CAMPLI NOSTRA NOTIZIE · Antonio Alleva, Stefania De Nicolais, Anna Farina, Francesca Farina, Luca...

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N N C Trimestrale d’attualità, arte e cultura dell’Associazione Campli Nostra www.camplinostranotizie.it e-mail:[email protected] CAMPLI NOSTRA NOTIZIE Anno VIII - Numero 37 - Aprile-Giugno 2010 Una presunta falsità delle opere di Francesco Paolo Michetti presenti nella mostra camplese (15 aprile - 2 maggio) è esplosa, a livello media- tico, subito dopo l’inaugurazione dell’esposizio- ne ed è proseguita oltre la chiusura dell’evento. Due quotidiani locali, soprattutto, hanno dato grande risalto all’opinione di al- cuni collezionisti e critici che si sono espressi sulla presunta fal- sità delle opere presenti a Campli, tutte del collezionista sulmonese Giorgio Ottaviani. Il problema, però, sta nel fatto che più della metà delle opere esposte a Campli sono da consi- derare assolutamente autenti- che perché sequestrate (per la stessa accusa) dal GIP di Pescara nel 2006 e poi restituite. Una volta sequestrate dagli or- gani competenti dello Stato, co- me tutti sanno, le opere sono restituite al legittimo proprieta- rio collezionista, solo se risulta- te autentiche. La Procura di Pescara, all’epoca, affidò la perizia al professor Giuseppe Sofia di Milazzo. Da tener presente che le relazioni degli esperti di arte, quando ri- chieste dalla Procura, sono sempre supportate da rilievi scientifici come, nel nostro caso, la perizia calligrafica, l’analisi dei supporti del di- pinto e la chimica dei colori. Una scultura dissequestrata del Michetti, per esempio, è stata venduta da Ottaviani alla Provincia di Pescara e, oggi, può essere ammi- rata nella stanza della Presidenza del Consiglio. Non dimentichiamo, poi, che la Mostra è stata presentata dall’esperto professor Eugenio Cancelli, che ha fornito una chiave di lettura nuova delle opere da studio di Michetti, come si evince dal titolo della manifestazione stessa. Naturalmente ognuno è libero di affermare quello che vuole. Lo spirito giornalistico, però, impone sempre e comunque di cercare la verità delle cose: allo- ra è quantomeno doverosa qualche riflessione. Il mondo dell’arte o, meglio, del mercato dell’arte, segue delle logiche funzionali agli interessi di organizzatori di aste, di gal- leristi e istituzioni culturali. I piccoli collezionisti, per questo, se non sono allineati al mercato possono non essere graditi da chi commercia opere d’arte a li- velli nazionali e internazionali. In Italia, comunque, chi volesse comprare un’opera d’arte oggi può godere di una certa tran- quillità perché un nucleo spe- ciale dei Carabinieri, dislocato a Roma, garantisce a tutti un servizio straordina- rio: qualsiasi persona avesse dubbi sull’autenti- cità di un’opera d’arte acquistata, potrebbe portarla allo speciale nucleo dell’Arma che gra- tuitamente provvederebbe ad analizzarla (nel tempo necessario); se l’opera risultasse autenti- ca, verrebbe restituita altrimenti sarebbe se- questrata e definitivamente trattenuta. In que- st’ultimo caso il proprietario dell’opera risultata falsa potrebbe agire per vie legali contro il collezionista, il gallerista o casa d’aste venditore della stessa. È un caso, forse, che alla mostra camplese, in- serita nella XII Settimana della cultura del Mibac, non sono intervenuti la Guardia di Finanza e i critici d’arte di chiara fama nazio- nale, come più volte annunciato attraverso la stampa? Ottaviani, visti i precedenti, avrebbe accettato una simile mostra se non era sicuro dell’auten- ticità della sua collezione? Fino a prova contraria, secondo una deontolo- gia consolidata, è chi afferma che un’opera sia falsa a dover produrre prove o ragioni a dimo- strazione di quanto si sostiene e non viceversa! Proprio per queste considerazioni, nell’ambito locale, chi ha ritenuto umiliata e ferita l’imma- gine di Campli per le vicende della mostra, po- teva essere più accorto o prudente sul giudizio della stessa. Il tempo e la storia deciderà chi ha saputo promuovere Campli culturalmente, con volontà e capacità organizzative, fra l’altro, senza gravare sulle casse comunali. Al momento Ottaviani, per quanto risulta agli atti giudiziari della Procura di Pescara, ma an- che per il parere di diversi esperti e critici del- l’arte (alcuni hanno fatto pervenire il loro as- senso in Comune), può vantarsi di possedere autentici “Michetti”. I Michetti a Campli: falsi o autentici? Il prof. Pavan, psicoterapeuta ex francescano, interviene sul tema della pedofilia tra i preti Dal riquadro in basso della prima pagina del Corriere, Francesco Alberoni lanciò un allarme, negli ultimi giorni della recente campagna elettorale: il conflitto d’opinioni, che è la de- mocrazia, rischiava di degenerare in pesanti stati di odio che minacciava proprio la demo- crazia. Oggi la pedofilia dei preti, titolo mediatica- mente stimolante, potrebbe depistare la ses- sualità umana, così come è vissuta dalla cate- goria dei sacerdoti, fuori dall’orbita dei grandi processi da cui sono nati molti valori di cui è ricca la storia dell’uomo. Per contingenze di vita e per professione, ho vissuto dall’interno tali processi. Motivo per cui mi permetto, in proposito, un intervento. Un problema che seguo da molti anni Molti anni fa, ho preparato la mia tesi di lau- rea sotto la guida del prof. G. Flores d’Arcais, a Padova, sul tema Il seminario e le sue strutture, una “scuola dei paggi” la chiamò celiando in sede di discussione qualche professore. Poi ho proseguito i miei studi anche a Bologna e alla Luis di Roma, approfondendo in particolare gli aspetti sociologici degli istituti di formazione clericale e monastica. Alla fine ho ripreso l’ar- gomento all’estero: a Grenoble, dove ho con- seguito due diplomi di specializzazione, e in Irlanda, con base a Cork, al sud dell’Isola. In coincidenza del Concilio Vaticano Secondo sono stato Segretario generale per la forma- zione dei Cappuccini, un Ordine di 15.000 pro- fessi diffusi in tutto il mondo. A Concilio con- cluso, quando venne comandata la revisione delle Regole e Costituzioni degli Istituti di Vita Consacrata, per incarico del Capitolo Generale Una crisi, benefica, della sacralità del silenzio continua a pag. 12 Aut. Tribunale di Teramo - Registro Stampa n° 477 del 10/12/2002 Direttore Responsabile Nicolino Farina e-mail: [email protected] Direzione e Redazione Piazza Vittorio Emanuele II, 3 - 64012 Campli (TE) Periodico dell’Ass. CAMPLI NOSTRA Presidente Francesco D’Isidoro Collaboratori Antonio Alleva, Stefania De Nicolais, Anna Farina, Francesca Farina, Luca Farina, Luisa Ferretti, Maurizio Ferrucci, Eugenia Petrella La direzione si riserva di apportare modifiche che riterrà opportune. Gli originali non si riconsegneran- no. La responsabilità delle opinioni resta personale anno VIII, numero 37, Aprile-Giugno 2010 (chiuso il 30 aprile 2010) Distribuzione gratuita Servizio di fotocomposizione e stampa GISERVICE s.r.l. Teramo C NN CAMPLI NOSTRA NOTIZIE

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NNCTrimestrale d’attualità, arte e cultura dell’Associazione Campli Nostra www.camplinostranotizie.it • e-mail:[email protected]

CAMPLI NOSTRA NOTIZIE

Anno VIII - Numero 37 - Aprile-Giugno 2010

Una presunta falsità delle opere di FrancescoPaolo Michetti presenti nella mostra camplese(15 aprile - 2 maggio) è esplosa, a livello media-tico, subito dopo l’inaugurazione dell’esposizio-ne ed è proseguita oltre la chiusura dell’evento.Due quotidiani locali, soprattutto, hanno datogrande risalto all’opinione di al-cuni collezionisti e critici che sisono espressi sulla presunta fal-sità delle opere presenti aCampli, tutte del collezionistasulmonese Giorgio Ottaviani. Ilproblema, però, sta nel fattoche più della metà delle opereesposte a Campli sono da consi-derare assolutamente autenti-che perché sequestrate (per lastessa accusa) dal GIP di Pescaranel 2006 e poi restituite.Una volta sequestrate dagli or-gani competenti dello Stato, co-me tutti sanno, le opere sonorestituite al legittimo proprieta-rio collezionista, solo se risulta-te autentiche. La Procura diPescara, all’epoca, affidò la perizia al professorGiuseppe Sofia di Milazzo. Da tener presenteche le relazioni degli esperti di arte, quando ri-chieste dalla Procura, sono sempre supportateda rilievi scientifici come, nel nostro caso, laperizia calligrafica, l’analisi dei supporti del di-pinto e la chimica dei colori.Una scultura dissequestrata del Michetti, peresempio, è stata venduta da Ottaviani allaProvincia di Pescara e, oggi, può essere ammi-rata nella stanza della Presidenza delConsiglio.Non dimentichiamo, poi, che la Mostra è stata

presentata dall’esperto professor EugenioCancelli, che ha fornito una chiave di letturanuova delle opere da studio di Michetti, comesi evince dal titolo della manifestazione stessa.Naturalmente ognuno è libero di affermarequello che vuole. Lo spirito giornalistico, però,

impone sempre e comunque dicercare la verità delle cose: allo-ra è quantomeno doverosaqualche riflessione. Il mondo dell’arte o, meglio, delmercato dell’arte, segue dellelogiche funzionali agli interessidi organizzatori di aste, di gal-leristi e istituzioni culturali. Ipiccoli collezionisti, per questo,se non sono allineati al mercatopossono non essere graditi dachi commercia opere d’arte a li-velli nazionali e internazionali.In Italia, comunque, chi volessecomprare un’opera d’arte oggipuò godere di una certa tran-quillità perché un nucleo spe-ciale dei Carabinieri, dislocato a

Roma, garantisce a tutti un servizio straordina-rio: qualsiasi persona avesse dubbi sull’autenti-cità di un’opera d’arte acquistata, potrebbeportarla allo speciale nucleo dell’Arma che gra-tuitamente provvederebbe ad analizzarla (neltempo necessario); se l’opera risultasse autenti-ca, verrebbe restituita altrimenti sarebbe se-questrata e definitivamente trattenuta. In que-st’ultimo caso il proprietario dell’operarisultata falsa potrebbe agire per vie legalicontro il collezionista, il gallerista o casa d’astevenditore della stessa.È un caso, forse, che alla mostra camplese, in-serita nella XII Settimana della cultura delMibac, non sono intervenuti la Guardia diFinanza e i critici d’arte di chiara fama nazio-nale, come più volte annunciato attraverso lastampa?Ottaviani, visti i precedenti, avrebbe accettatouna simile mostra se non era sicuro dell’auten-ticità della sua collezione?Fino a prova contraria, secondo una deontolo-gia consolidata, è chi afferma che un’opera siafalsa a dover produrre prove o ragioni a dimo-strazione di quanto si sostiene e non viceversa!Proprio per queste considerazioni, nell’ambitolocale, chi ha ritenuto umiliata e ferita l’imma-gine di Campli per le vicende della mostra, po-teva essere più accorto o prudente sul giudiziodella stessa. Il tempo e la storia deciderà chi hasaputo promuovere Campli culturalmente, convolontà e capacità organizzative, fra l’altro,senza gravare sulle casse comunali.Al momento Ottaviani, per quanto risulta agliatti giudiziari della Procura di Pescara, ma an-che per il parere di diversi esperti e critici del-l’arte (alcuni hanno fatto pervenire il loro as-senso in Comune), può vantarsi di possedereautentici “Michetti”.

I Michetti a Campli: falsi o autentici?

Il prof. Pavan, psicoterapeuta ex francescano,interviene sul tema della pedofilia tra i preti

Dal riquadro in basso della prima pagina delCorriere, Francesco Alberoni lanciò un allarme,negli ultimi giorni della recente campagnaelettorale: il conflitto d’opinioni, che è la de-mocrazia, rischiava di degenerare in pesantistati di odio che minacciava proprio la demo-crazia.Oggi la pedofilia dei preti, titolo mediatica-mente stimolante, potrebbe depistare la ses-sualità umana, così come è vissuta dalla cate-goria dei sacerdoti, fuori dall’orbita dei grandiprocessi da cui sono nati molti valori di cui èricca la storia dell’uomo.Per contingenze di vita e per professione, hovissuto dall’interno tali processi. Motivo per cuimi permetto, in proposito, un intervento.

