modo così confidenziale da ingenerare qualche confusione persino nella stessa moglie dell’indagato

benché fosse anche lei a conoscenza della “familiarità” dei rapporti del marito con l’imprenditore

catanese:

V: E poi a Rimini come ci vai?

G: C'è una macchina che mi aspetta.

V: Di chi? G: Della Ditta.

V: Quale Ditta?

G: Di tua sorella... minchia.. !

V: Quale Ditta è? G: Sei scema?

V: Che Ditta è non lo so.

G: Quella di Mimmo.!”.

Cannova di sfruttare la sua “compromettente” amicizia con il Proto anche per “sistemare”, almeno

in un prossimo futuro, il figlio Paolo:

G: Infatti è probabile, probabile che poi Paolo lo mettiamo a lavorare lì.

V: Si tu sei convinto, lo devi mettere a lavorare lì...vediamo le cose come vanno... ancora non si sa

niente... la crisi tu già pensi a Paolo dove lo devi mettere a lavorare.

G: Sarebbe una buona oppurtunità..

V: Per ora fagli prende sto diploma...che è ancora all'inizio, ho paura che..

G: Poi a casa, anche quando va a Catania, è a due ore di strada..

135

GRAND HOTEL RIMINI allegata in atti, che attesta che la società OIKOS s.p.a. ha sborsato per il

soggiorno del Cannova la somma complessiva di euro 717,00 carta credito Master Card n. 5529

7500 7810 4933 intestata a Domenico Proto.

P: Senti, ma Mimmo almeno qualcosa te la esce per questa cosa che hai fatto?....Quanto? ..Te li ha

dati? ..DIECI? … Meno male che c’è lui!!perche’ con questo……Quanto ti costano questi,

omissis.”, ricevendo dal marito la seguente emblematica riposta di assenso: “

G: Se ne fotte lui dei soldi.”.

Hotel Baja Verde, di cui sopra si è detto:

P: Io mi spavento.. io ti ho sempre detto stai attento con Mimmo perché io sono sicura che lui ha

troppe attività, troppe cose, io..eee.. quando una prende soldi facili, prima o poi le paghi…

G: Ma che vuoi dire?

P: A me dispiace per lui ma prescindere perché con noi si è sempre comportato bene.

G: Che vuoi dire non ho capito..

P: Che mi spaventa l’arresto..

G: Spaventati!

P: Che hai i cazzi pure tu, cominciano a fare.. ci sono intercettazioni che andiamo al Baia Verde,

andiamo qua.. andiamo là.. anche ste cose, io proprio oggi pensavo mi sarebbe piaciuto andare a

Taormina, ora anche ora, a Capo Taormina, però ci dobbiamo un po’ limitare, tu sei troppo leggero

nelle tue cose.

G: Limitati, ci vado solo

P: Dove?

G: A Capo Taormina.

La preoccupazione della moglie del Cannova di giustificare il loro tenore di vita va anche posto in

relazione al fatto che dall’accertamento bancario esperito sui conti correnti del Cannova e di

Paduano Valeria tra l’altro risulta che nel

conto Unicredit, n. 300508486,

intestato alla Paduano,

il saldo finale a giugno 2012 ammontava ad euro 200.732,10,

mentre negli anni precedenti risultavano i seguenti saldi:

anno 2011 euro 459.335,25;

anno 2010 euro 35.918,18;

anno 2009 euro 8.301,80;

anno 2008 euro 56.960,04;

anno 2007 euro 11.637,98

Lo scellerato patto criminale viene, come da trascrizioni telefoniche che seguono, consumato, nella

specie, con la rivelazione di segreti d’ufficio da parte del CANNOVA al PROTO e, di converso,

con la dazione, da parte dell’imprenditore, di denaro contante, regalie di vario tipo al funzionario

infedele per le sue indebite prestazioni finalizzate ad agevolarlo negli atti amministrativi che

riguardano la sua società. Si specifica che gli atti oggetto del mercimonio sono di competenza

dell’ufficio regionale del CANNOVA, il quale sperava nella futura assunzione del figlio adottivo

Paolo nelle società del PROTO al compimento della maggiore età, come poi lo stesso CANNOVA

rivelerà a sua moglie Paduano Valeria.

In particolare, CANNOVA, una volta venuto a conoscenza dell’intenzione di revocare l’A.I.A. alla

società del PROTO, immediatamente rivelava la notizia al diretto interessato affinché questi potesse

correre ai ripari, muovendo eventualmente proprie conoscenze e amicizie, tra cui quella con l’allora

Governatore della Regione, Raffaele Lombardo (in quel periodo Commissario Straordinario

136

all’emergenza rifiuti per la Sicilia), il quale lo riceverà privatamente, come poi racconterà il

PROTO stesso in un intercettazione più avanti riportata.

Ovviamente PROTO, come è stato documentalmente accertato (vedi infra) ha pagato gran parte

delle spese di viaggio sostenute a Rimini da CANNOVA, a mezzo di carta di credito a lui stesso

intestata (Mastercard nr.5529 75007810 4933 con scadenza del 05.2013).

Nella specie, Domenico PROTO si è fatto carico delle spese sostenute da CANNOVA durante la

permanenza a Rimini (dal 09/11/2011 all’11/11/2011), ed particolare:

− l’autonoleggio di un’autovettura marca Passat 2000 TDI SW, targata EH 746 YG, costata nel

periodo di riferimento al Proto € 229,45, di cui € 149,46 a mezzo voucher pagato dal PROTO e €

79,99 dal CANNOVA con carta di credito, autovettura direttamente data in consegna al

CANNOVA, il quale nella bolla di consegna figura quale “dipendente della Oikos Spa ”

− i costi alberghieri sostenuti, pagati da PROTO con la carta di credito sopra riportata, spendendo

stavolta complessivamente per il solo CANNOVA € 717, dichiarazione a firma del direttore

dell’Albergo “Grand Hotel” di Rimini);

− le spese del biglietto aereo del CANNOVA da Palermo a Bologna A/R compagnia Alitalia, del

costo complessivo di € 486,46, pagato con carta di credito di PROTO

In una conversazione Cannova ha avvisato PROTO della prossima emissione del decreto di

annullamento dell’AIA per la sua società; CANNOVA, poi, violando qualsiasi dovere di segretezza

d’ufficio, si preoccupava di inviare all’imprenditore catanese il documento a mezzo fax, cosa che

poi di fatto non avveniva poiché, in conversazione telefonica successiva, CANNOVA diceva a

PROTO che il documento lo avrebbe portato con sé e glielo avrebbe fatto leggere in occasione del

viaggio a Rimini.

