bullettino 2010 n2 - societatoscanaorticultura.it

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Indice

HORTICULTURAEUna comune ma interessante alofita succulenta: pagina 4Crithmum maritimum L.di Massimo Afferni

Le Rose del Plebiscito pagina 8di Franca V. Bessi e Marina Clauser

La vera storia del nome Sansevieria pagina 12di Roberto Mangani

APPUNTAMENTI E MOSTREFiorenza pagina 17

LE RUBRICHEBotanica ed etnobotanica pagina 18La pomme de merveille (Momordica balsamina L.): una pianta medicinale e nutraceuticadalle grandi potenzialitàdi Piero Bruschi

Succulentia pagina 20Le Sansevieriadi Massimo Afferni

Sublime rosa pagina 22I molteplici utilizzi della Rosadi Beatrice Barni

Verde urbano pagina 24Chicago ed il Millenium Parkdi Francesco Ferrini

Uomini e piante pagina 28Marcello Malpighi. Il fondatore dell’anatomia vegetaledi Stefano Mancuso

Di sana pianta pagina 32Dall’Acqua di San Giovanni all’aceto dei 4 ladri: storia e virtù della lavandadi Annamaria Marras

Citrologica pagina 34Le cure colturali di stagionedi Marcello Pieri

Paesaggistica e cultura dei giardini pagina 36Le graminacee fra punti di forza e contrasti di coloredi Silvia Bellesi

Difesa delle colture ortofrutticole e ornamentali pagina 38Primo semestre 2010: un periodo difficile per le piantedi Simone Tofani

Horti Picti pagina 40I giardini nella pittura di Pompeidi Ettore Pacini

La Biometeorologia vegetale pagina 44I modelli fenologicidi Simone Orlandini e Francesco Barbano

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Editoriale

La fine dell’estate ci ha regalato la bella novità della prima edizione di FIORENZA la nuo-va mostra della Orticultura che si terrà a Firenze il 18 e 19 settembre. La mostra, che siaggiunge al tradizionale appuntamento del primo fine settimana di ottobre al Giardino del-l’Orticoltura, verrà svolta nello straordinario spazio offerto dalla Amministrazione Comunalein Piazza San Giovanni e Via Martelli, pedonalizzate, proprio per volontà del Comune, qua-si un anno fa.

Questo numero del Bullettino, tra gli altri, pubblica il piaceviolissimo articolo di Franca Bessie Marina Klauser sulle rose del Plebiscito. E’ in particolar modo interessante la ricostruzionedel clima culturale dell’epoca: “che portava la nobiltà e l’alta borghesia a fare, dei propri giar-dini o parchi, anche degli spazi di sperimentazione botanica,..”. Questo atteggiameno di ricer-ca tipico delle accademie ma anche della iniziativa privata è stato la forza che ha sostenutolo sviluppo del settore in quegli anni e che portò a straordinari risultati tuttora ineguagliati. At-tualmente, l’impegno pubblico stenta e di sicuro manca moltissimo il sostegno della iniziativaprivata alla sperimentazione per tutti i settori della Botanica, Orticoltura, Arboricoltura, ecc. ri-schiando di farci ulteriormente retrocedere rispetto ai paesi anglosassoni e non solo.

Infine una breve nota che vorrei portasse ad una riflessione pubblica sul tema, amplissimo,paesaggio-specie autoctone/esotiche-verde urbano-agricoltura. La foto riporta lo “skyline” diun cittadina della Sicilia dove le palme sono già in parte devastate dal punteruolo rosso equindi con il rischio di completo stravolgimento del paesaggio che ci è attualmente familiare.In queso contesto, dove altre specie già occupano prepotentemente i giardini e disegnanol’orizzonte del paesaggio, cosa significherà? e poi le palme che rischiano la scomparsa quan-do sono state introdotte e con quali più o meno antichi stravolgimenti del paesaggio?

Alberto [email protected]

Quante e quali sono le specie autoctone che si possono vedere nel paesaggio?

Una comune ma interessante alofita succulenta:

Crithmum maritimum L.

