Cnn 51 - Campli Nostra Notizie Numero 51 - Dicembre 2013

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N N C Trimestrale d’attualità, arte e cultura dell’Associazione Campli Nostra www.camplinostranotizie.it e-mail:[email protected] CAMPLI NOSTRA NOTIZIE Anno XI - Numero 51 - Speciale Natale 2013 SPECIALE NATALE Calendario 2014 CNN Quando gli animali sorprendono per la straordinaria varietà, bellezza e creatività dell’universo a pag. 8-9 Natale è ormai alle porte e per tutti è cominciata l’attesa dell’Avvento e l’attesa ai regali. I bambini hanno già espresso i loro desideri e spedito le letterine a Babbo Natale, aspettano trepidanti che il magico pacchet- to faccia la sua comparsa sotto l’albero. Nonostante la crisi feroce e la mancanza di lavoro che colpisce soprattutto i giovani, in cima alla lista dei desideri di molti (adolescenti e non), anche quest’anno, c’è la tecno- logia. Smartphone, computer, Playstation, televisori ultima generazione accendono i sogni di tantissimi. I doni oggetto del desiderio troppo spesso si comprano per se stessi, quasi a riempire un vuoto che si ha dentro. A volte si può colmare quel vuoto, quel disagio esistenziale, semplicemente rinunciando a qualcosa per se e donare con gentilezza un piccolo regalino a qualche anziano o bambino povero. Quei regali inaspettati sicuramente provocheranno sorprese e sorrisi sinceri, questa volta si capaci di riempire gran parte del vuoto che si porta dentro. Ci sono, però, anche regali che tutti desiderano e non si possono rac- chiudere in pacchi da scartare: la salute, il lavoro, la felicità, l’amore, l’a- micizia, la famiglia, la libertà di realizzare qualche piccolo-grande desi- derio, la facoltà di poter e saper scegliere. Il Natale quasi ci invita a far memoria del silenzio, del buio della notte, della povertà di una stalla, della fragilità di un bambino Parola di Dio, accolto in solitudine da Maria e Giuseppe e visitato dalla gente più umi- le e povera. Il Natale ci riporta alla speranza di saper cogliere i veri valori della vita, all’amare e rispettare il nostro prossimo, al concepire il dono come un atto di gioia e gratificazione morale. Proprio lo spirito del saper dare ri- porta all’attesa del regalo natalizio, porta all’attesa di Gesù. Quelli della mia età, quando erano bambini, scrivevano la letterina a Gesù: lo facevano magari per ricevere un meccano o un trenino elettrico capace di “camminare” davvero. Oggi, senza retorica o falso moralismo, vorrei che tu Gesù facessi in mo- do che noi pensassimo a chi trascorre il Natale in solitudine, ammalato, povero, vecchio, abbandonato o straniero in terra straniera, con nostal- gia della sua terra lontana. Basterebbe una semplice parola dolce, una lettera, una telefonata; chi dalla vita ha avuto poco sa apprezzare cose che per gli altri sembrano di poco conto. Una lettera, una telefonata, una parola scambiata non hanno il potere di cambiare la vita, di cancellare una malattia o di riparare a torti subiti, ma possono portare per qualche istante un po’ di calore umano, perché nessuno è solo fintanto che qualcuno si ricorda di lui. È questo lo spirito per vivere il Natale nella gioia e nella fiducia del do- mani, nella speranza della dignità di un lavoro. Voglio salutare ogni lettore di Campli Nostra Notizia con un aforismo dello scrittore Stephen Littleword: «Un cuore vestito a festa i pensieri addobbati di gioia il sorriso scintillante di allegria, è quello che ti augu- ro per questo Natale!». L’attesa del Natale Ddò štatuattë purë ‘mbò sbrëccëtë, nu ccò dë carpënellë, nu spëcchiattë, pë fa lu laghë nghë li paparellë, li pašturë, li pecurë e lu ‘gnillë, lu zampugnarë nghë li ciarammellë, Giuseppe, la Madonnë e su la pajë, dëštesë tra lu vovë e l’asënellë, lu Bambënellë nghë li vraccë apërtë. Arvè Natale. È nu mëšterë antëchë, më ve da piagnë eppure so fëlëcë. Roberto Michilli (1982) Poesia inedita in vernacolo camplese Cartolina di auguri Auguri di Buone Feste la Direzione e la Redazione di CNN A Campli la neve torna ad essere un’occasione di gioco e creatività tra un bambino e il proprio papà

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NNCTrimestrale d’attualità, arte e cultura dell’Associazione Campli Nostra www.camplinostranotizie.it • e-mail:[email protected]

CAMPLI NOSTRA NOTIZIE

Anno XI - Numero 51 - Speciale Natale 2013

SPECIALE NATALE

Calendario 2014 CNN

Quando gli animali sorprendono

per la straordinaria varietà,bellezza e creatività

dell’universo

a pag. 8-9

Natale è ormai alle porte e per tutti è cominciata l’attesa dell’Avvento el’attesa ai regali. I bambini hanno già espresso i loro desideri e speditole letterine a Babbo Natale, aspettano trepidanti che il magico pacchet-to faccia la sua comparsa sotto l’albero. Nonostante la crisi feroce e lamancanza di lavoro che colpisce soprattutto i giovani, in cima alla listadei desideri di molti (adolescenti e non), anche quest’anno, c’è la tecno-logia. Smartphone, computer, Playstation, televisori ultima generazioneaccendono i sogni di tantissimi.I doni oggetto del desiderio troppo spesso si comprano per se stessi,quasi a riempire un vuoto che si ha dentro. A volte si può colmare quelvuoto, quel disagio esistenziale, semplicemente rinunciando a qualcosaper se e donare con gentilezza un piccolo regalino a qualche anziano obambino povero. Quei regali inaspettati sicuramente provocherannosorprese e sorrisi sinceri, questa volta si capaci di riempire gran parte delvuoto che si porta dentro.Ci sono, però, anche regali che tutti desiderano e non si possono rac-chiudere in pacchi da scartare: la salute, il lavoro, la felicità, l’amore, l’a-micizia, la famiglia, la libertà di realizzare qualche piccolo-grande desi-derio, la facoltà di poter e saper scegliere.Il Natale quasi ci invita a far memoria del silenzio, del buio della notte,della povertà di una stalla, della fragilità di un bambino Parola di Dio,accolto in solitudine da Maria e Giuseppe e visitato dalla gente più umi-le e povera. Il Natale ci riporta alla speranza di saper cogliere i veri valori della vita,all’amare e rispettare il nostro prossimo, al concepire il dono come unatto di gioia e gratificazione morale. Proprio lo spirito del saper dare ri-porta all’attesa del regalo natalizio, porta all’attesa di Gesù.Quelli della mia età, quando erano bambini, scrivevano la letterina aGesù: lo facevano magari per ricevere un meccano o un trenino elettricocapace di “camminare” davvero.Oggi, senza retorica o falso moralismo, vorrei che tu Gesù facessi in mo-do che noi pensassimo a chi trascorre il Natale in solitudine, ammalato,povero, vecchio, abbandonato o straniero in terra straniera, con nostal-gia della sua terra lontana.

Basterebbe una semplice parola dolce, una lettera, una telefonata; chidalla vita ha avuto poco sa apprezzare cose che per gli altri sembrano dipoco conto.Una lettera, una telefonata, una parola scambiata non hanno il poteredi cambiare la vita, di cancellare una malattia o di riparare a torti subiti,ma possono portare per qualche istante un po’ di calore umano, perchénessuno è solo fintanto che qualcuno si ricorda di lui.È questo lo spirito per vivere il Natale nella gioia e nella fiducia del do-mani, nella speranza della dignità di un lavoro.Voglio salutare ogni lettore di Campli Nostra Notizia con un aforismodello scrittore Stephen Littleword: «Un cuore vestito a festa i pensieriaddobbati di gioia il sorriso scintillante di allegria, è quello che ti augu-ro per questo Natale!».

L’attesa del Natale

Ddò štatuattë purë ‘mbò sbrëccëtë,nu ccò dë carpënellë, nu spëcchiattë,

pë fa lu laghë nghë li paparellë,li pašturë, li pecurë e lu ‘gnillë,

lu zampugnarë nghë li ciarammellë,Giuseppe, la Madonnë e su la pajë,

dëštesë tra lu vovë e l’asënellë,lu Bambënellë nghë li vraccë apërtë.Arvè Natale. È nu mëšterë antëchë,më ve da piagnë eppure so fëlëcë.

Roberto Michilli (1982)

Poesia inedita in vernacolo camplese

Cartolina di auguri

Auguri di Buone Festela Direzione e la Redazione di CNN

A Campli la neve torna ad essere un’occasione di gioco

e creatività tra un bambino e il proprio papà

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C N NAnno XI - Numero 51 Speciale Natale 2013pagina 2

Carissimi amici e benefattoriche mi seguite nella mia mis-sione di Apostolo di Gesù,non voglio mancare con voiin occasione della fine del-l’anno ed ho pensato di par-larvi un poco di alcune attivi-tà che svolgo nel camposociale, specialmente quellerelative ai bambini, agli ado-lescenti e agli ammalati. Ho piacere di questo,così ci sentiamo più in sintonia e avete certez-za che le vostre preghiere, il vostro apèpog-gio e il vostro aiuto mi sono di grande confor-to. Di tutto questo vi sono grato e sappiateche state presenti ogni giorno nelle mie pre-ghiere perché il Signore vi ami sempre di più.«Padre si ricorda di me? – La fisionomia nonmi è nuova – io sono Marlene. Lei mi ha bat-tezzato. Ho studiato la catechesi a Lourdes.Feci la prima Comunione con Lei e ricevetti laCresima. Ora ho due figli, un bambino e unabambina. – Allora sei sposata. – Non ancora,ma ci stiamo pensando perché non abbiamoancora le condizioni materiali. Viviamo con imiei genitori e mio marito fa il “bico” (lavorisaltuari) per raggranellare qualcosa. – ilSignore è buono vedrai che andrà tutto bene.Si Padre. Sono venuta per salutarla ma ancheper chiederle un favore. Vorrei che facesseadottare a distanza la bambina. Nelle condi-zioni in cui siamo abbiamo bisogno di aiuto.Mi ricordo di quanto fui adottata. Era moltobello scrivere ai padrini. Poi studiai anche nel-la Casa dell’Accoglienza e imparai a fare tantilavoretti che mi sono utili e feci tanta amiciziacon le compagne. Vorrei che mia figlia rice-vesse questi aiuti».Nell’attività sociale che svolgo, l’accompagna-mento ai bambini e agli adolescenti ha preva-lenza perché sono due categorie più a rischionella società attuale. Seguiti e aiutati fanno uncammino regolare con la frequenza alla scuolae allo studio dell’insegnamento cristiano.I bambini e le bambine dai cinque a quindicianni ricevono la così detta “adozione a di-

stanza” termine oggi impro-prio perché non si tratta diun’adozione ma di un aiutoannuale, offerta dai bene-fattori, che consegno all’ini-zio di ogni semestre alla fa-miglia. Il termineaggiornato è “sostentamen-to” e chi lo riceve in generechiama il benefattore soste-

