CAIMILANOnews Fascicolo 1 - 2010

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CAIMILANOnews notiziario del club alpino italiano - sezione di milano • numero 01 / 2010

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Notiziario del CAI - Sezione di Milano

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CAIMILANOnews

sommario IL SALUTO DEL NOSTRO PRESIDENTE CARLO LUCIONI …………………...……………………………………………………………. pagina 2 CAMMINARE IN INGHILTERRA: LA COTWOLD WAY di Furio Sabatini….………………………………….………………...…… pagina 7 URALI...UNA SCOPERTA di Eliana e Nemo Canetta …………………………………………. pagina 10 SENTIERO ITALIA di Giancarlo Corbellini e Marco A. Righini ………………………………. pagina 13 IN LIBRERIA, SEGNALAZIONI E CONSIGLI PER LA LETTURA di Piero Carlesi.…………………..……………………….…… ……….…. pagina 16 VITA DELLA SEZIONE…………...…………………………….…………… pagina 19

CAIMILANOnews - Settimanale registrato nel Registro Stampa del Tribunale di Milano con il numero 439 del 3 luglio 2006 � Direttore Responsabile:Piero Carlesi � Coordinamento redazionale: Marco A. Tieghi � Redazione: Club Alpino Italiano - Sezione di Milano - 20121 Milano, Via Silvio Pellico, 6 - Telefono 0236515700 - Telefax 028056971 - e-mail [email protected] La Sezione di Milano del Club Alpino Italiano è un’associazione con personalità giuridica (DPG 19/2/1982, n.2/R/82/LEG., della Regione Lombardia), iscritta a: � Registro delle Persone Giuridiche Private tenuto dalla Regione Lom-bardia al progr. N. 32 ( precedentemente iscritta al Registro delle Persone Giuridiche del Tribunale di Milano n. 216, vol. 7, fasc. 216); � Registro Generale Regionale del Volontariato (DPG 1/3/1994, n. 54038, della Regione Lom-bardia) ed è riconosciuta quale ONLUS di diritto (D. Lgs. 4/12/1997, n. 460, art. 10, c.8); � Registro Anagrafico delle Associazioni del Comune di Milano al foglio 28, progr.190.

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In copertina: Alda Maria Bossi “Baite” - 2009, olio su tela … si dilatano le montagne in sorsi d’ombra lilla e vogano col cielo … Giuseppe Ungaretti

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VtÜÄÉ _âv|ÉÇ| Care socie e cari soci,

vi ringrazio per avere voluto partecipare ai lavori della Assemblea ordinaria della Sezione del CAI di Milano,

che chiude formalmente l’attività dell’anno 2009. Anche il 2009 è stato un anno positivo per la nostra

Sezione. Ed è stato un anno per me particolarmente importante perché è l’ultimo del mio manda-

to di Presidente. Sei anni fa’ ho deciso di dedicare parte del mio tempo alla cura delle attività

della Sezione e mi sono candidato alla Presidenza della Sezione. I soci hanno avuto fidu-

cia in me e mi hanno eletto a questa prestigiosa carica. Prestigiosa ma anche assai

impegnativa, come ho dovuto rapidamente constatare. La Sezione aveva seri problemi

e la navigazione si presentava difficoltosa.

Innanzitutto una situazione finanziaria decisamente pesante, eredità della necessità di

riportare in efficienza due rifugi seriamente danneggiati da avversità atmosferiche:

l’Elisabetta e il Bonacossa. Sempre in tema di rifugi, poi, l’impossibilità di mantenere aperti

alcuni di essi senza provvedere a lavori che li riportassero in condizioni di funzionamento più

confortevoli, nonché compatibili con una normativa sempre più esigente in materia di sicurezza,

di igiene e di tutela dell’ambiente. L’alternativa al non intervento sarebbe stata la loro chiusura.

Accanto a ciò una sensazione di stanchezza che si poteva percepire in Sezione quando si cercava di parlare del

futuro della Sezione, quasi una mancanza di fiducia nelle proprie possibilità di fronte alle innegabili difficoltà che

quotidianamente si presentavano. Una spia preoccupante di ciò era la lenta diminuzione del numero dei soci, non

particolarmente marcata, ma continua, anno dopo anno. Il mondo stava cambiando e anche l’andar per monti dove-

va tenerne conto. Eppure l’immagine che all’esterno si aveva del CAI e della Sezione di Milano in particolare era

ancora molto positiva. Non bisognava arrendersi a questa situazione, era necessario accettare la sfida attingendo

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IL SALUTO DEL NOSTRO PRESIDENTE IL SALUTO DEL NOSTRO PRESIDENTE IL SALUTO DEL NOSTRO PRESIDENTE IL SALUTO DEL NOSTRO PRESIDENTE

Rifugio Payer, estate 2004: Carlo Lucioni con la moglie Luisa, Walter Treibel -presidente del DAV Oberland - e i gestori del rifugio Filomena e Hermann Woell.

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le energie necessarie dal nostro passato e soprattutto

dalla passione per la montagna che ognuno porta con

se.

E così è stato. Oggi al termine dei sei anni del mio man-

dato vale la pena rivedere la strada che tutti insieme ab-

biamo percorso e che ci sta portando al di là degli ostaco-

li verso un futuro impegnativo al quale possiamo guarda-

re con fiducia. Il risanamento finanziario è stato il primo

punto affrontato con decisione: è impossibile essere otti-

misti e programmare delle attività quando i fornitori ti

assediano a causa dei ritardi nel pagamento delle fatture:

è stato quindi rapidamente portato a termine il consolida-

mento del debito, già iniziato dal mio predecessore, che

ci ha consentito con l’aiuto delle Banche e anche dei soci,

che hanno sottoscritto il Prestito infruttifero d’onore, di

terminare i lavori di ristrutturazione arenatisi per mancan-

za di fondi. Contemporaneamente si è data attuazione

alla politica di dismissione dei rifugi ritenuti non più priori-

tari per la Sezione: rifugi costruiti in località non più fun-

zionali alla attività alpinistica o escursionistica e bisognosi

di costosi interventi di manutenzione, oggettivamente non

sostenibili. Una decisione difficile, quasi un sacrificio, se

si pensa a cosa hanno significato per i nostri padri e per

alcuni soci tuttora presenti rifugi come lo Zoja, la Bietti e

soprattutto il Tartaglione Crispo. Ma una decisione giu-

sta, mi sento di dire a posteriori, che ha consentito da un

lato una boccata di ossigeno per la Sezione e dall’altro il

ritorno di questi rifugi a nuova vita: il Bietti, ceduto alla

Sezione Grigne del CAI di Mandello Lario, è stato com-

pletamente ristrutturato e accoglie sempre più numerosi i

frequentatori; lo stesso di può dire per Zoja e Tartaglione

Crispo, ceduti alle famiglie dei gestori, che vi hanno inve-

stito ingenti risorse realizzando strutture moderne e con-

fortevoli. Tamponata la situazione finanziaria occorreva

comunque intervenire sui rifugi che si era deciso di con-

servare, altrimenti destinati alla chiusura. E i rifugi alpini

sono esseri viventi: se li si chiude, rapidamente decadono

e muoiono. Ovviamente la sezione non aveva tutti i fondi

necessari; poteva però destinare ogni anno un certo am-

montare di risorse, non trascurabile ma del tutto insuffi-

ciente. Occorreva trovare dei contributi che integrassero

queste risorse e consentissero di realizzare il programma

dei lavori che la rinata Commissione Rifugi della Sezione

stava mettendo a punto. Ci si è allora rivolti alla ammini-

strazione della Regione Lombardia, perché non dobbia-

mo dimenticare la valenza sociale e di servizio dei nostri

Rifugi, ai quali hanno accesso tutti i frequentatori della

montagna, anche se non sono soci del CAI. Coordinan-

doci con le altre sezioni proprietarie di rifugi, assistiti dalla

struttura regionale del CAI, abbiamo insistentemente

richiesto che venisse riattivato il finanziamento della Leg-

ge Regionale 26/2002. Dobbiamo dire che le richieste

sono state accolte e che nel 2006 è stato emanato un

Bando di importo complessivo consistente, che ha per-

messo a noi come a molte altre Sezioni e a privati pro-

prietari di rifugi di realizzare opere necessarie e urgenti.

