C rescita - Credit Suisse

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Crescita Effetto Asia Il boom asiatico contagia il mondo intero Pro e contro La crescita fa bene o male alla società? Lievito La crescita al naturale La rivista del Credit Suisse dal 1895 Gennaio 2008

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CrescitaEffetto Asia Il boom asiatico contagia il mondo intero

Pro e contro La crescita fa bene o male alla società?

Lievito La crescita al naturale

La rivista del Credit Suisse dal 1895 Gennaio 2008

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Editoriale

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Il processo di crescita trova espressione attraverso forme molto più complesse del semplice sviluppo organico. Ne sono un esempio la crescita del sapere, della personalità, dei ricavi o quella economica. In questo Bulletin Speciale passiamo in rassegna queste varie tipologie di crescita, che segnano il progresso della nostra civiltà.

Con il mondo in costante evoluzione, il ritmo di crescita accelera a flusso con- tinuo. Per stare al passo con queste trasformazioni occorre aggiornare rego-larmente le proprie conoscenze. Un altro fattore cruciale è l’innovazione, come spiega in un’intervista il futurologo Jim Carroll. A livello individuale la crescita personale è spesso auspicata, ma non sempre facile da raggiungere. A questo scopo vi sono coach professionali che aiutano le persone a esprimere appie- no il proprio potenziale. Un articolo passa in rassegna le tendenze in materia di coaching, per poi approfondire l’esperienza personale di una donna che attra- verso un programma mirato è riuscita a dare una svolta decisiva alla propria vita.

Parlando dell’esigenza di generare costantemente nuova crescita economica, i punti di vista sono spesso discordanti. Alcuni ritengono che la crescita econo- mica non migliori solo il tenore di vita materiale di una società, ma anche la democrazia, la generosità e la tolleranza. Altri affermano invece che i paesi già ricchi non hanno bisogno di progredire, poiché questo processo comporta maggiori danni per l’ambiente. In una sorta di duello a distanza, due professori di economia difendono queste due tesi contrastanti.

Nondimeno, la crescita economica è un fatto indiscutibile. La strategia del Credit Suisse mira a generare una crescita sostenibile e redditizia. In questa rivista poniamo l’accento su due mercati in pieno sviluppo: Cina e India, paesi che si stanno rapidamente affermando come potenze economiche globali e i cui effetti collaterali positivi indotti dalla loro crescita sono percepiti in tutto il mondo. Questi benefici sono stati definiti come «effetto Asia».

Una crescita economica sostenuta ha tuttavia un notevole impatto ecologico, che nel lungo periodo potrebbe minacciare l’ambiente e i sistemi economici. Ognuno di noi è chiamato in causa. In tale contesto, nel 2006 il Credit Suisse ha ottenuto un bilancio neutro in termini di gas serra per le proprie unità operative in Svizzera, e prevede di raggiungere questo obiettivo a livello globale entro il 2009. Walter Berchtold, CEO Private Banking del Credit Suisse

Hallen für neue Kunst | Baumgartenstrasse 23 | CH-8200 Sciaf fusa | telefono 0041 (0)52 625 25 15 | fax 0041 (0)52 625 84 74 | hfnk@modern-ar t .ch | www.modern-ar t .ch

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Sommario

CrescitaEffetto Asia Il boom asiatico contagia il mondo intero

Pro e contro La crescita fa bene o male alla società?

Lievito La crescita al naturale

La rivista del Credit Suisse dal 1895 Gennaio 2008

Pro e contro  Vantaggi e svantaggi della crescita economica

Effetto Asia  Il boom dell’economia asiatica contagia il mondo intero

Jim Carroll  Il successo arride a chi evolve

Lievito  La crescita al naturale

Sviluppo personale  Sulla strada giusta grazie al life coaching

Nuovi mercati  La ditta Freitag persegue una crescita sana e sostenibile

La crescita sul filo del tempo  Investire nei fondi

Editoriale  Benvenuti nel mondo dei fondi

Glossario  Dodici definizioni utili 

Panoramica  La gamma dei fondi in sintesi

Piano di risparmio  Incrementare il patrimonio grazie ai fondi 

LivingPlus  Investire nel mercato delle residenze per anziani

Sostenibilità  Diversificare grazie alle energie alternative

Fondi total return  Un’opzione per gli investitori avversi al rischio

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Fondi d’investimento

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Crescita

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Attualmente in fase di costruzione, la nuova Torre di Dubai diventerà il grattacielo più alto del mondo e misurerà 587,7 metri, sebbene l’altezza esatta rimarrà segreta fino all’inaugurazione dell’edificio nel 2009. La struttura costituisce il nucleo centrale del Burj Dubai District, negli Emirati Arabi Uniti. Costruita in  vetro, alluminio, calcestruzzo e acciaio, la torre costerà verosimil-mente 1 miliardo di dollari, mentre l’area nel suo complesso raggiungerà circa 20 miliardi di dollari.   www.burjdubai.com

Sigla editoriale: Editore Credit Suisse, Casella postale 2, 8070 Zurigo Redazione Michèle Bodmer (mb) (gestione del progetto),

Joy Bolli ( jbo), Dorothée Enskog (de), Regula Gerber (rg), Daniel Huber (dhu) Collaboratori redazionali Ian Lewis, Carola Rönneburg

Marketing Veronica Zimnic Tiratura 230 000 esemplari in tedesco, francese, italiano e inglese E-mail redaktion.bulletin@credit-

suisse.com Internet www.credit-suisse.com/fundlab Progetto grafico www.arnolddesign.ch: Daniel Peterhans, Alice Kälin, Manuel

Schnoz, Nadia Bucher (gestione del progetto) Traduzione italiana Servizio linguistico del Credit Suisse: Francesco Di Lena, Michele

Bruno, Deborah Cometti, Antonella Montesi, Roberto Negroni Inserzioni pauletto gmbh, Daniel Pauletto e Philipp Vonarburg, Klein-

strasse 16, 8008 Zurigo, telefono/fax +41 43 268 54 56, e-mail [email protected] Stampa NZZ Fretz AG Riproduzione

consentita con l’indicazione «Dal Bulletin del Credit Suisse».

Crescita economica: pro e contro

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Intervista: Dorothée Enskog

La crescita fa bene o male alla società? Alcuni economisti ritengono che, livellando gli standard di vita, essa sia la chiave per promuovere riforme sociali e poli tiche. Altri invece sostengono che una crescita eccessiva implichi unicamente danni per  l’ambiente. In questo articolo, due illustri economisti prendono posizione sugli effetti della crescita e della globalizzazione. 

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Crescita  Pro e contro

Oltre a elevare il tenore di vita materiale di una società, la crescita promuove anche valori etici come democrazia, equità, generosità e tolleranza, afferma Benjamin Friedman. Tuttavia, da un punto di vista ambientale, il professore di Harvard ritiene che il problema del riscaldamento globale possa essere affrontato solo con accor-di internazionali e un uso migliore della tecnologia.

Bulletin: Come definirebbe la crescita economica?

Benjamin M. Friedman: Un aumento costante degli standard di vita materiali che interessa ampi strati della popolazione.

Quali sono i suoi vantaggi?

Quando il tenore di vita di gran parte della popolazione miglio-ra sensibilmente, la società è più propensa a progredire verso dimensioni che sin dall’Illuminismo sono sempre state conside-rate positive dal pensiero occidentale, ad esempio valori morali come l’impegno per la democrazia, l’equità, la generosità e la tolleranza razziale, etnica e religiosa.

Ci sono eccezioni, ossia casi in cui la crescita non genera 

effetti morali positivi?

Sì, i paesi in cui la ricchezza nasce soprattutto dall’industria mi-neraria sembrano essere immuni alle consuete ricadute morali positive della crescita.

Quindi un’equa distribuzione della crescita promuove i valori 

morali di una società?

Non necessariamente. Guardiamo alla Cina di oggi. Malgrado le nette sperequazioni reddituali e il conseguente aumento della disparità, l’economia cresce a ritmi talmente rapidi da consentire alla maggior parte dei cinesi uno standard di vita più elevato. Ciò che importa è se la maggioranza della popolazione vede aumen-tare il proprio benessere.

Quali sono i pericoli della crescita economica?

La crescita, soprattutto in un contesto di sviluppo, implica tran-sizioni di varia natura per la società: massicci trasferimenti occu-pazionali dal settore agricolo a quello industriale, ampi movimenti

La crescita promuove i valori  morali della società 

«La globalizzazione, iniziata mezzo secolo fa, ci insegna una grande lezione: i paesi che figurano tra i perdenti sono quelli che non ne hanno preso parte.»  Benjamin M. Friedman

Gli argomenti a favore

Pro

Benjamin M. Friedman è titolare della cattedra William Joseph Maier di economia politica. È stato direttore del diparti-mento di economia dell’Università di Harvard, dove ha insegnato per oltre trent’anni. È autore di «Il valore etico della crescita» (2005) e di «Day of Reckoning: The Consequences of American Economic Policy Under Reagan and After», un’analisi critica dei problemi legati ai tagli fiscali decisi dall’ex presidente ame-ricano. Per questo saggio ha ottenuto il George S. Eccles Prize della Columbia University, che premia annualmente opere eco-nomiche di particolare rilevanza. Nel 2005, l’International Honor Society for Economics lo ha insignito del John R. Commons Award per i risultati ottenuti in campo economico e per il contri-buto al settore. Friedman ha inoltre collaborato con New York  Times, Wall Street Journal e New York Review of Books. 

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migratori dalle campagne alle città, urbanizzazione e aumento dell’alfabetizzazione. Transizioni che a breve termine possono generare instabilità politica.

L’attuale livello di crescita globale è sostenibile sul lungo 

periodo?

Sotto il profilo economico e persino politico direi di sì. La lezione principale che si può trarre dalla globalizzazione, iniziata mezzo secolo fa, è che i paesi che figurano tra i perdenti – ad esempio Corea del Nord, Birmania e Africa subsahariana – sono quelli che non ne hanno preso parte. India e Cina sono invece tra i prin cipali protagonisti della crescita globale: la loro economia ha il vento in poppa e il tasso di povertà è in rapido calo.

Tutto ciò è sostenibile sotto il profi lo ambientale?

I danni ambientali in senso classico, come l’inquinamento at mos-ferico o l’esaurimento di fonti non rinnovabili di importanza vitale, non sono un problema. È vero che l’inquinamento dell’aria e del-l’acqua ha impatti maggiori in paesi a basso reddito, ma non appena raggiungono un reddito pro capite tra i 2000 e gli 8000 dollari iniziano a sensibilizzarsi al tema. La Cina ad esempio, che ha un reddito pro capite di circa 6000 dollari, sta cercando di far fronte all’inquinamento atmosferico nelle città controllando le emissioni delle autovetture.

Ma il petrolio e le altre fonti non rinnovabili fi niranno per

esaurirsi…

Se parliamo di fonti non rinnovabili fondamentali, non è ipotiz zabile il loro esaurimento a breve termine, ma piuttosto su un orizzonte temporale di 250 anni. Ma d’altro canto è poco probabile che la tecnologia marci sul posto così a lungo. Già nel 1857 si pensava che il combustibile potesse esaurirsi perché le balene, cacciate per il loro olio, diventavano sempre più scarse. All’epoca nessuno aveva ancora iniziato a estrarre l’oro nero dal suolo.

E per quanto riguarda il riscaldamento globale, lei è 

ottimista?

No, proprio perché il problema è globale. Oggi le istanze politiche sono poco incentivate ad affrontare il problema a livello indivi-duale, benché ci siano stati tentativi su scala un po’ più ampia, come il Protocollo di Kyoto e le iniziative spontanee in California, in alcuni stati dell’Unione europea e da parte di qualche grande azienda. Tuttavia, con il tempo e con ulteriori sforzi nella nego-ziazione di accordi internazionali, il progresso tecnologico do-vrebbe consentire di risolvere il problema.

Può citare qualche esempio di progresso tecnologico di 

questo tipo?

Molta dell’anidride carbonica rilasciata nell’atmosfera è causata dalla produzione di elettricità, e oggi sappiamo che ciò può es-sere evitato con le centrali nucleari o catturando il CO2 prima che fuoriesca dagli impianti. La tecnologia, quindi, esiste già, anche se catturare l’anidride carbonica appesantirebbe la bolletta del 30–50 per cento.

Un rincaro che può sembrare eccessivo. Ma una famiglia media spende appena il 4 per cento del reddito per l’elettricità e, pagando per la cattura del CO2, questa cifra salirebbe al 5,5 per cento, il che non è molto. A nessuno piace pagare di più, ma si tratta pur sempre di una cifra modesta, considerato quanto costano ai citta dini molti altri servizi pubblici. Occorre varare una politica pub blica. Inoltre, in futuro, grazie ai progres-si della tecnologia il prezzo della cattura dell’anidride carbonica do vrebbe calare. <

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Crescita  Pro e contro

I paesi ricchi non devono continuare a crescere, perché ciò implica un maggiore sfruttamento di energia e materie prime con conse-guenti danni ambientali, sostiene Joan Martinez-Alier. Il professore di economia dell’Universidad Autonoma de Barcelona ritiene che l’economia mondiale cresca a un ritmo eccessivo rispetto alle pos-sibilità dell’ecosistema.

Bulletin: Come definirebbe la crescita economica?

Joan Martinez-Alier: «Crescita economica» significa aumento del reddito pro capite, così come misurato dalla contabilità del reddito nazionale. A questo proposito è opportuno sottolineare che quest’ul-tima non include il lavoro domestico non retribuito, lo sfruttamento della natura e gli effetti collaterali come l’inquinamento atmosferico.

Quali sono i suoi vantaggi?

Un vantaggio ovvio è che la gente ha più soldi da spendere, lo si vede subito se si va in India o in Cina. Sono nato a Barcellona dopo la Guerra Civile e dagli anni Sessanta ho approfittato dei tanti aspetti positivi della crescita economica in Spagna. Sono quindi felice che anche altri paesi ne possano beneficiare. Tuttavia, questo processo non andrebbe descritto solo in termini economici e socia-

li, ma anche fisici. Sappiamo che lo sfruttamento dell’energia e i flussi di materiali seguono quasi di pari passo la crescita econo- mica. Malgrado una certa flessione dei quantitativi di energia e dei materiali utilizzati per unità produttiva, il totale complessivo è in rialzo proprio a causa della crescita. Anche nelle economie basate sui servizi si assiste a un maggiore dispendio di energia e materiali dovuto all’aumento del consumo. Ecco perché la crescita econo-mica non può durare in eterno.

Quali sono i suoi svantaggi? 

Da un punto di vista sociale interviene il paradosso di Easterlin: al di sopra di un certo reddito il ritorno della crescita economica in termini di felicità è basso, se non addirittura negativo. A questo punto, quindi, la crescita diventa inutile. Sul piano ecologico gli aspetti negativi sono l’impoverimento delle risorse naturali e la ridistribuzione del territorio a scapito delle zone verdi e della bio-diversità.

Ci sono altri rischi?

Ci sono altri effetti negativi della crescita, definiti «esternalità», che non sono correttamente ponderati in un bilancio economico. Ad esempio si parla sempre di produzione di petrolio, quando in realtà

«Dobbiamo fermare la crescita nei paesi ricchi e incentivarla in quelli poveri, in modo che possano debellare l’indigenza e portare a termine le loro transizioni demografiche.» Joan Martinez-Alier

L’Occidente è cresciuto abbastanzaGli argomenti a sfavore

Contro

Joan Martinez-Alier è un illustre esperto di economia ecologica. Professore di economia e di storia dell’economia all’Universidad Autonoma de Barcelona, è uno dei fondatori e presidente della Società internazionale di economia ecologica. È altresì membro del comitato scientifico dell’Agenzia europea per l’ambiente e della Green Academy della Fondazione Heinrich Böll. Martinez-Alier ha scritto numerosi libri, di cui l’ultimo con Klaus Schlüpmann, «The Environmentalism of the Poor: A Study of Ecological Conflicts and Valuation» (2002). È anche autore di «Economia ecologica. Energia, ambiente e società» (1987). Attualmente partecipa al progetto «Identity, Power and Rights: the State, International Institutions and Indigenous Peoples».

