CADZINE n° 0, maggio 2014, ANNO I

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Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus DAL 2014 DAL 2014 MAGGIO 2014 Anno I Numero 0.1 edizione gratuita /10 Carlo Scarpa Oltre l’architeo, un uomo eccezionale di grande umiltà, un puro che percepiva l’arte per l’arte, senza compromessi... /08 Community showcase Una carrellata sui migliori lavori degli iscri alla Community. Questa puntata C. Eneroth, M. Masse, S. Zennir e G. M. Corso /13 Fabrizio Pieri Il nostro primo ospite è Fabrizio Pieri il fondatore del Sito Openoi- kos che senamo parcolarmente vicino alla nostra Community ...

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Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google PlusIl magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus

DAL 2014DAL 2014

MAGGIO 2014 Anno I Numero 0.1 edizione gratuita

/10 Carlo Scarpa

Oltre l’architetto, un uomo

eccezionale di grande umiltà, un

puro che percepiva l’arte per l’arte,

senza compromessi...

/08 Community showcase

Una carrellata sui migliori lavori

degli iscritti alla Community.

Questa puntata C. Eneroth, M.

Massetti, S. Zennir e G. M. Corso

/13 Fabrizio Pieri

Il nostro primo ospite è Fabrizio

Pieri il fondatore del Sito Openoi-

kos che sentiamo particolarmente

vicino alla nostra Community ...

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La Comm. per progettisti, disegnatori tecnici ed appassionati La prima Community italiana, della piattaforma Google Plus sul CAD e le sue applicazioni, per

data di fondazione e numero di iscritti

BIM

CAD

CAD MEP

FEM

Linguaggi CAD

Modellatori 3D

Modellatori organici

Post produzione

Prog. edile

Altro software

Progettazione

Portfolios

A.N.T. Automotive

Stampa 3D

Concorsi

Curiosità

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LAVORA PER UN

IDEALE NON PER

GLI APPLAUSI. PIÙ

DURO SARÀ IL

TUO LAVORO PIÙ

FARÀ LA TUA

FORTUNA.

Antico proverbio sudafricano

LA METTO IN CORNICE

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HOME PAGE

La scoperta del sito Youblisher rappresentò per CADZINE una vera e propria svolta: finalmente potevamo dare al nostro piccolo pro-getto editoriale una veste grafica dignitosa e realistica. Io e Marco Garava-glia eravamo galvanizzati da questa novità e ci gettammo

a capofitto nella stesura del numero di prova che deci-demmo di siglare come 0.1. Finalmente anche l'intervi-sta del nostro primo ospi-te Fabrizio Pieri aveva una sistemazione decente! In questo magazine potevano finalmente confluire gli arti-coli con un montaggio grafi-co realistico che ora avveni-va sul mio PC con MS Publi-sher. Questa soluzione piac-

que agli amici di G+ che accolsero la nuova ver-sione complimentandosi con me e Marco! Solo in seguito mi sarei reso conto che bisognava cam-biare “editore” per la pubbli-cazione: troppa lentezza nel caricamento e tanta, troppa pubblicità, non nostra, asso-ciata alla rivista… Così, poco tempo dopo, passammo a Calamèo :-)

Diario di bordo

matematico

[ma·te·mà·ti·co] sostantivo maschile Chi professa lo studio e l'insegnamento della matematica.

rubriche speciali PAG. 31 APPROFONDIMENTI di Marco Gara-vaglia “Calcolo, fisica ed ingegneria: i tre volti del progresso” I PUNTATA

PAG. 34 PROGETTI PER LA COMMUNITY di Salvio Giglio “Un corso di rendering gratuito per la Comm.”

PAG. 37 TREND PROGETTUALI di Salvio Gi-glio “La BIM è lo standard del futuro”

PAG. 06 BENVENUTI

PAG. 07 EDITORIALE di Salvio Giglio “Rimotivare le nuove generazioni”

PAG. 08 COMMUNITY SHOWCASE

PAG. 10 DESIGNER’S STORY di Salvio Giglio “Carlo Scarpa”

PAG. 13 INTERVISTA di Salvio Giglio “Fabrizio Pieri ”

PAG. 17 NEW HARDWARE FOR CAD di Salvio Giglio “Le stampanti 3D: oltre ogni immaginazione”; PAG. 19 “Edilizia, nautica, industria e stampa 3D. Pro e contro...”;

PAG. 21 “Principi di funzionamento delle stampanti 3D” I PUNTATA; PAG. 24 di Marco Garavaglia “I materiali per la Stampa 3D”.

eventuali & varie PAG. 38 UMORISMO

PAG. 39 GIOCHI

Direttore responsabile: Salvio Giglio Redazione: Marco Garavaglia, Gianmarco Rogo

Segretaria di redazione: Nunzia Nullo Redazione bozze: Nunzia Nullo

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E’ consentita la riproduzione di testi, foto e grafici citando la fonte e inviandoci la copia. La pubblicazione è CopyLeft & Open Access ;-)

HOME PAGE

Cos’è CADZINE è una rivista gratuita nata in

seno alla Community di “AutoCAD, Rhino & Sket-

chUp designer” per informare & formare disegnatori tecnici e

appassionati sul CAD ed i suoi “derivati”.

La pubblicità Le inserzioni pubblicitarie pre-

senti sono gratuite e sono create e pubblicate a discrezione della

redazione.

Per contattarci Vuoi segnalarci un argomento?

Vuoi suggerirci delle modifiche? Vuoi segnalarci degli errori?

Vuoi pubblicare un tuo articolo? Scrivi una mail a:

[email protected]

Vuoi saperne di più su questo progetto?

CADZINE è solo uno dei progetti crossmediali in corso legati alla

nostra Community… Visita il nostro sito

cadzine.jimdo.com e, se ti garba, collabora con noi

mettendo a disposizione di tutti e gratuitamente le tue cono-scenze. Sarai il benvenuto!

Pensandoci bene

Avere un sogno nel cassetto è una cosa meravigliosa... specialmente quando esso riguarda non tanto te ma i suoi

eventuali fruitori, nel caso in cui diventi una concreta realtà. Que-ste pagine sono la “materializzazione virtuale” di un piccolo so-

gno di un gruppo di amici conosciutisi su Google Plus, idealisti e visionari, per i quali scuola, università e cultura dovrebbero real-mente essere la base della società non in nome del guadagno di

pochi ma del progresso dell’umanità tutta senza distinzioni di sorta.

matematico

[ma·te·mà·ti·co] sostantivo maschile Chi professa lo studio e l'insegnamento della matematica.

PAG. 31 APPROFONDIMENTI di Marco Gara-vaglia “Calcolo, fisica ed ingegneria: i tre volti del progresso” I PUNTATA

PAG. 34 PROGETTI PER LA COMMUNITY di Salvio Giglio “Un corso di rendering gratuito per la Comm.”

PAG. 37 TREND PROGETTUALI di Salvio Gi-glio “La BIM è lo standard del futuro”

PAG. 38 UMORISMO

PAG. 39 GIOCHI

Impaginazione, pubblicità e progetto grafico: Salvio Giglio Editore: Calamèo (Hachette)

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BENVENUTI

B envenuti nel Magazine della nostra Community per cadisti “AutoCAD, Rhino & SketchUp designer”! Perché la scelta di un Magazine in un mondo digitale, fatto di miliardi di notizie e per di più su di una piattaforma

che ha fatto della ricerca di informazioni il suo cavallo di batta-glia? Perché quando si sceglie di leggere una rivista vuol dire che c’è il tempo di staccare la spina per un po’ da tutto il resto e leggersela, se avete un tablet o un portatile, anche in bagno o a letto in estremo relax ☺

Questo è il numero ZERO (quello di prova per intenderci) ed è un piccolo omaggio a voi tutti che popolate la Community e un minimo riconoscimento a quelli che pubblicano i loro lavori sulla Comm. tenendoci compagnia e offrendoci anche l’occasio-ne per approfondire nuove tematiche e spunti formativi. Io e Marco Garavaglia ci abbiamo messo tante ore di lavoro per of-frirvi un lavoro completo e presentabile, sperando che possa interessarvi! Prima di lasciarvi alla lettura vi prego di segnalarci eventuali inesattezze, errori, ecc. ma anche di darci il vostro parere e i vostri preziosi consigli!

Grazie di tutto

Salvio Giglio e Marco Garavaglia

Due immagini dalla versione old style di CADZINE, provvisoriamente caricata su di una presentazione di Google Document, ed esposta in Comm. la prima volta il 12 aprile 2014. Considerando che siamo nei primi anni di un nuovo millennio e visti i grandi fermenti di questi ultimi anni in campo digitale ci eravamo ispirati alla grafica delle prime riviste tecnologiche di inizio ’900. Da qui la grafica retrò fusa con elementi innovativi “flat style” (nastri, coccarde, ecc.) oggi ampiamente utilizzati nei siti web, nella pubblicità, nelle infografiche, nelle UI del software, ecc.

