STORIE DI GIOVANI CAMPANI ALL'ESTERO

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Storie di campani all’estero I nuovi protagonisti dell’emigrazione a cura di Francesco Calvanese Progetto “Agenti dell’emigrazione campana 3” FILEF Campania

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di Francesco Calvanese

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Storie di campani all’esteroI nuovi protagonisti dell’emigrazione

a cura di Francesco Calvanese

Progetto “Agenti dell’emigrazione campana 3”

FILEF Campania

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* Si ringraziano per la preziosa collaborazione: Clemente Bove (redazio-ne testi) e Maria Celeste Bruno (fotografie).* Le foto sono di Borgo Terravecchia di Giffoni Valle Piana (SA).

A cura di FILEF CampaniaVia Porto n. 2884121 SalernoTel. 089-230828E-mail: [email protected]

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I protagonisti di questo volume sono i giovani di origine campana, resi-denti nei cinque continenti, partecipanti al corso “Agenti dell’emigrazio-ne campana 3”, organizzato dalla FILEF Campania nell’ambito del pro-getto approvato dalla Regione Campania - ORMEL - Settore Emigrazione(Decreto dirigenziale n. 433 del 23/11/2006 - Linee Guida per i Campaninel Mondo anno 2006 Misura B - Azione 2)

I partner del progetto sono: Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano,Provincia di Avellino, Provincia di Salerno, Provincia di Benevento, EnteProvinciale per il Turismo di Salerno, Comunità Montana Valle dell’Irno,Comune di Cava dei Tirreni, Azienda di Soggiorno e Turismo di Salerno,Cattedra di Sociologia del Lavoro - Dipartimento di Sociologia e Scienzadella Politica - Università degli Studi di Salerno, Confindustria Salerno.

Il volume viene pubblicato con il patrocinio del Parco Nazionale delCilento e Vallo di Diano.

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Regione Campania

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Le iniziative del quarantennale FILEF

In occasione della ricorrenza dei 40 anni dalla fondazione, la FILEF

Nazionale e le sue organizzazioni aderenti intendono rinnovare l'impegno

a favore di tutti i migranti con una serie di iniziative che saranno realiz-

zate fino al gennaio 2008. Esse riguarderanno il recupero della memoria

dell'emigrazione italiana nel mondo, della storia della FILEF e delle sue

associazioni, delle testimonianze dei suoi aderenti e dirigenti, la produzio-

ne e la pubblicazione di studi, ricerche, video-documentari, volumi di let-

teratura dei migranti, produzioni musicali, mostre, ecc.

Ogni mese saranno messe a disposizione sui siti web della FILEF i pro-

dotti realizzati e saranno pubblicizzate le iniziative in programmazione.

Invitiamo tutti coloro che conoscono o hanno conosciuto la FILEF a farci

pervenire propri contributi: documenti, foto, pubblicazioni, o interventi

specifici, racconti, eventi, ecc.. Tutti i materiali che riceveremo saranno

pubblicati di volta in volta e presentati nelle diverse iniziative per le mani-

festazioni del quarantennale.

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SOMMARIO

PRESENTAZIONE di Francesco Calvanese . . . . . . . . . . . . . . .pag. 9

I NUOVI PROTAGONISTI DELL’EMIGRAZIONE

CLAUDIA KEMPER PACHECO (Cile) . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 15

STEFANIA BOVE (Sudafrica) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 21

GIANCARLO DI BIASE (Cile) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 31

MARIA CELESTE BRUNO (Argentina) . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 43

PABLO VOTTOLA (Argentina) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 47

PASQUALE ROSANIA (Venezuela) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 53

ANGEL OSWALDO VALLETTA (Venezuela) . . . . . . . . . . . . . .pag. 59

RODOLFO KEMPER PACHECO (Cile) . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 63

MELINA MONDELLI (Uruguay) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 71

FERNANDO TOPPI (Uruguay) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 85

GEORGE CIPOLLONE (Stati Uniti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 89

STEPHANIE KATE RAPA (Gran Bretagna) . . . . . . . . . . . . . . .pag. 93

REBECCA BAGNARA (Australia) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 99

ANALISI DELLE INTERVISTE AI GRUPPI DIRIGENTI E AI DELEGATI CAMPANI AI CONGRESSI NAZIONALI NEI PAESI DI EMIGRAZIONE di Francesco Calvanese e Grazia Moffa . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 111

PROGETTO“AGENTI DELL’EMIGRAZIONE CAMPANA 3” . . . . . . . . . .pag. 131

IL TESTO DI CARLO LEVIIN OCCASIONE DELLA FONDAZIONE DELLA FILEF . . . .pag. 153

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PRESENTAZIONEdi Francesco Calvanese

Presidente della FILEF Campania

Questo volume viene presentato il 26 maggio 2007 in occasione delSeminario finale del progetto "Agenti dell'emigrazione campana 3", neilocali del palazzo Matarazzo di S.Maria di Castellabate, nel ParcoNazionale del Cilento e Vallo di Diano.Al Seminario, oltre che i giovani partecipanti al Corso di formazione, pro-venienti dai 5 continenti, interverranno i rappresentanti delle Istituzionipartner del progetto, l'assessore della Regione Campania Rosa D'Amelio,il responsabile del turismo della Direzione generale impresa dellaCommissione Europea Franco Ianniello, mentre ci auguriamo che rispon-da positivamente all'Invito il viceministro con delega per gli italianiall'estero Franco Danieli.L'obiettivo del Seminario finale è quello di raccogliere i risultati delCorso, canalizzandoli verso una nuova progettualità riferibile ai program-mi regionali e comunitari, nonché di costruire una rete solida di Agentidell'emigrazione campana in tutti i paesi in cui sono presenti le comunitàcampane. Siamo infatti, come indicato nel titolo del progetto, alla terzaedizione del Corso di Agenti e riteniamo sia venuto il momento per com-piere un salto di qualità, anche valorizzando appieno la tematica del turi-smo, prescelta per questo Corso. A tale scopo si indica l'esigenza di favo-rire lo sviluppo delle organizzazioni campane all'estero, puntando sui gio-vani di seconda e terza generazione, alimentando un flusso continuo di ini-ziative e attività, coinvolgendo le istituzioni locali.E' infatti molto diffusa la convinzione che non c'è più tempo da perdere.Essa nasce dal fatto che in tre edizioni del Corso si è registrata la chiaraconferma della premessa iniziale del progetto Agenti: lavorare con l'emi-grazione oggi significa rapportarsi a nuovi protagonisti. Infatti, non è peramor di polemica , che si è evidenziato come sia opportuno indirizzare lepolitiche dell'emigrazione verso nuovi soggetti, i giovani qualificati resi-denti all'estero, che possono diventare i più credibili interlocutori per laCampania e per l'Italia. Tutto ciò comprendendo che bisogna dire bastaalle celebrazioni annuali di emigrati di successo, trascurando le centinaiadi migliaia di emigrati che vivono con la pensione italiana o che sono per-fettamente integrati tra i ceti marginali delle grandi capitali dell'emigrazio-

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ne italiana. Tutto ciò consapevoli che bisogna fare i conti definitivamentecon la retorica della vecchia emigrazione e delle valige di cartone, comeemerge in tanti film e documentari anche recenti, mentre invece bisognalavorare per il futuro, avviando forme di cooperazione con le nostre comu-nità all'estero.Si tratta ovviamente di accettare la sfida rappresentata dall'elezione di rap-presentanti della nostra emigrazione nel Senato e nel Parlamento dellaRepubblica: una sfida nuova, che impone anch'essa un salto di qualità eche insegna come gli emigrati non chiedano più misure solo assistenziali,quanto piuttosto il riconoscimento pieno dei diritti, una progettualità dif-fusa, in sintesi l'effettiva realizzazione di una comune appartenenzaall'Italia.Si tratta di rivedere le politiche regionali verso l'emigrazione, che ci hannovisto assistere impotenti, negli ultimi anni, ad un drastico ridimensiona-mento dei fondi stanziati per le comunità all'estero e le associazioni del-l'emigrazione: il caso della Campania dove nel Bilancio 2007 essi sonostati ridotti a 380 mila Euro è eloquente al riguardo.Si tratta di suggerire alle istituzioni locali di far rientrare le politichemigratorie nelle politiche di internazionalizzazione dei territori, collegan-dole allo sviluppo locale e avviando iniziative di cooperazione decentratacon le comunità all'estero.Su quali basi poggiano queste nuove politiche? Sulla constatazione che larisorsa emigrazione è significativa per numero e per qualità, sicuramentecoinvolgibile in tutti i progetti innovativi. Cioè: cucina, medaglie e canzo-nette vanno bene per una celebrazione, non per una politica migratoria alpasso con i tempi.La scommessa dei tre progetti Agenti, ben accolta in Regione Campania,è stata una provocazione. Essa fa perno su di una convinzione, documen-tata nel progetto, allegato al volume: i giovani delle nostre comunitàall'estero sono pronti a diventare interlocutori attivi della Campania edell'Italia. Hanno studiato, hanno conseguito più lauree e qualifiche pro-fessionali, conoscono diverse lingue, sanno usare i linguaggi della societàdell'informazione, viaggiano spesso in Italia, leggono, vedono i nostri pro-grammi televisivi, hanno molta buona volontà e credono nell'Italia.Questo libro ne è una testimonianza. Abbiamo raccolto le loro storie inpresa diretta, durante i giorni di svolgimento del corso di formazione, dicorsa per far uscire la pubblicazione in tempo per il Seminario finale.Vogliamo che partano per i loro paesi portando con sé il volume, lo divul-ghino, interessino altri giovani, formino nuove associazioni e organizza-

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zioni, producano progetti, creino imprese, sviluppino reti -non solo da everso la Regione- ma anche tra tutte le comunità all'estero.Le Storie, lasciatemelo dire, sono bellissime. Raccontano vicende pocorappresentate nella letteratura in materia, respirano di sincerità, intreccia-no drammi e allegria: in sintesi si rivolgono a tutti noi perché collaboria-mo a valorizzare il protagonismo dei giovani. Circa mezzo secolo fa il poeta lucano Rocco Scotellaro con passione pro-fetica recitava “Siamo entrati in gioco anche noi con i panni e le scarpeche avevamo”, riferendosi ai contadini del sud , ma anche ai migranti.Dopo anni di silenzio, o meglio di retorica sul tema, questi giovani ci rap-presentano i loro desideri e le loro potenzialità, la loro ricerca di dialogo. Non senza contraddizioni. Ad esempio: è stata una scelta redazionalequella di lasciare gli errori di italiano nei testi, o anche di far rendere contoil lettore della forte contaminatio linguistica che caratterizza gli scritti . Inalcuni casi , specie nei paesi di cultura anglosassone, si può notare comele storie siano state proposte in inglese, la lingua dominante,indicando così il prevalere di una tendenza in quei paesi all'emarginazio-ne della lingua italiana. Non sempre però: si legga il bellissimo raccontodella psicologa Stefania Bove (Sud Africa), nel quale in un italiano, perlarga parte corretto, si pone in chiara evidenza la problematica delle iden-tità, affrontando il tema del rilancio in grande della cultura italiana dentroi nuovi tempi e nuovi spazi della società multietnica e della globalizza-zione. Il tema identitario è il principale in tutti i racconti, ma affrontato spesso inmodo originale e innovativo. Si legga ad esempio la storia di ClaudiaKemper. L'ingegnera cilena, di origine campana, ma anche slava e cilena,viene al Corso Agenti 2, ritorna in Cile, non rassegnata ad un reinserimen-to-come nulla fosse accaduto. Riparte per l'Italia,vince una borsa di studioall'ENEA di Frascati, fa la tutor nel Corso Agenti 3. Ci dice: oggi sonoproiettata a costruire un'identità ricca di esperienze, che possono esserevalorizzate e indicare una nuova strada, anche verso l'Italia ai giovani emi-grati di seconda e terza generazione, aiutatemi-aiutateci a praticarla. Nona caso nella foto di copertina del volume, i giovani Agenti 3 si rappresen-tano con le valige, non di cartone: ci dicono insomma di essere pronti aripartire per l'Italia, per il mondo, per la Campania, anche per i propripaesi di attuale residenza, ma riconoscendosi in una nuova identità dimigranti, con facce e scarpe nuove, decisi a riversare la grande storia del-l'emigrazione italiana nella società dell'innovazione e della conoscenza.

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Per concludere.Nel libro in aggiunta alle Storie sono inseriti 3 contributi, che comunquerientrano a pieno titolo nell'economia del discorso finora svolto.

1. La Ricerca sui delegati ai recenti Congressi dei campaniall'estero è stata realizzata dalla Filef Campania all'inizio del 2006 in pre-parazione del Congresso regionale dei campani all'estero. L'indicazioneprincipale fornita dalla ricerca è stata quella della necessità di rilanciarel'associazionismo, svecchiando i gruppi dirigenti, spesso rappresentatidalle stesse pur meritevoli persone da oltre 15 anni, inserendo negli stessileve di giovani, portatori di nuove istanze, nuovi bisogni e capaci di diver-se progettualità.

2. Il progetto Agenti 3 viene riportato integralmente al fine dirispondere a richieste pervenute alla Regione Campania da altre Consulteregionali dell'emigrazione e dallo stesso Ministero per gli italiani all'este-ro. La Regione Campania già segnalò, a richiesta del Ministero, il proget-to Agenti 2 come esempio di Buona Pratica. E' forse possibile riproporloin più realtà regionali, costruendo così una rete più larga e diffusa diAgenti dell'emigrazione e, quindi, sviluppando il più ampio impatto delleazioni promosse dai nuovi migranti.

3. Il testo dello scrittore Carlo Levi, scritto in occasione della fon-dazione della Filef nel 1967, vuole ricordare il quarantennale dell'associa-zione, ma rappresenta anche il pretesto per un discorso. Come è noto tutte le associazioni dell'emigrazione italiana negli ultimianni, riconvertendo al passo coi tempi le loro modalità organizzative, sisono trovate ad affrontare grandi problemi di sopravvivenza. Tra queste laFilef nazionale, che pure ha circa 400 sedi all'estero e ha portato avantiuna ridefinizione delle attività puntando decisamente sulla progettualità.In questo modo, come è possibile rilevare sul sito Filef, l'associazione si èdistinta per qualità dei risultati conseguiti e per numero degli emigraticoinvolti. Tuttavia nell'ultima fase del governo Berlusconi, avvicinandosila fase elettorale e il voto all'estero, la Filef è stata tagliata da qualsiasifinanziamento a progetti, mettendone in discussione la sua stessa esisten-za. Questa situazione non si è modificata in maniera significativa neppure colnuovo governo. Si rischia di celebrare il quarantennale senza chiare pro-spettive per il futuro. Eppure il sito Filef è visitato ogni mese da circa 30 mila utenti, la casa edi-trice-la rivista-il bollettino periodico sono punto di riferimento per studio-si, associazioni di migranti e istituzioni locali, i film e i documentari pro-

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dotti negli ultimi anni sono uno strumento di lavoro utile per far conosce-re la nuova emigrazione. Col volume vogliamo rispondere in parte al problema ora sollevato, pro-muovendo e suggerendo un'iniziativa eccezionale di finanziamento. Anostro parere in tutte le Regioni sarebbe positivo rivolgere un Invito a tuttii sindaci e rappresentanti di Istituzioni locali per celebrare degnamente ilquarantennale. In tale occasione saranno proposte iniziative, Convegni,servizi da attivare sul fronte dell'emigrazione, materiali audiovisivi, formedi collaborazione nel campo della ricerca e della progettualità.Riteniamo che in tal modo si possano favorire anche attività che contem-poraneamente finanzino l'associazione e mettano le basi per rilanciare lepolitiche locali dell'emigrazione con nuovi giovani protagonisti.Per quanto riguarda la Filef Campania faremo la nostra parte in tale dire-zione. Ad esempio : nella prossima estate daremo corso al bando dellaterza edizione del Premio Carlo Levi, di racconti e ricerche dell'emigra-zione. Il partner principale del Premio sarà il comune di Cava dei Tirreni,che si è dimostrato sensibile a tale iniziativa. Abbiamo intenzione, tolte lespese di pubblicazione e i premi, di mettere a disposizione della Filefnazionale la parte restante del finanziamento che sarà stanziato.

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CLAUDIA KEMPER PACHECO(CILE)

Ciao a tutti, mi chiamo Claudia Kemper Pacheco, ho 29 anni, sono nata aSantiago del Cile e vivo da 9 mesi in Italia. Mi trovo in aula circondata daragazzi di tutte le parti del mondo che raccontano le esperienze proprie edelle loro famiglie. Tante storie tutte diverse, piene di colori dalle molte-plici sfumature, di aneddoti divertenti ed a volte incredibili. Racconti diterre lontane, di vite e di modi di essere molto differenti. Paesaggi incan-tevoli, montagne altissime dalla forma quadrata in Uruguay, cascate d'ac-qua più alte di un grattacielo in Venezuela, pianure sconfinate e vegetazio-ne incontaminata in Argentina, le 11 lingue ufficiali del Sudafrica,Inghilterra, Stati uniti, Australia, Cile. Un viaggio intorno al mondo adocchi chiusi, alla scoperta della bellezza del pianeta attraverso le parole diquesti ragazzi. Presentano i propri paesi di adozione pieni di soddisfazio-ne, ma tutti hanno un unico triste comune denominatore: l'emigrazionedall'Italia. Una esperienza certamente irripetibile, credo che mai più nellavita capiterà di trovarmi di fronte a tante culture, a tanti stili di vita ed atante tradizioni cosi diverse. Un confronto che arricchisce, a volte consana competizione, con discussioni accese o con comunanza di situazionie abitudini. Siamo tutti diversi e simili allo stesso tempo e tutti con lo stes-so punto di partenza, L'Italia. Raccontare la mia esperienza di emigrazione non è facile, soprattutto perle emozioni che provo nel ricordare tanti aneddoti di mia nonna e di miopadre. Le diverse situazioni vissute da loro, spesso sono state purtroppodrammatiche, ma la forza e la perseveranza delle loro anime sono riuscitea sostenerli fino ad oggi. Quando avevo circa 23 anni ho cominciato a cercare altri giovani italianiche come la mia famiglia erano emigrati in Cile. Cosi mi sono avvicinataad una chiesa italiana che mi indirizzò verso un'associazione campana.Cominciai immediatamente ad appassionarmi, a cercare d'integrarmi il piùrapidamente possibile. Conobbi alcuni ragazzi campani che frequentava-no l'associazione da qualche anno, avevano qualcosa di diverso, erano natiin Cile come me, ma nelle loro parole, nel raccontare le proprie originic'era un forte senso di orgoglio. Ero incuriosita, non riuscivo a compren-dere come si potesse avere tanto a cuore un luogo lontano decina di

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migliaia di chilometri dal Cile. Con il tempo cominciai a capire, conobbialcune famiglie di miei compagni, abitavano a Santiago nel centro, tra losmog e il caos di quella metropoli, però appena varcai la porta della casadella mia amica Giannina mi fu tutto più chiaro: non c'ero mai stata prima,ma quel luogo ero quasi sicura, era un pezzo d'Italia al centro del Cile.Tutto era italiano, parlavano in italiano, mangiavano italiano, vestivanoitaliano, ascoltavano musica italiana, mi raccontavano dell'Italia. Trascorsiuna giornata molto stimolante, cominciai a comprendere la differenza,cominciai a capire perché i compagni dell'associazione parlavano contanto orgoglio. Le loro famiglie non avevano mai effettivamente lasciatol'Italia, l'essere italiano era profondamente radicato e vivo dentro di loro.La vita a casa mia, tranne che per i racconti di mia nonna, era fondamen-talmente cilena, mi sentivo diversa, sentivo sempre di più che dovevo con-frontarmi con questa mia nuova possibile identità, d'italiano avevo sola-mente il passaporto e probabilmente la testardaggine di voler capire di più.Da quel momento è cominciato il mio viaggio, non solo un viaggio realeverso l'Italia, ma un viaggio dentro me stessa alla ricerca del confrontodella verità. Forse per tanti anni avevo vissuto una vita che non mi appar-teneva completamente, forse il mio desiderio di conoscenza, il mio sensodi insoddisfazione, erano causati probabilmente dal aver vissuto la miavita esattamente in un luogo del mondo opposto a quello in cui sarei dovu-ta nascere. Dovevo scoprirlo, volevo capire fino in fondo che cosa avreb-be significato vivere dov'era nato mio padre, a Napoli. Cominciai a cercare in tutti modi la possibilità di venire in questo paesecosi lontano, ma tanto presente e tanto conosciuto non solo nella comuni-tà degli italiani, ma un po' ovunque. Credo che la motivazione più grande che mi ha spinto in questo tempo acercare le mie origini, sia stato il cuore di mia nonna, il cuore di mia nonnanel senso dei sentimenti e dell'amore che mi trasmetteva ogni volta cheandandole a far visita mi raccontava un capitolo della sua emigrazione.Probabilmente senza volerlo quella vecchietta mi stava trasferendo partedel suo spirito e del suo desiderio incompiuto di vivere nuovamente nellasua terra, probabilmente senza saperlo il mio inconscio aveva già decisodi cambiare vita, e cosi come lei senza volere è emigrata in Cile, in mediventava sempre più forte l'esigenza di emigrare in Italia. Le radici della mia famiglia non sono nettamente definite, mio nonno eraAustriaco, mia nonna Slovena, mio padre Italiano e mia mamma Cilena.Però la voglia di sapere più da dove vengo, chi sono, mi ha costretto a nonfermarmi fino a quando non mi senta veramente appagata ed a mio agio,

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veramente a casa mia, senza dimenticare mai l'appartenenza alla mia fami-glia, forse tanto diversa dagli italiani e dal loro modo di vivere tanto for-male, ma tanto ricca di saggezza ed esperienza specialmente di vita vissu-ta. La diversità credo che abbia influito abbastanza sul mio essere, ma pur-troppo senza offrirmi una identità definita sulla quale lavorare per cresce-re veramente. E' anche per quello che sono qui tra tutti voi, cerco d'inse-rirmi ed adattarmi a questa nuova società tanto diversa dalla mia, che nonmi ha vista nascere e crescere, e non ha potuto accompagnarmi sin dall'ini-zio nel mio sviluppo personale affinché diventassi migliore.Dopo tanti tentativi andati a vuoto sono riuscita l'anno scorso a vincere laselezione di questo stesso corso, in cui quest'anno sto facendo la tutor, erofelicissima, avevo la possibilità di venire in Italia con un viaggio comple-tamente spesato dalla Regione Campania, una possibilità unica nella vita,l'unico modo per poter approdare nella mia terra d'origine, altrimenti inalcun modo mi sarei potuta permettere con le mie uniche forze di affron-tare questo viaggio. L'esperienza del corso fu eccezionale, un turbine diinformazioni, iniziai a conoscere quello che solo avevo intravisto da lon-tano, i luoghi di cui avevo sentito solamente raccontare. Visitare i luoghidei racconti di mia nonna e di mio padre mi riempivano di emozione. Iltempo trascorse in un baleno, un'esperienza ricchissima che non appagòper nulla il mio desiderio di vivere una vita italiana come una italiana vera,e non come una turista.Tornata a casa emozionatissima, non smettevo per un attimo di racconta-re le mie esperienze vissute, parlavo di tutto, mostravo a tutti le migliaiadi foto che avevo fatto, fotografavo qualsiasi cosa, paesaggi incredibil-mente belli, persone, strade, autobus, monumenti, per fino i bagni e laspazzatura. Tutto era importante per me, soprattutto perché era l'unicomodo di far vedere l'Italia alla mia famiglia, che non è stata fortunatacome me. Vedevo in particolar modo nello sguardo triste di mio padre, ildesiderio di essere con me in quei luoghi, ormai erano più di 50 anni chenon respirava più l'aria che aveva respirato per la prima volta nella vita. Ilfatto però che ci fossi stata io sembrava comunque essere una consolazio-ne per lui, non so bene perché, probabilmente sentiva che con me unaparte di lui tornava indietro. Cominciai a pensare e pian piano maturò inme un decisione importante. Volevo tornare, decisi di lanciarmi in questaavventura. Dal lunedì al venerdì lavoravo in un centro cartografico aSantiago a 2 ore da casa, mentre i fine settimana vendevo animali dome-stici nel Persa 40, un piccolo mercatino vicino casa mia, dove cercavo disembrare una di loro per non correre rischi, l'ambiente era molto pericolo-

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so. Continuai cosi per 6 mesi, ma non riuscii a conservare abbastanzadenaro per il viaggio di ritorno nell'Italia.I miei genitori erano abbastanza preoccupati, perché non volevano chevenissi qui senza un obbiettivo preciso, sia fosse stato di studio o di lavo-ro, l'importante era che avessi una meta precisa e un scopo reale.La fortuna improvvisamente mi sorrise, ricevetti la notizia di aver vintouna borsa di studio in cui non credevo tanto. Era una selezione molto dif-ficile, un Ente di ricerca italiano molto importante, dove avrei potuto svi-luppare al massimo i miei studi cominciati in Cile. Ero entusiasta però miresi conto che i soldi che avevo conservato lavorando al mercatino ed alcentro cartografico non erano sufficienti. Quasi impazzivo per trovare ildenaro necessario per il biglietto aereo e le prime spese d'affrontare all'ar-rivo. Al finale quando ero praticamente disperata la soluzione arrivò dallapersona più inaspettata, da mio fratello minore Nicolas appena diciotten-ne. Un giorno mi si avvicinò e mi disse: "se prometti che mi mandi un belregalo dall'Italia, ti presto i miei risparmi". Mi stavo nuovamente prepa-rando a partire, ma questa volta con orizzonti diversi e una determinazio-ne maggiore. Ricordo ancora mia madre impaurita e preoccupata quandomi accompagnò ad una agenzia di viaggio a comprare il biglietto. Quandola signorina prenotando il volo mi chiese la data di ritorno ed io le risposi"solo andata", mia madre rimase abbastanza colpita da questa mia sicurez-za, la sua preoccupazione maggiore era portata dal fatto che la mia borsadi studio durava solo due mesi. Ero determinata e convinta della mia decisione, questo tranquillizzava unpo' i miei genitori, sapevano che potevano fidarsi di me.Era un giorno nuvoloso il 6 d'agosto, quando sono partita verso l'Italia.Solo all'aeroporto, pochi minuti prima di partire cominciai a realizzare chenon sapevo dopo quanto tempo avrei potuto abbracciare la mia famiglianuovamente, stare con gli stessi amici che la sera prima avevano organiz-zato una festa per salutarmi. Ancora conservo nella mente tutti questiricordi come fotografie di un album che custodisco gelosamente dentro dime e che ogni giorno che passa la lontananza e il tempo gli danno piùvalore. Capii subito che questa volta non sarebbe stata tanto facile come l'annoprecedente, ero sola ad affrontare questa nuova vita, ma piena di entusia-smo e di positività. L'inizio di questa mia esperienza è stato abbastanzaagevole, anche se un po' faticoso. Non è stato semplicissimo adattarsi adun modo di essere cosi diverso, per quanto cercassi di non farlo notareanche se non parlavo, tutti si accorgevano che sono straniera. Dopo 3 mesi

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è capitato qualcosa che non credevo mi sarebbe successo mai, mi sonosentita strana, ero sempre stanca, nervosa, insoddisfatta, praticamente erodepressa anche se senza esagerare, il mio soggiorno in Italia stava miglio-rando di giorno in giorno: il tipo di studi che stavo facendo erano esatta-mente quello che desideravo per completare la mia preparazione, la borsadi studio mi era stata prolungata a tempo indeterminato, riuscivo a viverediscretamente senza l'ansia di dover contare le monetine nel porta spiccio-li per salire sull'autobus o comprare una bottiglietta d'acqua come mi capi-tava sempre a Santiago, qui addirittura anche se la vita è più cara potevoinviare un po' di soldi a casa, non tanto, ma poco denaro italiano può ser-vire molto in Cile. Mi fermai a pensare, non volevo ammetterlo a me stessa, sentivo la man-canza della mia casa, della mia famiglia, dei miei amici, la sentivo molto,come mai avrei immaginato. Questa ammissione mi ha aiutato a superarela tristezza, ho razionalizzato quanto sia importante per me essere qui equanto lo è per la mia famiglia. Questo è in breve il racconto della mia esperienza a metà tra l'Italia e ilCile. Sono solo all'inizio del viaggio alla ricerca della mia vera identità edelle mie origini, non è per niente facile accettare molti usi di questasocietà, abbastanza lontana dalla mia, probabilmente mi costerà moltafatica e impegno, probabilmente significherà lavorare molto sul mio esse-re, non è facile modificare 28 anni di vita vissuta dall'altra parte delmondo. Sento però che tanto sacrificio servirà a farmi ritrovare me stessa,la vera Claudia, non so se sarà quella persona che ha vissuto tutta la vitacome una cilena che voleva cercare di sentirsi italiana, non so se sarà unapersona che straniera in Italia riuscirà a trovare il proprio spazio o una ita-liana che comincerà a sentire troppo la mancanza della terra che l'ha vistanascere e ricorderà l'Italia solo come una storia da raccontare.Ma per ora sono qua tra tutti voi e sono felice di esserci.

