CADZINE n° 5, ottobre 2014, ANNO I

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Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus DAL 2014 DAL 2014 OTTOBRE 2014 Anno I Numero 5 edizione gratuita /11 Arduino stand alone Tu i trucchi per rendere i nostri proge definivi donandogli una vita propria. Come operare per realizzare facilmente un PCB. /15 Vibroincisore per PCB Con una minima spesa costruiamo- ci un vibroincisore termochimico in modo da velocizzare al massimo la realizzazione dei nostri PCB /22 Arte Una mostra sui disegni del Tiepolo ai Musei Capitolini amassimo piore della Repubblica Veneta vissuto nel ‘700

Transcript of CADZINE n° 5, ottobre 2014, ANNO I

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Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google PlusIl magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus

DAL 2014DAL 2014

OTTOBRE 2014 Anno I Numero 5 edizione gratuita

/11 Arduino stand alone

Tutti i trucchi per rendere i nostri

progetti definitivi donandogli una

vita propria. Come operare per

realizzare facilmente un PCB.

/15 Vibroincisore per PCB

Con una minima spesa costruiamo-

ci un vibroincisore termochimico in

modo da velocizzare al massimo la

realizzazione dei nostri PCB

/22 Arte

Una mostra sui disegni del Tiepolo

ai Musei Capitolini amatissimo

pittore della Repubblica Veneta

vissuto nel ‘700

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La Comm. per progettisti, disegnatori tecnici ed appassionati La prima Community italiana, della piattaforma Google Plus sul CAD e le sue applicazioni, per

data di fondazione e numero di iscritti

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“LA DISUMANITÀ DEL

COMPUTER STA NEL

FATTO CHE, UNA

VOLTA PROGRAMMA-

TO E MESSO IN FUN-

ZIONE, SI COMPORTA

IN MANIERA PERFET-

TAMENTE ONESTA.”

ISAAC ASIMOV

LA METTO IN CORNICE

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PAG. 76 UMORISMO

PAG. 77 GIOCHI

corsi & tutorials PAG. 68 CORSO DI ORIENTAMENTO ALLA BIM di Salvio Giglio “I soggetti responsabili del piano BIM” III PUNTATA

PAG. 70 CORSO DI BASE PER SKETCHUP di Salvio Giglio “Le linee di costruzione” V PUNTATA

PAG. 74 CORSO DI MODELLAZIONE GEOLOCA-

LIZZATA PER SKETCHUP di Antonello Buccella “Modellare il tetto e le relative strutture portanti” III PUNTATA

PAG. 07 NEWS

PAG. 09 EDITORIALE di Salvio Giglio “Wanna, il sale nell’acqua e la politica 3.0”

PAG. 11 ARDUINO di Salvio Giglio “PCB per stand alone: impariamo il metodo del trasferimento diretto”; II PUNTATA-PAG. 15 “Costruiamo un vibroincisore termochimico per i nostri circuiti”.

PAG. 23 ARTE di Salvio Giglio “Tiepolo, i colori del disegno”

PAG. 24 BASI PER IL DISEGNO E LA PROGET-

TAZIONE di Salvio Giglio “Le filettature: i primi elementi di co-mando e fissaggio della storia”. I PUNTATA

PAG. 30 DESIGNER’S STORY di Salvio Giglio “Luigi Piccinato”

PAG. 37 INTERVISTA di Salvio Giglio “Jocelyn Groizard ”; PAG. 42 “Gontrand Nyung”

PAG. 46 MUSICA di Nicola Amalfitano “Il Madrigale ”

PAG. 50 NEW HARDWARE FOR CAD di Sal-vio Giglio “I termistori”. VI PUNTATA

speciale PAG. 54 MAKER FAIRE ROME 2014 di Sal-vio Giglio “Maker Faire Rome 2014; quel futuro così a portata di mano...”; PAG. 56 di Gianmarco Rogo “Maker Faire Rome 2014: fantastica!”; PAG. 57 di Gianmarco Rogo “Reportage”

eventuali & varie

rubriche

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Direttore responsabile: Salvio Giglio Redazione: Nicola Amalfitano, Antonello Buccella, Gianmarco Rogo

Segretaria di redazione: Nunzia Nullo Redazione bozze: Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo

Ottobre 2014 è stato un mese veramente pesante sia per la realizzazione di questo nu-mero che per la mia produ-zione lavorativa personale.... ADSL saltata per una setti-mana e un virus a cui poi si sono aggiunti anche una serie interminabile, e quoti-diana, di problemi legati alla

vita condominiale. Concepi-re un prodotto editoriale appena presentabile come questo non è facile, vi prego di credermi: 8/10 ore di lavo-ro a sessione tra ricerche, elaborazione grafica e dei testi, traduzioni... In coda i bug di Youblisher che, suo malgrado, ci mette anche 24 ore prima di rendere pubbli-co il materiale che gli si in-via! Insomma, uno di quei

mesi che vorresti veramente strappare dal calendario! A raddrizzare le sorti di questa edizione il bel servizio di Gianmarco Rogo che ha visitato il Maker Faire Rome 2014 realizzando un fotore-portage molto carino che rende perfettamente l'idea di cosa tratta questa particola-rissima iniziativa.

Diario di bordo

inventore

[in·ven·tó·re] sostantivo maschile. Persona capace di formulare un progetto o un principio originale in ambito tecnico o scientifico.

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PAG. 76 UMORISMO

PAG. 77 GIOCHI

corsi & tutorials PAG. 68 CORSO DI ORIENTAMENTO ALLA BIM di Salvio Giglio “I soggetti responsabili del piano BIM” III PUNTATA

PAG. 70 CORSO DI BASE PER SKETCHUP di Salvio Giglio “Le linee di costruzione” V PUNTATA

PAG. 74 CORSO DI MODELLAZIONE GEOLOCA-

LIZZATA PER SKETCHUP di Antonello Buccella “Modellare il tetto e le relative strutture portanti” III PUNTATA

eventuali & varie

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Cos’è CADZINE è una rivista gratuita nata in

seno alla Community di “AutoCAD, Rhino & Sket-

chUp designer” per informare & formare disegnatori tecnici e

appassionati sul CAD ed i suoi “derivati”.

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Segretaria di redazione: Nunzia Nullo Redazione bozze: Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo

Impaginazione, pubblicità e progetto grafico: Salvio Giglio Editore: Calamèo (Hachette)

E’ consentita la riproduzione di testi, foto e grafici citando la fonte e inviandoci la copia. La pubblicazione è CopyLeft & Open Access ;-)

Pensandoci bene

La terra dei “festoni” È geniale il modo di governare di taluni amministratori pubblici: con un algorit-

mo tutto loro riescono a rendere direttamente proporzionale il numero degli eventi di intrattenimento pubblico con quello dei guai delle città che dovrebbe-

ro tentare di gestire. Potete esserne certi che, anche se non ci saranno i soldi per riparare una strada piena di buche, per provvedere alla messa in sicurezza

dell’alberatura stradale, per aprire nuovi asili o per far fronte ad altri guai, il vostro sindaco riuscirà sicuramente a reperirli per un bel concertone, per una

straordinaria notte bianca o per qualche altra costosa pagliacciata. Alla faccia vostra, della spending review e della morigeratezza anti crisi!

inventore

[in·ven·tó·re] sostantivo maschile. Persona capace di formulare un progetto o un principio originale in ambito tecnico o scientifico.

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NEWS gli ultimi post prima di andare in stampa

Il Premio Nazionale Unicredit Start Lab 2014 per la categoria Clean Tech è stato assegna-to all’innovativo progetto Smart DOMOTICA, sviluppato nell’incubatore di idee del Parco scientifico e tecnologico Torricelli di Faenza con il supporto di Centuria, Agenzia per l’Innovazione della Romagna. La Commis-sione di valutazione ha individuato nel lavoro della startup emiliana “Innovatività, potenzialità economiche e completezza”. La startup emiliana che ha sviluppato e realiz-zato DOMOTICA, ora è in procinto di commer-cializzare un sistema impiantistico di domotica tutto made in Italy per il rispar-mio energetico e il monitoraggio energeti-co degli edifici. Con questo sistema si attua il controllo totale del fabbisogno energetico di un edifico monitorando ogni ambiente delle abitazioni: riscaldamento, illuminazio-ne, energia rinnovabile, elettricità, per un. La vastità dei potenziali campi d’impiego, la semplicità di utilizzo, l’installazione rapida nel centralino elettrico, unitamente ad un prezzo competitivo rendono questo prodot-to estremamente interessante. S. G.

NOTO - Il recupero ecosostenibile della masseria di Noto, in Sicilia, si è aggiudicato la prima edizione di Tettitaliani. La notizia apparsa su ingegneri.info parla del contest lanciato dal brand Brianza Plasti-ca per celebrare la trentennale presenza sul mercato del suo pro-dotto di riferimento: il pannello isolante Isotec. Questo progetto è stato firmato dall’architetto Lara Grana ed ha permesso il recupero ecologico di un ex frantoio per il vino, risalente ai primi del '900. Applicando tecniche di architettura bioclimatica ed ecosostenibile,

l'architetto ha riconvertito l'edificio in abitazione civile, certificata in classe energetica A+. La preesisten-za dell’edificio, dal forte richiamo architettonico locale, non è stata alterata anzi valorizzata e riqualifi-cata grazie all'applicazione di siste-mi costruttivi tecnologicamente avanzati, dalle elevate prestazioni energetiche ed altamente ecososte-nibili. Ovviamente le coperture rappresentano per definizione tecnologica la parte integrante di questo percorso progettuale. S. G.

VENEZIA - La Corte di Cassazione ha bocciato il ricorso presentato dall’architetto spagnolo Santiago Calatrava contro il processo in corso dinanzi alla Corte dei Conti del Veneto per i danni contabili in relazione all’aumento dei costi del Quarto ponte sul Canal Grande a Venezia. A 18 anni dalla donazione del pro-getto esecutivo e a cinque dall'inau-gurazione dell'infrastruttura la giunta lagunare ha incaricato l'av-vocatura comunale di procedere contro il progettista iberico per «inadempimento e accertamenti danni». A far decidere furono gravi vizi di progettazione che hanno poi deter-minato l’aumento del risarcimento dei danni, si legge sfogliando i documenti processuali. L’opera ha avuto gravi lacune anche

nella gara d’appalto. La Corte dei Conti ha chiesto a Calatrava un risarcimento di 3,8 milioni di euro per i danni all’Erario italiano. La tesi degli avvocati dell’architetto spagnolo si basa sul fatto che al loro assistito sarebbe stata affidata solo la consulenza artistica e che non avrebbe mai avuto la gestione diretta di denaro pubblico e total-mente estraneo alle accuse. Il 'Ponte della Costituzione' (così battezzato dal Comune) è costato sinora circa 12 milioni di euro e un ritorno d’immagine molto negativo per la città lagunare. Altro costoso fallimento è stato la realizzazione della Ovovia per disabili costata due milioni di euro per restare ferma e senza personale specializ-zato per la sua gestione. S. G.

L’AQUILA - Produrre arte con i rifiuti imparando che la raccolta differenziata è una componente essenziale per la salvaguardia dell’ambiente. Il progetto di inter-scambio culturale Comenius nasce per la preparazione di insegnanti e studenti nel campo della raccolta differenziata e nel riciclo di essa in determinati campi. Cominciato nel settembre del 2013, si concluderà al termine dell’anno scolastico 2014-2015. Lunedì 13 ottobre a L’Aquila, presso la direzione didattica Ami-ternum, la preside, dott.ssa Carla Marotta e le insegnati della prima-ria aquilana Mariele Ventre hanno illustrato quanto ha realizzato un loro gruppo di bimbi, con riprodu-zioni dei più importanti monumen-ti della città adoperando materiale riciclato, al sindaco Massimo Cia-lente e a Rinaldo Tordera AU di ASM S.p.a. Sono state riprodotte fedelmente la Basilica di Collemag-gio, le 99 Cannelle e Palazzo Mar-gherita, utilizzando quotidiani, tappi e bottiglie di plastica, rotoli di carta, pezzi di cartone e altri rifiuti. Il Progetto europeo di formazione “Comenius - The World we waste” per studenti e insegnati è parte del programma "Lifelong Learning Programme". Nell’ambito di questa iniziativa, nella scorsa primavera, la città abruzzese ha ospitato le delegazioni delle numerose nazioni coinvolte: Turchia, Italia, Spagna, Portogallo, Polonia e Germania. A. B.

Tettitaliani, ecco la masseria vincitrice del primo contest di BP

Premio Unicredit Start Lab

L’Aquila e il proget-to Comenius

Calatrava deve pagare 3,8 mln di euro per vizi di progettazione al Quarto Ponte sul Canal Grande

Dal 14 al 20 ottobre i Cantieri Cultu-rali alla Zisa hanno ospitato il pro-getto “I Cantieri del Design” nell’am-bito del Festival “Cantieri del Con-temporaneo” a cura di Giuseppe Marsala. Sono state proposte quattro mostre, curate da Viviana Trapani e ospitate presso le “botteghe” dei Cantieri in cui si proponevano diver-si temi e approcci progettuali, me-diante le esperienze di giovani desi-gner siciliani, frutto di attività didat-tiche e ricerche condotte dalla Scuo-la di Disegno Industriale di Palermo. Le esposizioni hanno offerto l’occa-sione per incontrarsi e riflettere sulla progettualità del design, che esprimendosi attraverso forme di creatività e d’innovazione, promuo-ve processi di sviluppo concreti, interpretando parallelamente iden-tità e qualità territoriali. S.G.

I Cantieri del Design

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EDITORIALE

U na delle cose più anti-patiche del modo di fare politica in Italia, a prescindere dal prota-

gonista del momento, è il tormen-tone mediatico continuo: il Pre-mier ha detto questo; il Premier ha detto quello; il Premier oggi è an-dato 3 volte in bagno e non 2 come ieri; il Premier ha sgridato il suo cane perché gli ha sporcato casa; il Premier ha preso 4 caffè e non 5 come una settimana fa! Un pres-sing continuo su ogni giornale, telegiornale e persino in rete con messaggi e messaggini! Credo che questa strategia serva esclusiva-mente per nauseare il pubblico, per fargli fare vere e proprie indi-gestioni di politica… In questo modo si sortisce l’effetto diametralmente oppo-sto e lo sanno bene gli addetti ai lavori delle comunicazioni di massa: martellia-moli con ore di notizie e trasmissioni politiche, così cambieranno canale appe-na vedono o sentono parlare di politica. Una cosa simile è accaduta anche su G+ con la morte di Authorship: ogni 4 post ce n’era uno con questa notizia e molti, come accade nel mondo reale, manco sapevano di cosa si trattasse! Cosa voglio dire con questo? Semplice: chi è vera-mente impegnato nel risolvere un pro-blema non ha tanto tempo da perdere in parole! Oggi tutti raccontano una storia, in rete o in televisione, poco importa; sia-mo tutti scrittori, tutti opinionisti e affa-bulatori:, dal salumiere sotto casa al sin-dacalista, dal presidente di circoscrizione al Premier! Una strategia perfetta che riesce a far passare notizie di ogni tipo senza che la popolazione si indigni più di

tanto, anche se si tratta di cose tragica-mente gravi! Se quaranta, cinquanta anni fa la politica e il giornalismo si fossero permessi i lussi di oggi sarebbe scoppia-ta una vera e propria guerra civile. Pensa-te la potenza di certe tecniche di comuni-cazione capaci di far avallare vere caro-gnate, pilotando a piacimento fasce di popolazione verso il parere più conve-niente o di allontanarle completamente da certi dibattiti in modo tale da agire quasi del tutto indisturbati! Prima di arri-vare alla governance 3.0 cosa hanno fat-to? Hanno messo Wanna Marchi in TV per un certo periodo di tempo dicendosi: “se abboccano alla storia del sale nell’ac-qua perché non dovrebbero abboccare ai prossimi governi che creeremo?”. Fare politica oggi è semplicissimo: basta crea-re un personaggio, che chiameremo il Capo, in cui la gente più o meno si rico-nosce e fargli dire pubblicamente quelle quattro cose giuste, almeno nella fase iniziale. Siccome sicuramente questo personaggio scontenterà qualcuno si crea subito un gruppo di persone ad hoc, che chiameremo i resistori, che sia parti-colarmente capace nelle invettive e nell’inscenare eventualmente anche degli innocui tafferugli durante le sedute decisionali. Per dimostrare poi che il Ca-po non decide da solo e che rappresenta la maggioranza della popolazione si crea un secondo gruppo di persone, che chia-meremo conduttori, che deve far vedere che sta facendo qualcosa per risolvere i vari problemi. Il Capo, i resistori e i con-duttori in realtà sono amici e si godono una magnifica busta paga con tanto di vitalizi se escono dalla scena prima del tempo. In questa organizzazione ci sono anche dei personaggi che devono dimo-strare che lo Stato non è fesso e che se uno sbaglia paga! Questi personaggi li chiameremo fusibili, perché la loro fun-zione è proprio quella: bruciarsi al mo-mento opportuno salvaguardando il re-

sto del circuito! Questa struttura efficien-tissima, per quel riguarda la propria esclusiva sopravvivenza, in Italia trova applicazioni in ogni campo della PA: dal-la scuola al Comune, dalle ferrovie al Par-lamento. Combattere contro di loro è tempo e fatica sprecata: hanno attori per ogni ruolo! Un tempo l’uomo politico do-veva rappresentare la saggezza? Ed ec-coti un esercito di nonnini seduti nei posti chiave del Paese. Oggi c’è il trend dell’innovazione, del nuovo che avanza, della rottamazione? Ed eccoti una serie di quarantenni tutti belli e leccati pronti a servire il Paese… e che bei servizi signori! C’è persino la tipa bionda sexy che di-spensa occhiate e sorrisini ammalianti da consumata mistress! Insomma cosa volete di più? La nostra teatralità la dove-vamo pur esprimere in qualche modo, no? E quale palcoscenico migliore se non quello di tante amministrazioni comuna-li e regionali? E quanti botti di fusibile ci sono stati in questi ultimi tempi? Tutte piccole Tangentopoli, calciopoli e vallet-topoli in cui ognuno ha fatto la sua parte, specialmente i fusibili di turno: chi fini-sce in galera da una parte e chi ai domici-liari di lusso da un’altra. Oggi una nuova tendenza prende in prestito dalla mecca-nica automobilistica addirittura il concet-to di sospensione! Affascinante questa cosa della sospensione, lo dico con am-mirazione, credetemi. Sospeso, non li-cenziato, non rimosso… sospeso come in uno stato di ibernazione! Dai ci vuole fantasia a pensare cose come questa! Ovviamente il lavoro di smantellamento continua, state sereni! Mica è un fusibile a bloccarlo, eh! Mentre la gente dibatte sull’ultima partita di calcio taroccata, sull’ultimo fusibile che è saltato, loro sono lì e fanno i fatti loro! Peccato per noi Ita-liani… saremo anche un popolo di santi, navigatori ed inventori ma siamo vera-mente dei gran boccaloni dalla memoria corta! ;-D

di Salvio Gigl io

Wanna, il sale nell’acqua e la politica 3.0 “Senti facciamo così: se ascoltano la Wanna e il maestro di vita, credono al campionato di calcio e a certe trasmis-

sioni televisive, allora gli possiamo far credere veramente di tutto! Sarà come una sorta di test per vedere e provare

le loro intelligenze… Non credo che ci sia molto da preoccuparsi, vedrai… Cambieremo questo Paese... Per sem-

pre! Hgghhgghghghghghghghgh”.