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Nel variegato e tutto sommato poco cono-sciuto mondo della alofite succulente checrescono spontaneamente in Italia lungo lecoste sabbiose (Foto 2 e 3) di tutti i suoi ma-ri, e rilevabile abbastanza comunemente, vaannoverato Crithmum maritimum, unica spe-cie del genere Crithmum appartenente allafamiglia delle Apiaceae (Umbrelliferae), spe-cie peraltro rinvenibile anche su scogliere ar-tificiali, moli e costoni rocciosi (Foto 1) inprossimità delle acque marine. E’ essa una pianta erbacea perenne alofita,spesso psammofila, rizomatosa con fusti li-gnificati alla base, robusti ed assai ramosi.Questa è un’entità succulenta avendo foglio-line carnose, lanceolate lunghe sino a più di2 cm inserite su di un lungo picciolo. La suafioritura che avviene tra Luglio e Settembreè costituita da molti fiorellini di colore che vadal bianco al giallastro riuniti in ombrelle dal-la dimensioni contenute. I suoi frutti, del tut-to particolari, ovoidali, sono costituiti da dueacheni.

Piterà dà notizia che Crithmum maritimum èpianta conosciuta sin dall’antichità tanto cheil << suo nome deriva dal greco Krìthmon oKrêthmon (Cretzmon) in allusione alla formadelle sue foglie carnose, profondamente in-tagliate. Per altri autori la parola greca restatuttora inspiegata, ma viene messa in rela-zione con una voce greca Krithe che vuol di-re “orzo” e ciò per la rassomiglianza del frut-to del Critmo con la cariosside dell’orzo: “perla sua forma e la corteccia di cui è ricoper-to”. Di questa parola inoltre ne fece correttouso Dioscoride e la voce Crithmum è giun-ta sino ai nostri tempi del tutto immutata adindicare l’unica specie di questa singolareOmbrellifera.>>.Quale pianta comune e conosciuta a Cri-thmum maritimum sono stati dati una quanti-tà incredibile di nomi in lingua corrente e/odialettale e, oltre alla più nota dizione quale‘Critmo’, sempre Patanè ne ricorda alcuni in-dicando che << alla denominazione genericae specifica di Linneo Crithmum maritimum

Foto 1 - Crithnum maritimum - capo mannu sett. 1996

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corrispondono numerose denominazioni delnostro volgare di Bacicci, di Finocchio mari-no o lacustre, di Erba di San Pietro (nome incomune a Crysanthemum balsamita che nul-la ha in comune col Critmo) e di Frangisas-so.>> E riferendosi ai nomi dati nei tempi passati adesso << I botanici erboristi del Rinascimentogli davano il nome di Petrus crescentius acui corrisponde il già citato Frangisasso ed ilvecchio nome volgare francese di Perce-pier-re (che ora sta ad indicare anche la Parieta-ria officinalis); Pierce-stone era anche, anti-camente, il nome vol-gare inglese al qualesi è andato sostituen-do quello di Samphi-re oppure quello diRock Samphire. I tedeschi, che colti-vano e apprezzanoquesta pianta nei lorocondimenti, la chia-mano Meerfenchel ofinocchio di mare, al-la nostra stessa ma-niera e del franceseCreste marine. Verso la secondametà dell’Ottocento,in qualche dizionariofarmaceutico del-l’epoca, il Crithmummaritimum era impro-priamente anche det-to sassifraga mari-na >>.

Manni C. e Sleiter G. danno di essoquesta descrizione che integrata daulteriori dati trovati su internet è laseguente: << Pianta glabra, con ba-se legnosa che raggiunge l’altezzadi 15-35 cm, facilmente riconoscibi-le anche dai suoi fiori ad ombrella,con foglie carnose, glauche, 1-2pennate, a contorno triangolare esegmenti lineari, acuminati lunghi 1-7 cm. I fiori sono raggruppati in om-brelle (Foto 4) di 8-30 raggi piutto-sto robusti. I petali poco appariscen-ti, di colore giallo verde, sono arro-tolati all’apice. L’ involucro ed invo-lucretto hanno più brattee, ripiegateall’indietro alla fruttificazione. Fruttidi 5-6 mm, ovato-oblunghi, con co-stole marcate, glabri, di colore gial-lastro o rossiccio. Le foglie vengo-