P: PROTO Domenico

S: SUDANO Domenico

S: Pronto?

P: Senatore!

S: Pronto? Ehi, Mimmuzzo!

P: Come stai, senatore, come stai?

S: Come stai tu? Mi fanno battagliare... mi fanno battagliare, Mimmo, però va' bene và..!

P: Come, come, come ti fanno...

S: Come stai tu?

P: Chi è costui, che lo uccido! chi è costui, che lo uccido!

S: Eh eh eh.. no, abbiamo predisposto già la risposta e martedì la firma Berlusconi, quindi, da

martedì in poi, nel giro di dieci giorni, otto giorni, dovremmo chiudere sta partita, dai, se Dio

vuole...

P: Ah ah ah ah....! Avanti, dai! Ci facciamo il SANTO NATALE, eh eh eh..

S: Avanti, va' bene, ve bene. Tutto bene tu?

P: Tutto bene, si si, tutto bene, volevo sentire la tua voce e la volevo sentire bella, carica, come la

sto sentendo ora!

S: Si si si,.. (incompr.).. io sono lottatore, Mimmo, dai!

P: Nel giusto! Noi, nel giusto sempre!

S: Nel giusto! Sempre nel giusto...

P: Nel giusto!

S: Sempre nel giusto… Sempre nel giusto. Va' bene Mimmuzzo (incompr.)

P: Un bacio grosso,un bacio grosso, allora, ok?

S: Grazie, ci vediamo, ciao gioia, ciao, un bacio ciao.

137

C:CANNOVA GIANFRANCO (CHIAMANTE)

P:PROTO DOMENICO (CHIAMATO)

P: Gianfranco?

C: Ehilà! Mimmuzzo!

P: Allora, ti hanno mandato il messaggino?

C: No!

P: Non ti è apparso...

C: No!

P: Ti ho messo partenza da Catania, vedi... perché se no dovevi...

C: incomprensibile

P: Ho messo partenza da Catania se no dovevi partire all'una, mi sembra, alle dodici e trenta...

C: Si... eh... aspé un minuto Mimmo però... io posso partire mercoledì!

P: Ah!

C: Perché tu mi avevi detto che partivamo mercoledì e invece ora Veronica mi ha detto che partite

merco... martedì!

P: Noi si mercoledì...

C: incomprensibile

P: ... noi, vabbé e ti par... parti un altro giorno allora, scusa.

C: E questo infatti volevo post...

P: Fai una cosa, parla con Veronica, eh.... dagli... dagli l'input qual'è la disponibilità e ti faccio

cambiare tutte cose.

C: Oh! Un'altra cosa e... a questo punto rientriamo giovedì tutti assieme oppure noi ci tratteniamo

fino a venerdì? Tu come sei messo?

P: No, io venerdì mattina c'ho, alla Sicilia a Catania, appuntamento con.... giornale, dobbiamo fare

delle dichiarazioni.

C: Ho capito!

P: Se no incomprensibile ...

C: Mimmo?

P: Si, ti sento!

C: Senti, vedi che è arrivato l'altro documento che praticamente parla di nuovo di e.... annullamento

del decreto AIA nei confronti di OIKOS... ora faccio i fax e glieli faccio arrivare a Veronica, quindi

questa cosa continua, è quella del direttore, pensavo fosse finita e invece continua. Hai capito?...

Pronto?... Pronto?...

(VOL. II aff. 131 ss)

C: CANNOVA Gianfranco (CHIAMANTE)

P: PROTO Domenico (CHIAMATO)

P: Gianfranco?

C: Ehi, Mimmo, ti stavo dicendo, ti devo trasmett...

P: In ufficio, dico? Sei in ufficio?

C: No, per ora no, sono... ora devo rientr... ora rientro, comunque, perchè devo andare a fare questi

fax……….eve arrivare…..

P: Mmh... Da parte di chi arriva questo documento?

C: Da parte del direttore, che, praticamente, gli ha scritto l'ufficio di gabinetto dell'assessore, perchè

ha avuto la richiesta da parte della Prefettura. Ufficio di presidenza, segreteria tecnica, da parte del

presidente..ehm... della.. della regione.

P: Ma è il direttore che scrive?

C: Si!

P: Cioè, ZUCCARELLO Scrive?

C: No! ZUCCARELLO non è direttore, non cominciamo!

P: Allora chi è, scusa?

138

C: Scrive ARNONE! Perchè vuole risposta la MONTEROSSO, Patrizia MONTEROSSO6, ch'è il

capo di gabinetto di LOMBARDO.

P: Ho capito! Va' beh, questo... questo...

C: Te lo faccio arrivare tramite fax.. ehm... stasera vattelo a prendere in ufficio.

P: Va' bene.

C: Va' bene?

P: Va' bene Gianfranco.

Quindi, di seguito la telefonata e l’sms che il segretario particolare di Domenico PROTO, Giuseppe

Arcidiacono, fa a CANNOVA per confermargli gli orari di partenza per Rimini. In questa

conversazione telefonica il Cannova chiedeva che gli venisse messa a disposizione un’autovettura.

A: Giuseppe ARCIDIACONO (CHIAMANTE)

C: Gianfranco CANNOVA (CHIAMATO)

C: Giuseppe!

A: Si, architetto, buongiorno!

C: Buongiorno.

A: Ha ricevuto il messaggio? Io ho chiuso perche le stavo scrivendo il messaggio, in pratica.

C: No, Giusè, non è arrivato ancora.

A: Comunque, gliel'ho inviato ora. In pratica è confermata quella partenza che mi diceva lei, nove-

undici, va' bene?

C: Eh! Nove-undici... L'orario?

A: Parte il nove e rientra l'undici, l'orario quello che diceva lei. Va' bene?

C: Ah, va' bene. Va' bene, ok.

A: Ok? c'è messo numero di prenotazione e tutto....

C: La macchina, Giuseppe? Per la macchina?

A: Per la macchina poi... poi si senta col presidente

C: Eh e quando, lui...

A: O la vuole prenotata? Non lo so, per me è come dice lei.

C: Lui che ha detto?

A: Non lo so, io a lui non... Ora, ora ... ora ne parlo col presidente e glielo faccio sapere, va' bene?

