Calcioantagonisti e protezione d’organo - oatext.com · Eugenio Roberto Cosentino, Claudio Borghi...

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Luglio 2003 Volume 3 Numero 3 Trends in Medicine 213 Rassegna Calcioantagonisti e protezione d’organo Eugenio Roberto Cosentino, Claudio Borghi Dipartimento di Medicina Interna e Biotecnologia Applicata “D. Campanacci” Policlinico “Sant’Orsola-Malpighi” Bologna Eugenio Roberto Cosentino Dipartimento di Medicina Interna e Biotecnologia Applicata “D. Campanacci” Policlinico “Sant’Orsola-Malpighi” Via Massarenti, 9 40138 Bologna In anni recenti molta attenzione è stata dedicata alla protezione d’organo espressa dai farmaci antiipertensivi. In questa rassegna esaminiamo i dati più recenti su calcioantagonisti e protezione d’organo. Nel paziente diabetico, i calcioantagonisti sono efficaci nel preservare la funzionalità renale e ridurre la microalbuminuria. Studi clinici recenti e ben condotti suggeriscono inoltre che questa classe di farmaci esercita proprietà ancillari, con effetti potenzialmente benefici sulla malattia coronarica, per esempio riducendo lo spessore medio-inti- male e l’aggregabilità piastrinica. I calcioantagonisti migliorano inoltre la risposta vasocostrittiva all’ossido nitrico. La terapia combinata con gli ACE inibitori (ACE-I) sembra più efficace rispetto ai singoli farmaci, ma studi ulteriori sono necessari. Calcium-antagonists and end-organ protection Summary In recent years much attention has been paid to end-organ protection by antihypertensive drugs. In this review we examine the most recent data on target organ protection offered by calcium-antagonists. In diabetic pa- tients calcium-antagonists are effective in preserving kidney function and reducing microalbuminuria. Recent and well-conducted clinical trials suggest, moreover, that this antihypertensive class exerts ancillary properties with potential beneficial effects in patients with coronary artery disease reducing, for instance, intima-media thickness and platelet aggregation. Calcium-channel blockers also improve endothelial-dependent relaxation and reverse the vasoconstrictive response to nitric oxide inhibitors. Combination therapy of angiotensin-con- verting enzyme inhibitors (ACE-I) plus calcium-antagonists seems to be more effective than single drugs. Further studies, though, are needed. Cosentino ER, Borghi C. Calcium-antagonists and end-organ protection. Trends Med 2003; 3(2):213-223. © 2003 Pharma Project Group srl Key words: calcium-antagonist(s) calcium-channel blocker(s) end-organ damage antihypertensive drug(s) L ’ipertensione arteriosa rap- presenta uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo di ictus, infarto miocardico ed insufficienza renale 1 . Viceversa, la riduzione dei valori pressori risulta in grado di prevenire lo sviluppo di una considerevole percentuale di tali complicanze, soprattutto quelle di natura ce- rebrovascolare, nei cui confronti l’ipertensione arteriosa rappre- senta il fattore di rischio prepon- derante. I dati disponibili negli USA individuano nell’ictus la terza causa di morte in assolu- to, responsabile di ~150.000 de- cessi ogni anno; essi suggerisco- no inoltre che un adeguato trat- tamento preventivo può tradursi in una significativa riduzione degli eventi. Tale riduzione è sta- ta stimata nell’ordine del 2%/ anno prima del 1972 e di circa il 6%/anno nel periodo compre- so tra il 1972 e il 1991, con una accelerazione del decremento che ha riguardato in eguale mi- sura tutte le categorie di età ed entrambi i sessi 2 . L’ipertensione arteriosa rappre- senta inoltre un importante fat- tore di rischio coronarico nei cui confronti tuttavia, gli elevati va- lori pressori, esplicano un ruo- lo meno esclusivo rispetto a quello espresso nei confronti della vasculopatia cerebrale 2 . Tutto ciò dipende strettamente dalla multifattorialità della ma- lattia coronarica, che riserva un ruolo di co-fattore, peraltro pri-

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Luglio 2003 Volume 3 Numero 3 Trends in Medicine 213

Rassegna

Calcioantagonisti e protezione d’organo

Eugenio Roberto Cosentino,Claudio BorghiDipartimento di Medicina Internae Biotecnologia Applicata“D. Campanacci”Policlinico “Sant’Orsola-Malpighi”Bologna

Eugenio Roberto CosentinoDipartimento di Medicina Interna eBiotecnologia Applicata “D. Campanacci”Policlinico “Sant’Orsola-Malpighi”Via Massarenti, 940138 Bologna

In anni recenti molta attenzione è stata dedicata alla protezione d’organo espressa dai farmaci antiipertensivi.In questa rassegna esaminiamo i dati più recenti su calcioantagonisti e protezione d’organo. Nel pazientediabetico, i calcioantagonisti sono efficaci nel preservare la funzionalità renale e ridurre la microalbuminuria.Studi clinici recenti e ben condotti suggeriscono inoltre che questa classe di farmaci esercita proprietà ancillari,con effetti potenzialmente benefici sulla malattia coronarica, per esempio riducendo lo spessore medio-inti-male e l’aggregabilità piastrinica. I calcioantagonisti migliorano inoltre la risposta vasocostrittiva all’ossidonitrico. La terapia combinata con gli ACE inibitori (ACE-I) sembra più efficace rispetto ai singoli farmaci, mastudi ulteriori sono necessari.