no, a volte, mangiate in insalata o utilizzatecome condimento >>. Inoltre in Crithmum maritimum la carnositàdelle sue foglie è dovuta ad una mirabile ca-pacità di adattamento alle condizioni dell’ha-bitat in cui la pianta vive. Le foglie carnose e coriacee del Critmo han-no escogitato un valido sistema di difesa perresistere sia all’aridità che all’eccesso di sa-linità che altri vegetali non sopporterebbero:sono infatti rivestite da un velo che limita leperdite d’acqua, così come avviene per lepiante che vivono in zone desertiche.

Foto 2 - Crithmum maritimum - Umbelliferae

Foto 3 - Crithmum maritimum - Umbelliferae

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<<Esso ha poi radice rizomatosa carnosa, vi-gorosa, espansa, con lungo fittone ramoso. Ilfrutto a maturazione (agosto-settembre) di-venta color porpora scuro e si rompe quan-do è secco. E’ piccolo, gialliccio, ovoidale, ar-rotondato (5–6 mm.), lievemente appiattito suun lato, segnato da 10 coste longitudinali,presenta una larga commessura, ed è forma-to da due acheni addossati piano-convessi;con tre coste salienti dal lato opposto, portai resti degli stili ricurvati e ha tessuto spugno-so. Contiene un minuscolo nocciolo simile aun granello di grano >>.

Ma la caratteristica o per meglio dire le ca-ratteristiche più interessanti di Crithmum ma-ritimum riguardano i particolari risvolti etnobo-tanici rilevabili in questa specie vegetale le-gati ai vari usi di essa sia culinari che di me-dicina popolare.

La pianta ha un odore aromatico, come quel-lo di un misto finocchio-mentato, nonché unsapore amarognolo, salato e leggermentepiccante. Le foglie vengono, a volte, mangia-te in insalata o utilizzate come condimento.Un altro suo uso gastronomico è quello difarne dei sottaceti. Sempre Patanè al riguar-

do dice: << le foglie più giovani, dopo esse-re state ben lavate e asciugate, vanno con-servate in aceto di vino che deve esserecambiato dopo due settimane con dell’altroaceto, in modo che le foglie cedano al primoliquido di salamoia l’eventuale gusto amaro ineccesso. In cucina i sottaceti di Critmo conservano ap-pieno l’aroma marino ed il loro sapore rievo-ca nella brutta stagione il sole e l’aria del-l’estate. Le foglie hanno inoltre impiego ali-mentare in salse, condimenti e minestre e lesi mangiano come condimento, alla manieradei cetriolini, preparate con sale, pepe edaceto, oppure consumate crude in insalata. Vennero poi utilizzate per rendere più gusto-se, appetitose e digeribili le carni fredde e ilpesce lesso, ma anche con funzioni di stimo-lante gastrico. Per consumare le foglie del ‘finocchio mari-no’ nel modo più gradevole bisogna marinar-le sottaceto, come si fa per i cetriolini. Si pre-parano in vasetti che devono poi essere chiu-si ermeticamente e conservati in ambientesecco. Dopo aver raccolto le foglie, lasciarleun po’ all’aria perché perdano una parte del-la loro acquosità vegetativa, poi metterle inun vaso di terracotta con una manciata di sa-

Foto 4 - Crithmum maritimum - Umbelliferae

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le, qualche rametto di Dragoncello e due pe-peroni verdi. Annaffiare il tutto con aceto divino bollente e, dopo una notte di macerazio-ne, rinnovare l’operazione con lo stesso ace-to rimesso a bollire. Poi tappare il vaso erme-ticamente >>.