Vi presentiamo il nostro Magazine

La presentazione è ancora visionabile su al seguente indi-rizzo: https://docs.google.com/presentation/d/1qyP-D5yKIQRRbfgPopwAsj40RmXXNxm9nFzf04a3wmM/edit?usp=sharing

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EDITORIALE

G li ultimi anni sono stati disastrosi per il nostro Paese e non mi riferi-sco solo alla crisi eco-

nomica che ci ha investiti. Proprio in questi giorni ho avuto l’occasio-ne di ripensare al periodo in cui ero iscritto all’università grazie ad un gruppo di amici che hanno rea-lizzato una pagina su Facebook dedicata al Movimento Studente-sco e alla Pantera del 1990. Inevita-bilmente le foto, i documenti, la musica e gli amici stessi mi hanno riportato in quel periodo e mi han-no fatto rivivere l’atmosfera che si respirava 24 anni fa… E’ vero che 5 lustri non sono pochi e che oggi, che siamo entrati nell’era post-industriale, 5 mesi equivalgono a 5 anni ma osservando il nostro tem-po da quella posizione sono rima-sto sinceramente sconcertato. La mia generazione sognava e piani-ficava il futuro, combatteva per attuarlo ed era disposta a qualsiasi sacrificio per riuscirci. Anche oggi

molti ragazzi lottano e fanno tan-tissimi sacrifici per affermarsi e nella nostra Community, fortuna-tamente, ne abbiamo di esempi concreti. Quello che è cambiato in peggio è la capacità dello Stato, delle Istituzioni, dell’imprenditoria di offrire alle ultime generazioni la possibilità di realizzare i propri sogni. Quante cause si potrebbero elencare per descrivere lo stato di apatia e chiusura al futuro di tan-tissimi ragazzi che oggi scelgono di non studiare e non tentano, neanche lontanamente, di cercare un lavoro? E non è un problema solo giovanile! Pensiamo al feno-meno degli “scoraggiati” che sono disoccupati cronici, reduci da an-gherie e cocenti delusioni lavorati-ve, non più giovanissimi e che non se la sentono più di rimettersi in gioco e che ogni giorno “muoiono un pochino di più” nel deserto in cui si sono confinati e che spesso li fa compiere gesti estremi. La priorità di qualunque forza politi-ca , che prende le redini del nostro Paese attraverso l’esercizio dell’amministrazione dello Stato, dovrebbe essere proprio quella di

arginare la deriva esistenziale di questa parte, sempre più cospicua, della popolazione. L’istruzione e il lavoro sono le uniche medicine necessarie. Nella speranzosa atte-sa che la classe politica si accorga di questo drammatico stato di cose e si muova nella direzione giusta, incoraggiando, ad esempio, la cre-scita delle Start-up e diminuendo la pressione fiscale sulle imprese che assumono, chi ha la fortuna di essere professionalmente inserito e realizzato dovrebbe sentire forte il dovere di aiutare chi sta studian-do in un momento tanto difficile. Bastano pochi gesti per dare spe-ranza e aiuto concreto e possono partire anche da un Social Net-work. Il popolo della Rete da anni condivide sul WEB conoscenze preziose in ogni campo del sapere e tra tutti gli esempi Wikipedia sembra essere quello più feli-ce. Su questa portante si muove la nostra Community nell’intento di fare piccoli gesti per ridare spe-ranza!

di Salvio Gigl io

Rimotivare le nuove generazioni

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COMMUNITY SHOWCASE

Christina Eneroth

COLLEGE Lund University

COURSE Architecture

Matteo Massetti

[email protected]

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COMMUNITY SHOWCASE

Sylvie Zennir

Gian Martin Corso

[email protected]

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Q uando intrapresi gli studi di architettura mi appas-sionai enormemente ad una collana di volumi di

Bruno Zevi, intitolata “Cronache di architettura”, in cui il famoso criti-co aveva fatto confluire i suoi arti-coli apparsi prima sull’Espresso e poi sul suo "L'architettura-cronache e storia". Tra questi mi colpì particolarmente uno dedica-to a Carlo Scarpa che, nel 1956, ot-tiene il Premio Nazionale Olivetti per la sistemazione dello spazio espositivo della stessa azienda a piazza San Marco a Venezia. Zevi descrive l’onestà intellettuale di Scarpa e afferma che quanto aveva guadagnato il maestro con questo premio, con ogni probabilità, gli sarebbe servito per risolvere qual-che debito contratto durante la meticolosa e certosina fase di pro-gettazione in cui ogni più piccolo dettaglio del negozio è stato dise-gnato. Su tutti si veda il lavoro del corrimano della scala del negozio che è tutto un gioco di intarsi di legno di varie essenze. Il ritratto umano di Zevi su Scarpa è quello di un amico ammirato dai sacrifici e dall’impegno di un uomo che ha speso la sua vita al servizio dell’ar-te senza curarsi assolutamente dei guadagni. Scarpa sembra quasi un dadaista che gioca con il vetro a Murano, creando pezzi meraviglio-si o che compone opere architetto-niche originalissime pienamente organicistiche ma che parlano ve-neziano per quanto sono aggrazia-te e curate! Carlo Scarpa nasce a Venezia il 2 giugno 1906. Trascor-re l’infanzia a Vicenza dove fre-

quenta l'Accademia di Bel-le Arti. Era ancora uno stu-dente quando ottenne il primo incarico professio-nale iniziando a collabora-re come progettista con alcuni vetrai di Murano. Successivamente diviene assistente dell'architetto veneziano V. Rinaldo. Si diploma nel 1926 e, nello stesso anno, diventa inse-gnante presso l'Istituto Superiore di Architettura di Venezia che era stato appena fondato. Dal 1927 al 1930, lavora anche per la vetreria artistica di Murano MVM Cappellin & Co. Alla fine degli anni Venti, comincia a sperimentare la progettazione di elementi di arre-do ed entra in contatto con gli am-bienti intellettuali e artistici vene-ziani, dove conosce e si lega con personaggi del calibro di Giuseppe Ungaretti, Carlo Carrà, Lionello Venturi, Diego Valeri, Giacomo No-venta, Arturo Martini, Mario De-luigi, Bice Lazzari e Felice Casora-ti. Nel 1932 è nominato direttore artistico della vetreria di Paolo Ve-nini, incarico che mantiene fino al 1946 protraendo la collaborazione col Venini fino al 1947. In questa fase, Scarpa sperimenta nuove tec-niche produttive dei modelli deri-vati dai suoi disegni già precursori delle nuove correnti artistiche che sarebbero giunte entro pochi anni in Italia. La sua fama cresce e da luogo alle prime esposizioni: nel 1932 alla Biennale di Venezia e nel 1934 alla Triennale di Milano. In questo anno sposa la nipote dell’arch. Rinaldo, Ninì Lazzari. Nel 1935 Scarpa, appena trentenne, realizza il progetto per la rifunzio-nalizzazione degli ambienti desti-nati al Rettorato e l'Aula degli Atti Accademici dell’Università di Ve-

nezia allocata presso la Ca' Fosca-ri. Su quest’opera Scarpa tornerà, vent’anni dopo, realizzando uno dei più innovativi progetti di re-stauro di quel periodo anche se, in seguito, fu modificata. La distanza tra i due interventi svela le matrici culturali che avevano ispirato Scarpa. Infatti, mentre nel primo restauro l'ampia vetrata, abbinata alla polifora che guarda sul Canal Grande, mostra il razionalismo di Le Corbusier, la rimodulazione del-la tribuna lignea del secondo re-stauro, da lui progettata per il pri-mo intervento, palesa la crescita compiuta e l’orientamento agli ideali compositivi di Frank Lloyd Wright. Dopo la tragica parentesi della II Guerra Mondiale, che non fermerà il lavoro del maestro, gli anni ’50 sono connotati da una se-rie di progetti che manifestano la padronanza del linguaggio archi-tettonico wrightiano. Un linguag-gio organicistico che Scarpa espri-me in dialetto veneziano contami-nandolo con elementi personali ricchi di dettagli tratti da secoli di grande artigianato locale. La for-matività di Scarpa è la fusione tra la logica creativa artigianale e la simbologia dell’organicismo di

