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C. I. Di Patologia e Fisiopatologia Generali

a. a. 2013-2014

Prof.ssa Sofo

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11/10/2013 Prof.ssa Sofo

1IntroduzioneIntroduzione

Mercoledì avete cominciato con la professoressa Teti che vi avrà spiegato il significato della materia, noi studiamo le cause, l'eziologia, noi vogliamo sapere, perché siamo curiosi, e poi studiamo i meccanismi, la patogenesi. Perché facciamo questo? Non abbiamo nulla da fare? perché studiamo questo, ragazzi? Perché se io ho mal di testa, prendo l'aspirina, no? Siete d'accordo con la Bayer, mi date l'aspirina… Ma se il mio mal di testa è dato da una [determinata] causa l'aspirina funzionerà, ma se è data da un'altra probabilmente no! Allora io do l'aspirina al tizio col mal di testa, in certi casi ci azzecco, ma se quel poverino ha un tumore al cervello, che faccio con l'aspirina? Forse poco. Se io non riesco a capire la causa e i meccanismi che hanno portato a quel mal di testa, faccio il "praticone" gli dò l'aspirina, forse gli buco lo stomaco. Allora vedete che è necessario studiare questa materia? Di cosa ci occuperemo noi? In patologia vedrete che quello che studierete sarà in fondo una risposta ad un danno. Che vuol dire? C'è un danno, io ti do un pugno

nell'occhio, è un danno! C'è una risposta al danno, non che lui me ne dà un altro, ma la risposta dei tessuti a questo danno, tutto nel nostro organismo, tutta la patologia è una risposta ad un danno! In fondo anche un tumore è una risposta ad un danno! L'infiammazione, l'immunità, è tutto una risposta ad un danno. Io ho detto risposta, non ho detto "risposta in difesa", certo il più delle volte l'organismo tenta di ripristinare l'omeostasi (se dico le parolacce ci capiamo?! Omeostasi?!). Cos'è per voi l'omeostasi? Equilibrio tra i vari sistemi ed apparati. Io posso dire che il cuore non funziona, ma per il resto sto benissimo. Non è così! Deve esserci un equilibrio tra i vari sistemi che sono interdipendenti tra di loro. La malattia è una deviazione dell'omeostasi. Noi parleremo di una risposta a un danno che si chiama infiammazione acuta. L'infiammazione era nata come una risposta di difesa. Di difesa vuol dire togliere di mezzo l'aggressore che ha provocato l'offesa e ripristinare l'omeostasi iniziale (questa doveva essere ancestralmente!) e in linea di massima l'infiammazione è questo.

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A volte l'infiammazione si può rivelare una sorgente di danno per l'organismo, quindi, fa più danno quello che vorrebbe riparare il danno che non il danno in se stesso. Risposta, attraverso la quale, l'organismo tenta di allontanare l'agente dannoso (che chiameremo agente flogogeno e l'infiammazione la chiamiamo flogosi) e di ripristinare l'omeostasi. Se l'agente eziologico riesce ad esser allontanato, tutto torna come prima, l'infiammazione è acuta. Se l'agente eziologico non riesce ad esser allontanato e persiste nel tempo, l'infiammazione è cronica. Naturalmente non è solo questa la differenza tra i due meccanismi. C'è una differenza sostanziale, che consiste nell'attore,cioè chi recita la risposta. Nell’Infiammazione acuta la risposta è del microcircolo (arteriole,capillari,venule), quindi, il compartimento vascolo-ematico. Allora nell'infiammazione acuta abbiamo detto che l'attore, il protagonista, è il microcircolo, inteso con tutte le sue componenti. Dentro c'è il sangue che è composto da una parte liquida e una parte corpuscolata. La parte liquida la chiamiamo PLASMA. La parte corpuscolata: bianchi, rossi, piastrine. Formula leucocitaria è domanda di esame.I bianchi in assoluto sono 4000-9000/mm3. Formula leucocitaria:

• NEUTROFILI 60-70%;• EOSINOFILI 1-4%;• BASOFILI 0.5-1%;• LINFOCITI 25-35%;• MONOCITI 2-8%.

I rossi sono 4000000-4500000 nella donna,

4500000-5000000 nell'uomo. Le piastrine (date un range ragazzi! è un consiglio che vi do!) 150.000-400.000/mm3. L'emoglobina nella donna 12-14g/100, 14-16g/100 nell'uomo. Abbiamo solo 2 parametri in grammi: l'emoglobina e le proteine, 6-8g/100! Tutto il resto è in milligrammi/100! L'attore dell'infiammazione acuta è il compartimento vascolo-ematico. Nell'infiammazione cronica gli attori sono le cellule. Allora la prima la chiameremo angioflogosi, angio è vaso; la seconda la chiameremo istoflogosi, istos è tessuto. Nell'angioflogosi l'agente eziologico riesce ad essere allontanato, nel secondo caso l'agente eziologico permane nel tempo (quanto tempo? Giorni, mesi, anni, tutta la vita. Il micobatterio della tubercolosi abita dentro di noi a volte). Definizione di Rubin del 2006 che mi pare la più completa: "infiammazione è la risposta ad un danno da parte del tessuto e del suo microcircolo”. Essa è caratterizzata dalla produzione e dal rilascio di mediatori (il mediatore chimico nell'infiammazione ha un ruolo fondamentale. Se non vi fosse il mediatore, forse non ci sarebbe l'infiammazione) e dal movimento di liquidi dall'interno del vaso all'esterno del vaso (dentro il vaso piccolo o grande che sia circola il sangue. Qua siamo nel piccolo circolo e ci sarà una pressione che permette al sangue di cedere nutrienti ed acquisire cataboliti. Se deve fare questo lavoro ci deve essere la possibilità di scambiare all'esterno, quindi lo scambio è fisiologico. In questo caso [infiammazione] è patologico perché si muovono grandi quantità di liquidi dall'interno verso l'esterno e, all'interno del vaso, aumenta la viscosità del sangue e

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le cellule finiscono per trovarsi le une addosso alle altre. Però, ricordatevi, che le cellule dentro a questo vaso non è che sono tutte uguali. Ognuna ha la sua dimensione, peso specifico, e quindi, si comporteranno a seconda del proprio peso specifico, della propria azione. I globuli rossi sono più piccoli, biconcavi, e questa loro morfologia consente loro di addossarsi gli uni agli altri quindi, man a mano che esce il liquido, si impilano e si compartimentalizzano al centro del vaso (per motivi fisici) spingendo alla periferia i bianchi che hanno dimensioni maggiori. Il globulo rosso, anche se è piccolo, pesa, pesa perché c'è il ferro. I globuli bianchi vengono spinti alla periferia dove sono già fisiologicamente marginati, aumenta la quota marginale. Vi è questo aumento di viscosità (perché il plasma viene mandato fuori), con queste cellule che si dispongono in maniera diversa, perché la finalità è mandare nel sito di flogosi liquido e cellule. L'agente eziologico è un agente di danno, se questo danno invece di lasciarlo così come tale lo diluiamo, farà meno danno. Quindi il liquido ha il compito di diluire l'agente flogogeno, mentre le cellule sono chiamate nel sito di danno da agenti chemiotattici (sostanze prodotte nel luogo del danno che svolgono un ruolo di richiamo verso le cellule bianche). I neutrofili sono cellule terminali cioè non proliferano, muoiono dopo che hanno svolto il loro compito; c'è un grande spreco di neutrofili, sono i più rappresentati nella formula, ma poi muoiono dopo 1-2 gg nei tessuti. I neutrofili fanno la fagocitosi, un meccanismo innato, producono citochine, appartengono all'immunità innata. Cellule dell'immunità innata: i neutrofili, le cellule

dendritiche, macrofagi, mastociti, polimorfonucleati, natural killer. L'immunità è in risposta a patogeni e danni generici . Per esempio se c'è un ustione, l'immunità non va lì a far qualcosa, però è un danno all'organismo, (non possiamo dire come quelli "il cuore non mi funziona, ma per il resto va tutto bene!") è un agente dannoso. Una sostanza amiloide che va a finire nel nostro cervellino che ci fa ammalare di Alzheimer, una proteina di quelle strambe che ci provoca una risposta, non è un patogeno, però è una sostanza dannosa. TLR, Toll-Like Receptor, rispondono anche alle infiammazioni sterili (cioè che non c'è infezione). Abbiamo detto che il liquido esce dal vaso e va nel luogo del danno per diluire l’agente dannoso mentre le cellule per espletare il loro compito che, in linea di massima, è la fagocitosi. E, se tutto questo non riesce, l'agente dannoso rimane lì e l'infezione diventa cronica e quindi cambieranno gli attori. Se l'infezione diventa cronica e l'agente eziologico persiste per giorni, mesi, anni, tutta la vita che lo mandiamo a fare un neutrofilo che va lì e muore? Dobbiamo mandare delle cellule a vita lunga che hanno la capacità di proliferare, per esempio, linfociti, monociti, macrofagi (differenza tra monocita e macrofago: il monocita in circolo non ha attività macrofagica, appena esce dal vaso ce l'ha; il macrofago nella sua vita fa 2 cose: fagocitosi e presentazione dell'antigene al linfocita). Attraverso l'uscita del liquido e delle cellule, l'ospite localizza il danno attraverso l'agente chemiotattico (il quale è maggiormente concentrato nel luogo di flogosi). La cellula, che deve esser

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orientata, sente, mediante i suoi recettori per le chemochine, questo gradiente di concentrazione e dal luogo meno concentrato va nel luogo più concentrato, cammina ed arriva nel luogo di flogosi dove deve espletare la sua funzione. La funzione principale nell'infiammazione acuta è quella di allontanare in qualche maniera l'agente patogeno che abbiamo chiamato flogogeno perché suscita infiammazione. Se fosse un agente che dà degenerazione lo chiameremo agente degenerativo. Se fosse un agente che dà cancro lo chiameremo agente oncogeno. Possono dare flogosi agenti fisici, chimici e biologici. Naturalmente, avranno proprietà diverse:

• agenti fisici: traumi, radiazioni ionizzanti, eccitanti (questi hanno pure potere oncogeno o possono provocare anche solo eritema);•

• agenti chimici;• agenti biologici: tutti la gamma dei

microorganismi (virus, batteri…).

Alla fine dell'infiammazione acuta, dopo che siamo riusciti ad eliminare l'agente flogogeno, abbiamo la rigenerazione del normale tessuto se il danno è stato lieve, se il danno è consistente, abbiamo la formazione della cicatrice (è un tessuto diverso da quello di origine, non più funzionale) in sostituzione di quel che abbiamo perduto e non può essere riparato. La riparazione dell'epidermide attraverso la cicatrice, con la coagulazione del sangue, impedisce l'ingresso dei germi, è una funzione fisiologica quella della cicatrice. Se la cicatrice si forma all'interno del polmone come esito di un processo infiammatorio importante soprattutto cronico dove c'è perdita di sostanza,

ripariamo con una cicatrice, ma il polmone, fisiologicamente, ha la capacità di espandersi e, riparando il danno con le cicatrici, diminuiamo la capacità respiratoria del polmone. Qua [immunità] riesce a fare un'offesa più grave [del danno stesso], ma la deve fare, non c'è altro modo, per questo vi ho detto che l'infiammazione è una difesa, intanto èuna risposta, quel che farà lo vedremo, normalmente è una risposta di difesa. Noi abbiamo migliaia di episodi infiammatori durante la vita e sono di difesa, mentre, a volte non lo sono. In alcune condizioni, la capacità di eliminare questo tessuto leso (necrotico, morto) e gli agenti estranei è impedita, allora l'infiammazione diventa cronica. Cronica (non è solo una questione cronologica, là [infiammazione acuta] si guarisce, qua [cronica] rimane) è anche una questione di partecipazione, là il compartimento vascolo-ematico, il microcircolo, qua le cellule (linfociti, macrofagi, fibroblasti che tentano di riparare, creare un cuscinetto attorno)." Altra definizione [di infiammazione] simile, aggiunge il fatto che la risposta è da parte di tessuti molto vascolarizzati. “L’infiammazione è la risposta a un danno da parte di tessuti vascolarizzati (Robbins)”. Una reazione complessa […] ve l'ho voluta dare perché alcuni libri dicono una cosa altri un'altra cosa, ma il concetto è uguale.Quest’ altra definizione di infiammazione è bella, ci sono tanti verbi all'infinito: "L’infiammazione serve a distruggere (se ci riesce distrugge l'agente eziologico), diluire (col liquido), confinare (vuol dire che con questo liquido lo chiudiamo, lo confiniamo lì e proteggiamo il resto dell'organismo) e mette in moto una serie

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di eventi che porteranno alla guarigione e al ripristino del tessuto che era stato danneggiato". Durante questo ripristino si possono verificare quelle due vie che abbiamo detto poco fa: il tessuto danneggiato può essere

sostituito mediante la rigenerazione di cellule, non c'è perdita di sostanza, oppure per mezzo di riempimento di quella parte di tessuto mancante con tessuto fibroso, la cicatrice e quindi rendendolo poco funzionale.

1.1 Cenni storici1.1 Cenni storici Celso, uno studioso, IV secolo a.C., disse che i segni dell'infiammazione erano 4:

• rubor: rossore, è rosso per vasodilatazione e comporta calor;

• calor; • tumor: gonfiore, se il liquido dai

vasi si sposta nei tessuti c'è gonfiore;• dolor: dolore causato dalla

compressione esercitata dal gonfiore sulle terminazioni nervose.

Virchow, un poco più moderno, aggiunse un quinto segnale che è la functio laesa, se questa infiammazione è importante, io quella parte dell'organismo non la posso usare. Hunter, uno studioso inglese, parlò di risposta aspecifica, aspecifica vuol dire che non è selezionata solo verso quell'agente di danno che sia chimico, fisico, biologico, anzi ci dice che la risposta infiammatoria, perlomeno nelle prime fasi, è una risposta aspecifica stereotipata, stereotipata vuol dire sempre uguale qualunque sia l'agente flogogeno. Ho detto

nelle prime fasi, cioè vaso-costrizione, vaso-dilatazione, aumento della permeabilità.Cohnheim facendo esperimenti su tessuti sottili dove il microcircolo si riusciva ad apprezzare (lingua di rana), fece degli studi e vide questa vaso-dilatazione e si rese conto di quello che succedeva. Metchnikoff, passeggiando sulla spiaggia di Sant'Agata, dove c'era stata una mareggiata, vide delle stelle marine appena spiaggiate e osservò il loro movimento mentre "mangiavano". Stava conducendo degli studi sulle cellule bianche e scoprì la fagocitosi. Non è un caso che Metchnikoff vinse il premio Nobel nel 1908 assieme ad Erlich (quello che ha scoperto gli anticorpi), il primo con la fagocitosi, il secondo con gli anticorpi. All'epoca, Erlich li definiva "fattori sierici". Lewis (erano contemporanei) definì il ruolo dei mediatori (senza mediatori il processo infiammatorio non può avvenire). L'infiammazione è un processo che incomincia, ha varie evoluzioni e finisce nell'infiammazione acuta.

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1.2 Concetto di flogosi1.2 Concetto di flogosiEFFETTI LOCALI EFFETTI SISTEMICI

Rubor Sintomi specifici della patologia infiammatoria

Calor Febbre (quando non supera i 38°C ed è costante si parla di febbricola)

Tumor Anoressia (perdita di appetito)

Dolor Debolezza (per proteolisi muscolare)

Functio laesa Alterazioni equilibrio idrico e acido-basePerdita di minerali

Leucocitosi

Modificazioni biochimico-cliniche di fase acuta

Qua [nella tabella soprastante] vedo indicati i segni, quelli che si vedono a occhio, noi non ci basiamo sui segni, quelli li vedrete in semeiotica quando andrete giù in clinica, noi ci basiamo sulla funzione quindi cause e meccanismi, ma abbiamo detto effetti locali (rubor, calor, tumor, dolore e functio laesa), ma un'infiammazione acuta è in grado di provocare effetti sistemici (sistemici vuol dire su tutto l'organismo). Abbiamo detto che l'infiammazione acuta è localizzata, certo, se io mi mangio la pellicina dell'unghia e poi mi viene l'infiammazione non ha effetti sistemici, però se faccio un'appendicite acuta con una peritonite, qui li ho gli effetti sistemici. Se ho un'infiammazione cronica importante (tubercolosi, artrite reumatoide) ho gli effetti sistemici con i sintomi specifici propri di quella patologia infiammatoria, con la febbre, a volte una febbricola che accompagna questi processi (si definisce

febbricola quando non si superano i 38°C), con anoressia (perdita di appetito), debolezza per proteolisi muscolare (vengono degradate le proteine), alterazioni dell'equilibrio idrico ed acido-base. Avete mai visto la formula leucocitaria di un tizio con un'appendicite acuta? Al di là del fatto che urla per il dolore, appena arriva in clinica chirurgica uno che ha l'appendicite acuta, addome teso a tamburo, il chirurgo dice di fare un prelievo, un emocromo per vedere le modifiche della formula. Ho un'infiammazione acuta importante quindi rispondono i neutrofili, troviamo una neutrofilia assoluta perché l'aumento dei neutrofili trascina il numero assoluto dei bianchi (4-9 mila), trovate 20 mila bianchi che è un'allegria, 20 mila bianchi fanno paura e se la norma è 60-70% di neutrofili su 6000 cellule (facciamo una media) sono 3600, ma 80-85% di 20 mila, come nell'appendicite, sono 16 mila!!!

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quindi cambia il numero relativo e il numero assoluto. Per questo il chirurgo vuole sapere quanti bianchi ha, se trova questi valori dice che qua c'è un'appendicite acuta e c'è la possibilità che il viscere si buchi e venga una peritonite (di peritonite si può ancora morire); ci potrebbe essere un volvolo e qui il discorso è diverso, sempre da operare, ma è diverso, il medico vuole sapere davanti a cosa è! Perdita di minerali; leucocitosi; modificazione biochimico-cliniche di fase acuta, ci sono proteine che chiamiamo di fase acuta che schizzano in alto, anche la VES (velocità di eritrosedimentazione), la Proteina C-Reattiva compare, tutti i segni dell’infiammazione, quindi gli effetti sistemici si hanno quando l'infiammazione è importante e comporta la partecipazione di questi sistemi. Qual è la finalità del processo infiammatorio? Diluire, isolare, distruggere la causa. Anche qua avremo l'afflusso di sangue, l’essudazione (il liquido che mandiamo fuori dal vaso nei tessuti si chiama essudato, ex sudo, esco fuori da) quindi il liquido va nel tessuto, diluisce le tossine, fa arrivare nel sito le difese naturali, perlomeno intanto quelle solubili. Nel sangue ci sono difese naturali come le proteine del complemento (sono 9), la funzione del complemento è far arrivare le proteine specifiche che possono essere gli anticorpi (siamo già in una fase avanzata dell'immunità), anche i farmaci che voi date al paziente arrivano tramite il sangue. Vi sono, inoltre, i fattori della coagulazione che vengono messi in moto. Sono 3 i sistemi che si intersecano nella risposta infiammatoria:

• sistema del complemento;• sistema della coagulazione; (e)

• il sistema delle chinine.

Perché il sistema della coagulazione? Se il danno ha colpito dei piccoli vasi, qualcuno li deve riparare, se non li ripariamo avremo l'emorragia, vedremo il ruolo della fibrina, fibrinogeno che diventa fibrina e quindi dei piccoli tappi che si formano nei piccoli vasi danneggiati. D'altra parte, contemporaneamente comincia e viene promosso il processo riparativo che può essere di diverso tipo. Qual è la finalità? L'obiettivo alla fine è rimuovere da quel sito di flogosi il tessuto danneggiato! Una volta che abbiamo eliminato l'agente eziologico dobbiamo anche eliminare il tessuto danneggiato.Per ricapitolare, obiettivi della risposta flogistica:

1. isolare, neutralizzare ed eliminare la causa:

afflusso di sangue, essudazione (che diluisce le tossine), affluenza, tramite sempre il sangue, delle difese naturali (complemento), specifiche (anticorpi) e, eventualmente, dei farmaci nella zona danneggiata; formazione di fibrina che evita emorragie a livello di piccoli vasi e limita, inoltre, la diffusione batterica;

2. iniziare e promuovere i processi riparativi;3. rimuovere dal focolaio il tessuto danneggiato (tramite la fagocitosi).

Facciamo un esempio per capire l'importanza di questo sistema, anche se non è sempre un sistema di difesa, finora lo è, abbiamo detto che ripara i piccoli vasi

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danneggiati, ripara il tessuto, allontana l'agente flogogeno, tutto quello che volete voi. Passiamo un attimo al cuore, un infarto cardiaco (l'infarto è un processo brusco, totale, necrotico che riguarda un vaso terminale, se il vaso non è terminale si può creare un circolo collaterale in maniera tale da ripristinare il flusso), abbiamo fatto morire questo pezzetto di cuore dove c'è stato l'infarto, tutto il resto dell'organismo si accorge di questo pezzetto necrotico (cellule che muoiono e che liberano sostanze che provocano infiammazione) attorno al quale arrivano i bianchi che devono mangiarseli, però si crea una situazione infiammatoria dove verranno liberate delle citochine (citochine: mediatori solubili prodotte da cellule attivate, mediatori dell'infiammazione ) quindi provocheremo un'infiammazione acuta con rubor, calor, tumor, dolor, vaso-costrizione fugace e transitoria del microcircolo, vaso-dilatazione, essudazione, liberazione di cellule che vanno a fare fagocitosi. Molto spesso abbiamo le complicazioni successive e sono date proprio da quella che avevamo definito "risposta di difesa" e quindi può complicare notevolmente la situazione.

Vi sono tre evoluzioni della flogosi:

1) eliminazione dell’agente causale (Infiammazione acuta), se il danno è lieve il tessuto danneggiato viene riparato, altrimenti viene sostituito da tessuto fibrotico;2) perpetuazione o cronicizzazione (sostituzione del tessuto danneggiato col tessuto fibrotico):

• persistenza del danno;• eccesso di fenomeni riparativi

connettivali (fibrosi);• riduzione e perdita di funzionalità

del tessuto o organo;3) malattia autoimmune (l’agente flogogeno può essere ad esempio un anticorpo che permane, vedi Tiroidite di Hashimoto).

Se eliminiamo l'agente causale, l'infiammazione finisce lì. Se invece il danno persiste, se c'è un eccesso di fenomeni riparativi, non rigenerativi, cioè la sostituzione del tessuto di origine con un tessuto diverso, fibrotico e allora ci potrà essere una riduzione o addirittura una perdita di funzionalità dell'organo stesso. Qui [slide] hanno scritto malattie autoimmuni, in queste abbiamo una risposta contro il self, per esempio nella tiroidite di Hashimoto (di questi tempi un tiroidite non si nega a nessuno in quanto la tiroide riesce a captare tutte le schifezze che ci sono nell'ambiente di tipo radioattivo o di tipo dannoso e fa danno) vi è una risposta cronica (persistenza dell'agente flogogeno). Nelle malattie autoimmuni purtroppo vi è una cronicizzazione dell'evento che fa partire l'autoimmunità in quanto l'agente flogogeno è sempre lì (ad esempio un anticorpo).

Classificazione:1) angioflogosi (infiammazione acuta): prevalgono i fenomeni vascolo-ematici ed essudativi, le infiltrazioni cellulari riguardano neutrofili (i quali arrivano subito, le più veloci anche perché sono già emarginate, ne giungono anche altre), macrofagi (il monocita deve prendere coscienza, uscire dal vaso e andare nel sito di flogosi). Il macrofago che deriva dal monocita si chiama macrofago mobile, poi ci sono quelli residenti che prendono il

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nome a seconda dei tessuti che colonizzano, tipo cellule del Kupffer nel fegato, la microglia, i macrofagi alveolari i quali hanno il compito di pulire gli alveoli polmonari. Nelle vie aeree fino ad un certo punto abbiamo le ciglia che col loro movimento eliminano, abbiamo la tosse che è un fenomeno positivo, ma poi ci sono delle sostanze come il PM10 [(Particulate Matter o Materia Particolata, cioè in piccole particelle) identifica materiale presente nell'atmosfera in forma di particelle microscopiche, il cui diametro aerodinamico è uguale o inferiore a 10µm, ovvero 10 millesimi di millimetro vd Wikipedia], che attraversano queste strutture e vanno giù fino all'alveolo e rimarrebbero lì se non ci fosse il macrofago alveolare; le particelle che voi aspirate nella sigaretta, le particelle di catrame vanno giù e se non vi fosse il macrofago alveolare che fa questo lavoro cioè endocita, non fagocita perché il macrofago non è nato per mangiare catrame o polveri sottili, non ha questo nel suo DNA, quindi endocita, risale il torrente respiratorio, a volte contro corrente perché quando noi inspiriamo lo buttiamo giù, quindi deve avere capacità locomotorie per buttare fuori, nelle prime vie aeree, questo contenuto. Il macrofago dei fumatori non ha questa capacità locomotoria perché l'abbiamo caricato talmente tanto di polveri e di catrame che se voi lo guardate al microscopio è nero, avendo acquisito questo catrame è pesante e non ce la fa a risalire la corrente. Questo polmone non viene pulito né dalla tosse né dalle ciglia. I macrofagi mobili vengono richiamati dal sangue periferico tramite i fattori

chemiotattici, quindi c'è un'aumentata mobilizzazione di queste cellule che vengono richiamate nel sito di flogosi; inoltre si è visto che almeno il 25% dei macrofagi alveolari, che sono cellule assolutamente specializzate, sono in grado di proliferare ( in genere una cellula molta differenziata non potrebbe replicarsi );2) istoflogosi (infiammazione cronica): a partecipazione cellulare, prevalgono i fenomeni di infiltrazione e proliferazione cellulare (macrofagi, linfociti, plasmacellule e fibroblasti). E allora nei processi infiammatori importanti cronici aumenta la quota cellulare locale, i macrofagi vengono richiamati dal sangue periferico, quelli locali proliferano, diminuisce la loro capacità apoptotica, e quindi queste cellule sono quasi immortalizzate. Non stiamo parlando di tumori, bensì di infiammazioni croniche. Nell'infiammazione cronica importante si crea quasi un cuscinetto cellulare attorno all'agente eziologico (il granuloma). Per esempio, c'è una patologia che riguarda il polmone profondo, ma riguarda anche altri parenchimi (celebrale, renale, etc...), per la maggior parte (circa 90%) è polmonare, si chiama sarcoidosi, è un'infiammazione cronica granulomatosa (significa che si forma un granuloma, il granuloma è un cuscinetto di cellule che si forma attorno ad un agente eziologico per circoscrivere, tipo quello che faceva l'essudato nell'infiammazione acuta, delimitare, se ci riesce distruggere, ma non ci riesce, l'agente eziologico). Il granuloma è un'espressione, non l'unica, dell'infiammazione cronica, questa si chiamerà infiammazione cronica granulomatosa (non c'entrano i granulociti! non fatevi trarre in inganno!!!).

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Le cellule responsabili sono i macrofagi, linfociti, attorno [ci sono] i fibroblasti. In genere i granulomi sono così costituiti, poi c'è quello più ordinato che è quello tubercolare dove le cellule sono ben visibili, da libro, se fate una sezione del granuloma tubercolare è lo stesso del libro; in quelli più complicati non si capisce nulla, ma la tipologia di cellule è questa. La sarcoidosi, infiammazione cronica granulomatosa, ha carattere sistemico, non locale. C'è un agente eziologico, ma nonostante siano passati 100 e più anni dalla scoperta, non è mai stato trovato, non si sa chi sia questo agente eziologico. Sono state fatte molte ipotesi: una tubercolosi causata da una batterio…, non si sa! Non è mai stato isolato. Né un virus, né un parassita, né un microrganismo… Quello che si sa molto bene è la patogenesi. Non conosco la causa, ma so quali sono gli effetti provocati dalla causa sconosciuta. Non so la causa, ma so che c'è stato qualcosa che ha provocato l'afflusso di linfociti e di monociti che diventano macrofagi (parliamo di polmone, ma può essere qualunque parenchima) al polmone. Arrivano monociti che diventano macrofagi appena escono dai vasi. Essi presentano un antigene sconosciuto a dei linfociti ( io non l'ho mai visto, nessuno di noi l'ha mai visto). Però, si sa che c'è un aumento dei valori delle proteine di fase acuta, quindi c'è un'infiammazione, un aumento dell'ACE (prodotta da cellule epitelioidi) quando il granuloma è formato (Io sto dicendo i segni indiretti). C'è la febbricola, la quale non è mai un evento positivo, c'è qualcosa che non funziona; c'è la tosse (stiamo parlando di un polmone) che non è una tosse

produttiva, catarrale (la tosse produttiva è quella del nonno bronchitico, quella bella piena, poi passa perché il catarro serve per tirar fuori l'agente eziologico), questa è una tosse secca, irritativa, continua che stanca la persona, ma non produttiva. Oggi sappiamo che questa tosse secca, irritativa è data da compressione dei bronchi: c'è qualcosa che comprime i bronchi, una formazione diremmo, ma non è un tumore. Allora il paziente arriva dal medico e gli dice "Dottore, ho la tosse!", la tosse non è mai qualcosa di sopportabile dal paziente, soprattutto quando dura mesi e quando è così secca e irritativa perché quando diventa produttiva passa! La stanchezza, l'anoressia, la debolezza muscolare, tutte quelle cose belle che abbiamo detto. Il tizio arriva dal medico un poco spaventato perché si fa il film: il tumore. No, non è un tumore. Allora il medico non capisce più niente, gli dice una radiografia. Nel primo stadio di questa malattia, malattia infiammatoria cronica, quello che si vede è un aumento dei linfonodi mediastinici, da qui la compressione bronchiale, dovuta ad aumento di volume dei linfonodi mediastinici. L'aumento di volume dei linfonodi vuol dire che c'è una risposta infiammatoria, e vanno a comprimere strutture circostanti. Se ci sono impegnati i linfonodi, vuol dire che c'è una risposta immunitaria verso non si sa cosa . Allora il medico a quel punto si domanda, senza dirlo al paziente, "Che diavolo faccio?". C'è uno stato oggettivo di sofferenza, ma vale la pena cominciare a buttare dentro l'organismo del soggetto cortisone? Non

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gli fate l'aspirina perché è un'infiammazione importante, allora, gli date il cortisone, però il cortisone a lungo andare può provocare diabete, osteoporosi, la pressione schizza. Si tratta di 50-60 mg al giorno, dosi da cavallo! Però i sacri testi dicono che nell'80% dei casi questa patologia, dopo il primo stadio, si spegne! Non sappiamo perché comincia e non sappiamo perché si spegne, ma si spegne! Il primo stadio dura dei mesi, poi si spegne. (Malattia curiosa, non sappiamo cosa succede. Si accende, dura, si spegne). Allora il medico si pone il problema "Vale la pena usare dosi da cavallo di cortisone per una patologia che fra un mese, due, sei si spegnerà? Il 20% prosegue e arrivano al secondo stadio: questa infiammazione dei linfonodi mediastinici si trasferisce all'alveolo, diventa un'alveolite linfocitaria, un'infiammazione cronica!Per sapere che abbiamo un'alveolite linfocitaria dobbiamo andare a guardare all'interno dell'alveolo. C'è una metodica cruenta, ma a volte necessaria per definire questo tipo di patologia, che si chiama lavaggio bronco alveolare o BAL. Quindi c'è il broncoscopio che deve arrivare nel polmone profondo e qui, tramite l’inoculazione di una soluzione fisiologica (10 cc alla volta), si lava dopodiché si aspira. Si ripete tutto fino a consumare circa 200 cc di questa soluzione. Si è visto che con questa metodica vengono su non solo le cellule di sfaldamento, ma viene su una fotografia cellulare di quello che c'è nell'alveolo profondo. Verranno su le cellule che stanno nell'alveolo (per dire patologico si deve avere davanti il fisiologico, i sacri testi dicono che c'è una normalità). Nell'alveolo polmonare normale troviamo

macrofagi che fanno le pulizie… Qualcuno ha fatto il citogramma, cioè una fotografia delle cellule che sono là, grosso modo ci sono 100 mila cellule per ml (si chiama cellularità normale). Se io, nella persona che sto sottoponendo a questa metodica, invece di 100 mila cellule, trovo 1 milione di cellule, cioè 10 volte tanto, dirò che è aumentata la cellularità. Non è senza motivo che aumenta la cellularità, quando ci sono più cellule vuol dire che c'è qualcosa che ne ha suscitato l'aumento, e poi le vado ad esaminare. Fisiologicamente su 100 cellule trovo 90% di macrofagi, significa quasi tutti, mentre il restante 10% è composto da 7-8% di linfociti, 1-2% di granulociti, ma pochissimi, e altri tipi cellulari che non ci riguardano. Quindi il rapporto è 90-10 più o meno. Se eravamo davanti a 100 mila cellule: 90 mila sono macrofagi, 10 mila sono linfociti ed altri. Il ruolo è chiaro: i macrofagi servono per pulire (questa è la fisiologia).Patologia: in questa patologia di cui stiamo parlando c'è una continua presentazione di un antigene che noi non conosciamo, ma che ci deve essere, perché questi macrofagi continuano a presentare antigeni ai linfociti T naive, se siamo davanti a un'infiammazione, questi T naive diventeranno TH1, TH17… Allora c'è questa continua presentazione (quindi capite il ruolo di questi due tipi cellulari), cosa succede quando facciamo il BAL (Lavaggio Bronco Alveolare) ad un soggetto con la sarcoidosi? Recuperiamo, invece di 100 mila cellule, 1 milione di cellule, già ne abbiamo 10 volte tanto! Di questo milione di cellule abbiamo 50% di macrofagi e 50% di linfociti. I macrofagi in percentuale sono diminuiti, ma il valore assoluto da 90 mila è arrivato a 500 mila, ma la cosa grave è che i linfociti da 10 mila

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sono arrivati a 500 mila!!! Se io trovo questo citogramma, io dico che il soggetto è in una fase acuta (è un'infiammazione cronica, ma dico una fase acuta) di alveolite, c'è una riaccensione della malattia, e allora lo devo curare, allora vale la pena mettere il cortisone. Qual è il rischio? Il rischio è che questa riacutizzazione (non è un'infiammazione acuta!) della cronica vada avanti e ad un certo punto ci sarà perdita di sostanza, la lesione venga riparata con cicatrici e quindi con la fibrosi! Fibrosi polmonare che può riguardare non solo il sito perché i granulomi possono essere multipli, in zone diverse, adiacenti, si fondono, quindi da un piccolo spazio ne occupano molto di più. Questo polmone che subisce processi di cicatrizzazione finirà per non essere più funzionale. E morire di fibrosi polmonare è una morte bruttarella perché significa arrivare all'insufficienza respiratoria. All'interno dell'alveolo stiamo trovando tantissimi macrofagi e linfociti (formula leucocitaria normale: 60-70% di neutrofili, 1-4% di eosinofili, se siete allergici arriviamo al 10%, se avete un'infezione da parassita arriviamo al 30%, nella Giardia intestinalis arriviamo al 28%, abbiamo una produzione anticorpale contro i parassiti, IgE antiparassita; le IgE contro una cellula importante che fanno? IgE si lega col frammento Fab all'eosinofilo e rimane un FC libero, l'eosinofilo ha un recettore per FC dell'IgE (epsilon receptor), lega FC e vi è il meccanismo dell'ADCC (Citotossicità Cellulare Anticorpo Dipendente). È anticorpo dipendente,quindi, se non c'è l'anticorpo questo meccanismo non avviene, poi libera perforina, granzimi e buca la membrana del parassita e quello schiatta (nota del correttore: nella

registrazione la prof dice chiaramente che le IgE legano, col frammento Fab, l’eosinofilo, in realtà non è così perchè le IgE rivestono con il loro frammento Fab il parassita. Gli eosinofili, invece, possiedono i recettori per il frammento Fc delle IgE, precisamente il recettore FcεRI, e quindi le legano, uccidendo il parassita con un meccanismo di citotossicità anticorpo-dipendente o ADCC). C'è un motivo per cui gli eosinofili aumentano nell'infestazione da parassita. I protagonisti dell'allergia sono il mastocita (abita nelle mucose e nel connettivo) e il basofilo (nel sangue) perché hanno dei granuli al proprio interno, si aprono, degranulano e buttano fuori istamina che richiama gli eosinofili (per fare che cosa?). L'allergene che entra nel mio organismo per la prima volta, apparentemente, non succede nulla, in realtà produco IgE in quantità industriali, le IgE stanno nel siero, hanno capacità citofile, vanno a legarsi al mastocita e al basofilo col FC e rimane il Fab a disposizione; quando l'allergene entra per la seconda volta, si legherà a due IgE a ponte e provocherà la degranulazione di istamina da parte del mastocita e/o basofilo con tutti i fenomeni che abbiamo detto: vaso-costrizione, vaso-dilatazione, aumento di permeabilità. Vengono secrete chemochine che attirano gli eosinofili, i quali sono buoni, e liberano MAO (MonoAmmino Ossidasi) e DAO (DiAmmino Ossidasi) che hanno il compito di degradare l'istamina (è uno dei principali mediatori dell'infiammazione acuta), ma poi liberano la proteina basica maggiore e la proteina cationica degli eosinofili che sono proteine edemigene (cioè causano edema, essudazione). L'istamina è il primo mediatore, dura 20-30 minuti, poi l'infiammazione è sostenuta

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da altri mediatori che arrivano un po' più tardi, per esempio, queste due proteine la cationica e la basica, che fanno danno. Poi subentrano altri mediatori

dell'infiammazione che sostituiscono l'istamina. Questo è il ruolo degli eosinofili, per questo aumentano.

Leilei Lin – corretta da Antonino Cincotta

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23/10/2013 Prof.ssa Sofo

2Infiammazione e PRRsInfiammazione e PRRs

La volta scorsa abbiamo detto che l’infiammazione è la risposta a una danno, ancestralmente è nata per essere una risposta di difesa a un danno e in linea di massima lo è ma, a volte, la risposta di difesa si rivela più dannosa del danno originale.Abbiamo anche detto che l’infiammazione in base alla cronologia si può classificare come:

1) Acuta: l’agente eziologico riesce a essere allontanato;

2) Cronica: l’agente eziologico non riesce a essere allontanato e persiste nel tempo.

Ma quello della cronologia non è l’unico

criterio per classificare l’infiammazione perché i due tipi di infiammazione si possono riconoscere anche in base alla partecipazione dei distretti dell’organismo:

1) Distretto vascolo-ematico: il microcircolo partecipa nell’infiammazione acuta con le sue componenti che sono arteriole, capillari e venule;

2) Le cellule partecipano nell’infiammazione cronica.

In base a quanto detto l’infiammazione acuta è anche chiamata angioflogosi e quella cronica istoflogosi.

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2.1 Agenti flogogeni2.1 Agenti flogogeniMa chi dice al nostro organismo che

deve difendersi da qualcosa? Come fa il nostro organismo ad accorgersi che deve difendersi da un agente flogogeno?L’altra volta abbiamo definito chi poteva essere un agente flogogeno: agenti chimici, fisici e biologici.Questi agenti chiaramente sono diversi dagli agenti oncogeni e dagli agenti degenerativi; gli agenti flogogeni sono agenti che causano infiammazione.

Fra gli agenti fisici ci sono per esempio le radiazioni, i traumi, la temperatura, e a seconda della qualità dell’agente fisico prevarrà un effetto piuttosto che un altro. Se la radiazione è eccitante può dare “solo” infiammazione, se è ionizzante, o anche quella eccitante in diverse condizioni, si può avere anche oncogenesi, cancerogenesi.

Gli agenti chimici possono essere migliaia, tanti quanti sono i composti chimici, presenti sia nell’ambiente circostante sia nel nostro stesso organismo, per esempio i cristalli di acido urico che noi produciamo sono potenti agenti infiammatori, e in questo caso l’agente

flogogeno è endogeno.

Agenti biologici sono tutti quelli che avete studiato in microbiologia, quindi virus, batteri, funghi, protozoi.

Altri agenti flogogeni endogeni, per esempio, sono gli immunocomplessi, la presenza dell’ostruzione del lume di un viscere, come nell’appendicite, componenti di cellule danneggiate o morte come avviene nella necrosi (per esempio nell’infarto, attorno alla zona infartuata si crea un alone infiammatorio che a volte fa più danno dell’infarto stesso). Quindi anche dal nostro stesso organismo possono derivare agenti flogogeni.E qualcuno ha chiamato gli agenti biologici causa di malattia che arrivano dall’esterno PAMPs (Pathogen-Associated Molecular Patterns), mentre quelli che derivano dal nostro stesso organismo sono stati chiamati DAMPs, (Danger-Associated Molecular Patterns) cioè agenti di danno.E quando sono presenti sia i PAMPs sia i DAMPs, il nostro organismo se ne accorge per la presenza di recettori.Ma andiamo per ordine.

2.2 Elementi dell’immunità innata2.2 Elementi dell’immunità innataNel nostro organismo, normalmente, non possono entrare sostanza estranee perché ci dovrebbe essere la barriera costituita da cute e mucose. In questa barriera ci sono cellule che dovrebbero rappresentare un

unicum invalicabile. Certo, se c’è una soluzione di continuo, un danno a queste strutture, gli agenti patogeni entrano più facilmente. Ma non c’è solo una barriera fisica, ci sono anche barriere chimiche e

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biologiche.Se vengono superate queste barriere c’è l’intervento sia fattori cellulari che fattori solubili.

I fattori cellulari sono le cellule dell’immunità innata: i neutrofili, le cellule dendritiche (macrofagi soprattutto) le cellule NK, le cellule endoteliali e le cellule epiteliali.

I fattori solubili sono il complemento, le pentrassine (la PCR, la Proteina C Reattiva), e a queste strutture cellulari e solubili recentemente è stata data un’importanza enorme.

In questa immagine sono riassunti i protagonisti dell’immunità innata che sono le barriere, le cellule effettrici circolanti, le proteine effettrici circolanti e le citochine.

Fra le barriere troviamo:1) cellule epiteliali;2) linfociti intraepiteliali: perché i

linfociti non stanno fermi, ma alcuni vanno nelle barriere;

3) defensine e altre sostanze solubili che stanno a livello delle barriere.

Le cellule effettrici circolanti comprendono:

1) neutrofili: hanno il solo compito di fagocitare e, ci riescano o meno, dopo un po’ di tempo muoiono perché sono cellule terminali, cioè non hanno capacità proliferative, anche se in tutto questo c’è una grossa diseconomia perché le cellule più rappresentate nella formula leucocitaria sono proprio i neutrofili (60-70%, quindi su 6.000 bianchi ci sono circa 3.600 neutrofili);

2) macrofagi: hanno il compito sia di fagocitare che di presentare l’antigene. Quindi sono gli elementi

di collegamento fra l’immunità innata e l’immunità adattativa;

3) cellule NK

Fra le proteine effettrici circolanti troviamo:

1) il complemento;2) pentrassine (PCR);3) collectine.

Io vi ho inserito queste tre proteine circolanti, ma ce ne possono essere di più.

Fra le citochine vanno menzionate:4) TNF (Tumor Necrosis Factor), IL-15) IFNα;6) IFN γ

Ma anche nel caso delle citochine ce ne sono molte altre e sempre di nuove ne vengono scoperte.

Questa immagine ripete un po’ le stesse cose, mostra che a un microrganismo che cerca di penetrare nel nostro corpo prima si oppongono le barriere fisiche (cute e mucose) e chimiche, se riesce a penetrare ci sono i neutrofili e le cellule NK che hanno un’azione tossica verso i microbi, servono a danneggiare o uccidere i microrganismi. Se non riescono a ucciderli, ci sono i linfociti intraepiteliali che dovrebbero svolgere questo compito e se, nonostante questo, il microorganismo riesce a entrare, ci vorranno “forze” diverse.

I neutrofili, quindi, sono il primo tipo cellulare a rispondere alle infezioni batteriche e fungine e la loro produzione è stimolata da citochine che ne promuovono la proliferazione e la maturazione1.Di neutrofili ne parleremo quando vi farò vedere la differenza nella presenza di

1Quello scritto in corsivo non è stato detto dalla prof.ssa ma l’ho copiato dalla slide (n.d.s.).

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granuli al loro interno. Ci sono granuli azzurrofili o primari (si chiamano così per la colorazione e non perché sono azzurri) e i granuli secondari. I granuli sono importanti perché hanno diversi comportamenti, e questo sarà interessante soprattutto quando parleremo della fisiopatologia dell’appartato respiratorio, perché questi granuli, che ci servono per

difenderci dalle infezioni, a livello dell’apparato respiratorio possono essere causa di danno.I granulociti nel polmone profondo, (polmone profondo significa alveolo), non si dovrebbero trovare, perché l’alveolo lo “puliscono” i macrofagi alveolari che abitano là, o monociti richiamati dal sangue periferico.