nitore “Padrino” o “Madrina”; per natalemandano una letterina con notizie proprie efamiliari e una foto personale o di famiglia, eaccennano alla loro formazione scolastica,umana, etica e religiosa. Questi bambini sonodi famiglie che non dispongono di mezzi ne-cessari per educarli e provengono sia dalla cit-tà, sia dai villaggi che sono sui fiumi. I “soste-nitori” sono sparsi un po’ dappertutto inItalia. E in varie regioni; ma ne abbiamo an-che negli Stati Uniti e qualcuno in Svizzera ein Germania.La corrispondenza epistolare dei “sostenuti”che si stabilisce con i sostenitori diventa undialogo costruttivo tra benefattori e famigliacon lo scambio d’influenza spirituale e moralereciproca. Spesso avviene che qualche ragaz-zo, oramai adulto, riallaccia il contatto con ilpadrino o con la madrina e si scambiano noti-zie del cammino fatto. Faccio il caso del gio-vane che informava il benefattore, che lo cer-cava, di avere una famiglia e una figlia e unpiccolo lavoro per andare avanti. Non facciocommento alle espressioni commoventi che sisono scambiati per lettera. Questo è possibileperché ho in archivio la scheda di ogni exalunno.Gli adolescenti tra i 12 e i 15 anni, frequenta-no il nostro corso per due anni. Passano la se-conda parte della giornata nella Casa dell’ac-coglienza, evitando di rimanere a zonzo perle vie della città. Sono ragazzi e ragazze di fa-miglie di bassa o nessuna reddita fissa. Nepossiamo ospitare 200, ma ci vorrebbero altrecase dell’Accoglienza per poterne seguiremolti altri. Oltre con le attività artigianali pro-

prie, i ragazzi e le ragazze, sono orientati neivalori etici del vivere civile e religioso, dellavalorizzazione della propria personalità, favo-rendo la convivenza con gli altri, ricevendoanche la giusta alimentazione per uno svilup-po fisico normale. I genitori si sensibilizzanoai problemi dei figli, stimolati indirettamentedai benefattori che da lontano li pensano e liaiutano, perché tutta l’attività sociale chesvolgono, economicamente dipende dalla ge-nerosità di tanti amici che da anni mi seguo-no. C’è l’associazione Grillo di Ghirla fondataa Varese dai signori Zuccari Stefano eDionisia, che prese in mano la Casa diAccoglienza Santa Rita sin dall’inizio finan-ziando le strutture con la manutenzione e leattività artigianali. Lungo questi diciotto annici vennero incontro altri benefattori conside-rando l’aumento costante delle spese. La crisiattuale poi ha aggravato di molto il funziona-mento della Casa. Gli amici certamente rad-doppieranno lo sforzo perché l’istituzionetanto benefica continui le sue attività.

Dall’Amazzonia il messaggio di Padre Benito Di Pietro

Agli amici per il Natale del 2013

Aut. Tribunale di Teramo - Registro Stampa n° 477 del 10/12/2002

Direttore ResponsabileNicolino Farina

e-mail: [email protected]

Direzione e RedazionePiazza Vittorio Emanuele II, 3 - 64012 Campli (TE)

Periodico dell’Ass. CAMPLI NOSTRAPresidente Francesco D’Isidoro

CollaboratoriAntonio Alleva, Leandro Di Donato

Anna Farina, Francesca Farina, Luisa Ferretti, Maurizio Ferrucci.

La direzione si riserva di apportare modifiche cheriterrà opportune. Gli originali non si riconsegneran-no. La responsabilità delle opinioni resta personale

anno XI, numero 51, Speciale Natale 2013 (chiuso il 9 dicembre 2013)

Distribuzione gratuitaServizio di fotocomposizione e stampa

GISERVICE s.r.l. Teramo

CC NN NNCAMPLI NOSTRA NOTIZIE

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C N N Anno XI - Numero 51 Speciale Natale 2013 pagina 3

Dopo il ciclo d’incontri “Allecinque della sera” che ha pro-posto a Civitella del Tronto leopere di scrittori e poeti, l’as-sociazione culturale “LeLunarie” riapre il salotto au-tunnale per ospitare una seriedi appuntamenti dedicati al-l’approfondimento di temiche rivestono un ruolo crucia-le nell’attuale dibattito culturale.“Discorrendo sul far della sera” è il titolo dell’i-niziativa che, con la presentazione e conduzio-ne di Leandro Di Donato, vuole essere un’occa-sione per riflettere su argomenti diversi, traantropologia e tipologie di comunicazione,uniti dal fil rouge della ricerca delle identitàculturali nel tempo che viviamo, connotato dagrandi cambiamenti dettati soprattutto dallagrave crisi economica che attanaglia l’Italia el’Europa in generale.

Gli incontri sono ospitati nelcuore del centro storico diCivitella del Tronto, nella zo-na alta della città, sotto lemura dell’antica Fortezzapresso il Bed & Breakfast“Dal Poeta”, via C.Gambacorta 65, dimora delpoeta Francesco Filippi Pepe.Il primo incontro tenuto ve-

nerdì 15 novembre, sul tema “Dalla terra allatavola. Il cibo e le sue versioni”, ha visto prota-gonista il professor Dino Mastrocola,Prorettore Vicario dell’Università di Teramo,già Preside del corso di laurea in Scienze eTecnologie Alimentari. Il professore ha svilup-pato le tematiche legate alla produzione ali-mentare, dalla storia al valore nutritivo, dallaproduttività alla commercializzazione, facendoluce sulle diverse tecnologie che trasformano ilcibo prodotto dalla terra fino alla confezione

sui banchi del supermarket. Naturalmente ilprofessore è stato subissato di domande, ri-guardo ai prodotti biologici, gli alimenti Ogm,le scadenze delle confezioni alimentari, le in-formazioni sulle etichette e il valore dei cibi achilometro zero. Il secondo incontro tenuto venerdì 22 novem-bre, sul tema “L’informazione locale tra vecchiconfini e nuovi media” ha visto protagonista ilgiornalista Antonio D’Amore, Direttore dell’e-mittente televisiva regionale Teleponte, delmensile PerTe e del sito WWW.certastampa.it.L’affermato giornalista ha illustrato ai presentiuna sua visione della stampa italiana dove legrandi testate non si fanno più concorrenza eappaiono sempre più omologate sulle notiziedell’Ansa con articoli realizzati a “tavolino”, adifferenza delle piccole testate locali, semprein concorrenza, radicate sul territorio e a cacciadi notizie sul “campo”.Gli altri incontri previsti sono con EverardoMinardi, sul tema “Lo sviluppo locale, un nuo-vo modello tra rischi e opportunità”, e conLucia Macaele e Claudio Rossi Massimi sul tema“Le vie della produzione televisiva fra ricercadella qualità e omologazione commerciale”.

Salotto culturale a Civitella del Tronto

Discorrendo sul far della sera

Piane della Nocella - CAMPLI (TE)Tel. 0861.56566 - Fax 0861.560018 • 348.6007525 - 348.6007559 - 348.6007569

Buone Feste

La riscoperta di una tradizioneculinaria camplese, può suscita-re ricordi di un passato legatoalla famiglia e all’infanzia!Così, quasi per magia odori e sa-pori sono capaci di riportare aepisodi lontani della propria esi-stenza. Così, una pietanza puòdiventare contemporaneamen-te, portatrice di nostalgia e gioia del viverepresente.È quanto accaduto a un pugno di amici nellasaletta del ristorante Tunnel, all’ombra delladuecentesca torre campanaria della Cattedralee nei luoghi di antiche macellerie refrigeratedalla neve pressata dei nevaroli di Battaglia.Silvio Alleva, Silvio Di Carlo, Franco Salomone,Gabriele Piotti, Eleuterio Di Berardino e il sot-toscritto Nicolino Farina, in un freddo tardopomeriggio di fine novembre si ritrovano se-

duti attorno a due fumanti vassoidi “Porchetta rifatta allaCamplese”, vale a dire tocchi efette di porchetta ripassata alfuoco con pomodori e peperoniconditi appena da una sparutamanciata di spezie e sale, quasi aconsumare un rito arcaico di gio-vialità e amicizia.

“Paparille e pummadore”, quest’antico piattodella sapiente cultura contadina abruzzese, so-litamente arricchito con uova, salsicce o lesso(la carne del brodo), a Campli si è sublimatocon l’utilizzo della porchetta, da secoli vantodella tradizione culinaria già al tempo dellafeudalità Farnese.Piatto quasi andato in disuso, per merito e ini-ziativa di Silvio Alleva è stato fatto riproporreagli allenati fornelli di Domenico e Orlando DiGiacopo, titolari del ristorante Tunnel.

Senza nessun preavviso e a titolo di sorpresa, ilprofumo della salsa di pomodoro e peperoni,fuso con le fragranze speziate della porchetta,ha provocato a noi amici commensali un’irresi-stibile gaiezza e una malcelata nostalgia cui s’èsubito rimediato, deliziando il palato con panefresco zuppo di salsa e pezzi della prelibataporchetta rifatta, naturalmente intramezzaticon un corroborante cerasuolo.Ah che delizia inaspettata, che piatto straordi-nario fatto di cose semplici e prodotti genuinimanipolati dall’esperienza e creatività anticadelle nostre genti. Consumato il ritrovato piat-to della tradizione, all’unisono noi commensaliabbiamo pensato a cosa abbiano perso gli ami-ci assenti: Serafino Chiodi e Gianfranco Pulsoniimpegnati in pratiche agricole (raccolta delleolive), Antonio Di Antonio e GiuseppeTempera residenti in città lontane. Subito si èdeciso, in nome della goliardia … pardon …dell’amicizia di organizzare un altro incontrosensoriale con la Porchetta rifatta Camplese,presenti tutti, assenti compresi. Forse non è il caso che i ristoratori camplesisuggeriscano il piatto nel menù?

Un piatto della nostra tradizione culinaria riscoperto da un gruppo d’amici

Porchetta rifatta alla Camplese di Nicolino Farina

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L’Arrosticino è nato nel ‘500 al tempo diMarco Sciarra leggendario brigante di RoccaSanta Maria.La Giunta regionale, l’8 ottobre 2012, ha ap-provato il protocollo del marchio “Buongustol’Arrosticino d’Abruzzo”, d’intesa con l’Ara(Associazione Regionale Allevatori) e l’Acarb(Accademia dell’Arrosticino d’Abruzzo).Finalmente l’Abruzzo ha la possibilità di certi-ficare un prodotto d’eccellenza della propriatradizione, che pone questo cibo inimitabileal riparo da possibili improprie appropriazionicom’è già successo con il vino cotto da partedella Regione Marche. A noi teramani, però, il decreto della GiuntaRegionale non fa piena giustizia e come suc-cede sempre più spesso, quando si tratta ditradizione culinaria, siamo depredati dai no-stri cugini corregionali (una volta la regioneera denominata Abruzzi). Sul disciplinare di produzione (RegioneAbruzzo – deliberazione 657 dell’8 ottobre2012), sul Regolamento d’uso del marchio col-lettivo “Buongusto l’Arrosticino d’Abruzzo”,all’articolo 2 della “Descrizione del prodotto –cenni storici”, si riporta: «… Gli spiedini dicarne ovina, denominati per consuetudinestorica oramai consolidata Arrosticinid’Abruzzo, secondo la tradizionale ricetta ve-nivano confezionati con carne di castrato lacui macellazione era eseguita direttamentedai pastori transumanti che dopo la fase di al-peggio delle greggi scendevano verso valleattraverso le colline abruzzesi ed usavano perconvenienza alimentarsi con questo gustosis-simo prodotto della cucina povera itinerante.… Le sue origini geografiche sono fatte risalireinfatti ad alcuni secoli addietro nelle zone in-terne della provincia di Pescara, a ridosso delGran Sasso e dell’area del Voltigno (va identifi-cato per facilità di comprensione un “quadrila-tero dell’arrosticino” tra i paesi di Carpinetodella Nora, Civitella Casanova, Vastea e VillaCeliera), e in alcuni centri del Teramano adia-centi la stessa area montana. …».Tali affermazioni, naturalmente non sono suf-fragate da nessuna ricerca storica, ma basatesemplicemente su quanto scritto, senza nes-sun riferimento a ricerche, nella guida“Osteria d’Italia” pubblicata dall’associazioneArcigola Slow Food e su uno studio molto raf-finato del professor Francesco Avolio basato,però, solo sull’uso della terminologia dialetta-le. Entrambe le citazioni rimandano l’usanzagastronomica dell’Arrosticino a non oltre lafine dell’Ottocento.A questo punto bisogna fare alcune conside-razioni. I pastori non uccidevano quasi mai unanimale per loro uso perché la carne non po-teva essere conservata per più giorni e uno odue persone sono in grado di consumarne so-lo un piccolo quantitativo a pasto (in genereuna pecora usata dai pastori abruzzesi pesavamacellata e pulita 20-25 Kg circa, mentre uncastrato 30-35 Kg circa). Il castrato (o la peco-ra), quindi era ucciso per un convivio di festadi tante persone, mentre, la carne era arrosti-ta a pezzi grossi perché non c’era nessunafretta per la consumazione. Allora chi ha inventato in Abruzzo gli arrosti-cini?Nell’estate 2007 il sottoscritto lo aveva già re-so pubblico quando realizzò per conto dellaComunità Montana della Laga con il contribu-to e patrocinio dell’Unione Europea, laRegione Abruzzo, il Gal e altri enti, la mostra