Oggi, esauritasi la spinta dei progetti finanziati nel 2006,

siamo in attesa che la Regione provveda a finanziare

nuovamente gli interventi nei rifugi, anche grazie alla

nuova Legge Regionale sui Rifugi recentemente approva-

ta. Ci aspettiamo un nuovo Bando per il 2010. Ma in

favore dei rifugi è finalmente intervenuta anche la Sede

Centrale del Club Alpino. Con una decisione assai soffer-

ta della Assemblea Nazionale è stato istituito un “Fondo

permanente Pro Rifugi”, alimentato con il contributo di

tutti i soci. Una decisione sofferta, lo ripeto, perchè ha

richiesto una lunga gestazione con discussioni anche

accese, alle quali abbiamo attivamente partecipato, dato

che non tutte le Sezioni che non hanno rifugi in proprietà

erano disposte a pagare per mantenere in efficienza

strutture di proprietà di altre sezioni. Alla fine ha prevalso

il principio di solidarietà, e giustamente perché i rifugi

accolgono con parità di diritti tutti i soci, anche quelli delle

sezioni non proprietarie. Sono convinto che si è trattato di

un importante passo in avanti del nostro Sodalizio, un

segnale evidente della maturazione del corpo sociale del

CAI, che va al di là del problema contingente del finan-

ziamento dei rifugi e che consente di guardare al futuro

dei rifugi, di tutti i rifugi CAI, con maggiore ottimismo. Da

non sottovalutare il fatto che grazie alla regolarità dei

contributi, erogati sulla base di un Bando che viene pub-

blicato annualmente, è possibile programmare gli inter-

venti, diluendo l’impegno nel tempo. Oggi i nostri rifugi

sono oggetto di continue attenzioni da parte della Com-

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missione Rifugi della Sezione, nonché del Consiglio Di-

rettivo, che approvano a inizio anno il piano dei lavori da

realizzare, compatibile con le risorse disponibili, senza

rischiare di destabilizzare il Bilancio. Ma abbiamo parlato

abbastanza di rifugi; altre importanti realizzazioni merita-

no di essere ricordate. Abbiamo anticipato che da alcuni

anni il numero dei soci tendeva a diminuire, anche se

lentamente. Pur in un quadro generale di crisi

dell’associazionismo in Italia (e non solo), il fenomeno era

preoccupante. Una più attenta analisi dei dati, accompa-

gnata da una indagine ad hoc su un campione di soci che

non aveva rinnovato l’iscrizione, mostrava che una consi-

stente quota di abbandoni avveniva tra soci che dopo un

anno o due non rinnovava il bollino. In altre parole, esauri-

to il motivo contingente che aveva portato alla iscrizione

( la frequentazione di una Scuola, o delle gite o altro) una

parte dei nuovi soci non aveva trovato all’interno delle

nostre strutture altre motivazioni al mantenimento della

iscrizione. Certamente un ruolo importante in ciò veniva

giocato dall’aspetto economico (il costo del bollino) o dalla

concorrenza esercitata dal minor costo del bollino pratica-

to da altre sezioni, in particolare quelle dove venivano

trascorse le vacanze estive, ma non si poteva ignorare

che non eravamo riusciti a creare le condizioni perché il

socio sentendosi a casa propria progressivamente con-

dividesse i nostri valori e trovasse validi motivi per condi-

videre una identità comune. E la responsabilità di ciò era

nostra: non eravamo riusciti a elaborare un patrimonio

comune di valori, da condividere con gli altri e soprattutto

da comunicare anche all’esterno per attirare nuovi soci

che si trovassero sulla medesima lunghezza d’onda.

L’entusiasmo e la volontà di ripartire non mancavano, e ci

siamo messi al lavoro, credendoci. E i risultati stanno

arrivando, sia all’interno che all’esterno. Il numero dei

soci da due anni ha smesso di diminuire (è sostanzial-

mente invariato) e mi auguro che presto riprenda a cre-

scere. Per facilitare la cosa, accanto ad altre iniziative, è

stata anche data attuazione alla “Quota ordinaria Giova-

ni”, che, approvata nella nostra Assemblea ordinaria del

2008 è entrata in vigore nel 2009. Essa riguarda tutti i

soci dai 18 ai 30 anni di età, ed è pari al minimo richiesto

dalla Sede Centrale. Per la Sezione si tratta di un sacrifi-

cio finanziario di una certa importanza, ma possiamo dire

che ne è valsa la pena. Il numero di giovani soci, in parti-

colare di quelli che frequentano le nostre attività giovanili,

è aumentato del 15% circa rispetto al 2008. E questo un

sintomo, che insieme ad altri, ci segnala che le attività

che la sezione riesce a promuovere e sviluppare esercita-

no una forte attrazione: le nostre Scuole hanno sempre

un numero di domande superiori ai posti disponibili ed è

purtroppo frequente che venga rifiutata l’iscrizione a per-

sone con i requisiti per frequentarli. Non deve però essere

sottovalutato il problema di aumentare il numero degli

istruttori, condizione necessaria anche se non sufficiente

per rispondere in sicurezza e qualità dell’insegnamento

alla crescente domanda di corsi di alpinismo, arrampicata,

sci alpinismo e sci di fondo escursionismo. Un problema

questo che dovrà anch’esso essere affrontato. Peraltro va

sottolineato che i responsabili delle Scuole e il corpo degli

istruttori sono stati capaci di unire il mantenimento di alti

standard qualitativi personali con una grande capacità

didattica e con l’entusiasmo necessario a creare spirito

di corpo e socializzazione tra gli allievi. E le cose si stan-

no positivamente muovendo anche nelle altre Commissio-

ni (escursionismo, giovanile e seniores e scicai). Il volu-

me complessivo delle attività è in espansione, chiaro

segno del gradimento dei soci per le gite che vengono

proposte. Il gran numero di soci che vi partecipano con

entusiasmo e in amicizia, anno dopo anno è il miglior

riconoscimento del valore di ciò insieme stiamo realizzan-

do. E anche i riconoscimenti esterni non sono mancati.

Nel dicembre 2008 la nostra Sezione ha ricevuto dal Co-

mune di Milano l’Attestato di Civica Benemerenza con il

quale siamo stati riconosciuti essere “Istituzione per la

Città”. Al di là degli aspetti formali, certamente gratificanti,

è stato riconosciuto alla nostra Sezione di svolgere un

ruolo significativo per gli alpinisti e, più in generale, per

tutti gli appassionati della Montagna. Un’associazione

aperta alle esigenze del presente, punto di riferimento per

le diverse realtà del territorio, in montagna come in città.

Vale la pena riportare qualche stralcio della motivazione:

“Il Club Alpino Italiano è la più antica e importante asso-

ciazione di alpinisti. Indipendente, laica e senza scopo di

lucro, è punto di riferimento fondamentale per tutti gli

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appassionati di montagna e per quanti vogliano approfon-

dirne la conoscenza … Conta 8000 iscritti e organizza

numerosi corsi, spedizioni, gite e ricerche. Ha insegnato a

moltissimi milanesi l’amore e il rispetto per la natura, dive-

nendo una vera e propria ‘istituzione’ della nostra città“.

Questa Civica Benemerenza è allo stesso tempo un tra-

guardo e un punto di partenza perché cultura montana e

cultura cittadina possano continuare a interagire positiva-

mente nella ricerca e nel rispetto di valori condivisi. An-

che altri traguardi meritano di essere ricordati. Tra questi

il miglioramento degli aspetti organizzativi della Segreteria

della Sezione e della gestione contabile, resi necessari

dalla crescita delle attività verificatasi in questi ultimi anni.

Occorreva garantire una risposta efficiente alle numerose

richieste di Gruppi e Commissioni e nello stesso tempo

consentire alla Direzione e al Consiglio di disporre tempe-

stivamente di tutte le informazioni necessarie per gestire

un insieme complesso di iniziative e di rapporti personali.

Oggi numerosi problemi sono stati risolti, grazie

all’impegno del personale di segreteria e dei soci volontari

ma molto resta ancora da fare. Sono certo che questa

evoluzione continuerà, grazie al clima di positiva collabo-

razione che si è venuto spontaneamente creando, neces-

sario presupposto al funzionamento di organismi basati

sul volontariato, quale è la nostra sezione. Devo tuttavia

fare presente anche che l’orizzonte non è purtroppo del

tutto libero da nuvole. Ne ricordo in particolare due: il

destino dei Rifugi siti nella Provincia Autonoma di Bolzano

(i cosiddetti rifugi ex MDE) e il

problema della Sede di via Silvio Pellico. Come tutti sape-

te i Rifugi ex MDE non sono di nostra proprietà, ma ci

sono stati dati da tempo immemorabile in affidamento

dalla Sede Centrale, alla quale erano stati dati in conces-

sione dall’Ente allora proprietario, e cioè il Ministero della

Difesa Esercito (MDE). Ricordo che la proprietà di tali

Rifugi, (cinque dei quali sono tuttora a noi affidati) è stata

trasferita nel 1998 alla Amministrazione della Provincia

Autonoma di Bolzano e che le concessioni al CAI Centra-

le scadranno al 2010. Nonostante al momento sia ancora

impossibile sapere cosa accadrà dopo tale data e quale

sarà il destino di questi Rifugi, nei quali la Sezione ha

profuso per molti decenni risorse finanziarie e umane per

mantenerli efficienti al servizio degli alpinisti italiani e

stranieri, sembrerebbe che si stia aprendo una prospetti-

va di soluzione di tipo collaborativo, soluzione nei con-

fronti della quale il Consiglio Direttivo della Sezione di

Milano ha espresso parere favorevole, subordinato ov-

viamente al riconoscimento della. Il tempo per una solu-

zione di questo problema è ormai scaduto e ci auguriamo

che la Sede Centrale, titolare delle concessioni, riesca a

negoziare a breve termine un accordo che riconosca

quantomeno pari dignità tra Sezioni CAI e Sezioni AVS.