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Crescita  Pro e contro

si tratta di estrazione. Inoltre, l’economia mondiale sta crescendo a un ritmo eccessivo rispetto alle possibilità dell’ecosistema. Basti pensare che la quantità di anidride carbonica emessa nell’atmo-sfera è superiore alla capacità di assorbimento degli oceani e della nuova vegetazione, tant’è vero che la concentrazione di gas serra è in continuo aumento. Non che sia una novità: già nel 1895 il chi mico svedese Svante Arrhenius teorizzava la maggiore concentrazione dei gas serra, ma solo ora questo aspetto viene considerato.

L’attuale crescita economica globale è sostenibile nel lungo 

termine da un punto di vista politico e ambientale?

A mio avviso le economie ricche non dovrebbero più crescere: con l’attuale tecnologia la loro crescita comporta infatti un ulteriore uso di materiali ed energia e quindi inevitabilmente più danni all’ambien-te, che spesso non facciamo altro che delocalizzare. Importiamo petrolio dalle foreste pluviali amazzoniche del Perù e dell’Ecuador o dal delta del Niger. Dobbiamo fermare la crescita nei paesi ricchi e incentivarla in quelli poveri, in modo che possano debellare l’indi-genza e portare a termine le proprie transizioni demografi che.

Ma la crescita economica non è associata a un minore tasso 

di natalità?

In generale sì, ma fortunatamente l’aumento della popolazione può fermarsi anche a bassi livelli di reddito: è il caso degli stati indiani del Kerala e del Tamil Nadu o dell’Europa intorno al 1900, quando era attivo un movimento neo-malthusiano che, sfi dando Stato e Chiesa, propugnava il controllo demografi co mediante la contraccezione.

Ma la stagnazione economica o un blocco della crescita non 

porterebbero problemi sociali?

Meno crescita equivarrebbe a più disoccupazione, perciò dobbiamo trovare politiche socialmente sostenibili che separino ancora più remunerazione e occupazione.

Però i paesi ricchi sono i più propensi ad adottare misure 

«ecologiche» come le auto catalitiche…

È vero in parte, dato che i paesi più ricchi pretendono un ambiente più pulito e possono pagare per averlo. Le emissioni di anidride solforosa nelle aree urbane aumentano parallelamente al livello di reddito e poi diminuiscono perché è facile sostituire le tecnologie. Oggi l’aria di Londra è molto più pulita che nel 1952. L’inquinamento a Delhi è migliorato quando gli autobus sono passati al gas natu-rale compresso. D’altro canto, le emissioni di anidride carbonica sono in costante aumento. Inoltre, il commercio internazionale na-sconde il vero prezzo di un ambiente più pulito nel mondo svilup pato, dato che lasciamo i danni ambientali nei paesi in via di sviluppo. In Europa importiamo petrolio, gas, semi di soia, alluminio… Pensiamo ad esempio ai danni provocati dall’estrazione di bauxite a Orissa, in India, effettuata da società straniere e indiane con grandi quan-titativi di elettricità per la trasformazione di questa roccia in allumi-nio. L’elettricità proviene dal carbone o dalle dighe e provoca altri danni, senza contare che il processo produce fango rosso. Tutti effetti negativi che non rientrano nel bilancio ambientale dei paesi importatori.

Quindi i poveri si disinteressano all’ecologia?

Al contrario, si oppongono spesso alla costruzione di dighe o alle società di estrazione mineraria e petrolifera, perché la loro soprav-vivenza dipende dall’ambiente. Negli anni Ottanta, ad esempio, le foreste pluviali amazzoniche sono state difese dal movimento del brasiliano Chico Mendes. Vi sono molti altri «ambientalismi dei poveri» che potrebbero diventare potenzialmente una grande aggre-gazione mondiale a favore della sostenibilità. <

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L’«effetto Asia» contagia il mondo intero

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Crescita  Effetto Asia

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Fino a poco tempo fa l’ascesa della Cina e dell’India a potenze economiche mondiali era considerata da alcuni come una minaccia per i paesi sviluppati. Oggi, dopo una lunga fase di crescita negli Stati Uniti e in Europa, caratterizzata da bassi tassi d’infl azione e sostenuta dalle importazioni a basso costo dall’Asia, il nuovo profi lo dell’economia glo bale è accolto con maggiore benevolenza. E i vantaggi non si fanno sentire solo in  Occidente, ma in ogni angolo del mondo.

Testo: Ian Lewis

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I paesi ricchi di risorse naturali sono i primi beneficiari di questo trend, dal momento che la crescita del settore manifatturiero e l’espansione urbana in Cina e India divorano energie, mine rali e beni agricoli a un ritmo impressionante, alimentando una cre­scita economica superiore al 10 per cento nel Celeste Impero e all’8 per cento in India. Ma anche i paesi con floridi settori del­l’edilizia e delle utility escono vincenti, siccome le loro apparec­chiature e la loro competenza confluiscono in vasti programmi di sviluppo, soprattutto in Cina.

Ai vertici della lista si collocano Stati Uniti, Giappone e i pae­si dell’Unione europea (UE), le cui imprese sono fortemente impegnate in Asia con attività che spaziano dalla costruzione di centrali elettriche alla progettazione di strade fino alla fornitura di macchinari indu striali. Negli Stati Uniti i problemi del settore bancario sono stati controbilanciati dal vigore delle esportazioni, che stanno crescendo a un ritmo annuo del 12 per cento circa, soprattutto grazie alla domanda dell’Estremo Oriente.

In che misura l’«effetto Asia» abbia favorito i diversi paesi e le regioni dipende da varie circostanze, ma in alcuni casi l’inie­zione di risorse finanziarie, combinata con politiche lungimiranti, sta rinvigorendo economie una volta moribonde.

Il Golfo trasformato 

I paesi del Golfo sono l’esempio più lampante: in quest’area, infat­ti, il vertiginoso aumento dei ricavi indotto dagli elevati prezzi del petrolio – in gran parte frutto della domanda asiatica – ha permes­so di realizzare progetti molto ambiziosi trasformando paesi una volta dipendenti dalle risorse in economie diversifi cate, capaci di sopravvivere oltre il giorno in cui petrolio e gas saranno esauriti.

Gli sforzi di alcuni Emirati Arabi Uniti per convertirsi in centri della fi nanza, dell’informatica e del turismo hanno alimentato un boom dell’edilizia senza precedenti. Secondo alcune stime, più di un quinto delle gru in attività su scala mondiale sono attual­mente utilizzate a Dubai, dove la nuova Torre di Dubai, ancora in costruzione, diventerà il più alto grattacielo al mondo. Il settore terziario negli Emirati Arabi sta crescendo a un ritmo ben supe­riore al 10 per cento. Con le sue enormi riserve di gas naturale e una popolazione di appena 1,2 milioni di persone, anche il Quatar sta consacrando importanti risorse fi nanziarie allo sviluppo delle infrastrutture e compete con Dubai nel campo dei servizi. Per sino il paese più popoloso della regione, l’Arabia Saudita, che un tempo era un’economia di fatto chiusa, offre tutta una serie di possibi­lità d’investimento di capitali privati in settori che spaziano dalle reti di telefonia mobile ai servizi bancari.

Benché le opportunità nei paesi del Golfo siano sempre più conosciute a livello mondiale, la regione rappresenta tuttora una meta vantaggiosa per gli investimenti. «Il Golfo è un’area molto allettante, degna di grande attenzione e dove le valutazioni sono ancora relativamente ragionevoli per gli investitori», spiega Giles Keating, responsabile Global Research al Credit Suisse.

I legami africani si rafforzano

L’Africa presenta condizioni e prospettive del tutto diverse. Tut­tavia, visto il basso livello di sviluppo di molti paesi subsahariani, l’impatto della domanda cinese e indiana sulle ingenti risorse minerarie del continente potrebbe persino essere maggiore che nel Golfo. Ne è un esempio l’Angola, paese ricco di petrolio, le cui finanze hanno tratto nuova linfa dagli investimenti stra nieri

Sopra:  Il cantiere della nuova Torre di Dubai, nell’emirato di Dubai.  Sotto:  Una ragazza attraversa un oleodotto della Nigerian National Petroleum, che si snoda nel bel mezzo della comunità di Okrika, vicino a Port Harcourt nel sud della Nigeria. 

15Crescita  Effetto Asia

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in idrocarburi – in gran parte cinesi – permettendo di avviare l’opera di ricostruzione dopo la feroce e devastante guerra civile, conclusasi nel 2002. Quasi un terzo delle importazioni di oro nero della Cina proviene già oggi dall’Africa. In Angola, nell’emergente Nigeria e in alcuni altri paesi africani l’impegno cinese non si limita agli im­pianti petroliferi: gli affari implicano spesso piani di sviluppo petro­liferi, con cui le aziende cinesi intraprendono importanti progetti nelle infrastrutture per i trasporti, l’edilizia e l’energia.

Anche l’India svolge un ruolo sempre più importante nel settore africano degli idrocarburi e la sua infl uenza è destinata a crescere rapidamente. I dati uffi ciali indicano che le importazioni indiane di greggio dall’Africa, già pari al 16 per cento circa del suo fabbisogno totale, potrebbero superare il 20 per cento nei prossimi due­tre anni. «Secondo la Banca mondiale la crescita media nell’Africa subsaha­riana raggiunge ormai il 5,4 per cento, ossia quasi il doppio rispetto agli ultimi decenni, soprattutto perché la Cina e l’India stanno iniet­tando abbondanti capitali nei paesi africani per assicurarsi le con­cessioni e le risorse minerarie», spiega Arjuna Mahendran, respon­sabile Research del Credit Suisse per la regione Asia-Pacifi co.

Stimoli per l’industria latino-americana e russa 

Anche un’altra importante regione emergente, l’America latina, bene­fi cia dell’espansione asiatica. Grazie al dinamismo della sua eco-nomia, il Brasile è ben posizionato per fornire non solo petrolio, ma tutta una serie di materie prime agricole alla Cina e all’India, in par­ticolare olio di palma. E, a differenza di molti paesi dell’Africa sub­sahariana, sta vivendo un boom economico che mostra quanto i settori secondario e terziario abbiano tratto vantaggio dalle esporta­zioni di risorse naturali. Con un mercato interno di circa 190 mi lioni

Domanda interna  La Cina, l’India e altri paesi emergenti in espansione non sono solo  sem plici fornitori di beni e servizi. La ricchezza generata nei grandi centri come Shanghai e Bangalore crea anche una domanda interna di beni, un tempo prerogativa degli occiden-tali. Questi paesi sono diventati vasti mercati di consumatori, dagli apparecchi ad alta tecno-logia alle automobili fi no agli alimenti di lusso. La Cina e l’India acquistano già oggi più com-puter e cellulari degli Stati Uniti. Con vendite al dettaglio in crescita del 18 per cento all’anno sul mercato interno cinese, questa tendenza si accentuerà ulteriormente e avrà implicazioni positive per i fabbricanti asiatici, che possono ora rivolgersi a mercati molto più vicini in caso di crisi negli Stati Uniti. Arjuna Mahendran si esprime così: «Le aziende tecnologiche non sono più interamente dipendenti dal ciclo eco-nomico statunitense, come lo sono state invece negli ultimi 20 anni. Con i paesi emergenti, di-spongono ora di un buon mercato di rimpiazzo».

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Credit Suisse Bulletin Speciale Crescita

Crescita  Effetto Asia

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di persone, inoltre, le industrie brasiliane hanno avvertito meno la concorrenza cinese rispetto ad alcuni paesi minori. Sull’orlo del col­lasso economico appena dieci anni fa, l’economia brasiliana si è ora stabilizzata e registra una crescita costante. «Il Brasile è uscito in­dubbiamente vincitore dall’effetto Asia», afferma Giles Keating.

In Russia la domanda cinese di idrocarburi, aggiunta a quella europea, sta fornendo al paese le risorse finanziarie per intra­prendere l’indispensabile ricostruzione economica. E la scoperta di numerosi grandi giacimenti di petrolio e gas, come sull’isola di Sakhalin, idealmente situata ai confini orientali della Russia, con­soliderà il legame con la Cina. «All’inizio di questo boom delle risorse naturali, la Russia non disponeva di un settore manifatturiero né di servizi mondiali realmente praticabili; la sua ricostruzione poggiava sulle vecchie strutture sovietiche e su uno straordinario bacino di manodopera qualificata. Il processo di ricostruzione non è che agli albori, ma è chiaro che il potenziale è enorme», afferma Keating.

Ricche di risorse naturali, l’Australia e la Nuova Zelanda stanno anch’esse traendo profitto dalla loro connessione privilegiata con la Cina e l’India attraverso l’Oceano Pacifico. L’Australia ha lancia- to una serie di progetti di gas naturale liquefatto, soprattutto per rispondere alle richieste di Cina, India e Giappone, la cui economia è stata parimenti sollecitata dalla domanda cinese di beni e servizi.

Le Tigri asiatiche in ascesa

Per le economie asiatiche minori – le «Tigri» degli anni Novanta – l’impatto della supremazia economica cinese e indiana ha prodotto effetti più contrastati. Paesi come la Malaysia, la Thailandia, il Vietnam, l’Indonesia e le Filippine sono saliti alla ribalta come centri di produzione e di servizi a basso costo, il tipo di attività ora assorbito dai loro vicini più grandi. Ma anche qui gli aspetti positivi tendono a superare quelli negativi. Molti di questi paesi dispongono di risorse naturali che trovano sbocco in Cina e India: petrolio e gas malaysiani e indonesiani, olio di palma e altri prodotti agricoli pro­venienti da tutta la regione.

Inoltre, i frutti della crescita raccolti dalle imprese cinesi e indiane stanno già diffondendosi nella regione circostante. A Bangalore, gli operatori di call center, gli sviluppatori di software e alcuni forni­tori di servizi sono ora sufficientemente affermati per cominciare a esternalizzare ciò che prima veniva loro affidato in outsourcing. L’aumento dei costi salariali legato alla crescente prosperità po­trebbe acuire la tendenza delle aziende cinesi e indiane a cercare localizzazioni più vantaggiose nella regione. «In termini relativi l’Indonesia o la Malaysia potrebbero rimanere indietro di qualche lunghezza ma, in termini assoluti, continueranno a beneficiare del­l’effetto di spillover», spiega Keating.

Questo alone positivo creato dalla crescita sta diventando più evidente anche a livello interno. Finora lo sviluppo economico in Cina e India si è concentrato su poche regioni, in prevalenza lungo la costa, tralasciando gran parte dell’entroterra. Ma il rapido sviluppo dei trasporti e delle infrastrutture urbane – soprattutto nella Cina rurale – sta aprendo le zone interne, fornendo l’accesso a un ser­batoio di manodopera pressoché inutilizzato.

Nel frattempo l’incremento del potere d’acquisto delle imprese e dei privati cinesi e indiani sta facendo impennare la domanda di prodotti e servizi in patria. I mercati emergenti si stanno quindi affrancando dallo stato di salute delle economie occidentali ai fini della loro prosperità, un fattore che dovrebbe favorire il perpetuar­si dei successi asiatici nel prossimo futuro. <

Sopra:  Migliaia di germogli di palma in un’azienda coltivatrice di olio di palma, a Belém, in Brasile.   Sotto:  Gru galleggianti sul cantiere dell’East Sea Bridge, che collegherà Shanghai al porto di acque pro- fonde di Yangshan, nella provincia di Zhejiang. Il ponte dovrà stimo-lare la crescita economica.