itinerante “Marco Sciarra e il brigantaggionell’Abruzzo del Cinquecento”. In ambito diquesta mostra montata su totem e pannelli,che toccò tutti i comuni della ComunitàMontana, già scrissi come l’Arrosticino era uncibo da briganti e in un pannello (a cura diCarmine Di Giandomenico) si illustrò propriola cottura di questo particolare cibo.Marco Sciarra era noto, infatti, per la sua ve-locità di spostarsi, non dormiva mai più di ungiorno nello stesso posto, e si rifugiava preva-lentemente sempre sui propri Monti dellaLaga che conosceva alla perfezione (era natoa Castiglione tra i borghi di Cesa e Martesi diRocca Santa Maria). Preferiva i boschi traRocca santa Maria e Valle Castellana, quellipiù vicini allo Stato Vaticano, posti ideali persfuggire all’esercito Partenopeo e rifugiarsinello Stato Vaticano (e viceversa). Questa pe-culiarità gli consentì di sfuggire sempre alla

cattura degli eserciti del Regno di Napoli edello Stato Vaticano. In questa logica di com-portamento era necessario cibarsi di pasti fru-gali come formaggio, salumi, castagne, noci,pane perché non si poteva accendere il fuocoper via del fumo rivelatore. Quando, però, ibriganti avevano bisogno di qualcosa di mol-to nutriente e caldo, ricorrevano alla “ ’ncep-pate”, vale a dire all’arrosticino, proprio inquel momento concepito e poi tramandatonei secoli tra i briganti dei Monti della Laga edell’intero entroterra Abruzzese. I luoghi frequentati erano quasi gli stessi deipastori, quindi la materia prima non era cosarara, poi lo Sciarra si era fatto amico di tuttala gente di montagna, che fungeva anche da“sentinella”. A questa, il brigante pagava piùdel valore le provviste di prima necessità, l’e-quipaggiamento necessario e il fieno per i ca-valli. La banda di Marco Sciarra poteva arriva-re oltre gli ottocento uomini, ma quandodoveva fuggire la stessa, si frammentava informazioni di trenta o quindici uomini. Conquesto numero, se pur con l’esercito alle cal-cagna, i briganti potevano macellare e spol-pare una pecora in pochi minuti. I pezzetti dicarne infilati su piccole “ceppe” (spiedino)erano cotti, in pochi minuti, sul carbone cheproduceva un piccolo fumo disperso facilmen-te dalla fronte degli alberi.Gli spiedini, a onor di logica, furono “inventa-ti” per necessità dai briganti di Marco Sciarra,sui Monti teramani della Laga. Questa tradi-zione banditesca si mantenne per secoli fino aquando, nella seconda metà dell’Ottocentonon cominciò a essere conosciuta perchè usa-ta anche dalla popolazione dei borghi monta-ni di tutto l’Abruzzo.

Il teramano terra di brigantiPer meglio comprendere della ragione dell’in-venzione dell’arrosticino è bene conoscere unpo’ di storia. Il fenomeno del brigantaggio,nel teramano, prendeva piede, si diffondeva ecominciava a organizzarsi in grosse bande,

nel periodo in cui nel nostro territorio si svol-geva la Guerra del Tronto che, nel 1557, vede-va contrapposti da una parte gli eserciti papa-lini e francesi e dall’altra gli eserciti spagnolidel Viceregno napoletano.La Guerra del Tronto combattuta con cruentisaccheggi, tra l’Abruzzo e le Marche, per operadei papalini o dei partenopei, vide soccomberequasi tutte le cittadine lungo il Tronto, oltreCampli, Giulianova e Teramo. Finita con l’eroi-ca resistenza di Civitella del Tronto al Conte diGuisa, la guerra incrementò il fenomeno delbrigantaggio nel teramano e nell’ascolano. Lapresenza dei militari governativi nella fortezzadi Civitella finì per aumentare ulteriormentel’avversione del popolo verso gli spagnoli. I sol-dati rimandati alle loro case, poi, allettati daisaccheggi, preferirono le azioni banditesche allavoro nei campi. Si formarono, così, bande dibriganti organizzate, capaci di assalire anchecittà difese dall’esercito regolare.Oltre alle conseguenze della Guerra delTronto, la ripresa del banditismo nel terama-no fu causata da altri due fattori: l’insoppor-tabilità delle pressioni fiscali esagerate dalgoverno spagnolo, che provocarono malumo-ri e malcontenti nella povera gente; l’irruzio-ne dei turchi che minacciavano le coste delViceregno, che costrinsero il governo a nuovetasse e a costituire la Milizia Nazionale.La montagna teramana diventò sempre piùterra di briganti. Da quel momento, fino a dopo l’Unitàd’Italia, i Monti della Laga divennero ininter-rottamente luogo di rifugio di banditi.Questo fenomeno del brigantaggio, di cui laletteratura e la ricerca storica si sono occupa-te copiosamente, dura circa trecento anni,dalla prima metà del Cinquecento agli annisessanta dell’Ottocento, epoca nella quale lamonarchia Borbonica, non esitò a ricorrere anuclei d’irregolari (formati sempre da bandedi briganti) per rafforzare la difesa contro lanuova monarchia Savoia.Così recita una canzone popolare: «Uomo sinasce, brigante si muore, / ma fino all’ultimodobbiamo sparà; / e se moriamo, portateci unfiore, / e ‘na bestemmia pe’ ‘sta libertà».Briganti, quindi non si nasceva, ma si diventa-va e lo potevano diventare tutti, ricchi e po-veri, nobili e cafoni. Quando si sceglieva di di-ventare brigante, si dovevanonecessariamente assumere modi e consuetu-dini legati al proprio nuovo ruolo. Nacque,perciò, una “cultura” del brigante, dove l’es-sere brigante significava acquisire un “valore”e comportava obbedire a un codice di com-portamento con sue regole, suoi comporta-menti specifici, suoi luoghi di aggregazione.Così li descriveva fisicamente BeniaminoCostantini, autore, verso la finedell’Ottocento, di un interessante volume sulbrigantaggio negli Abruzzi: «I briganti deinostri Abruzzi [...] studiavano ogni mezzo perincutere nel popolo maggior paura. Era loroabitudine di non tagliarsi mai né capelli nébarba. Sopra il vestiario portavano una cintadi cuoio detta padroncina, entro cui si conser-vavano munizioni e denaro, e dove erano ap-pesi pugnali, pistole, rivoltelle. Compivano ilvestimento le così dette ciocie e un cappello apunta, ornato di piume di pavone o di cappo-ne, di cornettini di coralli e di altri segni.Nell’inverno, si aggiungeva un ampio e pe-sante mantello di lana turchina o di colormarrone. E spesso erano armati di ottimi fucili

Arrosticino, cibo di pastori pescaresi o di briganti teramani? di Nicolino Farina

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che, non di rado, venivan loro procurati dagliagenti borbonici del vicino Stato Romano».Descrizione quasi immutata a partire dai tem-pi di Marco Sciarra.Già verso la fine del Quattrocento, infatti, unanonimo visitatore (per alcuni Leonardo daVinci), in occasione di un suo viaggio versol’interno dell’Abruzzo, racconta: «NegliAbruzzi vi sono molti briganti, i quali per ru-bare le mercanzie uccidono coloro che fanno imercanti. - e ancora - Gli Abruzzi si trovanonel Regno di Napoli dove vi sono molti bri-ganti, perché nel Regno di Napoli vi sonomolte persone che non hanno nulla da man-giare».Quindi, già dal XV secolo, la ragione fonda-mentale dell’esistenza del brigantaggioabruzzese (e meridionale in genere) venivaindividuata nelle condizioni economiche, poli-tiche e sociali di queste popolazioni.I capi-briganti, spesso fino all’Ottocento, veni-vano immaginati e descritti popolarmente,come uomini crudeli, ma dignitosi ed eroici,amanti più della giustizia che della rapina.

Marco Sciarra, bandito cinquecentesco diRocca S. Maria, soprannominato “il re dellacampagna”, sapeva essere feroce con i nemi-ci, ma raffinato con le donne, generoso con ipoveri e con coloro che mostravano coraggioe lealtà. Così ha scritto di lui lo storico cam-plese Niccola Palma nella sua Storia … diTeramo: «Credesi ch’egli avesse sempre rispet-tato e, per quanto poté, fatto rispettare da’suoi l’onor delle donne: ch’essendo venuto inchiaro di alcune licenze de’ compagni su talemateria, li convocasse, e così gli sgridasse:Figliuoli, siamo di già perduti, in breve sare-mo disfatti. E che incontrandosi nelle vicinan-ze di Ripattone con una sposa, la quale anda-va la prima volta a casa del marito, smontò dacavallo, volle ballare assai modestamente conessa e colle altre donne di accompagno: rega-landola poscia del suo, e di una questua checol cappello in mano le procurò dagli altribanditi».Questo alone di leggenda, che circondava lafigura di Marco Sciarra, giunge fino a noinonostante le sue gesta durino meno di un

decennio a differenza di altri celebri futuribriganti che rimangono sul campo a volte perpiù di mezzo secolo. Questo novello RobinHood, per la sua abilità di “stratega militare”fu contattato dalla Serenissima e mandato acombattere in Croazia, suscitando la ribellio-ne del Papato. Costretto a ritornare in Italia,sbarcò nelle Marche per tornare su i sui Montidella Laga. Nell’ascolano, però fu ucciso vi-gliaccamente nel sonno dal suo luogotenen-te, ammaliato dalla ricca taglia e dall’indultopromesso dal Papa.Marco Sciarra, feroce persecutore dei ricchi,caritatevole con la gente povera dei monti,rispettoso delle donne, minuzioso organiz-zatore di “brigate”, fine stratega militare,formidabile combattente, abile comunicato-re e imprendibile brigante fece della veloci-tà di spostamento la sua arma segreta. Aquesta peculiarità finalizzò tutto, dall’equi-paggiamento alle strategie, dallo stile di vi-ta all’alimentazione. Si spega in questa logi-ca, come già sostenuto, l’invenzionedell’Arrosticino.

