Camorra spa, un impero dalla Spagna alla Cina E il … · L’INCHIESTA I sodalizi criminali...

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L’INCHIESTA I sodalizi criminali campani hanno un profilo imprenditoriale fortemente sottova- lutato. Le attività di riciclaggio del clan di Cosa Nostra in Campania, i Nuvoletta di Marano, in provincia di Napoli, avvengono prevalentemente nel nord Italia e all’este- ro. I vertici dell’organizzazione investono nelle cosiddette «puntate», affari proposti da alcuni liberi imprenditori del narcotraf- fico mondiale. I guadagni vengono poi rein- vestiti nell’acquisto di appartamenti, alber- ghi, quote di società di servizi, scuole priva- te e perfino gallerie d’arte, attraverso alcu- ni prestanome. Il Tribunale di Napoli in data 14 dicem- bre 2004 e 17 gennaio 2005, ha disposto il sequestro di beni immobili e società per ol- tre 30 milioni di euro a Pietro Nocera, 46 anni, latitante dall’8 ottobre 2003 perché ritenuto affiliato al clan di Marano. Il 22 lu- glio del ’99 il collaboratore di giustizia Sal- vatore Speranza ha riferito che Nocera è «l’amministrato- re di tutti i soldi del clan Nuvo- letta e cura l’investimento dei soldi dell’organizzazione nei terreni e nell’edilizia in gene- re». Per l’attività di riciclag- gio in Emilia Romagna, Vene- to, Marche e Lazio il clan si ser- viva della «Enea cooperativa di produzione e lavoro», gesti- ta da Nocera anche durante la latitanza. L’Enea ha ottenuto appalti pubblici per mi- lioni di euro a Bologna, Reggio Emilia, Mo- dena, Venezia, Ascoli Piceno e Frosinone. Gli affari dei Nuvoletta vanno benissimo anche in Spagna. Grazie a contatti con la malavita e gli amministratori locali sono sbarcati a Tenerife. Ed è proprio qui che, nel febbraio 2001, Nocera si è recato per contestare ad Armando Orlando, conside- rato dagli investigatori ai vertici del clan, le spese sostenute nella costruzione di un im- ponente complesso edilizio, il «Marina Pa- lace». In questo caso però la Procura di Na- poli non è riuscita a ottenere la confisca dei beni. «Esiste solo da pochi mesi una norma- tiva sulle procedure di sequestro nell’ambi- to dell’Unione Europea — afferma Franco Roberti, procuratore aggiunto di Napoli che ha coordinato le indagini — . Consideri poi che non tutti i Paesi sono avanti come l’Italia nella legislazione antimafia e che ci sono paesi extracomunitari molto vicini a noi, come la Svizzera». Secondo l’ultima relazione annuale del- la Procura nazionale antimafia, i «casale- si», confederazione di tutti i clan del caser- tano, sono l’unica forza camorristica para- gonabile a Cosa nostra per vocazione im- prenditoriale, potenza economica e milita- re. La sola famiglia Schiavone, capeggiata da Francesco «Sandokan» Schiavone, at- tualmente in carcere e appena condannato a due ergastoli nel corso del processo «Spartacus», risulta secondo fonti della Procura di Santa Maria Capua Vetere capa- ce di fatturare capitali per 5 miliardi di eu- ro. L’intera confederazione casalese, tra beni immobili, affari leciti e imprenditoria pulita, riesce a gestire attualmente un pote- re economico annuale di 30 miliardi di eu- ro. Secondo le indagini della Procura anti- mafia di Napoli il cartello casalese è attual- mente gestito da un diumvirato retto da An- tonio Iovine e Michele Zagaria, entrambi irreperibili da anni e inseriti nell’elenco del ministero dell’Interno tra i più pericolo- si latitanti italiani. Michele Zagaria è consi- derato egemone nel mercato dei subappal- ti edilizi e del movimento terra. Tale supre- mazia economica non nasce dalla diretta attività criminosa, ma dalla capacità di equilibrare capitali leciti e illeciti al fine di proporsi in modo profondamente concor- renziale. Un’idea della vastità del fenomeno del ri- ciclaggio e degli investimenti camorristici può essere data dagli affari del clan La Tor- re di Mondragone, afferente alla federazio- ne casalese in provincia di Caserta. L’orga- nizzazione ha affrontato il pentimento del suo leader storico, Augusto La