CAIMILANOnews Fascicolo 3 - 2010

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CAIMILANOnews notiziario del club alpino italiano - sezione di milano • numero 03 / 2010

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Notiziario CAI - Sezione di Milano

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CAIMILANOnews notiziario del club alpino italiano - sezione di milano • numero 03 / 2010

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sommario EDITORIALE di Marco A. Tieghi ………………..…………………………………………………….. pagina 2 GIOVANNI SCHIAPARELLI E QUINTINO SELLA di Stefano Covino e Pietro Broglia .…………………….…………………………….. pagina 3 IL CAI LOMBARDIA: UNA STORIA CHE VIENE DA LONTANO ... di Piero Carlesi ....………………………………………………………….. pagina 6 LIBRI E FILM: LA CULTURA IN SCENA di Piero Carlesi …………...…………………..……………………….…… ……….…. pagina 8 TRE FISCHI E … VIA di Brunella Marelli ………………………………………………………………………. pagina 9 PIERO CARLESI A TU PER TU CON … RENATA VIVIANI ….……….…………… pagina 11 ORTLERKREIS: LA DICHIARAZIONE ……………………………………………….. pagina 15 CATINACCIO 2010 di Renate Merklinghaus e Luca Frezzini ………………………………………………. pagina 16 NATURA DA COLLEZIONE di Emmecienne ……………………………………………………………………………. pagina 17

CAIMILANOnews - Settimanale registrato nel Registro Stampa del Tribunale di Milano con il numero 439 del 3 luglio 2006 � Direttore Responsabile:Piero Carlesi � Coordinamento redazionale: Marco A. Tieghi Redazione: Club Alpino Italiano - Sezione di Milano - 20121 Milano, Via Silvio Pellico, 6 - Telefono 0236515700 - Telefax 028056971 - e-mail [email protected]

La Sezione di Milano del Club Alpino Italiano è un’associazione con personalità giuridica (DPG 19/2/1982, n.2/R/82/LEG., della Regione Lombardia), iscritta a: � Registro delle Persone Giuridiche Private tenuto dalla

Regione Lombardia al progr. N. 32 ( precedentemente iscritta al Registro delle Persone Giuridiche del Tribunale di Milano n. 216, vol. 7, fasc. 216); � Registro Generale Regionale del Volontariato (DPG 1/3/1994, n. 54038, della Regione Lombardia) ed è riconosciuta quale ONLUS di diritto (D. Lgs. 4/12/1997, n. 460, art. 10, c.8); � Registro Anagrafico delle Associazioni del Comune di Milano al foglio 28, progr.190.

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In copertina: La superficie di Marte ( foto NASA)

Tanto fa che provando e riprovando le riesce talora di dar nel segno. (Dante, Paradiso, Canto III)

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Marco A. Tieghi , Vicepresidente CAI Milano

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Cari Amici e Consoci, dopo intoppi, ritardi, peripezie inenarrabili per dei problemi informatici imprevedibili CAIMILANOnews torna sugli schermi del vostro computer. Ecco perché abbiamo scelto quale citazione d’apertura le parole del sommo Poeta: “ Tanto fa che provando e riprovando / le riesce talora / di dar nel segno. “ tratte dal Canto III del Paradiso., tanto adatte alla situazione contingente eppure valide sempre, nell’esperienza alpinistica come in quella associazionistica che viviamo. Le pagine che seguono, prima che le piogge di questi mesi dilavino anche la nostra memoria, fissano alcune iniziative ed idee che hanno colto nel segno e che sono state motivo di soddisfazione per quanti vi hanno parte-cipato e per coloro che con impegno, passione, professionalità e fantasia ne sono stati gli autori. Il successo di un’iniziativa, come quello dell’intera Associazione, parte però da lontano, dalla conoscenza della nostra realtà di club e dalla condivisione di finalità ed obiettivi. Questo fascicolo di CAIMILANOnews, pur con i suoi limiti, ci propone una riflessione sulle attuali prospettive del CAI a livello regionale ed anche, nella Dichiarazione dell’Ortlerkreis, sugli impegni che la nostra Sezione si è assunta a livello internazionale. Se, come crediamo, la nostra Sezione è moderna espressione di una grande tradizione, il confronto interno su questi ed altri temi che ci sono a cuore è necessario e troverà spazio su queste colonne dai prossimi numeri e nell’Assemblea dei Soci che vorremmo tornasse ad essere momento vero di incontro, di scambio di idee, di definizione di linee d’azione. E volere che ogni Socio possa sentirsi parte attiva del successo dell’Associazione è una realtà cosi difficile da conseguire? La risposta è in ciascuno di noi e, condensata in un breve aforisma di Thomas Fuller (1608-1661) “Tutto è difficile prima di essere semplice”. Quest’ultima citazione ci riporta all’inizio di questo redazionale, perché risolti i problemi tecnici e messo online questo numero , CAIMILANOnews tornerà entro la fine del 2010 nelle vostre case e successivamente a caden-za bimestrale. Arrivederci a presto e… buona lettura!

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editoriale

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STEFANO COVINO E PIETRO BROGLIA

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GIOVANNI SCHIAPARELLI E QUINTINO SELLA FRAMMENTI DI VITA DI UNO STATO APPENA NATO

I l 4 luglio 1910 si spegneva a Milano, all'età di 75 anni, Giovanni Virgilio Schiaparelli, per molti anni

direttore dell'Osservatorio Astronomico di Brera e personalità della cultura fra le più illustri ed eminenti dell'Europa del suo tempo. Piemontese di nascita, Schiaparelli arrivò a Milano nel 1860 e poco più tardi assunse la prestigiosa diri-genza dell'osservatorio milanese. A settembre, a Mi-lano e Torino, infatti, l'Osservatorio Astronomico di Brera curerà l'organizzazione di un convegno interna-zionale storico-scientifico (http://www.brera.inaf.it/schiaparelli2010/index.html) durante il quale i diversi aspetti di una carriera scientifica e vicenda umana per certi aspetti fuori dal comune verranno richiamati ed analizzati.

N el 1863 abbiamo però anche una data importan-te per gli appassionati di montagna: la nascita

del Club Alpino Italiano, ad opera come è noto princi-palmente di Quintino Sella. Montagna ed astronomia, cielo stellato e grandi spazi. Ci sono, e ci sono sempre state, ben più di una connessione fra questi due mondi così apparentemente diversi. Schiaparelli, in effetti, fu uno degli allievi migliori del Sella quando quest'ultimo era docente a Torino. E grazie anche ad una serie di documentazioni conservate negli archivi del CAI e dell'Osservatorio Astronomico di Brera, emergono oggi frammenti di un carteggio curioso ed interessante fra il grande scienziato ed il grande poli-tico a riguardo della nascita del CAI e di altre vicende che vedono sullo sfondo le tumultuose ed appassio-nanti vicende di uno stato appena nato.