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STEFANIA BOVE(SUDAFRICA)

Mi chiamo Stefania Bove. Ho 27 anni e sono una psicologa clinica, lavo-ro nel campo della psicoterapia in un carcere a Boksburg, Johannesburg inSudafrica. Sono un membro del comitato dell'Associazione della RegioneCampania in Sudafrica e mi occupo particolarmente delle relazioni pub-bliche rivolto ai giovani. Quasi una settimana fa ci hanno assegnato un compito per riflettere sullanostra esperienza di essere figli nati da emigrati italiani. Questo mi hamandato in uno stato di tormento e profonda confusione. Sentivo forteangoscia che la prospettiva di non avere una risposta immediata significa-va dubbio in ciò che è stato sempre un valore culturale abbastanza abbrac-ciato per me. Accadde poi una cosa sorprendente. A questo punto, mi sentocostretta di dire che sono sempre stata capace di articolare una rispostasenza l'incertezza e come così, sentendo che ai miei pensieri mancòsostanza, mi lasciò sentendosi piuttosto insicura. Mi sento meglio averappena scoperto che la mia risposta mi eluse. Mi sono reso conto in sguar-do retrospettivo che non essere capace di produrre subito una rispostadiretta non era il risultato di non aver sentito il legame con i miei radici,ma in contrasto, sentendolo cosi forte ed estrema che sommerge il mioessere intero. La ruminazione e processo pensante ed intricato che furono richiesti datale domanda erano davvero dei processi necessari. Perché era attraversol'esplicazione di questo compito che ho scoperto che la mia italianità defi-nisce quello che sono che io sono definita dalla mia italianità. Spiegherò nelle prossime pagine la mia interpretazione di essere italo-sudafricana ma credo che una parte integrale bisogna cominciare dall'ini-zio, con la genesi di come io venni ad essere qui in questo mondo e cosi ènecessario guardare l'arrivo dei miei nonni in Sudafrica.Il mio nonno materno si chiamava Coda Francesco ed era uno di quattrofratelli maschi. La sua mamma aveva tanto sperato in una femminuccia,ma purtroppo non è stato possibile, e così due dei fratelli (zio Mimì e zioVincenzo), hanno continuato il mestiere del padre e cioè il falegname.Costruivano bellissimi mobili per casa nello scantinato dove vivevano,sopra c'era una cucina, ed a lato una stanza da letto dove dormivano tuttiinsieme. L'altro figlio, il più piccolo, si chiamava Antonio, come il padre,

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e andò da uno zio ad imparare il mestiere di sarto che ha continuato a fare,prima in una grande azienda del Sudafrica, dove si cucivano vestiti dauomo, poi ritornato in Italia e morto recentemente. Il terzo figlio, miononno, andò ad imparare il mestiere di calzolaio e lui diceva sempre chela sua povera mamma dava un po' di soldi a questa persona che poi luipagava mio nonno come ricompensa per tenerlo invogliato e buono.Lo zio Vincenzo, falegname, andò in guerra e fu preso prigioniero. Fu spe-dito in un campo di prigionieri a Zonderwater in Sudafrica. A proposito,ci e stato uno scambio, perché questo campo adesso e stato dichiarato"Suolo o Terra Italiana". Invece il campo di prigionieri Sudafricani aRoma è diventato "Terra Sudafricana". In questo campo venivano i padro-ni delle fattorie dei dintorni a prendere certi prigionieri per farli lavorarenei campi e così zio Vincenzo imparò a parlare la lingua africana ed un po'di Inglese. Lui si meravigliava di venire trattato cosi bene che quando arri-vò il momento di essere rimpatriato, se ne andò a malincuore e decise ditornare in Italia, solo per vedere i familiari e poi se ne ritornò in Sudafrica.Lavorava molto bene a fare i lavori in legno, come cucine, sia da ufficioche da case, come pure spartizioni per uffici e tante altre cose.Dopo un paio di anni, zio Mimì intanto si era sposato, ha chiesto a zioVincenzo di mandarlo a chiamare in Sudafrica e cosi avere un avveniremigliore per sua moglie e le due figlie che poi nacquero in Sudafrica.Dopo ancora un altro po' di anni, zio Ninuccio ha fatto lo stesso e comedetto prima, lui lavorava in una fabbrica di vestiti e la moglie faceva lamagliaia. Comprarono una casa a Johannesburg e le persone che hannovenduto questa casa avevano una piccola azienda per maglieria, e così lazia ha continuato il suo lavoro e guadagnava benino.Mio nonno si innamorò di una bella ragazza che abitava in un piccolopaese vicino al suo e siccome lei veniva da una famiglia molto benestan-te con proprietà, case e terreni, e la sua famiglia non vedevano di buonumore queste unione, così nonno e nonna sono scappati di casa (fuggiti) esi sono sposati vicino Roma. Quando sono tornati il bisnonno li ha accol-ti ed ha dato loro un po' di terreno per coltivarlo con sopra delle case perabitarci. I mobili dentro casa li ha costruiti zio Mimì ed erano bellissimi.Mia nonna e gli aiutanti coltivavano il terreno, e mio nonno aveva un pic-colo negozio per riparazioni di scarpe ed anche scarpe nuove.Però mia nonna qualche volta insisteva volendo essere aiutata da miononno, che però non s'intendeva di coltivare la terra, e così dopo una quin-dicina di anni decise di cercare fortuna altrove, ed avendo già tre dei suoifratelli in Sudafrica si fece fare un "Atto di Lavoro" che nel 1960 voleva

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dire che le autorità Sudafricane gli davano il permesso di entrare inSudafrica, ma il lavoratore non gli dava il lavoro, perché era solo unacopertura, una frode. Mio nonno partì con la nave del Lloyd Triestino"Africa" da Brindisi per Durban, e si fece una bella vacanza sul mare per-ché allora ci impiegava tre settimane per arrivare a destinazione.Mia mamma che aveva 13 anni ed il fratello di 12 anni con la nonna, rima-sero in Italia finchè mio nonno non si è guadagnato un po' di soldi e hamandato a chiamare tutta la famiglia per raggiungerlo.ll povero nonno lavorava lontano ed ha sofferto molto, perché lavorava suipullman dei neri a fare l'ispettore. Questo era un lavoro molto umile, labo-rioso e pericoloso, ma mia nonna non era al corrente di questo, e quandomio nonno annunciò che aveva lasciato quel lavoro, mia nonna si ramma-ricò molto ed andò a pregare perché la buona sorte aiutasse il marito. Miononno aveva tanta buona volontà e trovò un altro lavoro a Johannesburgin un negozio di riparazioni di scarpe. Adesso che lui continuava a fare ilsuo mestiere, era sempre felice e contento, e cantava spesso le canzoninapoletane, e il suo datore di lavoro gli voleva molto bene, veniva remu-nerato bene e trattato dignitosamente. Viveva con una famiglia che veni-va da Benevento perché i fratelli non avevano spazio. Due abitavano in unmonolocale ed il terzo in un appartamento un po' più grande, ma avevanodue bambine.Dopo un anno mandò a chiamare la famiglia, oramai guadagnava abba-stanza per permettersi di affittare una casa e portare avanti la famiglia ecosì mia mamma, Rosa, di 14 anni, mio zio Tonino di 13 anni e mia nonnadi 35 anni, lasciarono Angri in provincia di Salerno per Roma. Lì si incon-trarono con le altre persone che venivano in Sudafrica. Mia mamma hatanti ricordi di quelle emozioni. Prima di dover lasciare tutti gli amici delpaese, questo le fu molto difficile e straziante. Ancor oggi ne ha vividiricordi. Anche il vicino di casa le propose di sposarlo per non andare via.Figurati! Si ricorda anche che a Roma si incontrarono con un giovane cheveniva a cercare fortuna ed una giovane che doveva raggiungere il maritoche aveva sposato per procura. Questi due giovani si innamorarono perdu-tamente ed arrivati all'aeroporto sudafricano, la donna non volle seguire ilmarito e restò con il suo nuovo amore. Era il 15 Aprile del 1961.Incominciò la vita sudafricana. In Aprile è già autunno, ma a quel tempoerano sempre belle giornate di sole e qualche volta scoppiava qualchetemporale nel pomeriggio. Quando mia mamma è arrivata in Sudafrica aveva ottenuto il certificato diterza media in Italia, ma non contava niente anche perché lei aveva studia-

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to il francese e così non parlava l'inglese. Lei ed il fratello sono stati accet-tati in una scuola locale che fortunatamente aveva un'insegnante discen-dente dall'Italia e lei si è presa cura di questi poveretti, li ha affiancati adue allievi abbastanza bravi per aiutarli anche con gli altri ragazzi checome sappiamo sanno essere anche crudeli.In poco tempo mamma parlava l'inglese correttamente perché appassiona-ta di lingue ma con l'Afrikaans proprio non ce la faceva ad impararlo. Gliamici Italiani molte volte la deridevano e lei si disperava ma dopo è stataaccettata ed ha avuto una bella e spensierata gioventù. Però la nostalgiadel suo paese è rimasta come allora.Mio zio Tonino, allora come oggi, era amico con molti ragazzi italiani cheportava a casa, e appunto uno di questi era mio padre, che abitava un paiodi strade dopo la nostra. Papà si è innamorato subito di mamma e, con lascusa di aspettarla alla fermata dell'autobus quando andavano a lavorare,l'accompagnava dappertutto. Però mamma aveva conosciuto al lavoro uningegnere tedesco, giovane, bello, biondo con gli occhi azzurri, ed avevaperso la testa per lui che portava a casa a cena. Ogni tanto lui se ne torna-va in Germania e così mamma decise di lasciarlo. Papà prendendo l'oppor-tunità a volo si fece avanti dichiarando il suo amore per lei e così poco apoco anche mamma s'innamorò. Decisero di sposarsi dopo un paio d'anni.Quando dopo qualche anno mamma aspettava la nascita della mia primasorella, Rina, suonò il campanello d'ingresso, mamma andò ad aprire e sitrovò davanti quel ragazzo tedesco che era venuto per chiederle di sposar-lo; finalmente mamma gli fece vedere il pancione e disse: "oramai è trop-po tardi" anche perché adesso la mamma amava papà.Mamma e papà hanno sempre lavorato molto e lo fanno ancora, per darea noi tre figlie tutto quello che potevano, tanto affetto, amore, compren-sione e loro dicevano sempre l'amore per l'Italia come una buona educa-zione e un titolo di studio.Poi, la famiglia di mio padre è molto numerosa e lui era uno di 10 figli,cinque maschi e cinque femmine. Solo la prima figlia si era sposata a 16anni. Abitavano a Maddaloni ed avevano fatto richiesta per un apparta-mento popolare. Mio nonno era barbiere, come pure due dei figli maschipiù grandi. Il più piccolo aveva 6 anni. La seconda figlia era fidanzata alpaese. Mio nonno proprio non ce la faceva a sfamare tutti ed allora fecedomanda di emigrare o in Argentina o in Sudafrica. Appena arrivò il per-messo di emigrare lui venne in Sudafrica prima solo e dopo un po' mandòa chiamare la sua famiglia. Questa storia dell'emigrato con una famiglianumerosa venne anche pubblicata in un giornale locale che spiacentemen-

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te si è persa la copia. Nel frattempo mia zia Maria con il marito sentivamolto la mancanza dei genitori, fratelli e sorelle ed anche loro fecerorichiesta di venire in Sudafrica. Loro hanno avuto sette figli. Mio zioAntimo è morto dieci anni fa, ma aveva comprato un appartamento inItalia dove adesso ci abita la moglie perché a lei piace stare molto di piùin Italia perché non guida e può andare a fare la spesa da sola, cioè esse-re più indipendente anche se adesso ha settanta anni. Il suo primo figlio,Salvatore, ha avuto una catena di bar chiamati "Brazilian Coffee Bar" edè molto intraprendente. Adesso è padrone di questo franchise, come puredi una catena di negozi alimentari chiamati "Europa".A mio padre non piaceva andare a scuola perché non parlava l'inglese, edallora il nonno gli trovò lavoro come carrozziere e cosi andò a lavorare adiciassette anni con una brava persona torinese che aveva un'impresa dicarrozziere. Sua moglie aveva due figli da un'altro matrimonio con unuomo africano, ma il signor Brega si affezionò molto a mio padre perchéera educato e lavoratore; invece il figliastro era un bravo ragazzo ma beve-va un po' troppo e bisticciavano spesso. Il signor Brega è morto da unadecina di anni e adesso la moglie che ha ottanta anni dirige con l'aiuto delfiglio e di un socio questa azienda, e mio padre lavora ancora là. Questoanno mamma e papà compiranno sessanta anni ed hanno intenzione divenire a stare ad Angri perché anche loro hanno un appartamento lì evogliono passare un pò di tempo lì. Mamma si dispera perché mia sorella Rina, sposata con un portoghese, hauna figlia Katia di 5 anni e Gianluca di 3 anni e non sa se ce la farà a starelontana dai nipotini. Ma si vedrà. Però la nostalgia è sempre molto forte.La mia povera nonna paterna è ancora viva, ha 92 anni e vive aMaddaloni, non vede molto bene ma quando l'ho rivista l'anno scorsoabbiamo passato bei momenti insieme.Tre sorelle di mio padre se ne sono tornate in Italia, come pure un fratel-lo con la moglie. Adesso la famiglia numerosa si è sciolta, un po' inSudafrica ed un po' in Italia. Le ricerche sulle famiglie italiane di emigra-ti dal punto di vista psicologico sono state fatte sopratutto negli Stati Uniti,e non ci sono specifiche ricerche sulla comunità italiana in Sudafrica.Comunque queste considerazioni generali sono valide per tutte le famigliedi emigrazione. Si può congetturare con delle certezze che se non fosseper il sacrificio dei miei nonni nel lasciare la loro Italia, probabilmentenon sarei capace oggi di godere i paesaggi fantastici della Campania in unmodo così più profondo che un semplice turiste che appoggia i suoi occhisul territorio per la prima volta.

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Allora cos'è quello che mi rende totalmente leale e legata al luogo dei mieiantenati? Sentendo meno l'ansia che una risposta tale porta con sè, sentopiù sicuro di dire che non ho una risposta esatta ancora. Cioè ho molterisposte piccole. Molte persone mi chiedono se qualche volta mi sento sommerso in unafusione delle due culture molto diverse e specificamente in un contestoche ha e continua a sviluppare tra molte trasformazioni. Ho applicato que-sta domanda al mio senso d'identità e in contrasto a problemi predetti del-l'integrazione, ho sentito invece una ricchezza del successo e piacere adessere capace di utilizzare valori tradizionali inerente ad una predisposi-zione multiculturale. Infatti, mi sono sempre sentita privilegiata di comportarmi come un pic-colo ambasciatore che unisce le culture sudafricane e italiane e rappresen-ta la ricchezza di nuove opportunità. C'e una percezione della realtà italia-na acquisita attraverso i ricordi dell'Italia di genitori e familiari, una per-cezione spesso datata e poco in linea con la realtà attuale. È anche neces-sario dare attenzione all'opposto, alla diffusione d'informazione agli italia-ni. Per esempio, prima ero molto criticata perché la gente pensava chevenivo dal terzo mondo, infatti mi dicevano: "ma la mattina scendi dall'al-bero di cocco" oppure pensavano che vivevo nella giungla. Nelle mie prove di coltivare una risposta ricca, ho chiesto ad un giovaneragazzo del luogo che si fa sentire orgoglioso di essere italiano. La suarisposta era: "Leonardo chi era? Era americano? No, era Italiano! Italia èuna nazione grande". Anche se la sua risposta era una che sulla superficiesembrava piuttosto arida, riflette i miei sentimenti in un modo spavente-volmente simile. Da quanto mi ricordo, mi sono sentita sempre Italiana. Ma si può dire cheil mio interesse e la mia attrazione per l'Italia in generale e la Campaniaspecificamente, è cresciuta da una vacanza in Italia che ho fatto quandoavevo cinque anni. In tutte le mie attività, mi sento spinta dalla forza del mio patrimonio cul-turale. Miei genitori mi hanno cresciuto come se fossero in Italia. Mi sentoveramente privilegiata di avere la possibilità della doppia cittadinanza el'approvazione della legge sul voto degli italiani all'estero è stata per noigiovani un grande conseguimento. Si pensa che gli italiani con passapor-to a Johannesburg siano circa 24 000. Anche se sono punti notevoli, pensoche riflettano più il legame concreto che viene con la provenienza italianache i miei veri sentimenti - quelli di proprio essere italiana. Adesso provodi esplicare questi in un modo più descritto nel discorso che segue.

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Non voglio essere italiana solo quando l'Italia diventa campione delmondo o quando vince il cavallino rosso della Ferrari, invece voglio tene-re sempre forte i valori e l'orgoglio di essere italiana e, soprattutto, cam-pana. I giovani italiani all'estero della prima generazione non si sentonocompletamente italiani ne completamente sudafricani, americani, vene-zuelani, ecc. A partire dalla seconda e terza generazione, l'integrazione nelsistema del paese "adottato" diventa più definito. Questa integrazioneporta con se il rischio della perdita d'identità culturale d'origine che simanifesta con la riduzione progressiva della comunità italiana. Ho pauraper la perdita dell'identità campana e per questo vorrei assicurarmi che traventi anni saremo ancora legati al paese di origine dei nostri genitori e deinostri nonni. Perciò mi sento costretta di imparare del mio passato e anchepiù importante, mantenere il contatto costante con l'Italia. C'è timore nell'essere capace di camminare su un pavimento parquet conpannelli di legno fatti dagli alberi di olive, quegli alberi che si possonovedere crescere in una piantagione vicinissima al castello medioevale epittoresco nel quale stiamo facendo il corso di formazione. Mi sono resa conto anche che la vita di famiglia italiana e i suoi valoriincorporano il ruolo della donna (la madre), è molto legata con la miaidentità italiana. Queste è visto contrapposto con molte famiglie sudafri-cane di lingua inglese, che si costruiscono in modo nucleare con unacarenza di enfasi sulla famiglia estesa e invece un enfasi sull'individuali-smo. Secondo me, queste tradizioni sono un modo importante in cui lefuture generazioni di campani possono restare in contatto con le loro ori-gini perché la maggioranza si sta staccando sempre più dalla cultura e daltradizionale orientamento familiare. I figli di seconda e terza generazionedegli emigrati, come me, necessitano di acquisire consapevolezza delleproprie radici culturali, credenze e tradizioni atte ad offrire ad essi unamigliore conoscenza della propria identità culturale. Così desidero vivereuno stile di vita mediterraneo ed arricchire il multiculturismo sudafricano,e sopratutto non voglio mai dimenticare il mio retaggio napoletano.I figli degli italiani residenti all'estero acquistano una nuova ricchezza cul-turale aggiungendo la cultura del paese estero. In Sudafrica come in altripaesi esistono molti gruppi di italiani ma purtroppo non si conoscono enon sono in contatto tra di loro. Il risultato è che spesso il valido lavorosvolto da un gruppo, senza un coordinamento centrale, viene perso e nonha seguito. Ma in tutto, abbiamo le stesse speranze, gli stessi sogni. E perquesta ragione che voglio impiegarmi di condividere le mie idee e utiliz-zare le mie esperienze per sviluppare modi in cui i giovani italo-sudafri-

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cani in Sudafrica possono unirsi e applicarsi a mantenere i valori familia-ri attraverso questi scambi. Pertanto ho sentito una profonda tristezza chei giovani connazionali si stanno sempre più perdendo e sempre più allon-tanando dal loro legame con l'italianità, ho cercato di fare il più possibileper aiutare i giovani campani all'estero di ricordare le loro radici. Non pos-siamo accentuare l'importanza fondamentale di vari corsi di aggiornamen-to e approfondimento che ci spingono a venire più vicino con sano desi-derio di conoscere il nostro paese e aumentano le opportunità di tenere lacomunità informata. Il mio coinvolgimento nei vari settori sia come mem-bro dell'Associazione per la Regione Campania in Sudafrica che comerappresentante agli stage, mi aiuterebbe a farmi portavoce per gli altri gio-vani campani in Sudafrica. Ci sono altre come me che mostrano l'entusiasmo e la voglia di creare un"networking" che ha grande potenziale per diffondere un cambiamentod'informazione e creare lo spazio per scambiare l'idee pieno d'ispirazione.La prima generazione della popolazione campana all'estero sta affrontan-do una diminuzione, e così l'individuo deve assumere un atteggiamento diresponsabilità di inserirsi nella comunità italiana in una maniera che si creiun'energia dinamica. Cosi possono incorporare e portare avanti le loronuove idee e la loro creatività con quelle idee già proposte nel passato permigliorarle. Le nuove generazione fanno parte di una comunità transna-zionale e di una nuova forza politica, economica e culturale. Cioè, lenuove generazioni essendo vissute in un ambiente multiculturale, sonodepositarie di conoscenze e di valori a cui l'Italia può fare riferimento perattingere dalla esperienza come dirigere ed integrare l'entrata di nuove cul-ture all'interno della società italiana. Dobbiamo mantenere il legame con l'Italia e la diffusione della cultura ita-liana anche tramite la lingua, che si può vedere come veicolo il quale sipuò affrontare una cultura, un'altra definizione di italianità. In Sudafrica simanifesta una carenza d'interesse per la nostra lingua italiana. Il sistemaeducativo sudafricano si sta ristrutturando, e necessario oggi offrire lanostra lingua e cultura alle scuole pubbliche e private. Si sta lavorando perl'inserimento della lingua italiana nel curriculum delle scuole sudafricane.Se si riuscirà a fare questo, sarà possibile anche rinvigorire i dipartimentidi italiano presso le maggiori università del paese che oggi si trovano inserie difficoltà. Secondo me, il prospetto di multilinguismo è un valorenon abbastanza promosso. Allegato a questo punto bisogna anche menzio-nare che dobbiamo assicurare l'equipollenza/ il riconoscimento dei titoli distudio (lauree).

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Essere Italiana è un valore che tengo molto sacro, e per quanto riguarda ilmio coinvolgimento, sono stata coinvolta nelle riunioni informali cheoffrono un ambiente per la discussione su punti di interesse sulla RegioneCampania; ho dimostrato la mia lealtà attraverso la mia presenza alle festeitaliane organizzate dal Consultore in Sudafrica (certamente con cucina egastronomia tipica), ed anche partecipando alle varie attività sportive checoinvolgono gli italiani. Ho una grande passione per la cucina napoletana,e per la pasticceria in particolare, e come conseguenza sono stato spinta adaiutare mia madre che le piace molto fare le sfogliate. Siamo stati fortuna-ti di aver seguito la novella televisiva intitolata "Capri" sulla RAIInternational e ci ha riportato nostalgicamente a farci conoscere tutte lebellezze campane come Capri, Positano, Sorrento e la CostieraAmalfitana. Vorrei tanto imparare molto di più e così invogliare gli altri afare dei viaggi in Italia, come pure a portare gli italiani a vedere le magni-fiche e diverse bellezze del Sudafrica, per esempio il Parco Nazionale delKruger. Per visitare i luoghi principali della Campania ed apprezzare dellebellezze naturale e patrimonio storico-artistico di una terra straordinaria econoscere meglio le realtà produttive del territorio, sarebbe veramente unsogno realizzato per me. Ogni volta che ho l'opportunità onorevole di visitare il mio paese di origi-ne rinforza la mia propria identità e accorcia la distanza che sento tra mecome persona e con un posto a cui mi sento molto legata; rafforza il miorapporto con la terra d'origine. Tale stage e corsi di formazione danno lapossibilità di una scena per la discussione e integrazione delle idee produt-tive e danno anche l'opportunità di una nuova sinergia dove delegati di ori-gine italiana nei vari paesi nel mondo possono mostrarsi come strumentidi cambio e veicoli di comunicazione. Cosi aumentiamo la crescita dellecollaborazioni con i campani all'estero e loro nella terra delle nostre origi-ne. Ritengo la speranza che mi troverò in una posizione prestigiosa di con-tribuire allo sviluppo di intesi progetti che vedano le nuove generazioniprotagoniste di un futuro migliore, con dialogo e collaborazione per lacoesione di nuovi interessi. Ho il sogno di passare i miei ultimi giorni inun piccolo borgo come questo a riflettere sul mio ruolo fondamentale cheho giocato come protagonista nel mantenere l'equilibrio delicato tra la miaeredità italiana e quella identità italo-sudafricano da dove provengo.Per tanti, l'identità italiana si manifesta soltanto nel nome o in qualchelegame con un paese al prima posto della moda (con case di moda profon-damente apprezzate come Dolce e Gabbana o Gianfranco Ferrè). Nonbasta vendere l'immagine dell'Italia strettamente come paese di cultura,

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ma anche come paese industriale e moderno all'avanguardia degli svilup-pi economici e tecnologici. Sono profondamente legata alla terra di miopadre e preparata per esporre un'immagine dell'Italia come luogo vivo,produttore di modelli di vita moderna, un patrimonio irrinunciabile e davalorizzare. Esperienze di scambio e collaborazione coi connazionali par-tner offrono l'opportunità di imparare dell'Italia da un'esperienza diretta edanche formulare delle abilità culturali e linguistiche. Tengo forte l'opinio-ne che i giovani campani-sudafricani si devono trasformare in veicoli ditrasporto e agenti di turismo perché più impariamo a conoscere il nostropaese e meglio saremo in grado di scambiare la nostra conoscenza conmolti. Sento forte il bisogno di presumere il mio dovere come un cittadi-no italiano, di assumere un atteggiamento di responsabilità e di occupar-mi di una partecipazione molto più attiva e diretta, addossandomi l'oneree l'opportunità di portare avanti le mie idee di italianitàOgni giorno mi rendo più consapevole del grande valore legato ad esseredi origine campana. Ti dico in somma che l'onore di essere italiana l'hoaddosso e la Campania l'ho nel cuore e nel sangue e l'ho con passione.Questo è il racconto delle mie riflessioni come figlia di emigrati italiani inSudafrica ed è solo una realtà di una comunità dei connazionali residentiall'estero. Il viaggio in questa scoperta è stato un viaggio meraviglioso esono grata per questa opportunità

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GIANCARLO DI BIASE(CILE)

Il grande fumo, il gran fuoco, le grida, il suono assordante, le lacrime e lefacce segnate dal dolore. Dopo un po', silenzio e ricordi. Così iniziano ledomande, le possibilità e le decisioni decisive che marcheranno la vita ditante persone e dei suoi discendenti, come me.La domanda che far suonare il pensiero é una sola: "Adesso, dove andia-mo"? Mi sembra abbastanza importante soffermarsi su questo interrogati-vo per cercare di capire le decisioni da prendere.La situazione, come alla fine di ogni conflitto bellico, é disastrosa e ades-so, le grida, le lacrime e il dolore arrivano all'udito per un altra ragione: lafame. Le decisioni devono essere prese in fretta e senza tanti pensieri:"....il giorno delle grandi decisioni è arrivato...", frase assordante nellamente di tanta gente prima di inoltrarsi in quella avventura chiamata guer-ra, ma che si ripete adesso per altre ragioni che seguono altri sogni.La sola decisione di partire, di per sé, era un dramma, ma alla fin fine èuna decisione da prendere in fretta: essa scalpita, come un cavallo selvag-gio che vuol tornar ad esserlo; le prime sensazioni sono quelle di volgerelo sguardo ai parenti o agli amici che avevano preso la stessa decisione,per simili ragioni o per altre, e avevano avuto il coraggio di farlo. Altri cer-carono,nell'oscurità di una geografia a loro sconosciuta, il famoso "sognoamericano".Tutto pronto: le poche cose sono pronte e anche la voglia, accompagnatasin dalla partenza da una grande nostalgia, da un addio, o magari da unarrivederci da quella terra amara ma tanto amata. Fu una battaglia di sen-timenti posti in atto dall'ormai stanco, offuscato pensiero di non poter piùandar avanti così.Nel porto, sulla nave, gli occhi sono bagnati da lacrime che rincorrono lacittà di Napoli; man mano che la nave si allontana dal golfo, lo spettaco-lo della terra, il mare, il Vesuvio si mescolano con il fumo delle caldaie ela scia bianca prodotta dal movimento pesante della nave sul mare, comecicatrice che finalmente la natura cancella.Il pensiero adesso si volge ai tempi passati, alle feste, alle passeggiate, aivolti lasciati, amici e non, a tutto quello che si lascia indietro. I primi gior-ni trascorrono così, poi inizia a crescere l'ansia che porta l'arrivo a una

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terra sconosciuta, ma nella quale esistono parenti e possibilità che posso-no essere la risposta al richiamo d'aiuto.Per il lavoro non c'è problema, i cugini scrivevano meraviglie di questopaese chiamato Cile, che in realtà raccontavano si scriveva Chile. ANapoli si lavoravano i tessuti, si facevano i vestiti, a volte molto pregiati,convinti che sarebbero durati tutta la vita , se erano ben usati.Il cinquantesimo giorno di viaggio fu vista terra, la stanchezza accumula-ta sia mentale che fisica si lasciò andare all'emozione di una scoperta, unanuova scoperta vitale che si poneva davanti agli occhi.Punta Arenas, vicino all'Antartide, freddo, neve, molto vento, ma un belpaesaggio in complotto con quel mare che non vuol far dimenticarel´odore del mare che riempie i polmoni di un po' di Napoli.La famiglia e gli amici che erano emigrati alcuni anni prima aspettavanocon ansia l'arrivo di Cosimo, Rosa, e il figlio Gennaro per poter riabbrac-ciarli.La caratteristica della città di Punta Arenas è quella di essere un postodove si trovano molti emigrati provenienti da tutto il mondo, specialmen-te inglesi e slavi. La collettività italiana non aveva una presenza importan-te come per esempio a Buenos Aires.La città più australe del mondo ha un'importanza dal punto di vista delcommercio e della comunicazione. Questo porto cileno è il passo obbliga-to tra l'Oceano Atlantico e l'Oceano Pacifico, prima della costruzione delcanale di Panama, attraverso lo stretto di Magellano. Questa situazionefaceva di questa città un centro di rifornimento e anche un importante cen-tro commerciale. Allora il lavoro dei tessuti aveva un qualcosa in più,come anche un locale di abbigliamento, dove gia lavorava la famigliaFoschino da una decina di anni.Dopo l'arrivo, dopo tante emozioni messe assieme, si iniziò a lavorare, lecose andavano abbastanza bene e Cosimo dopo un tempo compro casa eun negozio al centro della città.Dall'altra parte del paese, arriva la famiglia Cuomo con la sua figliaAgnese dall' Italia, anche loro da Secondigliano, ma dopo aver vissutosette anni a New York. Adesso la destinazione finale é Santiago, la capita-le cilena. Il capo famiglia Raffaele si occupa dell'elaborazione di formag-gi e gelati; aprirono a Santiago un gran locale con questi prodotti.Il piccolo Gennaro e la piccola Agnese crescevano in città diverse, e leloro usanze italiane andarono avanti tutti i giorni della loro vita. Le usan-ze in quanto al cibo sono le stesse di una volta, magari con un altro tipo diqualità dei prodotti, che pian piano miglioravano col tempo. L'educazione

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ricevuta era molto importante, un rispetto grande per i genitori, una forteeducazione cattolica, ma anche una vita piena di valori importanti porta-ti dallo "stivale" e specificamente dalla Campania.Specialmente nelle riunioni del fine settimana in cui si facevano pranzi ocene che duravano tutta la giornata, si cantavano canzoni napoletane dovei visi esprimevano tanti sentimenti come ciascun color di un arco balenopuò esprimere. La felicità e la nostalgia facevano da staffetta, una corsache non finiva più fino alla fine della giornata. Così trascorreva la vita di tante persone, di tanti immigrati in terre lonta-ne. Così fu la nascita, il punto di partenza di tante avventure che fino aigiorni nostri continuano a succedere, d'una forma o di un altra, ma nellostesso segno, il segno ci piaccia o no, di essere emigrati, emigrati campani.Tutta questa introduzione che ho scritto fino a questo momento sarà sicu-ramente qualcosa che già avrete ascoltato, ma per poter parlare di un temacome l'identità campana ci vuole una base da dove poter generare unacerta comprensione di come é accaduto tutto, dall'inizio. Potrei scrivere econtinuare a spiegare com'è stata la vita degli immigrati a inizio e metàdel ventesimo secolo, ma anche questa operazione é già stata fatta, e cisono molte testimonianze e raccolte scritte e parlate, e non mi sembra ilcaso di annoiarvi con storie di matrimoni, battesimi, feste che trasforme-rebbero questo dialogo in una cronaca, o nel peggiore dei casi, in unromanzo mal riuscito.Anche se ci sono delle referenze cronologiche e esperienze della mia vita,cercherò di raccontare e far capire a chi legge come oggigiorno l´identitàitaliana, e specialmente quella campana, si sviluppa in silenzio dall'altraparte del mondo, ma adesso attraverso la seconda e terza generazione. Un lavoro importante, sconosciuto che fa rinascere e sottolineare la nostraappartenenza e la nostra felicità di essere campani.Sin da piccolo a casa, a Santiago, si parlavano tre lingue: l´italiano, lo spa-gnolo, e una delle più belle lingue al mondo che ispira tanto sentimento, ilnapoletano. Si sentiva parlare, si ascoltavano tante canzoni che raffigura-vano grande felicità nelle facce dei miei genitori e anche un pizzico dinostalgia; lo sguardo a volte si perdeva e si soffermava in un punto fisso,magari pensando in quella bella terra che gli ha visti nascere e crescere.Tutti questi sentimenti, si voglia o no, si trasmettono di generazione ingenerazione attraverso il tempo e sicuramente la mia forma di essereoggettiva e soggettiva ha nella base, nella colonna vertebrale, qualcosad'italiano e qualcosa di cileno.