Torre, arre- stato nel giugno ’96 in Olanda, passando sotto la direzione del fratello Antonio La Torre. Il 7 giugno 2002 il gip del Tribunale di Napoli Pierluigi Di Stefano ha emesso una ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 30 persone. Dal fascicolo emer- ge che il clan guadagna ingenti somme di danaro attraverso le estorsioni, il controllo delle attività economiche e degli appalti nella sua zona di competenza, per poi rein- vestire all’estero, in particola- re in Gran Bretagna, dove qua- si tutti i vertici dell’organizza- zione hanno speso la loro lati- tanza. Le attività sono perfet- tamente lecite: acquisto e ge- stione di beni immobiliari e di esercizi commerciali, com- mercio di beni alimentari con l’Italia. A queste si affianca il traffico di stupefacenti e di mo- nete false. Sono le donne del clan, vere e proprie cassiere, a custodire i proventi dai quali si attinge per pagare le «mesate», gli stipendi mensili degli affiliati. E sempre da qui si parte per organizzare i trasferimenti di danaro all’estero. Dall’intercettazione telefonica dei Carabinieri delle ore 17.10 del 16.12.98 emerge che Michele Siciliano e Antonio La Torre, entrambi latitanti in Italia ma liberi cittadini britannici ad Aber- deen in Scozia, discutono dei soldi, in tutto 80 milioni, arrivati oltremanica attraverso parenti di Siciliano e uomini di fiducia inte- statari di conti correnti bancari. Tra gli af- fari emersi dalle intercettazioni troviamo l’acquisto, attraverso la società «Aberde- en Leasing», di una quindicina di immobili che hanno una rendita di 130-140 mila sterline; la trattativa per un edificio in Ske- en Street dal quale poter ricavare quattro appartamenti per un valore di 300mila sterline; l’idea di aprire un negozio di scar- pe, che a detta di Siciliano (telefonata del 13.02.99, ore 11.02) potrà rifornirsi dalla ditta marchigiana Selenia srl. Alle ore 19 del 13.2.99 Michele Siciliano e Antonio La Torre discutono per telefono dell’acquisto di un terreno di proprietà pubblica per la costruzione di un edificio. Siciliano dice: «La terra ??? mi ha telefonato oggi Alan Anderson (uomo d’affari conosciuto in Sco- zia, ndr)... lunedì mi danno pure i disegni e... facciamo... cioè fa... comincia fare i kit de…gli appartamenti, tutte cose». Il 23 ago- sto del ’95 Michele Siciliano, che risulta an- che proprietario di quote societarie, è stato fermato dalla polizia inglese nel suo risto- rante «Mamma Capone», a Walton in Tha- mes, Inghilterra. Il 19 febbraio il Tribunale di Bow Street lo ha rimesso in libertà non riconoscendo l’estradizione per il reato di associazione a delinquere di stampo mafio- so. In Inghilterra è detenuto anche un altro affiliato al clan La Torre, Brandon Queen, che riceve puntualmente la sua mesata, tre- dicesima compresa. Al 27 e al 29 di Union Terrace, ad Aberdeen, si trova un altro ri- storante del clan, il «Pavarotti’s», intestato proprio ad Antonio La Torre e pubblicizza- to anche sulle guide turistiche on line della città scozzese. Sono molte le inchieste presenti nel pro- cesso Spartacus I e II, presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che riguardano la presenza dei casalesi nel tessuto impren- ditoriale del centro-nord Italia. Qui certifi- cazioni e controlli antimafia sono più blan- di e permettono il trasferimento di interi rami d’azienda. In Emilia, Toscana, Um- bria e Veneto i casalesi hanno creato vere e proprie colonie. Nel modenese e in provin- cia di Arezzo gestiscono la maggior parte degli affari edilizi portandosi dietro mano- dopera essenzialmente casertana. Nelle in- dagini sul clan campano sono finiti impor- tanti poli di zuccherifici come l’Ipam, centi- naia di masserie e caseifici in Campania e Abruzzo, aziende a distribuzione naziona- le come l’Italburro di Carinaro, in provin- cia di Caserta. Nel 2003 la questura di Ca- serta ha indagato i rapporti che ci sarebbe- ro stati tra i casalesi e aziende italiane co- me Cirio e Parmalat. Il sodalizio ha avuto anche un ruolo cen- trale nella guerra