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S iamo nell’Ottobre del 1863, l’unità d’Italia è cronaca recente, e l’eccitazione per la for-mazione, materiale e morale, del nuovo stato è palpabile. E così Quintino Sella, classe

’27, influente uomo di stato, poi ministro delle finanze quasi leggendario, prende contatto con un suo brillante allievo ai tempi dell’insegnamento alla facoltà di ingegneria all’Universi-tà di Torino: Giovanni Virgilio Schiaparelli. Il progetto di Sella, quasi folle solo pochi anni prima, è quello del Club Alpino Italiano, benemerita ed ancora attiva e vitale istituzione dopo quasi 150 anni, fondata sull’esempio di analoghe istituzioni già da qualche anni attive nel Regno Unito, Austria e Svizzera. Il sottoscritto si fa un dovere d’annunciare alla S.V. che si è trovato un numero di aderenti al Club Alpino più che sufficienti onde esso si ossa costituire, e le fa preg-hiera di voler intervenire alla riunione di tutti coloro, che hanno finora aderito, nel castello del Valentino in Torino, ad un’ora pomeridiana del giorno 23 Ottobre. Si proporranno in questa riunione la formazione degli statuti della società, e le elezio-ni che potessero occorrere. Il socio Q. Sella

S chiaparelli è in realtà di nemmeno dieci anni più giovane di Sella, è del ’35, e all’epoca

di questo scambio epistolare aveva poco meno di trent’anni. Giovanissimo, quindi, fu nominato Direttore, su diretto interessamento del Sella, del prestigioso Osservatorio Astro-nomico di Brera a Milano, da breve entrato sotto la giurisdizione del Regno d’Italia. Colpis-ce, senza dubbio, la vitalità ed il dinamismo di questa classe di intellettuali italiani del tem-po. Entrambi quindi giovani, ed entrambi ingegneri, con studi nel campo dell’ingegneria civile. Sella, mostrando come anche ai tempi l’alta formazione richiedesse disponibilità ad esperienze di studio all’estero, si specializzò a Parigi, al tempo la capitale culturale d’Euro-pa, mentre Schiaparelli indirizzatosi dopo la laurea verso l’astronomia, beneficiò di un profi-cuo periodo di studi in Germania, a Berlino, ed in Russia, a Pulkovo, sotto la guida di due fra i più brillanti scienziati del tempo: Johann Encke e Otto Struve.

A stronomia, alpinismo, ingegneria civile, politica, società. Temi apparentemente quanto mai distanti fra loro che, però, hanno costituito l’inusuale collante di alcuni dei protago-

nisti di quella straordinaria stagione di rinnovamento, per altro non certo esente da ombre, che è stato il Risorgimento italiano. Dobbiamo comunque riconoscere a questi protagonisti la complessiva onestà intellettuale, il senso intimo della necessità del lavoro per conseguire risultati di eccellenza, e l’attenzione alla cultura come strumento di crescita sociale e civile. Formazione di prim’ordine e scientifica, come abbiamo detto, ma non per questo tale da precludere all’impegno politico e culturale vissuto come un dovere quasi morale. Scrive ancora Sella a Schiaparelli, a seguito della sua prima missiva, dove probabilmente lo Schi-aparelli, di carattere plausibilmente meno avventuroso, esprimeva qualche perplessità sulle possibilità future della neonata associazione:

Malgrado la somma deferenza che io ho delle tue opinioni, non posso mutar d’avvi-so intorno al Club Alpino. Credo utile che la gioventù anziché (illeggibile) fra le bi-sche, o far da cavalier servente nei bagni, si dedichi ad esercizi ginnastici […]. E concludo che anche un direttore di osservatorio astronomico dilettante di geogra-fia dovrebbe vedere con un occhio meno torvo un Club Alpino. Ma lasciamo che uesto corra il suo fato […]. Il tuo amico Q. Sella

R imbrotti amichevoli che, evidentemente, dovettero raggiungere lo scopo di scuotere il più giovane ma certamente più impacciato Schiaparelli, a giudicare almeno da ciò che

ancora Sella scrive pochi giorni dopo: […] Nella tua lettera ti dimostri assai favorevole ad un Club Alpino Italiano, e ti di-chiari anzi pronto a farvi adesione. Debbo veramente porti fra i soci? Non occorre dirti che i soci sarebbero fieri della tua adesione, e che tu potresti dare impulso alle determinazioni ipsometriche [essenzialmente misure di quota] molto più efficace-mente, che non un qualsiasi altri clubista. Continua poi il Sella: Ho ricevuto il programma dell’associazione astronomica. Non [illeggibile], che io il quale ignora perfino gli elementi della astronomia mi ponga fra i soci? Se tu credi di no son sempre disposto a far quel che tu credi utile alla Scienza [in maiuscolo nel testo originale] ed al decoro del nostro paese. Sta sano. Il tuo amico Q. Sella

È chiaro, per altro, come la tensione sociale nell’educazione e la formazione del nuovo “cittadino” del Regno sia onnipresente nei pensieri dei protagonisti di quest’epoca. Un’i-

dea di emancipazione per mezzo della cultura e delle arti al cui fascino non sfuggiamo certamente neppure oggi. Era comunque una società certamente molto diversa da quella odierna, elitaria negli aspetti culturali ed economici. Il Regno di Sardegna aveva cominciato da anni un’importante opera di miglioramento ed ammodernamento delle proprie infrastrut-ture, e tutto questo non fu certo esente da influenze nelle scelte di studi ingegneristici di Sella e Schiaparelli. Colpisce comunque senza dubbio come il giovane Regno d’Italia inten-desse l’eccellenza professionale come requisito necessario per l’attività politica. Già sappi-amo della carriera politica di Sella, certamente uno dei più influenti uomini politici del tem-po. Molti non sapranno, invece, che nel gennaio del 1889, poco più che cinquantenne, anche Schiaparelli divenne senatore del regno. Non fu mai un attivista politico in senso stretto. Tuttavia il famoso e stimato internazionalmente astronomo italiano, ricevette nel

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corso della sua carriera infatti diverse prestigiose onorificenze da varie organizzazioni estere, fu presentato al Senato in un momento in cui era considerato motivo d’orgoglio che le personalità di prestigio del mondo della cultura fossero parte dell’assemblea parlamenta-re. A questo riguardo è sintomatico quanto scrive lo stesso Schiaparelli in relazione all’ac-quisto di nuova strumentazione, per l’epoca decisamente di valore, per l’Osservatorio di Brera: Nel luglio 1878, essendo Ministro dell’Istruzione Francesco De Sanctis e Relatore del progetto a Deputati Quintino Sella, il Re ed il Parlamento decretarono che in Brera si erigesse uno dei più grandi strumenti equatoriali del mondo, e si stabilì a questo intento una somma di L. 250000. Questo istrumento avrà una lente obbiet-tiva di 49 centimetri di diametro, e il suo meccanismo, affidato al celebre Repsold di Amburgo sarà tanto perfetto, quanto oggi è possibile farlo.”

N on sarà sfuggita a nessuno la suggestione di vedere come Ministro dell’Istruzione uno dei nomi fondamentali degli studi di letteratura italiana del XIX secolo. Personalità per

altro ben nota a generazioni di studenti di scuole superiori italiane. Effettivamente Schiapa-relli divenne un personaggio molto noto anche al di fuori della ristretta cerchia dell’ambien-te accademico. Certamente l’ambiente culturale di fine ‘800 cospirò, ma difficilmente Schi-aparelli avrebbe potuto prevedere l’enorme notorietà che le sue ricerche, insieme a quelle di altri valenti osservatori del tempo, come J. Lowell negli Stati Uniti, avrebbero raggiunto nel grande pubblico. La saga dei “marziani”, gli ipotetici abitanti di Marte, in lotta per la salvezza del proprio pianeta dalla desertificazione con la costruzione dei “canali”, era co-minciata. Queste figure geometriche furono argomento di studio nel corso delle varie oppo-sizioni di Marte cioè quei momenti in cui l’osservazione del pianeta dalla Terra risulta più favorevole. Schiaparelli stesso esprime, a più riprese, la meraviglia suscitata in lui dall’os-servazione di questi fenomeni che, con qualche licenza d’immaginazione da lui stesso denunciata, potevano vedersi come opera di una grande civiltà. Scrive infatti Schiaparelli nel suo “La vita su Marte, del 1895”: Concediamo ora alla fantasia un più libero volo: quando si ferma l’attenzione sopra le misteriose geminazioni e sulla straordinaria regolarità di forma ch’esse presen-tano l’idea che da qualche parte almeno secondaria vi possa avere una razza di esseri intelligenti non può essere considerata come interamente assurda.