Un problema che seguo da molti anni

Molti anni fa, ho preparato la mia tesi di lau-rea sotto la guida del prof. G. Flores d’Arcais, aPadova, sul tema Il seminario e le sue strutture,una “scuola dei paggi” la chiamò celiando insede di discussione qualche professore. Poi hoproseguito i miei studi anche a Bologna e allaLuis di Roma, approfondendo in particolare gliaspetti sociologici degli istituti di formazioneclericale e monastica. Alla fine ho ripreso l’ar-gomento all’estero: a Grenoble, dove ho con-seguito due diplomi di specializzazione, e inIrlanda, con base a Cork, al sud dell’Isola.In coincidenza del Concilio Vaticano Secondosono stato Segretario generale per la forma-zione dei Cappuccini, un Ordine di 15.000 pro-fessi diffusi in tutto il mondo. A Concilio con-cluso, quando venne comandata la revisionedelle Regole e Costituzioni degli Istituti di VitaConsacrata, per incarico del Capitolo Generale

Una crisi, benefica, della sacralità del silenzio

continua a pag. 12

Aut. Tribunale di Teramo - Registro Stampa n° 477 del 10/12/2002

Direttore ResponsabileNicolino Farina

e-mail: [email protected]

Direzione e RedazionePiazza Vittorio Emanuele II, 3 - 64012 Campli (TE)

Periodico dell’Ass. CAMPLI NOSTRAPresidente Francesco D’Isidoro

CollaboratoriAntonio Alleva, Stefania De Nicolais,

Anna Farina, Francesca Farina, Luca Farina, Luisa Ferretti, Maurizio Ferrucci,

Eugenia Petrella

La direzione si riserva di apportare modifiche cheriterrà opportune. Gli originali non si riconsegneran-no. La responsabilità delle opinioni resta personale

anno VIII, numero 37, Aprile-Giugno 2010 (chiuso il 30 aprile 2010)

Distribuzione gratuitaServizio di fotocomposizione e stampa

GISERVICE s.r.l. Teramo

CC NN NNCAMPLI NOSTRA NOTIZIE

CC NN NNAnno VIII - Numero 37 Aprile-Giugno 2010 pagina 2

curare il nostro giardino vuol dire prendersi cura delle nostre piccole gioie quotidiane. Affidarlo a mani esperte e appassionate vuol dire mantenerlo più duraturo e più bello.

Affida il Tuo giardino a

(con tecniche di tree climbing per alti fusti e palme)

Fiaccolata per L’Aquila a Campli6 aprile, ore 3:32, il terremoto di L’Aquila: un anno dopo, il messaggio chepassa sui quotidiani e nelle memorie non è più di disperazione e angoscia,ma di speranza e rinascita.Campli ha deciso di contribuire alla diffusione di questo messaggio di spe-ranza attraverso una fiaccolata, partita alle 21:00 dalla chiesa di SanGiovanni Battista a Castelnuovo per arrivare fino alla Piazza VittorioEmanuele. Ogni partecipante ha ricevuto una candela, recante un nome diuna via, un monumento o un paese distrutto dal terremoto, affinché ognu-no “adottasse” un luogo e lo conducesse, attraverso la luce della candelaaccesa dal Cero Pasquale, alla rinascita.L’introduzione della fiaccolata è partita con delle letture, tenute da AlessiaPompizi della zona di Sant’Onofrio e Silvia Acciaio della zona di Campli, chehanno spiegato il significato delle simbologie intorno alla fiaccolata.Alessia: «quello che stiamo per intraprendere è un cammino che non vuoleessere memoria di disperazione e smarrimento, ma solo anelito di speranza.Speranza di riprendere il viaggio anche dopo la drastica caduta. Ogni viag-gio che si rispetti ha una tappa di partenza e una di arrivo … il nostro partedal cero acceso, che con la sua luce riesce a farsi spazio tra i sassi e le mace-rie, perché la luce è vita e questa luce non si è spenta, ma è rimasta accesaper illuminarci la strada. Il cero è Cristo,la speranza del mondo. Il viaggiatoreha sempre bisogno di una lanterna, che lo aiuti a non smarrirsi durante lanotte, ed è per questo che ognuno di noi ha la sua luce, il suo cero, che siabussola durante questa esperienza. Adottate tutti i luoghi rappresentati sul-le candele, curatevi di loro e non dimenticateli».Silvia: « Onna, Fossa, Paganica, ma soprattutto L’Aquila è ancora stracolmadi pietre addossate ai cigli delle strade, ma da queste macerie sorge l’alba diuna vita nuova, la speranza di tutti gli aquilani che il giorno dopo sia ungiorno migliore. Perciò questa sera il Cero, simbolo di luce e speranza, nascedalle pietre. Dalle macerie che hanno rappresentato la fine di una vita, rina-sce la voglia di andare avanti degli aquilani, la volontà di ricominciare a spe-rare e a lottare per un futuro migliore». Persone di ogni età, dai bambini agli adulti della Forania di Campli-Civitella,le varie autorità civili, le forze dell’ordi-ne, la Croce Rossa e il Soccorso Farnesehanno partecipato numerose alla mani-festazione.Alla partenza della fiaccolata, l’immagi-ne che appariva toglieva il fiato. Il fiumedi gente che, tra canti e preghiere, avan-zava simbolicamente verso la rinascita,simboleggiata dalla celebrazione eucari-stica tenutasi in Duomo. La cerimonia li-turgica è stata presieduta da donMartino Anusi, responsabile della pasto-rale giovanile della Forania, che concele-brava con gli altri preti del territorio alcospetto del Vescovo di Teramo-Atri, S.

P O E S I A

inedito, da aprile, 6.3 Richter

ONNA poi si esaudì la misericordia del mio dio ma la madreterra matrigna come sempre ne pretese per sé almeno altri trecento mentre io avevo urlato e urlato e urlato

«eccomi prendi pure solo io». Gli uomini non sanno più che farsene né dell’ombra né degli angeli dello sguardo sbilenco che mette a soqquadro, dello sguardo che colma di vera luce tutto questo vuoto dorato ora qui è mozzafiato lo scenario delle tendopoli la replica della commovente fratellanza ora qui io che già ero senza casa senza lavoro senza denaro accolgo e benedico ripeto: accolgo e benedico

perché finalmente si potrebbe tutti insieme farla finita col miele, con l’antico inganno delle radici, perché finalmente si potrebbe tutti insieme urlare il nostro amen come si deve

e ricostruire un vero altrove direttamente nel cuore dell’esilio.

Antonio Alleva

CC NN NN Anno VIII - Numero 37 Aprile-Giugno 2010 pagina 3

E. Mons. MicheleSeccia. Nella sua omelia,il Vescovo, Mons.Michele Seccia, haricondotto la fiac-colata nel conte-sto del tempopasquale nel qua-le la Chiesa vive lavittoria della spe-ranza sulla dispe-

razione, invitando la gente a soffermarsi sulmessaggio del Cristo risorto.Con la fiaccolata, a Campli, si è aperto unnuovo spiraglio di luce di collaborazione e dicomunicazione tra tutti gli abitanti.La fiaccolata di Campli ci ha insegnato a ritro-vare la speranza e tornare a sorridere dopo ladisperazione perché c’è sempre un alleatofondamentale vicino a noi: la speranza.Un ringraziamento speciale va, soprattutto, aDon Martino Anusi, che ha incoraggiato la no-stra proposta della fiaccolata stimolandoci aconcretizzarla, e al parroco di Campli DonAntonio Mazzitti per la sua disponibilità e col-laborazione. Un grazie speciale va ai ragazzidei gruppi pastorali di Campli, Sant’Onofrio eCivitella che hanno portando avanti il proget-to con entusiasmo e gioia. La nuova realtàgiovanile nata, grazie alla cura pastorale didon Martino Anusi, capace di unire tutti i gio-vani delle varie frazioni camplesi attraversoiniziative che hanno l’obbiettivo di lavorare ecrescere insieme sulle orme di Cristo Gesù, percostruire una società più umana e più degna.

Silvia Acciaio

La voglia di cultura contagia i giovaniIl 53% durantei viaggi visitasempre un be-ne culturale.Con chi? Il59,1% in com-pagnia di amici.Il colosseo ilmonumentopreferito daigiovani.Musei e beniculturali? Sìgrazie. 3-4 vol-te l’anno, insie-me ad amici. Esempre duranteun viaggio.E’ questo ilquadro cheemerge dal sondaggio “Giovani & Cultura”realizzato da CTS (Centro Turistico Studentescoe Giovanile) che, in collaborazione con ilMinistero per i Beni e le Attività Culturali ed inoccasione della Settimana della Cultura 2010,ha voluto fare il punto sulla fruizione tra i gio-vani del patrimonio storico-artistico.A dirlo un campione di quasi 900 intervistati fi-no a 29 anni (56,8%) con un diploma (43,1%)o una laurea alle spalle (52,2%) che hanno for-nito risposte molto interessanti. Nei viaggi il 53,60% dei giovani dichiara di farrientrare sempre una visita ad un bene cultu-rale. Il 13,8 % lo fa qualche volta e solo lo0,3% dichiara di non inserire mai l’arte e lacultura nel proprio viaggio. Sembra essere l’interesse personale e lo studio(44,5%) o l’interesse generale per la località incui si trova il bene culturale (38,9%) la motiva-zione che spinge i ragazzi ad avvicinarsi al pa-trimonio artistico-culturale che viene fruitoper oltre la metà del campione con gli amici(nel 59,1 % dei casi) o con la famiglia (nel32,1%).Di fronte alla domanda: ‘Cosa suggerisci perincentivare la fruizione dei beni culturali?’ il50,4% dei giovani sostiene siano necessarie

maggiori age-volazioni (scontivisite, books-hop; audiogui-de etc), mentreil 26,8% auspicaorganizzazionidi eventi digrande richia-mo ( mostre,concerti, rasse-gne). Dall’esame deidati oltre il 90%degli intervista-ti dichiara di co-noscere i beniculturali dellapropria città. Ilmonumento

che riscuote più interesse fra i giovani? IlColosseo.Si riscontra inoltre un netto interesse dei ra-gazzi (94,1% degli intervistati) ad essere infor-mati sulle iniziative nei musei. In tal caso lostrumento preferito dall’80% dei ragazzi risul-ta, com’è facile intuire, la mail seguita da ma-teriale cartaceo (13,5% delle risposte). E in merito alla settimana della Cultura? Il75,1% degli intervistati conosce l’evento e diquesti il 17,7% ha partecipato alle passate edi-zioni. A tal proposito la Rete risulta il mezzopreferito dai ragazzi che dichiarano di esserevenuti a conoscenza della manifestazione peril 68,4% da Internet, per il 12% dalla stampa esolo per l’8,9 % attraverso i tradizionali mezziradio-televisivi.Peraltro i ragazzi sembra vogliano approfitta-re della preziosa occasione che consente di co-noscere e riscoprire l’arte gratuitamente inuna grande festa diffusa su tutto il territorionazionale. Non a caso alla domanda:‘Parteciperai all’edizione 2011 della Settimanadella Cultura?’ l’83,8% risponde in modo affer-mativo, mostrando interesse soprattutto per lapropria città e dintorni (76,2%) e in modo mi-noritario per le altre città (23,7%).