2.3 Sarcoidosi2.3 SarcoidosiLa volta scorsa vi ho parlato della

sarcoidosi, e vi ho detto che in questa malattia c’è un accumulo di cellule.La patogenesi di questa malattia è chiarissima, anche se non sappiamo qual è l’agente eziologico, non sappiamo cosa la causa, ma sappiamo tutto quello che succede dal momento in cui questo agente eziologico sconosciuto comincia ad agire.

Uno o più antigeni sono endocitati da una cellula che presenta l’antigene che ha un MHC di classe II, sono degradati ed esposti sulla membrana della cellula, sotto forma di una catena lineare di non più di 9-10 amminoacidi. Nel caso della sarcoidosi non sappiamo quale o quali siano gli antigeni che provocano la risposta, ma sappiamo tutto il resto, tutto quello che succede dopo.Sappiamo che c’è stata la presentazione perché sulla membrana del linfocita T che ha avuto la presentazione si trova un marcatore di attivazione, che è un marker, una molecola di membrana, che è presente solo dopo che il linfocita T è stato attivato. Per definizione, una cellula attivata ha conosciuto l’antigene; se sulla sua membrana viene fuori un marcatore di

attivazione, io posso dire che quella cellula ha conosciuto l’antigene, anche se non so quale antigene ha conosciuto, e lo posso dire perché questo marker non è costitutivo, ma viene espresso dopo l’attivazione.Per esprimere un marcatore di membrana c’è bisogno di un’attivazione genica, non nascono “come i funghi”, e questo marcatore di membrana che sta sui linfociti attivati si chiama CD40L (L sta per Ligando), mentre sulla membrana del macrofago che ha presentato l’antigene che ha attivato il linfocita T facendogli esporre CD40L c’è un marcatore chiamato CD40, che invece è costitutivo. Naturalmente, CD40L si lega a CD 40, quindi tutto questo mi dice che c’è stata un’attivazione, ma non finisce qui. Il legame CD40L-CD40 porta il macrofago a esprimere una citochina che ha una potente azione pro-infiammatoria, l’IL-12.Se io nel siero vedo IL-12 posso dire che c’è stata un’attivazione linfocitaria, ma non posso dire quale antigene l’abbia causata. E se i livelli di IL-12 aumentano molto, posso dire che l’attivazione c’è appena stata.L’IL-12, inoltre, si lega al proprio recettore,

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che sta sul linfocita T, e questo legame provoca la sintesi e il rilascio, da parte del linfocita T, di IFN-γ, altra potente citochina ad azione pro-infiammatoria. Alla fine, quindi, si ha l’espressione di due citochine a potente azione pro-infiammatoria, ed è per questo che si genera l’infiammazione, ma non sappiamo chi l’ha provocata.Ma non finisce qua, perché queste citochine prodotte, insieme a altre, hanno anche azione chemiotattica, richiamano altri monociti dal sangue periferico, che presentano l’antigene sconosciuto ad altri linfociti T, che produrranno altre citochine pro-infiammatorie, altre chemochine che chiamano altri monociti e la cosa continua. Sappiamo questo perché nel sangue periferico di questi pazienti si abbassano i linfociti e i monociti; queste persone hanno una leucopenia con linfopenia.

2.3.1 SARCOIDOSI E TEST DI MANTOUX

Se a questi soggetti si fa il test di Mantoux, che come sappiamo serve per sapere se si è venuti a contatto con il micobatterio, essi risulteranno negativi sia che siano entrati in contatto con il micobatterio sia che non vi siano entrati, perché i loro linfociti sono anergici.Come sapete, durante il test di Mantoux si inocula la PPD (Proteina Purificata Derivata dal micobatterio), che non ha potere patogeno, ma ha potere antigenico. Dopo 48-72 ore si controlla il punto in cui c’è stata l’inoculazione per vedere se è presente infiltrato linfocitario (ovviamente linfociti T, perché se al micobatterio rispondessero i linfociti B si farebbe un prelievo e si cercherebbero gli anticorpi).Questo test si fa perché, se si è venuti a

contatto con il micobatterio, ci saranno linfociti T della memoria, e saranno questi linfociti della memoria che arriveranno nel sito di inoculo, ed è per questo che si devono aspettare 48-72 ore, perché i linfociti hanno bisogno di tempo per essere richiamati dal sangue periferico e arrivare al sito di inoculo.E se vi arrivano non si formano papole , bolle, che si osservano, per esempio, in seguito ad allergie, e che sono morbide perché al loro interno si trova acqua, al limite qualche cellula (eosinofili).Qui, invece, arrivano i linfociti T, e quello che si forma è l’infiltrato linfocitario, che è duro perché al suo interno ci sono cellule, linfociti T, che arrivano lì perché si ricordano di aver conosciuto l’antigene che è stato inoculato, anche se privo di potere patogeno.Avere l’infiltrato, quindi, non significa avere la tubercolosi ma, al contrario, significa esserne protetti grazie alla presenza di queste cellule di memoria.Nel caso di un individuo con la sarcoidosi, quindi, la prova alla tubercolina è sempre negativa, ma non perché questo soggetto non ha mai conosciuto l’antigene, ma perché è anergico, e i suoi linfociti e i suoi macrofagi sono tutti nel polmone, sono sequestrati nel polmone, e per questo sono così poco presenti nel siero. Vengono richiamati macrofagi che presentano l’antigene che poi va al linfocita, poi vengono chiamati altri macrofagi, in un processo continuo, senza fine.

2.3.2 SARCOIDOSI E ACCUMULO CELLULARE

L’accumulo cellulare nel polmone profondo, quindi, è dato dalla coesistenza di tre meccanismi:

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1) aumentato richiamo dalla periferia, documentato dalla carenza periferica;

2) capacità proliferativa, che se la conoscevamo già per i linfociti T, non ce la saremmo aspettata per i macrofagi alveolari, che sono già cellule altamente differenziate, eppure sembra che una loro percentuale proliferi;

3) deficit dell’apoptosi: quando c’è una risposta immunitaria di solito c’è un’espansione clonale, ma poi le cellule muoiono e rimangono solo quelle della memoria. Nella sarcoidosi questo non si verifica, c’è un difetto nell’apoptosi.

Questi meccanismi si sommano e causano un notevole ammasso di cellule nel polmone profondo.

2.3.3 NEUTROFILI E SARCOIDOSI

Ma io, finora, ho parlato di linfociti e di macrofagi, non di neutrofili; i neutrofili non servono davanti a un antigene che persiste nel tempo, quindi di neutrofili non ne ho, almeno fino al 2° stadio della malattia dove c’è l’alveolite linfocitaria, infiammazione cronica.

Al 3° stadio della malattia, però, si cominciano a osservare popolazione

cellulari cambiate: perché no vedo più macrofagi e linfociti, ma comincio a vedere neutrofili, e la presenza di neutrofili è un indice prognostico negativo.Perché ci sono i neutrofili? Perché il neutrofilo, oltre a fagocitare si occupa di riparare, produce fattori di crescita per i fibroblasti, partecipa alla riparazione e, allora, se io in un 3° stadio, dove non c’è più infiammazione cronica e infiammazione acuta non ce ne può essere, vedo neutrofili, vuol dire che stanno riparando, e quindi producono tessuto fibrotico.E, infatti, il 3° stadio della sarcoidosi è la fibrosi se il paziente ci arriva perché, per fortuna, dopo i primi stadi, la sarcoidosi si spegne, non si sa perché, lasciando più o meno danni a seconda di quanti episodi di alveolite ha causato.La presenza, quindi, in un citogramma, in un lavaggio bronco-alveolare, di neutrofili, è un indice prognostico negativo, perché vuol dire che è al 3° stadio e che sta facendo fibrosi, e fibrosi significa l’avvio verso l’insufficienza respiratoria. In atto la fibrosi non si cura molto, si troveranno citochine del profilo TH2, che è il profilo riparativo, in cui si interrompe l’infiammazione, si produce il TGF-β (Transforming Growth Factor-β).

2.4 Monociti e macrofagi2.4 Monociti e macrofagiChiusa la parentesi sulla sarcoidosi,

volevo dirvi che i neutrofili li trovate durante l’infiammazione acuta, all’inizio. Vivono 1-2 giorni e poi muoiono, e poi li potete trovare durante il processo di

riparazione, quando l’infiammazione finisce.

Questa immagine fa vedere i macrofagi nei loro diversi stadi di sviluppo.

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Prima nel midollo, poi monociti circolanti, avete mai visto il monocita su un vetrino? Ha il nucleo reniforme, per chi vuole essere colto, o a forma di fagiolo, perché ha una piccola curvatura nel mezzo.

Fig. 2.1 Monocita.

Poi si vedono anche i macrofagi tissutali. Vedete che forma ha il macrofago attivato? Vedete che è diverso?

Fig. 2.2 Macrofago attivato

Queste cellule hanno l’importante compito di “sentire” (il termine inglese “sensor” rende meglio l’idea) la presenza di agenti o estranei all’organismo, i PAMPs, o sostanze dannose dell’organismo, come la proteina β-amiloide nell’Alzheimer, che è una sostanza dannosa che viene sentita dai

PRRs (Pattern Recognition Receptors), in particolare dai TLRs (Toll-Like Receptors). Questi recettori non riconoscono virus o batteri particolari, ma riconoscono profili molecolari, quindi il riconoscimento non è specifico e non da memoria.

E questa capacità di riconoscimento serve a parecchi meccanismi:

innescare la produzione di intermedi reattivi dell’ossigeno (li producono i macrofagi e i neutrofili), quindi innescare quei meccanismi di uccisione sia ossigeno-dipendenti;

innescare meccanismi di uccisione ossigeno-indipendenti, con la produzione di enzimi come il lisozima o enzimi idrolitici che danneggiano eventuali aggressori;

produrre composti dell’ azoto, l’ossido nitrico (NO) che ha un ruolo di vasodilatatore;

produrre peptidi antimicrobici e citotossici in senso lato;

produrre citochine e chemochine.Una volta, quindi, che il sensorio si accorge di questa presenza (sensorio che può stare o sulla membrana cellulare o nel citosol, sugli endosomi) manda un messaggio attraverso due vie, o quella MYD88 (Myeloid Differentation primary response gene)-dipendente o quella MYD88-indipendente.Citochine e chemochine, ecco perché qualcuno l’ha chiamato network immunitario. Perché il network è una rete, e una rete è composta da nodi collegati da fili, e noi lo chiamiamo così perché i nodi possono essere le cellule e i fili i mediatori solubili, e allora i mediatori solubili hanno il ruolo di collegare le cellule. Le chemochine chiamano cellule che

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secernono citochine che chiamano altre cellule in un modo che non finisce mai, a

meno che qualcuno non lo fermi.

Fig. 2.3 In questa immagine si vedono alcuni PRR

2.5 PRRs2.5 PRRsQuesta slide riassume quello che

stavamo dicendo, e cioè che i PRRs si attivano mediante il legame con il ligando e, una volta attivati, stimolano vari processi:

la produzione di ossigeno nascente e di prodotti intermedi dell’ossigeno;

l’attivazione della cascata del complemento: si definisce cascata perché una vota innescata non si ferma più; ci sono gli inibitori, ci sono attivatori che agiscono sui precursori e vanno avanti;

l’attivazione degli interferoni; l’attivazione delle cellule NK; la produzione di citochine e

chemochine; la produzione di molecole di

adesione: sono importanti perché l’endotelio esprime dei recettori, le

cellule esprimono dei ligandi e in questa maniera possono ancorarsi alle pareti dei vasi, altrimenti verrebbero spazzate via dal circolo. In questa maniera, invece, si ancorano e riescono a uscire tra due cellule endoteliali o attraversando la cellula endoteliale;

produzione di pentrassine, proteine della fase acuta;

produzione di peptidi di vario tipo, tutti mediatori solubili dell’infiammazione.

In quest’altra immagine vediamo un riassunto dei vari PRRs, associati alle cellule (quindi che stanno sulle membrane plasmatiche o all’interno del citoplasma) e solubili, con la loro localizzazione e i loro ligandi.2.5.1 PRRs ASSOCITAI ALLE CELLULE

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I PRRs associati alle cellule comprendono:

1) i TLRs: si trovano sulla membrana plasmatica o su quella endosomiale. Legano l’LPS, il lipopolisaccaride, componente della membrana esterna dei batteri Gram-negativi, i peptidoglicani batterici e, quelli che stanno sugli endosomi, legano il DNA o l’RNA virale;

2) lectine di tipo C: ce ne sono di vari tipi, qua vi ho segnato il recettore per il mannosio e le dectine. Si trovano nella membrana plasmatica dei fagociti. I recettori per il mannosio legano il mannosio, ma anche il fruttosio, mentre le dectine legano i glucani dei miceti;

3) i recettori scavenger, soprattutto il CD36: stanno sulle membrane plasmatiche dei fagociti e riconoscono i diacildigliceridi microbici, che stanno sulla membrana dei microbi;

4) recettori a 7α-eliche: si trovano sulla membrana plasmatica dei fagociti e riconoscono peptidi con residui di azoto formilati;

5) Nod-Like Receptors (NLRs): ne abbiamo soprattutto due famiglie, il NOD1 e la famiglia NALP o inflammasomi (l’inflammasoma è un complesso proteico fatto da diverse proteina). Questi due tipi di recettori si trovano sul citoplasma dei fagociti e nelle cellule epiteliali e sono importanti perché, soprattutto i membri della famiglia NALP, riconoscono elementi endogeni, come i cristalli di urato che spiegano la gotta. I NLRs riconoscono anche la flagellina e i

peptidoglicani delle pareti batteriche.

6) Rig-Like Receptors (RLCs): si trovano nel citoplasma dei fagociti, ma anche di altre cellule, e riconoscono l’RNA virale.

2.5.2 PRRs SOLUBILI

I PRRs solubili (solubili vuol dire che li troviamo nei sieri), invece, comprendono:

1) Pentrassina (PCR): la troviamo nel plasma. Lega la fosforilcolina e lafosfatidiletenolammina microbiche;

2) Collectine solubili: la lectina che lega il mannosio può essere solubilizzata, e la troverete sempre legata a residui di mannosio e fruttosio. Ci sono anche due proteine, surfactanti A e B situate negli alveoli, che legano strutture microbiche;

3) Ficoline: si trovano nel plasma e legano componenti della parete dei batteri gram-positivi;

4) Complemento: lo trovate nel plasma e si lega alle superfici microbiche;

5) Anticorpi naturali: sempre nel plasma, legano fosforilcolina delle membrane batteriche e le membrane delle cellule apoptotiche (quindi in quest’ultimo caso parliamo di sostanza endogene, cellule apoptotiche che devono essere allontanate).

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Fig. 2.5 Struttura di un TLR

Fig. 2.4 Struttura dei vari TRL, non dovete impararli, l’ho inserita solo per vedere come sono fatti.

Ora vediamo più a fondo i singoli PRRs, lasciando i TLRs alla fine perché sono quelli più studiati e su di essi ci soffermeremo più a lungo.

2.5.3 LECTINE DI TIPO CLe lectine di tipo C sono proteine di

trans-membrana calcio-dipendenti, legano polisaccaridi tipo i β-glucani comuni dei batteri. Si trovano sulle cellule che

presentano l’antigene, macrofagi e cellule dendritiche. I β-glucani sono polisaccaridi lineari costituiti da molecole di glucosio tenute insieme da legami glicosidici. Quella più conosciuta è la lectina di tipo C che lega residui di mannosio, molecola presente sulla parete dei batteri, e che quindi troviamo costantemente.

2.5.4 RECETTORI SCAVENGER

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I recettori scavanger sono espressi sulle cellule fagocitarie, neutrofili e macrofagi. Ci sono due famiglie, chiamate A e B e quella che ci interessa di più è quella di tipo B o CD 36, che sta vicino ai TRLs.CD36 è una proteina di 88kd, e perché è importante lo scopriremo quando parleremo di Alzheimer. Vi ricordo che l’Alzheimer è in costante aumento, qualcuno dice perché si è allungata la vita media, ma ci deve essere qualche altra spiegazione che noi non conosciamo, ma il dato di fatto è che è aumentato nella popolazione generale.CD36 è presente su numerosi tipi cellulari fra cui l’endotelio e i macrofagi.I recettori scavanger sono in grado di legare sostanza degradate oppure l’accumulo metabolico delle LDL (Low-Density Lipoproteins) che troviamo o in circolo o nelle placche ateromasiche, al contrario delle HDL, che sono quelle che “puliscono”.Nelle risposte innate media l’endocitosi dei microorganismi nei fagociti. Vi ricordo che l’endocitosi è un meccanismo che, in linea di massima, funziona sempre; è la fagocitosi che non si sa se funzione oppure no. Per esempio, nei riguardi del micobatterio, il macrofago e il neutrofilo riescono a fare l’endocitosi, ma non vuol dire che riescano a fare la fagocitosi; il CD36, quindi, facilita l’endocitosi.A proposito dell’Alzheimer, recentemente è stato dimostrato che la proteina β-fibrillare, la β-amiloide, caratteristica dell’Alzheimer, (nell’Alzheimer abbiamo due proteine caratteristiche: la proteina β-fibrillare e la proteina τ, che si accumulano con la stessa modalità con cui si verifica l’accumulo di LDL nelle placche ateromasiche) è associata ad una ridotta

espressione di CD36 nella microglia, e sapete che la microglia nel SNC funziona come tessuto macrofagico, qualcuno definisce le cellule della microglia come i macrofagi tissutali del SN. Vi ricordo che l’amiloidosi oggi si chiama anche β-fibrillosi perché ha una struttura chimica in β-fibrille, qualcuno dice che ha la struttura pieghettata simile alla struttura delle proteine della seta.

2.5.5 RECETTORI A 7 ELICHEI recettori a 7 eliche, se guardate la

figura, capite perché sono chiamati così.

Sono composti da una unica catena polipeptidica formate da 7 α-eliche che attraversano sette volte la membrana. A queste 7 α-eliche si aggiungono 6 anse idrofile di collegamento, tre fuori e tre dentro la membrana plasmatica. L’estremita N-terminale è extracellulare, quella C-terminale è intracellulare. L’ansa intra-citoplasmatica che collega la quinta e la sesta elica trasmembrana, la terza intracellulare, insieme a un dominio della regione C-terminale, forma il sito di legame per la proteina G.Quest’ansa e la coda C-terminale avranno degli amminoacidi, soprattutto la serina e la treonina, che rappresentano i siti di quelli enzimi fosforilanti che sono importanti per la modulazione dei recettori (modulazione è una parola che

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può voler dire tutto o niente, perché può voler dire sia aumentare che inibire).Questi recettori si trovano sui fagociti e mediano i loro effetti tramite il meccanismo della proteina G. Riconoscono piccoli peptidi, purché posseggano residui N-formil-metioninici, e in genere tutte le proteina batteriche cominciano con questa sequenza, per cui il recettore consente ai neutrofili di riconoscere queste proteine.

Quando c’è un’infezione batterica aumentano i leucociti in assoluto, quindi c’è una leucocitosi, (aumenta la quota assoluta perché i neutrofili sono tanti e la fanno aumentare) con neutrofilia, proprio perché i neutrofili riconoscono queste proteine.In un’appendicite acuta, infatti, potete trovare anche 20.000 bianchi e trovate l’80-85% di neutrofili. Quando si presenta qualcuno con dolore acuto addominale, il chirurgo non prende subito il bisturi, ma prima effettua un prelievo per vedere davanti a cosa si trova. Se trova 20.000 bianchi con l’80% di neutrofili sa che è davanti a un’infezione batterica. Per esempio, quando c’è una colecistite, un’infiammazione della colecisti, anche chiamata empiema della colecisti, può anch’essa bucarsi, e il suo contenuto può spandersi nel peritoneo, e anche in questo caso aumentano i bianchi.

Mentre quando c’è un’eosinofilia siamo davanti a una parassitosi o un’allergia.Nel caso dell’allergia gli eosinofili inattivano l’istamina, con le MAO (MonoAmmino Ossidasi) e le DAO (DiAmmino Ossidasi) e, nella fase tardiva, fanno danno mediante la proteina cationica degli eosinofili e la proteina basica maggiore. E nelle parassitosi? E perché qualcuno dice che questo aumento

di allergie è dovuto all’eccessiva sterilizzazione dell’ambiente circostante? Quando c’era più sporcizia c’erano le parassitosi e le allergie erano minori, ora gli eosinofili non sanno cosa fare e vanno a fare danno.Nelle parassitosi gli eosinofili servono perché hanno il recettore per l’FC della IgE, IgE che deve essere legata al parassita mediante il FAB, causando l’ADCC (Antibody-Dependent Cell-mediated Cytotoxicity), la tossicità cellulare anticorpo-dipendente, e in questo caso l’anticorpo è l’IgE. Quindi, nelle parassitosi gli eosinofili fanno il killing dei parassiti mediante le IgE, che fanno da ponte.

I linfociti, invece, aumentano nelle infezioni virali, tranne nell’AIDS, dove si verifica un loro crollo, perché il virus dell’AIDS ha un tropismo verso i T (una volta dissi ai miei studenti che il virus dell’HIV ha lo stesso tropismo del virus del morbillo e agli esami uno studente mi disse che il virus del morbillo ha gli stessi effetti del virus dell’AIDS. Avete capito che non ho detto questo? Il virus del morbillo ha il tropismo verso i linfociti T-helper, infatti dopo la guarigione dal morbillo c’è un abbassamento delle difese immunitarie, che si devono ripristinare, mentre ovviamente nell’HIV non si ripristinano).

2.5.6 NLRS E INFLAMMASOMIGli NLRs sono proteine citosoliche

che riconoscono molecole batteriche come i peptidoglicani. Dopo il riconoscimento trasducono il segnale e devono attivare fattori di trascrizione, spesso l’NF-kB (Nuclear Factor Kappa-light-chain-enhancer of activated B cells), che trascrivono geni relativi alle risposte infiammatorie e anche, a volte, all’apoptosi.

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I più noti sono i NOD1, NOD2 e NOD3, ma soprattutto i NALP, in particolar modo il NALP3 lo ritroveremo come inflammasoma.Sono cinque membri, sono espressi nel citosol, e qualcuno ha detto che costituiscono la controparte citoplasmatica dei TLR. Riconoscono il muramil-dipeptide, che è uno dei profili molecolari rilasciato dai batteri, comune ai batteri gram-positivi e gram-negativi, ma riconoscono anche altri stressor metabolici, cioè i DAMPs, i prodotti dannosi per l’organismo, come l’amiloide nominata poco fa.

Qualcuno ha detto (Hiss, 2008)2 che mutazione di NOD1 sono associati a elevati livelli di IgE. Le IgE ce le abbiamo tutti, ma gli allergici ce le hanno più elevate, e mutazioni di NOD1 sono associati a elevati livelli di IgE, e quindi a una predisposizione verso asma eczematopici. Vi ricordo che l’asma bronchiale di tipo allergico (perché abbiamo tanti tipi di asma), è dato da una ipersensibilità di tipo I, IgE-mediata.

Mutazioni di NOD2, invece, deprimono l’attività di un fattore di trascrizione importante e sono stati associati a una suscettibilità genetica al morbo di Crohn, e più recentemente qualcuno le ha associati ai fattori di innesto della sarcoidosi.

Si verificano, pare, numerosi cross-talk, fra i TLRs e gli NLRs e questo porta all’attivazione di fattori di trascrizione che innescano l’espressione genica di citochine pro-infiammatorie, la pro-IL-1-β, ma anche altre IL ad azione infiammatoria, che sono la 18 e la 33.

La conversione di pro-IL1-β nella 2La prof.ssa non ha nominato questo studioso durante la lezione ma ho copiato il nome dalla slide

forma attiva (quando vedete “pro” è la forma che ancora deve essere convertita), richiede l’attivazione della caspasi-1 (ricordate che le caspasi sono proteine coinvolte soprattutto nell’apoptosi, ma anche nel processo infiammatorio, e si chiamano così perché presentano residui di cisteina e acido aspartico) e di un secondo segnale per indurre la formazione dell’inflammasoma, che è un complesso multi-proteico che comprende membri NLR, soprattutto l’NLR P3, ma anche altri (come NLR C4), proteine non-NLR, altre sostanze e tutto ciò inizia il clivaggio proteolitico per arrivare alla maturazione e produzione di IL-1-β (siamo partiti dalla pro-IL 1-β).Questi inflammasomi possono mediare l’attivazione di caspasi infiammatorie, per esempio la 1, cliva la pro-IL-1-β a IL-1-β, ma attiva anche la 18 e la 33 e in questo modo controllano la produzione e il rilascio di citochine complesse pro-infiammatorie.

Quello che conosciamo meglio è l’inflammasoma NALP3 che riconosce diversi composti, fra cui RNA batterici, ATP, cristalli di acido urico (gli urati che sono presenti nell’infiammazione acuta della gotta) e alcuni composti anti-virali. È una molecola complessa, attivata sicuramente dai PAMPs, ma anche dai DAMPs dell’ospite.Anche alcuni inquinanti, come la silice, l’asbesto (l’amianto), attivano questo inflammasoma, e sono elementi sicuramente dannosi, ma che arrivano dall’esterno.Esistono delle infiammazioni croniche, quindi sistemiche, che si chiamano silicosi e asbestosi, date rispettivamente da silice e asbesto, che sono infiammazioni croniche importanti, quella da amianto può

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evolvere verso il mesotelioma, tumore maligno grave che è stato dichiarato malattia professionale perché è presente in quelle fabbriche dove si produceva amianto.

L’attivazione di NALP3 può essere innescata da basse concentrazioni di potassio intracellulare e da radiazione UVB. Quando vengono riconosciuti questi stimoli, che quindi non sono solo stimoli batterici, ma sono anche stimoli chimici (silicio e asbesto), fisici (radiazioni UVB) si ha l’oligomerizzazione di NALP3, il reclutamento di caspasi1 e, a questo punto, si formerà il complesso inflammasoma attivo. Qualcuno dice che la presenza dell’inflammasoma porta a un elemento di raccordo tra l’immunità innata e quella adattiva, una specie di ponte fra questi due tipi di immunità. È possibile che questo tipo di inflammasoma sia coinvolto nell’ipersensibilità da contatto, quella di IV tipo, cellulo-mediata, ma queste sono cose in fieri, su cui sicuramente arriveremo a capire di più col tempo.

2.5.7 RLRs E INTERFERONI (IFN)Gli RLRs son una famiglia

composta da almeno 3 membri, ma può essere che nel frattempo ne sia anche stato scoperto un quarto, perché sono in continua evoluzione. Riconoscono l’RNA virale dentro il citoplasma delle cellule infettate, inducono la produzione di citochine infiammatorie ma soprattutto di interferone di tipo I. Queste citochine cominciano e controllano la risposta immune e quella innata attraverso il reclutamento di cellule dell’immunità innata, come i macrofagi e le cellule dendritiche; là c’è la bibliografia (Kunar, 2009; Wilkinsc, 2010)3, se avete voglia

3Vedi nota precedente.

andate a guardarla.Gli interferoni di tipo I sono

numerose proteine strutturalmente correlate all’IFN-α e ad una singola proteina IFN-β che riescono a legarsi direttamente alla cellula infettata, in maniera autocrina o paracrina.Come sapete in maniera autocrina vuol dire che si legano alla cellula stessa che le produce (un tipico esempio della regolazione autocrina è l’IL-2 che viene prodotta e si lega alla cellula stessa che l’ha prodotta), paracrina vuol dire che si lega alle cellule vicine, mentre endocrina vuol dire che agisce lontano attraverso il sangue.Si legano attraverso i recettori e iniziano la trascrizione di geni interferoni-stimolati (ISGs). Quando io ero giovane si diceva che gli interferoni si chiamavano così perché creavano interferenza: quando entrava un virus nella cellula non ne potevano entrare altri, ma non si capiva perché.Oggi si conoscono i meccanismi e si sa che gli interferoni hanno vari effetti:

inducono uno stato anti-virale in tutte le cellule;

inibiscono la replicazione virale; inducono l’apoptosi di cellule

infettate; incrementano la capacità litica degli

NK; up-regolano l’espressione di

molecole MHC di classe I; attivano l’immunità adattativa,

quindi anche in questo caso una specie di ponte fra i due tipi di immunità.

In base alla provenienza cellulare gli interferoni si classificano in:

1) Prodotti dai leucociti;

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2) Prodotti dai fibroblasti;3) Immunitari.In base alla struttura primaria delle

proteine si dividono in:1) di tipo I;2) di tipo II: solo l’IFN-γ.

Queste cose che oggi diamo per scontate, fino a una ventina di anno fa non erano acquisite e capitò che la sclerosi multipla venne curata per qualche tempo, con risultati disastrosi, con l’IFN-γ, mentre oggi è curata con l’IFN-β, il γ fa danno (l’abbiamo detto poco fa, è una citochina con potente azione pro-infiammatoria).Immaginate che voleva dire curare la sclerosi multipla con l’FN-γ? Ma è stato fatto un errore all’inizio perché si è creduto che gli interferoni fossero tutti uguali, oggi si cura con l’IFN-β con risultati decenti, si stanno provando anche nuove molecole, anche se ci sono alcuni individui non-responder all’IFN-β, e non rispondono perché producono anticorpi contro questo interferone, non sappiamo perché una persona li produca e un’altra no. Ricordo che dalla sclerosi multipla, nonostante quello che ogni tanto ne dicano i giornali, non si guarisce; viene rallentata, gestita

come una malattia cronica, ed anche questa è una malattia da dis-regolazione immunitaria.

L’IFNα ha un’azione immuno-modulante, agendo in vario modo:

può aumentare la fagocitosi; può aumentare la citolisi e la

produzione di ciotchine da parte dei macrofagi;

può agire sulle cellule pre-NK per indirizzarne la differenziazione, e quindi produrre cellule NK mature dotate di attività citolitica;

riduce il numero di linfociti T soppressori, che interferirebbero con l’azione delle NK;

modula l’espressione degli MHC I, responsabili della citotossicità, ma anche di quelli di classe II, responsabili del dialogo, della comunicazione cellule-cellula nella risposta immunitaria;

qualcuno parla anche si attività anti-neoplastica dell’IFN-α, perché pare che abbia effetto diretto anti-proliferativo, anti-blastico e anti-angiogenico, che è una cosa ancora più importante.

2.6 Neo-angiogenesi e tumori2.6 Neo-angiogenesi e tumoriPer neoangiogenesi si intende la

formazione di nuovi vasi e si verifica quando c’è un tessuto nuovo da nutrire, che può anche essere un tessuto sano che magari si è rigenerato, ma ovviamente può essere anche un tessuto tumorale, che ha bisogno di angiogenesi.

Una ventina di anni fa c’era stato molto entusiasmo perché uno studioso aveva cominciato una terapia anti-angiogenica nei soggetti malati di tumore ma, purtroppo, fece la sperimentazione neisoggetti malati terminali, che poi morivano probabilmente non più a causa del tumore

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ma perché i malati terminali hanno una serie di patologie concomitanti, e allora quella sperimentazione si interruppe. Dopo qualche anno per fortuna fu ripresa, e oggi abbiamo ottimi farmaci anti-angiogenici che si usano in caso di tumore, per esempio per il carcinoma renale.

Il carcinoma è un tumore maligno che colpisce l’epitelio ghiandolare (come il carcinoma mammario, carcinoma renale).Ricordate che il rene è l’organo più irrorato in assoluto e, mentre i carcinomi in genere danno metastasi per via linfatica, il carcinoma renale metastatizza per via ematica, è un’anomalia. Fino a qualche anno fa il carcinoma renale era curabile solo con la chirurgia, ma se il carcinoma era già uscito fuori dalla capsula c’era poco da fare.Fuori dalla capsula vuol dire che, in genere, quando cresce una neoplasia i fibroblasti cercano in qualche maniera di contenerla, ma vi ricordo che la crescita cellulare nei tumori maligni è infiltrativa a dita di una mano. Il cancro si chiama così perché viene dal latino “cancer”, il granchio, e all’epoca lo chiamarono così perché la crescita maligna è infiltrativa a dita di una mano. E pensate al chirurgo che si trova davanti una crescita di questo

tipo, infiltrativa, come fa ad escindere questo tumore? Nel tumore benigno, invece, la crescita è espansiva, a palloncino, ma i fibroblasti in qualche maniera chiudono.E allora, per quanto riguarda il carcinoma renale, esso ha una crescita subdola perché non ce ne si accorge, perché l’altro rene funzione, quindi la filtrazione è normale, la cavità dove cresce un tumore del rene è abbastanza grande quindi ha lo spazio per crescere. Ve ne accorgete solo quando comprime gli organi adiacenti, se è a destra comprime il fegato, quindi immaginate quanto può crescere questo tipo di tumore. Anche dagli esami non si vede niente perché l’altro rene funziona. E fino a qualche anno fa o c’era una buona chirurgia o si moriva. Oggi, invece, c’è questo tipo di terapia anti-angiogenica che, in pratica, affama il tumore, gli ”chiude i rubinetti”, esso non è irrorato e muore. Certamente ha effetti collaterali, ma è ovvio che il medico dovrà valutare se il gioco vale la candela, in questo caso io credo che la valga, altrimenti non ci sono molte chanches di sopravvivenza.In questo momento gli IF-α sono usati in alcune infezioni virali croniche, come l’epatite, in alcuni tumori solidi, e in alcune neoplasie ematologiche.

Valentina Urzì Brancati

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25/10/2013 Prof.ssa Sofo

3Attivazione dei PRRsAttivazione dei PRRs

Allora, vi ricordate dove eravamo rimasti? Avevamo parlato di alcuni sensori che stavano sulle membrane cellulari, l’ho detto al plurale perché alcuni stavano sulla membrana citoplasmatica, altri stavano sulle membrane endosomiali. E che ci fanno quelli all’interno? Servivano quando dovevano riconoscere segnali da microrganismi intracellulari. E abbiamo parlato di una serie di recettori, o meglio di famiglie di recettori. Oggi ci toccavano quelli che avrebbero dovuto essere i primi, cioè i TLR. Mano a mano che passa il tempo questi recettori si stanno mostrando sempre più importanti, perché erano nati per un compito di serie B, vero? Quando si parlava di immunità innata se ne parlava come una cosa di serie B. “Serve/non serve, sì ma all’inizio, poi c’è l’altra che è più importante...”. Quando io avevo la vostra età il timo era un organo che non serviva, e lo dimostrava il fatto che andava in involuzione, e non parliamo di molto tempo fa. Quindi questi TLR, che all’inizio erano nati come recettori di serie B, “ma stanno solo

sulle quelle cellule dell’immunità innata? Sui granulociti neutrofili? Sui natural killer? Su alcune cellule di serie B?”Ora qualcuno li riconosce anche sui linfociti. Come la mettiamo? Immunità innata e linfociti? Allora sono importanti..? Qualcuno adesso li associa a determinate malattie, anche importanti: all’asma, all’autoimmunità. Allora vediamo se è vero che sono di serie B o se sono importanti e non sono solo un elemento di raccordo tra questo e quello; vediamo se hanno un ruolo importante. Sapete che alcune malattie, anche piuttosto serie - lo scopriremo quando parleremo di Alzheimer; per questo tipo di patologia sapete che non c’è una cura, non si guarisce purtroppo, però si stanno provando delle terapie con dei farmaci che legano questi recettori; evidentemente questi recettori hanno un’importanza nella patologia. Quindi vedete, non sono solo curiosità scientifiche, sono cose che avranno riscontro nella vostra pratica clinica. Andiamo avanti e cominciamo con i nostri TLR. Sapete che sono stati scoperti nella

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Drosophila, sto povero moscerino del vino è sempre in mezzo ai piedi. Una volta che questo microrganismo - ma oggi non parliamo più solo dei microrganismi, non parliamo più solo dei PAMPs, ma abbiamo associato ai PAMPs anche altre cose, altri componenti dell’organismo, che possono essere cellule danneggiate, cellule morenti, macromolecole cellulari (nel caso dell’Alzheimer, macromolecole proteiche mal pieghettate).. vedete quante cose possono essere riconosciute? Oggi abbiamo aggiunto questo, e li abbiamo chiamati DAMPs, con la D di danno (o pericolo, danger); sicuramente sono sostanze, macromolecole, cellule che fanno danno. Quello di cui noi dobbiamo parlare è la risposta al danno. Una volta che questo benedetto patogeno - che sia agente chimico o biologico - supera la barriera cute-mucose, dove abbiamo visto che ci sono altre difese che potrebbero fermarlo, c’è un riconoscimento da parte di questa serie di recettori, i PRR, che sono i recettori di riconoscimento dei profili molecolari.Questi sono espressi sulle cellule dell’immunità innata, e già qui qualche piccola osservazione la potremmo fare: sono dell’immunità innata? O forse anche dell’immunità acquisita? Ora lo vedremo. E riconoscono profili molecolari, questo concetto ce l’avete? Profili molecolari, non riconoscono il determinante antigenico, così come fa la cellula più sofisticata, il linfocita T o il linfocita B. Questi sono un po’ più grossolani, riconoscono i profili molecolari. Quindi chiaramente non sono specifici e soprattutto non danno memoria. Quali sono i pattern dei microrganismi? Acidi nucleici, RNA a doppia catena di origine virale, DNA ricco di sequenze CpG

(Citosina-fosfato-Guanina non metilate - parleremo di queste metilazioni), tante proteine, io vi ho segnato i peptidi contenenti N-formyl-metionina, lipidi e carboidrati, quello più famoso e più studiato è l’LPS (lipopolisaccaride) dei batteri Gram-negativi, però ci sono anche quelli che contengono residui di mannosio, fucosio e di fruttosio nelle membrane batteriche, l’acido teicoico e gli acidi lipoteicoici dei Gram-positivi.

Tutti questi possono essere riconosciuti. Cosa succede una volta che avviene il riconoscimento da parte di questi recettori dell’’ospite? Succede che vengono innescate delle complesse vie di segnale - ricordate che il legame ligando-recettore può avvenire o sulla membrana plasmatica o dentro la cellula, per quanto riguarda i TLR interni. Vengono innescati segnali che portano alla risposta. Che cos’è questa risposta? La fagocitosi?Può essere! Oppure?

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La liberazione di citochine?Tramite che cosa?La produzione di fattori di trascrizione specificiE molto spesso l’NF-kB, ma anche altri. Ok, quali citochine? Dipende da dove siamo, dal tipo di risposta che dobbiamo innescare, dal patogeno che è entrato, dalla risposta dell’ospite verso il patogeno. La

cosa bella è che i PRR possono riconoscere sostanze patogene endogene, i DAMPs. Quali potrebbero essere questi DAMPs? Gli HSP (le proteine dello shock), le proteine ad alta mobilità, la FAA (quella dell’amiloide), le LDL ossidate, ma anche sostanze che derivano da cellule danneggiate o addirittura da cellule morte.

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Quindi lo capite in quante maniere si può innescare questa risposta? Dice “a me nella clinica non serve niente”.. no! Infatti attorno alla necrosi tissutale dell’infarto che si crea? Non si crea un alone di infiammazione? E perché? Perche vengono liberate queste sostanze, e quindi l’ospite reagisce. A volte la reazione fa più danno dell’infarto stesso. L’immunità innata sapete che serve anche da ponte per l’immunità adattativa, l’immunità che dà memoria ed è specifica. Viene innescata una via: se siamo su cellule fagocitarie, per esempio neutrofili e macrofagi, inneschiamo la fagocitosi e quindi la produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) che uccidono i microrganismi. Pensate a cosa succede nel portare questo meccanismo di difesa all’interno di un polmone: liberiamo ROS, che succede? È una risposta di difesa? Sì, ma danneggia il tessuto. Per questo vi dico, la risposta

infiammatoria è una risposta di difesa, sì, ma nella definizione. È una risposta, e questo nessuno ve lo potrà mai contestare, nata come risposta di difesa (perché in linea di massima fa tutte quelle cose belle e ripristina l’omeostasi tissutale), ma può avere anche ripercussioni sull’economia dell’organismo. Se invece innesca quei fattori di trascrizioni di cui parlava la nostra amica poco fa, che cosa succede? Produciamo citochine e chemochine. Questo tipo di mediatore solubile può interagire, può mettere in comunicazione cellule con cellule e può o amplificare la risposta, quindi creare un’infiammazione maggiore (abbiamo fatto un esempio con la sarcoidosi), o può inibire la risposta, perché se riesce a richiamare le cellule giuste la riposta si conclude con successo, l’infiammazione termina. Quindi capite che responsabilità ha tutto questo.

3.1 TLR3.1 TLRAd oggi sono stati descritti 10 TLR, nel topo 12, capaci di riconoscere tutto quello che abbiamo detto poco fa, vedete qui vi ho messo anche le categorie:

• il 3, il 7 e l’8 riconoscono gli RNA virali;

• il 9 il DNA;• le glicoproteine batteriche vengono

riconosciute da 1, 2 e 6;• il lipopolisaccaride dal 4;• la flagellina dal 5; e chi più ne ha

più ne metta.

Quindi evidentemente le cellule dell’immunità innata possiederanno un repertorio di recettori per riuscire a rispondere ai patogeni - ripeto, un

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repertorio di recettori che riconoscono i profili molecolari, non il singolo patogeno. 1, 2, 4, 5, 6, 7, e 9 sono dedicati al riconoscimento di alcuni componenti batterici, ormai questo si sa. L’LPS, che è il principale componente dei Gram-negativi, è riconosciuto dal 4 complessato con un’altra molecola, il MD2. Questo concetto si ripete, perché nulla è esclusivo in biologia, si ripete il concetto di una molecola associata con un’altra molecola, e si ripeterà un altro concetto: quello della dimerizzazione o trimerizzazione, quindi la reazione comincia in un modo, poi la molecola viene dimerizzata o trimerizzata. Il componente dei Gram-positivi, il peptidoglicano, e un altro componente, il lipoarabinomannano -che è una cosa orribile da dire- dei micobatteri della tubercolosi vengono “sentiti”, perché in effetti è come se sentissero, dal TLR2. Questa concezione è vecchia, del ’99, ma è ancora buona. Il TLR2, in associazione con l’1 e con il 6 “sente” i diacil o triacil-lipopeptidi che sono strutture batteriche dei micobatteri, del micoplasma. Gli streptococchi di gruppo B sono quelli più frequenti, vengono riconosciuti dal 7.

3.1.1 CELLULE DENDRITICHE

Questa è una panoramica che vi ho voluto fare. Fra le cellule immuni, dell’immunità innata, chi ci mettete? I neutrofili, gli NK.. Le cellule dendritiche secondo voi appartengono all’immunità innata o a quella acquisita? Ad entrambeee… E perché ad entrambe? Perché prima di processare l’antigene che devono fare? Devono catturarlo.Qualcuno chiama quelle che catturano “immature”, però attenzione su questo

“immature”, perché vi potete giocare la patologia. Perché una cellula immatura è una cellula che dà da pensare, vero? Che vuol dire immatura? Vuol dire che è uscita dal midollo non matura, e questo è un guaio! Le cellule escono dal midollo mature, tutte, ok? Se escono immature vuol dire che c’è un problema alla base, come una leucemia. Allora queste non è che sono cellule immature, vengono chiamate così perché la differenziazione, che è un’altra cosa rispetto alla maturazione di una cellula, non avviene con un processo del tutto o niente, non immaginate una cellula che un momento prima è meno differenziata e poi diventa differenziata. C’è una cinetica di differenziazione. Allora, nella sua cinetica di differenziazione, la cellula dendritica ha una prima fase che non è collocabile nel tempo, non posso dire che dura 10 minuti/un quarto d’ora/mezz’ora: una prima fase in cui capta l’antigene, ma non ha capacità presentanti. Per questo qualcuno la definisce immatura, ma state attenti, non è immatura, ha una fase precedente di differenziazione. Andando avanti nel tempo, quando serve questa cellula perde la capacità di captare, gradualmente, e acquisisce quella di presentare. A chi? È chiaro, diventa immunità adattativa a questo punto.