F u in effetti solo nei primi decenni del ‘900 che la letteratura popolare di fantascienza si impossessò del mito dei marziani, sebbene già agli inizi del nuovo secolo risultava

chiaro che queste fantomatiche conformazioni del paesaggio marziano altro non erano che illusioni ottiche, frutto anche oggi di studi di fisiologia per una migliore comprensione dei meccanismi della visione. È però intrigante osservare come, ancora oggi, a più di un seco-lo di distanza, questo testo, in italiano, sia disponibile in libero scaricamento in formato elettronico offerto dalle più diffuse piattaforme di “e-reading”. Un best-selller di un grande

scienziato e di un grande italiano, protagonista di un’epoca irripetibile, nella quale cultura e società sembravano accompagnarsi a braccetto verso un futuro di gioia e radioso. Un futuro che, in realtà, sembrò svanire bruscamente fra le fangose trincee della Prima Guerra Mondiale, lasciando in eredità un mondo lacerato da rabbiosi conflitti che avrebbero carat-terizzato tutto il ‘900. Ma questa è già un’altra storia. Dobbiamo anche confidare un poco in ciò che Galileo chiamava la cortesia della Natura, in grazia della quale talvolta da parte inaspettata sorge un raggio di luce ad illuminare argomenti prima creduti inaccessibili alle nostre speculazioni [...]. Speriamo dunque. E studiamo Giovanni Virgilio Schiaparelli

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Il bel francobollo che le Poste Italiane hanno dedicato quest’anno a Schiapparelli

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Il socio del Club Alpino Italiano ha una precisa percezione della propria associazione iden-tificandola con la sua sezione (la Sezione di Milano, nel nostro caso), ma ha già difficoltà a posizionare il ruolo del Cai Centrale, che peraltro è la “madre” dell’intero Sodalizio. D’altra parte si sa, il Cai si vive nella sezione: si paga la quota sociale, ci si iscrive alle gite e ai corsi, si partecipa a serate e conferenze, si incontrano altri soci. La Sede centrale invece è lontana, pur essendo a Milano, e si percepisce solo come un organo burocratico, che pensa solo a governare il complesso mondo del Cai, fatto anche di istruttori, di accom-pagnatori, ma bada anche alle assicurazioni, ai rapporti istituzionali, a fare comunicazione con la periferia attraverso la stampa sociale, costituita dalla Rivista e dallo Scarpone. Pertanto, se già il Cai Centrale è vissuto in modo molto marginale dal corpo sociale, chissà che percezione ha il socio dell’anello più debole della catena, il Cai regionale. In realtà, pur esistendo da molti lustri ormai, il ruolo del Cai regionale non è percepito per-ché ancor più lontano dalle dinamiche associative. Eppure sarebbe bene conoscere meglio l’entità regionale perché, soprattutto oggi, alla luce di recenti modifiche statutarie, il ruolo che va assumendo il Cai regionale non è certo da sottovalutare.

In Lombardia esiste quindi il Raggruppamento Cai - Regione Lombardia, un termine poco azzeccato, ma voluto dallo Statuto nazionale che associa, creando non poca confusione, ila sigla Cai al nome dell’Ente regionale. Confusione che ha fatto pensare a più d’uno che il Cai odierno, si fosse regionalizzato a tal punto d’essere diventato un ente della Regione

stessa. Ma non è certo così.Il Raggruppamento regionale è poi governato da un organo direttivo che si chiama Comitato direttivo regionale. Fino a pochi anni fa, peraltro, il Cai in Lombardia era rappresentato dal Convegno delle Sezioni lombarde, organismo messo in pensione dal nuovo Statuto, retto da una piccola giunta chiamata Comitato di coordinamento, palestra primaria per tanti dirigenti volontari del Cai che da qui sono poi passati a cariche nazionali. Il passaggio dal “Convegno” al “Raggruppamento” e dal “Comitato di coordinamento” al “Comitato direttivo regionale” è, come dicevo, molto recente, frutto dell’approvazione del nuovo Statuto del Cai regionale. Ma la storia del Cai nella nostra regione è ormai antica, tanto antica che pochi se la ricordano o la conoscono. Ecco allora che, grazie anche a un ritrovamento recente nell'archivio storico della nostra Sezione, ora siamo in grado di riper-correre la lunga strada percorsa…

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IL CAI IN LOMBARDIA: una storia che viene da lontano … da molto lontano

di Piero Carlesi

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In Lombardia tutto ebbe inizio il 14 febbraio del 1904. Oltre cent'anni fa. Ma praticamente nessuno più se lo ricordava, tanto che non è stato nemmeno celebrato il centenario nel 2004! Una imperdonabile dimenticanza giustificata dall'assenza di un archivio centralizzato e dalla poca ricerca storica effettuata dagli specialisti che hanno approfondito negli ultimi anni il periodo del ventennio fascista, ma che non hanno ancora considerato a fondo i primi decenni di storia dell'associazione. Ora siamo in grado, grazie a un prezioso documento ritrovato nell'archivio storico della Sezione di Milano di conoscere invece con esattezza i primi passi dell'embrionale Cai lombardo. Esiste infatti un verbale a stampa “della prima seduta, tenuta il giorno 14 febbraio 1904, presso la sede della Sezione di Milano, dei rappresentanti delle Sezioni lombarde per la ripresa dei convegni intersezionali e per la costituzione di un Consorzio fra le dette Sezio-ni”. A questo storico primo incontro (peraltro suscita curiosità il termine “ripresa” dei convegni: si erano quindi già riuniti prima?) partecipano i grandi notabili delle principali sezioni lom-barde: il dott. Guglielmo Castelli della Sezione di Bergamo, l'ing. Gerolamo Bettoni Presi-dente della Sezione di Brescia, l'avv. Michele Chiesa Presidente della Sezione di Como accompagnato dal Vicepresidente avv. Alberto Andina e dal signor Ernesto Nessi, l'ing. Alberto Riva e l'avv. Cleto Tosi, rispettivamente Presidente e Vicepresidente della Sezione di Milano, i signori Faustino Fossati e Gaetano Scotti della Sezione di Monza, il cav. Anto-nio Cederna Presidente della Sezione di Sondrio accompagnato da A. Villa. (Sulla copia stampata figurano poi le aggiunte a penna di altri presenti, forse dimenticati dal verbalizzante: un rappresentante della Sezione di Lecco e il prof. Guglielmo Calderone Presidente della Sezione di Cremona). L'incontro, presieduto dall'ing. Riva Presidente della Sezione di Milano, affrontò vari argo-menti tra cui il progetto di costituire un consorzio fra le sezioni con il compito di vigilare sul corpo delle guide alpine, interessarsi delle capanne (ndr: modo desueto per indicare i rifu-gi), delle tariffe relative e della segnaletica. Fu anche subito affrontato il problema della rappresentanza delle Sezioni nelle assemblee intersezionali e la necessità di redigere un regolamento per queste assemblee; l'idea di mantenere gli stessi “pesi” utilizzati dalla Se-de centrale (un rappresentante ogni 50 soci) non fu accettata e dopo discussione tutti furo-no d'accordo di riconoscere il Presidente di sezione come rappresentante di diritto e poi un rappresentante (che oggi chiameremmo delegato) ogni 100 soci fino a 400 soci e uno ogni 150 per oltre i 400 soci. Fu quindi stabilito che il primo convegno delle sezioni, nel 1904 avrebbe dovuto tenersi a Brescia, nel mese di agosto, in concomitanza con l'Esposizione cittadina, ma per gli anni successivi si fecero subito le candidature di Sondrio per il 1905 e di Bergamo per il 1906. Infine fu stabilito che per il funzionamento dei convegni sarebbe stato opportuno costituire un Comitato e stabilire una sede, identificata poi come quella della Sezione di Milano.