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ARDUINO

B envenuti alla seconda puntata sulla produzione di circuiti stampati per rendere i nostri progetti

di Arduino “definitivi”. Ci occupe-remo della tecnica chiamata “a trasferimento diretto”, quella stori-camente più datata, cioè della rela-tiva incisione chimica della baset-

ta. Nell’articolo troverete anche il modello e le istruzioni per costrui-re artigianalmente un vibroinciso-re termochimico per accelerare la realizzazione delle schede. La cosa che più mi preme ricordare, prima di cominciare, è che bisogna avere, o crearsi, un apposito spazio per realizzare in modo ottimale un CS artigianalmente.

Metodo del trasferimento diretto Questo metodo è il primo passo per imparare a realizzare dei pic-coli CS in casa, dal momento che esso non richiede particolari at-trezzature. Continuando troverete il ciclo di lavorazione da seguire prima dell’incisione chimica CIRCUITO AD UNA SOLA FACCIA In scala 1:1 si disegna, o si stam-

pa, su carta il master del circui-to stampato che si desidera rea-lizzare. Ricordate di provvedere

il disegno delle piazzole di salda-tura di un’area cir-colare rappresen-tante il foro per il piedino del com-ponente. Questa

zona, che non sarà protetta dalla vernice e sarà rimossa con l’in-cisione chimica, vi agevolerà quando praticherete i fori per i componenti, offrendo così alla punta del vostro trapano un rife-rimento preciso che fungerà, contemporaneamente, da guida e da punto di partenza. Per i cir-cuiti integrati e i connettori di-

rettamente saldati sullo stampa-to potete reperire sul mercato trasferibili resistenti all'incisio-ne; sappiate che ce ne sono an-che per il disegno di piste parti-colarmente sottili.

Si prepara la basetta con una meticolosa fase di lavaggio, uti-lizzando esclusivamente una semplice paglietta metallica da cucina a trama fine, come quella di Fig. 15, e acqua fredda, ed evi-tando l’impiego di qualunque prodotto detergente o lucidante che potrebbe inibire le fasi suc-cessive della lavorazione. È con-sigliabile utilizzare dei guanti in lattice monouso di tipo ospeda-liero per evitare di lasciare im-pronte digitali, che contengono sempre del grasso, durante que-sta fase il cui scopo è semplice-mente quello di portare a lucido il deposito galvanico di rame della basetta. La pulizia deve essere leggera senza calcare troppo la mano sulla superficie ramata. Evitate assolutamente l’adozione di carta vetrata o di tela smerigliata per questa fase perché potreste involontaria-

II puntata

di Salvio Gigl io

PCB per stand alone: impariamo il metodo del trasferimento diretto

È Il sistema tradizionale, per antonomasia, di produzione

della schede elettroniche home made. Una bella occasione

per diventare dei maker provetti e rendere stand alone dei

piccoli progetti di Arduino. Nell’articolo troverete anche co-

me realizzare il vostro vibroincisore termochimico per acce-

lerare la produzione di CS.

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ARDUINO

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ARDUINO

mente rimuovere o assottigliare troppo il rivestimento della ba-setta rendendola inutilizzabile. Dopo il lavaggio, asciugate ac-curatamente la scheda con un panno di cotone pulito e che non lasci pelucchi, oppure ripo-nete la scheda in un posto ven-tilato e poco polveroso per farlo asciugare, ricordando che il ra-me si ossida in poche ore vanifi-cando, quindi, una pulitura fatta troppo in anticipo. Dopo che la basetta si è completamente asciugata, se a causa di un im-previsto dovete rimandare il lavoro, potete ricorrere ad una pellicola plastica per alimenti per rallentare la formazione di ossido. Vi rimetterete i guanti e avvolgerete la scheda con la pellicola facendo fuoriuscire totalmente l’aria, esercitando una minima pressione con un panno asciutto e pulito che pas-serete sulla pellicola mentre la fate aderire sulla patina di rame.

Prima di procedere con la ripro-duzione del disegno sulla baset-ta vi procurerete della carta car-bone blu del tipo oleoso (quella nera a secco non lascia alcun segno) e farete qualche fotoco-pia di sicurezza del vostro dise-gno. Dopo aver indossato i guanti, fisserete la scheda al piano di lavoro, che avrete reso prima perfettamente pulito, con del nastro isolante; poi adagere-te la carta carbone sulla scheda, evitando di creare grinze e, infi-ne, una delle copie del vostro disegno che provvederete a fis-sare anch’esse sul piano di la-voro con del nastro adesivo. Fa-te attenzione a porre il vostro disegno in modo che esso sia riprodotto come riflesso da uno specchio considerando che voi state disegnando dalla parte inferiore della scheda e non dal-la parte dei componenti. Un pic-colo errore di distrazione può farvi perdere molto tempo! Pro-

cedete ricalcando il vostro cir-cuito con una adeguata pressio-ne della penna in modo che do-po la rimozione della carta car-bone esso sia ben visibile. Se non potete disporre della carta carbone procuratevi un piccolo punteruolo metallico da model-lismo; con esso, dopo aver fissa-to scheda e copia del disegno con il nastro adesivo al piano di lavoro, vi creerete una serie di punti di riferimento che unirete, con una squadretta e/o a mano libera, dopo la rimozione del disegno dalla basetta.

Dopo aver riprodotto il disegno sulla scheda, passiamo alla campitura di esso, in un am-biente pulito e non polveroso, utilizzando un semplice penna-rello indelebile, Fig. 18, che tro-verete in cartoleria o nei negozi di componenti elettronici, capa-ce di lasciare una traccia suffi-cientemente resistente all’azio-ne corrosiva della soluzione. Lo strato di vernice dovrà essere compatto, né troppo sottile né troppo spesso per evitare crepa-ture, e coprire totalmente le pi-ste per proteggere il rame dagli aggressivi chimici della fase successiva. L’inchiostro/smalto ci mette circa una ventina di minuti per asciugare, a seconda del produttore. Siate prudenti e aumentate ad un’ora il tempo di essiccazione: in tal modo evite-rete che la vernice, non ancora perfettamente asciutta, possa non proteggere la pista di rame sottostante! Correggerete even-tuali errori solo dopo che lo smalto sarà completamente asciutto mediante una lametta o un oggetto appuntito, evitando assolutamente solventi chimici che intaccherebbero il resto del circuito.

Procedere immediatamente all'inci-sione chimica. Leggere con la dovuta attenzione il paragrafo sulla sicurezza!

CIRCUITI A DOPPIA FACCIA La difficoltà maggiore che si in-contra in questo caso consiste nell’allineamento preciso delle due facce. Per risolvere tale problema si può procedere in questo modo, seguendo i passaggi dal 1 al 4 del punto precedente e integrandoli con quelli che seguono: 6) Mentre si disegna il circuito con

il pennarello sulla prima faccia, l'altra deve essere protetta o con una pellicola adesiva imper-meabile come quelle decorative che si usano per rivestire ogget-ti e arredi; altrimenti potrete utilizzare del semplice nastro adesivo per imballaggio.

7) Si procede all'incisione della prima faccia fino al lavaggio accurato della scheda con acqua fredda corrente e relativa asciu-gatura.

8) Si procede alla foratura per i piedini dei componenti sulla faccia appena incisa. A tal pro-posito leggetevi attentamente il paragrafo dedicato alla foratura. Dopo aver eseguito tutti i fori necessari, ripulite accuratamen-te la superficie della scheda con un piccolo aspirapolvere, con un pennellino o con un getto d’aria compressa. Verificate di aver eseguito tutti i fori necessari; per evitare errori, sul master, in fase di progetto, potreste nume-rarli progressivamente e se-gnarvi il totale da qualche parte per il controllo.

9) Proteggete accuratamente la faccia già incisa con della pelli-cola autoadesiva evitando bolle d’aria e verificando che sia per-fettamente aderita sui bordi del-la faccia. A questo punto potete rimuovere la pellicola protettiva dalla faccia da preparare: ripe-tendo le operazioni dal punto 1, in modo che i fori della faccia superiore rappresentino un rife-rimento valido per il posiziona-mento del disegno sulla carta copiativa sulla faccia inferiore,

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ARDUINO

riproducete il circuito sull’altra faccia. Potrete utilizzare degli spilli o dei chiodini da inserire nei forellini dei terminali in mo-do da centrare il disegno in più punti. Bucate in corrispondenza dei fori la carta su cui è disegna-to il circuito del lato inferiore, se avete stampato tutto accurata-mente il disegno dovrebbe coin-cidere senza alcun problema! Fissate bene la carta copiativa e il disegno del lato B del CS alla scheda prima di rimuovere gli spilli!

Incisione chimica delle schede Il termine acido è normalmente utilizzato in ambito professionale e hobbistico per indicare le solu-zioni chimiche impiegate per ri-muovere la patina di rame dai CS. Sostanzialmente si tratta di solu-zioni in grado di generare un liqui-do corrosivo capace di rimuovere

la patina di rame superflua dalle basette dopo aver riprodotto e pro-tetto il tracciato del circuito che intendiamo realizzare. In rete, molti siti propongono svariate so-stanze, alcune decisamente troppo pericolose per assolvere a questa funzione, anche se quella che mi ha convinto maggiormente è il cloruro ferrico dato il minor nume-ro di rischi che il suo impiego comporta. Il cloruro ferrico (FeCl3) è un sale del ferro disciolto nell’a-cido cloridrico ed è disponibile presso i negozi di elettronica in due formati: scaglie o grani, giallo-bruno da

sciogliere in acqua; soluzione liquida, eventual-

mente additivata con altre so-stanze.

La soluzione liquida, quando è nuova, ha un colore chiaro, è semi-trasparente ed ha una densità si-mile a quella dell’acqua; successi-

vamente il suo colore tende a di-ventare più scuro mentre aumen-tano l’opacità e la densità. Una so-luzione in acqua al 40% di cloruro ferrico non è particolarmente ag-gressiva, tuttavia essa riesce a cor-rodere, oltre al rame, i metalli di uso comune e in particolar modo l'alluminio. Con un litro di soluzio-ne si possono produrre diversi cir-cuiti stampati. È quasi inutile ri-cordare che tutti i contenitori e gli attrezzi che utilizzeremo per que-sta fase devono essere in plastica o vetro. Per tentare un solo esperimento senza spendere troppi soldi vi consiglio di ricorrere ad una sem-plice vaschetta per sviluppo foto-grafico, una bottiglia di soluzione già pronta, pennarelli protettivi e trasferibili e seguire i passaggi che descrivo nel para-grafo successivo, saltando quelli stretta-mente connessi al vibroincisore ma non quelli inerenti la sicurezza!

Una bottiglia di soluzione già pronta di cloruro ferrico ed una confezione di grani del sale ferrico da sciogliere in acqua

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3D di Trimble tramite il seguente

link:

https://3dwarehouse.sketchup.com

/social/model.html?id=u8474f82e-

8424-4bcd-9a65-d1d0d559d524

ARDUINO

Q uesta idea di costruire un sistema per accelerare il processo di erosione del-la patina di rame dalle

schede è nato durante il lavoro di documentazione per realizzare questi servizi. Su alcuni siti per hobbisti, per lo più statunitensi, si consiglia, per aumentare le presta-zioni del cloruro ferrico. di: riscaldare la soluzione tra i 40 ed

i 50°C; :-O agitare la bacinella; :-O ossigenare la soluzione adottan-

do un piccolo compressore da acquario… :-O

“Brrrr” mi viene da aggiungere dal momento che questi sono tre sug-gerimenti alquanto pericolosi visto che si ha a che fare con un liquido corrosivo che può danneggiare seriamente la nostra salute. Addi-rittura qualcuno suggerisce di ver-sare la soluzione di cloruro ferrico in una pirofila e porre questa sul fornello di casa… :-O Non sto scherzando! Pazzie ai miei occhi! Non lo fate: così vi garantite il giu-stissimo cazziatone di mamme/

mogli per aver utilizzato la cucina e un suo utensile incautamente, rischiando di contaminare cibi e bevande e macchiare irreparabil-mente il piano di cottura. Se avete il pallino dell’elettronica e preve-dete di produrre numerose schede di arduinesca derivazione e non, seguite le indicazioni di questo paragrafetto e otterrete così, a co-sto sicuramente bassissimo un vibroincisore termochimico che vi semplificherà il lavoro. Di cosa abbiamo bisogno per costruirlo? Di oggetti di facile reperibilità sul mercato, da acquistare al limite presso qualche bricocenter della zona senza ricorrere a spedizioni postali e lunghe ricerche in rete. Lista dei materiali 1) Recipiente. Deve essere possi-

bilmente in PET (polietilene tereftalato) o in PP (polipropilene) per la loro elevata resistenza al calore, agli urti e all’azione ero-siva, di dimensione medio/grande e munito di coperchio. Quello rappresentato del model-lo che vedete nelle varie figure

è rettangolare e misura 34×27×14 cm (L×P×H) e, centi-metro in più o in meno, può considerarsi una misura otti-male per le nostre basette vergi-ni Eurocard da 100×160mm, dal momento che il volume di solu-zione richiesto (un quarto di quello della vaschetta) è più che sufficiente per la loro incisione.

2) Riscaldatore per acquario. La tipologia più adatta è quello ad immersione diretta con astuccio in vetro. Ne dovete reperire uno la cui lunghezza è di circa 20 cm per una potenza compresa tra i 50 e i 100W alimentato a 220V.

3) Termometro in vetro per va-schetta, come quello dei fotogra-fi o, in sostituzione, uno da cuci-na in vetro (quelli digitali hanno il terminale metallico che si fon-derebbe nella soluzione).

4) Compressore da acquario muni-to di distributore aria, tubicini di gomma e ancoraggi.

5) Motorino elettrico per giocattoli munito di massa eccentrica, 12/24V CC.

6) Cassetta di derivazione elettrica

Costruiamo un vibroincisore termochimico per i nostri circuiti stampati

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per esterno a tenuta stagna, ro-tonda in grado di contenere il motorino elettrico.

7) Alimentatore elettrico stabiliz-zato per il motorino elettrico.

8) Cordino plastico intrecciato di tipo nautico da 3, 4mm di dia-metro, 1 metro.

9) Cordino plastico intrecciato di tipo nautico da 2, 1mm di diame-tro, 1 metro.

10)Tubetto di silicone meglio se per le alte temperature (quello rosso).

11)Ciabatta elettrica munita di in-terruttore.

12)Panno per lavaggio dei pavi-menti (nuovo ed asciutto) o vec-chio maglione di lana pesante.

13)Punte da trapano per il metallo di diametro leggermente supe-riore a quelli del cordoncino nautico e del tubicino di gom-ma. Indicativamente da 5mm e da 12mm.

14)Fresa a tazza o punta a bandiera per il legno di diametro legger-mente maggiore a quello della parte superiore del riscaldatore. Indicativamente 20 - 25mm.