Calcium-antagonists and end-organ protection

SummaryIn recent years much attention has been paid to end-organ protection by antihypertensive drugs. In this reviewwe examine the most recent data on target organ protection offered by calcium-antagonists. In diabetic pa-tients calcium-antagonists are effective in preserving kidney function and reducing microalbuminuria. Recentand well-conducted clinical trials suggest, moreover, that this antihypertensive class exerts ancillary propertieswith potential beneficial effects in patients with coronary artery disease reducing, for instance, intima-mediathickness and platelet aggregation. Calcium-channel blockers also improve endothelial-dependent relaxationand reverse the vasoconstrictive response to nitric oxide inhibitors. Combination therapy of angiotensin-con-verting enzyme inhibitors (ACE-I) plus calcium-antagonists seems to be more effective than single drugs.Further studies, though, are needed.

Cosentino ER, Borghi C. Calcium-antagonists and end-organ protection. Trends Med 2003; 3(2):213-223.© 2003 Pharma Project Group srl

Key words:calcium-antagonist(s)calcium-channel blocker(s)end-organ damageantihypertensive drug(s)

L’ipertensione arteriosa rap-presenta uno dei principali

fattori di rischio per lo sviluppodi ictus, infarto miocardico edinsufficienza renale1. Viceversa,la riduzione dei valori pressoririsulta in grado di prevenire losviluppo di una considerevolepercentuale di tali complicanze,soprattutto quelle di natura ce-rebrovascolare, nei cui confrontil’ipertensione arteriosa rappre-senta il fattore di rischio prepon-derante. I dati disponibili negliUSA individuano nell’ictus laterza causa di morte in assolu-to, responsabile di ~150.000 de-cessi ogni anno; essi suggerisco-no inoltre che un adeguato trat-tamento preventivo può tradursiin una significativa riduzione

degli eventi. Tale riduzione è sta-ta stimata nell’ordine del 2%/anno prima del 1972 e di circa il6%/anno nel periodo compre-so tra il 1972 e il 1991, con unaaccelerazione del decrementoche ha riguardato in eguale mi-sura tutte le categorie di età edentrambi i sessi2.L’ipertensione arteriosa rappre-senta inoltre un importante fat-tore di rischio coronarico nei cuiconfronti tuttavia, gli elevati va-lori pressori, esplicano un ruo-lo meno esclusivo rispetto aquello espresso nei confrontidella vasculopatia cerebrale2.Tutto ciò dipende strettamentedalla multifattorialità della ma-lattia coronarica, che riserva unruolo di co-fattore, peraltro pri-

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mario, all’ipertensione arteriosa3.In aggiunta a quanto riportato,l’ipertensione arteriosa determi-na un incremento significativodell’incidenza di scompenso car-diaco e di arteriopatia periferi-ca. Un ulteriore e rilevante aspet-to emerso più recentemente èquello rappresentato dalla rela-zione tra elevati valori pressorie compromissione della funzio-nalità renale. Infatti, in accordocon i dati proposti dal UnitedStates Renal Data System(USRDS), la proporzione di pa-zienti ipertesi che va incontro adinsufficienza renale terminalerisulta progressivamente cre-scente, in netta controtendenzarispetto al trend delle compli-canze cardiovascolari maggio-ri4,5. La relazione tra ipertensio-ne arteriosa, mortalità e morbi-lità cardiovascolare risulta infi-ne fortemente condizionata dalprogressivo invecchiamento del-la popolazione, un andamentoche determina inevitabilmentel’incremento del numero asso-luto di eventi nonostante l’evi-dente efficacia della terapia an-tipertensiva.

Il danno d’organo

Una porzione considerevole delpotenziale patologico legato al-l’ipertensione arteriosa risiedenella sua capacità di agire sia di-rettamente sia indirettamente alivello dei cosiddetti “organi ber-saglio”, alterandone la strutturae la funzione. Il ruolo del dan-no d’organo nel paziente iper-teso può essere facilmente de-sunto dall’analisi di numerosistudi pubblicati negli ultimi ventianni. Un esempio tipico è quel-lo di Isles, che nel 1986 pubbli-cò i dati relativi alla popolazio-ne di Glasgow: questo studio hadimostrato chiaramente come lamortalità per cardiopatia ische-mica ed ictus in una popolazio-

ne con valori pressori normaliz-zati dopo adeguato trattamentoantipertensivo (PA <140/90mmHg) rimanesse significativa-mente maggiore rispetto a quellaosservata nella popolazione nor-motesa di controllo con valoripressori comparabili6. Risultatidel tutto sovrapponibili sonostati ottenuti più recentementeda altri Autori in una popolazio-ne di ipertesi nordamericani.Nella popolazione sottoposta atrattamento farmacologico si èosservata riduzione della mor-talità globale: anche in questocaso tuttavia i tassi di mortalitàpost-trattamento sono risultatipiù elevati nei pazienti ad altorischio con segni di danno d’or-gano7. Ciò suggerisce che il dan-no d’organo mantiene il suopotenziale patogeno, benché inmisura più modesta, anche doporiduzione dei valori pressori. Dalpunto di vista clinico quindi, lapresenza del danno d’organo nelpaziente iperteso non rappre-senta solo un marker della con-dizione ipertensiva, ma si tradu-ce in peggioramento significati-vo della prognosi clinica. Tuttociò è palese in quei pazienti neiquali la presenza del danno d’or-gano ha già assunto i connotaticlinici della malattia coronarica,cardiaca, cerebrovascolare o re-nale e nei quali il quadro pro-gnostico risulta dominato dallapatologia prevalente. Infine,deve essere ricordato che il dan-no d’organo mantiene il suo si-gnificato prognostico negativoanche in quei soggetti nei qualila sua presenza é rilevabile solocome reperto strumentale ed inassenza di manifestazioni clini-che associate: ipertrofia ventri-colare sinistra, microalbuminu-ria e aumento dello spessore in-tima-media dei vasi carotidei.Numerosi studi clinici control-lati hanno inequivocabilmentedimostrato che, anche in assen-

za di sintomatologia clinica evi-dente, il trattamento antiperten-sivo precoce ed aggressivo confarmaci in grado di agire signifi-cativamente nei confronti deldanno d’organo migliora sensi-bilmente la prognosi8,9.