DESIGNER’s STORY

Carlo Scarpa

di Salvio Gigl io

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DESIGNER’s STORY

Wright; quest’impronta sarà possi-bile rintracciarla lungo tutta la sua produzione di quel periodo: il pro-getto di casa ad appartamenti a Feltre del 1949; il padiglione del libro d'arte per la galleria "Il Caval-lino" ai Giardini della Biennale del 1950; villa Zoppas a Conegliano del 1953; villa Veritti a Udine del 1961. Scarpa assimila ogni manifesta-zione culturale del suo tempo e adotta la tecniche di cut up , espressa da Wright nell’architettu-ra e da Carl Popper in ambito so-ciologico, in cui ogni singola paro-la di una frase è una parole, un paradigma che ha una sua perso-nalità ed in quanto tale deve esse-re oggetto di ricerca ed elaborazio-ne. Da qui l’amore per i dettagli, anche minuziosi, che costituisco-no ogni suo progetto e che rappre-sentano le portanti eccezionali di Scarpa che nel 1956 lo condurran-

no al Premio Nazionale Olivetti per l'architettura. Testimonianza di questo percorso creativo sono sicuramente: il negozio Olivetti alle Procuratie Vecchie del 1958; il negozio Gavina a Bologna del 1960; il restauro del piano terra del pa-lazzo della fondazione Querini Stampalia a Venezia del 1963, in cui la tecnica del cut up è applica-ta con una coscienza formale uni-ca, contrapponendo i vecchi mat-toni rossi erosi dalla salsedine con intonaci levigatissimi. La stessa coscienza progettuale anima poi il restauro del museo di Castelvec-chio a Verona, nel 1964; la siste-mazione di Palazzo Abatellis a Pa-lermo nel 1954; la Gypsoteca a Possagno nel 1957. Tuttavia il ta-lento del maestro susciterà non poca invidia e in quello stesso an-no è accusato dall'Ordine degli Architetti di esercitare la profes-

sione illegalmente e gli viene fatta causa. Solo nel 1978 questa vicen-da sembrava concludersi felice-mente con l’assegnazione al mae-stro di una Laurea honoris causa da parte dello IUAV di Venezia che avrebbe “legittimato” la produzio-ne e i sacrifici di una vita. Proprio quest’ultima deciderà, al posto de-gli uomini, di rendere immortali le opere di Carlo Scarpa e a ritenere superfluo e tardivo quel riconosci-mento, quando il 28 novembre di quell’anno lo spense, con una ba-nale caduta e un colpo alla testa, a Sendai in Giappone. Di Scarpa re-sta l’eredità morale e culturale e la traccia di un patrimonio architet-tonico ed artistico che costituisce un forte momento di innovazione del design italiano della seconda metà del ‘900.

Carlo Scarpa

1 interno negozio Olivetti a (VE)

2 padiglione del libro d'arte (VE)

3 Villa Zoppas, Conegliano (TV)

4 Villa Veritti a Udine

5 museo di Castelvecchio (VR)

6, 7, 8 Gypsoteca a Possagno (TV)

9 Palazzo Abatellis a Palermo

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INTERVISTA

Fabrizio Pieri

C hi è Fabrizio Pieri? Ho studiato Architettura a Firenze nella prima metà degli anni ‘80 ma

all'università all'epoca non si in-segnava il CAD. Ho cominciato ad utilizzare AutoCAD quando ancora girava su MS DOS nella pratica lavorativa e mi sono appassionato subito. Poi ho conosciuto altri CAD, il GIS fino alla scoperta del software free e freeware ed alla più recente passione per il web marketing. Come e quando è nato Openoikos e cosa significa il suo nome? A un certo punto su queste

passioni ho deciso di fare un blog che ho chiamato "openoikos", un nome compo-sto da due parole: "Oikos", che in greco antico significa "casa", intesa nel senso dell'ambiente nel quale vivia-mo, e "Open", aggettivo in lin-gua inglese che significa "aperto". Io credo che ci si possa occupare dell'Oikos (e varie professioni lo fanno) in modo Open, cioè con logiche e comportamenti aperti, orientati alla condivisione ed è la nuova realtà del web che favorisce questo processo. Open source significa soft-ware, più recentemente anche hardware, ma è soprattutto un sentimento, uno stato menta-le orientato all'innovazione condivisa.

Quali difficoltà hai affrontato per realizzarlo? Avviare un'attività online non è difficile e neanche costoso. Io lo consiglio a tutti, anzi è la seconda missione di openoikos, in qualche modo, complementare alla prima ed il mondo delle libere professio-ni è molto indietro su questo. Nel mio caso, dal blog è nato il forum ed intorno a questo si è formata una comunità che nelle sue varie forme ha una presenza e una visi-bilità anche sui social media. La cosa piano piano è cresciuta ed oggi c'è una "massa critica" inte-ressante. Chi è l'utente medio del tuo sito? Io ho sempre cercato di volare basso, parlando un linguaggio semplice senza troppi tecnicismi, ponendomi anche un obiettivo di

Il nostro primo ospite è Fabrizio Pieri il fondatore del Sito Openoikos che sentiamo particolar-

mente vicino alla nostra Community per gli ideali legati sia al concetto di Open Source sia alla

condivisione di conoscenze. Fabrizio ha accettato di buon grado di farsi una chiacchierata

con noi anche per spiegarci il progetto nanoCAD che da poco ha una versione italiana proprio

grazie ad Openoikos...

di Salvio Gigl io

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INTERVISTA

tipo educativo. Troppo spesso chi si interessa di software e più in generale di tecnologia, parla un linguaggio per iniziati e ci si rin-chiude in una cerchia troppo ri-stretta. Se vuoi essere "open" devi invece essere comprensibile e di-sponibile per tutti. Per cui oltre ad utenti esperti in materia (come chi mi sta intervistando) ho conosciu-to anche principianti assoluti che hanno cominciato ad usare i soft-ware che proponevo senza nessu-na esperienza precedente e devo dire che questa è la cosa che mi dà più soddisfazione. Con alcuni utenti sei riuscito a stabilire anche un rapporto ami-chevole e duraturo? Sì, è fondamentale. Il successo di un'attività online non si misura dal numero di visitatori (che è co-munque importante) ma dalla qua-lità delle relazioni che si stabili-scono. Il Web 2.0 è conversazione, nessuno ti ascolta se non sai ascoltare. Dal tuo sito escono tante cose bel-le ed interessanti circa il CAD e le sue applicazioni, quanto tempo passi in rete alla ricerca dei conte-nuti? Ti ringrazio per l'apprezzamento. Dopo che sul blog ho iniziato a fare content curation, il tempo de-dicato alla ricerca dei contenuti è aumentato ma non saprei valutare con precisione. Un tuo parere sui Social Network Per un'attività come la mia sono indispensabili. Cerco di conoscerli sempre meglio non solo tecnica-mente ma anche nella loro dimen-sione sociologica. Sono tra i prin-cipali strumenti di ascolto e di dialogo e ci passo un bel po' di tempo cercando di non perdere tempo, perché è questo il pericolo. Sono utilissimi ma sono anche armi di "distrazione" di massa.

Ci parleresti del progetto Nano-CAD in Italiano? NanoCAD mi è piaciuto subito per-ché è un progetto aperto. Non è un software open source perché il codice sorgente non è disponibile ma Nanosoft mette a disposizione altri strumenti per lo sviluppo e la personalizzazione del programma. Tra questi c'è anche la possibilità di traduzione dell'interfaccia e della manualistica. Ho iniziato la traduzione in italiano da solo ma a un certo punto mi sono accorto che era un lavoro troppo grande per una sola persona. Sul forum l'ho proposto alla community ed ho ottenuto una risposta positiva. Finora nanoCAD era solo in lingua russa e inglese, versioni diretta-mente prodotte da Nanosoft. La traduzione in italiano è la prima ad essere realizzata dai volontari di una community e stiamo diven-tando un modello anche per altre realtà nazionali oltre che per la stessa Nanosoft, con la quale stia-mo definendo un rapporto. Quali vantaggi offre nanoCAD ri-spetto a software più blasonati e perché un cadista dovrebbe pro-varlo? Per il 2D è in assoluto il miglior CAD gratuito. Completo, veloce, stabile. Ha più funzionalità di Au-toCAD LT: supporta il LISP e altri linguaggi di programmazione, in-serisce raster georeferenziati e tante altre piccole cose. La licenza free non limita l'uso del software in alcun modo e se si vuole una versione ancora più "professionale" c'è nanoCAD Plus che a un prezzo bassissimo (180 dollari che al cambio attuale sono 130 euro) offre funzionalità e servi-zi aggiuntivi. Ci saranno poi le ap-plicazioni verticali: in Russia han-no già sviluppato applicazioni orientate a singole problematiche come quelle impiantistiche, ener-getiche, della gestione di cantiere ed altro e nei prossimi anni è pre-

vedibile che questo sviluppo ci sarà anche da noi. Insomma nano-CAD non solo è un ottimo software ma anche una piattaforma di svi-luppo e tutto questo è disponibile gratis in modo assolutamente re-golare, senza crackare niente. Poi per farsi un'idea basta provarlo. In che modo si può partecipare allo sviluppo di nanoCAD? Andando su http://developer.nanocad.com/ ed iscrivendosi al Developers' Club si possono scaricare le API per la programmazione e nel forum (in inglese) confrontarsi con gli altri sviluppatori. Anche nel nostro fo-rum abbiamo appena aperto uno spazio dedicato a questo, spero che abbia lo stesso successo della traduzione. Un parere (sincero) sulla nostra Community Su Google+ vengo a trovarvi tutti i giorni. E' un luogo che mi piace, molto vivace, del quale mi sento parte. Speriamo di crescere ancora e di condividere nuove idee e nuo-vi progetti. Questa intervista, che mi lusinga molto e di cui vi ringra-zio, è la dimostrazione che siamo perfettamente in sintonia, anzi ancora di più, siamo amici.