Questo ciò che avvenne in quello storico incontro, di cui le carte ci hanno dato ampia testi-monianza. Poi probabilmente seguirono altre riunioni e altri convegni, ma la strada della regionalizzazione del Cai era ormai tracciata. Poi l'avvento del fascismo e la conseguente centralizzazione (statalizzazione) del Cai, con il trasferimento della sede nazionale del Cai da Torino a Roma, sotto l’ala “protettrice” del Coni frenarono questa tendenza. Bisogna quindi attendere la fine della guerra quando anche il Cai, come tante altre istitu-zioni, fu “ricostruito”. Allora nacquero diversi organismi regionali, in Piemonte e nel Trive-neto. Per il Cai lombardo ci fu invece solo una rifondazione. Si trattava di coordinamenti fra sezioni, un’occasione in più per incontri, per dibattere problemi comuni, per imparare e confrontarsi. Le aggregazioni regionali all’inizio furono anche fantasiose. I piemontesi si unirono ai valdostani e a parte dei liguri; ma solo ai liguri occidentali. I lombardi se ne stet-tero da soli. Tutto il Nordest si mise insieme: i veneti, i trentini-altoatesini e i friulani-giuliani. I toscani si misero con gli emiliani e con i liguri orientali. Alle assemblee partecipavano poche sezioni e ogni decisione aveva solo un valore di un orientamento. Non vi erano dirigenti ad hoc per questi organismi, che si basavano sulla collaborazione dei consiglieri centrali come proprie teste pensanti. La dimostrazione di quanto negli anni Sessanta e primi anni Settanta poco contasse que-sta struttura interregionale del Cai la dava la stessa qualifica di chi ne era al vertice: non vi era un presidente, ma un segretario. Un ruolo non decisionale quindi, ma solo di coordina-mento e di orientamento. Se mi si consente il paragone… come all’Onu, dove il massimo rappresentante istituzionale è appunto il Segretario generale, perché chi comanda sono le nazioni del Consiglio di sicurezza. E.. al Cai le Sezioni… In Lombardia, negli anni Sessanta, il primo che ricordiamo in questo ruolo di segretario è l’avvocato Tacchini di Bergamo, cui succedono, agli inizi degli anni Settanta, l’avv. Alberto Corti, pure di Bergamo e poi l’avv. Giorgio Carattoni, di Milano. Carattoni, non a caso avvocato, ha, con autorevolezza, il compito di trasformare una prima volta il Comitato di coordinamento e il Convegno delle sezioni lombarde in un organismo più incisivo, per adeguarlo al nuovo ruolo riservatole dal nuovo Statuto nazionale del Cai dell’epoca, che aveva dovuto fare i conti con una nuova istituzione sorta a metà degli anni Settanta, le Regioni. Al vertice, il segretario lascia il posto a un vero presidente che può qualificarsi come tale. Il Comitato di coordinamento, l’organo di governo, costituito da dieci componenti comincia, se pur timidamente, ad assumere un ruolo più importante e non è più costituito dagli stessi consiglieri centrali, ma da persone nuove, elette appositamente per quel ruolo nelle assemblee regionali. Ebbi modo negli anni 76-78 di collaborare spesso con Carattoni, che si avvalse all’epoca del prezioso contributo di una socia del Cai Milano nel ruolo di Segretaria, Luisa Mauri. Successivamente la presidenza passa ai lecchesi e precisamente nelle mani di Gianni Lenti, generoso dirigente del Cai, già molto operativo nell’ambito della Commissione cen-trale per lo sci alpinismo di cui fu presidente. Erano i primi anni Ottanta e Lenti gestisce, con i componenti del Comitato di allora, tra cui ricordo Nino Maver e Giuseppe Marcandalli

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della Sem, con successo i primi contatti con l’Ente Regione, perfezionati succes-sivamente quando a Lenti subentra al vertice del Comitato di coordinamento Lodovico Gaetani, già presidente della sezione di Milano. Il rapporto di Gaetani con l’allora presidente della Regione Lombardia, il comasco Giuseppe Guzzetti fu assai fecondo, tanto che viene realizzata nel 1984, con un contributo regiona-le, la prima impresa editoriale del Cai lombardo: il famoso volume rosso Sentieri di Lombardia, curato dal sottoscritto insieme a Pierangelo Sfardini di Como, di cui si feceroo sei ristampe per un totale di oltre quarantamila copie vendute. I rapporti con la Regione sono poi ulteriormente proficui grazie ai finanziamenti previsti dalla legge regionale sui rifugi che ha permesso per molti anni di soste-nere numerosi impegni finanziari delle sezioni lombarde proprietarie di rifugi. Ricordo in quegli anni il prezioso contributo di Bruno De Dosso, già presidente di Sondrio e allora componente del Comitato di coordinamento. Al vertice del Cai lombardo nel 1986 giunge poi Antonio Salvi, già presidente della sezione di Bergamo, che per sei anni conduce il Cai lombardo verso nuovi traguardi, soprattutto impegnando energie per far conoscere l’associazione all’Ente Regione, visto che ogni volta che cambia l’assessore al turismo.. è tutto da rifare!! Dopo Salvi, coadiuvato per sei anni da Ferruccio Parietti come solerte segretario, è presidente dei lombardi Pierangelo Sfardini, architetto di Como, già presidente della sua Sezione, coadiuvato da Enrico Sala come Segretario. Sfar-dini come presidente del Convegno spende ogni energia per la ristrutturazione dei rifugi siti sul territorio lombardo, grazie a opportuni finanziamenti regionali, di cui tratta personalmente gli importi. Con Sfardini il Cai lombardo acquisisce an-che una sede stabile, affittando in via Petrella, dal Cai centrale una stanza uso ufficio della palazzina per ottimizzare la segreteria, dotata ora di telefono, com-puter e fax. Dopo Sfardini ritorna dopo anni alla presidenza del Cai regionale Lodovico Gaetani che per un triennio, con Marco Tieghi nel ruolo di Segretario, si impegna a consolidare i risultati ottenuti, anche se, per motivi di bilancio, rinuncia ad avere la sede fissa, per costi troppo onerosi da sopportare. Dopo Gaetani le sezioni dell’area Briantea propongono ed eleggono come presidente l’avv. Vin-cenzo Torti, di Giussano; anche Torti si ferma al vertice del Cai lombardo un solo triennio: altri incarichi più in alto lo attendono in Sede centrale e nel 2005 gli succede Guido Bellesini, suo vicepresidente, di Tirano, che nel frattempo ha tirato le fila per realizzare, grazie a un consistente finanziamento Interreg, il cata-sto dei sentieri della regione, con posizionamento e identificazione con Gps. E sarà Guido Bellesini, di fatto, a traghettare il Cai lombardo da Convegno a Rag-gruppamento regionale, il nuovo assetto del Cai imposto dalla Statuto nazionale. Da un anno e mezzo, infine, al vertice del Cai lombardo c'è una rappresentanza femminile, la valtellinese Renata Viviani, che abbiamo volutamente intervistato per CAIMILANOnews.

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Libri e film: la cultura va in scena

La stagione culturale della Sezione di Milano del CAI è in corso mentre leg-gete questo numero di CAIMILANO-news. Subito dopo la pausa estiva abbiamo voluto dare il bentornato in città ai soci con L'altro... Trento... una manifestazione non stop con proiezio-ne di film di alpinismo provenienti dalla recente edizione del Trentofilmfestival. All'evento, tenutosi nel grandioso Auditorium del Centro Culturale San Fedele, hanno partecipato – salutati dal nostro Presidente Giorgio Zoja – oltre un migliaio di persone nelle due sezioni delle 18.30 e delle 21 circa, tra soci del Club alpino, soci del Touring Club e cittadini milanesi. Il successo è stato davvero grande con applausi a scena aperta al termine della proiezio-

ne di ogni filmato. Tra i più graditi dal pubblico, segnaliamo “Rosso 70” sulla storia degli Scoiattoli di Cortina e “Asgard jamming” su una spedizione di alpinisti belgi in Terra di Baffin, ma tutti sono stati comunque molto apprezzati. Tra gli appuntamenti culturali va poi ricordata la rassegna Milano Montagna Libri, che ha visto finora in sezione graditi ospiti Davide Chiesa il 21 settembre, che ha presentato il suo libro “Montagne da raccontare”, e Marcella Morandini e Sergio Reolon che hanno intrattenuto il pubblico il 28 settembre sul tema “Alpi regioni d'Europa – Da area geogra-fica a sistema politico” trattato nell'omonimo libro edito da Marsilio. All'importante incon-tro ha partecipato il professor Luigi Zanzi e in qualità di moderatore Marco Onida, il segretario generale della Comvenzione delle Alpi, mentre tra il pubblico dei soci vi era come illustre ospite il Presidente generale del Cai Umberto Martini che ha avuto modo di intrattenersi con soci e amici anche durante il buffet che ha concluso una significativa e importante serata che ha toccato i grandi temi della montagna: dalla geografia all'eco-nomia, dalla tutela dell'ambiente al turismo, alla cultura. (p.c.)