Basi biologiche per laprevenzione del dannod’organo: quale ruoloper i calcio-antagonisti?

I calcio-antagonisti sono carat-terizzati da considerevole etero-geneità strutturale, che si tradu-ce in analoga eterogeneità diapplicazioni cliniche. Ai fini deltrattamento dell’ipertensionearteriosa si possono identifica-re due grandi classi di calcio-an-tagonisti:• diidropiridinici;• non diidropiridinici.

Queste due classi si differenzia-no per varie caratteristiche far-macologiche e per una diversacapacità di agire a livello cardia-co e vascolare10. I calcio-antago-nisti di tipo diidropiridinico agi-scono attraverso il blocco deicanali del calcio di tipo L, vol-taggio-dipendenti, localizzati alivello della membrana cellularedi vari tessuti. Il blocco di talicanali determina la riduzionedella concentrazione intracellu-lare di Ca++ che, a sua volta, con-diziona la riduzione del tonovascolare.I calcio-antagonisti di tipo nondiidropiridinico agiscono an-ch’essi attraverso il blocco deicanali L e tale proprietà è re-sponsabile dell’effetto vasodila-tatore; in aggiunta, essi agisco-no anche a livello di altri canalidel Ca++ ad effetto più comples-so (canali T). Essi risultano inol-tre in grado di inibire la vasoco-strizione mediata dall’angioten-sina II, nonché dai recettori α1e α2, secondo modalità non an-

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Calcioantagonisti e protezione d’organo

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cora completamente chiarie. Invirtù della complessa interazio-ne tra canali del calcio e recetto-ri adrenergici, i calcio-antagono-sti esprimono effetto inotroponegativo, proprietà ben eviden-te in presenza di depressionedella funzione sistolica ventrico-lare sinistra. Questa caratteristi-ca non è condivisa in egualemisura da tutte le molecole diquesta classe ma deve essere te-nuta in debita considerazionenei pazienti anziani ed in quelliche assumono digitale e β-bloc-canti.

Attività antipertensivaI calcio-antagonisti determina-no la riduzione delle resistenzevascolari periferiche, con conse-guente riduzione della pressio-ne arteriosa. Le variazioni dellaportata cardiaca sono meno evi-denti e chiaramente dimostrabilisolo nei pazienti con depressio-ne della funzione sistolica delventricolo sinistro. Tuttavia, icalcio-antagonisti, soprattuttoquelli non diidropiridinici, pos-sono correggere i segni di di-sfunzione diastolica ventricola-re sinistra, condizione di riscon-tro frequente nella popolazioneipertesa, migliorando in modoindiretto la portata cardiaca10.

Riduzione delle resistenzeperifericheL’azione vasodilatante dei cal-cio-antagonisti è più evidente inpresenza di vasocostrizione e larisposta antipertensiva risulta

tanto più marcata quanto piùsono elevati i valori pressori dibase. La riduzione del tono va-scolare coinvolge esclusivamen-te le arteriole, senza modificareil tono venoso, e ciò contribui-sce allo sviluppo degli edemipre-tibiali. La vasodilatazioneche consegue alla somministra-zione di calcio-antagonisti, so-prattutto di tipo diidropiridini-co, si associa talora ad aumentoriflesso dell’attività simpatica,una proprietà strettamente di-pendente dalle caratteristichecinetiche del farmaco. Essa ètalora priva di effetti sistemici emisurabile solo mediante rileva-zione diretta a livello muscola-re, dove è possibile evidenziaredifferenze significative anche trafarmaci della stessa classe11.

Sodio-escrezioneI calcio-antagonisti di tipo pre-valentemente diidropiridinicopromuovono l’escrezione urina-ria di sodio attraverso un mec-canismo misto, di tipo glome-rulare e tubulare: tale effetto puòcontribuire significativamente aridurre i valori di pressione ar-teriosa. Complessivamente, icalcio-antagonisti presentano unmeccanismo emodinamicocomplesso che deriva dall’inte-razione di numerose variabili, lacui risultante ne definisce le ca-ratteristiche di impiego, soprat-tutto nelle forme di ipertensio-ne complicata o concomitantead altre patologie.