Costruzione Nella vaschetta collocheremo le ventose per fissare il riscaldatore, il termometro e i diffusori per l’a-ria compressa utilizzando una goccia di silicone per ogni ventosa e lasceremo asciugare per non me-no di 24 ore, Fig.1. Stessa operazio-ne per il posizionamento della cassetta di derivazione sulla parte esterna del recipiente al centro di una delle sue due facce più grandi Fig. 2. Fissate bene il motorino nella cassetta con viti e/o fascette evitando assolutamente che crei-no interferenze con l’eccentrico Fig. 3. A fissaggio avvenuto di tut-te queste parti provvederemo a praticare i quattro fori passanti, con la punta da trapano più picco-la, per i due spezzoni di cordino nautico che ci serviranno, succes-sivamente, come supporto per ap-

pendere le nostre basette immerse nella soluzione senza che poggino sul fondo Fig. 4. Eseguite dei nodi sul cordino in modo che risultino in tensione senza penzolare e con un accendino riscaldate gli stessi per pochi secondi in modo da far indurire il materiale termoplastico Fig. 7. La fresa a tazza e la punta da trapano più grande le useremo sul coperchio, creando due fori passanti per permettere la fuoriu-scita della parte superiore del ri-scaldatore e l’attraversamento del tubicino di gomma dal compresso-re al diffusore Fig. 13. Per tenere la scheda in posizione ottimale, so-spesa con la faccia da pulire orien-tata verso il basso, come in Fig. 8 e Fig. 12, in modo che il cloruro ferri-co riscaldato, le bollicine d’aria unitamente alle vibrazioni agisca-no velocemente sulla patina di rame, ho studiato un semplicissi-mo sistema di sospensione che consente anche di controllare, di tanto, lo stato della scheda. Basta-no quattro gancetti in plastica per le tende e due dorsalini per rilega-re le fotocopie, volgarmente chia-mati “clips” e un metro di cordino nautico sottile. Tagliamo i dorsali-ni alla lunghezza di 12 cm circa e con una punta metallica pratichia-mo dei fori passanti quasi alle due estremità della barretta, in modo che il cordino plastico passi age-volmente. Non fate molta forza perché questi profilati si possono spaccare facilmente. A questo punto tagliate 4 spezzoni di cordi-no considerando che la scheda dovrà distare circa 2 cm dal fondo della vaschetta: un capo andrà an-nodato nel gancetto e l’altro alla base del foro passante come vede-te in Fig. 8 e Fig. 9. Appena avrete completato i due sospensori la vo-stra lavatrice ultrasonica è pronta e potete partire con la prima sche-da. Il ciclo di lavorazione è stato schematizzato in macro passi a pagina 19.

Come utilizzare il vibroincisore termochimico Il criterio è molto semplice, segui-te questo work flow: 1) Allestimento generale. In aper-

tura vi ho già consigliato di adottare un telo di plastica pe-sante per proteggere il piano di lavoro su cui operate per au-mentarne ulteriormente la pro-tezione procuratevi una tavolet-ta di legno multistrato, come quella che vedete in figura, su cui disporrete, ordinatamente, tutti i componenti della lavatri-ce. Prima di collocare la va-schetta sulla zona di lavoro pie-gate il panno per i pavimenti in due o più parti in modo da crearle una base soffice che ser-virà a smorzare le vibrazioni prodotte dall’eccentrico evitan-do spostamenti della vaschetta e rumori fastidiosi. Potete fare altrettanto per contrastare le vibrazioni prodotte dal com-pressore. Se utilizzate una tavo-letta di legno potete bloccare il panno con alcuni chiodini in modo da aumentarne la stabili-tà. I chiodini vanno muniti di rondelle e non infissi completa-mente nel legno, in tal modo lascerete al tessuto un certo gio-co che gli consentirà di assorbi-re le vibrazioni. La ciabatta elet-trica e il compressore vanno opportunamente distanziati dal-la vaschetta e i conduttori elet-trici non devo creare ostacoli in cui potreste, inavvertitamente, andarvi ad impigliare con la scheda e i gancetti dei sospen-sori.

2) Accendere il ventilatore (o un estrattore) e aprire le finestre verificando la ventilazione del locale.

3) Indossare le protezioni prece-dentemente menzionate.

4) Versare una quantità di soluzio-ne in modo da riempire almeno ¼ della vaschetta, facendo la

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massima attenzione! Chiudere il flacone della soluzione, asciugare con un panno umido eventuali colature dalla superfice e dalla base del conte-nitore. Allontanarlo dalla zona di lavo-ro riponendolo in un luogo fresco e sicuro al di fuori della portata di bam-bini, anziani ed animali domestici, meglio ancora se sotto chiave!

5) Taratura del riscaldatore d’acquario. Inserite la spina del riscaldatore e la-sciatelo agire controllando il termo-metro della vasca: quando la tempera-tura del cloruro ferrico ha raggiunto un valore compreso tra i 40 e i 50°C agirete sul termostato del riscaldatore fino a quando non lo sentirete scatta-re. Avrete così tarato il vibroincisore per quel ciclo di lavoro; è utile ricorda-re, infatti, che la quantità di liquido diminuisce lievemente dopo ogni la-vorazione, per cui è necessario sem-pre verificare la temperatura ottimale del riscaldatore prima di cominciare una nuova incisione. Ricordate che il riscaldatore è concepito per essere

quasi completamente immerso in un volume di acqua molto superiore alla quantità di soluzione presente nella vostra vasca, ciò significa che svilup-perà una caloria maggiore più veloce-mente che corrisponde ad una mag-giore evaporazione della soluzione!

6) Imbragatura della scheda col sospen-sorio precedentemente preparato. Imbragheremo la nostra scheda inse-rendo nelle clips del sospensorio i lati minori della scheda e li agganceremo ai cordini principali.

7) Posizionare il coperchio della vaschet-ta facendo passare la spina del riscal-datore e il tubicino di gomma del com-pressore.

8) Azionare il compressore e il generato-re di vibrazioni. Durante l'incisione controllate, ogni tanto, a che punto è arrivato il processo di erosione: infatti un'eccessiva immersione rischiereb-be di asportare anche il rame protetto dalla vernice: l'azione erosiva si svi-luppa sia del basso che sui fianchi riuscendo così ad aprirsi una strada

sotto la vernice che rimane, apparen-temente, intatta. Questo effetto è parti-colarmente evidente con piste molto sottili. Il tempo d’incisione oscilla da 5 ad un massimo di 30 minuti e dipende dalla “freschezza” della soluzione; sé il preparato è molto vecchio è meglio sostituirlo con uno nuovo. Da evitare anche il rischio opposto, cioè il lascia-re la basetta per un tempo troppo bre-ve: occorre che tutto il rame scoperto sia perfettamente corroso. L'incisione termina quando tutto il rame non pro-tetto dalla vernice viene asportato.

9) Spegnete l’interruttore della ciabatta elettrica e staccate la spina dalla rete di alimentazione lasciando solo il ven-tilatore in funzione.

10) Lavate abbondantemente con acqua corrente la scheda. Eventuali depositi di soluzione possono sporcare anche dopo diversi giorni dall’incisione i ma-teriali con cui entrano in contatto.

11) Scollegate le spine, i tubi e liberate il recipiente dal termometro e dal riscal-datore, lasciando solo le parti. siliconate.

Schema in macropassi del ciclo di lavorazione per la realizzazione di un PCB derivato da un esperimento di Arduino

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12) Versate la soluzione fredda facendo attenzione mediante un imbuto di adeguate dimensioni in un recipiente opportunamente etichettato su ogni lato.

13) Lavate la vaschetta evitando di far penetrare acqua nella cassetta del motorino. Lavate il termometro e l’e-stremità di vetro del riscaldatore dopo il suo completo raffreddamento evi-tando urti. Ripulite il piano di lavoro con uno straccio umido e i teli di pro-tezione.

14) Fate asciugare bene tutto il materiale prima di riporlo in un luogo sicuro e inaccessibile ad altre persone o ani-mali!

La foratura e taglio a misura della scheda Questa operazione viene eseguita sulle piazzole di saldatura e per i fori di vias con un trapano a colonna, Fig. 16, o con un trapano tradizionale purché munito di un supporto per trapano a colonna. La foratura deve avvenire o con punte per il metallo HSS abbastanza flessibili, o con punte al carburo di tungsteno e leghe similari, caratterizzate da un angolo di spoglio compreso tra i 100 e i 110°. Il dia-metro della piazzola deve essere sempre proporzionato al foro che si intende ese-guire: nella tabella 1 sono riportati i prin-

cipali standard di foratura. Può accadere che, per errore, non avete creato l’area circolare destinata alla foratura nel dise-gno master, o che l’avete coperta di smal-to protettivo prima dell’incisione chimi-ca… In tal caso prima di forare eseguite voi stessi il riferimento con una leggeris-sima bulinatura con un punteruolo me-tallico e un martelletto. Per tagliare la basetta nella dimensione definitiva della vostra scheda potrete utilizzare o una forbice per lamiere, coltello da tappezzie-re professionale in metallo o un utensile elettrico. Dal momento che i bordi del circuito stampato si rovinano facilmente è necessario osservare diversi millimetri di distanza rispetto alle piste. Per rifinire i bordi dopo il taglio utilizzate della carta vetrata a grana grossa o un utensile elet-trico abrasivo. Rimozione dello smalto protettivo La rimozione della vernice protettiva che abbiamo precedentemente distribuito sulle piste di rame per proteggerle duran-te l'incisione chimica va effettuata im-mediatamente prima della saldatura dei componenti sulla scheda per evitare che l’ossido di rame vada ad inficiare la stes-sa. Possiamo scegliere tra la pulitura abrasiva e quella chimica, considerando però che la prima è decisamente più effi-cace dal momento che lascia la superfice

ramata leggermente abrasa cosa che agevola la saldatura. Come pulitori abra-sivi possiamo utilizzare, con una certa delicatezza, o una paglietta metallica da cucina o della carta vetrata finissima, mentre per la pulitura chimica ricorrere-mo, dopo aver preso le dovute precauzio-ni per la ventilazione del locale e la no-stra protezione personale, a uno di questi solventi: trielina, acetone, acquaragia. Ricordate che i solventi sono altamente infiammabili: non fumate mentre li uti-lizzate! Smaltimento dei residui, non imi-tate i mafiosi e gli incoscienti! Per lo smaltimento occorre seguire alla lettera le indicazioni riportate nella sche-da tecnica di sicurezza che accompagna il prodotto. Non disperdere nell’ambiente il prodotto o negli scarichi domestici e fognari anche stradali. Una procedura corretta prevede: diluizione in acqua; miscelazione con una sostanza basica

che azzeri il contenuto acido della soluzione come la calce o il più comu-ne ed economico carbonato di sodio;

filtraggio per separare i fanghi con un panno la cui frazione solida va conferi-ta ad un’isola ecologica o una ditta specializzata certificata.

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Giambattista Tiepolo, “La famiglia del satiro allegro” acquaforte. Udine Civici-Musei e Gallerie di Storia e Arte.

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ARTE

D al sito www.arte.it leggo che c’è una mostra sui disegni di Tiepolo a Ro-ma nei Musei Capitolini

e riscopro questo amatissimo pit-tore della Repubblica Veneta vis-suto nel ‘700 proprio quando il Ba-rocco cominciava a contaminarsi con le fastose ricercatezze del Ro-cocò creando edifici spettacolari e arricchendo ulteriormente il già complesso codice figurativo del secolo precedente, pregno di meta-fore e riferimenti ad un classici-smo prima riscoperto e poi voluta-mente occultato e negato dalla Controriforma e dai lavori Conci-liari. La voluta teatralità dei lavori di Tiepolo rispecchia proprio quel-la necessità comunicativa dell’ar-tista a cui è negato un aperto pare-re personale e che riversa in modo raffinatissimo, in una ironica ma-gnificenza decorativa che fa da scenario a quanto campeggia in primo piano nell’opera, la propria finta riverenza verso i committen-ti e la commessa stessa. La vivaci-tà espressiva del Tiepolo la ritro-viamo in ogni sua opera, capace di sorprendere l’occhio con guizzi di colore dai gradienti perfetti e dai pattern cromatici compatti, segno di una mano padronissima dei pur modesti strumenti pittorici dell’e-poca. Il lavoro svolto dai tre cura-tori Giorgio Marini, Massimo Favil-la e Ruggero Rugolo per la realiz-zazione di questa mostra deve es-sere stato davvero notevole se considerate il contenuto esposto, come voi stessi vi renderete conto leggendo il comunicato stampa che segue.

COMUNICATO STAMPA Dal 3 ottobre 2014 al 18 gennaio 2015 ai Musei Capitolini, per la pri-ma volta a Roma, 90 opere grafiche e 7 dipinti svelano il “dietro le quinte” di quel momento delicatis-simo e irripetibile in cui il disegno getta le regole della straordinaria visione pittorica di Giambattista Tiepolo, accompagnato in questa “avventura” dai figli Giandomenico e Lorenzo. Nella storia della cultu-ra figurativa europea l’impressio-nante quantità e varietà dei dise-gni dei Tiepolo si staglia come un grandioso monumento della grafi-ca settecentesca. L’arte di Giam-battista Tiepolo trova infatti il pro-prio geniale elemento fondante nel disegno, aspetto che lo vide espri-mersi quale fecondissimo artefice e insieme cifra con la quale seppe organizzare e dirigere la produzio-ne di una singolare bottega fami-gliare, guidando l’attività grafica dei figli Giandomenico e Lorenzo in quello che fu l’ultimo grande esempio di una secolare tradizione veneziana di atelier. Tale inesauri-bile vena narrativa, intesa per lo più come esercizio autonomo, si compone di un’estesa varietà di registri calibrati dall’artista in rap-porto alle diverse funzionalità del-la sua produzione. In tal senso la gamma delle molteplici tipologie, tecniche e tematiche dà luogo a un ‘colore del disegnò. A questa pecu-liare angolazione del poliedrico mondo tiepolesco si è voluta dedi-care la presente occasione che trova la propria ragione nella feli-ce possibilità di riunire una scelta di opere provenienti da raccolte italiane rimaste poco conosciute al grande pubblico, con fogli sino-ra raramente se non mai esposti. Le quattro sezioni della mostra riuniscono quindi disegni e una scelta di acqueforti secondo nuclei

tematici salienti, declinandole al contempo secondo la gamma delle loro modalità tecniche: dal proget-to ai ‘pensieri’, dai ‘ricordi’ ai ‘divertimenti’ e alle repliche sem-pre originali di Giandomenico e Lorenzo, come esercizio emulativo dell’opera paterna. Ad essi si ag-giunge una calibrata selezione di dipinti, con il compito di introdur-re e in qualche modo rappresenta-re gli esiti pittorici di ciascuna ti-pologia grafica. RIFERIMENTI DATA: Dal 03 ottobre 2014 al 18 gennaio 2015 LUOGO: Musei Capitolini - Palazzo Caffa-relli, Roma ENTI PROMOTORI: Roma Capitale, Assessorato alla Cultura Creatività e Promozione Artistica - Sovrin-tendenza Capitolina ai Beni Cultu-rali, Ministero dei Beni e delle Atti-vità Culturali e del Turismo, Zète-ma, Metamorfosi COSTO DEL BIGLIETTO: € 15 intero, € 13 ridotto, € 2 ridottis-simo; residenti € 13 / € 11 / € 2, gra-tuito minori 6 anni. INFOLINE: +39 06 0608 E-MAIL INFO: [email protected] SITO UFFICIALE: http://www.museicapitolini.org

Tiepolo, i colori del disegno

di Salvio Gigl io

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BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

L a vite è un organo di collegamento mecca-n ico sv iluppato sull’applicazione di

una curva geometrica apparte-nente alla famiglia delle curve omeoomeriche capaci, cioè, di scorrere su se stesse: l’elica. Questa macchina semplice è formata da una barra cilindrica,

chiamata nocciolo, sulla cui superficie è avvolto un filetto elicoidale, grazie al quale si tra-sforma il moto circolare neces-sario per l’avvitamento, in un moto rettilineo per l’avanza-mento della stessa nel relativo foro di alloggiamento. La sco-perta della curva elicoidale ri-sale all’antica Grecia, approssi-mativamente intorno al II sec. a.C. e la sua canonizzazione teorica deriva, probabilmente, dall’osservazione di un’applica-zione pratica quale era il tor-

chio per la premitura di olive ed uva con viti realizzate in legno, ampiamente diffusa nel Mediterraneo in quel periodo. Un primo studio organizzato sull’elica è convenzionalmente attribuito al matematico pu-gliese Archita (Taranto, 428 a.C. – Mattinata, 360 a.C.) a cui so-no seguite teorie e descrizioni della έλιξ (helix) spira per pro-durre viti e madreviti cilindri-che di Apollonio da Perga, Ero-ne di Alessandria, Archimede e di tanti altri teorici del tempo.

I puntata

di Salvio Gigl io

Le filettature: i primi elementi di comando e fissaggio della storia

Fig. 1, MUVIT, Museo del vino, Fondazione Lungarotti, Torgiano (PG). Sala V, l'imponente torchio eugubino a trave, della tipo-logia detta "di Catone", per la descrizione fattane dall'agronomo romano tra il II e il I secolo avanti Cristo. Si noti, in primo piano, l’albero parzialmente filettato per il comando della pressa del torchio che era azionato manualmente da due operai.