L’associazione Amici di Tortoreto, in collabo-razione con il Comune, propone in estate la“Giornata dell’emigrante”. Da otto anni l’e-vento coinvolge per tutto l’arco dell’anno as-sociazioni, famiglie e persone, in Italia e all’e-stero, con lo scopo di ricordaree dare risalto al fenomeno del-l’emigrazione che ha coinvoltotanta parte della popolazionedell’intera provincia teramana.Il presidente dell’associazioneMichele Ferrante ha trasforma-to l’evento di Tortoreto in unincontro e aggregazione di exemigranti, spesso rappresentatida specifiche associazioni, cheattraverso una conferenza ha saputo trasmet-tere una memoria storica propedeutica al ri-cordo di un’esperienza significativa fonte disaggezza e ricchezza di vita. Al convegno ol-tre al presidente dell’associazione, sono inter-venuti: l’assessore Alessandra Richi;Alessandro Kartsaklis, giovane laureato di ori-

gine greca, emigrato per lavoro in Inghilterra;Gabriella Moscardelli, vice presidente dell’as-sociazione italo-venezuelana “Alma Criolla”,Nicolino Farina giornalista, ricercatore del fe-nomeno emigrazione aprutina; e numerosi

emigranti o ex emigranti chehanno raccontato le proprieesperienze. Dal confronto è emersa la ne-cessità di un’istituzione musea-le efficace sull’emigrazione te-ramana, incentrata sulmateriale già raccolto dagli“Amici di Tortoreto”. Un museodi respiro provinciale che puòessere realizzato anche a

Tortoreto attraverso uno specifico progetto estruttura. Un’istituzione culturale, quindi, ca-pace di acquisire, catalogare e far fruire mate-riale fotografico e documentario, oggettisti-ca, testimonianze scritte e bibliografiche degliemigranti e del suo fenomeno nel teramano.Troppo spesso s’ignora che in Italia c’è sempre

stata una storiografia socio-popolare parallelaa quella ufficiale. A fare l’Italia, infatti, hannocontribuito anche i milioni di emigranti chehanno lasciato il proprio Paese, avaro di lavo-ro, per cercare fortuna e libertà economica inaltre nazioni.Emigranti che hanno saputo creare altroveuna vita migliore attraverso un’identità condi-visa di “italiani all’estero”, in ogni angolo delmondo, contribuendo a diffondere i valoridell’italianità. Emigranti, che tornati in patria,hanno contribuito al processo di emancipazio-ne socio economico dell’Italia.Il museo può diventare un punto di riferimen-to per meglio conoscere la nostra storia. Unagrande opportunità da cogliere è data dalfatto che il Senatore Claudio Micheloni, natoa Campli, emigrante in Svizzera, eletto nellefile del PD nella circoscrizione Estero –Ripartizione europea, dallo scorso maggio è acapo della Commissione Affari Esteri edEmigrazione.Per chi volesse interessarsi alla cosa può met-tersi in contatto con www.amiciditortoreto.it(e-mail: [email protected]) o con la no-stra redazione.

Giornata dell’emigrante a Tortoreto

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Museo Archeologico Nazionale Campli

Nuova mostra

perdona se ti richiamo in piene lucine dell'Avventobabbo, ma la nostra insegna schiodata, questa bella bandierina tutta sferzata guardale

nel rapido crescendo dell'orcovento sbattono sbattono come due ossesse

e poi c'è la lama di questo paesaggio tutto azzurro tutto assolato tutto epifanico e gonfio di mutismo e della bellezza dei cachi

qui nel centro del mattino è già tutto deserto qui io già giro a mille sulla vecchia giostra coi cavallucci di legno a mille tra i colori rotondi gli s.o.s. della memoria gli aromi profondi

del miele e del melograno, dello zucchero a velo o dell'alchèrmes e del maiale che urlava

«ecco presto, aggrappati alla nostra mano» mi dicono così babbo la mamma e mia sorella, mi dicono

aggrappati almeno al ricordo di quella nostra cucina con la stufa di ghisa almeno a quel cioccolato caldo che inebriava il vapore che sdilinquiva l'impasto per il dolce di Natale

aggrappati almeno alla letterina che brillava da sotto al tovagliolo

o aggrappami almeno al tuo cardigan, babbo mentre finivi di disegnarci il guado e il castello.

Perdona se ti richiamo in piene lucine dell’Avvento

Antonio Alleva

(inedita, da ULTIME CORRISPONDENZE DAL VILLAGGIO, libro di prossima pubblicazione)

Al Museo Archeologico Nazionale di Camplida 13-12-2013 al 28-02-2014 è allestita unaspeciale mostra intitolata “Notizie dalTerritorio – recenti scoperte archeologiche nelteramano”, curata dal Direttore ClaucoAngeletti con la partecipazione dell’archeolo-ga Iolanda Piersanti.L’esposizione proposta colma il vuoto di noti-zie circa le scoperte archeologiche che riguar-dano sia la città di Teramo che la provincia.Pur nella, voluta, esiguità dei materiali espostisi è rappresentato quanto ogni area archeolo-gica già conosciuta o di recente individuazio-ne, può dare in termini di materiali e di noti-zie storiche nella gestione antica del territorio.La provincia è stata divisa nei suoi aspetti mor-fologici, lato rivierasco e lato montano, indivi-duando sia le antiche città o luoghi di culto siale cronologie loro connesse.Viene fuori da tutto ciò un quadro chiaro edefinitivo delle nuove acquisizioni archeologi-che messe in relazione a quanto già noto estudiato.

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Il professor Giovanni Di Giannatale,regala alla storia aprutina, un’altra ri-gorosa pagina dell’attività deiPassionisti.Dopo le attente e diverse pubblica-zioni incentrate in qualche modo sul-l’argomento “Passionista” quali:quelle su S. Gabriele dell’Addolorata,quelle sui profili di FabbianoGiorgini, Natale Cavatassi, Adriano DiBonaventura, Gregorio Tarquini,Giuseppe Antonio Rozzi, quelle sullemissioni passioniste di Teramo, quella sulle visi-te dei confratelli a Campli (pubblicate su que-ste stesse pagine), lo storico affronta le vicendedei “Passionisti a Giulianova 1858-1866”.Con estrema incisività e rigore storiografico,l’autore entra nel vivo degli anni tormentati incui nasce e si spegne la fondazione passionistadi Giulianova.La concretezza e la vastità della ricerca docu-mentaria e bibliografica, caratteristiche questeche contraddistinguono tutte le opere dell’au-tore, permettono al Di Giannatale di affronta-re non solo lo scenario dell’insediamento diGiulianova, ma quello di tutto il processo dinascita della Provincia di Maria SS. della Pietà,costituita nel 1851 e soppressa nel 1866 dalleleggi piemontesi. Le vicende narrate possono così sintetizzarsi.Grazie all’iniziativa e alle finanze di donValentino Cozzi, illuminato arciprete dellaCollegiata di S. Flaviano a Giulianova, e alla ne-cessità di creare un appoggio tra i ritiri delleMarche e quello disagevole (per arrivarci) diIsola del Gran Sasso, fu concepito un ritiro alla“Marina” di Giulianova presso il “vetusto tem-pio” di S. Maria a Mare, meglio conosciuto co-me l’Annunziata. Cozzi mise a disposizione3000 ducati che permisero l’inizio dei lavori diprofonda ristrutturazione dell’edificio, ma in-terrotti nel 1855, a causa di un epidemia di co-lera, e ripresi l’anno dopo. Grazie all’entusia-smo che i predicatori Passionisti sepperoinfondere nei fedeli, tutto il popolo giuliesespinse per l’istituzione di un ritiro Passionistanella città adriatica. I Passionisti vi giunserostabilmente nell’estate 1858, quando i lavori

all’Annunziata non erano ancora ulti-mati. Dotato di un ampio appezza-mento di terreno dotato dalDecurionato della città, il ritiro arrivòa ospitare una fiorente comunità diben dodici religiosi. La popolazioneamò subito i nuovi religiosi, per la ca-rità e l’attaccamento alla chiesa mo-strato e soprattutto per l’istituzioneserale prestata ai fanciulli di contadinie pescatori che non frequentavano lascuola pubblica.

Dal 1861, però, iniziò una serie di avversionidovute al particolare momento politico datodall’Unità d’Italia. Tacciati di essere filoBorbonici dai liberali ostili, i Passionisti nongodettero più della benevolenza delle istitu-zioni governative. La comunità Passionista diGiulianova, come quella di Isola, fu soppres-sa il 28 maggio 1866 dal Prefetto di Teramo,che applicò la legge crispina dei “sospetti”,addirittura prima dell’approvazione dellalegge di soppressione degli ordini religiosi(che avvenne il 7 luglio1866). Nove dei 12passionisti furono mandati a domicilio coat-to nell’ex convento dei Liguorini di S. Angeloa Cupolo di Benevento e tre autorizzati atornare nelle città di origine. Il convento tor-nò agli eredi del Cozzi e i terreni al demanio.Tutti gli arredi sacri, i mobili e i libri furonovenduti all’asta.Nel libro, poi, l’autore tratta dell’evoluzionestrutturale, fino ai giorni nostri, del manufattodell’Annunziata e della presenza nel ritiro giu-liese di S. Gabriele dell’Addolorata. In appen-dice, tratta della soppressione del ritiro diIsola e della presenza dei Passionisti aGiulianova nel corso del secondo Ottocento fi-no al primo decennio del Duemila. La consul-tazione del volume è facilitata dagli indici deinomi, dei luoghi e delle illustrazioni, e dalLessico tematico.L’opera del professor Di Giannatale può sem-brare un argomento d’interesse di nicchia, manella realtà la pubblicazione è un formidabilestrumento per capire più in profondità la sto-ria, la società e la politica del nostro territoriodurante gli anni a cavallo dell’Unità d’Italia.

Il nuovo libro di Giovanni Di Giannatale

I Passionisti a Giulianova 1858-1866 di Nicolino Farina Banane e Lampone Band, un orchestra teramanadi tutto rispetto in grado con i suoi componentidi offrire spettacoli colorati, frizzanti ed allegriall’insegna del divertimento e del ristoro dellospirito. Una band che da alcuni anni imperversanelle contrade e nei paesi di Abruzzo, Marche,Molise, Lazio e Umbria animando serate di festepatronali, sagre ed eventi simili. Nel 2011l’Orchestra è stata gratificata con il PremioAdriatico Stars conferito alle migliori orchestredel Centro Italia. La band, capitanata dall’incon-tenibile Luca (front men, animatore, cabaretti-sta, energia pura del gruppo), è nata nel 1999dall’unione di 6 musicisti e 2 cantanti che vanta-vano esperienza pluriennale nell’intrattenimentomusicale per produrre un repertorio tipicamenteda spettacolo completato da un ricco repertoriodi liscio degno delle migliori e famose orchestredi liscio nazionali. La formazione tipo attualeprevede alla voce Ondina Fortunato, voce e ta-stiere Lorenzo Di Timoteo, chitarra elettrica eacustica Massimo D’Auri, percussioni e gingilli va-ri Andrea Mistello. Un’altra colonna portantedella sezione ritmica del gruppo è il campovala-nese Fabio Roscioli (batteria acustica) che con untriplo salto mortale carpiato rovesciato lascia ilrock metallico duro per offrirsi anima e corpo alliscio ed alla musica leggera. In ciò portando unasua tipicità di interpretazione dello strumento.Dal 2010 è entrato nell’organico come “besthits” il grande artista M° Francesco Tassoni diTorricella Sicura (campione del mondo diOrganetto 1996 a Castelfidardo di Ancona) co-nosciuto e apprezzato in tutto il mondo, peren-nemente in tour toccando tutti i continenti delpianeta. A completare l’offerta di intratteni-mento si uniscono alla band Luciano Gentili (at-tacca l’asino) e Gabriele Motizzat con un gran-dissimo spettacolo di musica e cabaret tutto davedere. Non possiamo non citare le new entry,ballerina ed animatrice, Sara Pirocchi ormai cam-povalanese acquisita. Ho avuto la fortuna diascoltare la band a Roccaspinalveti, in provinciadi Chieti, piccolo Comune situato nell’AltoVastese a 740 m.s.m ai confini con il Molise (a cuisi riferiscono le immagini) divertendomi non po-co e constatando di persona l’apprezzamento daparte degli abitanti del borgo, in festa per la ri-correnza delle patrone Liberata e Filomena.