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tre fischi e...via la Settimana Naturalistica 2010 del CAI Milano

di Brunella Marelli

Ci siamo tutti. Anche gli amici di Monaco sono arrivati e si intrecciano esclamazioni vivaci e gioiose. Chi già si conosce è felice di rein-contrare i compagni di precedenti avventure e chi partecipa per la prima volta è accolto con sincera cordialità. La valle, da parte sua, si presenta con il vestito delle feste, premessa ad una settimana che nelle intenzioni degli organizzatori deve essere un contenitore di bellezza (magari anche di un poco di fatica) e permettere a tutti di tornare in pianura arricchiti di nuove nozioni e con tante belle imma-gini negli occhi ...

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… Tutti amici e tutti uguali, ma non possiamo ignorare che qualcuno è “più uguale” degli altri: i nostri accompagna-tori, ossia gli esperti in mineralogia, geologia, botanica, glaciologia. Sì, proprio così. Abbiamo anche questa fortuna. Sistemati i bagagli nelle came-re assegnate, la settimana entra nel vivo, grazie alla preziosa introduzione alla formazione geologica della valle, fatta dal prof. Attilio Montrasio presso il Parco Geologico in località Corte. Ma non possiamo attardarci, cercheremo di ricordare nei prossimi giorni, per sentie-ri, tutto quanto ci viene detto, perché abbiamo l’aperitivo di benvenuto che ci aspetta in albergo. E poi a tavola, per la prima delle prelibate cene che Livio Lenatti ci organizza. Premio e consola-zione alle fatiche della giornata. La prima gita è di rodaggio per i parteci-panti (siamo una trentina, non pochi) e per l’organizzazione. Oltre alla dovero-sa conta dei presenti, ecco quello che sarà il motivo conduttore della settima-na: i tre colpi di fischietto che segnano la partenza del gruppo la mattina e dopo ogni sosta. Avremo la fortuna di cinque giornate molto belle e di una giornata tempestosa, ma interessante. Ogni gita ha una diversa caratterizza-zione e merita di essere ricordata, quin-di non stupisce che ci si lasci andare a una quantità di foto che poi a casa risulteranno anche ripetitive. Ma come resistere? Le rocce, i fiori, i panorami, il gruppo... potremmo arricchire gli archivi fotografici di valle. I paesaggi hanno anche ispirato deliziosi acquerelli. E se le giornate sono piene del piacere di essere nella natura (e che natura!) e di “guardare” l’ambiente monta-no (non a caso il nostro motto è: “la montagna a occhi aper-ti”), le serate sono troppo brevi, perché riepilogare quanto si è visto, prepararci a quanto vedremo, approfittare del microsco-pio binoculare messo a disposizione da Marco Majrani per scoprire il mondo dei minerali, fare chiacchiere e bere un

grappino sono cose che richiedono del tempo. Due serate sono state proprio speciali e vanno citate: preparatoria della gita al Sentiero Glaciologico l’ampia e chiarissima presenta-zione dei fenomeni glaciali da parte del prof. Claudio Smira-glia (temevamo di non essere al livello dei suoi studenti, ma è stato così attento da mettersi lui al nostro!), e la interessantis-sima storia della valle fino agli sviluppi recenti illustrata dalle parole di Nemo Canetta degnamente supportato da Eliana, preparatoria della gita a Ponte. Una breve sintesi delle gior-nate: Lago Pirola - la prima fatica per meritarci il gioiello inca-

stonato tra le falde e la discesa sul ghia-ione verso il rifugio Gerli (i vecchi lo chia-mano ancora, affettuosamente, Porro) - Rifugio Longoni – la grandiosità dell’ambiente e le numerose varietà bo-taniche – Sentiero glaciologico A. Sella – i segreti dei ghiacci e delle morene e delle pietre a ferro da stiro - Val Poschia-vina- natura intatta e il vino bianco al Passo Campagneda – Val Sissone - il nubifragio sul greto del torrente, il fulmi-ne e il ricordo dei tortelli della Celesta e poi la gita del sabato, ormai attrezzati per il rientro ma ancora con tanta curiosità: la bassa Valmalenco e le cassandre – la strada dei castelli da Sondrio a Ponte e la scoperta di questo villaggio ricco di storia. Ogni giorno meriterebbe un pro-prio capitolo. Ognuno di noi ha certa-mente cose da dire, sensazioni da condi-videre e tanti dettagli da evidenziare, quelli che hanno tanto fatto apprezzare la nostra settimana assieme. L’ultima serata in albergo è una esplosione di allegria. La famiglia Lenatti si esprime al meglio, con tutta la capacità di coinvolgi-mento, la carica vitale, la professionalità e l’affetto che da Livio sr. e Delfina, Enrico e Aurelia ed ora Livio jr. e Flavia ci hanno sempre dimostrato. Molto sim-paticamente si uniscono a noi amici che non hanno potuto essere presenti nella settimana. Non è possibile non ringra-ziare chi ci ha accompagnato. Oltre ai

già citati Attilio Montrasio, Marco Majrani, Claudio Smiraglia, Eliana e Nemo Canetta anche Felice Michelotto, Barbara Cavallaro, Sandro Perego. Siamo tornati dal 25 luglio e la settimana è ora un ricordo, sfaccettato e luminoso come un cristallo colpito da un raggio di sole e non solo perché il tem-po è stato clemente, ma soprattutto perché le cose sono an-date nel giusto verso, con partecipazione e soddisfazione di tutti. E ci siamo lasciati dicendoci: “Ci vediamo l’anno prossi-mo. Anzi ci vedremo durante le gite e nelle serate organizzate durante l’anno. E’ una promessa!”

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Piero Carlesi a tu per tu con …

Inizia con questa intervista alla Presidente del CAI Regione Lombardia una serie di incontri con le don-ne e gli uomini che hanno oggi la responsabilità di guidare il Club Alpino Italiano verso il traguardo dei centocinquant’anni. .