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NEW HARDWARE FOR CAD

S pesso ripenso, con tanta ironia, all’affermazione, da vero ignorante paten-tato, di un mio istruttore

di Visual Basic che, nel lontano 1999, disse che ormai in informati-ca era stato creato tutto..! Chissà quanti bocconi amari ha inghiotti-to questo tipo nel corso degli ulti-mi anni, in pieno boom dell’Era Digitale e Movimento Post indu-striale. Mi piacerebbe fargli fare una chiacchierata col sociologo Domenico De Masi che sicuramen-te gli farebbe cambiare idea, a me-no che non ci sia arrivato da solo a capire quanto fosse errata ed infe-lice quella sua affermazione. Un esempio macroscopico di quanto fosse in errore il nostro istruttore è

proprio il fenomeno, in piena espansione, della Stampa 3D. Al grande pubblico italiano questa nuova e strabiliante periferica l’ha presentata Piero Angela a Super-Quark nel 2011. E’ nostra intenzio-ne in questa sede analizzare le principali tipologie e le caratteri-stiche di funzionamento di questo dispositivo attraverso un ciclo di articoli a puntate, perché ritenia-mo che esso possa rappresentare, prendendo ovviamente le dovute cautele commerciali, una bella oc-casione per la creazione di piccole imprese da avviare con investi-menti abbastanza contenuti. La portata di questa applicazione sfugge solo al nostro Paese dal momento che l’autorevolissimo The Economist, in un editoriale del 10 febbraio 2011, afferma: “La stampa tridimensionale rende economico creare singoli oggetti tanto quanto crearne migliaia e

quindi mina le economie di scala. Essa potrebbe avere sul mondo un impatto così profondo come lo eb-be l'avvento della fabbrica... Pro-prio come nessuno avrebbe potuto predire l'impatto del motore a va-pore nel 1750, o della macchina da stampa nel 1450, o del transistor nel 1950, è impossibile prevedere l'impatto a lungo termine della stampa 3D. Ma la tecnologia sta arrivando, ed è probabile che sov-verta ogni campo che tocchi.” Queste considerazioni non devono assolutamente essere sottovaluta-te! I campi di applicazione della stampa 3D sono innumerevoli e spaziano dalle applicazioni indu-striali a quelle chirurgiche. Nel corso del primo anno di vita della nostra Community, ho avuto modo di condividere molto materiale circa le stampanti 3D e di articoli ne ho letti tantissimi. Quelli che mi hanno più intricato al di là del-

di Salvio Gigl io

Le stampanti 3D: oltre ogni immaginazione

Fig. 1, la “Mendel” con un oggetto appena stampato appoggiato sul piatto termico. Foto Wikipedia

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la prototipazione industriale, ri-guardano proprio la possibilità di risolvere casi medici con delle tec-niche che fino a pochi anni fa ci sarebbero sembrate delle trovate fantascientifiche. In particolare, il connubio tra la tecnica degli scaf-folding (impalcature) e quella della coltivazione di cellule staminali che permettono la riproduzione di organi perfettamente funzionali e di massima compatibilità dal mo-mento che queste cellule proven-gono dal corpo del ricevente! Gli scaffolding vengono stampati in 3D con materiali organici che sa-ranno poi “assimilati” dall’organi-smo, senza pericoli di sorta, per realizzare la struttura dell’organo che si vuole riprodurre in termini di forme e volumi. Su queste im-palcature sono innestate delle cel-lule sane appartenenti all’organo

che si vuole sviluppare con delle cellule staminali che provvedono a fare il resto. E’ notizia di poche decine di giorni fa, sollecitamente postata in Comm. da Gabriele Ase-ro, il salvataggio di due bambini, affetti da una grave patologia re-spiratoria (tracheobroncomalacia, cioè il prolasso tissutale del tratto bronco tracheale) che li costringe-va a stare chiusi in delle macchine per la respirazione artificiale, pro-prio con questa tecnica. Nell’arti-colo, dello scorso 19 marzo, appar-so su La Repubblica.it/tecnologia, si spiegava che a realizzare questo piccolo grande miracolo sono stai i ricercatori e i medici operanti presso il policlinico dell'Università del Michigan. Non parliamo poi delle applicazioni in campo orto-pedico e dentistico, dove la stampa 3D realizza ossa e denti su misura

con densità e materiali perfetta-mente compatibili col corpo uma-no! Si parla di grandi progressi an-che in campo oftalmologico. Le applicazioni industriali delle stampanti 3D sembrano poi essere infinite e particolarmente utili per verificare pezzi molto complessi prima della produzione su larga scala. Sulla pagina della General Electric, ho scovato due studi per la realizzazione di prototipi di componenti destinati ad un moto-re a reazione: un supporto e la tur-bina. Va da se che la grande indu-stria ha la possibilità economica di realizzare autonomamente stam-panti eccezionali e di altissima affidabilità perché questo gli costa molto meno in termini di ricerca sui prodotti e di errori di fabbrica-zione. Le applicazioni di stampa 3D trovano anche nell’arte e nella

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1) tratto stampato di una trachea per un neonato;

2) Scaffolding per costruzione cardiaca; 3) Scaffolding per strutture ossee; 4) Scaffolding per implantologia denta-

ria; 5) Una chitarra elettrica stampata in 3D; 6) Calzatura stampata in 3D e il relativo

modello; 7) Ingranaggio stampato in 3D; 8) Motore a reazione stampato in 3D.

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moda sbocchi produttivi molto interessanti: statue e oggetti d’arte da esposizione oppure scarpe e accessori originalissimi prodotti esclusivamente per i nostri piedi e il nostro corpo. Se queste sono le prospettive, non poco allettanti,

per chi vuole mettere su una start up con minimi investimenti è be-ne considerare che queste nuove periferiche non sono solo per una élite ristretta di facoltosi indu-striali ma che il loro costo è sceso enormemente negli ultimi mesi e

che oggi con appena 150€ hai sulla scrivania di casa la tua stampanti-na 3D! Data l’economicità del prodotto, conviene quindi analizzare bene il target di riferimento e le sue necessità prima di fare passi azzardati verso un’attività commerciale.

Edilizia, nautica, industria e stampa 3D. Pro e contro...

S e pensavate di averle vi-ste tutte, con l’articolo precedente, eravate in errore! Ciò che può valere

per oggetti piccoli e, talvolta, infi-nitamente piccoli è valido anche per oggetti di grandi dimensioni come un edificio. Quando in Com-munity vidi il post di una stam-pante 3D per edifici, pensavo che fosse un fake (un falso) creato ad arte da un buontempone: mi sba-gliavo! Se andate sul sito della C o u n t u r C r a f t i n g

(www.contourcrafting.org) reste-rete stupiti almeno quanto lo sono rimasto io… Questo Centro, il CRAFT (Center for Rapid Automa-ted Fabrication, centro per la fab-bricazione rapida automatizzata), è una creatura dell’immaginifico prof. Behrokh Khoshnevis in seno alla prestigiosa USC (Università della California Meridionale) che promuove ricerche prestigiose in ambito delle nuove tecnologie de-stinate alla fabbricazione di edifi-ci. L’obiettivo principale per il

CRAFT è quello di sviluppare la conoscenza e l'ingegneria neces-sarie per una realizzazione rapida e automatizzata di oggetti di varie dimensioni, fino a strutture su grande scala come: edifici, imbar-cazioni, oggetti industriali, arte pubblica, ecc. La grande sfida che il CRAFT sta cercando di superare è la realizzazione della stampa di una casa, dal design personalizza-to, in un solo giorno, riducendo così drasticamente i costi, le opere di scavo, i rifiuti e l'impatto am-

Behrokh Khoshnevis: quell’uom di multiforme ingegno...

B ehrokh Khoshnevis è un professore di Ingegneria Civile, Industria-le e Ambientale ed è il direttore del CRAFT (Center for Rapid Auto-mated Fabrication, centro per la fabbricazione rapida automatiz-zata) e del MEGP (Manufacturing Engineering Graduate Program,

corso di Laurea in Ingegneria per la Produzione) presso l’Università della California Meridionale USC. Il prof. Khoshnevis è operante anche in pro-getti di ricerca relativi allo sviluppo di: CAD / CAM, robotica e meccatronica industriale; Free Form per la prototipazione rapida; processi Contour Crafting e SIS per la costruzione automatizzata di

strutture civili, sviluppo di sistemi meccatronici per applicazioni biome-diche (ad es. odontoiatria restaurativa, ingegneria per la riabilitazione motoria, ecc.);

robot mobili e modulari autonomi per applicazioni di assemblaggio sulla terra e nello spazio.