3.1.2 DENSITÀ RECETTORIALE

I TLR sono presenti sulle cellule immuni in maniera diversa. Cellule dendritiche mieloidi esprimeranno i TLR da 1 a 9, mentre quelle plasmacitoidi esprimeranno 7 e 9 in maniera importante, 2 e 4 più debolmente. Questo è un altro concetto che dovete tenere a mente. La densità

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recettoriale. Avete mai visto una cellula al microscopio a fluorescenza? Marcata con fluorocromi? Allora, quando noi vogliamo marcare un recettore non è che ne evidenziamo uno, dicendo “recettore, vieni qui che ti evidenzio”, cosa facciamo? Prepariamo degli anticorpi monoclonali contro quel recettore, anticorpo monoclonale che vi ricordo è specifico assolutamente per quel recettore. E lo leghiamo (al recettore). Questo legame però io non lo posso vedere, come faccio a vedere il legame di un recettore con un ligando? Per evidenziarlo devo preparare un anticorpo secondario contro l’anticorpo monoclonale, ma attenzione, ancora non lo vedrei, se non lo coniugassi con un fluorocromo, come la fluoresceina (verde), o la rodamina (rossa). Allora in realtà io vedo la lucina verde o la lucina rossa che mi dicono che cosa? (il microscopio a fluorescenza vi ricordo che è a fondo nero, quindi) vedo un alone verde o rosso, a seconda del fluorocromo che ho usato, che mi dice che l’anticorpo secondario si è legato al primario, che evidentemente s’è legato al suo recettore. Quindi io evidenzio in maniera indiretta - si chiama immunofluorescenza indiretta, perché non evidenzio direttamente il recettore, ma è il monoclonale che si è legato al recettore. È una cosa che noi facciamo in laboratorio. Quello che è importante è che quando guardiamo al microscopio a fluorescenza questo campo nero, queste cellule le vediamo molto luminose tipo festa di paese, dice “vieni a vedere, c’è la festa di paese”, oppure poco luminose, che vuol dire questo? O che ho sbagliato la tecnica, è pure possibile, e ho buttato là un sacco di soldi, oppure che la densità recettoriale è diversa.Attenzione, si può anche fare una cinetica

di espressione recettoriale! Noi la facevamo quando volevamo vedere la cinetica di espressione dei markers di attivazione. Che vuol dire? Volevamo vedere se quella cellula era attivata e quanto era attivata. Perché? Il marker di attivazione viene fuori ad un determinato tempo dopo l’attivazione. Per esempio, il più veloce ad apparire era il CD25, il recettore per l’IL2, che aveva una sua cinetica, un picco, e poi decresceva. Dopo invece 72 ore (quello di prima dopo 24 ore) veniva fuori un altro recettore di attivazione, che era il recettore per la transferrina. Quindi vedete, si potevano fare delle curve. Ma la cosa importante era la luminosità di queste cellule, che indicava una buona presenza, una buona densità recettoriale. E allora le DC plasmacitoidi esprimono in maniera intensa il 7 e il 9 e debolmente il 2 e il 4. Quale sia il significato biologico lo possiamo solo immaginare, ma non lo sappiamo. Poi 1,2,3,4,5 e 6 sono sulla plasmamembrana, quindi serviranno a riconoscere ligandi che vengono dall’esterno, mentre 3,7,8, e 9 sono intracellulari, nella membrana endosomiale, e quindi riconosceranno strutture endocellulari.Il 10 è solo nell’uomo, e il 12 e il 13 solo nel topo. Non abbiamo notizie -per vostra fortuna- su di loro, quindi non vi dico altro.

3.1.3 TRASDUZIONE DEL SEGNALE

Allora, c’è una differenza anche nel prodotto finale, perché mentre 1,2,4,5 e 6 portano all’attivazione del fattore NF-kB, quindi citochine pro-infiammatorie - quali sono le pro-infiammatorie? Il profilo Th1. (Profilo significa che non è soltanto quella

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cellula che la produce, l’IL12 chi la produce anche? Il macrofago, però si chiamano sempre cellule del profilo Th1, non significa che sono solo T helper.. la 17, anche quella ha azione infiammatoria dell’autoimmunità).

Il TLR7 e il 9 inducono l’interferone di tipo I. Il riconoscimento di acidi nucleici, DNA o RNA a doppia o singola elica porta alla produzione di interferone di tipo I, da parte di chi? Delle cellule fagocitarie, monociti prima (i monociti sapete che NON fagocitano, stanno nel sangue circolante, e per fagocitare devono uscire all’esterno, ma noi li chiamiamo ancora così per indicare quelle cellule che hanno capacità fagocitare, che quindi son diventate macrofagi, ma che vengono dal circolo).

Ne abbiamo parlato avantieri quando abbiamo parlato di sarcoidosi, l’infiammazione granulomatosa data da un accumulo di cellule; c’erano i monociti-macrofagi che venivano dal periferico, diventavano macrofagi nel polmone e si sommavano ai macrofagi alveolari. Allora, viene prodotto l’interferone di tipo I da parte di queste cellule fagocitare, di linfociti B e di cellule dendritiche plasmacitoidi. Se pensate a questa tipologia cellulare vi rendete conto che probabilmente questo interferone di tipo I prodotto da queste tre categorie di cellule a che cosa potrebbe servire? Qual è il ruolo di queste tre categorie di cellule? Cellule dendritiche, macrofagi e linfociti B? Presentazione dell’antigene. Anche i B sono cellule presentanti! Quindi l’IFN di tipo I viene prodotto dalle cellule presentanti l’antigene.

3.1.4 PBMC E ISOLAMENTO DEI LINFOCITI

Le cellule dendritiche plasmacitoidi -qualcuno le chiama anche cellule che producono l’interferone- sono le principali cellule produttrici di IFNα, e nell’uomo costituirebbero lo 0,2-0,8% delle PBMC (peripheral blood mononuclear cells). Il sangue com’è costituito, ragazzi? Plasma e parte corpuscolata: bianchi, rossi e piastrine. Se io voglio separarle queste cellule, c’è la possibilità di farlo? Fino al 1968 non c’era. Poi uno scandinavo -gli venne un’intelligenza mostruosa- decise che si potevano separare. Si chiamava Bøyum e inventò questa tecnica per cui le cellule del sangue periferico si separano e si può lavorare sui granulociti, sui linfociti, sui monociti, sui globuli rossi e sulle piastrine.

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Sapete come si fa? Le cellule del sangue periferico hanno un proprio diametro e un peso specifico soprattutto. Come diametro, diremo che le più grandi sono i polimorfonucleati neutrofili, mentre i globuli rossi, anche se piccoli come diametro, hanno il ferro, e il ferro pesa! Vanno giù. E allora, questo tizio scandinavo inventò una miscela di due zuccheri, chiamati Ficoll e [?] li mescolò nella percentuale giusta per dare origine a una sostanza che crea un suo gradiente di concentrazione. Cos’è il gradiente di concentrazione? Ne abbiamo parlato quando abbiamo parlato dei fattori chemiotattici, che camminano su un gradiente di concentrazione, che quindi si muovono da una zona a concentrazione minore verso quella a concentrazione maggiore. Questo vuol dire che noi possiamo separare le cellule del sangue approfittando del loro peso specifico; prepariamo questo gradiente di concentrazione, lo mettiamo su una provetta a fondo conico da 50 ml, mettete il Ficoll, sopra mettete a goccia a goccia con una pipetta Pasteur (dura 10 minuti, chi non ha pazienza meglio che non lo fa) il sangue che prima andava diluito, perché altrimenti gli elementi corpuscolati sono troppo concentrati e non vedete niente. Lo diluite e lo stratificate a goccia a goccia, in maniera che le cellule non vadano giù per gravità, ma si depositino su questo liquido biancastro, su questa miscela di zuccheri bianco-grigiastra. Questo sangue si adagerà e vedrete una figura: il bianco (costituito non dai globuli bianchi, ma dal Ficoll!) sotto, e sopra il rosso del sangue che avete diluito. Dopodiché questa provetta va messa in centrifuga refrigerata per 40 minuti, ad un determinato numero di giri. Alla fine dei 40 minuti l’immagine

sarà cambiata. Cosa vedrete? Il fondo è diventato rosso scuro, perché vi si sono depositati i globuli rossi, perché sono i più pesanti; ma insieme ai rossi, vanno giù anche i granulociti neutrofili. Allora, se io voglio lavorare sui neutrofili come faccio? I globuli rossi se non hanno la loro soluzione fisiologica non muoiono? Ci metti un goccino d’acqua e li hai ammazzati - i granulociti campano. Allora, sopra questo strato rosso si è adagiato lo zucchero, quello che avevamo messo al fondo. Sopra lo zucchero trovate un alone grigiastro, e sono linfociti e monociti. Vi ricordo che linfociti e monociti sono cellule mononucleate - non che gli altri abbiano 27 nuclei -, si chiamano mononucleati perché il nucleo è unico come morfologia. Nei linfociti in realtà è grande, a palla, e copre quasi tutto il citoplasma; nei monociti invece è unico con un lieve incavo. Però hanno lo stesso peso specifico. Sopra ancora vedete il liquido rossastro che avete usato per la diluizione, e ancora sopra le piastrine. Le piastrine non ci interessano, le buttiamo, e ci prendiamo linfociti e monociti. Però sono insieme, anche qua bisognerebbe separarli, perché a me servono solo i linfociti. Le PBMC sono le cellule mononucleate, sono tutte e due. Io voglio lavorare solo sui linfociti. Devo eliminare i monociti. Si approfitta del fatto che i monociti fuori dal vaso hanno capacità macrofagiche, quindi mangiano. Se io li voglio solo evidenziare, voglio sapere quanti ce ne sono, in maniera che la mia conta non sia falsata (mi serve un milione di linfociti però se li conto insieme avrò linfociti e monociti). Allora mi serve solo visualizzarli: ci metto il latex, una sostanza simile al lattice - se lo vedete al

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microscopio sembrano palline di polistirolo.. quando disfate il polistirolo avete mai visto quelle palline? Ecco, sono uguali. Allora, il monocita, che è già macrofago, mangia sta pallina e la vedete al microscopio, bellissima, la cellula con sta cosa bianca al centro. Quindi nella conta la escludete.Se invece voglio eliminarli i macrofagi - non mi servono, mi servono i linfociti puri - ora si usano le biglie di ferro, che sono una cosa molto elegante e costosa, mai ai tempi miei si andava dal ferramenta, e “scusi, mi dà un po’ di polvere di ferro?”.. la prima me l’ha data, la seconda me l’ha data, a un certo punto dice “signora ma lei fa il fabbro ferraio?”.. Non costava niente, polvere di ferro significa una cosa.. forse la fanno i carcerati, quando tentano con la lima di limare le sbarre.. non so chi la faccia però la compravamo dal ferramenta. Però capite che così si sporca, se ci metto la polvere di ferro la sterilità va a finire chissà dove. E allora hanno inventato un’altra metodica molto più semplice. Il monocita che diventa macrofago è una cellula aderente, aderisce alla piastra. Mettete questa sospensione dentro una piastra di Petri, la lasciate mezz’ora in termostato a CO2 - fuori dal termostato le cellule soffrono perché non hanno l’anidride carbonica e la temperatura adatta -, dopodiché la riprendete e i monociti sono adesi alla piastra che non li scollate manco con la varichina. Il sopranatante [o surnatante = ciò che galleggia sopra la soluzione] ha i linfociti. Quindi questa è il modo per purificarli.

3.1.5 MATURAZIONE DCSs

PBMC significa quindi peripheral blood mononuclear cells. Le cellule dendritiche

dove le trovate per loro definizione? Soprattutto nei tessuti barriera, quelli che ci separano dall’esterno. Quindi le cellule di Langerhans della cute, nelle mucose, e negli organi linfoidi, dove in pratica rappresentano le guardiane per gli agenti patogeni. Qualunque stimolo infiammatorio - là vi ho messo due citochine importanti, ma in realtà qualunque stimolo infiammatorio - induce la migrazione delle DC, dopo aver in qualche maniera captato - qualcuno dice “caricato” - l’antigene, dai tessuti periferici agli organi linfoidi secondari. Perché fanno questo viaggetto? Per andare a presentare l’antigene, dopo averlo caricato. Quindi fanno questi viaggi continui. Ecco, lo stato immaturo, vi ho spiegato che voglio dire quando vi parlo dello stato immaturo. Quindi “si trovano in uno stato immaturo” vuol dire che non hanno la capacità di presentare ma hanno la capacità di captare e caricare l’antigene. Perché? Perche mancano dei segnali accessori secondari che servono alla presentazione. Ho cercato di spiegarvi poco fa la cinetica di produzione dei recettori. Non è uguale, ci sono alcuni recettori che spuntano prima e in maniera più forte, altri che spuntano dopo e in maniera meno o più forte, dipende dal momento storico di quella cellula, dal momento dell’attivazione, da quello che volete voi. Se non ci sono gli altri segnali non possiamo presentare. Però anche se sono incapaci di presentare sono capaci di catturare. Che cosa? Antigeni solubili, antigeni particolati, microrganismi endocitati (fagocitosi, macropinocitosi) attraverso il recettore per il mannosio, di cui abbiamo parlato l’altro giorno, FCγR ed FCεR. Cosa sono queste sigle? Delle IgG e delle IgE di membrana. Quindi attraverso questi recettori.

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3.1.6 PLASTICITÀ

Cosa succede a questa cellula, una volta che è riuscita a catturare l’antigene, a portarlo dentro e caricarlo? Questa cellula comincia a maturare - diciamo differenziare, meglio? Ed esprimerà che cosa? Comincia con le molecole di MHC. Quali? MHC di classe II. E le molecole di co-stimolazione, vi ricordate che esistono molecole costimolatorie senza le quali questa presentazione non può avvenire. E anche gli antigeni associati alla differenziazione finale della cellula dendritica, quali CD83 e p55. Al contempo, mentre la cellula acquisisce queste capacità che quindi la portano verso uno stato di differenziazione maggiore, che le consentirà di presentare, comincia a perdere le capacità di captare. Acquisisce quelle ma comincia a perdere le altre. È chiaro come concetto, questo di plasticità? Lo troverete spessissimo in immunità. Plasticità che vuol dire? Non è una cellula che cambia vestito, è che può perdere un habitus -un fenotipo diremmo oggi- e acquisirne un altro. Come fa la cellula a fare questa cosina? Attraverso processi di repressione o de-repressione genica. Ragazzi, tutte le nostre cellule derivano da che cosa? Da una cellula uovo fecondata. All’inizio abbiamo le cellule staminali, quelle che possono fare tutto, è vero? Ma perché poi alla fine abbiamo un epatocita oppure un neurone? Vengono espressi, repressi o de-repressi dei geni. De-repressi che vuol dire? Che vengono attivati, ma noi preferiamo dire de-repressi perché evidentemente prima erano repressi. E allora questo concetto di plasticità delle cellule immunitarie ci tornerà utile quando parleremo di immunità adattativa, perché mentre ai miei tempi si diceva “esistono i

Th1, che sono un tipo, poi esistono i Th2, che sono un altro tipo” e le chiamavamo sottoclassi, oggi siamo sicuri nel dire questo? Sono cellule effettrici e cellule regolatorie, su questo non ci piove, però con determinate citochine, che fanno da mezzo - mezzo che vuol dire? Se io dico “le cellule si trovano in un mezzo”? Un ambiente ragazzi, un microambiente. Quando si trovano in un microambiente, con determinate citochine, che fanno? Essendo plastiche possono esprimere quel fenotipo, se invece si trovano in un altro ambiente microambiente esprimeranno un altro fenotipo. E da qui abbiamo il concetto di Th1, Th2, Th17 e Treg. Le prime tre classi effettrici, l’ultima regolatoria. Allora, la completa attivazione delle CD dipenderà dal contatto con le cellule T attraverso l’interazione CD40-CD40L - il ligando sta sui linfociti, il recettore CD40 sta sulle cellule rappresentanti e in questo caso le dendritiche - che porterà alla produzione di IL12. Se continuiamo questo passaggio dove arriviamo? Alla produzione da parte del linfocita T di IFNγ stavolta, γ quindi agente pro-infiammatorio potente. Ancora, come sono fatte le cellule dendritiche? Con delle estroflessioni che consentono alla cellula di fare che? Di aumentare la superficie che potrà essere di contatto. E porterà a una forte espressione di membrana di alcune molecole di adesione e di integrine, l’LFA3, l’ITAM1 e l’ITAM3. E quindi avranno una maggiore possibilità di interagire con le cellule dell’immunità adattativa.

3.1.7 ANERGIA

Quindi HLA di classe II, le molecole costimolatorie le conoscete già, CD80, 86 e

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40, che interagiscono con i rispettivi ligandi, e forniscono il secondo segnale che deve dare il via alla risposta proliferativa e non all’anergia. Che vuol dire, cos’è l’anergia? La mancata risposta. La mancata risposta perché? O perché è determinata geneticamente, oppure.. IL10, la conosciamo l’interleuchina 10? È una citochina che una volta si definiva del profilo Th2, oggi cosa diciamo della 10? Ci sono delle cellule che si chiamano proprio così, IL10-producenti. Quali sono? Le T regolatorie. Ma quali? Pare che lo facciano le Tr1. È complessa la cosa, ancora non ben definita.

3.1.8 ANERGIA TUMORALE

La 10 e il fattore vascolare di crescita (VEGF), queste due citochine, quando vengono secrete da cellule neoplastiche... Qualcuno dice che sono direttamente le cellule neoplastiche capaci di produrle, qualcuno dice - e forse ha più ragione, ancora non c’è certezza - che siano le cellule immuni infiltranti il tumore. Sapete che sono state scoperte cellule immuni infiltranti il tumore, e i linfociti T li hanno chiamati TIL [Tumor Infiltrating Lymphocytes], i macrofagi MIL [ma credo che in realtà si chiamino TIM e non MIL, e cioè Tumor Infiltrating Macrophages]. Quindi qualcuno dice che sono queste cellule immuni a produrre queste due citochine. E in pratica queste due citochine giocherebbero a favore del tumore, della cellula tumorale, perché l’IL10 ha funzione protettiva. Ostacolerebbero la maturazione delle cellule dendritiche, che quindi non potrebbero più esplicare il loro compito di cellule presentanti. Qualunque sia la verità, noi sappiamo che esistono delle

cellule infiltranti il tumore che fanno danno. Molto spesso all’esame istologico di cellule tumorali provenienti da un tumore l’istologo vi segnala una ricca presenza linfocitaria, che nella maggior parte dei casi è un indice prognostico negativo. Non sappiamo perché, perché una volta immaginavamo fosse una cosa positiva: ci sono i linfociti l’organismo sta reagendo. Perché se è tutto vero quello che stiamo dicendo, l’organismo teoricamente dovrebbe rispondere contro le cellule tumorali, le cellule tumorali finiscono per non essere self. Se sono cellule neoplastiche, produrranno alla fine proteine di membrana che sono ibride rispetto a quelle precedenti, quindi teoricamente dovrebbero suscitare una risposta. E qualcuno dice che la suscitano! Perché qualcuno -un po’ pessimista- dice che normalmente nel nostro organismo, continuamente noi facciamo cellule tumorali, ma che quando funziona la risposta immunitaria queste cellule vengono uccise e noi siamo liberi da tumori. Io non lo so se è vero, né so perché queste cellule non fanno il loro dovere. Una volta si diceva che c’era un effetto paradosso delle immunoglobuline. Le immunoglobuline venivano secrete in risposta alla cellula tumorale, la foderavano, la opsonizzavano, quindi legavano col Fab la cellula e rimaneva l’FC libero; il linfocita guardiano faceva da sentinella, vedeva un componente proprio e non si muoveva. Un altro diceva che questa immunità anti-tumorale funzionava quando il rapporto era 1:1, una cellula killer : una cellula tumorale, l’acchiappo, la uccido e non c’è più.. Ma voi sapete che una delle caratteristiche delle cellule tumorali -sia maligne che benigne- qual è? Si chiama in

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gergo sfuggita ai meccanismi di controllo della proliferazione. Quindi mentre noi parliamo quella prolifera, e allora i linfociti si troveranno davanti a una dose di cellule.. e qualcuno aveva tentato di fare questo, una ventina di anni fa Rosenberg negli Stati Uniti tentava di eliminare chirurgicamente la maggior parte delle cellule tumorali, di estrarre dal prelievo di sangue periferico i linfociti, attivarli in vitro, con quelle cellule tumorali, in maniera che quelle cellule avessero una risposta specifica verso quegli antigeni, e poi re-inoculava queste cellule così attivate dentro l’organismo del soggetto. All’epoca non ebbe grande successo, come si poteva pensare, perché le cellule attivate sì, potevano funzionare, ma qualcuno fece notare che gli esperimenti erano fatti su soggetti terminali, quindi -poveracci- quelli morivano per altri problemi. Una persona terminale, ammalata di tumore, in genere è cachettica, quindi ha altri problemi; anche il virus influenzale può fare danno. Contemporaneamente si stavano provando altre cose, come i fattori angiogenici, o il TNF, che si usa anche in altre patologie autoimmuni importanti, quindi ci sono dei tentativi in questo senso. Per esempio, ci sono state tiroiditi di Hashimoto diventate tumori maligni della tiroide, e quando il chirurgo è andato a eliminare ha visto linfociti a lavare, ma linfociti a lavare in una tiroidite di Hashimoto - non nel tumore - ne abbiamo! Però il gioco che fanno, il perché quella tiroidite diventa

tumore quell’altra no, non lo sappiamo. In ogni caso, nella tiroidite di Hashimoto c’è un’infiammazione cronica - le malattie autoimmuni creano un’infiammazione cronica, continua, l’agente eziologico possiamo eliminarlo? Credo proprio di no. Verso cosa risponde? Verso antigeni tiroidei. Come fai a eliminarli? Puoi eliminare la tiroide, e ti togli il pensiero.

3.1.9 PROPRIETÀ DEI TLRS

Allora, cosa sono chimicamente i TLR? Sono glicoproteine di membrana di tipo I, costituite da un dominio extracellulare ricco di leucine ripetute, e un dominio citoplasmatico chiamato TIR-dominio, acronimo di Toll IL1 Receptor. Cosa ci dice questo? Che i TLR condividono questo dominio intracellulare con la famiglia dei recettori dell’interleuchina 1. Quindi dominio TIR, a cosa serve ai TLR? A innescare il segnale di trasduzione e di reclutamento delle proteine adattatrici.Abbiamo detto l’altra volta che le vie di trasduzione saranno o MYD88-dipendenti o MYD88-indipendenti. Quindi le proteine adattatrici possono appartenere alle due categorie. Questo reclutamento delle proteine adattatrici porterà all’attivazione di numerosi fattori di trascrizione; quello principale è l’NF-kB, per la produzione di citochine infiammatorie, ma troveremo anche questi altri fattori di trascrizione: le MAP-kinasi, le IRF3/7 e tutto questo serve alla produzione di citochine infiammatorie in macrofagi, linfociti e CD.

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3.2 Mediatori chimici3.2 Mediatori chimici dell’infiammazione dell’infiammazioneVi voglio dire una cosa che sembra banale, ma poi ci cadete agli esami. Per fare tutto questo, sentire i patogeni o gli agenti di danno (PAMPs e DAMPs), portare dentro il segnale, reclutare le proteine adattatrici, attivare il fattore di crescita, portare alla sintesi di citochine e chemochine, secondo voi è un fatto che viene così, in 20 secondi? È una sintesi proteica in fondo, come il lievito del pane che ci mette 24 ore. E allora, quando parliamo di mediatori chimici dell’infiammazione acuta, e diciamo che IMMEDIATAMENTE - immediatamente che vuol dire? Vuol dire subito! E io invito ogni volta i miei studenti a graffiarsi, vi volete graffiare o vi graffio io? Mi state registrando, sarò perseguibile nel tempo. Mettete l’unghia sulla mano e strisciate. Subito cosa c’è? Una striscia bianca. Ma subito dopo cosa vedi al suo posto, Antonio? Un minimo rossore. E dopo quanto tempo l’hai vista la striscia bianca, Antonio? È immediata, transitoria, fugace, e viene sostituita da una striscia rossa. Per fare tutto questo, secondo voi abbiamo fatto in tempo a fare sto pandemonio [riconoscimento di DAMPs etc]? Credo proprio di no. Allora è chiaro che tutto questo non è dovuto alle citochine. E a che cosa è dovuto? La striscia bianca è una striscia che vi dice: vasocostrizione. Però immediata, fugace e transitoria, che lascia il posto a una striscia rossa, che invece vi dice che cosa? Il fenomeno opposto, vasodilatazione. Entro quanto, Alice? Subito anche questa! E secondo voi

facciamo in tempo con le citochine o le chemochine? Credo proprio di no! E allora, quando all’esame vi chiedono i mediatori chimici dell’infiammazione, non vi buttate sulle citochine, ci vogliono i tempi! Che cosa dovete dire? La vasocostrizione immediata fugace e transitoria da che cosa è data? Chi se ne può accorgere? Quando venite a fare esami come siete? Pallidi, vero? Perché siete pallidi quando avete esami? C’è stata una vasocostrizione mediata da..? Ci vuole un sistema nervoso! E che cosa fa questo? Allora, quando andate sulla moto a 200 all’ora, che cosa viene rilasciato in circolo? Adrenalina! Oooh! Le catecolammine, l’adrenalina.. poi anche il cortisolo farà la sua azione, però.. Ragazzi, erano gli ormoni che gli uomini primitivi usavano in grande stile per difendersi dalle bestie! Perché se non avevano questi ormoni che li facevano stare sul “chi vive”, le bestie se li mangiavano. A te oggi non ti mangia nessuno, però… Allora che cosa c’è ragazzi? Catecolammine, ci deve essere il sistema nervoso, perché è immediata, avviene subito. Però poi viene sostituita dalla striscia rossa, e la striscia rossa deve essere mediata da una sostanza che è già pronta, che non abbiamo il tempo di preparare come le citochine o le chemochine, ne abbiamo bisogno subito. Quindi deve essere un mediatore preformato (preformato che vuol dire? Che esiste già), che non fa danno, perché evidentemente è contenuto, e possiamo anche dire dove: in

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dei granuli, legato all’eparina perché altrimenti farebbe danno dentro la cellula, e si chiama istamina. Allora, chi c’è allergico qui dentro? Ecco.. a che cosa sei allergico? Agli acari. In realtà lui non lo sa, ma non è allergico agli acari, è allergico agli escrementi degli acari. Allora, il nostro giovane amico Enrico.. entro quanto tempo starnutisci quando entri in un ambiente polveroso, come una biblioteca? Appena entri cominci a starnutire. Io avevo un figlio che era allergico agli acari… cioè ce l’ho ancora! Quando era sotto la mia competenza, questa mamma stava sempre col panno bagnato a pulire tutto, perché appena entrava cominciava etcì etcì.. Quello che voglio dirvi è che chi è allergico sa cosa vuol dire immediatamente. L’azione immediata dell’istamina, perché non ti dà il tempo di pensare, l’istamina viene rilasciata subito, e fa danno. La sua azione dura 20 minuti/mezz’ora, ma attenzione! Non è che finisce lì l’infiammazione. Ci saranno altri mediatori preformati, non solo cellulari ma anche plasmatici, che sostituiranno l’azione dell’istamina e non solo! Oltre a questi mediatori preformati, ci saranno anche quelli di nuova sintesi, ma come dice la parola stessa ci vorrà del tempo per avere quelli di nuova sintesi. Le prostaglandine e i leucotrieni non stanno lì pronti, devono essere sintetizzati a partire dall’acido arachidonico di membrana, quindi ci vuole il tempo, ma intanto ha agito l’istamina. E allora, mediatori preformati immediatamente, mediatori di nuova sintesi gradualmente. È chiaro che si sommano spesso gli effetti. Comincia, continua, finisce. Allora, alla domanda d’esame: mediatori dell’infiammazione - poi li faremo -

cominciate col classificarli in preformati o di nuova sintesi, possono essere cellulari (che vuol dire cellulari? Che stanno dentro le cellule) o plasmatici quando stanno nel plasma; il complemento dove sta? Nel plasma! Le chinine dove stanno? Nel plasma! I fattori della coagulazione? Nel plasma! Cellulari: istamina, serotonina, POI citochine, ma dategli il tempo di arrivare, ci siamo? Senza i mediatori la reazione infiammatoria non avviene, quindi il concetto di mediatore chimico è: quella sostanza chimica che consente la reazione - senza quella sostanza la reazione non c’è. Allora deve provocare la vasocostrizione fugace, la vasodilatazione, e l’aumento della permeabilità di membrana, altrimenti non può uscire il liquido dal vaso all’interstizio. Ci siete ragazzi? Scusate se ve li ripeto, ma agli esami cadere sul mediatore chimico dell’infiammazione è ridicolo, questa una volta era la domanda che si faceva per aiutare, quando vedevamo il ragazzo in difficoltà.

3.2.1 INTERLEUCHINA 1

Andiamo avanti. Proteine adattatrici. Avrei fatto prima a scrivere MYD88-dipendenti e MYD88-indipendenti. Ne sono venute fuori anche altre, lasciatele stare, ma cerco di spiegarvi cosa succede. Perché abbiamo nominato l’IL1? Abbiamo detto che condividono quel recettore.State attenti, quando vedete pro-interleuchina vuol dire che quella è la citochina che ancora ha bisogno di essere convertita in citochina attiva. Quindi la produzione di pro-IL1α e β viene indotta dall’attivazione del TLR mediata da NF-kB. Perché si possa liberare nel microambiente l’IL1β, questa pro-IL1β di membrana verrà

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rilasciata, diventerà solubile e matura soltanto quando ci saranno stimoli addizionali che riguarderanno anche l’inflammasoma (complesso multiproteico dell’NLRP3 soprattutto) e la caspasi 1. Per il rilascio di IL1α invece, che è l’altro pro-fattore, sarà necessaria la presenza di IL1β, quindi di quella matura. Questo esperimento molto bello è stato svolto su topi deficienti di IL1β, che non riescono a produrre neanche la alfa, quindi evidentemente c’è bisogno di quella. La beta si può legare alla alfa diventando

vettore di altre citochine pro-infiammatorie. Io vi voglio ricordare che l’interleuchina 1 è una citochina (fra le prime ad essere state scoperte) polivalente; dove la trovate? Nella presentazione dell’antigene. Quando il macrofago presenta, libera interleuchina 1. In quali altri processi patologici la ritrovate? È una citochina pirogenica. Ragazzi, le citochine pirogeniche -ricordiamocelo per vita- sono la 1, la 6 e il TNF-α.

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3.3 Cellule mieloidi3.3 Cellule mieloidiLa 1α e la 1β vengono prodotte da cellule mieloidi(come macrofagi, monociti e cellule dendritiche). Vi va bene che monociti-macrofagi li chiamiamo cellule mieloidi? Torniamo ad Adamo.. cellula staminale, committed, mieloide perché? Perché a differenza delle altre linee cellulari, che già si separano, monociti e granulociti condividono ancora un precursore comune. Ce l’avete presente la mielopoiesi? Pensateci un attimo. La cellula staminale pluripotente fa tutto, dopodiché avete una cellula staminale committed, che quindi ha già un indirizzo. Dopo che avete? Il mieloblasto, monoblasto, linfoblasto, eritroblasto e megacarioblasto. Ognuno dovrebbe essere indirizzato. Ma la linea mieloide , cioè quella dei granulociti, ha ancora un precursore comune con quella dei monociti, cioè il mielo-monoblasto. Dopo si divaricano le vie! Perché lo sappiamo questo? Perché purtroppo l’abbiamo scoperto da una leucemia! Che era mielo-monoblastica. E allora qualcuno disse: visto che c’è questa leucemia, ci sarà un

precursore comune, che ancora non si è differenziato. Non so se riesco a darvi l’idea, mentre tutte le altre sono differenziate - il linfoblasto va avanti fino ai linfociti maturi, il megacarioblasto va avanti fino alle piastrine, il genitore di monoblasto e mieloblasto è un mielo-monoblasto, che ancora non ha scelto quale via seguire. Sono stata chiara? Poi diventerà mieloblasto, e darà origine ai granulociti, o diventerà monoblasto, dando origine ai monociti.Allora tutte e due queste citochine, la 1α e la 1β, si possono legare al recettore IL1R e hanno azione pro-infiammatoria. La 1α, a differenza dell 1β, esiste sia come forma solubile matura che come forma di superficie. Quando parleremo delle altre citochine vedrete che la maggior parte di loro esiste come forma di superficie e viene (in inglese si dice) sheddata [da to shed = perdere, cedere qlcs], liberata, viene fatto lo shedding dalla superficie. Sono numerosissimi i segnali di membrana che possono essere secreti e diventano solubili.

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3.4 Apoptosi3.4 ApoptosiAlcuni segnali, per esempio i segnali dell’apoptosi - l’apoptosi avviene sia per via intrinseca che per via estrinseca. Estrinseca che vuol dire? Che il segnale arriva dall’esterno e viene recepito da un recettore che sta sulla cellula; può essere il sistema Fas-FasL, il sistema TNFR1/R2, lasciamo stare.. prendiamo per esempio il Fas-FasL. Fas sulla cellula da uccidere, bersaglio, FasL sul linfocita che deve andare a uccidere. Bene, di tutti questi due -recettore e ligando- esiste la forma solubile. Che vuol dire la forma solubile? La forma che può essere trovata nel siero, nel plasma. Che significato può avere? Mantiene sì la capacità di legame, però è sempre in grado di suscitare apoptosi? [Si riferisce alla forma solubile di Fas, non di

FasL] Non c’è la cellula dietro, è una molecola solubile! Quando trovate la s piccolina davanti alla sigla vuol dire che è solubile (es. sFas). Immaginiamo un attimo il recettore, l’sFas. Che cosa succede? Il linfocita con il FasL se lo legherà, ma che succede? Non c’è la cellula dietro da uccidere, e quindi che cos’è questo recettore solubile? Come lo chiamiamo? Recettore decoy. Chiude il ligando, lo va a legare, ma non succede niente. Qualcuno dice che è un segnale a feedback negativo per terminare [l’apoptosi]. Per quanto riguarda Fas-FasL non si è capito molto a che cosa serve, però probabilmente distrae il linfocita, e se lo distrae che succede? Non c’è l’apoptosi.

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3.5 Endometriosi3.5 EndometriosiPosso farvi un esempio che vedremo poi nelle elettive? L’endometriosi, che noi studieremo - cellule endometriali (se dico endometriali? Dove sta l’endometrio? Riveste la cavità uterina, all’interno). L’endometrio ha una regolazione ormonale, ciclicamente ogni mese è sottoposto alla regolazione estrogenica e progestinica nell’eventualità di preparare un ambiente adatto al prodotto del concepimento. Ok? Nell’endometriosi, cellule endometriali -che quindi dovrebbero stare là- vanno a finire fuori dall’utero, in cavità pelvica.. ma a volta anche fuori dalla cavità pelvica, sono state trovate nel polmone, ditemi voi che ci vanno a fare nel polmone! Attenzione, sono cellule dell’organismo, ma sono cellule ectopiche, fuori luogo, verso le quali dovrebbe vigere una risposta immunitaria; sono cellule self, ma cellule self fuori luogo. E allora normalmente, i linfociti dovrebbero - attraverso il FasL - uccidere queste cellule che hanno un recettore Fas, ma -non si sa bene perché- queste cellule sfuggono alla sorveglianza e rimangono lì, impiantate fuori luogo, però attenzione: sono soggette alla regolazione ormonale! Esattamente come quelle che stanno nell’utero. Quindi che fanno? Fase proliferativa, fase secretoria, fase di sfaldamento e sanguinamento. Però fuori luogo! Quindi ogni 28 giorni queste cellule seguono questo ciclo, e le cellule dell’immunità stanno a guardare, come le stelle. Qualcuno ha visto (siamo stati anche noi, in laboratorio) che ci sono meno cellule linfocitarie FasL positive rispetto a soggetti normali, nel fluido peritoneale di

queste donne. Normalmente, nei soggetti che non hanno questa patologia c’è poco liquido peritoneale, con scarsezza di cellule. Quali cellule trovate in un fluido peritoneale normale? Qualche macrofago, sono quelle le cellule del fluido peritoneale, che stanno lì nel caso in cui arrivasse un antigene, per acchiapparlo. Invece in questi soggetti ci sono tante cellule macrofagiche, ma ci sono anche linfociti, che evidentemente sono corsi là per fare qualcosa. Però non fanno niente e le cellule continuano a crescere. Allora, abbiamo visto che il FasL diminuisce, le cellule portanti FasL diminuiscono, e se non c’è la quota ottimale di FasL che si va a legare al Fas - è una reazione chimica, vero? Nella reazione ligando-recettore ci vuole il bilancio ottimale, tanto ligando tanto recettore, altrimenti alcuni scappano. Non solo, non finisce qui, perché al contrario le cellule endometriali portano pure un FasL, di membrana, e allora invece di farsi uccidere da linfociti portanti il FasL, sono loro che vanno a uccidere i linfociti FasL positivi, quindi la vittima diventa carnefice e viceversa. Quindi eludono i meccanismi di immunosorveglianza. Gli NK sono ridotti per numero e per funzione, quindi non possono neanche andare a mangiare. I macrofagi ci sono come numero, anzi aumentano, ma funzionalmente non aumentano, cioè non aumenta la loro funzionalità. Quindi ci sono una serie di eventi che favoriscono prima l’impianto - perché queste cellule si devono impiantare, non è facilissimo - poi la crescita.

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La malattia è estrogeno-dipendente, quindi capite cosa vuol dire durante la vita fertile! Non possiamo mettere una donna giovane in menopausa chimica, quindi risente dell’azione estrogenica per tutta la vita fertile. All’elettiva vedremo le soluzioni. Ritornando a noi, la stimolazione mediante TLR è sufficiente per produrre IL1α di superficie, mentre per la produzione di quella solubile è necessaria un’attivazione addizionale da parte dell’inflammasoma, quindi è un po’ più complessa. La secrezione, il rilascio di IL1α non è il risultato del clivaggio superficiale, non c’è qualcosa che taglia, ma avviene una via distinta che dipende dall’inflammasoma. Il rilascio avviene quindi esclusivamente se viene innescata quella via che dipende dall’inflammasoma, dal NLRP3, dalla caspasi 1 e dall’IL1β. Cominciate ad acquisire questo concetto ragazzi, di interdipendenza e addirittura di inducibilità. Che vuol dire inducibilità? Ci sono numerose citochine che sono inducibili. Vuol dire che non ci sarà questa citochina se non c’è la presenza di un’altra. L’inducibilità è questa, e funziona molto spesso nel sistema immunitario. L’identificazione di queste due vie distinte, una per l’interleuchina alfa di superficie e una per quella solubile, può farci indicarci che abbiano funzioni diverse, perché non è la stessa che viene tagliata e buttata fuori, ma dev’essere secreta al momento. Quella di superficie innesca la produzione di IL6 e di IL8, dice “associata alla senescenza”, la 6 è un’interleuchina associata alla senescenza, la 8 è una citochina che fa da fattore chemiotattico per i neutrofili. Quando trovate IL8 vuol dire che ci saranno neutrofili. Anche questo è un indice prognostico negativo in caso di sarcoidosi. Vi ricordate nella sarcoidosi,

che al terzo stadio trovavamo di nuovo i neutrofili? Perché? Per l’infiammazione acuta? No! Perché si andava verso la riparazione. Se in questi soggetti trovate la presenza di IL8, vuol dire che stiamo andando verso il terzo stadio; se trovate MCP1 (fattore chemiotattico per i macrofagi) vuol dire che siamo verso il secondo stadio acuto. Acuto non significa che è un’infiammazione acuta, significa che abbiamo una ri-accensione della patologia. Questo è importante: la 1 legata alla membrana innesca la produzione di 6 e di 8, e causa la distruzione su base infiammatoria della cartilagine durante l’artrite. La 1 rilasciata da cellule morenti innescherà l’infiammazione sterile. Che vuol dire? L’infiammazione prodotta da agenti patogeni non è un’infiammazione sterile, ci sono batteri, virus, microrganismi in genere. L’infiammazione sterile è quella provocata da agenti endogeni - abbiamo fatto l’esempio della gotta l’altro giorno, l’esempio dell’Alzheimer -, quindi agenti endogeni che possono essere cristalli di urato nel primo caso, proteine mal pieghettate nel secondo. In ogni caso è un infiammazione sterile, perché non comporta la presenza di microrganismi, ma ha la stessa valenza di quella attiva, nel senso che coinvolge cellule e mediatori solubili come quella, ma non c’è un microrganismo. Quindi c’è un reclutamento di neutrofili da parte della alfa, mentre la beta induce il reclutamento dei macrofagi. Questo vi dice dove siamo: infiammazione acuta da un lato, infiammazione cronica dall’altro. La 1β è attiva solo nella forma secreta, quindi non funziona a livello di membrana, mentre la 1α è principalmente attiva quando è associata alla membrana e

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raramente come citochina secreta. Questo lo troverete in numerosi processi cellulari. La 1 è abbondante nei siti tumorali, perché viene prodotta da cellule del microambiente tumorale. Microambiente tumorale che vuol dire, ragazzi? La zona dove il tumore è localizzato. Vedete che è importante il microambiente, perché può influenzare i fenotipi cellulari delle cellule immuni. Se questo microambiente è infiammatorio, per la presenza di citochine infiammatorie, è chiaro che le cellule

verranno indirizzate verso un fenotipo piuttosto che un altro; e viceversa. Quindi il microambiente…Allora, stiamo dicendo che l’IL1 è abbondante nei siti tumorali perché viene prodotta da quelle cellule immuni del microambiente, ma anche -qualcuno dice- dalle cellule del tumore. Non riguarda solo le fasi della cancerogenesi, ma anche l’interazione tra cellule benigne e cellule dell’immunità.

3.6 Interleuchine pirogeniche3.6 Interleuchine pirogenicheOra, nei tumori maligni voi sapete che c’è la febbricola, cos’è la febbricola? È un’ipertermia febbrile che non supera i 37,5/38°. Però attenzione, 37,5/38° che dura 2 giorni/3 giorni la sopportiamo -le donne, i maschi no, sono già morti-, ma una febbricola come nei tumori, che dura mesi, no! Induce cachessia, cioè l’organismo non la sopporta più. Perché c’è la febbricola nei tumori? Qualcuno tempo fa diceva che era un meccanismo di difesa. Perché un meccanismo di difesa? Perché le cellule dell’immunità andavano nel sito tumorale per aggredire le cellule maligne; la prima manifestazione dell’ingresso della cellula immunitaria qual è? La produzione di IL1, è quella liberata dalle cellule presentanti. Però l’IL1, vi voglio ricordare, è anche una

citochina pirogenica! Quindi per un periodo, una decina di anni fa, c’era stato il tentativo di inoculare IL1 nei soggetti cancerosi per stimolare l’immunità, ma si creava l’ipertermia febbrile.Ora è stata riconosciuta, sintetizzata dal gruppo di Siena, della Sclavo, la parte pirogenica divisa da quella immunogena. La parte immunogena è quella che suscita la difesa, la parte pirogenica è quella che induce febbre. Ora si sa, ma 20 anni fa non si sapeva, era solo l’IL1! E allora si facevano danni. Capite perché ci sta lì? Perché evidentemente le cellule immuni arrivano, cercano di presentare, fanno IL1, ma alla fine gli effetti sono non comprensibili, di opposta natura, fanno danno o fanno bene.

3.7 TLR e autoimmunità3.7 TLR e autoimmunità L’autoimmunità che cos’è? Probabilmente è un processo immunitario di mancato riconoscimento del self; il riconoscimento del self dove avviene? A livello centrale e a

livello periferico. A livello centrale tramite la delezione clonale, a livello periferico tramite l’apoptosi delle cellule autoreattive, i T, che dovrebbero uccidere ed eliminare.

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Ma a volte fanno danno. Per esempio, nella sclerosi multipla ci sono dei linfociti T autoreattivi verso la mielina. Naturalmente è un danno: una volta che agiscono sulla mielina, che fanno? La mangiano, il nervo rimane scoperto e quindi l’impulso si interrompe, e sapete che la sclerosi multipla dà manifestazioni diverse, a seconda del danno. Possono essere manifestazioni sensorie, motorie, di tutti i tipi. Sarà più o meno grave a seconda dell’estensione del danno. Ad oggi di

sclerosi multipla non è guarito nessuno! Viene rallentata, bloccata, trattenuta, ma di guarigione ancora non se ne parla.E perché queste cellule T autoreattive non vengono eliminate? Non vengono eliminate in sede centrale e non vengono eliminate in sede periferica. Probabilmente anche qui Fas-FasL non funziona, probabilmente non funziona il TLR neanche lì, anzi fa danno. Quindi persistono queste cellule T autoreattive, che continuano a fare danno.