…Renata Viviani

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Ricopri un ruolo molto impegnativo. Il fatto d'essere donna ti sta favoren-do. Riesci ad avere meno porte chiuse sia dentro sia fuori l'associazione? E’ vero che certi interlocutori sono meno aggressivi rapportandosi con una donna, altri invece partono con pregiudizi ed atteggiamento svalutante. Occorre, indipendentemente dal genere al quale si appartiene, impegnar-si ed avere senso di responsabilità ricoprendo un ruolo ”pesante” come il coordinamento del CAI regionale lombardo (che rappresenta novantamila soci). Esso infatti ha un’ importante valenza interna al sodalizio - tra le se-zioni e la struttura centrale- ed esterno, soprattutto nel rapporto verso gli enti di governo. Interpretare questo ruolo in modo utile per il CAI non è quindi una questione di genere ma di capacità, che si possono avere o no. Non ho mai vissuto senso di inferiorità o disagio per essere donna nel rap-portarmi con le persone, sia nel lavoro che in altre situazioni. Pensandoci bene, nella mia famiglia le donne hanno sempre lavorato contribuendo al sostegno quanto gli uomini, nessuno sconto. Come i miei fratelli mi sono data da fare fin da ragazzina, aiutando prima in famiglia e poi lavorando durante le vacanze scolastiche. Questo mi ha insegnato la concretezza e a rapportarmi “da grande” con gli adulti già dall’adolescenza. Dopo sei anni nel direttivo regionale e uno da Presidente avrai ormai una visione a 360° del CAI. Al di là dei valori indiscu tibili che il Sodalizio pro-muove trapela sempre di più una insofferenza verso l'istituzione. Special-mente la Sede centrale, troppo spesso lontana dalle problematiche delle Sezioni. Che cosa proponi per avvicinare queste realtà? Quando si lavora all’interno dell’istituzione e la si conosce meglio, ci si rende conto della complessità dei rapporti tra le varie strutture, tecniche e politiche, fra le varie anime. Il CAI è una grande ed articolata organizzazio-ne che risente certamente di una pesante burocratizzazione. Non è facile passare ad un modello più agile e manageriale senza cadere nel rischio di un decisionismo dall’alto, ugualmente problematico nei rapporti con la ba-se associativa. Credo che il ponte tra organizzazione centrale e sezioni possa proprio essere costruito dai gruppi regionali che, se dotati di oppor-tune risorse e spazi, possono e devono giocare un ruolo di valorizzazione delle realtà territoriali. Molti soci non conoscono la realtà del CAI regionale (una delle più impor-tanti d'Italia), perché, oltre alla propria sezione, a malapena sanno che esiste la Sede centrale (grazie forse alla Rivista e allo Scarpone). Eppure l'istituzione CAI regionale è chiamata ad avere un ruolo sempre più incisi-

vo. Qui in Lombardia a che punto siete al riguardo? Quali sono i tuoi obiet-tivi per rendere il CAI Lombardia davvero efficiente? I soci del CAI più attivi sono impegnati, con un grande investimento di tempo e in termini di energia personale, soprattutto nelle attività sezionali e negli organi tecnici come titolati. Seguire le vicende “centrali” è comples-so ed impegnativo e spesso poco gratificante per cui non mi sorprende che molti soci non se ne interessino tanto. Il CAI regionale, con le sue competenze nel rapporto con Regione Lombardia ha un ruolo di sostan-za; pensiamo alla legge rifugi e al relativo regolamento: evidenziare le esi-genze dei nostri rifugi in quel contesto non è far chiacchiere, ma significa incidere concretamente nella vita e nell’economia delle sezioni. Un obietti-vo che ci poniamo come CAI Lombardia è sensibilizzare Regione Lom-bardia alla necessità di una legge che tratti in modo organico l’ambito della sentieristica. Vi è una mole di dati sui sentieri raccolta in modo difforme e una serie di progetti importanti ma non coordinati. I sentieri sono un patri-monio di grande valore che merita un investimento di pensiero e quindi economico. E’ importante che a tale scopo il CAI lombardia si tenga sem-pre in stretto contatto con le sezioni: è per questo che ogni componente del CDR mantiene costante rapporto con le sezioni della propria zona di riferimento, per avere più possibile il polso della situazione. Avere le risor-se per un addetto a tempo pieno sarebbe molto utile, ma per ora non se ne parla. Uno dei tanti problemi del CAI del 2010 è l'età del corpo sociale. Stiamo invecchiando senza un gran ricambio. Perché secondo te non riusciamo ad avere un messaggio vincente per i giovani? Rispetto al passato i giovani e i bambini sono investiti da un bombarda-mento di proposte enorme per cui la nostra è diluita in una moltitudine di richiami che sembrano più accattivanti. Occorre confrontarsi con essi ma non credo sia opportuno omologarsi a modelli usa e getta. La proposta del CAI passa spesso attraverso la famiglia che avvicina i bambini alla montagna. Occorre lavorare di più con la scuola, ambito privilegiato dove i nostri argomenti di qualità possono meglio svilupparsi. Il CAI propone un modello di approccio alla montagna che forse si apprezza in età più matu-ra, quando competizione e velocità passano in secondo piano. Anche io da giovane usavo la tessera del CAI per gli sconti nei rifugi, poi è suben-trato una visione meno individualista. E ovviamente oltre ai giovani soci che mancano nel Corpo sociale ci man-

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cano i giovani che fanno volontariato nelle sezioni. Chi dirige le sezioni, chi siede nei direttivi sono sempre più o meno gli stessi, che saltellano da un posto all'altro. Poiché ci avviciniamo all'anno dedicato a questo tema che cosa hai in programma al riguardo? La coesistenza fra le generazioni non è facile, spesso si creano fratture tra chi “detiene” la saggezza e chi “morde il freno”. Occorre fare uno sforzo per lasciare spazio alle nuove leve. In CDR stiamo lavorando ad un pro-getto di valorizzazione e promozione delle Alpi lombarde a tutto campo: alpinismo, rifugi, natura, cultura, enogastronomia, agricoltura … per svec-chiare l’immagine della montagna e riconoscerle il suo importante ruolo, ingiustamente marginalizzato. La montagna vuol dire fatica, passione, tenacia. Alla società di oggi così basata sul virtuale, alla vita comoda, questi sacrifici risultano sempre più incomprensibili. Andremo presto in montagna solo con i videogiochi? Non credo, il tempo della comodità sta finendo, basta guardare come si devono dar da fare le nuove generazioni per trovare un lavoro e cavarse-la. Mamma e papà non sono più un comodo nido, a volte hanno problemi anche loro. Sempre più ragazzi cercano un lavoretto estivo e nei fine setti-mana. Il virtuale è entrato nella nostra vita, possiamo fare un’escursione seduti al computer, io lo faccio ogni tanto… vado all’estero. Ma non credo sostituirà il reale, così come i social network, aberrazioni a parte, non sostituiranno le relazioni umane. L'ambiente naturale, conoscere flora, fauna e rocce sembrano passioni d'altri tempi. A chi interessa oggi il paesaggio montano? Dovrebbe interessare tutti, sono valori valore preziosissimi. Come ogni cosa, la si ama se la si conosce. Ed ecco che ritornano le finalità del CAI, accanto all’alpinismo ha pari dignità la conoscenza, lo studio e la difesa dell’ambiente naturale montano. Come la crisi economica sta ridisegnando i rapporti tra le generazioni, le continue emergenze ambientali stanno, lentamente ma prepotentemente, rimettendo al primo posto l’importanza della natura per sopravvivenza del-la nostra specie. L'alpinismo classico era il fiore all'occhiello del CAI. Lo è stato fino agli anni 80. Poi è arrivato l'escursionismo, il cicloescursionismo, ecc. Il CAI ne