di Jugoslavia. Un’infor- mativa del Sismi del 1994 ha segnalato il patto per il commercio di armi e il rapporto diplomatico con le bande albanesi tra il ca- po guerrigliero Arkan e Francesco Schiavo- ne. Il cartello criminale conosciuto come «Al- leanza di Secondigliano», che raccoglieva i clan a nord di Napoli, ha imbastito una struttura imprenditoriale a carattere inter- nazionale tra le più potenti d’Europa. Lo dimostra l’inchiesta condotta dalla Dda di Napoli che nel luglio dello scorso anno ha portato all’emissione di 72 or- dinanze di custodia cautelare, sequestri di beni, imprese com- merciali e conti correnti riferi- bili all’Alleanza. Le indagini ancora in corso, dirette dal pm antimafia Filippo Beatrice, mo- strano che il fulcro centrale dell’imprenditoria tessile ca- morristica trova come nuovi soggetti promotori non più im- prenditori costretti dalle intimidazioni ma industriali del nord Italia del tutto integrati nell’organizzazione camorristica. Sarebbe- ro stati loro, secondo la Procura, ad aiuta- re la latitanza di Pietro Licciardi, boss di spessore del cartello secondiglianese arre- stato poi a Praga nel giugno del ’99. Da que- sto arresto è partita la Procura per ricostru- ire i traffici internazionali del cartello cri- minale. Un impero economico da oltre 200 milioni di euro che riesce a spaziare dalla produzione nel napoletano di capi d’abbi- gliamento all’importazione di trapani dal- la Cina. Prodotti che vengono marchiati con loghi ingannevoli o contraffatti e ven- duti all’estero. I jeans della Vip moda di Ci- ro Bernardi riempiono i supermercati in Texas, Stati Uniti, dove sono spacciati per autentici Valentino. Le esportazioni avven- gono anche in Canada, Australia, Gran Bre- tagna, Spagna, Germania est e Francia. Se- condo la procura napoletana l’Alleanza ha assunto «una struttura economico-finan- ziaria (...) che esercita un vero e proprio monopolio nel commercio di determinati prodotti in molti parti del mondo». I soldi tornano in Italia passando su conti corren- ti di prestanome per poi essere reinvestiti in attività lecite. Tra queste l’acquisto di merce prodotta in Turchia che viene poi venduta in Italia. A Napoli diversi negozi sono stati sequestrati con l’accusa di rici- clare danaro sporco. Il clan Licciardi ha di- slocato la parte maggiore delle proprie atti- vità imprenditoriali a Castelnuovo del Gar- da. Non lontano, a Portogruaro nel venezia- no, il 16 gennaio scorso è stato arrestato Vincenzo Pernice, il cognato di Pietro Lic- ciardi. Con lui alcuni fiancheg- giatori del clan, tra i quali Re- nato Peluso, residente proprio a Castelnuovo del Garda. Al mercato asiatico, invece, si sono rivolte le mire investitri- ci di Paolo Di Lauro, il boss di Secondigliano, ritenuto «pa- dre putativo» della faida esplo- sa circa un anno fa nell’area nord di Napoli, arrestato ve- nerdì scorso dai carabinieri dopo tre anni di latitanza. Ciruzzo ’o milionario ha sba- ragliato la concorrenza investendo nelle fabbriche di macchine fotografiche in Ci- na. I prodotti vengono poi marchiati ed esportati in molti Paesi dell’Europa del- l’est. I milioni di euro fatturati con il narco- traffico o con le attività lecite viaggiavano con grande velocità dall’estero verso l’Ita- lia grazie alle collaudate transazioni inter- nazionali del money transfer e alla conni- venza di funzionari degli istituti di credito italiani. 30 miliardi di euro 5 miliardi di euro È il fatturato del clan Schiavone capeggiato dal boss Sandokan È il giro d’affari gestito dalla confederazione dei «casalesi» [email protected] SEGUE DA PAGINA 11 Sandokan commerciava armi con il guerrigliero serbo Arkan COME CONTATTARCI Michele Zagaria è egemone nel mercato dei subappalti edilizi Presidente Giorgio Fiore Vicepresidente Marco Demarco Direttore Scientifico Domenico Pizzuti Segretario Vito Faenza Bollettino a cura di Chiara Marasca L’ASSOCIAZIONE Camorraspa, un impero dalla Spagna alla Cina Eil potereeconomicospaventapiù delle armi 081 5802279 attivo dalle ore 11 alle ore 17 081 