Andrea Turano

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30/10/2013 Prof.ssa Sofo

4Mediatori chimiciMediatori chimici

dell'infiammazionedell'infiammazioneLa volta scorsa avevamo fatto una panoramica dei sensori che stanno su alcune cellule o dentro alcune cellule del nostro organismo e che “sentono” o i PAMPs o i DAMPs che ormai sappiamo cosa sono. Questi sensori stavano su alcune cellule particolari, però avevamo detto che questa reazione comporta il fatto che i sensori sentano, che leghino gli oggetti del loro sentire, i ligandi, li internalizzano in qualche maniera, qualcuno dice, all’inizio “reclutano” molecole adattatrici e abbiamo visto di che tipologia sono, due tipi di segnali (o per lo meno li abbiamo raggruppati in due tipi): uno MYD88 dipendente e uno MYD88 indipendente. Dopo il reclutamento delle proteine, vi ricordate cosa succedeva? Si attivava il fattore di trascrizione o NF-kB o altri e poi veniva trascritto il gene per le

citochine pro-infiammatorie, in linea di massima per le chemochine. Per fare tutto questo, bastano 20 secondi? No, infatti il nostro collega allergico ci aveva detto che lui, appena esce in un campo di grano comincia a starnutire e che gli succede in 20 secondi? Tutto questo? È difficile, perché è una sintesi proteica alla fine che ha i suoi tempi. Cosa succede quindi al nostro amico allergico? Lui ci ha detto che starnutisce, allora vuol dire che si innescano dei meccanismi pronti, efficaci, che sono già preparati, che non sintetizziamo al momento, che devono essere pronti per essere liberati. In tutta questa prontezza ed efficacia, c’è bisogno di qualcuno che comandi e chi è? È il sistema nervoso che comanda. Dal momento che arriva uno stimolo flogogeno chimico, fisico, biologico impareremo che qualunque sia lo

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stimolo flogogeno, la risposta, per lo meno nelle sue prime fasi, è stereotipata, è uguale qualunque sia lo stimolo. Ma come? Se è un batterio o un pugno nell’occhio, è la stessa cosa? Si, nella prima fase è uguale, dopo, quando saremo davanti al prodotto di tutto questo, che è l’essudato, vedremo da chi dipende. La composizione dell’essudato cambia in base allo stimolo flogogeno. L’essudato ha una finalità, è teleologico: quello di diluire, delimitare, distruggere l’agente flogogeno.Nel tumore c’è una teleologia? Nella proliferazione cellulare incontrollata, c’è una teleologia? No! Qui invece ciò che si forma, che crea tumor, gonfiore, ha una finalità anche se fa male, ha un fine: delimitare ed eliminare, perché se riusciamo ad eliminare l’agente eziologico, la risposta è finita lì (se l’infiammazione era acuta). Se non riusciamo ad eliminare il patogeno, ce lo teniamo e l’infiammazione diventa cronica. L’infiammazione cronica, può durare mesi, anni o tutta la vita.Le definizioni di Rubin ve le avevo fatte, le cellule dell’infiammazione le conosciamo? Nell’infiammazione acuta e cronica rispettivamente, il fine è diverso, abbiamo cellule diverse, ma non immaginate che tutte le altre non partecipino; nell’infiammazione acuta avrete i neutrofili: sono le cellule più pronte, sono il 60-70%, danno il comando al midollo di produrre altri neutrofili, aumentano nella formula,

raggiungono cifre molto alte, ma qual è il limite dei neutrofili? Muoiono, ma non finisce là, arriverà qualche monocita, già dopo 24 ore arrivano i monociti. I monociti escono dai vasi, diventano macrofagi e vanno nel sito d’infiammazione.Poi abbiamo tutti gli altri granulociti, eosinofili, basofili. Gli eosinofili li abbiamo quando c’è una risposta allergica; a volte i basofili, nella formula [leucocitaria] non facciamo in tempo ad apprezzarli perché sono già usciti dai vasi per andare nei siti di flògosi. Basofili e mastociti sono la stessa cellula, come i monociti-macrofagi? Sono cellule diverse, si somigliano.Studente: forse il progenitore. Prof: nemmeno, certo la cellula staminale committed è quella, ma ci sono state diatribe infinite tra gli autori, tra gli istologi e gli anatomopatologi per capire chi fosse nato prima. Qualcuno diceva, all’inizio, che era lo stesso procedimento dei monociti-macrofagi: monociti circolanti e macrofagi tissutali, ma non è così. La morfologia è simile: hanno i granuli e l’istamina dentro, partecipano alle stesse reazioni, ma pare siano diversi. Le piastrine le conoscete, sono quelle più piccole; a livello del connettivo abbiamo i mastociti, poi abbiamo i fibroblasti, cellule importantissime nelle infiammazioni croniche perché creano quella reazione tissutale che consente quasi di avvolgere i siti di flogosi cronica. I macrofagi residenti prendono il nome a seconda del tessuto

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che hanno colonizzato e i linfociti, ce li ricordiamo.Della matrice ci ricordiamo qualcosa? La matrice extracellulare, da che cosa è costituita? Dalle proteine fibrose (collagene, elastina). Queste sostanze, che costituiscono la membrana, le troverete quando parleremo dell’apparato respiratorio, e troverete dei rimodellamenti e del collagene di tipo diverso che partecipa a tutto questo, ricordatevi l’elastina, gli enzimi che devono degradare, l’elastasi e i processi patologici a cui parteciperanno, poi abbiamo glicoproteine adesive e il loro ruolo nei processi patogeni (fibronectina, laminina, collagene non fibrillare, tenascina ecc…) e proteoglicani. Tenete a mente questi nomi perché li risentirete quando parleremo di essudato, che è un liquido che sta dentro i vasi e deve uscire fuori. La composizione dell’essudato, sarà influenzata dalla matrice, dalla membrana basale che è costituita soprattutto da glicoproteine e proteoglicani.Dopo aver parlato degli attori [dell’infiammazione], parliamo delle modificazioni vascolari: intanto diciamo che fisicamente, siamo nel microcircolo, costituito da arteriole, capillari e venule che nutrono i tessuti periferici. Perché possano nutrire i tessuti periferici, essi devono avere delle caratteristiche: come deve essere fatto l’endotelio di tali strutture? L’endotelio è la parete che tappezza i

vasi, una volta si diceva che è una barriera fisica, ma non è così: è un laboratorio farmacologico che prepara reazioni importanti, sia nel campo infiammatorio che nel campo oncologico, perché le cellule che vanno a fare metastasi e riescono ad uscire dal vaso, non fanno una cosa semplicissima, hanno bisogno di alcune strutture che gli fornisce l’endotelio. Se l’endotelio non partecipa, non esce nemmeno l’acqua, figuriamoci le cellule! Cosa succede a livello del microcircolo quando agisce un agente flogogeno (di qualunque tipo avevamo aggiunto, non ci importa in questo momento chi è il batterio, il microorganismo, l’agente fisico o l’agente chimico)? Immediatamente a livello dei capillari e delle venule post capillari deve uscire il prodotto finale che sarà composto da plasma (che non è siero, perché c’è il fibrinogeno, il fattore della coagulazione).Se io voglio lavorare sugli elementi circolanti del sangue, ho bisogno di sangue intero, non coagulato, perché se è coagulato, vedo il siero sopra, la “spremitura” si chiama così. Se voglio lavorare sulle cellule del sangue, ci devo mettere un anticoagulante, l’eparina ad esempio o l’EDTA ma con questo le cellule si raggrinziscono. Alla fine dovete avere plasma e cellule circolanti che stanno dentro il compartimento vascolare in un determinata proporzione, ve le ricordate? Ad esempio se vi chiedessi i

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valori dell’emoglobina? Sappiamo che è 14-16 grammi/100ml per l’uomo e 12-14 grammi/100ml di sangue. Qual è l’altro parametro che esprimiamo in grammi? Le proteine, tutto il resto è la millesima parte.Tutto questo, sta dentro il vaso e scorre, ma come fa ad uscire? Scorre dentro il vaso che è tappezzato da cellule endoteliali che sono disposte in maniera diversa a seconda dell’endotelio, che può essere continuo o fenestrato, cambia a seconda delle esigenze del tessuto. Il tessuto cerebrale, ad esempio, ha bisogno di un muro perché deve costituire la barriera ematoencefalica, però anche su questo si discute, perché deve passare qualcosina. Per esempio le citochine vanno a fare danno al nostro sistema nervoso centrale nella Sclerosi Multipla o anche più banalmente, i pirogeni endogeni che sono generatori di febbre prodotti dall’organismo diversi dai pirogeni esogeni, perché provengono dall’esterno, prodotti in seguito ad uno stimolo che proviene dall’esterno. Le citochine, prodotte in risposta al pirogeno esogeno, hanno azione limitata nello spazio, agiscono localmente e vengono prodotte localmente. Su questo c’è una diatriba per sapere se sono le citochine periferiche che vanno a livello del sistema nervoso centrale o ci sia una produzione locale. Voi che ne pensate? Ci sono delle citochine che possono agire localmente? Abbiamo la glia che

rappresenta i macrofagi tissutali del sistema nervoso centrale, gli astrociti, pare che possano fare qualcosa a livello locale. Allora la verità qual è? Le citochine sono prodotte perifericamente e se ne vanno lì o le citochine sono prodotte li? La Sclerosi Multipla è una malattia infiammatoria cronica a carattere degenerativo: infiammatoria, nessuno lo può escludere, cronica perché purtroppo, non guarisce, a carattere degenerativo cosa vuol dire? Che alla fine c’è una leggera alterazione del sistema nervoso centrale. Mi sono dimenticata un aggettivo [della S.M.]: autoimmune. Ci sono dei linfociti reattivi perifericamente che fanno danno. Qualche autore ha detto che la situazione del sangue periferico, nei soggetti con Sclerosi Multipla, rispecchia fedelmente quello che succede a livello de S.N.C e ha aggiunto che si verifica una “cytokine storm”, una tempesta citochinica , perché sono diverse citochine che vengono prodotte (non sappiamo in risposta a che cosa, sappiamo l’effetto, che ci mangiamo la mielina ma non sappiamo a cosa rispondiamo, è una malattia autoimmune, ed è probabile che queste citochine vengano prodotte contro la mielina) e sono citochine sia del profilo TH1 che del profilo TH17. Queste produzioni si intersecano nella fase acuta della malattia. Sappiamo che [la S.M] è un’infiammazione cronica ma è fatta da fasi di relapse e da fase di remitting, acuzie e spegnimenti.

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Questa è una tipologia di Sclerosi Multipla, poi abbiamo un’altra tipologia di Sclerosi Multipla, secondariamente progressiva: vuol dire che era nata come relapse-remitting, ma ad un certo punto diventa progressiva, cioè mentre nella relapse-remitting avete uno spegnimento, qui non si spegne più, va continuamente avanti. In questo caso, si perdono le funzioni dell’organismo, quelle motorie o sensorie, a seconda di quale livello di mielina viene colpito, non è uguale per tutti, può darsi che qualcuno perda prima la capacità prensile o che abbia prima la visione doppia. La tempesta citochinica c’è nel sangue periferico, e c’è nel sangue centrale, però nessuno sa se siano le stesse citochine o se siano prodotte localmente, probabilmente sono vere entrambe le cose. Noi apprezzavamo nel sangue periferico, durante le fasi di relapse, le citochine infiammatorie, durante le fasi di remitting, di spegnimento, le citochine antinfiammatorie. Se si andava a vedere il liquor, là non cambiava la situazione, succedeva che si avevano gli stessi risultati ottenuti nel sangue periferico, a parte il fatto che il monitoraggio era soprattutto clinico e strumentale. Se l’endotelio è continuo, non significa che c’è un muro davanti. L’endotelio continuo ha giunzioni che consentono il passaggio fisiologico di determinate sostanze. Nell’infiammazione succede qualche altra cosa. Le cellule, in genere

sono confinate dentro questo compartimento, l’endotelio è fatto da uno strato continuo di cellule interconnesse tra di loro da giunzioni serrate separate dal tessuto sottostante da una membrana basale limitante.In condizioni normali cosa avviene? Un movimento continuo di liquidi, plasma, acqua, ioni, proteine da dentro il vaso a fuori dal vaso, con l’endotelio che fa da barriera selettiva. Che succede ai liquidi che sono usciti per nutrire? Saranno rimossi attraverso i vasi linfatici e poi ritornano nel circolo, in maniera che non ci sia accumulo di liquidi dall’altra parte.Quali sono i meccanismi implicati nei processi di ultrafiltrazione?L’ultrafiltrazione avvienne: 3) Per diffusione;4) Attraverso le vescicole pinocitotiche.

1. Il meccanismo di diffusione è quello più semplice, diffonde acqua, elettroliti, alcune macromolecole attraverso le giunzioni. Minori saranno le dimensioni dei soluti, più veloce sarà questo passaggio.Ricordiamo le giunzioni? Giunzioni di occlusione: ne abbiamo parlato poco fa, e avete detto per esempio l’endotelio cerebrale, là deve essere mantenuto questo controllo. Vi ricordo che le citochine che abbiamo detto possono passare, hanno dimensioni notevoli, sono glicoproteine. Giunzioni di adesione: le

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connessioni sono più lasse di quelle di prima. Giunzioni di comunicazione: mediano il passaggio di alcune sostanze sicuramente a basso peso molecolare, ioni, però grazie alla presenza di particolari proteine che hanno chiamato “connessine” che riusciranno a formare quei canali attraverso i quali le molecole passeranno.Qualunque azione che riesce ad alterare questo sistema che possiamo chiamare di permeabilità vasale, consente a quelle macromolecole che venivano bloccate, che non potevano passare con nessun movimento, di uscire in grandi quantità. Chiaramente gli endoteli che sono già fenestrati, avranno più facilità anche in queste condizioni.

2. Le vescicole pinocitotiche sono in grado di trasportare fisicamente attraverso l’endotelio, le particelle più grandi, come le proteine, con un meccanismo di trasporto attivo, non passivo. All’inizio, c’è un legame di questa macromolecola con la membrana apicale, immaginate la macromolecola che deve uscire dal lato opposto al quale è entrata, dopo il legame, questa zona si introflette, va verso dentro, formando una vescicola che camminerà e migrerà all’altro capo della cellula, dove si dovrà riaprire per liberare la macromolecola. Si tratta di un trasporto attivo, ha bisogno di energia, non è la diffusione che crea un

varco e si passa.Stiamo parlando di un compartimento liquido che scorre dentro un vaso e che deve cedere acqua e soluti a quello che sta fuori. Sono due compartimenti diversi: intravascolare ed extravascolare che saranno regolati da leggi fisiche. Ricordiamo la Legge di Starling: lo scambio di liquidi tra due compartimenti è il risultato di un equilibrio di forze che riguardano:4) La pressione idrostatica: pressione di un liquido sulle pareti di un vaso. Se io ho una pompa da giardino e ci cammina l’acqua dentro, l’acqua avrà una pressione, ma attenzione, il sangue non è acqua, è un liquido però composto da acqua e da soluti che possono essere elettroliti, proteine, cellule, è un liquido composito. Il sangue ha una pressione. Se io vi chiedessi la pressione arteriosa cos’è? È la risultante di due forze: la gittata cardiaca e le resistenze periferiche. I vasi del nonno anziano, sono più rigidi, offrono più resistenza e la pressione aumenta. Bisogna considerare entrambe le forze.La pressione idrostatica dipende intanto dalla massa sanguigna, da quanto sangue arriva nei grandi vasi e nel cuore, dal diametro dei vasi e dalla loro elasticità.5) La pressione oncotica: riflette la concentrazione delle proteine plasmatiche6) La pressione osmotica: la fanno gli elettroliti. Se avete una persona che va verso l’insufficienza renale, che cosa

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gli consigliate? Valutare gli elettroliti del sangue e delle urine: sodio e potassio, calcio e fosforo, magnesio e potassio, sono questi a darvi l’idea del rene che funziona o meno, fate anche le albumine, le microalbuminemie, sono questi i segni di un rene che non funziona. Quindi la pressione osmotica è determinata dalla quantità di sodio e acqua nel circolo e negli spazi, compartimento intravascolare ed extravascolare.7) Il drenaggio linfatico: è quello che drena il liquido fuori dai tessuti e lo riporterà negli spazi linfatici.

Normalmente, fisiologicamente, la pressione idrostatica che abbiamo detto essere quella esercitata dal liquido sulle pareti del vaso, è di circa 32 mmHg a livello del capo arterioso del letto capillare e scende a 12 mmHg a livello del letto venoso. A me i numeri non interessano, ma li ho scritti per darvi un’idea delle differenze: che senso ha? 32 arteriola, 12 venula, che compito hanno le arteriole e le venule? Dall’arteriola deve uscire il nutriente per andare nei tessuti, deve avere un gradiente di concentrazione adatto: deve essere più alto dentro l’arteriola, più basso nei tessuti perché deve portare liquido ed elettroliti fuori. Al contrario, le venule che compito hanno? Devono riprendere, riassorbire, allora è chiaro che nella venula la pressione deve essere più bassa, per consentire questo passaggio al contrario.

Questa è chimica! Sono gradienti di concentrazione diversi: è più alto nel vaso e più basso nei tessuti per consentire l’uscita; viceversa, più alto nei tessuti e più basso nel vaso per consentire l’entrata.La pressione oncotica media dei tessuti è di circa 25 mmHg che equivale alla pressione capillare media. Il liquido tenderà a lasciare l’arteriola pre capillare perché deve nutrire, 32 può farlo, ma rientra in uguale quantità attraverso la venula post capillare. Quindi esce, deposita quello che deve depositare, prende quello che deve prendere e rientra. Il bilancio dovrebbe essere zero perché dovrebbe esserci tanto che esce e tanto che rientra. Nell’infiammazione acuta, c’è stato lo stimolo flogogeno (di qualunque tipo), la pressione arteriolare arriva a 50mmHg (se vi ricordate prima eravamo a 32), la pressione capillare media aumenta perché c’è stata la dilatazione arteriolare e quindi arriva una maggiore quantità di sangue e la pressione venosa salirà anch’essa perché arriverà a 30mmHg, vi ricordate che era a 12mmHg?Contemporaneamente la pressione oncotica comincia a ridursi, da 25mmHg arriviamo a 20mmHg perché da quelle fenestrature che sono aumentate, in base alla maggiore permeabilità, cominceranno a passare alcune proteine che attirano acqua, quindi aumenta ancora il contenuto degli spazi extravascolari. Il risultato

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finale, dovuto a tutte queste cose, sarà un eccesso di liquido che fuoriesce dal vaso. La nostra collega ha detto “edema” e in linea di massima è giusto, ma per mio consiglio, aggiungeteci un aggettivo: edema infiammatorio o essudato perché edema può anche voler dire qualche altra cosa, infatti poi all’esame vi chiederanno: “e il trasudato che cos’è? Che significa edema? E dove siamo? Perché il cuore fa questo?” Edema è giusto, perché significa liquido che esce dai vasi in questo caso perché c’è stato uno stimolo flogogeno, vasodilatazione, aumento di permeabilità ecc…Lewis ci aveva visto giusto quando aveva parlato di triplice risposta: riga rossa, alone rossastro, rigonfiamento, perché vedendo quei segni ipotizzò la presenza di un mediatore vasoattivo (il mediatore è una sostanza senza la quale la risposta non avviene,è necessario!), che cioè aveva attività sul microcircolo e che era responsabile della sequenza che immaginò Lewis (la prof fa notare che è una sequenza didattica, ma gli eventi si «accavallano» nella realtà):4) Vasocostrizione: transitoria e fugace e dura pochi secondi. Essa è data da mediatori sia neurogeni che chimici che immediatamente provocano quel risultato(infatti a volte non facciamo neppure in tempo ad osservarlo, però c’è).5) Vasodilatazione:interessa prima le arteriole, ed è causata da alcuni

mediatori specifici, che possono essere mediatori preformati, mediatori di nuova sintesi, mediatori di origine cellulare(come l’istamina, la serotonina), mediatori plasmatici (sistema del complemento, le chinine, il sistema della coagulazione), quindi, mediatori diversi tra loro per origine e per funzione. La vasodilatazione si risolve nell’apertura di nuovi letti capillari nella regione di flogosi.6) Aumento del flusso: cioè iperemia attiva che dà i segni di rubor e calor di Celso (la prof dà informazioni sul periodo in cui è vissuto «credo intorno al 50 a.C.» -wikipedia 14 a.C. circa – 37 d.C. ca.).7) Aumento della permeabilità

Adesso li trattiamo uno per uno:4) Vasocostrizione arteriolare :è immediata, la si vede subito e poi va via; è dovuta alle catecolamine - adrenalina e noradrenalina- che vengono liberate immediatamente dalle vescicole sinaptiche di alcuni elementi nervosi ma anche dalle cellule reticolo-endoteliali in seguito allo stimolo flogogeno.5) Vasodilatazione arteriolare:è un meccanismo, anche questo, legato ad un riflesso nervoso di tipo assonico che comporta un aumento della velocità del flusso, arriva più sangue in quel distretto arteriolare e quindi c’è un’iperemia attiva con modificazioni funzionali del letto capillare.6) Aumento del flusso: attraverso i canali preferenziali; immaginate il

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piccolo vaso che diventa più grande, la quantità di sangue che raddoppia e tutto questo spinge contro le pareti del vaso, sta aumentando la pressione idrostatica, soltanto quella perché è un’azione meccanica contro la parete del vaso.

La vasodilatazione dei capillari, soprattutto delle venule postcapillari è dovuta sia all’aumento del flusso sia all’azione delle amine vasoattive. Immediatamente agisce l’istamina che agisce sugli sfinteri precapillari, cioè li rilascia e così arriva più sangue; l’istamina causerà il rilasciamento degli sfinteri precapillari e la contrazione delle venule distali, perché agisce sui recettori e induce la sintesi e la liberazione di un altro potente mediatore vasoattivo, l’ossido nitrico. Notiamo come sono processi a cascata: uno attiva l’altro e ci sono mediatori che prima sono inattivi e vengono attivati da altri. 7) Aumento della permeabilità: è secondario alla modificazione dell’equilibrio tra le diverse pressioni del sistema capillare. Si modifica il diametro dei vasi, quindi diminuisce la resistenza ed aumenta la massa sanguigna; si verifica un aumento della pressione idrostatica sia nelle arteriole che nelle venule; aumenta, di conseguenza, la differenza di pressione che esiste tra l’esterno e l’interno dei vasi. Fisiologicamente nelle arteriole la pressione è 32 mmHg, nelle venule è 12 mmHg, patologicamente variano: 50

mmHg e 30 mmHg. A questo punto cosa andrà in deficit? Il riassorbimento venulare e quindi le differenti pressioni faciliteranno l’uscita di plasma dal vaso.

Ci sono diversi meccanismi che sovraintendono all’aumento della permeabilità del vaso (non è un ordine cronologico):7) Contrazione endoteliale, le cellule endoteliali si contraggono e aumenta il varco tra l’una e l’altra per allargamento delle giunzioni e formazioni di gap tra le cellule; questo meccanismo è definito transitorio e immediato ed è sostenuto da mediatori chimici soprattutto preformati, come istamina e serotonina che vengono liberati subito. Sulla serotonina c’è stata una grande battaglia, perché all’inizio si diceva che nell’uomo non c’era e che era soltanto del topo, ed è vero che nelle piastrine del topo c’è molta serotonina, ma nell’uomo c’è anche serotonina, ad esempio è un mediatore importante del sistema nervoso. E’ un meccanismo immediato, provocato da sostanze che già sono presenti, transitorio, reversibile e di breve durata (15-20 minuti).8) Retrazione endoteliale, un meccanismo più complesso, che richiede energia e riguarda una riorganizzazione del citoscheletro e delle giunzioni. Agiscono soprattutto tre citochine, chiamate citochine del profilo TH1, perché considerate citochine pro infiammatorie: IL-1, TNF-

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α, INF-γ. L’interleuchina-1 è sia immunogeno sia pirogeno endogeno ed è un mediatore importante della febbre; il TNF-α è anche un mediatore importante della febbre ma ha tante azioni, è pro-infiammatorio, attiva le cellule NK, è angiogenico (quando il processo infiammatorio si conclude, con l’angiogenesi si ricostruisce il tessuto), determina apoptosi; il TNF-α esiste sia in forma solubile che in forma di membrana. Queste citochine devono essere sintetizzate e determinano una riorganizzazione del citoscheletro con retrazione delle cellule endoteliali che comporta una discontinuità endoteliale e questo è più grave a livello dell’endotelio continuo. Questo meccanismo è più tardivo (richiede dalle 4 alle 6 ore) ma è più duraturo.9) Danno diretto all’endotelio, dipende dal danno, dall’agente flogogeno. E’ un danno diretto, non intervengono gli altri meccanismi, si crea il varco e basta. Provoca necrosi e distacco endoteliale.Nelle grandi ustioni si forma la “bolla” o il flittene, ed è già un’ustione di secondo grado. Il liquido contenuto nella bolla è limpido e trasparente, diventa torbido se si buca la bolla, perché si infetta, almeno uno stafilococco entra. Il liquido che si forma si chiama essudato sieroso e chimicamente è plasma, è uscito dal vaso, è plasma senza nient’altro, c’è qualche cellula, ma sono pochissime e si apprezzano solo al microscopio. Il flittene si forma perché c’è stato un

danno diretto. Nei grandi ustionati è ustionata almeno il 75% della superficie corporea. La conseguenza è l’infiammazione e c’è shock ipovolemico, perché il liquido è uscito dal vaso e la pressione diminuisce. Il medico cosa deve fare allora? Non si fa assolutamente la trasfusione perché l’ematocrito è alto, la concentrazione è tale che il sangue non circola. Manca il liquido: immediatamente si fa una fisiologica e subito dopo si fa una soluzione di albumina, la quale chiama acqua dai tessuti. Il primo rischio, nella prima giornata per i grandi ustionati è proprio questo, lo shock ipovolemico quindi bisogna ricostituire il volume e richiamare acqua. Un altro momento critico è in terza-quarta giornata in cui il paziente rischia la morte di nuovo: la superficie corporea è piena di cellule necrotiche, c’è necrosi massiccia e sulle cellule necrotiche c’è una crescita batterica notevole, quindi dall’inizio bisogna somministrare antibiotici, altrimenti il paziente rischia di morire per un’infezione resistente, importante. Quindi il danno diretto provoca passaggio diretto: l’essudazione comincia subito dopo il danno perché si è creato il varco e prosegue per tanto tempo finché i vasi non vengono ripristinati, per azione della fibrina. La reazione è immediata e prolungata e riguarda tutto il microcircolo.8) Aumento della concentrazione dei globuli rossi: il liquido esce dal circolo e lascia un ambiente concentrato. I globuli rossi si impilano

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l’uno sull’altro a “pacchetti” (rouleaux in francese) all’interno di un capillare e ciò rallenta il flusso del sangue che non ce la fa a circolare.9) Rallentamento del sanguequalcuno dice fino alla 10) Stasi: perché il liquido deve rallentare? A questo punto dentro il vaso si sono create delle modificazioni a livello delle cellule circolanti e anche a livello diciamo geografico, cioè nella disposizione spaziale delle cellule. Fisiologicamente dentro il vaso i globuli rossi circolano al centro, marginati alla periferia, avremo i globuli bianchi. Ricordiamo che c’è una differenza di morfologia: i globuli bianchi sono cellule più grandi, con un nucleo plurilobato e quindi per forza centripeta se ne vanno ai margini. Nell’infiammazione aumenta la quota marginata di neutrofili, anche quelli che erano al centro vengono spinti ai margini. Nel sito di flogosi infatti si producono alcune citochine che hanno azione chemiotattica; il gradiente di concentrazione delle chemochine richiama cellule che si muoveranno lungo questo gradiente. Altri fattori chemiotattici sono alcuni fattori del complemento, prima chiamati anafilotossine, C3a e C5a. Quindi ci sono tante sostanze ad azione chemiotattica che richiamano i globuli bianchi. Il gradiente di concentrazione è costituito da una concentrazione maggiore nel sito di flogosi che diventa via via minore quando si allontana; il granulocita soprattutto segue questo

gradiente e va nel sito di flogosi.

Delle citochine:IL-8 è chemiotattica per i neutrofili, è molto rappresentata nelle infiammazioni acute e stranamente anche nei processi di risoluzione dell’infiammazione, cioè nei processi di riparazione perché ha azione sui fibroblasti. E’ un evento prognostico negativo trovarla nei soggetti con sarcoidosi perché vuol dire che si va verso la fibrosi; MCP1 è chemiotattica per i monociti macrofagi e vuol dire che l’infiammazione si prepara a diventare cronica.

11) Pavimentazione leucocitaria: le cellule bianche che si marginano alla periferia pavimentano l’endotelio.12) Rolling leucocitario: la cellula bianca si lega alle cellule di adesione grazie a recettori, rotola su se stessa per offrire tutte le sue facce, per avere maggiori possibilità di legarsi, perché dentro al vaso c’è comunque una corrente sanguigna che la sposterebbe. Il legame è transitorio, reversibile; grazie ai suoi movimenti ameboidi riesce ad infilarsi nel varco tra due cellule endoteliali. L’adesione leucocitaria riguarda l’attivazione dell’endotelio da parte dei prodotti del danno e dalle citochine; tutto questo porterà all’induzione dell’espressione di molecole sulla superficie cellulare che interagiranno con le molecole complementari sulla membrana delle

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cellule bianche. Domanda studente: ma quindi i monociti macrofagi intervengono quando l’infiammazione si sta cronicizzando? Risposta prof. : i monociti vengono attivati anche dalle sostanze chemiotattiche e intervengono anche nell’infiammazione acuta, ma sono le cellule della seconda risposta! Se il granulocita è riuscito a fagocitare ed eliminare la sostanza di danno, non devono intervenire i monociti. Certo ci sono i macrofagi tissutali, ma la cellula che esce dal vaso è il neutrofilo in prima battuta e infatti aumentano in numero dopo un’infiammazione. Ricordate: il primo è il neutrofilo! Poi arrivano gli altri.

Proprietà : - può agire da solo, es. istamina; -può agire in sequenza, es. sistema del complemento e sistema della coagulazione; -può agire in associazione ad altri mediatori; -le cellule e i tessuti necrotici dove c’è stato il danno possono stimolare la sintesi dei mediatori, per esempio nell’infarto, definito necrosi ischemica, le cellule morte suscitano immediatamente il processo infiammatorio, suscitato dalle sostanze liberate dalla cellula necrotica.

Caratteristiche: -per ogni mediatore esistono uno o più inibitori;

-hanno vita breve;-i mediatori endogeni originano o dal plasma, o dai leucociti (es. istamina deriva dai basofili ma anche dai mastociti), o dai tessuti circostanti;-possono provocare danno (es. l’istamina provoca danno nelle allergie, per tale motivo viene tenuta chiusa nei granuli delle cellule bianche e, per maggior sicurezza, è legata all’eparina, quindi non è libera; viene liberata facendo convergere tutti i granuli verso un unico polo, quindi la loro membrana viene fusa con la membrana plasmatica verso l’esterno della cellula);-hanno effetti differenti a seconda del tessuto e della specie.

Mediatori vasoattivi: hanno attività sui vasi, possono venire sia da fonti plasmatiche che cellulari, possono essere generati nella sede del danno con diversi meccanismi e si legheranno a diversi recettori specifici, attraverso i quali mediano il danno (l’istamina ha 3 recettori: H1, H2, H3). Questi legami porteranno all’attivazione delle cellule endoteliali, ne causeranno la contrazione reversibile che dura 15-20 minuti e l’allargamento delle giunzioni. Un danno modesto dell’endotelio provoca una risposta “difasica”: una risposta presente spesso nel nostro organismo, nella quale c’è un primo aumento della permeabilità quasi immediato dopo 3 minuti e un secondo aumento che avviene dopo 3-5 ore. Nel danno grave invece non c’è questo difasismo, direttamente c’è un danno

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che raggiunge un picco dopo 3-4 ore. Mediatori di derivazione plasmatica: sono spesso presenti come precursori che devono essere attivati per agire e sono attivati spesso da una serie di tagli proteolitici per acquisire le loro proprietà.Mediatori di origine cellulare: sono preformati e sequestrati nei granuli intracellulari oppure sono sintetizzati ex novo. Ad esempio l’istamina è preformata ed è legata all’eparina (l’eparina viene liberata ed è un anticoagulante e quindi anche l’eparina agirà. Quindi vengono liberate e agiscono entrambe, istamina ed eparina). Ad esempio le prostaglandine vengono sintetizzate ex novo, sono mediatori cellulari e derivano dall’acido arachidonico di membrana, che deve essere metabolizzato attraverso due vie: la via della lipossigenasi che porterà alla sintesi dei leucotrieni e la via della ciclossigenasi che porterà alla sintesi delle prostaglandine. I leucotrieni partecipano più all’infiammazione cronica, partecipano nell’asma. Altri mediatori sono le lipossine, i trombossani, le prostacicline. Trombossani e prostacicline sono mediatori che stanno in equilibrio tra di loro: la prostaciclina è prodotta dalle cellule endoteliali, i trombossani sono prodotti dalla piastrine.La produzione dei mediatori può essere scatenata o da prodotti che provengono dall’esterno, dai microrganismi che ci infettano o da prodotti dell’ospite, il sistema del complemento, le chinine, il

sistema della coagulazione. I mediatori esercitano il loro effetto legandosi a recettori sulle cellule bersaglio, ma possono anche agire direttamente con attività protesica, lisosomiale o possono recare un danno ossidativo, perché possono essere secrete le specie reattive dell’ossigeno che fanno danno, uccidono i batteri (acqua ossigenata usata come disinfettante perché ha potere battericida).I mediatori secondari possono avere effetti opposti o simili ai mediatori primari: possono quindi amplificare il danno o ridurlo.La prof. proietta un elenco dei mediatori chimici:Amine vasoattive4) Fattori permeabilizzanti suddivisi in due categorie :proteasi e peptidasi.5) Peptidi vasoattivi o chinine6) Citochine 7) Chemochine 8) Eicosanoidi 9) Prostaglandine10) Monossido d’azoto

La prof. proietta un’altra figura per mostrare gli effetti dei mediatori:

• l’istamina ha effetto sul microcircolo;

• i peptidi aumentano la permeabilità vascolare che è aumentata anche dal PAF (fattore attivante le piastrine);

• il PAF forma anche microtrombi per tappare i piccoli vasi che

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sono stati lesi;• gli enzimi proteolitici servono ad

attivare il complemento;• l’interferone gamma attiva i

macrofagi;• fattori che provocano spasmo,

costrizione ( l’istamina può provocare la contrazione di cellule muscolari lisce);

• fattori regolatori;• fattori chemiotattici.

Katia Vadalà

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04/11/2013 Prof.ssa Sofo

5ChemiotassiChemiotassi

Prima di riprendere con i mediatori chimici, come fanno i granulociti neutrofili, prima loro poi le altre cellule bianche, a uscire dai vasi tenendo conto che c’è una forza, la corrente sanguigna, che li trascina e quindi è un processo un po’ difficile per loro? Sono chiamati dalle sostanze chemiotattiche, quindi hanno sentito in parte il pericolo, ma sarebbe difficile per loro opporsi a questa forza che li trascina via, però c’è qualcosa che li aiuta, cioè un processo che è molto studiato in questo momento perché è un processo che ci tornerà utile anche quando parleremo di tumori, perché ve lo siete chiesti come fa una cellula neoplastica prima a entrare nel sangue e poi ad uscire perché anche là vale il concetto che la corrente ematica la trascinerebbe via, allora stanno studiando questi processi di adesione e vi assicuro che nonostante li stiamo seguendo, anche noi facciamo fatica. Io vi ho scritto qualcosina che vi può essere utile: l’adesione e la migrazione. L’adesione è il processo che precede la migrazione, senza adesione non c’è migrazione, quindi è chiaro che ci deve essere qualcosa che

consenta alle cellule che devono migrare di ancorarsi alla superficie endoteliale, tenete a mente la composizione del vaso tappezzato da cellule endoteliali che devono esprimere dei recettori o dei ligandi che devono trovare il loro complementare sulle cellule bianche, quelle che dovranno uscire. Se avete voglia, pensate al processo delle cellule neoplastiche che devono ancorarsi per poter uscire. Parliamo intanto di infiammazione: è chiaro che c’entrano i mediatori chimici, vi ricordate che abbiamo detto all’inizio quando li abbiamo definiti, che senza di loro il processo infiammatorio potrebbe non avvenire? E allora i mediatori chimici hanno il compito di modulare, che significa esaltare o inibire, l’espressione di superficie, ma soprattutto l’avidità di queste molecole. Con il concetto di avidità e di affinità ci siamo ragazzi? Li abbiamo studiati in chimica credo, che vuol dire? Cos’è per esempio l’affinità? Allora sapete che ci sono dei recettori ad alta e a bassa affinità: molto spesso i recettori a bassa affinità

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servono per distrarre in qualche maniera il ligando, per esempio l’allergia, l’ipersensibilità di tipo primo è mediata dalle IgE, i recettori ad alta affinità per le IgE si trovano sui mastociti e sui basofili, questo che vuol dire? Che preferenzialmente le IgE si legano a questi recettori, quindi nei soggetti allergici si vanno a legare lì, però pure i linfociti B hanno i recettori per le IgE, che ci fanno sui linfociti B questi recettori per le IgE? Per il frammento cristallizzabile delle IgE. I linfociti B non contengono istamina, quindi non partecipano alla reazione di ipersensibilità, ce la ricordiamo? Mastociti e basofili degranulano e buttano fuori l’istamina, e sui linfociti B che ci fa un recettore per le IgE? È un recettore a bassa affinità. Le IgE vanno sui recettori ad alta affinità e una volta che li hanno saturati vanno a legarsi a quelli a bassa affinità per dare un segnale di feedback negativo, non ne facciamo più immunoglobuline, sono saturi i recettori. In genere i recettori a bassa affinità servono a mandare un segnale di feedback negativo. I mediatori chimici modulano l’espressione dei recettori e soprattutto la loro attività. Le famiglie dei recettori sono, grosso modo, quattro: selectine, integrine, glicoproteine mucina-simili, immunoglobuline.

Brevemente le selectine: è chiaro che da un lato trovate la L-Selectina (la L sta per leucocita) quella che sta dal lato delle cellule bianche, dal lato delle cellule endoteliali trovate P- ed E-Selectina e P-Selectina per le piastrine attivate. Che fanno le selectine? Si legano attraverso il loro dominio di lectina alle forme sialilate,

vi ricordate il recettore Sial-Lewis? Alle forme sialilate degli oligosaccaridi che sono presenti nelle glicoproteine mucina-simili. Le selectine appartengono alla famiglia delle proteine LECAM che sono glicoproteine transmembrana a catena singola con la capacità di legare i ligandi con alta velocità di attacco ma con bassa affinità. Questo vi dice che questo legame è reversibile. Sulla cellula endoteliale, dal lato del vaso, l’espressione della selectina E viene indotta dalle citochine infiammatorie. Come definizione di citochine quale avete? Sono mediatori chimici solubili prodotti da cellule attivate, se la cellula non è attivata non produce citochine. Guardate che il termine citochina è un termine vago, significa prodotto secreto da una cellula. Le prostaglandine per voi sono citochine? Potrebbero esserlo, la fa una cellula, parte dall’acido arachidonico e butta via prostaglandine. Citochina è un termine vasto, poi noi alle citochine addebitiamo le interleuchine, gli interferoni, i TNF, i TGF e quelle molecole secrete dalle cellule bianche, però il termine è molto vago. Allora le citochine infammatorie, dopo 3-4 ore dallo stimolo infiammatorio, inducono l’espressione sulle cellule endoteliali delle selectine E, questo stimolo ha un picco e poi diminuisce, ha una curva e dopo 10 ore diminuisce. La selectina E viene riconosciuta dalle cellule dell’infiammazione monociti, linfociti T della memoria e dai polimorfonucleati (PMN), quindi da cellule diverse tra di loro. La P-selectina che, se vi ricordate, era presente sulle cellule endoteliali e sulle piastrine è sempre presente, non è una molecola di attivazione. Vi ricordate la

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differenza tra molecole di attivazione e molecole costitutive? Quella costitutiva è sempre presente e può essere sia espressa che mascherata perché a volte la cellula l’ha sintetizzata, ma la tiene mascherata dalla membrana per esporla al momento giusto, per intenderci il CD40 costitutivo sulla membrana, invece il CD40L, se vi ricordate, era una molecola di attivazione, cioè veniva espressa solo dopo che la cellula era attivata. Allora questa è sempre presente nell’endotelio, ma è inattiva, è localizzata nei corpuscoli di Weibel e Palade e solo dopo l’attivazione da parte dei mediatori, in questo caso si sa è l’istamina, verrà esposta sulla membrana, quindi c’è, è dentro i corpuscoli, dopo viene esposta sulla membrana. Questi processi di attivazione e di inattivazione sono rapidissimi, probabilmente perché l’istamina è già pronta e quindi è rapida la sua azione, la liberiamo subito. Le immunoglobuline sono molecole di adesione in questo caso, uno dei ruoli delle immunoglobuline presenti sulle cellule endoteliali e servono per legare dall’altro lato le integrine dei leucociti, soprattutto ICAM 1 e 2 (molecola di adesione intercellulare) e VCAM1 (molecola di adesione cellulare vascolare). Le due molecole vengono riconosciute dai linfociti e monociti, mentre i polimorfonucleati, voglio intendere tutti i granulociti, naturalmente ognuno con la propria responsabilità (i neutrofili sono quelli maggiormente rappresentati, gli eosinofili e basofili sono di meno, ma quando devono uscire, approfittano anche loro di questi ligandi), riconoscono solo ICAM-1. Abbiamo detto che fanno parte della famiglia delle immunoglobuline, oltre include anche gli anticorpi. Le ICAM e VCAM sono espresse sugli endoteli a basse

concentrazioni, ma durante il processo infiammatorio possono aumentare grazie a stimoli prodotti da citochine infiammatorie, per esempio IL-1 e TNF. Allora abbiamo lasciato queste cellule che rotolavano sulla parete endoteliale, rotolavano per esporre una maggiore superficie ai ligandi, allora devono in qualche modo fermarsi, aderire e in questa fase sono sicuramente coinvolte le integrine. Chi sono le integrine? Glicoproteine eteromeriche transmembrana costituite da una catena alfa e da una catena beta associate in maniera non covalente ed i domini citoplasmatici di queste catene interagiscono con componenti del citoscheletro, quindi hanno dei legami con i componenti del citoscheletro. Ci sono diverse famiglie di integrine ed i componenti di ogni sottofamiglia esprimeranno una catena conservata ed associata a differenti catene alfa. Le beta1 sono quelle che conoscete di più, corrispondono alle VLA che sono responsabili dell’adesione alle proteine della matrice extracellulare (collagene, laminina, fibronectina); le beta2, chiamate anche LFA-1, sono responsabili dell’adesione intercellulare e alla matrice, dall’altro lato riconosceranno come ligando ICAM-1, ICAM-2, ICAM-3 sulle cellule endoteliali. Nella diapedesi, le cellule seguono il gradiente di concentrazione formato dalle sostanze chemiotattiche, seguono quella scia. Le molecole di adesione che sono presenti nelle giunzioni intercellulari dell’endotelio, che sono coinvolte nel passaggio di queste cellule, appartengono alla superfamiglia delle immunoglobuline e sono chiamate PECAM o CD31, sapete quando i CD vennero identificati (cluster of

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differentiation), sapete la storiella di quando di cominciò a parlare di CD sui linfociti all’inizio, poi si estesero ad altre cellule. I leucociti che vanno nello spazio extravascolare, devono uscire dal vaso per andare nell’interstizio, sono trattenuti nella zona perché le beta1 integrine ed i CD44 dall’altro lato si legano alle proteine della matrice, quindi rimangono in zona. È chiaro che abbiamo parlato di sostanze chemiotattiche, non abbiamo detto chi e che cosa chiamano queste sostanze chemiotattiche, le quali hanno una grande responsabilità perché sono responsabili del tipo di cellula che arriverà sul sito di flògosi, possono chiamare una cellula piuttosto che un’altra e le molecole coinvolte in tutto questo avranno la responsabilità di chiamare o granulociti neutrofili, se siamo durante il processo acuto oppure durante il processo di riparazione, o se l’evento acuto sta continuando, dopo 24 ore arrivano i monociti che escono dal sangue e diventano macrofagi, quindi diverse chemochine chiameranno diversi tipi cellulari: neutrofili 6-24 ore mi dà qua di tempo grosso modo, fino a 48 arriviamo sostituiti dai monociti che diventeranno macrofagi dopo 24-48 ore. Guardate che fino a qualche tempo fa dei

macrofagi si diceva che, essendo cellule altamente specializzate, non potevano riprodursi e invece si è visto che una quota di macrofagi alveolari è in grado di proliferare, studiando questo tipo di macrofagi situati nel polmone profondo si è visto che non tutti, non sappiamo perché alcuni lo fanno ed altri no, sono in grado di farlo. I neutrofili sono i primi ad arrivare perché, se vi ricordate, stavano già pavimentati nella parete del vaso, marginati, già c’è una quota fisiologica, aumenta questa quota fisiologica, fanno prima a uscire; più sensibili alle chemochine e tendono a formare legami più saldi, purtroppo per noi hanno vita breve, muoiono per apoptosi, è una morte programmata la loro, ed i monociti invece sopravvivono più a lungo, vanno nel sito di flogosi. È importante che ci ricordiamo cosa contengono i neutrofili, perché sono le cellule più specializzate che possono andare nel sito di flògosi? Perché contengono diversi tipi di granuli che hanno azione proteasica soprattutto. Soltanto per ricordarveli, vi invito a ricordarvi i contenuti dell’uno e dell’altro tipo, cioè degli azzurrofili e di quelli specifici.