Per quanto riguarda la Sede, da tempo il Comune di Mila-

no sta attuando un piano generale di riordino degli affitti in

Galleria, e a suo tempo ci ha inviato la disdetta del con-

tratto di affitto. A ciò sono seguiti contatti, nell’ambito dei

quali il Comune ci aveva proposto il trasferimento della

Sede nella nuova “Casa della Montagna”, erigenda

nell’ambito del Progetto teso alla riqualificazione dell’area

dell’ex Portello. Tramontato per varie ragioni questo pro-

getto, non abbiamo più avuto proposte di trasferimento da

parte del Comune, ma ciò non significa che il problema

non possa ripresentarsi. Confidiamo che lo sviluppo delle

nostre attività, in particolare di quelle al servizio di tutti i

milanesi, possa costituire un buon argomento per chiede-

re che la Sezione del CAI Milano possa continuare ad

avere la propria Sede in via Silvio Pellico, come avviene

da almeno un centinaio di anni. Va ricordata anche, tra le

cose positive, l’evoluzione che sta avendo la nostra Bi-

blioteca “Luigi Gabba”, che da semplice luogo di consulta-

zione si sta trasformando in un Centro di documentazione

polifunzionale, con particolare attenzione all’utilizzo delle

moderne tecnologie. La nostra Biblioteca è nata insieme

alla nostra Sezione, nel 1873, e fu probabilmente una

delle prime iniziative intraprese dal Presidente, l’ abate

Antonio Stoppani. Oggi conta oltre 9.000 volumi e 3500

annate di riviste. Tra essi i grandi classici dell’alpinismo a

cui negli anni si sono aggiunti altri fondamentali volumi,

man mano che venivano pubblicati. Un patrimonio di

conoscenze che deve aprirsi sempre di più verso il mondo

esterno. Infine, da ultima ma non per ultima, va ricordata

l’intensa attività culturale, scientifica e cinematografica.

La serate “parlando di montagna “, le presentazioni dei

nuovi libri e dei film di montagna più belli (nuovi e del

passato), le mostre di quadri e le manifestazioni nella sala

“ottagono” impegnano tutte le settimane, a volte anche

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DAL 1 AL 3 OTTOBRE IN VAL MARTELLO / ALTO ADIGE IL TRADIZIONALE INCONTRO

D’AUTUNNO Quest’anno, per una regola ferrea sebbene non scritta, tocca a noi milanesi la scelta e l’organizzazione del tradizionale incontro autun-nale che vede la partecipazione di tutti coloro che vivono o desiderano condividere l’esperienza di “andare in montagna senza ed oltre i confini” con gli amici delle sezioni gemella-te nell’Ortlerkreis ( DAV Oberland & Muenchen, OeAV Austria e naturalmente il CAI Milano). Dopo le Grigne, la Val di Funes, la Val Masino, l’elvetica Calfeisental ci ritroveremo in Val Mar-tello, presso il “nostro” rifugio Nino Corsi / Zufall-huette al Paradiso del Cevedale. Ascensioni,gratificanti escursioni anche facili ci attendono in questa tre giorni che, d’anno in anno, rafforza l’amicizia tra le nostre Sezioni che condividono, nella comune esperienza dell’Ortlerkreis, passione e impegno per la mon-tagna e l’alpinismo. Per informazioni ed iscrizioni - entro il 14 settem-bre p.v. - rivolgersi direttamente a Marco Tieghi ( t e l . 33 56 81 571 9 - e m a i l : m a r [email protected] .

più volte alla settimana, la grande sala Romanini. Pos-

siamo dire che la nostra Sezione si nutre e contribuisce

allo sviluppo e al mantenimento della cultura della mon-

tagna. In particolare va ricordato il recente impulso dato

alla proiezione all’esterno della Sezione dei migliori film di

montagna , in collaborazione con i più affermati Film

Festival, in particolare quello di Trento. E’ una attività

gradita ai soci e anche ai non soci, importante per la

nostra immagine cittadina e non solo. In conclusione,

credo di poter dire che il CAI Milano è diventato uno

spazio libero da condizionamenti in cui Scuole, Commis-

sioni, Gruppi e Sottosezioni hanno potuto continuare a

crescere, nella ricerca del proprio essere, nel rispetto dei

valori condivisi e delle tradizioni dei padri. Donne e uo-

mini, giovani ed anziani hanno avuto la possibilità di es-

primere, nelle varie forme dell’approccio alla montagna,

ciò che per noi è alla base dell’alpinismo: azione e cono-

scenza, esperienza personale e condivisione di valori,

ricerca del limite e cultura, frequentazione del territorio

montano e salvaguardia della sua fragilità, formazione

tecnica ed educazione morale. Concludo ringraziando il

Vicepresidente Marco Finetti, il Segretario Fabrizio Gius-

sani, il Tesoriere Carla Marchi e tutto il Comitato di Presi-

denza , il Consiglio e i Revisori, gli Ispettori dei rifugi,

Cinzia Casali e tutta la segreteria. Quest’anno poi, vorrei

riservare un grazie particolare a tutti i responsabili di

Scuole, Commissioni e Gruppi, indicandoli alla attenzione

di tutti i soci. Essi sono: Commissione Alpinismo Giovani-

le: Ezio Furio; Commissione Legale:Enrico Radice; Com-

missione Biblioteca - Archivio Storico e Fotografico: Re-

nato Lorenzo; Commissione Culturale e Manifestazio-

ni:Marco A. Tieghi ; Commissione Escursionismo: Fabio

Elli; Commissione Rifugi:Luigi Barsanti; Commissione

Scientifica e Commissione Cinematografica: Piero Carle-

si; Commissione e Scuola Sci Fondo Escursionistico:

Oreste Clerici e Carlo Cetti; Redazione Notiziario

“CaimilanoNews”:Piero Carlesi e Marco A. Tieghi; Gruppo

Anziani: Antonio Poletti; Gruppo Sci CAI: Angelo Volpi e

Luigi Branduardi; Scuola d'Alpinismo "A. Parravicini":

Andrea Affaticati; Scuola Sci Alpinismo "M. Righini": An-

gelo Brambilla; Gruppo CORO: Marco A. Tieghi; Ortler-

kreis: Luca Frezzini e Marco A. Tieghi . Ed è con questo

grazie a tutti coloro che destinano con entusiasmo il loro

tempo e le loro capacità a far crescere la realtà della no-

stra Sezione che mi piace concludere la mia presidenza

Con i migliori saluti

Il vostro Presidente

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Gli attuali mezzi di comunicazione permettono a chi fosse fornito di una buona dose di curiosità di organizzare con relativa facilità e poca spesa interessanti esplorazioni escursionistiche ovunque in Europa. Per vari motivi, ci siamo orientati verso una delle autentiche patrie dell’escursionismo, vale a dire la Gran Bretagna.

Inghilterra

Camminare in

LA COTSWOLD WAYLA COTSWOLD WAYLA COTSWOLD WAYLA COTSWOLD WAY

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Testo e fotografie di Furio Sabatini

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Non tutti sanno che le isole britanniche sono attraversate da una rete capillare di ‘long distance paths’ (sentieri di lungo percorso), molti dei quali denominati ‘National Trails’ (sentieri nazionali), con uno status non dissimile da quello di un parco nazionale – vedi www.nationaltrail.co.uk. Si può quindi camminare per giorni, ma anche, volendo, per settimane, su sentieri ottimamente mantenuti, di solito ben segnalati – di norma con car-telli e ‘markers’ (paletti di legno) – e in un ambiente naturale di grande fascino, sebbene molto antropizzato (soprattutto in Inghilterra, più che in Scozia). E se da una parte non vi sono rifugi, anche viste le quote collinari o di pianura, vi è in compenso una tale abbon-danza di alberghi, ‘bed & breakfast’ e pubs, anche nei villaggi più piccoli o addirittura tal-volta in aperta campagna, che alloggio e vitto raramente costituiscono un problema (anche se in alta stagione la prenotazione è sempre consigliabile). Dicevo dei mezzi di comunicazione: infatti, se da una parte i voli ‘low cost’ rendono oggi possibile volare a Londra e in numerosi altri aeroporti britannici con poca spesa (noi sia-mo riusciti a viaggiare a costo quasi zero, prenotando con largo anticipo), d’altra parte le risorse disponibili in rete permettono di acquisire ogni tipo di informazioni per pianificare il viaggio, e anche ordinare in anticipo, e spesso a prezzi scontati, guide e carte eventual-mente necessarie (ad esempio su www.amazon.co.uk, che ha spese di spedizione assai ragionevoli). Inoltre, vale forse la pena di sfatare alcuni luoghi comuni relativi alla Gran Bretagna in generale: prima di tutto, non e’ vero che si mangia male! Secondariamente, non e’ vero che i costi siano alti. Anzi, grazie anche in parte al recente rafforzamento dell’euro, i prez-zi in genere sono assolutamente abbordabili e grosso modo comparabili a quelli italiani (con l’unica eccezione dei trasporti interni, che rimangono generalmente piu’ cari). In ulti-mo, per quanto le generalizzazioni siano sempre pericolose – gli inglesi sono di solito simpatici e gentili!