C: Eh, me lo faccia sapere, perchè se no sono a piedi, poi...

A: Va' bene, ok, va' bene...

C: E' lì il presidente?

A: No, il presidente non c'è. Dovrebbe venire, non lo so...

C: E deve venire, perche probabilmente deve prendere a cosa...a Veronica

A: Va' bene?

C: Ok, aspetto a lei, allora, Giuseppe

A: Ok, grazie. Arrivederci.

C: Arrivederci

A seguire una conversazione tra CANNOVA e sua moglie Paduano Valeria, in cui il primo confida

nella possibilità che un giorno il figlio Paolo possa lavorare per il Proto:

(VOL. II aff. 141 ss)

Progressivo n°: 6064 Data : 09/11/2011 Ora : 16:05:38 Durata : 0:02:52

G: CANNOVA Gianfranco (CHIAMANTE)

V: PADUANO Valeria (CHIAMATA)

V: Pronto.

G: Vale..

V: Ma sei partito, dove sei?

G: In piscina... non devo collocare tutti e due prima..

V: Ma parti alle cinque?Sei in ritardo.

G: No alle cinque in aereoporto.

V: E a che ora parti?

139

G: Alle sette meno dieci.

V: Come?

G: Sette meno dieci.

V: Sette meno dieci?

G: Si.

V: Cioè arrivi là alle dieci... il tempo che arrivi..Arrivi a Bologna?.. Palermo, Bologna?

G: Si si.

V: E poi a Rimini come ci vai?

G: C'è una macchina che mi aspetta.

V: Di chi?

G: Della Ditta.

V: Quale Ditta?

G: Di tua sorella... minchia.. !!!!!!!!!!

V: Quale Ditta è?

G: Sei scema?

V: Che Ditta è non lo so.

G: Quella di Mimmo.! [Domenico PROTO]

V: Che ti aspetta, perchè lui si è portato la ditta appresso, cioè la macchina appresso..

G: Si c'ha delle macchine affittate là..

V: E dopodichè andate lì, e poi c'è la cena e tu stasera.. allora tu mi vuoi fare credere che tu non

andrai in questi locali? Insieme a mimmo?

G: Nooo, stasera (inc.)

V: Vabbè quelli chiudono alle sei di mattina..

G: Facciamo pure la cena, infatti facciamo pure la cena..

V: E tu mi vuoi fare credere che sei là e tu e Mimmo da solo tu non andrai mai in questi locali?

G: Si da solo, siamo docidi persone.. da solo.c'è suo figlio, sua figlia..

V: Suo figlio, sua figlia? E come mai?

G: Perchè se li porta, per queste cose di lavoro, se li porta.

V: Se li porta.

G: Per queste cose fuori.. che gli dice che gli servono per imparare il mestiere.

V: Ho capito. Vabbè ci devo credere. no io non ci credo. Io glielo chiederò..

G: Chiama a Mimmo e glielo chiedi.

V: Gianfranco prima di partire, ora ci sentiamo. Io devo andare ora dal notaio. Va bene.

G: Infatti è probabile, probabile che poi Paolo lo mettiamo a lavorare lì.

V: Si tu sei convinto, lo devi mettere a lavorare lì...vediamo le cose come vanno... ancora non si sa

niente... la crisi tu già pensi a Paolo dove lo devi mettere a lavorare.

G: Sarebbe una buona oppurtunità..

V: Per ora fagli prende sto diploma...che è ancora all'inizio, ho paura che..

G: Poi a casa, anche quando va a Catania, è a due ore di strada..

V: E lo so.. però...

G: Va là a dormire, e poi..

V: Io ho, ho obiettivi molto migliori per lui se se ne andasse in Svizzera sarebbe la cosa..

G: Andare in Svizzera..

V: Si.

G: A fare il cameriere..

V: Vabbè, fammi posteggiare..sto andando dal notaio..ora tra un pò ci sentiamo..

G: Ciao.

La conversazione telefonica che segue iniziava con un’esclamazione dialettale di CANNOVA:

“Agghiurno’?!”, cui seguiva la conferma dell’interlocutore, quindi CANNOVA raccomandava

PROTO per un prossimo incontro con il Direttore Generale dell’Assessorato, Giovanni Arnone, in

quanto dal tenore della telefonata sembrerebbe che l’Arnone non aveva gradito la visita fatta presso

gli uffici dell’Assessorato da PROTO [dobbiamo muoverci diversamente con ..con il direttore].

140

CANNOVA consigliava di farsi preannunciare la sua visita presso gli uffici dell’ARTA ” da una

telefonata preventiva”, poi i due alludevano ad alcuni viaggi già fatti e da farsi a Roma dal PROTO,

e quindi al probabile intervento di un non meglio identificato politico.

C: Cannova Gianfranco= Chiamato

P: Proto Domenico = Chiamante

C: Mimmo "agghiurnò" finalmente?

P: "agghiurnò agghiurnò"!

C: "agghiurnò" meno male!

Dalle ore 07:55:46 alle ore alle ore 08:01:12 omississ

C: Ah senti a proposito. La prossima volta, e.....

P: ..si..!

C: ..dobbiamo muoverci diversamente con ..con il direttore. Perchè ieri che eravamo assieme, mi

fece una battuta. Mi fa, si mette accanto a me e mi fa dice: "Ma quello di ieri che mi ha salutato chi

era? Io non lo conosco!" .

P: Cosa...cosa cosa?..Non ho capito!

C: Ieri....

P: ..si!...

C: ...ero assieme ad Emanuele,....

P: ..si!...

C: ...si mette accanto a me e mi fa: "Cannova ma quello di ieri che mi ha salutato chi era? Che io

non lo conosco a quello! Eh… no… Il presidente dell'Oikos, si ricorda che aveva il problema... si, si

lo so ma io a questo non lo conosco e mi ha baciato pure! quindi la prossima volta, siccome tutte

questi..questi personaggi sono tutti spaventati, una telefonata preventiva.

P: Ah! Certo, ho capito, ho capito|!

C: Hai capito?

P: (incompr.)

C: per evitare che continua a fare il cretino.

P: Ah! Ha detto che non mi conosce.

C: Si!..."ma chi è ? Io a questo non lo conosco! Mi ha salutato pure." .. lo so (incompr.)! ma io non

lo conosco, dissi, gli stavo dicendo, ma come? Ci sei andato a mangiare insieme e non lo conosci?