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Questi sentimenti verso la terra d'origine si possono identificare in moltecaratteristiche che vanno avanti ormai da abbastanza tempo e che si sonosviluppate con il passare del tempo. Il fatto del cibo é una delle proprietàpiù importanti in ambito quotidiano, ma sicuramente una delle cose chepiù ha peso giorno per giorno, è il modo di pensare, che raggruppa ogniforma d´ essere nel mondo.Potrei affermare che il modo di essere napoletano ha avuto nella mia vitaun influenza positiva e pure qualcosa di negativo, ma quest'ultimo non hamai interferito nel sentimento di appartenenza o d'identità. Ci sono tantecaratteristiche che non riuscirei mai ad elencarle o ad identificarle tutte, ecercherò attraverso il mio racconto, quello della mia famiglia e dellasocietà di appartenenza descrivere nel miglior modo possibile queste miesensazioni.In Cile, la collettività italiana non è così grande come in altri paesi del sudAmerica, sicuramente a causa della dispersione geografica, ma comunqueesistono tanti italiani e sembra che sempre appaiano di più, specialmentedopo la grande vittoria ai mondiali di calcio celebrati qualche mese fa. La storia dei campani in Cile non è qualcosa massificata, infatti, gli italia-ni più numerosi nel mio paese di nascita sono i liguri, toscani e i veneti.Sono anche le regioni più organizzate dal punto di vista dei partecipanti egli iscritti alle proprie associazioni. L'associazione campana, che risiede a Santiago, é stata fondata nell'anno1997, quindi é qualcosa di nuovo. Dal punto di vista dell'organizzazionepian piano che passa il tempo ci si organizza di più e si cerca di aumenta-re e ri-scoprire i giovani che hanno discendenti campani, che non sonopochi.Personalmente il sentimento e il senso di appartenenza che ho con laCampania, e specificamente con la città di Napoli, é una cosa che non éfacile descrivere, ma cercherò di farlo. Nella mia famiglia, come detto un po' fa, il rapporto tra le usanze napole-tane é stato sempre vivo. A dire il vero, quando ero piccolo non mi piace-va molto che parlassero per strada l'italiano, mi faceva vergogna; maquando uno é piccolo non capisce queste cose. Adesso potete pensare cheil fatto sia rimasto nell' inconscio come un trauma, ma grazie a Dio non écosì. Il sentirsi fiero di appartenere a un grande paese, il sentirsi fiero diappartenere a una città come Napoli é qualcosa che si sente di più quandouno si trova fuori dal proprio paese, e adesso vi racconto il perché.La mia famiglia un buon giorno ha deciso, quando avevo 6 anni di età, dipartire a vivere a Monza, provincia di Milano. É stato un momento diffi-

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cile ma che è risultato un fatto abbastanza importante dal punto di vistadell'educazione, della conoscenza della lingua italiana, ma anche una spe-cie di studio dell'emigrazione campana ma nel proprio paese. E dico que-sto perché alla fine tutti i miei amici erano del sud Italia, e c'erano moltidalla Campania. L'avventura durò 12 anni, degli anni splendidi e una identificazione ancorpiù grande con le mie radici campane, che hanno fatto squillare il campa-nello del mio cuore e nella forma di carattere personale. Il cuore é unadelle cose che si sono riempite di usanze e di colori e odori della Napoli,che tutte le estate visitavamo. In queste visite, mi ricordo una in partico-lare, la prima. In questa occasione all'arrivo a Napoli mi sentì propriocome nel salotto di casa; è questa può sembrare un espressione a voltemolto quotidiana o detta da tante persone, ma i sensi si riempivano di alle-gria e di bei pensieri. La stessa cosa che é successo in questi giorni qui, aTerra Vecchia, Giffoni, in provincia di Salerno, é come se stessi a casamia. Infatti il saper parlare bene l'italiano e il capir e cercar di parlar beneil napoletano, certe persone del luogo mi domandano se davvero sia cile-no, mi dicono che sono proprio napoletano. La gente é un altra cosa che mi fa sentir bene, sono gioviali e simpatici,sono persone che non ti guardano dalla testa ai piedi e che se hai bisognodi qualcosa sono pronti per aiutarti, ed é questo la cosa più bella. Le per-sone sono tale e quale a quelle descritte dai miei genitori e nonni; la lin-gua napoletana é una delle più belle al mondo, con le loro canzoni fannobattere il cuore più forte, non so se esagero, ma una canzone napoletana éun insieme di colori e sentimenti.Cercherò di spiegarvi un po' come funziona e come percepisco personal-mente la società cilena. Come uno dei tanti popoli del sud america, il Cileha una storia che sin dall'inizio é stata marcata dal colonialismo; questotipo di conquista, come mi immagino sappiate, é marcata da un profondodolore e mancanza di rispetto per le tribù native che popolavano da moltotempo queste bellissime terre sperdute nel fin del mondo. Gli spagnoliarrivati in questa zona fecero delle popolazioni locali i suoi sudditi, cer-cando di cambiare le sue usanze e le loro abitudini. Trasformarono le lorosocietà, furono assorbiti da tutta quella nuova forma di pensare e veder lavita.Il popolo cileno ha sempre avuto questo sasso nella scarpa, che sino ainostri giorni ha una presenza importante in quanto alle relazioni umaneche si stabiliscono tra gli abitanti di tutto il paese. Poi se aggiungiamoun'altra situazione assai complicata, come lo é stata la dittatura militare

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per quasi venti anni, mi sembra che il problema non riesca a risolversi. Leferite e il dolore di tutto un popolo sono rimaste e ancor oggi, dopo quin-dici anni di democrazia, si vedono tante differenze e mal umore tra i pro-pri cileni. Differenze che non solo troviamo in quanto a pensiero politicoma differenze molto importanti in quanto a classi sociali; un po' come intutto il mondo. Queste situazioni che si susseguono giorno per giorno, e che influisconoil modo di pensare di tutta una società, pongono in essere un sentimentodi sfiducia tra i cittadini di Santiago. Questa forma di pensare, si voglia omeno, influisce tutte le micro-società alle quali si appartiene. Com'è unfenomeno a livello locale e che si da specialmente nella capitale, tutte lepersone hanno un po' di questo. Gli italiani se ne influiscono e anche noicampani. L'associazione dei campani a Santiago é una delle quali ha meno parteci-pazione a livello locale e anche Sudamericano, in confronto con altri paesicome l'Argentina, Brasile, Uruguay e il Venezuela. Ma non fraintendete, éimportante la quantità di persone proveniente dalla Campania ma l'unio-ne e il conoscersi fra di loro non é priorità, magari proprio per quest'in-fluenza che parte dalla società o paese in cui si vive, ma che pian piano sista facendo qualcosa per invertire questa situazione che non é dellemigliori. La voglia e la necessità di farsi avanti e di far che le generazio-ni future siano più vicine é il lemma con il quale si stanno affrontandoqueste situazioni. Abbiamo bisogno di un avvicinamento, di un riscoprir-si campano, di una necessità di mantenere queste radici; una identità chespieghi molte cose che succedono ogni giorno, una forma di essere nelmondo in modo di scoprire come erano e perché erano così i nostri ante-nati; una forma di educazione che ci può servire per capire come siamo eda dove veniamo.Tutta questa spiegazione no é in vano. Volevo far capire al lettore la situa-zione locale che di una forma o l'altra fa che le micro-società prendanoattitudini che si cerano con il tempo, ma che rimangono nell'inconscio col-lettivo e anche personale.Le famiglie di origine campane sono molte ma il suo avvicinamento no épalpabile ancora; abbiamo bisogno di una organizzazione più impegnati-va per far che le persone di origine siano più unite.Dobbiamo mantenere in alto anche la bellezza della nostra lingua, far sco-prire, non solo alle persone di origine italiano, ma anche alle persone loca-li. Infatti, da tempo che sto lavorando nel continuar mostrando la culturaitaliana facendo lezioni d'italiano in forma privata e da qualche mese, con

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una amica italiana abbiamo aperto un corso e un programma d'italiano inun prestigioso istituto di lingue a Santiago del Cile che fino a quelmomento impartiva solamente lezioni d'inglese e di cinese; la rispostadella gente è stata ottima e molte persone, anche se non sono di origineitaliana, si sono inscritte o hanno chiesto informazioni su questo program-ma. Mantenere la continuità delle usanze e delle bellezze della regioneCampania non è affatto facile, ma penso che il lavoro dei giovani siamolto importante e su questo fatto stiamo facendo tutto il possibile insie-me all'associazione. Abbiamo bisogno di una maggiore comunicazione trai giovani e trasmettere questo grande tesoro con il quale siamo nati e rin-graziare i nostri genitori e i loro antenati per mantenere viva questa gran-de cultura, molto importante a livello personale e anche a livello mondia-le. Basti pensare tutte quelle persone che vogliono conoscere la nostra cul-tura.Quello che ho cercato di spiegare in queste pagine ha per scopo far cono-scere agli italiani che ancor oggi, fuori dal vostro paese ci sono personeche lavorano arduamente per compiere un solo scopo: non perdere l'origi-ne, non perdere la base di una persona, come la sua identità.Nel sud del Cile c'è un paesino dal nome Capitán Pastene nel quale cisono solamente emigranti italiani, figli e nipoti di questi. Si sposarono tradi loro e hanno mantenuto tutte le usanze tipiche, grazie anche al fatto diavere a disposizione terre da coltivare e di animali da allevare. È stata unaforma di colonizzare questa zona, proposta dal governo cileno e quello ita-liano, assegnando zone e terre. Questo particolare paesino mantiene ancoroggi vivo le usanze più importanti portate dall'Italia, come per esempio ilprosciutto crudo, quello cotto, mozzarella e prodotti tipici italiani. Lo stu-dio di questo paesino è una delle cose su cui voglio lavorare nei prossimianni, e cercherò di farvi sapere i risultati ottenuti.La comunicazione con i parenti che sono rimasti in Italia è molto vivacenei nostri giorni, adesso con l'avvento della internet possiamo propriocomunicarci tutti i giorni e sapere le novità dal vivo. Prima era abbastan-za difficile, telefonate solamente nei giorni di festa, o la domenica era abi-tudini che ancor oggi le persone anziane preferiscono. Sentir la voce delparente lontano è molto meglio che vederla scritta sullo schermo di uncomputer. Abbiamo anche la possibilità di poter vedere la RaiInternational in Tv e sapere così i fatti che si susseguono nello "stivale".Allora mi domando: perché le generazioni che non avevano questi stru-menti hanno conservato le usanze e la forma d'essere campana? Noi gio-

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vani che abbiamo la possibilità e il vantaggio di avere più strumenti coni quali poter parlare e spiegare le nostre radici. Per me, sarà sicuramentepiù facile spiegare ai miei figli com'è la terra e come sono le persone dellaCampania, magari guardando una foto in internet e spiegandola, anche senoi abbiamo avuto la fortuna di aver ascoltato storie su storie, racconti cheda piccolo mi sembravano quasi fantastici, quindi sviluppando pure lanostra immaginazione. Il saper raccontare e il mettere dettagli su dettagliè proprio una specialità campana.Il fatto dell'identità campana, e in conseguenza quella italiana, ha fattoripositivi e anche uno negativo. Si può chiamare effetto "doppia identità",che non ha nessun confronto con la definizione clinica di doppia identitào doppia personalità. Questo effetto di appartenere a due culture differen-ti può portare senza volere a un problema di relazioni con i pari. Adessomi spiego per non essere frainteso.L'essere italiano e l'essere cileno, senza nessun dubbio non si assomiglia-no per niente fra di loro. Il popolo e la società cilena si sono sviluppateattraverso molte etnie provenienti da molti paesi, specialmentedall'Europa dell'ovest. Questo fatto fa che le persone sono state educatein un "doppio senso", ovvero con le usanze provenienti dal paese d'origi-ne e quella ricevuta nel paese ospitante.L'idiosincrasia cilena, nei nostri giorni, si sviluppa verso un senso che hanella sua base questa nuova forma di vivere la vita, una forma che voglia-mo o no si può trovare un po' in tutto il mondo; l'importanza del proprioarricchimento e individualismo, che si sente a fior di pelle, e che non per-mette che le persone abbiano delle vere e solide relazioni umane fanno diquesta società un qualcosa abbastanza denigrante. Ma dall'altra parte c'èquesto apprendimento e benevolenza della società italiana che ogni gior-no che passa ci fa andare avanti e ci arricchisce, e senza orma di dubbio équella campana. Quindi, da questo punto di vista siamo salvati dalla con-taminazione ambientale; ambientale in quanto a società.Il problema dell'identità, dell'influenza di varie strutture sociali fanno cre-scere il soggetto e le proprie possibilità di scoprire le necessità primariecome sono le relazioni umane di tutti i tipi; così una persona può dire checresce, ampia gli orizzonti dei propri pensieri e saperli utilizzare corretta-mente per il futuro e comunicarli ai nostri figli, alle generazioni che ver-ranno. Questi sentimenti di arricchimento personale che alla fin fine sonopiù importanti di qualsiasi denaro. Il valore del denaro va e viene, scendee sale, ma la propria identità é quella che rimane e rimarrà per sempre finoall'ultimo instante di vita è qualcosa che non ha nessun prezzo. Non ho

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mai visto che si venda l'identità, ma che si vendano le identità di alcunepersone senza nessuna vergogna e senza nessun rammarico per la perditadella propria appartenenza esistente in ogni angolo.Per tutte queste ragioni mi sembra molto importante il lavoro che fannotutte le associazioni nel mondo per mantenere vive le speranze di tantepersone che vogliono sentire e sentirsi diversi, ma anche sentire che hannoun qualcosa in più rispetto ad altre persone. La ricerca delle proprie origi-ni é e sarà qualcosa di importante per il proprio sviluppo; senza esagerarepenso sia importate quanto l'identificazione con i propri genitori.La forza sta in noi giovani e nelle nostre idee che con l'ausilio di questeassociazioni aumentano le possibilità di crescita, sviluppando un sistemadi relazioni tra le generazioni future e così sentirsi più vicini alla propriarealtà e a quella un po' più lontana, per esempio poter parlare e dare unparere anche dell'importanza del voto all'estero, che come abbiamo vistonelle ultime elezioni é stato fondamentale per la decisione finale; penso,ed è un parere molto personale, che se c'è questa grande possibilità divotare per un paese che è assai lontano, le persone hanno bisogno di unagrande conoscenza di quello che succede in Italia e le reti comunicaziona-li devo essere sempre più forti e solide. Alla fin fine è tutto un impianto,un ingranaggio che funziona in forma simultanea, una cooperazionenecessaria per lo sviluppo simultaneo della Campania in particolare eanche delle comunità campane nel mondo.

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MARIA CELESTE BRUNO(ARGENTINA)

Nel tempo di guerra molte persone sono dovute uscire dall'´Italia per cer-care tutte quelle cose che lì non si trovavano più. L'Argentina era la terrapiù simile alla terra che volevano, piena di opportunità e possibilità dilasciare la miseria, la fame e le persecuzioni. La maggioranza degli emigrati italiani che sono arrivati a Argentina eranodel sud del paese per il suo deficit di crescita economica, portando i suoimisteri, la sua "arte": molti sono stati calzolai, sarti, lavoratori della pelle,agricoltori, giornalisti e commercianti.Senza dubbio tanti, (tra loro miei nonni) ognuno per sè, sono partiti perl'Argentina dal porto di Napoli, lasciando quel bel posto con il pensiero dirivederlo prima di morire. Pieni di sogni, desideri e paure, hanno preso la nave e hanno viaggiato peril mare, tanti giorni, in compagnia solo della "fede" che hanno soprattuttoquelli che cercano il proprio destino. Alcuni di loro sono saliti sulla navein compagnia dei propri parenti o amici, così hanno avuto quella solida-rietà e conforto che si sente quando sei con persone che conosci, altri solosaliti da soli, ma con la sicurezza che sempre l'essere umano quando sitrova nella stessa situazione si unisce; portando nel cuore le facce emomenti vissuti con la propria gente portando non solo la mancanza dellasua terra ma anche la mancanza dei propri.Dopo tanti giorni nel mare, essi immaginavano come sarebbe stata lanuova terra, dove avrebbero vissuto e tutte le cose che aspettavano loro. Iloro occhi avevano cominciato a vedere la terra in lontananza e l'emozio-ne e l'angoscia aumentavano ogni minuto che passava.I miei nonni si sono conosciuti in Argentina, si sono sposati all'età di 25anni, ed insieme hanno cominciato una famiglia di 3 figli. Anche loro sonocresciuti imparando la cultura italiana, e l'hanno data ai loro figli, creandoun’unione di cultura con il paese di origine.La migrazione che serve è quella che non dimentica le sue origini; conquesto pensiero molta gente che era dello stesso paese di mio nonno, sisono messe insieme per cominciare a fare un luogo per poter trovarsi,poter parlare la sua lingua e le avventure della sua vita.Hanno cominciato a costruire la scuola, senza rendersi conto che stava

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nascendo una cosa grandissima, più grande di quello che potevano imma-ginare. Oggi quella scuola conta l´asilo, l'elementare, la media e la superiore,nella quale miei fratelli e io abbiamo fatti gli studi. Cinque anni dopo ènato il “Circolo Sociale San Michele Arcangelo di Solofra”, per il patro-no del paese. C'era una immagine che avevano portato nella nave, cosiloro hanno cominciato a farle culto, come si faceva in Italia. Oggi, 70 annidopo, ancora si fa la processione per San Michele. I figli e i nipoti lavora-no insieme perché non si perda questa tradizione. È una maniera di sen-tire l'eredità che ci anno lasciato, e sentirti vicino ai tuoi ed a quelli chenon ci stanno più.Sono nata in Argentina, sono la prima nipote dei miei nonni in questopaese, si può dire che ho vissuto le radici italiani più che miei fratelli ecugini, solo io ho conosciuto mio nonno, così ho potuto imparare più cose.Da piccola a casa si parlava spesso l'italiano, soprattutto quando mianonna si trovavano con le sue sorelle e con i suoi fratelli.Da bambina ho cominciato a fare un corso di italiano perché volevo capi-re quello che dicevano, volevo sapere di quel paese che i miei nonni rac-contavano molto, e che si emozionavano ogni volta che usciva il tema. Con gli anni è arrivato l'opportunità di conoscere l'Italia, di ritornare alposto che è un pezzo di me, quel posto che avevo ascoltato tante volte edadesso lo posso vedere con i miei occhi, con le differenze che fanno glianni e l'economia, sapevo che trovavo altre cose diverse da quelle che loroavevano lasciato, ho cominciato cosi a capire un po' quello che sapevodalle parole dei miei nonni.Così nel 2003 sono venuta per la prima volta in Italia, a vedere per laprima volta i miei parenti, che conoscevo per fotografie e per averci par-lato alcune volte per telefono; però era arrivato il momento di conoscersiveramente, di parlare, di abbracciarsi, di potere parlare e guardarsi negliocchi. Mi sembrava una cosa molto strana, sapere che ti troverai con genteche ha lo stesso sangue però che mai avevo visto.Sull'aereo pensavo a come sarebbe stato l'incontro, e se il nostro rapportoaveva qualche cosa in comune, quelle cose che si sentono quando conosciqualcuno.Quando sono arrivata a Salerno, e li ho visti per il finestrino del treno, èstata una emozione grandissima, ci siamo salutati come amici che non sivedono da molto tempo. Quando sono arrivata a Solofra mi hanno fattosentire a casa, ho cominciato a conoscere molti parenti che non sapevo cheavessi, loro mi raccontavano cose di mio nonno cosi l'ho conosciuto di più

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e di un altra maniera. Andavo per le strade di Solofra e trovano gente chelo conosceva, tutti mi raccontavano il bravo uomo che era: l'orgoglio diascoltarli è inesplicabile. Lui è morto quando ero una bambina, così vera-mente l'ho conosciuto di più: i suoi pensieri, la sua maniera di vedere lavita prima di partire dall'Italia. In Argentina faccio la fotografa; ho scelto questa professione perché possogiocare a vivere altre vite, a guardare la vita da un altro posto, a sentirtivicino all'altro.Mi piace il foto-periodismo, perché ti trovi più vicino alla gente e possousare il mio lavoro per potere lasciare in immagine a quelli che nessunovuole vedere, come tanti anni per gli emigranti, gente brava che arrivavain un posto cercando solo una opportunità di fare dei suoi sogni realtà.Io voglio lavorare con gli immigrati e con gente lasciata fuori dal sistemaeconomico, che come immigrati arrivati tanti anni fa cercavano la loroopportunità, perchè non posso dimenticare le cose che hanno sentito i mieinonni per essere stranieri. La solidarietà e l´amore per le piccole cose dellavita, ci hanno fatto imparare che loro avevano un gran senso della solida-rietà e amore per le piccole cose, loro lo hanno imparato per forza viven-do una guerra, sapendo che è avere fame, loro hanno fatto tante cose per-chè nessuno di noi conosca quella angoscia.Sono stati una lezione di vita dalla quale abbiamo capito con gli anni cheera più di quello che credevamo e credevano loro. Abbiamo imparato aessere una famiglia unita, con tutte quelle cose che questo vuol dire, siamocresciuti con amore, e questo si vede nel rapporto che abbiamo tra noi. Oggi guardando il mare nel quale loro sono partiti per l'Argentina cercan-do i loro sogni, pieni di desideri, cresce in me una sensazione di pace.La sensazione di essere parte di un posto che era lontano per la geografia,però vicino per il cuore, noi siamo il risultato della sua ricerca, dei suoipensieri e ci hanno fatto capire che sempre dobbiamo cercare il nostrocammino e cercarlo con tutto il cuore, che se si crede si può fare e che lavita ti porta a posti che mai avessi pensato, e possono essere quelle coseche si cercano.

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PABLO ALFONSO VOTTOLA(ARGENTINA)

Mio nonno imparò da bambino il mestiere di ciabattino nella sua Ischianatale. Le scarpe, in quei tempi, erano un bene scarso e rIchiedevanoattenzione e dovevano essere riparate, poiché comprarne un nuovo paioera una decisione che doveva meditarsi a lungo.Questo mestiere garantiva clienti in quantità, e perciò, Biagio cominciòcome apprendista.Già a 20 anni poté istallare la sua piccola fabbrica di calzature a richiesta,e contava su cinque impiegati. Inoltre, parallelamente alla fabbricazione eriparazione delle calzature, Biagio lavorava nel settore di Sicurezza edIgiene del Municipio d´Ischia.Come l´isola di Capri, Ischia è sempre stata una destinazione scelta perriposare, tanto che il Presidente della Repubblica, Giovanni Leone, nativodi Napoli, era uno dei visitatori del luogo e cliente affezionato di BiagioVottola.Biagio si sposò nel 1942, cioè durante la Seconda Guerra Mondiale, LuisaDi Scala, appartenente a un famiglia di sette fratelli, la maggioranza deiquali scelse l´emigrazione come uscita dalla precaria situazione sociale diquei tempi.Fu così che Emidio Di Scala emigrò a New York, e gli altri quattro fratel-li di Luisa, a Mar del Plata.Nonostante avesse oltre 40 anni, Biagio seguì la strada dei cognati DiScala e Buonocore e arrivò nella città balneare. Lasciò in Italia la moglie,incinta del terzo figlio che nacque durante la sua assenza nel 1948.Appena giunto a Mar del Plata andò ad abitare con i suoi cognati, che sidedicavano alla pesca. Quando loro si recavano al porto, alle quattro delmattino, lui si dirigeva al suo piccolo negozio dove riparava scarpe.Biagio non immaginava che sarebbe diventato uno dei personaggi piùconosciuti del quartiere del porto di Mar del Plata. Ma così fu.Pensava, con saggezza, che una persona non acquista importanza per lamaggiore o minore quantità di denaro che si possiede, ma per il contribu-to fatto, alla famiglia e alla comunità, con le sue opere.Biagio lo realizzò a iosa. Il suo laboratorio si trasformò nel luogo di incon-

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tro delle centinaia di immigrati che si riunivano a parlare di politica, sport,famiglia, musica, lavoro e diversi altri argomenti. Dopo due anni dal suo arrivo, chiamò la moglie e i figli, ai quali spedivamensilmente il denaro per vivere e, nel 1952, acquistò il terreno dovecostruì la sua casa.Ci sono stati gruppi dei immigranti campani impiegati nella pesca, che sisono radicati in città atlantiche, a Mar del Plata per esempio, dove il 60per cento dei suoi 750.000 abitanti sono italiani, campani prevalentemen-te. Oggigiorno le tradizioni italiane sono fortemente preservate e numero-se sono le iniziative tese a trasmetterle alle nuove generazioni. L'italianoè la lingua straniera più diffusa e sta soppiantando l´inglese nelle doman-de delle scuole. La cosa che ci ha colpito è il forte interesse per la culturaitaliana: libri, musica, giornali, teatro, cinema. Gli immigranti hanno portato abitudini organizzative, come le feste tradi-zionali.Nel 1955 la comunità italiana del porto, al completo, fu scossa dalla mortedi Alberto Ascari (pilota dalla Formula 1) in un incidente di auto avvenu-to in Italia. Biagio pensò di renderli omaggio facendo celebrare una messadi suffragio, alla quale assistettero le autorità consolari de La Plata eBuenos Aires.Biagio Vottola approfittò dell'occasione per chiedere l´autorizzazione perstabilire l´ASSOCIAZIONE ITALIANA DEL PORTO (oggi nota comeCASA D´ITALIA) che avrebbe aggregato le migliaia di italiani del portodi Mar del Plata.Con la approvazione delle autorità si riunirono a casa di Giorgio Di Iorio,immigrato, pescatore e autore del libro ¨Desde la barca mia¨, che narra lavita degli immigranti pescatori del porto di quella città.Per istallare la sede vennero acquistate delle terre ubicate sul viale Edison,grazie al contributo di diversi compaesani.Così cominciò a funzionare la cinquantenaria CASA D´ITALIA, testimo-ne dell'arrivo a Mar del Plata di centinaia di attori, sportivi e politici ita-liani nel corso degli anni. Biagio fu il primo socio fondatore e presidentedi questa associazione che concentrava diverse associazioni regionali.L´ultima visita notevole avvenuta nel novembre del 2005, con a capo ilvescovo dell'isola d´Ischia, Filippo Storfaldi, insieme al Sindaco, accom-pagnati da giornalisti della stessa isola.In riferimento all'allevamento dei figli, fedeli all'epoca, mio nonno Biagioe mia nonna Luisa li educarono con amore ma senza concessioni, incari-candogli diverse attività per preparali al lavoro.

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Mio padre, Alfonso, si disimpegnò come impiegato presso la "Farmacia yOttica del Puerto" di Mar del Plata.Con il tempo, mio padre rimase come impiegato dell'ottica, ottenne ildiploma di "TECNICO OTTICO". Oggigiorno è proprietario di una ottica. È, inoltre, membro delCOM.IT.ES (Comitato d´italiani all'estero) con la carica di prosegretariodel Consiglio Direttivo e presidente dei Residenti dell'Isola d´Ischia a Mardel Plata. È anche, vice-presidente della FEDERACION DE SOCIEDA-DES ITALIANAS di MAR DEL PLATA (federazione che aggiunge a tuttele federazioni da diverse regioni italiani di Mar del Plata).La missione di miei nonni era compiuta, ancor di più quando lui potèdonare a ciascuno dei figli un esemplare di questa stessa storia della fami-glia, scritto di propria mano.Nel 1986, un gruppo di campani ha formato in Mar del Plata l´ASSOCIA-ZIONE REGIONALE CAMPANA per riunire tutti i campani e i lorodiscendenti, residenti in città, come omaggio alla loro terra e alle loro radi-ci che legavano quegli emigranti alla loro terra lontana.L´Associazione Dei Giovani CampaniMi chiamo Pablo, ho 26 anni e sono della terza generazione della famigliaVottola. Appartengono alla Associazione dei Giovani Campani di Mar delPlata. Ho cominciato a lavorare insieme all'associazione nel 1996. Agli inizi dell'anno 1996 siamo stati convocati, sull'iniziativa dei dirigen-ti dell'Associazione Regionale Campana di Mar del Plata, a partecipare aun progetto proposto dalla REGIONE CAMPANA, il cui obiettivo eraquello di promuovere e diffondere la lingua, la cultura, tradizioni, costu-mi e abitudini italiane, specialmente quelle con riferimento alla nostraregione, e avvicinarci alle nostre radici attraverso un corso che comince-rebbe in luglio dello stesso anno con sede in CASA D´ITALIA.Sebbene, ognuno dei giovani già frequentavamo riunioni ed eventi chel´istituzione realizzava é stata grazie a questa proposta che si svegliò inogni giovane l´interesse per conoscere e rivivere l´amore che i nostri geni-tori e nonni sentivano per le loro radici.Con il passar del tempo l´associazione è cominciata a crescere come grup-po ed è questo che ha agevolato una relazione "d´amicizia" e scambio conil resto dei gruppi e associazioni di Giovani Campani dell'Argentina.Nel 1998, abbiamo partecipato al concorso ¨50 anni della RepubblicaItaliana¨ al quale hanno partecipato anche giovani discendenti di campanidal Cile, Venezuela, Uruguay, Brasile ed Argentina, aventi per oggetto let-teratura, fotografia, musica e pittura.

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In questo modo, ci abbiamo incaricato di realizzare Mar del Plata il"PRIMO SEMINARIO INTERNAZIONALE DEI GIOVANI CAMPA-NI". Si hanno agevolato alti incontri a livello nazionale e internazionale.Nel 2003 il nostro gruppo è stato designato per il nostro consultore dellaregione campana, Dott. Luis Padulo, come incaricato del "PRIMOINCONTRO DEL CONSIGLIO GIOVANILE CAMPANO ARGENTI-NO", e in questo modo è stata creata la COMMISIONE NAZIONALEDEI GIOVANI CAMPANI.Nel 2004, siamo stati riuniti nella sede della "Casa d´Italia"; il gruppo digiovani discendenti di italiani e tutti loro oriundi di cittá e paesi dellaregione Campania, che comprende le provincie di: Avellino, Benevento,Caserta, Napoli e Salerno.L´Oggetto della riunione fu quello di costituire formalmenteun´Associazione senza scopo di lucro, che aveva come obiettivo fonda-mentale la promozione dei valori e delle tradizioni Campane, tra i giova-ni residenti in Mar del Plata, e zone di sua influenza.Nel corso della riunione si ha discusso su progetti e metodologie di lavoro.Tutto ciò non solo ci ha dato la possibilità d´imparare la lingua, anzi ci haaiutato a formare il gruppo umano, che pure oggi dopo undici anni di lavo-ro, con recente riconoscimento dalla REGIONE CAMPANIA, continuaunito per il raggiungimento di nuove tappe e rinforzando molto di più lenostre aspettative.Grazie alla collaborazione e guida dei nostri dirigenti il gruppo é solido,compatto e aperto all'integrazione di altri giovani discendenti di campaniper l´ingrandimento dello stesso.Ed è per questo che la realizzazione del terzo corso per gli agenti dell'emi-grazione non fa più che rinforzare quello che già detto prima, e dimostra-re che nonostante la distanza e gli inconvenienti, continua presente oggi,in tutti noi, il bisogno di stabilire vincoli ogni giorno più forti.Come integrante della gioventù Campana di Mar del Plata, condivido conaltri giovani lo stesso interesse, ed entusiasmo per mantenere viva lanostra origine.Una delle barriere più grandi fra i giovani e i dirigenti, è quella della lin-gua, fondamentalmente per la comunicazione, integrazione e per mante-nere vivi i vincoli fra i campani del mondo. Oggi l´associazione dei Giovani Campani di Mar del Plata è presieduta daAntonino De Angelis, e precedentemente presieduta da Franceso DeAngelis tra 1986 e 1996, Antonio Truppa tra 1996 fino al 2001, e Antonio

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D´Antonio tra 2001 fino al 2006. Questa associazione vuole consolidare ilgruppo facendo lavori di aiuto e collaborazione con altri "entità di benes-sere pubblico" (sono quelle entità che alberga gente indigente, rifugiati,ecc...) della nostra città.

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PASQUALE ROSANIA(VENEZUELA)

Mi chiamo come mio nonno, Pasquale Rosania, ho 21 anni e sono nato aValencia (Venezuela) dove oggi abito.Il Venezuela è al nord di Sud America. Il mio origine italiano proviene delmio padre, lui si chiama Vito Rosania è stato nato a Cassano Irpino pro-vincia di Avellino.Mio padre emigrò in Venezuela 25 anni fa. Prima aveva conosciuto miamadre nella città di Roma, dove lavoravano, e lei studiava all'Universitàdella stessa città.Il viaggio di mio padre da Roma per il Venezuela non è lo stesso degli altriemigranti per il Sudamerica, perché lui non emigrò per la situazione deldopoguerra o la situazione economica del paese, ma perché lui accettò disposarsi con mia madre in Venezuela, tutto questo perché mia mammavoleva essere insieme ai suoi genitori che erano lì. In questo caso è statomio padre il più affranto, perché era lui che doveva lasciare la sua fami-glia in Italia, ed anche lasciare la vita che aveva fatto.Grazie Dio per mio padre non é stato difficile adattarsi e trovare un lavo-ro in Venezuela, perché per fortuna cominciò a lavorare in un'impresaesclusivamente di italiani che lavorava insieme alla FIAT, facendo l'im-portazione di macchine, motori di navi, ecc...Mio padre cominciò in una officina; oggi, dopo 25 anni, lui é stato desi-gnato come incaricato dell'ufficio di vendita e provvigione. Grazie a que-sto lavoro, lui è ritornato in Italia per visitare la sua famiglia nel 2004,dopo 13 anni di assenza. Le altre due volte che visitò l'Italia fu a causadella morte dei suoi genitori.La nostra vita come famiglia in Venezuela é buona, perché abbiamo unafermezza economica di privilegio. Mio sorella, che si chiama Concetta inomaggio a mia nonna, ed io abbiamo ricevuto una buona educazione; noiabbiamo studiato in due delle migliori scuole della città. Oggi frequentia-mo l'Università e nel 2009 Concetta finisce la sua laurea in medicine ed ioin Psicologia clinica.Quest'anno ho parlato con il consultore della Regione Campania diValencia, il signor Aurelio Pinto, che è amico di mio padre, per vedere la

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possibilità di andare in Italia per fare un Master in Psicologiaall'Università di Salerno e di avere la possibilità di rimanere in Italia e difare una famiglia.Nella mia famiglia abbiamo le abitudini italiane, come il cibo, la musica.Per esempio sul tavolo non può mancare la pasta o il vino, si mangia dipiù il cibo tipici italiani che quello di Venezuela. A Natale si mangia l'agnello al forno con patate, ed al primo giorno del-l'anno ci mangiamo lenticchie con lo zampone; questi due cibi li fa miopadre che si sveglia alle 7 del mattino, metti il suo cd di Pino Daniele oAdriano Celentano e comincia a lavorare; molti di questi alimenti sono delsuo orto. Tutto questo senza dimenticare di guardare sulla Tv la partite dicalcio e la Formula 1. Noi ci parliamo frequentemente con la nostra fami-glia in Italia, mio padre parla per telefono con mie zie e in internet consuoi cugini. Come aneddoto, io ricordo che mio padre sempre parlava pertelefono alle 6 del mattino di Venezuela (12 ore in Italia) e ci svegliava atutti quanti a casa.La mia vita come figlio d'immigrati è un po' complessa, grazie a i mieigenitori sono cresciuto con due punti di vista diversi, uno è quello vene-zuelano, dove posso vedere la vita un po' più informale e più sacrificata,nel senso che posso trovare risorse di qualsiasi tipo. Questo mi da un aiutoper dare valore a tutto quello che miei genitori hanno fatto per me.Invece, l'altro punto di vista è quello italiano, dove la formalità è quellacosa necessaria e non devo essere allegro; grazie a questo punto di vistaho imparato a prendere decisioni di forma rigida e stretta; per esempioquando mio padre dice di no è no, e si fa quello che lui vuole. Questa per-sonalità molte volte mi ha aiutato ad affrontare diverse situazione dellamia vita.Nel mio gruppo di amici il 90% sono figli d'italiani, e di quella stessa per-centuale il 70% sono figli o discendenti di campani che sono emigrati inVenezuela. Noi facciamo parte del Centro Sociale italo-venezuelano,quale frequento dall'anno 1991, quando mio padre ha preso delle azioniche oggigiorno abbiamo. Questo centro Sociale anche aiuta a mio padre,perché lo guarda come una "piccola Italia" dove ha l'opportunità di riunir-si ogni giorno con i suoi compaesani, non solo campani, ma di tutti Italia.Nello stesso modo, in quel Centro Sociale ho avuta la possibilità di cono-scere la passione per il calcio, uno sport per il quale ho giocato per 16anni; anche oggi gioco nella squadra della Regione Campania a Valencia.Altra attività che noi facciamo è quella di essere parte di un'associazionegiovanile chiamata "TENDOPOLI" di origine cattolica, dove si fanno riu-

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nioni benefiche per altri italiani che hanno bisogno di aiuto di qualsiasitipo, e dello stesso modo, uno volte all'anno si fa una "convivenza" (doveci riuniamo per convivere) per 3 giorni.Inoltre, l'incorporazione di mio padre nel Centro Sociale italo-venezuela-no gli ha dato la possibilità di essere parte della commissione direttiva del-l'associazione Regionale Campana dello stato di Carabobo, dove dall'an-no 1991 all'anno 1995 si impegnò come direttore sportivo, posto che halasciato per prendere il posto di vicepresidente fino all'anno 2001. Oggi hapreso un'altra volta la direzione sportiva.In quei giorni festivi italiani tutte le associazioni si riuniscono e ognunafa la sua cucina tradizionale, ed è qui dove si può vedere la gioia deiCampani: sempre cantano, ballano e dimostrando l'ospitalità caratteristica(sempre hanno vinto il primo premio).Mio padre non vuole dire che lui ha bisogno del suo paese, ma noi e i suoiparenti più vicini, sanno che lui vuole tornare a vivere in Italia.È difficile perché mio padre ha costruito un'altra vita (appartamento pro-prio, macchina propria) e diversi privilegi che permettono di avere unavita più stabile, lui non vuole ritornare per essere meccanico un'altra voltae l'unica forma di farlo è trovando la sua pensione tra 5 anni.Insomma, per finire, non è difficile essere figlio di immigrati, la cosa piùcomplessa è convivere con due culture diverse e dare a ciascuna l'impor-tanza che meritano."Una emigrazione non per scomparire, ma per crescere. La comunità deinostri genitori sono formate da grandi principi con dei grandi valori.Libertà, uguaglianza, giustizia, sacrificio al lavoro, famiglia, onestà. Conun grande senso dell'italianità, con il quid campano (creatività, fantasia,intraprendenza, allegria, solidarietà e intelligenza).I nostro genitori ci dicono che siamo italiani però noi campani siamo unpoco meglio”.