Morris

Banane e Lampone Band

La vera pizza italiana sbarca in Polonia grazie al pizzaiolo ValerioValle, proprietario della Compagnia Della Pizza di Giulianova, che daquest’ anno è stata inserita anche tra le migliori “Pizzeria d’ Italia”del Gambero Rosso. Lo scorso 7 novembre, infatti, è stata inaugurataa Kalisz, località distante circa due ore da Varsavia, la pizzeria “TuttiSanti”, idea pioneristica del giovane imprenditore polacco SergiuszUrbaniak. La pizzeria è solo la prima di una catena franchising che èstata già presentata alla stampa e che avrà come scopo quello di darela possibilità al popolo Polacco di conoscere il vero gusto della pizza.L’imprenditore polacco ha scelto Valerio Valle come apripista dopo letante vacanze in Italia e le tante pizze assaggiate; a Giulianova hatrovato il suo futuro collaboratore, l’unico che lo ha fatto davvero in-namorare della bontà e genuinità delle sue pizze. Chi è Valerio Valle?Fino 10 anni un aspirante programmatore, a 15 un lavaggista di auto,poi un barista ed infine un magazziniere. Oggi invece un pizzaiolofortunato che ha trovato nel lavoro la sua passione, il suo hobby ed ilsuo divertimento.Quali sono le regole d’oro per uno ottimo impasto di base eper una perfetta cottura?Le regole per un ottimo impasto sono nella semplicità e nella qualità

degli ingredienti, farina, acqua, lievito,sale e se vogliamo un po’ di olio extra-vergine di oliva, non ci sono ingredientisegreti, solo passione, ricerca ed espe-rienza per dominare le fasi dell’ impasto,ma soprattutto la corretta e lenta lievi-tazione, inoltre aiuta molto anche unbuon forno che consenta di avere unacottura non troppo prolungata.E quali gli errori più diffusi nei qualisi incorre nella preparazione dellapizza?La fretta. La pizza ha bisogno dei suoitempi, e questi possono cambiare a se-conda della tipologia di farina usata, del-la temperatura e della quantità dell’ ac-qua, del lievito, del sale o dell’olio. Molto Spesso infatti si utilizzano quantità di lievito eccessive che por-tano ad una lievitazione troppo veloce. Inoltre c’è ancora poca infor-mazione, molti pensano che una farina “00” sia uguale ad un’altra fa-rina “00”, ma non è così, ogni farina ha la sua forza e le suecaratteristiche, quindi bisogna imparare a conoscerle per utilizzarlenel modo appropriato.

Luisa Ferretti

La pizza italiana sbarca in Polonia

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“Bevo quaranta caffè al giorno per essere ben sveglio e pensare, pensare, pensare

a come poter combattere i tiranni e gli imbecilli.”

Voltaire

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La seconda missione in assoluto, dopo quelladi Civitella del Tronto, nella Diocesi diTeramo, fu predicata a Campli dal 16 al 30marzo 1851 da cinque religiosi, provenientidal Ritiro dei Passionisti di Isola di Penne, delGran Sasso dal 1863(1), che allora appartenevaalla provincia di Maria SS. Addolorata, non es-sendo stata ancora eretta la provincia diMaria SS. della Pietà, in cui il ritiro fu colloca-to a partire dal 4 maggio del 1851.(2) Si evinceda una lettera dell’Intendente di Teramo,Santo Roberti, del 14/03/1851 al Vescovo diTeramo, mons. Pasquale Taccone (1850-1856), al quale comunicava che i religiosi daCivitella stavano per recarsi a Campli: “IlSindaco di Civitella del Tronto mi ha manife-stato che i passionisti che ora nel numero dicinque trovansi in Civitella per la S. Missionesono in procinto di trasferirsi in dettoComune , cioè di Campli, ed hanno chiestoche da quell’amministrazione di Civitella ven-ga ad essi fornito il bisognevole pel di lorotrasferimento”.(3) La Missione, autorizzata dalVescovo, a seguito della richiesta inoltrata al-la Curia dal Capitolo e dalla Nobiltà diCampli, durò quindici giorni. I religiosi erano iseguenti: P. Fausto di S. Carlo (LorenzoRossetti : 1812 - 1872), come superiore, «desti-nato alle prediche e ai discorsi al clero»; P.Porfirio dell’Immacolata Concezione,(Porfirio Fabiani: 1809-1883), «destinato ai ca-techismi della sera, e riforme ai Nobili»; P.Atanasio di S. Luigi (Antonio Profili: 1821 –1876), «destinato per catechismi della matti-na»; P. Clemente di S. Benedetto (BenedettoCelani: 1819-1871), «destinato agli svegliarinie fervorini»; fr. Angelo Antonio di S. Luigi(Luigi Tomei : 1818-1887), laico professo , inqualità di assistente.(4) Dall’incontro con i pas-sionisti a Campli originò la vocazione religiosadel giovane Giuseppe Antonio Rozzi (1824-1857), che dopo aver compiuto gli esercizi spi-rituali nel ritiro di Isola, nella seconda metàdi aprile del 1852 entrò nel ritiro diMorrovalle, dove compì l’anno di noviziato,diventando sacerdote il 22/12/1855. Nel ritirodi Recanati , sede della Curia Provinciale dei

passionisti , studiò filosofia e teologia, aven-do come confratello il Beato Bernardo MariaSilvestrelli, che, incaricato di assistere i mala-ti, molto probabilmente gli fu vicino durantela malattia (febbre meningo- gastrica), chelo condusse alla tomba.(5) Il 9 ottobre 1856 co-nobbe S. Gabriele dell’Addolorata nel novi-ziato di Morrovalle (MC), dove Giuseppe e glialtri studenti si recarono, accompagnati dalloro direttore-lettore, P. Salviano di S. Luigi(Luigi Masolini:1819-1896), data la vicinanza

tra i due ritiri (le passeggiate degli studentida Recanati a Morrovalle sono state docu-mentate dal P.F. Giorgini, c.p.).(6) La missionesortì un considerevole successo, del quale i re-ligiosi furono soddisfatti. La relazione evidenzia il forte concorso delpopolo alle funzioni religiose, il pentimento ela conversione di tantissimi fedeli, l’assiduitàdelle comunioni: “Per essere questa la primamissione fatta da noi nella Diocesi di Teramo,nulla rimane a desiderare in rapporto al di leifrutto. Si può affermare avere Iddio con lar-ga mano sparso le sue benedizioni sovraquella devota popolazione, che famelica del-la parola di Dio in folla concorreva ad udirla:e da questo giova il ripetere il ravvedimentodi tante anime perdute dietro le crapule,ubriachezze (sic) ed incontinenze, no che ipubblici (sic) scandali tolti , le intere famigliericonciliate, concubinati rotti con reale sepa-razioni, ovvero celebrati con legittimo matri-monio. Le due comunioni generali furono as-

sai numerose, e di non ordinaria commozio-ne. Infine nel dì 30 marzo, dopo il lasso digiorni quindici, la missione fu terminata collapapale benedizione, ed il 31 detto i prelodatisoggetti si recarono in Giulianova per quindiaprire la S. Missione.“(7) Un’altra missione eb-be luogo dal 18 marzo al 2 aprile 1860 “perordine del Vescovo di Teramo”. I religiosi fu-rono i seguenti: P. Gaudenzio di S. Luigi(Luigi Chiarlone , 1811-1889), rettore del riti-ro di Isola , destinato ai catechismi della sera;P. Atanasio di S. Luigi (Antonio Profili: 1821-1876), del Ritiro di Isola , destinato alle predi-che; P. Venanzio di S. Giuseppe (FrancescoSpinelli:1824-1863), del ritiro di Giulianova,destinato alle confessioni; P. Damaso di S.Pietro (Gustavo Scaccia 1822-1892), pure delritiro di Giulianova, destinato alle istruzionidella mattina, ai discorsi al clero e ai “nobili”,nonché agli svegliarini e ai fervorini.(8) La mis-sione, che si concluse con la benedizione pa-pale “riuscì di non ordinario frutto”. Il relato-re con questa espressione voleva forse direche si sarebbe potuto ottenere di più, comesi evince dal fatto che giudicò le comunioni«sufficientemente numerose»: il che significanon affollate, come erano state quelle dellaprecedente missione.(9)

La terza missione si ebbe dal 27 novembreal 9 dicembre del 1895 e, cosa singolare , fupredicata da un solo religioso, che doveva as-solvere a tutti gli uffici previsti dal ministero,compresa la confessione: P. Valentino diGiuseppe (Costantino Perrucci: 1858-1901),che riuscì ad ottenere un risultato strepitoso,come è annotato nella breve relazione: “Lapredicazione del P. Valentino in Campli dal 27novembre fino al 9 dicembre: ed il frutto futanto abbondante, che a detta dello stessoArcidiacono Cantarelli, mai fino allora l’avevaveduto: si fecero più di quattromila comunio-ni, coll’aiuto però dei vari confessori preti ereligiosi francescani”.(10)

La quarta missione si svolse dal 19 al 31 marzo1912(11) e fu predicata da tre religiosi: P.Bernardino di Gesù Bambino (AngeloBonfiglioli: 1865-1948) Superiore della missio-

Le Missioni passioniste a Campli dal 1851 al 1965 di Giovanni Di Giannatale

Campli, 22-8-1956, centenario della Vocaione di S. Gabriele

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ne, proveniente dal ritiro della Madonna del-la Stella, P. Paolo Antonio dei SS. Cuori(Angelo Berti: 1878-1931), rettore delSantuario della Madonna della Stella, P.Ignazio dei SS. Cuori (Pasquale Costanzo:1880-1973), missionario proveniente dal ritirodi S. Angelo in Pontano.Stando alla relazione scritta dal P. Ignazio, lamissione non corrispose come si desiderava al-le aspettative dei religiosi, anche a causa dellascarsa collaborazione del clero locale, cheavrebbe mostrato un atteggiamento di “non-curanza” e “poco benevolo”: «A differenzadelle due Missioni [a Civitella del Tronto e aVilla Lempa] Campli non corrispose come sidesiderava alla chiamata del Signore. Pur nondi meno molti si accostarono ai SS.Sacramenti, e la comunione generale degliuomini fu veramente numerosa. In questa ein poche altre circostanze fu che la vasta cat-tedrale si riempisse. Molto popolo accorse pu-re dalle vicine parrocchie. La Croce non fu po-tuta impiantare per colpa del clero; comepure la causa per cui la missione non riuscì,fu la mancanza e l’atteggiamento poco bene-volo che alcuni di essi si mostrarono verso lamissione, la quale si chiuse il 31 marzo».(12)