P: Tu digli......digli ..ricordargli di ..Roma!

C: No, Mimmo!...una telefonata preventiva...

P: … se le scorda le cose?

C: Si, se li scorda le cose. Una telefonata preventiva cosi la prossima volta....

P: ....la settimana prossima mi faccio prendere l'appuntamento.

C: No! Ma infatti, il fatto di scendere una volta a settimana, vedi che non è sbagliato.

P: Eh, no, lo sò, lo sò. Poi mi faccio ...(incompr.)...da me.

C: Poi ho parlato nuovamente per la questione che aveva sollevato lui ed in pratica...

P: ...si...

C: ...........il risultato dovrebbe essere che lui si piglia la tariffa e l'a.i.a. rimane quà.

P: Ah!

C: Capito?

P: Ho capito, dai!

C: E' questa cosa dovrebbe essere un provvedimento che poi va in giunta di governo..

P: ...ho capito.

C: Va be Mimmuzzu!

P: ottimo, ottimo, ottimo...

CANNOVA ben sapeva che la carica ricoperta dal suo Dirigente Generale, Giovanni Arnone, fosse

espressione della volontà politica dell’allora Governatore della Regione Lombardo a cui PROTO,

come si vedrà nel seguito, faceva riferimento per tentare di risolvere le sue traversie amministrative:

141

ciò spiega perché entrambi si auguravano che il “provvedimento” di loro interesse andasse poi in

giunta di governo.

Sibillina, e di dubbia interpretazione rimane la frase che il CANNOVA pronunciava [il risultato

dovrebbe essere che lui si piglia la tariffa e l'a.i.a. rimane qua]: cosa intenda dire CANNOVA

quando asserisce “Lui si piglia la tariffa” non è dato saperlo; non è emerso, infatti, dalle indagini

nulla a carico del Direttore Generale dell’Assessorato al Territorio. L’affermazione, comunque,

risulta sintomatica del modo di pensare e di intendere l’esercizio della propria funzione da parte di

CANNOVA.

Di seguito, altra conversazione telefonica tra CANNOVA e PROTO che ribadisce il loro continuo

rapporto basato esclusivamente sugli interessi economici dell’imprenditore catanese, che

CANNOVA, in spregio a qualsiasi senso di correttezza e probità che dovrebbe essere proprio di un

pubblico funzionario, cerca sempre di favorire.

In particolare, CANNOVA si preoccupava di dare le opportune istruzioni a PROTO per la

trattazione delle pratiche amministrative gestite presso l’Assessorato ove lavorava e nelle quali era

personalmente coinvolto. Infatti, PROTO faceva riferimento al fatto che era CANNOVA a

“convocare” le persone, alludendo con chiarezza alla convocazione della Conferenza dei servizi che

rientrava tra le mansioni di CANNOVA quale funzionario istruttore:

P: PROTO Domenico

C: CANNOVA Gianfranco

P: Gianfranco!

C: Ehilà, Mimmuzzo!!

P: Senti, rimandiamo, oggi, beddu!

C: Non ho capito, dimmi.

P: Rimandiamo oggi. Rimandiamo oggi il pranzo.

C: Va' bene, ok.

P: Spostiamolo a domani.

C: Va' bene, come vuoi.

P: Io domani ti porto un po' di documenti, e analizziamo a fondo quella documentazione.

C: L'hai letto il messaggio che ti ho mandato, poi, ieri?

P: Si, si, si, l'ho letto e stamattina l'ho discusso, gli ho detto di preparare la pratica, così come dico

io e di non mandarla, né di là e né di là, poi sei tu che chiami....

C: Ma infatti, infatti. Minchia, uh... appena facciamo una cosa del genere, nell'arco di cinque minuti

lo saprebbe tutta Catania!

P: Certo. Sei tu che chiami RACITI, chiami Tizio, chiami Caio e li convochi!

C: E infatti! Va' bene....

P: Ok?

C: Ok Mimmuzzo!

Ora, da tale conversazione deve necessariamente essere messo in evidenza quel “facciamo”

pronunciato da CANNOVA, che manifesta come il medesimo perseguisse pienamente gli stessi

interessi di PROTO, ed ancora la menzione ad una “convocazione” e a Raciti non lasciano dubbi sul

fatto che l’argomento attenga all’attività amministrativa afferente le prerogative del funzionario

infedele.

Si ricorda che CANNOVA (cfr. sit di Zuccarello, vedi VOL. III aff. 6) è colui che rappresenta

l’Amministrazione Regionale nelle conferenze dei servizi, per l’appunto “convocate”, e che

il Raciti si identifica in Salvatore Raciti dirigente dell’Assessorato Provinciale all’Ambiente di

Catania.

142

Dalla telefonata che segue, non può non rilevarsi la spregiudicatezza di CANNOVA nell’ordinare

al segretario di PROTO, Giuseppe Arcidiacono, di prenotargli l’albergo “Baia Verde”, categoria 5

stelle, di Aci Castello, ove poi soggiornerà con la moglie: le spese alberghiere saranno poi

ovviamente sostenute da PROTO.

(VOL. II aff. 188 ss)

Progressivo n°: 9407 Data : 28/12/2011 Ora : 19:32:09 Durata : 0:01:51

C: CANNOVA GIANFRANCO

A: ARCIDIACONO GIUSEPPE

A: Pronto?

C: Giuseppe, buonasera, Cannova.

A: Buonasera architetto, come va?

C: Bene, grazie Giuseppe tutto a posto lì?

A: Si, si tutto a posto.

C: Giusé notizie del principale ne ha?

A: Principale... oggi pomeriggio l'ho visto.

C: Non le ha detto niente?

A: No.

C: Non le ha detto niente. Senta Giuseppe, una cortesia mi deve prenotare... domani, dal tre al sette

con partenza l'otto.

A: Si.

C: va bene? Glielo dica...

A: D'accordo.

C: Che ne abbiamo parlato.

A: Ah?

C: Glielo dica che ne avevo parlato con lui.

A: Quindi tre...

C: Dal tre, tra notte al sette notte con partenza l'otto.

A: Ho capito, ma dove?

C: Al Baia Verde.

A: Va bene.

C: Mi da la conferma poi, Giuseppe?

A: Certo, ora le do la conferma, certo.

C: Va bene, grazie e... Giuseppe per una matrimoniale e una doppia.