CC NN NNAnno VIII - Numero 37 Aprile-Giugno 2010 pagina 4

La Contea di Apruzio di Domenico Di Baldassarre

La ricostruzione delle vicende storiche dellaprovincia di Teramo nell’altomedioevo e nelmedioevo risulta alquanto difficile per la ca-renza di documenti storici. Un documento del598, una lettera di S. Gregorio Magno inviataal vescovo Passivo di Fermo, ci parla di un con-te di Castri Aprutiensis Anio che donò un ora-torio dedicato a S. Pietro. Dalla dicitura il conteAnio controllava solamente la città di Teramoche faceva ancora parte del marchesato diFermo mentre il territorio provinciale facevaparte del ducato di Spoleto sotto il dominiolongobardo. Dobbiamo attendere circa tre se-coli per avere un documento che ci parlasse dialtro conte di Apruzio Lodoino. I Longobardinon erano grandi scrittori ed erano presi daproblemi di sopravvivenza economica operan-do sui resti dell’impero romano, gli unici docu-menti ci derivano dai grandi monasteri comequelli di S. Maria di Farfa e di Montecassino.Altro conte di Apruzio è stato Adelberto figliodi Lodoino così come compare su due cambi dibeni col vescovo aprutino Giovanni del 891 edel 894 ove si parla dei paesi quali Scapriano,Putignano, Cesenano, Ancariano, Optalano,Candoni, Fontacciano, S. Stefano e Campli. Ilconte Manfredi compare in una sua donazionedel 926 secondo l’editto longobardo alla chiesaaprutina di alcuni beni presso Scapriano con ilcastello di Vitice. Il conte Lupo lo troviamo inun cambio del 951 ove permuta dei beni conElia abate di S. Angelo di Barrea. Il conteAttone I appare in un placito tenutosi nel 976nella piana di Ancariano a favore dell’abateAdamo di Casauria e contro il vescovo aprutinoPietro, in un placito tenutosi a Campora nel989 per il possesso di alcune terre presso S.Angelo a Marano di Bellante e nel placido del990 presso S. Salvatore a Bozzino per alcuneterre di Ponzano soggette a S. Angelo aMarano. Il conte Attone I governava insieme alconte Alkeri e al suo nipote conte Attone III. Ilconte Attone IV compare nel placito del 1056tenutesi presso il castello di Vitice ove ha par-tecipato i papa Vittore II, il conte TeatinoTrasmondo, il conte di Ancona Berardo, quellodi Fossombrone, il vescovo Aprutino Pietro e ilvescovo Ascolano Bernardo per porre fine ai

soprusi dei Totoneschi sul castello di Vitice. Adinterrompere la serie dei conti de Aprutio in-terviene il conte di Ascoli e di Apruzio Gerardonominato dal papa Vittore II che governava ilducato di Spoleto e la marca di Fermo per con-to del re germanico Enrico III così come si evin-ce dal placito tenutosi in Castrum Vitice e dalplacito di Grasciano del 1057 ove si discute sulcastello di Civitella a Mare tenuto dall’abatePietro di S. Salvatore di Rieti. La prima invasio-ne normanna dell’Abruzzo determina l’elezio-ne a conte di Apruzio, diPenne e di Chieti UgoMalmozzetto che nel 1078occupava il territorio perconto di Roberto Guiscardo.Intorno al 1097 Attone V di-venta conte di Apruzio e nel1101 lo troviamo nella do-nazione di metà della chiesadi S. Martino di Morro almonastero di S. Maria diFarfa, compare nel placitotenutosi in S. Flaviano nel1108 nella chiesa di S. Mariaa Mare ove si discuteva deiterreni in Monticello eMelatino di pertinenza delvescovo aprutino Uberto enell’atto del 1116 di confer-ma del castello di Luco pres-so Montorio al vescovoaprutino Berardo diPagliara. Il conte Enrico ap-pare nel cartulario dellachiesa aprutina nel 1122 co-me primogenito dei sei figlidi Attone V. Il conte Matteo,fratello di Enrico, nel 1128prestava servizio al vescovodi Teramo Guido perForcella e successivamente,per testamento, donava alvescovo di Ascoli Appignanoe Spinetoli. Finalmente con-te del pretuzio diventaRoberto I nel periodo delconsolidamento nel territo-

rio della penetrazione normanna. In una sen-tenza del 1148 Roberto I, alla presenza del con-te Oderisio di Pagliara, del conte Berardo diChieti, del vescovo Sicenolfo di Valva e del ve-scovo aprutino Guido II, conferma il conventodi S. Niccolò a Tordino all’abate diMontecassino. Durante la mostra dei feudatarinormanni del 1161 Roberto I risultava il primofeudatario del regno di Sicilia con 1114 uominidi cui 398 uomini a cavallo e 716 servienti. Ifeudi nell’ascolano erano: Luco, Collutro,

CC NN NN Anno VIII - Numero 37 Aprile-Giugno 2010 pagina 5

Mozzano, Folignano, Monsampolo, MonteDonnello ed Acquaviva. I feudi nel pretuzioerano: Atri, Leofara Maccla, Rocca Camilliana,Civitella, Faraone, S. Croce, S. Omero, Nereto,Corropoli, Controguerra, Montorio a Mare,Colonnella, S. Benedetto a Gabiano,Tortoreto, Campli, Ripa Candone, Arnaro,Penna, Montino, Bellante, S. Angelo aMarano, Ripattone, Izzano, Selva Piana, Colli,Spoltino, S. Flaviano, Rocca Totonesca, S.Pietro ad Azzano, Torricella, Tezzano,Morricone, Poggio Cono, Montorio, Aquilano,Aquilano Gualteringi, Colledonico, Tossicia,Trignano, Chiarino, Torrito, Petrignano,Cermignano, Scorrano, Montegualtieri eMontesecco. Nel pennese, il conte Roberto I,teneva: Fara, Vestea, Catignano, Brittoli,Carpineto, Civitaquana e Cugnoli. Guglielmo,fratello di Roberto I, era socio nella contea diApruzio e teneva tre feudi quali Tortoreto,Montorio a Mare e S. Benedetto a Gabiano egli altri fratelli, Attone VI e Tancredi , eranosoci nella gestione della contea. Il conteRinaldo I compare in un rescritto del 1172 overe Guglielmo II ordina al conte di non imporremulte ingiuste al monastero di S. Clemente aCasauria, lo troviamo nella cronaca diCarpineto, interviene nella sentenza del giu-stiziere conte di Rotella contro Rainaldo edAlessandro di Troia e a favore del monasterodi S. Angelo a Marano e alla morte di reGuglielmo II sposa la causa sveva riconoscendore Enrico VI. Nel 1193 il legato imperialeBertoldo donava al vescovo di Ascoli, quali be-ni del conte Rinaldo I, Cantalupo, Ripe, RipaQuadrellara, S. Egidio, Faraone, Villa Lempa,Collepagano, Fucignano e il diritto di patrona-to che il conte asseriva di avere nell’abbazia diMontesanto. Il conte Monaldo è l’ultimo diApruzio e figlio di Rinaldo I, perdeva la con-tea per aver combattuto nel 1229 Federico IIpartecipando con uno degli eserciti mandatidal papa Gregorio IX ad invadere il regno.Rinaldo II di apruzio riceveva dal papaInnocenzo IV nel 1252 la capitaneria di Atri ela contea di Loreto e per questo fu impiccatoda Corrado IV. Roberto II povero ed esule nel1264 aveva dal papa Urbano IV sussidi sui benidella chiesa ascolana e nel 1312 re Robertod’Angiò confermava l’annua pensione. Nel1248 Gualtieri di Pagliara diventava conte diManoppello e di Apruzio.

Memento AquilaMemento Aquila è un’iniziativa editoriale a cura dallo scrit-tore e giornalista abruzzese Enzo Altorio e pubblicata daLegenda di Settimo Milanese (MI). L’opera esprime solidarie-tà e memoria attraverso i contributi letterari di 99 grandi ita-liani, artisti, musicisti, uomini di cultura e di fede, scienziati,comunicatori, personaggi dello sport e dello spettacolo, maanche nomi che hanno avuto o continuano ad avere un ruo-lo essenziale nell’evento sismico. Una compagine straordinariamente ampia e trasversale, do-ve il numero 99 è un chiaro riferimento alla storia diL’Aquila. Memento Aquila esprime sensibilità e memoria an-che grazie alla ragguardevole iconografia, circa 1300 imma-gini in grado di documentare ogni angolo dell’area terremotata. Il ricavato contribuirà alla rico-struzione di S. Maria di Collemaggio a L’Aquila. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitanoha manifestato particolare apprezzamento per Memento Aquila, tanto da riservare a tutte le ini-ziative di presentazione il Suo prestigioso Alto Patronato.

Francesca Farina

A Roma apre un museo promotore di arte contemporanea

il MAXXI di Anna Farina

A Roma, in via Guido Reni 4A, il 30 maggiodi quest’anno sarà aperto al pubblico ilMAXXI, un nuovo museo progettato daZaha Hadid. L’Inaugurazione è prevista neigiorni 28 e 29 maggio conspecifiche iniziative culturalie ingresso libero (solo suprenotazione).Il MAXXI fonda le sue radicia Roma e nelle realtà roma-ne di respiro internazionale,attraverso una sinergia traStato e privato che parte daun accordo di collaborazio-ne (come partner del mu-seo), in via di definizione,con Fendi, storica maison dasempre sensibile all’arte e aisegni del contemporaneo.MAXXI collaborerà con i mu-sei d’arte contemporanea diRoma e di tutta Italia.L’apertura del MAXXI sarà

un grande momento per la cultura e l’artecontemporanea della capitale e dell’interapenisola. La Galleria Nazionale d’Arte Moderna, in-

sieme ad altre istituzioni delcircuito AMACI, per esem-pio, gia collabora con ilnuovo museo.Come anteprima sarà possi-bile visitare già l’ala delMACRO, progettata daOdile Decq, ed esplorare ilmercato dell’arte contem-poranea “The Road toContemporary Art”, mentredal 6 maggio la GalleriaBorghese ospiterà lopera diNedko Solaka, frutto dellacollaborazione tra il MAXXIe Unicredit.Per informazioni e program-mi degli eventi, navigare su:www.fondazionemaxxi.it

Immaginate un complesso industriale di 60.000 metriquadri non molto lontano dal centro, abbandonatodall`azienda madre per la scelta strategica che gli ob-bliga uno spazio più grande e adeguato ma fuori cit-tà. Ponetevi questa domanda: Cosa accadrebbe inItalia ad un sito del genere? Nella migliore delle ipo-tesi ne farebbero un ennesimo centro commerciale,oppure palazzine, o peggio, abbandono e degradototale lasciando tutto al destino degli eventi.Ponetevi un`altra domanda: E in Germania cosa nefarebbero? La risposta è semplice: Esattamente l`op-posto di quello che farebbero i nostri amministratori.Trasfomerebbero gli ampi spazi delle costruzioni, ilfreddo ferro delle tubature di areazione, le spartanevetrate dei fabbricati in un luogo pulsante di nuovaenergia e soprattutto utile all`intera comunità.Questa non è una favola, forse per noi “Spaghetti emandolino” può apparire tale. Questo luogo esistedal 1996 si chiama KultFabrik e si trova a Monaco.Oggi è un centro polifunzionale, dedicato all`arte, al-la musica, al divertimento e alla cultura in generale.Lo abbiamo visitato e vogliamo trasmettervi le emo-zioni che ci ha dato questa “cittadina nella città”.E` venerdì sera, circa le 11.00 pm prendiamo un taxiper raggiungere il luogo incantato del “KultFabrik”.La zona è quella di Monaco ovest, nei pressi dellastazione. Poco prima di arrivare veniamo subito rapiti da un in-crocio del tutto strano, un bus mai visto prima, riccodi luci fluorescenti e wood. In quel momento abbia-mo pensato a qualche camionista che cambiandomezzo di lavoro, passando cioè dal tir al bus, dovevaessersi portato dietro anche tutte le decorazioni tipi-che da cabina....... Invece no! Al passaggio laterale ri-usciamo a capire di cosa si tratta, leggiamo bene, èun Club and Line. Mai visto prima una cosa simile!!Un locale dentro un autobus!? SI. Eccolo li, lungo co-me un filobus. Dentro c`è tutto, bar, tavoli, dj, pistada ballo effetti luce.....Tutto! Il Club and Line è un ser-vizio di linea che porta al KultFabrik attraverso unpercorso stabilito. Un volta saliti si può iniziare a gu-stare qualche buon drink, fare qualche salto in pista emagari passarci tutta la serata, tanto la linea è dispo-nibile per l`intera la notte. Wow. Cominciamo bene! Il Taxi si ferma, siamo proprio davanti all`ingressodell`ex fabbrica. Restiamo rapiti dal suo originalesplendore, ci affrettiamo a pagare e varchiamo l`in-gresso. Prendiamo la via principale, forse quella cheutilizzavano una volta gli operai, oggi però tutto èpiù attraente. Luci, insegne luminose, strutture deco-rative, graffi sulle vecchie pareti, tubi dell`areazionetrasformati in draghi dai writers. Avanziamo comple-tamente presi dal fascino di questo microcosmo. Adestra e sinistra si susseguono una serie di ingressi, daogniuno di essi arriva una musica differente: Ora Hip-hop, adesso, dance, poi rock, house, techno, discoecc.. ecc.. Ogni porta un lacale diverso: Lounge bar,disco, club, Cocktail bar, pub, Ghotic club, tutti conuna diversa impostazione, mai uno simile all`altro. IlRusso Kalinka, il faschionissimo Q Club, il giovanileMetropolis, la techno dello Strobe, la italo disco anni90 del Willenlos, il rock live del Titty Twister, il Goticometallo del Refugium, il latino Tropicana, ne trovia-mo più di 30 aperti, uno per ogni gusto. (Yeah!)Abbiamo leggermente fame e decidiamo di raggiun-gere il “Kantine”. Prima di arrivare però, notiamoqualcosa di veramente improbabile ai nostri occhi.Certe cose siamo abituati a vederle in banca ed inve-ce sono li davanti a noi...Cassette di sicurezza dispo-nibili per tutti e anche gratis. Se non si ha voglia diandare in giro con il superfluo si mette tutto dentrouno scomparto, si chiude e si porta via la chiave.... “Ilsenso civico”. Eh bhe! Nella nostra penisola si porte-rebbero via le chiavi come souvenir. Siamo quasi arri-vati ma prima incrociamo una “vigilessa”, o meglio,quello che noi crediamo, visto il cappellino bianco dapolizia municipale. Invece no! Per le vie della fabbri-ca girano ragazzi e ragazze con cappellino bianco edivisa per offrire il servizio Alcool Tester... Si avete ca-pito.... In qualsiasi momento o luogo del KultFabrikpuoi testare il tuo grado alcoolico! Oh! Oh!Eccoci al Kantine grande Pizzeria Ristorante dove,appena entri, vieni servito con della buona musica.Anche in pizzeria c`è il dj, la musica è la vera prota-gosta per tutte le notti del KultFabrik. Il bancone bar