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La mieloperossidasi è contenuta in quelli azzurrofili, non c’è in quelli specifici; il lisozìma è contenuto in entrambi, svolge un’importante funzione nell’immunità innata, è un componente umorale solubile dell’immunità innata; proteine cationiche, idrolasi acide, elastasi negli azzurrofili, ricordatevi di queste perché poi il professore Fimiani, quando vi farà il respiratorio, lo sentirete parlare di nuovo di elastasi, di collagenasi; defensine, catepsina G e fosfolipasi A2. Dove ci sono fosfolipasi cosa ci saranno? Ci saranno prostaglandine, leucotrieni. Nei granuli specifici ci sarà la lattoferrina, fosfatasi alcalina, molecole di adesione, attivatore plasminogeno ve l’ho detto, ad un certo punto troverete dei sistemi di mediatori plasmatici, mediatori dell’infiammazione plasmatici, li chiamiamo sistemi perché costituiti da numerose proteine che si intersecano, allora non sappiamo più da dove comincia e da dove finisce il sistema della coagulazione, il sistema del complemento e quello delle chinine, tra poco ne parleremo e vedremo come si

intersecano questi sistemi, quindi quando trovate attivatore plasminogeno, fosfolipasi, capite che dietro c’è questo discorso dei mediatori chimici che serviranno poi ad innestare e ad amplificare il prodotto. Le sostanze chemiotattiche possono essere:

• prodotti di origine batterica, il batterio eventuale se l’infiammazione è sostenuta da un’infezione batterica e se l’infiammazione è sostenuta da un’infezione batterica nella formula leucocitaria aumenteranno i neutrofili, allora i batteri libereranno prodotti tossici che chiameranno le cellule bianche;

• possono essere prodotti del complemento, qua vi ho messo il C5a, che è uno dei più forti, ma c’è il C3a, c’è il complesso C5-6-7, il complemento ha questa responsabilità chemiotattica;

• i prodotti della lipossigenasi, alcuni leucotrieni, qualcuno dice una

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miscela di leucotrieni, ha azione chemiotattica. Ai tempi miei non si conoscevano ancora i leucotrieni, si parlava di una sostanza che si chiamava SRSA, era la sostanza a lento rilascio dell’anafilassi, si chiamava così perché non sapevamo cos’era, poi dal punto di vista chimico si scoprì che era una miscela di leucotrieni;

• chemochine varie.

I fattori chemiotattici produrranno movimenti cellulari, se le cellule non si muovono, non arrivano da nessuna parte. Guardate che i movimenti cellulari non sono di tutte le cellule. Quali sono le cellule che compiono movimenti cellulari? I globuli bianchi, gli spermatozoi. È normale il movimento delle cellule? No, perché alcuni tipi cellulari possono muoversi, in patologia le cellule tumorali non dovrebbero avere capacità di diapedesi, ma purtroppo per noi ce l’hanno, è un’acquisizione, un guadagno di funzione dice qualcuno. Avete fatto il concetto di guadagno di funzione?Allora i fattori chemiotattici producono movimenti cellulari e finiscono per attivare le vie metaboliche di segnale che inducono aumento della polimerizzazione di actina. Che vuol dire? L’actina cos’è? Una proteina responsabile del movimento, pseudopodi

che fanno da gambe per camminare, quindi sono i fattori chemiotattici che spingono a questo. Come fanno? Si legheranno a specifici recettori transmembranari accoppiati alla proteina G, è un meccanismo che conoscete già, che porteranno segnali intracellulari dedicati alla polimerizzazione dell’actina. Cosa succedrà? La membrana cellulare si adeguerà a tutto ciò, produrrà delle estroflessioni che porteranno degli pseudopodi, quindi la cellula sarà in grado di dirigersi. Vi ho trovato un disegno molto bello dove si vedono impegnate tutte le cellule dell’infiammazione, era per farvi vedere come rotolano le cellule e come interagiscono i ligandi con i recettori a livello di cellule endoteliali e cellule bianche.Prima dell’essudato però vorrei portarvi ai mediatori chimici. Ragazzi la domanda mediatori chimici dell’infiammazione non è impossibile agli esami, però dovete organizzarvela nella vostra testa in maniera corretta, allora io ho sentito il bisogno di mostrarvi questa diapositiva per classificare in qualche maniera, lo so che sono noiose le classificazioni, ma qua non è noioso, è facile dire chi sono di origine plasmatica, chi sono quelli cellulari, dove li trovate, guardate.

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Di origine cellulare ci sono:• mediatori preformati, abbiamo

parlato dell’istamina, della serotonina;

• di nuova sintesi, cioè tutti i metaboliti dell’acido arachidonico, non sono solo le prostaglandine, ma anche leucotrieni, trombossani, le lipossine, tutti perché tutti i mediatori hanno un ruolo.

Allora cominciamo dall’alto, preformati, rinchiusi nei granuli secretori (se no farebbero danno) e sono legati all’eparina che viene pure liberata, allora preformati: istamina e serotonina sono là nei granuli, ma anche enzimi lisosomiali. La sorgente di queste, sorgente vuol dire chi le produce, per quanto riguarda l’istamina è

costituita dai mastociti, basofili, piastrine; serotonina piastrine soprattutto; enzimi lisosomiali i granuli di granulociti e macrofagi. Mediatori di nuova sintesi che vuol dire? Sono mediatori che agiranno più tardi per forza di cose, in quanto devono essere sintetizzati. Quali? Prostaglandine, leucotrieni, fattore attivante le piastrine (PAF), prodotti reattivi dell’ossigeno, ossido nitrico, citochine. Le citochine possono mai essere i primi mediatori dell’infiammazione? Hanno bisogno di essere sintetizzate queste sostanze, quindi ci vogliono i tempi. Qua accanto trovate chi fa questi mediatori: le prostaglandine sono prodotte da tutte le cellule bianche, qualcuno diceva tranne i globuli rossi, non so se è ancora vero; i leucotrieni sono

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prodotti da tutte le cellule, l’acido arachidonico sta dappertutto; il PAF tutti i leucociti; le specie reattive dell’ossigeno sono l’acqua ossigenata, l’anione superossido, ossigeno singoletto; metteteci accanto le specie reattive dell’azoto, anche l’azoto fa le specie, i macrofagi fanno l’ossido nitrico; le citochine sono prodotte dai macrofagi, qualcuno dice anche i neutrofili fanno qualche citochina.Mediatori plasmatici: stanno nel plasma, il fegato è la sorgente maggiore, vedete qua Fattore XII di Hageman che deve essere attivato naturalmente:

• sistema delle chinine (bradichinine);• sistema della coagulazione e della

fibrinolisi.

Il complemento con tutte le sue forme, vi ricordate che abbiamo detto che alcuni fattori del complemento sono chemiotattici, altri fattori del complemento formano il complesso di attacco alla membrana (MAC), che è quello che consente la perforazione, l’uccisione di alcuni microrganismi. Domanda studente: le catecolamine? Risposta Prof.ssa: le catecolamine non le mettiamo mai, sono dei mediatori immediati, abbiamo definito la vasocostrizione immediata e transitoria proprio perché compare e finisce là. Quando fate la classificazione dei mediatori, lasciatele perdere.

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5.1 Istamina5.1 Istamina È contenuta in grande quantità in mastociti e basofili, ed anche nelle piastrine in minor quantità, è prodotta dalla decarbossilazione dell’istidina per azione delle proteasi e della carnosina. Prima cosa da notare: l’attività dell’istidinadecarbossilasi è inibita dai glucocorticoidi (cortisoni), primo effetto antinfiammatorio. Naturalmente se ho il raffreddore non prendo il cortisone, vanno bilanciate le cose, però nelle infiammazioni importanti la prima cosa è il cortisone. La sintesi e la produzione di istamina sono potenziate da alcune citochine IL-3, IL-5, IL-8, la 8 vi ricordo che è anche una sostanza chemiotattica per i neutrofili. L’istamina verrà inattivata da diverse sostanze, intanto dalle istaminasi MAO e DAO, la DAO è in quantità maggiore ecco cosa significano questi due + (nella slide), la DAO è solubile e diffusibile nei liquidi organici, la MAO è insolubile e qua vi ho messo tra parentesi il ruolo degli eosinofili, l’avevamo accennato, perché abbiamo detto che quando c’è un’infiammazione allergica aumenta la quota degli eosinofili nella formula? Se è vero che sono i basofili a liberare istamina, che c’entrano gli eosinofili? Nell’infiammazione allergica aumentano gli eosinofili, nella formula leucocitaria normale gli eosinofili sono l’1-4%, non di più, nel soggetto allergico troviamo 10-15, non di più; nelle parassitosi i numeri si alzano di più, si arriva anche al 30%. Perché aumentano gli eosinofili nella formula leucocitaria? In una fase precoce liberano enzimi che

degradano l’istamina, quindi sono di aiuto all’organismo, liberano MAO e DAO, ma in una fase più tardiva cosa libereranno? Proteine cationiche degli eosinofili e la proteina basica maggiore, che hanno effetto edemigeno, cioè generatore di edema, essudato infiammatorio. Se vi mettete un attimo in questo bronco di un soggetto allergico e già ha una costrizione, chi è che costringe il bronco? L’istamina stringe, ha effetto sulla muscolatura liscia in più aggiungiamo l’edema che producono queste sostanze, questo bronco è completamente chiuso, quindi l’aria riesce ad entrare, ma non può uscire, avete mai sentito il sibilo di un asmatico? Ancora non siete medici famosi illustri? L’asmatico non ce la fa, è come se non avesse aria, la prima cosa che fa quando razionalizza, se è una persona adulta, apre la finestra perché cerca aria, ma non è che non c’è aria, non gli arriva, uno si sente soffocare perché questo calibro del bronco è chiuso, quindi l’aria non ce la fa, allora si sente quel rumore dovuto all’aria che c’è dentro il bronco. Ragazzi guardate che ancora oggi di asma si può morire, a volte bisogna usare l’adrenalina, quando già c’è l’asma l’antistaminico che deve fare? L’istamina ormai è andata per i fatti suoi, non serve. Nell’asma si usa il cortisone perché capisco che non tutti camminano con l’adrenalina in tasca, anche se il soggetto allergico dovrebbe farlo perché a volte non ci arriva. Si può morire anche per una puntura di ape, se uno è vicino a un pronto soccorso ti fanno l’adrenalina, se no muori per shock anafilattico.

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Domanda studente: ma se si fa il cortisone?Risposta prof.ssa: non basta, se non hai altro lo fai, ma non basta perché per le punture di ape è necessaria l’adrenalina, per l’asma all’inizio invece ti basta.Ragazzi questi sono fenomeni da prevenire perché l’asma si previene, un bravo medico non fa arrivare il paziente alla crisi asmatica, deve prevenirla. L’istamina viene inattivata dalle istaminasi o tramite metilazione ed avviene soprattutto nei macrofagi, o per acetilazione. È una sostanza che verrà escreta con le urine. Quali sono gli effetti dell’istamina?

• Broncocontrazione sulla fibrocellula muscolare liscia, rapida e transitoria, ma attenzione c’è l’istamina, ma ci sono anche gli altri mediatori, la reazione non finisce;

• Aumento della permeabilità vascolare, là vi ho messo i tempi 15-30 minuti, ma non mi importa agli esami, lo dico per farvi capire che è un effetto rapido che però poi finisce. L’azione permeabilizzante si esercita soprattutto sulle venule per contrazione degli endoteli. Vi ricordate che abbiamo parlato di due meccanismi? Uno di contrazione ed uno di retrazione e poi di danno diretto, ma quella è un’altra cosa;

• Stimola la secrezione delle ghiandole esocrine;

• Aumenta la frequenza cardiaca;• Chemiotassi per gli eosinofili,

richiama eosinofili.

Agisce su tre recettori in genere: H1, H2, H3. Il recettore H1 è localizzato sulla muscolatura liscia dei bronchi e gastrointestinale, nel microcircolo, nelle

terminazioni vagali e il legame del recettore con l’istamina provoca questi effetti:

• aumenta il cGMP intracellulare;• vengono stimolate le cellule

dell’infiammazione, prima dei neutrofili poi le altre;

• si contrae la muscolatura liscia bronchiale e gastrointestinale, il recettore sta lì e provoca la contrazione delle fibrocellule muscolari lisce;

• aumenta la permeabilità vascolare, anche se è di breve durata;

• provoca vasodilatazione periferica e prurito, lo sanno tutti gli allergici;

• stimolazione vagale afferente delle vie respiratorie;

• chemiotassi positiva per gli eosinofili, vuol dire che se li chiama.

Queste sono le azioni che l’istamina esplica legandosi al recettore H1. Recettore H2: è localizzato sulla mucosa gastrica e delle vie respiratorie, muscolatura liscia cardiaca ed esofagea, cellule infiammatorie, ma anche linfociti. Quando si lega a questo recettore, l’istamina provocherà:

• aumento dell’ AMPciclico;• stimolazione della secrezione

gastrica di HCl;• secrezione mucosa delle vie

respiratorie;• contrazione esofagea;• stimolazione cardiaca;• inibizione linfociti e cellule

infiammatorie;• vengono liberati enzimi lisosomiali,

proteine di fase acuta e del complemento;

• chemiotassi negativa per gli eosinofili.

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In alcuni tessuti i recettori coesistono (avete visto mucosa gastrica e vie respiratorie) con effetti a volte antagonisti, o si lega a uno o si lega a due, l’effetto finale sarà dato dal bilancio: se prevale uno, si avrà un effetto, se prevale il due, si avrà un altro effetto, quindi bilancio tra i due recettori. H3: si sa poco, è localizzato sui neuroni e sui mastociti, provocherà diminuzione della sintesi e del rilascio di istamina. Come agisce l’istamina? Il meccanismo d’azione dell’istamina è complesso ed è legato a un aumento dei flussi di ioni Ca verso l’interno della cellula, stimolerà la contrazione della fibrocellula muscolare liscia ed è legato anche ad una stimolazione adenilato o guanilato ciclasica (recettore 1 o recettore 2) da parte dell’istamina, quindi se stimola l’AMP o il GMP, dipende dal tipo di recettore che andrà a legare. Alte concentrazioni di istamina (come quelle che si liberano nell’allergia) hanno effetti infiammatori dovuti all’azione dell’istamina sul microcircolo (sulle venule), basse concentrazioni di istamina, al contrario, potrebbero avere effetti antinfiammatori bloccando la liberazione di istamina da parte dei basofili tramite gli H2 o da parte dei mastociti tramite gli H3. Sulle proteine di fase acuta e sul complemento l’istamina può avere un effetto doppio:

• inibitorio tramite gli H2;• stimolatorio tramite gli H1.

Vi ricordo che le proteine di fase acuta vengono secrete durante un’infiammazione importante dal fegato e provocheranno effetti sistemici sull’organismo, quindi l’infiammazione

deve essere importante e sostenuta da un’azione importante. Qua ho cercato di mettervi i recettori accanto così ci intendiamo.Azione dell’istamina:

• contrazione della muscolatura liscia extravasale (H1);

• vasodilatazione (H1);• stimolazione della secrezione

gastrica (H2);• stimolazione cardiaca (H2);• inibizione del rilascio di

neurotrasmettitori, quindi un effetto negativo(H3).

Quali sono i ruoli in fisiopatologia? Quelli là, stimolerà la secrezione gastrica, sapete che fino a trent’anni fa l’ulcera duodenale era curata solo con la chirurgia, poi si scoprì una molecola meravigliosa che fece andare in pensione i chirurghi in qualche maniera, la ranitidina per l’ appunto, che è un antagonista del recettore H2 e quindi inibiva la liberazione di acido cloridrico. L’azione più importante, l’istamina come mediatore della reazione di ipersensibilità di tipo primo, allergia tipo primo mediata da IgE, orticaria, tracciata con antagonisti dei recettori H1, è chiaro che tutte queste conoscenze sui recettori poi praticamente serviranno a fare questo, a predisporre trattamenti terapeutici che inibiscano l’azione di questi recettori, che antagonizzino, in qualche maniera, il legame con l’agente patogeno, in questo caso patologico.

5.1.1 EFFETTI DELL’ISTAMINA SU CELLULE ENDOTELIALI NEL SITO DI FLOGOSI

L’istamina, così come la trombina, è in grado di attivare le cellule endoteliali,

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dove? A che livello? Siamo sulle venule post-capillari, l’istamina agisce soprattutto sulle venule, su quelle che da parte loro sintetizzeranno PAF, esponendo la selettina P trascolata, portata lì, dai granuli secretori della membrana. Questa espressione che è transitoria, transitoria vuol dire che dopo cessa, favorirà l’adesione soprattutto dei neutrofili, ma dei polimorfonucleati in genere, tramite il recettore che sta su queste cellule, cioè il sial-Lewis X. Il legame tra polimorfonucleati in genere ripeto, ma sono soprattutto i neutrofili, e le cellule endoteliali favorirà l’interazione tra PAF ed il suo recettore specifico sulla membrana dei granulociti stessi che, a loro volta, esprimeranno le integrine beta2, LAF1 e MAC1. Io le devo dire per forza di cose come fasi, ma in genere queste fasi si sovrappongono, non sono così ordinate, ma per spiegarle dobbiamo ordinarle. La presenza delle integrine comporta l’ancoraggio dei polimorfonucleati attivati dal PAF alle cellule endoteliali, riescono a legarsi dal lato delle cellule endoteliali, verranno espressi i controrecettori delle integrine ICAM1 e ICAM2, facilitando la polarizzazione, cioè vanno verso una parte, e come effetto finale migrano, dei polimofonucleati verso il sito di flogosi. Se non ci fossero tutti questi sistemi recettoriali e di ligando, alcuni inducibili, alcuni costitutivi, né l’ancoraggio, né la diapedesi potrebbero verificarsi. La serotonina è un’ammina vasoattiva che

deriva dal triptofano, viene degradata dalle monoamminoossidasi mediante meccanismi di decarbossilazione o secondariamente, se non bastano questi, da meccanismi di acetilazione e di metilazione, come l’istamina. Proteine e piastrine possono inibirne l’azione, fissandola, per formare complessi inattivi, quindi un altro modo per inattivarla. È presente nel nostro organismo in due forme:

• legata;• libera.

Quella libera è attiva sia all’interno sia all’esterno della cellula, nel plasma o nei liquidi interstiziali; quella legata è legata in complessi inattivi oppure sotto forma di deposito (la maggior parte vi ho scritto). Le forme di deposito sono un classico, restano lì fino al momento dell’uso. Il rilascio della serotonina è provocato dall’aggregazione piastrinica, se qualcuno agli esami vi chiede la coagulazione, qual è la prima fase? Immediatamente si verificano l’adesione e l’aggregazione, quindi aggregazione piastrinica che avviene in caso di un danno che prevede l’esposizione del sottoendotelio, se non viene esposto il sottoendotelio non succede nulla, quindi contatto con il collegene, trombina, ADP e complessi immuni antigene-anticorpo. Questo rilascio può anche verificarsi in seguito a stimolazione del PAF rilasciato dai mastociti.

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5.2 Mediatori di derivazione5.2 Mediatori di derivazione plasmatica plasmatica Questi sono plasmatici o prodotti dal fegato o vediamo. Tre cascate enzimatiche, cascata significa che comincia e poi non si ferma più, il sistema delle chinine, della coagulazione e del complemento. Le chinine: bisogna arrivare a innescare questa cascata delle chinine, chi la attiva? IL FATTORE XII di Hageman, quindi già vediamo un primo intreccio con la cascata della coagulazione e questo viene fuori perché è provocato dal contatto con superfici cariche negativamente come il collagene e la membrana basale. Ragazzi nell’infiammazione c’è il danno, l’infiammazione è una risposta a un danno, e quindi è chiaro che c’è l’esposizione a cariche negative. Allora verrà prodotto un frammento del fattore XII che è anche un attivatore della pre-callicreina, che sarà convertita in callicreina. Vi premetto che in tutte queste cascate si riproducono i meccanismi, fattori inattivati da attivare e fattori inibitori da attivare, quindi c’è la pre-callicreina attivata a callicreina, la quale, a sua volta, scinderà un precursore glicoproteico plasmatico, il chininogeno, che è una proteina ad alto peso molecolare, e lo trasformerà in bradichinina; il chininogeno ad alto peso molecolare finirà ancora ad agire come catalizzatore nell’attivazione del Fattore XII, quindi da dove avevamo iniziato ritorniamo. Gli effetti di queste sostanze sono mediati da due recettori B1 e B2. Il recettore B1 è un recettore inducibile ed è indotto dai mediatori dell’infiammazione e selettivamente

attivato dai metaboliti delle bradichinine; i recettori B2 sono costitutivamente espressi. Le chinine vengono degradate dalle chininasi, quindi i meccanismi si replicano, ma le azioni sono diverse. Cosa fa il sistema delle chinine?

• controllo della pressione arteriosa, quindi evidentemente agisce sui grossi vasi;

• contrazione della muscolatura liscia, quindi quell’azione dell’istamina, anche se l’istamina dura poco, viene sostenuta da altri;

• vasodilatazione;• migrazione cellulare;• attivazione cellule infiammatorie;• risposta al dolore, aldogena.

Qual è il risultato di queste funzioni? Amplificazione della risposta infiammatoria, che era cominciata con l’istamina, mediante la stimolazione di cellule sia locali, che migrate che produrranno mediatori chimici dell’infiammazione e soprattutto prostanoidi, derivati dall’acido arachidonico, citochine e ossido nitrico. La bradichinina, in particolare, è un nonapeptide derivato dal chininogeno per azione della callicreina, le azioni principali della bradichinina sono:

• la vasodilatazione, cominciata dall’istamina;

• aumento della permeabilità vasale;

• stimolazione delle terminazioni nervose del dolore;

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• contrazione della muscolatura liscia soprattutto intestinale e

dell’utero.

5.3 La cascata della coagulazione5.3 La cascata della coagulazioneAbbiamo già visto la partecipazione del Fattore XII, il sistema della coagulazione si può suddividere in due vie che convergono a livello dell’attivazione della trombina e nella formazione di fibrina. La via intrinseca è fatta da una serie di proteine plasmatiche che riescono a essere attivate dal Fattore XII, che è sintetizzato dal fegato, circola in forma inattiva finché non incontra il collagene (se non lo incontra, non ha nessuna indicazione per attivarsi), cioè in caso di danno, altrimenti succedono cose che non dovrebbero succedere, come la trombosi. Quindi il Fattore di Hageman si attiva grazie a queste cariche negative e il processo attiverà, a sua volta, una serie di proteasi plasmatiche, ovvero quelle che porteranno alla conversione del plasminogeno in plasmina che induce fibrinolisi, i prodotti della fibrinolisi aumenteranno ancora di più la permeabilità vascolare ed agiranno sui fattori del complemento dando origine C3a ed a C5a che hanno azione chemiotattica. Ai miei tempi C3a e C5a si definivano anafilotossine. Conversione della pre-callicreina in callicreina, la callicreina plasmatica prodotta dal Fattore XII attivato scinderà il chininogeno dando origine alle chinine. Vedete come si intersecano le vie? Attivazione della via classica del complemento, attivazione della cascata coagulativa. Siamo partiti dalla coagulazione, siamo arrivati alla

coagulazione. La trombina è la molecola che rappresenta il trait d’union tra coagulazione e infiammazione perché l’attivazione della coagulazione darà origine all’attivazione della trombina (Fattore IIa) dal precursore protrombina (Fattore II), attraverso una serie di reazioni. La trombina degrada il fibrinogeno solubile circolante generando un coagulo.Avete mai visto un coagulo? Se fate un prelievo di sangue e non lo trattate con un anticoagulante, dopo mezz’ora cosa succede? Si forma un reticolo forte che intrappola le cellule del sangue, cioè globuli rossi, bianchi e piastrine, le intrappola sotto, mentre sopra il coagulo avviene la “spremitura” del siero, il siero viene quasi espluso da sotto e portato sopra, quello che si fa tutti i giorni nei laboratori per dosare tutti i parametri ematici, glicemia, ecc.. La trombina si legherà ai recettori attivati da proteasi che sono composti da sette domini transmembranari accoppiati a proteine G ed espressi da piastrine, cellule endoteliali e cellule della muscolatura liscia. L’impegno di questi recettori, uno da parte della trombina, provocherà alcune risposte che inducono l’infiammazione e cioè:

• mobilizzazione della selettina P, che sta sulle piastrine;

• produzione di chemochine;• espressione di molecole di adesione

per le integrine dei leucociti;

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• induzione di COX2;• produzione di prostagladine, PAF,

ossido nitrico e quindi alterazioni

delle cellule endoteliali. Vi ho voluto fare vedere dove si intersecano le due vie.

5.4 Il complemento5.4 Il complementoIl complemento è una serie di proteine plasmatiche, importante nella risposta immunitaria e nell’infiammazione. Quando diciamo risposta immunitaria e risposta infiammatoria sono due termini sovrapponibili, in quando può esserci un’infiammazione senza infezione, ci sono le cosiddette infiammazioni sterili perché non sono provocate da agenti patogeni vivi, ma la partecipazione delle cellule bianche (granulociti, monociti, linfociti) non è esclusiva delle risposte all’infezione.

In alcuni punti le due risposte si sovrappongono, ma esiste anche una risposta infiammatoria senza infezione: abbiamo detto cos’è il flittene, il prodotto dell’ustione di secondo grado, quello di primo grado è l’eritema, quindi nel flittene la risposta è sterile fin quando non buchiamo il flittene, entra l’aria, si infetta e l’acqua diventa risposta agli agenti infettivi, ma all’inizio no, è sterile. Nell’Alzheimer c’è un’infiammazione sterile, sono i TLR che rispondono per

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primi, i TLR sono i recettori dell’immunità innata, c’è un’infiammazione sterile alla quale partecipano i TLR. Qual è il fine del complemento? Bucare la parete dei microrganismi. Il complemento è formato da più di 30 proteine che si trovano in alta concentrazione nel plasma. Durante il processo di attivazione del complemento si produrranno una serie di fattori che

causano:aumento della permeabilità vascolare (finora ne abbiamo nominato un paio che determinano un aumento della permeabilità vascolare dall’istamina in giù, le chinine, anche il complemento);

• chemiotassi, abbiamo detto C3a, C5a, C5-6-7;

• l’opsonizzazione per facilitare la fagocitosi.

In genere, le componenti del complemento sono presenti in forma inattiva, perché se fossero attivate, agirebbero continuamente. Le vie di attivazione sono:1. via classica;2. via alternativa;3. via della lectina.

La via classica viene in genere attivata dalla reazione antigene-anticorpo, da prodotti batterici, prodotti virali, dalla proteina C reattiva, proteasi, cristalli di

urato, la cosiddetta infiammazione sterile, cellule apoptotiche con il loro contenuto di danno e polianioni rappresentati dai polinucleotidi.La via alternativa è attivata dal contatto con componenti della superficie microbica (endotossine dei Gram negativi), polisaccaridi, poi altre sostanze, cellule tumorali, parassiti. La via della lectina è una via di attivazione da parte della lectina plasmatica che legherà il mannosio della parete batterica..

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Con questa diapositiva ho cercato di farvi vedere che tutte le tre vie del complemento convergono sul C3, è quello il momento di conversione delle vie. Funzioni effettrici:

• se vengono liberati C3a e C5a siamo nell’infiammazione e soprattutto liberazione di sostanze chemiotattiche che servono a reclutare e ad attivare leucociti che devono fagocitare i microbi;

• C3b anche qua fagocitosi;• formazione del complesso di attacco

alla membrana (MAC) che buca la membrana.

Qual è l’attività biologica? Ragazzi a me non interessa che voi mi raccontiate come si attiva il complemento, mi interessa che sapete l’attività biologica a livello dell’infiammazione: le anafilotossine C3a e

C5a, ma anche C4a:• agiscono aumentando direttamente

la permeabilità dei vasi;• aumento permeabilità dei vasi

attraverso mediatori, come l’istamina e gli eicosanoidi;

• chemiotassi;• stimolazione dell’adesività

leucocitaria;• stimolano la degranulazione

leucocitaria;• stimolano la produzione dei radicali

dell’ossigeno e degli eicosanoidi, quindi stimolano il metabolismo dell’acido arachidonico;

• espressione dei recettori leucocitari del complemento (CR1 e CR3), vi ricordate che alcuni linfociti esprimono dei recettori per il complemento;

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• attivazione dei monociti che quando escono dal vaso diventano macrofagi e producono citochine.

Il C3b ha attività opsonizzante, quindi di rivestire i microrganismi. Il C5b67 ha attività chemiotattica. Il C2a ha attività chinino-simile. Alla fine questo complemento comporterà la lisi della cellula batterica (quando ci riesce con il complesso MAC) e gli effetti mediati dai suoi frammenti attivati o chemiotattici o altri mediatori dell’infiammazione. In particolare C3a e C5a aumenteranno la permeabilità vascolare, provocheranno vasodilatazione, vedete che quello che faceva l’istamina, in fondo, viene riprodotta da questi mediatori, però amplificando la reazione, l’istamina finisce lì, questi l’amplificano. C5a: attivazione chemiotassi dei leucociti, ne abbiamo parlato a proposito dell’avidità delle integrine, attivazione del metabolismo dell’acido arachidonico nei neutrofili e nei monociti, cioè nelle cellule che svolgono il loro ruolo di cellule infiammatorie, rilascio di altri mediatori dell’infiammazione. Il C3b facilita la fagocitosi fungendo da opsonina. Effetti sui vasi: aumento della permeabilità e vasodilatazione.Il C5a attiva la lipossigenasi dei neutrofili e dei monociti, quindi produzione di leucotrieni. Ancora attivazione dei leucociti, adesione e chemiotassi, il C5 aumenta l’interazione tra le integrine dei leucociti e l’endotelio, è un potente fattore chemiotattico e richiama neutrofili, monociti, eosinofili e basofili. Il fattore C3b stimolerà la fagocitosi da parte di neutrofili e macrofagi. Questi due frammenti del complemento possono essere anche attivati dagli enzimi

proteolitici presenti nell’essudato, prodotto dell’infiammazione in cui vi sono cellule che rilasciano enzimi lisosomiali. In questa maniera, azione della cascata del complemento, la cascata della coagulazione, la cascata delle chinine, verrà amplificata la reazione precedente, quindi l’infiammazione continua ad amplificarsi fino al punto in cui l’agente di danno, vivo o inerte, verrà allontanato tramite la fagocitosi, se ci riesce con la fagocitosi, abbiamo allontanato l’agente di danno, se non ci riesce, la fagocitosi non è stata produttiva, per esempio il micobatterio della tubercolosi resta lì vivo e vegeto, è chiaro che è inutile chiamare altri neutrofili, muoiono, arriva il monocita che diventa macrofago ed endocita non solo il batterio, ma anche i residui dei neutrofili, io vi ricordo che la funzione specifica del macrofago è quello di scavenger, di spazzino, endocita tutto, ma purtroppo per noi il micobatterio rimane vivo e quindi si perpetua l’infiammazione con altre modalità.Cascata delle prostaglandine: partiamo dall’acido arachidonico di membrana, acido grasso insaturo a 20 atomi di carbonio che deriva dall’acido linoleico che noi introduciamo con la dieta ed è presente nell’organismo sotto forma di componente dei fosfolipidi di membrana. Verrà rilasciato dalla membrana in seguito all’attivazione delle fosfolipasi che a loro volta saranno attivate in seguito a stimoli fisici, chimici, meccanici o dall’infiammazione, dai mediatori dell’infiammazione come il C5a. Il metabolismo dell’acido arachidonico può seguire la via della lipossigenasi o quella della ciclossigenasi.

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Allora fosfolipidi di membrana, acido arachidonico, andiamo alla 5 lipossigenasi, gli intermedi fate i leucotrieni, l’ho detto al plurale perché abbiamo la A4, il C4, il D4, l’E4. Azione dei leucotrieni:

• vasocostrizione;• broncospasmo, e nell’asma

bronchiale sono i leucotrieni implicati, alcuni farmaci antileucotrienici funzionano;

• incrementata permeabilità.

Andate direttamente alle lipossine, le quali agiscono:

• producendo vasodilatazione;• inibendo la chemiotassi dei

neutrofili;• stimolano l’adesione dei monociti.

Ancora se prende la via della ciclossigenasi, COX1 e COX2, andiamo alle prostaglandine, prima la PGG2, la PGH2, da un lato la prostaciclina (PGI2), dall’altro lato il trombossano (TXA2), lo vedete che hanno effetti opposti, prostaciclina antiaggregante, il trombossano aggregante. Dall’intermedio PGH2 derivano le prostaglandine D2, E2, F2alfa, vasodilatazione, edema, ma anche contrazione della muscolatura liscia e altre cose che lì non sono citate. Sapete che le prostaglandine sono utilizzate nell’induzione del travaglio di parto, proprio perché stimolano la contrazione della muscolatura liscia. L’acido acetilsalicilico e i FANS inibiscono la COX e quindi la produzione di tutte le prostaglandine ed i trombossani. Esistono

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due tipi di COX: COX1 e COX2. La prima è espressa nella mucosa gastrica e per questo motivo gli inibitori selettivi della seconda hanno effetti lesivi sulla mucosa gastrica più lievi. La via della ciclossigenasi porterà alla produzione di prostaglandine e trombossani per azione a sua volta di enzimi specifici. Ognuno di questi enzimi ha una sua precisa distribuzione tissutale: per esempio la trombossano sintetasi si trova dentro le piastrine, è un aggregante piastrinico, al contrario nelle cellule endoteliali, c’è un enzima dedicato alla produzione di prostacicline che sono antiggreganti, quindi il bilancio tra le due sostanze è quello ottimale, quando pende da un lato avrete aggregazione, quando pende dall’altro possibilità di emorragia. La via della lipossigenasi: la 5-lipossigenasi è l’enzima che metabolizza l’acido arachidonico più importante a livello dei neutrofili, è altamente instabile e successivamente verrà convertito in leucotrieni, le tre serie (LTA4, LTB4, LTC4). La via della lipossigenasi, ancora, principale prodotto è il 5-HETE che ha azione chemiotattica per i neutrofili e che può essere convertito in leucotrieni, il leucotriene B4 è un agente chemiotattico potente, stimolerà l’adesione e l’aggregazione dei leucociti all’endotelio, farà produrre radicali liberi ed indurrà il rilascio di enzimi lisosomiali; C4,D4 ed E4 provocheranno vasocostrizione

importante, broncospasmo ed aumento della permeabilità vascolare delle venule. Le lipossine si formavano attraverso l’altra via, la lipossina A4 e B4 che originano per biosintesi transcellulare, che vuol dire? Dipende da due cellule, altrimenti una cellula, da sola, non riesce, hanno un’azione inibente la chemiotassi e l’adesione dei neutrofili all’endotelio, abbiamo detto che facilitano l’adesione dei monociti. In quali processi biologici li trovate? Soprattutto nell’infiammazione, ma anche nell’emostasi, sono metaboliti che si formano rapidamente, ma che vengono degradati ancora più rapidamente, hanno un metabolismo velocissimo, noi usavamo le prostaglandine soprattutto in alcuni esperimenti fatti sui linfociti del sangue periferico, il limite era che la prostaglandina veniva metabolizzata presto per cui la sua azione era visibile, grosso modo, in una mezz’ora, dopo quella mezz’ora non funzionava più, noi la mettavamo a contatto con le cellule e poi la eliminavamo tanto non serviva più e continuavamo la coltura cellulare per vedere che effetto aveva sui recettori di membrana, ha un effetto inibente la risposta immunitaria la E2, decadono spontaneamente o per via enzimatica. COX convertirà l’acido arachidonico in PGH2, che a sua volta sarà convertito da altri enzimi in prostaciclina, prostaglandine e trombossani, funzioni diverse.

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5.5 Prostacicline, trombossani, NO e5.5 Prostacicline, trombossani, NO e citochine citochine Le prime tramite recettori IP, avranno azione:

• antiaggregante;• antiadesiva;• vasodilatatoria;• agiranno sul rimodellamento

vascolare;• ridotto uptake del colesterolo.

Tramite i recettori TP i trombossani avranno azione:

• proaggregante;• proadesiva;• vasocostrittrice, quindi effetti

completamente opposti;• incrementeranno il rimodellamento

vascolare.

Azioni completamente opposte, dal bilancio dipende la vita. Il PAF deriva dai fosfolipidi delle piastrine soprattutto, ma anche dei basofili, dei mastociti, neutrofili, monociti macrofagi, cellule endoteliali, sia come prodotto secreto sia come prodotto cellulo-legato, è bruttissima questa cosa, però significa legato alla cellula. È un fattore che stimola le piastrine, ma ha anche altri effetti:

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• ha un effetto vasodilatatorio e di aumento della permeabilità venulare da cento a diecimila volte maggiore dell’effetto dell’istamina, quindi un effetto assolutamente superiore a quello dell’istamina;

• aumento dell’adesione leucocitaria;• chemiotassi, degranulazione e burst

ossidativo;• stimola la sintesi di eicosanoidi.

Quindi un forte potere infiammatorio, più forte di quello dell’istamina. Ossido nitrico: è stato scoperto all’inizio come fattore prodotto e rilasciato dalle cellule endoteliali che causava vasodilatazione, rilassando la muscolatura

liscia. È prodotto da alcuni tipi cellulari: cellule endoteliali, neuroni (alcuni tipi), fagociti (sia neutrofili sia monociti macrofagi). È sintetizzato dall’amminoacido L-arginina mediante l’azione degli enzimi ossido nitrico sintetasi o sintasi come volete voi, a me piace più sintetasi e là vi ho messo i tre enzimi che hanno un nome differente a seconda della cellula che li produce: eNOS è prodotto dalla cellula endoteliale ed è un enzima inducibile; nNOS a livello neuronale costitutivamente espresso; iNOS enzima inducibile nei fagociti, quindi nei tre tipi cellulari che abbiamo detto.

Questa voleva essere una figura che vi spiega le funzioni dell’ossido nitrico nei capillari e nei macrofagi, quello che causa è

la vasodilatazione, i radicali liberi dell’azoto sono tossici non solo per gli agenti patogeni, ma anche per le cellule

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dell’organismo come le specie reattive dell’ossigeno. Citochine: citochine ne abbiamo centinaia di migliaia, l’altra volta è uscita una citochina 35, IL-35, e non l’ho degnata di uno sguardo. Allora per definizione le citochine sono agenti pleiotropici e ridondanti, cioè la stessa citochina più agire su più meccanismi, su più cellule e più citochine possono agire sulla stessa cellula, ridondante nel senso che più citochine hanno lo stesso effetto, che motivo c’è di farne dieci che hanno lo stesso effetto? Allora io ho cercato di farvi una tabella per funzione, però qui avremo da parlare per l’eternità:

• citochine regolatrici della funzione di altre cellule:

• l’IL-1 è la citochina prodotta nel momento in cui si verifica la presentazione dell’antigene; è la citochina dell’immunità innata; è una citochina pirogenica;

• l’IL-4 favorisce la crescita; è una citochina del profilo TH2, è quella che inibisce la risposta infiammatoria ad un certo punto;

• IL-10 e il TGF-beta sono citochine regolatorie per definizione, inibiscono la risposta immune: l’IL-10 è quella della tolleranza immunitaria; il TGF-beta è una citochina prodotta dalle cellule del profilo TH2 e serve a fermare la risposta infiammatoria ed è responsabile, inoltre, dei rimodellamenti tissutali, di riparazione in genere;

• citochine coinvolte nell’immunità

naturale: sono soprattutto il TNF-alfa e l’IL-1beta, quella di cui abbiamo parlato a proposito dell’immunità innata, questo non significa che queste citochine fanno solo questo, diciamo come azione fondamentale;

• citochine che attivano cellule dell’infiammazione, per esempio i macrofagi durante la risposta cellulo-mediata:

• l’INF-gamma viene prodotto dal macrofago durante la presentazione dell’antigene alla cellula T, sul T viene esposto il CD40L (marker di attivazione inducibile), dall’altro lato c’è il CD40 costitutivo, si legano e questo induce il macrofago a produrre IL-12, citochina a potente azione infiammatoria, la quale si va a legare al suo recettore localizzato sul T ed il prodotto finale è l’IFN-gamma prodotto dal T in questo caso;

• TNF-alfa;• TNF-beta che una volta si

chiamava linfotossina;• IL-5, IL-10, IL-12, vedete la 10

partecipa a più azioni;• chemochine;• citochine che stimolano l’emopoiesi,

stimolano il midollo, mediano la proliferazione e la differenziazione dei leucociti immaturi nel midollo: IL-3, IL-7, ligando di c-kit, tutti fattori stimolanti le colonie, sia quello granulocito-macrofagico che quello macrofagico, quello granulocitico, questo che vuol dire?

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Perché c’è questa differenza? Nel midollo c’è una cellula progenitrice comune a livello mielo-monocitico, poi prendevano le due vie diverse, quindi fattori stimolanti le colonie di questo precursore comune e poi

fattori stimolanti le colonie di cellule che già sono commissionate, mandate nel loro circolo; stem cell factor (SCF) che stimola le cellule staminali.

Margherita Famà

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15/11/13 Prof.ssa Sofo

6Essudato, trasudato edEssudato, trasudato ed infiammazione cronicainfiammazione cronica

Allora, tutto lo scopo del processo infiammatorio qual è? Ve lo ricordate? Ne abbiamo parlato. Perché succedeva tutto questo? Intanto c’ha uno scopo? Deve delimitare, circoscrivere, diluire e distruggere (se ci riesce) l’agente eziologico. Naturalmente in questo plasma, in questo liquido ci sono dei fattori, ovvero i mediatori chimici dell’infiammazione. Il mediatore chimico è una sostanza senza la quale il processo infiammatorio non si realizza. Mediatore cosa significava? Che poteva o esaltare o inibire quell’azione, vero? E molto spesso i mediatori solubili presenti nel plasma potevano essere presenti o come precursori che avevano bisogno di essere attivati e c’era questa continua inducibilità o con sostanze che inibivano questa attivazione quindi c’era questo continuo gioco. Se pensate un poco al sistema della

coagulazione, al sistema del complemento, al sistema delle chinine vi renderete conto di cosa stiamo parlando. Li avevamo fatti questi sistemi e avete realizzato che si intrecciano tra di loro e non sono separati, ma dobbiamo separarli per spiegarli. Ma il complemento ha relazione con il sistema della coagulazione, con il sistema delle chinine e ci sono fattori che influenzano, c’è questo continuo gioco, per questo si chiama modulare. Lo scopo dell’essudato che viene dal latino e che significa che “usciva fuori dal vaso” e allora qua incomincia la confusione che avete al momento degli esami, la confusione tra essudato e trasudato… guardate che questa una volta era la domanda che si faceva al momento degli esami per aiutare un ragazzo, ora invece no, i ragazzi si confondono. Ora vedremo le differenze

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6.1 Differenze essudato - trasudato6.1 Differenze essudato - trasudatoAllora l’essudato è un liquido extravascolare, ricco di mucopolisaccaridi ..perchè? RICORDATE che questa è una qualità che non vedremo nel trasudato. La discriminante qualitativa, cioè che c’è nell’essudato, ma NON nel trasudato, è proprio la presenza di mucopolisaccaridi. Ora vedremo perché non ci possono essere nel trasudato. Perché ci sono invece nell’essudato? Perché c’è un danno, ma dove siamo? Ricordate che vi ho parlato del connettivo, della matrice, di tutte quelle cose belle là? Quindi perché ci sono i mucopolisaccaridi? Da dove derivano? C’è il danno, quindi viene esposto il SOTTOENDOTELIO.Nel trasudato viene esposto qualcosa? ASSOLUTAMENTE NO. Il trasudato è uno squilibrio osmotico tra dentro e fuori il vaso. Quindi quale danno avete creato nel trasudato? Quale sottoendotelio avete esposto? NESSUNO. Quindi NON possono esserci mucopolisaccaridi.Le proteine invece sono un elemento discriminante quantitativo, nel senso che nel trasudato ce ne sono di meno, nell’essudato ce ne sono di più. Però mettiamo che ci sia un trasudato ricco di proteine e un essudato povero di proteine e io abbia un valore di proteine pari a 3, allora che dico? È un essudato ricco e un trasudato povero? Come si fa a distinguerli in questo caso? La prova discriminante è la prova di Rivalta. Una prova semplicissima che si fa in laboratorio, che costa nulla perché prendi la provetta, ci metti l’acqua distillata se ne avete, altrimenti basta l’acqua, l’acidificate,

con poche gocce di acido acetico. Dopo di che prendete una gocciolina del campione da esaminare che non sappiamo cos’è, se essudato o trasudato. Se è un trasudato non succede nulla, la provetta rimane limpida. Se è un essudato, vedrete dentro la provetta con l’acqua (che essendo liquido dovrebbe essere limpida e pulita) una nubecola a tipo fumo di sigaretta, una nubecola grigia, perché? Cosa succede? I mucopolisaccaridi che sono presenti solo nell’essudato, lo dico per l’ennesima volta, PRECIPITERANNO e avranno questa forma. Quindi già voi ad occhio direte : “caro chirurgo quello che mi hai mandato è un essudato, ha un processo infiammatorio in corso”. O viceversa “è un trasudato, non c’è nessun processo infiammatorio”. Capite che si diversificano gli interventi terapeutici.Quindi una prova semplicissima che vi rivela la discriminante QUALITATIVA.Quindi abbiamo detto mucopolisaccaridi di origine sottoendoteliale e caratterizzato da un’alta concentrazione proteica (2-3%) (ripeto: anche quest’ultima è una discriminante, MA QUANTITATIVA), da detriti cellulari e da un peso specifico > circa 1020, un po’ più alto rispetto a quello del trasudato. Però il peso specifico io a occhio non posso farlo.La sua presenza indica infiammazione.Il trasudato è un ultrafiltrato del plasma, che deriva da uno squilibrio osmotico o idrostatico a livello della parete vascolare, senza aumento di permeabilità, come nel caso di safene gonfie o ascite.Ha basso contenuto proteico (0,2-2%, per la

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maggior parte costituito da albumina), ma ci possono essere dei trasudati che arrivano anche a 3 (ma la presenza proteica abbiamo detto non è l’elemento discriminante), e un peso specifico < circa 1015. Per esempio l’edema degli arti inferiori per compressione della safena, o

del circolo portale che può portare ascite.Ad es. per compressione delle safene si può avere edema agli arti inferiori; per un ostacolo al circolo portale si può avere ascite.Qua c’è lo specchietto che riassume quello che abbiamo detto.