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ANGEL OSWALDO VALLETTA(VENEZUELA)

La mia storia è iniziata tanti anni fa, quando i miei nonni sono emigrati dalloro luogo di origine chiamato San Nicola Baronia, nella zona dell'Irpinia,in provincia di Avellino, il quale è un paesetto di non più di settecento abi-tanti, localizzato in montagna, dove mio nonno faceva il calzolaio, que-sto dalla parte di mia mamma; dalla parte di mio padre, l'altro nonno è ori-ginario di Vallo della Lucania, in provincia di Salerno.Quando dico chepenso che sia iniziata in quel momento è perché il mio modo di svolgerela vita è proprio all'italiana, tutto per la forte influenza dei miei nonni.Quando i miei nonni sono arrivati in Venezuela hanno avuto molti proble-mi, perché sono arrivati in una città talmente diversa dal loro luogo di ori-gine ed hanno fatto fatica per ambientarsi. Grazie a loro io non ho avutonessun tipo di problemi, questo in quanto mi hanno indirizzato sul da farsi,prima preoccupandosi molto per il futuro della sua famiglia, poi per i lorofigli e dopo anche per i loro nipoti.Io, Angel Valletta, ho 23 anni, ho giocato a calcio a livello semi-professio-nistico, però non ho potuto proseguire per un infortunio al ginocchio. Aottobre finisco la laurea in dogane e commercio estero, è da sempre hoavuto l'interesse di venire a lavorare in Italia. Credo che questo amore equesta passione per l'Italia provienga grazie a i miei nonni, più che dai imiei genitori, perché mi hanno cresciuto principalmente loro; infatti, stavopiù tempo con loro invece che con i miei genitori perché entrambi lavora-vano tutto il giorno e non potevano stare con me. Non mi dispiace avervissuto questa situazione perché ho potuto imparare meglio le tradizioni ela lingua italiana, ovvero il dialetto originario della loro zona, che ha unfascino incredibile. Quando io sono nato i miei nonni stavano già inVenezuela da 30 anni, però non avevano imparato ancora a parlare la lin-gua spagnola, e parlavano sempre in italiano, costringendomi a capire e arispondere in italiano. Molte volte quando uscivo con loro non capivanola gente dei negozi, della strada, e io facevo come un interprete: allora loromi insegnarono l'italiano e io lo spagnolo.Ci sono anche altri aspetti ed esperienze importanti che sono prevalsesulle tradizioni locali, come è il caso del mangiare, che quasi tutti giorni

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era italiano: pasta, formaggio, prosciutto, salumi; infatti c'e la abitudine ditutti i venerdì sera di mangiare la pizza fatta da mia nonna insieme a tuttala famiglia. A volte non si trovano gli ingredienti per preparare il ciboall'italiana e si mangiavano delle cose locali, ma si cerca sempre di sfor-zarsi per trovare gli ingredienti per fare il cibo italiano. C'e anche unaesperienza che mi piace molto, quando aiuto a fare le bottiglie di salsa pertutto l'anno.Siamo tanti i ragazzi discendenti di campani e molte volte prevalgono letradizioni e le abitudini italiane su quelle locali: un buon esempio è losport. In Venezuela lo sport tradizionale che si pratica di più è il baseball,però da quando ci siamo noi, italiani e discendenti, il calcio si è sviluppa-to e diffuso moltissimo, anche con l'aiuto degli spagnoli e portoghesi,tanto che adesso ci sono più squadre di calcio rispetto a quelli di baseball;questo succede in tutti i livelli, dai bambini fino ai professionisti.Se il Venezuela è una nazione sottosviluppata, gli italiani in generale, maspecificamente i campani, hanno dato un grande contributo al settoreindustriale, specificamente nell'industria delle scarpe. Io ho lavorato inuna fabbrica di scarpe e di confezioni per le scarpe, e ho viaggiato perdiverse città del paese, dove ho trovato molte persone di origine campanache lavorano in questo settore in tutta la catena, da produrre il prodottofino ai negozi. In Venezuela siamo riconosciuti per lavorare in questo set-tore e siamo serviti di scuola per gli operatori ed impiegati localiMolte volte i venezuelani quando si accorgono che sono italiano, comin-ciano a domandarmi com'è l'Italia, se ci sono stato, e mi dicono sempreche gli piacerebbe andare a conoscerla, perché ha delle ricchezze storichee architettoniche meravigliose e uniche al mondo. Succede spesso chequando diciamo che siamo della Campania, dove sta la città di Napoli,cominciano a dire che siamo dei mafiosi, che devono stare attenti a noi equesto mi fa ridere.Spesso mi capita di pensare se la mia famiglia ha fatto bene ad andarsenedall'Italia e come sarebbe stata la vita fin da bambino in Italia; mi chiedoquesto non perché non mi piace la vita in Venezuela, ma perché quandovado in Italia mi piace tanto, ed immagino di vivere lì, però sotto questoaspetto non mi preoccupa molto perché la vita che sto svolgendo inVenezuela perché è come se fosse in Italia.Anche da quando ho il canale di televisione italiana mi sento più vicino,sono aggiornato di tutto quello che succede in Italia e anche posso cono-scere qualche cosa che i miei parenti non mi raccontano.Siamo una comunità molto unita, ci riuniamo quando ci sono le feste reli-

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giose, giorni importanti, come il giorno della mamma, a dicembre dovefacciamo del mangiare tipico e anche facciamo la festa di anniversariodella associazione. Tutte queste feste ci servono per capire la presenzaimportante dell'immigrazione campana in Venezuela. Quasi tutti i postiche io frequento, luoghi di divertimento, l'università, il lavoro, sempre c'èun campano, quindi dobbiamo lavorare perché tutte queste cose che sonoriusciti a fare i nostri nonni e genitori, bisogna mantenerle e trasmetterleai nostri figli, perché le nostre origini ci hanno dato tanto e possono daretanto anche a loro. Dobbiamo essere sicuri di questo. Per questo sempredirò che il Venezuela è un grande paese che ci ha accolto a braccia aperte,con gentilezza e con delle grandi opportunità per crescere in tutti i sensi,ma il vero paese nostro si chiama Italia.

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RODOLFO KEMPER PACHECO(CILE)

Mi chiamo Rodolfo Kemper, ho 26 anni, sono nato a Santiago del Cile equest'anno per la prima volta sono venuto in Italia a conoscere il paese diorigine della mia famiglia emigrata in Sudamerica, di cui cercherò di rac-contare la storia. Nell'anno 1916 nel nord Italia ai confini estremi, in unpiccolo paese, Plezzo (Gorizia), nacque mia nonna, Justina Kravanja Zorcdi origine slovena, c'era la prima guerra mondiale. Era sposata con unuomo austriaco che conosceva fin dall'infanzia, un uomo che l'aveva sem-pre voluta e che varie volte minacciava il suicidio in nome del suo amore:si chiamava Leopoldo Kemper Bovek, mio nonno. La loro unione portò lanascita di 2 figli, mio padre, di cui porto il nome Rodolfo Kemper e suofratello Baltazar. La loro vita matrimoniale non cominciò nel migliore deimodi, appena sposati dovettero scappare dalle loro case, andarono versosud, c'era il caos, il maresciallo Tito approfittando degli spostamenti deglialleati s'impadronì delle loro terre dichiarandole territorio Jugoslavo. Piùdi 2.000 persone in un giorno dovettero trasferirsi altrove; era anche ilperiodo della grande emigrazione verso il meridione d'Italia. La situazio-ne sociale era gravissima; fermandosi a Napoli trovarono una prima siste-mazione insieme a centinaia di altre persone in un campo profughi adAversa, non lo avrebbero mai immaginato ma quella sosta temporanea aNapoli durò 10 anni. In quel campo vivevano moltissimi rifugiati che dal-l'alba al tramonto sotto Il governo militare, avevano dovuto abbandonarele proprie terre e diventare profughi. Migliaia di persone al giorno, chearrivavano in questi campi di fortuna allestiti nelle periferie delle città, incondizioni di igiene precaria, mancanza di assistenza sanitaria e sociale, eper paradosso, spesso offrivano beneficio con la loro presenza, tanti rifu-giati sotto la tutela di nessuno e tanti aiuti umanitari da ricevere nella zona.In questo "luogo dimenticato da Dio" nacquero mio padre, forse uno deiluoghi più sbagliati per nascere, ma è stato proprio questo campo che hadato a mio padre e ai miei fratelli la possibilità di essere italiani. Spesso iresponsabili del campo approfittavano di qualsiasi forma di aiuto a lorodestinato: trattenevano vestiti e medicine, distribuivano cibo scaduto equalche volta rubavano anche l'identità di qualcuno. Non capitava di radoinfatti che per emigrare verso luoghi migliori venissero trafugati docu-menti d'identità, analisi mediche e certificati per dare la possibilità a qual-

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cuno non in regola ma con la disponibilità di pagare coloro che governa-vano il campo profughi, di fuggire dall'Italia. Qualche volta accadevaanche che se una famiglia del campo tentava di presentare i documenti perpartire, sistematicamente e inevitabilmente gli esami medici che occorre-vano per imbarcarsi risultavano sempre non idonei; anche questo era unmodo per conservare il posto a qualcun altro. In particolare era accadutoanche ai miei nonni che ogni qualvolta tentavano di presentare le praticheper l'emigrazione, per quanto si sentissero in buona salute, si trovavanodi fronte ad analisi mediche che non gli permettevano di ottenere il vistodi espatrio. C'era sempre qualcosa che non andava, fino a quando un gior-no ripetendo gli stessi esami da un medico diverso da quello preposto, leloro condizioni di salute erano migliorate pressoché miracolosamente efinalmente si aprì davanti a loro la possibilità di lasciare quel luogo percercare una speranza altrove. Era più o meno il 1956 quando i miei nonni,mio padre di 6 anni e mio zio di 16 si imbarcarono sulla nave "MarcoPolo" in partenza da Napoli verso il Cile. Il Cile rappresentava una spe-ranza, il fratello di mio nonno aveva inviato una lettera che li esortava araggiungerlo, c'erano possibilità di lavoro, c'erano posti disponibili in unaminiera, un lavoro massacrante ma comunque una speranza di guadagno.Dopo 40 giorni senza terra in una mattina nebbiosa arrivarono sulle costedel Cile nelle cui acque nuotavano i delfini, esattamente nel porto di unapiccola città dal nome confortante: "Valparaiso". Tutti rimasero abbastan-za scossi nel vedere quel porto con tutte quelle case una sopra l'altra unitetra di loro senza alcun ordine logico, un posto cosi differente dalla loroItalia. Una volta a terra si spostarono verso Santiago, lì rimasero 3 mesicome rifugiati sotto la tutela degli Stati Uniti che offrivano loro il sosten-tamento necessario, fino a quando non gli venne offerto un lavoro aValdivia; un posto dove gli indigeni non volevano vivere per le avversecondizioni climatiche e la desolazione dei luoghi. Nonostante ciò, dopopoco la situazione migliorò, mio nonno lavorava come carpentiere, aveva-no costruito una casa bellissima in riva ad un fiume e potevano, anche secon molti sacrifici, condurre una vita normale, tranne per il fatto che laconvivenza con i cileni diventava sempre più difficile, molte volte acca-devano situazioni insostenibili, dove dovevano sfuggire ad atti di violen-za, la più frequente forma d'intolleranza è stata la sassaiola. In queimomenti il dubbio d'aver fatto una scelta sbagliata li assaliva: l'intolleran-za da un lato e la tendopoli di Aversa dall'altro, con il latte scaduto che hafatto crescere mio padre e mio zio, e dai cibi avariati che hanno fattoammalare la mia nonna allo stomaco. Rimasero in quella zona circa 4 anni

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fino a quando un terremoto violentissimo che addirittura andò per poten-za oltre le misurazioni massime dei sismografi, distrusse tutto e lo strari-pamento del lago Renigue provocò l'allagamento di tutta la zona. Per laterza volta la fortuna li aveva abbandonati e dovettero nuovamente migra-re altrove, nuovamente ritrovarsi senza nulla dovendo ricominciare tuttoda zero. Si spostarono verso la Capitale di Santiago di nuovo, capitalecostruita in una vallata rinchiusa tra la cordigliera delle Ande da un lato edall'altro dalla cordigliera della costa. Una metropoli troppo diversadall'Italia, un paese del Sudamerica, un paese latino che non accettavaperò gli italiani ladri di terre e lavoro. E per caso proprio la terra diede lapossibilità alla mia famiglia di ricominciare, si stabilirono in un terreno diun "dueno" (padrone) che gli permise di costruirsi una specie di capannodove vivere, col patto di lavorare a salario minimo e nei campi. Cosi rico-minciarono, mio nonno costruì questo tugurio al meglio delle sue capaci-tà, non c'era l'elettricità, il bagno era al di fuori della casa a circa 50 - 60metri vicino al pollaio, che ogni notte veniva sorvegliato da mio padreaffinché gli animali selvatici non mangiassero le galline che rappresenta-vano un bene prezioso. Lavoravano duramente, mangiavano tutti i giornipolenta, l'unica cosa che potevano permettersi. La vita continuava fatico-samente ma si andava avanti, i miei nonni invecchiavano nei campi e miopadre e mio zio diventarono uomini. Mio nonno decise nonostante le dif-ficoltà di mandare mio padre a scuola per offrirgli una speranza di una vitamigliore. L'integrazione non fu facile, spesso capitava che oltre a derider-lo per la sua condizione di emigrato i cileni lo emarginavo, addirittura avolte lo picchiavano, si fece insegnare dal fratello a difendersi, il qualedella necessità di non essere sempre sottomesso ne aveva fatto virtùcominciando a fare il pugile in una palestra già precedentemente nellacittà di Valdivia.Mio padre a scuola otteneva ottimi risultati, impegnarsi nello studio: dopotutte le peripezie gli stenti e i dispiaceri subiti era un vera ricompensa; erauno dei migliori, vinceva molti premi, quasi sempre libri di narrativa odizionari molti dei quali vengono ancora oggi custoditi gelosamente. Imiei nonni fieri di lui e della sua volontà di impegnarsi, terminate le scuo-le superiori decisero di iscriverlo all'università. L'unico modo per farloperò era di chiedere aiuto all'ambasciata italiana affinché lo sostenesseeconomicamente. Purtroppo però anche in questa occasione il fato sidimostrò avverso e l'ambasciata gli chiuse le porte in faccia negandoglil'aiuto economico di cui aveva bisogno. Purtroppo non vi fu alcun modoper ovviare al problema e mio padre dovette rinunciare all'idea di poter

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continuare gli studi. Si gettò nel lavoro, trovò occupazione in una officinameccanica dove con la stessa perseveranza di sempre riuscì pian piano aconquistarsi il ruolo di capo-meccanico. Lavorava tutto il tempo che pote-va, dormiva su un lettino nell'officina nella pausa del pranzo qualche orain prima serata poiché di notte, per cercare di guadagnare il più possibi-le, lavorava in un altro posto. Era instancabile, l'unica cosa che per luiimportava era lavorare per cercare di guadagnare sempre di più, probabil-mente perseguitato dallo spettro della miseria che lo aveva accompagnatofino a quel momento. Fu proprio in questo periodo che conobbe miamadre, durante un giorno di festa con i suoi colleghi al mare. Mia madrein quel tempo, stiamo parlando del periodo peggiore della dittatura diPinochet, il tempo delle stragi, dei desaparecidos, dei migliaia di cadave-ri gettati in alto mare con gli elicotteri. Era stata 2 anni prima la presiden-tessa di un campo di rifugiati; erano persone che non avendo un casa pro-pria occupavano alcune terre per viverci e si organizzavano in gruppi perovviare alle necessità quotidiane, come recuperare cibo, medicine, cioèsostenere il campo senza però mai compiere azione violente. Queste èstata una delle esperienze che ha segnato di più la vita della mia madre,avendo vissuto la realtà delle persone umili e povere molto da vicino, tuttociò lasciato nel suo cuore ricordo di tante persone care, molte delle quellenon ha mai più potuto rivedere a causa della repressione perpetrata dalgoverno di Pinochet. In quel tempo lavorava a stretto contatto e segreta-mente con il partito di sinistra più importante che c'era in quel periodo. Inseguito con il golpe militare dovete abbandonare il partito e nascondersidall'esercito, più per paura di ripercussione versi i propri cari che verso sèstessa. Dopo che si sono conosciuti, per entrambi fu amore a prima vista,gli occhi cerulei di lui e i tratti esotici di lei, accesero l'amore. Cosi deci-sero di sposarsi sei mesi dopo, entro un anno nacque mia sorella Claudiadi 29 anni, dopo 3 anni io e poi mio fratello minore Nicolas. Mia madreè cilena si chiama Gloria Pacheco e incarna bene i caratteri somatici esociali del suo popolo. E'una bella donna di circa 55 anni di carnagioneolivastra, ha occhi scuri grandi e profondi, un bellissimo sorriso e la sola-rità, l'intraprendenza che spesso si ritrova nel suo popolo, ovviamente pos-siede anche alcuni piccoli difetti ma quelli non li voglio elencare: è miamadre ed è perfetta. Tutte le mattine molto presto porta i bambini a scuo-la, guida un minibus di una scuola elementare, negli spazi di tempo tra unacorsa e l'altra torna a casa e si dedica alle faccende domestiche. Mio padreha continuato nel suo lavoro di meccanico facendo molti sacrifici dopo ilmatrimonio e con l'aiuto di mia madre ha comprato un terreno e una casa

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dove ha cominciato a lavorare in proprio. Mia nonna vive ancora li, inquel campo, da sola , mio nonno e mio zio sono venuti a mancare diversianni fa, non è mai voluta andare via da quel posto come non ha mai volu-to veramente integrarsi con il mondo circostante, forse tra quegli alberi dipalta che aveva piantato mio nonno, i fiori e le piante, qualche voltadimentica di essere lontana dalla sua Italia, ora tra quei sudamericani chenon sempre sono stati cordiali con la sua famiglia, che spesso guardavanola loro carnagione chiarissima, il colore azzurro dei loro occhi i loro capel-li chiari quasi con disprezzo, erano diversi, erano ladri di terre, andavanoa rubare lavoro e a non portate niente di buono. In quell'orto continua acondurre la stessa vita di sempre, logicamente nella misura in cui lo puòfare una donna sola di 91 anni. E' una cosa che mi ha sempre affascinato,mia nonna dopo tutte le sofferenze che ha dovuto affrontare è arrivata a 91anni certamente non in ottima salute ma con uno spirito incredibile, unaforza d'animo e una lucidità nell'affrontare la vita che spesso credo di nonpossedere neppure io che ho oltre 60 anni in meno e non ho sofferto nem-meno 1/100 di quello che ha subito lei. Credo che sia proprio quello ilsegreto, la sofferenza, il dover avuto affrontare le avversità in continua-zione, senza un attimo di tregua a farsi che ora riesca a vivere serena dasola in un campo senza nessuna comodità piena di acciacchi ma con laserenità di non dover abbandonare per l'ennesima volta tutto per ricomin-ciare. Ci racconta sempre dell'Italia, di Napoli, di Milano dei santi che tro-neggiano sulle guglie del duomo della madonnina, parla piena di soddisfa-zione di questi ricordi anche se poi in fin dei conti le sue origini non hannomolto d'italiano, ma lei è cosi, si sente attaccata a questa terra e a questanazionalità, ne sente fortissimo il senso di appartenenza, non ha mai volu-to cambiare il suo essere italiano per adattarsi al Cile, spesso e volentieririfiuta anche di parlare in spagnolo, quella non è la sua terra, non è la sualingua e lei non è nata li, e ci crediate o no, fino ad oggi non è mai anda-ta d'accordo con mia madre una cilena, appartenente a quel popolo che liaveva chiamati ladri di terre e di lavoro gli stava portando via l'unico fami-liare che le era rimasto. I contatti con l'Italia , la sua cultura e le sue tradi-zioni andava sempre di più affievolendosi. Mio padre cercò di portarci inun' associazione italiana a Santiago, un circolo di Trentini. All'inizio fuinteressante provare l'esperienza di trovarmi a confronto con un altropopolo e una nuova cultura. Cominciavamo ad interessarci a questa nuovomodo di essere che pian piano sembrava cominciare a conquistare me e imiei fratelli. Purtroppo però, frequentare quel luogo divenne proibitivoperché le attività che si svolgevano prevedevano una partecipazione eco-

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nomica abbastanza onerosa per la mia famiglia. Nuovamente cominciam-mo ad allontanarci anche da quell'unica "isola" italiana, sembrava che lamaledizione dei Kemper che li spinge lontani dall'Italia continuasse rica-dendo anche su di noi della terza generazione. Fu un desiderio improvvi-so e irrefrenabile di mia sorella maggiore Claudia, a contrastare questasituazione e a riequilibrare un po' la nostra sfortuna. Cominciò caparbia-mente, quando quasi tutta la famiglia tranne mia nonna che però viveva intotale isolamento, aveva completamente cancellato la propria parte italia-na; non se ne parlava più non c'era più interesse per il nostro paese d'ori-gine era rimasto solo un velo di tristezza negli occhi di mio padre quandotornava da casa di mia nonna e si immergeva nei ricordi. Claudia comin-ciò le sue ricerche partendo dall'ambasciata italiana che come altre voltein passato però non si dimostrò disponibile a sostenerci. Successivamentecominciò attraverso qualche chiesa a cercare italiani, persone che potesse-ro in qualche modo aiutarci a conoscere di più delle nostre origini tantocare a mia nonna, ma purtroppo a noi ancora poco conosciute. Trascorseun po' di tempo forse più di un anno quando riuscì a trovare un'associazio-ne di campani a Santiago. Cominciò subito a frequentarla, faceva corsi dilingua, partecipava alle riunioni, si interessava a tutte le iniziative, si sen-tiva sempre più coinvolta da quella cultura tanto lontana ma che in qual-che modo portava repressa dentro di se. Ad essere sincero devo ringrazia-re lei se mi trovo qui oggi a scrivere questa storia. Lei è stata l'unica a con-tinuare a credere nel sogno di poter tornare in Italia. Cominciò a parteci-pare a tutti i concorsi che davano la possibilità di venire a studiare in que-sto paese, era diventata una ossessione ma era difficilissimo. Avrà fattodecine e decine di domande a tutte le associazioni e agli organismi italia-ni per ottenere una borsa di studio ma il risultato continuava a inchiodar-ci alla maledizione di famiglia. Un giorno per caso, ricevette una telefo-nata, era il nostro consultore, Nello Gargiulo che le disse:"Claudia haicontrollato la posta elettronica?" E niente più. Controllava la sua mail ognigiorno ma quel giorno per puro caso non l'aveva fatto. Corse a leggereemozionata ed impaurita, si fece coraggio e leggendo la nuova mail rice-vuta cominciò a gridare e piangere di felicità, qualcosa stava cambiandoaveva ottenuto la possibilità di venire in Italia a fare questo stesso corsoche ora sto frequentando io. Ricordo che tornò a casa gridando: "vado inItalia!" Nessuna all'inizio aveva capito, ma poi dall'incredulità di tutti noisi passò alla commozione. Mio padre era emozionatissimo, mia nonna nonriusciva a immaginarlo, ventisette giorni in Italia, come era possibile sesolo per il viaggio lei aveva impiegato più di 30 giorni? Alla fine dopo

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tanta emozione il suo unico desiderio era di entrare nella valigia di miasorella per tornare qui. Il suo viaggio qui era andato bene anzi benissimo.Tornata dall'Italia era emozionatissima, era totalmente rapita da quel-l'esperienza vissuta e cercava di trasmetterci in tutti i modi tutto quello cheaveva vissuto. Era diventata Italia - dipendente, il suo desiderio di cono-scere le sue origini non si era appagato ma bensì era cresciuto esponen-zialmente. Cominciò con il doppio delle energie di prima a cercare ilmodo per ritornare in Italia e con la sua costanza ci è riuscì per la secon-da volta! Ad oggi vive in Italia da quasi 9 mesi, si è integrata benissimoe, a dire la verità, ora sembra quasi più italiana che cilena! Quando mi hachiamato e mi ha detto che quest'anno nuovamente c'era il corso che avevafrequentato lei, senza pensare troppo mi sono lanciato in questa esperien-za ed ora siamo qua insieme. Sono arrivato solo da pochi giorni e non hovisitato ancora molto, ma sto cominciando a capire che cos'era quel desi-derio incontrollabile che l'aveva spinta a tornare, sarà forse il richiamo alleorigini il fascino di questa terra e di questa cultura millenaria, non l'hoancora ben chiaro, ma sembra che ci sia una specie di malattia che ha con-tagiato anche me. Chissà se la maledizione dei Kemper Kravanja forse hacambiato direzione. Chissà…

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MELINA ANDREA MONDELLI(URUGUAY)

Il mio nome è Melina Mondelli, ho 32 anni e sono discendente per lineapaterna da persone di origine campana.Si può dire che sono il prodotto di tutto quello che hanno vissuto i mieigenitori, e i genitori dei suoi genitori. Penso che questo prodotto siamigliorato con il tempo, perché ho avuto la possibilità di studiare a livel-lo universitario e di imparare altre lingue.Mi sono laureata l'anno scorso in Chimica, e mi sento inserita nella socie-tà uruguaiana, ma anche nella società italiana che lavora nel mio paese.Sono la terza generazione nata nel paese di quegli emigrati che molti annifa sono venuti in Sudamerica, a Montevideo, dove non era ancora statocostruito il suo porto. Arrivarono così con la volontà di essere parte di unnuovo paese, di lavorare e costruire le sue famiglie.I miei bisnonni sono arrivati in una nuova città come Montevideo, dopoun lungo e difficilissimo viaggio verso l'oceano. Il viaggio aveva unadurata di tre mesi e a volte moriva gente per motivi diversi, sia di malat-tie sia per mancanza di cibi; nel mio caso, il mio bisnonno ha perso unfratello. Bisogna avere in conto che questo è successo prima del 1935, eche non erano stati scoperti ancora gli antibiotici, con i quali la qualitàdella vita migliorò moltissimo.Ancor al giorno di oggi non so bene perché hanno scelto Montevideo; unmotivo può essere che sarebbero voluti andare in Argentina e che nellanave ebbe luogo una epidemia (a quel tempo a Buenos Aires la nave dovec'era molta gente ammalata non era accolta e perciò la nave andò inUruguay). Loro emigrarono perché nei loro paesi in Italia, Piano e Perdifumo (in pro-vincia di Salerno) c'era molta fame, le terre non erano fertili e le risorseper vivere erano scarse e avevano notizie che in quella zona in America sipoteva avere una vita più dignitosa di quella là.I primi anni di permanenza nel nuovo paese hanno abitato in una piccolastanza con altre famiglie, che lo stesso erano arrivate dai dintorni dellazona in Italia dei miei bisnonni. Non fu facile, ma loro hanno costruito inquel modo legami di forte amicizia che sono sopravissuti fino ad oggi.

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Hanno fatto delle attività, come quella di essere contadini e muratori.Uno dei bisnonni, arrivato nel 1907, ha aiutato a costruire lo stadioCentenario, conosciuto per aver ospitato il primo campionato mondiale dicalcio (nel 1930). In quel anno governava l'Uruguay José Balle y Ordoñez,un presidente che segnò un prima e un dopo, perché ha fatto molte rifor-me come quella del divorzio per la volontà da sola della donna e quella diindicare la Chiesa cattolica come religione ufficiale dello stato. Sposò aMontevideo una compaesana (di Piano), hanno avuto 5 figli e per questomotivo le tradizioni della famiglia si sono mantenute col tempo, soprattut-to quella della cucina. Io ricordo come ogni 12 dicembre, i figli e i figlidei figli si riunivano col babbo a festeggiare il suo compleanno e si man-giavano gli struffoli, un cibo tipico de quella zona (in Italia). Ricordo ilsuo sapore e con che piacere lo mangiavo perché mi piaceva moltissimo.Un' altra tradizione era quella di bere tutte le domenica il vino con la pasta.Per questo motivo ho avuto il piacere di conoscere tutto sulla cucina tra-dizionale campana. Questo mi ha fatto inserire pochi anni fa in A.E.R.C.U(Associazione di Emigrati della Regione Campania in Uruguay).A.E.R.C.U esiste da venti anni, nata nel 1986, come conseguenza diun'iniziativa promossa dalla Regione Campania; fu costituita come asso-ciazione. L'associazione riunisce campani e i loro discendenti, realizzaattività prevalentemente culturali e di riscoperta delle radici campane e ilMinistero di Educazione e Cultura l'ha riconosciuta come entità . In que-sti 20 anni è stata guidata da persone che sono nate in Italia; i loro nomisono Mario Novino, Giuseppe Capozzoli ed Elio Sottolano (nato adAngelara). Ogni due anni ci sono le elezioni per scegliere una nuovaCommissione Direttiva, e ogni anno si fa una riunione con suoi soci perstudiare il bilancio annuale. Dalla nascita dell'associazione, laCommissione Direttiva è stata costituita da persone di origine diversa,voglio dire, sia nati in Italia sia di generazioni posteriori (nati in Uruguay)e anche di persone del gruppo di giovani. Ad esempio, oggi laCommissione Direttiva è una mescolanza di tutto quello che ho dettoprima. La costituiscono Elio Sottolano, Mario Novino, Michele Chechile,Sofia Ramogida, Rosina Galzerano e Carolina Capozzoli (nati nella regio-ne Campania); Ana Santucci, Eduardo Pena, Federica Raso, Veronica LaRocca e Fernando Toppi (appartenenti al gruppo dei giovani campani).Ci sono alcune sottocommissioni che hanno lo scopo di sviluppare alcuneattività:Commissione di CulturaSi occupa di far conoscere la cultura campana. Oggi con la collaborazio-

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ne della Regione Campania e con alcuni soci che sono professori di italia-no, attraverso il progetto Vesuvio s'insegna l'italiano. Vanno a classe, divi-se in due livelli, una trentina di studenti, campani e non campani. Altra attività che ha avuto luogo due anni fa, grazie anche al contributodella Regione, alla collaborazione di diversi imprese di origini italia-ne in Uruguay, ed altri enti che lavorano in Uruguay per gli italiani, fu"Scetate Napule" (in dialetto), che vuole dire "Svegliati Napoli". A questaattività abbiamo partecipato tutti i giovani campani dell'associazione, tuttala collettività campana e altri giovani che sono venite dalla Argentina, daCile e da Brasile. Ha avuto una durata di tre giorni e i posti scelti per farlafurono il Cabildo di Montevideo (luogo storico della Città Vecchia, dovefino al 1925 si esercitava il potere legislativo), la stessa associazione e unaazienda di agriturismo. Fu fatta una mostra di pittura, una di scultura e diverse conversazioni conil pubblico presente. Ha partecipato anche Donato (un conosciuto cuocodella regione di Sud America), che ci ha preparato diversi piatti tipici dellaregione, come gli spaghetti alla carbonara e gli struffoli. È stato uno spet-tacolo veramente meraviglioso perché l'acceso era aperto a tutte le perso-ne (italiane e non italiane) e molta gente l'ha vissuto.L'anno scorso, con l'occasione del 20° anniversario dell'associazione, nelmese di luglio, si sono svolti altre attività come: l'inaugurazione dellanostra biblioteca, che ha più di 500 elementi tra libri, CD, DVD e riviste.Tutti i soci possono accedere a questo materiale; un seminario sul presepenapoletano, con la spiegazione precisa del ruolo che ha ogni personaggio;una mostra di pitture; una cena con cibi tradizionali campani e uruguaia-ni; si passò un film italiano degli anni sessanta; una dimostrazione "inscena" su come si fanno alcuni cibi tradizionali come gli struffoli e le zep-pole.Nel 1996 si fonda il Gruppo folk di danza che si chiama "StelleCampane". Questo gruppo oggi ha 40 iscritti e mantiene attraverso il ballole radici tradizionali campane. Il prestigio di questo gruppo in Uruguay èin crescita e fa diverse rappresentazioni in diversi eventi. Ad esempio l'an-no scorso il gruppo ha ballato nella "Notte dei Musei" (organizzato dalComune di Montevideo e dal Ministero di Educazione e Cultura, dovetutti i musei aprono le sue porte di notte e mostrano alla gente i suoi benipiù importanti, e anche al di fuori ci sono tanti spettacoli come quello delgruppo di danza).Con l'occasione di essere il 10° anniversario del nostro gruppo di danzanel mese di settembre si organizza un evento dove altre collettività balla-

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rono con noi, come la comunità russa, la gallese, la polacca e un gruppodi danza tradizionale uruguaiana. Si può dire che fu attraverso il ballo chesi ebbe uno scambio culturale molto importante.Commissione di Sport e Tempo liberoSi occupa di metterci in contatto ogni anno per giocare i giochi della col-lettività. Questo evento è molto importante per noi perché ci permette diessere in contatto con le altre associazioni italiane che sono a Montevideo(che sono 32). Diversi sport si giocano, tra cui il calcio, il calcio senior, lapallacanestro e i diversi giochi di carte (briscola, tre sette). Anche ci per-mette ogni due anni di giocare le Olimpiadi dell'Emigrazione, dove siscambiamo esperienze con altre collettività come i gallesi, i russi, i fran-cesi, gli inglesi, i portoghesi e i greci.Commissione Eventi e SpettacoliQuesta organizza ogni mese i pranzi sociali e altre attività che si riferisca-no alla cucina e l'organizzazione del salone. Un evento che organizza i COMITES (Comitato degli Italiani al Estero)insieme con il console e l'ambasciata d'Italia in Uruguay ha luogo ognianno, e questa commissione si incarica di elaborare i cibi per la vendita.Si chiama la "Giornata per gli italiani " dove ogni associazione e le impre-se di origini italiane mostrano e vendono i loro prodotti.Il nostro salone si usa anche per pranzi e cene di altre associazioni, comequella laziale e i figli della Toscana.Bisogna dire che queste commissioni non lavorano da sole, hanno l'appog-gio delle altre, che come si è visto, sono eventi che non si possono fare dasoli.Nell'associazione, io appartengo al gruppo di giovani campani, alla com-missione Eventi e Spettacoli e sono la segretaria. In questo momento ilgruppo di giovani collabora in modo molto importante con i pranzi che sifanno ogni mese, aiutando alle donne e agli uomini della cucina e prepa-rando il salone. Come parte della segretaria, il mio ruolo è fare tutto illavoro amministrativo, preparare l'ordine del giorno quando si riunisce laCommissione Direttiva e altre cose diverse. Quest' attività mi fa conosce-re il mio settore campano, mi ha aiutato a riscoprire le mie radici, e hofatto forti vincoli di amicizia con gente della stessa età e più vecchia, e miha fatto capire molte cose che durante la mia vita ho fatto senza una spie-gazione logica. Dico questo perché io sono l'unica persona della mia fami-glia che mantengo vincoli così stretti con l'associazione.Oggi A.E.R.C.U ha 1800 soci, ma si sa che in Uruguay più del 40 percento della popolazione è di origine italiana e di questo il 45 per cento è

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di origine campana (vuole dire che ci sono 630.000 persone). Con questaquantità, è una delle associazioni che ha il maggiore numero di soci.Rispetto all'emigrazione italiana in Uruguay si può dire che fino al 1870-80 la prima ondata migratoria somiglia a quella argentina, perché arriva-no italiani del nord e altri gruppi di immigrati come i francesi, inglesi ebaschi, ma in numeri molto più modesti.Nella seconda ondata, l'Uruguay si distanzia sempre di più dall'Argentinae dal sud del Brasile, perché il paese non ha più territori freschi di conqui-sta e disabitati da offrire alle colonie di popolamento.Nel 1890 le persone che sono entrate in Uruguay erano prevalentementedel nord Italia, ma dal 1890 al 1914 prevalsero invece le regioni del sud,e in particolare la Campania, i cui cittadini arrivano a toccare il 50 percento del totale degli immigrati italiani nel quinquennio 1890-94. In que-sto momento due dei miei bisnonni arriva in Uruguay e fa parte di questapercentuale.Quando cominciò la prima guerra mondiale si stabilirono 220 mila immi-granti (90 mila dei cui italiani) maggiormente a Montevideo e in misuraminore a Canelones (nei dintorni della capitale) e sul fiume Uruguay.Dopo la prima e la seconda guerra mondiale un'altra ondata migratoriamolto importante entra in Uruguay, e i campani hanno fatto parte impor-tante di queste (non ho i numeri ma so che furono importanti) .Dopo gli anni settanta, questa immigrazione in Uruguay si fermò e comin-ciò a darsi al rovescio, vuol dire a tornare in Italia. Il motivo di questo èche la situazione politica-economica non andava in più in crescita e i mili-tari hanno preso il governo nel mio paese. Un altro motivo è che si comin-ciò a lavorare per l'unione dei paesi in Europa, costituendo la ComunitàEconomica Europea. Oggi si può dire che si vive più dignitosamente inItalia che in Uruguay.L'altro bisnonno è arrivato prima di 1892 in Uruguay (questo è così per-ché tutti i suoi figli sono nati nel nuovo paese e il primo è nato in quell'anno proveniente da Perdifumo, un piccolo paese nella provincia diSalerno. Sposò un'altra compaesana il 10 ottobre 1889, non so se aMontevideo oppure Perdifumo e hanno avuto dodici figli).Quando lei ha avuto il figlio numero dodici purtroppo morì di parto e miobisnonno ha dovuto far crescere tutti i suoi figli da solo. Ma in quel tempoha avuto l'aiuto di altre persone che provenivano della stessa zona in Italia.Lavorò facendo di tutto, ma col passare del tempo comprò un pezzo diterra e cominciò a lavorarla. Il pezzo di terra era vicino a Suarez, una pic-cola località nei dintorni di Montevideo, nel departamento di Canelones.