A: Una matrimoniale?

C: ... e una doppia.

A: Va bene, ok.

C: Ci sentiamo dopo Giuseppe, grazie.

A: Niente, buonasera.

C: Arrivederci.

Il pagamento delle spese alberghiere a carico di CANNOVA deve seguire una contabilità separata e

nascosta, in quanto il funzionario pubblico non può apparire nei bilanci della società. Come si vedrà

dal contenuto della telefonata di seguito, erroneamente il suddetto pagamento stava per essere

contabilizzate a carico della società OIKOS, ma un’impiegata accorta della società, Grazia

Marletta7, avvedutasi per tempo dell’errore, immediatamente chiamava PROTO per riparare al

problema:

G: CANNOVA Gianfranco (CHIAMANTE)

V: PADUANO Valeria (CHIAMATA)

V: Pronto.

G: Vale..

143

V: Ma sei partito, dove sei?

G: In piscina... non devo collocare tutti e due prima..

V: Ma parti alle cinque?Sei in ritardo.

G: No alle cinque in aereoporto.

V: E a che ora parti?

G: Alle sette meno dieci.

V: Come?

G: Sette meno dieci.

V: Sette meno dieci?

G: Si.

V: Cioè arrivi là alle dieci... il tempo che arrivi..Arrivi a Bologna?.. Palermo, Bologna?

G: Si si.

V: E poi a Rimini come ci vai?

G: C'è una macchina che mi aspetta.

V: Di chi?

G: Della Ditta.

V: Quale Ditta?

G: Di tua sorella... minchia.. !!!!!!!!!!

V: Quale Ditta è?

G: Sei scema?

V: Che Ditta è non lo so.

G: Quella di Mimmo.! [Domenico PROTO]

V: Che ti aspetta, perchè lui si è portato la ditta appresso, cioè la macchina appresso..

G: Si c'ha delle macchine affittate là..

V: E dopodichè andate lì, e poi c'è la cena e tu stasera.. allora tu mi vuoi fare credere che tu non

andrai in questi locali? Insieme a mimmo?

G: Nooo, stasera (inc.)

V: Vabbè quelli chiudono alle sei di mattina..

G: Facciamo pure la cena, infatti facciamo pure la cena..

V: E tu mi vuoi fare credere che sei là e tu e Mimmo da solo tu non andrai mai in questi locali?

G: Si da solo, siamo docidi persone.. da solo.c'è suo figlio, sua figlia..

V: Suo figlio, sua figlia? E come mai?

G: Perchè se li porta, per queste cose di lavoro, se li porta.

V: Se li porta.

G: Per queste cose fuori.. che gli dice che gli servono per imparare il mestiere.

V: Ho capito. Vabbè ci devo credere. no io non ci credo. Io glielo chiederò..

G: Chiama a Mimmo e glielo chiedi.

V: Gianfranco prima di partire, ora ci sentiamo. Io devo andare ora dal notaio. Va bene.

G: Infatti è probabile, probabile che poi Paolo lo mettiamo a lavorare lì.

V: Si tu sei convinto, lo devi mettere a lavorare lì...vediamo le cose come vanno... ancora non si sa

niente... la crisi tu già pensi a Paolo dove lo devi mettere a lavorare.

G: Sarebbe una buona oppurtunità..

V: Per ora fagli prende sto diploma...che è ancora all'inizio, ho paura che..

G: Poi a casa, anche quando va a Catania, è a due ore di strada..

V: E lo so.. però...

G: Va là a dormire, e poi..

V: Io ho, ho obiettivi molto migliori per lui se se ne andasse in Svizzera sarebbe la cosa..

G: Andare in Svizzera..

V: Si.

G: A fare il cameriere..

V: Vabbè, fammi posteggiare..sto andando dal notaio..ora tra un pò ci sentiamo..

144

G: Ciao.

Formidabile riscontro di quanto sopra detto è rappresentato dall’ attestazione delle spese fatte dal

Cannova Gianfranco redatta dal Direttore della struttura alberghiera “Grand Hotel di Rimini”:

Evidenti motivi di segretezza delle indagini hanno impedito di effettuare più mirati accertamenti,

che dovranno comunque disporsi, quale l’individuazione del televisore e degli accessori, compendio

della corruzione.

La conferma dell’intervento del PROTO nell’acquisto dell’impianto si ricava, senza nessuna ombra

di dubbio, da un passo del colloquio in auto avvenuto qualche giorno dopo tra CANNOVA e la

moglie Paduano Valeria, la quale, evidentemente a conoscenza della corruttela del marito, esclama:

CANNOVA GIANFRANCO successivamente indicato con la lettera “G”

PADUANO VALERIA successivamente indicato con la lettera “P”

omissis dall’ inizio a ore 20:21:11

P: Senti, ma Mimmo almeno qualcosa te la esce per questa cosa che hai fatto?....Quanto? ..Te li ha

dati? ..DIECI? … Meno male che c’è lui!!perche’ con questo……Quanto ti costano questi, omissis.

G: Se ne fotte lui dei soldi.

omissis da ore 20:21:35 sino alla fine

La cosa che ha fatto il marito è stata l’acquisto del televisore, e PROTO ha dato (qualcosa te la esce

per questa cosa che hai fatto?) € 10.000 (Quanto? ..Te li ha dati? ..DIECI?), a pieno riscontro di

quanto, nel corso dell’ambientale con CANNOVA prima riportata, lo stesso PROTO

diceva Eravamo rimasti “a chisti ciamma a fare avire autri 10000 euro” in più tu gli devi pagare la

tua tv: quindi il televisore lo ha pagato CANNOVA, l’impianto stereo PROTO.

Si segnala la preoccupazione della Paduano per il costo del loro tenore di vita, infatti i due stavano

proprio parlando dei costi da dover affrontare e la donna ringraziava il fatto di poter sempre contare

sull’amico catanese Meno male che c’è lui.

L’indagine ha permesso, inoltre, di dimostrare come la corruzione del pubblico ufficiale abbia

concretamente giovato al privato, permettendogli di assicurare alla sua società un ingente introito di

denaro.

In particolare, la Squadra Mobile aveva modo di sentire, la prima e l’ultima settimana di aprile

2012, alcune conversazioni tra PROTO o la sua collaboratrice Puglisi Veronica (responsabile del

piano sorveglianza e controllo della discarica della OIKOS10) e CANNOVA particolarmente

interessanti, relative ad un guasto dell’impianto.