è lunghissimo forse15 metri. Annetteanche il lato “piz-zaiolo dal vivo”.....Pizza aMonaco?....Certo edanche di più, dal menù vengono fuori dei primi piattiitaliani come “Spaghetti alla Bolognese”, ”Penne Alragù”............!?.... Scegliamo la pizza, ci piace rischia-re, ma non troppo :) Morale? Birra buonissima ed an-che la pizza, qualla fatta a vista dal pizzaiolo tede-sco...Good! E` ora di tornare a fare un giro, lo spazio è enorme,dobbiamo vedere più cose possibili di questo posto. Frale vie tanta gente e tanti uomini della sicurezza ma cisentiamo ugualmente a nostro agio, forse anche piùdel solito. Ma cosa c`è li in fondo!?....Le sdraio!.....Gliombrelloni.....!!?? Oh! Oh! Hanno costruito una spiag-gia? Si c`è anche la spiaggia con lo Chalet!. Continuiamo a girare fra la viuzze, affiancati daigraffiti e le varie opere scultoree che ogni tanto s`in-contrano. Più volte ci diciamo: “Cavolo ma questo èuno spazio fikissimo per fare foto da booking, ogniangolo è qualcosa di spettacolare!!”Intanto si fa sempre più tardi, le luci che fuoriesconodalle enormi vetreate degli edifici più grandi ci fan-no notare gli studi degli scultori e dei pittori presenti

nei piani superiori. La notte che per migliaia di per-sone rapressenta divertimento e abbandono perqualche artista insonne invece e fonte di ispirazione.Scegliamo la techno dello “Strobe” per finire la sera-ta e a notte fonda, mentre andiamo via, ci giriamopiù volte per incidere nella mente le forme della“Fabbrica che coltiva la cultura”Breve storia:Il Kunstpark Ost (Parco dell`arte) è uno spazio di60.000 metri quadri dedicati al divertimento alla mu-sica e all’arte. Questa “isola felice” di Monaco è stataricavata da una ex-fabbrica di patatine e buste di pu-rè liofilizzato, la Pfanni. Nel 1996 l’azienda abbando-nò il vecchio stablimento diventato ormai troppo pic-colo, per trasferirsi fuori città. Grazie all`intervento di un imprenditore tedesco, alcomune di Monaco e dopo importanti lavori di am-modernamento, nel settembre dello stesso anno di-venta una delle più grandi aree del divertimento del-la Germania. Vanta circa 30 discoteche, club, bar,ristoranti, sale giochi, studi di circa 60 artisti e atelier.Ad intervalli regolari vi vengono svolti anche concer-ti, mostre d’arte, antiquariato e mercatini. La sua po-sizione stategica dovuta alla vicina stazione ferrovia-ria di Monaco di Baviera orientale, riesce ad attrarre.250.000 persone al mese. Nel Gennaio 2003 il sitoviene ribattezzato “Kultfabrik” (Fabbrica della cultu-ra). Viene ampliato, si inaugurano, studi di registra-zione, radio, tv, emergenti etichette musicali, scuoled`arte, di magia, ludoteche e spazi per bambini.Oggi e un centro polifunzionale che offre una miria-de di attività.

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Come riconvertire aree industriali alla cultura

KultFabrik di Massimo D’Amario

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1 - Epoca di realizzazione, prima ipotesiIl Palazzo del Parlamento di Campli, sede delMunicipio, è noto anche come PalazzoFarnese o Ducale. Nato come palazzo civico,nell’arco della sua storia ha avuto semprequesta funzione d’uso, identificandosi inquesto modo con le vicissitudini storiche del-la città.Quasi tutti gli storici che si sono occupati delPalazzo hanno datato l’edificio intorno al se-colo XV, anche se non esiste alcuna documen-tazione che lo comprovi, anche perchél’Archivio Comunale di Campli andò quasicompletamente distrutto negli avvenimentiaccorsi nel 1860. Un’analisi approfondita sulle strutture dell’e-dificio, propedeutica alla pubblicazione del li-bro Palazzo del Parlamento detto Farnese –storia e identificazione con la città di Campli,del 1993, mi portò a ipotizzare la costruzionedell’edificio alla fine del XIII secolo. Nella pub-blicazione, per la prima volta, tra l’altro, simise in luce come l’edificio fosse sta-to accorciato di un’arcata.Avvenuta l’estinzione del ca-sato degli Sciolfo feudataridi Campli, Federico II diSvevia riconduce la cittàsotto il regio demanio.In questo periodo inAbruzzo, diviso in novegiustizierai, si rafforza-no e si costruiscono im-portanti opere architet-toniche civili e militari.Alla fine del DuecentoCampli è ancora governatadai seguenti feudatari: il fi-glio di Guglielmo Fary nel1266, Arduino d’Averio nel 1271,Matteo de l’Isle almeno fino al 1283.L’Italia, a differenza di altri paesi europei, dal-l’antichità ai secoli più difficili del Medioevo,fruì di una continuità di vita cittadina che fa-vorì l’autogoverno, specialmente nelle regionisettentrionali, centrali e in alcune province diconfine centro meridionali.Nel nostro territorio durante gli ultimi annidel secolo XIII si era già avviata una serie ditrasformazioni delle forze socio-politiche che,grazie a un faticoso ed elaborato concetto diautogoverno locale, favorirono la gestazionedi una complessa classe dirigente cittadina ca-pace di darsi apposite strutture istituzionali.Campli negli ultimi decenni del Duecento,epoca della ipotizzata costruzione del Palazzodel Parlamento,beneficiava dimolte libertàespresse da un’as-semblea compo-sta dai capofami-glia piùautorevoli dellaricca borghesia.In pratica la cittàera governata dauna specie di pic-colo parlamento:ecco spiegata l’o-rigine del nomepiù antico dell’e-dificio civico cam-

plese.Si delineava così la necessità di un palazzo ci-vico dove riunirsi e svolgere funzioni pubbli-che e che, allo stesso tempo, testimoniasse alivello architettonico la ricchezza e la potenzadella classe borghese della città.Campli, in quest’epoca, non era travagliata dalotte intestine di nobili famiglie come aTeramo tra i Melatino e i De Valle, a L’Aquilatra i Pretati e i Caponeschi, a Sulmona tra iMerlini e i Quadreri.Dopo la battaglia di Tagliacozzo del 1268, do-ve Corradino di Svevia fu sconfitto dalle trup-pe di Carlo d’Angiò chiamato in aiuto da PapaClemente IV, cominciò la turbolenta domina-zione Angioina.Sicuramente il Palazzo del Parlamento diCampli fu costruito dopo che re Carlo Id’Angiò concesse (almeno fino al 1283) il pos-sesso di Campli a Matteo de l’Isle e, quindi,probabilmente intorno al 1286. In questo pe-riodo si provvide alla ristrutturazione delle

fortificazioni necessaria sia per i fat-ti relativi ai dissapori della città

contro Teramo (per torti sub-iti i camplesi si unirono con

la lega di Gualtieri, signo-re di Bellante, e armi inpugno assediaronol’antica Interamnia) siaper mettere in sicurez-za i nuovi quartieri diNocella e Castelnuovo,nati per contenere la

gens nova (la nuovaborghesia che volle e

permise la costruzione del“Palazzo Parlamentario”).

Poco dopo anche a Teramovenne costruito un Palazzo

Civico.I ricchi borghesi camplesi, molti dei quali im-pegnati nella fabbricazione e commercio deipanni lana, riuniti in un piccolo parlamentogestivano l’amministrazione cittadina dalnuovo palazzo civico, simbolo della loro po-tenza. Con questo sistema la borghesia cam-plese si contrapponeva alle rafforzate ambi-zioni di possesso feudale dei vecchi nobilifavoriti dal casato d’Angiò.Verso la fine del Duecento, Campli avevagrosse disponibilità finanziarie, infatti, acqui-stò beni territoriali dalla Signoria (feudo) deiMelatino, limitrofi al suo territorio, quali iborghi di Battaglia, Collicelli, Roiano,Campiglio, Masseri e Pastinella. Da altri

Signori furonoacquistati, pocodopo, i castelli diArnaro, Boceto,Penna eMontino. Campli, comeTeramo eCivitella esercita-va il diritto discelta del Giudicee già dal 1292 so-no attestate labagliva e la do-ganaIl Palazzo delParlamento di-

venta fulcro ed elemento decisivo di un nuo-vo assetto urbano, utile per la creazione diuna città moderna e al passo con i tempi.La piazza antistante il Palazzo Parlamentarediventa centro della vita cittadina. A livelloeconomico la piazza e l’ampio portico dell’e-dificio diventano sede naturale di fiere e mer-cati; non a caso viene istituito, tra il 1293 e il1296, il mercato settimanale nella giornata digiovedì. Sotto l’aspetto religioso, nella piazza,per contrapporre il potere religioso a quello

civile viene costruita la navata centrale dellachiesa di S. Maria in Platea con la nuova fac-ciata di fronte al Palazzo (sul portale d’ingres-so esisteva un’iscrizione con la data 1293). Lastessa torre campanaria di S. Maria in Plateafu costruita così imponente per contrapporlaalla torre d’avvistamento civica del Palazzodel Parlamento. Le campane della Chiesa do-vevano scandire ogni momento della vita la-vorativa e religiosa dei cittadini. Le campanedella torre civica, invece, suonavano in caso dipericolo di assedio o per le adunanze ammini-strative.Nel Palazzo Parlamentario, naturalmente, siesercitava il potere amministrativo, legislativoe giudiziario, tutte cose prima praticate nelpalazzo (o castello) del feudatario, collocatofuori la città.Quando con Reale assenso del 13 febbraio1330 Campli e Civitella comprarono il feudodi Floriano e Licignano, con una vasta selva, la

Il più antico edificio civico d’Abruzzo

Palazzo del Parlamento a Campli di Nicolino Farina

SPECIALE

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natura feudale di quei luoghi venne converti-ta in burgensatica, vale a dire passò sotto lagiurisdizione giuridica del Comune. Campli inquell’epoca, evidentemente, era unaUniversità (Comune) libera e non soggetta afeudatari.La prima notizia storica del palazzo, comun-que, probabilmente è quella che ci fornisce ilPalma nella sua Storia. Lo storico campleserinviene nell’archivio della badia di S. Onofrio«un istrumento del 1. Febbraio 1378. stipulatoin palatio Rectorum terre Campli». Quel “nelpalazzo dei Rettori della terra di Campli” sicu-ramente è riferito a quello che in seguito vie-ne chiamato Palazzo parlamentario o delParlamento.