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Quando i suoi figli diventarono più grandi e si sposarono (con personeuruguaiane oppure italiane), otto hanno comprato pezzi di terra vicini aquello del padre e tre sono andati a Sayago (un quartiere di Montevideo),dove hanno creato una famiglia e una vita dignitosa. L'altro, il maggiore, ha fatto il prete, ordinandosi a Torino e ha fatto unlavoro stupendo nel quartiere del Prado (a Montevideo). Ha costruito conla società di quel quartiere una scuola cattolica e fino ad oggi si riconosceil suo impegno per lavorare nel benessere della società; si dice di lui cheera una persona instancabile. Anche lui ha portato dall'Italia l'immaginedella Vergine e l'ha messa a Aguas Blancas (un paese nel interno delUruguay, nel dipartamento di Lavalleja, meraviglioso per i suoi paesagginaturali ); oggi è un luogo di accoglienza spirituale dove numerosi gruppidi giovani cattolici vanno, e c'è un aula chiamata con il suo nome.Questo mi fa riflettere perché i miei genitori s'impegnarono nell'offrirciuna educazione di quel tipo e alcuni anni fa apparteneva ad un gruppo digiovani che era guidato dai preti della zona dove abitavo. Di me posso direche ho una profonda spiritualità e che la porto con me tutti i giorni dellavita.Anche in Uruguay la presenza della religione è importante. La religionecattolica è un esempio chiaro dell' influenza degli immigrati di originecampana. Ogni 3 di giugno a Florida (capoluogo del dipartimento diFlorida nell' interno del paese, a 100 km da Montevideo) si fa pellegrinag-gio e si chiede qualche favore. C'è in quel luogo la scultura di San Cono,portata molti anni fa da Teggiano (in Campania) e moltissima gente va achiedere per la sua salute, per il suo figlio, per poter aver figli, per vince-re il campionato di calcio e altre cose più specifiche.Nelle vetrine della chiesa che ospita il santo si possono vedere immaginicome fotografie di figli, medaglie, scarpe dei giocatori, tutto quello che lagente vuole dare per dire grazie per il favore concesso.Coloro che comprevano pezzi di terra svilupparono maggiormente un'at-tività agricola e di allevamento del bestiame. Hanno piantato i vigneti efacevano il vino (che negli anni cinquanta fu un impresa familiare moltoimportante), hanno piantato le patate (in quel tempo arrivarono ad esserei maggiori produttori del paese) e facevano altri tipi di attività ortofrutti-cola.Come il nome di mio bisnonno era Antonio, ed erano molto cattolici, ogni13 giugno tutta la famiglia si riuniva a festeggiare il santo. Mio padre miha detto che c'era moltissima gente, e cominciavano a lavorare per la festauna settimana prima e che si mangiava moltissimo.

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Oggi quello che rimane di quella famiglia si riunisce una volta all'anno,ma non è lo stesso di quel tempo. Ci riuniamo la seconda, terza e quartagenerazione in una data che non è fissa, e non si mangia tutto quello chesi mangiava prima. Hanno perso col tempo le tradizioni della cucina e inquesti tempi odierni non si perde il tempo cucinando; ma ad ogni modosono riunioni per conoscerci.Mio padre, nasce a Montevideo 64 anni fa e i suoi genitori si chiamavanoFrancisco Mondelli e Josefa Di Matteo, era il primo dei tre figli che hannoavuto. Studiò in una scuola cattolica, ma lui da bambino lavorava nell'or-to; questo gli ha insegnato a lavorare e a sapere tutto quello riferito allaproduzione ortofrutticola. Studiò a livello universitario ottenendo la lau-rea in architettura; dei suoi cugini è uno dei pochi che lo ha potuto fare.Per la famiglia questo è molto importante perché quei immigrati che sonovenuti non hanno avuto la possibilità e hanno tentato di dare questa possi-bilità ai suoi figli.Mi madre es la ultima hija de los nueve hijos que tuvo mi abuela. Si busca-mos el emigrante mas cercano en el tiempo, se eencuentra uno que llegoal Uruguay antes de que existiese propiamente como pais libre e indem-pendiente. Se tiene el dato que es de origen italiano y que llega alrededorde 1820. Como consecuencia de lo dicho anteriormente, puedo decir quemi madre es uruguaya de pura cepa. Mi abuela nacio y crecio gran partede su vida en un departamento en el interior del pais, limitrofe con Brasilllamado Treinta y Tres. Se caso con un senor, de apellido Castillo, con elcual tuvo dos hijos, pero luego murio asesinado por un comerciante local.Luego de haber pasado por ese amargo momento se vuelve a casar con miabuelo, Jesus Fleitas y se trasladan a Montevideo donde tienen siete hijosmas.En la casa de mi abuelo todos trabajaban para poder mantenerse, mi abue-la tenia un pequeno tambo y ademas trabajaba en una fabrica de conser-vas alimenticias como lo hicieron luego mis tias. Mi abuelo pertenecia ala policia montada y ademas hacia diversos trabajos que requerian manode obra no especializada. Mi madre, por ser la menor tuvo la posibilidadde estudiar hasta alcanzar nivel universitario, debiendo abandonar losestudios cuando yo naci.Algunos de mis tios al no contar con formacion a nivel de secundario, ycuando el trabajo de mano de obra no especializado comenzo a escasear,ademas por la situacion politica que estaba pasando mi pais como aquelde la dictadura militar, emigraron a otros paises para encontrar una vidamejor y aun hoy estan afincados.

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Dos de mis tias, ya casadas y con hijos emigraron a Australia, un paisdesconocido para ellos no solo por la lengua sino que por la lontananza,donde encontraron posibilidades de trabajo.Se fueron a ese pais porquehubo en el ano 1974 posibilidades ofrecidas por el mismo gobierno austra-liano. La adaptacion no fue facil porque ademas de desconocer el idioma,desconocian las costumbres y las tradiciones locales; tanto asi que luegode 25 anos y haber obtenido la jubilacion una de mis tias volvio aUruguay. Mi otra tia esta todavia en Australia y sus hijas completamenteadaptadas al medio local se han casado con australianos o con otros emi-grantes. Otros dos tios se fueron a Argentina, a Buenos Aires, donde se adaptaronmas rapido ya que no hay dos paises en el mundo que tengan las mismascostumbres, el mismo idioma y la misma forma de ser de la gente. Uno secaso con una chilena, formo su familia y trabaja hasta hoy en la vecinaorilla (como nos decimos nosotros a los argentinos porque solo nos sepa-ra un rio como el Rio de la Plata).Otra tia en el ano 1966 emigra a los Estados Unidos, su principio en el paisno fue facil porque tambien ella tuvo la barrera de la lengua, pero sinembargo, se preocupo de terminar el secundario y estudiar un oficio comoel de ser agente de viajes. Se caso anos despues con un ecuatoriano y tie-nen tres hijos nacidos en el nuevo pais, totalmente adaptados a las costum-bres del pais.De mis tios emigrados puedo decir que forman parte de una nueva naciony que vuelven de manera esporadica a visitar el pais pero no para quedar-se, mis primos sin embargo no han venido mas que en una oportunidad yno s si volveran algun dia.Mis otros tres tios y mi madre se quedaron en Uruguay, donde se casarony tuvieron sus hijos. Tuvieron un especial cuidado en ofrecernos la mejoreducacion y la posibilidad de terminar el secundario.Puedo decir con propiedad que mi familia es un crisol de culturas porquemis primos, en particular los hijos de mis tios emigrados estan totalmenteinsertos en la sociedad de su pais y se han ido casando con personas deorigenes y religiones diversas. Convivimos en mi familia con gente cato-lica apostolica romana, testigos de Jehova, judios; americanos, argentinos,australianos, canadienses, chilenos, ecuatorianos, italianos y uruguayos,entre otros. Tambien puedo decir que la mayoria de los primos, debido ala particular atencion que pusieron nuestros padres en ofrecernos una edu-cacion mejor de la que ellos tuvieron llegamos a niveles universitarios,obteniendo titulos de ese nivel

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Por ello, digo que conozco con propiedad los fenomenos que ocurren tantocuando se emigra de un pais como de cuando se inmigra a un pais. Estoshechos me hacen comprender a muchas de las personas cercanas a mi quehan debido emigrar de mi pais por diversos, motivos, el mas importante,la escasez de trabajo, la situacion politica-economica y la expextativa dequerer dar a sus hijos una vida mejor a laa que ellos tuvieron.Yo naci en el seno de las familias descritas anteriormente. Desde chica meinculcaron los valores fundamentales para poder ser la persona que soyhoy, dandole un giro academico a todo aquello que se hacia por haber sidoensenado de generacion en generacion, pero sin el debido fundamentocientifico del por que se hacia de ese modo y no de otro.Recuerdo de chica como nos reuniamos a hacer conservas de alimentos,ya sea tomates al natural, salsa de tomate o tomate fermentado con ajo,cebolla, laurel y granos de pimienta negra; o peras y duraznos en almibar;o dulce de higos, de duraznos, de tomates o de zapallo. Aquellos momen-tos eran magicos porque nos ensenaban la rutina del trabajo con el diver-timento y que importante era ser parte de ese equipo. Recuerdo haberabsorbido todo aquello que ciertamente era una ciencia, pasada de gene-racion en generacion, pero siempre tuve la voluntad de saber porque sehacia de ese modo y si no habia otro mejor.Otra cosa que me inculcaron es el gusto por la produccion ortofruticola, elcomo plantar, en que epoca del ano plantar y cuando saber si una frutaestaba pronta para cosechar. Anos despues llegue a tener un pequenohuerto donde plante ajo, cebolla, rabanitos, tomates y zanahorias para con-sumo propio. Ademas tenia castanos, ciruelos, limoneros, mandarinos ynaranjos con los que elaboraba distintos productos para el consumo pro-pio. Con las ciruelas hacia mermelada y una bebida alcoholica cuyo gustoy sabor era parecido a una sidra, pero un poco mas dulce. Con los naran-jos y limoneros hacia el jugo para beber cada manana, confitura con lascascaras y con el jugo de la pulpa hacia otras bebidas alcoholicas total-mente naturales cuyo color al momento de estar pronta para ser bebido eraun anaranjado oxidado; la gente me decia que el gusto se parecia muchoal de un jerez, pero mas gustoso. Las castanas se hacian al horno y enalmibar. Tambien llevo en mis genes el placer que me produce conocer todo acer-ca del vino, tanto asi que hice los unicos dos cursos de enologia que exi-sten a nivel universitario en mi pais, uno en la Facultad de Agronomia yotro en la Facultad de Quimica, cada uno con enfoques distintos. Desdehace seis anos pertenezco al panel de vinos de la facultad, donde fui entre-

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nada para detectar olores y sabores de los vinos. Siempre en la mismadisciplina pertenezco en Uruguay al Circulo de Bacco, una organizacionque se encarga de hacer visitas guiadas a bodegas cuyos propietarios sonitalianos o descendientes de italianos donde se hacen degustaciones de losproductos de la bodega, asi como su posterior compra. Cada uno de ellosnos ha contado su propia historia familiar y puedo decir que son pequenasy singulares historias, muy similares a las que ya conte con anterioridaden este texto. Para mejorar mi conocimiento del area entre los meses de noviembre yfebrero pasados realice una pasantia en una prestigiosa institucion parae-statal denominada L.A.T.U (Laboratorio Tecnologico del Uruguay). Esta,es la unica institucion nacional encargada de emitir los certificados de pro-ducto apto para la exportacion, es decir analizar el producto antes de serexportado y ver si cumple con los requisitos de entrada al otro pais; y deanalizar si aquellos vinos que se importaron cumplen con la legislacionvigente en mi pais. Esta pasantia me dio la posibilidad de degustar vinosque de otra manera no lo hubiese podido hacer. Es una pasantia que hicecon mucho placer porque realmente me encanta el tema y me dio la posi-bilidad de vincularme con autoridades del area.En la Facultad de Quimica, que es donde realice mis estudios, trabajodesde hace doce anos. El primer trabajo que tuve fue en la biblioteca, tra-bajo que me dio la posibilidad de conocer a mucha gente, estudiantes yprofesionales del area y de aprender a realizar busquedas bibliograficas,tanto a nivel de libros y revistas como de internet (en aquellos anos aun nodesarrollada en la magnitud de hoy dia). Fue una experiencia enriquece-dora, porque me daba cuenta de cuan importante es para la gente recibir lainformacion que necesita, asi como de ser el primer eslabon en la investi-gacion cientifica rumbo al descubrimiento de nuevos medicamentos o denuevos elementos para aumentar la satisfaccion del cliente y mejorar sucalidad de vida. Son contactos que aun hoy mantengo. En el ano 1999comence a trabajar en otra seccion de la facultad, en las catedras deAnalisis Instrumental y de Quimica Analitica Cualitativa. Las actividadesque realice fueron diversas, desde administrativas a practicas como la detener que preparar todo aquello que el estudiante necesita para hacer laspracticas en el laboratorio. Esto me brindo la posibilidad de aplicar todoaquello que estaba estudiando y de aprender a vincularme tanto con estu-diantes como con profesores. Posteriormente esas catedras y algunas masse unieron para formar un departamento, esto tuvo lugar como consecuen-cia de una reestrutura de carreras y de planes que se esta haciendo en la

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facultad con el fin de permitir la libre circulacion de docentes, materialesy recusos asi como su racionalizaacion. Hoy en dia puedo decir que somosun cuerpo cohesivo, que podemos seguir avanzando y que estoy comple-tamente adaptada a los cambios que se produjeron y a los cambios futu-ros.Una experiencia inedita a nivel de facultad la implementamos el ano pasa-do en ocasion de realizarse entre los dias 22 a 27 del mes de mayo fue laSemana de la Ciencia y la Tecnologia, en donde estudiantes de nivel esco-lar vinieron a nuestro recinto con el fin de recibir una clase sobre Que esla ciencia? Esta experiencia maravillosa nos reporto un mejor conocimien-to de la conducta de los ninos y que realmente existe interes a esa edad deconocer mejor ese campo, pero que llegado a un momento en la adole-scencia esto se pierde. Nos dio tambien la posibilidad de presentarnos yrealizar algunas experiencias en la feria del libro el pasado 7 de octubre.Nos reporto satisfaccion personal ya que se lleno dicho recinto y todo fun-ciono a la perfeccion.Debo decir tambien que desde hace dos anos estoy haciendo investigacioncientifica en la Catedra de Quimica Inorganica de dicha facultad. En estosmomentos estoy dedicada a la "Sintesis, caracterizacion estructural y estu-dio de sus posibles propiedades medicinales de complejos de metales dela primera serie de transicion con antibioticos" como lo son las sulfonami-das. Este trabajo me ha reportado muchas satisfacciones a nivel personalya que sobre una parte de el realice mi tesis para obtener el titulo el anopasado de "Licenciada en Quimica" ; ademas mi trabajo junto con el deotras personas ya fue presentado en diversos eventos a nivel internacionalcomo el "XIII Brazilian Meeting in Inorganic Chemistry" y el "PrimerCongreso Latinoamericano de Quimica Medicinal". En estos momentosnos estamos abocando a la escritura para la presentacion de un articulo enuna prestigiosa revista de nivel internacional.En estos 32 anos que llevo de vida he vivido diversas experiencias que mehan hecho crecer para llegar a ser la persona que soy hoy en dia.Experiencias como el escuchar a mis abuelos de la nostalgia que sentianpor no poder estar en sus tierras de origen, por no poder oler la fraganciaen particular de una flor que crecia en aquel lugar; o ver hacer pasta case-ra todos los domingos o ir a misa todos los domingos; o aquellas de nohace mucho tiempo atras en donde nos sentabamos una tarde de domingopara hablar al exterior (era un proceso que a veces llevaba toda la tarde,ya que no existia internet ni los medios de comunicacion que la acompa-nan) ; experiencias como la de hacer las conservas; o como la de ser parte

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querida e importante en mi familia (lo se porque a las reuniones familia-res va mucha gente y se tienden puentes de amistad).Siento que llevo en mi sangre todas las experiencias, sentimientos, emo-ciones y parte de la vida de todo aquello que mis predecesores vivieron.Soy lo que soy por todo lo que mis antecesores han hecho .... por elloSalute!!!! Y gracias.

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FERNANDO SEBASTIAN TOPPI(URUGUAY)

Io sono Fernando Toppi, figlio di Sebastiano Toppi che è un emigratocampano che è nato in Brusciano, provincia di Napoli. Lui è arrivato inUruguay nel cinquanta dopo la seconda guerra mondiale.Io sono nato il 23 di dicembre di 1980. Quel giorno i miei genitori eranomolto felici per la nascita del loro primo figlio.I primi tre anni della mia vita noi abitavamo a La Paz, che è un piccolopaese vicino alla città di Montevideo.Tre anni dopo noi abbiamo cambiato casa e siamo andati ad abitare aColon, un quartiere nella periferia di Montevideo.Noi abitavamo in una casa grande con un gran giardino, pertanto io hoavuto una infanzia felice perché avevo un bel luogo per stare con i mieiamici, e tutti i miei compleanni li festeggiavo nella mia casa.Io ho imparato tutte le tradizioni italiane che mio padre mi ha insegnato.Ricordo quando ascoltavo mio padre parlare il dialetto napoletano con lamia nonna e imparavo alcune parole.Mio padre faceva prodotti tipici in casa, ma questo secondo me per duemotivi: per motivi economici, perché erano migliori di qualità, ma ancheper mantenere la tradizione italiana in famiglia.Io ricordo che aiutavo a fare il vino e la salsa di pomodoro: pestavo l'uvacon lui e con mio nonno.Per la salsa io e i miei fratelli tagliavamo il pomodoro e dopo mio padre emia madre facevano il resto del lavoro. Questa era una attività moltobuona perché aiutavo la famiglia.Noi eravamo una famiglia che non aveva una buona situazione economi-ca, e mio padre e mia madre lavoravano tutto il giorno. Nonostante que-sto mi hanno mandato a una scuola privata perché volevano per me unabuona educazione.A scuola era un buon alunno ma facevo anche altre cose: in particolarepraticavo il calcio, che piaceva molto a me ed a mio padre.Noi siamo tifosi di Penarol, che è una squadra che ha una tradizione ita-liana e si chiama cosi a causa di un paese della Liguria con questo nome.Noi andavamo allo stadio a vedere questa squadra uruguayana ma quando

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c'era una partita della nazionale italiana tutta la famiglia si riuniva a casae mangiavamo la pizza e bevevamo vino buono fatto in casa.A casa si mangia sempre la cucina tipica italiana, e ogni ventinove delmese mangiamo gli gnocchi che mia madre prepara anche se lavora tuttoil giorno.Io sono sempre stato orgoglioso di essere figlio di italiani perché l'Italia èun paese con una lunga tradizione storica, in particolare i napoletani, per-ché sono persone accoglienti e calorose.Dopo la scuola io sono andato ad un liceo religioso per ricevere un' edu-cazione cattolica; altra cosa che i miei genitori hanno voluto per me e mieifratelli. Da quando avevo otto anni ho fatto parte di una associazionescout, un attività sociale che mi ha permesso di conoscere gente diversa dame e condividere con loro molte esperienze sia di tutti i giovani che leavventure in montagna durante l'estate.Dopo il liceo io ho avuto la possibilità di andare in Chile per un incontroScout Mondiale; questa è stata una grande esperienza per me, perché hoavuto la possibilità di conoscere gente di tutte le parti del mondo. Lì hoconosciuto molto giovani italiani, ho parlato con loro e ho scambiato alcu-ni ricordi: è stata una opportunità per parlare un po' l'italiano perché nonlo conosco bene.Durante il liceo ho instaurato tantissime amicizie e raccontavo a loro lamia storia familiare.Nel primo anno, durante una lezione di geografia, ho portato in classe unapietra vulcanica del Vesuvio che la mia famiglia ha conservato per tantianni.A.E.R.C.U(Associazione Emigrati Regione Campania in Uruguay)Questa Associazione è stata fondata nel 1986 come conseguenza di un ini-ziativa promossa dalla Regione Campania e fu costituita come associazio-ne. AERCU riunisce campani e discendenti di campani, e realizza attivitàprevalentemente culturali e di riscoperta delle radici campane.Oggi l'associazione è guidata dal signor Elio Sottomano, nato a Salerno eun direttivo composto da giovani (Federica Raso, Veronica La Rocca,Jaqueline Zoppi e io) e altri nati proprio in Italia come Mario Norino,Rosina Galzerano, Carmelo Giordano e Luisa Pessolano.Le attività culturali che sviluppa l'associazione sono quei corsi di lingua ecultura tradizionalmente campana, corsi di danza per bambini e adole-scenti, pranzi, etc.Io sempre sono stato interessato in a partecipare con la AERCU, ma non

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avevo tempo per partecipare, pertanto nel anno 2002 quando io stavofacendo un corso di italiano, ho parlato con il mio professore, che era unmembro della AERCU, e gli ho detto che volevo essere parte dell'associa-zione. I primi anni nell'associazione non è stato facile perché non c'era confiden-za con il resto delle persone, ma poi ho fatto amicizia con tutti.Mi piace molto lavorare nell'associazione facendo tanti tipi di attività; è unlavoro onorario perché è un lavoro che si fa con il cuore.Nel 2005 ho fatto parte della organizzazione di un evento culturale moltoimportante chiamato "Scetate Napule" (Svegliati Napoli) svolto al Cavillodi Montevideo.Ci sono stati diversi spettacoli con il fine di promuovere e informare circala Regione Campania in Uruguay.È stato molto difficile questa attività, ma l'ho fatta con molto piacere per-ché mi ha permesso di aiutare a crescere la AERCU in Uruguay.C'era un cuoco italiano famoso che lavora nella Tv argentina, che si chia-ma Donato, che ha fatto una dimostrazione facendo cucina tradizionalecampana.C'è stata anche una mostra di pitture e sculture di persone discendenti dicampani. Infine un spettacolo di danza tipica italiana fatto dal gruppo didanza "Stelle Campane".Da 2006 sono parte integrante di AERCU. Dal 2006 ho lavorato nellasegretaria administrativa di AERCU. Qui ero incaricato di organizzare leriunioni del direttivo e per i pranzi, far conoscere le varie attività che esi-stono nella associazione ( gruppo di ballo, lezioni di italiano, pranzo, etc).Queste attività sono molto importanti dal punto di vista economico per laAERCU, ma anche attività sociali, perchè permette a tutte le persone del-l'a Associazione di lavorare insieme: mentre si prepara il pranzo, si parladi diverse tematiche, così le persone riescono a conescersi meglio.Dal 2006 vado a lezioni di lingua e cultura italiana nell' AERCU: questomi permette di aumentare la mia conoscenza sulla cultura italiana edanche di imparare l'italiano.Il gruppo è molto unito e organizziamo passeggiate a Montevideo e par-liamo l'italiano. A novembre del 2005 il gruppo "Stelle Campane" dell'AERCU participa nell' incontro collettività a Rosario, in Argentina.È stata un'esperienza veramente importante per l' associazione e anche perme. Non solo abbiamo rappresentato la cultura campana - uruguayana, maanche abbiamo conosciuto diverse culture.Mi sono molto emozionato quando il nostro gruppo di ballo ha fatto il suo

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spettacolo perché tutte le persone hanno gradito il lavoro svolto.L'anno scorso mi sono laureato in Giurisprudenza e questa esperienza miha riempito di felicità a me e alla mia famiglia, specialmente mio padre,per il fatto di essere un immigrato campano che non ha avuto la possibili-tà di studiare all'università.

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GEORGE DOMINIC CIPOLLONE(STATI UNITI)

I miei genitori sono italiani. Loro vengono dalla Regione Campania. Lamia mamma era nata in un piccolo paese che si chiama Sacco nella pro-vincia di Salerno. Mio padre è nato in un piccolo paese che si chiamaGallo Matese in provincia di Caserta. Dopo la seconda guerra mondiale,quando il sud dell'Italia è stato rovinato, la famiglia di mio padre ha cer-cato di lasciare l'Italia per una vita migliore all'estero. La sua famiglia halasciato l'Italia per l'Argentina quando lui aveva soltanto due anni. Perundici anni mio padre ha abitato in Argentina. Poi la sua famiglia ha avutol'opportunità di andare negli Stati Uniti. Loro sono arrivati a New Yorkche indossavano i vestiti d'inverno durante l'estate. Lui non sapeva unaparola in inglese ed alla scuola stato messo in una classe con gli altri stu-denti d'immigrati. La mia mamma è rimasta in l'Italia finché lei aveva quattordici anni. Lafamiglia di mia madre ha saputo dei paesani che sono venuti a New Yorke loro volevano abitare negli Stati Uniti. Il padre di mia madre era un car-pentiere, lui ha preso un lavoro nella città di New York. La mia mamma èentrata dentro una scuola superiore. Lei ha incontrato molti studenti comelei che erano dell'Italia. Una ragazza è diventata l'amica migliore. Lei sichiamava Caterina ed abitava da un piccolo paese nella RegioneCampania prima di venire a New York. Oggi ancora sono amici. Un gior-no mio padre ha visto per la prima volta mia madre sulla sua via del lavo-ro. Lei stava lavorando dentro un negozio che vendeva i vestiti per ledonne. Con la scusa che aveva bisogno di comprare un regalo per suamadre, ha chiesto lei per l'aiuto. In quel momento ha chiesto a lei se ame-rebbe uscire con lui una serata. Lei ha accettato. Dopo sei mesi insiemeloro si sono sposati.Due anni dopo di matrimonio i miei genitori hanno fatto la prima figlia.Lei si chiama Roseanne. In 1978, due anni dopo che era nata mia sorella,sono nato. Io sono nato nella città di New York. The borough of New Yorkthat I was called was Bronx. I grow up in a neighborhood of the Bronxthat was called the Morris Park area that was mostly Italian- Americans.Italian-American neighborhoods (are often referred to as 'Little Italy') onecan find festive celebrations such as the well known San Gennaro Feast in

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New York City or the unique Our Lady of Mount Carmel "Giglio" Feastin the Williamsburg section of Brooklyn, New York. Italian feasts invol-ve elaborate displays of devotion to God and patron saints. The mostwidely known is St. Joseph's feast day on March 19th. Feast (Festa inItalian) is an umbrella term for the various secular and religious, indoorand outdoor activities surrounding a religious holiday. Typically, Italianfeasts consist of festive communal meals, religious services, games ofchance and skill and elaborate outdoor processions consisting of statuesresplendent in jewels and donation. I was five years old when I first visited Italy. My first experience in Italywas during the summer when all the Freast are celebrated in each town orcity. I remember that my first experience was meeting my Italian cousinsfor the first time and marching through the streets of my mother's home-town of Sacco with plastic instruments alongside a real marching band. Iremember witnessing a statue of La Madonna being carried from thechurch to the highest point of the town and my cousins and I marchingalongside with plastic instruments. My cousins and I enjoyed the caravelgames that followed the evening events. One morning my family and I decided to trek through the park of theCilento. During this trek my cousin Luca was bitten by a poisonous snakeand had to be rush to the hospital. I remember we had to travel a longdistance to reach the closes hospital. The outdoor markets were onSaturday's and parents decided to get matching blueberry shoes that allItalian kids were wearing at the time. My first impression of the town ofwhere my mother is from and of Italy is family, love, and memories. The second time that I visited Italy was in 1990 when I was ten years old.It was shortly after the World Cup had ended, however, in every smalltown in the Regione Campagne was decorated in the tri colors of Italy. Onthis trip my family went to swim in the Mediterranean Sea and I broke myarm falling down a stone staircase. I remember it took my parents a cou-ple of hours to arrive at the nearest hospital. I was in a lot of pain and Ihad to wait three days to receive a cast for my broken arm. Despite beinga cast I learned how to play scoppa with Napoleone Cards. I used to tryto imitate the older man from Sacco when they used bang the table reallyhard when they score una scoppa. The third time that I was in Italy I first experience going to a Footballgame in the neighboring town called Piaggine. We used to go to all thegames that the Sacco team played in at halftime we would get a bite to eatat the concession stand. The pizza was always good. Even though, we did

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not win the championship that year it was always an event to participatein those events. On this trip I learned how enjoyable life really is forsomeone that lives in the small of la regione campagna. Today, I am very interested in keeping this tradition still intact for thoselike myself that always want to feel that the la regione campagna remainssomewhat the same despite technological developments such as in areassuch as tourism. I have had the opportunity to visit my mother's townwhen I was very young. There are those in the United States who want toexperience the same type of experience because it very important to ouridentity. For that reason I am writing my story to reach those that yearnfor these experiences. The development of tourism needs to attract peo-ple to places like Pompeii but also needs those are want to experience theplace of the origins.