7602207 IL COMMENTO Istituzioni poco credibili In Scozia, Antonio La Torre ha aperto «Pavarotti’s», ristorante pubblicizzato sulle guide turistiche on line Questa importante indagine non solo ha messo in luce l’invivibilità della città di Napoli, ma anche l’illegalità diffusa nella società civile, intesa come violazione di leggi o norme che dalla legge ripetono la loro validità, per convenienze particolaristiche. «La nostra società civile è avvezza al compromesso, a cercare il favore e la scorciatoia, anche illegale, per ottenere ciò che desidera», affermava nella stessa indagine il rettore di Benevento Aniello Cimitile; lo storico Piero Cra- veri osservava invece che a chi riveste responsabilità pubbliche viene spesso richiesto di far «eccezione alle regole» per il caso particolare sottoposto. Dal sondaggio emergeva inoltre come il 70% degli intervi- stati ritenga che la società civile non sia consapevole del suo ruolo nella lotta alla violenza urbana. Le varie e autorevoli opinioni riporta- te denunciavano l’esistenza di una grave indifferenza dei cittadini nei confronti delle regole. Qualche frase, per intenderci. «La società civi- le è abituata ad appoggiarsi zone d’ombra e a utilizzarle. Anche quan- do non si dà direttamente alla criminalità, non è certo senza peccato» (Raffaele Feola). «Esiste un limitato attaccamento a ciò che è pubbli- co. Nel Mezzogiorno non si percepisce come proprio ciò che è della collettività» (Genoveffa Tortora). Veniva infine osservato con lucidità da Eugenio Mazzarella che la società civile, «in generale è stata più attenta a legittimare i poteri politici di turno, in cambio di una "prote- zione" socio-economica che ne tutelasse le prospettive di certo in una situazione economica asfittica, che a denunciare e a mettere in mora l’amministrazione di turno». Dall’indagine realizzata dall’Osservato- rio, che costuitisce per numero e autorevolezza delle opinioni espres- se un documento unico nel suo genere, emerge anche la consapevo- lezza che l’illegalità non solo è un comportamento deprecabile, ma nel contempo costituisce un ostacolo allo sviluppo economico del ter- ritorio perché impedisce la calcolabilità dell’attività economica da parte dell’imprenditore secondo il ragionamento classico di Max We- ber. «L’illegalità non incide solo sulla qualità della vita dei cittadini, ma sulla capacità del territorio di attirare investimenti», afferma l’economista Vincenzo Maggioni. E quindi la lotta all’illegalità è un esigenza assolutamente prioritaria perché è l’altra faccia delle politi- che per lo sviluppo dell’occupazione e per la crescita dell’economia. Altrimenti «il fluire dei mesi e degli anni, senza azioni specifiche volte ad affrontare determinati nodi di governo, e penso a Bagnoli, alla riqualificazione della zona Orientale, o alla sfruttamento della risor- sa giovani produce mancato sviluppo e diffusione dell'illegalità» (Gen- naro Ferrara). In conclusione, il tema dell’illegalità e dei suoi effetti perniciosi non va limitato alla sola criminalità mafiosa. Il sociologo Antonio La Spina nel suo rececente saggio «Mafia, legalità debole e sviluppo del Mezzogiorno», afferma: «Una visuale più ampia è a mio avviso necessaria sia per ragioni analitico-concettuali, sia per fornire una spiegazione più efficace e completa dell’arretratezza socioecono- mica, che proprio nell’illegalità rettamente intesa e nella legalità de- bole trova una delle cause più importanti». Il punto nodale appare allora la scarsa credibilità delle politiche pubbliche delle amministra- zioni centrali e periferiche. Pur distinguendo tra criminalità intesa come violazione delle norme penali e illegalità diffusa nei comporta- menti e nel costume, per l’intreccio di istituzioni e società, non si deve forse parlare di «legalità debole» sia per la società civile che per il complesso istituzionale? Domenico Pizzuti di ROBERTO SAVIANO e MARCELLO VINONUOVO I disegni pubblicati in questa pagina sono di Luca de Simone 14 CORRIERE DEL MEZZOGIORNO 23 SETTEMBRE 2005