ha guadagnato enormemente sul fronte del numero di soci, cresciuto a dismisura. Ma i valori sono rimasti gli stessi? Io spero di si, è il mezzo che cambia, non il motivo. Mi spiego: oggi si va in montagna in un altro modo, sarebbe anacronistico pensare a novelli Cas-sin. Quel mondo non esiste più. Ma tutti noi possiamo provare emozioni della stessa qualità di quelle che ha provato lui. Ognuno usa il suo stru-mento, diverso magari in fasi diverse della vita. Ma, in alto, lo sguardo spazia lontano e , sugli gli sci, sulla bici, dopo una salita sul ghiaccio verti-cale, per un attimo ci si sente felici. Il CAI regionale è fiero di essere privato come le Sezioni. Al contrario la Sede centrale si dibatte da sempre sull'eterno dilemma. Risposta secca: sei per il pubblico o per il privato? Su “Lo Scarpone”, qualche mese fa mi sono espressa per il diritto privato. Potrei cambiare idea se il CAI Centrale valorizzasse il suo status pubblico favorendo i gruppi regionali e le sezioni partecipando direttamente, in no-me loro, ai progetti finanziati dall’Europa, dallo Stato e dalle Regioni. Que-sto comporterebbe un differente trattamento fiscale nell’erogazione dei finanziamenti ed apporterebbe maggiori benefici economici. Il pubblico ha senso solo se porta più vantaggi che svantaggi. I rifugi sono una delle bandiere del CAI. Chi va in montagna e non è socio conosce il CAI grazie ai rifugi. M;a il CAI nel suo complesso ha sempre "maltrattato" questi "presidi" in quota, salvo poi sbandierare che siamo l'azienda alberghiera più importante del Paese per n. di posti letto. Ha sen-so oggi per le Sezioni investire ancora nei rifugi o è meglio venderli a sog-getti privati e dedicarsi all'attività di formazione e prevenzione? Vendere i rifugi equivarrebbe a perdere una parte importantissima della nostra storia, oltre che una delle principali realtà identitarie ed aggregative. Occorre investire in azioni di sostegno alle sezioni, per aiutarle, in modo professionale e competente, a superare le svariate problematiche che continuamente si pongono, oltre che ad accedere ai finanziamenti indi-spensabili per le ristrutturazioni costantemente necessarie. Parole a parte, a volte purtroppo vendere è una necessità. Continuano ad arrivare dal Governo e Parlamento limitazioni d'ogni gene-re sul CAI. E' prevedibile una scissione del CAI e la formazione di tante associazioni private regionali?

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Esiste un pensiero in tal senso, ma mi pare che attualmente la forza del CAI come associazione nazionale sia molto forte e non incompatibile con le differenti articolazioni territoriali, anzi, ne viene arricchita, perché per-mette di rappresentare davvero realtà anche differenti ma in costante rap-porto. Tra presidenti regionali ci sentiamo su vari argomento con un atteg-giamento di collaborazione. Questa è davvero una bella esperienza, an-che personale. Quale è l'obiettivo che ti eri prefissata un anno fa e che hai già raggiunto? Credo di aver contribuito a creare un gruppo coeso e collaborante, dove ognuno ha il suo spazio, anche chi la vede in un altro modo e permette con questo di limitare gli angoli ciechi. Credo che il rapporto con gli organi tecnici si sia approfondito. Non credo agli accentratori e agli uomini soli al comando, i risultati sono merito dell’impegno di tutti, per questo preferisco l’uso del plurale.

E quali altri vuoi raggiungere nel corso del tuo mandato? Mi piacerebbe, come detto, che la Lombardia avesse la sua legge sui sen-tieri, con relativa realizzazione di un catasto organico e che i rifugi che hanno bisogno avessero i finanziamenti necessari per le ristrutturazioni e per progredire nella compatibilità con l’ambiente. Mi piacerebbe che il CAI lombardo riuscisse a far sentire meglio la sua voce quando si parla di montagna e che migliorasse la collaborazione con il Soccorso Alpino.

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Renata Viviani è nata a Valdidentro (So) nel 1964, ha svolto gli studi a Sondrio e Como, si è laureata a Trieste in "Gestione dei servizi sociali" e lavora da oltre vent'anni come assi-stente sociale specialista presso i servizi psichiatrici degli OORR di Bergamo, città dove risiede. Coniugata, ha un figlio di 11 anni. Appassionata alpinista e cicloescursionista in età più giovanile (il suo impegno nel CAI è successivo ad un primo periodo di frequentazione individualistica della montagna), iscritta da 22 anni alla sezione valtellinese, è stata per 6 anni presidente della sottosezione di Valdidentro che ha contribuito a fondare. Dal 2005 componente del Consiglio Direttivo Re-gionale del CAI Lombardia, è stata eletta Presidente regionale nell’ aprile 2009. L’infanzia vissuta in montagna, direttamente coinvolta nella vita agricola della sua famiglia, ha contribuito a costruire un profondo legame con le sue origini e ne ha fatto una convinta sostenitrice dell'importanza della tutela dell'ambiente montano. Condivide con molti la con-vinzione che la montagna possa svilupparsi e crescere, anche in senso economico, se vi sarà la capacità di coniugare la modernità senza rinnegare le profonde radici della cultura alpina. La sua formazione e professione le hanno insegnato l’importanza del confronto tra i punti di vista diversi, che sono un ricchezza e non un problema.

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Nel suo messaggio di saluto ai Soci Giorgio Zoia, il nuovo Presidente della Sezione di Milano ha sottolineato un nuovo impulso alla collaborazione e allo scambio con i due club ai quali siamo partner: la Sezione Austria ( Vienna) del OeAV e la Sezione Oberland (Monaco di Baviera) del DAV. Crediamo quindi opportuno ripropor-re da queste colonne il testo della dichiarazione sulla quale si basa un’amicizia e un progetto comune di respiro europeo e che vede la nostra il CAI Mila-no parte attiva e propositiva. Sono sempre più numerose le persone che, nel tempo libero, praticano l’alpinismo in tutte le sue forme. Molte fanno parte di associazioni alpinistiche, quali, nella catena alpina il Deutscher Alpenverein (DAV), il Club Alpino Italiano (CAI) e l’Osterreichischer Alpenverein (OeAV), che costituiscono le Associazioni nazionali più importanti. Al loro interno la Sezione Oberland di Monaco, la Sezio-ne di Milano del CAI e la Sezione Austria di Vienna sono tra le più significative,anche per il numero dei loro soci. Oltre a ciò queste tre Sezioni hanno in comune il fatto di avere più o meno direttamente partecipato alla fondazione delle rispetti-ve organizzazioni nazionali e, soprattutto, il fatto di essere proprietarie di un gran numero di Rifugi alpini, per la maggior parte custoditi e aperti al pub-blico, oltre che di Rifugi e Bivacchi non custoditi. I compiti e le responsabilità che derivano da tutto ciò, l’intensa e molteplice attività alpinisti-ca, l’avere la propria sede in grandi metropoli (“le cosiddette capitali alpine”) nonchè la ne-cessità di scambi e idee ed esperienze a livello europeo, hanno convinto queste tre Sezioni a dare vita a un gemellaggio internazionale fondato sui comuni interessi, concordando di dare a questa comunità di intenti il nome di ORTLERKREIS La ragione di questo nome risale al luogo dove è nata l’idea di questa associazione informa-le, la montagna dell’Ortles, che è parte del passato alpinistico comune delle tre Sezioni e la cui regione è carica di storia.

Consapevoli che le montagne hanno sempre unito le popolazioni alpine, legate da vincoli di cultura e di solidarietà che superano i confini nazionali, e che l’alpinismo è in grado di avvici-

nare le persone che lo praticano, e la storia delle Alpi orientali ne ha dato testimo-nianza anche in periodi difficili, la Sezione Oberland, la Sezione di Milano, e la

Sezione Austria dichiarano di voler basare la loro cooperazione internazio-nale- autonoma rispetto alle organizzazioni nazionali ma aperta a

Sezioni amiche o vicine- sui seguenti principi e finalità: • Svilup-pare la mutua comprensione e lo spirito di fratellanza attraverso

lo scambio di esperienze culturali e mediante iniziative co-muni; • Praticare attività alpinistica comune mediante escursioni, ascensioni e spedizioni e confrontare le espe-rienze di formazione per individuare sinergie didattiche; • Favorire scambi di gruppi, giovani, anziani o famiglie, perché i principi dell’Ortlerkreis vengano fatti propri da questi importanti gruppi sociali; • Promuovere la prote-zione della natura e dell’ambiente montano e coopera-re perché la pratica dell’alpinismo avvenga in coerenza con tale finalità; • Proporsi come esempio concreto di integrazione europea e di superamento positivo di vinco-

li e restrizioni burocratiche, utilizzando i programmi messi a disposizione dalla Unione Europea in tali ambiti; • Ela-

borare soluzioni sinergiche ai problemi delle grandi Sezioni metropolitane proprietarie di Rifugi, che si confrontano quoti-

dianamente con gravose responsabilità organizzative e finanzia-rie; • Promuovere i propri Rifugi mediante comuni iniziative e diffu-

sione di pubblicazioni; • Promuovere l’immagine comune mediante un logo, un sito internet e attività di comunicazione concordata sulle rispettive

pubblicazioni sociali; • Sostenere gli interessi comuni delle tre Sezioni nei confronti di organismi nazionali e regionali, nonché delle rispettive Associazioni nazionali. Nell’intento di favorire la cooperazione internazionale e la cresci culturale e personale dei loro associati nonchè lo sviluppo dello Ortlerkreis, ispirate dalla visione di un “Club Alpino Europeo”, le Sezioni Oberland di Monaco, di Milano del CAI e Austria di Vienna si sono riunite in gemellaggio informale e confermano il loro intento comune e le loro aspirazioni tramite questa dichiarazione.