Effetti sulla placcaateromatosaLa malattia coronarica è stretta-mente dipendente dai processidi formazione e sviluppo dellaplacca, un’alterazione del meta-bolismo lipidico a carico del fo-glietto subendoteliale. Questoprocesso è attivato dall’ossida-zione delle LDL ed un ruolo im-portante è svolto da alcuni mar-

catori infiammatori, in modoparticolare dalla proteina C-re-attiva (CPR). Negli ultimi annisono stati disegnati numerosistudi volti a verificare se la ridu-zione degli indici di mortalità dialcuni antipertensivi potesse es-sere attribuita anche ad effettinon direttamente riconducibili aquelli esercitati sul tono presso-rio (effetti extra-pressori). I ri-sultati di questi studi sono statiresi recentemente disponibili peralcune molecole.Lo studio Prospective Rando-mized Evaluation of the Vascu-lar Effects of Norvasc Trial(PREVENT) ha messo in evi-denza il ruolo dei meccanismi dicalcio-regolazione nell’innesco enella progressione delle lesioniaterosclerotiche, nonché l’azio-ne di amlodipina nei processi distabilizzazione della placca12.Questi effetti sono stati associatia proprietà ancillari dei calcio-antagonisti, alcune direttamen-te associabili all’omeostasi cal-cica, altre riconducibili a pro-prietà antiaterogene già dimo-strate per altre classi di farmaci,quali la riduzione dello stressossidativo e l’inibizione dellaproliferazione delle cellule dellamuscolatura liscia vasale(VSMC). Amlodipina ha inoltrela peculiarità di un favorevolecoefficiente di partizione nellemembrane aterosclerotiche, es-sendo dotata fra i calcio-antago-nisti della più alta affinità per iltessuto aterosclerotico13 (figura 1).Questi dati, inizialmente solosperimentali, iniziano ad essereoggi suffragati anche da studiclinici di intervento: l’insieme diquesti effetti si traduce infatti intre eventi:• rallentata progressione della

placca• ridotta formazione di nuove

lesioni• riduzione degli eventi cardio-

e cerbrovascolari.

Il danno d’organo si in-staura sin dalle fasi piùprecoci della malattia iper-tensiva e permane, benchèin misura più modesta, an-che dopo riduzione dei va-lori pressori.

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Questi dati hanno trovato unimportante riscontro clinico nelCoronary AngioPlasty Amlodi-pine REstenosis Study (CAPA-RES): in questo trial di preven-zione secondaria, i pazienti ran-domizzati al trattamento conamlodipina hanno evidenziatouna significativa riduzione deglieventi di ristenosi dopo angio-plastica coronarica15.

Riduzione del rischiocoronarico

Prevenzione primariaPur con differenze significativefra le varie molecole, i calcio-antagonisti hanno dimostrato diridurre l’incidenza di IMA sia nelpaziente iperteso anziano(STOP-2) sia nei pazienti conipertensione sistolica isolata(Syst-Eur e Syst-China) (figura2), anche se in quest’ultima ca-sistica il beneficio è apparso dientità limitata in ragione dellascarsa prevalenza “basale” dieventi infartuali.Più recentemente è stata con-dotta una sub-analisi su 4.695pazienti inclusi in questo studiorappresentativi di una popola-zione generale anziana (~70anni) senza pregressa malattiacoronarica. L’esame dei datidopo due anni di trattamentocon nitrendipina (10-40 mg/die)più eventualmente enalapril (5-

Figura 1. Potenziali effetti antiaterogeni di amlodipina. Alcuni di tali meccanismi non coinvolgono ne-cessariamente la regolazione del Ca++ e non tutti sono condivisi da altre molecole della stessa classe.(Modificata da Manson RP 200214).

Amlodipina

• stabilizazione di placca

• inibizione di nuove lesioni

• regressione vecchie lesioni (?)

↑ produzione NO

↓ migrazione e proliferazione VSMC

↓ perossidazione lipidica

↑ protezione cellule endoteliali

↑ rimodellamento favorevole della capsulaateromasica

Figura 2. Incidenza cumulativa di infarto del miocardio nello studioSyst-Eur. (Dati da Staessen JA et al 199716).

20 mg/die) ed idroclorotiazide(12,5-25 mg/die) evidenzia unariduzione significativa deglieventi fatali oltre l’infarto delmiocardio (figura 3).

Prevenzione secondariaLo studio INSIGHT ha postol’accento sull’efficacia della ni-fedipina GITS nei pazienti iper-tesi con elevato rischio corona-rico: in questo studio erano sta-ti inclusi anche soggetti con pre-gressa diagnosi di malattia co-ronarica18. Il trattamento per 3-4 anni con nifedipina ha deter-minato una frequenza cumula-tiva di eventi coronarici sovrap-ponibile a quella osservata conl’uso del diuretico, conferman-

do la comparabilità tra i due trat-tamenti in termini di efficaciaantipertensiva. Nello stesso pe-riodo di osservazione tuttavia, siè osservata una riduzione signi-ficativa dell’incidenza di altera-zioni metaboliche (diabete, iper-colesterolemia, iperuricemia) neipazienti trattati con nifedipinaGITS: tale differenza potrebberisultare di importanza conside-revole nel prevenire la progres-sione della malattia coronaricain un periodo che si estende ol-tre quello di osservazione pro-grammata dalla studio. Analoga-mente a quanto osservato per iβ-bloccanti, anche alcuni calcio-antagonisti non diidropiridinicitrovano indicazione nei pazien-

4

3

2

1

0

0 1 2 3 4

Tempo dalla randomizzazione (anni)

Placebo (età media 70,2 anni)Trattamento attivo (età media 70,3 anni)

Eve

nti x

100 p

azie

nti

p=0,12

∆=-30%

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Calcioantagonisti e protezione d’organo