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STEPHANIE KATE RAPA(GRAN BRETAGNA)

Questa mia riflessione sull'emigrazione dei miei genitori in Gran Bretagnaparte da lontano, cioè dalla partenza di mio nonno Gennaro De Piano, chelasciò il suo paese, Serino, in provincia di Avellino nel 1953. In quell'epo-ca non doveva essere facile trasferirsi con tutta la famiglia, e da solo siavventurò in un paese di cui non conosceva nulla, neanche la lingua. Spesso, ancora oggi mi racconta quanto gli è successo, e mi fa venire inmente quanto sia stato difficile per lui adeguarsi a degli usi e costumi dif-ferenti da quelli del proprio paese e della prorpia famiglia. Mia madreaveva appena pochi anni a quell'epoca, credo quattro o cinque; fu moltodifficile per mia mamma. Doveva abituarsi ad un sistema diverso; a scuo-la, spesso veniva additata come straniera, e spesso in un angolo da sola amangiare quello che la mia nonna le aveva preparato.Quando io andavo a scuola, da piccola, era molto diverso: avevo degliamici, e non sono stata mai lasciata da sola perchè ero italiana. Tutti sape-vano che ero un po' diversa, anche perchè fisicamente non ero come loro;ho la pelle scura, i capelli castani e si notano molto le mie origini medi-terranee.Questo piaceva a tutti perchè pensavano che fosse una cosa bellissima,perchè parlo italiano, mangio bene ed ho una diversa mentalità. Spesso imiei amici mi domandano se possono venire a mangiare a casa mia, evogliono che racconti loro com'è l'Italia.Mia mamma col passare del tempo si è integrata bene, si può dire che oggiè inglese, ma guai a chi offende il nome dell'Italia, ed anche per me è lastessa cosa.Mi piace il fatto che sono diversa dagli inglesi, soprattutto perchè ho delleregole morali. Purtroppo la vita dei giovani oggi è diversa, perchè lorohanno ben poche regole morali che rispettano.Sono sempre cresciuta in una famiglia che si vuole bene, che fa sacrificiper ogni membro della famiglia. I giovani di oggi non fanno questo, nonhanno rispetto per loro stessi e per la prorpia famiglia. Non pensano alfuturo, sono molto egoisti. Noi italiani siamo caldi di carattere, ma aLondra i giovani non sono così. Loro pensano che il Governo risolve sem-

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pre i loro problemi. Inoltre, non sono stati educati a dei valori. Non sonocoscienti e non fanno molti sacrifici, anche perchè sono cresciuti in unposto dove hanno di tutto eo di più.C'è anche un po' di storia di emigrazione da parte di mio nonno DomenicoRapa che, a differenza di nonno Gennaro, partì nel 1950 per andare nelleminiere del Belgio, a Charleroi, ma non riuscì a resistere a lungo,e dopoalcuni mesi ritornò al suo paese, San Potito Sannita, in provincia diCaserta, ma lì faceva la fame, e dovette emigrare nel nord dell' Italia, pre-cisamente in Lombardia, a Samarate, in provincia di Varese. Anche aSamarate, l'integrazione non è stata facile. Ci vollevo molti anni di sacri-fici e di bocconi amari, come spesso ripete mio nonno Domenico. Per cer-care di dare un'educazione scolastica ai figli, spesso si è dovuto soffrire insilenzio alle angherie dei locali e, come spesso dice, mangiare solo paneed acqua, per risparmiere qualche lira per farsi la propria casa.Mio padre, invece, dopo aver fatto i suoi studi in economia e commercio,partì da Samarate nel 1974 per la Gran Bretagna, per continuare gli studie perfezionare il proprio inglese. Forse non doveva rimanere molto, maincontrò mia madre, ed ancora oggi si trova in Gran Bretagna. Infatti, gliitaliani pensano che è molto strano che una persona del nord stia con unapersona del sud, perchè sono diversi sia per come parlano sia per i com-portamenti che hanno.So che non fu facile neanche per lui, ma la vogliadi imparare una lingua nuova, e la voglia di imporsi nella società, ha fattosì che oggi sia io che mio fratello maggiore siamo stati educati dai nostrigenitori a rispettare le istituzioni e i nostri simili, senza distinzione dirazza o religione.Oggi mio padre è Console Onorario d'Italia a Watford, e si occupa deinostri connazionali, in una circoscrizione che ha una comunità di oltre2500 italiani, che dialoga spesso con le istituzioni inglesi affinchè ci siasempre più integrazione e meno differenze. E' stato promotore di ungemellaggio tra le città di Fano, in provincia di Pesaro e Urbino, e St.Albans (Herts).Questo gemellaggio consisteva nel portare a Fano delle persone daLondra, sia italiane che non italiane, soprattutto gli italiani che non sonomai stati nei loro luoghi di origine, che infatti in molti non hanno maivisto. Questo per far conoscere il proprio paese, i prodotti locali, come peresempio il vino ed il formaggio fatto in casa; ma anche questo vuole esse-re come un passaparola, cioè il riportare le testimonianze di queste perso-ne che, essendo state in Italia grazie a questa iniziativa, dovranno invo-gliare che ancora non ha intrapreso questo viaggio,a nche per far aumen-

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tare il turismo in partenza dalla Gran Bretagna verso l'Italia.E' un motivo di orgoglio avere sulle tabelle dei paesi inglesi la bandieraitaliana ed il nome della città gemellata, anche per ricordare le nostre radi-ci.Sull'esempio del ruolo di mio padre, vorrei continuare queste tradizioni,anche perchè è lui ad invogliarmi, poichè lui ha guadagnato molto rispet-to dalle comunità italiane presenti in Inghilterra. Il mio sogno sarebbe di vivere in Italia, perchè ci sono dei bei posti, c'èuna buona cucina, le persone sono ospitali ed affettuose. In Inghilterra èdiverso: per esempio, io posso avere un gruppo di amici, ma non siamosempre insieme, il gruppo è sempre separato. Gli italiani, invece, si chia-mano per stare tutti insieme perchè sono più uniti, perchè si voglionobene, non sono freddi.Ogni volta che vengo in Italia mi sento sempre in famiglia, anche con lefamiglie dei miei amici, mi sento tranquilla e rilassata. Ho un'amica,Raffaella, di San Giuseppe Vesuviano: chiamo sua madre "mamma" e perlei sono come una figlia. Altro motivo per cui mi piacerebbe vivere inItalia è per la presenza del mio fidanzato, Francesco, che vive a SanGennaro Vesuviano.Questa nostalgia deriva dal fatto che ho vissuto un anno e mezzo in Italia,a Fano, da sola, per via del gemellaggio tra Fano e St. Albans. Lì lavora-vo coem estetista. Da questa esperienza porto dei ricordi belli. La differen-za che ho risocntrato tra Fano e le città campane che conosco sta nellamaggiore freddezza dei rapporti. In Campania mi sento più a casa, cosìcome deve essere. Non mi sento come un pesce fuor d'acqua, ma uguale atutti gli altri amici campani. Anche in Inghilterra dico che mi sento più ita-liana che inglese, anche se nata in Inghilterra.In Gran Bretagna i campani sono la seconda comunità più numerosa, dopoquella siciliana. Noi giovani siamo integrati, ma vogliamo mantenere inostri contatti con l'Italia, in particolare con i nostri paesi di origine, quel-li dei nostri nonni, perchè li sentiamo comunque nostri paesi, ma spesso ciscontriamo con dei problemi che non riusciamo a capire, come la lentez-za della burocrazia e delle attività giornaliere dell'Italia, di una politica digoverno difficile a capirsi. Ho molti amici italiani, e tutti mi dicono chesono fortunata a vivere in un posto dove ci sono più opportunità e risorseeconomiche; io però non riesco a farmi capace come mai nel paese dellastoria, della cultura, del mare, delle bellezze naturali, non si possa goderedi quella pace e fraternità che noi italiani abbiamo esportato all'estero.Ringrazio la Regione Campania per l'invito che mi è stato dato per parte-

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cipare a questo corso; ringrazio inoltre tutti i relatori e gli altri partecipan-ti, e sono sicura che questi giorni arricchiranno il mio bagaglio di cono-scenze.Grazie.

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REBECCA BAGNARA(AUSTRALIA)

Italians have been migrating to Australia since 1788, however, the Italianmigration peaked post war, with most Italian migrants settling in Australiabetween 1949 and 1970. Italians came to Australia in search of a betterlife, fleeing from war, persecution and poverty. It was with tremendouscourage that they ventured to a foreign country, with a foreign languagethat would later become their home. Australia is a vast and spacious coun-try and the distance between each state meant that Italian populationsaround Australia were unique. Often Italians already in Australia wouldsponsor family and people from the same town to come into Australia,meaning that persons from the same town would settle in the same areaforming little networks and communities. For example, many Sicilianswere in the Eastern states and would sponsor family and friends to comeout, resulting in a large Sicilian population settling in the Eastern statesand only a small Sicilian population settling in South Australia. Prior tothe war a large Molfetta population settled in rural South Australia, name-ly Port Pirie, where many would work as fisherman, later having a greatinfluence on the fishing industry. Given these differences it is only fairthat I concentrate on the Italian population in South Australia, given thatis where I am from and can speak with confidence of only this population.Prior to the war the largest regions of origin in South Australia wereVeneto (29.2%), Calabria (20.5%), Puglia (11.6%) and Campania (9.6%).However, post war the make up of the region of origin of Italian migrantschanged dramatically, with Campania being the largest region of origin(27.9%), followed by Calabria (23.5%), Veneto (10.5%), and Abruzzo(8.6%). The largest town of origin within the Campania region is AltavillaIrpina, Provincia di Avellino, followed closely by San Giorgio La Molara,Provincia di Benevento.The mass migration experienced post war had a life changing impact onSouth Australia. The homogenous society in South Australia was facedwith their ideals and beliefs being challenged. A white Anglo Celtic com-munity were being challenged by the invasion of a new culture. The lackof the English language, illiteracy, colour and their foreign language and

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culture were all seen as inferior characteristics and unwanted flaws thatwere not going to be tolerated. This intolerance grew to racial hatred anddiscrimination that led to many Italian migrants being mistreated andunfairly victimised. However, in the face of adversity, Italian migrantsstood tall and continued to work hard, ensuring they could build theirhome and provide for their family. Many migrants sponsored family andfriends to come out to Australia, meaning that they would often providefor family and friends who would be boarding with them.Many migrants worked and lived in the market garden areas; being theNorth Eastern and Western suburbs of Adelaide. As a result the two areasformed two distinct communities, often mirroring each other. Adding tothe development of these two areas as Italian communities was the con-struction of a Roman Catholic Church in the heart of the two communi-ties. Later in the 1950's and 1960's other migrants capitalised on theItalian domination and set up Italian businesses such as pizza bars, cafés,Italian restaurants, Italian style butchers and other Italian owned busines-ses which not only offered Italian produce and brands, but also providedemployment for many Italians. With the development of many Italianclubs and associations, these two areas created two "little Italies". Despitethese two "little Italies" offering a taste of Italian culture, it was predomi-nantly Italians who were the consumers, offering a familiar lifestyle thatwould provide comfort and support in their new homeland. The densityof the Italian population in these two areas was astounding, but none moreso than that of the North Eastern suburbs. According to the 1991 Census,the Italian population in the North Eastern suburbs of Adelaide particular-ly that of Payneham and Campbelltown Local Government Areas had apopulation of 12%; that is one person out of every eight persons in the areawere Italian.Second generation Italians who would attend school during the 1960's and1970's were subjected to racial discrimination and school yard bullying,however, it was through those Anglo Celtic students who befriendedItalians that the slow process of acceptance would begin. Many were tea-sed and bullied in the school yard for having smelly salami sandwichesand other strange foods, or for having funny habits, or limited English abi-lity, yet in some schools, particularly where Italians were the majority ofstudents and Anglo Celtics became the minority they played together andbecame friends, resulting in white Australians being introduced to theItalian culture.As a result of many second generation Italians being so desperate to fit in,

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like all young people, many would rebel by refusing to speak Italian athome and change their behaviours so as to fit in better with their AngloCeltic fellow students. Many married non-Italians, joined the work forcemade more non-Italian friends and denied their Italian heritage. As aresult their children were raised with different ideals, often causing fric-tion with the first generation Italians due to conflicting beliefs.Italian migrants continued to assimilate into Australian culture andAustralians were slowly being introduced to the Italian culture throughfood and Italian quality products, yet it was only in the 1980's that Italiansstarted to become more accepted among the wider Australian community.More to the point, Italians became accepted once the new wave ofmigrants commenced. It was the "Asian Invasion". White Australiansbecame fearful of Asians and consequently, Southern Europeans werenow deemed to be part of the wider society, giving way to the new con-cept of multiculturalism and living in a multicultural society.During the 1990's Italian culture became fashionable with the introductionof dining alfresco and more Italian brands and fashion made their way intomainstream fashion. It is at this point that third generation Italians beco-me interested in reconnecting to their Italian heritage and roots. Entering the new millennium, young Italian Australians, now third andfourth generation Italians are identifying themselves as having an identitycrisis, referring to the double identity of being Italian and Australian andhaving to find a way to live with both identities simultaneously, despitemany conflicting issues arising where the two cultural beliefs are at oddswith each other.Today young Italian Australians have embraced their multi identity beingproud of their Italian heritage and grateful for the opportunities Australiaoffers them. However, they also want to move away from the stereotypeof fast cars, fashion and spaghetti being Italian culture. It is time to moveforward and show Australia that there is more to Italian culture than suchsuperficial symbols.Italians are one of the largest ethnic communities in Australia; however, inSouth Australia they are the largest ethnic community. South Australia isthe state with the largest ageing population and with the highest settlementperiod for Italians being between 1949 and 1963, it is no surprise that thelargest ageing ethnic community in South Australia is that of the Italians.The Italian population has the highest ageing growth rate in SouthAustralia (double the growth rate of the wider population in SouthAustralia). Therefore, one of the largest issues in Australia, but particu-

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larly that in South Australia is the access of aged care services and cultu-rally appropriate aged care services for first generation Italian migrants. Italians have contributed greatly to Australia; one only needs to walkaround and there are Italian influences on every street corner. The grea-test influence has been that of Italian food. Post war many Italianmigrants opened up the first pizza bars, cafés, Italian restaurants whereItalians could take comfort in familiar smells and tastes. Many of theseplaces would become icons in the history of Italian migration to Australiaas they formed meeting places for Italians to be with similar people whospoke the same language and could provide support for each other and asense of belonging, which is very important as Isaiah Berlin stated in 'TwoConcepts of Liberty' "When I am among my own people, 'they understandme, as I understand them; and this understanding creates within me asense of being somebody in the world.' To belong is to understand thetacit codes of the people you live with; it is to know that you will be under-stood without having to explain yourself. People, in short, 'speak yourlanguage'." Later these eateries became popular venues for non-Italians toexperience good quality Italian cuisine aiding not just tolerance, butacceptance of Italians in Australia.Much of the urban planning in the cities of Australia needs to be creditedto Italians with many piazza style areas being created giving a new senseof space as the Italian influence utilized the spacious characteristic ofAustralia. Long before the fashion of Tuscan style villas were introducedover the past decade, Italians also influenced the construction of housing.Many Italians were in the construction business, thus influencing housesthey built, but the largest influence was the quality of the houses built andtheir attention to detail. Many streets have been named after influentialItalian families or given an Italian name in honor of important Italians inthe community. Italians have played an instrumental role in sports in Australia. During the1950's soccer was first introduced to Australia. In South Australia theAdelaide City Soccer Club was formed and many great players havecemented their place in history. Italians also were involved in cycling andathletics as well as an array of other sports. In an attempt to fit in with thewider society, many Italians took up the sport of Australian Rules Footballand as a result have made a large contribution to the national sport. Manyof the great icons have been Italian migrants and their descendants.Religion is an important part of the Italian culture which has impacted onthe wider community, none more so than the religious feasts celebrated

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throughout the year. This has sent a public affirmation of the religion aswell as demonstrating the Italian culture to the wider population who haveover the years come to enjoy the experience.Prior to the 1960's only one school in Adelaide offered the Italian langua-ge as a subject. Since then, the Italian language has slowly been offeredat a primary, secondary and tertiary level to today being taught at over 200schools.Italians have over the years contributed greatly to the arts with variousartists being Italian migrants or of Italian heritage.In South Australia Italians have contributed immensely to commerce andindustry. In a climate that is similar to the Mediterranean, South Australiahas become the wine state of Australia. Many Italian migrants have deve-loped the wine industry and introduced many Italian grape varieties. TheOlive industry has developed substantially over the last decade.Australia's love affair with everything Italian today has meant that therehas been a boost in Italian commerce and industry.My name is Rebecca Bagnara, I am 25 years old, born in Adelaide,Australia and am third generation Italian. All my grandparents were bornin Italy; on my father's side, my grandmother was born in Larino, provin-cia di Campobasso, my grandfather was born in Altavilla Irpina, provin-cia di Avellino and on my mother's side, both my grandparents were bornin Altavilla Irpina, provincia di Avellino.On my father's side, my grandfather had decided to venture to Australia,like many others, in search of work and a better life. Given many othersfrom Altavilla Irpina had made Adelaide their home, he chose to do thesame in 1950. Once in Australia, he boarded with others from his villageand those who had already been in Australia for some time assisted him infinding work. With no English, the only work he could get was in thelabour force in a factory. He found himself with many others at Holdens,an Australian car manufacturer. Once he had set himself up and was set-tled, he, like many others married by proxy. My grandmother married in1955 in Italy with a relative standing in my grandfather's place. Oncemarried, my grandmother came to Australia in 1956 and they met for thefirst time as she stepped off the boat, there was not an instant attraction, infact, just the opposite, my grandmother took one look at my grandfatherand wanted to jump back on the boat and return to Italy. The only pro-blem was that she had no money to get a ticket back to Italy and what wasshe going to do if she returned. They had their family; they had 6 chil-dren, my dad being their third. They coincided in the same household,

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however, they were never really happy as they did not love each other andmy grandmother resented my grandfather her whole life. Once their fami-ly was older they decided to separate and live their own lives.Failed proxy marriages are common, many separated after raising theirfamily, but many stayed together, living miserably their entire lives. Ibelieve this has a profound effect on everyone involved as it raises manyimportant issues. I think there is a greater emphasis on the need to meetthe right person, rather than marrying for convenience. The importantmessage is to be true to yourself and to have the courage to do what isright.The separation of my grandparents was a pivotal moment in my life. Ihave mixed emotions about the event as it is obviously not nice to expe-rience a marriage breakdown, however, in a time and place with a culturethat did not approve of separation as the marriage of two people is sacredand you must stay together no matter what, show great courage for mygrandparents to separate. There is no point living two lives together mise-rably when they can go their separate ways and live their lives the waythey choose. Proxy marriages were truly a marriage of convenience, inmy opinion, making a mockery of marriage in the first place and do notapprove of them at all.On my mother's side, my grandparents lived in the same building andwere childhood sweethearts. They dated and later married in 1956. Withno job opportunities, my grandfather decided he wanted to go to Australiaand build a life for his new family there. My grandfather left for Australiathree days after their wedding leaving my grandmother with her parents.He was to go to Australia, find work and get settled and then call for her.When he went to Australia he found it difficult and took some time to getsettled. He too worked at Holdens and boarded with others from their vil-lage. It took my grandfather two years before he called for my grandmo-ther to come to Australia. In 1958 my grandmother went to Australia.They continued to board with three other couples, but a year later theystarted their family of three, my mother being the first, and they soonmoved out and looked for their own house.With both my parents being born in Australia and educated in Australia,they were more comfortable speaking English at home. My grandparentshad a fabulous idea to ask the grandchildren to speak only in English tothem so that they can learn English, however, they forgot about the impor-tance of the grandchildren learning Italian. Despite this, by the age of 5 Icould already understand most Italian as I seemed to have a passion for the

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language and culture from the day I was born. This set me apart from mysister and cousins as they never really picked up the language.Throughout my school life I also made a point of studying Italian and overthe years I have participated in courses that discuss the history and cultu-re of Italy and in particular the Campania region, my family's region oforigin. I also chose to study Italian at a university level, but after my firstyear at university, despite all my studies and efforts, I felt I was not at thelevel that I wanted to be at. I wanted to be fluent in Italian and have ashigh a proficiency in Italian as I do in English. There was only one wayto do this and that was to completely immerse myself in the language.Since I did not have the opportunity to travel at the time, I did the next bestthing, I rang around the Italian community asking to please volunteersomewhere I would have to speak Italian. I was sent to the Co-ordinatingItalian Committee.The Co-ordinating Italian Committee is a not for profit welfare agencythat provides assistance to the elderly and disabled in the Italian commu-nity. It ensures that they receive adequate services and through social inte-raction they are able to live in a meaningful manner. It also allows themto maintain their independence and prevent or prolong their need to go toa nursing home. Many Italian migrants still have very limited Englishskills and when people age they revert back to their native tongue, there-fore the Co-ordinating Italian Committee provides language assistanceand ensures that they are able to access all service in Australia.Volunteering at the Co-ordinating Italian Committee was the pivotal tur-ning point in my life. Through speaking to the elderly clients I grew aneven larger appreciation for Italy, the language and culture. I had a newfound appreciation for our migrants who came out, leaving everything andeveryone behind to venture to a land unknown in the hope and search forwork and a better life. Many needed to raise their family in a place thatcould offer them more opportunities than were offered to them and since-rely believed that one day they would return to Italy, their homeland.However, once they set up these lives for themselves and their familieswere taking up the opportunities presented to them, they no longer wan-ted to return to Italy, nor could they as they had set their roots firmly intoAustralian ground.Through listening to their stories, I discovered and appreciated thewisdom and knowledge that our first generation Italians have. They beca-me like my extended family and my involvement in the organisationincreased to organising outings and special events for them, becoming a

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program co-ordinator and later a board member. The last 18 months,however, was when I became the manager of the organisation and facedmany challenges, many being conflicting generation and cultural differen-ces, but I found through these various challenges a new found respect foreach other.The Co-ordinating Italian Committee also run the largest Italian festival ofits type in South Australia and is unique in all of Australia, Carnevale inAdelaide. It is the one time in the year that all the regional associationscome together and work collectively to promote and celebrate the Italianculture in South Australia. There are regional associations who cookregional cuisine for the weekend. There are hundreds of volunteers whoare preparing the food months ahead. For two months prior to theCarnevale, volunteers are making hundreds of kilograms of pasta by hand,preparing pizza bases and preparing the design of their tent. They do anamazing job and the fruits of their hard work are finally realised on theweekend.Other associations provide a cultural participation, whereby they showca-se a piece of culture from their region. For example, there has been photoexhibitions, art exhibitions, and costumes. Each year the various regionsalso talk to their region in Italy and we have been fortunate enough toreceive a cultural participation from Italy. For example, we have had amaster ceramist from Gubbio, who provided workshops and demonstra-tions as well as an exhibition of his works, we also have had gli sbandie-ratori from Umbria and Faenza come and perform. Each year there is atleast one singer from Italy who comes and sings classic Italian songs. Wealso have many local artists who perform Italian Australian comedy,music, theatrical performance, and dance.Being involved in the organisation of Carnevale in Adelaide, to me, is away of celebrating my Italian culture and heritage. It is also about promo-ting the Italian culture to the wider community, allowing them to enjoy ataste of Italy, as well as providing homage to the migrants who are nowelderly and require a range of services and assistance, which the profits gotowards providing.Once getting involved with the Co-ordinating Italian Committee andCarnevale in Adelaide, I began to get involved in other associations. Ibecame a member of Australia Donna, an association that celebrates thecontribution of Italian and Italian Australian women in Australia, be itthrough art, literature, health, community services, etc. Australia Donnaessentially run a website that promotes

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I soon became involved in Giovani Campani in SA and Giovani SA, bothItalian Australian youth associations that aim to promote and maintain theItalian language and culture as well as providing a mode of social interac-tion with people of similar background, culture, ideas and beliefs.These various associations provided an outlet for me to learn more aboutthe Italian community and culture while pursuing issues which I was pas-sionate about. As I became more and more involved I became more pas-sionate about these issues. However, through my involvement in theItalian community, it was the encounters of various persons, the stories Iheard and the experiences that I hold most dear. Each person I met, eachstory I have listened to, each experience that I have had have all had animpact on me and shaped be to be the person I am today.I started out wanting to practice the Italian language and found an appre-ciation for the Italian community, the migrants and their stories. As aresult, I gave more of myself, volunteering and working more in theItalian community to eventually paying homage to our forefathers. As Ibecame more involved, I received more back and am truly grateful foreach person I encountered, for each story that I had the privilege of liste-ning to and each experience has helped shape my Identity as an ItalianAustralian.

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ANALISI DELLE INTERVISTE AI GRUPPI DIRIGENTI E AI DELEGATI CAMPANI AI

CONGRESSI NAZIONALI NEI PAESI DI EMIGRAZIONE

a cura di Francesco Calvanese e Grazia Moffa *

1. Premessa

E' difficile approfondire tutti i punti di un certo rilievo emersi in seguitoall'indagine e che sono stati oggetto di conclusioni, seppure parziali.Pertanto ci si soffermerà sugli aspetti e le problematiche di maggiore uti-lità, ai fini della politica migratoria, per la Regione Campania.Sul piano metodologico, l'approccio globale allo spazio internazionalecaratterizzato dall'emigrazione campana, nei due versanti del Paese di par-tenza e del Paese di arrivo, pur considerato nell'elaborazione del questio-nario, fa solo da sfondo all'analisi più diretta mirante ad evidenziare le par-ticolari qualità dei delegati campani ai Congressi, al fine di individuare uncerto numero di relazioni e corrispondenze, attive e/o potenziali, tra i paesidi emigrazione e la Regione, oltre che la più recente evoluzione dellecaratteristiche degli stessi delegati, verificando se siano portatori di nuoveistanze e di nuove disponibilità ad ipotesi progettuali comuni.In tal modo è stato possibile mostrare ad esempio il ruolo svolto dai nostrimigranti nei paesi di emigrazione, la non consistenza delle ipotesi di ritor-no, (anche se qualche contraddizione emerge al riguardo, come si vedrà),nonché il sistema di relazioni intercorrente tra paese di partenza e paese diarrivo, e, in generale l'incidenza del gruppo regionale campano nei paesidi residenza e all'interno delle stesse Comunità locali . Infatti a partire dallivello di coesione della Comunità di origine si può misurare il grado dievoluzione socioculturale delle stesse nostre Associazioni e dei delegati aiCongressi, oltre che le capacità professionali e le loro aspirazioni. Tuttequeste caratteristiche si possono comprendere soprattutto in riferimentoalla Comunità di origine.

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* il presente Rapporto è stato redatto da Francesco Calvanese, la preparazione del questionario è stata diF. Calvanese e Grazia Moffa, l'inserimento dati e le tabelle sono a cura di Grazia Moffa. Si ringraziano TeresaDi Florio per la collaborazione all'inserimento dei dati, i funzionari regionali: Massimo Angrisano, ErnestoSalzano, Giovanni Fanzini, Angelo Servo, per la collaborazione alla sensibilizzazione delle Associazionicampane all'estero, nonché, per lo stesso motivo i Consultori nei paesi di emigrazione.

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Allo stesso tempo diventa facile individuare la dimensione internazionaledello spazio migratorio attivato dall'emigrazione campana e approfondi-re le differenze esistenti, all'interno delle singole comunità, in riferimentoai luoghi di residenza, alle disparità economiche, all'eventuale distanza trai migranti e le società di accoglienza.E' da considerare il fatto che l'attaccamento al paese di origine, mostra l'in-tensità del sistema di relazioni che uniscono i nostri emigrati con laRegione Campania, che va ben al di là della semplice configurazione delcampo migratorio come bacino di manodopera, laddove invece, neglianni, ha preso consistenza un campo di relazioni umane e sociali che siesprime, in particolare, (almeno per quel che riguarda i delegati-oggettodell'indagine), con la regolarità dei ritorni periodici, la continuità dei rap-porti con le famiglie, la solidarietà che unisce i due poli della catenamigratoria, e la volontà di sviluppare progetti e programmi di lavorocomuni con la Regione. La priorità di queste relazioni umane nel mante-nimento e nella permanenza di questo campo migratorio è ancora più evi-dente nei Paesi nei quali una precaria situazione economica (vedil'America latina) ha portato l'emigrato a richiamare con più forza l'atten-zione del Paese di origine. Tuttavia, si deve tenere presente che tale ten-denza, seppure con minore intensità, è individuabile in tutti i paesi di emi-grazione.Inoltre, è anche importante riconoscere che l'evoluzione interna dellecomunità stabilizzatesi nei paesi di emigrazione può modificare in futuroquesta tendenza. Infatti mentre la crescita naturale delle famiglie campa-ne all'estero in qualche modo sostituisce i precedenti flussi di emigrazio-ne, ormai arrestatisi, così come l'ingresso nei mercati del lavoro locali (deipaesi di residenza) dei giovani di origine campana compensa e/o supera leperdite determinatesi nella fase dei ritorni (fine anni '70- inizio anni '80),il processo di acculturazione/e o di integrazione nel seno delle società diaccoglienza in qualche modo può incidere nella dispersione dei legamipersonali e collettivi , che tenevano insieme gli emigrati della prima gene-razione con le loro comunità di origine attraverso le reti locali e regiona-li. Ma il grande attaccamento dei campani emigrati verso il loro paese ela forte coesione delle comunità campane, porta a prevedere che si tratte-rà di un processo lento e che il campo migratorio attualmente esistentecontinuerà a funzionare ancora a lungo, come la maggior parte degli spazidelle relazioni internazionali.Le considerazioni finora svolte evidenziano come in un certo senso siastato delimitato il campo d'indagine. Ciò in considerazione del fatto che

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taluni elementi di valutazione, significativi, sono già compresi in una pre-cedente ricerca " I campani e gli italiani nel mondo" (2004), curata per laRegione da Francesco Carchedi. Questa notazione va rivolta in particola-re ai saggi su “Le associazioni dei campani” (Carchedi, cit.) e su gli“Squilibri del mercato del lavoro campano e processi migratori”(Calvanese, 2004) , laddove sono analizzate le caratteristiche ( e le tipici-tà) dell'associazionismo campano nel mondo, permettendo di individuar-ne la più recente evoluzione, o anche i percorsi che nei diversi paesi hannofavorito i processi di integrazione e, spesso, di promozione sociale nellesocietà di accoglienza. Per la realizzazione della presente indagine è stato utilizzato un questio-nario semistrutturato con circa 100 domande, suddiviso in due sezioni. Laprima, sezione indirizzata a conoscere essenzialmente il livello di integra-zione dell'intervistato nel paese di residenza ( vedi : percorso migratoriosuo e della famiglia, collocazione professionale, titoli di studio-qualificheprofessionali-competenze possedute e/o desiderate). Al riguardo va fattonotare che una ulteriore suddivisione è stata fatta tra lavoratori occupati egiovani in cerca di lavoro. La seconda sezione, mirante a comprenderel'effettiva partecipazione dell'intervistato alle attività comunitarie, il siste-ma di relazioni pubbliche e private funzionali alla valorizzazione dellacomunità campana, nonché i fabbisogni che, se soddisfatti, possanoapportare benefici alla stessa comunità, fino alla possibilità di individua-zione di nuovi percorsi progettuali di particolare utilità per il consolida-mento delle relazioni con la Regione. L'esame dei questionari, somministrati in occasione dei Congressi , hacosì portato alla selezione, sulla base della loro completezza, di 70 inter-viste considerate attendibili, riferite ai delegati ai Congressi dei campanisvoltisi negli Stati Uniti (19), in Argentina (15), in Brasile (12), inUruguay (11), ma anche a un numero più ridotto, e meno rappresentativodi delegati ai Congressi svoltisi in Francia (5), Svizzera (3) Sud Africa (3)e Canada (2).