Nella prima settimana si rilevava la necessità di contattare CANNOVA in quanto l’ARPA,

intervenuta sul posto per un controllo di routine, aveva constatato il fermo impianto e chiedeva che

la società facesse una comunicazione formale agli organi di controllo, ovvero la Regione – l’ufficio

del CANNOVA -, l’ARPA e la Provincia di Catania; nell’ultima settimana si verificava

nuovamente il guasto e al solito CANNOVA interveniva per risolvere i problemi burocratici.

Poiché le sole intercettazioni non erano in grado di far comprendere pienamente i fatti e

necessitando, di conseguenza, specifiche cognizioni tecnico-normative sulla materia ambientale, si

è ottenuta la disponibilità dei Carabinieri del N.O.E., che, a seguito dell’analisi puntuale delle

intercettazioni e della documentazione acquisita direttamente dalla OIKOS Spa (riguardante sia le

autorizzazioni agli impianti che il flusso dei rifiuti ricevuti/prodotti e/o smaltiti/recuperati dalla

società), ha relazionato sull’intera vicenda, come di seguito viene rappresentato.

145

L’attività di gestione dei rifiuti da parte della società OIKOS consiste nella ricezione, per lo

smaltimento definitivo, di ingenti quantitativi di rifiuti urbani indifferenziati, aventi codice CER12

200301, con una media giornaliera di 700 tonnellate, prodotti dai Comuni della Sicilia orientale ed

ivi conferiti dagli A.T.O. (Ambito Territoriale Ottimale)13 e/o da società incaricate.

Gli stessi rifiuti, prima del loro smaltimento definitivo in discarica, devono essere sottoposti ad

un’operazione di selezione/trattamento, conformemente al D.lgs. n°36/200314.

La società OIKOS Spa11, con sede in Motta S.Anastasia (CT), gestisce gli impianti, complementari

tra loro:

- di pretrattamento/selezione, denominato (IPPC)

- di discarica per rifiuti non pericolosi entrambi siti in contrada Tiritì del Comune di Motta

S.Anastasia.

Un’ulteriore esigua quantità di altre tipologie di rifiuti (rifiuti proventi dalla pulizia delle strade)

viene invece conferita, sempre dagli A.T.O. e/o società incaricate, per essere smaltita direttamente

nella stessa discarica, senza alcun obbligo di preventivo trattamento.

Per lo smaltimento di tutti i rifiuti ricevuti, la società OIKOS applica, nei confronti dei conferitori

(A.T.O. e società di privati) e a seconda della destinazione dei rifiuti (verso l’impianto di

trattamento o direttamente in discarica), due distinte tariffe: quella relativa al trattamento

preventivo, pari a € 72,57 a tonnellata, e quella relativa allo smaltimento definitivo in discarica, pari

a € 9,25 a tonnellata.

Nel corso del primo sopralluogo del 24 maggio 2012 (VOL. III aff. 592 ss) veniva accertata, in una

porzione d’area della discarica, la presenza di rifiuti la cui tipologia non era consentito conferire ai

sensi dell’art. 7 d.lgs. 36/03, o meglio:

- alcuni rifiuti che necessitavano in forza della loro tipologia, di essere sottoposti a pretrattamento,

che non avevano, invece, sostenuto;

- altri rifiuti (per esempio traversine in cemento armato, materiale in legno, plastica e ferro, vedi

foto da 21 a 25, VOL. III aff. 600-601) non potevano invece proprio essere smaltiti in quella

discarica, perché per tale tipologia è necessario uno specifico pretrattamento con un impianto

particolare, di cui la società OIKOS non dispone, per il successivo conferimento in discarica per i

rifiuti inerti.

Le deduzioni fondate erano: 1) che non tutti i rifiuti transitassero dall’impianto di trattamento

preliminare; 2) che non si attuassero idonee misure di sorveglianza e verifica dei flussi di rifiuti in

ingresso; 3) che consapevolmente si smaltissero in discarica tipologie di rifiuti non consentite.

Veniva acquisita quindi la documentazione ambientale ed in particolare i registri di carico e scarico

e le bindelle di pesa.

Nella stessa giornata CANNOVA conversava all’interno della propria autovettura con la moglie,

Paduano Valeria, riferendole che la Polizia in mattina era stata nel suo ufficio, acquisendo

documenti inerenti la società del Proto. La Paduano si mostrava molto preoccupata di un probabile

arresto del PROTO e consigliava il marito di limitare i loro soggiorni presso l’Hotel Baja Verde,

temendo che possibili intercettazioni potevano svelare che tali soggiorni fossero sempre interamente

spesati dal PROTO (come poi effettivamente già è stato accertato); la Paduano rimproverava,

infatti, il CANNOVA di essere sin troppo “leggero”, raccomandandogli maggiore cautela:

(VOL. II aff. 25 ss)

146

numero progressivo n°2674, nel brogliaccio di ascolto delle relative operazioni tecniche, registrata

alle ore 16.00 del 29/05/2012, durata 60 minuti.

CANNOVA GIANFRANCO successivamente indicato con la lettera “G”

PADUANO VALERIA successivamente indicato con la lettera “P”

omissis dall’ inizio a ore 16.55.59

P: Io mi spavento.. io ti ho sempre detto stai attento con Mimmo (ndr Proto Domenico) perché io

sono sicura che lui ha troppe attività, troppe cose, io..eee.. quando una prende soldi facili, prima o

poi le paghi…

G: Ma che vuoi dire?

P: A me dispiace per lui ma prescindere perché con noi si è sempre comportato bene.

G: Che vuoi dire non ho capito..

P: Che mi spaventa l’arresto..

G: Spaventati!

P: Che hai i cazzi pure tu, cominciano a fare.. ci sono intercettazioni che andiamo al Baia Verde,

andiamo qua.. andiamo là.. anche ste cose, io proprio oggi pensavo mi sarebbe piaciuto andare a

Taormina, ora anche ora, a Capo Taormina, però ci dobbiamo un po’ limitare, tu sei troppo leggero

nelle tue cose.

G: Limitati, ci vado solo!

P: Dove?

G: A Capo Taormina.

omissis da ore 16:56:50 sino alla fine

CANNOVA, nella conversazione immediatamente successiva, spiegava alla moglie

l’escamotage utilizzato dal PROTO per i pagamenti delle spese da loro sostenuti presso i vari Hotel.