ESSUDATOESSUDATO TRASUDATOTRASUDATO

PROTEINEPROTEINE Quota superiore, soprattutto l'albumina (fibrina nell'e. sieroso)

Quota inferiore

MUCOPOLISACCARIDIMUCOPOLISACCARIDI Presenti a causa del danno endoteliale

Assenti

CELLULECELLULE Presenti ma scarse nell'e. sieroso

Assenti

ELETTROLITIELETTROLITI Plasma Plasma

pHpH Acido per la liberazione di mucopolisaccaridi acidi,

presenza di proteine cationiche liberate da

cellule

Plasma

Quello che non abbiamo detto è la presenza di cellule. Nell’essudato ovviamente ..ricordate che abbiamo parlato di retrazione delle cellule endoteliali? O di contrazione quando era forte il danno. Nel varco che si è creato tra due cellule endoteliali, finiranno per passare le cellule. Abbiamo detto anche che le prime fasi (vasocostrizione, vasodilatazione e aumento di permeabilità) sono assolutamente UGUALI, qualunque sia l’agente flogògeno. Mentre cominciano a differenziarsi quando cominciano a uscire le cellule…quali cellule? Quelle chiamate. Chi è che chiama le cellule? O prodotti batterici, o sostanze chemiotattiche, il

complemento per esempio. E però nel trasudato ne potete avere cellule? È uno squilibrio osmotico…che ci fanno le cellule? NON CE NE SONO INFATTI, manco una! È uno squilibrio tra due liquidi. Anche nell’essudato più povero di cellule, che è l’essudato sieroso, per intenderci, quello delle ustioni, ci sono. Nelle ustioni, le cellule che ci vanno a fare? Non è compito loro, ma qualcuna passa. Invece l’essudato purulento è quello più ricco di cellule, ci sono tantissimi neutrofili, sia integri, sia in degenerazione.Il pH: nel trasudato è quello del plasma, perché è il plasma che è uscito, nell’essudato invece si acidifica per la presenza dei mucopolisaccaridi acidi. Per

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la presenza di proteine cationiche che vengono liberate per es. dagli eosinofili, che acidificano il contenuto del plasma.Gli elettroliti sono uguali, sono quelli che provengono dal plasma.Allora è chiaro questo specchietto?(Domanda di una studentessa sulla eventuale presenza di detriti, non riportata perché quasi incomprensibile; risposta: dipende dal tipo di essudato, se sei davanti a un essudato purulento, ce ne saranno a lavare, perché? Perché in neutrofili vanno

in degenerazione grassa …vi ricordo che in ogni caso, anche senza degenerazione grassa, i neutrofili possono campare 1-2 giorni massimo. E se muoiono? Diventano detriti, nell’essudato purulento. Ma negli altri fanno la fagocitosi se ci riescono o no in ogni caso muoiono e qualcuno deve pulire questo cimitero di eosinofili. Chi? I macrofagi che arrivano subito dopo a cose fatte. Se i neutrofili hanno avuto successo, puliscono solo i detriti, se l’agente etiologico è ancora lì, devono intervenire).

6.2 Classificazione degli essudati6.2 Classificazione degli essudatiAllora, continuiamo:Essudato sieroso è un liquido ricco di mucopolisaccaridi e con assoluta scarsità di cellule. Ce ne sono pochissime. A volta nel campo microscopico che esaminate non ce ne sono, tanto da potervi confondere con il trasudato. Si forma quando predominano i fenomeni vascolari. Sicuramente è presente una compromissione del sistema linfatico, perché che deve fare il sistema linfatico? Deve drenare! In questo caso è compromesso per occlusione dovuta a piccolissimi coaguli di fibrina a livello dei vasi linfatici.È fisiologico che ci sia la fibrina, perché quando c’è un danno si innesca la coagulazione che deve bloccare il sanguinamento. Qui stiamo parlando di piccoli vasi e quindi di piccoli coaguli di fibrina, che farebbero il loro dovere, ma finiscono per tappare anche i canalicoli linfatici e quindi alterazioni cellulari nei linfonodi.Poiché il drenaggio linfatico è alterato si accumula liquido fuori dal vaso, negli

interstizi con tutti gli squilibri conseguenti. La pressione idrostatica aumenta fuori, la pressione oncotica diminuisce dentro il vaso perché le proteine cominciano a uscire. (Tutti questi eventi ovviamente dovete immaginarli a cascata, si accavallano tutti).Sono interessate soprattutto le cavità sierose e le mucose. Quello più appariscente è il flittene che si forma durante le ustioni. È un liquido trasparente, pulito perché è plasma, non può essere infetto il plasma. Se poi voi lo bucate, entra l’aria, con l’aria i batteri e si infetta.L’essudato siero-catarrale, caratterizzato dalla notevole viscosità e dall’alto numero di cellule Quindi parte come sieroso e diventa catarrale. Diventa molto viscoso, il sieroso è più liquido. Avete mai visto quello che c’è dentro il flittene? È liquido. Invece qui, siero-catarrale, c’è una viscosità importante e ci sono tante cellule e la presenza di cellule rende viscoso questo liquido naturalmente. È tipico delle mucose dell’apparato respiratorio,

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digerente, vie biliari, dotti escretori pancreatici, apparato genitale femminile. L’alta viscosità è dovuta alla presenza di mucopolisaccaridi, sialomucine e solfomucine ed anche di nucleo-proteine, derivate dallo sfaldamento, dalla citolisi del nucleo dei neutrofili. Dal citoplasma dei N si liberano anche enzimi lisosomiali che modificano ulteriormente la viscosità dell’essudato: ad es. la desossiribonucleasi che scinde le nucleoproteine, la neuroaminidasi e gli enzimi proteolitici che demoliscono le mucine, fluidificando l’essudato. Che senso ha fluidificarlo l’essudato? Quando avete la tosse il medico che vi dà? Un mucolitico. Perché? Perché evidentemente c’è un essudato siero-catarrale che si deve sciogliere e fluidificare in modo che con il movimento meccanico della tosse si allontana questa viscosità che si è creata a livello delle vie aeree respiratorie. La tosse è un fenomeno positivo se riusciamo a sopportarla, perchè serve ad allontanare questo tipo di essudato che si è formato una volta fluidificato. Infatti il medico vi chiede se è tosse secca o catarrale. La tosse secca è quella irritativa, da compressione; quella catarrale è quella produttiva, produttiva di questo tipo di essudato. Ma se non riuscite a fluidificarlo, questo è viscoso per la presenza di cellule e mucopolisaccaridi. Dove arriva il riflesso della tosse? Nel polmone profondo abbiamo la tosse? No perché a livello degli alveoli abbiamo i macrofagi che puliscono. Solo loro.L’essudato siero-fibrinoso è un essudato sieroso ricco di coaguli di fibrina. Ragazzi il fibrinogeno com’è? È una proteina a P.M. molto alto. Quindi pensate un attimo, se deve uscire il fibrinogeno dal sangue circolante nel processo infiammatorio, è necessario che le cellule endoteliali

abbiano subito un processo di retrazione importante. Quando tra le proteine plasmatiche essudate sono presenti alte concentrazioni di fibrinogeno, esso coagula e forma fibrina. Si ha quindi durante gravi forme infiammatorie quando il danno vascolare è accentuato e lascia passare molecole ad alto P.M. L’albumina è più facile che esce, il fibrinogeno è una molecola enorme.L’E. siero-fibrinoso può essere tale dall’inizio, cioè si forma subito o essere un’evoluzione dell’E. sieroso. La fibrina può raccogliersi sotto forma di coagulo nel liquido extravasale o addirittura infiltrare i tessuti circostanti (sierose e mucose). Sedi di E. siero-fibrinoso: i foglietti parietali della pleura (pleurite), il pericardio (cor villosum), il peritoneo. Questi foglietti finiranno per assumere l’aspetto di pseudomembrane, di colore bruno-grigiastro, più bruno che grigiastro, e possono formare ulcere sanguinanti (ad es. pseudomembrane difteriche). Grazie alle vaccinazioni, non c’è più difterite e abbiamo eliminato il problema.Essudato purulento: raccolta di pus, un liquido viscoso, perché ricco di cellule e di mucopolisaccaridi, torbido per una ricca presenza di neutrofili che sono arrivati e hanno subìto un processo di degenerazione grassa ad opera dei batteri presenti, diventando piociti. A secondo di dove si deposita il pus avremo delle denominazioni diverse.Il pus può trovarsi raccolto in cavità delimitate dalla “membrana piogenica”, una lamina connettivale che forma una pseudocisti, e in questo caso si parla di ascesso. Ad es. l’ascesso dentario, la forma più comune. Quando invece il processo suppurativo non è delimitato, l’essudato purulento si raccoglie nel tessuto

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sottocutaneo per formare il flèmmone, se la raccolta di pus si ha in una cavità naturale, come la colecisti, si parla di empiema (sono fenomeni gravi questi, si può morire con un empiema della colecisti), se nel follicolo pilifero, foruncolo. Con l’empiema della colecisti si muore, perché questa cavità può bucarsi e il contenuto può riversarsi nel peritoneo.Il pus contiene alte concentrazioni proteiche, sostanze originate dal disfacimento cellulare dei neutrofili e perciò il pH è acido. I piociti vanno incontro a processi involutivi, facilitati dal pH acido che loro stessi hanno creato e dagli enzimi lisosomiali liberati. Ricordate che gli enzimi lisosomiali non fanno danno alla cellula perchè sono delimitati dalla membrana lisosomiale. Una volta che sono liberi, essendo proteolitici, degradano.Nell’E. possono trovarsi anche gli agenti eziologici: i batteri piogeni, come stafilococchi (nel caso del foruncolo ad es., ma di stafilococco si può anche morire… non è solo quello del foruncolo, immaginatelo anche in altre cavità), meningococchi, il piocianeo, e altri oppure i cosiddetti batteri piogeni occasionali, che non sono cioè per definizione piogeni, ma che lo possono diventare come l’Escherichia coli, la salmonella, il bacillo tubercolare o parassiti come l’Ameba e gli Elminti e alcuni Miceti. Essudato emorragico: caratterizzato dalla presenza di sangue, globuli rossi. Avevamo detto parlando prima dell’essudato che alcune cellule uscivano. Quali erano? Macrofagi, neutrofili, più tardivamente i linfociti, ma dei globuli rossi che abbiamo detto? Che camminano lì nel vaso, al centro per la loro forma, addirittura si impacchettano l’uno sull’altro, sembrano quasi quelli non

invitati al matrimonio, in disparte, perché? Il globulo rosso ha capacità di locomozione? Quali cellule del nostro corpo hanno capacità di locomozione? I leucociti sicuramente e purtroppo per noi le cellule metastatiche (in questo caso parliamo di guadagno di funzione) e allora se escono i rossi vuol dire che c’è un danno all’endotelio talmente grave per cui anche una cellula che non riesce a camminare finisce per uscire. La corrente la porta fuori.L’endotelio subisce un danno così rilevante che permette il passaggio del sangue reso ipocoagulabile, che non riesce cioè a fermarsi, continua a uscire, perché? Eparina ne avete liberata? A chili! Quindi per la carenza di Ca++ , di Fattore XII che si è già impegnato e liberazione di eparina.Gli agenti eziologici che provocano quindi questo danno così grande sono ad es. il bacillo del carbonchio che dà luogo a pustole necrotico-emorragiche e necrosi emorragica dei linfonodi, la Pasteurella pestis, che provoca necrosi emorragica e il Corynebacterium diphteriae che può provocare essudazione fibrinosa necrotico-emorragica nella forma più maligna.Anche nel Fenomeno di Arthus e nel Fenomeno di Sanarelli-Shwartzman, fenomeni di tipo immunitario per ipersensibilità di tipo 3°.Primo tipo, ricordate, allergia; secondo tipo citotossicità, per es. anemia emolitica, compatibilità materno-fetale (quella più classica) trasfusioni sbagliate; terzo tipo immunocomplessi. In questo caso siamo in un tipo particolare di immunocomplesso, perché il fenomeno di Arthus si realizzava in vitro… quando voi inoculate l’antigene che succede? Non è che immediatamente ci sono gli anticorpi, allora la quantità di antigene cominciava a essere metabolizzata, l’unione antigene-anticorpo

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avveniva in una zona di equivalenza, che vuol dire? Tanto antigene, tanto anticorpo. Per realizzare l’immunocomplesso, la malattia da siero, per intenderci, o il fenomeno di Sanarelli-Shwartzman… voi lo sapete cos’è la malattia da siero?Allora, quando voi non eravate neanche una cellula staminale totipotente, se io cadevo e mi sfracellavo a terra si faceva l’antitetanica. Non c’era la vaccinazione ai nostri tempi, si faceva il siero antitetanico. Perché si faceva il siero? Per una protezione immediata, ma cosa c’era in questo siero? Ig antitetano, ma eterologhe, ricavate da animali di grossa taglia, bue o cavallo. Però, le Ig del bue e del cavallo per l’uomo sono antigeniche. In linea di massima andavano bene perché mi proteggevano dal tetano, però inoculavamo grosse quantità di antigene. Quindi nel frattempo che io producevo le mie Ig contro quell’antigene, l’unione antigene-anticorpo avveniva in una zona di equivalenza? No, ma in una zona di eccesso di antigene. Quindi macromolecole che per ragioni di emodinamica andavano al rene e venivano intrappolate dalla membrana basale, perché erano grandi, enormi. Che cosa succedeva allora? Chi arriva per primo? I neutrofili, che liberano enzimi lisosomiali, proteolitici che fanno danno alla membrana ed è un danno importante. Addirittura cosi importante che possono passare cellule che non dovrebbero passare, quindi emazie. Le urine di un soggetto con la glomerulonefrite di che colore sono? Rosse, a lavatura di carne. Altri colori di urine? Color marsala, ad es. Quindi abbiamo spiegato la malattia da siero dove c’era una UNICA inoculazione MASSICCIA di antigene. Nel fenomeno di Arthus, invece, che si realizzava in

laboratorio, c’erano TANTE PICCOLE, RIPETUTE E QUOTIDIANE inoculazioni di antigene nell’orecchio dell’animale (coniglio). Si chiama Arthus per il tizio che l’ha inventato. Ma la differenza tra una massiccia inoculazione e tante, piccole e quotidiane non c’era, perché realizzava comunque una massiccia presenza di antigene e nel momento in cui si formavano gli anticorpi, non c’era l’equivalenza ma sempre un eccesso di antigene. È un fenomeno in vivo, su animali da esperimento.Il fenomeno di Sanarelli è un fenomeno di Arthus che si verifica spontaneamente nell’intestino e sapete quando? I bimbi piccoli, soprattutto i prematuri, quando venivano allattati (allattate i vostri figli) con latte vaccino, venivano a contatto con proteine eterologhe e si poteva realizzare questo fenomeno, che portava loro melena (feci sanguinolente) e potevano rischiare la vita. L’alternativa quindi per la madre che non poteva veramente allattare era usare latti adattati o il latte di soia.L’etiologia uguale a quella del fenomeno di Arthus. La causa sempre ECCESSO DI ANTIGENE.Essudato allergico. È l’unico dove ci sono eosinofili, che in una fase precoce liberano enzimi preformati quali MAO e DAO, che contribuiscono alla degradazione dell’Istamina, ma successivamente aggravano il danno secernendo ECP (proteina cationica degli Eosinofili) e MBP (proteina basica maggiore) ambedue edemigene. Inoltre gli eosinofili attivati (ipodensi) (…ce lo abbiamo il concetto di cellula attivata? Se la cellula non è attivata non secerne citochine! Le cellule o sono a riposo o sono attivate) secernono mediatori di nuova sintesi quali PAF, LTC4, ione superossido e citochine quali IL1, IL3, IL5,

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IL6 (fortemente pirogenica), GM-CSF e TGF-alfa e beta. Sono dotati di una certa attività fagocitaria, (in genere i monociti e macrofagi hanno questa proprietà) assente nei basofili. Essi tramite le molecole VLA-4 espresse in maniera costitutiva sulla membrana aderiscono alle molecole VCAM-1 delle cellule endoteliali e, per azione di IL5, di PAF e delle chemochine MIP1a e RANTES,

trasmigrano nei tessuti, dove amplificano la flogosi tramite la secrezione e il rilascio di citochine.Amplificazione, quando la condizione infiammatoria è continuata e amplificata (ne avevamo parlato a proposito di sarcoidosi). La flogosi veniva amplificata dalla continua secrezione di citochine e chemochine.

6.3 Come termina l'infiammazione6.3 Come termina l'infiammazione acuta? acuta?Abbiamo detto una cosa: l’infiammazione acuta termina quando l’agente flogogeno viene eliminato e i mediatori secreti sono demoliti o dispersi. Ma come termina? Arrivederci e grazie? Se c’è stato danno, se c’è stata perdita di sostanza non finisce lì, se non c’è stata perdita di sostanza viene rigenerato il tessuto. Allora:

• Risoluzione completa, viene rispristinata la funzionalità precedente.

• Cicatrizzazione con fibrosi: abbiamo la sostituzione del parenchima precedente con un altro tessuto, che non è tanto funzionale.

• Progressione verso l’infiammazione cronica, se l’agente flogogeno rimane lì e persiste nel tempo, giorni, mesi, anni, tutta la vita.

6.3.1 RISOLUZIONE COMPLETA

Quando è un esito normale la risoluzione completa?

• Quando il danno è limitato nel tempo intanto (lo abbiamo detto, è anche cronologica l’infiammazione acuta); quando la distruzione tissutale è minima, l’ho detto tante volte: vi mangiate le pellicine, distruggete il tessuto? No;

• E quando è presente una rigenerazione delle cellule parenchimali: cioè le cellule che c’erano prima ritornano a esserci.

Cosa succede per ritornare alla restitutio ad integrum?

• I mediatori verranno o neutralizzati o degradano spontaneamente, quindi spariscono in ogni caso.

• La permeabilità vascolare torna a quella precedente l’infiammazione, quindi torna normale. Le cellule endoteliali tra di loro hanno un varco, ma non è quello precedente, quindi permettono solo l’uscita selettiva, quindi quella che c’era prima. Finisce l’infiltrazione

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leucocitaria, i leucociti non hanno più modo di uscire, i neutrofili che sono già usciti muoiono per apoptosi, hanno finito il loro compito e muoiono.

• Il materiale infiammatorio, liquido che c’era, i detriti cellulari verranno rimosse dalle cellule spazzine e il liquido dalla rete linfatica.

Queste sono le modalità per ripristinare l’omeostasi, torniamo cioè alla fase precedente l’infiammazione.La risoluzione cosa prevede? Ripristino normale permeabilità vascolare. Il drenaggio linfatico, perché se non funziona il drenaggio avremo sempre edema infiammatorio. Pinocitosi e fagocitosi da parte dei PMN del tessuto che è morto.(Stiamo parlando di tipi di infiammazione che non comportano un danno tissutale, poi ci sono quelli più gravi dove invece il

danno c’è).

2) CICATRIZZAZIONE CON FIBROSI

La cicatrizzazione, quindi viene sostituito un tessuto con un altro. Allora perché ci sia questo sarà necessaria: -la presenza di una distruzione tissutale, non leggera come poco fa, ma sostanziale-la mancata rigenerazione delle cellule parenchimali e -un abbondante essudato di fibrina. A livello delle cavità sierose non la possiamo più rimuovere, a livello dei linfonodi ancora sì.Cosa succederà a questo punto? Che l’area dell’essudato finirà per crescere e si organizzerà il tessuto connettivo che farà da cicatrice. Invece quando l’agente flogogeno è lì persiste nel tempo, oppure sono presenti interferenze con i normali processi di guarigione è chiaro che l’infiammazione continua, va avanti.

6.4 Infiammazione cronica6.4 Infiammazione cronicaQuando l’infiammazione diventa cronica? Per definizione, quando l’agente eziologico (che possono essere agenti viventi, microrganismi quindi, o tessuto necrotico, un corpo estraneo quindi non vivente, una sostanza cristallina, un antigene…. Pensateci un attimo…in una tiroidite di Hashimoto, per es. avete autoanticorpi contro cellule della tiroide. È una infiammazione acuta o cronica? Cronica. L’antigene lo rimuovete? Ci sono i momenti di acuzie, ma l'infiammazione è cronica…o ancora l’asma bronchiale,

allergico…è infiammazione acuta o cronica? Cronica perché purtroppo ce l’hai per tutta la vita e voi medici dovete fare in modo che un soggetto non arrivi all’asma, che ancora oggi può essere mortale. Però anche qui ci sono momenti di acuzie. Libera istamina a lavare, leucotrieni a lavare, ma questi sono mediatori dell’infiammazione acuta).Durante la flogosi cronica si osservano contemporaneamente una fase attiva , una fase di distruzione tissutale e contemporaneamente una fase di

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riparazione. Cominciano e si intersecano.Vediamo quando per esempio: Infezioni persistenti sostenuti da alcuni microrganismi (es. bacillo d Koch, agente eziologico della tubercolosi, Treponema e alcuni funghi). Nella formazione del granuloma della tubercolosi ci sono zone diverse, vedete poi il treponema, agente eziologico della sifilide, alcuni funghi, ma questi microrganismi che fanno? Sono per loro natura a bassa tossicità però evocano una risposta immune, l’abbiamo chiamata Ipersensibilità ritardata di 4° tipo, quindi mediata da cellule. A volte questo tipo di flogosi cronica riconosce un pattern specifico che è chiamato reazione granulomatosa. Non vi fate trarre in inganno, i granulociti non c’entrano, anche se i granulociti all’inizio arrivano, ma non servono, muoiono. Si chiama granulomatosa perché può formare i granulomi, cioè accumuli di cellule attorno all’agente eziologico. Quello che nell’infiammazione acuta faceva il plasma qua lo fanno le cellule che vanno a circoscrivere, delimitare l’agente eziologico. Pensate al granuloma da corpo estraneo. Una spina di riccio di mare ad es., intorno ad essa si forma un cuscinetto di cellule, che serve a DELIMITARE….immaginate sta spina che se ne va in circolo…non succede questo, anche il microrganismo verrà delimitato. Prolungata esposizione ad agenti tossici esogeni, quali silicio (silicosi), asbesto, talco, amianto (le fibrille di amianto sono aghiformi e si vanno a depositare nei polmoni sia dei lavoratori che delle loro famiglie, si parla di malattie professionali, un altro discorso è l' Ilva di Taranto dove si formano altre sostanze, una tra tutte la diossina,si conosce l'

endometriosi da diossina) e altri materiali inerti, ma anche endogeni come nell’aterosclerosi, cosa si deposita sulla parete? Placca formata da colesterolo, sali di calcio. È un processo infiammatorio cronico della parete arteriosa indotto in parte dai lipidi plasmatici che formano la placca, insieme a ioni Ca ++ e macrofagi che vanno lì e proliferano. Abbiamo detto l’altra volta che si pensava che i macrofagi che sono cellule altamente differenziate si pensava non proliferassero e invece proliferano. Autoimmunità. Gli autoAg, che quindi non possono essere eliminati, evocano una reazione immunitaria che si automantiene e che dà luogo ad I. cronica (artrite reumatoide, LES…)(riferendosi a una immagine) A che serve un macrofago attivato? Fagocitosi e quindi uccisione del microrganismo se ci riesce e presentazione dell’antigene. Come fa a presentarlo? Possiamo dire che è un processo autofagico.Le cellule dendritiche , anche loro presentano l’antigene. Prima lo captano, lo catturano e non sono in grado di presentarlo, in quanto immature. Man mano che vanno avanti nel processo maturativo non sono in grado di captarlo, ma al contrario lo presentano, quindi è un indice, questo evento, di differenziazione della cellula dendritica.Neutrofili, già li sapete, fanno la fagocitosi per uccidere il patogeno.Eosinofili, la differenza con i neutrofili sono i colori…arancioni quasi. Killing: uccidono, facendo l’ADCC, ricordate? Con il parassita rivestito di IgE. Ruolo fisiologico delle IgE è proprio quello di rivestire il parassita per permettere l’ADCC.Basofili, sono talmente pochi nel circolo, ma in realtà ci sono nei luoghi di flogosi.

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Hanno la stessa funzione dei mastociti: liberano istamina.Monociti- macrofagi, in questa immagine vedete che dentro il midollo ci vogliono una decina di giorni per la maturazione della cellula prima staminale, ve lo ricordate, prima totipotente, poi committed, poi tutto il resto. Promonocita nel midollo, nel sangue monocita maturo. Quanto tempo sta nel sangue? 1-2 gg. È limitato questo tempo. Nei tessuti diventa macrofago e ci sta per mesi, anni o quello che volete voi. Ricordiamoci che è in grado di proliferare a livello dei tessuti.Il macrofago attivato ha questa forma più grande, pieno di granuli, significa che il macrofago è attivato dal danno tissutale. Sapete che assume nomi diversi a seconda del tessuto che colonizza, da microglia nel SNC, che ha un’azione importante in tutte le patologie neurodegenerative, come l’Alzheimer ecc.., poi cellule del Kupffer nel fegato, polmone ecc, lo sapete.Il macrofago attivato produce questi mediatori dell’infiammazione, citochine, chemochine, enzimi lisosomiali,tra cui sicuramente le idrolasi, le varie proteasi, le metalloproteasi, le proteine cationiche, le prostaglandine e leucotrieni, attivatori del plasminogeno, attività pro-coagulante, formazione di specie reattive dell’ossigeno, quindi attività antiossidante. Però se da un lato queste specie reattive dell’ossigeno uccidono i microbi, dall’altro lato però possono danneggiare i tessuti.I monociti quando cominciano a migrare? Relativamente presto, MA DOPO i neutrofili. A 48 h c’è il picco dei monociti che a questo punto sono diventati macrofagi. Monocita dentro il vaso, quando esce macrofago. Il macrofago è una cellula che fagocita ma è una cellula attivata, con tutte le capacità che hanno le cellule

attivate. Aumenta il diametro, ha un metabolismo più attivo, contiene più enzimi lisosomiali e ha una grande capacità di fagocitare e di uccidere. Chi attiva i macrofagi? -Sicuramente le citochine secrete dalle altre cellule bianche e specialmente dai T, a loro volta attivati e sensibilizzati,-le endotossine batteriche per es.,-altri mediatori chimici che sono stati rilasciati, -proteine della MEC (matrice extracellulare), prima tra tutte la fibronectina. Quindi i segnali di attivazione sono diversi. Cosa succede a un macrofago attivato? Diventa un macrofago secretore, che secerne sostanze, che produce sostanze, quali? Tutte quelle che abbiamo segnato poco fa e queste sostanze possono avere effetti tossici sulle cellule circostanti e possono essere responsabili della fibrosi associata all’infiammazione cronica. Un effetto sicuramente di aiuto all’organismo con la fagocitosi, la presentazione dell’antigene, ma che ha un limite quando il macrofago finisce per secernere queste sostanze tossiche per l’organismo. Allora cosa succede quando il processo infiammatorio acuto finisce? Lo abbiamo detto poco fa. I macrofagi non hanno più da fare, quindi o scompaiono perché può darsi che muoiono pure loro oppure prendono la strada linfatica, vanno verso il circolo linfatico. Se invece l’agente flogogeno persiste e l’infiammazione diventa cronica, i macrofagi finiranno per accumularsi, e questo ve l’ho detto quando vi ho parlato della sarcoidosi. L’accumulo cellulare è il prodotto, il risultato di più eventi che non sono fasici. Non è che finisce uno e comincia l’altro, ma si sovrappongono, si sommano.

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Allora un reclutamento continuo dal sangue periferico al sito di flogosi, vengono reclutati, per es. nell’endometriosi vengono reclutati monociti dal sangue periferico e portati nel peritoneo, dove ci sono già macrofagi peritoneali, cellula spazzina del peritoneo. Vi ricordo che i macrofagi peritoneali sono le cellule spazzine del peritoneo, ce ne sono poche, ma quando servono aumentano per proliferazione locale, ma anche per richiamo. Nell’infiammazione cronica l’accumulo di Mf persiste, sostenuto da diversi meccanismi:4. Allora RECLUTAMENTO CONTINUO mediante espressione continua sia di molecole di adesione che permettono l’adesione alla parete per l’uscita, sia di molecole chemiotattiche, quali? La formazione del complemento, le citochine, i frammenti di collagene, la fibronectina. 5. PROLIFERAZIONE LOCALE, ho detto cominciano a proliferare, nei processi che vi ho detto, abbiamo parlato dei macrofagi peritoneali, dei macrofagi alveolari… perché proliferano? Per andare ad aiutare, per fagocitare le sostanze estranee: nel peritoneo le cellule endometriotiche riconosciute come non self che non vengono riconosciute come proprie, nel polmone le sostanze estranee che finiscono per entrare per via aerea o per via ematica. Qua invece vi parla della proliferazione di macrofagi che fanno danno (placche ateromatose) oppure, altro meccanismo che si associa a questo, 6. l’IMMOBILIZZAZIONE di questi macrofagi. Esiste una citochina, che si chiama MIF, un fattore che immobilizza i macrofagi, che ce ne importa che vengano immobilizzati? cosi si fermano lì nella zona di flogosi, altrimenti si muoverebbero. Con

questo fattore MIF rimangono lì per aumentare la loro capacità fagocitaria. I fattori che immobilizzano i macrofagi possono essere o citochine come il MIF o lipidi ossidati che generano questo effetto o le chinine. 7. Un altro meccanismo che si somma a quelli precedenti e continua ad accrescere l’accumulo di macrofagi è un DEFICIT DELL’APOPTOSI. Abbiamo detto che fisiologicamente a un certo punto i macrofagi muoiono, qui non muoiono. Avete studiato che i macrofagi possono essere ulteriormente divisi in 2 classi: M1 ed M2. Qualcuno dice M1 ad azione PRO-infiammatoria ed M2 ad azione ANTI-infiammatoria, come Th1 e Th2 insomma.Qui vuole può leggersi questo articolo che è bellissimo:Alberto Mantovani, Antonio Sica, Silvano Sozzani. Macrophage Polarization Comes of Age; Volume 23, Issue 4, Oct 2005, pages 344-346 Articolo che per la prima volta ha parlato della polarizzazione dei macrofagi. Che vuol dire polarizzazione? Che non è come pensavamo una volta, che c’erano diverse classi di linfociti, diverse classi di macrofagi, come se fossero popolazioni separate, ben codificate. Ma in base a segnali che ricevono vengono attivati fattori di trascrizione che li orientano o verso quella classe o verso quell’altra. In realtà sono proprietà funzionali che assumono queste cellule o di Th1 o di Th2 o di Th17 o di T-reg(T regolatori). Nei T-reg riconosciamo almeno tre popolazioni, NON distinte, MA sempre orientate. SONO TUTTI CD4 + i Th. I T regolatori propriamente detti, che sono FOXP3+, CD25+. Cos’è CD25? Recettore per la catena leggera dell’IL2. Quindi CD4+, CD25+ high, FOXP3+.

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Poi qualcuno ha visto i Tr1, e li ha chiamati “IL10 producing cells”, cellule che producono IL10 (o Tr1). Questi Tr1 sono CD4+, CD25- e FOXP3 transitoriamente positivi. Che vuol dire? A livello di resting, sono FOXP3 NEGATIVI, nel momento dell’attivazione diventano FOXP3 POSITIVI, per ritornare negativi subito dopo l’attivazione. Per questo “transitoriamente”. Producono IL10 in grande quantità e poco TGFbeta. I Th3, terza popolazione orientata sono CD4+, CD25 no e qualcuno dice nemmeno FOXP3. Su questi per vostra fortuna si sa meno. Questi producono poca IL10 e molto TGFbeta.Ora capite che non sono popolazioni distinte, ma popolazioni che possono essere orientate. E qui sta il gioco della salute e della malattia. Che fanno i T-reg in genere? Regolano la risposta immunitaria, sono i responsabili della tolleranza periferica. IL10 è una citochina a potente azione immunosoppressiva. Quindi questo per spiegarvi il concetto di polarizzazione.Gli M1, guardate, producono IL12 (citochina a potente azione pro-infiammatoria), IL23 alta, IL10 low, bassa naturalmente. Sono produttori di molecole effettrici, per es. tutti i prodotti reattivi dell’ossigeno e dell’azoto, quindi azione antimicrobica e di citochine proinfiammatorie: IL1, IL6 e TNF. Partecipano come cellule induttrici ed effettrici alla risposta Th1. Ricordate che Th1 è una tipologia di risposta. Quando noi diciamo citochine del profilo Th1, non parliamo solo delle citochine prodotte dai T, ma prodotte anche dai macrofagi e tutte le cellule che fanno quel tipo di risposta polarizzata pro-infiammatoria. Mediano la resistenza contro parassiti intracellulari e

cellule tumorali.Invece gli M2 producono IL12 low, bassa, IL23 bassa e IL10 high, alto fenotipo, hanno questa azione chiaramente anti infiammatoria, con variabile capacità di produrre citochine infiammatorie a seconda del segnale che hanno avuto. I macrofagi M2 generalmente hanno alti livelli di recettori…(vi ricordate quando abbiamo parlato di recettori scavenger, quelli per il mannosio, galattosio)…. Il metabolismo dell’arginina è orientato alla produzione di ornitina e poliamine e arginasi. Hanno anche effetti metabolici diversi tra di loro. Sono cellule che quindi hanno un orientamento diverso.(immagine) questa è bellina: i monociti che escono, vanno nei tessuti e possono provocare o danno tissutale, con radicali dell’ossigeno, proteasi, fattori chemiotattici per i neutrofili…quando questo? Quando trovavamo neutrofili nei soggetti con sarcoidosi? Nella fase che andava verso la fibrosi…chi li chiama i neutrofili? C'è sempre questo giochino tra cellule perchè non ci devono stare i macrofagi ma ci vanno perchè fanno i fattori di crescita per i fibroblasti implicati nei processi riparativi .. fattori di rimodellamento del collagene.Io vi stavo facendo una panoramica delle cellule che intervengono nella infiammazione cronica, riprendiamo: i linfociti, vabbè, sia attivati che di memoria, che interagiscono con i macrofagi, perché devono farsi presentare questo benedetto antigene. Producono altre citochine che attivano altri linfociti, in un processo che non si autolimita, ma che si autoamplifica. Lo vedete? Alla fine avete la persistenza.I mastociti, hanno il recettore per l’Fc delle IgE, vi ricordate, hanno il Fab libero, questo nelle allergie, non siamo nella infiammazione cronica, se l’agente

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eziologico non riesce a essere allontanato, cosa succede? L’allergia è una malattia acuta o cronica? Cronica però la risposta è acuta. Permettono il rilascio di mediatori: istamina e metaboliti dell’acido arachidonico, con effetto vasodilatatore e permeabilizzante. Questa è infiammazione acuta. Attenzione: alcuni tipi di infezioni parassitarie, determinano una risposta in IgE, con attivazione persistente dei mastociti che fanno citochine anche loro e chiamano altre cellule a partecipare.Eosinofili, anche loro contro i parassiti e nelle allergie. I granuli cosa contengono? Vabbè lo sapete, lo abbiamo già detto, quelle due proteine. Qua c’è una tabella molto bella sul contenuto dei granuli degli eosinofili. Classi di prodotti: enzimi, proteine tossiche, citochine, chemochine, mediatori lipidici. Poi ancora la perossidasi degli eosinofili e la collagenasi. Quali sono gli effetti biologici? La perossidasi è tossica verso bersagli catalizzanti l’alogenazione (alogeni quali sono? cloro), mentre la collagenasi partecipa al rimodellamento tissutale. Tra le proteine tossiche, la proteina basica maggiore, cationica ecc.. le citochine implicate in questo tipo di risposta, quali sono? La 3, la 5. Chemochine, mediatori lipidici (leucotrieni e prostaglandine).I neutrofili li abbiamo definiti le cellule dell’infiammazione acuta, ma li troviamo anche qua, quando? Quando vengono chiamati da mediatori prodotti dai macrofagi o dalla distruzione del tessuto o da batteri che rimangono lì. Per es. osteomielite batterica cronica, che prevede essudato con neutrofili.Più del 50-70% della produzione del midollo è dedicata alla produzione dei PMN (polimorfonucleati). 100 miliardi qualcuno dice, credeteci col beneficio

dell’inventario, ma è cosi se è vero che nascono e muoiono dopo 2-3 gg, la maturazione può richiedere anche 5 gg, nel midollo il range di vita è di 5 gg, la vita nel sangue è di 10 h, la vita nel tessuto è di 1-2gg.Qua c’è la classificazione dei granuli, primari, secondari e terziari.I granuli primari contengono mieloperossidasi.Quali sono le cause dell’infiammazione cronica? Lo abbiamo detto, infezioni persistenti, che possono durare tutta la vita. Le reazioni di ipersensibilità lo abbiamo detto, può diventare granulomatosa. Prolungata esposizione e autoimmunità.Ora, perché i linfociti vengono reclutati? (Perché le cellule principali dell’infiammazione cronica, nonostante tutto quello che abbiamo detto, sono linfociti e macrofagi. Poi ci partecipano anche i basofili, gli eosinofili, mastociti, anche neutrofili a volte, ma le cellule principali sono LINFOCITI E MACROFAGI e poi attorno la reazione fibroblastica).Quindi perché? Perché il reclutamento locale , nel sito di flogosi, dei linfociti e di altri leucociti è facilitato da una trappolina che fa il tessuto, “dall’intrappolamento”, tramite molecole di adesione diverse, realizzato dall’endotelio che diventa alto e spesso (come quello “alto” dei vasi linfatici). Quindi i linfociti vengono intrappolati da questo endotelio che esprime molecole di adesione diverse da quelle precedenti.I macrofagi mediante la secrezione di citochine e chemochine richiamano linfociti e altre cellule bianche con un meccanismo che si autoamplifica.Chi è che determina questo proliferare di

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cellule?Sicuramente le citochine che sono mediatori fondamentali : nel reclutamento dal sangue periferico, attivazione e replicazione locale di macrofagi e cellule T; nella sopravvivenza delle cellule infiammatorie tramite inibizione dell’apoptosi in alcune nostre osservazioni abbiamo visto che diminuisce il Fas-L (ligando per recettore Fas che sta sui linfociti con azione citotossica). Fas-L che può essere posseduto non solo da linfociti e macrofagi ma anche da cellule che fanno danno (per es. le cellule endometriotiche, allora avviene il processo completamente inverso. Sono le cell. endometriotiche tramite il loro Fas-L di membrana ad uccidere cellule Fas positive con le quali vanno in contatto); nella generazione locale di una risposta immune (nella sarcoidosi per esempio, c’è una risposta immune importante, forte, che si autoamplifica, non necessaria, è anomala, gli americani dicono esagerata); nell’induzione di tessuto di granulazione e fibroso.

Le citochine agiscono in 3 modi. Esercitano i loro effetti agendo sui recettori di membrana della stessa cellula (azione autocrina e la citochina che agisce in maniera autocrina per antonomasia è la 2 che viene prodotta dai linfociti T e agisce sui recettori per l’IL2 dei linfociti stessi per permettere espansione clonale, ma attenzione, sono due i geni diversi che mediano questa produzione: uno per il recettore, uno per la molecola di IL2 ), cellule adiacenti (azione paracrina, quando il macrofago presenta l’antigene al linfocita T, la 12 prodotta dal macrofago va a legarsi

con il recettore dell’IL12 del linfocita T, quindi sulle cellule adiacenti) o cellule lontane (azione ormonale, qualcuno dice la 6 e la 1 nella febbre. È vero, non è vero? Ancora non si sa bene). Questi mediatori sono caratterizzati da due proprietà: la ridondanza (differenti citochine hanno effetti sovrapposti, quindi lo stesso effetto lo fanno più citochine, ad es. la 1 e la 6 sono pirogeniche) e pleiotropismo (una citochina può avere effetti multipli, un es. classico è il TNF. Vi sfido a trovare una azione che non faccia il TNF: è infiammatorio, pirogenico, apoptotico…). Le famiglie delle citochine includono molecole che vanno sotto il nome di chemochine, interleuchine, interferoni, fattori per la stimolazione di colonie e fattori di crescita, molti dei quali sono importanti nell’infiammazione cronica. Le chemochine sono capaci di legare specifiche popolazioni di cellule ai siti di infiammazione e di attivare i leucociti. Queste molecole possono regolare la migrazione cellulare modificando l’espressione e l’affinità delle molecole di adesione sulla superficie dei leucociti per indirizzare le cellule.

6.4.1 CHEMOCHINE

Sono state descritte più di 50 chemochine che mandano segnali attraverso 20 o più recettori, con ridondanza considerevole e promiscuità del recettore. E questa cosa che un recettore lega più ligandi è un pochino strana, però avviene e poi vedremo come. È chiaro che le chemochine presenti indirizzeranno l’arrivo di cellule più o meno diverse a secondo della tipologia. Una volta vi ho fatto l’esempio della IL8 che chiama neutrofili, siamo

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nell’infiammazione acuta o riparazione tissutale. Il profilo delle chemochine espresso all’interno di una lesione infiammatoria appare essere un importante determinante della natura dell’infiltrato cellulare. Slide: Il reclutamento iniziale di neutrofili nell’infiammazione è in parte mediato dall’attività di chemochine come CXCL8 (interleuchina 8). Questa è seguita dall’accumulo di cellule T e monociti, mediato da altre chemochine. Chemochine addizionali esibiscono specificità relativa per eosinofili o basofili, che sono frequentemente associati a disordini allergici. Le chemochine sono importanti nella successiva evoluzione della risposta infiammatoria.

6.4.2 CITOCHINE

Le citochine pro-infiammatorie come l’IL1, il TNFalfa e l’IL6, primariamente prodotte dai Mf, hanno ruoli multipli nei processi infiammatori: attivazione dell’endotelio vascolare, risultante in una aumentata espressione nelle molecole di adesione leucocitarie; induzione della sintesi di chemochine; attivazione delle cellule infiammatorie, specialmente neutrofili e macrofagi; induzione di febbre; inducono sintesi da parte del fegato di “proteine in fase acuta” come fibrinogeno, amiloide, e proteina C-reattiva; conseguente induzione di altre manifestazioni sistemiche dell’infiammazione cronica come febbre, sudori notturni, affaticamento, anoressia e perdita di peso. Sono sintomi che

potrebbero ricollegarci anche a qualcosa di un po’ più grave, ad esempio nella sarcoidosi oltre alla tosse abbiamo febbre, affaticamento, astenia.L’attivazione dei Macrofagi porta ad aumento: delle dimensioni cellulari, dei livelli degli enzimi lisosomiali del metabolismo più attivo e quindi alla fagocitosi.Se la fagocitosi è efficace, non c’è più l’infiammazione cronica.I Macrofagi attivati possono secernere prodotti biologicamente attivi che, se non controllati, possono essere causa di danno e provocare infiammazione cronica. Se l’Antigene irritante viene rimosso, come nell’I. acuta, i Macrofagi scompaiono rapidamente, morendo o tornando nei vasi linfatici o nei linfonodi.Nell’I. cronica invece si realizza un accumulo di Macrofagi mediato da fattori diversi: reclutamento dei monociti dal sangue periferico proliferazione locale immobilizzazione nel sito di flogosi

1. Reclutamento dei monociti dal sangue periferico: gli stimoli chemiotattici per i monociti comprendono le chemochine prodotte da Macrofagi attivati, linfociti e altri tipi cellulari; i fattori del C (C3aC5a; il complesso C5,6,7), PDGF, TGFalfa, frammenti della degradazione del collagene e della fibrinonectina e fibrinopepetidi.2. Proliferazione locale di macrofagi dopo il loro arrivo dal sangue. È un processo importante e prevalente nelle lesioni croniche (ad es. aterosclerosi). Queste cellule stanno lì, campano a lungo, creano un accumulo e alla fine finiscono per fare

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danno. Era nato per limitare e circoscrivere, ma alla fine fa danno. La tubercolosi non è soltanto polmonare ragazzi, può essere renale, può essere cerebrale… la sarcoidosi può essere renale, cerebrale…cardiaca3. Immobilizzazione dei Mf nel sito di flogosi. Alcune citochine e lipidi ossidanti la favoriscono.I prodotti dei Mf attivati :

• eliminano gli agenti lesivi;• iniziano il processo riparativo;• sono responsabili del danno

tissutale.