Il Crithmo poi, in passato, veniva commercia-lizzato in quanto naviganti e marinai del Me-diterraneo ne facevano uso, per ovviare va-lidamente allo scorbuto a cui potevano anda-re incontro nei loro lunghi viaggi per mare, in-tegrando la loro alimentazione con l’ingeri-mento di molte foglie di esso essendo assaigustose e digestive oltre che un poco salateed amare.Questa pianta è tuttora ricercata in alcune re-gioni per preparare un pregiato aceto aroma-tico.Nella medicina popolare il succo fresco delCrithmo sarebbe un buon vermifugo: gli so-no poi attribuite svariate proprietà quali quel-le di essere un buon stomatico, carminativo,diuretico, antiscorbutico, digestivo, control’obesità, la dispessia e la calcolosi, nonchécome stimolante la tonicità dei muscoli dellostomaco, ed adatto a sopprimere la formazio-ne di gas intestinali.

Occorre infine far presente che Crithmummaritimum, contrariamente alla maggior par-te delle piante alofite e psammofile, lo si puòfacilmente coltivare sia in giardini o orti chein vasi (Foto 5) situati in località marinare eda questo riguardo sempre Patanè ricorda che<< pur essendo una pianta decorativa, ele-gante, profumata e di facile coltivazione nonè ricercata né a scopo terapeutico né a sco-po ornamentale >> e, per quanto riguardainfine la sua propagazione in vaso essa èpossibile<< evitando in modo assoluto il ristagno diacqua e ponendo le piantine in pieno sole e,se si tratta di luoghi a clima più freddo, riti-rando le piante in luogo asciutto e luminosonella cattiva stagione per evitare il congela-mento del fogliame >>.

Massimo Afferni

BIBLIOGRAFIA

MANNI, C., e SLEITER, G., - Stato delle Dune del Lito-rale Laziale compreso fra Castel Fusano e Capocotta -Fondazione BNC.PIGNATTI, S., 1982 - Flora d’Italia - Edagricole, Bologna.PITERA’ F., 1999 - Crithmum maritimum L., l’erba di SanPietro. Dalla fitoterapia dimenticata un nuovo gemmode-rivato. Testo rilevato su internet

Foto 5 - Crithmum maritimum coltivato in vaso

Le Rose del Plebiscito

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A testimoniare l’interesse otto-centesco per le rose in Italia, unnome per tutti, quello di BettinoRicasoli; infatti il Barone di Fer-ro ricevette la medaglia d’oro al-l’Esposizione Internazionale diOrticultura del 1874 per le rosedel suo giardino al Pellegrino diFirenze1. In quel periodo l’introduzione dirose dall’estero, nonostante ledifficoltà doganali, avveniva tra-mite floricoltori come RaffaelloMercatelli e Alessandro Scarlat-ti2 che si avvalevano di una re-te di distribuzione internazionaleed erano in contatto con i princi-pali ibridatori e vivaisti europei.Questi a loro volta facevano cir-colare i propri cataloghi e le loropubblicazioni inviandole, oltreche ai clienti, anche alle reda-zioni delle Società botaniche odi orticoltura. Raffinata e di otti-ma qualità, ad esempio, fu la ri-vista di Louis Van Houtte3 Floredes Serres et des Jardins del’Europe (Fig.1).L’attenzione per le rose4, nono-stante il loro difficile riconoscimento e a vol-te l’incerta determinazione, con le notizie sul-le introduzioni extraeuropee e sui risultati del-le ibridazioni, è ben documentata nelle pub-blicazioni della Reale Società Toscana di Or-ticoltura5.In quegli anni l’interesse per le rose a livellonazionale e internazionale fu scandito dal ri-petersi di concorsi ed esposizioni nazionali einternazionali, tra cui l’Esposizione Interna-zionale di Orticultura di Firenze del 18746,l’Esposizione di Bruxelles del 1876 “di roseibride rifiorenti e rose thee” alla quale presen-ziò il londinese William Paul7 e l’Esposizionedi Rose nel maggio del 1878 a Fi-renze8.Il capoluogo toscano, nell’Otto-cento, ospitò numerose esposizio-ni di fiori in quanto a Firenze la flo-ricoltura, compresa quella dellerose, era non solo favorita dai nonpochi mezzi economici della po-polazione magnatizia, ma ancheda un clima temperato e dalla re-peribilità di acqua nel periodo esti-vo (presenza di pozzi artesiani evasche, oltre che di una rete idri-ca). A questo si può aggiungere