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2. Caratteristiche generali dei delegati

Entrando nel merito dell' analisi , ci soffermerà in primo luogo sulla partedel questionario finalizzata alla comprensione delle caratteristiche princi-pali dei delegati, prefigurando in qualche modo l'identikit del delegatocampano. In primo luogo si esamineranno i cosiddetti dati strutturali,l'età, la famiglia, la situazione professionale, il percorso migratorio, lecompetenze ecc.. Più avanti si approfondiranno gli aspetti di tipo qualitativo, osservando lerisultanze degli incroci per nazionalità, sesso, età e livello di istruzione.Per finire al ruolo svolto dai diversi delegati nei confronti delle comunitàdi residenza e di origine.Il campione osservato, di 70 persone, suddiviso tra i Paesi di cui alla tabel-la 1, è composto per il 70 % di uomini e, ovviamente, per il 30% di donne.Questo dato suggerisce una prima considerazione: il fatto che le donneemigrate sono ancora sottorappresentate nell'ambito delle associazionicampane. Tuttavia se si confrontano questi dati con precedenti ricerche(Calvanese, 2000, "L'Italia tra emigrazione e immigrazione, ed. Filef) econ altre realtà regionali, si osserva una crescita recente della presenzafemminile. La ripartizione per età dimostra che solo il 15,7% dei delegati ha meno di40 anni (da 24 a 39), il 55,7% ha un'età compresa tra i 40 e i 59 anni, men-tre il 28,6% supera la soglia dei 60 (oltre il 7% è più che settantenne). Lapresenza giovanile è davvero bassa, (nessun delegato ha meno di 24 anni): può essere questo sicuramente un segnale di una preoccupante disaffe-zione dei giovani campani verso l'associazionismo, o quanto meno delpersistere di meccanismi di esclusione alla loro partecipazione. E' proba-bile che questo dato rappresenti un ulteriore indicatore del fatto che i pro-cessi di integrazione nelle società di residenza per le seconde e soprattut-

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Tabella 1: Delegati ai congressi dei Campani

Fonte: Nostra Elaborazione

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to le terze generazioni, (già evidenziati in Premessa), ne favoriscano l'al-lontanamento dalle comunità di origine, rendendo più difficile l'instaurar-si di un sistema di relazioni attive con la Regione. Se poi si tiene conto chequesti giovani vivono, come gli altri delegati, soprattutto nelle grandi città(e nelle città) dei paesi di emigrazione, e del potere attrattivo che gliagglomerati urbani esercitano nella circolazione della comunicazione(sicuro fattore di integrazione), la conferma di quanto detto finora appareevidente. Al riguardo vanno considerate una tendenza, e una potenzialità. La ten-denza è individuata rilevando che le generazioni non nate in Campaniasono di più facile assimilazione nella società di accoglienza. La potenzia-lità è rappresentata dal fatto che, consolidando un comune spazio campa-no/italiano, visti gli alti livelli d'istruzione di gran parte dei delegati , essipotrebbero risultare più sensibili ad iniziative progettuali e reti innovative,che coinvolgano le stesse comunità di origine, residenti all'estero, i Paesidi origine e la Regione. Come è noto da alcune esperienze, avviate per conto del SettoreEmigrazione negli ultimi anni si sono mosse in questa direzione. Ma veniamo alle caratteristiche più generali della nostra emigrazione.I delegati sono nati prevalentemente in Campania (58,6%), ma molti diloro avevano già un genitore emigrato (62,9%). Sono emigrati prevalente-mente a cavallo degli anni '50, per trovare lavoro o, come si è visto, perraggiungere i familiari . Attualmente sono abbastanza ben inseriti nelpaese di residenza, essendo per l'85,7% occupati, anche in età avanzata,con una presenza in quasi tutti i settori lavorativi: con una piccola preva-lenza nel commercio, nelle libere professioni (ingegneri, avvocati,imprenditori ecc.) e nelle attività legate all'insegnamento. I lavoratoridipendenti dichiarano per lo più rapporti di lavoro a tempo indeterminato(25,7%) e full time (34,3%), mentre circa il 50% di essi lavora in proprio.Le aziende in cui sono occupati appartengono nella maggioranza dei casialla tipologia delle imprese di piccole e medie dimensioni: il 22,9% conmeno di 5 dipendenti, il 32,9% a quelle con un numero di dipendenti com-preso tra 5 e 50.E' poi alquanto significativo il fatto che in larga maggioranza sono in pos-sesso di titoli di studio medio-alti : per il 42,9% di scuola media superio-re e per il 34,3% di laurea. Dimostrano inoltre una buona consuetudinecon la lingua italiana, conoscenze informatiche ottime (28,6%), buone(30,0%) o discrete (20,0%): si comprende pertanto come possano rappre-sentare dei leader presso le nostre comunità, ma anche come abbiano tutti

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i requisiti per essere interlocutori qualificati per la nostra Regione. Si dedi-cano infine, oltre che al lavoro, per il 27,1% ad attività di volontariato (equesto è un dato da sottolineare), per il 27,1% all'associazionismo e per il15% ad attività sportive : ne consegue che in larga maggioranza sonoimpegnati in attività di tipo culturale e/o sociale. Come nel caso dei giovani, già messo in rilievo, emerge un diverso rap-porto con la società locale rispetto alla società di origine. Infatti nei con-fronti della società locale, gli intervistati dichiarano l'esistenza di buonirapporti con i colleghi di lavoro, una notevole partecipazione al lavoro diéquipe nell'ambito lavorativo, l'utilizzazione frequente di strumenti for-mativi e di apprendimento professionale, e inoltre sottolineano una valu-tazione complessivamente positiva della propria condizione professiona-le, anche se non si ritengono del tutto soddisfatti dal punto dei vista deicompensi percepiti.Nei confronti delle aree di origine invece solo il 15,7% dichiara una fre-quentazione continua, e solo il 14,3% mantiene attive le sue comunicazio-ni con l'Italia ( il 10% nel settore export-import), anche se la metà dei dele-gati fa rilevare come l'essere comunque eredi della cultura italiana ha rap-presentato e rappresenti in ogni caso un vantaggio per l'inserimento pro-fessionale. Un'attività non secondaria utilizzata in ambito associazionistico è poirivolta a favorire l'inserimento lavorativo dei non occupati : come si èvisto questo dato riguarda circa il 15% dei delegati. Gli strumenti cui siricorre più facilmente per aiutare la ricerca del lavoro sono rappresentatida: diffusione degli avvisi (32,9%), corsi di lingua (25,7%), corsi di for-mazione professionale (10%), orientamento (7,1%). Riflettendo sui datiora esposti, viene da sé una evidente sottoutilizzazione del ricorso allostrumento della formazione professionale: specie se si considera che men-tre solo il 10% ha usufruito di tale possibilità, più del 24 % denuncia biso-gni formativi. Su questo un terreno, è probabile che in futuro si potrannosviluppare forme di cooperazione fra i Paesi di emigrazione e la stessaRegione. Si tenga presente a tale proposito che circa il 42% degli intervi-stati dichiara che la buona conoscenza dell'italiano rappresenta un'utilerisorsa per trovare lavoro (vedi: settore della ristorazione, 22,9%).Infine una positiva valutazione (54,3%) è riservata dai delegati al ruolosvolto dall'associazionismo, soprattutto nell'ambito delle attività ricreativee culturali. Anche in questo caso la situazione appare caratterizzata da unagraduale ma evidente trasformazione. Se si osserva, in controtendenzarispetto al quadro precedentemente esposto, che secondo i delegati , tra i

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prossimi compiti delle associazioni nei prossimi anni dovranno trovare piùspazio l'organizzazione dei corsi di formazione professionale (31,4%) edelle attività di orientamento (12,9%), da attivare in collaborazione conl'Italia (20,0%) e con la Campania (12,9%), nonché l'organizzazione diforme di cooperazione economica e culturale con l'Italia (18,6%) e con laCampania (20,0%). Alquanto sottovalutata è invece la possibilità di acce-dere ai fondi e alle reti attivate dall'Unione Europea. Ma anche questo dato va considerato alla luce dell'età dei delegati (vistoche come si è detto è poco rappresentata la componente giovanile, di certopiù sensibile a queste problematiche) e della loro esperienza in materia.

3. Caratteristiche dei delegati, suddivisi per Paese, per sesso, peretà , per livelli di istruzione

Si è fatto riferimento in precedenza alla composizione prevalentementemaschile dei delegati intervistati, nonché al fatto che comunque si osser-va negli ultimi anni una certa tendenza a superare questo limite.Come la tabella 2 evidenzia, tuttavia, questo dato va letto nella sua artico-lazione per Paesi.

In alcuni di essi, quali l'Argentina e la Francia, si osserva una predominan-za della componente femminile, in altri, quali il Brasile e la Svizzera (maquest'ultimo dato non è rilevante, visto il numero ridotto di intervistati), lasottorappresentazione della stessa componente è meno visibile. Risulta invece statisticamente (e non solo) davvero significativo che tra i19 delegati intervistati negli Stati Uniti soltanto 1 sia di sesso femminile.Le spiegazioni a tale proposito possono essere molteplici:

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Tabella 2: Delegati suddivisi per sesso secondo i Paesi

Fonte: Nostra Elaborazione

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1) una selezione del campione poco rappresentativa dell'universo dei dele-gati: ma c'è da dubitare al riguardo;2) la difficoltà , soprattutto per le donne, a partecipare al Congresso, sot-toponendosi a lunghi spostamenti, in un Paese-Continente come gli USA:ma anche in questo caso emergerebbe una condizione femminile di subal-ternità;3) il fatto che la maggioranza dei delegati di quel Paese sia rappresentata,come si vedrà, soprattutto da Presidenti e Consiglieri di Associazioni:diverse e sparse per l'ampio territorio statunitense. Questa appare la spie-gazione più convincente: ma è un dato da cui partire per avviare attivitàche coinvolgano anche le donne, assicurando la partecipazione anche ailivelli dirigenziali.La distribuzione per età conferma invece, anche nel riferimento ai singoliPaesi (tabella 3), come la classe di età di gran lunga predominante siaquella compresa tra i 40 e i 59 anni, con una scarsa presenza giovanile,eccetto che in Argentina.

Poco significativo appare invece il rapporto età-sesso, mentre invece èbene soffermarsi sul rapporto età strutture di lavoro ed età-settore di lavo-ro. Infatti i delegati appartenenti alla classe di età 40-59 lavorano per lo piùin proprio, a dimostrazione in un certo senso, di una raggiunta maturitàoccupazionale e di una più alta integrazione. Tra questi vi è la maggioran-za delle non risposte alla domanda rivolta ad individuare il settore di per-tinenza. E' probabile che questa sia stata considerata una domanda super-flua. Ne consegue che coloro che hanno indicato invece il settore lavo-rativo, siano soprattutto gli occupati alle dipendenze: in questo caso siosserva che i campani sono occupati

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Tabella 3: Delegati suddivisi per età secondo i Paesi

Fonte: Nostra Elaborazione

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in prevalenza nel commercio, nei servizi pubblici, nelle costruzioni, nel-l'industria e nella scuola. Non emergono grandi differenze secondo i Paesi.Poco diversa è infatti la situazione per quel concerne il rapporto Paese -livello di istruzione dei delegati. Essi risultano più istruiti ( forniti di tito-lo di studio superiore o di laurea) negli Stati Uniti, in Brasile, in Canada,in Francia e in Sud Africa : ma, come si è visto, è tutto l'insieme dei dele-gati, che mostra livelli alti di studio. E' probabile che così vada spiegata larisoluzione dei problemi occupazionali e una certa soddisfazione per illavoro intrapreso: anche in questo caso non si notano grandi differenze trai Paesi. Gli alti livelli di studio, (tra questi emerge, come si è visto, anche il pos-sesso di ottime e buone conoscenze informatiche), hanno inoltre influitoin modo positivo sulla capacità dichiarata dai delegati di notevole appren-dimento professionale, di buona disposizione al lavoro di gruppo e a svi-luppare relazioni esterne.In questo contesto appare abbastanza contraddittorio il fatto che circa 1/3dei delegati intervistati rappresenti la volontà di ritorno in Campania e inItalia: soprattutto i delegati residenti negli Stati Uniti e, (in percentualemeno significativa), in Uruguay. Come è facile constatare dalla tabella 4,il ritorno in Campania è considerato soprattutto dai delegati più anziani.

Ma tale ipotesi, per quanto minoritaria rispetto alla dichiarata soddisfazio-ne, espressa da gran parte degli intervistati, circa il raggiunto livello diintegrazione nella società di accoglienza, prende corpo se si tiene contodelle prossime tre tabelle (5, 6, 7) che mostrano con chiarezza una predi-lezione di diversi delegati a coltivare il rapporto con la propria regione,rispetto al rapporto con le stesse istituzioni locali.

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Tabella 4: Ipotesi di ritorno dei delegati suddiisi per età

Fonte: Nostra Elaborazione

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Tabella 5: Il rapporto dei delegati con le Istituzioni campane secondo i Paesi

Fonte: Nostra Elaborazione

Tabella 6: Il rapporto dei delegati con le Istituzioni italiane secondo i Paesi

Fonte: Nostra Elaborazione

Tabella 7: Il rapporto dei delegati con le Istituzioni locali secondo i Paesi

Fonte: Nostra Elaborazione

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4. Il ruolo svolto dalle associazioni campane

Come si è visto, attraverso il questionario, sono state esaminate diverseproblematiche, inerenti al lavoro, alla famiglia, all'integrazione. E' proba-bile che un excursus così ampio abbia condizionato le risposte date nell'ul-tima parte dello stesso. Esse appaiono in qualche modo più reticenti espesso poco precise, là dove sono stati posti più direttamente i quesiti rela-tivi al ruolo svolto dai delegati in ambito associativo e/o all'interesse peralcuni temi: ad esempio in merito alle iniziative e alle attività da intrapren-dere. Ne è emersa una situazione contraddittoria, che dovrà essere sicura-mente approfondita: se non altro perché non tutte le comunità campaneall'estero sono rappresentate nelle interviste.Entrando nel merito è necessaria una considerazione preliminare: i campani emigrati hanno comunque beneficiato dell'aiuto fornito daglialtri corregionali e/o connazionali, di più antica residenza nei paesi di emi-grazione. Essi si sono inseriti nella società di accoglienza grazie alla soli-darietà socio-culturale, nello spazio praticato e utilizzato tradizionalmen-te da chi li ha preceduti. Questo dato è essenziale per comprendere comeessi siano stati dipendenti dall'appoggio dei loro compatrioti (e/o corregio-nali) che avevano già vissuto l'esperienza della ricerca del lavoro e le dif-ficoltà della vita quotidiana nei Paesi di emigrazione. Tuttavia, col tempo,col loro inserimento, gli spazi relazionali si sono ampliati e fortementediversificati. Queste prime considerazioni portano a valutare come soltan-to iniziale lo studio dei diversi comportamenti dei delegati in ambito asso-ciativo. Ma veniamo ad altre indicazioni significative fornite dagli intervistati. Trai delegati il 20% è rappresentato dai presidenti di associazione (la per-centuale più alta è negli USA dove si raggiunge il 50%) e circa il 10% daiconsiglieri (la percentuale più alta è in Francia): cioè quasi 1/3 dei delega-ti ha incarichi nelle associazioni di riferimento. Al loro interno, come ènoto, sono stati scelti i Consultori. Ne consegue che è stato premiato illoro attivismo e/o il ruolo di leader all'interno delle comunità. Si tratta diun ruolo consolidato nel tempo, visto che spesso ricoprono i loro incarichidirigenziali da un arco di tempo che va dai 5 ai 10 anni, senza grandi dif-ferenze a seconda dei Paesi. Un' altra indicazione va riferita alle modalitàcon le quali si è espressa la loro funzione nelle associazioni. Innanzituttoessi hanno promosso (e promuovono) l'associazionismo. Si tratta di strut-ture composte di campani, ma spesso aperte anche agli altri connaziona-li. Come dimostra la seguente tabella 8, le nostre associazioni, dove ope-

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rano, non precludono in alcun modo la partecipazione alle loro attività aglialtri emigrati di origine italiana, al contrario svolgono un importante ruolodi collante tra l'insieme dell'emigrazione, le società di accoglienza e l'Italianel suo complesso: è esemplificativo il fatto che i collaboratori delle asso-ciazioni sono reclutati indifferentemente tra i campani e gli altri italiani.

Va poi sottolineato come i delegati abbiano fornito delle informazionimolto positive in merito alle dimensioni delle loro associazioni. Infatti il32, 9% di esse ha un numero di iscritti che va da 60 a 150, il 21,4% ha unnumero di iscritti che va da 151 a 300, mentre il 20% ha un numero diiscritti che va da 301 a 400.Si tratta di cifre rilevanti, visto che oltre il 40% delle associazioni superai 150 iscritti: a dimostrazione del largo seguito che esse raccolgono nelmondo dell'emigrazione, oltre s'intende del peso politico che esse eserci-tano. Questi dati vanno letti anche in una dimensione temporale: l'associazioni-smo regionale è di recente costituzione e può essere datato a partire daglianni ottanta del secolo scorso, allorché le Consulte regionali hanno solle-citato la promozione di strutture regionali. Ciò vale ancora di più nel casodella Campania: visto che solo a partire dagli anni novanta ha preso corpol'attività della Consulta regionale dell'emigrazione. Se ne può dedurre chela già dimostrata tendenza alla crescita del nostro associazionismo fa bensperare circa le capacità di iniziativa e di estensione del suo peso politico. I delegati inoltre hanno indicato come le prevalenti attività delle associa-zioni siano quelle di tipo culturale (vedi: Argentina, USA e Brasile), men-tre solo in rari casi hanno messo in evidenza le attività politiche e sinda-cali. Tra l'altro va poi fatto notare come abbiano molto sviluppato i rap-porti con altre associazioni locali (vedi: Uruguay): anche in questo caso inambito soprattutto culturale (vedi: Francia), e /o realizzando iniziative a

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Tabella 8: Composizione delle nostre associazioni (v.a. v.p.)

Fonte: Nostra Elaborazione

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carattere sociale (vedi: USA). Infine, pur dichiarandosi molto integrati nelle società di residenza, (speciein Argentina, Brasile, Stati Uniti, Francia ed Uruguay), si dicono impegna-ti in iniziative finalizzate a favorire l'inserimento lavorativo dei giovani,attraverso l'organizzazione di Corsi di formazione (Argentina, Brasile,USA, Uruguay), e di attività di assistenza e orientamento. A tale proposi-to è bene tenere presente come essi segnalino diverse difficoltà per il per-seguimento di tale obiettivo. Come si può rilevare dalle seguenti tabelle (9, 10, 11, 12) le principali dif-ficoltà per la realizzazione di azioni di intervento sul mercato del lavoroin appoggio all'inserimento dei giovani campani e italiani, sono di ordineeconomico e amministrativo, oltre che riferibili ad un offerta di lavoro (igiovani di origine campana) spesso poco qualificata e/o motivata.

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Tabella 9: Difficoltà economica per l’inserimento lavorativo dei giovani (v.a. v.p.)

Fonte: Nostra Elaborazione

Tabella 10: Difficoltà amministrative per l’inserimento lavorativo dei giovani (v.a. v.p.)

Fonte: Nostra Elaborazione

Tabella 11: Difficoltà di individuazione di personale qualificato per l’inserimento lavo-rativo dei giovani (v.a. v.p.)

Fonte: Nostra Elaborazione

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Da quanto illustrato a proposito dell'inserimento lavorativo dei giovani edelle difficoltà incontrate nelle attività delle associazioni per favorirlo, sipossono proporre alcune considerazioni. Esse riguardano di certo la man-canza di fondi pubblici e l'impasse che spesso si registra a muoversi neimeandri amministrativi dei singoli Paesi, ma riguarda anche, come si èvisto, le caratteristiche dell'offerta di lavoro, con la conseguente necessitàdi qualificarla e motivarla. Si avverte dalle interviste in un certo senso lasolitudine delle associazioni a muoversi su questo terreno. Nonostante igià riconosciuti livelli di integrazione nelle società di accoglienza, questoè senz'altro un punto debole.E' certamente molto difficile intervenire nei confronti dei Paesi di emigra-zione, tuttavia è auspicabile un impegno della Regione per praticare, congli stessi Paesi, forme di cooperazione, ad esempio utilizzando i Fondicomunitari gestiti dalla Direzione generale della Commissione Europea(AIDCO), in particolare per quei paesi considerati in via di sviluppo edell'America latina. Come anche appare opportuno lavorare per estenderele esperienze di scambio di giovani, già citate, a proposito della formazio-ne degli Agenti dell'emigrazione campana.Infine, per concludere, è il caso di fare presente come dalle intervisteemerga un significativo limite: il fatto cioè che pochi delegati risultanointeressati a progetti di sviluppo locale, di cooperazione, di costruzione direti, di servizi finalizzati alla comunicazione (senza grandi distinzioni frai Paesi). A conferma di quanto detto è bene tenere conto del bilancio pocopositivo registrato alla domanda riguardante la presentazione, in sede diCongresso, da parte degli intervistati, di un Programma articolato di pro-poste. Va fatto notare, infatti, che in rari casi si registrano segnali di qual-che interesse. Solo 12 delegati su 70, distribuiti tra il Sud Africa 2, gliUSA 2, il Brasile 3, la Francia 3, l'Argentina 1, il Canada 1, si sono cimen-tati in questo campo. Se poi si analizza la tipologia delle proposte (veditabelle (13, 14, 15, 16, 17) esse sicuramente riflettono un imbarazzo pro-gettuale, in un certo senso lontano dalle problematiche prima evidenziate(vedi ad esempio quelle connesse all'inserimento lavorativo dei giovani).

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Tabella 12: Difficoltà di individuazione di personale motivato per l’inserimento lavora-tivo dei giovani (v.a. v.p.)

Fonte: Nostra Elaborazione

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Tabella 13: Proposte associative presentate dai delegati, suddivisi per Paesi

Fonte: Nostra Elaborazione

Tabella 14: Proposte progettuali presentate dai delegati, suddivisi per Paesi

Fonte: Nostra Elaborazione

Tabella 15: Proposte di recupero della memoria dell’emigrazione presentate dai delega-ti, suddivisi per Paesi

Fonte: Nostra Elaborazione

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Il quadro così delineato suggerisce alcune considerazioni finali. I nostri delegati mostrano una certa attenzione alle problematiche piùdirettamente riconducibili alla risoluzione dei problemi emergenziali,(vedi: l'inserimento lavorativo), ma hanno poca consapevolezza delle loropotenzialità, per perseguire fino in fondo più ambiziosi obiettivi. Diversoè il caso, come si è fatto rilevare, delle iniziative di medio-lungo periodo:quali le attività progettuali e/o di cooperazione. Il richiamo da essi rivol-to alla Regione ha infatti il limite della semplice richiesta per l'intensifica-zione e il rafforzamento delle relazioni, senza meglio definirle. Inoltre,quando svolgono compiti di direzione nell'associazione, alla quale di certogarantiscono visibilità e dinamismo, in pochi casi vanno oltre le attività ditipo culturale e/o sociale realizzate nel Paese di residenza. In poche paro-le: si dimostrano poco propensi a introdurre nelle associazioni dei migran-ti forti innovazioni al passo dei processi di internazionalizzazione e delleStrategie europee per lo sviluppo della società dell'innovazione e della

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Tabella 16: Proposte culturali presentate dai delegati, suddivisi per Paesi

Fonte: Nostra Elaborazione

Tabella 17: Proposte di cooperazione presentate dai delegati, suddivisi per Paesi

Fonte: Nostra Elaborazione

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conoscenza. Ciò non significa che negli ultimi anni non si sia fatta stradauna volontà di cambiamento, ma quando ciò accade, le energie sono pre-valentemente proiettate a sviluppare relazioni e rapporti bilaterali tra ilPaese di emigrazione da una parte, l'Italia e la Campania dall'altra: unascelta certo non di secondaria importanza e sicuramente da incoraggiare.Appare ancora minoritaria una cultura che si proponga però di percorrerei nuovi percorsi del mondo globalizzato e di condividere con coerenza lescelte perseguite dall'Unione Europea in direzione dell'occupazione edello sviluppo sostenibile (nel senso più ampio del termine: ambientale,economico e culturale). E' invece questa la direttrice del futuro: il solomodo per valorizzare con efficacia le potenzialità del Paese di residenza,dell'Italia e della Campania. La Regione Campania, in tale contesto, ha unruolo fondamentale: quello di proporre e costruire un nuovo quadro diopportunità. Partendo dall'obiettivo di fondo: la necessità e la possibilitàdi valorizzare l'emigrazione come risorsa.

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SCHEDA PROGETTUALE

Associazione proponente : Filef Campania (Federazione lavoratori emi-grati e famiglie)

Via Porto, n. 28 ; città: Salerno; Stato : Italia ; Telefono/fax: 089-230828Email: [email protected]

PROGETTO

Denominazione: " Agenti dell'emigrazione campana 3"Responsabile : prof. Francesco Calvanese

TIPOLOGIA

Progetto di mutualismo e solidarietà

X Progetto di Formazione Professionale

Progetto Culturale

Progetto per Giovani

- Premessa

Negli anni 2004 e 2005 la Filef Campania (fondata da Carlo Levi), asso-ciazione iscritta al Registro regionale delle associazioni dell'emigrazionee presente nella nuova Consulta Regionale dell'emigrazione, ha condottoper conto della Regione Campania-Settore emigrazione due esperienze diqualità e di notevole valenza strategica:

2004: il corso formativo per Agenti dell'emigrazione2005: il corso formativo per Agenti dell'emigrazione 2

Entrambi i progetti ispirati dall'esigenza di valorizzare le forze nuove della

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nostra emigrazione all'estero, cioè i giovani laureati di seconda e terzagenerazione presenti nelle nostre comunità residenti nei paesi extraeuro-pei, hanno avuto come obiettivo quello di creare dei canali permanenti diiniziativa sul piano economico-culturale e della comunicazione tra laRegione Campania e i diversi paesi di emigrazione.

A tal fine per ognuno dei progetti, in seguito a bando sono stati seleziona-ti 12 (2004) e 9 (2005) giovani laureati, che hanno frequentato con profit-to, per oltre 30 giorni, corsi di formazione in aula e stage presso imprese,Camere di Commercio, ASL, Università ed Enti locali della Regione.

I principali partner della Filef Campania in tali occasioni sono stati:Unops- Nazioni Unite (cooperazione internazionale), Camera diCommercio di Salerno, Provincia di Benevento, Apifor Salerno, Eurocda-Salerno, Dipartimento di Sociologia e Scienza della Politica-Università diSalerno, Provincia di Salerno.

Va fatto notare che nell'esperienza del 2004 i titoli di laurea richiesti eranoi più vari per consentire un largo ventaglio di opzioni collaborative, men-tre nel 2005 ci si è limitato a titoli di laurea nel settore dell'economia e/odella cooperazione, al fine di meglio precisare gli ambiti di attività suiquali incanalare i futuri Agenti.

Questi corsi si sono giovati di prestigiosi docenti e hanno inoltre investitoper gli stage significative realtà dello sviluppo locale presenti in Campania(ad es: la Città del fare e il Centro Marsec di Benevento ecc.)

In seguito a tali iniziative si sono determinate molte attese nel mondo del-l'emigrazione e in particolare presso i giovani di origine campana residen-ti all'estero.

Positive esperienze tradottesi in seguito nella partecipazione numerosa deigiovani ai Congressi del campani svoltisi di recente in tutto il mondo,nella predisposizione di progetti autonomamente costruiti nelle sedi este-re ( tra cui un importante documentario realizzato in Cile per iniziativadell'Agente Bertrand Stingo), nell'ottenimento di una borsa di studio aRoma presso l'ENEA da una ingegnera cilena di origine campana (ClaudiaKemper), formata nel corso Agenti 2.

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Limiti : il non proseguimento del rapporto di collaborazione successiva-mente allo svolgimento dei corsi come richiesto ai partner locali citati ( adeccezione dell'Unops-Nazioni Unite), che non ha consentito la necessariacontinuità dei progetti avviati, certamente di significativa valenza.

Infine: la debolezza della compartecipazione finanziaria: sia nel 2004 chenel 2005 al congruo contributo della Regione Campania- Assessoratoall'emigrazione, si sono aggiunti, nel 2004 esclusivamente il Comune diSalerno e la Provincia di Benevento, mentre nel 2005 ha partecipato finan-ziariamente (oltre s'intende la Regione) la sola Provincia di Benevento.

E' evidente quindi, che in riferimento alla portata strategica, facilmenteindividuabile dei progetti , si è registrata un'effettiva corrispondenza e unreale partenariato solo nella fase di svolgimento dei corsi formativi e deglistage, mentre non si è notato analogo impegno ai fini della continuità deiprogetti: in termini finanziari e in termini di costruzione di iniziative disviluppo dei rapporti attivati con i nostri giovani presenti in emigrazione.

Questi limiti andranno superati con il progetto "Agenti dell'emigrazionecampana 3" sviluppando soprattutto un forte ruolo dei partner fin dallafase progettuale dell'iniziativa: promuovendo cioè una forte campagna disensibilizzazione, mirante a far proprie, nel comune interesse le finalità-compresi gli aspetti organizzativi del progetto.

Inoltre, viste le specifiche caratteristiche del settore di riferimento, ilcorpo docente sarà selezionato in concorso con i partner, valutando e sele-zionando le proposte che saranno richieste e formulate da ciascun partner,ai fini della piena valorizzazione delle finalità del progetto e delle esigen-ze di continuità dello stesso.

Di conseguenza l'Ipotesi progettuale, qui di seguito articolata : "Agentidell'emigrazione campana 3" ovvero del turismo sostenibile intende fartesoro delle due esperienze precedenti , valorizzandone i risultati positivi,in particolare le scelte in direzione dello sviluppo locale e correggendonei limiti:

il settore di riferimento, sia per quel che riguarda l'aspetto formativo-siaper quel che riguarda gli stage, sarà limitato al turismo sostenibile, nell'ac-cezione indicata dall'Unione Europea (e in conformità con gli obiettivi del

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processo di Lisbona per la crescita e l'occupazione) che vede tra loro stret-tamente collegati gli aspetti economici, socioculturali e ambientali: ciò alfine di rendere più facilmente definibile e praticabile il campo di azione,nonchè le iniziative di continuità rivolte a preservare le caratteristiche deiluoghi e contemporaneamente a individuare nuove fonti di finanziamentoal termine dello specifico progetto. A tale proposito si fa presente che laFILEF Campania ha già preso contatti, oltre che con il dott. FrancoIanniello, responsabile del Settore turismo della Commissione Europeaanche con il prof. Josep-Francesc Valls (Catedrático departamentoDirección Marketing y Centro Dirección Turística ESADE BusinessSchool) di Barcellona, che ha condotto di recente studi sul Turismo pros-simo futuro, cioè il turismo dei migranti.

Di conseguenza i titoli di studio richiesti ai giovani emigrati per parteci-pare al nuovo progetto riguarderanno in particolare le lauree e i diplomiattinenti al turismo;

Per tutte le attività da intraprendere e che si realizzeranno interlocutori pri-vilegiati saranno: a) la Direzione generale Impresa della CommissioneEuropea , diretta nel settore Turismo dal dott. Franco Ianniello, nostro cor-regionale; b) l'Osservatorio sul turismo della Camera dei deputati; c) gliassessorati al turismo e alle politiche sociali-Settore Emigrazione dellaRegione Campania, oltre che, s'intende, gli Uffici dello stesso settore emi-grazione della Regione Campania, la citata scuola di Barcellona;

1) le realtà territoriali coinvolte riguarderanno tutti i paesi di emi-grazione in cui è significativa la presenza campana, comprese quindi lerealtà europee, al fine di rendere più praticabile l'attivazione di un circui-to turistico virtuoso da e verso i paesi di emigrazione: di qui il passaggiodei corsisti da 9 dell'anno 2005 agli attuali 14-16;

2) i soggetti coinvolti all'estero saranno in primo luogo i giovanilaureati emigrati, ma anche le strutture presenti in emigrazione che già sidedicano ad attività turistiche: quindi non solo le realtà associative del-l'emigrazione campana, ma anche le Agenzie e le associazioni di catego-ria e professionali operanti nei paesi coinvolti e facenti riferimento allepiccole imprese del settore;

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3) i soggetti coinvolti nel partenariato locale saranno in primoluogo le Province della Campania, ma in particolare di Benevento* eSalerno, con i corrispondenti Uffici del turismo degli Enti locali ed Entidel turismo, le Agenzie del turismo, le associazioni di categoria ( ad. es.la Confesercenti), le piccole imprese sicuramente maggioritarie nel setto-re e in grado di coinvolgere anche le grandi imprese, oltre che a livello piùgenerale la Regione Campania e l'Osservatorio del turismo della Cameradei deputati;

4) la Filef Campania intende coinvolgere nel progetto anche lealtre associazioni iscritte al registro regionale e presenti nella Consultadell'emigrazione: in particolare con l'associazione Fernando Santi e con leACLI della Regione Campania, verranno discussi i criteri di selezione deidocenti, dando ampia disponibilità per l'inclusione di docenti del settoreturistico indicati dalle stesse associazioni;

5) il progetto si svilupperà con la tradizionale articolazione di unafase di lezioni frontali in aula e di stage sul territorio ( per 21 giorni com-plessivi), ma ponendo attenzione al diretto coinvolgimento dei partnerindividuati anche nella scelta dei docenti del corso formativo, facendoriferimento anche alla Commissione Europea, DG Impresa-settore turi-smo;

6) per quel che riguarda la compartecipazione finanziaria, oltre cheal congruo contributo della Regione Campania -assessorato all'emigrazio-ne, ci si rivolgerà ai partner, che potranno optare tra il finanziamentodiretto del progetto, la messa a disposizione di docenti a proprie spese, lamessa a disposizione di strutture e/o servizi vari ( ad es. di trasporto ecc.):tra queste al momento hanno già espresso una disponibilità la Provincia diBenevento, la Provincia di Salerno e l'azienda di soggiorno e turismo diSalerno;

7) sulla base del ricevimento e dell'accoglimento in fieri di questaipotesi di partenariato è stata stabilita in numero di 14-16 la partecipazio-ne di giovani laureati, residenti all'estero, cui farà riferimento il progetto;

8) in fase avanzata di svolgimento del corso sarà sottoscritto tra igiovani partecipanti e i partner un protocollo d'intesa per la realizzazionedi un'Agenzia di continuità del progetto.

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Obiettivi:

Creare 14-16 figure di alto profilo professionale ( livello master) di giova-ni emigrati residenti nei paesi in cui è più significativa e organizzata lapresenza dei campani, neo laureati in discipline attinenti alle politiche dicooperazione e di sviluppo locale, al fine di renderli promotori e vettori discambi nel settore turistico tra la Campania ed i paesi di residenza. Nellospecifico: tutti i paesi europei ed extraeuropei in cui è presente l'emigra-zione campana rappresentata nella Consulta regionale dell'emigrazione. Ilpresupposto di tale progetto risiede nella ormai riconosciuta competenzae adattabilità dei nostri giovani emigrati : si vedano al riguardo sia unarecente Ricerca della Filef nazionale (2000-2001) sui "Bisogni formatividei giovani di origine italiana", svolta nei paesi di emigrazione su incari-co del Ministero del lavoro italiano, sia i risultati positivi dei precedenticorsi di formazione (2004 e 2005) indicati di recente al Ministero degliesteri- (delegato agli Italiani nel mondo) dalla stessa Regione Campaniasettore emigrazione, come esempio di Buone pratiche. Questi giovaniemigrati risultano in buona parte istruiti ai livelli universitari e/ o ai livel-li di qualificazione professionale superiore, con una buona conoscenza dialmeno due lingue straniere, con una certa padronanza degli strumenti dicomunicazione telematica. Ne consegue che la formazione di 14-16"Agenti dell'emigrazione campana 3" farà riferimento a questa base dipartenza, anche coinvolgendo, nei rispettivi paesi di residenza, fin dallafase della programmazione gli Agenti formati nel 2004 e nel 2005 : conessi infatti è tuttora vivo un rapporto di scambio informativo. Si punteràinoltre all'individuazione delle figure corrispondenti a tale livello presup-posto attraverso un approccio strategico che, ai fini del buon successo edella piena valorizzazione del progetto, privilegerà le problematiche di piùampia rilevanza. Ciò al fine di valorizzare il "Made in Campania", sulpiano più specificamente turistico, nel senso più ampio-prima descritto,includendo anche il turismo a/r dei nostri migranti e di dare impulso aforme organizzate di cooperazione tra la Campania e i paesi di residenzadegli stessi giovani laureati.