Il relatore aggiunge che i religiosi furono an-che osteggiati dai “socialisti” del paese, che ilgiorno antecedente al termine della missioneprotestarono, recandosi nella casadell’Arcidiacono, dove i religiosi alloggiava-no, per tenere con questi ultimi una “dispu-ta”, dalla quale però uscirono alquanto «mal-conci»: «E’ da notarsi che alcuni incoscientisocialisti forse per rifarsi di qualche disfatta,ovvero per mostrare che essi esistevano aCampli, vollero la vigilia della chiusura dellemissioni, in casa dell’arcidiacono, venire al-l’insaputa dei Missionari per fare una prote-sta, ovvero tenere una disputa coi medesimi;ma si capisce: poveretti! Tornarono come i pif-feri di montagna».(13)

Concorda con la relazione del P. Ignazioquella del P. Bernardino , che notò nella po-polazione locale “apatia”, “freddezza”, e“noncuranza” per l’iniziativa religiosa, cosìscrivendo, senza mezzi termini : «Questo pae-se non sembra degli Abruzzi! Apatia freddez-za, non curanza per ciò che riguarda la reli-gione sono le caratteristiche di questa

popolazione ed a ciò è stata data la spinta dachi ne dovrebbe curare il bene …»(14)

Rilevata la scarsa partecipazione degli abitan-ti alle sacre funzioni, per i quali non valseneppure l’esposizione della “statuadell’Immacolata a cui si diceva che la popola-zione avesse devozione“, rimarca anche lasubdola ostilità di qualche «ministro delSignore che segretamente cercava di paraliz-zare le industrie [le attività]» poste in esseredai missionari per la soluzione di “tristi casi”.Conclude nel rilevare che, a causa di “qualcheostacolo non fu potuta erigere (sic) la Croce”,perché fu risposto al direttore della missione«che non era opportuno», anche se la popola-zione la desiderava! I missionari restaronoprofondamente delusi, al punto da desideraredi lasciare al più presto Campli : “Per diverseincresciose circostanze i missionari non vede-vano l’ora di partire da Campli ed appenaterminati i giorni prescritti volentieri se ne an-darono, contenti di avere fatto il loro doveremeglio che si poteva”.(15)

La quinta missione si ebbe dal 28 novembreall’8 dicembre 1920 e fu predicata dai seguen-ti tre religiosi: P. Fulgenzio del SS.Sacramento (Giuseppe Mascagna: 1878-1929), Vicario del ritiro di Recanati eSuperiore delle Missione, P. Marino di Gesù eMaria (Giuseppe Canducci: 1881-1945), puredel ritiro di Recanati, e P. Michele dellaVergine delle Grazie (Beniamino Coletti:1888-1948), del ritiro della Madonna della Stella.Come evidenzia la relazione del P. Michele lamissione iniziò solennemente, ma senza “in-gresso pubblico”, registrando «numeroso udi-torio la mattina» e precisando che, «a cagiondella novena si predicava prima l’istruzione epoi la meditazione mattina e sera». La missione risultò nell’insieme di “comunesoddisfazione”, pur con alcune riserve , pun-tualmente rilevate dal P. Fulgenzio:«Quantunque alla mattina la Cattedrale fos-se gremita, alla sera però vi fu poco concor-so. Per questo motivo verso la metà della mis-sione fu predicato due volte la mattina ealtrettanto la sera: vi fu consolante concorsoai sacramenti. Quei del paese decisero l’asten-sione salvo rare eccezioni. È bene ricordareche la cosa pubblica era in mano ai Socialisti.Questo dice tutto».(16) Anche la relazione del P.

Michele dichiara la buona riuscita della mis-sione, “con varie conversioni e commozionedi tutti”, evidenziando la sola diserzione deisocialisti: «Si sa i soliti socialisti non interven-nero, sebbene qualcheduno, giovane special-mente, si arrendesse alla grazia (…) La comu-nione generale fu numerosissima e devota.Sebbene non si avesse (sic) pensato a fare laprocessione, pur alcuni uomini e tutta la cittàvollero farla, e riuscì così imponente e devota,come vera fiumana di popolo».(17)

La sesta missione fu voluta dal Vescovo diTeramo, Mons. S.A. Battistelli, che nello stessoanno ne aveva fatta predicare un’altra a Teramodal 1° all’8 /12/1953, in occasione dell’avvento,per dar principio all’ “anno mariano”.(18)

I religiosi che la predicarono furono solo due:P. Pietro della Vergine Addolorata (MarinoTancioni : 1896-1987), Superiore della missio-ne, Vicario del ritiro di Moricone e P.Guglielmo di Maria Bambina (Oreste Metalli:1921-2006), Vicario del ritiro della Madonnadella Stella. Quest’ultimo relazionò abbastan-za positivamente, dichiarando quanto segue:«Il P. Guglielmo e il P. Pietro hanno fatto unamissione a Campli in preparazione della fe-sta dell’Immacolata. Grande concorso allamattina, specie dei paesi vicini, discreto con-corso alla sera. Il paese ha corrisposto poco,però ha partecipato vivamente e attivamentela popolazione dei paesi del Comune vastissi-mo».(19) Concorda con questa relazione quel-la, molto sintetica, del P. Pietro, che ravvisònella missione “abbondanti frutti spirituali”,evidenziando che la sera dell’Immacolata ce-lebrò la messa vespertina il mons. Battistellialle h. 18,00, pronunciando una vibranteomelia.(20)

La settima missione ebbe luogo dal 28 no-vembre all’8 dicembre 1965, sempre in occa-sione dell’Avvento e fu predicata da tre reli-giosi: P. Ilario dell’Immacolata (Adolfo Anitori:1908-1967), Superiore della missione, Vicariodel ritiro di Recanati, P. Luciano delle CinquePiaghe (Pasquale Micheloni: 1915-1997), pro-veniente dal ritiro di S. Angelo in Pontano, eP. Lino dell’Immacolata (Fiore Tendina 1925-2010), Rettore del ritiro di Moricone. I tre reli-giosi predicarono rispettivamente nelle chiesedel Duomo, di Castelnuovo e della Nocella.La missione in generale recò soddisfazione ai

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religiosi. Non sappiamo quali siano stati i ri-sultati, in particolare, a Campli e aCastelnuovo, perché la relazione redatta dalP. Ilario registra scheletricamente solo l’e-vento.(21 Contiene dati positivi la relazionedel P. Lino , anche se breve, per quanto con-cerne l’attività svolta nella parrocchia dellaNocella, così dichiarando: «Col P. Luciano e ilP. Ilario ha partecipato alla missione diCampli, predicando nella chiesa di Nocellacon frutto e partecipazione superiore all’a-spettativa, dato lo schieramento politico con-trario alla religione degli abitanti.Partecipazione alle prediche e ai sacramentiquasi totale».(22)

Note(1) Cfr. Archivio del Convento di S. Gabriele

dell’Addolorata, Libro in cui si registrano le missioni,esercizi ed altri nostri Ministeri nei quali si occupa-no gli operai della famiglia di questo ritiro della SS.Concezione, n. 32 (1851). La missione di Civitella fupredicata dal 1° al 15 marzo del 1851.

(2) Fu istituita dal Capitolo Generale XIX, svoltosi aRoma, nel ritiro dei SS. Giovanni e Paolo, dal 28 apri-le al 4 maggio 1851 (si vd. Congregazione dellaPassione di Gesù Cristo, La provincia di Maria SS. del-la Pietà, XV ed. Recanati 1998, pp. 9-10).

(3) Cfr. Archivio Vescovile di Teramo, 1852-1861, cartevarie. L’Intendente dichiarava che il Comune diCivitella non disponeva di mezzi finanziari per soste-nere le spese per il trasporto dei religiosi, non aven-do potuto, per il secondo anno consecutivo , «esige-re il solito dazio sul macinato, con cui sopperiva allespese ordinarie e straordinarie». Per queste ragioni ilregio funzionario metteva le mani avanti in questitermini: “Piacciale essere in tale intelligenza e darele disposizioni che le sembrano proprie nel riscontro,onde non accada che i detti PP. muovessero per l’in-dicato luogo sul supposto che il Comune potesse for-nirli di mezzi del loro trasferimento, mentre ciò sirende impossibile per le ragioni accennate”.

(4) Cfr. Archivio del Convento di S. Gabrieledell’Addolorata , fondo cit., n.32 /1851.

(5) Si vd. G. Di Giannatale, P. Giuseppe Antonio Rozzi,un passionista innamorato di Dio, Giservice, Teramo,2012, pp.63.

(6) Si vd. il P.F. Giorgini , C.P., Bernardo Maria Silvestrelli,uomo di pace proteso verso il futuro, ED.CIPI, Roma,1988, p. 56 e il P.E. Annibali C.P., San Gabriele daMorrovalle a Pievetorina, in S. Gabrieledell’Addolorata e il suo tempo II , Ed. S. Gabrieledell’Addolorata,1989, pp.71-86. Gli studenti di teolo-gia che provenivano da Recanati e insieme con confr.Giuseppe Antonio Rozzi, erano i seguenti: P.Salvatore Orchi (dm.31/07/1867), confr. MarioMazzuconi (dim.31/01/1867) P. Apollinare Chiofi(m.30/12/1893), confr. Federico Caproni (m.

29/08/1890), confr. Confr. Gennaro Mancini (dim. nelmaggio del 1867).

(7) Cfr. Archivio del Convento di S. Gabrieledell’Addolorata, fondo cit., n.32 /1851. Il n. 33 delLibro in cui si registrano le missioni, ecc., così illustrala successiva missione di Giulianova: «In adempimen-to de’ venerati comandi di Mons. Vescovo di TeramoPasquale Taccone, nel giorno 31 marzo si diede prin-cipio alla S. Missione in Giulianova, ed i soggetti inessa impiegati furono il M.R.P. rettore Fausto di S.Carlo, Superiore, destinato alle prediche, ed ai dis-corsi ai preti; il P. Porfirio dell’Immacolata per leistruzioni e pe’catechismi della sera, e riforme a’ no-bili; il P. Atanasio di S .Luigi pe’ catechismi della mat-tina, uno svegliarono, e fervorino; ed il P. Clementedi S. Benedetto per due svegliarini, un fervorino;nonché il fr. Angelo Antonio in qualità di assistente».La missione durò fino al 14 aprile 1851 . Il risultatofu reputato eccezionale : «Anche questa missionefu riguardata da Dio con occhio propizio, ed è per-ciò che puranco qui il frutto fu particolarmentestraordinario. Gran folla ad udire la parola di Dio sivedeva concorrere anche da vicini paesi, onde fu for-za più volte mettere le guardie alle porte della chie-sa non recipiente». Da questa missione originò lafondazione del ritiro dei Passionisti della SS.Annunziata di Giulianova nel 1858. L’ArcipreteValentino Cozzi (1789-1859), ammirato per la santavita dei religiosi, decise di costruire a sue spese il riti-ro nei pressi della predetta chiesa , ottenendo l’as-senso del preposito provinciale della Provincia diMaria SS. della Pietà e l’autorizzazione del Vescovo,mons. Pasquale Taccone. Si vd. G. Di Giannatale Ipassionisti a Giulianova (1858-1866), ne “LaMadonna dello Splendore”, n. 27, 2008 , pp. 29-41 eora il libro in preparazione per S. Gabriele Edizioni,La presenza dei Passionisti a Giulianova (1858-1866).