Guida regolarmente conferenze e seminari aventi per tema l’invenzione e lo sviluppo tecnologico. E’ membro presso: l'Istituto degli Ingegneri Industriali; la SCS (Society for Computer Simulation); la Society of Manufacturing Engineering. Le sue invenzioni hanno ricevuto eco a livello mondiale nei media interna-zionali e sono stati oggetto di numerosi programmi radiofonici e televisivi. L'invenzione per la fabbricazione di edifici automatizzata, il Contour Craf-ting, è stata selezionata nel 2006 come una delle 25 migliori scoperte prove-nienti da più di 4000 inventori candidati dal National Inventors Hall of Fa-me e il programma Modern Marvels dell’History Channel. Il prof. Behrokh Khoshnevis della USC

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Meraviglie del CRAFT 1 e 2. La stampante a portale mentre realizza delle abitazioni 3, 4 e 5. Strutture portanti di un edificio stampate al CRAFT 6. Gli obiettivi del CRAFT per la realizzazione di edifici nello spa-zio tramite robot e droni Immagini dal sito del CRAFT

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bientale connessi con tecniche costruttive tradizionali. Questo progetto è una rivoluzione nella costruzione di alloggi, sotto qua-lunque punto di vista lo si guardi. Infatti, con esso si potrebbe: forni-re alloggi a prezzi accessibili per 30 milioni di famiglie americane che attualmente affrontano pe-santi oneri economici, realizzando così abitazioni di proprietà per il primo insediamento della classe media emergente a basso costo; diminuire il sovraffollamento ur-bano; realizzare alloggi di emer-genza per gli sfollati in seguito a catastrofi naturali. L’applicazione apparentemente più fantascienti-fica sembra essere quella della costruzione di edifici extraterre-stri realizzati con materiali in situ. Dal punto di vista estetico e com-positivo, questa tecnica promette

nuovi stili di abitazioni molto più organici, aventi superfici curve piuttosto che piane, una soluzione, quest’ultima, che avrebbe suscita-to sicuramente gli apprezzamenti entusiastici di Frank Loyd Wright. Sul sito della Countour Crafting, nella sezione “Application”, più specificatamente in “Commercial application” nel paragrafo “Situation”, si fanno alcune consi-derazioni circa il comparto edile statunitense… “Ogni anno gli USA spendono circa 1.000 miliardi dol-lari di cui un terzo sono del settore pubblico e due terzi di quello pri-vato. Anche se il settore delle co-struzioni può apparire come una fiorente industria, è, invece, an-ch’essa afflitta da problemi di la-voro, spreco di risorse e mancanza di crescita creativa.”. Sempre se-condo la Countour Crafting:

“Qualsiasi deviazione dal disegno rettilineo, aumenta significativa-mente il costo di una costruzione convenzionale. Gli architetti sono ulteriormente limitati nella loro progettazione dall’incapacità degli operai di realizzare progetti com-plessi. La forza lavoro qualificata negli Stati Uniti è in calo ed i costi di costruzione commerciale sono sempre più proibitivi. Inoltre, i lunghi tempi di costruzione deter-minano elevati costi di finanzia-mento e aumentano significativa-mente il costo complessivo di pro-duzione. Occorre, quindi, trovare una soluzione per diminuire il co-sto nel settore delle costruzioni, promuovendo, contemporanea-mente progetti più ambiziosi.” Ov-viamente questa descrizione po-trebbe applicarsi, paro paro, in qualunque Paese in crescita del

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Pianeta, specialmente da noi in Italia dove, ad aggravare questa situazione, ci si mettono la corru-zione e le infiltrazioni mafiose, come la recentissima cronaca insegna. Tornando alle parole del Countour Crafting, non sono mol-to appropriate le considerazioni fatte sugli operai che, invece, se muniti di progettazioni dettaglia-te ed esaurienti, mezzi e strumen-tazioni idonei e opportunamente coordinati da persone capaci, so-no stati da sempre in grado di rea-lizzare opere complessissime e ancora in piedi dopo decine di secoli… Il Colosseo, il Partenone e le Piramidi solo per fare qualche esempio del passato sino ai mae-stosi transatlantici dei nostri giorni… Il prezzo da pagare all’au-tomazione purtroppo è proprio questo: il taglio drastico della ma-nodopera. Ecco perché l’innova-zione dovrebbe procedere molto

gradualmente permettendo il riassorbimento e la riqualificazio-ne del personale da altri comparti produttivi, ma questa è un’altra questione. Tra le altre proposte della Contour Crafting, leggiamo ancora che con questa tecnologia sarà possibile ridurre significati-vamente il costo delle costruzioni commerciali. Le loro proiezioni indicano, infatti, che i costi sareb-bero abbattuti fino ad un quinto in meno rispetto alle costruzioni convenzionali, con l’eliminazione quasi totale dello spreco di mate-riali da costruzione. La Contour Crafting, per sottolineare questo aspetto, ricorre all’esempio della realizzazione di una casa di 2.000mq che, con lo stampaggio rapido, può essere edificata in meno di 24 ore contro i circa sei mesi o più che richiederebbe la cantieristica tradizionale. Di ri-flesso anche il costo della mano-

dopera si riduce e, al posto della forza fisica, il cantiere necessiterà adesso di tecnici qualificati in grado di gestire il processo. Per la prima volta le donne e gli anziani potranno prendere parte nel set-tore delle costruzioni. L’edilizia, insomma, potrebbe diventare un prodotto di consumo come tantis-simi altri, in cui una casa o altra struttura potrebbero essere pro-gettati e costruiti dalla famiglia che li occuperà. La riduzione dei costi e la costruzione automatiz-zata faranno così diventare l’edili-zia accessibile a chiunque. Tutto ciò, aggiungo io, è molto bello ma ve lo immaginate qui? Nel senso che se per fare certe mostruose oscenità prima ci volevano dei mesi, in un futuro non molto lon-tano, l’abuso edilizio te lo ritrovi bello e fatto in 2, 3 giorni e nei po-sti più impensabili…

Principi di funzionamento delle stampanti 3D

N egli USA, nel 2006, due ricercatori universitari, Sébastien Dion e John Balistreri, a capo di un

team presso la Bowling Green Sta-te University, cominciarono ad interessarsi all’evoluzione delle macchine per la prototipazione rapida in 3D. Successivamente, gli esiti di quelle ricerche hanno sug-gerito, in meno di un decennio, tante idee diverse sulla stampa 3D anche se, sostanzialmente, l’idea di base rimane sempre la stessa: un oggetto, realizzato mediante una sovrapposizione di strati, me-diante il deposito di una particola-re sostanza opportunamente pro-cessata. Ecco, in estrema sintesi, una panoramica delle principali tecniche di stampa 3D:

A deposito di sostanze termo-plastiche fuse o ammorbidite, la FDM (fused deposition mode-ling), modellazione a deposizio-ne fusa.

A laminazione, in cui si hanno sottili strati, tagliati secondo il modello, e successivamente uniti insieme.

A deposito di polvere di gesso e getto d’inchiostro, processo multicolore realizzato spruz-zando sullo strato polveroso un getto d’inchiostro del colore voluto. Indicata per velocità, costo contenuto e facilità d'uso. Ideale per le fasi concettuali della progettazione ingegneri-stica anche nel collaudo funzio-nale. Gli oggetti realizzati con polvere legata possono essere ulteriormente rinforzati me-diante l'impregnazione con ce-ra o polimero termofissato.

A deposito di resina legata e

getto d’inchiostro, analogo a quello con polvere di gesso ma effettuato con resina a cui viene spruzzato uno speciale inchio-stro colorato che ha anche la funzione di solidificare rapida-mente lo strato. Indicata per velocità, costo contenuto e faci-

John Balistreri in un tutorial di YouTube

I puntata

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lità d'uso. Ideale per le fasi con-cettuali della progettazione in-gegneristica anche nel collaudo funzionale. Gli oggetti realizzati con polvere legata possono es-sere ulteriormente rinforzate mediante l'impregnazione con cera o polimero termofissato.

A fotopolimero liquido reattivo alla luce. Questo processo so-miglia tantissimo allo sviluppo delle vecchie pellicole fotogra-fiche. In una camera oscura è posizionata una vasca, ospitan-te il fotopolimero e munita di un elevatore elettrico, e un proiettore molto simile a quelli dell’Home Theatre. Da esso è proiettata l'immagine della se-zione trasversale dell’oggetto da stampare, la cui luce induri-sce selettivamente solo l'area indicata dalla stessa. Lo strato più recentemente stampato è poi riposizionato dall’elevatore per lasciare spazio allo strato successivo. L’oggetto è quindi la somma di questi cicli. Questa tecnica è molto nota per la sua alta risoluzione, tipicamente in grado di raggiungere spessori di livello inferiori a 30 micron, una frazione di un foglio di car-ta.

A fusione selettiva di polimero stampato in un letto granulare SLS (selective laser sintering). Un laser sintetizza selettiva-mente solo i granuli di polime-ro che formeranno l’oggetto da stampare, mentre la parte non interessata dalla fusione funge da sostegno per le sporgenze e le pareti sottili, riducendo così il bisogno di supporti ausiliari temporanei. Normalmente si usa un laser per sinterizzare il mezzo e formare il solido. Una variante di questa tecnica è il DMLS (direct metal laser sinte-ring) che impiega i metalli.

Fotopolimerizzazione a due fo-toni. Un fascio laser concentra-to agisce su di un blocco di gel fotopolimerizzante da cui si

ricaverà l'oggetto desiderato. .Il gel è fatto indurire, grazie alla natura non lineare della fotoec-citazione, nei punti dove si con-centra il fascio laser. A polime-rizzazione terminata, la parte di gel rimanente viene lavata via. Con questo processo si possono raggiungere dimensioni al di sotto dei 100nm e realizzare strutture molto complesse con parti mobili e intrecciate.