La regione dei Cotswolds e la Cotswold Way

La regione dei Cotswolds è situata nell’Inghilterra centromeridionale, circa 150 km in linea d’aria a nordovest di Londra. E’ una zona di colline basse e verdeggianti, ufficialmente classificata ‘area of outstanding beauty’ (area di eccezionale bellezza), ed è attraversata in direzione NE/SO dalla ‘Cotswold Way’, un sentiero lungo circa 160 km che inizia nel villaggio di Chipping Campden (non lontano da Oxford) e termina nella città di Bath. Il sentiero non attraversa città, anche se passa vicino a Cheltenham, Gloucester e Stroud, ma tocca numerosi villaggi tipicamente inglesi, dove abbondano i cottage di pietra dai tetti di paglia, per cui la regione è famosa. La Cotswold Way, che e’ uno dei ‘national trails’, è ben mantenuta e ben segnalata, soprattutto ai numerosi bivi, per lo più con paletti di legno recanti il simbolo della ghianda, che è il segno distintivo di tutti i ‘National Trails’. Il sito ufficiale del sentiero www.nationaltrail.co.uk/Cotswold contiene ogni genere di informazio-ni ed e’ assolutamente imprescindibile per programmare la visita.

Quando andare Si potrebbe probabilmente camminare nei Cotswolds tutto l’anno, tuttavia d’inverno le giornate sono molto corte, e d’altra parte non e’ detto che le estati siano asciutte; le piog-ge sono frequenti in ogni stagione, ma il tempo (nel bene e nel male) cambia in fretta. Noi ci siamo andati in ottobre 2007, e abbiamo avuto cieli azzurri e temperature estive; l’estate precedente invece era stata piovosissima e aveva portato addirittura un’inondazione. Nel 2006, d’altra parte, l’estate era stata calda e asciutta. E’ fondamenta-le comunque una consultazione attenta delle previsioni meteorologiche – consiglio www.met-office.gov.uk.

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Come arrivare e come organizzarsi

L’aeroporto piu’ vicino e’ quello di Bristol, raggiungibile con Easyjet da Malpensa o Ryanair da Bergamo. La citta’ di Bath (punto di arrivo della Cotswold Way) e’ molto vicina a Bristol – circa 45 minuti via treno+bus. E’ piuttosto complicato tuttavia raggiungere il punto di par-tenza da Bristol (circa 4 ore di viaggio con diversi trasbordi). In alternativa, si puo’ utilizzare uno degli aeroporti di Londra. Noi abbiamo volato su Stan-sted, e abbiamo proseguito con un bus diretto per Oxford (senza quindi passare per il cen-tro di Londra), continuando poi via treno e bus (in effetti abbiamo dovuto ripiegare su un taxi per l’ultimissimo tratto, avendo perso la coincidenza a causa del ritardo del treno: tutto il mondo e’ paese!). Il servizio di trasporto pubblico in Gran Bretagna e’ eccellente (anche se non proprio eco-nomico) sulle grandi direttrici di traffico; diventa molto piu’ sporadico dovendo raggiungere localita’ minori. In ogni caso – diversamente da quanto accade da noi – vi e’ una rete di eccellenti siti web regionali che riportano tutti, ma proprio tutti, gli orari dei mezzi di traspor-to, accessibili tramite www.traveline.org.uk/index.htm Una volta in loco, lo strumento essenziale per acquisire informazioni e farsi aiutare a trova-re una sistemazione adeguata per la notte e’ costituito dalla rete di uffici del turismo (TIC – tourist information centre). Ve ne sono in quasi tutti i villaggi della zona e per esperienza si faranno in quattro per aiutarvi, di norma senza farsi nemmeno pagare le telefonate ai vari B&B. Noi abbiamo visitato in persona il TIC a Broadway, e trattato al telefono con quello di Cheltenham, e abbiamo riscontrato un’attenzione e una professionalita’ addirittura commo-venti. Libri e carte: Vi sono molte pubblicazioni, alcune molto belle, non tutte realmente utili. L’unico acquisto veramente obbligatorio e’ la guida “The Cotswold Way” di Anthony Burton che, oltre a descrivere il sentiero metro per metro, riporta gli estratti della carta topografica dell’Ordnance Survey (l’equivalente del nostro IGM, solo molto piu’ aggiornato e piu’ leggi-bile), rendendo non indispensabile l’acquisto delle relative cartine a parte. Si puo’ compra-re scontato su Amazon, o sul posto ai TIC o nei negozi.

Cosa portare

Cosa portare dipende ovviamente da quanto a lungo si vuole camminare e dalla stagione prescelta. Naturalmente non vi sono difficolta’ tecniche di alcun genere; ho visto molti camminare in scarpe da ginnastica; personalmente consiglio un normale paio di pedule, utili soprattutto in caso di pioggia e fango; in questo senso, prevedere sempre un adeguato

abbigliamento antipioggia. Inutile l’ombrello, in quanto la pioggia e’ spesso accompagnata dal vento. Una possibilita’ interessante e’ data dalle molte agenzie locali che si occupano di trasporta-re i vostri bagagli da una tappa all’altra (e spesso prenotare anche le sistemazioni) – mag-giori dettagli sul sito ufficiale del sentiero www.nationaltrail.co.uk/Cotswold. Se decidete di portarvi il vostro sacco in spalla, state leggeri. Il terreno dolce e collinare non deve ingan-nare, alla fine della giornata si fanno anche 1000 metri di dislivello, visti i continui saliscen-di.

Proposta d’itinerario

L’intero percorso della Cotswold Way richiede circa una settimana a camminatori allenati. Noi avevamo a disposizione solo cinque giorni (compreso il viaggio dall’Italia), pertanto era giocoforza limitarsi a percorrerne una parte. Abbiamo preferito la parte settentrionale, che e’ probabilmente la piu’ caratteristica (anche se la citta’ di Bath, che e’ inclusa nell’elenco del patrimonio dell’umanita’ dell’UNESCO, merita da sola un viaggio!), e ci siamo organiz-zati in modo da percorrere circa il 60% del sentiero in 3 giorni e mezzo, come segue: • Primo giorno: volo da Bergamo a Stansted al mattino presto. Bus della National Express per Oxford, quindi treno per Moreton-in-Marsh. Prosecuzione per Chipping Cam-pden in bus o taxi. Breve visita dell’incantevole villaggio, quindi inizio cammino con desti-nazione il villaggio di Broadway, passando per la Broadway Tower. Distanza: 9.5 km. Pernottamento a Broadway, uno dei villaggi piu’ affascinanti e caratteristici dei Cotswold. • Secondo giorno: Da Broadway a Cleeve Hill passando per Winchcombe. Distanza: 28 km. Pernottamento. • Terzo giorno: Da Cleeve Hill a Birdlip. Distanza: 25.5 km. Pernottamento, oppure (come abbiamo fatto noi) abbandonare il sentiero e scendere a mezzo sentiero o strada (3 km) al villaggio di Little Witcombe per pernottare. • Quarto giorno: Riguadagnare il sentiero, continuare attraverso Painswick fino alla citta’ di Stroud (alcuni km a est del sentiero). Distanza: 25 km. Pernottamento. Quinto giorno: Ritorno all’aeroporto di Stansted a mezzo bus diretto National Express e volo di ritorno in Italia.

Ovviamente questa e’ solo una delle tante possibilita’. Chi volesse ulteriori informazioni puo’ contattarmi via email ([email protected]). Happy trails!

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Potrebbe sembrar strano ma, dopo una vita di escursioni (e qualche ascensione) su vette alpine (o di tipo alpino), ti puoi far stregare da montagne del tutto diffe-renti. A noi è successo: alla soglia dei 60 anni (secondo i nuovi parametri pensionistici, ancora giovani, in fondo) il fascino silen-zioso degli Urali ci ha incantato. E tutto si potrà dire, salvo che siano vette eccelse o ardite.