2 - Stile architettonicoLo stile Gotico-lombardo del Palazzo delParlamento (in pratica il Gotico italiano, me-no puro o meglio ancora “latinizzato” rispet-to a quello europeo), presenta anche caratte-ristiche architettoniche di mediazione conquello toscano e umbro-marchigiano.L’edificio fu concepito come traduzione archi-tettonica locale del tipo di broletto lombardo,cioè di uno stile che risentiva di riferimenti edesempi territorialmente vicini.Il Palazzo, originariamente imponente e mae-stoso, rappresentava concretamente la culturae la ricchezza che in quel tempo si respirava-no a Campli, magnificamente esaltate, secon-do il Gavini, dalla via principale della città, de-limitata da palazzi signorili porticati. Costruito in due piani, oltre il pianoterra, eracaratterizzato dall’ampio e severo porticato,

sviluppato su tutta la sua lunghezza, e dalvoltone passante che, nel mezzo metteva incomunicazione il suo cortile con la piazza. Inquesti elementi strutturali dell’edificio si pos-sono riscontrare chiare influenze dei brolettilombardi.L’influenza delle forme toscana e umbro-mar-chigiana, invece, è da riscontrare nella ricerca-tezza delle decorazioni delle trifore, che sem-plicemente lobate nella parte centralevalorizzano la facciata, come avviene, adesempio, nel Palazzo del Comune a Perugia ein quello dei Priori a Todi, entrambi del secoloXIII. Confrontando il nostro edificio con altrinoti palazzi civici sorti tra i secoli XII e XIII,quali il Palazzo del Comune a Verona, ilPalazzo dei Trecento a Treviso, il Broletto aComo, il Palazzo della Regione a Milano, si ri-scontrano delle affinità stilistiche costruttivespecie nel porticato, nelle finestre e nella pla-nimetria. Sul finire del Duecento, per quanto riguardagli edifici civici, vengono impiegati gli aspettipropri dell’architettura gotica, ma il vero te-ma conduttore della composizione è la partemuraria piena, come si evidenzia, per esem-

pio, in Palazzo Vecchio a Firenze.Specialmente in Abruzzo il carattere tradizio-nale e quasi romanicheggiante dell’architet-tura ha come caratteristiche salienti le ampiefacciate, le murature piene a sviluppo oriz-zontale (si possono citare la cattedrale di Atrie S. Maria di Collemaggio a L’Aquila, iniziatanel 1287).Sicuramente una facciata ampia a sviluppo

orizzontale, con una parte muraria piena do-veva essere la caratteristica del PalazzoParlamentare camplese (i due finestroni piùbassi del marcapiano furono aggiunti in unaristrutturazione cinquecentesca).Questo raro esempio abruzzese di palazzopubblico di grande mole in realtà non ha avu-to studi approfonditi riguardo allo sviluppocostruttivo dalle sue origini a oggi. Se porticidi quella forma sono comuni a più epoche ele trifore a due sesti tondi e uno semplice-mente trilobato poggiato su eleganti e sottilicolonnine possono ricondursi a quel Goticoitaliano che in Abruzzo si estende fino alla fi-ne del XV secolo, al Palazzo del Parlamentocamplese si deve riconoscere una originalitàche ha superato gli schemi rigidamente appli-cati (e perciò devianti) delle condizioni stilisti-che.Per un suo corretto giudizio bisogna riferirsial contesto storico, politico, economico e ur-bano camplese di fine Duecento, oltre che al-la sua forma e volumetria originaria.Il Palazzo originario era dunque diverso daquello attuale: esisteva un piano in più; erapiù lungo di un’altra arcata; era corredato dauna maestosa torre d’avvistamento la cuicampana chiamava il popolo a raccolta e gliuomini maggiorenni al Consiglio. Ciò conferi-va all’impianto una forma imponente pur nel-la sua severa architettura.

3 - Epoca di realizzazione, seconda ipotesiPer onor del vero alcuni elementi architetto-nici potrebbero far riferire la costruzione delPalazzo nel tardo Trecento,cioè cento anni dopo la data-zione suggerita nella primaipotesi.L’esame delle strutture oggi esi-stenti porta a ritenere che leparti più antiche vadano ravvi-sate a pianterreno nelle ultimetre campate di sinistra del por-ticato e nell’ampio passaggiovoltato che probabilmente po-neva in comunicazione lo spa-zio esterno al Palazzo (la piaz-za) con il cortile interno; alpiano superiore residui dell’edificio originariopossono essere riconosciuti in alcuni elementidelle trifore: capitelli cubici a vario decoro, co-lonnine ottagonali, gli archetti trilobi o sem-plicemente a tutto sesto ricavati da uno spu-gnoso, ma duro, travertino locale.I decori dei capitelli sono per lo più vegetali,

ma fortemente schematizzati e rozzi, forseanche per la natura del materiale adoperato;soltanto in uno è raffigurato un serpente (oun drago) dalle spire sinuose, forse simbolo diuna delle corporazioni di ricchi borghesi com-mittenti dell’edificio. In particolare il decorodelle foglie ripiegate, non fulgide come nelletrifore del vicino convento francescano deiconventuali (databili nel primo Duecento) e lecolonnine ottagonali possono essere la spia diuna datazione dell’edificio nell’avanzatoTrecento.In un capitello, però, le foglie di decoro sonocome in uso nel Ducento. Anche le decorazio-ni a “gola di toro” dei capitelli sui pilastri de-gli archi al primo piano sono riferibili a un pe-riodo tra la fine del Duecento e inizio delTrecento. Un capitello simile è murato nellacripta della cattedrale, inserito quando allastruttura fu aggiunto la navata centrale due-centesca della chiesa.Un altro elemento che potrebbe ricondurrel’erezione del Palazzo Parlamentare al pienoTrecento si incontra nel particolare modo ditrattare gli spigoli dei pilastri del portico.Nell’ala sinistra i pilastri, nella parte più anticadell’edificio, hanno lo spigolo esterno legger-mente smussato sottolineato da una cornicet-ta ad incisione. È questo un decoro che si ri-trova nei pilastrini dei portali di numerosechiese abruzzesi della prima metà delTrecento fino agli inizi del secolo successivo,con la cornice a volte duplicata, a volte abbel-lita a capo e a piedi da palmette.Le incisioni, però potrebbero essere state rea-lizzate successivamente alla costruzione delPalazzo, mentre le trifore sicuramente sonostate rimontate in una radicale trasformazio-ne dell’edificio e non sappiamo se le colonni-ne ottagonali siano quelle originali.

4 - La forma originaria del PalazzoSe si considerano gli equilibri statici ed archi-tettonici della facciata, si avverte con eviden-za la mancanza di un’arcata all’estremitàorientale. In questa parte manca il pilastrod’angolo conclusivo di dimensioni analoghe aquello posto all’estremità occidentale, in gra-do, come quello, di assolvere la funzione sta-tica necessaria a sopportare e annullare le sol-lecitazioni di spinta laterali. Di quest’arcatamancante si colgono chiare tracce sullo spigo-lo esterno dell’attuale pilastro finale: sono an-cora ben visibili il capitello che fungeva da im-posta per l’arco mancante e lo spazio cheoccupavano i primi conci di travertino dell’ar-co stesso, riempito con mattoni. Sul fianco

orientale dell’edificio è inoltre ancora eviden-te il taglio della muratura della campata man-cante.La torre d’avvistamento poteva essere posizio-nata in maniera attigua alla campata mancan-te, ma sicuramente eretta sopra lo stanzoneoggi occupato dal ristorante “L’osteria dei

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Farnese”. La torre, come tutte le torri di avvi-stamento del Duecento, aveva un locale quasiseminterrato (attualmente il pavimento è sta-to rialzato di circa 1,5 metri),come ancora attestano le impo-ste degli archivolti. Lo stesso lo-cale ha una struttura murariaisolata dal resto delle altrestrutture e di notevole sezione.Il Bindi scriveva a tal proposito:«… ai fianchi del Palazzo si er-geva la maestosa torre …».

5 - Vicende storiche struttura-li dell’edificioL’edificio gotico subì una primanotevole ristrutturazione all’ini-zio del XVI secolo, come ci testimonia un con-cio in tufo, murato in facciata, con la scritta«CAMPII / MDXX»: probabilmente la dataconclusiva del restauro cominciato nel 1500durante il regno di Giovanna d’Aragona. Latorre d’avvistamento fu parzialmente demoli-ta e inglobata nel resto della struttura. Si erainfatti valorizzata la torre campanaria dellachiesa di Santa Maria in Platea a cui nel 1474fu aggiunto il prisma ottagonale.L’analisi delle strutture, infatti, rivela che ilPalazzo fu parzialmente ricostruito a partiredal primo piano. Probabilmentela vetustà delle strutture e l’at-tività sismica della zona aveva-no compromesso la staticitàdell’edificio. La facciata fu rea-lizzata in tufo, forse per l’im-possibilità di adoperare ancorale cave di travertino di Civitella,Monte Santo e Colle S. Nicola,cui avevano attinto i primi co-struttori. Furono ricollocate infacciata le finestre gotiche su-perstiti, forse rimaneggiate, efurono aperti due nuovi fine-stroni ad un livello più bassodel marcapiano per sopperirealle necessità di una diversa disposizione in-terna degli spazi. Le strutture di coperturanon furono più realizzate con volte a crocierama, grazie alle nuove tecniche costruttive,con volte a botte o a vela e con solai di legnoche consentivano la realizzazione di mura disostegno contenute, economiche e di facilerealizzazione.A pianterreno furono dislocati la peschiera, laprigione, il corpo di guardia e il Monte deiPegni; ai piani superiori il salone destinato aiparlamenti generali, le cameredel Governatore e la residenzadei signori del reggimento.Inoltre, l’ala destra dell’edifi-cio fu interessata da una so-praelevazione dimostrata sta-ticamente dal rinforzo inmateriale tufaceo dell’arconecentrale del portico al di sopradel quale poggiava il muroportante. In questa sopraele-vazione trovò posto un teatro,ritenuto il primo teatro in mu-ratura (quindi in pianta stabi-le) d’Abruzzo e per qualchestorico d’Italia.Così scriveva l’ing. Norberto Rozzi, nel 1909 atal proposito: «… ma poco tempo fa esistevaun muro che indicava un avanzo di un terzopiano, come si osserva in un disegno eseguitodal perito Emanuele Mucci, morto nell’anno1866 … ».

In questa occasione, il Palazzo fu “accorciato”di un’arcata. Evidentemente nella città c’erabisogno di spazio per i nuovi edifici: la piazza

aveva perso la funzione diadunanza per le votazionipubbliche. La nuova feuda-lità favoriva scelte urbanediverse.Di questa sistemazione cin-quecentesca del Palazzoabbiamo due testimonian-ze grafiche, l’una eseguitasullo scorcio del XVI secolo,l’altra all’inizio del XVIII.La prima compare nel ma-noscritto di una relazionedel Marchesi, conservata

nella Biblioteca Nazionale di Napoli e datata«il dì lultimo di gennai 1593». È scritta perragguagliare il duca Ranuccio Farnese, signo-re di Campli, su i suoi feudi abruzzesi, maquel che qui interessa è l’illustazione allegataa corredo della descrizione della terra diCampli: una cartina prospettica che raffigurala città chiaramente delimitata nei suoi trenuclei (Campli stessa, Nocella e Castelnuovo),con le sue strade, i ponti, le mura, le porte, lechiese e i palazzi. Vi si scorge bene il retrodella chiesa di S. Maria in Platea con a sinistra

l’alta torre campanaria e di-nanzi ad essa il rettangolobianco della piazza delimita-ta dal Palazzo delParlamento. Quest’ultimopresenta, sulla destra, la so-praelevazione a torre.Accanto a questa, sormonta-to dalla croce, è il campaniledella chiesa di S. Margherita,oggi scomparsa.Datata 1703 è invece la car-tina prospettica delPacichelli. Anche in essa ilPalazzo Parlamentare recasull’ala destra la sopraeleva-

zione. Il Pacichelli indica nella didascalia del-l’edificio «Palazzo Ducale» (Campli, dal 1538era divenuto feudo dei Farnese per il matri-monio di Ottavio Farnese, Duca di Castro, eMargherita d’Austria, figlia naturale dell’im-peratore Carlo V, che l’aveva in dote).In un’altra cartina prospettica di fineSeicento, di Da Silva, il palazzo si intravedenel complesso tessuto urbano. Documenti dell’anno 1590 rivelano che alcu-ne sedute consiliari del periodo tra luglio e

agosto si tennero nel refetto-rio del convento di S.Francesco ed una nella casa diTeofilo Rubei: forse lavori incorso interessavano il Palazzodel Parlamento. Non dimenti-chiamo che il 15 aprile 1557,causa la “Guerra del Tronto”,le truppe francesi e papalinedel Duca di Guisa fecero sub-ire alla città il più duro sac-cheggio della sua storia e ilPalazzo sicuramente subì deidanni.Danni seri, invece, furonocausati alle sue strutture dal

violento terremoto del 2 febbraio 1703 cherase quasi al suolo L’Aquila (metà della popo-lazione ne rimase vittima) e danneggiò largaparte dei paesi della montagna teramana.Le avvisaglie del terremoto e le scosse d’asse-stamento dovettero perdurare a lungo, se dal