La stampa 3D è una tecnologia di-rettamente derivante da quella 2D con la sostanziale differenza che il file da cui provengono i dati da elaborare non è il classico edi-tor grafico o di testo ma un model-latore 3D come Blender, SketchUp, 3D Studio Max, ecc., da cui vengo-no tratti una serie di blocchi del modello, in sezione trasversale, poi stampati uno in cima all’altro. Il risultato finale è una riproduzio-ne reale del modello 3D che abbia-mo progettato. Un altro aspetto allettante di questi dispositivi consiste nella possibilità di stam-pare e assemblare parti composte da materiali diversi, con specifi-che proprietà fisiche e meccani-che, in una singola sessione di stampa. In definitiva una 3D prin-ter utilizza una tecnologia molto collaudata in campo industriale e artigianale poiché implementa i principi di funzionamento CAD/ CAM. La fabbricazione assistita dal computer, infatti, prevede l’im-piego di applicativi in grado di esaminare un elaborato progettua-le bidimensionale o tridimensio-nale e di derivare da esso le istru-zioni, per una macchina utensile a controllo numerico computerizza-to (CNC), capaci di produrre l’og-getto specificato nel progetto. Un programma di CAM effettua il se-guente set di macro operazioni: 1. Apertura del file CAD da stam-

pare. 2. Determinazione della parte da

stampare. 3. Impostazione del sistema di

coordinate utilizzato dalla mac-china.

4. Impostazione dei parametri di lavorazione (velocità di sposta-mento dell’ugello/ utensile; tipo di fresa, ecc.).

5. Generazione delle istruzioni macchina per la stampante, successivamente salvate come file di testo.

6. Visualizzazione della sequenza delle istruzioni generate per eventuali modifiche.

7. Visualizzazione grafica del per-corso generato.

8. Invio dati al PLC della stampan-te.

La fase più delicata e pesante per l’elaboratore è proprio la genera-zione delle istruzioni, poiché ven-gono adottati complessi algoritmi geometrici per determinare il per-corso utensile ottimale che poi viene indicato alla macchina. Analogamente a quanto accade nei software CAD/CAM che, inte-grando strumenti CAD con quelli CAM, permettono all'utente di pro-gettare e generare le istruzioni per una macchina utensile CNC, le stampanti 3D sono associate a uno o più software CAD 2 e 3D in grado di creare la sequenza esecutiva di istruzioni. Il vantaggio è la genera-zione diretta delle istruzioni per il dispositivo sotto forma di un file, binario o ASCII, STL (Standard Triangulation Language) nato per i software di stereolitografia CAD.

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Flow chart delle fasi operative per la stampa 3D

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U no degli aspetti fon-damentali per la creazione di un ma-nufatto è la realizza-

zione del suo prototipo. Quando il progettista pensa un oggetto gli viene del tutto naturale volerlo vedere dal vivo, toccarlo con mano per testarne le potenzialità e gli eventuali punti deboli. Un aiuto concreto arriva dalle stampanti 3D, macchine che permettono di prototipizzare geometrie anche parecchio complicate, in poco tempo e con costi relativamente contenuti. Il principio di funzio-namento è semplice: trattasi di fatto di una macchina a control-lo numerico che riceve in in-gresso un file CAM dell’oggetto (precedentemente realizzato al calcolatore), lo interpreta e, gra-zie ad un iniettore orientabile nello spazio tridimensionale, co-struisce il prototipo attraverso il processo di “modellazione per deposizione fluida” o FdM. Dall’i-niettore fuoriesce un sottile strato di materiale polimerico portato, tramite un riscaldamen-to dell’ugello, al di sopra della sua temperatura di transizione

vetrosa (Tg): in que-sta condizione il polimero “fluidifica”, depositandosi in strati sottili controllati proprio dall’orientazione dell’iniettore. A contatto con l’aria la temperatu-ra del polimero scende ed esso si risolidifica più o meno rapida-mente nella forma in cui si trova. Il risultato? Un oggetto dalla forma e dal colore desiderato che rispecchia in tutto e per tutto quello progettato virtualmente. I materiali che meglio si prestano a questa tecnologia sono, ovviamen-te, le plastiche. Sotto forma di filamento avvolto in bobina, il polimero viene posizionato di lato alla macchina e apposita-mente collegato all’estremità del-la slitta dell’ugello iniettore (quasi come in una macchina da cucire, in cui il filo di cotone nella spolet-ta viene collegato all’ago). Ovvia-mente non tutte le plastiche sono adatte all’utilizzo su mac-chine FdM. Vediamo a tal proposi-to di fare chiarezza. I POLIMERI Dal punto di vista chimico pos-siamo dire semplicemente che i polimeri sono delle lunghe cate-ne molecolari, formate da tante unità ripetitive chiamate mono-meri. A seconda della lunghezza della catena, e della natura chi-

mica dei monomeri, le proprietà fisiche del polimero risultante saranno sensibilmente differenti. Per fare un esempio pratico, possiamo pensare alle differenze che intercorrono tra la plastica di una semplice bottiglia di acqua minerale (in PET – polietilene tereftalato) e la plastica del bic-chiere del nostro frullatore in cu-cina (generalmente in policarbo-nato). Il PET della bottiglia risulta morbido, sottile, deformabile sotto una leggera pressione delle dita; il policarbonato del bicchiere del frullatore, invece, è rigido, non deformabile, resistente all’alta temperatura della minestra di mamma. In poche parole, le pla-stiche non sono tutte uguali. Una prima sommaria classificazione può essere fatta tra polimeri ter-moplastici e polimeri termoindu-renti. POLIMERI TERMOPLASTICI Questi polimeri sono caratteriz-zati da catene lineari poco reti-colate e corte. Ciò comporta che un aumento della temperatura è sufficiente a farli passare dallo stato solido ad uno stato viscoso, quasi “fluido”, e quindi modellabile a piacimento. Si definisce tempe-ratura di transizione vetrosa (Tg) quella temperatura (o range di temperatura in molti casi) in

I materiali per la Stampa 3D

di Marco Garavaglia

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cui il polimero termoplastico pas-sa dallo stato solido ad uno stato fortemente viscoso. Esempi di polimeri termoplastici sono i già citati polietilene tereftalato (Tg = 79°C) e policarbonato (Tg = 150°C), ma anche: • Polipropilene Tg = -20°C (atattico) • Acetato di polivinile Tg = 28°C • Cloruro di polivinile (PVC) Tg = 81°C • Polistirene Tg = 95°C • Polidimetilsilossano Tg = -127°C • Nylon-6 Tg = 50°C. POLIMERI TERMOINDURENTI Le plastiche termoindurenti sono invece dei polimeri che una vol-ta reticolati non possono più an-dare in contro a fusione (se non per completa degradazione chimi-ca). A livello molecolare, sono caratterizzati da catene polimeri-che lunghe, con un elevato grado di reticolazione, che ne accentua un comportamento meccanico fra-gile. Un simile materiale non può essere preso in considerazione per tecniche FdM, perché il riscalda-mento dell’ugello non comporta un automatico rammollimento del

materiale. Esempi di polimeri ter-moindurenti sono: • Poliuretano • Resina epossidica • Polifenoli. MATERIALI PER LA STAMPA 3D Abbiamo visto che un polimero termoplastico si rivela la scelta più idonea in una macchina a stampaggio 3D. Il riscaldamento dell’ugello è sufficiente a fluidifi-care il polimero quel tanto che basta per l’estrusione e la sua successiva messa in forma. Con la diminuzione della temperatu-ra, la plastica si solidifica spon-taneamente realizzando così l’og-getto desiderato. Attualmente, i materiali più utilizzati sono due: il PLA (poliacidolattico) e l’ABS (acrilonitrile-butadiene-stirene). Vediamoli nel dettaglio. Poli (acido lattico) o PLA Come suggerisce il nome, è un polimero dell’acido lattico e, più precisamente, un poliestere ali-fatico con catena molecolare ad elica ottenuto da sostanze natu-rali come l’amido che si ricava dal mais, dalle barbabietole, dal

siero di latte o dalla melassa. Il grosso vantaggio risiede nel fatto che il suo riscaldamento oltre la temperatura di transizione vetro-sa (Tg = 58°C) non comporta l’e-salazione di vapori potenzial-mente tossici per l’uomo ed è quindi una valida alternativa “verde” ai polimeri derivati dal pe-trolio. Attualmente il PLA, com-pletamente atossico e biocompa-tibile, trova largo impiego negli imballaggi alimentari come bot-tiglie di acqua minerale, conteni-tori di cibi secchi o umidi e sac-chetti ecologici. Dal punto di vista chimico, l’acido lattico (da cui de-riva il polimero) presenta due ste-reoisomeri otticamente attivi: de-stro D- e levo L-. Dal rapporto di questi due stereoisomeri dipendo-no le proprietà fisiche del polime-ro: si possono dunque ottenere un PLA completamente amorfo o se-micristallino. Gli amorfi sono so-lubili in molti solventi organici mentre i semicristallini in sol-venti clorurati o benzene ad alta temperatura. Le proprietà mecca-niche sono intermedie a quelle del polietilene e del polistirene ma risulta fragile e poco flessi-