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BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Un bel lavoro per approfondire l’evoluzione di questo compo-nente meccanico lo offre la ri-cerca storica del professor Wi-told Rybczynski, un architetto scozzese che nel 2000 ha pub-blicato un testo sulla viteria e gli utensili derivati da essa dal titolo “One good turn: a natural history of the screwdriver and the screw”. Rybczynski docu-menta che i primi giravite, pa-rola derivata dal nome origina-le dell’utensile in lingua france-se tournevis e poi turnscrew in inglese, e relative viterie esiste-vano fin dal Medioevo anche se il loro utilizzo era contingente a specifiche realizzazioni. La Ri-voluzione Industriale, con la scoperta e lo sfruttamento delle macchine a vapore la cui appli-cazione più prodigiosa è sicu-ramente quella legata alla tra-zione di veicoli terrestri ed im-barcazioni di varia destinazio-ne, favorisce la produzione se-riale di questi semplici sistemi di collegamento per strutture e organi meccanici delle nuove macchine. Rybczynski fa risali-

re le prime sperimentazioni per la produzione di viti per il legno su scala industriale ai britanni-ci Jacob e William Wyatt che nel 1760 brevettarono un tornio per viti a dir poco precursore dei tempi; infatti, alcune delle

sue caratteristiche le ritrovia-mo ancora oggi, dopo ben 250 anni, sui nostri torni anche a controllo numerico. La piccola fabbrica per la produzione di viteria per il legno dei fratelli Wyatt non ebbe una vita lunga

e fallì nel 1776, dopo solo sedici anni di attività. Di contro, i nuo-vi proprietari della fabbrica, do-po alcune modifiche, ottennero una produzione giornaliera di ben sedicimila pezzi con solo trenta operai: un vero record per l’epoca! Era il 1777 quando l’inglese Jesse Ramsden (1735-1800) lavorava alla costruzione di un nuovo modello di tornio, molto avanzato rispetto a quel-lo dei fratelli Wyatt, che riuscì a brevettare l’anno successivo. Nel 1797 l'ingegnere britannico Henry Maudslay (1771-1831) di-venne famoso per aver proget-tato e realizzato un tornio per viteria adatto alla produzione industriale che inglobava, po-tenziava e migliorava le felici intuizioni progettuali dei lavori dei fratelli Wyatt e di Ramsden. Maudslay brevettò la sua mac-china utensile e fondò la sua azienda che sarebbe rimasta leader per la costruzione di macchine utensili per molti de-cenni. Negli USA, ironia della sorte, appena un anno dopo da David Wilkinson brevetterà un

Fig. 2, caratteristiche di un’elica cilindrica. L’elica è l’elemento fondamentale di una filettatura, poiché la caratterizza geome-tricamente e costruttivamente. Questa curva è descritta da un punto che compie, simultaneamente, due moti uniformi: uno circolare, secondo un angolo costante, ed uno rettilineo su di una superfice cilindrica o conica.

Fig. 3, Archita, il primo teorico che ha organizzato gli studi sull’elica

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tornio quasi del tutto simile a quello di Maudslay. L’invenzio-ne del tornio a torretta del 1840 e della sua diretta derivazione la macchina automatica per viteria del 1870 avevano drasti-camente ridotto il costo unita-rio e l’utilizzo di questi elemen-ti di fissaggio filettati, e auto-matizzato sempre di più il con-trollo delle stesse macchine utensili che le producevano! Alle viti va riconosciuto anche il grande merito di aver intro-dotto il primo concetto di stan-dardizzazione, dovuto alla com-parsa sul mercato di svariati formati incompatibili tra di loro

e che rendevano estremamente difficile la manutenzione e la riparazione di macchine. Fu l’inventore inglese Joseph Whitworth, che tra le altre cose aveva anche collaborato con Charles Babbage alla costruzio-ne del primo calcolatore mec-canico, a risolvere questo pro-blema poiché comprese che il successo della nascente indu-stria meccanica passava anche per la normalizzazione dei si-stemi di lavorazione. Nel 1841 Whitworth concepì uno stan-dard per le filettature basato sul profilo del filetto avente un’angolazione al vertice di 55°

e passo standard per un diame-tro dato. L’adozione di questo standard da parte delle imprese ferroviarie fu l’esempio che permise la sua grande diffusio-ne. Il British Standard Whit-worth, anche noto con l'acroni-mo BSW, era il primo standard internazionale se considerate che, all’epoca, il Regno Unito aveva un vasto impero. Nel se-colo scorso il BWS viene codifi-cato nella norma BS 84:1956 da cui la EN 148-2 2000. Per tutto il XIX secolo le forme più comu-nemente usate per la testa del-le viti erano tonde, quadre ed esagonali mentre l’intaglio per

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Fig. 5, Sir Joseph Whitworth intuì la necessità di unificare i parametri dimensionali delle viti per facilitarne la produzione e la diffusione, agevolando così enormemente la manutenzione delle macchine del tempo che le adottavano. Nel dettaglio, a de-stra, il profilo caratteristico delle filettature Whitworth.

Fig. 4, Henry Maudslay ed il suo tornio per viteria, uno dei primi specializzati nella realizzazione di prodotti su scala industriale

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BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Fig. 7, David Wilkinson e i disegni estratti dai due fogli del suo brevetto di tornio per viteria

Fig. 6, la gamma di viti prodotta col tornio inventato da Henry Maudslay: dalla viteria per il legno a quelle per i macchinari.

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BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Fig. 8, i disegni particolareggiati per il brevetto del giravite con punta a croce. Si noti che oltre al nome di Henry Phillips figu-ra anche quello di T. Fitzpatrick.

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l’utensile consisteva in una semplice scanalatura interna diritta. Queste viti erano di fa-cile lavorazione ed erano im-piegate nella maggior parte delle applicazioni. La ricerca di Rybczynski documenta che tra il 1860 ed il 1890 furono regi-strati tantissimi brevetti di macchine per la produzione di viteria metallica… brevettate ma non prodotte a causa delle difficoltà tecnologiche e dei

costi del tempo. Nel 1908 il ca-nadese P. L. Robertson brevettò una macchina per viteria in grado di produrre un modello con testa tonda ed intaglio qua-drato e nel 1911 una per intaglio esagonale. Nei primi anni Tren-ta del secolo scorso lo statuni-tense J. P. Thompson inventò la vite con intaglio a croce e poi vendette il brevetto a Henry F. Phillips, fondatore della Phil-lips Screw Company. Phillips

ebbe notevoli difficoltà a trova-re una officina in grado di inta-gliare il nuovo tipo di testa, fino a quando contattò la giovane società American Screw Com-pany che credette ed investì nell'idea, ottenendo un notevo-le successo.

Fig. 9, l’inventore canadese P. L. Robertson con il disegno di brevetto di una vite per il legno con la testa riportante un inta-glio quadrato, nel dettaglio l’estremità del giravite ad essa relativo e una foto dell’utensile con una scatola di viti.

Fig. 10, disegno per la registrazione del brevetto della vite con l’intaglio a croce e la foto dell’industriale Henry Phillips che le ha sviluppate e commercializzate.

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P iccinato è stato l’architet-to della mia infanzia. Ho vissuto giocosamente le sue architetture nella

Mostra d’Oltremare di Napoli negli anni ’70 quando mia madre mi ci portava nei mesi estivi dopo la chiusura scolastica. In quel perio-do la Mostra non godeva di ottima salute e aveva un aspetto molto diverso da quello attuale. Sarebbe veramente molto bello poter fare il download dei nostri ricordi, specie di quelli che “filmiamo” quando un posto ci piace particolarmente: sarebbe un contributo notevole per eseguire delle ricostruzioni e delle ricerche storiche non indifferenti. I racconti dei nostri genitori sull’i-niziale splendore di quei luoghi, i primi studi di storia antica delle elementari e l’innata fantasia in-fantile contribuivano a rendere la Mostra lo scenario ideale per i no-stri giochi avventurosi, che ci por-tavano a girovagare tra le decine di chioschetti in rovina sparpagliati nel parco, a gareggiare nella ricer-ca dell’uscita dalle siepi labirinto adiacenti l’edificio della piscina, ad esplorare i padiglioni espositivi esclusi dalle manifestazioni fieri-stiche perché troppo dissestati o troppo fascisti, ad avventuraci nel-le serre tropicali abbandonate da lustri in cui era cresciuto di tutto, a perlustrare l’Arena Flegrea con i resti delle scene di passate stagio-ni liriche estive del Teatro San Carlo… Tutto ciò, per noi bambini, era un qualcosa di eccezionale, da raccontare agli amici una volta tornati a casa. Purtroppo al fascino irresistibile che quelle strutture in

rovina esercitavano su di noi, cor-rispondeva un’enorme trascura-tezza di quegli anni a cui si som-marono anche i danni del terremo-to del 1980 e quelli causati dalla prolungata permanenza dei terre-motati, ospitati nei container dei giardini della Mostra d’Oltremare. L’architettura di Piccinato è ovvia-mente quella del Ventennio fasci-sta, un periodo in cui era, a dir po-co, difficile emergere ed esprimere una poetica progettuale propria anche se il no-stro architetto riuscirà, con estrema disinvoltu-ra, a ritagliarsi un ampio margine di notorietà. Nasce a Legnago (VR) il 30 ottobre 1899 e nel 1923 si laurea all'Univer-sità "La Sapienza" di Ro-ma presso la Scuola Su-periore di Architettura appena istituita. È un architetto estremamente dinamico e antesignano dei tempi, per progettua-lità e visione urbana, pur conservando un profon-do rispetto e una grande conoscenza della storia e un grande amore per il paesaggio naturale ed il territorio, doti queste che subito gli apriranno le porte della carriera didattica e professio-nale. Piccinato riesce a sintetizza-re una sua personalissima visione dell’architettura e dell’urbanistica grazie allo studio delle matrici sto-riche del territorio su cui era chia-mato a operare. I suoi progetti non entrano mai in conflitto con le preesistenze di un luogo, pur con-servando il loro carattere innovati-vo e la loro originalità. Le tracce lasciate con equilibrio e delicatez-za su città ricche di storia come Matera, Roma, Napoli sono ancora

ben visibili e ricche di suggestio-ne, come nel caso della Mostra d’Oltremare. La sua grande capaci-tà di analizzare la quotidianità ur-bana e le sue problematiche in ter-mini di logistica dei trasporti, ha-bitat umano, territorio costruito e paesaggio circostante, gli hanno consentito di formulare ipotesi e modelli di sviluppo delle città che l’hanno portato a essere uno tra i maggiori urbanisti italiani, talvolta

indicato quasi come un profeta della città anche a livello interna-zionale! Aveva assimilato le teorie compositive della scuola tedesca, in auge in quegli anni, che conce-piva la città come combinazione di masse e di sistemi urbani princi-pali e l’aveva relazionata alla real-tà storica del nostro Paese, quando ancora ci si poneva il problema di creare un equilibrio tra vecchie città e nuovi centri abitati, deter-minando una sua visione unitaria che troverà ampio sfogo nel Grup-po Urbanisti Romani (GUR) che

DESIGNER’s STORY

Luigi Piccinato

di Salvio Gigl io

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DESIGNER’s STORY

Mostra d’Oltremare, l’Arena flegrea nel 1939 durante la costruzione Mostra d’Oltremare, il Teatro Mediterraneo, 1940

Mostra d’Oltremare, piazzale Libia-Egeo 1940 Mostra d’Oltremare, piazzale Eritrea 1940

Foto aerea della Mostra d’Oltremare di Napoli nel 1940. Al centro la maestosa fontana dell’Esedra

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In alto piano regolatore di Sabaudia (LT) e plastico del Centro, Luigi Piccinato ed associati, 1932

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DESIGNER’s STORY

fonda nel 1926 assieme a Gaetano Minnucci con il quale sfrutta le occasioni offerte dalla politica del regime, partecipando a molti dei concorsi per la stesura di nuovi piani regolatori banditi in quel periodo: Aprilia, Arezzo, Assisi, Brescia, Cagliari, Catania, Foggia, Padova, Palermo, Perugia, Pisa, Roma e Sabaudia. In questa fase Piccinato, nonostante le passate collaborazioni professionali con Piacentini e Giovannoni e la sua partecipazione alla rivista Archi-tettura e Arti Decorative, respira anche aria “nuova”. Nel 1928 è nel Movimento Italiano per l’Architet-tura Razionale; nel 1931 partecipa alla Ilª Esposizione di Architettura Razionale di Roma, dove si schiera apertamente contro Piacentini, che ritrova sul provocatorio “Tavolo degli orrori” il collage dei suoi sventramenti urbani. La cosa che più ammiro in questo maestro dell’urbanistica, che lo accomuna enormemente con Carlo Scarpa, è il profondo taglio etico e deontolo-gico dato alla professione basato su una profonda coscienza urbani-stica. Tutto ciò gli permette di creare una sua autonomia profes-sionale, una sua autorevolezza nel definire la figura di urbanista a cui si può chiedere, fiduciosamente, la costruzione della città. Questi pensieri emergevano con maggior forza quando Piccinato faceva ri-ferimento a certi “tecnici funzio-nari” degli uffici comunali, trovan-doli totalmente carenti di tre doti fondamentali per assolvere piena-mente alla funzione a cui erano chiamati: una “tecnica modernis-sima”, la “capacità di sintesi” e la “coscienza urbanistica” che, a suo parere, sono tra le componenti es-senziali del mestiere! Il professio-nista immaginato da Piccinato deve, in ogni caso, essere un ”architetto integrale” capace, cioè, di interpretare il rapporto in cui l’architettura, pur essendo la ma-trice dell’urbanistica, resta fedele

ancella e di saper riconoscere nell’arte e nella scienza due com-ponenti essenziali della materia, senza precludere l’apporto prove-niente da altre fonti. La piena ma-turazione di questo processo è perfettamente evidente nell’impo-stazione che diede al nascente Istituto Nazionale di Urbanistica nel 1930. E’ un periodo denso di successi e riconoscimenti. Dal 1930 è Libero docente di Urbanisti-ca, professione che eserciterà presso la Scuola Superiore di Ar-chitettura di Napoli fino al 1947. Nel 1933 vince il Gran premio alla Vª Triennale di Milano; nello stes-so anno fino al 1934 è assistente del corso di Applicazioni urbani-stiche alla Scuola di Perfeziona-mento di Urbanistica a Roma. Nel 1934 la realizza Sabaudia (LT) un progetto da cui emerge tutta la volontà di un’innovazione compo-sitiva incarnante un riconoscibile stile italico per le concezioni volu-metriche e la pulizia estrema, qua-si minimalistica, del costruito che la rendono ancora oggi una delle cittadine laziali tra le più amene e rappresentative di quel periodo. La seconda metà del decennio vede Piccinato ormai completamente immerso nelle sue ricerche sulla “scienza del territorio” come testi-moniano i PR di Benevento, La Spezia, Castellammare di Stabia, Treviso, Napoli, Ivrea, Sorrento e Monte Faito. Nel 1937 l’Enciclope-dia Italiana gli chiede la redazione del lemma «Urbanistica» in cui affermerà: “[…]tutto il complesso delle discipline che hanno per og-getto i vari aspetti della vita degli agglomerati urbani” di cui l’archi-tettura fa parte assieme alla “igiene urbana, la statistica, la le-gislazione, la tecnica dei servizi pubblici, l’economia e la politica”. In quell’anno Piccinato partecipa al I congresso dell’INU. Piccinato trasformò il periodo di inattività legato al conflitto bellico come occasione di studio approfonden-

do le ricerche sulla storia delle città medievali e attendendo alla stesura del Manuale di Urbanisti-ca, che nel 1943 presenta come una dispensa universitaria. Moti-vo di amarezza è la vicenda dell’E-sposizione Universale di Roma del 1942 con le continue modifiche al progetto, di cui aveva ricevuto in-carico nel 1937 assieme a Pagano, Vietti, Rossi e Piacentini e che passerà definitivamente nelle sole mani di quest’ultimo. Nello stesso anno la casa di produzione SAGIF Artisti Associati gli assegna il pro-getto per la realizzazione delle scenografie del film La fortuna viene dal cielo, girato negli Stabili-menti FERT di Torino, L’immedia-to dopoguerra vede Piccinato atti-vo su diversi fronti. Nel 1945 è uno dei membri della Commissione per i Piani di Ricostruzione presso il Ministero dei Lavori Pubblici e per esso redige, in pochi anni, quelli di Campobasso, Segni, Le-gnago, Civitavecchia, Palestrina e Pescara. Nello stesso anno fonda e dirige, con Mario Ridolfi, la rivista Metron e aderisce all’Associazione per l’Architettura Organica (APAO) fondata da Bruno Zevi, Mario Ri-dolfi e Pier Luigi Nervi. Nel 1946 elabora una tecnica urbanistica, specifica per la ricostruzione post bellica, che presenterà nel Manua-le dell’architetto di quell’anno. Il 1946 è anche l’anno del PR di Na-poli considerato, giustamente, co-me uno dei prodotti migliori della cultura italiana del momento… Tuttavia esso intralciava enorme-mente le mire di certi politici della giunta comunale lauriana e di ta-luni costruttori edili. Ecco perché il PR sarà prima frettolosamente considerato superato e poi in parte copiato e manomesso per permet-tere il saccheggio urbano delle zone collinari della città! Una vi-cenda paradigmatica che, proba-bilmente, ispirerà Francesco Rosi per il suo film Le mani sulla città del 1963. Un’importante parentesi

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Concorso per il Palazzo Littorio, Roma, 1934 (non realizzato)