Credit Suisse Bulletin Special Growth

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La crescita sul filo del tempo

Editoriale Benvenuti nel mondo dei fondi

Glossario Dodici definizioni utili

Panoramica La gamma dei fondi in sintesi

Piano di risparmio Incrementare il patrimonio grazie ai fondi

LivingPlus Investire nel mercato delle residenze per anziani

Sostenibilità Diversificare grazie alle energie alternative

Fondi total return Un’opzione per gli investitori avversi al rischio

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Fondi d’investimento

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Fondi d’investimento Editoriale

Credit Suisse Bulletin Speciale Crescita

Crescere in ogni fase della vita

Tutti vogliamo crescere. Già da bambini vorremmo diventare adulti prima possibile, per poter usufruire delle libertà e delle opportunità di cui godono i «grandi». La nostra economia deve crescere per garantirci lavoro e benessere. Miriamo a crescere anche dal punto di vista intellettivo, vogliamo evolvere, e non restare fermi. Non da ultimo, in qualità di investitori, vogliamo che le borse prosperino e che la nostra situazione finanziaria migliori continuamente.

Nella seguente sezione dedicata ai fondi affrontiamo proprio il tema della crescita dei nostri investimenti. Vi presentiamo soluzioni destinate a piccoli o giovani inve- stitori, per il cui patrimonio si prospetta ancora un potenziale di crescita pluriennale, ma anche forme alternative per i risparmiatori che vogliono puntare su una crescita all’insegna della sicurezza. Potete informarvi sui tipi di fondi che avete a disposi-zione nell’ottica di incrementare il vostro patrimonio e individuare il profilo d’investi-mento che più vi si addice. L’architettura aperta dei fondi del Credit Suisse, in- fatti, si è ampliata. Nel 1999, quando fu lanciato, Fund Lab comprendeva appena 1000 fondi di un piccolo numero di società di gestione. Oggi conta oltre 3500 fondi di decine di gestori patrimoniali. Vi raccontiamo poi come Fund Lab si è evoluto nel corso del tempo e quali sono le ultime novità che lo hanno migliorato.

I piccoli investitori e i più giovani tra noi hanno la possibilità di far crescere ade-guatamente, in modo professionale e in linea con i principi di diversificazione del rischio, il denaro che hanno risparmiato o che altri hanno messo da parte per loro. Il Piano di risparmio in fondi, qui descritto, è uno strumento adeguato per costituire un patrimonio già con importi modesti. Un altro aspetto che sta cam-biando è il modo in cui vivremo gli anni della vecchiaia. Rispetto alla popolazione totale, gli anziani aumentano continuamente ed esigono forme abitative più moderne e commisurate alle loro esigenze. Le case di riposo come quelle in cui vivevano i nostri nonni vengono integrate e sostituite da forme abitative alterna- tive. Il Credit Suisse Real Estate Fund LivingPlus investe in immobili che terranno conto dell’attuale andamento demografico e delle esigenze dei futuri pensionati.

Anche il mondo delle categorie d’investimento cambia continuamente, aprendo opportunità inedite e nuovi modi di amministrare il denaro. Una categoria più recente tra i fondi d’investimento è quella dei fondi orientati al «total return», che mirano a rendimenti assoluti, pur prestando la massima attenzione a prevenire eventuali perdite. I prodotti total return sono ideali per tutti i sottoscrittori che at- tribuiscono grande valore alla continua crescita dei loro investimenti. Ma a cre- scere sono anche il consumo mondiale di energia e le emissioni di CO2. Le aziende che puntano sulle tecnologie per ridurre queste ultime o per trovare fonti alter- native all’energia fossile potranno beneficiare di questa crescita, e crescere a loro volta. Sulle seguenti pagine troverete informazioni anche su questo tema. Maria Dolores Lamas, responsabile Private Banking Financial Products & Investment Advisory

19Fondi d’investimento Glossario

Credit Suisse Bulletin Speciale Crescita

Glossario

AlfaL’alfa è il rendimento aggiuntivo conseguito dal gestore di un fondo indipendentemente dall’andamento del benchmark. Rendimenti alfa positivi sono più facilmente ottenibili in mercati inefficienti come le economie emer­genti. Gli alfa di due gestori non sono con­frontabili senza considerare anche i rischi.

BenchmarkI benchmark sono utilizzati per valutare la performance di un fondo d’investimento. I più noti sono quelli standardizzati come l’S&P 500 o lo Swiss Market Index. Un benchmark personalizzato è sviluppato in base ai rischi e agli obiettivi di rendimento dell’investitore. Riflette la politica d’investi­mento di quest’ultimo e permette di espri­mere un giudizio migliore sulla performance del gestore di portafoglio.

BetaIl beta è una misura del rischio sistematico di un portafoglio, ovvero il rischio di mercato. Aumentando il numero di titoli in un porta­foglio, il rischio specifico legato ai singoli titoli diminuisce e il portafoglio rimane espo­sto unicamente al rischio sistematico o di mercato. I fondi con un beta basso presen­tano una minore esposizione al rischio di mercato rispetto ai fondi con un beta eleva­to. Questi ultimi tendono a esprimere buoni rendimenti nelle fasi di rialzo del mercato, ma subiscono un impatto maggiore quando il mercato scende.

Commissione di gestioneLa commissione di gestione viene corrispo­sta alla società che gestisce il fondo come remunerazione per i suoi servizi ed è gene­ralmente calcolata come aliquota fissa sul pa­trimonio gestito. Alcuni fondi d’investimento tradizionali e in generale gli hedge fund ad­debitano anche una commissione di perfor­

mance, pagata al gestore del fondo quando questi consegue l’obiettivo di performance.

CorrelazioneLa correlazione misura la forza del legame tra il rendimento del fondo e quello del bench­mark. Una bassa correlazione può indicare che il gestore sta investendo in posizioni non comprese nel benchmark, oppure può essere un segnale del fatto che il benchmark prescelto non è appropriato.

Fondo d’investimento Raggruppa i capitali dei titolari delle quote e li investe in una varietà di titoli (azioni, ob­bligazioni o strumenti del mercato moneta­rio). In generale, le quote del fondo vengono rimborsate su base giornaliera secondo il valore netto d’inventario, corrispondente al valore di mercato dei titoli detenuti in porta­foglio al netto delle passività.

Hedge fundÈ uno strumento d’investimento non regola­mentato. Gode di maggiore libertà rispetto ai fondi tradizionali e può effettuare vendite di titoli allo scoperto. Ha come obiettivo il rendimento assoluto, indipendentemente dalle condizioni di mercato.

Indice di SharpeMisura il rendimento aggiuntivo del fondo rispetto al tasso d’interesse risk­free, diviso per la sua deviazione standard. Se l’indice è positivo il gestore è riuscito a ottenere un rendimento superiore rispetto al tasso risk­free. Un valore elevato dell’indice indica per­tanto una migliore performance corretta per il rischio. Gli indici di Sharpe negativi non sono significativi. Un indice negativo più basso non implica necessariamente che un fondo abbia ottenuto un migliore rendimen­to corretto per il rischio rispetto a un fondo con un indice negativo più alto.

Information ratioIn termini matematici, l’information ratio è pari all’alfa diviso per il tracking error e rap­presenta una misura corretta per il rischio della performance del fondo rispetto al benchmark. Gli information ratio sono con­frontabili tra i vari fondi nell’ambito dello stesso gruppo. Quanto più elevato è l’infor­mation ratio tanto migliore è il fondo.

Total expense ratio (TER)Il TER rappresenta i costi totali del fondo in rapporto al suo patrimonio complessivo. I costi vengono dedotti dal patrimonio del fondo su base giornaliera. Un TER elevato ha quindi un impatto negativo per l’investi­tore, perché implica un rendimento più basso. I costi del fondo includono principal­mente le commissioni di gestione e altri oneri (spese legali, oneri per la revisione contabile, altre spese operative). Le com­missioni di negoziazione non sono com­prese.

Tracking errorIl tracking error corrisponde alla deviazione standard degli scostamenti di rendimento tra il fondo e il benchmark. Un tracking error elevato implica un maggiore rischio relativo del fondo. I tracking error più elevati sono il risultato di una gestione attiva. Il rischio do­vrebbe comunque essere assunto solo se il gestore è in grado di ottenere rendimenti superiori rispetto al benchmark.

VolatilitàLa volatilità è una definizione standard del rischio, che misura le oscillazioni dei rendi­menti del fondo rispetto alla sua performance media. A una volatilità elevata corrisponde un rischio maggiore. Siccome gli hedge fund hanno rendimenti che non seguono una distribuzione normale, i loro dati di volatilità spesso ne sottostimano il rischio.

Credit Suisse Bulletin Speciale Crescita

Trimestri

1000 miliardi di euro

Fondi d’investimento: patrimoni gestiti su scala globale Fonte: European Fund and Asset Management Association (EFAMA)

Fondi d’investimento: allocazione geografi ca dei patrimoni nel giugno 2007 Fonte: EFAMA

2,7% Hong Kong

2,5% Canada

4,7% Australia

34,5% Europa

2,5% Altri

47% USA

3,1% Giappone

3% Brasile

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I fondi in sintesiI fondi d’investimento sono ormai noti a tutti, anche se non tutti ne possiedono delle quote. Ma cosa sono esattamente? Questi prodotti raccolgono il denaro di migliaia di piccoli investitori, che i loro gestori collocano in azioni, obbligazioni e altri valori. Con le quote di un fondo si acquisisce un portafoglio già diversifi cato. Ecco una carrellata dei diversi tipi di prodotti.

Testo: Joost Bilkes e Adam Mika, Fund Analyst

I portafogli, primariamente investiti in azioni comuni, hanno le composizioni più disparate e sono in grado di rispondere a pressoché ogni gusto e obiettivo individuale dell’investitore, focalizzandosi ad esempio su regioni o settori. I fondi settoriali investono in rami specifici, come la finanza o la sanità. Altre varianti molto diffuse sono i fondi «value» e «growth»: i primi cercano società sottova-lutate in cui investire men-tre i secondi puntano su imprese con una crescita degli utili sopra la media. I fondi azionari sono in pre-valenza a gestione attiva: i loro manager variano le ca ratteristiche dei porta-fogli rispetto ai benchmark nell’intento di generare rendimenti superiori. I fondi a gestione passiva repli-cano invece la performance degli indici di riferimento sottostanti.

Investono in obbligazioni governative, societarie e municipali. A fare la dif-ferenza in questa tipologia di fondi sono il tipo e la qualità degli impegni in portafoglio: alcuni manager investono solo in obbliga-zioni di Stato quasi a rischio zero, mentre altri selezio-nano titoli di aziende private a basso rating e ad alto rendimento, noti come junk bond. Il sottoscrittore, a di-pendenza del suo orizzonte temporale, può scegliere prodotti che investono in impegni di diversa durata, tenendo sempre presente che la duration di portafo-glio esprime in misura esat-ta il rischio di tasso solo se la curva dei rendimenti varia in uguale misura per-centuale per ogni singola durata.

Sono investiti in titoli a breve termine di massima qualità, come buoni del tesoro, prestiti pubblici a breve scadenza o certifi-cati di deposito di banche primarie. I gestori selezio-nano quindi emittenti di alto rating e talvolta, nel-l’intento di migliorare il rendimento, inseriscono nel mix di portafoglio anche titoli garantiti da attività («asset backed security»). Questi fondi, pur non of-frendo garanzie, rappresen-tano un’ottima alternativa al conto di risparmio, poi-ché vantano potenzialmente una resa superiore e sono liquidabili giornalmente. Grazie a un rischio di tasso molto ridotto non richiedo-no un orizzonte temporale molto ampio e possono quindi prestarsi come riser-va per esigenze di liquidità previste o inaspettate.

Diversamente dai fondi a rendimento relativo, i fondi absolute return cercano di sviluppare, su un deter-minato periodo, una per-formance minima definita dagli investitori indipen-dentemente dalla resa del mercato. Generalmente questi prodotti richiedono l’impegno del capitale per almeno un anno. La sfida più impegnativa per i loro gestori è rappresentata dalla minimizzazione del rischio di mercato, che può essere ottenuta mediante l’innesto in portafoglio di titoli del mercato monetario, oppure con le scelte a livello di asset allocation tattica e la definizione di un budget di rischio del fondo.

Investono in azioni comuni, obbligazioni, immobili o strumenti del mercato mo-netario. Si distinguono sul piano della quota aziona-ria in portafoglio, che può andare dallo 0 per cento (puri fondi fixed income) fino al 100 per cento (fondi dinamici). Chiamati anche fondi strategici, questi prodotti intendono offrire la migliore soluzione d’in-vestimento in funzione dell’orizzonte temporale e della tolleranza al rischio del risparmiatore: un fondo dinamico può essere in-dicato per una persona gio-vane con un orizzonte tem porale esteso, mentre un prodotto più conser-vativo lo può essere per un investitore prossimo al pensionamento.

Fondi a rendi-mento assoluto

Fondi Portfolio

Fondi del mer-cato monetario

Fondi obbligazionari

Fondi azionari

20 Fondi d’investimento Panoramica

Credit Suisse Bulletin Speciale Crescita

Asset gestiti su scala globale da fondi azionari, obbliga-zionari, del mercato mon., bilanciati e misti Fonte: EFAMA

Miliardi di euro (marzo 2007)

8230 Azionari

3014 Obbligazionari

3037 Mercato monetario

1642 Bilanciati, misti

Azionari Obbligazionari Mercato monetario Asset allocation (Portfolio) Investimenti alternativi Immobiliari Altri

Miliardi di franchi svizzeri

Fondi d’investimento: crescita dei patrimoni gestiti in Svizzera nel 2007 Fonte: Swiss fund Data

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Dicembre 2006 Marzo 2007 Giugno 2007

Possono investire in quasi tutte le asset class (indici, valute, commodity, obbliga-zioni, azioni, ecc). Diversa-mente dai fondi tradi zionali possono detenere anche posizioni short, presentano una liquidità molto più ri-dotta e, considerati gli ele-vati investimenti minimi richiesti, sono indicati per investitori facoltosi. Fra le strategie generalmente praticate: le direzionali, come le long-short basate sul market timing (il gestore «scommette» sulla futura direzione del mercato), le strategie di arbitraggio (il manager cerca di sfruttare le differenze di valutazione, al netto dei costi, di valori con le medesime caratte-ristiche su diversi mercati) e le strategie event driven (il gestore cerca di mettere a profitto eventi annunciati).

Spesso all’investitore man-ca il tempo o la prepara-zione per selezionare singoli hedge fund. Vi sono però anche altre buone ragioni a giustificare l’esistenza di questi prodotti, ad esempio l’ingente ammontare degli investimenti minimi richie-sti dagli hedge fund o l’esi-genza di diversificazione. Anche per gli hedge fund vale infatti una regola d’oro: maggiore è la distri-buzione del rischio su più impegni, minore è la pro-babilità di perdita. I fondi di hedge fund offrono inoltre una migliore liquidità rispet-to ai singoli hedge fund, che spesso possono essere liquidati solo a scadenza semestrale.

Essenzialmente ne esistono di due tipi: quelli investiti direttamente in immobili e quelli in società immobiliari. Sul piano del profilo di rischio-rendimento le diffe-renze sono sostanziali, a cominciare dal fatto che i primi presentano una vola-tilità molto minore. Inve-stendo direttamente in im-mobili, il ge store deve valu-tare criteri come la qualità dell’ubicazione oppure le condizioni e l’età degli og-getti, mentre per le società immobiliari il manager deve selezionare azioni comuni con caratteristiche cicliche, la cui performance è legata al quadro macroeconomico dei paesi in cui operano.

Sono investiti in azioni o futures nell’orbita delle com modity. Chi punta su questo settore deve con-siderare che le società produttrici non beneficiano necessariamente degli aumenti di prezzo dei beni che producono. I fondi che investono in futures offro-no migliori opportunità di diversificazione: infatti, mentre la correlazione tra le azioni delle commodity e quelle di altri rami può essere molto elevata, quella tra i rendimenti delle com-modity e le azioni risulta molto più bassa. Ciò si deve soprattutto all’inflazione, poiché le azioni tendono a performare male in un cli-ma di elevato rincaro, che è in parte causato dai rialzi di prezzo delle stesse com-modity. Non a caso gli in-vestimenti in materie prime sono considerati una co-pertura contro l’inflazione.