(8) Nell’attività missionaria gli “svegliarini” erano breviprediche che si tenevano nei punti centrali dei paesi,nei crocevia, e nelle piazze per “svegliare” la gente,inducendola , con frasi forti , a partecipare alle sacrefunzioni: i “fervorini” erano anch’essi brevi predichefatte per lo più di mattina, finalizzate a impegnare ifedeli ed esortarli sempre più a vivere in conformitàagli insegnamenti evangelici. Si vd.G. Di Giannatale ,Le Missioni passioniste a Teramo dall’800 al 2000,Curia generale dei Passionisti, Roma 2012, pp.78.

(9) Cfr. Archivio del Convento di S. Gabrieledell’Addolorata , fondo citato, n. 83.

(10) Cfr. ibidem, n.13. All’epoca c’erano i MinoriOsservanti del Convento di S. Bernardino, riapertonel 1891, dopo la soppressione del 1863 (si vd. G. DiGiannatale, Il Convento dei Minori Osservanti diCampli, La soppressione del 1863, in Campli nostra-notizie , n.40, 2010 , pp.8-9), e i Cappuccini delConvento di S. Giacomo Apostolo, riaperto nel 1825(si vd. M. Pizzi, Insediamenti Cappuccini nel terama-no, tesi di laurea, Facoltà di Architettura di Pescara,Appendice documentaria, p. 88).

(11) La missione passionista del 1912 coinvolse tutta laparrocchia della Diocesi aprutina , su proposta dei

Vicari Foranei. Il Vescovo, mons. BeniamoAlessandro Ginnetti-Zanecchia, stabilì che le missio-ni erano predicate in tutte quelle parrocchie chenon le avevano avute da cinque anni. Il BollettinoDiocesano Aprutino (n.3-4, 1912,pp.143-145) enun-ciava il seguente programma :”Le missioni sarannodate da otto passionisti divisi in quattro coppie (inqualche parrocchia più importante predicheranno intre), e principieranno subito dopo l’epifania con-temporaneamente nelle quattro parrocchie checompariscono prima nella lista qui sottoposta [con-tiene tutti paesi compresi nel 1° giro : dal 7/01/1912al 28/04/1912]… Il secondo giro avrà luogo dopo il28 aprile successivo e tanto per esso che per gli altrisi notificherà a tempo debito l’elenco delle parroc-chie. Il Bollettino presenta interessanti raccomanda-zioni ai parroci per quanto concerne gli aspetti eco-nomici: “Ciascun parroco manderà a prendere imissionari che li provvederà convenientemente divitto e di alloggio, e darà ad essi infine condignamercede. Per le spese di accesso dei missionari indiocesi e di recesso dalla stessa ciascun parroco ver-serà lire sei al capo della missione.” Pur essendostato stabilito che la missione sarebbe durata ottogiorni , nelle maggiori parrocchie, come Campli , du-rò di più (circa due settimane). Si vd. ancheBollettino Diocesano Aprutino, n. 11, 1912 , p. 137.

(12) Cfr. Archivio della Curia Provinciale dei Passionistidi Recanati, fondo S. Angelo in Pontano, Libro deiSS. Ministeri dell’anno 1909 all’anno 1955, a. 1912 ,senza numero. Grande successo ebbe la missione diCivitella. Si legga, in merito, la cronaca dell’Araldoabruzzese (n.11 del 23/03/1912, p.2), che parla di«un grande risveglio di fede» e di «chiesa sempregremita di fedeli accorsi ad ascoltare la parola di Diocon devozione veramente edificante». Altre missioninon meno riuscite si ebbero nel marzo/aprile 1912 aBellante, Montepagano, Villa Penne, Montorio alVomano, Colleminuccio e Roiano, per il quale ilcronista rivolgeva il pubblico ringraziamento a duepassionisti, il P. Alfonso di S. Luigi (AngeloSgavicchia: 1862 – 1929), 2° Consultore provinciale, eil P. Sigismondo (si vd. l’Araldo abruzzese, n.11,23/03/1912, p.3).

(13) Cfr. ibidem. A Campli si era formato un primo nu-cleo del partito socialista con il “circolo sociali-sta“ fondato dagli studenti universitari. La primasezione del partito fu fondata nel 1894 da QuintoErcole (1870 -1953) , che aveva organizzato il parti-to socialista abruzzese nel 1895 con Pietro Marziale(si vd. il chiaro ed efficace profilo di N. Farina,Quinto Ercole, medico e socialista di fine ‘800, in“Campli Nostra-notizie”, n.38/2010,p.8). Tra i socia-listi camplesi, che militarono attorno agli anni ’20 eche, molto probabilmente, si proposero per la dis-puta con i passionisti nella casa dell’Arcidiacono, ri-cordiamo Felice Caravelli, Giovanni Giunco, LuigiRotoloni, Antonio Muzii e i fratelli Iannetti. Era l’e-poca in cui i socialisti, sia di stampo massimalistache riformista (turatiano) erano caratterizzati daspirito fortemente antireligioso, e anticlericale

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poggiante sulla dottrina del materialismo storico.Spesso nei paesi i socialisti (come accadeva aGiulianova) erano usi attaccare i missionari, che re-putavano poco più di sprovveduti! Ma sotto il “ru-vido sacco” si nascondevano oratori di soda prepa-razione e di temibile capacità dialettica, che livedeva vincenti, come nel caso di Campli, nei dibat-titi e nei contraddittori sui temi filosofico-teologiciprovocati dagli avversari.

(14) Si vd. Archivio del Ritiro della Madonna della Stella,Registro dei SS. Ministeri, n. 12, a.1911, f. 132.

(15) Cfr. Archivio del Ritiro della Madonna della Stella,ibidem.

(16) Cfr. Archivio del Ritiro di Recanati, Registro deiMinisteri dal 1900 al 1924, a.1920, f,. 192.

(17) Cfr. Archivio del Ritiro della Madonna della Stella,ibidem. Era Sindaco di Campli il Cav. Antonio Ercole,che, con la collaborazione dell’Avv. Antonio Marianie di Felice Caravelli, il 7 giugno 1920 accolse l’ono-revole Roberto De Vito, deputato socialista alParlamento (si vd. Il 4 giugno visitò Campli ne “IlPopolo abruzzese” n. 545 del 5/06/1920, p. 29; si vd.anche L’Italia centrale “, n.1922 del 4/5-06-1920,p.2)

(18) Cfr. Archivio del Ritiro di Moricone, Registro deinostri Ministeri dall’anno 1926 all’1982, n.3, al 1953.

(19) Cfr. Archivio del Ritiro della Madonna della Stella,ibidem. I religiosi poterono in questa circostanzacontare sulla piena collaborazione dell’Arcidiaconoparroco di Campli, don Pasquale Del Paggio (1878-1965), uno degli esponenti più dotti, autorevoli eprestigiosi del clero aprutino, per vasta dottrina edesemplarità dei costumi. Ordinato sacerdote nel1900 dal Vescovo Francesco Trotta, si laureò nel1903 in teologia nella Pontificia UniversitàGregoriana, in filosofia nell’Università Statale diRoma nel 1907 e in diritto canonico nella PontificiaUniversità Lateranense nel 1910. Fu nominatoArcidiacono e Parroco di Campli nel 1911. Dal 1905al 1908 fu direttore dell’Araldo Abruzzese, dopodon Giovanni De Caesaris di Penne. Fu anche retto-re e docente nel Seminario aprutino. Si vd. gli otti-mi saggi di N. Farina, Don Pasquale Del Paggio,l’Alfiere de “L’Araldo abruzzese”, in Cento anni diAraldo Abruzzese, a.c. di P. Di Benedetto, Teramo,2004 e di O. Di Stanislao, Don P. Del Paggio, inDizionario storico del movimento cattolico in Italia,Torino, Marietti, 1984, vol. II /1, p.299.

(20) Cfr. ibidem. (21) Il P. Ilario così scrive in perfetto stile cesariano: “I

padri Ilario Luciano, Lino hanno predicato la missio-ne. Si predicava in tre chiese: nel Duomo, aCastelnuovo, a Nocella” (Archivio della CuriaProvinciale dei Passionisti di Recanati, fondo S.Angelo in Pontano, Registro dei Ministeri dal 1956al 1978, a. 1965).

(22) Cfr. Archivio del Ritiro di Moricone, fondo cit., n.56,1965. Dal punto di vista politico nel 1965 la mag-gioranza del popolo della Nocella apparteneva alpartito socialista e comunista.

Giunta alla vente-sima edizione, l’at-teso appuntamen-to “Galà delPeperoncino” nonha deluso le aspet-tative e oltre a rin-novare la degusta-zione con piattitradizionali illumi-nati dal “piccan-te” protagonista,si è trasformato inun valido momen-to di confronto per il rilancio del territorio trale varie autorità politiche abruzzesi e marchi-giane presenti.A vent’anni da quando i professori Buscemi ePrisco, insieme alla famiglia che gestisce ilRemigio I, crearono “Gli amici del peperonci-no”, affiliandosi all’Accademia Italiana delPeperoncino, per rinnovare annualmente latradizione di buongustai, la manifestaziones’è evoluta in un appuntamentodove rinsaldare le valenze del ter-ritorio turistico di San Giacomotra memoria e programmazione,tradizione e modernità, eccellen-za gastronomica e qualità alimen-tare.Organizzato dal cav. EmidioD’Agostino, titolare del Remigio Ie presidente della Delegazionedei Monti Gemelli, e dal giornali-sta Serafino Di Monte, segretario generale delGalà, l’evento da anni caratterizza l’autunnoa cavallo delle due regioni che vedono prospi-centi l’Apruzio e il Piceno. Sotto la direzionedel gran cerimoniere Serafino Di Monte e ilbrio di conduttrice della giornalista StefaniaMezzina, la manifestazione si è arricchita dimomenti culturali e di un faccia a faccia tra leautorità politiche teramane e ascolane, utileper promuovere al meglio quel processo d’in-novazione e di rinnovamento che SanGiacomo meriterebbe, riconoscendo l’impor-

tante ruolo dellalocalità montanain un’ottica turi-stica, naturalisticae di sviluppo eco-nomico-sociale. Adifferenza degliimpegni presi dal-le istituzioni asco-lane gli enti tera-mani hannodisatteso le neces-sarie programma-zioni atte alla cre-

scita del luogo turistico montano. Al Galà erano presenti: il presidente dei panifi-catori di Teramo Franco De Giorgis, titolaredell’omonimo panificio di Villa Lempa che haofferto il fragrante pane e la deliziosa torta, lostorico e giornalista Nicolino Farina che ha ri-cordato come nel territorio l’uso del peperon-cino c’è giunto attraverso la sapiente tradizio-ne contadina, il presidente della delegazione

del peperoncino Val VibrataAngelo Marcozzi, il Presidentedel Corecom Pietro Colonnella, ilconsigliere regionale MarcheValeriano Camela, il consigliereregionale Abruzzo ClaudioRuffini, il sindaco di Civitella delTronto Cristina Di Pietro, il sinda-co di Castellalto Vincenzo DiMarco, il vice sindaco di ValleCastellana Camillo D’Angelo, l’as-

sessore del comune di Sant’Egidio alla VibrataLeonardo D’Ippolito.Un magnifico spettacolo di cabaret e musicaleggera ha allietato la serata, con le esilarantibattute dello showman Angelo Carestia e lavoce di Phedy e Laura Carestia al suo esordioartistico.A conclusione della ricca serata l’elezione diJessica Marina a Miss Peperoncino 2013 e tra-dizionale taglio della torta con tutte le autori-tà presenti che ha sancito un patto per il ri-lancio della località turistica.