Villa Guerra, Parioli, Roma, 1925

Stadio per 30.000 posti, Pescara, 1955 Villa Bossiner, Roma, 1943

Teatro Eliseo, via Nazionale, Roma, 1936 - planimetria

Casa coloniale a corte, 1933

Appartamenti, via Nicotera, Roma, 1937 Teatro Eliseo, via Nazionale, Roma, 1936 - interno

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DESIGNER’s STORY

professionale e didattica occupa Piccinato in Argentina tra il 1947 e il 1950. Gli anni ’50 vedono Picci-nato impegnato e appassionata-mente partecipe alla querelle sulla funzione sociale che l’architettura ed urbanistica avevano acquisito in quel periodo, trascinandolo più volte sul campo di varie battaglie per la salvaguardia dell’ambiente e dei centri storici e l’aggiorna-mento del quadro legislativo. Pic-cinato sintetizza così il suo pen-siero di quegli anni: “…per creare una più viva coscienza urbanistica non v’è altro da fare che fare dell’urbanistica. Trasferire cioè il pensiero teoretico in una sede di pragmatismo quotidiano”. Nel 1950 è ordinato da Giuseppe Samo-nà Professore Ordinario di Urbani-stica all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Nel 1952 diventa Vice- Presidente dell’INU. Dal 1953 è alle prese con i piani urbani di Matera, Caprarola, Pado-

va, Siena, Bassano del Grappa, Ro-ma, Abano, Carrara, Legnago, Ma-cerata, Rosignano Marittimo, L’A-quila e Benevento, in Italia, e di Atakoy, Eilat, Istanbul e Bursa in Turchia, oltre a numerose altre esperienze di progettazione. Nel 1954 è parte del Comitato di Ese-cuzione Tecnica per il Nuovo Pia-no Regolatore di Roma, tra i cui membri emerge il nome di Ludovi-co Quaroni. È stato consigliere co-munale di Roma per il Partito So-cialista Italiano dal 1956 al 1960 Il 1959 termina la fase di partecipa-zione agli appuntamenti architet-tonici di grande rilevanza con il concorso per il quartiere CEP alle Barene di S. Giuliano a Mestre, di cui realizzerà il progetto insieme a Samonà e Astengo. Le sue propo-ste finalizzate a un nuovo assetto alla città avviano gli studi per il Codice dell’Urbanistica nel 1960. Nel 1961 aggiorna la voce «Urbanistica» per l’Enciclopedia

Italiana. Tra gli anni ’60 e ’70 ela-bora numerosissimi piani urbani: Civitavecchia, Latina, Merano, Na-poli, Bolzano, L’Aquila, Roma, Ve-nezia, Pisa, Fano, Catania, Carrara, Monza, Rosignano Marittimo, Go-rizia, Grosseto, Orvieto, Macerata, Latina, Pisa, Sabaudia, Monfalcone nel nostro Paese; Eilat, Skopje, Istanbul in Turchia; Tel Aviv in Israele, oltre a una serie di varianti e di piani per diverse città algeri-ne. Nel 1963 lascia lo IUA di Vene-zia per passare alla Facoltà di Ar-chitettura di Roma per mantenere l’incarico sino al 1975. Negli ultimi anni della sua vita è ancora do-cente in molte sedi universitarie anche all’estero, è membro di di-verse istituzioni prestigiose e rice-ve riconoscimenti importanti. Nel 1983 espone a Roma alla mostra “Cinquant’anni di professione”. Muore il 29 luglio dello stesso an-no.

Due riviste di cui Luigi Piccinato è stato redattore

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INTERVISTE

Jocelyn Groizard

C hi è Jocelyn Groizard? Sono io! Ho 18 anni, sono uno studente universita-rio e vivo in Francia nel-

la regione della Vandea. Sono un utente di SketchUp e il creatore del marchio automobilistico vir-tuale AVANTIS MOTORS. Adoro le auto sin da quando ero bambino e mi piace collezionarne modellini in scala 1/43; forse è per questo che ho sempre voluto creare le mie macchine. Mi piace anche la musica e i racconti polizieschi francesi. Cosa studi? Gli studi che stai fa-cendo hanno attinenza con la tua passione di automotive designer? Sto iniziando il secondo anno del biennio della Facoltà d’Ingegneria;

in questo periodo studierò le basi per l’ideazione dei prodotti, un percorso abbastanza difficile dal momento che dovrò dare esami di fisica, matematica, meccanica nonché per le loro svariate appli-cazioni impiegate per creare varie cose: dalle auto alle barche, dai mobili alle macchine industriali. Nel Triennio successivo studierò, invece, materie più propriamente ingegneristiche, seguendo un per-corso formativo in cui il tempo sarà suddiviso tra i corsi universi-tari e gli stages aziendali presso delle società locali. L'obiettivo dei miei studi è quello di diventare un project manager, magari proprio per una casa automobilistica! Quando hai iniziato a disegnare auto? Beh ... non lo saprei dire con preci-sione, dal momento che ho comin-ciato a disegnare auto sin dall’in-fanzia! Avevo 12 anni quando ho

iniziato ad usare SketchUp, perio-do in cui avevo appena concepito il marchio Avantis e stavo elabo-rando alcuni modelli di auto su carta. Il primo modello 3D di Avantis realizzato in SketchUp risale al 2011. Cosa vuoi fare da grande? Come ho già detto, mi piacerebbe diventare un ingegnere e lavorare per una casa automobilistica co-me, per esempio, la Peugeot; sa-rebbe bello progettare per il repar-to motori o per quello della car-rozzeria magari occupandomi di aerodinamica. In alternativa non disdegnerei assolutamente delle proposte di lavoro provenienti dai produttori di giocattoli special-mente se sono per la creazione di automobili giocattolo! Chi è il tuo designer d’automobili preferito? Beh, questa non è una domanda

Un giovane francese, studente d’ingegneria, che disegna auto da sempre. Il suo sogno più grande, dopo la laurea,

è quello di lavorare in un’azienda automobilistica per partecipare all’elaborazione di carrozzerie avveniristiche.

Adora i modellini di automobili di tutto il mondo e li colleziona appassionatamente. Insieme a Gontrand Nyung e

Lorenzo Caddeo ha fondato un brand virtuale di cui già abbiamo dato notizia della nascita: ANT automotive.

di Salvio Gigl io

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Avantis Motors

INTERVISTE

Alcuni modelli di Jocelyn Groizard realizzati per il suo brand AVANTIS

Avantis Sixteen

Avantis eXa DTM

Avantis eXa

Avantis Climber

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INTERVISTE

facile!.. Non perché non ci siano designers particolarmente interes-santi ma perché sono io che non li conosco tutti: non ho mai studiato design, sono solo un appassionato di auto! Conosco i lavori di alcune firme famose, come: Flaminio Ber-toni, il designer del fantastico Ci-troën DS e della mitica Citroën 2CV; di Giorgetto Giugiaro, che ha creato auto molto belle come la Subaru SVX; di Patrick Le Quément, autore dell’eccentrico Renault Avantime. Renault e Peugeot sono due grandi marchi storici francesi del settore automotive, tra loro quale delle due preferisci? Hmm ... Per prima cosa ti invito a non dimenticare Citroën perché, anche se appartiene al gruppo Peugeot, la sua produzione è dav-vero diversa rispetto all’altro brand. Il mio marchio preferito è quello della Peugeot; infatti, ho sempre pensato che le loro auto sono veramente belle ed efficienti su strada. Prendi, ad esempio, la 406 Coupé Pininfarina: è un’auto davvero incredibile. Citroen viene al secondo posto, la sua fantastica storia si basa su grandi successi come la 2CV, la DS, la SM e molti altri. Al terzo posto, della mia clas-sifica personale, c’è la Renault per-ché, anche se ha prodotto vetture impressionanti come la Twingo, la Espace, la R4, la R5, ecc., preferi-sco il design delle altre due mar-che. Come vedi gli sviluppi futuri della produzione automobilistica? Le auto del futuro non saranno molto diverse dalle nostre vetture attuali, almeno nella forma. Esse saranno sicuramente differenti per il tipo di energia e per il siste-ma di guida che impiegheranno. Il carburante sarà diverso: ormai tut-ti sanno che la benzina non è una risorsa illimitata e che inquina molto. Ecco perché i produttori di

automobili dovranno convertirsi alle motorizzazioni alimentate con energie alternative come le celle di combustibile, come per l'idroge-no e le batterie elettriche. Anche il sistema di guida cambierà: già ora le auto hanno acquisito tantissimi nuovi controlli per la guida assi-stita; ecco perchè possiamo facil-mente immaginare un futuro pros-simo, in cui le automobili saranno autonome e azionate da comandi vocali per viaggiare su strada. Cre-do però che sopravvivranno anche alcune automobili dalla guida si-mile a quella attuale, solo più sicu-re, perché guidare è anche un pia-cere! I motori della AVANTIS MOTORS so-no “ecologicamente sostenibili” anche se al momento sono solo delle creazioni virtuali? Cerco di fare del mio meglio! At-tualmente creo le automobili par-tendo dal loro design, successiva-mente mi immagino le motorizza-zioni con cui mi piacerebbe equi-paggiarle generalmente opto per un benzina o un diesel fino a 4 ci-lindri. Recentemente ho sviluppa-to una tecnologia ibrida e ho dise-gnato alcune vetture ad idrogeno come, ad esempio, l’Avantis Astu-ria e la generazione precedente di Avantis Estima Hybrid, perché credo molto in questa tecnologia. Sul tuo sito è possibile vedere una vasta gamma vetture tra cui molte anche sportive. Nei tuoi progetti ci sono anche i veicoli industriali? Beh ... non lo so. Mi piace molto sviluppare le autovetture, da quel-le comuni, che vediamo in giro tutti i giorni, come le citycar, i grandi SUV, le berline di medie dimensioni fino ai grandi MPV. Ho anche elaborato alcuni furgoni ma non ho mai pensato ad autobus, camion, trattori e similari non per-ché non mi piacciono ma perchè non sono realmente interessato ad essi. In ogni caso potrebbe essere

una buona idea da sviluppare. Parlami della rottura con la Koza-ma, chi è stato il primo a prendere la decisione di fondare l'ANT Au-tomotive? Mi ricordo che il primo a parlarne fu Gontrand. Voleva creare un nuovo gruppo di auto per rafforza-re la posizione del suo marchio la NEG, dal momento che era stato un po' dimenticato visto che in Kozama confluivano parecchi brand e il tutto risultava estrema-mente dispersivo. In un primo mo-mento Gontrand mi parlò di questa sua nuova idea che non prevedeva assolutamente una rottura totale con il gruppo di Jennarong. Nyung, infatti, voleva solo creare un distaccamento europeo della Kozama che riunisse le case auto-mobilistiche virtuali attualmente presenti su G+ tra cui ci sarei stato io e Lorenzo Caddeo. La cosa non piacque molto al CEO di Kozana che aveva una visione delle nostre attività completamente diversa dalla nostra e con non pochi sacri-fici per la nostra autonomia. Fu così che abbiamo deciso di uscire da Kozama e di fondare ANT. Tu, Lorenzo Caddeo e Gontrand Nyung: solo soci o amici? Siamo buoni amici! Ho conosciuto per primo Gontrand nella Ware-house di SketchUp per via della lingua dal momento che siamo entrambi francofoni. Qualche tem-po dopo abbiamo cominciato a fa-re alcuni progetti insieme e siamo diventati molto amici proprio gra-zie a questo. Per Lorenzo è andata, più o meno, allo stesso modo: ci siamo conosciuti sempre nella Warehouse e poi su G+ e successi-vamente abbiamo elaborato alcuni progetti insieme… La recente fon-dazione di ANT sta contribuendo sicuramente a farci conoscere molto meglio. Nella mia mente abbiamo tutti e tre lo stesso modo di vedere il nostro lavoro: ognuno

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INTERVISTE

di noi tre, come per ogni cosa, ha punti forti e punti deboli, aver messo su questo team ci permette di enfatizzare i primi riducendo al minimo i secondi; questa sicurez-za ci consente di lavorare insieme in un'atmosfera veramente molto piacevole. Quali sono i punti forti e i punti deboli di Lorenzo e Gontrand? In primo luogo mi piacciono molto le loro auto. Pur avendo una pro-duzione molto diversificata le loro creazioni sono sempre molto ori-ginali e mi sorprendo sempre quando trovo un loro progetto nel-la ricerca di Google. Mi piace sem-pre essere sorpreso da un bel pro-getto ricco di dettagli impressio-nanti. Hanno mentalità e intelli-genza che gli permettono di diver-tirsi e godere del loro lavoro. Noi tre amiamo semplicemente la pro-gettazione automobilistica ne sia-mo appassionati e non disegnia-

mo auto così, tanto per fare qual-cosa, ma perché le amiamo vera-mente! Mi piacerebbe che Lorenzo si gettasse alle spalle le sue vec-chie insicurezze, perché sta cre-scendo tantissimo e i suoi ultimi lavori lo testimoniano. Oltre a Lorenzo e Gontrand chi ti piace come automotive designer su Google Plus? Chi mi piace? Beh ... Mi piacciono sicuramente i disegni di Ross M. le sue vetture sono molto belle, con un elevato livello di dettaglio e i suoi rendering sono a dir poco perfetti. Humberto Anez è un altro talentuoso dell’automotive che ho incontrato nella Warehouse; è il fondatore di AUTOMOBILES VIVA e abbiamo anche fatto alcuni pro-getti insieme. Un tuo parere sincero sulla nostra Community È una grande comunità e sono feli-

ce di farne parte. È molto comple-ta, ad essere onesti, e apprezzo le diverse sezioni tematiche da cui è formata legate alle nuove tecnolo-gie CAD... Sono solo un po' deluso dal fatto che non ho ancora trova-to una comunità francese del ge-nere: sarebbe stato fantastico! Ma la Community italiana è chiara-mente impressionante e la vostra lingua non è così difficile da capi-re per me, anche se non l’ho mai studiata! Cosa ne pensi di CADZINE? Una buona idea! Fondare e con-durre una Community è una cosa; creare una rivista che riassuma tutte le cose che accadono in essa con i vari argomenti, le interviste dei membri, ecc. è un altro paio di maniche!.. Spero che duri a lungo!

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Gontrand Nyung

C hi è Gontrand Nyung? Un giovane studente bel-ga diciannovenne che studia automazione in-

dustriale, da sempre appassionato d’arte e, in particolar modo, di de-sign automobilistico il cui sogno nel cassetto è quello di poter vendere, un giorno, i suoi mo-delli automobilistici ad ate-lier d’automotive e a soft-warehouse che sviluppano videogiochi. Quando hai scoperto di avere tan-to talento nel disegno? Ho scoperto la mia passion per l’automotive a nove anni circa, quando un giorno un amico di mia sorella, che conosceva questa mia grande passione per le auto, mi

regalò un poster di una Dodge Vi-per. Da quel momento, per oltre un mese, ho provato a riprodurre quel disegno talvolta anche senza aver-lo davanti. Quando lo completai mi resi conto che potevo provare a fare qualcosa di più e cominciai a provare… e ancora oggi, del resto, ci provo. Come hai scoperto SketchUp, da quanti anni lo usi? Ho scoperto questo modellatore circa sei anni fa in seguito ad una mia ricerca su Internet: “Come so-no fatte le auto per i videogames” e dalla pagina di un sito trovai una lista di software 3D tra cui c’era anche SketchUp; affinando la ri-cerca trovai che questo figu-rava tra i migliori programmi gratuiti e che aveva ricevuto tantissime critiche positive. Fu così che decisi di provarlo in sostituzione ai disegni car-tacei.

Sei un ragazzo con grandi senti-menti, un valore che oggi sta scomparendo... Ti ha creato pro-blemi la tua sensibilità? Hahahah, un ragazzo con grandi sentimenti, ehm, chi io? Si, ma non con tutti! Rispetto chi mi ri-spetta assicurandogli sempre la massima lealtà! Oggi viviamo in una società individualisti-ca che ha perso di vista i grandi valori collettivi come la tolleranza, il rispetto dei diritti altrui, la condivisione delle risor-se… forse sopravvive solo la condi-visione delle conoscenze vissuta collettivamente. Paradossal-mente tantissime persone tendono ad esporre di più i loro errori e debolezze agli occhi del mondo. Da ciò mi torna in mente una massima di Antoine de St Exupery: “Il cuore guarda con chiarezza l’es-senza delle cose che è invece invi-sibile agli occhi”.

Un guerriero dell’automotive che disegna a ritmo di dubstep strepitose automobili piene di stile, poten-

tissime che preannunciano il futuro della categoria ultra sport. Studia automazione industriale e dopo

proseguirà con la facoltà d’ingegneria. Le sue auto, come quelle della A.N.T. Automotive hanno un’ani-

ma! Scopriamo perché….

di Salvio Gigl io

INTERVISTE

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INTERVISTE

NEG CAR

In alto, la sede virtuale della NEG CAR e alcuni modelli di auto realizzati da Gontrand Nyung per il suo brand.