Luglio 2003 Volume 3 Numero 3 Trends in Medicine 217

ti nei quali l’ipertensione arterio-sa si associ ad angina, in quantoin grado di ridurre i sintomi eprevenire l’insorgenza di nuovecrisi.Lo studio Anthypertensive andLipid-Lowering treatment toprevent Heart Attack Trial (AL-LHAT) ha evidenziato l’utilità diun più efficace controllo del re-gime pressorio nella prevenzio-ne cardiovascolare. Lo studio haparagonato l’effetto combinatodi doxazosina, clortalidone, am-lodipina e lisinopril sull’inciden-za di malattie cardiache in 33.357pazienti ipertesi e con almenoun altro fattore di rischio coro-narico. I risultati a 5 anni, recen-temente pubblicati, dimostranoche il raggiungimento del goalterapeutico (PA<140/90 mmHg) è raramente ottenuto nella

ottenere la regressione dell’iper-trofia ventricolare sinistra me-diante terapia antipertensiva. Leclassi di farmaci più efficaci,nell’uomo, sono gli ACE-inibi-tori, gli inibitori del recettore perl’angiotensina-II ed i calcio-an-tagonisti22.Le differenti classi di calcio-an-tagonisti si sono dimostrate tut-te in grado di ridurre consisten-temente la massa ventricolaresinistra, anche se con qualchedifferenza conseguente alla pos-sibile stimolazione adrenergicariflessa, osservabile soprattuttocon i farmaci diidropiridinici abreve durata di azione23,24. Que-sta proprietà è condivisa da di-verse molecole ed è suffragatada prove sia sperimentali sia cli-niche. In ratti Wistar resi iperte-si con dieta ricca di sale e som-ministrazione di desossicortico-sterone (ratti DOCA/sale), lamanidipina si è dimostrata ingrado di ridurre la massa ven-tricolare sinistra e di migliorarela riserva coronarica25. Tali mo-dificazioni potrebbero indurre ilmiglioramento, o il non peggio-ramento, della funzione sistoli-ca e diastolica, il miglioramentodel tono simpatergico, la possi-bile riduzione delle aritmie e l’au-mento della riserva coronari-ca26-30. Molto recentementeTerpstra e collaboratori hannodimostrato un’efficacia analogadi amlodipina (5-10 mg/die) ri-spetto a lisinopril (10-20 mg/die) nella riduzione dell’indice dimassa ventricolare (LVMI). Ibenefici maggiori sono stati ot-

Figura 3. Riduzione degli eventi fatali cardiovascolari nei pazienti intrattamento attivo inclusi nel Syst-Eur (dati da Staessen JA et al 199817).

0

10

20

30

40

50

60

Cardiache Morte IMA (tutte) improvvisa

Rid

uzi

one

even

ti (

%)

-56

-27

-12

Numerosi studi di farmaco-vigilanza dimostrano che ivalori pressori desiderabi-li sono raggiunti in percen-tuali ancora oggi troppobasse di trattati e che lafrequenza di responderpuò essere aumentata conl’uso di farmaci più effica-ci o di terapie combinate.

pratica clinica, pur essendo in-dispensabile per una riduzionesignificativa degli eventi cardio-vascolari19.

Ipertrofia ventricolaresinistraLo studio di Framingham haampiamente dimostrato chel’ipertofia ventricolare sinistrarappresenta un fattore di rischiocardiovascolare di primaria im-portanza20. Anche i gradi più lie-vi di ipertrofia ventricolare sini-stra sono infatti associati a si-gnificativo aumento dell’inci-denza di eventi morbosi o fata-li21. Dal punto di vista anatomi-co, l’aumento della massa ven-tricolare sinistra si realizza attra-verso fenomeni di crescita deicardiomiociti e di fibrosi inter-stiziale; tale sovvertimento del-la normale trama tissutale nonè privo di conseguenze sul pia-no clinico. Fra queste, l’altera-zione della funzione diastolicaprima e sistolica poi, la riduzio-ne della riserva coronarica, lasuscettibilità alle aritmie, la ridot-ta risposta alla stimolazione β-recettoriale e la disfunzione delsistema nervoso autonomo car-diaco rivestono importanza cli-nica e prognostica rilevante. Unconsiderevole numero di studiha dimostrato la possibilità di

Le varie classi di farmacidevono essere valutate siaquantitativamente (effica-cia antiipertensiva), siaqualitativamente per glieffetti extra-pressori (pro-prietà ancillari).

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tenuti durante i primi 12 mesidi trattamento e si sono stabi-lizzati nel successivo anno31. Irisultati dello studio ELVERAsono schematizzati in figura 4:una coorte di 166 pazienti connuova diagnosi di ipertensioneè stata sottoposta a rilievi eco-cardiografici e seguita per dueanni.

Eventi cerebrovascolariL’effetto vantaggioso del tratta-mento antipertensivo sulla ridu-zione dell’incidenza di ictus èampiamente riportato in lettera-tura. In particolare, i primi stu-di condotti sull’ipertensione ar-teriosa maligna hanno chiara-mente stabilito come l’aumentodella sopravvivenza a 5 anni perquesta malattia sia largamentedipendente dalla ridotta inciden-za di eventi ictali. Analoghi ri-sultati sono quelli che emergo-no direttamente dagli studi di in-tervento in pazienti con iperten-sione essenziale. Complessiva-mente, da questi studi si evinceche una riduzione della pressio-ne diastolica di 5-6 mmHg siassocia ad una parallela riduzio-ne dell’incidenza di ictus di ol-tre il 40%32,33.Lo studio STOP-2 ha confer-mato che, nel paziente anziano,l’entità globale del beneficio cli-

nico è dipendente dalla classe diantipertensivi impiegati, con unampio range di riduzione del ri-schio cerebrovascolare nei sog-getti trattati con ACE-inibitorie Ca-antagonisti; questi valori simantengono comunque ben aldi sopra di quelli registrati dopoterapia convenzionale, nono-stante un sovrapponibile con-trollo della pressione arteriosa34.Questo studio conferma dueaspetti importanti:• la riduzione dei valori presso-

ri è una condizione necessa-ria, ma non unica, per la ridu-zione del rischio cardio- e ce-rebrovascolare

• la scelta del tipo di farmacoantipertensivo contribuisce si-gnificativamente a limitare ilpotenziale patologico del-l’ipertensione arteriosa neiconfronti delle complicanzed’organo.