Secondo lui, per mascherare siffatti pagamenti presso le strutture alberghiere, PROTO userebbe la

carta di credito di una sua impiegata, Grazia Marletta, ma si sbaglia, come già accertato prima: i

pagamenti alle strutture ricettive o per i viaggi del CANNOVA sono sempre stati eseguiti tramite

bonifico bancario dalla Oikos S.p.a. o direttamente con carta di credito del PROTO:

CANNOVA GIANFRANCO successivamente indicato con la lettera “G”

PADUANO VALERIA successivamente indicato con la lettera “P”

omissis dall’ inizio a ore 23.02.23

P: Ma il mio problema coi costumi sai qual è, è che ne ho due milioni per andare quando a mare.

G: Vuoi andare da Giglio?

P: Si. Li uso solo quando vado Baia Verde, quando vado a Taormina, quest’anno ce lo facciamo

almeno un fine settimana a Taormina, all’Atlantis al coso, chi vuole venire viene. Non me ne fotte

niente. A spese di Mimmo [!!!!!!!!!!!!!!!!]. Con te parlo.

G: Vale anche se le cose diventano sempre più difficili, perché dice che ora ti controllano pure..

P: .. Cosa?

G: Le vacanze. Dove le fai.

P: Va bè un, ma noi ce li abbiamo le nostre entrate siamo sempre là, che fa’ non le abbiamo io ho

tutto dichiarato, tu magari ma tu hai a me, hai la villa che già è dichiarata, abbiamo la nostra

professione..

G: Valeria intanto ti controllano e poi ti giustifichi..

P: Ma infatti io, se vuoi risparmiare qualcosa, ma tu infatti, è Mimmo che se paga non deve dire,

figurare perche sennò t’inchiummano! [!!!!!!!!!!!!!!!!]

G: Mimmo non paga mai.. con carte Oikos o cose varie..

P: .. e con le sue personali non è peggio? [!!!!!!!!!!!!!!!!]

G: Gliela dà , gliela dà a quella come si chiama..

147

P: Con quella sua personale non è peggio?

G: No ma quale personale.. gliela dà a quella, la sua impiegata quella..

P: Si ma la sua impiegata..

G: Come si chiama Nancy..

P: .. Non lo so chi è..

G: Quella di là.. l’hai vista..

P: Si ma, cioè gli dà la carta di credito dell’impiegata?

G: Gli fa’ pagare con la sua carta di credito e poi Mimmo gli restituisce i soldi.

P: Si ma non ha senso, un impiegata come se lo permette di pagare una vacanza do 6000 euro per

una settimana? Perché tanto noi consumiamo.. [!!!!!!!!!!!!!!!! Seimila euro a settimana]

G: Lo può fare.

P: Un impiegata lo può fare? Perché quanto guadagna?

G: Lo può fare nel senso che è la Ditta che le offre il premio del soggiorno.

P: Mi sembra una stronzata. E se questa un giorno se la canta come quella di Bossi? Lui non deve

dare..lui non deve dare..

G: Questa.. ma stai scherzando..

P: Ma chi è quella incinta, che era incinta.. ?

G: No quella grossa Nancy, Grace, Grace.. ecco!

P: Ma io questa non l’ho mai conosciuta?

G: Si l’hai conosciuta..

P: Va bè ma anche quando, tu, scusami, tu non puoi far figurare che gli hai fatto lavori.. che tu..

cioè per forza deve essere come..

G: La Finanza comincia a controllare pure le vacanze dove si fanno, un cinque stelle..

P: E le scuole. E le scuole..

omissis da ore 23:04:54 sino alla fine

A proseguire, nella medesima conversazione, innocentemente la Paduano affermava che il marito

era completamente stipendiato dal PROTO e aveva paura che il loro alto tenore di vita, a seguito di

un possibile arresto del PROTO, potesse subirne gravi conseguenze.

Singolare è che la donna non si pone alcun problema relativamente alla condotta del marito e alle

possibili conseguenze penali.

Anche CANNOVA ammetteva alla moglie di essere assolutamente dipendente, dal punto di vista

economico, dal PROTO; poi, per tranquillizzarla, sosteneva che qualora fosse venuto a mancare

l’apporto economico fornito dal PROTO, avrebbero alienato unità immobiliari della moglie.

Si intuisce che i due hanno un forte bisogno di denaro poichè stanno progettando l’acquisto di una

casa il cui valore economico supera il milione di euro.

CANNOVA GIANFRANCO successivamente indicato con la lettera “G”

PADUANO VALERIA successivamente indicato con la lettera “P”

omissis dall’ inizio a ore 17.08.54

P: Chi è che ti ha chiamato, Gianfranco?

G: L’ingegnere Zuccarello..

P: E che ti ha detto?

G: Che c’è la Procura ancora là..

P: E ti ha detto di andarci?

G: Si. Dice ma le avevo detto di venire dopo avere preso i ragazzi da scuola..

P: Ma questo ancora non se ne è andato?

G: Ma veramente no..

P: Ma che sei ai suoi ordini? Ma questo ancora non se n’è andato?

G: E il responsabile sono io.. anzi..

P: Io vorrei capire una cosa, allora noi dove stiamo andando adesso?

148

G: In Agenzia..

P: Si dov’è? Dov’è?

G: Via Autonomia Siciliana..

P: Qui.. a due passi..bene allora io dico questo, a maggiore ragione che c’è pure questa cosa di

Mimmo, come facciamo fronte ad una spesa del genere?

G: Qual è il nesso fra Mimmo e questa..

P: Che Mimmo ti dava soldi!! E con questo ti aiutava a pagare..

G: E perché non me li dà più?

P: Gianfranco se Mimmo c’ha un’ indagine, una cosa, lo arrestano..

G: Ma che arrestano!!! Ma che dici!!

P: Ma tu sei sicuro che Mimmo è pulito?

G: Per Favore.

P: Ma tu sei sicuro che Mimmo è pulito?

G: Sarà sicuramente uno strascico di quello che è successo… certo che è pulito perché c’ho le

indagini.. le cose antimafia a casa, le le… in ufficio… le informazioni antimafia.

P: Va bè quanti ce ne sono che c’hanno le informazioni antimafia e tutto insieme leggi nel giornale

che l’hanno arrestato?