Rifugio Città di Milano / Schaubach-Hütte , addì 17 luglio 2004

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Ortlerkreis: un nome all’apparenza senza senso per la lingua italiana, ma che concretamente significa gemellaggio tra CAI Milano, DAV Monaco (sez. Oberland), OAV Vienna e si attua attraverso settimane di arrampicata, di escursionismo, di scialpinismo e settimane di tipo scientifico; per tutti i gusti, per tutte le esigenze e per tutte le necessità. Le singole sezioni a turno si preoccupano nella organizzazione avendo fra gli obiettivi quello di fare conoscere zone e montagne, non abitualmente frequentate, ai soci delle altre sezioni. Per la settimana di arrampicata e di escursionismo quest’anno è toccato ai milanesi scegliere la zona: Catinaccio facendo base al Rif. Gardeccia, idea accolta dagli amici tedeschi con interesse e curiosità ma anche con qualche dubbio e perplessità per la paura di trovare affol-lamento sulle vie o caos lungo i sentieri; posto comunque ideale per chi ama l’arrampicata in montagna per la varietà e bellezza degli itinerari, ma anche per gli escursionisti che ritrovano panorami grandiosi ed itinerari che richiedono buon livello tecnico. I partecipanti a questi iniziative sono in parte gli stessi, ma ogni volta si aggiungono volti nuo-vi, a volte anche visi freschi, giovani, pieni di entusiasmo, sia provenienti da Monaco che da

Milano: ci si augura che non siano neve al sole, ma che con l’andare del tempo diventino parte attiva del gruppo al fine di garantire la continuità degli intenti. Lo scontro culturale fra gente di nazioni diverse, di età diverse e di mentalità diverse è inevita-bile; un esempio: la colazione; sembrerebbe una stupidità, una banalità ed invece… il tedesco mangia, beve inesauribili quantità di caffè (caffè per modo di dire), mangia tanto, pane, pro-sciutto, formaggio, burro, marmellata, musli, con calma, masticando tutto per bene, parla, chiacchiera, sembra disinteressato da quello che deve affrontare nel corso della giornata; l’italiano beve un (uno solo) caffè, possibilmente ristretto, addenta il panino e non ha ancora ingurgitato il primo morso che è già in cammino zaino in spalla verso l’attacco della via; fra questa ed altre diversità un compromesso ed una sintesi si ritrova comunque sempre. Come è stata la settimana? Da un punto di vista meteorologico dire che è stato caldo è un eufemismo: sole, accompagna-to dal freddo e dal vento e in occasione di un pomeriggio di pioggia è apparsa la neve sulle cime più alte.

Da un punto di vista escursionistico l’attività è stata intensa e positiva: l’Alta Via Fassa, il giro dei Dirupi di Larsec per il Passo delle Scalette, il Catinaccio di Antermoia, il giro delle Coro-nelle per il Passo Santner, la Roda di Vael, la Cima di Scalariet; itinerari che, notate, toccano tutti un rifugio accogliente e conosciuto per la buona cucina, perché non scordatevi mai che l’uomo, ma anche la donna, sono nati sì per camminare, ma anche per mangiare, e che non si mangia per vivere, ma si vive anche per mangiare e gustare. Chi ha preferito l’alpinismo e l’arrampicata si è ritrovato in cima al catinaccio per la Via Ampfe-rer, sui Dirupi di Larsec a percorrere una delle tante vie di Gino Battisti, sulle Torri del Vaiolet e, dulcis in fundo, su una via di recente aperta da Mauro Bernardi sulla Torre Est del Vaiolet; non grandi itinerari, ma adatti per poter muoversi in più cordate.

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CATINACCIO 2010

UNA SETTIMANA ITALO-TEDESCA DI ARRAMPICATA ED ESCURSIONI

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Natura da collezione Come sempre chi arrampica manifesta tutto il suo individualismo e deci-dere dove andare, quale via salire, è sempre un’impresa quasi più gran-de dell’arrampicata stessa; troppo lunga, troppo corta, troppa gente, poca gente, accesso lungo, accesso corto, gradi elevati, gradi moderati, discesa facile, discesa impegnativa; già le discese: per riuscire ad arri-vare al Rif. Santner dalla cima del Catinaccio se ne vanno tre ore, ma non perché sia successo niente di particolare o di strano, ma semplice-mente perché ci ritroviamo in splendida coda, con altri sventurati, lungo l’itinerario di discesa e perché qualcuno non è proprio veloce nello scen-dere lungo le doppie; … e qualche invito urlato a velocizzare le manovre è rimbombato per le valli. Le serate non sono mai noiose e non ci si corica immediatamente appe-na ultimata la cena: si parla del giorno trascorso, si parla dell’indomani, si parla dei prossimi appuntamenti, si parla di tecnica, di manovre, di alpinismo, dopo una certa ora si sogna, si fantastica, le montagne di-ventano facili, i giorni dell’anno raddoppiano, l’estate non finirebbe mai; per rimanere un po’ prossimi alla realtà però c’è una riserva, chiamata “Gioco dell’asino” (non si conosce quale diabolica mente tedesca l’abbia inventato) : nessuno vince, uno solo perde, non bisogna riflettere ma bisogna stare attenti, molto attenti, anche perché gli amici si trasforma-no in carogne, ma appunto… dopo una giornata al sole o sotto la piog-gia, dopo avere imprecato per una doppia che non scende o per un passaggio non facile, dopo avere camminato in su e in giù, ma soprat-tutto, dopo più birre e con qualche grappino in testa… non è proprio facile. Questi incontri, queste settimane, sono ormai una tradizione, ma non si può proprio dire che ci si annoia: è bello ripeterli in ogni stagione, è bello scoprire nuovi luoghi e nuove mete, è bello scoprire di essere amici sempre più affiatati, superando nazionalità, lingue e culture diverse, pur mantenendo la propria identità; è bello scambiare esperienze, punti di vista, tecniche e imparare sempre un qualcosa di nuovo. L’Ortlerkreis non è il solito gemellaggio di forma, fatto di parole e di ufficialità; l’Ortlerkreis è amicizia e fratellanza vissuta. Diceva un grande alpinista: “L’alpinismo non è solo sport, è uno stile di vita” ed in questo chi vive l’Ortlerkreis si ritrova. Renate Merklinghaus Luca Frezzini

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La Svizzera da sempre dedica particolare attenzione alla natura promuovendone la conoscen-za e l’attenzione anche attraverso la filatelia e la numismatica. Ci piace quindi segnalare come con un ultima moneta da cinque franchi, coniata nello scorso mese di gennaio e dedicata alla marmotta, la zecca della vicina Confederazione abbia comple-to una magnifica serie volta a celebrare il Parco Nazionale Svizzero iniziata nel 2007. Ed è nel Parco Nazionale Svizzero e in Valle Monastero che si terrà - auspice la Commissione Scientifica Giuseppe Nangeroni - la prossima Settimana Scientifico Naturalistica 2011. Emmecienne

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CLUB ALPINO ITALIANO SEZIONE DI MILANO

Fondata nel 1873

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