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L’INCHIESTA

I sodalizi criminali campani hanno unprofilo imprenditoriale fortemente sottova-lutato. Le attività di riciclaggio del clan diCosa Nostra in Campania, i Nuvoletta diMarano, in provincia di Napoli, avvengonoprevalentemente nel nord Italia e all’este-ro. I vertici dell’organizzazione investononelle cosiddette «puntate», affari propostida alcuni liberi imprenditori del narcotraf-ficomondiale. I guadagni vengonopoi rein-vestiti nell’acquistodi appartamenti, alber-ghi, quotedi societàdi servizi, scuolepriva-te eperfinogalleried’arte, attraversoalcu-ni prestanome.Il Tribunale di Napoli in data 14 dicem-

bre 2004 e 17 gennaio 2005, ha disposto ilsequestro di beni immobili e società per ol-tre 30 milioni di euro a Pietro Nocera, 46anni, latitante dall’8 ottobre 2003 perchéritenuto affiliato al clandiMarano. Il 22 lu-glio del ’99 il collaboratore di giustizia Sal-vatore Speranza ha riferitocheNoceraè«l’amministrato-redi tutti i soldi del clanNuvo-letta e cura l’investimento deisoldi dell’organizzazione neiterreni e nell’edilizia in gene-re». Per l’attività di riciclag-gio in Emilia Romagna, Vene-to,MarcheeLazio il clansi ser-viva della «Enea cooperativadiproduzionee lavoro», gesti-ta da Nocera anche durante la latitanza.L’Eneahaottenuto appalti pubblici permi-lioni di euro a Bologna, Reggio Emilia, Mo-dena, Venezia, Ascoli Piceno e Frosinone.Gli affari dei Nuvoletta vanno benissimo

anche in Spagna. Grazie a contatti con lamalavita e gli amministratori locali sonosbarcati a Tenerife. Ed è proprio qui che,nel febbraio 2001, Nocera si è recato percontestare ad Armando Orlando, conside-ratodagli investigatori ai vertici del clan, lespese sostenute nella costruzione di un im-ponente complesso edilizio, il «Marina Pa-lace». Inquesto casoperò laProcuradiNa-poli non è riuscita a ottenere la confisca deibeni.«Esiste solodapochimesiunanorma-tiva sulleproceduredi sequestronell’ambi-to dell’Unione Europea — afferma FrancoRoberti, procuratore aggiunto di Napoliche ha coordinato le indagini— . Consideripoi che non tutti i Paesi sono avanti comel’Italia nella legislazione antimafia e che cisono paesi extracomunitari molto vicini anoi, come la Svizzera».Secondo l’ultima relazione annuale del-

la Procura nazionale antimafia, i «casale-si», confederazione di tutti i clan del caser-tano, sono l’unica forza camorristica para-gonabile a Cosa nostra per vocazione im-prenditoriale, potenza economica emilita-re. La sola famiglia Schiavone, capeggiatada Francesco «Sandokan» Schiavone, at-tualmente in carcere eappenacondannatoa due ergastoli nel corso del processo«Spartacus», risulta secondo fonti dellaProcuradi SantaMariaCapuaVeterecapa-ce di fatturare capitali per 5miliardi di eu-ro. L’intera confederazione casalese, trabeni immobili, affari leciti e imprenditoriapulita, riesceagestireattualmenteunpote-re economico annuale di 30miliardi di eu-ro. Secondo le indagini della Procura anti-mafia diNapoli il cartello casalese è attual-mentegestitodaundiumvirato rettodaAn-tonio Iovine e Michele Zagaria, entrambiirreperibili da anni e inseriti nell’elencodelministerodell’Interno tra ipiùpericolo-si latitanti italiani.MicheleZagaria è consi-derato egemonenelmercatodei subappal-ti edilizi e delmovimento terra. Tale supre-mazia economica non nasce dalla diretta

attività criminosa, ma dalla capacità diequilibrare capitali leciti e illeciti al fine diproporsi in modo profondamente concor-renziale.Un’ideadella vastitàdel fenomenodel ri-

ciclaggio e degli investimenti camorristicipuòesseredatadagli affari del clanLaTor-rediMondragone, afferentealla federazio-ne casalese in provinciadi Caserta. L’orga-nizzazione ha affrontato il pentimento delsuo leader storico, Augusto LaTorre, arre-stato nel giugno ’96 in Olanda, passandosotto la direzione del fratello Antonio LaTorre. Il 7 giugno 2002 il gip del Tribunaledi Napoli Pierluigi Di Stefano ha emessouna ordinanza di custodia cautelare neiconfrontidi 30persone.Dal fascicolo emer-ge che il clan guadagna ingenti somme didanaroattraverso le estorsioni, il controllodelle attività economiche e degli appaltinella sua zonadi competenza, per poi rein-