URALI … una scoperta … di Eliana e Nemo Canetta

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Ma andiamo con ordine. Quando nelle scuole italiane si studiava ancora la geografia, inse-gnavano che l’Europa era separata dall’Asia da due catene montuose, a quei tempi ambe-due nell’URSS: gli Urali e il Caucaso. Nomi mitici, il secondo legato pure a leggende gre-che e ad avventure di legionari romani semi dimenticati. Ma, in fondo, qualcosa del Cauca-so, si sapeva. E se si era fortunati magari si poteva arrivare persino all’Elbrus, il vulcano di 5640 metri che costituisce il tetto d’Europa. Ma degli Urali … il nulla. Pro-vate, ancor oggi, a cercare nella pur fornitissima Biblioteca del CAI Milano. Niente. O meglio, su un vecchio Bolletti-no il resoconto (siamo nel tardo ‘800) di un viaggio di nostri soci, nell’ambito di un congresso geologico a S.Pietroburgo. Treno e battello, più qualche escursione. Ai tempi una vera novità assoluta. Poi, il vuoto. Sugli Urali, parafrasando la cele-bre frase di Sir Winston Churchill, “calò una cortina di ferro”. Già, il governo sovietico, che nel frattempo aveva preso il potere a Mosca, gradiva poco che visi-tatori e turisti mettessero il naso nel terri-torio. Se poi una regione era considerata strategica, persino per i russi stessi era difficile (talora impossibile) visitarla. Appunto il caso degli Urali. Una catena lunga migliaia di chilometri, dalle steppe semidesertiche a nord del Caspio all’Oceano Glaciale Artico. Letteralmente zeppa di minerali di ogni sorta, dall’oro al platino, dal ferro alle pietre preziose. Tutto ciò era ragione più che sufficiente per chiudere queste montagne. Ma non basta. Stalin decise di costellare d’industrie l’area ad oriente del Volga e degli Urali, per allontanarle il più possibi-le da un invasore occidentale. Decisione che venne a fagiolo al tempo dell’avanzata tedesca durante la Secon-da Guerra Mondiale (Grande Guerra Patriottica, come è chiamata in Russia). Ma Stalin aveva il vizietto, per realizzare i suoi progetti sovente faraonici, di utilizzare i deportati sia comuni che politici. Mano d’opera gratuita o quasi. Ed ecco che gli Urali e le aree contermini si riempirono di Gulag, che, assieme alle fabbriche, possiamo ben comprendere non fosse il caso di far ammirare ai turisti, vuoi locali che – a maggior ragione – stranieri. Ed ecco che gli Urali, sino alla

“caduta dei muri” restarono per tutti avvolti dalla loro solitudine e dal loro silenzio. E anche quando poi la musica cambiò ed il turismo scoprì che la Russia offriva ogni sorta di mete e di spunti per 100 viaggi, gli Urali, quasi del tutto privi di infrastrutture, restarono ancora ai margini. In effetti molti russi hanno da anni iniziato a risalirne i fiumi, a pescare e cacciare in quei boschi sterminati, a sciare in chiave escursionistica nei pressi dei centri maggiori. E

naturalmente anche a salire le vette di que-ste montagne antichissime, sorte nell’Era Paleozoica da un oceano che divideva l’Europa dalla Siberia. Quindi erose e liscia-te da milioni di anni di piogge, venti, ghiacci. Ma l’escursionismo per certi versi qui è più duro che sul Caucaso, per non parlare delle nostre Alpi. Il Caucaso infatti non fu mai del tutto chiuso, anzi certe vallate ospitarono i Campi Internazionali dell’Amicizia. Vi si trovano persino impianti di risalita, rifugi e sentieri. Nulla di ciò, o quasi, sugli Urali, specie a nord di Ekaterinburg, la grande e bella città, fondata per volere di Pietro il Grande, proprio a cavallo della costiera, a pochi chilometri dal confine Europa-Asia. Ad Ekaterinburg passa la mitica Transiberiana e la strada che collega Mosca con le vuote distese della Siberia. Più a nord, gradata-mente, la taiga prende il sopravvento: picco-li villaggi, poche strade, qualche cittadina. Poi gli Urali si fanno difficili. Non perché offrano ostacoli alpinistici insormontabili ma per le distanze e le difficoltà d’accesso e rifornimento. Siamo ancora in Europa, eppu-re sovente l’unica via di comunicazione sono i fiumi. Correnti d’acque imponenti, vaste, lunghe centinaia di chilometri, un tempo risalite dai mercanti russi che com-merciavano coi popoli autoctoni. Poi da ben più tristi convogli di deportati nei Gulag, che andavano a colonizzare le foreste, aprendo strade e tracciando ferrovie. Ora percorse da russi avventurosi che ne discendono le

correnti su kajak e catamarani. Ma, ancor oggi, per raggiungere certe vette, sono neces-sarie lunghe marce, nel fitto della taiga, pernottando in tenda e seguendo malcerte tracce. Qualche ricco moscovita (in Russia visto di sovente come un neoarricchito), per risparmiar tempo e fatica, utilizza l’elicottero. Sorvolare gli Urali, ammantati di boschi infiniti, sino alla creste ove si alzano, dalla tundra d’altitudine, torri rocciose, deve essere uno spettacolo

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indimenticabile. Ma ahimé, persino per noi “ricchi” abitanti dell’EU i prezzi sono tali da sco-raggiare chi non abbia stipendi da starlet della TV o da calciatore di serie A! E forse tutte queste difficoltà, unite alle poche informazioni disponibili, fanno sì che, ancora oggi, gli Urali siano poco o punto visitati degli euroccidentali. Ma è stato proprio questo ad affasci-narci: andare dove gli altri non sono (quasi) mai stati. Con questo non vogliamo certo darci arie da Livingstone o Stanley, tuttavia crediamo che – anche per il CAI e i suoi soci – ritor-nare alla voglia di scoprire (ma pure di riscoprire) sia significativo. Superare il 7° o l’8° grado è certo più un exploit fisico che una conoscenza della montagna, della natura, dell’ambiente. Senza nulla togliere a chi raggiunge tali limiti, noi crediamo sia più importante (e appagante) ritornare alle origini dell’andar per monti. Tornare a visi-tare (non vogliamo scrivere esplorare) montagne sconosciute e cammini dimenti-cati, per non dire mai percorsi. In quest’ottica gli Urali sono una meta ideale. La sensazione di spazio, di solitudine, gli infiniti boschi di betulle e conifere, le diste-se della tundra negli Urali Polari, i minuscoli ghiacciai di cui, da noi, nessuno conosce neppure l’esistenza, sono poi il corollario della visita a queste montagne restate sino ad oggi ai margini del mondo alpinistico ed escursionistico occidentale. Eppure … eppure una visita alla regione degli Urali offre anche di più: la conoscenza di una Russia del tutto ignorata dai flussi turistici. Basti dire che la Repubblica dei Komi, che comprende il lato europeo degli Urali centro-settentrionali, non è citata in nessuna gui-da turistica; persino sulle enciclopedie po-che righe. Eppure è il maggiore dei territori autonomi russi in Europa: 415.900 kmq, come dire l’Italia e la Grecia messe assie-me. Syktyvkar, la tranquilla e moderna capitale (due ore d’aereo da Mosca o S.Pietroburgo), urbanizzazione di circa 250.000 abitanti, non manca di nulla, dai centri commerciali a varie università. E nel museo storico, in quello etnografico ed in quello naturalistico, si può entrare in contatto con aspetti culturali di queste terre, che in Europa ben pochi hanno studiato. Scopriremo allora l’etnografia dei Komi, popolo Ugro-Finnico parente di quelle genti che, un tempo, abitavano vasta parte della Russia centro-settentrionale ma pure molte aree della Siberia ed altre

terre ancora (Finlandia, Estonia, Ungheria, tra le tante). Sapremo che da queste parti gli sci erano già utilizzati millenni prima di Cristo. Conosceremo la ricchezza in materie prime, dal petrolio ai quarzi purissimi; l’arrivo dei commercianti di Novgorod nel XIV secolo; la cristianizzazione da parte di Stefano di Perm; le vicende nei terribili periodi della Guerra Civile e della Repressione, durante il dominio di Stalin. Da Syktyvkar si partirà poi verso Vorkuta, oltre il Circolo Polare Artico. La linea ferroviaria rappresenta praticamente l’unico collegamento con questi lontani avamposti del Grande Nord della Russia europea. Con un

percorso di oltre 1.000 km, lega tra loro cittadine e villaggi in gran parte sorti negli anni ’30, spesso legati a centri di deporta-zione, a loro volta collegati a miniere e alla realizzazione della ferrovia. Note certo tristi, apparentemente poco “turistiche”, ma che devono essere conosciute, anche per capire la realtà terribile di quegli anni e la storia stessa della Russia ma pure del nostro continente. Realtà che culmina proprio a Vorkuta, città sorta dal nulla nella tundra, per sfruttare i locali filoni carbonife-ri. Solo la realizzazione della linea ferro-viaria costò da 200 a 500.000 morti (le cifre precise sono ancora poco note). Altre centinaia di migliaia di deportati morirono di stenti, di freddo e di fame nei circa 100 campi di detenzione che oggi si sono tra-sformati in una città normale, con negozi e teatro, con un bel museo ed un moderno centro sportivo. Ma, appena oltre i quar-tieri di Vorkuta, la natura riprende possen-te il suo incontrastato dominio: lasciata alle spalle la civiltà solo tundra, tundra ovunque, sino all’orizzonte ed oltre. Ma verso est si alza azzurrina, un poco incerta causa la distanza di circa 100 km, una linea di montagne. Sono gli Urali Polari, l’estremità settentrionale di questa catena, che si va ad immergere nelle gelide acque dell’Oceano Artico. Ma 100 km, in Rus-sia, sono un’inezia. E da Vorkuta si parte allora sulle malcerte piste delle renne,

verso quella linea azzurrina che gradatamente si rivelerà una possente ed articolata costie-ra, punteggiata da piccoli ghiacciai. Ecco di nuovo gli Urali … valli e colli sovente mai toc-cati dal piede umano, ove si sente solo il fluire dei torrenti, il rombo del vento e, se si è fortunati, l’ululato dei lupi!