un clima culturale che portava lanobiltà e l’alta borghesia a fare,dei propri giardini o parchi, an-che degli spazi di sperimentazio-ne botanica, tanto che ancoraoggi si possono apprezzare inquesti luoghi i criteri che ne de-terminarono la struttura. Nell’ambito dell’interesse per lerose gli addetti ai lavori, alloracome ora, si sono spesso rivoltidegli interrogativi rispetto allabellezza delle piante da utilizza-re, non solo in rapporto al gustodel periodo, ma sopratutto per laloro possibile destinazione(aiuole, pergole, treillage, da fio-re reciso) e quindi si ritrovanoarticoli e testi in cui vengonocomparate tra loro le varie ca-ratteristiche delle rose9. Se ladiffusione di alcune rispetto adaltre risentiva chiaramente dellepolitiche commerciali delle im-prese vivaistiche soprattuttofrancesi10 e inglesi; era nell’am-bito dell’offerta che l’acquirentefaceva la sua scelta e l’anda-

mento della predilezione poi era monitoratodagli addetti ai lavori11 al fine di valutare letendenze e le esigenze degli acquirenti.Se nelle collezioni nobiliari e alto borghesierano a volte presenti ibridi ottenuti in modopiù o meno fortuito, vi potevano mancare glielementi di novità quali entità botaniche dinuova introduzione e tutte quelle varietà cheavevano incontrato i favori del mercato e col-pito positivamente i rivenditori nazionali. A tal proposito non stupisce che la rivista diCochet12, Journal des Roses, avesse inve-stigato su quali fossero le rose più gradite eche anche Friederich Schneider13 si fosseposto lo stesso dilemma, promuovendo, da

Presidente della Società d’Orticol-tura di Wittstock (Prussia), assie-me con i Presidenti di altre Socie-tà Orticole europee, un plebiscitoper individuare quali fossero le ro-se più apprezzate del periodo14.Il risultato delle votazioni fu resonoto nell’anno successivo, il187915, in questi termini:“Resultato del Plebiscito tedescoper le Rose. Come annunziammonel N di Ottobre del Bullettino del-l’anno decorso, a pagina 315, laSocietà di Orticoltura e Agricoltu-

Fig. 1 - Frontespizio del primonumero di Flore des serres etdes Jardins de L’Europe del 1845(Foto L. Vivona sulla rivista depo-sitata presso la Biblioteca diScienze – Botanica dell’Universi-tà di Firenze)

Fig. 2 - Descrizione della rosa‘Paul Neyron’ a cura di LouisVan Houtte su Flore des ser-res et des Jardins de l’Europe1875-1876, pag. 43 (Foto L.Vivona sulla rivista depositatapresso la Biblioteca di Scien-ze - Botanica dell’Università diFirenze)

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ra di Wittstock (Prussia) bandì in Germaniaed all’estero un plebiscito intorno al meritodelle diverse varietà della regina dei fiori.Crediamo non sarà discaro, specialmente airosofili, il conoscere il resultato di tale solen-ne giudizio, che potrà servire di guida ancheper coloro che intendono intraprendere la cul-tura di una pianta, della quale, con molto pia-cere, scorgiamo che anche nel nostro paeseva giornalmente accrescendosi con rapidità ilnumero degli amatori. Senza indicare, peramor di brevità, il numero dei voti conseguitida ogni singola varietà, nomineremo in ognirubrica quelle solo che hanno raccolto i mag-giori suffragi.1° - Rosa più perfetta pel suo portamento,forma, sviluppo, colore, di-sposizione a rifiorire, e dop-piezza del fiore:

a) Bianco puro: Boule deNeige, ibrida di Noisetteb) Bianco sfumato: Sou-venir de la Malmaison,borboniac) Giallo: Maréchal Niel,théa d) Giallo sfumato: Gloirede Dijon, théa e) Rosa pallido: La Fran-ce, ibrido di théa f) Rosa scuro: Paul Ney-ron, ibrida rifiorente g) Rosa scarlatto: MarieBaumann, ibrida rifioren-te h) Rosso nerastro: Louisevan Houtte, ibrida rifio-rente16i) Violetto: Reine des Vio-lettes, rifiorente j) Striato: Panachée d’Or-leans, ibrida rifiorente

2°- Rosa muscosa più bella:Soupert et Notting, muscosarifiorente3°- Rosa più stimata e più sparsa: Gloire deDijon, théa4°- Cinque Rose distinte per ricca fioritura:

La France, ibrido di théa; Gloire de Dijon, théa; Souvenir de la Malmaison, borbonia; Aimé Vibert, noisette; Louise Odier, borbonia.