Tale aspetto trova una confer-ma evidente nei risultati dellostudio Syst-Eur, nel corso delquale il trattamento con un cal-cio-antagonista diidropiridinicoin pazienti in larga parte anzianied affetti da ipertensione sisto-lica isolata, ha determinato unariduzione significativa dell’inci-denza di ictus con una riduzio-ne del rischio di incorrere in unevento cerebrovascolare di cir-ca il 40% (figura 5).I risultati dello studio Syst-Eurhanno trovato conferma nelbraccio di studio condotto inCina (Syst-China): i risultati ot-tenuti in questa coorte hannoconfermato l’efficacia del trat-tamento con calcio-antagonistinel proteggere il circolo cerebra-le35. Un aspetto di estremo inte-resse emerso dallo studio Syst-Eur è rappresentato dall’osser-vazione che il trattamento concalcio-antagonisti risulta in gra-do non solo di ridurre l’inciden-za di eventi acuti cerebrovasco-

Figura 4. Riduzione dell’indice di massa ventricolare in pazienti conipertensione di nuova diagnosi: risultati dello studio ELVERA. (Dati daTerpstra et al. 200131).

120

110

100

90

0 6 12 18 24 Tempo (mesi)

LisinoprilAmlodipina

LVM

I (g

/m2)

Figura 5. Incidenza cumulativa di ictus registrata nello studio Syst-Eur. (Adattata da Staessen JA 199716).

60

50

40

30

20

10

0

0 1 2 3 4

Tempo dalla randomizzazione (anni)

Placebo (età media 70,2 anni)Trattamento attivo (età media 70,3 anni)

Inci

den

za (

x 100/p

azie

nti)

p=0,003

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Calcioantagonisti e protezione d’organo

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lari, ma anche di prevenire alcu-ne delle sequele cognitive cheesprimono il grado di insulto deltessuto cerebrale. Gli studi epi-demiologici condotti negli anni’80 hanno infatti chiaramentedimostrato come il deficit cogni-tivo sia funzione diretta dei li-velli pressori ed il rischio di svi-luppare tale complicanza sia cor-relato alla gravità del quadroipertensivo. Il Syst-Eur ha dimo-strato una riduzione dei casi didemenza pari a circa il 55% neisoggetti trattati con nitrendipi-na (10-40 mg/die) rispetto aicontrolli; è da considerare chemolti dei casi attesi sarebberostati riconducibili non solo ademenza vascolare ma anche amalattia di Alzheimer (figura 6).Questo risultato sembra confer-mare quanto ipotizzato da alcu-ni Autori, e che cioè i tradizio-nali fattori di rischio cardiova-scolare come l’ipertensione,l’ipercolesterolemia ed il diabe-te, non sono predittivi soltantodi demenza vascolare ma anchedi malattia di Alzheimer37,38. Icalcio-antagonisti sembranoesprimere una potente neuro-

protezione, grazie alla regolazio-ne dei meccanismi di afflusso/efflusso degli ioni Ca++. Inoltre,questi farmaci si sono dimostratiin grado di ridurre il turn-overdi alcuni neurotrasmettitori ca-renti nei casi di demenza dege-nerativa. Infine, ed è una conse-guenza indiretta, i calcio-antago-nisti si legano prevalentementea quelle aree del cervello inte-ressate dalle degenerazioni tipi-che della malattia di Alzheimer.I risultati dello studio Syst-Eurveicolano quindi notevoli impli-cazioni terapeutiche, in quantodimostrano per la prima voltacome sia possibile esercitareun’azione protettiva nei con-fronti sia delle strutture nervo-se sia di quelle vascolari dell’en-cefalo con l’impiego di farmacifinalizzati a controllare la pres-sione arteriosa. Questi datiaprono quindi nuovi scenariverso terapie che non solo sa-rebbero in grado di ridurre nelrange di normalità i valori pres-sori, ma che sembrano capaci diinterferire anche con la storianaturale della malattia iperten-siva.