Alcuni di questi prodotti, i metaboliti reattivi dell’ossigeno e dell’azoto, sono tossici per i microbi ma anche per le cellule dell’ospite se liberati nel parenchima; le proteasi attaccano la matrice extracellulare; le citochine e le chemochine, reclutano e regolano altre cellule infiammatorie; i fattori di crescita causano la proliferazione di fibroblasti (che creano questa specie di capsula fibrosa intorno all’accumulo cellulare), la deposizione di collagene e l’angiogenesi, perché questi nuovi tessuti vanno irrorati. Altre sostanze oltre a quelle prodotte dai Mf possono contribuire al danno: il tessuto necrotico può creare un’altra infiammazione acuta, quindi perpetua la cascata infiammatoria attraverso l’attivazione del sistema delle chinine, della coagulazione, fibrinolitico e del C, il rilascio di mediatori prodotti dai leucociti in risposta alla necrosi tessutale e la liberazione di sostanze tossiche da parte di cellule in sofferenza o morienti. Quindi è un processo che si attiva, si autoamplifica e non riesce a autolimitarsi, perché continua a produrre fattori che richiamano altre cellule, ne uccidono altre ecc.

La distruzione tessutale può attivare quindi meccanismi dell’infiammazione acuta che finiscono per coesistere con quelli dell’infiammazione cronica. Quindi da un lato ci sono quelli dell’infiammazione cronica, ma dall’altro coesistono con quelli dell’infiammazione acuta, che richiamano cellule dell’infiammazione acuta. Allora infiammazione cronica ab initio, che vuol dire? Vuol dire che comincia già come infiammazione cronica ma può esserci presente una fugace componente vascolo-essudativa, come la sarcoidosi, la tubercolosi…nella tubercolosi, per es. all’iniziano arrivano i neutrofili, endocitano il micobatterio, ma poi muoiono. Campano per un giorno e poi non più.Poi c’è una infiammazione cronica evolutiva che comincia come infiammazione acuta che si cronicizza, ma mantiene una componente vascolo-essudativa come bronchiti, gastriti croniche in cui c'è componente catarrale che si mantiene nel tempo. Due aspetti principali :

• infiammazione cronica diffusa o interstiziale: quando il processo infiammatorio presenta aspetti generici e simili tra loro; il numero dei Mf non è abbondante; infiltrazione di Linfociti e Plasmacellule, proliferazione di Fibroblasti. Il processo è definito interstiziale quando sono colpiti organi con una forte componente parenchimale. Ha per esito la sclerosi e la conseguente retrazione cicatriziale che, strozzando gli elementi epiteliali, ne pregiudica le condizioni nutritive;

• infiammazione cronica

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granulomatosa o evolutiva: il processo infiammatorio assume aspetti particolari, è delimitato dai tessuti vicini e l’elemento caratteristico è il granuloma, formazione circoscritta con una reazione cellulare esuberante fatta di Mf, Linfociti e Plasmacellule, disposti e modificati a seconda dell’agente etiologico.

• Rappresentano la risposta del connettivo ad un processo infettivo specifico (batteri, virus, parassiti) o ad un agente estraneo determinato.

In tal caso il processo infiammatorio

assume aspetti particolari che lo escludono dai tessuti vicini formando il granuloma che delimita l’agente eziologico così che non vada in contatto con i tessuti vicini. Nasce come difesa, ma finisce per complicare. L’infiltrato è linfomonocitario, ma anche plasmacellule ad esempio nel granuloma della sifilide. Nella tubercolosi sono linfociti T, nella sifilide plasmacellule. Ma è diversa anche l’immunità che viene evocata: nella tubercolosi è cellulo mediata , nella sifilide umorale. Nella sifilide si effettua infatti un prelievo di sangue per cercare anticorpi antitreponema. Nella tubercolosi si cerca l’infiltrato cellulare. I fibroblasti circoscrivono.

Antonella Spatola

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22/1/-2013 Prof.ssa Sofo

7GranulomiGranulomi

Infiammazione cronica perché? Perché l’agente flogògeno non riesce ad essere allontanato o eliminato in qualche maniera. L’agente flogògeno poteva essere un agente vivente (un microrganismo di qualunque tipo) o un agente non vivente, una sostanza inerte (talco, silicio, asbesto, pezzetti di vetro, spina di riccio di mare, ecc…). L’ infiammazione può insorgere in due diverse modalità:

• cronica Ab Initio, nel senso che cominciava già come tale, abbiamo fatto l’esempio di quella tubercolare, anche se è un poco impreciso, perché in realtà anche nell’infezione da micobatterio della tubercolosi c’è una minima risposta acuta, nel senso che arrivano i neutrofili, ma arrivano e non succede nulla nel senso che tentano di fagocitare, in realtà endocitano, portano dentro il micobatterio, ma vengono uccisi dal micobatterio stesso, arrivano i monociti/macrofagi endocitano resti di neutrofili e micobatterio, il quale rimane sempre vivo lì all’interno;

• evolutiva, si tratta di

un’infiammazione acuta che si cronicizza mantenendo però la componente vascolo-ematica; questo ce l’abbiamo chiaro? Infiammazione Acuta: angio-flogosi quindi componente vascolo-ematica, Infiammazione Cronica: isto-flogosi quindi componente cellulare (come per esempio la bronchite del nonno, la gastrite che si cronicizza e c’è una componente catarrale).

L’infiammazione cronica, una volta iniziata, può progredire ed assumere, dal punto di vista istologico, due aspetti principali può essere:

• o diffusa-interstiziale e allora il processo infiammatorio si manifesta in maniera generica, vuol dire che le stesse cellule compaiono dappertutto, mentre poi quando vedremo i granulomi vedremo che le cellule si differenziano, in uno ci sono le plasmacellule, in uno i linfociti, quindi avremo differenze cellulari;

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• o evolutiva o granulomatosa invece può assumere aspetti particolari si organizza nei granulomi e viene, in qualche maniera, delimitato dai tessuti vicini dalla presenza di fibroblasti che lo avvolgono in qualche maniera, qualcuno parla di capsula in maniera impropria, come quando si parla di un tumore benigno per cui si dice capsulato, a volte anche di un tumore maligno si dice capsulato, ma voi ci credete che il tumore ha la capsula? E’ un po’ difficile no? Però ha l’aspetto capsulato perché sono i fibroblasti attorno che fanno una reazione come per contenere il danno, che delimitano questa neo-formazione sia se parliamo di tumore(neo-formazione, è un tessuto che non c’era prima), sia se parliamo di granuloma, che non è un tumore dei granulociti (come dicono i vostri colleghi ogni tanto) ma è una formazione nuova rispetto a quello che c’era, quindi ha anche bisogno di un supporto ematico, se no come campano le cellule? E allora viene organizzato e delimitato dai tessuti vicini, da questa componente fibroblastica che lo delimita in qualche modo.

L’infiltrato, perché d’infiltrato si tratta, che cos’è un infiltrato? Sono delle cellule che arrivano lì e cercano di organizzarsi, dipende dal tipo di granuloma, se è un granuloma da agenti viventi e allora linfociti e plasmacellule, suscita una risposta immune, se è un granuloma da agenti non viventi (ovvero sostanze inerti) trovate una componente macrofagica. I fibroblasti proliferano attorno proprio per

cercare di delimitare il tessuto. C’è un tipo di flogosi che si chiama flogosi cronica allergica e molto spesso riguarda l’apparato respiratorio e i polmoni e si chiama polmonite eosinofila ed è cronica, che è un po’ un bisticcio di parole, perché gli eosinofili dove li abbiamo trovati? Nell’essudato allergico che è un’infiammazione acuta allergica. La Polmonite Eosinofila invece è un tipo di flogosi cronica allergica, cronica vuol dire che si mantiene a volte per tutta la vita, abbiamo dei pazienti che vediamo per tutta la vita, in alcuni momenti si riacutizza, in altri si calma, ma c’è la componente allergica, e c’è un forte reclutamento di eosinofili che troviamo, quando riusciamo a fare un BAL (lavaggio bronco-alveolare) a questi soggetti, dove tu raccogli il sedimento cellulare. Gli eosinofili sono un po’ cellule bi-fronte perché riescono a degradare l’istamina, accorrevano con le MAO e le DAO e invece in un secondo momento riuscivano a secernere proteine cationiche degli eosinofili e la proteina basica maggiore che erano sicuramente proteine edemigene e quindi generatrici di edema. In questo caso gli eosinofili, purtroppo immunologia fa da padrona, che significa risposta di tipo Th2? Che polarizza la risposta linfocitaria T verso il profilo Th2, quindi secrezione di IL-4 soprattutto, IL-13 e quindi orienta la risposta immunitaria verso il profilo cito-chimico Th2 con tutto quello che consegue, e avremo un’amplificazione della risposta, queste risposte si auto-mantengono e si auto-amplificano, qualcuno dice poi che si auto-spengono, fortunatamente per noi, qua non si spengono perché cosa ci sarà? La risposta di tipo Th2 porterà a che cosa? All’espressione sull’endotelio di (ricordate che erano INDUCIBILI alcune molecole? Il

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significato di inducibilità è quello che poi ci porterà all’auto-mantenimento e all’auto-amplificazione) molecole di adesione per gli eosinofili, quindi che fa in fondo? Cattura, recluta altri eosinofili nel sito di

flogosi; per cui si tratta di una Flogosi Allergica perché ci sono gli eosinofili e Cronica perché la reazione si auto-mantiene e si auto-amplifica.

7.1 Infiammazione cronica diffusa o7.1 Infiammazione cronica diffusa o non granulomatosa non granulomatosa In genere le cellule si devono accumulare, c’è una risposta cellulare abbiamo detto, non è una risposta vascolo-ematica. Si accumulano attorno ai vasi, molto spesso, comprimendo i vasi stessi con conseguente riduzione dell’apporto ematico (ischemia). Ricordiamoci che si tratta di tessuto nuovo quindi deve essere irrorato, questo accumulo cellulare a che cosa porterà? A distruggere il tessuto iniziale e a portare a fenomeni riparativi con proliferazione fibroblastica e deposizione di collagene, qua si tratta piuttosto che di nuovo collagene di un rimodellamento del collagene (il concetto di rimodellamento ce l’abbiamo? Vuol dire sostituzione di un tipo di collagene con un altro tipo) l’evoluzione quale sarà? La sclerosi o la fibrosi, che sono eventi temibili. Questo tipo di flogosi ab initio (ab initio: chi è che la provoca immediatamente?) può essere dovuta a:

• microrganismi poco virulenti, resistenti e persistenti, che vuol dire? Resistenti all’azione delle cellule che vorrebbero pulire e persistenti perché rimangono là con

formazione di detriti;• un altro esempio di flogosi non

granulomatosa provocata ab initio è quella dei fenomeni autoimmunitari come l’artrite reumatoide, la tiroidite che sono infiammazioni croniche che non passano perché lo stimolo flogògeno rimane là per tutta la vita perché è un auto-antigene e non possiamo eliminarlo;

• oppure tale flogosi può essere dovuta ad un persistente contatto con l’allergene: la polmonite eosinofila ci sarà qualcosa che la suscita, non sappiamo chi è però evidentemente c’è questo persistente contatto.

I macrofagi residenti, che in ogni tessuto assumono un nome particolare, dopo il riconoscimento produrranno citochine, chemochine che chiamano altre cellule che produrranno altre citochine e chemochine in un circolo infinito, ogni tanto questo ciclo si spegne, si smorza, per poi riaccendersi e non sappiamo perché.

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7.2 Infiammazione cronica7.2 Infiammazione cronica granulomatosa granulomatosa Nei fagolisosomi dei macrofagi e parliamo di tutti i tipi di macrofagi, per esempio al polmone gli antigeni arrivano o per via aerea o per via ematica, quindi ne hanno da fare i macrofagi, gli antigeni sopravvivono alla digestione del fagolisosoma e al danno indotto dalle specie reattive dell’ossigeno, queste sono potentissime, è un meccanismo importante di degradazione dell’antigene, eppure ci sono tantissimi microrganismi che resistono, sono di varia natura come il micobatterio della tubercolosi, quello della lebbra, il treponema pallidum, ma anche sostanze indigeribili. Naturalmente i nostri macrofagi non sono fatti per digerire il vetro o la spina del riccio di mare o l’asbesto o il talco o il silicio e tanti altri residui organici … e quindi questi residui, detriti, sostanze inerti vengono ingabbiate, endocitate, ma poi rimangono lì (ci sono fotografie di macrofagi al microscopio con le fibrille di amianto che rimangono lì immortali nei secoli), attorno a questa sostanza indigeribile perché o non è organica o è organica ma lo stesso non digeribile o è un microrganismo che non riesce ad essere digerito. Succede che le cellule cominciano ad arrivare e ad essere attivate quelle locali

residenti. Quindi l’infiammazioni cronica granulomatosa è causata da:a) microrganismi di varia natura resistenti al killing fagocitario;b) sostanze indigeribili;c) residui organici.

Fig. 7.1 Fibrille di amianto

Chi arriva dopo 24/48 ore? Il macrofago. Dal contatto con questa sostanza, il macrofago viene attivato e sarà diverso da quello a riposo, morfologicamente poiché diventa più grande, perché inizia a fare sintesi proteica, perché deve produrre citochine e inizia a produrre le specie reattive dell’ossigeno, poi esprime pseudopodi e se riesce a fare la fagocitosi l’agente flogògeno viene eliminato e finisce lì, ma abbiamo detto che queste sostanze o sono indigeribili o sono viventi e non degradabili e allora rimangono lì, questo cosa provoca? Il rilascio di altre cellule che vengono in aiuto, come monociti che vengono dal sangue periferico e diventano macrofagi nel sito di flogosi, o altri macrofagi locali che vengono attivati e cominciano a proliferare. Questo macrofago ad un certo punto si differenzierà ulteriormente diventando cellula epitelioide, quando dico “differenziare” non voglio dire che prima non era differenziata perché il macrofago è una cellula differenziata, ma sto parlando di un’ulteriore specializzazione, perché la cellula epitelioide mantiene alcune caratteristiche del macrofago ma ne perde altre (come nel caso dei linfociti dove si

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vede che in alcuni step di specializzazione si organizzano alcuni recettori di membrana che poi verranno persi ad un ulteriore step successivo; l’antigene DR per esempio inizialmente non ce l’ha, deve aspettare 72 ore dall’attivazione, il recettore per l’IL-2 comincia a venire fuori già dopo 12 ore). Quindi la cellula epitelioide è specializzata e l’hanno chiamata così perché si colorava con lo stesso colorante delle cellule epiteliali, ma non è una cellula epiteliale, è un macrofago. Più cellule epitelioidi possono fondere le loro membrane, quindi alla fine avrete una cellula gigante multi nucleata che sarà un sincizio, all’interno ci sarà l’agente flogògeno. Allora se parliamo di un granuloma ordinato, da libro stampato, parliamo di quello tubercolare, perché è caratteristico, è ordinato. Allora cosa c’è? Al centro questa cellula gigante con il micobatterio, attorno le cellule epitelioidi che fanno da corona, attorno ancora ci saranno i linfociti T perché si tratta di una risposta cellulo-mediata. E allora questi linfociti T fanno quasi da mantello e attorno ancora ci sono i fibroblasti che hanno tentato di chiudere questa neo-formazione che non è un tumore, ma è una neo-formazione perché non c’era prima. Gli altri tipi di granulomi non sono molto ordinati però grosso modo:

• cellula gigante,• cellule epiteliodi,• linfociti T,• nel granuloma della sifilide

(Treponema pallidum) abbiamo le plasmacellule perché nella gomma luetica i responsabili sono le plasmacellule che fanno le immunoglobuline, l’immunità è umorale, infatti per sapere se uno ha la sifilide faccio un prelievo e

vado a cercarmi gli anticorpi; se voglio sapere se sono venuto a contatto con il micobatterio invece faccio la prova alla tubercolina e vedo se c’è, se è positivo, l’infiltrato cellulare (linfociti e macrofagi).

Allora se dovessimo dire chi sono gli attori dell’infiammazione cronica sono tutte le cellule che abbiamo menzionato. Per esempio nel Morbo di Crohn trovate anche i basofili, nella Schistosomiasi trovate gli eosinofili, queste infiammazioni sono dette specifiche perché c’è un agente flogògeno ben identificabile. C’è un tessuto nuovo che si è formato che deve essere irrorato. Pensate al granuloma della tubercolosi, è lontano dai vasi, in genere la sua disposizione è lontana dai vasi e quindi il gruppo di cellule ha difficoltà ad essere irrorato, allora al centro del granuloma cominciano dei fenomeni di necrosi [AVVERTENZA: quando venite agli esami e vi chiedono il granuloma tubercolare non cominciate col dire: “al centro si vede una zona necrotica”, lo dobbiamo formare ancora il granuloma quindi quale necrosi vediamo?].

Fig. 7.2 Granuloma della tubercolosi

La necrosi è un’evoluzione (è un fenomeno evolutivo) che si manifesta dopo che l’accumulo cellulare è già importante. L’evoluzione verso la guarigione avviene in genere con tre modalità che sono fisse:

• con una sostituzione del

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parenchima danneggiato con un tessuto nuovo fibrotico e la formazione di cicatrici;

• con deposizione di cristalli di calcio; • incapsulamento mediante capsula

connettivale.

Nella classificazione da agenti viventi e non, aggiungiamo la classificazione ad alto e a basso turnover:

• granulomi che portano ad una ridotta produzione cellulare per quelli a basso turnover, per esempio provocati da chi? Sono quegli agenti flogògeni che sopravvivono a lungo come talco, silice, ecc…, si ha scarsa tendenza alla guarigione spontanea;

• ad alto turnover o immunologici sono quelli provocati da un agente vivente perché stimola la risposta immunitaria e quindi si ha un continuo richiamo di cellule dell’immunità che proliferano che ne richiamano altre che proliferano.

7.2.1 GRANULOMI DA CORPO ESTRANEO

Corpo estraneo, che può essere di varia natura, attorno al quale ci saranno le cellule epitelioidi, i macrofagi, linfociti, plasmacellule, i fenomeni necrotici saranno minimi. Il granuloma ha durata lunga perché se per esempio prendiamo un pezzetto di vetro o una spina non se ne vanno più e le cellule non sono stimolate a produrre altre sostanze perché non ha una qualità antigenica questo corpo estraneo. Quindi il granuloma ha le caratteristiche di lunga durata e scarsa tendenza alla riparazione. La silice o silicio, ci sono persone che hanno lavorato in queste miniere e hanno

danno da queste sostanze, ma anche chi lavora nelle acciaierie ha danni. Quindi la silice cristallina che è l’elemento patogeno può essere trasportata dai macrofagi perché la endocitano e la trasporta nell’alveolo, perché io respiro la silice, nell’alveolo altri meccanismi di pulizia tranne quelli scavengers non esistono, quindi la responsabilità è del macrofago, vengono liberate chemochine che attirano altri macrofagi che dopo aver endocitato la silice cominciano a camminare a ritroso e cominciano ad allontanarsi da quel luogo e rientrano nell’interstizio, questi macrofagi però hanno scarsa attività diapedesica, camminano male e quindi non sarebbero in grado di rientrare nell’interstizio. La polvere di silice potrebbe anche rimanere intrappolata nel liquido che umidifica gli alveoli e i bronchioli, verrà riassorbita da questo liquido e poi convogliata nei vasi linfatici tramite i quali arriverà nell’interstizio dove verrà fagocitata. Quindi, in ogni caso la prima lesione della silicosi non è nell’alveolo perché viene allontanata da esso, ma è nell’interstizio o in sede peribronchiolare o perivasale; tutto questo è dovuto alla scarsa capacità di movimento dei macrofagi implicati nel danno. A 36 ore circa dall’inizio della fagocitosi queste cellule cominceranno a morire però dopo che muoiono libereranno il materiale inerte che avevano endocitato ossia la silice che, libera, potrà essere endocitata da altri macrofagi nell’interstizio, quindi è un giro che si auto-mantiene. Ci saranno, a causa di questa morte, eventi necrotici, quindi ci sarà una liberazione di sostanze tossiche per altre cellule con fenomeni essudativi vascolo-ematici e quindi danno. Questa reazione è limitata nel tempo e cederà il passo a fenomeni produttivi, cioè ci sarà

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una reazione cellulare con un’attivazione fibroblastica e la produzione di sostanza fondamentale e fibre, che significa? Che stiamo andando verso la sostituzione di un parenchima funzionale con un altro non funzionale: la fibrosi. Caratteristica di questo granuloma è che cresce per apposizione di nuovo materiale fibroso dall’esterno. Nel granuloma tubercolare c’era all’interno la cellula gigante col micobatterio intorno alla quale si organizzavano le cellule; in questo caso abbiamo materiale non vivente, inerte, e allora queste fibre si appongono ad altre fibre che inizialmente avevano cominciato a costituirsi quindi il nuovo materiale è all’esterno, attorno alle fibre ci saranno anche altri tipi cellulari come linfociti e plasmacellule. Questi tipi di granulomi però tendono a confluire e quindi tendono a rendere non funzionale una parte di parenchima importante e quindi rendono difficile la funzione elastica del polmone. Nell’asbesto, avete mai visto com’è fatto al microscopio? E’ aghiforme, sono cristalli aghiformi e si fermano nei bronchioli perché non ce la fanno ad arrivare più giù e suscitano infiammazione e quindi inizialmente arrivano i neutrofili in una prima fase ad interessamento vascolo-ematico, sostituita, perché l’agente flogògeno resta lì, da una fase cronica e quindi cellulare, la componente vascolo-ematica si riassorbe privilegiando la

componente cellulare e quindi macrofagi, cellule epitelioidi e giganti con un’evoluzione simile a quella che abbiamo già spiegato. Però qua, cosa c’è al centro? La fibrilla di amianto. Essa però si trova dentro un macrofago ed è rivestita da materiale proteico che è circondato da sali di calcio e di ferro dell’ospite che insieme alla fibrina, che forma dei reticoli, formeranno i corpuscoli dell’amianto; tutto questo materiale non può essere degradato e quindi questo meccanismo di difesa attuato dai macrofagi alla fine protegge i cristalli di amianto dall’azione di altre cellule. Presenza di necrosi colliquativa.

È stato dimostrato che l'asbestosi è una lesione che può portare al mesotelioma(tumore della pleura), perché ci sono studi e sentenze che hanno stabilito che l’asbesto è un materiale cancerogeno e che gli individui che si sono ammalati hanno avuto questa patologia per cause professionali.

7.3 Le necrosi7.3 Le necrosiPer necrosi s'intende il fenomeno cellulare di morte non programmato: morte

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accidentale, che riguarda un gruppo di cellule che muoiono rilasciano elementi tossici, perché viene dall’esterno. Possiamo distinguere necrosi:

• coagulativa;• colliquativa;• grassa;• gangrenosa.

Colliquativa da colliquare che significa fluidificare il materiale rendendolo fluido, quasi liquido, l’esempio classico è la gomma luetica, cioè la necrosi del granuloma della sifilide; questo tipo di necrosi non dipende da una cattiva irrorazione, come quella coagulativa, ma dall’azione degli enzimi lisosomiali che sciolgono il materiale con cui si trovano a contatto. Coagulativa dipende dalla coagulazione proteica, c’è un deficit di ossigeno e di nutrienti ed è tipica del granuloma tubercolare perché ha una collocazione

lontana dai vasi e quindi è difficile una sua irrorazione, mentre il granuloma luetico ha disposizione perivasale. Un’ulteriore evoluzione della necrosi coagulativa nel tubercolo può portare ad un tipo di necrosi colliquativa; cosa significa questo? Che prima era coagulativa perché il tubercolo era lontano dai vasi, in seguito c’è la presenza di enzimi lisosomiali che degradano e quindi fluidificano, colliquano quella sostanza (ricordiamoci sempre che si parla di fenomeni evolutivi, nel tempo);Caseosa è una necrosi di tipo coagulativo, si chiama così per l’aspetto giallastro, tipo formaggio, le proteine coagulano! Avete mai sentito in biologia “scomplementami questo siero”, arriva un siero io ci devo lavorare ma non voglio che ci sia il complemento quindi lo metto mezz’ora a 56°C, le proteine coagulano e non ci sono più.

7.4 Granulomi da agenti viventi7.4 Granulomi da agenti viventi7.4.1 TUBERCOLO

Vediamo com’è fatto il tubercolo: all’inizio c’è una risposta neutrofila che è fugace e inefficace (non riescono a fagocitare) sostituita dopo poche ore dalla cellula gigante plurinucleata (i nuclei in questa cellula gigante, qualcuno dice, che sono a ferro di cavallo perché si dispongono alla periferia della cellula), dalle cellule epitelioidi che si dispongono attorno e formano come una fodera attorno a questa cellula gigante e ancora attorno dai linfociti TH1. Inoltre saranno rilasciate citochine e chemochine che richiamano altre cellule, tra cui i macrofagi.

La necrosi è coagulativa di tipo caseoso.

Il granuloma tubercolare avrà ancora altre evoluzioni:

• una diffusione miliare per scarsa reattività dell’ospite (il miglio sapete che è il mangime per gli uccelli formato da granuletti piccolini, alle indagini strumentali vedrete questi

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puntini diffusi sul parenchima che è appunto la diffusione miliare);

• cronicizzazione più lenta con evoluzione più lenta e più macrofagi;

• fusione di due o più tubercoli per formare quello che viene chiamato nodulo tubercolare.

Le masse necrotiche coagulative vanno incontro a fluidificazione per l’attivazione di idrolasi acide o per l’arrivo di altri leucociti che libereranno altre sostanze. Il rifornimento di ossigeno è difficile per la disposizione lontana dai vasi e gli stessi microrganismi possono liberare sostanze tossiche e quindi rendere questa necrosi ancora più massiccia.

7.4.2 GRANULOMA LUETICO

È differente perché evoca una risposta umorale, si tratta di un granuloma da agente vivente ed è ad alto turnover. I stadio: comparsa del sifiloma (lesione caratteristica della sifilide) nel luogo di ingresso del microrganismo dopo 3 settimane dal contagio. La lesione si presenta come una tumefazione dura che, in genere, non dà dolore ed è spesso ulcerata, caratterizzata quindi da un edema infiammatorio (una forma di essudazione) e da un’intensa partecipazione vascolare. I vasi sono dilatati (è un’infiammazione acuta) e hanno pareti infiltrate da linfociti e plasmacellule con disposizione perivasale. Quindi diciamo che somiglia ad un’infiammazione acuta per la vasodilatazione e la formazione di edema, solo che le cellule che partecipano non sono neutrofili ma linfociti e plasmacellule. Contemporaneamente si verifica la

tumefazione dei linfonodi satelliti. Quindi lesioni ulcerative locali e tumefazione dei linfonodi satelliti o regionali. Le lesioni primarie, di solito, tendono a guarire, gli elementi si riassorbono e si formerà un tessuto cicatriziale. II stadio: dopo 5/6 settimane dalla comparsa del sifiloma, quindi siamo già a due mesi dal contagio. Quando il sifiloma è scomparso, sulla cute o sulle mucose si possono manifestare lesioni con eritemi puntiformi come papule, placche mucose, bolle, pustole e vescicole. Quindi c’è una reazione complicata; tutte queste lesioni sono secondari ( perché la primaria è l’ulcera) e sono presenti sia reazioni vascolari, in cui è implicata anche la parte essudativa, ma anche i treponemi(quindi l’agente eziologico). Quando le lesioni si ulcerano il treponema fuoriesce e questo è il momento del contagio. Le lesioni secondarie guariranno senza lasciare traccia e comincia il III stadio con la formazione del granuloma che porterà a danni degli organi dove si trova il granuloma e quindi: fegato, reni, cervello, milza, polmone, ossa e surreni (era un classico la demenza da granuloma luetico); il granuloma terziario va incontro a necrosi colliquativa con fluidificazione del materiale e quindi il granuloma finirà col chiamarsi gomma luetica perché se si taglia, il contenuto cola come se fosse un liquido viscoso. Sono presenti meno cellule giganti ed epitelioidi rispetto al tubercolo.

7.4.3 GRANULOMA DELLA LEBBRA

Chiamato anche leproma, le forme cliniche che si presentano possono essere due: la lepromatosa e la tubercoloide.

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La forma lepromatosa è caratterizzata da queste manifestazioni granulomatose, i lepromi, sul volto, sulle mani, sulle vie aeree ma anche sugli organi interni. Il leproma è costituito da tessuto di granulazione, quindi riparativo, con abbondanti cellule epitelioidi, citoplasma schiumoso e, quindi, ciò significa che sono presenti macrofagi carichi di microrganismi indigeriti all’interno dei fagolisosomi, la necrosi è scarsa e c’è una vivace reazione fibroblastica come per ingabbiare il contenuto. Le lesioni vanno incontro a sclerosi, quindi a fenomeni degenerativi, ed è per questo fenomeno che si verifica la necrosi delle parti distali, quasi per strozzamento dei vasi (avrete letto che queste persone presentano lesioni deformanti e per esempio cade il naso per la necrosi delle strutture causate da strozzamento dei vasi). La seconda forma è meno grave ed è caratterizzata non da veri e propri granulomi, ma è un tipo diffuso con presenza di cellule giganti ed epitelioidi circondate da cellule immunitarie (linfociti e plasmacellule), somiglia un poco al tubercolo ma manca il tipo di necrosi che c’è all’interno del tubercolo; la sede può essere quella cutanea o quella attorno ai nervi e, in questo caso, può causare parestesia per interruzione delle fibre sensitive; i microrganismi in questa forma

sono rari. Le due forme a cosa sono dovute? Alla resistenza dell’individuo, alla capacità dell’individuo di circoscrivere l’esito o amplificarlo. La forma lepromatosa è quella a bassa resistenza, mentre quella tubercoloide ad alta.

7.4.4 GRANULOMA REUMATICO

La malattia è a eziologia streptococcica, ma lo streptococco non è mai stato localizzato, isolato nelle lesioni. Si forma nei siti dove avviene la deposizione dei complessi immuni (antigene-anticorpo). La patogenesi è autoimmunitaria e nel plasma di questi soggetti vengono isolati autoanticorpi anti sarcolemma delle fibre muscolari cardiache e contro gli streptococchi di gruppo A. Il granuloma reumatico viene anche chiamato nodulo di Aschoff e ha una zona centrale fatta da necrosi fibrinoide attorno alla quale ci sono sempre le cellule dell’immunità ma possono esserci anche neutrofili e eosinofili (perché ci siano non lo sappiamo). L’evoluzione è la sclerosi e prevalgono fibroblasti che invadono il nodulo e finiscono col sostituire con tessuto fibroso il parenchima funzionale.

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7.4.5 GRANULOMA DELL’ARTRIDE REUMATOIDE

Qua è un meccanismo autoimmunitario, c’è una zona centrale di necrosi fibrinoide.

Le sedi in questo caso sono importanti: la sede del cuore è rara, mentre le più frequenti sono le sedi articolari e periarticolari. Avete mai visto un malato di artrite reumatoide in fase evolutiva? Le articolazioni finiscono per deformarsi, le mani e i piedi si chiamano ad artiglio, quindi influiscono sulla qualità della vita. Oggi contro l’artrite reumatoide si usano, con successo, i cosiddetti farmaci biologici, il TNF per esempio ha una buona risposta, naturalmente va valutato il costo e i benefici ma è vero che dall’altra parte c’è uno stile di vita impossibile.

7.5 Sarcoidosi7.5 Sarcoidosi

Non conosciamo l’agente eziologico, ma è un agente che suscita risposta immunitaria, quindi sul corpo estraneo non ci giurerei, sul microrganismo si sono divertiti a cercare tutto, qualcuno ha anche trovato una forma di micobatterio ma non in tutti i pazienti, tra l’altro la prova alla

tubercolina in questi pazienti è negativa perché è anergico. Non sappiamo chi è l’agente ma sappiamo che c’è una risposta esagerata, forte che non si limita, che si auto mantiene e si auto amplifica ma che ad un certo punto si può spegnere, il perché non lo sappiamo; sappiamo che la risposta è fatta da linfociti soprattutto, ma ci sono anche i macrofagi. I stadio: occupazione mediastinica, quindi riguarda i linfonodi; II stadio: alveolite linfocitaria, che significa infiammazione dell’alveolo con i linfociti come protagonisti (abbiamo detto fisiologicamente 80% di macrofagi nel polmone profondo, 10% di linfociti, qualche neutrofilo anche se non ci devono stare; patologicamente: 50% e 50%,quindi c’è un aumento esponenziale dei linfociti ma anche dei macrofagi perché mentre diminuiscono in percentuale, diminuisce il numero assoluto), che ci fanno tutti questi linfociti T? Attenzione: abbiamo

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un’ipergammaglobulinemia policlonale, le troviamo nel plasma queste immunoglobuline, fanno danno, non è una risposta specifica verso nessuno, quindi non ci sanno manco aiutare nell’individuare l’antigene perché sono policlonali. I linfociti che partecipano sono: i TH1 e i TH17; le citochine che trovate quali saranno? La 1, la 12, l’interferone gamma, il TNF e fanno danno tutte queste! Quindi abbiamo un profilo di tipo infiammatorio. Poi sono presenti chemochine che richiamano altri macrofagi. L’accumulo cellulare da che cosa è dato? Parliamo di polmone perché nel 90% dei casi la sarcoidosi è polmonare, ma c’è anche quella renale, cardiaca molto grave perché quando i granulomi vanno verso la guarigione riparano e quindi si ha una fibrosi cardiaca e quindi il muscolo cardiaco si blocca. In quella cutanea si formano delle lesioni dure, perché c’è un infiltrato cellulare, sparse in tutto il corpo, soprattutto gli arti, che si possono anche ulcerare diventando scure e necrotiche, brutte da vedersi però poco pericolose. Le lesioni non presentano necrosi, nemmeno al terzo stadio anche perché non esistono più i granulomi ma abbiamo la fibrosi. Evoluzione verso la guarigione abbiamo detto, non si sa bene perché la sarcoidosi dopo il primo stadio nell’80% dei pazienti guarisce. Quindi I stadio: diffusione mediastinica, abbiamo detto, con tosse da compressione, febbre, dura 6 mesi, 1 anno, 3 anni, anni quindi e ovviamente la febbricola per tanto tempo un poco di fastidio lo dà ma non sono fastidi mortali;

allora siccome guarisce nell’80% dei casi, o comunque possiamo curare con terapia a base di cortisone a dose importanti, il medico spesso al primo stadio la lascia così ed è una decisione condivisibile più o meno perché? Perché l’alternativa è la terapia cortisonica con 60 mg di cortisone al giorno; il cortisone cosa provoca? Aumenta la glicemia, la pressione arteriosa; allora se questo soggetto è uno giovane posso anche tentarci, ma se è meno giovane che, magari già i suoi problemini ce li ha, non gliela diamo la terapia cortisonica, ma quello torna dicendo che ha sempre la tosse e lo prendiamo un po’ in giro con il farmaco sedativo della tosse perché non guarisce quella tosse perché è compressiva e non produttiva. E se invece questo paziente è quello destinato a passare al II stadio lo troveremo con l’alveolite linfocitaria e quindi la comparsa dei granulomi; l’accumulo cellulare perché si realizza? Per tre meccanismi: aumentata proliferazione locale e anergia periferica, aumentato richiamo di cellule dal sangue periferico (che si verifica sempre quando c’è una lesione da qualche parte) che rimane sguarnito e quindi questo ci spiega l’anergia (i linfociti periferici in questi soggetti sono bassissimi,si arriva anche a 1000 cellule e totali cellule bianche 4000!), deficit dell’apoptosi, quindi i tre meccanismi confluiscono e permettono questo accumulo cellulare di cui l’indice è l’aumentata cellularità del BAL. Evoluzione: o guariscono o vanno al III stadio che è quello fibrotico.

Verachtert Sabrina

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25/11/2013 Prof.ssa Sofo

8Rigenerazione eRigenerazione e

riparazione delle feriteriparazione delle ferite L’infiammazione, sia acuta che cronica, è una risposta al danno, che essa poi si possa trasformare in una risposta di offesa (nelle riparazioni, nelle infiammazioni croniche) lo vedremo, però è una risposta. Subito dopo un danno bisogna che si inneschino delle reazioni che cerchino, in qualche maniera, non solo di delimitarlo, ma anche di ripararlo perché, altrimenti, capite bene che se una piccola infiammazione lasciasse ogni volta dietro si sé un danno sarebbe un bel problema. Subito dopo un danno quindi vengono messi in atto dei processi che possono essere distinti in “rigenerativi” e “ riparativi”. Vedrete che questa distinzione regge fino a un certo punto, a volte i due processi si intersecano. Quali sono le differenze tra i due termini? La rigenerazione ripristina integralmente il tessuto danneggiato; la riparazione lo ricostruisce e, a volte, lo sostituisce. Anche nel fegato si parla di rigenerazione, ma non è una rigenerazione vera e propria, è

piuttosto un’iperplasia compensatoria (per iperplasia si intende l’aumento del volume di un organo per aumento del numero di cellule che lo compongono, per ipertrofia si intende l’aumento di volume di un organo per aumento del volume delle singole cellule che lo compongono l’effetto finale è uguale ). Rigenerazione: crescita di cellule e tessuti che sono volti a ripristinare la parte lesa. I tessuti ad alto potenziale rigenerativo (midollo, epitelio cutaneo, epitelio gastro-intestinale) si rinnovano continuamente e quindi possono rigenerare dopo un danno, quasi sempre, la situazione precedente al danno (In tutte cose c’è, ovviamente, un punto di non ritorno che è chiaramente ipotetico e specifico da persona a persona) finché le relative cellule staminali non verranno distrutte (Il concetto di cellula staminale più facile è quello del midollo, cellula staminale totipotente che può diventare tutto). Riparazione: nella maggior parte dei casi

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è una combinazione di rigenerazione e di riparazione vera e propria, prevarrà l’una o l’altra a seconda del danno. Nella riparazione c’è una deposizione di collagene (per esempio, le ferite cutanee superficiali, un graffio, guariscono per rigenerazione epiteliale, si tratta di un tessuto che prolifera, le ferite gravi invece, in cui viene danneggiata la struttura della matrice , guariranno per riparazione. Non è possibile pensare a una rigenerazione se è danneggiata la matrice. Nell’infiammazione cronica, dove c’era addirittura una sostituzione (si formavano i granulomi, degli accumuli cellulari che andavano dentro un parenchima sano e una volta guarita la lesione lasciano un danno che verrà riparato) non potremmo parlare di rigenerazione. Questa riparazione, nelle lesioni croniche, è attivata, molto spesso, da citochine, ne abbiamo parlato, citochine che attivano i fibroblasti, come il TGF beta, citochina del profilo Th2 che promuove questo tipo di proliferazione, proliferazione dei fibroblasti e sintesi di collagene ci vogliono tutte e due le cose per avere una riparazione. La deposizione di collagene è detta fibrosi, come definizione. Quali siano le componenti della matrice che formano l’impalcatura (una struttura dove le cellule possono migrare, mantenere la corretta polarizzazione cellulare, necessaria a far si che vengano ricostruite tutte le strutture stratificate e che venga favorita l’angiogenesi, perché abbiamo bisogno di irrorare il nuovo tessuto) ora le vedremo. La cellule della matrice, comunque, vi ho messo anche fibroblasti e macrofagi, produrranno fattori di crescita (il TGF beta è un fattore di crescita per i fibroblasti ) citochine e chemochine che indurranno rigenerazione

e riparazione . Ricordate che ci sono tessuti rigenerativi proliferanti o stabili. Le cellule mature da cosa derivano? Da staminali adulte che sono dotate di potenziale proliferativo e la progenie si differenzierà in varie linee cellulari, questa è una definizione che già conoscete. Nei tessuti quiescenti o stabili le cellule sono caratterizzate dalla bassa attività proliferativa, ma, all’occasione, possono moltiplicarsi in risposta a stimoli che arrivano per la ricostruzione di alcuni tessuti (come nella rigenerazione epatica- iperplasia compensatoria- ). Perché ci sia iperplasia c’è bisogno di un fattore di crescita che stimoli e di un recettore sulle cellule per quel fattore di crescita. Le staminali vengono attivate, però c’è bisogno delle citochine che le attivino. Stiamo parlano di un momento in cui la cellula è particolarmente vulnerabile. Stiamo parlando di attivare dei protoncogéni, che è una cosa che succede normalmente nel nostro organismo, perché i protocogeni non sono i geni del cancro bensì geni normali di una cellula normale deputati alla proliferazione. Quindi qua attiviamo dei protocogeni fisiologicamente, perché c’è uno stimolo, serve alla ricostruzione del tessuto. Cambiate prospettiva: l’iperplasia di una ghiandola, non serve a ricostruire il tessuto, qua è una forma patologica dovuta a uno stimolo abnorme. Fibroblasti, cellule endoteliali, cellule muscolari lisce, osteociti, condrociti, tutte cellule quiescenti che però al momento opportuno possono proliferare. I tessuti perenni sono invece cellule uscite dal ciclo cellulare e che non sono più in grado di dividersi nella vita postnatale. Per esempio, nel SNC , è vero che, fino a un certo punto, i neuroni distrutti da alcune patologie

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(nell’alzeihmer lo vedremo) verranno sostituiti dalla proliferazione degli elementi di supporto, soprattutto dalla glia (scoperta Montalcini: è la possibilità di neurogenesi da cellule staminali), ma quelle che ci sono non hanno la possibilità di profiliferare. I miociti scheletrici maturi, anche quelli non si dividono, ma, d’altra parte, il muscolo scheletrico ha un potenziale rigenerativo grazie alle cellule satelliti che sono attaccate alle guaine endomisiali (le cellule satelliti si trovano fra le fibre muscolari e l’endomisio) . I cardiomiociti hanno un potenziale rigenerativo quasi inesistente e dopo l’infarto riparano per cicatrizzazione e quindi il muscolo cardiaco ne soffre, a un elettrocardiogramma un medico attento può anche vedere se ci sono stati infarti precedenti, magari piccoli, che non hanno dato segno di sé, lo scopre dalla cicatrice, magari il paziente non l’ha avvertito e se l’ha avvertito è stata per lui solo una forma anginosa, ma in realtà si è trattato di un piccolo infarto, che si vede anche a distanza di anni. Le cellule staminali sono caratterizzate dalla capacità di autorinnovarsi e di generare linee cellulari differenziate. Nell’adulto, cellule staminali con un potenziale differenziativo limitato (staminali somatiche) le abbiamo identificate in numerosi tessuti: cute, epitelio gastroenterico, cornea, tessuto emopoietico normalmente. In alcuni modelli animali e anche nell’uomo, è stata scoperta la presenza di cellule staminali adulte di cellule staminali nervose e quindi si parla di neurogenesi del sistema nervoso centrale. Capite le potenzialità terapeutiche enormi di questa scoperta. Cosa sono le nicchie staminali? Sono microambienti (è quello che in genere

decide il destino di quella parte cellulare, nel microambiente ci sono cellule e mediatori solubili che decidono l’orientamento delle cellule) formati da cellule mesenchimali, endoteliali e da altre cellule. In genere in queste nicchie vengono ospitate le staminali somatiche. Pare che esse possano generare e trasmettere, soprattutto, segnali che vanno ad automantenere e differenziare le staminali stesse. Si è visto che cellule differenziate dei topi e anche dell’uomo potrebbero essere riprogrammate per generare staminali pluripotenti simili addirittura a quelle embrionali, mediante transfezione genica, che si fa in laboratorio, di geni che codificano i fattori di trascrizione. Queste cellule riprogrammate sono state definite pluripotenti indotte (iPS: staminali pluripotenti indotte). Le cellule differenziate dei tessuti adulti possono essere riprogrammate in cellule pluripotenti ( - sta parlando di una ricerca letta su una rivista- vi faccio un esempio): fibroblasti umani sono stati riprogrammate in cellule pluripotenti mediante transfezione genica di quattro fattori di trascrizione. Le cellule riprogrammate in questa maniera possono dare origine a cellule endodermiche, mesodermiche ed ectodermiche. Più recentemente queste cellule indotte sono state riprogrammate anche a partire da cellule murine transfettate con i fattori di trascrizione. Ancora non con tutte le cellule è possibile questo risultato, ma è un qualcosa in sperimentazione. È possibile che cellule staminali emopoietiche possano migrare nei focolai infiammatori, nelle ferite, nei tessuti malati, generando sia cellule che fattori dell’immunità che stimolano la riparazione

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e la proliferazione (nell’endometriosi sapete che ci sono cellule endometriali che migrano in tessuti diversi da quelli uterini, vi sono varie teorie per spiegare il perché di questo evento: qualcuno ha parlato di mestruazione retrograda – fluidi e detriti cellulari che tornano indietro- ma siccome pare che ciò possa accadere nel novanta percento delle donne mentre l’endometriosi è molto più rara la teoria vacilla; qualcuno oggi sta mettendo la teoria delle cellule staminali, per cui cellule staminali che rimangono quiescenti, probabilmente per stimoli ormonali, possano attivarsi e cominciare a proliferare in questa maniera anomala, è una teoria abbastanza verosimile). La rigenerazione epatica, abbiamo detto, non è una vera e propria rigenerazione, è piuttosto un’iperplasia compensatoria nella porzione residua. Tutti gli epatociti che di per sé sarebbero cellule quiescenti, quindi con un basso potenziale replicativo, si attivano, proliferano, stimolati e indotti da alcune citochine (TNF, IL6, ma anche TGF e HGF, sono fattori di crescita che normalmente non dovrebbero esserci, significa che vi è uno stimolo che li attiva, sia i fattori di crescita che i recettori per i fattori di crescita, ambedue). Noradrenalina, serotonina, insulina, ormone somatotropo, ormone tiroideo, sono adiuvanti, ma non la causa, perche favoriscono l’insieme degli epatociti all’interno del ciclo cellulare. Non si sa se intervengano le cellule staminali, non ci sono prove di proliferazione di epatociti da precursori addirittura midollari, mentre cellule endoteliali e cellule parenchimali del fegato deriverebbero da fattori midollari. La situazione della rigenerazione è moto complessa. Ci sono fattori ormonali, fattori di crescita, cellule

dell’immunità, cellule staminali. Rene, pancreas, anche altri organi possono avere iperplasie compensatorie, ma in tono minore. Del rene. Per esempio, si parla più di ipertrofia compensatoria che di iperplasia, per esempio in caso di rene superstite: viene tolto un rene per qualche motivo e il rene superstite va in ipertrofia compensatoria in genere, cioè aumenta di volume perché gli viene richiesto un lavoro maggiore. Nel rene adulto non si possono generare nuovi nefroni, quella che viene chiamata iperplasia compensatoria in genere è dovuta a una ipertrofia dei nefroni, con iperplasia parziale del tubulo prossimale, quella si che possiamo averla. Il pancreas, sia quello esocrino che quello endocrino ha una scarsa capacità proliferativa, ma una rigenerazione delle cellule beta esiste ed è dovuta alla proliferazione, al transdifferenziamento delle cellule duttali e al differenziamento di alcune staminali che esprimono alcuni fattori di trascrizione. Più recentemente, alcuni studi mettono in evidenza che le cellule pancreatiche esocrine sono state riprogrammate e convertite in cellule beta secernenti insulina, cosa che può voler dire una terapia per il diabete. Da cosa sono regolati rigenerazione e riparazione, sono regolate da fattori solubili, ma anche dalla interazione, dalle comunicazioni cellula – cellula e cellula-matrice. L’ECM controlla la crescita, la proliferazione, la motilità e la differenziazione delle cellule che stanno al suo interno. Il rimodellamento della matrice è continuo sia per degradazione che per sintesi ed è una parte integrante nella rigenerazione, nella guarigione delle ferite, nella fibrosi, nell’invasività e nella metastatizzazione dei tumori. Non è proprio l’attraversamento più difficile che

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le cellule fanno, quello della matrice? Quindi, la matrice non è solo un semplice collante. Quali sono le funzioni della matrice? Ve le ho elencate di modo che voi capiate la patologia che ne deriva:

• supporto (funzione meccanica per l’ancoraggio, la migrazione e la proliferazione);

• controllo della proliferazione (attraverso recettori per le integrine);

• mantenimento della differenziazione. La composizione va a influire sul grado di differenziazione del tessuto stesso, sempre mediante le integrine;

• impalcatura per la rigenerazione dopo una ferita: cellule labili e stabili possono rigenerare, ma la struttura può essere ricostruita solo se la matrice è intatta, altrimenti non si riesce anche se c’è la proliferazione, perché la distruzione della matrice porterebbe alla deposizione del collagene e alla formazione di cicatrici, finché la matrice è integra non abbiamo questi eventi;

• creazione di microambienti tissutali, per esempio il confine tra epitelio e connettivo sottostante;

• accumulo e presentazione di cellule bersaglio di alcune molecole regolatorie, per esempio i fattori di crescita etc.