Una testina per stampante 3D

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bile. I produttori industriali stan-no studiando i modi per aumen-tarne la tenacità, attraverso la mi-scelazione, ad esempio, con altri polimeri. Può essere trasparente o pigmentato e ciò permette di realizzare un prototipo 3D diret-tamente del colore desiderato e dalle sfumature cromatiche lucide e accattivanti. Nella stampante 3D viene utilizzato per la realiz-zazione di pezzi di grandi di-mensioni perché la sua elevata velocità di raffreddamento con-sente all’oggetto di prendere subi-to forma evitando imbarcamenti. ABS (acrilonitrile butadiene stire-ne) Sicuramente ciò che fa apprezza-re molto questa plastica, anche a livello ingegneristico, sono le sue caratteristiche: l’acrilonitrile-butadiene-stirene, più semplice-mente detto ABS, è infatti un po-limero termoplastico leggero, rigi-do e tenace che trova numerosissi-me applicazioni nella vita di tutti i giorni. Si impiega per la realiz-zazione di tubazioni idrauliche

(non sotto pressione), per gli stru-menti musicali, per i giocattoli (i famosissimi mattoncini LEGO), per la realizzazioni di oggetti di arredo come tavoli o librerie, in campo automobilistico e aeronautico, ecc. La sua densità varia da 1.03 a 1.07 g/cm3 ed ha una temperatu-ra di transizione vetrosa relativa-mente alta, circa 105°C. Questo aspetto è sinonimo, in genere, di stabilità molecolare e spiega inoltre le buone doti meccaniche del materiale. Si presta molto bene allo stampaggio per iniezione, per estrusione, per soffiaggio, alla ca-landratura e, naturalmente, alla termoformatura. L’ABS, inoltre, mantiene inalterate le sue pro-prietà fisiche in un range di temperatura molto ampio (da -45 a +85°C) e resiste molto bene a tutta una serie di sostanze come: soluzioni saline; soluzioni alcaline; acidi diluiti; idrocarburi saturi; benzina; oli minerali; grassi animali e vegetali.

E’ inoltre una plastica facilmen-te manipolabile una volta forma-ta perché si presta molto bene all’incollaggio e alla saldatura, nonché all’avvitamento con viti automaschianti. Anche l’ABS, in fase di polimerizzazione, può es-sere pigmentato donando però al materiale solo un colore solido, che può essere riverniciato in fasi successive. Questo polimero, in una stampante 3D, trova largo im-piego per la realizzazione di pezzi meccanici, proprio grazie alle sue elevate proprietà di rigidezza e tenacità. Essendo una resina ter-moplastica sintetica, derivata di fatto dal petrolio, il suo riscalda-mento oltre la Tg comporta la li-berazione nell’aria di vapori tos-sici che, se inalati in grande quan-tità, possono creare seri danni all’organismo umano. Questo pro-blema può essere arginato ope-rando la lavorazione dell’ABS in ambienti idonei e correttamente ventilati.

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Calcolo, fisica ed ingegneria: i tre volti del progresso

APPROFONDIMENTI

I l filosofo e matematico fran-cese Renè Descartes diceva: “Sono persuaso che la ma-tematica sia il più impor-

tante strumento di conoscenza fra quelli lasciatici in eredità dall'agire umano, essendo la fonte di tutte le cose.” Credo che non ci sia modo miglio-re per iniziare questo articolo, in cui cercherò di raccontare, nel modo più friendly possibile, quan-to sia fondamentale la matemati-ca nella vita di tutti i giorni e quali strumenti ci fornisce per comprendere il mondo che ci cir-conda. Quando guidiamo la mac-china per andare al lavoro, quando parliamo al cellulare o prepariamo la cena non ce ne rendiamo forse conto ma sono tutte azioni che, senza la matema-tica, sarebbero difficili da compie-re, se non impossibili. Del resto può sembrare assurdo ma la matematica (che si crede erro-neamente astratta e “fuori dal mondo”) è nata proprio con sco-pi estremamente pratici e concre-ti. Molti storici, supportati anche da recenti scoperte archeologi-

che, ritengono che sia nata ad-dirittura prima della scrittura e della comunicazione verbale: l’os-so di Ishango, reperto datato al Paleolitico superiore (circa 20000 a.C.), presenta sulla sua superficie una serie di incisioni che sono state interpretate come una primordiale sequenza di nu-meri primi. Se questa teoria fosse confermata, significherebbe che uomini preistorici conoscevano non solo il concetto di numero ma anche quello di divisione ed erano in grado di discernere tra un numero divisibile solo per se stesso e le unità (i primi appun-to) e quelli divisibili anche per altri numeri. Tutto questo ancor prima della nascita dell’aritmetica araba. Del resto è naturale per un uomo saper contare, riuscire cioè a quantificare sia oggetti ma-teriali che immateriali, come il tempo. Contare, per l’uomo prei-storico, voleva dire capire ad esempio dove ci si trovava e quan-do; capire se una situazione po-teva essere numericamente fa-vorevole o svantaggiosa, per esempio durante una battuta di caccia. Contare era anche un mezzo per relazionarsi con altri simili, scambiare oggetti e valu-tarne un ipotetico valore intrinse-co. Per l’uomo preistorico insom-

ma la matematica pesava più di ogni altra cosa e “fare matemati-ca” era quasi la quotidianità. Pa-rallelamente al fare di conto, si sviluppò anche il senso geome-trico cioè l’individuazione di par-ticolari forme con caratteristiche che si ripetevano in forme simili. In Africa, e più precisamente nel-la regione delle sorgenti del Nilo (attuale Sudan), sono stati trova-ti numerosissimi reperti databili attorno al V millennio a.C. che lasciano presupporre una presa di coscienza di forme geometri-che particolari, ed anche piutto-sto complesse, come l’ellisse, il cono, il toro (ovvero una ciam-bella col buco) e naturalmente il cerchio. Reperti molto simili si trovano anche in alcuni regioni dell’Inghilterra e nella Scozia settentrionale. Ciò dimostra che nell’Homo Sapiens era perfetta-mente sviluppato il concetto di geometria e spazio tridimensio-nale. Col passare dei secoli e con lo sviluppo di civiltà via via più complesse e organizzate, la ma-tematica e la geometria diven-nero dei veri e propri strumenti di vita quotidiana. Se infatti in epoca preistorica contare signifi-cava nutrirsi o sopravvivere, in età classica (Greca e Romana), quando cioè si formarono socie-

I puntata

di Marco Garavaglia

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APPROFONDIMENTI

tà più strutturate e nacque il com-mercio, fare di conto era essen-ziale per poter fare affari. Barat-to e uso di monete implicavano il quantificare non solo gli oggetti dello scambio ma anche il proprio valore intrinseco. Era di fatto un primo embrione di quella che al giorno d’oggi chiamiamo matema-tica finanziaria. Matematica e geometria servivano anche per erigere monumenti e per vincere guerre. Pitagora ed Euclide furo-no dei veri rivoluzionari del pro-prio tempo: forse loro, più di tutti, incarnano geometria e aritmetica. La geometria euclidea, quella per intenderci che tutti noi studiamo a scuola fin dalle elementari, descri-ve esattamente il mondo che ci circonda ed è quindi perennemen-te presente attorno a noi. Nell’anti-ca Grecia era ben noto il concetto di rapporto aureo (o costante di Fidia) che rappresentava il rap-porto fra due lunghezze disegua-li di cui la maggiore è medio pro-porzionale tra la minore e la som-ma delle due. Questo numero vale approssimativamente 1,618 ed ha affascinato gli uomini di tutti i tempi, fino quasi a considerarlo una sorta di metro universale di bellezza: venne ripreso in nume-rosissime opere architettoniche e artistiche classiche quali tem-pli, teatri, stadi, raffigurazioni di atleti, donne e divinità. La mate-matica serviva anche nella costru-

zione di opere civili giunte nei se-coli fino a noi come i ponti e i famosissimi acquedotti romani, veri capolavori di ingegneria, così come la costruzione delle abita-zioni più semplici che richiedeva-no anch’esse discrete doti di cal-colo. La maggior parte di questi problemi poteva essere risolto con la conoscenza delle opera-zioni di base dell’aritmetica (addizione, sottrazione, moltiplica-zione, divisione) e con i teoremi della geometria euclidea. Sul fini-re del Seicento, due grandi scien-ziati, Isaac Newton e Gottfried Leibniz, gettarono le fondamenta dal calcolo infinitesimale. Si co-minciarono a studiare le funzio-ni, le derivate e gli integrali, le equazioni differenziali ordinarie, ovvero equazioni in cui com-paiono l’incognita e le sue deri-vate di ordine, che modellano mol-tissimi fenomeni fisici. Leonhard Euler, uno dei più grandi matema-tici di tutti i tempi, sviluppò tre metodi numerici per la risolu-zione approssimata di equazioni differenziali ordinarie che porta-no il suo nome e che sono tutt’ora ampiamente utilizzati (ed anche implementati in software di analisi numerica). I metodi dell’Eulero in avanti, Eulero all’in-dietro ed Eulero centrato, assieme al più recente metodo di Crank-Nicholson, sono inoltre i primis-simi argomenti degli esami di