Vasculopatia perifericaCon il termine di vasculopatieperiferiche si identificano unaserie di condizioni patologichecaratterizzate dalla comparsa dialterazioni di tipo occlusivo-trombotico a livello arteriosoperiferico; queste riconosconoun’eziologia complessa, spessonon facilmente distinguibile esolo parzialmente correlata al-l’ipertensione arteriosa. I quadriclinici che caratterizzano la va-sculopatia periferica si presen-tano estremamente polimorfi,anche se alcuni distretti vasco-lari, quali gli arti inferiori, l’aor-ta, le carotidi e la retina appaio-no più direttamente interessati.I calcio-antagonisti sono in gra-do di ridurre efficacemente lapressione arteriosa e di determi-nare una vasodilatazione perife-rica associata a meccanismi ac-cessori di controllo del tono va-somotorio; questi meccanismisono a loro volta in grado dipreservare il flusso arterioso edi prevenire l’esacerbazione del-l’ischemia. Nonostante questepremesse, i dati disponibili sonoancora frammentari e spessoestrapolabili solo da casistichepiù ampie ed eterogenee, nellequali il problema della vasculo-patia periferica rappresenta unevento accidentale o caratteriz-za involontariamente la storiaclinica del paziente. In accordocon i principi generali di farma-cologia molecolare, è possibileipotizzare che l’efficacia dei cal-cio-antagonisti in queste condi-zioni sia più evidente per lemolecole dotate di maggiore se-lettività per il macro- o il micro-circolo. In aggiunta, i calcio-an-tagonisti sembrano in grado diantagonizzare in maniera signi-ficativa l’evoluzione del proces-so aterosclerotico, agendo so-prattutto sullo sviluppo di nuo-ve lesioni aterosclerotiche e sualcuni fattori di rischio metabo-

Figura 6. Prevenzione della demenza nei pazienti inclusi nello stu-dio Syst-Eur. (Dati da Forette et al. 200236).

10

8

6

4

2

0

Placebo

Trattamento attivo

0 2 4 6 8

Tempo dalla randomizzazione (anni)

Cas

i per

100 p

azie

nti

∆=-55%

p<0,001

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lici, quali l’ipercolesterolemia39,40.Tutto ciò riveste un interessan-te significato pratico, in quantocolloca i calcio-antagonisti tra ifarmaci di scelta per il trattamen-to e la prevenzione dell’atero-sclerosi dei vasi periferici. Sullascorta di queste osservazioni, icalcio-antagonisti sono statiscelti come trattamento attivonella conduzione di studi clinicisull’aterosclerosi delle carotidi.Il Verapamil in Hypertensionand Atherosclerosis Study(VHAS) ha dimostrato che iltrattamento con verapamil, aparità di controllo pressorio, èin grado di determinare regres-sione delle lesioni ateroscleroti-che carotidee in misura maggio-re rispetto al trattamento di con-trollo (clortalidone). Questo ri-sultato è apparso più evidentenei soggetti che presentavanoplacche aterosclerotiche di di-mensioni maggiori e si è tradot-to in termini clinici in una ridu-zione significativa di eventi car-diovascolari fatali e non41.Molto recentemente sono statipubblicati i risultati dell’Europe-an Lacidipine Study on Athero-sclerosis (ELSA) che ha dimo-strato, per la prima volta, che lealterazioni aterosclerotiche deitronchi sovraortici sono legatenon solo ai valori pressori ge-nerali ma anche alle loro varia-zioni circadiane42. In questo stu-dio la lacidipina ha dimostratoun effetto protettivo sull’evolu-zione dell’aterosclerosi indipen-

dente dall’effetto antipertensivo,con un rallentamento della pro-gressione delle lesioni ed unariduzione degli eventi.Risultati simili sono stati ripor-tati nel PREVENT, con una ri-duzione significativa dello spes-sore media-intima sia all’altezzadella carotide comune sia all’al-tezza della biforcazione e dellacarotide interna (tabella 1).Ancora più recentemente amlo-dipina è stata comparata al trat-tamento con lisinopril in 69 pa-zienti ipertesi43. In questo stu-dio sono stati misurati gli spes-sori delle arterie sia all’altezza deitronchi sovraortici sia all’altez-za dell’arteria femorale comune.L’aumentato spessore dell’inti-ma-media della carotide comu-ne è notoriamente un preditto-re di infarto ed ictus. Evidenzepreliminari suggeriscono che lariduzione della pressione arte-riosa è associata ad una riduzio-ne dello spessore di parete. Inquesto studio a doppio cieco agruppi paralleli, 69 pazienti sonostati randomizzati a 12 mesi ditrattamento con amlodipina (5-10 mg/die) o lisinopril (5-20mg/die). Al termine del tratta-mento la pressione arteriosa ela massa ventricolare sono stateridotte in eguale misura dai duetrattamenti. Lo spessore intima-media della carotide comune di-minuiva di 0,048 mm nel grup-po amlodipina e 0,027 mm nelgruppo lisinopril (p<0,05). Inconseguenza, anche il diametrodel lume carotideo diminuiva:

Nei pazienti ad elevato ri-schio di danno d’organo,come i diabetici ed i nefro-compromessi, il goal tera-peutico deve essere rag-giunto con l’uso di farmacialtamente efficaci e varia-mente combinati.

Sito Trattamento

Amlodipina Placebo

Carotide comune -0,0456 +0,0114Biforcazione +0,0270 +0,0543Carotide interna -0,0123 +0,0408

Tabella 1. Variazioni medie dello spessore IMT dopo 3 anni di trat-tamento nei pazienti inclusi nel PREVENT. (Dati da Pitt B et al. 200012).

nei pazienti trattati con lisino-pril di -0,21 mm mentre nei pa-zienti trattati con amlodipina lariduzione del lume arterioso èrisultata circa 10 volte minore(-0,02 mm), oivvero il lume èrimasto più pervio. La valenzaclinica di tali reperti dovrà esse-re meglio definita nel prossimofuturo, benché sia evidente il be-neficio associato al manteni-mento di un lume arterioso piùpervio.