Fund Lab, lanciato nel-l’aprile 1999, ha costante-mente migliorato la sua offerta. La sua banca dati basata sul web copre un vasto universo di fondi, offrendo per ciascuno di essi un rating quantitativo che tiene conto delle cifre più importanti rilevate su determinati periodi. L’inve-stitore può quindi disporre di tutti i fact sheet più importanti su un solo sito: basta un clic per visionare le cifre rilevanti del fondo prescelto, aggiornate con periodicità mensile. Fund Lab offre anche infor-mazioni su aspetti chiave come i cambiamenti di gestore o di filosofia d’in-vestimento. Uno strumento all’avanguardia, che tiene l’investitore perfettamente al passo con le esigenze d’informazione del nostro tempo.

Fondi di materie prime

Fund LabFondi immobiliari

Fondi di hedge fund

Hedge fund singoli

www.credit-suisse.com/fundlab

21Fondi d’investimento Panoramica

I vostri vantaggi in sintesi

Nessun diritto di custodia

Nessuna commissione minima di CHF 50.– per transazione

Riscatti gratuiti in qualsiasimomento

Periodicità a libera scelta

Sconto del 30% sullo switchtra fondi

22 Fondi d’investimento Piano di risparmio

Credit Suisse Bulletin Speciale Crescita

Saldo del conto in CHF

Piano di risparmio in fondi Conto di risparmio Vostro vantaggio: +24% di capitale

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Sviluppo del capitale sull’ar-co di 10 anni Fonte: Credit Suisse

Piano di risparmio in fondi: e il vostro capitale rende di piùRispetto a un conto di risparmio classico, con il nostro Piano di risparmio in fondi avete la possibilità di accumulare in 10 anni un patrimonio superiore di CHF 12 600.– Fonte: Credit Suisse

Piano di risp. in fondi fisso Conto di risparmio

Versamento iniziale CHF 2000.– CHF 2000.–

Importo di risparmio mensile CHF 300.– CHF 300.–

Rendimento 6%* 1,25%**

Versamenti effettuati dopo 10 anni CHF 37 700.– CHF 37 700.–

Patrimonio dopo 10 anni CHF 52 900.– CHF 40 300.–

Differenza +CHF 12 600.–

Le possibilità d’investire e far rendere il proprio denaro sono innumerevoli. Una delle soluzioni più semplici e pratiche è data dal Piano di risparmio in fondi del Credit Suisse. Per contro, il Piano di rendita da fondi mira a investire il capitale nel modo più redditizio possibile, pur consentendo prelievi regolari.

Costituire, incrementare e utilizzare il patrimonio

Prima si comincia a risparmiare e maggiori sono i potenziali proventi nel corso della vec­chiaia. Con il Piano di risparmio in fondi, il Credit Suisse offre un prodotto ben collau­dato che unisce i vantaggi dell’investimento sistematico di capitale alle opportunità di rendimento dei fondi. Si presta così in modo ottimale per diversi scopi, come la previden­za per la vecchiaia, una formazione o quale regalo per un figlioccio.

Grazie alla sua versatilità, questo prodot­to si adatta agli obiettivi di risparmio più di­sparati. Dopo aver selezionato da uno a cin­que fondi d’investimento del Credit Suisse, definite l’ammontare del primo versamento (almeno CHF 1000.–), gli importi di rispar­mio regolari e la periodicità degli investi­menti (almeno CHF 200.– l’anno).

Il Piano di risparmio in fondi prevede con­dizioni davvero allettanti: non pagate alcun diritto di custodia né l’abituale commissione d’emissione minima all’acquisto delle quote (generalmente di CHF 50.–). La commis­sione d’emissione ammonta fra lo 0,5 e il

Testo: Erich Lang, Fund Provider Relations

2 per cento, a seconda del tipo di fondo, in­dipendentemente dall’importo di risparmio versato. I riscatti sono possibili in qualsiasi momento, mentre in caso di switch a un altro fondo fruite del consueto sconto del 30 per cento sulla commissione d’emissione.

La soluzione appena descritta vi consente d’investire regolarmente il medesimo importo. Un vantaggio non indifferente. Se i corsi sono bassi viene acquistato un numero maggiore di quote, e viceversa. In tal modo beneficiate di un prezzo medio inferiore rispetto all’acqui­sto costante di un numero fisso di quote.

Il ventaglio di selezione include, salvo po­che eccezioni, tutta la gamma di fondi d’in­vestimento del Credit Suisse.

Sono previsti tre diversi modelli di versa­mento.Piano di risparmio in fondi fisso Con que­sta soluzione definite un importo fisso da investire a scadenze regolari. La costituzio­ne del patrimonio avviene quindi in modo costante, senza necessità d’intervento da parte vostra: una volta definito il piano, non dovete più preoccuparvi di nulla.Piano di risparmio in fondi flessibile Se non volete fissare in anticipo il capitale da investire, questa è la soluzione ideale. Po­tete infatti decidere di volta in volta l’am­montare e la data del versamento.Piano di risparmio in fondi saldo Con questa formula stabilite un importo di base che deve sempre figurare sul vostro conto, e che non viene intaccato. Il giorno dell’ese­cuzione, l’eventuale eccedenza sarà investi­ta automaticamente nei fondi da voi selezio­nati. Una soluzione che mette d’accordo li­quidità e costituzione di patrimonio.

Non esitate a ordinare l’opuscolo gratuito con il modulo allegato o a telefonarci per fissare un appuntamento nella sede a voi più comoda.

* Rendimento storico medio registrato nel periodo 1996–2006 da un portafoglio globale composto da azioni, ob­bligazioni e strumenti del mercato monetario (strategia «bilanciato»). Il rendimento passato non è garanzia delle performance future. ** Tasso d’interesse medio 1996–2006.

Il Piano di risparmio in fondi

23Fondi d’investimento Piano di risparmio

Credit Suisse Bulletin Speciale Crescita

Desiderate che i vostri risparmi fruttino un rendimento più elevato e duraturo possibile, ma volete anche prelevare regolarmente un determinato importo? Se la vostra risposta è affermativa, il Piano di rendita da fondi è la soluzione giusta!

Voi investite il vostro capitale in uno o più fondi del Credit Suisse a vostra scelta e prelevate regolarmente, alla stregua di una rendita, un importo da voi prestabilito. Il ca­pitale di risparmio residuo resta collocato nei fondi e vi offre la possibilità di conse­guire rendimenti interessanti.

Il Piano di rendita da fondi è dunque la formula ottimale per soddisfare le vostre personali esigenze – in termini di durata, ammontare e periodicità dei prelevamen­ ti – senza dover sostenere costi aggiuntivi.

Beneficiate delle stesse condizioni pre­ferenziali del Piano di risparmio in fondi, che vi esentano da diritti di custodia e commis­sioni d’emissione minime. Gratuiti anche i riscatti di quote, mentre all’acquisto viene applicata una commissione d’emissione si­tuata fra lo 0,5 e il 2 per cento, in funzione della categoria del fondo.

Desiderate una consulenza individuale? I nostri esperti saranno lieti di assistervi in tutte le vostre decisioni d’investimento. <

Fund Lab è una miniera d’informazioni dettagliate, costantemente armoniz- zate con quelle di altre fonti e poi interpretate e analiz-zate. Team di analisti molto competenti valutano perio-dicamente singoli fondi dell’universo Fund Lab e, in base alle conclusioni tratte, redigono liste di raccoman-dazioni.www.credit-suisse.com/fundlab

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Il Piano di rendita da fondi

Fund Lab mette a disposizione un ricco ven­taglio d’informazioni relative ai fondi d’inve­stimento, con una banca dati che attual­mente coinvolge circa 3500 fondi di oltre 60 offerenti.

Questa mole di dati esige opportune classificazioni che consentano all’investito­re di procedere in modo ancora più mirato alla scelta del prodotto idoneo.

Il criterio fondamentale di Fund Lab, sem­plice ma molto efficace, è la suddivisione in gruppi di confronto. Infatti, raffrontando ad esempio fondi large cap con fondi small cap, si otterrebbe un risultato poco signifi­cativo. Solo il paragone tra fondi della stes­sa categoria, ossia «inter pares», consente di ricavare valutazioni utili per la formulazio­ne di raccomandazioni consolidate.

Numerose opportunità

Nel motore di ricerca di Fund Lab, l’utente può immettere nel campo delle categorie d’investimento una delle sette possibili tipo­logie di fondi, restringendo ulteriormente la ricerca con la selezione del settore d’attività e della collocazione geografica del fondo (area d’investimento, paese e opzioni risul­tanti riguardo alle monete). Grazie alla ricer­ca avanzata si possono altresì confrontare direttamente determinati stili d’investimento, ad esempio tra fondi azionari, che cercano imprese o titoli di grandi società stabili sot­tovalutati (approccio «value»), e fondi orien­tati alla crescita.

Informazioni su misura

In Fund Lab siete voi a definire in pochi se­condi quali confronti operare e quali dati con­siderare: le cifre di performance di singoli prodotti? Il total expense ratio che indica i costi complessivi di un fondo? O il grado di rischio e il rating aggiornato del fondo in questione?

Attualità garantita

I gruppi di confronto vengono riesaminati e aggiornati su base mensile di concerto con il team di analisti di fondi del Credit Suisse.

Le numerose visite al sito www.credit­suisse.com/fundlab confermano che Fund Lab è uno degli indirizzi Internet più interes­santi del settore. <

Fund LabRicerca dei prodotti migliori: clas­sificazione «inter pares» in Fund Lab del Credit Suisse

24 Fondi d’investimento LivingPlus

Credit Suisse Bulletin Speciale Crescita

Drastico cambiamento della piramide delle età tra il 2000 e il 2040Entro il 2040 il numero degli over 60 crescerà in Svizzera di oltre l’80 per cento. Fonte: Ufficio federale di statistica (UST)

Uomini 2040 Uomini 2000 Donne 2000 Donne 2040

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Investire in nuove forme abitative per anzianiNella popolazione elvetica la percentuale di anziani aumenta continuamente, e con essa anche la domanda di forme abitative adeguate alle loro esigenze. Una tendenza che il Credit Suisse rileva tempestivamente investendo, attraverso il nuovo fondo immobiliare Credit Suisse Real Estate Fund LivingPlus, proprio in questo genere di immobili.

Testo: Ulrich Braun, responsabile Real Estate Strategies & Advisory

Quello degli over 60 sarà nei prossimi anni l’unico segmento demografico in continua crescita in Svizzera. Entro il 2040, infatti, il loro numero aumenterà dell’84 per cento, e la piramide delle età si sposterà deci­samente verso l’alto (si veda la figura in pagina). Nel settore degli appartamenti assisteremo dunque nei prossimi anni a un notevole spostamento della domanda in direzione delle forme abitative a misura di anziano.

Chi sono gli anziani attivi?

Ma quali sono le caratteristiche dell’ultra­sessantenne medio alla ricerca di una so­luzione abitativa in linea con le sue esigen­ze? In Svizzera l’aspettativa media di vita di un sessantenne è di altri 23 anni, con ten­denza all’aumento. Il timore, espresso in passato, che il prolungamento dell’aspetta­tiva di vita potesse essere accompagnato da un peggioramento delle condizioni di salute delle persone più anziane non ha trovato conferma. Anche il luogo comune secondo cui la vecchiaia sarebbe sinonimo di povertà non resiste alla prova statistica. Inoltre, più del 70 per cento degli anziani che trasloca si trasferisce a non più di dieci minuti d’auto dal domicilio originario. In altre parole: il legame con una regione o un co­mune è molto forte.

Real Estate Fund LivingPlus

Alla luce degli sviluppi di mercato sopra descritti è stato concepito il Credit Suisse Real Estate Fund LivingPlus, un fondo im­mobiliare svizzero che permette a investi­ tori istituzionali e privati di avere accesso a un portafoglio diversificato di immobili a uso residenziale con moderni piani di utilizzo e di servizio. Il fondo investe in primo luogo in abitazioni con servizi, in residenze e in case per anziani. Sono inoltre previsti inve­stimenti in altre forme abitative innovative

e in tendenze costruttive avveniristiche, nonché in impianti destinati al wellness e alla cura della salute.

Proventi esentasse per privati

I proventi e gli utili da capitale derivanti dal­la proprietà immobiliare diretta del fondo sono esenti da imposte per i privati titolari delle quote di partecipazione, in quanto già

per il fondo sono soggetti a tassazione (ad aliquote vantaggiose). Al momento del pa­gamento della cedola, su questi proventi non viene prelevata alcuna imposta pre­ventiva. Il Credit Suisse Real Estate Fund LivingPlus è stato quotato alla borsa sviz­zera il 5 dicembre 2007. Il fondo mira nel medio termine a un rendimento distribuito intorno al 4 per cento. <

Dal portafoglio del CS REF LivingPlus: in Gempenstrasse a Basilea, la casa di cura Steinegg a Degersheim (SG) e la residenza per anziani Burdlef a Burgdorf (BE).

Debutto vincente Il fondo Credit Suisse Real Estate Fund LivingPlus (CS REF LivingPlus) è stato negoziato per la prima volta alla Borsa svizzera SWX in data 5 dicembre 2007, con il ticker di borsa CSLP. Dopo aver aperto a quota 105.30 franchi, ha temporaneamente raggiunto un massimo di 107.50 prima di chiudere la prima giornata di contrattazioni a 106.00 franchi. Il corso di chiusura ha portato a una capitaliz­zazione di borsa pari a 1,855 miliardi di franchi. Dal 6 dicembre 2007 il CS REF LivingPlus è compreso nell’indice SWX dei fondi immobiliari. Con un peso dell’11,3 per cento è il secondo maggior fondo immobiliare quotato in Svizzera.

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Fondi d’investimento LivingPlus

Credit Suisse Bulletin Speciale Crescita

26 Fondi d’investimento Sostenibilità

Credit Suisse Bulletin Speciale Crescita

Scenario alternativo IEA: risparmi di CO2 entro il 2030Percentuale di risparmi di CO2 sti- mati grazie allo sviluppo di tecnologie ener­geticamente efficienti. Fonte: IEA, Credit Suisse

30% Apparecchi di illuminazione e climatizzazione, elettro­domestici, motori industriali

12% Energie rinnovabili

e biocarburanti

10% Nucleare

13% Produzione ener­getica efficiente

35% Minori consumi chilometrici

Popolazione e domanda di energia: crescita parallelaPopolazione mondiale e consumo ener­getico stimati fino al 2030. Questo forte trend determinerà il pr­ofilo della società futur­a. Fonte: EIA, UN Popin, Credit Suisse

Investimenti sostenibili con le energie alternativeI mercati energetici sono sempre più globalizzati: secondo l’International Energy Agency, ben oltre la metà della crescita mondiale della domanda e dell’approvvigionamento di energia è generata da economie emergenti e in tr­ansizione. Il r­apido sviluppo mondiale e il conseguente aumento dell’uso di combustibili fossili r­ichiedono con ur­genza alter­native sostenibili.

Testo: Dott. Miroslav Durana, responsabile Index Development and Nanotechnology Research, e Tanya Monga, Research Analyst

L’attuale squilibrio fra la domanda e l’offerta di energia è destinato ad accentuarsi. Le fon­ti energetiche tradizionali – principalmente il petrolio – sono limitate, alimentando quindi il bisogno di nuove soluzioni. Inoltre, la preoc­cupazione per il cambiamento climatico sta frenando l’utilizzo di combustibili fossili (petro­lio e carbone). Riteniamo pertanto che la solu­zione a lungo termine, oltre che nelle energie alternative, risieda nell’implementazione di nuove tecnologie per il risparmio energetico.

Crescita demografica, aumento del PIL pro capite, urbanizzazione e industrializza­zione sono fattori alla base dell’accresciuto fabbisogno di energia. Soprattutto nei mer­cati emergenti, il rapido aumento dell’uso di energia per allinearsi agli standard di vita occidentali sta erodendo le attuali riserve energetiche, specialmente di greggio.