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Giancarlo Corbellini: “ … un sogno spezzato? “ Sono passati 10 anni dall’ultima edizione del Camminaitalia, quella della staffetta ANA-CAI, che avrebbe dovuto costituire la consacrazione del Sentiero Italia come asse portante dell'escursionismo italiano lanciato a suo tempo dall'omonima associazione di giornalisti del settore come l'" Autostrada verde d'Italia". Nel silenzio generale ho voluto ricordarla organizzando tre eventi lungo tre tratti significativi del Sentiero: la Linea Cadorna, il Sentie-ro della Pace della Lombardia, il Sentiero Italia in alta Val di Fassa. Non posso certo na-scondere la delusione nel constatare quante risorse umane ed economiche sono state gettate al vento dal CAI. Nato con innegabili speranze (grazie, va ricordato, alla lungimiran-za del past president Bramanti promotore del gruppo di lavoro Sentiero Italia-CAI e all'im-pegno del successore De Martin), realizzato grazie al volontariato e alla passione di tante sezioni (specialmente di quelle del centro-sud) e pubblicizzato anche all’estero dalle due

edizioni del Camminaitalia, il Sentiero Italia é di fatto completamente abbandonato dal CAI. Altre iniziative, più fruttuose economicamente e politicamente hanno preso il sopravvento e così, ad esempio, sui sentieri del-lo,Stelvio al-posto del-logo del Sentiero Italia si trova oggi quello (peraltro discreto) della Via Alpina. Lo stesso è successo in Valmalenco dove i pro-gettisti della nuova e costosissima segnaletica formato CAI si sono del tutto dimenticati del Sentiero Italia limitandosi in modo provincialistico alla rete locale e creando così una cesu-ra tra la Valchiavenna e la zona di Tirano dove il logo SI riappare per essere presente fino a Livigno. Diversa è invece la situazione riscontrata in Trentino dove il Sentiero Italia, (abbiamo percorso il tratto dal Passo San Pellegrino al Passo Fedaia attraverso il rifugio Fuciade - al primo posto fra le strutture del Sentiero Italia per la cucina- e il rifugio Contrin) è stato segnato in modo puntuale dalle locali sezioni della SAT di Moena e di Alta Val di Fassa) con cartellonistica diversa da quella ufficiale del CAI (legno e plastica) ma elegante e funzionale. Forse aveva ragione il vecchio Durissini, membro triestino del gruppo di lavo-ro, ad essere contrario alla realizzazione dei Camminaitalia considerato solo come fatto politico e vetrina di dirigenti e non come contributo fattivo alla segnalazione e alla realizza-zione dei sentieri. Purtroppo il danno di immagine è stato fatto poiché all’estero credono ancora nell’esistenza del sentiero e chiedono informazioni per percorrerne alcuni tratti, non al CAI però, bensì (forse per assonanza) all'associazione Trekking Italia che non può che

dichiarare la sua incompetenza non avendo referenti regionali in grado di fornire indicazio-

ni aggiornate. E' vero che il Sentiero Italia continua a vivere grazie alle iniziative dell'asso-ciazione Camminaitalia e alle sezioni del CAI a suo tempo coinvolte (basti pensare per la Lombardia a quelle di Bizzarone e della Valfurva e in Trentino alla SAT di Moena alle quali va il ringraziamento per il sostegno dato alla manifestazione) ed è questa la vera forza del CAI. Ma manca il necessario coordinamento nazionale e regionale, cosa richiesta alla presidenza già nel passato ma rimasta senza risposta. L'esempio degli stati confinanti (Francia e Svizzera) non ha insegnato niente. E' facile individuare e pubblicizzare un sen-tiero (anche se lungo 6000 chilometri)- E' più difficile onorare l'impegno preso e continuare nel tempo a mantenerlo in esercizio e a renderlo fruibile a quanti vogliono percorrerlo pur a tratti. Il volontariato è la forza motrice del CAI, ma se la sua azione manca di continuità diventa controproducente.

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Marco A.Righini : “… ci sono gli amici del Club CamminaItalia”

Un libero gruppo di soci CAI. Il Club CamminaItalia fu costituito a Guiglia (Appennino Modenese) il 12 dicembre 1999 e vi fanno parte gli escursionisti partecipanti nel 1995 e 1999 al CamminaItalia, la grande traversata a piedi delle regioni d'Italia (dal Santuario del-la Madonna del Buoncammino in Gallura per la Sardegna, la Sicilia, l'Appennino e le Alpi fino a Trieste, lungo i seimila chilometri del Sentiero Italia). I due eventi furono coordinati dal CAI con Teresio Valsesia e Giancarlo Corbellini, assieme all'ASI con Riccardo Carno-valini (1995) e all'ANA con Cesare DiDato (1999). Nonostante la denominazione, non può definirsi un'associazione, bensì un libero gruppo di soci CAI (e affini), senza inutili sovra-strutture formali, come indicato da Teresio Valsesia il giorno stesso della fondazione. Per-tanto non esistono gerarchie interne, ma uno spirito di genuina e amichevole collaborazio-

ne, che si ravviva in occasione dei ritrovi organizzati (circa una decina all'anno). E i pro-grammi sono diffusi agli iscritti tramite un notiziario stagionale, redatto dalla "presidentessa-segretaria" Nicoletta DelVecchio (sezione CAI di Sondrio). Un'amicizia lunga dieci anni. A Guiglia si pensava di costituire un nucleo di riferimento per le iniziative promosse a livello regionale e niente lasciava presagire l'abbandono del progetto del Sentiero Italia da parte degli organi della sede centrale CAI. Tuttavia gli amici del Club CamminaItalia, tra i quali vari presidenti di sezione e accompagnatori qualificati, sono riusciti a produrre un'attività intensamente poliedrica. Impossibile qui citare tutti gli e-venti: se ne può trovare un elenco nella pagina del gruppo "Club CamminaItalia" aperto su Facebook. Si tratta di ritrovi, talvolta autogestiti (in collaborazione con le sezioni locali CAI e ANA o in privato), talvolta affidati a cooperative di guide locali (in Italia meridionale e in-sulare), e con alto numero di adesioni (p.e. il CamminaFinalese del 2003 con un record di 101 persone e 3 cani in 3 giorni), oppure di partecipazioni a eventi esterni (p.e. il Sentiero Giubilare da Superga a Crea del 2000, a cura delle sezioni piemontesi CAI, e il Trekking tra confine e cielo del 2002, a cura delle sezioni ticinesi CAS e FAT). In dieci anni circa tre-cento escursionisti (secondo un conteggio sottostimato) hanno mantenuta viva la fiamma del CamminaItalia: da tutte le regioni d'Italia e con una significativa presenza internaziona-le (svizzera e tedesca). Quale futuro? Durante il ritrovo primaverile di Gènova del 2009, posto il problema di una ridefinizione delle attività, si è discusso sulla proposta di un logo

identitario, sintesi dell'escursionismo praticato: per sentieri alpini, vie storiche e itinerari na-turalistici. Recentemente Teresio Valsesia ha preannunciato un possibile (seppur parziale) nuovo CamminaItalia nel 2013, in occasione del centocinquantennale di fondazione del Club Alpino Italiano (con modalità da definire), mentre Giancarlo Corbellini ha predisposto, oltre al proprio sito web (camminareperconoscere.com), uno di documentazione sul Sen-tiero Italia (sentieroitalia.it). Se ne vedranno gli sviluppi. Nel frattempo gli amici del Club CamminaItalia proseguono lungo il percorso intrapreso, alla scoperta del patrimonio na-scosto del Bel Paese (nella cosiddetta Italia minore) e al progetto di nuovi itinerari (anche oltreconfine). Infine una questione lessicale. Si scrive "Camminaitalia", "Camminitalia" o "CamminaItalia"? Negli eventi ufficiali del CAI si è usato il nome composto nella prima for-ma, poi abbreviata da qualcuno nella seconda. Tuttavia noi preferiamo indicare in maiu-scolo la componente geografica, così come fatto per gli eventi locali (p.e. CamminaÒssola e CamminAbruzzo), seguendo le regole di stile universalmente adottate. Ovviamente è so-lo una questione di forma. Importante è il tenace rispetto dello spirito originario:

"camminare (insieme) per conoscere", sen-za finalità personali o commerciali.