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Cosa ne pensi del bullismo? Odio il bullismo! È un modo di agi-re abominevole che può distrugge-re la vita di tantissimi ragazzi, spesso portando le vittime ad una tragica sottostima di se stessi e, talvolta, anche a gesti estremi! Chi è il tuo disegnatore d'automo-bili preferito nel mondo reale? Sinceramente non ho ancora uno specifico punto di riferimento nell’automotive. La mia fonte d’i-spirazione è Horacio Pagani, ho una grande ammirazione per uo-mini come lui: nato in una fami-glia della classe media, quasi dal nulla ha fondato una compagnia come Pagani. Osservando persone come queste possiamo solo restar-ne ammirati. Cosa significa per te disegnare? Chi mi conosce sa che il disegno è il mio Nirvana, un modo per espri-mere il mio stato d’animo, i miei desideri o il mio sconforto. Cosa ti piace di più della tua scuo-la e cosa ti piace di meno... Mi piace la vicinanza e l’unità che ho con i miei amici e quella piace-vole atmosfera amichevole che si è creata col passare del tempo. Quel che non riesco proprio a sop-portare sono i saccenti e il loro atteggiamento di superiorità verso gli altri. Cosa è Google Plus per te e come lo utilizzi? G+ è il luogo in cui condivido le mie passion con persone che ama-no, come me, la modellazione 3D e il disegno; è anche un utilissimo strumento con cui condividere le mie creazioni e dove poter ammi-rare e studiare quelle degli altri Come hai conosciuto Jocelyn e Lorenzo? Ho visto i loro modelli e li ho com-mentati nella Warehouse di Sket-chUp. Poi siamo passati su G+, un

Social che ci è piaciuto subito molto ed è stato lì che ho scoperto che Jocelyn era della Francia me-ridionale… mi sono sentito meno solo come francofono. Parlaci della rottura con Jenna-rong No, no, non ho tagliato i rapporti con Jennarong, solo che io non voglio sentirmi legato esclusiva-mente al suo brand virtuale ZEPHI-

RYUS, anche se inizialmente vi ho aderito completamente. In defini-tiva, la mia partecipazione a que-sto brand si è evoluta nel tempo diventando un qualcosa che si po-trebbe paragonare ad “un elettrone libero”. Devo riconoscere che Jen-narong è stato colui che mi ha spinto a superare i miei limiti nel-la modellazione 3D, nonostante il fatto che io non possedessi un Mac per computer e una moltitudi-ne di programmi per la grafica. Questo è stato un ottimo stimolo per crescere graficamente, nono-stante le differenze di hardware e software. Inoltre, ancora oggi io sono spesso il suo primo riscontro per i suoi rendering. Quali sono gli obiettivi del gruppo A.N.T AUTOMOTIVE per il design automobilistico? Il primo obiettivo di A.N.T. AUTO-

MOTIVE è quello di riunire sotto un unico brand virtuale i singoli desi-gners europei. Ad ogni membro è garantita sia la massima in-dipendenza che collaborazio-ne reciproca, ecco da cosa na-sce il nome “ANT” (formica in inglese N.d.R.). Provare noi stessi condividendo le nostre co-noscenze senza voler imporre un codice di condotta o di progetta-zione, questo è il nostro secondo obiettivo!.. Noi siamo molto più di una semplice alleanza tra brand. Il nostro terzo traguardo è quello di proporre un’alternativa a ZEPHI-

RYUS togliendoli il monopolio al-meno nell’ambito di G+.

Come hai conosciuto la nostra Community? Quando ho cominciato a condivi-dere su G+ i miei lavori cercavo anche un gruppo o una Communi-ty CAD dove confrontarmi e cre-scere, poi è arrivata “ARS desi-gners” e subito mi ci sono iscritto. I tuoi disegnatori preferiti su G+? Ce ne sono tanti! Parlando di dise-gnatori che come me modellano supercar e hypercar apprezzo mol-to i lavori di Jennarong, Will (Shimmy) e Catalin. Perchè non avevi messo prima la tua foto di profilo su G+? Oggi viviamo in un mondo in cui le apparenze sono tutto. Non lo avevo fatto prima perché avevo l’obiettivo di farmi conoscere at-traverso i miei lavori e non attra-verso il mio aspetto fisico. Non mi aspetto brutte sorprese per averla messa adesso grazie all’aria co-smopolita che si respira su G+; in-fatti, coloro che chiamo scherzo-samente “amici 3D/G+” non ce ne sono due che vivono nella stessa città o nello stesso Paese: ognuno di noi proviene da un diverso background e questo, per assurdo, ci unisce.

INTERVISTE

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MUSICA

A ncora oggi non è ben definita l'origine della parola Madrigale: po-trebbe derivare dal lati-

no matrix-matricalis (di lingua materna, dialettale) o dal volgare Matriale, Madriale o Mandriale riferendosi al contenuto rustico e pastorale Tuttavia, potrebbe origi-narsi anche dal provenzale Man-dra Gal, "canto pastorale", o ancora dallo spagnolo Madrugada, "canto dell’alba". Questa forma musicale si è sviluppata diversamente nell'ambito di due realtà tempora-li: il Madrigale come espressione dell'Ars Nova del XIV secolo e il Madrigale che fiorisce tra Rinasci-mento e primo Barocco. Il Madri-gale del Trecento è una forma ca-ratteristica di musica non sacra, non religiosa, rivolta all'intratteni-mento. Ha per soggetto i temi

dell’amor cortese o quelli agresti, pastorali; la musica è solitamente per due voci, a volte tre, e segue la tradizione medievale: la prima vo-ce (Superior) è preminente con libertà di ornamenti melodici, la seconda è complementare. Tra i più grandi compositori di questo periodo ricordiamo Francesco Landini, fiorentino, cieco dalla na-scita, e Iacopo da Bologna; una del-le fonti principali di questa forma musicale è costituita dal Codice Squarcialupi, realizzato a Firenze agli inizi del XV secolo e conserva-to presso la Biblioteca Medicea Laurenziana. Morto Landini (1397), il madrigale trecentesco soccombe sotto l'avanzare dell'Ars Nova francese, preludio dell’imminente affermazione in Italia delle musi-che e dei cantori fiamminghi. Col tempo, tuttavia, il contatto dei maestri franco-fiamminghi con il repertorio italiano, e in particolare con la frottola (genere predomi-nante di canzone popolare italiana nel corso di tutto il XV secolo e

degli inizi del XVI secolo), deter-mina una seconda fioritura del Madrigale la cui rapida diffusione è agevolata anche dalle numerose edizioni a stampa; la prima appare a Roma nel 1530 ed ha per titolo: Raccolta Madrigali novi de diversi excellentissimi autori. Il madrigale cinquecentesco, dunque, ha per protagonisti sia compositori italia-ni che franco-fiamminghi e si af-ferma rapidamente grazie al facile ritmo del verso ottonario. Non es-sendo più vincolato ad una parti-colare forma letteraria, il madriga-le si apre a innovazioni formali e di stile: dalle due e tre voci si pas-sa, verso la metà del XVI secolo, alle cinque voci e, procedendo nel suo sviluppo, elimina la pressoché totale supremazia della Musica Sacra. Convenzionalmente, nel Madrigale cinquecentesco, si indi-viduano tre periodi. Il primo, collo-cato tra il 1530 e il 1550, vede l'ori-gine del genere ed è rappresentato soprattutto da Jacques Arcadelt e Philippe Verdelot, entrambi attivi

di N ico la Amalf i tano

Il Madrigale

Francesco Landini, in una miniatura del XV secolo del Codice Squarcialupi, suona un organo in miniatura (Wikipedia)

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MUSICA

Frontespizio de “PRIMA STELLA. DE MADRIGALI A CINQVE VOCI. Di Orlando Lasso. Di Giouan Nascho. Di Zanetto di Palesti-na. Di Francesco Roscelli. ET ALTRI ECCELLENTISSIMI MVSICI. Nuouamente posti in luce.”. Venezia, 1570. Courtesy of Royal

Holloway Repository, University of London

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MUSICA

a Firenze. Lo stile musicale è simi-le alla chanson francese, molto in auge nella Firenze di quei tempi, con tutte le parti eseguite da voci umane, alternando un contrap-punto poco elaborato a sezioni omoritmiche. Il secondo, fino al 1580, con esponenti quali Adrian Willaert, Andrea e Giovanni Ga-brieli, Palestrina, Orlando di Lasso e Cipriano de Rore, è segnato dallo sviluppo della Scuola Romana, orientata principalmente verso la musica sacra e alla pura vocalità (Palestrina), e della Scuola Vene-ziana che arricchisce, invece, con strumenti sia il madrigale profano, sia la polifonia sacra (Andrea e Giovanni Gabrieli). L'ultimo perio-do, dal 1580 al 1620, ha per protago-nisti Carlo Gesualdo da Venosa, Claudio Monteverdi e Luca Maren-zio. Quest’ultimo rappresenta l'e-voluzione della tecnica compositi-va verso caratteri più drammatici.

Carlo Gesualdo da Venosa incentra la sua opera sull'espressività del sentimento, soprattutto doloroso; usa toni estremamente cupi e tesi ricorrendo a forti dissonanze e brevi melodie. Con Monteverdi, il maggiore autore di madrigali oltre a Palestrina, il madrigale contrap-puntistico raggiunge il suo apice prima di evolversi nella monodia accompagnata. Monteverdi s'in-venta il Madrigale Concertato con una, due o più voci accompagnate dal basso continuo e da altri stru-menti come liuto, viola da gamba e tiorba. Sono celebri i suoi otto libri di madrigali, straordinari per in-venzione musicale, soggetti e alle-goria; Il Combattimento di Tancre-dí e Clorinda, sul testo della "Gerusalemme Liberata" di Tor-quato Tasso, pubblicato nel 1638 nel Libro VIII Madrigali guerrieri et amorosi è, senza dubbio, la più alta affermazione del madrigale dram-

matico. Nel corso del XVI secolo appare, inoltre, il Madrigale Spiri-tuale, per contenuti affini alla lau-da, che riveste un ruolo importan-te per la diffusione della dottrina sacra; nasce come composizione a cappella ma non è rara l'esecuzio-ne con accompagnamento stru-mentale, soprattutto dopo il 1600. Privilegiata, in questo tipo di ma-drigale, è la rielaborazione di lavo-ri esistenti che appare evidente nel titolo di una raccolta di Aquili-no Coppini: Musica tolta da i ma-drigali di Claudio Monteverde, e d'altri autori … e fatta spirituale, a cinque, et sei voci. In pratica, lette-rati e musicisti si cimentano nel trasformare alcuni madrigali, ne sostituiscono il testo originale con versi in lingua latina ad argomen-to sacro cercando di rispettare, per quanto possibile, lo stesso tipo di atmosfera, le immagini poetiche e gli affetti dell’opera originale.

“Melodia olympica di diversi eccellentissimi musici a IV, V, VI et VIII voci, nuovamente raccolta da Pietro Philippi Inglese, et data in luce. Nella quale si contegono i piu Eccellenti Madrigali che hoggidi si cantino.”. Antwerp, Belgio, 1594. Courtesy of Royal Holloway Repository, University of London

Claudio Monteverdi, dipinto di Bernardo Strozzi, ca. 1640 (Wikipedia)

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B envenuti a questo nuovo appuntamento con la Stampa 3D. In questa puntata ci occuperemo

di un oggettino minuscolo ma im-portantissimo: il termistore. Que-sto componente elettronico è di fondamentale importanza per la nostra stampante perché regola la temperatura sia del piatto termico che dell’estrusore, comunicando al controller quando è stata raggiun-ta la temperatura ottimale di eser-cizio. È un argomento abbastanza corposo e corredato da una nutrita formulazione matematica che, se possibile, cercherò di evitarvi nel tentativo di offrirvi una panorami-ca sintetica di questo componente

e i criteri di scelta per guidarvi nell’acquisto e, successivamente, nel montaggio. Cenno storico Si può considerare il termoscopio di Galileo, realizzato dallo scien-ziato nel 1606, come primo sensore di temperatura della storia. Nel 1821 il fisco estone T. J. Seebeck scopre che due metalli saldati in una giunzione, a diversa tempera-tura possono generare una tensio-ne elettrica. Sempre in quegli stes-si anni, il chimico inglese Sir Humphry Davy osserva che la re-sistenza elettrica dei metalli varia con la temperatura. Sarà Michael Faraday a scoprire il primo termi-store negativo NTC nel 1833; men-tre studiava il comportamento dei semiconduttori di solfuro d'argen-to, notò che la resistenza di questo diminuiva drasticamente con l'au-

mento della temperatura. Nel 1871 Siemens realizza il primo prototi-po di termometro al platino. Solo nel 1930, negli USA, si arrivò al pri-mo brevetto per un’applicazione commerciale ad opera del co-fondatore della Duracel, Samuel Ruben . Descrizione e principio di funzio-namento Thermal resistor è il termine in-glese da cui deriva la parola termi-store nella lingua italiana. Un ter-mistore è un trasduttore di tempe-ratura caratterizzato da tempi di risposta relativamente veloci, ele-vata sensibilità, basso costo e scarsa linearità. Questi trasduttori elettrici impiegano la proprietà dei semiconduttori di variare la con-ducibilità elettrica attraverso la temperatura ed hanno un princi-pio di funzionamento molto simile

di Salvio Gigl io

I termistori

NEW HARDWARE FOR CAD

Fig. 1. Un estrusore di una 3D printer e la relativa componentistica termica: termistore e resistore (S. Giglio)

Un componente essenziale per la regolazione intelligente della temperatura dell’estrusore e del piatto termico. La sua funziona-

lità è paragonabile a quella di un termostato ma le sue dimensioni possono essere veramente ridottissime senza contare i cam-

pi d’impiego che questo componente può avere...

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Come provare un termistore

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a quello delle termoresistenze. La sostanziale differenza tra le due famiglie di sensori risiede nel ma-teriale con cui sono realizzati e nella risposta che questa differen-za genera: le termoresistenze sono compo-

ste da materiali metallici condut-tori come, ad esempio, il platino la cui conducibilità elettrica e la corrente diminuiscono con la temperatura;

i termistori sono composti da materiali semiconduttori in cui è anche possibile ottenere una di-minuzione della resistenza con l’incremento della temperatura e il conseguente aumento della corrente elettrica.

Per estensione al discorso si ricor-di che, mentre nei conduttori l’uni-co meccanismo in gioco nel tra-sporto dell’elettricità si basa sulle vibrazioni termiche del materiale, nei semiconduttori l'incremento di temperatura determina la rottura dei legami molecolari e la conse-guente generazione di portatori di carica. Additivando con pesanti drogaggi i semiconduttori, notere-mo che questi mostrano delle ca-ratteristiche analoghe a quelle dei conduttori: a basse temperature, i meccanismi di generazione elet-trica sono favoriti dalla notevole disponibilità di portatori rispetto alle termoresistenze. Questo aspetto favorisce anche la produ-zione di termistori di sensibilità termica superiore rispetto a quella offerta dalle termoresistenze. Differenze tra termistori PTC e

NTC Come abbiamo visto i termistori possono funzionare con tempera-ture positive o negative, questo aspetto, legato al valore di resi-stenza del termistore che diminui-sce o aumenta in base al gradiente termico, permette di operare una distinzione del componente decli-nabile in due diverse categorie di impiego: o positivi (termistori PTC). NTC da Negative Temperature

Coefficient, nei quali il valore della resistenza è inversamente proporzionale a quello della temperatura. La loro produzione si ottiene con miscele di ossidi metallici (Co, Cu, Fe, Mn, Ni) aventi proprietà simili a quelle dei semiconduttori. La loro ca-ratteristica resistenza/tensione è di tipo esponenziale aspetto questo che offre una maggiore linearità di risposta e un inter-vallo di funzionamento più am-pio.

PTC da Positive Temperature Coefficient, in cui il valore della resistenza è direttamente pro-porzionale a quello della tempe-ratura. II coefficiente di tempe-ratura dei termistori PTC cresce molto rapidamente non appena si supera la cosiddetta tempera-tura di Curie. La loro produzione si ottiene con di miscele di ossi-di metallici (Co, Cu, Fe, Mn, Ni) aventi proprietà simili a quelle dei semiconduttori. Il loro prin-cipio di funzionamento si basa sulla reciproca influenza tra

elettroni di conduzione dei se-miconduttori e reticolo cristalli-no dei conduttori metallici di drogaggio. Operano con un coef-ficiente di temperatura più alto rispetto a quelli NTC e la loro caratteristica resistenza/tensione è estremamente non lineare e viene fornita dai co-struttori per intervalli prestabi-liti.

Prova dei componenti La verifica di un termistore è mol-to semplice e si effettua commu-tando il tester sulla funzione delle misure ohmmetriche impostando la giusta scala di portata in base al valore del resistore. In caso di un termistore PTC noteremo subito un avanzamento dell’ago del tester fino al suo valore massimo appena lo avvicineremo ad una sorgente di calore come una lampadina. Nel caso di un NTC, invece, noteremo il comportamento del componente nei confronti di due diverse sor-genti termiche: in acqua ghiaccia-ta l’ago sale mentre vicino alla lampadina il valore della resisten-za scende. Questa prova ci consen-te di verificare il funzionamento del componente e la rispondenza dei valori dichiarati dal costrutto-re.