La 20ª edizione diventa un “piccante” confronto tra politici abruzzesi e aprutini

Galà del Peperoncino a San Giacomo

Buone Feste

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Il nuovo romanzo di RobertoMichilli, Il sogno di ogni uomopubblicato dalle EdizioniGalaad, presenta per un versouna novità nel percorsodell’Autore e per l’altro si col-loca su una linea di continuitàcon i suoi precedenti lavori. La novità è che questo roman-zo è un giallo, un romanzogiallo in cui la vicenda narratasi dipana attraverso lo sviluppodelle indagini. Sottolineo il fat-to che si tratta di un romanzoe non, semplicemente di ungiallo, perché non c’è nessunaconcessione gratuita al genere,non è un esercizio di scrittura ola prova, fine a sé stessa, dellapadronanza di tecniche e regi-stri narrativi. Al contrario, questa scelta consente all’Autoredi svolgere, in un contesto narrativo certo di-verso dai suoi precedenti romanzi e connotatodagli elementi tipici di un giallo, quello che ame pare il suo discorso di fondo, la sua idea dimondo e di umanità che, romanzo dopo ro-manzo, viene precisando e definendo la suaparticolare ed originale cifra di scrittore.La vicenda, scandita dalle date e dagli orariposti in apertura dei capitoli, inizia martedì 30luglio 2002, dalle ore 23.50, e ha un incipitdavvero molto bello che crea subito una situa-zione di attesa e di suspence, e termina dome-nica 1 settembre dalle ore 12.40. Il ritrovamen-to casuale di due cadaveri, un uomo e unadonna, uno sull’altro quasi a formare una cro-ce, segna l’entrata in scena del commissariocapo Ettore Ricci che svolgerà le indagini e chesarà il protagonista, quasi la voce narrante, delromanzo. Ci sono due cadaveri che devono es-sere identificati, storie e contesti da ricostruire,movente o moventi da scoprire, colpevole ocolpevoli da smascherare, indizi e prove da rac-cogliere e ordinare in modo da realizzare unimpianto credibile e solido, tale da reggere alle

verifiche logiche ed empiriche,accuse circostanziate da defini-re, profili di responsabilità daattribuire; ecco in questo lavo-ro di investigazione Michillinon introduce effetti speciali,non ci sono squadre di super-poliziotti, tecnologie all’avan-guardia, strumenti sofisticati,criminologi o anatomopatologigeniali, psichiatri dotati distraordinario acume o brillantiscienziati che, chiusi nei loro la-boratori, sciolgono enigmi e ri-solvono intricati problemi. No,qui l’indagine è affidata al pa-ziente lavoro di scavo, al colle-gamento tra elementi che sem-brano assolutamente slegati edautonomi, alla ricostruzione di

mondi, emozioni, vite che hanno incrociatoeventi che le hanno portate fuori dal camminofin lì tracciato e che hanno determinato rispo-ste che hanno infranto ordini, valori e limiti. Questo modo di procedere, senza forzature,conferisce al libro un ritmo particolare che do-na alla vicenda narrata la forza della credibilitàe il piacere della lettura che, pagina dopo pa-gina, viene dispensato da una scrittura capacedi tratteggiare personaggi, evocare atmosfere,definire ambienti e reggere, con mano sicura,lo svolgimento della storia. Così i colpi di sce-na, numerosi e ben distribuiti lungo tutto l’ar-co narrativo, fino a quello finale, davverostraordinario, scaturiscono dalle diverse confi-gurazioni che gli elementi raccolti di volta involta delineano. La mancanza di ogni espediente narrativo el’assenza di improvvisi salti, non ancorati al dis-piegarsi del racconto, regalano autentiche sor-prese e lasciano assaporare il gusto della sco-perta ad ogni svolta delle indagini. Anzi, ad un certo punto sembra che la storiasia finita e che il lavoro svolto, al di là dei nodinon ancora sciolti e di interrogativi non deltutto risolti, delinei un quadro definitivo. E in-

vece, proprio quando sembra che l’attività in-vestigativa debba prendere atto di quanto finlì scoperto e chiudere, come usa dire, il caso,un fatto casuale, un dettaglio che si precisa eillumina il viluppo di perché rimasti oscuri, av-via il lettore verso la parte finale del romanzo,facendo emergere nuovi e straordinari scenari. I personaggi, a cominciare dal commissario ca-po Ettore Ricci e dall’ispettore Luigi Straffi, so-no tratteggiati con cura e precisione e trovanocon naturalezza il loro posto nella storia, conla propria persona, (l’aspetto fisico e il profilopsicologico), e il proprio ambiente familiare eprofessionale, concorrendo a comporre il mo-saico generale del racconto. Ognuno di questimeriterebbe un commento, una notazione perla cura con cui sono definiti, per l’attenzione aidettagli e per come vengono via via inseritinella trama e fatti agire. Mi limiterò qui a sot-tolineare alcuni aspetti del protagonista, ilcommissario capo Ettore Ricci, una figura lon-tanissima dai modelli propostici da tanta lette-ratura contemporanea, di genere e non, e dal-le fiction televisive. Un uomo colto, amantedella musica, -ha perfino un diploma in piano-forte-che si confronta non solo con i versantipiù problematici dell’animo umano, esplora-zioni queste proprie del suo lavoro, ma che ri-esce a guardare dentro le sue inquietudini sen-za nascondersi limiti e fragilità. Non siraggiunge sempre nella vita ciò che si insegue-ricorderà ad un certo punto a sé stesso in unaoccasione in cui le sue riflessioni incontrano leemozioni profonde, fino alla commozione e alpianto- ma è bello e giusto provarci. Il suo trat-to caratteristico è l’ironia, quella lieve e pro-fonda, che deriva non solo dalla formazioneculturale ma, forse in maggior misura, dall’ac-cettazione consapevole e non rassegnata del-l’insieme, anche contraddittorio, delle sceltecompiute e delle coordinate che ne sono scatu-rite. Un personaggio che esce fuori con forza dallepagine, che ci prende per mano e che risulta,nella sua lontananza dai cliché dominanti, oforse proprio per questo, non solo assoluta-mente credibile, ma dotato di quella necessitàche solo la prova -impietosa- della lettura ri-esce a decretare. Una notazione particolaremerita quella che potremmo definire la geo-grafia di Michilli e cioè i luoghi, gli ambienti,che costituiscono il paesaggio fisico ed umano

Il nuovo romanzo di Roberto Michilli

Il sogno di ogni uomo di Leandro Di Donato

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entro cui si svolgono le sue storie. Qui c’è unalinea di continuità del suo lavoro; l’Autore con-tinua ad esplorare e raccontare il suo mondo, iborghi, i paesi, le città, quella dimensione unpo’ sospesa e un po’ appartata che definiamoprovincia, in cui è possibile ascoltare, con mag-gior nitidezza rispetto ai contesti metropolita-ni, il respiro della natura e l’affanno delle cul-ture e, a volte, il battito di vite che s’inarcanoper un carico fattosi improvvisamente troppopesante. Luoghi quindi che, lungi dall’essere i fondaliinerti delle storie, costituiscono uno degli ele-menti fondamentali di questo, come degli altriromanzi, di Roberto Michilli. Anche la descri-zione, puntuale e appassionata, dei piatti dellanostra cucina contribuisce a definire quell’af-fresco sociale e naturale che rappresenta unodei tratti connotativi della tematica di Michilli.Altro dato importante da mettere in rilievo èche, in questo come in verità nei precedenti ro-manzi, vi è il filo di una narrazione che scorrenelle pagine in modo un po’ carsico e che po-tremmo definire “sociale”. Uso questa definizione, resa ambigua e scivo-losa dall’abuso che se ne è fatto, avvertendoche in questo caso essa va intesa come l’insie-me di valori, codici, mentalità diffusa, rappre-sentazioni culturali e regole che tengono insie-me una società e la definiscono. Michilli indagaed analizza questi elementi non guardando al-la costruzione sociale nella sua generalità, marinvenendo i suoi tratti costitutivi nei compor-tamenti, nelle psicologie, nelle aspettative enei desideri dei suoi personaggi, facendone ilfilo sottile che caratterizza atmosfere e accadi-menti dei luoghi che percorre e che racconta.Romanzo sociale quindi, come rivelazione diun mondo che si manifesta nell’uso individuale

e collettivo di regole e codicidi comportamento quandoeventi improvvisi ed imprevi-sti mettono di fronte a scel-te che possono cambiare lavita propria e quella deglialtri. I personaggi che Michillimette al centro di questo ro-manzo non sono delinquentiabituali, membri di organiz-zazioni criminali, serial killero disperati che vivono aimargini della società e chehanno quindi diversi e codifi-cati modi e procedure per af-frontare e risolvere i proble-mi che si presentano. Anchequesta volta l’umanità rac-contata è quella che scorrecon noi, simile a noi per lacondivisione di culture, codici, ambienti e stili divita, nelle vie delle nostre città e dei nostri pae-si; sono uomini e donne che incontriamo neibar o nei ristoranti seduti a qualche tavolo didistanza, persone che entrano negli stessi ne-gozi e centri commerciali che frequentiamo.Notazione questa che vale per tutti i personag-gi del romanzo, dalle vittime ai sospettati, agliinvestigatori e ai loro mondi familiari e profes-sionali. Ne viene fuori una rappresentazionecompatta e fluida che, senza sbavature, condu-ce il lettore dentro una vicenda che alla fineracconterà, attraverso il filo delle indagini, mol-to di più di un delitto, di un movente, di vittimee colpevoli.Anche in questo romanzo - e qui c’è secondome il filo della continuità della sua ricerca e del-la tematica che ha scelto d’indagare e racconta-

re- Michilli continua a proporcilo spaccato di vite che, ad uncerto punto, mosse da desiderio travolte da eventi, saltanoquel sottile confine che correcon noi, al nostro fianco, chesepara la dimensione ordinariadel mondo e delle costruzioniche lo reggono da quellastraordinaria, che risponde adaltre gerarchie per soddisfarealtre urgenze. Il tentativo di ri-pristinare una condizione, disalvare gli affetti o la spinta acambiare la propria vita, detta-no le scelte che cambiano radi-calmente gli assetti precedenti.Questa dinamica, che nel suosviluppo svela gli aspetti piùprofondi e reconditi delle per-sone, è il nucleo centrale della

tematica di Michilli, il suo punto di osservazio-ne che gli permette di cogliere, nei nodi e nel-le connessioni delle vite raccontate, le veritàdella nostra condizione e del nostro tempo.Con Il sogno di ogni uomo Michilli costruisceun altro tassello del suo mosaico, arricchendo eapprofondendo il suo racconto generale, anzimi viene da dire il suo canto generale, di scrit-tore che ha trovato il suo specifico e personalepunto d’osservazione da cui cogliere il farsidelle vite e rivelare il disegno nascosto nelledanze segrete dei sogni, degli uomini e delledonne, dei desideri e delle corse sul filo di quelconfine, che a volte, taglia i fili delle vite. Vite che la letteratura raccoglie e consegna al-le nostre, perpetuando quell’incontro di mondie tempi che solo un buon libro, un libro verocome questo di Roberto Michilli può realizzare.

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