La soluzione? Le energie alternative

La risposta a questo nuovo paradigma è lo sviluppo di nuove fonti e tecnologie energe­tiche. Siamo convinti che l’unica soluzione a lungo termine sia da cercare nelle energie alternative. Nel frattempo, il miglioramento dell’efficienza energetica costituisce una soluzione di immediata realizzazione che ri­chiede solo piccole modifiche nella routine quotidiana di imprese e persone: cambia­menti minimi, ma di grande efficacia nella riduzione dei consumi. Una soluzione, que­sta, ancor più fattibile nell’attuale panorama di globalizzazione che impone alle grandi in­dustrie una sempre maggiore competitività. Abbattere il peso dei costi energetici nei fat­turati è diventato uno strumento per rimane­re competitivi e limitare l’impatto dell’au­mento dei costi delle materie prime sui pro­fitti. Nei prossimi decenni si prospettano investimenti miliardari in nuovi sistemi e tec­nologie di approvvigionamento energetico. Possiamo quindi ritenere che l’efficienza energetica resterà un trend di lungo periodo.

Sarà infatti quest’ultima a promuovere mi­glioramenti tecnologici indotti, per esempio nella costruzione di case a energia zero. Una dimostrazione lampante è il paradigma dei prodotti elettronici sempre più compatti, ve­loci ed economici nonché delle innovazioni nell’ambito della nanotecnologia. La do­manda di apparecchi elettronici più piccoli ed efficienti è in costante aumento. I van­taggi dei risparmi energetici derivanti da queste tendenze dovrebbero andare a be­neficio di numerosi settori.

Il grafico a destra mostra i risparmi di CO2 previsti entro il 2030, suddivisi per tipo, in base alle previsioni dell’International Energy Agency (IEA): possiamo dedurre che i rispar­mi sul fronte della domanda sono nettamen­te maggiori di tutte le altre misure. Secondo queste proiezioni, il 65 per cento della ridu­zione di emissioni di CO2 dovrebbe derivare da minori consumi chilometrici e da una maggiore efficienza energetica di apparec­chi di illuminazione e climatizzazione, elet­trodomestici e motori industriali. Il nucleare e le energie rinnovabili dovrebbero contri­buire solo con il 35 per cento, sottolineando così il ruolo del risparmio energetico.

Diversificare l’esposizione

Le imprese focalizzate sullo sviluppo di tec­nologie energeticamente efficienti, energie alternative nonché idro e nanotecnologie saranno probabilmente tra le più quotate. In­dipendentemente dal settore, sono proprio queste imprese a offrire ottime opportunità d’investimento, in quanto prevediamo una crescita dei relativi mercati.

Una valida strategia è investire in un porta­foglio azionario diversificato che includa i temi sopra indicati, ad esempio mediante certificati basati su Credit Suisse Global Alternative Energy Index, Credit Suisse Water Index e Credit Suisse Global Nano­technology Index. <

Consumo ener­g. mond. (sin.; quadr­. di Btu) Popolazione mondiale (milioni)

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A nostro avviso, l’affermarsi delle fonti ener-getiche alter­native r­ender­à sempr­e più familiar­i immagini come queste: campo di gener­ator­i eolici sulle colline di Alamont Pass in California (in alto a sinistr­a), idr­oener­gia pr­odotta dalla diga Gariep Dam nella provincia del Free State in Sudafr­ica (in basso a sinistr­a) e un gasdotto che tr­aspor­ta gas natur­ale (in alto a destr­a). Quest’ul­timo prodotto offre molti vantaggi rispetto ad altri combustibili fossili: un effetto serra relativa-mente contenuto, efficienza ener­getica e faci­ lità d’uso. La nuova r­ealtà ener­getica compor­ta un adattamento del modo di vivere e pensare al nuovo paradigma: fare di più con meno energia, aumentando l’efficienza ener­getica, r­iducendo la dipendenza dai combustibili fossili e sfruttando di più le fonti ener­getiche r­innovabili.

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zFondi d’investimento Sostenibilità

Credit Suisse Bulletin Speciale Crescita

28 Fondi d’investimento Total return

Credit Suisse Bulletin Speciale Crescita

La volatilità dei mercati azionari ai massimi da quattro anniIl contesto di mercato sarà più volatile per le seguenti ragioni: crescita dei tassi d’inte­resse in termini reali, perdurare dei rischi connessi al mercato residenziale USA, allarga­mento degli spread creditizi, diminuzione della crescita degli utili. Fonte: Bloomberg

  S&P 500 Volatility Index (VIX)

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I fondi total return – un nuovo paradigmaLe modifiche di natura regolamentare nel settore dei fondi d’investimento hanno favorito la crescita dei fondi total return, prodotti che si prestano a soddisfare le più variegate esigenze. Grazie a una maggiore flessibilità nell’asset allocation possono offrire profili di rischio/rendimento normalmente associati agli investimenti alternativi.

Testo: Omar Gadsby, Fund Analyst

Negli ultimi due anni molti fondi dell’univer­so Fund Lab si sono trasformati in strutture OICVM III, le quali permettono una maggio­re flessibilità nell’utilizzo dei derivati finan­ziari ai fini della copertura e dell’efficiente gestione delle esposizioni di portafoglio. Molti fondi ottengono inoltre un’esposizione sintetica verso determinate classi di attività mediante i derivati finanziari. Tra i derivati che ricorrono più frequentemente nel nostro universo total return vi sono i future quotati in borsa, i credit default swap, gli interest rate swap, i total return swap e le opzioni. I fondi OICVM III possono anche realizzare una leva finanziaria sintetica, fino a due vol­te il NAV, facendo ricorso ai derivati.

Creazione di tre nuovi settori

Abbiamo risposto a questi cambiamenti nelle classi di attività long only tradizionali inseren­do tre nuovi settori nella nostra fund master list1 per il Private Banking. In Fund Lab è ora presente anche una classe di attività Absolute Return, con i seguenti sottosettori: Absolute Return Cash Plus 0–150 pb2, Absolute Return Cash Plus 150–300 pb e Absolute Return Cash Plus 300+ pb. Si tratta di obiettivi di rendimento aggiuntivo, al netto delle commissioni, rispetto a un tasso d’interesse di mercato monetario.

La maggior parte dei nostri fondi total return è di tipo multisettore. Questi fondi presentano esposizioni verso azioni, obbliga­zioni, monete e investimenti alternativi. Molti fondi hanno overlay attivi ottenuti mediante i derivati. Nella selezione per la fund master list diamo la preferenza ai fondi con gli indi­ci di Sharpe più elevati nei rispettivi settori. La volatilità annualizzata di un fondo viene ritenuta altrettanto importante quanto la sua capacità di conseguire i propri obiettivi di performance. In generale, miriamo a indivi­duare i fondi con indici di Sharpe superiori a 0,75.

1 Elenco dei fondi raccomandati disponibili per i relation­ship manager

2 pb = punto base. Esempio: 150 pb equivalgono all’1,5%

Rendimento I fondi total return hanno vari obiettivi di rendimento aggiuntivo rispetto a un tasso d’interesse di mercato monetario. Per la maggior parte dei fondi orientati al reddito fisso, tale obiettivo si situa tra i 100 e i 300 punti base, al netto delle commis­sioni. Il segmento oltre i 300 pb è per gran parte riservato ai fondi che combinano espo­sizioni azionarie e obbligazionarie.Rischio Gli investitori con propensione al rischio inferiore alla media sono general­mente interessati ai fondi total return e hanno criteri di perdita ben precisi riguardo alla tolleranza del drawdown. Per i fondi che hanno un obiettivo di rendimento aggiuntivo di 300 pb, riteniamo che un drawdown sto­rico superiore al 5 per cento sia eccessivo.

Liquidità La liquidità giornaliera è uno dei fattori determinanti in relazione alla crescita dei fondi total return. Orizzonte temporale I fondi total return sono adeguati per gli investitori con un arco temporale sia a breve che a lungo termine. In generale è consigliabile un orizzonte su­periore ai tre anni.

Infine, è importante che gli investitori selezionino i fondi in un’ottica di portafoglio. Particolare attenzione va dedicata agli asset esistenti, operando scelte che aumentino la diversificazione complessiva. <

DANZA IN CATTEDRALEUna commovente contrapposizione:

«Da soli insieme»

PROGRAMMA CONCERTICONCERTO DI GALABruckner: Messa no.3 in fa-minore

FORUM SULLA MUSICA ANTICA«Musica dalla Francia e non solo»

Festival di San Gallodal 20 giugno al 5 luglioBiglietti suwww.stgaller-festspiele.chT +41 (0)71 242 06 06 · F +41 (0)71 242 06 07

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VERDI:GIOVANNA D’ARCOL’abbazia di San Gallo ospita Giuseppe Verdie la sua opera (a cielo aperto)

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Il presente documento è stato realizzato dal CREDIT SUISSE (di seguito indicato come «CS»), con la

maggiore cura possibile e al meglio delle proprie conoscenze. Il CS non fornisce tuttavia alcuna

garanzia relativamente al suo contenuto e alla sua completezza e declina qualsiasi responsabilità per

le perdite che dovessero derivare dall’utilizzo delle informazioni in esso riportate. Nel documento

vengono espresse le opinioni del CS al momento della redazione, che sono soggette a modifica in

qualsiasi momento senza preavviso. Salvo indicazioni contrarie, tutti i dati non sono certificati. Il

documento viene fornito a solo scopo informativo ad uso esclusivo del destinatario. Non costituisce

un’offerta né una raccomandazione per l’acquisto o la vendita di strumenti finanziari o servizi bancari

e non esonera il destinatario dall’esercitare il proprio giudizio. Al destinatario si raccomanda in parti­

colare di controllare che tutte le informazioni fornite siano in linea con le proprie circostanze per

quanto riguarda le conseguenze legali, regolamentari, fiscali o di altro tipo, ricorrendo se necessario

all’ausilio di consulenti professionali. Il presente documento non può essere riprodotto neppure par­

zialmente senza l’autorizzazione scritta del CS. Espressamente non è indirizzato alle persone che, in

ragione della loro nazionalità o luogo di residenza, non sono autorizzate ad accedere a tali informa­

zioni in base alle leggi locali. Tutti gli investimenti comportano rischi, in particolare per quanto riguarda

le fluttuazioni del valore e del rendimento. Gli investimenti in valuta estera comportano il rischio

aggiuntivo che tale moneta possa perdere valore rispetto alla moneta di riferimento dell’investitore. I

dati storici sulla performance e gli scenari dei mercati finanziari non sono garanzia per i redditi attuali

o futuri. I dati relativi alla performance non tengono conto delle commissioni e dei costi applicati al

momento dell’emissione e del riscatto delle quote. Inoltre, non può essere garantito che l’andamento

dell’indice di riferimento («benchmark») sarà raggiunto o superato. I fondi d’investimento menzionati

nella presente pubblicazione sono domiciliati in Svizzera. La Direzione dei fondi è il CREDIT SUISSE

ASSET MANAGEMENT FUNDS, Zurigo. La Banca depositaria è il CREDIT SUISSE, Zurigo. Le sotto­

scrizioni sono valide unicamente sulla base del prospetto informativo in vigore e dell’ultimo rapporto

annuale (nonché dell’ultimo rapporto semestrale, se pubblicato successivamente). Il prospetto, il

regolamento, il rapporto annuale e il rapporto semestrale sono ottenibili gratuitamente presso il

CREDIT SUISSE ASSET MANAGEMENT FUNDS, Zurigo, oppure presso le altre banche del Credit

Suisse Group in Svizzera. Copyright © 2007 Credit Suisse Group e/o imprese associate.

Credit Suisse Bulletin Speciale Crescita

Crescita  Intervista30

«L’iperinnovazione non è solo il risultato di una più rapida condivisione di nuove scoperte scientifi che. È sospinta anche dalla nascita di quello che potremmo chiamare un circuito di feedback innovativo globale.»Estratto dal libro «What I Learned From Frogs in Texas»

Credit Suisse Bulletin Speciale Crescita

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onCrescita  Intervista

Bulletin: Come si diventa futurologi ed

esperti di innovazione? Qual è stato il suo 

percorso?

Jim Carroll: Potrei parlare di una sorta di evo-luzione verso questo tipo di carriera, senza alcuna pianificazione. Per 12 anni ho segui-to una carriera eccitante nei settori contabi-lità e tassazione. Ma non parlo spesso delle mie esperienze passate, dal momento che le persone non sono solite abbinare i contabili all’innovazione... Per questa ragione, sebbe-ne abbia un’impronta fortemente finanziaria, a un certo punto mi sono reso conto che stavo seguendo la strada sbagliata.

Nel 1992 ho inviato la mia prima e-mail. Mentre gli altri erano intenti a pensare se questa moda sarebbe durata, io ho capito che Internet avrebbe rappresentato la chiave di volta di una lunga serie di cambiamenti. Ho iniziato a voler comprendere quel mondo, osservando le varie tendenze e gli effetti che avrebbe avuto su scala mondiale. Dopo quindici anni, cerco di sviluppare incessan-temente la mia attività e i temi chiave su cui focalizzarmi.

In che modo riesce a innovarsi, così  

da avere sempre in serbo un messaggio

nuovo?

Gran parte del lavoro deriva dalla semplice osservazione delle attività di un settore indu-striale e dal loro raffronto. Molte tendenze

sono infatti simili. Ho il lusso di avere tempo a disposizione e quindi posso semplicemente rilassarmi e pensare molto. Questo è il mio lavoro. Uno dei fattori principali è rappresen-tato dai miei due figli di 12 e 14 anni; lavoro a casa e quindi mi ritrovo spesso a osservar-li. È possibile comprendere il futuro sempli-cemente guardando ciò che fanno i bambini e i giovani e chiedendosi perché fanno deter-minate cose. Questo ci aiuta veramente a capire in che direzione sta andando il futuro.

Ma quali sono esattamente le sue

attività di futurologo e di esperto di inno- 

vazione?

Formulo opinioni in merito ai trend sociali, di consumo e del lavoro, affronto questioni demografiche e relative allo stile di vita, così come le tendenze in materia di tecnologie emergenti e attività economiche.

Questo aspetto si concentra sulla cre- 

scita che, come è facile supporre, riveste

un ruolo importantissimo in tema di

tendenze. Oggigiorno, qual è il trend di

crescita più marcato?

Credo che sia la crescita del sapere, che è la base di tutto ciò che accadrà in ogni singolo settore industriale, mercato e tipo di profes-sione. Faccio un esempio così da contestua-lizzare meglio la questione. Nell’industria del- la sanità si stima che le conoscenze mediche stiano raddoppiando ogni otto anni. Questo

crea una miriade di effetti: verranno rapida-mente create nuove tecnologie e metodolo- gie, così come nuovi farmaci e terapie; per-tanto non vi sono professionisti che possano sapere tutto quello che c’è da conoscere. Per questa ragione, prevediamo un’enorme fram-mentazione delle carriere mediche, che non avrà fine. La crescita del sapere ha un enorme impatto su questo settore, cosa che a mio parere si rifletterà in ogni ramo industriale.

Anche in quello finanziario?

Il dibattito sull’evoluzione del mondo medico trova applicazione anche per i servizi finan-ziari. Se osserviamo questo settore, ogni ambito si sta specializzando sia in termini di capacità sia di unicità dei prodotti immessi sul mercato. L’industria si sta specializzando in materia di norme fiscali vigenti, trattati, requisiti normativi e così via. È quindi certo che la crescita inarrestabile del sapere sia una componente necessaria per fare in mo-do che tutti possano continuare a svolgere la propria attività in qualunque mercato.

Come definirebbe la crescita del

sapere e quali sono le forze trainanti?

La crescita del sapere è la rapida evoluzione della scienza. Questo aspetto è alla base di tutto. Una statistica che ho estratto da una pubblicazione di chimica illustra questo feno-meno, e le cifre sono sorprendenti: all’inizio dello scorso secolo si conoscevano alcune >

Il successo arride a chi evolve

Intervista: Michèle Bodmer

L’esperto in materia di innovazione Jim Carroll ritiene che le aziende e i singoli individui debbano restare al passo con il ritmo del mondo. Le tre parole d’ordine? Cambiamento, innovazione  e crescita. E mette in guardia: chi non sta al passo resterà indie-tro. Come afferma Carroll, la chiave per non perdere il contatto  è la creazione del sapere.