vestireall’estero, inparticola-re inGranBretagna,dovequa-si tutti i vertici dell’organizza-zione hanno speso la loro lati-tanza. Le attività sono perfet-tamente lecite: acquisto e ge-stione di beni immobiliari e diesercizi commerciali, com-mercio di beni alimentari conl’Italia. A queste si affianca iltrafficodi stupefacenti edimo-

nete false. Sono le donne del clan, vere eproprie cassiere, a custodire i proventi daiquali si attinge per pagare le «mesate», glistipendimensili degli affiliati. E sempre daqui si parte per organizzare i trasferimentidi danaro all’estero. Dall’intercettazionetelefonica dei Carabinieri delle ore 17.10del 16.12.98 emerge che Michele Sicilianoe Antonio La Torre, entrambi latitanti inItaliama liberi cittadini britannici adAber-deen in Scozia, discutono dei soldi, in tutto80milioni, arrivati oltremanica attraversoparenti di Siciliano e uomini di fiducia inte-statari di conti correnti bancari. Tra gli af-fari emersi dalle intercettazioni troviamol’acquisto, attraverso la società «Aberde-en Leasing», di una quindicina di immobili

che hanno una rendita di 130-140 milasterline; la trattativa per un edificio in Ske-en Street dal quale poter ricavare quattroappartamenti per un valore di 300milasterline; l’idea di aprire unnegozio di scar-pe, che a detta di Siciliano (telefonata del13.02.99, ore 11.02) potrà rifornirsi dalladitta marchigiana Selenia srl. Alle ore 19del 13.2.99 Michele Siciliano e Antonio LaTorre discutono per telefono dell’acquistodi un terreno di proprietà pubblica per lacostruzione di un edificio. Siciliano dice:«La terra ??? mi ha telefonato oggi AlanAnderson (uomod’affari conosciuto inSco-zia, ndr)... lunedì mi danno pure i disegnie... facciamo... cioè fa... comincia fare i kitde…gliappartamenti, tutte cose». Il 23ago-stodel ’95MicheleSiciliano, che risultaan-cheproprietario di quote societarie, è statofermato dalla polizia inglese nel suo risto-rante «MammaCapone», aWalton in Tha-mes, Inghilterra. Il 19 febbraio il Tribunaledi Bow Street lo ha rimesso in libertà nonriconoscendo l’estradizione per il reato diassociazioneadelinqueredi stampomafio-so. In Inghilterra è detenuto anche unaltroaffiliato al clan La Torre, Brandon Queen,chericevepuntualmente lasuamesata, tre-dicesima compresa. Al 27 e al 29 di UnionTerrace, ad Aberdeen, si trova un altro ri-storantedel clan, il «Pavarotti’s», intestatoproprio ad Antonio La Torre e pubblicizza-to anche sulle guide turistiche on line dellacittà scozzese.Sono molte le inchieste presenti nel pro-

cessoSpartacus I e II, presso il TribunalediSantaMariaCapuaVetere, che riguardanolapresenzadei casalesi nel tessuto impren-ditoriale del centro-nord Italia. Qui certifi-cazioni e controlli antimafia sono più blan-di e permettono il trasferimento di interirami d’azienda. In Emilia, Toscana, Um-bria eVeneto i casalesi hanno creato vere eproprie colonie. Nel modenese e in provin-cia di Arezzo gestiscono la maggior partedegli affari edilizi portandosi dietro mano-doperaessenzialmente casertana.Nelle in-dagini sul clan campano sono finiti impor-

tanti poli di zuccherifici come l’Ipam, centi-naia di masserie e caseifici in Campania eAbruzzo, aziende a distribuzione naziona-le come l’Italburro di Carinaro, in provin-cia di Caserta. Nel 2003 la questura di Ca-sertaha indagato i rapporti che ci sarebbe-ro stati tra i casalesi e aziende italiane co-me Cirio e Parmalat.Il sodalizio ha avuto anche un ruolo cen-