7 dicembre 1702 al 31 marzo 1703 a Camplinon si tenne più Consiglio. Furono lesionatemolte case della città e la chiesa di S. Maria inPlatea, la cui bellissima facciata di fineDuecento non fu recuperabile e fu ricostruitaexnovo negli ultimi anni del Settecento. Un altro devastante terremoto nel 1706 colpìsoprattutto Sulmona (che rischiò di scompari-re) e varie località pescaresi. Altre scosse furo-no registrate in Abruzzo nel 1730, nel 1750,nel 1781, nel 1786, nel 1789 e nel 1797. Tutta questa attività sismica nel territoriocompromise in modo grave le strutture delPalazzo civico di Campli. Sappiamo, però, chei monaci Celestini di S. Maria di Mejulano diCorropoli nel 1716 comprarono una casa sitanell’antico cortile del Palazzo.Evidentemente la manutenzione strutturalenelle case private veniva fatta con cura, a dif-

ferenza dell’edificio pubblico. La città era inpiena decadenza economica.Da un documento del 1755, conservatonell’Archivio Storico del Comune di Campli, ri-sulta che all’epoca il Palazzo era lesionato invarie parti e aveva urgente bisogno di restau-ro. Da questo stesso documento si evince cheil primo piano era diviso in tre zone: una adisposizione del Governatore, una secondadestinata all’Assessore ed il resto adibito alleriunioni consiliari. Al piano terra era il porticocon due fondaci: uno occupato dal Monte diPietà, l’altro utilizzato per conservare legna epaglia. Non si fa menzione del teatro realizzato conla sopraelevazione, probabilmente già nonpiù in uso. Eppure da un articolo pubblicato aNapoli su “Paliorama Pittoresco” del 1848/9 si

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ha notizia che nei primi anni del Settecentonel teatro si eseguivano opere in prosa e inmusica, alcune armonizzate e interpretate damusicisti e attori comici camplesi.Nel1797, con la prima occupazione dei france-si, inizia la definitiva decadenza del monu-mento, destinato a caserma. In pochi anni tut-to è distrutto e inagibile, tranne due locali alpianterreno (il Monte di Pietà e la cosi detta“bottega lorda”) e una sala sull’ala orientaleal di sopra delle tre volte a crociera originarie.La parte posteriore è un tale ammasso di rovi-ne da essere censita come orto.A partire dagli anni 20 dell’Ottocento si pos-sono seguire le vicende dell’edificio attraversoalcuni documenti conservati nell’Archivio sto-rico del Comune. Da essi si apprende che nel1823 rovinano alcuni metri del muro a mezzo-giorno della Gran Sala con la sovrapposta por-zione di tetto e parimenti crolla in parte la co-pertura delle prigioni e della camera delcustode. Il 28 ottobre 1825, sindaco Gaetano

Ronchi, si decide di demolire una parte delmuro del Palazzo pericolosa per la caduta dipietre. Nel dicembre dello stesso anno si votalo smantellamento e il rifacimento dell’interotetto; l’intervento non viene effettuato per-ché il progetto presentato dall’agrimensoreEmanuele Mucci non risulta idoneo agli occhidi Carlo Forti, ingegnere della deputazione al-le opere pubbliche del Comune. Nel marzodel 1828 una parte del Palazzo è già crollata.Nello stesso anno, tuttavia, con una deliberadecurionale (l’attuale Giunta) si approva ilprogetto di restauro dell’ingegner Carlo Fortiche prevede l’abbattimento del secondo pia-no limitando l’altezza dell’edificio al solo pri-mo piano. Nell’ala destra si rifanno ex novo levolte a piano terra a perfetta imitazione dellecrociere originali dell’ala sinistra (ma con imattoni messi di piatto e non a “coltello”) e sirinforzano i relativi pilastri con nuovi piedrittia mattoni. Nel 1830 il restauro può conside-rarsi concluso.Nel 1845 si realizza un piccolo teatro nei lo-cali sovrastanti le volte ristrutturate.Le vicende strutturali del monumento, però,non sono ancora finite. Il 24 ottobre 1860 isoldati borbonici stanziati nella fortezza diCivitella, insieme a briganti e contadini,prendono d’assalto Campli per ritorsionecontro una guarnigione piemontese. La cittàè saccheggiata e il Palazzo del Parlamentoincendiato. Nell’incendio va perduto quasicompletamente l’archivio comunale e con es-so la memoria storica della città.Nel 1870 si provvede al restauro dei locali alpianterreno, riducendoli nell’ala orientale adun solo vano (attuale Caffè Farnese); nell’ala

occidentale si rifanno le volte dei vani già oc-cupati dal Monte di Pietà, che viene trasferi-to nell’ex convento di S. Francesco. Su pro-getto dell’ingegner Norberto Rozzi nel 1872si realizza il portale del palazzo e, nel 1878,la gradinata. Lo stesso Rozzi, succeduto alsindaco Montani, destina il primo piano del-l’edificio a uffici pubblici, nel settore est, e ateatrino nella restante parte. I vari lavori disistemazione e ripristino sono ultimati nel1888.Nel 1889 così ne descrive gli interni il Bindi,probabilmente riferiti a prima dell’incendiodel 1860: «Due ampie scale davano accesso alprimo piano; la prima accedeva a un vastissi-mo salone di palmi napoletani 91 per 32, de-stinato ai Parlamenti Generali, dei quali face-van parte tutti i capofamiglia per decidere idestini della patria: sul fronte si leggeva tut-tavia la seguente scritta “salus publica supre-ma consultatio”. A mezzogiorno del salone,trovasi l’abitazione del capitano, l’altra scalache aveva a destra il ricchissimo Monte diPietà, conduceva alla residenza dei Signoridel Reggimento. Il luogo dove si raccoglieva-no i Consiglieri nella gran sala era adorno dinicchie e di sedili, ben scolpiti ed intagliati, edi una tribuna per gli oratori». Nel 1924 vengono riparate le lesioni della vol-ta d’ingresso che rendeva pericoloso il passag-gio.A causa dei terremoti del 1950 e del 1972,nel 1976 sono eseguiti dei lavori di consoli-damento del tetto ad opera del Genio Civile.Nell’occasione è realizzato un solaio sotto-tetto utile a contenere un archivio. Il tettopurtroppo è realizzato in cemento armato.Intorno al 1992 vengono eseguiti lavori per ilconsolidamento della facciata e per il al ripri-stino di alcuni locali con accesso in Vicolo delTeatro. Negli stessi anni sono abbattuti deilocali di superfetazione addossati al prospet-to est dell’edificio, restituendo al Palazzomaggiore visibilità e all’impianto urbanoscorci suggestivi.Dopo il terremoto dello scorso anno il palaz-zo necessita di nuovi lavori, soprattutto perquanto riguarda il tetto che deve esseresmantellato delle strutture in cemento arma-to e ricostruito in legno.

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Il periodico Campli Nostra Notizie, insiemeall’Associazione Campli Nostra e all’IstitutoComprensivo Statale di Campli, hanno organizzal’incontro: “Rischi e opportunità della rete inter-net”.Il convegno si è tenuto, il 9 dicembre scorso, aCampli presso l’Auditorium della scuola mediaMarrocchi di S. Onofrio. Oltre al Sindaco Gabriele Giovannini e all’asses-sore Marino Fiorà, all’incontro hanno partecipa-to: Maurizio Paolillo, Dirigente Scolasticodell’Istituto Comprensivo di Campli; Di Felice, co-ordinatore Nucleo operativo Polizia Postale –Questura di Teramo; Gianluca Pomante, espertodi tecnologia e crimine informatico; Walter DeBerardinis, editore e Direttore Responsabile di“GiulianovaNews” – giornale online; LuisaFerretti, titolare della “L&L Comunicazioni”;Paolo Pinti, responsabile del sistema “aggiungi-miaipreferiti”; Nicolino Farina, DirettoreResponsabile di “Campli Nostra Notizie”.Attualmente Internet è usato, attraverso il com-puter, da un miliardo e 600 milioni di persone.Oggi, però si può viaggiare nella “rete” anchecon i cellulari, usati da 4 miliardi e 700 milioni diesseri umani in tutto il mondo. È impensabile eassolutamente impossibile, per qualunque go-verno e qualunque sistema di potere, illudersi dicontrollare questa “galassia”. Con il progressivo espandersi dell’uso di internet,la comunicazione non ci vedrà più solo semplicifruitori, ma attivi protagonisti nel segno dell’in-terattività. La stessa pubblicità, proprio per que-sto, sta spostando gl’interessi dalla tv a Internet,

mentre la stampa affronta momenti sempre piùdifficili.Internet, indubbiamente, è una grande conqui-sta individuale. Al pari della piazza vera, la piaz-za virtuale del web ha vantaggi e pericoli sia pergli adulti che per i giovanissimi, perché Internetpuò trasformarsi in un rischio con cui subire (operpetuare) truffe e scandali. Sicuramente i gio-vani sono molto più esposti alle insidie del mez-zo e al cattivo uso che viene fatto di questo stru-mento. Proprio perché stumento, Internet deverimanere relegato al ruolo di “mezzo” e non tra-sformarsi in fine. Come mezzo può allora diven-tare anche un’esperienza positiva. Conoscere come funziona Internet, quali sono ivantaggi e quali sono i possibili pericoli è la giu-sta strada per una corretta azione educativa coni propri figli. I genitori, che sono abbastanza at-tenti alle frequentazioni dei loro figli, sembranopreoccuparsi poco di un elemento che è amplia-mente e continuamente presente nella vita quo-tidiana dei ragazzi.Che cosa possono fare i genitori? Quali migliorimetodi di prevenzione?Questi sono alcuni interrogativi ai quali l’incon-tro di Campli ha cercato di dare una risposta.EU Kids Online, il network che riunisce i ricerca-tori europei che si occupano del rapporto trabambini e nuove tecnologie, lo scorso anno, hapubblicato uno studio dedicato al seguente ar-gomento, Internet: rischio o opportunità? I risul-tati dello studio si possono semplificare in questipunti:- I genitori più usano internet più lo fanno i

bambini, su cui svolgono ancora un ruolo dicontrollo. Mentre gli adolescenti sono i veripionieri digitali in Europa e usano il web piùdei genitori;

- Internet è sicuramente un’importante risorsaeducational per i bambini. Attività come i gio-chi online non devono però essere considerateuna perdita di tempo, perché spesso diventanoper i piccoli utenti il primo passo verso forme diespressione più creative sul web;

- Più aumenta l’uso di internet (e le opportuni-tà) da parte di bambini e ragazzi più aumenta-no i rischi;

- Generalmente sono gli adolescenti a essere piùesposti ai rischi di internet;

- Tra i Paesi europei in cui i bambini sono espostia maggiori rischi ci sono dunque quelli in cui in-ternet si usa di più: Olanda, Norvegia e RegnoUnito;

- L’Italia è classificata con un basso uso di inter-net da parte dei bambini e un basso tasso di ri-schio;

I Paesi dell’est nuovi membri dell’UnioneEuropea presentano alti rischi per i bambini onli-ne a fronte di un uso di internet medio/basso.Nei Paesi europei sono diverse anche le strategieattraverso cui i genitori cercano di proteggere iloro bambini. In Paesi come Danimarca, Olanda,Estonia e Svezia i genitori applicano più regoleall’uso di internet che a quello della TV. Succedeinvece il contrario in Italia, Spagna, Polonia eAustria.Questi sono alcuni degli argomenti trattati nelconvegno.

Convegno curato da CNN e dall’Istituto Comprensivo Statale di Campli

Rischi e opportunità della rete internet

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dell’Ordine, mi trovai a capo d’unaCommissione (di cui facevano parte uno psico-logo del Gemelli; il direttore dell’Istituto di so-ciologia dell’Università di Perugia, i tecnici delCentro d’elaborazione dati dell’Università diGenova), che nel giro di quattro anni preparòun volume “de statu revaticois Ordinis”, distri-buito in sei lingue per il Capitolo di rinnova-mento … dal quale l’ermeneutica presentatadalla Commissione non venne accolta.Non si trattava, nel volume distribuito, solo del-la sessualità nella vita reli-giosa, ma anche di tali pro-blemi, sui quali era cosadelicata parlare. Allora in fase d’innovazionequale fu quella della Chiesadi allora, di soccomberenella presentazione delleproprie ipotesi. Così accad-de appunto a me, e al lavo-ro ci si misero altri. Io, però,mi portavo dietro lunghianni di formazione in varieuniversità e altrettanto lun-ghi anni di contatto e spes-so di partecipazione a espe-rienze in Italia (specie nelTriveneto, in Lazio eAbruzzo) e nei paesidell’Europa Occidentale,cioè Francia, Spagna,Irlanda, Belgio, Olanda, Germania Federale equalche puntata oltre cortina.