Crescita  Intervista

Credit Suisse Bulletin Speciale Crescita

32

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centinaia di sostanze chimiche; oggi sono 13 milioni, e il loro numero sale a un ritmo impressionante. Nel 2025 saranno verosimil-mente 80 milioni, entro il 2100 addirittura 5 miliardi.

Che effetto ha questa rapida evolu­

zione sulla vita quotidiana delle persone

medie?

Apple è stata capace di mettere sul mer-cato l’iPod grazie alla scoperta di una sola sostanza chimica nuova, che ha permesso di miniaturizzare l’hard disk e inserirlo in uno spazio così ridotto. In questo caso, una sola sostanza chimica ha portato alla nascita di un nuovo mercato del valore di un miliardo di dollari. La scienza è la radice di tutto ciò che mette in atto lo sviluppo più sostanzioso. Molti mezzi di comunicazione e la stampa parlano di web 2.0, YouTube, Facebook e fenomeni simili di breve periodo. Trovo che questi trend a breve termine siano interes-santi, ma non così rilevanti nel lungo periodo. Significativo per l’economia è il fatto che la scienza non è mai stata così veloce. Questo fenomeno è visibile con il rapido ingresso sul mercato di nuovi prodotti. L’evoluzione del sapere nella sua interezza è la vera forza trainante della crescita.

I datori di lavoro dovrebbero, ad

esempio, rispondere al trend di crescita

del sapere fornendo ai dipendenti delle 

opportunità formative aggiuntive?

Lewis Perelman, un esperto nel campo del-la formazione, afferma che «nel XXI secolo imparare è ciò che la gran parte degli adul-ti farà per tutta la vita». Credo che questa sia l’affermazione più indicativa che abbia mai sentito, dal momento che è quello che deve fare ognuno di noi, dai medici agli esperti del settore finanziario. Ciascuno di noi deve costantemente imparare cose nuo-ve per restare al passo con i cambiamenti del mondo industriale. Se non lo facciamo, resteremo indietro e le nostre capacità di-venteranno irrilevanti. Le aziende dovreb­bero quindi sostenere i dipendenti nella crescita delle proprie conoscenze? Devono farlo per essere competitive, altrimenti la loro forza lavoro non sarà altro, detta con franchezza, che un cumulo di persone insi-gnificanti.

Quali saranno le innovazioni che

traineranno maggiormente la crescita nel

prossimo decennio?

Riprendiamo l’esempio del settore medico. Fra vent’anni l’intero mondo della sanità sarà cambiato. Oggi il nostro sistema cerca di curare le persone dopo che si è verificato un

problema. Fra due decenni avremo un siste-ma progettato prevalentemente per «predi-sporre» le persone prima che qualcosa vada storto. Il cambiamento di tipo trasformativo alla base di questa tendenza è rappresentato dal lavoro svolto nell’ambito della sequenza genetica dell’uomo. Ad esempio, testando poche centinaia di cromosomi di una persona, i medici sono capaci di determinare, con un grado di probabilità dell’80 per cento, se que-sta è portatrice di fibrosi cistica. Di conse-guenza possiamo modificare ciò che facciamo all’interno del sistema medico: un cambia-mento di una portata a dir poco sbalorditiva.

Può farci un altro esempio?

Un altro cambiamento colossale è dato dal fatto che ogni cosa nel mondo è collegata o connessa. Prevedo che un giorno, quando la mattina salirò sulla bilancia, questa invierà un messaggio al mio frigorifero dicendo: «Non aprire a Jim oggi». Fra vent’anni molti degli apparecchi che utilizziamo quotidianamente saranno dotati di intelligenza, connettività e percezione della posizione. Anche questo aspetto cambierà radicalmente il modo in cui interagiamo con il mondo circostante.

Guardiamo ora al breve termine. Quali

sono i trend di crescita che prevede per i

prossimi cinque anni?

Credo che i grandi temi di cui la gente inizia lentamente a rendersi conto siano la ge-stione della forza lavoro e le capacità. Tutto si rifà ancora una volta alla crescita del sapere, al grado di specializzazione delle capacità e a un aggiornamento costante delle conoscenze. Credo che ci troviamo di fronte a una carenza drammatica di com-petenze, cosa che non è dovuta esclusiva-mente al pensionamento dei figli del baby boom. Il punto è che le competenze stanno diventando sempre più specializzate. Se non troviamo una strategia per imbrigliare queste abilità e accedervi velocemente, potremo considerarci tutti dei perdenti. Questa è una delle principali questioni strategiche che le aziende, siano esse piccole o grandi, devo-no affrontare immediatamente.

Si è soffermato molto sulle competen-

ze specialistiche. E quelle generali?

L’esempio del settore medico ci ritorna utile. Nell’industria americana della sanità c’è una nuova figura che si sta affermando tra i pro-fessionisti medici, chiamata «hospitalist». Il loro ruolo è guidare il paziente attraverso i sistemi sempre più complessi della sanità e delle assicurazioni. Devono comprendere quali sono le attività di questo numero sem-pre crescente di specialisti e orientare il pa-

Jim Carroll è uno dei maggiori futuro­logi a livello internazionale, nonché  un esperto di innovazione e tendenze economico­aziendali. Di origine ca­ nadese, Carroll ci offre una panorami-ca davvero unica dei trend aziendali, economici, sociali, culturali e degli eventi, affrontando anche le questioni demografiche, tecnologiche e relative allo stile di vita. Nel 2006, la rivista Business Week lo ha incluso tra i quat­ tro maggiori esperti in tema di inno­vazione e creatività. Per oltre 15 anni ha fornito consulenze indipendenti a una clientela estremamente diversificata, tra cui annoveriamo Walt Disney Corpo­ration, Nestlé, Motorola, Caterpillar, Verizon, BBC e Swiss Innovation Forum. Carroll aiuta i propri clienti ad affron-tare il futuro con una dose maggiore di creatività e innovazione. Ha aperto  un blog, scrive per varie pubblicazioni ed è anche autore di diversi libri, tra cui «What I Learned From Frogs in Texas: Saving Your Skin with Forward Thinking Innovation» e «Ready, Set, Done: How to Innovate When Faster is the New Fast», pubblicato nell’ottobre del 2007. Il libro racchiude il suo mes­ saggio chiave: i tempi stretti richiedono un cambiamento audace e nuovi livelli di creatività e innovazione all’interno  di qualsiasi organizzazione.

Crescita  Intervista

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ziente nella giusta direzione. Lo stesso sta accadendo in quei rami industriali che si sono frammentati sempre più, generando competenze specialistiche o molto specia-listiche. Pertanto, assisteremo anche alla nascita di generalisti di grande talento, che guideranno le persone attraverso le com-plessità tipiche di ogni settore industriale. Ci sono grandi opportunità di crescita profes-sionale per tutti coloro che si sentono mag-giormente idonei al profilo del generalista.

Il termine «innovazione» è un’espressio-

ne molto usata. Qual è la sua definizione?

Quando viene chiesto di dare una spiegazio-ne a questo termine, la maggior parte delle persone pensa all’iPod di Apple. La gente crede che l’innovazione sia limitata allo svi-luppo di un nuovo prodotto. Ma questo ter-mine cela molto di più. Si tratta di un’or-ganizzazione dove tutti, dai CEO ai semplici dipendenti, si chiedono di continuo: «Cosa possiamo fare per gestire meglio l’azienda? E per farla crescere? E per trasformarla?». L’unico modo per restare al passo è ricorre-re a un’innovazione costante, applicando queste tre domande. Se un’azienda adotta questa filosofia, allora ci sono enormi oppor-tunità di innovazione. Si può iniziare dal pro-prio modello di business, fino a giungere ai processi aziendali, alla metodologia di assun-zione e all’assistenza alla clientela. Possiamo anche innovare attraverso il tipo di approccio che utilizziamo per comprendere a quale ritmo i nostri mercati stanno cambiando. È un aspetto importante, dal momento che ci aiuta a comprendere che l’innovazione non deriva soltanto dalla tecnologia.

È questo il messaggio principale che

trasmette ai responsabili delle società

per cui effettua la consulenza?

Loro accendono la TV, vedono le persone che parlano di innovazione e, ancora una volta, sono i prodotti a fare notizia. Di sicuro Steve Jobs sta creando oggetti meravigliosi e di tendenza, ma questa non è necessaria-mente l’essenza dell’innovazione.

Le aziende per cui lavora si aspettano 

soluzioni rapide in tema di innovazione?

Molte aziende si aspettano miracoli. Io cerco di spiegare loro che ciò che posso fare è aiutare il personale a comprendere cos’è l’innovazione, perché è necessaria visto il concetto di economia ad alta velocità, non-ché renderla idonea al cambiamento estre-mamente rapido che si sta verificando nel mondo del retail e non solo. Le aziende che mi ingaggiano si porteranno quindi a casa una soluzione immediata e un cambiamento

culturale massiccio? No. Ma allora saranno sulla strada giusta per comprendere meglio cos’è l’innovazione e cosa stanno facendo? Certo che sì.

L’innovazione è il fattore chiave per la

crescita?

Certo. Se un’azienda continua a fare esat-tamente ciò che ha fatto negli ultimi dieci anni, si renderà presto conto che si trova in una situazione di stagnazione. Se non ci si pone al passo con il mondo cambiando, innovandosi e crescendo, saremo destinati a restare indietro.

Ci sono molte opportunità di innova-

zione che si nascondono in superficie?

Penso di sì, in quanto molte persone credono che sia qualcosa di riservato solo alla gente speciale, che fa cose altrettanto speciali. Ho visitato aziende che hanno creato un team dedicato all’innovazione, tuttavia impermea-bile verso l’esterno. È semplicemente ridi- colo. La creazione di questi team dà adito a chiacchiere e insicurezza all’interno del per-sonale, che sicuramente si chiede cosa stia-no facendo. Altre aziende credono invece che esporre una cassetta per i suggerimen-ti sia sufficiente per spronare il processo di innovazione. È davvero assurdo. L’innovazio-ne non ha niente a che fare con la magia: il mondo sta cambiando rapidamente e anche noi dobbiamo cambiare per restare al passo.

Qual è quindi la ricetta per dare vita a

una filosofia innovativa?

Credo che si tratti di far capire all’intera organizzazione che ognuno è responsabile per arrivare a comprendere quali sono i cam-biamenti da intraprendere per restare al passo con un mondo in continuo mutamen-to. Occorre un gruppo dirigente che sosten-ga i dipendenti e li incoraggi ad aprirsi e a condividere le idee. Questo compito è più facile per le aziende piccole, dal momento che non sono appesantite dalla burocrazia che ostacola gran parte della spinta innova-tiva. Non ha importanza in che azienda si lavora, sia essa piccola o grande; i grossi cambiamenti sono ormai un dato di fatto, quindi il mio messaggio è: «State al passo: per avere successo cambiate incessante-mente quello che state facendo e come lo state facendo».

Per concludere, quale consiglio

darebbe alle aziende e ai singoli? 

Costruite e crescete provando cose nuove, siano esse un successo o un fiasco. Tutti noi impariamo dai nostri sbagli, ma il rischio più grande è quello di non stare al passo con il mondo. <

Il decalogo degli innovatori

1 Osserva. Prenditi il tempo di cercare le tendenze chiave che incideranno sull’azienda e sul settore industriale in cui operi.

2 Pensa.  Analizza le tue osserva-zioni: dedica più tempo a imparare da quello che accade intorno a te.

3 Cambia.  In un secolo caratte-rizzato da rapidi cambiamenti, non puoi pretendere di cavartela con ciò che ha funzionato in passato. Devi essere pronto a fare le cose diversamente.

4 Osa. Hai perso la tua propensio-ne al rischio?

5 Elimina.  Sbarazzati delle parole e delle frasi che ti portano dritto all’inattività e all’indecisione.

6 Prova. Quante persone hanno perso la propria capacità di adatta-mento alle circostanze mutevoli perché hanno perso la fiducia in se stesse?

7 Responsabilizza. In un mondo caratterizzato da rapidi cambia-menti, non puoi pretendere che delle norme rigorose siano la risposta adatta alle circostanze  in continuo mutamento.

8 Dubita.  Procedi con un punto  di vista differente, mettendo in dubbio le ipotesi ed eliminando le abitudini.

9 Cresci. Smettila di focalizzarti sulla riduzione dei costi e invece costruisci la tua attività.

10 Agisci. Dai nuovo slancio alla tua determinazione e rinvigorisci il tuo entusiasmo per il futuro attra-verso l’azione.

Fonte: www.jimcarroll.com

34 Crescita  Lievito

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Lievito, motore naturale della crescita

I processi di trasformazione spontanea che talvolta alterano gli ali-menti non preludono in genere a nulla di buono. Si sa da sempre, infatti, che uno strato grigio e peloso sul cibo o una consistenza molliccia sotto una buccia scura sono chiari segnali di marciume o di scarsa commestibilità. Stupisce perciò che migliaia di anni fa gli antichi Egizi, a cui il mondo deve l’«invenzione» del pane, non solo tollerassero, ma persino inducessero questo tipo di processo.

Sia i Greci che i Romani lavoravano i cereali con il metodo tra-mandato dai loro avi: macinandoli, tostandoli e impastandoli con acqua in modo da ottenere una miscela da consumare cruda o da cuocere sul focolare; «pappe e focacce, focacce e pappe», come scrisse lo storico della cultura Heinrich Eduard Jacob nel suo clas-sico del 1944 «Sechstausend Jahre Brot» (Seimila anni di storia del pane). Tuttavia sembra improbabile che in tutto il mondo antico non si sia mai prodotto un processo di fermentazione della pasta di pane: allora come oggi, le spore del lievito erano presenti nell’aria e colonizzavano terreno fertile come lo zucchero, che scompone-vano in acido carbonico e alcol. È quindi forse più corretto pensare che Greci e Romani gettassero via sistematicamente gli impasti in corso di lievitazione.

Il processo di fermentazione di per sé era noto e apprezzato, perlomeno in tutte le regioni dove si coltivavano le viti per produrre vino, prima fra tutte la Mesopotamia, probabile antesignana del settore. Nessuno era a conoscenza di che cosa trasformasse il semplice succo d’uva in un’ambrosia tanto gustosa ed efficace: ai tempi, il Saccharomyces cerevisiae era ancora un illustre scono-sciuto. Questo lievito – definito oggi lievito di birra, per vinificazio-ne o per panificazione – possiede la particolare caratteristica di poter esistere con o senza ossigeno. Ciò lo differenzia da quasi tutte le altre forme di vita, che ne sono dipendenti o, al contrario, sono fortemente allergiche all’apporto di ossigeno (come molti bat-teri). Il lievito per vinificazione è un elemento che si adatta a ogni situazione: circondato da ossigeno trasforma le sostanze di cui si nutre in anidride carbonica e acqua, attuando una veloce riprodu-zione asessuata, mentre in ambiente anaerobico genera anidride carbonica ed etanolo, ossia alcol. In assenza di ossigeno la ripro-duzione rallenta, ma le cellule madri producono gemme sufficienti per assicurare la sopravvivenza.

Diversi gradi di resistenza

Per la produzione del vino vengono sfruttate entrambe queste ca-ratteristiche. Dapprima, infatti, i lieviti crescono grazie all’ossigeno, che viene loro sottratto in una seconda fase «costringendoli» a pro-durre etanolo, perlomeno fino al momento in cui il succo d’uva è

talmente saturo di alcol da non consentire alle cellule di crescere ulteriormente. Le sottospecie di Saccharomyces cerevisiae mostra-no diversi gradi di resistenza: alcune bloccano la crescita a un livel-lo di concentrazione alcolica del 18 per cento, mentre altre già al 10 per cento.