trale nella guerra di Jugoslavia. Un’infor-mativa del Sismi del 1994 ha segnalato ilpatto per il commercio di armi e il rapportodiplomatico con le bande albanesi tra il ca-poguerriglieroArkaneFrancescoSchiavo-ne.Il cartello criminale conosciutocome«Al-

leanzadi Secondigliano», che raccoglieva iclan a nord di Napoli, ha imbastito unastruttura imprenditoriale acarattere inter-nazionale tra le più potenti d’Europa. Lodimostra l’inchiesta condotta dalla Dda diNapoli che nel luglio dello scorso anno haportato all’emissione di 72 or-dinanze di custodia cautelare,sequestridibeni, impresecom-merciali e conti correnti riferi-bili all’Alleanza. Le indaginiancora in corso, dirette dal pmantimafiaFilippoBeatrice,mo-strano che il fulcro centraledell’imprenditoria tessile ca-morristica trova come nuovisoggetti promotori nonpiù im-prenditori costretti dalle intimidazioni maindustriali del nord Italia del tutto integratinell’organizzazionecamorristica. Sarebbe-ro stati loro, secondo la Procura, ad aiuta-re la latitanza di Pietro Licciardi, boss dispessore del cartello secondiglianese arre-statopoiaPraganel giugnodel ’99.Daque-stoarrestoèpartita laProcuraper ricostru-ire i traffici internazionali del cartello cri-minale. Un impero economico da oltre 200milioni di euro che riesce a spaziare dallaproduzione nel napoletano di capi d’abbi-gliamento all’importazione di trapani dal-la Cina. Prodotti che vengono marchiaticon loghi ingannevoli o contraffatti e ven-duti all’estero. I jeans della Vipmoda di Ci-

ro Bernardi riempiono i supermercati inTexas, Stati Uniti, dove sono spacciati perautenticiValentino. Leesportazioni avven-gonoanche inCanada,Australia,GranBre-tagna, Spagna,Germania est eFrancia. Se-condo la procura napoletana l’Alleanza haassunto «una struttura economico-finan-ziaria (...) che esercita un vero e propriomonopolio nel commercio di determinatiprodotti in molti parti del mondo». I solditornano in Italia passando su conti corren-ti di prestanome per poi essere reinvestitiin attività lecite. Tra queste l’acquisto dimerce prodotta in Turchia che viene poivenduta in Italia. A Napoli diversi negozisono stati sequestrati con l’accusa di rici-clare danaro sporco. Il clan Licciardi ha di-slocato lapartemaggioredelle proprieatti-vità imprenditoriali a Castelnuovo del Gar-da.Non lontano, aPortogruaronel venezia-no, il 16 gennaio scorso è stato arrestatoVincenzo Pernice, il cognato di Pietro Lic-

ciardi. Con lui alcuni fiancheg-giatori del clan, tra i quali Re-nato Peluso, residente proprioa Castelnuovo del Garda.Al mercato asiatico, invece,

si sonorivolte lemire investitri-ci di Paolo Di Lauro, il boss diSecondigliano, ritenuto «pa-dreputativo»della faidaesplo-sa circa un anno fa nell’areanord di Napoli, arrestato ve-

nerdì scorso dai carabinieri dopo tre annidi latitanza.Ciruzzo ’omilionariohasba-ragliato la concorrenza investendo nellefabbriche di macchine fotografiche in Ci-na. I prodotti vengono poi marchiati edesportati in molti Paesi dell’Europa del-l’est. Imilioni di euro fatturati con il narco-traffico o con le attività lecite viaggiavanocon grande velocità dall’estero verso l’Ita-lia grazie alle collaudate transazioni inter-nazionali del money transfer e alla conni-venza di funzionari degli istituti di creditoitaliani.

30miliardi di euro

5miliardi di euroÈ il fatturato del clanSchiavone capeggiatodal boss Sandokan

È il giro d’affarigestito dalla confederazione

dei «casalesi»

[email protected]

SEGUE DA PAGINA 11

Sandokancommerciavaarmi con

il guerriglieroserbo Arkan

COME CONTATTARCI

Michele Zagariaè egemonenel mercatodei subappalti

edilizi

PresidenteGiorgio FioreVicepresidenteMarco DemarcoDirettore ScientificoDomenico PizzutiSegretarioVito FaenzaBollettino a cura diChiara Marasca