modellistica numerica di tutte le facoltà scientifiche, proprio per la loro rilevanza e i loro numerosi sbocchi applicativi. La matemati-ca, quindi, contrariamente al sen-tore comune, è una scienza estre-mamente concreta, sempre pre-sente attorno a noi. Ci fornisce gli strumenti per comprendere non solo il mondo ma anche l’inte-ro universo. Ho iniziato l’articolo con una citazione, voglio conclu-derlo con un’altra, quella del ma-tematico Israeliano Aner Shalev, che a una prima lettura potreb-be sembrare discordante con quanto finora esposto ma che in realtà mostra l’estrema potenza che ha la “regina delle scienze” anche nel trascendere il reale: “Mi piace [...] la libertà della ma-tematica. Se studi fisica o chimi-ca devi descrivere il mondo rea-le. Ma in matematica puoi co-struire le tue strutture. Puoi camminare in mondi creati dall'immaginazione delle persone. Non sei legato al mondo reale. È come essere Dio in un certo senso. Puoi creare mondi, e stu-diarli. Credo sia per una combi-nazione della bellezza, dell'imma-ginazione e della libertà.”

Gottfried Wilhelm von Leibniz Leonhard Euler Aner Shalev

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PROGETTI PER LA COMMUNITY

D iciamoci la verità: alcu-ni software sono una vera rogna! Molti perché sono solo in inglese

“tecnico”; altri perché hanno co-mandi la cui comprensione spiaz-za anche un ingegnere esperto… In questa categoria di programmi fanno bella mostra di se i rende-rizzatori! Di programmi per il ren-dering ce ne sono svariate tipolo-gie: quelli incorporati nel modella-

tore; quelli che sono un plugin del

modellatore; quelli indipendenti. In ogni caso ci si trova dinanzi ad una serie di impostazioni e taratu-re che non sono proprio una pas-seggiata e che richiedono almeno un’infarinatura di illuminotecnica e grafica raster per la produzione e l’editing dei materiali. Completano il quadro il costo, le risorse hard-ware e i tempi che questi software richiedono. Sul mercato, fortuna-tamente, esistono anche delle ver-sioni gratuite e multi formato co-

me, ad esempio, Kerkythea che può importare modelli di vari for-mati come: XLM → generato da SketchUp me-diante apposito plugin; 3ds → generato da 3DStudioMax; obj → sviluppato da Wavefront Techonologies; sia → generato dal modellatore Silo. In ogni caso l’impatto con un ren-derizzatore è alquanto ostico a meno che si non possieda già una conoscenza approfondita dell’ar-gomento o si sia seguito qualche costosissimo corso. Nel tentativo di fornire i rudimenti della materia, io e Marco Garava-glia ci siamo messi all’opera e ab-biamo stilato un programma di studio molto articolato, provvisto di esercitazioni pratiche, da posta-re e discutere in Community. Ov-viamente non abbiamo la pretesa di essere esaustivi ma speriamo che lo studio dei temi che propo-niamo possano creare una forma mentis sufficiente per mettersi al lavoro rapidamente offrendo delle renderizzazioni efficaci e realisti-che in grado di colpire l’immagi-nazione di chi le osserva. La prati-ca e la pazienza sono due ingre-dienti basilari per apprendere

qualsiasi disciplina. Per le eserci-tazioni, ho realizzato un modello di studio cinematografico, deriva-to dal progetto di un edificio appo-sitamente studiato per questa oc-casione. I due modelli sono scari-cabili dal sito. Il progetto mira non solo alla formazione di chi muove i primi passi con questi software ma è anche un’occasione per creare una raccolta di infor-mazioni utili, come ad esempio: un glossario dei termini tradot-

ti dall’inglese e debitamente commentati e illustrati;

una serie di tabelle suddivise per funzioni con i principali settaggi per ogni renderizzato-re;

una collezione di modelli di scena senza materiali da scari-care e renderizzare seguendo le esercitazioni proposte o speri-mentando in proprio.

Nelle prossime settimane vi ag-giorneremo sui corsi e le esercita-zioni del Progetto Rendering, me-diante dei post permanenti (sono l’ultima novità per le Communities di G+) nella “bacheca” di ARS!

Un corso di rendering gratuito per la Comm.

di Salvio Gigl io

Attenzione: il corso è stato

sospeso alla fine del 2014

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PROGETTI PER LA COMMUNITY

In alto a sinistra il modello dello studio di rendering “realistico” da cui poi è scaturito il secondo (senza uffici, più leggero e smontabile per le esercitazioni) visibile nelle tre immagini in alto. E’ stato approntato anche un set per la renderizzazione, di cui le due immagini col furgoncino al centro ed in basso, da allocare nello studio ed illuminare con luce naturale, aprendo il tetto, o attraverso corpi illuminanti fissati alla graticcia, sulle balaustra dei ballatoi di servizio dello studio o su cavalletti.

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TREND PROGETTUALI

I l nostro Paese deve svec-chiarsi se vuole realmente uscire dalla crisi. Per farlo deve avere il coraggio di

scommettere sulle innovazioni tecnologiche e sulla cultura e cambiare radicalmente certi modi di pensare e di concepire il mondo del lavoro. Volenti o nolenti, l’era digitale, non meno della Rivoluzio-ne Industriale, ha sconvolto pro-fondamente la produzione indu-striale tagliando, da una parte, tan-ti posti di lavoro con l’automazio-ne e creando, dall’altra, nuove fi-gure professionali; poi è toccato al mondo dell’ufficio e adesso, sem-pre più prepotentemente, anche a quello della progettazione. I van-taggi offerti da certe nuove filoso-fie aziendali, in cui progettista non lavora più da solo ma interagisce in tempo reale con altri professio-nisti, è una realtà che all’estero è diventata uno standard vero e pro-prio. La progettazione strutturata o Building Information Modeling permette di realizzare progettazio-ni intelligenti riducendo errori e costi legati a revisioni, riunioni, sopralluoghi in cantiere e tanti altri grattacapi legati alla proget-tazione stand alone tradizionale.

La BIM non è solo una famiglia di software, è una vera e propria or-ganizzazione del lavoro di studio e di cantiere. Sul nostro sito comu-nitario, da qualche mese, ho inse-rito la sezione BIM e ho deciso di partire dalle basi di questo nuovo concetto progettuale traducendo delle dispense della California Sta-te University, in cui non compaio-no riferimenti all’uso di un parti-colare programma ma che mirano, piuttosto, alla realizzazione di una forma mentis per i team proget-tuali. Si parte dall’individuazione dei target principali che saranno oggetto dei compiti BIM per ogni l ivello di pr ogetta zione (architettonica, ingegneristica, impiantistica, ecc.) attraverso del-le schede e, per ogni settore, si in-dividua un responsabile per la progettazione e la realizzazione. Successivamente, si determina una scala delle priorità esecutive attraverso dei diagrammi di flusso che serviranno anche per lo scam-bio dei dati tra i vari professionisti (progettisti ed esecutori) impegna-ti nel cantiere. La fase di studio preliminare, svolto attraverso schede di raccolta dati, questiona-ri, diagrammi ecc., faciliterà enor-memente la messa in atto del pro-getto vero e proprio, riducendo al minimo il margine di errori e le sforature sul budget imposto dalla committenza. Se corredato corret-

tamente di tutti i dati di fabbrica-zione, commenti e risultati finali, questo materiale allegato ai file BIM servirà, inoltre, anche come modello per altri lavori futuri del team. Per attuare una buona pro-gettazione BIM è necessario avere, quindi, una visione moderna del cantiere e dello studio investendo in attrezzature all’avanguardia che permettono di digitalizzare i dati, a partire dal rilievo dell’area d’in-tervento, per poi trasmetterli a chi avrà il compito di elaborarli per il progetto. Lo stesso studio deve avere un’architettura hardware potente, basata su workstation e LAN ultraveloci per incrociare il lavoro dei vari progettisti. Per chi comincia adesso conviene fare pratica presso uno studio in cui già si lavora con la BIM o, comun-que, fare pratica con altri progetti-sti su piccoli cantieri di facile ge-stione. La BIM si presta molto an-che per il recupero edile di vecchi manufatti e diventa allettante an-che per l’amministrazione condo-miniale di uno stabile dal momen-to che la documentazione prodot-ta, unitamente al file BIM, costitui-scono un vero e proprio registro manutentivo dell’edificio su cui pianificare gli interventi e even-tuali adeguamenti normativi, con-trollando anche le spese di esecu-zione.

La BIM è lo standard del futuro

di Salvio Gigl io

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UMORISMO

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GIOCHI

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