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Fig. 2, da sinistra: elementi costruttivi di un termistore, due termistori di diversa grandezza e rappresentazione costruttiva

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SPECIALE MAKER FAIRE ROMA 2014

A nche se CADZINE ha attual-mente un pubblico molto colto ma meno vasto di quel-lo di un giornalino parroc-

chiale, e le risorse economiche son quel che sono, ho deciso comunque di seguire in qualche modo il Maker Faire di Roma e di farvelo raccontare da un inviato spe-ciale, molto promettente, che tanti di voi sicuramente già conoscete da G+: Gian-marco Rogo. Quale cronista migliore di un laureando in Ingegneria Biomedica e grande appassionato di tecnologia per un avvenimento come questo? Del resto stiamo parlando di un evento unico al mondo per quanto riguarda l’innovazio-ne e in grado di coinvolgere tutta la fami-glia, dal momento che focalizza total-mente l’attenzione su qualcosa di molto allettante, specialmente per i giovanissi-mi: la creatività e l’inventiva, celebrando, allo stesso tempo, il Maker Movement un fenomeno, anche sociale, in grande espansione. Come si può leggere sul sito della fiera: “La Maker Faire è il luogo dove gli inno-vatori del terzo millennio mostrano i pro-getti a cui stanno lavorando e condivido-no il sapere tecnologico e artigiano.”. Un invito a nozze per CADZINE! ;-) La versione romana del progetto Maker Faire Rome – The European Edition è stato sostenuto dalla Camera di Com-mercio di Roma per poi essere realizzato e curato dalla sua Azienda Speciale As-set Camera. Per la location della Fiera è stato scelto l’Auditorium Parco della Mu-sica di Renzo Piano che ha offerto ben 70.000 mq al Villaggio dell’Innovazione. Nomi di eccellenza anche per i responsa-bili della manifestazione: Massimo Banzi, cofondatore di Arduino, e il giornalista Riccardo Luna, primo direttore di Wired Italia. Il 2014 ha visto la crescita dell’inte-

resse per il fenomeno maker di sempre più italiani, grazie anche all’apporto di trasmissioni televisive come Report, stampa e rete, tanto che ciò ha determi-nato la stesura di un programma per l’evento molto articolato, la Innovation Week, che dal 27 settembre al 5 ottobre è stata ricca d’incontri, dibattiti, forum e decine d’iniziative dedicate al mondo digitale e alle sue innumerevoli innova-zioni e applicazioni ed ha raggiunto il culmine nella Maker Faire per quantità e qualità dei progetti esposti. Particolar-mente significativa è stata la Openig Conference “Let’s Make! (A Better World)” svoltasi nella Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica lo scorso 2 ottobre, che ha visto come ospiti i principali protagonisti della Terza Rivo-luzione Industriale. I lavori sono stati aperti dagli interventi di Massimo Banzi e da Dale Dougherty, direttore del presti-gioso magazine MAKE. Seguono gli in-terventi del noto giornalista, scrittore e blogger canadese Cory Doctorow, dell’a-stronauta Samantha Cristoforetti che a novembre partirà per una lunga missio-ne spaziale, dell’economista Mariana Mazzuccato che ha parlato della sua au-spicabile visione di Stato innovatore, capace di sostenere adeguatamente i giovani e le loro idee tecnologiche per una ripresa concreta dell’economia. Par-ticolare enfasi è stata posta anche al rap-porto tra nuove tecnologie e salute con gli interventi di: Glenn Green chirurgo e professore di otorinolaringoiatria infantile alla Univer-sity of Michigan, che ha impiantato una trachea, stampata in 3D con polvere di Policaprolattone, a Kaiba Gionfrido, una paziente di sole sei settimane di vita col-pita da malacia bronchiale, una rara ma-lattia che ostruisce le vie polmonari. Do-po aver fatto una accuratissima TAC agli organi della piccola paziente per valutar-ne le dimensioni, è stato progettato al computer l’impianto e poi stampato con il composto biocompatibile, che può es-sere espulso totalmente una volta che la

lesione è guarita. Erle Austin, cardiochirurgo presso l’Uni-versità di Louisville, nel Kentucky USA, che ha riprodotto in 3D il cuore del neo-nato Roland Cung Lian Bawi affetto da un complesso difetto cardiaco congenito. Anche in questo caso il progetto è partito con una TAC al cuore del piccolo pazien-te a cui ha fatto seguito il progetto digitale dell’impianto. L’organo ricavato ha ri-chiesto venti ore di stampa ed è tratto da un modello leggermente più grande (1,5 volte) di quello restituito dalla TAC date le ridotte dimensioni dell’organo originale. Michael McAlpine lo statunitense trenta-duenne assistente professore di ingegne-ria meccanica alla Princeton University che ha realizzato l’orecchio bionico riu-scendo a fondere le potenzialità dei tes-suti umani con le risorse dell’elettronica. Per ottenere la protesi McAlpine ha stampato con una comune stampante 3D alcune nano particelle combinate a cellule staminali, successivamente colti-vate per realizzare un’antenna necessa-ria per il funzionamento dell’orecchio bionico. Il Maker Faire Rome in numeri Quest’anno per la Call4Makers sono arri-vati 600 progetti, 74 talk e 42 workshop da 33 nazioni: Italia, Francia, Portogallo, Regno Unito, Germania, India, Belgio, Giappone, Cina, Svizzera, Svezia, Paesi Bassi, Canada, Taiwan, Colombia, Stati Uniti, Irlanda, Spagna, Serbia, Brasile, Bielorussia, Danimarca, Croazia, Polonia, Egitto, Messico, Singapore, Turchia, Ma-rocco, Guatemala, Repubblica Ceca, Au-stralia e Grecia. Oltre alla Call4Makers, Maker Faire Rome ha lanciato una Call4School dedicata ai progetti nati e sviluppati tra i banchi di scuola, perché saranno i giovani makers a fare la diffe-renza. Non a caso, i migliori proget-ti selezionati parteciperanno a Ma-ker Faire Rome.

Maker Faire Rome 2014: quel futuro così a portata di mano...

di Salvio Gigl io

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SPECIALE MAKER FAIRE ROMA 2014

Maker Faire Rome 2014: quel futuro così a portata di mano...

1) La Sala Sinopoli; 2)Massimo Banzi; 3) Riccardo Luna; 4) Dale Dougherty; 5) Cory Doctorow; 6) Maria-

na Mazzuccato; 7) Samantha Cristoforetti; 8) Michael McAlpine; 9) Erle Austin; 10) Glenn Green

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SPECIALE MAKER FAIRE ROMA 2014

Q uanto ho osservato cre-scendo, in termini di tec-nologia e scienza, ha ma-turato in me la convin-

zione che arriverà il giorno in cui l’intelligenza artificiale, di cui l’au-toma antropomorfo è la massima espressione, sarà un ausilio essen-ziale all'essere umano. Chi già mi conosce sa che sono uno studente di Ingegneria Biomedica; capirete, quindi, da soli la passione e il fa-scino che esercitano su di me le numerosissime realizzazioni di robot sempre più simili ai com-plessi modelli umani anche se re-stiamo, in tutto e per tutto, delle macchine viventi uniche e quasi perfette! Cercando dunque un mo-do per iniziare a “sporcarmi le ma-ni col mestiere” e mettere in prati-ca quanto sto studiando, spinto dall'introduzione sul mercato di nuovi e potenti micro-controllori come Arduino UNO, ho scoperto e approfondito gli ideali della filoso-fia del mondo dei makers a cui mi sono avvicinato da pochissimo e nel quale vedo una preziosa inte-grazione del mio percorso formati-vo! Ma chi è e cosa fa un maker? Il pragmatismo anglosassone, anche a livello linguistico, ha coniato il neologismo MAKER utilizzando li-beramente il verbo “to make” che da noi significa semplicemente “fare” e, badate bene, non “to in-vent”, inventare o “to create”, crea-re. Volendo tradurre brutalmente MAKER, otterremo una parola che nella nostra lingua risulterebbe alquanto cacofonica: “facitore” ma che renderebbe subito l’idea di co-sa si sta parlando. Il concetto di maker affonda le sue radici nella

filosofia Open che è nata offrendo il codice sorgente del software (aperto e quindi rielaborabile) e che da qualche anno ha contami-nato anche il mondo dell’elettroni-ca, rendendo disponibili in rete idee e progetti per tutti coloro che vogliono realizzare qualcosa di innovativo! Come nei LEGO, nell’ottica Open, ogni parte di codi-ce e/o ogni circuito è un mattonci-no collegabile ad altri, per cui un maker è definibile anche come “un assemblatore di idee”. Ma arrivia-mo ora alla cronaca e alle sensa-zioni che ho ricavato da questa particolarissima fiera internazio-nale! Anzitutto, vi assicuro che è stata un'esperienza interessantis-sima e che vi invito a vivere al più presto animati dalla curiosità di scoprire, imparare ed... inventare: proprio come recita lo slogan! A parte le meraviglie tecnologiche, talvolta anche molto stravaganti, e i personaggi di varia umanità che ho incontrato, tra cui un simpatico vecchietto che se ne andava in giro con una finta “invenzione” per richiamare l’interesse dei visitato-ri su di se e scambiare quattro chiacchere con loro, la mia atten-zione, e quella dei miei colleghi, è stata soprattutto attirata dai cosid-detti “nativi digitali” e il loro modo istintivo di approcciarsi con que-ste tecnologie! Noi giovani studen-ti d’ingegneria siamo rimasti a dir poco sorpresi, quasi incantati, nell’osservare un quattordicenne interagire con padronanza e fami-liarità con un compilatore, anche se estremamente semplificato! Meraviglie del nostro DNA capace di trasmettere conoscenze alla nostra progenie e frutto maturo dell’incredibile sforzo fatto dalla comunità tecnologica per elimina-re il - naturale - gap tra coloro che hanno conoscenze di programma-

zione pregresse e chi non ne ha affatto! L’idea vincente è stata quella di creare un ambiente parti-colarmente semplificato dove l’u-tente, dal bambino all’adulto, pos-sa agevolmente intuire il flusso schematico degli eventi imposto da un linguaggio di programma-zione, come ad esempio una sem-plice condizione IF-THEN, senza richiedere alcun particolare prere-quisito. Abbiamo ammirato dei ragazzini creare e compilare sketch su Arduino grazie ad una rappresentazione quasi divertente del programma stesso. Si diverti-vano come noi quando giocavamo con i LEGO Technic: mettendo in-sieme particolari blocchi, colora-tissimi e dalle forme più svariate, generavano un output, un preciso risultato che si erano prefissati. Ho osservato cambiare il mezzo, ma non il risultato. E’ geniale. Que-sto metodo è l’inizio di una vera rivoluzione. Ho sempre creduto che programmare non è soltanto un qualcosa di astratto e finalizza-to alla mera creazione di un pro-gramma utile e funzionale, bensì un vero e proprio allenamento in cui si affina il ragionamento capa-ce di allenare una “forma mentis” differente da quella convenziona-le. Le foto che io, insieme alla mia ragazza Federica, ho scattato a Roma sono il resoconto grafico di una giornata straordinaria, in cui ci siamo sentiti degli esploratori di un futuro promettente, pacifico e veramente foriero di progresso!

Maker Faire Rome 2014: fantastica!

di Gianmarco Rogo

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Gianmarco Rogo

Reportage fotografico

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SPECIALE MAKER FAIRE ROMA 2014

La location

L 'auditorium Parco della Musica di Roma ha un’estensione di 55.000 mq ed è ubicato nel quartiere Flaminio, tra la Villa Glori, la colli-na dei Parioli e il Villaggio Olimpico. Il pro-

getto di Renzo Piano ha realizzato un complesso multifunzionale atto ad ospitare eventi musicali e culturali di varie tipologie. Fu inaugurato il 21 aprile 2002 con l'apertura della Sala Sinopoli; il 21 dicembre dello stesso anno fu poi aperto il resto del complesso e inaugurata la Sala Grande (intitolata a Santa Ceci-lia), con un concerto diretto da Myung-Whun Chung. I volumi principali del complesso sono costituiti dalle tre sale da concerto, allocate in edifici di diverse dimensioni, con una forma che richiama quella di uno scarabeo; le tre sale sono coperte con lastre di piombo e disposte a raggiera intorno a un anfiteatro all'aperto, la cavea, che può accogliere circa 3.000 spettatori. Lo spazio circostante, dove le costruzioni non superano l'altez-

za della cavea, è occupato da altre strutture - am-bienti di servizio, studi di registrazione, sale prove - mentre attorno all'insieme degli edifici corre un va-sto terrazzo praticabile. Da qui, tra la sala Santa Ce-cilia e la sala Sinopoli, sono visibili i resti della villa roma-na venuti in luce durante la costruzione del complesso (la cui scoperta comportò una sostanziale modifica del progetto originario di Piano), i cui reperti sono esposti in un piccolo museo ricavato sotto la cavea. Oltre alle tre sale da concerto la struttura comprende anche il Teatro Studio, tre diversi studi di registra-zione, e il foyer (che in realtà è l'atrio comune alle sale). Sono stati aperti un bar, un bar-caffetteria e (con ac-cesso anche alla strada) un bar-ristorante e una grande libreria. Il complesso ospita anche gli uffici della Fondazione Musica per Roma, che gestisce la strut-tura, e dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia, della quale è sede principale. (Fonte Wikipedia)

La cavea esterna dell’auditorium

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Mappa del Maker Faire Roma 2014

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Il prototipo, in scala, di un veicolo capace di rilevare e riconoscere gli ostacoli che si presentano nella sua traiettoria.

Una strepitosa rappresentazione musicale realizzata con l'ausilio di controlli automatici collegati ai più disparati strumenti

Da sinistra: un interessante esempio di programmazione a blocchi studiata appositamente per bambini; la famosissima "useless box". Come dice stesso il nome, è una scatola totalmente priva di utilità se non quella di far sorridere i suoi utenti!

SPECIALE MAKER FAIRE ROMA 2014

Makers & invenzioni

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Un insetto robot. La sua gestione, completamente autono-ma, avviene tramite un MCU Arduino Micro. Il robot è capa-ce di muoversi, agitare le ali e i suoi “occhi” simulano la vista della mosca.

Insetti robot che collaborano tra loro grazie a comunicazioni con raggi infrarossi. Le interazioni generano 2 diversi stadi di comportamento: calmo ed eccitato. I movimenti sono per-messi grazie a piccoli motori vibranti collegati alle loro zampe.

SPECIALE MAKER FAIRE ROMA 2014

Un prototipo di ragno robot, di grosse dimensioni, capace di superare agevolmente eventuali ostacoli che gli si pongono in-nanzi lungo il cammino. Il drone può muoversi in automatico o essere pilotato via tablet.

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SPECIALE MAKER FAIRE ROMA 2014

Uno scanner 3D per il rilievo di oggetti riprodotti poi in un modello digitale in formato DAE

Un esemplare di automa antropomorfo capace di rispondere a semplici comandi imposti dall'interlocutore.

Un inquietante concerto rock realizzato da 3 giganteschi robot completamente autonomi

Due attrazioni per bambini che sfruttano un sensore di movimento simile a Kinect in grado di animare rispettivamente un avatar su di un PC, come si vede a sinistra, e le principali articolazioni di un pupazzo opportunamente motorizzato

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SPECIALE MAKER FAIRE ROMA 2014

Prototipo di una mano robotica gestita da Arduino. Tre servomotori permettono le principali articolazioni della mano

Il mulo elettronico, che tanto spopola sul web, promette di essere un drone automatizzato e indipendente, adatto per il tra-sporto di carichi pesanti anche sul campo di battaglia. In queste foto la realizzazione dell’Istituto Italiano di Tecnologia.

La valigetta dei sogni, quella che tutti i makers vorrebbero possedere: Arduino e componentistica elettronica a gogò!

La nuova MCU Arduino TRE che promette una potenza ela-borativa elevatissima per progetti sempre più performanti

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SPECIALE MAKER FAIRE ROMA 2014

Gestione, via MCU, di un braccio motorizzato di un drone Proliferano MCU simili ad Arduino: ecco Grapevine della Intel.

Piccolo plotter realizzato con Arduino UNO Arduino Materia 101: la prima stampante 3D prodotta ufficialmente da Arduino.