Che responsabili della fermentazione non fossero reazioni chi-miche ma organismi viventi, è una scoperta che l’uomo ha fatto piuttosto tardi. L’olandese Antoni van Leewenhoek, naturalista e costruttore di microscopi del XVII secolo, sfruttando un fattore di ingrandimento di 270 scoprì nelle cellule quelli che definì «anima-cules», tra cui anche lieviti e forme batteriche. Circa 70 anni dopo, il chimico francese Antoine Laurent de Lavoisier dimostrò il princi-pio della fermentazione alcolica, tuttavia ancora considerata un processo chimico. Fu però Louis Pasteur nel 1856 a vedersi attri-buire fama e gloria per la scoperta del lievito. Su richiesta di un fabbricante di alcol, il chimico si era infatti chiesto come mai dal succo di barbabietola non derivasse una bevanda inebriante ma acetata: al microscopio Pasteur vide palline e bastoncini, scopren-do così i metodi di riproduzione dei lieviti (di forma sferica) e come i batteri (simili a bastoncini) potessero ostacolare una promettente base di alcol generando degli acidi.

Ancora nessun impiego su larga scala

La scoperta e l’acquisita visibilità dei lieviti diedero inizio anche alla loro coltura mirata. Oggi i produttori di alcol, specie i viticoltori, uti-lizzano i cosiddetti lieviti artificiali, microrganismi programmati per svolgere brillantemente il loro compito ma che secondo alcuni addet-ti ai lavori procedono in modo troppo veloce e aggressivo. L’industria alimentare e dei foraggi insegue ancora il sogno di ottenere proteine a basso costo da lieviti e altri funghi. Già durante la Prima guerra mondiale, in Germania si era cercato di produrre lievito in grandi quantità sulla melassa, provando poi a ottenerlo da scarti di ogni tipo (provenienti dall’industria cartaria, dalla lavorazione degli ortaggi o dai macelli). Tuttavia i funghi non sono così facilmente digeribili – il loro alto contenuto di acidi nucleici crea qualche problema a uomini e animali – e filtrarli aumenterebbe i costi di produzione: l’impiego su larga scala dei lieviti è pertanto ancora di là da venire.

Di tutte queste applicazioni gli Egizi non sapevano nulla: si avva-levano semplicemente di un elemento presente in natura e speri-mentavano gli effetti della cottura integrale di un composto viscoso e gonfio. In fondo bisognerebbe dedicare loro un monumento, ma-gari a forma di minuscola pallina, comodamente osservabile con un microscopio a installazione permanente. Ma forse potrebbe anche bastare un bel forno di pietra. <

Testo: Carola Rönneburg

Mentre gli antichi Egizi già utilizzavano il lievito per la preparazione del pane, i Greci e  i Romani mangiavano i loro cereali sotto forma di una poltiglia poco appetibile. Breve storia di questo piccolo fungo dai grandi effetti.

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Crescita  Lievito

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«Di polta, non di pane, hanno vissutoa lungo i romani.»  Plinio il Vecchio

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Crescita  Life coaching

Avere più successo, essere più felici: ce lo insegnano Nick ed Eva Speakman. Nel loro reality show, in onda sulla BBC, sono capaci di creare una vita nuova e perfetta dispensando semplici consigli: «Be schooled by the Speakmans and you can achieve just about anything», recita il sito Internet della nota coppia televisiva. Nick ed Eva si annoverano tra i guru della nuova «think big generation», ossia la generazione di chi pensa in grande. Il loro segreto? Il co-siddetto life coaching. Sia che si tratti di diete, di programmazione neurolinguistica (PNL) o di semplici consigli per chi viene bocciato a scuola, il messaggio dei life coach televisivi è sempre lo stesso: creati una vita perfetta, adesso! Non solo i reality show, ma anche le serie televisive hanno inserito da tempo questo trend nelle loro storie. Nelle serie americane di successo, come «Nip/Tuck» o «Gilmore Girls», ritroviamo dei protagonisti desiderosi di diventare dei vincenti con l’aiuto di un life coach, che dirà loro cosa devono fare e li seguirà personalmente in tutte le situazioni della vita quo-tidiana. Ma cosa fanno realmente i life coach e cosa si nasconde dietro a questa tendenza?

Il fenomeno è salito alla ribalta negli anni Ottanta. «A quel tempo tutti volevano sessioni di coaching e molti sentivano di avere una vera e propria vocazione per diventare coach», spiega Claus D. Eck, da anni docente presso le università di Zurigo e Aix-en-Provence, nonché incaricato dello sviluppo dei programmi internazionali di formazione in tema di coaching. Questa tendenza ha fatto il suo ingresso nelle serie televisive e nei reality show solo nei tardi anni Novanta. «Il concetto di coaching è sempre più inflazionato», spiega Eck. «Il coaching è una sottocategoria dell’attività di consulenza. Come tale segue una metodologia ben sviluppata, caratterizzata anche da una componente diagnostica». Un coach, prosegue Eck, dovrebbe padroneggiare delle tecniche di lavoro specifiche, in modo che il servizio non sia solo serio, ma anche efficace. «Con il coaching si possono raggiungere grandi traguardi, ma non ci si può atten- dere una vita perfetta». Kay Cannon, presidente dell’International Coach Federation (ICF), si spinge oltre: «Un coach non dispensa consigli e non dice al proprio cliente cosa deve fare per cambiare la propria vita. Questo è il compito di un consulente. Un coach accom-pagna in modo mirato il proprio cliente attraverso un processo di cambiamento e lo aiuta a trovare le risposte più adatte».

Il termine «life coaching» è tanto promettente quanto è vago il suo utilizzo, poiché ciascun tipo di coaching rientra nel concetto più esteso di «vita». Ad esempio, il career coaching può avere effetti anche sulla vita privata. I coach con una formazione seria non se-parano questo aspetto dal processo di cambiamento, includendo anche questa sorta di effetto a catena. «Accanto alla competenza metodologica troviamo anche le cosiddette competenze settoriali», illustra Claus Eck. Un coach può specializzarsi su determinate si-tuazioni, come il nuovo orientamento professionale, o su settori lavorativi specifici. In ogni caso, un coach è un esperto in materia di processi (di cambiamento), che costituiscono una componente della vita.

Un buon coach non è un consulente universale

L’immagine dei life coach veicolata dalla televisione, ossia di per-sone che hanno la soluzione giusta per qualsiasi caso e possono trasformare ogni cliente in una persona del tutto nuova, non rispec-chia interamente la realtà. Tuttavia, questa immagine trasfigurata è presente anche su Internet: migliaia di life coach autoproclamati offrono i propri servizi su siti web dai colori scintillanti. Alcuni pub-blicizzano con note auliche i propri servizi promettendo il paradiso in terra. L’unico aspetto professionale che tutte queste offerte hanno in comune è… il costo della consulenza!

Claus Eck è piuttosto critico: «Un buon coach non è un consu-lente universale. Ci sono mestieri che una persona deve avere svolto personalmente per poter comprendere a fondo l’ambiente». Il fatto che la figura professionale del coach non sia ancora defi- nita a livello ufficiale e garantita da rigidi standard è alquanto pro-blematico. Lo ammette anche Kay Cannon: «La nostra professione non è purtroppo tutelata. Chiunque può definirsi un coach». Questo aspetto cela un grosso pericolo, in quanto proprio i coach autopro-clamati attraggono i clienti ostentando sicurezza e possono arre-care danni aggiuntivi alle persone bisognose d’aiuto: «Il desiderio di cambiare se stessi e la propria vita scaturisce perlopiù dal peso della sofferenza» afferma Eck. I coach seri e fidati analizzano que-sta sofferenza e non accettano a priori qualsiasi caso: «Un buon coach effettua sempre un contracting», ci spiega. Il contracting consiste in uno o più colloqui preliminari nei quali viene stabilito

Trovare la via giustaNei reality show bastano poche ore di trasmissione per trasformare dei perdenti  in vincitori. Ciò che ci vendono questi programmi ha tuttavia poco a che vedere con  il vero life coaching, un servizio che, se attuato seriamente, può aiutare le persone  a percorrere la corsia giusta sulla strada della vita.

Testo: Joy Bolli

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37Crescita  Life coaching

«Con il coaching si possono raggiungere grandi traguardi.» Claus D. Eck

38 Crescita  Life coaching

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Il coaching non dovrebbe estendersi per lunghi periodi. Per questa ragione è preferibile concedersi regolar­mente delle pause prolungate e/o sostituire il coach, per stimolare così la propria autonomia e conoscere metodi diversi.

Sul sito Internet dell’ICF figurano elenchi di coach abilitati dalla stessa federazione e ordinati per regione, città o competenze settoriali. I clienti dovrebbero concordare con il coach prescelto un colloquio di una decina di minuti volto a delineare una possibile collabo­razione. In ogni caso, prima di impegnarsi si consiglia di richiedere al coach informazioni relative al suo percorso formativo (anche l’ICF annovera vari livelli di formazione) e alla metodologia di lavoro. Sulla base dei colloqui di prova sarà possibile individuare il coach più adatto per le prime fasi del proprio sviluppo personale.  www.coachfederation.ch

se sussiste un’indicazione in base alla quale il coaching debba essere effettuato o meno. Cannon conferma: «Proprio quando una persona si trova in una situazione caratterizzata da una sofferenza di tipo emotivo, è importante determinare se questa persona neces-siti veramente di un coach o se sarebbe più adatto un terapeuta». I life coach seri (su questo punto concordano entrambi gli esperti) distinguono i vari indicatori e suggeriscono al cliente l’approccio più adatto per trovare una soluzione. «Questo rappresenta uno dei grandi progressi degli ultimi vent’anni», afferma Eck. «Negli anni Ottanta si era alla ricerca di una distinzione attendibile tra i concetti di coaching, mentoring, terapia e altri settori specializzati. Oggi questi confini sono stati definiti in maniera più chiara: a volte già il primo colloquio evidenzia come il cliente non necessiti del coaching per raggiungere i propri obiettivi, ma di un mentore, un terapeuta o semplicemente di un corso di formazione specialistico».

Il coaching può essere pericoloso

Sono anche altri i motivi per i quali si raccomanda di affidarsi sol-tanto a life coach diplomati e riconosciuti: «Il coaching può essere pericoloso, e questo per entrambe le parti», spiega Eck. «Infatti costituisce una forma di relazione tra coach e coachee non solo efficace, ma anche estremamente intensa. Qualora, nell’ambito di questo rapporto, non vi sia un distacco professionale sufficiente, può accadere che il coaching si sviluppi nella direzione errata, fino a sfociare in una vera e propria manipolazione». In questo modo il coach potrebbe spingere il proprio coachee in una direzione che ritiene ottimale, ma che non comporterebbe benefici per il cliente o potrebbe addirittura nuocergli. Una formazione adeguata, dove il coach impara a delimitare opportunamente il proprio spazio da quello del cliente, rappresenta una tutela contro questi rischi. «Un coach alle prime armi impara a conoscere non solo se stesso, ma anche il proprio stile di lavoro e riceve una formazione adatta per diverse situazioni specifiche», spiega Eck. Tutto questo però non è sufficiente: anche dopo la formazione i life coach seri cercano di prevenire eventuali indicazioni errate e condizionamenti emotivi verificando la propria condotta e consultandosi con i colleghi di pari grado (intervisione) o con un coach esperto (supervisione). «Si

potrebbe affermare che, a volte, anche i coach hanno bisogno di altri coach», ribadisce Kay Cannon con un sorriso compiaciuto.

Sebbene sia spesso percepito come una tendenza del tutto moderna, il coaching ha una lunga storia alle spalle. Le radici affon-dano (o perlomeno si presume sia così) nel settore sportivo e risal-gono al 1890. All’epoca, le squadre vittoriose ricevevano un premio in denaro. Partecipare quindi non bastava, l’importante era vincere. Per tale ragione i proprietari delle squadre arruolavano dei coach, ossia specialisti con l’unico obiettivo di condurre al successo. Que-sti, a differenza degli allenatori, non si preoccupavano della prepa-razione fisica o della condizione dei propri atleti, ma dell’impiego mirato dei giocatori, della strategia corretta e della via più veloce per ottenere la vittoria.

Come l’ambiente influisce sulla strategia

Anche il life coaching si distingue per obiettivi ben definiti e la loro rapida realizzazione. «Che si tratti di career coaching, executive coaching o life coaching, il coaching è sempre un intervento ben mirato, che si protrae per alcune settimane fino a un massimo di due mesi. Tutto questo deve dare risultati ben visibili», afferma Eck, che ha sviluppato programmi di formazione per oltre 35 anni. A suo parere, un’ulteriore evoluzione rispetto agli anni Ottanta consiste nell’integrazione della struttura in cui si muovono i clienti. «In pas-sato si era soliti pensare che, quando la persona giusta faceva la cosa giusta, non si poteva che ottenere un risultato positivo», spie-ga Eck. Negli ultimi vent’anni si è capito che anche i migliori ap-procci risolutivi possono celare risvolti negativi quando non si tiene conto dell’organizzazione all’interno della quale una persona vuole trasformarsi. «Il fatto che la persona in questione lavori in una ban-ca, in un ospedale o nel settore amministrativo è un aspetto estre-mamente importante», afferma Eck. Anche la cultura dell’organiz-zazione e la struttura del team sono determinanti nell’elaborazione di strategie di crescita efficaci. Lo stesso vale per il life coaching: anche qui, una strategia efficace dovrebbe prendere in considera-zione l’ambiente circostante all’interno del quale il cliente vuole realizzarsi, ossia la famiglia, la cultura, la religione, la situazione finanziaria e altri fattori sociali.

A che scopo quindi ricorrere ai costosi life coach quando è suf-ficiente acquistare per pochi soldi qualche libro di autoapprendi-mento o scaricare gratuitamente da Internet i dieci consigli degli Speakman? «Le situazioni complesse nell’ambito della vita o della sfera lavorativa generano spesso una pressione proveniente dall’in-terno e dall’esterno. Le persone colpite non sono in grado di pren-dere sufficientemente le distanze per elaborare da sole una solu-zione strategica», afferma Kay Cannon. Claus Eck sottolinea come il compenso funga anche da strumento di controllo e da incentivo per un successo avvertibile: «Il più delle volte, le attività di coaching vengono finanziate da aziende che vogliono vedere risultati con- creti». I clienti privati devono sapere infatti che non stiamo parlando di cifre insignificanti: «Un’ora di coaching è spesso più cara di un’ora di terapia; per questo i clienti vogliono vedere dei benefici», prose-gue Eck. «Il compenso è un vero e proprio ‹test di realtà›. Se non si avvertono cambiamenti per un periodo prolungato, il cliente si domanda automaticamente se sta lavorando con la persona giusta e secondo le modalità corrette». Per questa ragione, chi vuole vedere risultati concreti impegna consapevolmente il proprio tempo e il proprio denaro per il raggiungimento del suo obiettivo, nel modo più rapido possibile. <

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Credit Suisse Bulletin Speciale Crescita

Testo: Denise Stroud

Muoversi nella direzione giustaLa persona che ero un anno fa è lontana anni luce da quella che sono oggi. Per diventare ciò che volevo essere mi sono rivolta a un life coach, un’espe­rienza che mi ha aiutato a crescere e a imboccare una nuova strada. 

Un anno fa vivevo a Zurigo. Avevo un mari-to creativo, un lavoro stimolante e ben retri-buito, una mansarda moderna e una BMW fiammante. Conducevo una vita che avreb-bero potuto invidiare in molti, ma io la odia-vo. Come altri miei conoscenti, ho lasciato gli Stati Uniti per l’Europa per stare con mio marito. Siamo finiti a Zurigo, dove ho inizia-to un lavoro qualunque che mi ha portato a fare carriera. Malgrado il successo ero con-sapevole che tutto questo non era ciò che realmente volevo. Inoltre, avevo sempre più l’impressione che Zurigo non fosse il luogo giusto per me. Mi sono presto resa conto di essere un’eccezione: una donna di colore americana, impiegata in un’azienda. Sebbe-ne la città fosse pulita e funzionale, avevo l’impressione che fosse xenofoba, fino al punto da essere razzista e culturalmente conservativa. Mi mancavano gli States, il mio matrimonio non era più quello di un tem-po e il mio appartamento minimalista non aveva più il fascino di una volta. In breve, volevo un’altra vita.