NefropatiaIl rene può essere consideratosia causa che bersaglio del pro-cesso ipertensivo. Il suo ruolocardine nella regolazione dellapressione sanguigna è stato di-mostrato due decadi fa daGuyton e collaboratori, che han-no dimostrato come l’interven-to del rene attraverso la natriu-resi pressoria sia determinantenei meccanismi di regolazionedella pressione sanguigna44. Se-condo questo meccanismo, ogniaumento della pressione arterio-sa può essere compensato dauna maggiore escrezione di ac-qua e sale, suggerendo che tuttele alterazione dei meccanismi dicompenso renale possono pro-vocare ipertensione arteriosacon un meccanismo volume-di-pendente. L’ipertensione arte-riosa può progressivamentecondurre allo sviluppo di insuf-ficienza renale attraverso unaserie di meccanismi che coinvol-gono prevalentemente le strut-ture glomerulari, sulle quali lo

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stimolo pressorio agisce comepromotore di meccanismi emo-dinamici e neurormonali checonducono invariabilmente allaperdita della struttura e dellafunzione glomerulare stessa. Aciò consegue, in termini clinici,lo sviluppo di insufficienza re-nale, la cui prevalenza risulta si-gnificativamente aumentata inpresenza di elevati valori pres-sori (soprattutto sistolici)45. Inaggiunta, la presenza di iperten-sione arteriosa può accelerare ladistruzione di parenchima rena-le in pazienti affetti da malattierenali primitive, le quali si asso-ciano nel 90% dei casi ad au-mento patologico della pressio-ne arteriosa, soprattutto in cor-rispondenza dello stadio termi-nale della malattia. Date questepremesse è chiaro che un ade-guato controllo della pressionearteriosa rappresenta un ele-mento indispensabile per la pro-tezione della funzione renale.Gli ACE-inibitori sono conside-rati i farmaci di elezione nel trat-tamento della nefropatia nel pa-ziente iperteso, in modo parti-colare quando sia presente an-che diabete mellito. Nei pazien-ti diabetici infatti, l’ipertensionee l’albuminuria rappresentanofattori prognostici negativi bennoti, sia di danno renale che dirischio cardiovascolare. In que-sti soggetti le recentissime LineeGuida emanate dalla Joint natio-nal Committee VII conferma-no e sollecitano uno stretto con-trollo pressorio con target a130/80 mmHg (JNC VII). Pur-troppo, il raggiungimento diquesti valori è ottenuto solo dapercentuali modeste di pazientitrattati in regime di monotera-

pia e, per ridurre questo rischio,negli ultimi anni numerosi studihanno verificato l’efficacia deicalcio-antagonisti in associazio-ne agli ACE-inibitori in sogget-ti ad elevato rischio46.In termini di nefroprotezioneesistono differenze tra i vari cal-cio-antagonisti: alcuni studi han-no per esempio dimostrato chela manidipina possiede caratte-ristiche che la distinguono daglialtri farmaci diidropiridinici.Studi di flussometria hanno in-fatti dimostrato la capacità diquesta molecola di determinareriduzione significativa della re-sistenza sia dell’arteriola afferen-te, con un meccanismo comunealla maggior parte dei calcio-an-tagonisti diidropiridinici, sia del-l’arteriola efferente, con riduzio-ni significative della progressio-ne glomerulare e miglioramen-to della filtrazione47. Gli effettivantaggiosi della manidipina perciò che riguarda l’attività nefro-prottetiva nel paziente ipertesosi estendono anche ad alcuniaspetti strutturali: il farmaco ri-duce infatti la percentuale diproliferazione della matrice me-sangiale indotta da alcuni fatto-ri di crescita. Dati sperimentalidimostrano che diversi calcio-antagonisti migliorano la dispo-nibilità di NO intrarenale e, ri-ducendo le resistenze vascolariglomerulari migliorano la velo-cità di filtrazione48.Risultati interessanti sulla ridu-zione della progressione renalesono stati recentemente ripor-tati in pazienti ipertesi nefro-compromessi da Kumagai49. Inquesto studio sono stati trattaticon enalapril o amlodipina pa-zienti ipertesi con creatininemia

>1,5 mg/dL. Dopo 12 mesi difollow-up non si sono osserva-te differenze sostanziali fra i duegruppi, sia in relazione ai valoripressori sia soprattutto con ri-ferimento alla clearence dellacreatinina.

Conclusioni

La riduzione della pressione ar-teriosa rappresenta un fattorechiave nella prevenzione dellamortalità e della morbilità car-dio e cerbrovascolare. I valoripressori desiderabili sono peròraggiunti in quote modeste ditrattati. Il raggiungimento delgoal terapeutico rappresentaquindi un elemento importantee richiede attento monitoraggiodel paziente. L’aumento dellaquota di pazienti che raggiungo-no l’obiettivo pressorio può es-sere aumentato con l’uso di mo-lecole particolarmente attive incombinazione. La scelta dellamolecola deve tener conto siadell’efficaia antiipertensiva siadell’efficia sul danno d’organo.I calcio-antagonisti costituisco-no una classe di farmaci dotatadi elevata attività antiipertensi-va e, a differenza dei diuretici edei β-bloccanti, sono in gradodi influenzare positivamente siai fattori di rischio cardiovasco-lare che la progressione dellamalattia ipertensiva. Essi posso-no essere impiegati in clinica coneguale efficacia nei pazienti gio-vani come negli anziani. La loroneutralità metabolica li rendeinoltre maneggevoli per il con-trollo dell’ipertensione nei pa-zienti affetti da alterazioni delmetabolismo lipidico e glucidi-co.

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