Da che cosa è formata la matrice? Proteine strutturali fibrose, collageni ed elastine (tutte sostanze che conferiscono elasticità), glicoproteine di adesione (che uniscono gli elementi della matrice tra di loro), proteoglicani ed acido ialuronico (che conferiscono la resistenza solo meccanica). Queste molecole vengono assemblate per formare due tipi di ECM:

• interstiziale, matrice che si trova negli spazi tra cellule epiteliali, endoteliali, muscolari lisce e connettivo, fatta da collagene fibrillare e non;

• membrane basali, associate alle membrane cellulari e formate da collagene non fibrillare, quello di tipo IV (in alcune patologie interstiziali voi avete non la distruzione del collagene, ma il rimodellamento: il collagene di un tipo viene sostituito dal collagene di un altro tipo) laminina, eparansolfato e proteoglicani, questa è la composizione chimica.

8.1 Riparazione8.1 Riparazione Nei processi patologici gravi, quelli in cui c’è perdita di sostanza, la rigenerazione non può avvenire, avviene la riparazione, caratterizzata dalla deposizione di collagene, la matrice è distrutta, e di altri componenti che andranno a formare quella

che chiamiamo cicatrice, tessuto non più funzionale: la riparazione è una risposta fibroproliferativa.In genere, noi definiamo cicatrice la riparazione di una lesione cutanea, ma può anche indicare una sostituzione, da parte

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di collagene, delle cellule parenchimali del tessuto.Quali sono gli aspetti caratteristici della riparazione?Infiammazione, angiogenesi, migrazione e proliferazione dei fibroblasti (se no c’è questo passaggio la riparazione non avviene ), cicatrizzazione e rimodellamento connettivale. Vediamo come.

8.1.1 INFIAMMAZZIONE

Una ferita provoca infiammazione, lo vediamo anche nelle piccole ferite cutanee, si forma un alone rosso attorno. Qual era lo scopo originario dell’infiammazione? Rispondere al danno, limitandolo, e qua questo fa, elimina le cellule danneggiate, tramite i processi macrofagici, stimola la deposizione dell’ECM nel tessuto leso inducendo l’angiogenesi. Se lo stimolo flogogeno persiste abbiamo detto che l’infiammazione diventa cronica, causando un accumulo eccessivo di tessuto connettivale, quindi la fibrosi. Spesso i due processi coesistono e prevarrà l’uno o l’altro a seconda del danno che c’è stato. La presenza di una maggiore rigenerazione o di una maggiore riparazione dipende:

• dalla capacità proliferativa delle cellule parenchimali;

• dall’integrità della matrice: se è integra non c’è bisogno di ricostruire l’impalcatura;

• dalla risoluzione o dalla cronicizzazione delle lesioni: se si risolve l’infiammazione non abbiamo un grosso danno, finisce lì.

Subito, quando c’è una ferita, abbiamo adesione e aggregazione piastrinica che

realizzano il coagulo, in qualunque ferita da taglio io ledo dei vasi, quindi appena si lede un vaso avremo adesione e aggregazione piastrinica, coagulo, emostasi. L’attivazione piastrinica l’abbiamo studita nell’infiammazione.

8.1.2 FASE PROLIFERATIVA

Si formerà il tessuto di granulazione. Precisiamo subito che i granulociti non c’entrano (questo nome è venuto su perché all’istologia si vedevano, in questa fase, tanti puntini rossi che qualcuno ha scambiato per granuli, in realtà essi sono i piccoli capillari che venivano a formarsi). Allora in questo tessuto di granulazione le cellule connettivali proliferano e migrano nella sede della lesione, quindi si ha la riepitelizzazione superficiale della ferita .

8.1.3 FASE DI MATURAZIONE

Essa è caratterizzata dalla deposizione di ECM, rimodellamento e contrazione della ferita. (Nel caso di ferite chirurgiche i lembi sono giustapposti, vengono collabiti, e il chirurgo ricuce. In questo caso la guarigione e la riparazione avvengono per prima intenzione. È chiaro che l’incisione chirurgica lede un numero limitato di cellule epiteliali, è una ferita netta, non sfrangiata. In genere le ferite da caduta sono sfrangiate, con perdita di sostanza, non sono quelle chirurgiche, fatte con il bisturi, e poi vengono giustapposte. Il taglio anche se netto crea una soluzione di continuità della mambrana basale dell’epitelio, la riepitelizzazione che rimargina questo tipo di ferite (chirurgiche) produce una cicatrice sottile; la guarigione delle ferite dove, invece, viene persa una notevole quantità di

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sostanza, come quelle da trauma, da caduta, sono dette da seconda intenzione (perché viene persa una grande quantità di sostanza), naturalmente l’infiammazione che ne consegue è più importante, un’abbondante deposizione di collagene, con formazione di una cicatrice voluminosa che si retrae) quali sono i mediatori che sono implicati in questo tipo di riparazione? Citochine e fattori di crescita (per esempio: la chemiotassi dei monociti viene provocata dalle chemochine, dal PDGF, da molti fattori, come anche la maturazione e la migrazione dei fibroblasti è guidata da tutti questi fattori, la proliferazione dei cheratinoidi, l’angiogenesi, la sintesi del collagene, la secrezione di collagenasi. Sono quasi guidati, mediati questi processi, se non ci fossero questi mediatori questi processi probabilmente non ci sarebbero). Quindi cosa succede immediatamente? La formazione del coagulo, se no si morirebbe per emorragia, il quale arresta il sanguinamento, ma non solo (esso è formato da filamenti di fibrina che ingabbiano le cellule) crea un’impalcatura per la migrazione di cellule, attratte da fattori di crescita (li abbiamo nominati poco fa: citochine e chemochine) che vengono rilasciati nel sito di danno. Il rilascio del fattore di crescita vascolare, VEGF aumenterà la permeabilità capillare, provocando essudazione, mentre la superficie esterna del coagulo, quella a contatto con l’aria, si disidrata, si essicca in qualche maniera, e formerà l’escara che copre la ferita (ha questa funzione, ricordatevi che una ferita è una porta d’accesso per i microrganismi, intanto quelli che stanno sulla nostra epidermide, e poi per tutti gli altri). Nelle ferite più gravi il coagulo sarà più esteso e

l’essudato, ma anche i detriti della necrosi saranno più abbondanti. Entro 24 ore, vedete, arrivano i neutrofili vicino all’incisione, perché c’è un’infiammazione acuta, migreranno lungo l’impalcatura costruita dal coagulo, colonizzeranno la ferita e rilasceranno i loro enzimi, enzimi proteolitici, rilasciati per degradare i detriti, allontanarli se ci riescono, per uccidere eventuali batteri e quindi rendere sterile la ferita, è quindi una funzione essenziale quella dei neutrofili, naturalmente sappiamo che la loro azione dura 1 o 2 giorni e finisce lì; 24/72 ore, siamo già alla seconda terza giornata, i fibroblasti e le cellule endoteliali cominciano a proliferare, formando un tessuto specializzato, perché è proprio solo di questo tipo di lesione, di aspetto granulare e rosato. Il tessuto è rosato perché fornito di neovasi. Questi vasi che si sono formati sono molto permeabili e consentono il passaggio di proteine e liquido nello spazio extravasale, l’essudazione in pratica. Il tessuto neoformato è edematoso, imbibito per edema infiammatorio. La quantità di tessuto di granulazione dipenderà dalla gravità della lesione e dall’intensità della risposta infiammatoria; 48/96 ore i neutrofili naturalmente verranno sostituiti dai macrofagi, già a 48 ore, per pulire, rimuovere i detriti cellulari, neutrofili che sono morti precedentemente o altri detriti della ferita, la fibrina in eccesso e il materiale estraneo della ferita. Promuoveranno anche l’angiogenesi e la deposizione di collagene. La migrazione di questi fibroblasti è guidata, non è libera, da citochine e fattori di crescita. La loro proliferazione è stimolata da altri fattori di crescita che sono stati prodotti dai macrofagi attivati e da altre cellule

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infiammatorie. Lo vedete il gioco che si crea tra tutte queste cellule. Noi dobbiamo dirli gradatamente, ma capite che questi processi si sovrappongono. Le fibre collagene, appaiono inizialmente ai margini dell’incisione, orientate verticalmente, quindi non congiungono i bordi della ferita, dopo le prime 24/48 ore gruppi (cluster) di cellule epiteliali si spostano dai bordi della ferita lungo i margini tagliati del derma, depositando le componenti della membrana basale mentre procedono. Queste cellule al centro della ferita si fondono, sotto l’escara, e produrranno uno strato epiteliale continuo che chiuderà la ferita; Dopo 5 /7 giorni il tessuto di granulazione ha colmato la ferita e la neovascolarizzazione è massima. Nella prima intenzione è tutto molto più facile, nella seconda, dove c’è perdita notevole di sostanza, naturalmente questi processi sono più difficili: la riepitelizzazione sarà più lenta, la proliferazione epiteliale aumenterà lo spessore dello strato dell’epidermide, i macrofagi arrivati stimoleranno i fibroblasti a produrre un fattore di crescita che si chiama “7”, fattore di crescita dei fibroblasti che guida la crescita dei cheratinociti, ma i macrofagi producono anche IL-6 (citochina piogenica, infiammatoria, fa di tutto) che aumenta la migrazione e la proliferazione dei fibroblasti stessi, sono processi autocrini e paracrini. Queste cellule riescono sempre a mediare processi autocrini e paracrini. Cosa succede quando c’è la riepitelizzazione? Le fibrille collagene diventano più abbondanti e iniziano a disporsi a ponte sopra l’incisione, cercano di ricreare la continuità, si formerà una matrice provvisoria (fibrina, fibronectina

plasmatica e collagene III), che sarà poi sostituita da una matrice definitiva con il collagene I, vedete che c’è sostituzione di collagene. Il principale mediatore pare che sia il TGF beta, prodotto dalle cellule del tessuto di granulazione, che stimola la migrazione e la proliferazione dei fibroblasti, stimola la sintesi di collagene e di fibronectina e quindi riduce la degradazione della matrice a opera delle metalloproteasi (proteasi con compito di degradare ). Lo spessore e la cheratinizzazione dell’epidermide sono ripristinate e la normale architettura sarà ricostruita, anche se vi è stata perdita di sostanza. Nella seconda settimana, eravamo arrivati a 5/7 giorni, l’infiltrato leucocitario, che veniva dall’essudazione, l’edema e i neovasi, scompaiono. La neoangiogenesi ha prodotto dei vasi che servivano in quel momento, quando facevamo tessuto di granulazione, la ferita diventa più chiara, non c’è più quel rosato, per accumulo di collagene, ma soprattutto per regressione di questi nuovi vasi. Alla fine il tessuto di granulazione si trasformerà in una cicatrice chiara, avascolare, formata da fibroblasti affusolati, collagene denso, frammenti di tessuto elastico, ma anche altri componenti della matrice. Però attenzione, gli annessi cutanei non vengono ripristinati: abbiamo detto poco fa che il tessuto che si è formato sulla cicatrice non è funzionale. Alla fine del primo mese, la cicatrice sarà formata da connettivo, privo di infiltrato infiammatorio, (sarebbe problematica la persistenza dell’infiammazione), rivestito da epidermide intatta. Che differenza c’è tra la prima e la seconda intenzione? Bene o male i mediatori sono uguali. Vi sono differenze

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in intensità e durata, ma quello che differenzia i processi di prima da quelli di seconda intenzione è un fenomeno importante che si chiama contrazione della ferita. La contrazione della ferita è presente nelle ferite che guariscono per seconda intenzione. Vediamo perché: La contrazione favorisce la rimarginazione riducendo l’intervallo tra i due margini dermici. Essa avviene perché ci sono i miofibroblasti, derivati dalla differenziazione di fibroblasti per stimolazione di fattori di crescita rilasciati dai macrofagi, ma possono anche essere originati da precursori midollari, i fibrociti, o da cellule epiteliali in seguito a transizione epitelio-mesenchimale. Questi assumono le caratteristiche strutturali e funzionali delle cellule muscolari lisce, avranno le loro stesse proprietà (actina, vimentina), sono contrattili e sintetizzano componenti della matrice, (c’è questo fenomeno particolare che prima non abbiamo visto) quindi collagene etc.. Il rimodellamento connettivale (la sostituzione del tessuto di granulazione con una cicatrice) comporterà un cambiamento nella costituzione della matrice. Vediamo cosa riguarda: questo rimodellamento della trama connettivale, stiamo parlando della riparazione, avverrà per sintesi e degradazione dell’ECM che è sempre controllata dai fattori di crescita che stimolano la sintesi del collagene e da altre molecole connettivali, ma anche dalla sintesi e dalla degradazione delle metalloproteasi, responsabili della degradazione, è una combinazione tra sintesi e degradazione. È un rimodellamento. Le metalloproteasi (MMP) sono 20 enzimi prodotti da numerose cellule, distinti dalle altre serinoproteasi che servono a

degradare il connettivo. Se non ci sono le MMP, le cellule metastatiche non procedono. Tra le MMP, la 1, la 2 e la 3 sono delle collagenasi interstiziali (degradano il collagene sia di tipo I che II e III), la gelatinasi, la 2 e la 9, che degrada il collagene amorfo e la fibronectina, le stromalisine, la 3, la 10 e la 11, che degraderanno proteoglicani, laminina, fibronectina e collagene amorfo, e ancora metalloproteinasi della matrice legate alla membrana. La secrezione è sempre mediata da fattori di crescita, da citochine, da fagocitosi, e inibita dal TGFbeta e dagli steroidi. Le collagenasi sono sintetizzate come procollagenasi, attivate da radicali liberi prodotti dal burst respiratorio e dalla plasmina. Le collagenasi attivate verranno inibite dagli inibitori tissutali delle metalloproteasi, si chiamano TIMP, come sigla, sono inibitori prodotti dalle cellule mesenchimali per inibire la continua attivazione. Questi processi di attivazione e inibizione sono continui, la salute sta nel corretto equilibrio. Pensate a tutte le sostanze che devono stare in perfetto equilibrio: coagulazione, prostaciclina- trombossano, se manca l’equilibrio avremo , da un lato emorragia, dall’altro

coagulazione; qua abbiamo MMP-TIMP, quindi degradazione, inibizione della degradazione. Le collagenasi ci vogliono, non fanno solo danno: devono rimuovere i detriti e produrre il rimodellamento connettivale necessario alla riparazione, però la loro azione deve essere mirata e limitata nel tempo, altrimenti favoriscono altri processi. Le proteasi ADAM (disintegrine con dominio metalloproteasico) sono enzimi correlati alle mettalloproteasi, ancorati alla membrana di un‘unica regione transmembrana e implicate nella

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patogenesi dell’asma. La proteina TACE, scinderà TNF alfa e TGF alfa dalla membrana per liberare forme solubili (sono recettori decoy, che legano il ligando e lo rendono inefficace, è il metodo che utilizza la IL-2 per interrompere la sua azione ).

8.1.4 RIPRISTINO DELLA RESISTENZA ALLA TENSIONE

Il tessuto cicatrizzato resiste alla tensione? Da cosa sono formate le cicatrici? Soprattutto da collagene fibrillare, che quindi conferisce resistenza alla tensione, quest’accumulo dipende sia dall’aumentata sintesi sia dalla ridotta degradazione. Dopo una settimana dalla ferita, la resistenza è al 10% della cute sana, non è eccezionale, ma c’è. Nelle quattro settimane successive questa resistenza cresce rapidamente, rallenta al terzo mese dopo l’incisione, e il plateau lo raggiunge recuperando il 70/80 % della resistenza originaria, non è ovviamente uguale alla resistenza precedente all’incisione. Da che cosa deriva il recupero della resistenza alle tensioni? Nei primi due mesi, dall’aumentata sintesi di collagene che prevale sulla degradazione e dalla successiva modificazione strutturale di queste fibre dopo che la sintesi è terminata. Le fibre riescono a formare legami crociati e aumentare di dimensioni, quindi conferiscono questo tipo di resistenza. (Ripete il concetto della prima intenzione) quindi abbiamo detto che a una settimana dalla ferita proliferano i fibroblasti, scompare l’infiltrato infiammatorio (finché c’è infiammazione la ferita non si chiude: avete mai visto qualche punto che salta, la ferita che resta slargata? Il punto salta perché ancora c’è infiammazione, può

formarsi addirittura il pus, il pus degrada, quella ferita non chiuderà bene, anche dopo vedrete una ferita molto brutta, con questo tessuto slargato, sfibrato quasi, naturalmente poi resisterà alla tensione, ma l’aspetto, è francamente negativo) Nella guarigione per seconda intenzione la reazione infiammatoria è molto intensa, facciamo fatica a riparare. A 3/7 giorni si formerà parecchio tessuto di granulazione; A una settimana ci sarà la contrazione della ferita e comparsa dei mio fibroblasti.

8.1.5 FATTORI CHE POSSONO INFLUENZARE LA GUARIGIONE DELLA FERITA

Tra i fattori che possono influenzare la guarigione della ferita, si riconoscono:naturalmente dei fattori sistemici;

• lo stato nutrizionale;• lo stato metabolico: il diabete (nel

diabete le ulcere cutanee non guariscono perché il sangue del diabetico è dolce per l’iperglicemico e i batteri vanno a nozze, non facendo guarire le ulcere);

• lo stato del circolo (la ridotta perfusione rallenterà la guarigione);

• gli ormoni (i glucorticoidi inibiscono).

Poi vi sono fattori locali che cronicizzano il danno:

• fattori meccanici; • corpi estranei (suture superflue, ci

sono punti dati con un materiale che non si riassorbe, esterni, e che si riassorbe, quelli interni. A volte, può capitare che il chirurgo sbagli e metta quelli esterni all’interno, e verranno rigettati);

• dimensione, localizzazione e tipo di

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ferita (se sono interessate aree sottoposte a trazione);

• cicatrizzazione insufficiente e cicatrizzazione iperplastica;

• retrazione.

L’inadeguata formazione del tessuto di granulazione, per esempio, e la cicatrizzazione insufficiente possono causare due tipi di complicanze: la deiscenza della ferita e l’ulcerazione. La deiscenza è una rottura della ferita, pensate a ferite chirurgiche addominali, si rompe la ferita all’interno, dove abbiamo tagliato magari un pezzo di intestino, dove è avvenuta la riparazione, cosa succede? Il materiale dei visceri si riversa nel peritoneo (sterile), ma anche all’esterno e può fare cose gravi. Le ferite possono ulcerarsi se la perfusione è insufficiente, nel diabete, nelle neuropatie periferiche. L’eccessiva produzione di componenti della matrice dà origine a cicatrici ipertrofiche rilevate: i cheloidi. Così come anche l’accumulo di collagene prodotto dai miofibroblasti, che persistono perché vi è una produzione autocrina di TGF beta in

seguito, per esempio, a gravi ustioni, a traumi che interessano gli strati profondi del derma, può dare cheloidi che superano i margini della ferita, non regrediscono, in questo caso si parla anche di predisposizione genetica individuale, non sappiamo perché alcuni soggetti abbiano questa tendenza. L’ipertrofia del tessuto di granulazione può portare alla formazione di tanto tessuto che deborda dal piano cutaneo e impedisce, quindi, la riepitelizzazione. Il tessuto di granulazione in eccesso deve essere obbligatoriamente rimosso o per cauterizzazione o per via chirurgica, per consentire la continuità epiteliale. La retrazione della ferita è normale nei processi di cicatrizzazione, spesso si dice “la ferita tira”, è vero, è una retrazione della ferita, ma naturalmente, se eccessiva, deformerà sia la ferita sia i tessuti circostanti. In genere le retrazioni massicce dove si formano? Nelle regioni palmari e plantari, sulla superficie anteriore del torace dopo gravi ustioni e naturalmente possono anche pregiudicare i movimenti se sono importanti.

8.2 La fibrosi8.2 La fibrosi L’aumentata deposizione di collagene e di altri componenti della matrice caratterizzerà la fibrosi (o sclerosi), ovvero una condizione che riguarda l’aumento del connettivo stromale degli organi parenchimali e la sua evoluzione verso il connettivo fibroso imparate, se vi piace, questa definizione, perché la fibrosi è una domanda d’esame). Oltre a un aumento quantitativo (da 3 a 5 volte) c’è anche una

modificazione qualitativa nella composizione della matrice: eccesso di idrossilazione; formazione dei legami crociati del collageno, per esempio nella fibrosi polmonare; la glicosilazione di proteine nella fibrosi delle arterie, che sarebbe poi l’“ateroma”, e dei piccoli vasi, le microangiopatie nel diabete; lo spostamento del tipo di matrice nello spazio sottoendoteliale del fegato cirrotico

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(questa è un’altra condizione per cui il prof. Valenti ve le dà all’esame, la cirrosi). Condizioni che precedono la fibrosi:

• danni cellulari con necrosi, causati da agenti tossici, da virus o da anticorpi, che possono reagire in maniera crociata con proteine del miocardio, per esempio nella febbre reumatica da stafilococco, lo sapete che è una reazione crociate;

• negli stati infiammatori persistenti come, per esempio, le miocarditi sierose croniche, le polmoniti recidivanti, le stasi sanguigne;

• la deposizione di sostanze estranee, per esempio, il silicio nel polmone (silicosi), il ferro nel fegato (emocromatosi, dove c’è una grossa deposizione di ferro), il colesterolo nelle pareti vasali.

La fibrosi, quindi, sembra quasi una reazione del connettivo simile alla cicatrizzazione, ma, in realtà, può anche essere un meccanismo primario, non è necessario che sia conseguente a qualcosa, di attiva sintesi della matrice, del collageno e di altre proteine connettivali.

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9Reazione di fase acutaReazione di fase acuta

L’infiammazione cronica prevede un accumulo di cellule, l’abbiamo detto qualche giorno fa, anche da aumentata proliferazione. La proliferazione, l’attivazione di macrofagi e linfociti e la produzione di fattori di crescita, di citochine e chemochine infiammatorie, è tipica dell’infiammazione cronica. La risposta dell’ospite agli agenti esogeni lesivi oppure alla lesione tissutale porterà all’espressione di macrofagi che fagocitano e che sono attivati dalle citochine del profilo Th1 (Ifn gamma, TNF) e, in secondo luogo, all’accumulo dei macrofagi attivati per via alternativa (m2) (avete già studiato i macrofagi attivati per via classica e per via alternativa? M1 e M2) che producono TGF beta e fattori di crescita che, a quel punto, inibiscono l’attività fagocitaria (profilo 1 : favoriscono la fagocitosi. Profilo 2: inibizione) e stimoleranno il rimodellamento tissutale, promuovendo angiogenesi e cicatrizzazione. In pratica cosa succede? Pensate a un’ infiammazione cronica, per esempio la sarcoidosi, in un polmone: all’inizio ci sono macrofagi e linfociti e prevale la fase infiammatoria (alveolite infiammatoria), provocata dai macrofagi

che avevano endocitato un’antigene sconosciuto, dall’arrivo dei linfociti, dall’amplificazione (altri macrofagi, altri linfociti), fino a una esagerata produzione di cellule, tutte mediate da citochine del profilo Th1, francamente infiammatorie. A un certo punto, non sappiamo perché, c’è una switch dal profilo Th1 si passa al Th2 , con conseguente cambiamento dell’azione macrofagica che, prima, era un’azione fagocitante, endocitante per meglio dire (perché non sappiamo qual è l’antigene, quindi non sappiamo se l’ha eliminato. Il fatto che richiami altre cellule significa che non l’ha eliminato probabilmente) e ora diventa un’azione secernente. I macrofagi vengono orientati verso il profilo M2: secerneti. Il concetto di polarizzazione cellulare indica che così come le cellule del profilo Th1 diventavano Th2, anche i macrofagi subiscono questo destino. I macrofagi M2 sono macrofagi secernenti quei fattori che inibiscono l’attività microbicida, e stimolano il rimodellamento tissutale, con promozione di angiogenesi e cicatrizzazione. Stiamo andando, quindi, verso la fibrosi. La polarizzazione cellulare dipende dal microambiente in cui le cellule agiscono: se

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il microambiente è di tipo infiammatorio, orienterà le cellule verso la funzione infiammatoria (fagocitante, per quanto riguarda i macrofagi); se il microambiente è invece di tipo Th2 , le orienterà verso la funzione antinfiammatoria, ma anche angiogenica e fibrogenica, grazie alle citochine avremo macrofagi M2. Le cellule epitelioidi le avevamo definite dei macrofagi ulteriormente specializzati, perché perdevano l’attività fagocitaria, ma acquisivano quella secernente. Cosa secernevano? Altri fattori che attiravano altre cellule. Il TGF beta, fattore importante fibrogenico, indotto in questo caso dalle cellule del tessuto di granulazione, stimolerà la migrazione e la proliferazione dei fibroblasti, se non c’è questo la ferita non chiude, e la sintesi di collagene e fibronectina. Esso, inoltre, inibirà l’ulteriore degradazione della matrice, inibendo le metalloproteasi. I livelli tissutali di TGF beta pare non dipendano dalla trascrizione genica al momento, ma dall’attivazione post trascrizionale del TGF latente, dalla velocità di degradazione della molecola attiva, e da fattori della matrice che ne aumentano l’attività. La morte cellulare, per necrosi o apoptosi, e la produzione di specie reattive dell’ossigeno pare che attivino il TGF beta. Su che cosa agisce il TGF beta? Su delle cellule che vengono stimolate a produrre collagene (per esempio nella fibrosi renale e polmonare le cellule stimolate dal TGF beta che producono collagene sono i miofibroblasti; nella cirrosi invece le cellule stellate). L’osteopontina (OPN) è una proteina espressa a livelli elevati nella fibrosi cardiaca, polmonare, epatica e renale. Essa è importante nella guarigione delle ferite.

Il blocco di questa sostanza riduce la formazione di tessuto di granulazione e la cicatrizzazione, perché pare sia mediatore della differenziazione dei miofibroblasti indotta dal TGF beta (in clinica, per esempio, vengono usati inibitori del TGF beta, inibitori dell’angiogenesi, e antagonisti dei TLR e ancora, recettori decoy delle IL-13, che la bloccano).Qual è lo scopo della risposta infiammatoria lo sappiamo (delimitare, eliminare e recuperare), però attenzione: il danno locale può avere ripercussioni sistemiche, ad esempio, quando l’agente patogeno va in circolo. Vedete che quindi è fondamentale l’azione dell’infiammazione che serve a delimitare. La sepsi causerà l’attivazione sistemica di cellule infiammatorie o di mediatori. Se il danno locale è grave, i mediatori rilasciati entreranno in circolo e provocheranno effetti sistemici. Le citochine sono responsabili sia della reazione locale sia di quella sistemica. Le manifestazioni sistemiche sono definite con la sigla SIRS (sindrome da risposta infiammatoria sistemica) e comprendono diverse manifestazioni:

• la febbre, ovvero un aumento della temperatura corporea determinato da uno spostamento del setpoint. Quindi la temperatura corporea, in fondo, non fa altro che seguire l’ordine che dà il setpoint ipotalamico. (invece l’ipertermia non febbrile è un aumento della temperatura dato da uno squilibrio tra la termogenesi e la termo dispersione). Nella febbre c’è uno spostamento del setpoint e nella SIRS è prevista la febbre perché in quantità importanti le citochine la provocano.

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• aumento delle proteine di fase acuta;

• leucocitosi;• aumento della frequenza cardiaca;• aumento della pressione arteriosa;• diminuzione della sudorazione per

il ridirezionamento del flusso

ematico dal letto vascolare cutaneo a quello profondo, per ridurre al minimo la perdita di calore;

• anoressia;• sonnolenza.

9.1 Proteine di fase acuta9.1 Proteine di fase acutaTra le proteine della fae acuta, si ricordano:

• ceruloplasmina: nel sangue i suoi livelli sono grossomodo 15/60 mg ragazzi non dovete ricordarvi i numeri, sarebbe pazzesco, però bisogna ricordare di quanto aumentano in corso di infiammazione) con un aumento del 50%;

• frazione 3 del complemento: aumento del 50%;

• l’alfa1antitripsina: 2/3 x;• aptoglobina: 2/3x;• fibrinogeno: 2/3x;• PCR, proteina c reattiva: 100/1000x;• il precursore dell’amiloide:

100/1000x.

Sono aumenti importanti, che danno da pensare. Cosa sono le proteine di fase acuta? Sono proteine plasmatiche sintetizzate dal fegato. La sintesi può essere sovraregolata da alcune citochine. Per la PCR e per il fibrinogeno, per esempio, è l’IL-6, che avete già sentito, per l’SAA è L’IL-1 e il TNF alfa. Subito dopo un’infezione importante, il profilo della sintesi epatica

di queste proteine viene modificato: verrà ridotta la sintesi di albumina (la più piccola come PM ma è la proteina responsabile della pressione oncotica), che per questo motivo viene chiamata “proteina di fase acuta negativa”; aumentano altre proteine, per esempio il fibrinogeno, “ proteina di fase acuta positiva “. L’aumento del fibrinogeno non è mai una cosa buona perché, vi ricordo, esso è la molecola più grande fisicamente, enorme, quindi se aumenta è una cosa importante, in genere aumenta nei tumori e nelle infiammazioni croniche. Nei tumori ancora c’è qualche discussione sul perché aumenti il fibrinogeno. Naturalmente non si fa diagnosi su queste cose: non è che se aumenta il fibrinogeno c’è un tumore, però sono indicativi di uno stato. La reazione di fase acuta può diventare “cronica” e si può verificare anche nell’infarto e, abbiamo detto, nei tumori maligni. Se nell’infarto lo comprendiamo, per la liberazione di sostanze necrotiche, nei tumori un pochino di meno.

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9.2 Espletamento della reazione di9.2 Espletamento della reazione di fase acuta fase acuta Qual è la funzione della reazione di fase acuta?

• Diminuzione del ferro plasmatico, perché il ferro è un fattore di crescita di molti batteri. Diminuisce perché i macrofagi attivati liberano lattoferrina, la quale strappa il ferro dalla transferrina del siero e satura di ferro viene fagocitata e immagazzinata come ferritina.

• Aumento del C3, vi ricordo che essa è quella molecola della cascata del complemento che sta al crocevia tra la via di attivazione classica e quella alternativa. Importante quindi nel meccanismo antibatterico.

• Aumento della ceruloplasmina. Essa contiene rame e agisce da scavenger di radicali liberi (atomi o molecole con un elettrone spaiato nell’orbitale più esterno e quindi, per definizione, instabili e reattivi). Quindi il rame agisce da scavenger (spazzino) e negli spazi extracellulari, proprio perché non c’è SOD (superossido dismutasi) che può pulire, è la ceruloplasmina del sangue che funziona da scavenger.

• Aumento della proteina C reattiva, vediamo perché: l’IL-1 stimola la sua secrezione, essa va poi a legarsi ai tessuti danneggiati, come a opsonizzarli, ricoprirli, favorendo quindi la fagocitosi da parte dei macrofagi (che in questa maniera vengono attivati e liberano altra IL-1). La PCR si lega a diversi tipi di

superficie e i suoi livelli, addirittura, possono influenzare alcune funzioni importanti del sangue (può riuscire e fare aggregazione piastrinica, quindi capite l’importanza). Quest’aumento della PCR può essere indicatore di rischio per pazienti con l’infarto del miocardio e pazienti con patologie coronariche.

• Aumento dell’amiloide A (SAA), abbiamo detto che è un aumento notevole. Essa aumenterà fino a 1000 volte (vi ricordo che la SAA è un’apoproteina delle lipoproteine ad alta densità, con struttura simile a quella della PCR, è una pentrassina -5 braccia-, la cui funzione conosciuta però è solo quella implicata nell’amiloide.) durante la risposta di fase acuta, sostituirà l’apolipoprotina a e questo porterà a una modifica della destinazione dell’HDL, dalle cellule epatiche ai macrofagi, che la utilizzeranno alla fine solo come fonte di energia. I macrofagi possono anche agire su precursori proteici dell’amilode digerendoli parzialmente e convertendoli in fibrille simili, ciò avviene all’interno della cellulla, ma pare che l’enzima responsabile sia l’elastasi di superficie dei macrofagi. Una produzione protratta di SAA, come quella che si verifica nell’infiammazione cronica, può

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essere causa di amiloidosi secondaria (sapete che le amiloidosi si distinguono in secondarie e primarie).

• Aumento di alfa-1-antitripsina, ne parlerete quando parlerete di polmone. Essa inattiva le proteasi e quindi, protegge, in qualche maniera, le cellule.

• Aumento del fibrinogeno, il quale serve, facendo fibrina, a favorire la coagulazione dei piccoli vasi e il suo aumento può causare la formazione dei rouleaux di eritrociti. Sapete che il fibrinogeno è una molecola ad alto PM che, se si associa ai rouleaux che si formano nel vaso, può rallentarne il flusso e far sedimentare più rapidamente gli eritrociti isolati. La VES è la velocità di eritrosedimentazione. Essa è un fenomeno in vitro naturalmente, in vivo si formano i rouleaux eritrocitari perché nell’infiammazione acuta, per la vasodilatazione, usciva il liquido, il sangue diventava più concentrato per cui i globuli rossi si impilavano l’uno sull’altro. Se all’impilamento dei rossi si associa una molecola enorme come il fibrinogeno capite perché, in vitro, la VES aumenta (mettiamo il sangue reso incoagulabile in una pipetta sottile, gli eritrociti cominciano andare a fondo per gravità, e avranno una determinata velocità “x”, ma se all’interno del plasma c’è anche fibrinogeno (alto PM) che va ad appesantire ulteriormente queste cellule rosse, succede che aumenta la velocità con cui essi vanno a fondo). La VES aumentata non mi

permette di fare diagnosi, ma insieme a una proteina C aumentata mi dà da pensare: “Ci sarà qualche fattore nel plasma, in aggiunta, che prima non c’era”.

• Sonnolenza e anoressia sono indotte da citochine.

• Anemia, tipica dell’infiammazione cronica, dovuta sia alla ridotta produzione di eritropoietina da parte del rene che rallenta, ma anche all’aumentata produzione di epcidina, che è un peptide regolatore del ferro. Concentrazioni elevate di questa molecola riducono la disponibilità di ferro e quindi sono responsabili dell’anemia associata all’infiammazione cronica.

• Mialgia, il muscolo striato può andare incontro a proteolisi, quest’effetto può essere prevenuto o curato addirittura con gli inibitori della COX, quindi evidentemente ne saranno responsabili le prostaglandine.

• La febbre, è un sintomo, non una malattia, è un meccanismo di difesa. Essa aumentando la temperatura corporea vuole portare a morte ad esempio i virus che, a 40 gradi, muoiono. Se, coltivando delle cellule infettate da virus con il termostato è impostato a 37 gradi, il termostato sballa, i primi a morire sono i virus contenuti nelle cellule. Il virus ha il suo metabolismo ottimale a 37-38 gradi, se lo alteriamo muore. Quindi sarebbe indicativo che in una forma virale la temperatura raggiunga il massimo, ma non ce la sentiamo di lasciare un paziente con 40 gradi per un paio di giorni. Inoltre la febbre rende più

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attive alcune citochine e aumenta la velocità dei leucociti.

• Leucocitosi, nelle grandi infiammazioni. Aumentano i bianchi perché vengono prodotte citochine, fattori attivanti le colonie,

IL-1 e TNF, prodotti in loco dal focolaio flogistico che promuovono l’iperplasia midollare. Nelle grandi infiammazioni abbiamo leucocitosi, in quelle da forme batteriche leucocitosi neutrofila.

9.3 Indadeguatezza della risposta9.3 Indadeguatezza della risposta infiammatoria infiammatoria La risposta infiammatoria può essere inadeguata e, se è inadeguata, fa danno o per cause acquisite o per cause congenite.Difetti acquisiti:

• insufficiente apporto di sangue. I leucociti ipossici non ce la fanno con i batteri e quindi i tessuti ipossici risultano più suscettibili alle infiammazioni. L’ipossia e l’ischemia si possono potenziare a vicenda nello shock, che è caratterizzato da ipoperfusione generalizzata. Nelle grandi ustioni il primo pericolo di morte era appunto lo shock (la pressione andava giù essudazione) e il secondo pericolo era l’infezione batterica per le zone necrotiche formatesi (soprattutto nell’intestino dove c’è una propria flora batterica al riparo dai leucociti);

• insufficiente numero di leucociti (neutropenia) può portare a un deficit della risposta.

Le cause di neutropenia (riduzione dei bianchi, in particolare dei neutrofili) possono essere:

1. le radiazioni ionizzanti;2. alcuni farmaci antineoplastici;a

3. lcune malattie infettive importanti (tubercolosi, malaria, etc..);

4. denutrizione;5. carenza di folati;6. carenza di vitamina B12;7. aumentato sequestro alla periferia o

distruzione dei neutrofili (per esempio alcune malattie con splenomegalia, una di queste è la sarcoidosi);

8. l’anafilassi (ipersensibilità di tipo I);9. alcune malattie autoimmunitarie

importanti, sistemiche soprattutto;10. alcuni farmaci (steroidi, salicilati...);11. mancanza della milza (la

splenectomia espone al rischio di sepsi per perdita dei macrofagi splenici, c’è anche una riduzione degli anticorpi, anche i B soffrono);

12. deficit di chemiotassi;13. ridotta produzione di opsonine;14. i macrofagi del litorale (ovvero delle

zone più esposte) affaticati: l’eccesso di materiale da fagocitare può provocare un blocco e in vivo questo blocco può essere indotto dall’emolisi intravascolare;

15. alterazione dei leucociti nelle ustioni gravi (i leucociti vengono

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bruciati, ma anche il danno termico produce una grande quantità di fattori chemiotattici che attirano i neutrofili, questi rispondono secernedo e consumando i granuli, non essendo più disponibili per altre azioni);

16. intossicazioni da alcool (è importante, perché i leucociti non riescono ad aderire - c’è un deficit nelle molecole di adesione - e quindi non riescono a migrare);

17. il diabete;18. tumori maligni.

Deficit congeniti:• l’LAD: in alcuni pazienti mancano

le catene beta 2 delle integrine e così i leucociti non possono aderire. Questi soggetti con deficit di LAD 1 presentano una separazione ritardata dall’inizio, dal cordone ombelicale, che sapete deve cadere entro alcuni giorni e invece non cade, infezioni necrotizzanti agranulocitosi. Nei soggetti sani il moncone del cordone attrae i leucociti, questi degradano e cade in 7 -10 giorni, in questi pazienti i leucociti ci sono, ma circolano non riuscendo ad aderire e a uscire; nei pazienti con LAD2 manca invece il ligando per la selectina endoteliale (è un’altra forma un po’ più grave);

• malattia granulomatosa cronica (CGD): alcuni neutrofili, macrofagi ed eosinofili sono incapaci di andare incontro al burst respiratorio. Ci saranno: infezioni e infiammazioni croniche; infiammazione purulenta o

granulomatosa eccessiva ma inefficace;

• carenza di mieloperossidasi (MPO) è fondamentale: è molto diffusa, interessa neutrofili e monociti, ma non eosinofili. Stranamente solo pochi di questi pazienti vanno incontro a infezioni batteriche perché le cellule possiedono una sorta di alternativa, cioè un’aumentata attività del sistema della NADPH ossidasi, che produrrà l’anione superossido;

• assenza congenita delle granulazioni specifiche, contenenti lattoferrina e chemiotassine, nei granulociti;

• sindrome di Giobbe: si chiama così perché sono infezioni ricorrenti durante le prime settimane di vita. Questi pazienti, non si sa perché, hanno elevati livelli di IgE;

• la sindrome di Chediack-Higashi: disfunzione dei microtubuli della cellula che quindi difetta di movimento e quindi la fagocitosi non è possibile;

• difetti congeniti del complemento, per esempio nella miastenia gravis, nelle membrane usate nella dialisi, il più importante tra questi difetti congeniti è la mancanza dell’inibitore del C1, come conseguenza di un trauma quindi, questi pazienti, soffriranno di edema della cute (che si manifesta imbibita) e delle mucose, che, però, se è superficiale, va be', ma se riguarda le vie respiratorie il soggetto può morire per edema angioneurotico (angioedema).

Francesca Bellomo

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