Avevo sentito parlare di coaching tramite il mio lavoro e avevo la sensazione che un life coach potesse aiutarmi. Volevo qualcu-no che sapesse utilizzare le stesse compe-tenze e lo stesso rigore dei coach aziendali per aiutarmi a scoprire i motivi per i quali non ero soddisfatta della mia vita e i modi per ritrovare il percorso che mi avrebbe reso felice. Ho iniziato a cercare su Internet e ho trovato un numero infinito di opzioni. Il mio problema era trovare qualcuno adatto a me, in grado di capire l’enorme divario culturale che dovevo affrontare quotidianamente.

Nella ricerca di un life coach ho imparato quanto sia decisivo trovare l’interlocutore giusto. La prima persona che ho contattato era professionale e immediata, ma ha pro-posto di incontrarci in un caffè. L’apparente mancanza di un ufficio o semplicemente di una componente personale mi aveva fatto presagire che non avrebbe funzionato. Così ho provato a contattare una life coach che aveva un ufficio, ma che sembrava meno tradizionalista. Durante la prima seduta ho scoperto che possedeva tutte le creden- ziali formali e informali che stavo cercando.

Aveva conseguito varie lauree presso una serie di prestigiose università americane, nel campo delle scienze fisiche e di quelle sociali, dalla psicotecnica alla psicologia organizzativa, dall’ingegneria alle scienze economiche. Aveva compreso appieno le esigenze correlate ai cambiamenti culturali, poiché anche lei aveva abitato e lavorato al di fuori del suo contesto culturale. Durante la prima lezione ho scoperto che pure lei si sentiva a proprio agio, addentrandosi in modi di pensare e parlare più formali o acca-demici. Avevo trovato il mio life coach.

Siamo partite da nozioni facili, come ad esempio determinare la frequenza dei nostri incontri, e ho anche condiviso parte del mio background e delle mie esperienze. Infine siamo giunte al punto cruciale, ossia sco-prire quali erano gli obiettivi che volevo rag-giungere. Abbiamo definito dove mi trovavo e dove volevo andare. È stato necessario comprendere chiaramente le sensazioni sulla vita che mi ero creata (pessime), che tipo di vita desideravo (sconosciuto) e quale fosse il percorso migliore per raggiungere l’obiet-tivo (del tutto sconosciuto). Così ci siamo addentrate nella sfera più delicata, quella dei sentimenti. Ho espresso quali fossero le sensazioni che provavo a fare un lavoro che non mi piaceva. Ho anche analizzato se l’ac-quisto di una nuova borsa griffata fosse veramente importante o se rappresentasse solo un palliativo. Dovevo inoltre affrontare la questione di come mi sentissi ad avere gli occhi della gente puntati addosso solo perché ero una persona di colore.

Il life coach mi ha spinta a prendere ap-punti, cosa che ho fatto regolarmente, e a tenere un diario, a cui mi sono dedicata de-cisamente meno. Ho svolto diversi esercizi ed esperimenti per determinare l’origine del-la mia insoddisfazione. Questo tipo di rifles-sione conduce a porsi domande ancor più spiacevoli. Una delle peggiori è stata: ho davvero creato con le mie stesse mani que-sto mondo deludente, partendo dalle scelte operate in precedenza? Ho il coraggio di attuare veramente tutti questi cambiamenti? Dopo aver selezionato il processo per defi-nire i valori con cui ho vissuto e quelli che

avrei desiderato, abbiamo iniziato a immagi-nare un mondo dove questi insiemi di valori fossero sullo stesso piano. La vita che ave-vo immaginato poteva diventare realtà? Sì, ma solo se sapevo dove volevo essere e cosa volevo fare. Questo processo è scon-sigliato ai deboli di cuore, perché le risposte possono anche far male. Mi sono resa con-to che serve una grande fiducia per mettere a nudo la propria anima, i propri insucces- si, i limiti e le valutazioni errate davanti a qualcuno che conosce tutti i termini tecnici relativi alle proprie patologie personali. Sen-za questa fase, il processo presenterebbe dei limiti e io sono alquanto fissata nello sfruttare al massimo le situazioni.

Ho lavorato con il mio life coach per sei mesi, con due incontri settimanali. In questo periodo ho delineato il mio malcontento, chiarito i miei obiettivi, testato le mie ipote-si, pianificato un percorso da seguire e in-dividuato le risorse effettive e virtuali a mia disposizione, così come gli ostacoli, sia quel-li veri che quelli immaginari. Ho inoltre idea-to strategie per far fronte a questi ostacoli e allo stress che questo processo implica.

È passato un anno dalla mia ultima se-duta di coaching: oggi vivo da sola a Phila-delphia e la mia vita è esattamente l’opposto di quella che conducevo a Zurigo. Lavoro part-time come contabile per un’associa-zione non-profit e inseguo il mio sogno di diventare scrittrice. Non è stato facile, ma ora mi sento fiera di aver intrapreso que- sto cammino. Molte persone non scelgono questa strada, non vogliono o semplice-mente non possono, e non per mancanza di capacità, ma di coraggio. Un vero peccato, dal momento che il risultato è un senso di pace incommensurabile, proprio lì dove di pace ce n’era poca. <

Un anno dopo il life coaching, Denise Stroud ha dato un risvolto positivo alla sua vita e ora sta inseguendo una carriera da scrittrice.

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Produzione annua di accessori

 1993  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40 1994 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .  200 1995 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .  400 1996  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .  600  1997  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .  2 000 1998  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .  6 000 1999 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 000 2000  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   25 000 2001  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   40 000 2002  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   60 000 2003 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   80 000 2004  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100 000 2005  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 120 000 2006 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 140 000 2007  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 160 000

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Testo: Regula Gerber

Due adolescenti giapponesi stanno gustando un caffè in un risto-rante di Zurigo e ammirano estasiati i loro ultimi acquisti: borsa Freitag modello F13, portafoglio Freitag, custodia per iPod Freitag. Verrebbe da pensare che questo marchio sia parte integrante della quotidianità giapponese. È ben vero che il flagship store della ditta Freitag a Zurigo – una pila di vecchi container navali alta 26 metri – è riportato da molte guide turistiche come un’autentica attrazione. Ma che basti solo questo per attirare giovani turisti giapponesi in un quartiere industriale della città e affibbiare loro una borsa realizzata con teloni di camion riciclati al prezzo di 200 franchi?

Freitag e Zurigo: un binomio indissolubile

La storia di questo successo nacque a Zurigo nel 1993. In quel pe-riodo la città sulla Limmat si stava liberando dalle costrizioni zwin-gliane e strizzava l’occhiolino alla vita notturna. L’idea di una borsa impermeabile, funzionale e dal design sbarazzino cadde proprio a fagiolo e s’impose subito sulla scena. Se nell’anno del debutto i fratelli Daniel e Markus Freitag produssero 40 borse, solo un anno dopo il numero era già quintuplicato. Sebbene le tracolle fabbri- cate con teloni dismessi di camion non permettessero di salvare il mondo dal degrado ecologico, i due imprenditori beneficiarono senz’altro delle discussioni, a quei tempi molto accese, sulla moria dei boschi, il riciclaggio e l’inquinamento ambientale. E così, im-provvisamente, ai due designer fu attribuita anche una lungimi- ranza inedita, che attecchì come una promessa nell’immaginario

della clientela. Alex Braunschmidt, marketing manager di Freitag, afferma tuttavia: «Ci concentravamo essenzialmente sul prodotto, il design e la funzionalità, e non tanto sul modo di lanciare il più in fretta possibile nuovi manufatti».

Nemmeno alcuni resoconti giornalistici negativi riuscirono a fre-nare l’aumento del fatturato e la crescente fedeltà della clientela: sino al 2006 il fatturato ha seguito un’ascesa mirabolante che con-tinua a progredire con percentuali a due cifre. A tutt’oggi l’assorti-mento conta oltre 50 accessori – tra cui figurano borse di viaggio, sporte, custodie per laptop e iPod –, di cui nel 2007 sono stati prodotti 160 000 esemplari.

Sino al 1996 i due fratelli furono gli unici impiegati. Oggi l’azien-da ne conta 64, in gran parte attivi nel padiglione Maag di Zurigo, dove avviene l’intera produzione ad eccezione dei lavori di cucitura. Immanuel Streuli, CEO di Freitag sin dal 1997, conferma l’impor-tanza rivestita da Zurigo in quanto sito di produzione: «Innanzitutto godiamo di un’ottima posizione geografica e di elevati standard di qualità da parte di collaboratori e fornitori. Inoltre, il concetto di elveticità e la città di Zurigo conferiscono un volto distinto al marchio Freitag. Il curriculum e la personalità dei due fratelli vi sono indis-solubilmente legati. I giapponesi, ad esempio, reagiscono in ma-niera assai sensibile a questi valori». Agli occhi di Regula Fecker, pianificatrice strategica e partner dell’agenzia di comunicazione Rod Kommunikation di Zurigo, Freitag riesce effettivamente da anni ad associare e fondere in un marchio coerente e autentico i valori

Freitag, la borsa con  una coscienza ecologicaDall’invenzione di questa speciale tracolla, confezionata con teloni di camion e cinture di sicurezza, sono ormai trascorsi 14 anni. Nel frattempo ha superato indenne anche il viaggio da Zurigo al Giappone, dove sta riscuotendo grande successo. La storia di una ditta svizzera che preferisce crescere in modo sano e solido senza forzare i tempi.

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di elveticità, sostenibilità, fiuto per le tendenze e storia aziendale legata a due fratelli. Regula Fecker si spinge addirittura oltre: «Frei-tag plasma da sempre l’idea di Zurigo come città innovativa e cosmopolita, culla di enormi potenzialità creative e di stile».

Dall’istinto nasce un progetto

Una reputazione di questo tipo è anche un impegno. Per questo, dalla fine degli anni Novanta, essa è affidata alle abili mani di spe-cialisti di vendita, distribuzione e marketing. Da sempre i fratelli Freitag hanno il dono di scovare a colpo sicuro persone che sappia-no integrarli professionalmente e siano ambasciatori, anima e cor-po, del pensiero Freitag nel mondo. Eppure per anni la ditta non ha avuto la dovuta competenza strategica, come conferma Streuli: «Come per la maggior parte delle neoimprese, anche per noi i primi sette anni sul mercato hanno segnato una crescita creativa e leg-germente caotica. Ricevevamo richieste dall’estero e cercavamo di soddisfarle. Il bello di questa non-strategia è stato l’elevato grado di notorietà conquistato in pochissimo tempo».

Ma il rovescio della medaglia non ha tardato a manifestarsi: le borse erano esposte in negozi che nuocevano all’immagine di Frei-tag, anziché favorirla. Per mantenere fede ai valori originari bisognava ritornare alla fonte. Il marketing manager Alex Braun-schmidt si esprime in questi termini: «Il nostro cliente è una perso-na di ogni età, impegnata ed esigente, che si interessa alla qualità e alla storia di un prodotto. Così abbiamo analizzato a fondo i ca-nali di distribuzione e scelto i negozi in base a determinati criteri,

per noi imprescindibili. In altre parole, essi dovevano avere un’of-ferta di marchi adeguati e un personale di vendita motivato e alta-mente competente. Sì, perché un nuovo prodotto Freitag ha l’aspet-to dell’usato e richiede quindi la dovuta consulenza». Che i detta-glianti di un marchio sappiano conferire un’aura al prodotto grazie alla presentazione efficace dei modelli è dimostrato dall’esordio di Freitag in Italia: nella vicina penisola, le borse fanno bella mostra di sé accanto a griffe come Gucci e Prada.

Ad ogni modo, nel caso di Freitag lo strumento di marketing più convincente è il prodotto stesso. «Non spendiamo un centesimo per la pubblicità convenzionale. Le nostre attività si limitano ai settori happening, pubbliche relazioni, eventi ai punti vendita e supporto alla distribuzione. Assume invece crescente importanza il marketing in rete, visto che una buona parte della clientela acquista unicamente sul web. Per ogni misura valutiamo tuttavia il criterio dell’efficienza». E quando si giunge alla messa in pratica si segue sempre il credo di Freitag: amore per il dettaglio e un pizzico di ironia. Ogni borsa ha ad esempio la sua scatola, che può essere trasformata in un televisore di cartone. È poi possibile ordinare diverse immagini per lo schermo. Inoltre, di ogni prodotto viene effettuata una foto, acclusa alla borsa con una nota sulla prove-nienza e sulla realizzazione del modello.

Crescita sotto controllo

I giapponesi stravedono proprio per questi dettagli: «Molti sono dei veri seguaci: non appena scoprono ed accettano un prodotto ne studiano la storia e diventano autentici fan», spiega Ken Jungnickel. Di radici metà nipponiche e metà tedesche, lavora dal 1992 in Giappone. In qualità di partner di Freitag ne cura la distribuzione, la vendita e il marketing. «Siccome in Giappone i teloni di camion co-me materiale di fabbricazione erano pressoché sconosciuti, nei pri-mi anni abbiamo dovuto fornire molte spiegazioni sulla provenienza del prodotto. Adesso però la marca va per la maggiore e la sua no-torietà è simile a quella in Svizzera». Nel frattempo Freitag è in ven-dita in 36 negozi disseminati nelle metropoli del Sol levante. «Ciò che stiamo vivendo in Giappone», afferma Streuli, «ha interessato la Svizzera tra il 2000 e il 2003. Ora ci concentriamo sui mercati che attestano un’analoga curva di crescita e in cui il prodotto viene capito: ossia le metropoli in Giappone, Germania e Italia, e al nord la Scandinavia e i paesi del Benelux. Il potenziale è enorme».

La tendenza è tangibile specialmente sui mercati come la Cali-fornia, dove attualmente il pensiero verde-liberale fa il paio con uno stile di vita progressista. Si acquistano prodotti biologici, si guida-no auto ibride e finito il lavoro si infila una borsa Freitag. Il prodot-to e l’idea dei fratelli Freitag sembra quindi rappresentare in manie-ra credibile la sostenibilità sia ecologica che economica. Cionono-stante, Freitag non vuole innescare un boom, bensì creare un legame duraturo con la clientela e assicurare all’azienda una cre-scita sana. Un principio che non sta a cuore soltanto ai titolari, ma che risiede nell’essenza stessa delle cose: considerato che non esiste un mercato vero e proprio delle materie prime – ovvero teloni usati, camere d’aria e cinture di sicurezza – lo smercio deve progredire in modo molto controllato. Un dato di fatto che frena l’eventuale impeto a sporgersi troppo dalla finestra dell’offerta e crea una benaccetta scarsità del prodotto. Circostanza che facilita a Freitag il culto dell’oggetto da collezione, e spiega perché il flagship store di Freitag sia entrato di diritto nel giro turistico dei teenager giapponesi in visita a Zurigo. <

I fratelli Freitag: una favola «in-tessuta» 

Nel 1993 i designer e fratelli Markus e Daniel Freitag stavano cercando un materiale adatto per realiz- zare le loro borse. Lasciandosi ispirare dal traffico pesante che scorreva roboante dinanzi alle loro  finestre, svilupparono una borsa realizzata con teloni dismessi di camion, cinture di sicurezza e camere d’aria di biciclette. Il soggiorno della loro abitazione divenne la sartoria per i primi modelli, che diedero  un letterale scossone al mondo delle borse. Ancora oggi le tracolle Freitag vedono la luce nelle imme-diate vicinanze di quell’arteria di transito: all’interno del padiglione della vecchia fabbrica di ingranaggi Maag a Zurigo, su una superficie di 2800 m2. Nel frat-tempo i fratelli hanno tenuto a battesimo ben 50 mo-delli, ora prodotti in serie e commercializzati in oltre 350 paesi e nei tre flagship store di Zurigo, Davos  e Amburgo.

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