L’ASSOCIAZIONE

Camorra spa, un impero dalla Spagna alla CinaE il potere economico spaventa più delle armi

081 5802279

attivo dalle ore 11 alle ore 17081 7602207

IL COMMENTO

Istituzioni poco credibili

In Scozia, Antonio La Torre ha aperto «Pavarotti’s», ristorante pubblicizzato sulle guide turistiche on line

Questa importante indagine non solo hamesso in luce l’invivibilitàdella città di Napoli, ma anche l’illegalità diffusa nella società civile,intesa come violazione di leggi o norme che dalla legge ripetono laloro validità, per convenienze particolaristiche. «La nostra societàcivile è avvezza al compromesso, a cercare il favore e la scorciatoia,anche illegale, per ottenere ciò che desidera», affermavanella stessaindagine il rettore di Benevento Aniello Cimitile; lo storico Piero Cra-veri osservava invece che a chi riveste responsabilità pubbliche vienespesso richiesto di far «eccezione alle regole» per il caso particolaresottoposto.Dal sondaggio emergeva inoltre come il 70%degli intervi-stati ritenga che la società civile non sia consapevole del suo ruolonella lottaalla violenzaurbana.Le varie eautorevoli opinioni riporta-te denunciavano l’esistenzadi unagrave indifferenzadei cittadini neiconfronti delle regole. Qualche frase, per intenderci. «La società civi-leèabituataadappoggiarsi zoned’ombraeautilizzarle.Anchequan-donon si dàdirettamente alla criminalità, non è certo senzapeccato»(Raffaele Feola). «Esiste un limitato attaccamento a ciò che è pubbli-co. Nel Mezzogiorno non si percepisce come proprio ciò che è dellacollettività» (GenoveffaTortora). Veniva infine osservato con luciditàda Eugenio Mazzarella che la società civile, «in generale è stata piùattenta a legittimare i poteri politici di turno, in cambio di una "prote-zione" socio-economica chene tutelasse le prospettive di certo in unasituazione economica asfittica, che a denunciare e amettere inmoral’amministrazionedi turno».Dall’indagine realizzatadall’Osservato-

rio, che costuitisce pernumero e autorevolezzadelle opinioni espres-se un documento unico nel suo genere, emerge anche la consapevo-lezza che l’illegalità non solo è un comportamento deprecabile, manel contempo costituisce un ostacolo allo sviluppo economico del ter-ritorio perché impedisce la calcolabilità dell’attività economica daparte dell’imprenditore secondo il ragionamento classico diMaxWe-ber. «L’illegalità non incide solo sulla qualità della vita dei cittadini,ma sulla capacità del territorio di attirare investimenti», affermal’economista Vincenzo Maggioni. E quindi la lotta all’illegalità è unesigenzaassolutamenteprioritaria perchéè l’altra faccia dellepoliti-che per lo sviluppo dell’occupazione e per la crescita dell’economia.Altrimenti «il fluiredeimesi e degli anni, senza azioni specifiche voltead affrontare determinati nodi di governo, e penso a Bagnoli, allariqualificazione della zona Orientale, o alla sfruttamento della risor-sagiovaniproducemancato sviluppoediffusionedell'illegalità» (Gen-naro Ferrara). In conclusione, il tema dell’illegalità e dei suoi effettiperniciosi non va limitato alla sola criminalità mafiosa. Il sociologoAntonio La Spina nel suo rececente saggio «Mafia, legalità debole esviluppo del Mezzogiorno», afferma: «Una visuale più ampia è a mioavvisonecessaria siaper ragionianalitico-concettuali, siaper fornireunaspiegazionepiù efficacee completadell’arretratezza socioecono-mica, che proprio nell’illegalità rettamente intesa e nella legalità de-bole trova una delle cause più importanti». Il punto nodale appareallora la scarsa credibilitàdellepolitichepubblichedelleamministra-zioni centrali e periferiche. Pur distinguendo tra criminalità intesacome violazione delle norme penali e illegalità diffusa nei comporta-menti e nel costume, per l’intreccio di istituzioni e società, non si deveforse parlare di «legalità debole» sia per la società civile che per ilcomplesso istituzionale?

Domenico Pizzuti

di ROBERTO SAVIANO e MARCELLO VINONUOVO I disegni pubblicati in questa pagina sono di Luca de Simone

14 CORRIERE DEL MEZZOGIORNO 23 SETTEMBRE 2005