Un prete gay

Non più responsabile d’istituzioni, ho affronta-to problemi umani spesso correlati con le istitu-zioni (cf. il mio ultimo volume: Uomo e pote-re), non più da responsabile ma da tecnico.Cito un caso significativo. Operavo, come hodetto, nelle aree indicate ma avevo un centrodi riferimento bene attrezzato a Roma. Ungiorno mi si presentò un prete: giovane, avvia-to alla pastorale giovanile. Oltre al colloquio,lo sottoposi a una serie di test. Quando gliesposi nei dettagli il profilo psicologico risulta-to, a un certo punto quel giovane prete sussul-tò e io lo fissai: “Che si sente male? …”, glichiesi, e lui sbottò: “Adesso credo alla psicolo-gia! Mi porto dentro un problema che non homai detto a nessuno. Opero tra i giovani.M’accorgo quando uno s’innamora: guarda lasua ragazza come non guarda le altre, la cor-teggia e i due s’innamorano. A me la cosa suc-cede con i ragazzi: se uno mi colpisce, provoquello che un ragazzo prova per la sua ragaz-za. E non mi sbaglio, anche se la tentazionenon mi ha mai vinto”. Il primo transfert tera-peutico fu concentrato sul termine tentazioneche il giovane prete viveva in connessione conil peccato. Nulla aveva tur-bato le sue pulsioni sessualinella fanciullezza e la gio-vinezza, al di fuori dellapaura del peccato. In riferi-mento alle funzioni di pre-te pensava che anche l’in-namorato, una voltasposato, deve vivere la ses-sualità secondo un’etica.Certo quel giovane prete interapia non trovava model-li d’elaborazione dell’omo-sessualita nella sua culturadei valori. Un giorno mi sipresentò per la seduta pro-

grammata, ma esordì: “Sono venuto a salutar-la, professore …”. Pensai a un incarico pastora-le cui il giovane prete fosse stato promosso.“No, professore, nessuna promozione: il miopadre spirituale m’ha detto che per il mio pro-blema devo ricorrere alla grazia e alla preghie-ra, non alla psicoterapia”.La grande stampa, anche quella non scandali-stica, ha parlato d’una squadra di psicologi inpreparazione per i seminari – le scuole dei pag-gi dove vengono preparati i gestori del sacro didomani – per vigilare con rigore scientifico lapsiche dei candidati alla vita religiosa. La noti-

zia mi ha richiamato allamemoria una giornata vissu-ta da matricolaall’Università di Padova. Ilrettore magnifico aveva in-vitato gli studenti per unaddio nell’aula magna alprof. Carnelutti che la leggesottraeva all’insegnamentodiretto per raggiunti limitid’età. Autore d’un Progettoche porta il suo nome, ilGrande Vecchio non trovavagiustificazione a uno Statoche disponga d’un apparato– sostenuto da relativo bi-lancio – di giudici, di avvoca-ti, di corpi di polizia, di tri-bunali, di carceri, di codici eleggi che prescrivono dosi dipena, di sofisticati apparati

d’investigazione e di controllo: ogni delitto na-sce da una malattia o quanto meno da una fe-rita della psiche che bisogna curare. L’immensoapparato di pene, più o meno esattamentecommisurato al delitto accertato, dovrebbe ap-prodare invece alla terapia della psiche ferita.Preti, vescovi, cardinali e aspiranti alle funzioniche quelle persone sostengono fanno parte diquella categoria di persone cui il professorCarnelutti riteneva fosse necessario, anzitutto,prender cura delle ferite o malattie da cui na-scono i delitti.

Il senso dell’evento che viviamo

In uba prospettiva del genere, la Chiesa nondispone più di spazi privilegiati o di esenzionidelle giurisdizioni della società in cui vive. LaChiesa non è più uno Stato nello Stato: è unaChiesa in cammino tra gli uomini e i popoliper illuminare la vita e le opere. Era in corsola Via Crucis partita dal Colosseo, alcuni annifa, e nel silenzio della sacra liturgia una vocedisse al mondo in ascolto attraverso le televi-sioni: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, eproprio anche tra coloro che, nel sacerdozio,dovrebbero appartenere completamente aLui”. Sono parole allora scritte o oggi ripresee ripetute da Papa Benedetto XVI, che cosìsolleva il velo del silenzio, reso sacro da una

lunga tradizione di omertàe di “bocca chiusa” (paroledel card. Martini) che ha co-perto la realtà della pedofi-lia nella Chiesa.Ma c’è un altro velo di silen-zio – sacralizzato – che hacustodito la verità della fe-de.Mi sembra ieri quando hoparlato con Baget-Bozzodella “fatwa del silenzio”.Poi col prof. LorenzoBedeschi, dell’Università diUrbino, è ritornato, più do-cumentato, il discorso del si-

lenzio con cui la Chiesa ha custodito la veritàdella fede contro il modernismo, di cui alProfessore era consentito parlare solo a mezzabocca: “Quello che scrivo, ormai, l’editore melo pubblica senza metterci o togliere una virgo-la, mi diceva il prof. Bedeschi, però la personadi cui parlo dev’essere morta. I morti non dis-turbano coloro cui hanno procurato grane davivi”.Si sa che Papa Giovanni indicendo, il Concilio,salvò l’aristocrazia dei teologi che erano ormaiin odore di eresia e si videro chiamati comeesperti nelle commissioni che preparavano idocumenti da sottoporre al voto. Poco prima diquesto gruppo di teologi, Teilhard de Chardinera stato tenuto sospeso sulla condanna dalprestigio della scienza e dell’appartenenza allaCompagnia di Gesù. Per secoli, la sacralità del silenzio ha custoditoil testo bliblico, violata da rare versioni: deiSettanta del secolo II a.C. per gli ebrei elleniz-zati, di Ulfila nel sec. IV d.C. per i Goti, diGirolamo per i Latini (tra il 391 e il 406 d.C.), diMartin Lutero per i tedeschi nel 1534, dopo diche la Chiesa Cattolica bloccò e poi controllòogni versione in lingua volgare della Bibbia. Ilsilenzio come custodia della verità oggi proprionon ha senso né in rapporto alla Bibbia né inrapporto ad altri testi fondanti la fede. La fa-coltà di dissentire, ha scritto anche recente-mente il card. Martini, è necessaria alla scienzae alla fede che cercano e s’interrogano.Un terzo velo di falsa sacralità ricopre la gestio-ne della vita della Chiesa nelle sue dimensionisociali, nelle decisioni che prende, in congressie giornate mondiali ridondanti di una sacralitàlontana, ad esempio, dalla schiettezza del card.Newman (un anglicano convertito al cattolice-simo) che scrisse nel mese di novembre 1870,appena avvenuta la definizione dell’infallibbili-tà del Papa: “Non è bene che un Papa (che al-lora era Pio IX) viva per vent’anni. È anormalee non produce buoni frutti: egli diviene un Dio,non ha nessuno che lo contraddice, non cono-sce i fatti, fa cose crudeli senza avvedersene”. Ilcardinale, di cui oggi è in corso la causa di ca-nonizzazione, chiude la lettera turbato da unsinistro profumo di “tirannide” in arrivo.

Rileggendo il mio cursus honorum, in cui è de-scritta un’ipotesi che ha finito per soccombere,mi pare giusto ricordare che venne eretto allo-ra un Istituto Francescano di Spiritualità, di cuidivenni il primo preside. Tale Istituto dovevapromuovere ricerche in settori di rinnovamen-to, che rendessero superflue soluzioni e tolle-ranza zero.Due ricerche particolarmente significative pro-ponevano i seminari in diaspora al posto della“scuola dei paggi”, e le piccole fraternità al po-sto delle imponenti istituzioni di vita consacra-ta. Erano pronte, ormai, per la stampa, ma ven-nero riposte in archivio quando la linea dirinnovamento che veniva proposta, come si èdetto, non venne accolta. Si tratta, però, d’unmateriale metodologicamente ancora valido,nel senso che proponeva alternative a dellescelte che vennero allora preferite e che nondiedero i risultati attesi.

Giovanni Pavan*

*Psicoanalista intellettuale di grande levatura,il proffessor Pavan ha dedicato tutta l’esistenzaalla passione per l’umano e all’evoluzione delpensiero. Per approfondire i temi trattati nel-l’articolo, e altri ancora, vedi i seguenti volumida lui curati:IL SILENZIO DEL MARE (Tracce, 2005); QUELLAFINESTRA SULLA VALLE SANTA (Tracce, 2005);L’UOMO E POTERE (Carabba, 2009).

segue dalla prima pagina

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Il 2 aprile 2010, a Floriano, il venerdì Santo,noi ragazzi delle parrocchie di Floriano,Molviano e Sant’Onofrio abbiamo vissuto ilMistero della morte di Cristo con le nostreComunità, attraverso una Via Crucis “sui gene-ris” messa in scena dal vivo, concepita comemomento per riflettere sul mistero dellaCroce, segno di riconoscimento e guida dell’e-sistenza umana. Nel Calvario viene ricordata la più grande sto-ria d’amore che il mondo abbia mai conosciu-to: come simbolo del nostro cammino, un cam-mino in salita, segnato da tappe da superare,interrotto da situazioni di sofferenza, incom-prensioni, ma che riempie di senso la nostra vi-ta, ci dona la possibilità di poter ri-generarequell’amore che Cristo ci ha dato, morendo incroce.Ripercorrendo le XV stazioni, abbiamo cercatodi accostare ad ognuna di essa un problemadella vita quotidiana: un evento, una situazio-ne, un attimo di vita che può coinvolgere estravolgere l’uomo: Egli ha dato il suo amoreper noi, allo stesso modo molti donano lorostessi agli altri. Le attualizzazioni, prima espe-rienza nella nostra zona pastorale, erano rivol-te alle difficoltà dei figli e dei genitori, allequestioni di bioetica (l’eutanasia), alla malat-tia, al volontariato, al terremoto dell’Aquila. Abbiamo voluto ricordare una figura impor-tante della Chiesa contemporanea: GiovanniPaolo II.Un uomo ed un evento, che per noi, significa-no molto: un Papa che ci ha letteralmente tra-scinato in Cristo. Come scordare l’omelia aTorvergata in occasione della XVa GiornataMondiale della Gioventù: «… Se sarete quelloche dovete essere, metterete il fuoco al mon-do»; questa via crucis funge come anello dicongiunzione alla croce che fu consegnata aigiovani dallo stesso Papa alla soglia dellaGiornata Mondiale della Gioventù, e simbo-leggia l’amore del Signore Gesù per gli uominie l’annuncio, che in Lui, è la salvezza.Le 3.32 del 6 aprile 2009, un evento che hasquassato la nostra tranquillità, un evento checi ha colpito nel profondo, perché vicino fisica-mente e spiritualmente, soprattutto per noi

ragazzi. La nostra via crucis, in questo conte-sto, è un itinerario spirituale, che dalle espe-rienze dolorose e sconvolgenti dell’Aquila, cer-ca di ritrovare il senso e lo spirito della fede edella speranza.Le attualizzazioni, sono state concepite, da noiragazzi della zona pastorale di Sant’Onofrio(composta dalle parrocchie Floriano, Molvianoand Sant’Onofrio), come un modo per far ca-pire che la via crucis non è semplicemente unarecita degli avvenimenti di tanti secoli fa, ma èun evento che ha realmente cambiato la storiadell’umanità. Soprattutto per fare sì che laPassione, morte e resurrezione di Gesù Cristonon è semplicemente un evento chiuso nellastoria di 2000 anni fa; ma è una memoria cheogni cristiana/o è chiamata a vivere la sua mi-niatura nella propria storia - personale, fami-gliare, e comunitaria.La memoria di questi attimi e lo scoprire nellaquotidianità il senso della via crucis è il mo-mento centrale di tutta la celebrazione.La concettualizzazione e la concretizzazione diogni singola stazione - legate ad una immagi-ne attuale proiettata su un telo e ad una espe-rienza odierna raccontata da una voce fuoricampo - ci permette di comprendere il sensodella croce ed accettare la Croce che è presen-te nella nostra vita; e per saperci che solo nelmettere le nostre croci sotto lo sguardo dellaCroce del Cristo che riusciremo a superare loscoraggiamento della croce della nostra vita.Perciò, abbiamo scelto di non terminare que-sto nostro percorso con la “rassegnazione” delsepolcro, ma con la “speranza” dellaResurrezione facendo presagire l’arrivo di unanuova era: tutti hanno ricevuto una candelaall’inizio della via Crucis, che è stata accesa al-l’annuncio della Resurrezione. La fiammelladella candela simboleggia la vittoria della vita,dell’amore, della gloria, della solidarietà sullamorte, sull’odio, sulla sofferenza e sull’egoi-smo. Una ad una si sono spontaneamente accese,tutte nel silenzio della notte, con la loro lucegridavano: “ La vita e un’opportunità, coglila.La vita è bellezza, ammirala. La vita è una sfi-da, affrontala. La vita è un dovere, compilo. La