Sulla base di tali presupposti si porrà particolare attenzione a sviluppare :a) il partenariato attivo tra le istituzioni pubbliche e private, tra le

rappresentanze politiche , economiche e della società civile; la comple-mentarietà dei network d'impresa per difendere i mutui interessi e svilup-pare i mercati ; la relazione stabile dei livelli locali e regionali con i gover-

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ni centrali e le istituzioni transnazionali;b) una forte identità sociale e culturale, che tenda ad esprimersi

nella definizione di un modello di sviluppo adeguato alle condizioni sto-riche economiche sociali proprie del territorio di riferimento ( il paese diemigrazione-la regione Campania) in un approccio cooperativo , per sta-bilire obiettivi comuni;

c) l'efficacia di strumenti di supporto, che preferibilmente consi-stono in strutture di partenariato localmente definite, fortemente esecutive, capaci e flessibili, in grado di promuovere azioni di integrazione con lepolitiche di internazionalizzazione( a livello economico e culturale) e dicooperazione allo sviluppo della Regione Campania.

Descrizione :

L' intervento prevede una fase formativa di 120 ore suddivisa in due parti.La prima, teorica, si svolgerà in aula per un totale di 72 ore suddivise in 2Moduli di 36 ore (6 ore per 6 giorni x due settimane). La seconda di stagedi 48 ore (8 ore per 6 giorni). Il programma svolto in aula sarà propedeu-tico per la fase successiva che si svolgerà presso le strutture turistichedella Regione: Aziende di soggiorno, EPT, Parchi, Comunità montane,Università, strutture dedicate dalle Province e da enti locali che hanno spe-rimentato buone pratiche, nonché presso organismi preposti alla comuni-cazione nel settore turistico e istituti creditizi interessati ai circuiti turisti-ci, Camere di Commercio, Confapi, strutture dello Sviluppo locale ed altredella Campania che si renderanno operative. Ad esempio: Contratto d'areadella provincia di Salerno o anche aziende e istituzioni Campane cheintendano iniziare o rafforzare gli interscambi con i paesi di residenza deicorsisti. Gli obiettivi formativi cui faranno riferimento gli argomenti dellelezioni e degli stage riguarderanno:1) la conoscenza della legislazione, regionale, nazionale e internazionaledi settore; 2) la conoscenza della mentalità imprenditoriale di settore;3) la conoscenza dei trends dei flussi turistici nazionali e internazionali edel turismo futuro ( turismo dei migranti);4) la conoscenza dei meccanismi di funzionamento di domanda e offertaturistica; 5) la conoscenza del mercato turistico regionale, nazionale e internaziona-le (vedi paesi di residenza dei migranti);

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6) apprendere le tecniche di redazione di un budget economico finanzia-rio;7) conoscere le tecniche di redazione di un Business Plan; 8) conoscere le modalità di reperimento delle fonti finanziarie;9) conoscere le risorse storiche, artistiche, archeologiche turistiche del-l'area;10) conoscere le potenzialità del turismo legato all'innovazione tecnologi-ca, alla cultura, alle attività ludiche, ai beni religiosi e nel campo congres-suale presenti nelle aree interessate (Campania-paese di residenza);11) apprendere le tecniche di comunicazione e relazione col pubblico; 12) essere capaci di utilizzare i principali software di gestione dei beniculturali e religiosi;13) apprendere le tecniche di progettazione e costruzione di itinerari turi-stici.

Criteri di valutazione del raggiungimento degli obiettivi formativi:

E' prevista una verifica in ogni modulo per accertare l'identità tra gli obiet-tivi prefissati e i livelli di apprendimento raggiunti, con riunioni di pro-grammazione e verifica degli obiettivi, ad inizio corso, a livello interme-dio e nella fase terminale, fra il direttore del corso, i docenti, gli esperti eil tutor del corso. A conclusione del periodo di stage è prevista la compi-lazione da parte dell'Azienda - Ente ospitante lo stage di una scheda divalutazione dell'attività svolta dal corsista. In sede finale verranno valuta-ti i progetti/Business Plan elaborati dai partecipanti.

Moduli/DisciplineModulo 1: AREA di Base

- Legislazione turistica e dei beni culturali - Autoimprenditorialità - Informatica di base- Economia turistica - Flussi turistici e turismo futuro ( turismo dei migranti) - Politiche europee di sviluppo nel settore turistico (Agenda 21)- Marketing strategico e operativo- Tecniche di redazione di Business Plan- Avviamento e finanziamenti alle imprese turistiche - Individuazione di efficienti strumenti di comunicazione telematica

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Modulo 2: Area specialistica

A) Profilo storico, sociale ed economico del territorio

- Storia dell'arte del territorio- Risorse del territorio- Software di gestione dei beni turistici e reti telematiche- Tecniche di elaborazione di itinerari turistici- Strategie di comunicazione istituzionale- Analisi dei programmi promossi dalle istituzioni locali e regionali dellaCampania- Business Plan di gestione e valorizzazione delle risorse turistiche

B) Reti locali, reti lunghe e ruolo dello sviluppo locale nella coope-razione

- Integrazione economica - Cooperazione decentrata e sviluppo locale- Animazione territoriale e costruzione di reti locali e sovralocali- Il ruolo delle imprese nello sviluppo e nella cooperazione- Sistema impresa, finanza agevolata e strategie di internazionalizzazione- Creazione di imprese in partenariato tra le aziende campane e strutturecreate nei paesi di residenza dei corsisti - Comparazione dei predetti programmi con le strategie in essere neidiversi paesi di emigrazione

Stage presso le Strutture prima descritte

L'attività formativa, come già descritto, sarà integrata da verifiche inter-medie nonchè da valutazioni, report e conclusa da un seminario finale.

Al fine di ottimizzare i risultati del corso di formazione sarà necessariauna fase preparatoria che consisterà in :a) informazione e pubblicizzazione del corso sulla rete delle associazionicampane all'estero, bando di selezione includente alcune informazione daraccogliere a monte circa le caratteristiche turistiche dei paesi di residen-za; informazione nei confronti della Commissione Europea- Settore emi-grazione, dell'Osservatorio del turismo della Camera dei deputati e dellaUniversità di Barcellona, cattedra prima citata ;

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b) costruzione e invio di un questionario, supportato da un modulo indi-cativo per avviare una prima selezione in loco dei candidati: le diverseassociazioni campane dovranno inviare alla Regione una rosa di 3 candi-dati pre-selezionati in base al profilo professionale richiesto: qualsiasiLaurea ad indirizzo legato al settore turistico, ottima conoscenza dell'ita-liano, esperienze nel settore (stage, diplomi, attività formative ecc.) .Avvertenza: Solo nel caso non fossero disponibili laureati nel settore, siterrà conto di proposte di diplomati, comunque con esperienza nel settore.Di seguito al ricevimento delle proposte si procederà, costituendo unaCommissione di 3 esperti (composta da 1 rappresentante della Regione-Settore Emigrazione, 1 rappresentante della Filef Campania e 1 rappre-sentante scelto tra i principali partner del progetto) all' esame definitivodelle candidature sulla base di indicatori predefiniti e coerenti con lecaratteristiche richieste dal bando istitutivo del corso e con le finalitàdello stesso. Da tale selezione usciranno i 14-16 ammessi al corso. Si definirà quindi,completamente, il piano formativo, costruendo inoltre idata base che conterranno i dati rilevati dall'analisi dei profili professiona-li richiesti, applicando le metriche di valutazione degli skill , così da crea-re un file delle competenze disponibili e dei fabbisogni stimati a seguitodella ricerca effettuata, della prima fase di monitoraggio svolta nonchédegli scenari ipotizzati;c) pubblicizzazione e sensibilizzazione degli attori locali;d) pubblicizzazione dei nominativi degli ammessi al corso, secondo ilpaese di emigrazione;e) ricevimento all'aeroporto di Napoli e trasferimento alla sede di svolgi-mento dei corsi e ai relativi alloggi (Hotel) (come nelle precedenti positi-ve esperienze);f) conferenza stampa di presentazione del progetto e del corso, con la presenza di rappresentanti della Regione Campania, delle Istituzioni locali attive nella Regione, di operatori del settore turistico e della comunicazione.

La seconda fase consisterà più direttamente in :a) corso di formazione secondo le modalità già descritte; allestimentosomministrazione di un questionario ai partecipanti, utile per individuarele modalità più idonee per i percorsi cooperativi tra la regione Campaniae i diversi paesi di emigrazione;b) stage secondo le modalità già descritte e sulla base della ricerca di otti-

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mizzazione delle iniziative di cooperazione e sviluppo tra la RegioneCampania e i paesi di emigrazione.

In contemporanea si prevede l'utilizzazione di un efficiente sistema dicomunicazione telematica attraverso la rete internet e intranet, e sistemiavanzati come il world web , la webcam e in qualche caso le video-confe-renze con i paesi di emigrazione, assicurando lo scambio reale delle infor-mazioni , dei documenti e di quant'altro potrà emergere e potrà servire atenere aggiornati gli utenti del progetto. Si organizzerà altresì una compe-tenza telematica locale, per poter tenere aggiornare le proprie pagine eprovvedere alla tenuta del sito web e alla costruzione di data base comunifornendo ai partner locali, regionali e transnazionali le necessarie informa-zioni per il caricamento dei dati. Saranno anche affrontate le modifichenecessarie per migliorare le politiche di cooperazione con i nostri migran-ti all'estero.

La fase finale sarà rappresentata da:

a) Seminario finale , con presentazione dei report e delle principali indi-cazioni fruibili per la viabilità e continuità del progetto, in termini di effi-cienza e di efficacia, nonché di pari opportunità. Presentazione di prodot-ti: cdrom, pubblicazioni, costruzione e strutturazione della rete permanen-te con gli Agenti dell'emigrazione campana 2;b) Ipotesi di Progetto di fattibilità per la Creazione di un'Agenzia per lasostenibilità e continuità del progetto, o di strutture similari di cooperazio-ne internazionale, composta dai giovani formati in Agenti 1 e Agenti 2 ,alfine di favorire- i contatti tra le istituzioni campane e del paese di emigra-zione -promuovere e organizzare attività di interscambio e confronto tra lediverse esperienze nel settore turistico, nel campo economico-commercia-le, delle politiche culturali, dell'educazione e della formazione- realizzarecampagne promozionali per la maggior conoscenza della realtà campanadal punto di visto ambientale e turistico- realizzare esperienze innovativetransnazionali nel campo della formazione e degli scambi tra lavoratori,giovani e piccoli imprenditori. In tale ambito saranno considerate priorita-rie le attività finalizzate alla valorizzazione della figura professionale diesperto per lo sviluppo del turismo sostenibile ( nell'accezione preceden-temente indicata).c) Partenza dei giovani formati con trasferimento all'aeroporto di Napoli.

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Partenariato

1) L'Eurocda-Salerno (European cooperation development Agency), ( giàimpegnata nel precedente progetto), sulla base di una larga esperienza diprogettazione e gestione di progetti comunitari, darà un apporto significa-tivo alla costruzione di una rete permanente e tematica (Agenti di svilup-po) con i nostri emigrati, inserendo il progetto nella rete Leo.net ( e nelrelativo sito web) : trattasi di un progetto del FSE che ha già presenti 10paesi europei, che si propone di valorizzare le politiche europee per l'im-piego a livello locale;

2) IREFORR spa di Potenza ; con notevole esperienza nel settore (corsi diformazione), in particolare per quel che concerne il turismo culturale, reli-gioso e rurale, nonché con esperienza di ideazione di progetti comunitaririvolti al mondo giovanile. L'Ireforr è inoltre partner principale delDipartimento di Sociologia e Scienza della politica dell'Università diSalerno per l'allestimento di un Master di Primo Livello sull'Economiasociale, con Associazioni e Università di Tolosa (Francia) , Pecs(Ungheria) e Almeria (Spagna);

3) Provincia di Salerno, che garantirà il concorso delle strutture di riferi-mento, impegnate nel settore turistico, nonché un congruo cofinanziamen-to;

4) La Provincia di Benevento, che garantirà il concorso delle strutture diriferimento, impegnate nel settore turistico, nonché un congruo cofinan-ziamento. La stessa Provincia già impegnata nelle precedenti esperienze di Agenti 1e Agenti 2 , sarà punto di riferimento per le altre Province ed Enti localidella Campania, favorendo la creazione delle condizioni affinché i giova-ni laureati partecipanti al corso di formazione divengano le vere e proprieantenne (Agenti) nelle società locali per sviluppare le reti di relazioni eco-nomiche e commerciali con la nostra Regione;5) L'Azienda di Soggiorno e Turismo di Salerno, in collaborazione con lealtre strutture della Regione;6) L'Ente Provinciale per il Turismo di Salerno, in collaborazione con lealtre strutture della Regione;7) L'Associazione Industriali di Salerno, parteciperà con le specifichecompetenze del suo specifico nucleo operativo legato al settore del turi-

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smo, amplificando anche nelle altre sedi campane l'impatto del progetto,anche valutando nel merito la possibilità di cofinanziarlo.8) La ditta di trasporti marittimi Autori (Salerno) , metterà a disposizionedel progetto le sue strutture per la fase di stage;9) CIRCLE, Centro di competenza nato per effetto dell'accordo firmato il30 marzo 2004 tra Regione Campania e Nazioni Unite, avente sede aNapoli presso il Rettorato della Università "Federico II", collegato allarete di Agenzie di sviluppo locale, presenti nelle aree del mondo in via disviluppo, collaborerà ai moduli didattici e ad adeguare le metodologiedella cooperazione decentrata all'attivazione di canali permanenti di scam-bio economico e culturale tra i campani emigrati all'estero e la stessaregione. 10) La Confapi regionale (Confederazione delle piccole imprese), (giàimpegnata nei precedenti progetti), collegata alle strutture provinciali eterritoriali: collaborerà all'insieme delle attività, e in particolare alla fasedi stage fungendo da tramite per amplificare l'impatto dell'iniziativa pres-so le imprese associate e verso l'esterno, attivandosi per individuare lestrutture in grado di garantire la continuità del progetto anche all'estero;11) Il Dipartimento di Sociologia e Scienza della politica dell'Universitàdi Salerno, (già impegnato nel precedente progetto), collegato all'insiemedei Dipartimenti Universitari della Campania e ai Dipartimenti diSociologia (rete Ais) italiani ed europei, collaborerà in particolare attra-verso le competenze emerse dal Corso post lauream per "Agente dello svi-luppo locale e dell'integrazione europea", svoltosi negli anni 2001-2002,alle attività di progettazione ( per quel che riguarda la scelta dei program-mi del Corso di formazione e dei docenti) e di gestione (per quel cheriguarda l'ambito universitario). Farà da tramite per amplificare l'impattodell'iniziativa presso il mondo universitario (in particolare i giovani) everso l'esterno ( altre Università), attivandosi per individuare le strutturein grado di garantire stage adeguati alle finalità del progetto;12) La Camera di Commercio di Salerno, già impegnata nelle precedentiesperienze, attraverso la struttura di internazionalizzazione di Intertrade,sarà punto di riferimento per le altre Camere di Commercio dellaCampania, favorendo la creazione delle condizioni affinché i giovani lau-reati partecipanti al corso di formazione divengano le vere e proprieantenne (Agenti) nelle società locali per sviluppare le reti di relazioni turi-stiche, economiche e commerciali con la nostra Regione;13) La Soprind Srl, società di engineering,organizzazione e ricerche indu-striali, (già impegnata nel precedente progetto), collaborerà allo sviluppo

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dell'internazionalizzazione, agli stage in ambito locale, alle attività dimonitoraggio e valutazione;14) L'Osservatorio provinciale( SA)per gli italiani nel mondo (già impe-gnato nel precedente progetto): fornirà il suo contributo di esperienzescientifiche e di relazioni, parteciperà alla selezione del corpo docente,15) La Filef nazionale (Roma) ( già impegnata nel precedente progetto) :metterà a disposizione la sua rete di rapporti con le comunità all'estero (400 sedi) per l'individuazione dei partecipanti al corso di formazione,parteciperà all'individuazione dei moduli didattici sulla base di esperienzerecenti ed in corso, sulla stessa tematica del progetto, in Australia, neipaesi dell'America latina e con i giovani emigrati di seconda e terza gene-razione in Europa, metterà a disposizione la sua casa editrice e i suoi stru-menti informativi ( bollettino, rivista, ecc), opererà per il coinvolgimentodel CGIE dell'emigrazione italiana, di cui fa parte. Fornirà inoltre il sup-porto di materiali didattici: cdrom-video ecc.16) Le diverse istituzioni locali che si renderanno disponibili nella fasepreparatoria progettuale e per gli stage: in particolra gli Organi di infor-mazione impegnati nella comunicazione legata al settore turistico;17) NB: si chiederà, come già espresso in precedenza, anche il concorsodelle altre associazioni dell'emigrazione residenti in Campania, in partico-lare dell'Istituto Fernando Santi e delle Acli per la scelta del corpo docen-te e per eventuali altre attività di collaborazione; si sperimenteranno formedi collaborazione attiva con la cattedra già citata dell'Università diBarcellona ( turismo futuro-turismo dei migranti)

Modalità Realizzative

Luogo di realizzazione

Per il corso di formazione : Aula in Hotel (da definire): FILEF Campania in collaborazione con IRE-FORR spa (Ente formativo accreditato), con Eurocda Salerno e con i prin-cipali partner su indicati (Provincia di Salerno, Provincia di Beneventoecc,): aula attrezzata con tutti gli strumenti informatici e funzionali allosvolgimento delle lezioni (n.1 scanner, n.1 stampante laser, n. 1 HUB peril collegamento delle reti ad internet tramite linee ISDN , n. 1 videoproiet-tore collegato al server di rete, n.1 lavagna luminosa, n. 1 lavagna a foglimobili, n. 5 postazioni hardware tipo Pentium 1000 suddivise in due reti ,software tipo windows 2000, windows 1998, software vari) ;

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Per gli stages : presso i principali partner su indicati e le Strutture preposte allo sviluppoturistico della Campania (ad es.: Parco nazionale del Cilento e del Vallo diDiano, Contratto d'Area della provincia di Salerno), le Aziende, le strut-ture universitarie e associative, gli Enti locali, che saranno individuatinella fase di progettazione, di selezione dei partecipanti, di esame dei duetipi di questionario, che, come si è detto, saranno somministrati ex ante ein itinere;Sede centrale del progetto sarà quella della Filef Campania, in via Porton°28 Salerno: dotata di locali -attrezzature (n.2 fotocopiatrici-videopro-iettore-apparecchio televisivo -lavagna luminosa ), nella quale è in funzio-ne una struttura di strumenti funzionali al coordinamento del progetto e distrumenti informatici (hardware: n. 7 postazioni tipo rete composta da 3Pentium 4, 3 Pentium 2, 1 portatile ; software: windovs xp professional esuoi applicativi) per i collegamenti in rete con i partner locali - la RegioneCampania- la rete Leo.net del FSE, le reti legate a IREFORR spa diPotenza, i paesi di emigrazione. Altre Sedi : quelli dei partner attuali, già elencati in breve in precedenza ( come puòevincersi facilmente dall'esame delle loro caratteristiche, anch'essi dotatidi strutture di supporto adeguate allo svolgimento del progetto), quelli chesi aggiungeranno in corso d'opera; Sede alberghiera: Hotel (da definire), sulla base delle precedenti positive esperienze, colquale sarà stipulato un contratto di vitto e alloggio sulla base della miglio-re offerta costi/benefici.

Durata del progetto: 21 giorni: Corso di formazione comprensivo di lezio-ni frontali, sussidi didattici (audiovisivi ecc, e stage) Durata ospitalità :21 giorni+ 1 giorno per accoglienza partecipanti e 1giorno per partenza partecipanti : Totale 23 giorni

Esso sarà preceduto da una fase di preparazione per la costruzione e l'in-vio dei questionari/moduli alle associazioni campane all'estero, esame eselezione delle candidature nel paese di emigrazione(prima fase) e nellaRegione (seconda fase), ridefinizione dei programmi e delle sedi deglistages, organizzazione viaggi-albergo -trasferimenti, preparazione mate-riali didattici, reclutamento docenti, pubblicizzazione e sensibilizzazione,allestimento della reti telematiche già descritte);

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- la pubblicizzazione e sensibilizzazione.Esso sarà seguito da : 4 settimane conferenza stampa e Corso di formazione;2 settimane : - stages, monitoraggio , allestimento report , messa a regimedelle reti telematiche già descritte); valutazione finale, presentazione delprogetto di continuità, adesione dei corsiste all' Associazione degli agentidell'emigrazione ( già costituita nelle precedenti esperienze).

Tempi e fasi di realizzazione :

Nel merito se ne è già fatta ampia trattazione nei punti precedenti: si veda-no le parti riguardanti la descrizione e le modalità realizzative.

Fase finale/ valutazione ex post: 2 settimane.

Destinatari:

a) 14-16 giovani emigrati laureati, provenienti dai paesi europei ed extra-europei dove è più fortemente rappresentata la comunità campana, secon-do la seguente proposta: 1 per ciascun paese (Argentina, Australia,Brasile, Canada, Stati Uniti, Venezuela, Cile, Uruguay, Sud Africa, Belgio,Lussemburgo, Francia, Germania, Svizzera, Gran Bretagna, Svezia ). ( Sifa rilevare che, nel caso in uno o più paesi partecipanti non si riscontras-sero le caratteristiche richieste per la partecipazione, per raggiungere ilnumero minimo di 14 partecipanti, si farà ricorso ai paesi dai quali è per-venuto il maggior numero di richieste qualificate).Questi giovani saranno i fruitori dell'intervento formativo " Agenti del-l'emigrazione campana 3", e saranno i protagonisti di un positivo effetto acatena, conseguente alla buona riuscita del progetto ;b) l'Amministrazione regionale, principale beneficiaria del progetto in ter-mini di know how, di relazioni da sviluppare, di promozione del Made inCampania, di attivazione dei processi di mainstreaming, di costruzione diun contesto di nuova fiducia presso le nostre comunità migranti, da valo-rizzare per quel che riguarda le future iniziative di cooperazione e di svi-luppo locale;c) le associazioni campane nei paesi di emigrazione, destinatarie principa-li del progetto , dell'esperienza formativa, delle buone pratiche e dei ser-vizi proposti dall'eventuale Agenzia di continuità;d) le associazioni dell'emigrazione, che potranno mettere in campo tutta la

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rete delle loro relazioni, utilizzando l'esperienza campana;e) l'Università di Barcellona, prima citata;f) le altre regioni italiane, in primo luogo quelle dimostrate interessate alprecedente progetto : Abruzzo, Basilicata, Calabria e Sardegna;g) il Ministero degli esteri, in particolare la struttura con delega (MinistroFranco Danieli) per gli Italiani nel mondo;h) la Commissione Europea-DG impresa settore turismo; i) i deputati e senatori eletti nella circoscrizione Esteri; j) lo specifica Osservatorio per il turismo della Camera dei deputati;k) le amministrazioni locali, che potranno avviare iniziative positive intermini di cooperazione decentrata;l) i partner del progetto, con i quali sarà costituita una cabina di pilotaggiodel progetto e organizzato il team operativo dello stesso, che si renderan-no protagonisti anche dell'eventuale Agenzia per la Sostenibilità/ continui-tà -insieme ai partner regionali e locali;m) le Istituzioni e gli organismi pubblici , in specie le Università e i cen-tri di formazione e ricerca, che potranno valorizzare la nuova esperienzaformativa e sviluppare una rete di relazioni permanenti anche con le nostrecomunità all'estero;n) gli organismi privati, in specie le imprese e i centri culturali, che potran-no sfruttare l'occasione per nuove iniziative in campo economico e cultu-rale;o) gli organismi internazionali preposti alla cooperazione internazionale,che potranno allargare il campo dei loro interessi in merito alla coopera-zione con le comunità emigrate;p) le altre associazioni dell'emigrazione, residenti in Campania, primacitate.

Verifiche ( descrivere le modalità previste di rilevazione in fase di realiz-zazione del progetto)

La valutazione dell'intervento si articolerà in tre fasi principali:

- valutazione ex ante;- valutazioni periodiche in itinere;- valutazione finale.

La competenza di attivazione di tali attività sarà della Cabina di pilotag-gio del progetto (composta come si è detto da rappresentanti di tutti i par-

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tner) e affidata ad un team operativo selezionato in base a specifiche pro-fessionalità presenti tra i partner, nonché supportato da tecnici esterni alpartenariato. Esso organizzerà periodici confronti con i responsabili dellaRegione Campania e con i giovani partecipanti ai corsi. Il monitoraggiotransnazionale sarà realizzato da ciascuna associazione campana di riferi-mento dei giovani in formazione e formati, con la trasmissione periodicadei dati raccolti dai rispettivi sistemi di monitoraggio. Gli strumenti infor-matici di cui ci si avvarrà sanno inseriti nell'ambito del sistema informati-vo integrato del progetto e supportati da procedure informatizzate e soft-ware dedicati al fine di realizzare protocolli di colloquio che assicureran-no l'omogeneità dei dati rilevati. Condizione per la buona riuscita delmonitoraggio e della valutazione è la predisposizione di un sistema infor-mativo tale da consentire informazioni utili e attendibili. Le informazioniche non saranno disponibili saranno effettuate con opportune rilevazioniad hoc. Per identificare il contributo del progetto si costruirà un sistema diindicatori utilizzabili sia per il monitoraggio sia per la valutazione. Gliindicatori saranno così classificati: - indicatori finanziari e di input;- indicatori finanziari e fisici di realizzazione;- indicatori fisici di risultato ;- indicatori fisici di impatto.Gli indicatori di realizzazione considereranno i risultati delle attivitàsecondo una tipologia suddivisa in: - assistenza alle persone e alle imprese;- azioni formative e di accompagnamento;- rafforzamento sistemi.Gli indicatori di realizzazione misureranno l'avanzamento finanziario efisico per tipologia di azione prevista.Gli indicatori di avanzamento finanziario avranno cadenza bimestrale,tranne che per l'ultimo mese , al termine del quale presenteranno un'aggre-gazione di fine progetto.Gli indicatori di realizzazione fisica verranno rilevati su base bimestrale everranno integrati a fine progetto con gli indicatori finanziari. Gli indica-tori di risultato misureranno il raggiungimento degli obiettivi specifici(l'efficacia) del progetto, tra questi soprattutto gli effetti sui destinatari (tasso di inserimento partecipativo). Gli indicatori di impatto misurerannol'efficienza del progetto: saranno analizzati per ogni singola azione e inrapporto alla strategia generale.

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Valutazione finale ( descrivere le modalità individuate di rilevazione sugliaspetti controllabili del progetto)

Di essa si occuperà il team di cui al punto precedente, confrontandosi conla Regione Campania e i destinatari coinvolti nell'azione in sede diSeminario finale.

Il percorso può essere così sintetizzato: - individuazione dei punti chiave, cioè degli aspetti che erano consideraticritici ad inizio progetto e che è stato necessario tenere sotto controllo;- raccolta delle informazioni necessarie alla valutazione;- elaborazione di tali informazioni e valutazione ex post degli indicatori,cioè di quelle misure quantitative sintetiche in grado di fornire una rap-presentazione di fenomeni complessi e di riassumerne l'andamento;- stesura del rapporto di gestione , nel quale sono contenuti i risultati degliindicatori, in forma aggregata.La valutazione in sintesi riguarderà:- la rilevanza del progetto;- la consistenza;- l'efficienza;- l'efficacia;- l'impatto;- la viabilità.La valutazione degli interventi verterà su 4 tipi di effetti:- effetti rispetto agli individui beneficiari;- effetti strutturali e/o impatti sulle performances di sistemi;- effetti di job creation;- effetti sullo sviluppo locale e la cooperazione.

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IL TESTO DI CARLO LEVI IN OCCASIONE DELLAFONDAZIONE DELLA FILEF

La Federazione italiana lavoratori emigrati e famiglie (Filef), dopo i primimesi di preparazione e di inizio di organizzazione, dà principio alla suaconcreta attività, in Italia e in tutti i Paesi di emigrazione, in tutti i campi,e ai vari livelli in cui la sua attività deve manifestarsi. La sua esistenzanasce da una necessità attuale, dai modi nuovi di una condizione umanaantichissima, da una nuova coscienza che è sorta e si è maturata in questianni nel mondo dell'emigrazione, che ha dato una nuova dimensione e unnuovo significato ai suoi problemi, che ha imposto, o va imponendo,anche a chi abbia interesse di nasconderlo o di rifiutarlo, la consapevolez-za dell'emigrazione come uno dei problemi fondamentali della nostrasocietà, della vita della comunità nazionale. Il fenomeno dell'emigrazione, resa forzata da strutture economiche e poli-tiche che non consentono, in patria, condizioni possibili di lavoro e di vitaa una larga parte di cittadini, non è mai stato finora considerato nella suaampiezza e gravità, nel suo carattere determinante di un sistema sociale eeconomico che su di essa si fonde, che la rende obbligatoria, e che nonpotrebbe per ciò, senza una sua radicale trasformazione, estinguerla, oridurla a problema marginale. E poiché l'emigrazione, con i suoi aspetti diespulsione dalle proprie radici e dalla propria terra, di rottura dei legamiculturali e familiari, di esilio in paesi di costume e di lingua diversi, è inse stessa una realtà drammatica, piena di infinite tragedie, sacrifici e dolo-ri, e non può non essere sentita che come una colpa collettiva, si è semprecercato di nascondere i veri caratteri, di considerarla come un fenomenonaturale quasi esterno alla società nazionale, o di tacerne, o di coprirlo conl'ipocrisia dei buoni sentimenti e del paternalismo assistenziale, o dei falsimiti nazionalistici del nome d'Italia e del lavoro italiano. In queste condi-zioni, l'emigrante forzato, dopo essere stato espulso dal proprio paese, eradel tutto abbandonato, e costretto a un reale e servile esilio. Ma in questi ultimi anni, in cui con straordinaria intensità e rapidità, intutti i paesi del mondo, popoli e classi subalterni, rompendo la propriasoggezione coloniale, sono andati, in modi diversi, affermando una nuovacoscienza e una nuova libertà, anche il mondo della nostra emigrazione siè mosso dalla precedente condizione di immobilità, si è fatto, o si sta

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facendo, consapevole della propria realtà, dei propri bisogni, dei propricaratteri, della propria forza. E tutti coloro che si occupano, da vari puntidi vista, del fenomeno dell'emigrazione, devono ormai tener conto di que-sta sua nuova realtà in sviluppo.E' questo modo moderno di affrontare i problemi della emigrazione, è que-sta maturità dei tempi, che ci ha mostrata come necessaria la fondazionedella federazione, ci ha indicato gli indirizzi del suo lavoro. E' un movi-mento, che superando ogni limitazione e visione di parte o di partito, erifiutando ogni paternalismo, prende forma secondo il principio dell'auto-nomia. Di esso devono fare naturalmente parte le associazioni autonomedegli emigrati nei vari paesi, quelle che esistono e quelle che si andrannoformando, e i singoli emigrati; e le loro famiglie nei paesi d'origine, e tutticoloro che, per diversi rapporti, sono, in qualche modo, toccati e determi-nati nella loro vita dal fenomeno dell'emigrazione.La federazione dovrà essere l'organismo democratico e lo strumentod'azione di quei milioni di italiani che riuniti da una condizione umanacomune che li pone naturalmente a fianco di tutti gli uomini di ogni paeseche lottano per la propria libertà e dignità umana, vanno riconoscendosi,non più cose o passivi strumenti di lavoro, ma come protagonisti. Perciòla federazione affronterà, con questo spirito nuovo, tutti i problemi del-l'emigrazione: da quelli immediati e concreti, non più accettati come donodall'alto, assistenza e beneficenza, ma affermati come diritto da conquista-re con la lotta; a quelli fondamentali delle strutture economiche e politi-che, e delle cause reali del fenomeno emigratorio, da emendare e modifi-care con la forza operante dell'organizzazione; quella continua inchiesta dibase, presa di coscienza permanente e quotidiana della propria realtà; allaaffermazione di un proprio valore di cultura. Il bollettino che inizia oggi la sua pubblicazione vuole essere, per ora, nul-l'altro che un rendiconto sommario delle prime attività della federazione,e un contributo modesto, anche per l'iniziale scarsità di mezzi, allo svilup-po di questa realtà. Ma è nostro proposito e speranza che esso debba pre-sto svilupparsi in un più largo e permanente strumento, che rappresenti, adopera degli emigrati e delle loro organizzazioni che ne diventeranno inaturali redattori, la voce stessa dell'emigrazione, il luogo della suaespressione autonoma di nuova coscienza e di nuova realtà. Di fronte alla consapevolezza degli emigrati che partecipavano nel genna-io 1967 alla Conferenza di Roma, avevo detto, concludendo un mio inter-vento, che l'emigrazione non poteva più oggi, nella realtà e nell'animodegli emigrati, essere "il passivo esilio dei poveri, considerati una razza

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inferiore da espellere. E' oggi - dicevo - una battaglia che si combatte, finoin fondo, fino alle sue più remote conseguenze". Una battaglia contro l'alienazione, contro la servitù. Una battaglia che stasullo stesso piano di quelle sociali per la terra, per il lavoro, per la libertà,a fianco di quelle che vedono popoli interi liberarsi della condizione colo-niale e affacciarsi, nuovi alla storia; della grande lotta per un mondoumano. Così l'emigrazione, che è nei fatti, servitù, condizione coloniale,sacrificio rituale, mutilazione, razzismo, che è strumento di potere emezzo di conservazione, diventa, per la nostra nuova coscienza, un puntodi partenza per il rinnovamento totale della società, lo strumento dellanuova cultura, il principio di una organizzazione operante, la leva per spo-stare il peso delle vecchie strutture, il nuovo elemento delle lotte operaiein Italia e in Europa, il lievito per spostare i paesi immobili; la ragione diun giudizio e di una condanna; il senso di una grande solidarietà storicamondiale, la scoperta e la rivelazione di una verità". Con questi pensieri, con questi sentimenti, con queste certezze che sono larealtà nuova e vivente dell'emigrazione, ci mettiamo oggi, tutti insieme,fraternamente al lavoro.

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Finito di stampare nel mese di maggio 2007 dalla “Tipografia Fusco” - Salerno

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