Bibliografia. In biblioteca si possono trovare i seguenti libri: sul primo CamminaItalia (11 feb-braio - 6 ottobre 1995) "CamminaItalia" di R.Carnovalini, G.Corbellini e T.Valsesia (Ed. G. Mondadori, Milano 1995) con video-documentario di Renato Andorno; sul secondo CamminaItalia (28 marzo - 9 ottobre 1999) "Il

nuovo CamminaItalia" di G.Corbellini e T.Valsesia (Ed. TCI, Milano 1999) con video-documentario di Renato Andorno; sul settore lombardo "Gli anelli verdi del Sentiero Italia in

Lombardìa" di G.Corbellini (Ed. Regione Lom-bardia, Milano 1998). Non esistono opere ag-

giornate successivamente, tranne il pregevole libro sul settore sardo "Sentiero Sardegna - Sentiero

Italia - Sentiero Europa" di Giorgio Dedola (Ed. C.Delfino, Sàssari 2002). MAR

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SENT ITALIA

provocazioni&proposte

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Renato Riva L'ORCO DI RHEMES Editore Le Chateau, Aosta 2009. Pagine 230. Euro 15,00 Renato Riva, ingegnere elettronico e manager di aziende informatiche di Inzago è già noto ai soci della Sezione perché è stato ospite nel mese di ottobre della rassegna MML, Milano Mon-tagna Libri. L'occasione per fare la sua conoscenza è stata l'uscita del suo ultimo libro, ambien-tato nella sua amata val di Rhemes. Si tratta di un romanzo assai coinvolgente che per certi versi ripercorre la storia di molti di noi, e comunque di molti giovani alpinisti milanesi alle prese con le prime ascensioni, con la passione dell'arrampicata nel cuore, ma anche con pochi soldi in tasca, con gli studi da completare, i difficili rapporti in famiglia quando affiora prepotente la passione della roccia. La vicenda si svolge a Milano tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, in una periferia operaia come quella del quartiere di Lambrate. L'amicizia fra giovani ragazzi, la frequentazione dell'oratorio, le prime gite in montagna, la contestazione studentesca di quegli anni sono il contorno di un'epopea drammatica che ha poi per protagoni-sta una montagna. Una parete impossibile della Val di Rhemes. Un Eiger tutto italiano che nella mente dell'autore diventa poi l'Orco. Un libro da leggere tutto d'un fiato per capire il respi-ro di un'epoca ormai lontana con le contraddizioni e le passioni di quei giovani. (P.C.)

Gastone Mingardi LA MONTAGNA NEGLI EX LIBRIS DI ADOLF KUNST Nuovi Sentieri editori e Tipoteca italiana fondazione. Pagine 120. Gastone Mingardi, mai dimenticato artefice insieme al fratello della celebre Libreria alpina antiquaria Giovanna Degli Esposti di Bologna tra gli anni Settanta e gli anni Novanta, ha dato alle stampe un elegante volume che rende onore all'arte dell'incisore tedesco Adolf Kunst, famoso esecutore di ex libris. Kunst, nativo di Ratisbona dove vide la luce nel 1882, studiò e visse a Monaco di Baviera, dove ricoprì l'incarico di insegnante, iniziò a occuparsi di ex libris nel 1911 prediligendo la tecnica dell'incisione su linoleum. Il volume di Mingardi, che si avvale di una dotta introduzione di Dante Colli, presenta molti esemplari di ex libris provenienti dalla stessa collezione privata dell'autore: i soggetti a tema alpino sono i più vari dai paesaggi alle montagne, dai boschi, agli alberi, dai castelli ai fiori di montagna. Un volume da gustare per avvicinarsi a un'arte oggi spesso dimenticata, tenuta viva anche dalla Sezione di Milano che proprio un anno fa promosse una storica mostra con relativo concorso di ex libris a livello mondiale. (P.C.)

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IN LIBRERIA segnalazioni e consigli per la lettura di piero carlesi

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René Desmaison LE FORZE DELLA MONTAGNA

AUTOBIOGRAFIA DI UN GIGANTE

DELL’ALPINISMO MONDIALE

Milano, Corbaccio, 2009; 360 pagine ; 20 euro Con la leggerezza degna di uno scrittore anglosassone, René Desmaison ci ha lasciato la memoria della sua vita, alpinistica e non, attraverso la sua storia personale, quella della Francia e dell’ambiente alpinistico internazionale. Una vita colma di avventura, certo, come quella di ogni

grande alpinista; ma anche di partecipazione, di umanità, di gioie e di tragedie immense. Mi-gliaia di ascensioni, 114 prime, spedizioni extra-europee per un alpinista venuto alla ribalta solo nel 1966, in occasione del salvataggio degli alpinisti tedeschi ai Drus dove, oltre alle grandi capacità tecniche risaltò la grande caparbietà e umanità, nonché il suo carattere “ribelle” rispetto

allo establishment alpinistico dell’epoca, fatto di gerarchie e autorità. Una carriera fatta sì di grandi soddisfazioni e grandi salite con personaggi del calibro di Jean Couzy (che già nel 1954, a 24 aveva intuito la grandezza di René le-gandosi con lui nelle spettacolari salite ai Drus e alla Aiguil-le Noire de Peuterey) ma anche di dolori infiniti, causati dalla perdita di amici, ancor prima che compagni di corda-ta, tra i quali lo stesso Couzy o l’amico di sempre Serge Goussault… Tragedie vissute però con la forza d’animo di chi sa che la scelta dell’alpinismo include il rischio (mai cercato deliberatamente ma aleggiante su ogni grande impresa) e non “piangendosi addosso”: rialzare la testa e andare avanti, potrebbe essere il motto di questo immenso Desmaison che nelle pagine di questa sua autobiografia si rivela però anche uomo delicato, pieno di amore per la vita, e di vero profondo amore per la sua famiglia e i compagni

via via legati alla sua corda. Non è un caso se a l’Argèntiere la Bessée (in Francia, regione delle Hautes Alpes, proprio sotto l’amato massiccio degli Ecrins) esiste una Place René Desmaison: un tributo sentito ad un gran-de uomo prima che un grande alpinista, mancato nel set-tembre 2007, a 77 anni. (Marco Vegetti ) Antonio Amaduzzi, Angelo Longoni CAGLIO E DINTORNI UN VIAGGIO STORICO TURISTICO NELLA VALLASSINA PITTORESCA Comune di Caglio, 2008, Ammetto che conoscevo Caglio soltanto per i suoi boschi di castagno e per le due sagre legate a questo frutto autun-nale; conoscevo Caglio perché su Internet avevo trovato la sua appartenenza alla Associazione Nazionale “Città del Castagno”, tra luoghi famosi della Toscana, dell’Emilia

Romagna, del Piemon-te, della Campania. Ammetto che conosce-vo Caglio per la sua vicinanza a Rezzago e ai famosi funghi di terra. Oggi questo volume della ProLoco e del Comune mi regala l’occasione di scoprire una dimensione diversa di questo piccolo paese di circa 400 anime, po-sto nelle Prealpi coma-sche, a ottocento metri

di quota… Encomiabile è stato lo sforzo di ricerca degli autori, Amaduzzi e Longoni, che sono stati capaci di mette-re insieme un interessante viaggio testuale e iconografico tra i monti vallassinesi. Si scopre così che della comunità di Caglio si parlava già ufficialmente nel 1757 nelle carte del Compartimento Territoriale Teresiano e da lì in poi è citato praticamente ovunque nelle carte e nelle guide turi-stico storiche, come d’altra parte testimoniano le immagini d’antan delle cartoline ottocentesche; si scopre che a Ca-glio fece tappa nella sua vita errante il grande pittore Gio-

vanni Segantini al quale la natura del piccolo paese ispirò il famoso dipinto “Alla stanga”, opera pluripremiata nel mon-do. Un’opera molto interessante, per scoprire come dietro un piccolo paese possa ben esistere una storia “grande”, a dispetto dell’apparenza di tranquillo e modesto abitato appollaiato tra colline verdi e estesi boschi. Un’opera molto interessante, nata per ricordare un passato e, credo, per indicare un futuro: tradizione e storia come recupero di un passato caduto nel dimenticatoio, ma che si ripresenta forte solo andando con lo sguardo, la mente e il cuore, non tanto lontano nel tempo, magari passeggiando nel cuore antico di Caglio, Vallassina, guidati dai ricordi che suscita-no le immagini di questo pregevole volume. (M.V.) Marco Dalla Torre ANTONIA POZZI E LA MONTAGNA Edizioni Ancora, 158 pagine, euro 14.50. Di Antonia Pozzi conosco il nome e la professione (poetessa) fin dalle elementari per un fatto banale: la via intitolata a Lei, a Milano, non era molto distante da dove abitavo e ci passavo tutti i giorni. Poi negli anni seguenti, quando entrai nel Consiglio direttivo del CAI Milano, il pre-

sidente della Sezione, l'ing. Norberto Levizza-ni aveva casa in quella stessa via e scoprii così che Antonia Pozzi non solo era una poe-tessa, ma era pure un'alpinista! Il recen-tissimo saggio di Mar-co Dalla Torre fa ora luce completa, final-mente, su questo straordinario e delica-tissimo personaggio del Novecento, riper-correndo la sua breve, ma intensa vita, tutta

dedicata alla poesia e alla montagna. Milanese, nata nel 1912, morì infatti suicida a soli 26 anni nel 1938 e non vide quindi, per sua fortuna, gli orrori dell'imminente guerra.