Il genio della Maker Faire: dotato di uno strumento del tutto privo di utilità (lui stesso confessa), ha suscitato stupore e curiosità tra tutti gli invitati della fiera. #genio

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Page 68: CADZINE n° 5, ottobre 2014, ANNO I

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CORSO di ORIENTAMENTO alla BIM

C hi dovrebbe sviluppare la pianificazione per una progettazione BIM Per sviluppare il piano

BIM, il gruppo di progettazione deve essere riunito nelle fasi preli-minari del progetto. Questo gruppo deve essere composto sia dai rap-presentanti di tutti i membri del team di progettazione principali, sia dal quel gruppo di figure con-nesse, in qualche modo al proget-to, come: il proprietario/i, le im-prese costruttrici e gli appaltatori dei principali settori, i responsabi-li della sicurezza. E' molto impor-tante per il proprietario, così come per tutti i membri del team, soste-nere pienamente il processo di pianificazione. Finalità principale degli incontri di pianificazione iniziale, con tutte le parti interes-sate, consiste in una chiara defini-zione degli obiettivi e della visione

globale del progetto per l'attuazio-ne dello stesso e per ulteriori ini-ziative di pianificazione. Una volta raggiunto lo scopo, e l’impostazio-ne iniziale è ormai pienamente funzionante, possono partire i pro-cessi di attuazione dettagliati e i rela-tivi scambi di in-formazioni; questi ultimi possono essere sviluppati e attuati dai coordi-natori capo della BIM per ciascuna delle parti. Il gruppo di rappresen-tanti per il coordinamento e la compilazione del Piano BIM deve essere chiaramente identificato. Questo ruolo può variare in base all’ordine di consegna del progetto, la tempistica del Piano di sviluppo BIM e la competenza dei parteci-panti. Questa iniziativa di pianifi-cazione potrebbe essere condotta dal proprietario, dall’architetto, dal responsabile del programma o di-rettore dei lavori. Per alcuni pro-getti può essere utile intraprende-re la pianificazione per avere un

punto di partenza. Ad esempio, il proprietario può iniziare la pianifi-cazione prima di stipulare con le altre parti un contratto per i loro servizi, e quindi il Piano BIM può essere trasformato e completato in

un'altra sede, come, dal direttore dei lavori o dall’architetto. In alcu-ne circostanze, se il team proget-tuale non ha esperienza o trova più adeguato avere un’assistenza per le attività di pianificazione, può essere utile rivolgersi a studi specializzati nella pianificazione BIM per semplificare la procedura di pianificazione. Quali riunioni sono necessarie per sviluppare con successo la pianifi-cazione di una BIM Il Piano per la progettazione BIM non può essere sviluppato isolata-

III puntata

di Salvio Gigl io

I soggetti responsabili del piano BIM

Continua la fase di descrizione ed organizzazione dei preliminari

alla progettazione BIM vera e propria. Lo sforzo principale è quello

di mettere in piedi un team valido sia nello studio che sul campo,

capace di seguire l’esecuzione del progetto e le immancabili varian-

ti ad esso in corso d’opera. Le riunioni sono un mezzo essenziale

per conoscersi ed affinare le comunicazioni tra gli interessati...

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CORSO di ORIENTAMENTO alla BIM

mente. Nessun componente del team di progetto, infatti, può ade-guatamente delineare da solo il piano di esecuzione per l'applica-zione della BIM, o tentare di otte-nere degli impegni lavorativi dagli altri membri del team. Sono esi-genze prioritarie la collaborazione e il completo coordinamento e di tutte le parti se si desidera rag-giungere una progettazione di successo con la BIM. Ecco la ne-cessità di una serie di riunioni di pianificazione per sviluppare il piano di esecuzione e consentire l’affiatamento del team progettua-le e costruttivo. Nella maggior par-te dei progetti è necessario un mi-nimo di due o tre incontri per svi-luppare il Piano generale BIM. Il primo incontro avrà bisogno di avere responsabili decisionali di ogni settore. Incontri successivi richiedono meno persone, poiché sono orientati sui dettagli relativi all'esecuzione del manufatto. Una descrizione dettagliata di una se-rie di quattro incontri preliminari per lo sviluppo del Piano BIM è contenuto nel Capitolo 6 di questa guida e comprende modelli di or-dini del giorno e le attività imme-diate da svolgere da parte del team di pianificazione.

Come funziona la procedura di pianificazione BIM integrata con la National BIM Standard Il National Building Information Modeling Standard – United Sta-tes™ (NBIMS-US) è attualmente in fase di sviluppo da parte della building SMART Alliance™, un set-tore dell'Istituto Nazionale per le Scienze Edili. L'obiettivo del NBIMS-USA è quello di individua-re e definire lo scambio di infor-mazioni standard che sono richie-ste nei progetti edili. La procedura di pianificazione BIM è stata pro-gettata per completare lo scambio di una serie standard nella fase di sviluppo dell'iniziativa NBIMS-USA. In definitiva, l’idea è quella che un team di progettazione può integrare perfettamente gli scam-bi di informazioni nel NBIMS-USA con tre passaggi di questo sistema di pianificazione esecutivo, che si concentra sullo scambio d’infor-mazioni caratteristiche. Poiché gli scambi di informazioni diventano standardizzati in tutto il settore, il terzo passaggio di questo processo potrebbe essere semplificato fa-cendo riferimento agli scambi co-muni, invece di fornire obbligato-riamente uno di scambio d’infor-mazioni personalizzate per ogni

attività. Se l'industria standardiz-za la procedura per la pianificazio-ne dell’esecuzione della BIM per i progetti, ne consegue che le im-prese possono creare sia delle se-quenze di lavoro che delle proce-dure aziendali proprie, in un for-mato in grado di integrarsi facil-mente con la procedura di pianifi-cazione BIM. In questo modo sarà più facile per i team la pianifica-zione rapida della strategia esecu-tiva più consona per un progetto. Se tutte le organizzazioni standar-dizzeranno i propri processi, allora la procedura di pianificazione di esecuzione del progetto si ridurrà ad una pianificazione ospitante i diversi processi di lavoro dei vari membri del team Fig. 1. Sarà an-che più facile per i membri del team, tra cui il proprietario, com-prendere e valutare gli stessi piani esecutivi, dal momento che questi saranno organizzati, in modo rapi-do ed efficace, in un formato stan-dard con tutte le informazioni coe-renti. Continua

Fig. 1, competenze e ruoli nella pianificazione BIM

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Le linee di costruzione

D opo aver stabilito l’unità di misura più consona al nostro lavoro, facciamo amicizia anzitutto con i

comandi principali del modellato-re, quelli che useremo con maggio-re frequenza nelle nostre realizza-zioni. Non a caso partiremo dal

pulsante STRU-

MENTO DI MISU-RA, Fig. 1, per disegnare le linee di costru-zione qui chia-mate guide, per-ché ci consente di creare la base del

nostro modello evitando errori madorna-li dovuti alle false prospettive che possia-mo dare alla visualizzazione del disegno dovute all’inesperienza. Creare una struttura grafica capace di guidar-ci durante la stesura del disegno è una cosa di fondamentale impor-tanza e vale sempre anche se ciò che vogliamo modellare è un og-getto molto semplice. Per farvi im-pratichire un po’ ho deciso di farvi modellare la semplicissima caset-

ta col tetto a falde che è stata per diversi anni il simbolo stesso di SketchUp e che ancora ravvisiamo nei comandi di visualizzazione principali. Bene, dopo aver avviato il programma noterete che la vista proposta è quella dall’alto, ottima per disegnare la pianta della ca-setta e l’unità di misura proposta sono i metri. Andate sul comando delle linee di costruzione e porta-tevi su uno dei due assi, quello ros-so o quello verde. Posi-zionate il gancetto del puntatore su uno di essi e subito comparirà un quadratino rosso, come in Fig. 2, che sta ad indi-care la possibilità di aggancio del tiralinee. Cliccate sull’asse una sola volta e trascinate il puntatore in una direzione. Noterete che se, ad esempio, avete agganciato l’as-se rosso per tracciare una linea di costruzione parallela ad esso, du-rante il trascinamento, apparirà una traiettoria del colore dell’altro asse come in Fig. 3. Ciò significa che state procedendo sullo stesso piano condiviso dalla coppia di assi e che quanto state disegnando è ortogonale. Tutti i modellatori aiutano il disegnatore in questo senso o imponendogli l’ortogonali-

tà attraverso alcuni comandi, o indicandogli il path, il percorso, che sta seguendo. Addestrate gli occhi a notare questi piccoli detta-gli: vi eviterà errori e perdite di tempo! Per stabilire delle misure precise in SketchUp si ricorre al Visual Control Box, o VCB (Fig. 4), che nella versione italiana di Sket-chUp è denominato MISURE. Que-sto elemento del programma è po-sto in basso a destra sulla Barra

delle informazioni ed in esso ap-paiono i valori che immettiamo da tastiera subito dopo aver azionato un comando. Si possono digitare sia valori interi che decimali sepa-rati da una virgola. Il numero di decimali dopo la virgola dipende dalle impostazioni che avete stabi-lito precedentemente nella fine-stra Informazioni modello Uni-tà. Il criterio di impiego del VCB vale per tutti i comandi del pro-gramma: stabilite un punto di par-tenza attraverso un click del mou-se, spostate il mouse lungo una direzione, immettete un valore

V puntata

di Salvio Gigl io

CORSO di BASE per SketchUp

Fig. 2, un quadratino rosso sull’estremità del puntatore dello strumento tiralinee indica che questo è pronto per l’aggancio

Fig. 3, durante il trascinamento della guida appare una linea (versore) dello stesso colore dell’asse lungo cui ci si sta spostando. Il versore è la distanza rispetto al punto di partenza.

Le linee di costruzione rappresentano, da quan-

do esiste il disegno tecnico, un riferimento es-

senziale per disegnare correttamente e veloce-

mente anche elaborati estremamente complessi.

Fig. 1, icona del comando “Strumento di misura”

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CORSO di BASE per SketchUp

numerico da tastiera e poi preme-te INVIO. L’effetto consisterà nel posizionamento corretto dell’entità alla misura voluta. Detto questo, disegniamo due linee di costruzio-ne parallele ai due assi e da esse distanti 35 cm e, visto che stiamo lavorando con una scala settata a metri, digiteremo 0,35. Dopo aver disegnato questa coppia di rette complanari, ne disegnerete una seconda distante dalla prima 3,5 m ottenendo così un quadrato con questa misura di lato, Fig. 5. Per verificare che le quattro linee di costruzione sono effettivamente poggiate sullo stesso piano porta-tevi con il puntatore del mouse sui punti d’intersezione, come in Fig. 6, fino a che non sarà visualizzata un’etichettina di testo con sopra scritto “Intersezione”; ogni interse-

zione sarà evidenziata da una pic-cola × rossa. Dopo questa verifica utilizziamo il comando ORBITA e facciamo in modo di posizionare la visualizzazione dell’area di la-voro in modo da osservare il qua-drato in prospettiva. Per creare le linee di costruzione verticali uti-lizzeremo come punto di partenza l’asse blu e come destinazione i quattro punti d’intersezione. A questo punto disegniamo l’altezza del nostro modello con il tiralinee tracciandone una a 5,25 m rispetto a quella della base: se state proce-dendo in senso verticale il versore della linea è di colore blu! Adesso usiamo lo strumento LINEA per ri-calcare un attimino il lavoro fatto sinora, Fig. 7. Ricalcheremo prima la base del modello e poi il rettan-golo che rappresenta una delle sue

quattro facce. Ci conviene anche eliminare le linee di costruzione che abbiamo disegnato sinora. Possiamo utilizzare CANCELLA (la gomma) o, molto più rapidamente, dal menù MODIFICAELIMINA GUIDE. A questo punto determiniamo il centro del lato minore della faccia verticale: col tiralinee partiremo da uno dei due lati verticali della faccia per posizionare la guida sul punto medio che il programma rappresenta mostrandovi un qua-dratino azzurro e un’etichetta di testo. Ripetiamo l’operazione con una seconda guida, questa volta orizzontale, partendo dalla base del modello e che andrà posta a 3,5 m di altezza come vedete in Fig. 8. Con il comando LINEA disegniamo il profilo della facciata unendo il punto medio ai punti d’intersezio-

Fig. 4, il Visual Control Box ove visualizziamo i valori immessi per le grandezze, le distanze, gli spostamenti, le estrusioni, ecc.

Fig. 5, costruzione della base della casetta. È necessario prestare attenzione che le linee d’intersezione siano complanari

Fig. 6, i quattro punti d’intersezione delle linee di costruzione

Fig. 7, Ecco come apparirà il modello dopo aver ricalcato le linee di costruzione

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Fig. 8, le due linee di costruzione per creare i profili di falda della casetta

Fig. 9, ecco come apparirà il modello dopo aver disegnato le linee di falda

Fig. 11, le due facce della casetta dopo aver clonato la faccia principale

Fig. 10, icona del comando Sposta che risulta ideale anche per la clonazione rapida di oggetti

Fig. 12, la casetta comincia a prendere forma! Fig. 13, il gruppo: un insieme “protetto” di linee che può anche contenere altri gruppi

CORSO di BASE per SketchUp

ne come in Fig. 9. Con la gomma cancelliamo i lati in più e avremo ottenuto la facciata principale del-la casetta. Per clonare rapidamen-te una superficie (o una qualunque altra entità come bordi, archi, poli-goni, oggetti, gruppi, componenti, ecc.) basta selezionarla con un click e poi attivare il comando SPO-

STA la cui icona è riprodotta in Fig. 10. Nel nostro caso ci piazzeremo col puntatore sul vertice inferiore

sinistro della superfice evidenzia-ta e tenendo premuto CTRL clic-cheremo una sola volta sul punto che vi ho indicato prima; fatto ciò rilasceremo CTRL e ci muoveremo verso la destinazione di aggancio della copia: sullo schermo: subito apparirà il clone della faccia! La copia andrà agganciata sulla parte opposta della base, come potete vedere in Fig. 11. Adesso con due semplici linee orizzontali dise-

gniamo le altre due facce della ca-setta, Fig. 12. Prima di salvare pre-mete CTRL + A, che equivale al co-mando Seleziona tutto, e portatevi nel menù MODIFICA e poi scegliete CREA GRUPPO ottenendo così un oggetto unico, come in Fig. 13, e sempre modificabile. Continua

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P er dare un aspetto reali-stico alla nostra piccola chiesa sarà molto impor-tante ricostruire la co-

pertura completa: le travi in legno, il tavolato inchiodato sulle travi, il giusto spessore del tetto, il colmo ecc… ovviamente tutto "riempito" con textures estratte da foto, oppure da materiali già acquisiti. Anche per queste volumetrie è necessario scegliere un "vestito" appropriato mettendo la massi-ma cura nella scelta e nella lavorazione delle tessiture. La loro giusta, ed attenta, applicazione conferirà al modello un sapore ed una suggestione particolare oltre che realistica. Sempre con la terna di assi nella stessa posizione (cfr. I e II puntata, CADZINE agosto e settem-bre 2014), incominciamo a dise-gnare sul prospetto principale la sezione di una delle travi che reg-gono la struttura del tetto, Fig. 1. Per fare questo ci possiamo aiutare o con la foto stessa della facciata oppure con adeguate misure di rilievo, se ne siamo in possesso. Ora che abbiamo ottenuto la sezione della trave conosciamo un nuo-vo comando davvero molto importante: CREA COMPONENTE, Fig. 2; questi ci con-sente, dopo aver evidenziato la superficie interessata, di trasfor-marla in un elemento chiuso in

una "gabbia" dai contorni blu. Quello di Fig. 2 è proprio un com-ponente: dalla sua scheda Infor-mazioni entità è possibile attri-buirgli un nome, una propria terna assiale ed altre caratteristiche che più avanti scopriremo ed analizze-remo. Una preziosa particolarità dei componenti in SketchUp consiste nella loro replicazione infinita e nella possibili-tà di apportare delle modifiche uno solo di essi per veder, istantaneamente ed automaticamente, modificare tutti gli altri componenti replicati. Pensiamo per esempio ad un colonnato, oppure ad una serie di edifici uguali, con tale comando sarà molto più facile non solo ottenerli ma soprattutto modificarli. Per rendere lavorabile un componente basta semplicemente cliccarci su due volte; cliccandoci su, invece, una sola volta ci apparirà solo la sua evidenziazione con un contorno blu. Una volta all'interno di esso possiamo cominciare ad estrudere la nostra superficie della lunghez-za voluta con il comando SPINGI - TIRA, Fig. 3, ottenendo cosi i volumi della trave in legno. Ovviamente, più riusciremo a "scolpire" la trave (smussi, tagli vari etc.) più il risul-tato ottenuto alla fine sarà grafica-mente efficace come mostra la Fig. 4. Nella Fig. 5 la trave comin-cia ad assumere, attraverso la ste-sura della texture, un aspetto mol-to più realistico. Da notare che mentre lavoriamo all'interno del

componente, tutto il resto del mo-dello, essendo al di fuori, apparirà di colore verde. Una sola trave mo-dellata, opportunamente replicata e posizionata formerà, come in Fig. 6, l'appoggio per sostenere il volume del tetto. Riapplichiamo lo stesso metodo adottato nella trave precedentemente modellata e ri-costruiamo la trave centrale che, ovviamente, sarà leggermente di-versa dalle altre e che poi trasfor-meremo in un ulteriore nuovo componente, Fig. 7. Ora passiamo alla modellazione del tetto partendo dal tracciarne la sezione così come abbiamo fatto le due travi precedentemente realiz-zate. Trasformiamo subito in componen-te anche questa sezione, Fig.8, ancor pri-ma di estruderla; cosi facendo riuscire-mo, alla fine, ad avere un agevole control-lo finale su tutta la copertura della chiesa (spostamenti o modifiche varie). Adesso dobbiamo semplicemente estrudere la sezione del tetto alla lunghezza voluta con il comando SPINGI - TIRA, come in Fig.9, ed appli-care una texture adeguata come quella di tegole o coppi che andrà opportunamente scalata sulle due falde inclinate del tetto Fig.10. A questo punto sarà necessario completare la campitura delle tessiture su tutti i lati "vuoti" e bianchi dei volumi e sul tavolato inferiore che appoggia sulle travi. Nella prossima puntata ricostruiremo il picco-lo campanile ed il volume della sua cam-pana e dei suoi meccanismi.

III puntata

di Anto nel lo B ucce l la

Modellare il tetto e le relative strutture portanti

Fig. 2 Fig. 1

CORSO di Modellazione Geolocalizzata per SketchUp

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Fig. 6 Fig. 5

Fig. 4 Fig. 3

CORSO di Modellazione Geolocalizzata per SketchUp

Fig. 7 Fig. 8

Fig. 10 Fig. 9

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UMORISMO

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GIOCHI

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