vita è preziosa, abbine cura. La vita è amore,vivilo. La vita è un mistero, scoprilo. La vita èuna promessa, adempila. La vita è tristezza,superala. La vita è una lotta, accettala. La vitaè un’avventura, rischiala. La vita è la vita, di-fendila”.La preparazione della via crucis è stata difficilee faticosa: le riunioni si sono susseguite nume-rose con don Martino Anusi, il sacerdote re-sponsabile della pastorale giovanile della no-stra zona, che ha creato uno spazio per farciesprimere quello che sentiamo dentro il nostrocuore e che ci ha incoraggiato a crederci.Ognuno di noi ha dato il proprio contributo ele proprie idee per la migliore realizzazionedell’evento. Il percorso della realizzazione in sé è in un cer-to senso una via crucis per noi – i sacrifici deiragazzi nel preparare, nell’impostare, nell’ela-borazione e nell’esecuzione della manifesta-zione, le paure e le preoccupazioni di non ri-uscirci, la questione meteorologica, il lavoronel risuscitare l’anfiteatro di Floriano (il luogodello svolgimento della via crucis) abbandona-to da tanto tempo. Ma tutto ciò era già un se-gno a tutti noi che nella vita la vittoria appar-tiene davvero alla speranza, alla dedizione, alcrederci, alla voglia di andare avanti e a lavo-rare insieme. Davvero, la via crucis è un cammino della vita.La nostra gratitudine va a tutti quelli che cihanno aiutato in questa nostra esperienza(Comune di Campli, le famiglie dei ragazzi, ilcomitato parrocchiale di Floriano). Grazie so-prattutto a chi ha creduto che valesse la penacondividere, tutti insieme, questo momento dicrescita!

Sara Pallini

La Via Crucis come cammino della vita

CC NN NNAnno VIII - Numero 37 Aprile-Giugno 2010 pagina 14 SPECIALE SCUOLA

WHO? (Chi?) I bambini di quarta A e quarta B

WHAT? (Cosa?) Illustrare l’attuazione del Progetto e Twinning RISCOPRIREI VALORI per riscoprire valori quali il rispetto, l’amicizia, la cooperazio-ne, la tolleranza

WHERE? (Dove?) A scuola

WHEN? (Quando?) Durante l’anno scolastico

WHY? (Perchè?) Scambio di conoscenze ed esperienze, arricchimento cul-turale, linguistico e umano dei partecipanti, ma soprattutto acquisire laconsapevolezza che viviamo in un’Europa unita, multilinguistica e multi-culturale; praticare l’inglese.

Riscoprire i valoriCi siamo chiesti:”Cosa sono i valori?” e subito a cercare la parola sul voca-bolario:” Insieme delle qualità intellettuali e morali di una persona”. “ Gliideali a cui aspira l’uomo nel corso della sua vita.” Valore è una parolaastratta che esiste nella nostra mente, ma non possiamo toccarla, né ve-derla. E allora è un bel guaio! Come si fa’?Abbiamo pensato, noi bambini , di far ricorso al nostro asso nella manica,Gianni Rodari. Lui ha scritto qualcosa che riguarda i bambini e le cose dif-ficili:IMPARATE LE COSE DIFFICILIE’ difficile fare Le cose difficili:parlare al sordo,mostrare la rosa al cieco.Bambini, imparate A fare le cose difficili:dare la mano al cieco,cantare per il sordo,liberare gli schiaviche si credono liberi.Possiamo rintracciare i VALORI neicomportamenti nei gesti degli uomini, come “ cantare per il sordo” vi-brando il nostro corpo al pari delle corde di un violino sotto le sapientimani del musicista, in modo tale che esprimi musicalità, armonia, canto;“dare la mano al cieco” per condurlo, attraverso le nostre parole, in unmondo di colori. Vedete? Per lui le cose impossibili sono realizzabili, dipende da noi, dallanostra creatività, dal nostro modo di vedere la realtà che ci circonda. Dopo essere stati rassicurati da un così bravo maestro, come non metter-cela tutta? Abbiamo iniziato il nostro lavoro contestato alcune “verità” apparenti,provando a rovesciare la “saggezza” dei proverbi dimostrandone l’assur-

dità così come Rodari ci suggerisce: “Dice un proverbio dei tempi andati:“Meglio soli che male accompagnati”.Io ne so uno più bello assai:“In compagnia lontano vai”.Dice un proverbio, chissà perché:“Chi fa da se’ fa per tre”.

Un articolo di giornale

Per aprire i cassetti del cuore i bambini della 4ªA e 4ªB - Scuola Primaria di S.Onofrio - Ist. Comprensivo Campli

Sindacato Pensionati Italiani

ORARI:martedi - giovedi ore 15.30 - 19.00

sabato ore 10.30 - 13.00

anche a CAMPLIVia del Monastero, 20

per tutte le tue esigenze.

CC NN NN Anno VIII - Numero 37 Aprile-Giugno 2010 pagina 15

Da quest’orecchio io non ci sento:“Chi ha cento amici fa per cento”.Dice un proverbio con la muffa:“ Chi sta solo non fa baruffa”.Questa, io dico, è una bugia:“ Se siamo in tanti si fa allegria”.I nostri piccoli gesti, il rispetto per l’altro sem-pre diverso da noi, ma non per questo menoimportante, l’amore, la gioia di stare insieme,possiamo “vederli” nel nostro modo di com-portarci, a casa, a scuola, fuori dalla scuola.Noi abbiamo imparato ad aprire “i cassettidell’anima” o se preferite “i cassetti del cuo-re”, molto spesso considerati meno importan-ti, secondari, ma per noi basilari, perché cihanno regalato lo stupore, il fascino, il misterodel mondo in cui viviamo, in cui siamo i prota-gonisti.E le nostre maestre?Sono state le “capospedizione”, bravissime,hanno avuto la nostra stessa curiosità, il no-stro stesso entusiasmo, si sono messe in gioco,al nostro pari.Agli amici spagnoli, che leggeranno e vedran-no i nostri lavori, tradotti in linguainglese:”Buona visione”, ma soprattutto vo-gliamo dire anche a loro:” Imparate le cosedifficili !”Abbiamo tradotto così astrattezza (parola dif-ficile) della parola AMICIZIA ( altra parola dif-ficile), giudicate.

Noi insegnanti abbiamo cercato di trasmettereai bambini la nostra passione, abbiamo cerca-to di valorizzare le loro percezioni e la loroimmediatezza nelle espressioni ,consapevolidell’importanza di non abusare mai della no-stra autorità per imporre modelli, comporta-menti,ma nei limiti delle nostrecompetenze,offrire loro gli strumenti necessa-ri per imparare a fare le “cose difficili”.

Piane della Nocella - CAMPLI (TE)Tel. 0861.56566 - Fax 0861.560018 • 348.6007525 - 348.6007559 - 348.6007569

Il decano del mondo circense, alla soglia dei centoanni, ha visto spegnersi definitivamente le luci dellaribalta. Takimiri, al secolo Antonio Taddei, è morto il4 gennaio scorso in una clinica privata di Macerata,dove era stato ricoverato per un enfisema.Fondatore dell’omonimo circo, Takimiri è volato incielo mentre suo figlio Ulisse con la moglie e la fi-glia Tresy (già affermata attrice) lavoravano in unospettacolo televisivo per perpetuare proprio il suoamore per lo spettacolo. A Campli, tutti quelli oltre i cin-quant’anni, ricordano il suo tendo-ne montato per settimane a occu-pare l’intera Piazza del Macello(quella dietro la Cattedrale). Neiprimi anni sessanta del Novecento,alla fine della stagione estiva, la fa-miglia Takimiri allietava le seratesettembrine, proponendo ogni serauno spettacolo diverso. Senza l’ausi-lio di animali, lo spettacolo poggia-va sull’inventiva di Takimiri, che daclown amatissimo dai noi bambini sapeva ancoratrasformarsi in un acrobata imbattibile alla fune.Dal fisico minuto e già in avanti con gli anni, sotto iltendone diventava eclettico. Come funambolicoTarzan impressionava per la prestanza del fisico el’abilità degli esercizi sulla fune, eseguiti a un’altez-za considerevole. Le sue evoluzioni acrobatiche la-sciavano senza fiato e, spesso, erano accompagnatecon un collettivo oh prolungato. Come clown eraimbattibile, sapeva trattenere il pubblico con battu-te fulminanti; i bambini li sapeva semplicemente in-cantare, aiutato da buffe movenze assai lontane daquelle del Tarzan acrobata.Tutta la famiglia partecipava allo spettacolo a co-minciare dai figli Danglar, Mirna e Ulisse. Già a 12anni Mirna eseguiva un numero sopra una grandepalla.A Campli Danglar e Mirna presentarono insieme unnumero ginnico-acrobatico che negli anni fece la lo-ro fortuna. Danglar e Mirna, insieme a un giovaneginnasta marchigiano col nome d’arte Pierrò, mise-ro su il Trio Teddy per realizzare un numero chemolti hanno invano cercato di imitare. D’inverno ilpiccolo circo Takimiri lavorava per la grande fami-glia Orfei. Tra gli spettacoli da mandare in onda nelperiodo natalizio nel palinsesto televisivo, la Raiscelse anche il numero del Trio Teddy, con grandeimbarazzo della storica famiglia Orfei.

Takimiri era di origine marchigiana (ancora oggi ilfiglio Ulisse dirige e mantiene la sede del circo aMontegranaro), ma amava particolarmente il tera-mano. A Giulianova, per esempio, regalò l’ultimaperformance alla fune. Già in tarda età e senza piùil fisico possente di una volta, in quell’occasione l’ar-rampicata sulla fune la fece più che con i muscoli colcuore.I riflettori sotto il tendone erano la sua vita; un’esi-stenza vissuta intensamente perché sapeva leggere

nel cuore e negli occhi della gente.Antonio Taddei era nato inArgentina il 3 giugno del 1911, dagenitori italiani. All’età di 13 anni,morta la mamma, tornò in Italia in-sieme al padre e al fratello. Lo spiri-to libero lo spinse subito a entrarein un circo come “gaggio”, il ruolopiù duro: un bambino operaio. Benpresto, però, la sua passione per la“pista” lo portò a inventare un nu-mero con la fune. In concreto un

trapezista senza protezioni, forte di una semplicefune che faceva diventare magica eseguendo da al-tezza vertiginosa volteggi e acrobazie reggendosianche solo con la forza dei denti, attraverso un at-trezzo di cuoio. Divenne subito un artista guada-gnandosi l’appellativo di “uomo scimmia” e“Tarzan”, ma lui scelse il nome d’arte Takimiri che ingiapponese significa “l’uomo della fune”.Partito militare, durante l’ultimo conflitto mondia-le, fu ferito piuttosto gravemente. Tornato al circo,il funambolico acrobata, si trasformò in clown, an-che se spesso si esibiva ancora sulla fune. Col nasodipinto di rosso e la faccia infarinata, l’artista rimaselegato al circo fino alla fine. Addio Takimiri, il tuo circo si è affermato in Italia eall’estero riscuotendo ovunque consensi, ma amaviessere uno del popolo: le tue “serate agricole”, do-ve tutti potevano assistere allo spettacolo gratuita-mente o con una piccola offerta volontaria, sarannoricordate come notti di serena allegria e sano diver-timento. La tua voglia di leggerezza e la tua volontà di diver-tire e stupire i bambini sono riposte nel cuore e nel-la mente di tantissime generazioni di ragazzi, moltedelle quali diventate adulte. Noi ti ricorderemosempre con l’immancabile sigaretta in bocca che amalapena sapeva trattenere un inguaribile e lumi-noso sorriso.

Alla soglia dei cento anni è morto il decano del mondo circense

Addio Takimiri re del circo di Nicolino Farina