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Frequentò intensamente la montagna, sia le Alpi Occidentali, sia le Dolomiti, tanto che furono proprio i monti la sua primaria fonte d'ispirazione per le sue liriche. L'autore ricostruisce la sua vita e soprattutto scava a fondo nel suo animo sensibile mettendo a nudo i suoi sentimenti e le sue profonde emozio-ni, in relazione anche alle amicizie che segnarono la sua esistenza, tra cui l'amore contrastato dalla famiglia per Anto-nio Maria Cervi, suo professore ai tempi del lioceo. Socia della Sezione di Milano del Cai (e in particolare dello Sci Club Milano, l''attuale Sci Cai.) frequentò assiduamente la famiglia di Camillo Giussani (tra i fondatori del Gism), Conobbe Guido Rey al Breuil ed Emilio Comici a Misurina; fu amica sincera di Tullio Gandenz, trentino, alpinista e poeta, e di Dino Formag-gio, suo compagno di studi, scalò spesso con la guida Joseph Pellissier. Il testo, corredato da molte fotografie inedite, si completa con un'antologia delle poesie di montagna di Anto-nia Pozzi. (P.C.)

Roberto Bergamino Passeggiare in Valle Tesso Neos edizioni Itinerari, con il patrocinio della Regione Pie-monte e del Comune di Mona-stero di Lanzo, pagine 94, prezzo: 13 euro. Una nuova interessante guida tascabile del socio della Sezio-ne Cai di Lanzo Roberto Berga-mino... dopo la guida Binari e scarponi uscita pochi mesi pri-ma. Ma “dov'è questa Valle Tesso?” si chiederà qualcuno,

Me lo sono chiesto anch'io appena ho scartato il pacco in cui c'era il volumetto. In effetti il nome, ai più, dice poco. La valle Tesso, infatti è una piccola valle laterale della valle di Lanzo, che si apre a nord di Lanzo Torinese, con una strada carroz-zabile che la risale fino a Marsaglia, a 1300 metri di altitudine. Sull'Atlante 1.200.000 del Touring Club è disegnata, vi sono segnati alcuni paesi e frazioni fino proprio a Menulla e Marsa-

glia, ma il nome Valle Tesso non è indicato. La guidina di Bergamino descrive ben 19 itinerari: facili escursioni per bo-schi e frazioni, la maggior parte, più alcuni, gli ultimi, un po' più impegnativi ad alcune cime della zona. Ne esce una pro-posta assai interessante per poter fare escursioni di inizio stagione o d'autunno, nella bassa montagna, non molto di-stante da Torino dove la natura regna ancora pressoché so-vrana con boschi, cascate, frazioni isolate. Un mondo da scoprire, passo dopo passo. (P.C.)

Roberto Didi Lanzini Guida agli alberi maestosi nei boschi del Parco Alto Garda Bresciano Edizioni Grafo, pagine 182, 13 euro. I monti dell'Alto Garda bresciano non sono i più frequentati dai soci milane-si del Club Alpino, ma quando li si scopre, si resta spesso affascinati dalla loro bellezza e soprattutto dalla wilderness che li circonda. Non a caso lì si trovano un parco, il parco

dell'Alto Garda bresciano, e alcune foreste demaniali molto estese gestite dal'Ersaf, l'azienda regionale foreste, che natu-ralmente fa anche azioni di tutela. Questo volumetto-guida ci dà degli spunti per compiere escursioni per andare alla ricer-ca di alcuni alberi monumentali che si trovano sul territorio. Finalmente da alcuni anni gli alberi monumentali sono stati presi seriamente in considerazione e sono trattati come mo-numenti viventi da proteggere come tanti reperti stori-co.archeologici della nostra civiltà. Il volumetto presenta in 35 schede alcuni di questo meravigliosi reperti della nostra vege-tazione “storica”, di volta in volta castagni, aceri, faggi, abeti, ecc. Per ogni scheda, fotografie, cartina particolareggiata, descrizione dell'itinerario d'accesso e ovviamente scheda dell'albero. Gli itinerari spaziano dai rilevi a monte di Salò fino a quelli sopra Tremosine. (P.C.)

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vita della sezione

Ad Ottagono-Spaziomontagna le vedute di Lucia Donelli Proseguono in sede presso l’area espositiva di Ottagono-Spaziomontagna le mostre di pittura, grafica e fotografia programmate per la stagione 2009/2010. Dopo le personali di Ritter, Nuzzo e Bossi la nostra “galleria in Galleria” ospiterà dal 20 maggio al 11 giugno 2010 la pittrice Lucia Donelli con una mostra dal titolo “ Vedute”. Delicati acquerel-li ci porteranno in giro per l’Italia dalle valli del trentino con i loro laghi e antichi manieri alle coste della Penisola Sor-rentina, dai famigliari paesaggi dei laghi della nostra Lombardia alla verdeggiante dorsale appennica umbra e alle falde del Vesuvio. Grazie alle pennellate e alla sensibilità di Lucia Donelli (ri)scopriremo angoli di questa terra italiana, del nostro …..bel Paese ch’Appennin parte, e’l mar circonda e l’Alpe. La mostra resterà aperta al pubblico dal lunedì al venerdì, dalle ore 14 alle ore 19. Chiuso sabato e festivi. Ingresso libero.

Itinerari della memoria in Grigna Sabato pomeriggio (20 Marzo 2010) sono stata alla Chiesetta dei Resinelli . Qui una piccola folla ha partecipato, nonostante la neb-bia avvolgesse ogni cosa e solo a tratti una folata di vento aprisse allo sguardo le rocce innevate della Grignetta, alla posa della targa che indica il punto di partenza di un bel percorso, chiamato “Itinerario della Memoria: Partigiani sulle Grigne”. Il percorso è stato tracciato con la collaborazione del CAI-Grigne. Si tratta di una iniziativa dei Comuni di Mandello, Abbadia, Lecco, insieme ad Associazioni culturali locali, ad ANPI, IMI, ANED., che hanno messo a disposizione i propri archivi e hanno sostenuto gli autori della guida nella raccolta di testimonianze dirette e indirette, documenti e fotografie d’epoca. Il libro-guida - si tratta di una prima edizio-ne che gli autori ritengono provvisoria - è prezioso per le indicazioni logistiche, il quadro storico e le informazioni raccolte, ed è già disponibile da noi, presso la nostra Biblioteca, per i camminatori interessati. Per gli aspetti storici e documentali la ricerca ha utiliz-zato essenzialmente materiali e testimonianze raccolte in loco, tra le altre quelle dell’archivio Guzzi e Cassin . Sappiamo però che numerosi sono stati i milanesi, tra i quali anche nostri soci, presenti in quel tragico periodo su queste “ montagne di casa”, vuoi perchè rocciatori amici della gente della montagna e dei gestori dei nostri rifugi, o perché sfollati con i famigliari, o perché parteci-panti in diversi tempi e modi alla lotta di liberazione, altri perché ricercati in quanto ebrei , giovani che rifiutavano la chiamata di leva per una guerra non condivisa, operai e tecnici che rifiutavano il lavoro coatto in Germania al servizio dei nazisti. Gli autori della guida, Simonetta Carizzoni, Gabriele Fontana ed Eugenio Pirovano, raccomandano di leggerla con attenzione per segnalare even-tuali inesattezze e completare il loro lavoro di ricerca storica con nuove segnalazioni, contributi e testimonianze, prima che sia persa la memoria di quei tempi difficili e di una realtà tanto complessa. Gli autori ritengono importante raccogliere ogni contributo, sia esso un documento, una foto, una semplice testimonianza di chi c’era o di chi ha ascoltato racconti di famigliari, notizie non necessaria-mente importanti ma comunque utili per completare correggere integrare il quadro storico e illuminare momenti che hanno lasciato un segno nelle nostre famiglie e nelle nostre esperienze di vita. Nella convinzione che solo con memoria e consapevolezza si può costruire un futuro migliore per i nostri figli e nipoti, auguro a tutti noi buona strada. Luisa Ruberl Lucioni Chi lo desidera può contattare direttamente gli autori scrivendo a WWW.MANDELLOLARIO/ARCHIVIOMEMORIA . Per visite guida-

te sull’Itinerario della memoria è invece possibile rivolgersi a Simonetta Carizzoni, 0341-735658 o 338-6119696.

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CLUB ALPINO ITALIANO SEZIONE DI MILANO

Fondata nel 1873

www.caimilano.eu