G: Noi abbiamo informazioni atipiche se ci sono procedimenti in corso noi lo sapp.. siamo i primi a

saperlo.

P: Io ti dico sempre Gianfranco, di essere prudente, è un campo brutto, non solo bisogna..

G: E po ti sto dicendo che sto lavorando per essere indipendente da Mimmo.

P: Si ma stai lavorando… perché tu sei dipendente da Mimmo, scusa?

G: Per ora si!

P: Perché?

G: Però se Mimmo si ferma, minchia,

P: Attento

G: Tutti i fondi… vengono messi in crisi.

P: Si ma comunque Mimmo o non Mimmo… il discorso è uno, stai lavorando o non stai lavorando

non sono cose che arrivano da un momento all’altro.

G: Ma anche… anche quando, ammesso e non concesso noi, ti ho detto, abbiamo i rimedi di come

fare.

P: E quali sono?

G: Via Ausonia e Mondello.

P: No. Cioè che ci andiamo a vendere quattro case?

G: Possiamo valutare tutto.

P: …incomp… dopo che io ho faticato per avere quello che ho… non solo mi devo vendere via

Cadorna e… e via casa…. Via Monti Iblei, mi vendo pure Mondello.

G: Ma prendiamo…

P: Ma stiamo scherzando?

G: Ma se siamo in crisi ti tieni tutte cose e rimaniamo in crisi?

P: C’era scritto LI VORSI?

G: Vendiamo Mondello…

P: L’hai letto LI VORSI?

G: Si.

P: Ma Mondello ti sembra così facile vendere ora?

G: L’anno scorso…

P: Perché una vuole vendere piglia e vende?

G: Questa tipologia di casa si.

P: Va bene.

G: L’anno scorso hanno avuto una perdita di 4 milioni di euro LI VORSI.

P: Lo so.

G: Hanno deciso, ci mangiamo i soldi che abbiamo.

149

L’interesse poi per l’acquisto di una casa emerge anche dalla trascrizione della conversazione

ambientale, tra CANNOVA e la moglie, che segue, ove la Paduano chiedeva al CANNOVA se

avesse altri 50.000 euro da dare “in nero” al costruttore: denaro che la moglie suggeriva, in caso di

verifica fiscale, di far emergere dall’affitto della villa di Mondello, in quel momento locata al

giocatore di calcio del Palermo, Barreto Edgar:

(VOL. II aff. 23 ss)

numero progressivo n°2611, nel brogliaccio di ascolto delle relative operazioni tecniche, registrata

alle ore 01.00 del 27/05/2012, durata 60 minuti.

CANNOVA GIANFRANCO successivamente indicato con la lettera “G”

PADUANO VALERIA successivamente indicato con la lettera “P”

omissis dall’ inizio a ore 01.40.54

P: Tu devi farti un conto corrente, dove metti i soldi del.. un conto corrente una cosa a parte, dove

metti i soldi della villa… un domani ti troverai…di Barreto, un domani ti troverai un gruzzolo e

tocchi gli altri, le altre cose, non puoi mettere fondo sempre a questi 3 mila euro.. perché tu ci devi

pagare il mutuo e l’altra metà te li metti da parte, mi senti quello quando parlo? Eh che ho detto?

G: Che parte del mutuo poi rivediamo la questione…

P: Perchè ancora non è partito il mutuo della villa?

G: Abbiamo fatto mutuo per la villa?

P: A maggior ragione mettendoteli da parte…

G: Per fare il mutuo devi fare l’atto..

P: Ma già in un anno non hai 50.000 euro in più da dargli a questo? Eh.. ce li hai? Te li sei messi da

parte?

G: Certo, li sto mettendo…

P: … sicuro? E quando glieli dai?

G: A questo chi?

P: A questo del costruttore.. a questo che gli devi pagare la casa.. che gli hai dati soldi in nero.. non

glieli puoi dare altri 50? Che sono quelli di Barreto che ti ha dato in un anno, è una anno ormai..

G: No Vale…

P: Ma perché.

G: Perché la casa dobbiamo dichiararla per forza 300.. perché al di sotto, non diventa più credibile.

P: Quindi in nero non gli puoi dare più niente?

G: Non diventa più credibile.

I suddetti elementi di prova forniscono, per l’attendibilità delle dichiarazioni, definitivo riscontro

alla piena integrazione del reato contestato e prova dell’allarmante danno sociale provocato dal

patto scellerato tra CANNOVA e PROTO

In occasione dell’invito fatto all’ing. Zuccarello Natale dalla Polizia per il giorno 01 giugno 2012,

al fine di essere sentito a sit, questi, prontamente chiamava CANNOVA per chiedere informazioni.

Emerge che lo Zuccarello, sovraordinato rispetto al CANNOVA, non ha assolutamente alcuna idea

sulla situazione della discarica di C/a Tiritì dell’OIKOS, e che CANNOVA ha buon gioco nel

confondergli le idee.

G: Cannova Gianfranco

V: Paduano Valeria

Omississ dalle ore 20:34:20 alle ore 20:35:35

Poi:

V: Con Paolo ora parliamo....

G: Salutalo a Mimmo ora se ne va...

V: Come?

G: Salutalo..salutalo...

V: Cè Mimmo? a casa?

150

G: Si!

V: Ah! Tu eri a casa con Mimmo?

G: Si!

V: Eh...perchè non ci mangiamo una cosa fuori?

G: Perchè c'è un altro appuntamento e quindi non sa a che ora si

sbriga.

V: Lui, ha un altro appuntamento. Ho capito. Senti una cosa. Digli che aspetta che sto

arrivando......Ehi! lo voglio salutare. Mi senti Gianfranco?

G: Si!...mi stava dicendo che potrebbe pure rimanere...

V: Potrebbe pure rimanere?

G: Uhm!

V: Se lui rimane possiamo andarci a prendere un boccone. ma una cosa così niente di informale.

G: No anche perchè non può fare tardi.

V: A loro gli prendiamo due cose al Mc Donald e noi ci andiamo a

mangiare una cosa fuori

G: Va bene!

V: Ma anche un'insalata.....ah?

G: Va bene!....va bene ora mi organizzo in questo modo. dai!

Omississ dalle ore 20:36:41 alle ore 20:38:24

a cura del Comitato Cittadino Isola Pulita di Isola delle Femmine

http://tutelaariaregionesicilia.blogspot.it/2015/01/angenti-e-rifiuti-il-processo-la.html