5° - Cinque Rose distinte per essere rifioren-ti:

Gloire de Dijon, théa; La France, ibrido di théa;

Souvenir de la Malmaison, borbonia; Jules Margottin, ibrida rifiorente; Général Jacqueminot, ibrida rifiorente.

6°- Cinque Rose distinte per la fragranza:Maréchal Niel, théa; Gloire de Dijon, théa; La France, ibrido di théa; Rosa centifolia; Pierre Notting, ibrida rifiorente.

7° Cinque Rose distinte per resistere al fred-do:

Général Jacqueminot, ibrida rifiorente; Jules Margottin, ibrida rifiorente; Persian Yellow, cappuccina; La Reine, ibrido rifiorente; Triomphe de l’esposition, ibrida rifiorente.

8°- Dieci Rose nuove di bel-lezza superiore e raccoman-dabili:Captain Christy, ibrida rifio-rente; Perle de Lyon, théa; Perle des Jardins, théa; Marie Finger, ibrida rifioren-te; Abel Carrière, ibrida rifioren-te; Duchesse de Vallombrosa,ibrida rifiorente; Eugene Fürst, ibrida rifioren-te; Sultan of Zanzibar, ibrida ri-fiorente; Triomphe de France, ibridarifiorente; Jean Labaud, ibrida rifioren-te.

Nell’Orto botanico di Firenze,negli ultimi anni, sono statiintrodotti circa i tre quarti del-le rose sopra listate, rag-gruppate sotto il nome “LeRose del Plebiscito”. Ricor-diamo tra queste la ‘Paul

Neyron’ proprio per i grandi favori di cui hagoduto e che veniva utilizzata anche comerosa “da entrata”, cioè posta in bella vista peril suo valore ornamentale17 in molti giardinipiù o meno importanti che fossero. I suoi fio-ri che risultano di grande fascino nella rap-presentazione curatissima di Flore des serreset des jardins de l’Europe,18 dove venne de-scritta personalmente da Louis Van Houtte(Fig. 2) (Fig. 3), lo sono anche sulla piantanel quotidiano di una fioritura stagionale(Fig.4).

Fig. 3 - Rosa ‘Paul Neyron’, Flore desserres et des Jardins de l’Europe 1875-1876 (Foto L. Vivona sulla rivista depo-sitata presso la Biblioteca di Scienze -Botanica dell’Università di Firenze)

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Fa parte del gruppo “le Rose del Plebiscito”anche quella che fu dedicata a Louis VanHoutte da Lacharme nel 1869 (Fig. 5). La no-tazione di E. Bonard sulla rivista L’Horticul-teur français19 riporta: “(la Rose) Louis vanHoutte (Lacharme), forme de cent-feuillesrouge feu amarante, bordé de cramoisi noiret bleuâtre, en forme d’arc-en-ciel. Cette va-riété a donné lieu à un acte d’une rare probi-té, que nous sommes heureux d’enregistrer.En septembre dernier, à l’Exposition d’horti-culture, le jury décernait un premier prix àune rose de M. Guillot père. Cet honorablesemeur ayant entendu dire que M. Lacharmeen avait une en tout semblable de coloris,compara les deux gains, et ayant reconnuque celui de M. Lacharme était supérieur, ilsupprime le sien, qui cependant a été primé,pour annoncer et vendre à sa place la varié-té de son concurrent qui est la Rose Louisvan Houtte. Cette conduite de M. Guillot pè-re se passe de commentaire”. Nel 1874 la ro-sa ‘Louis Van Houtte’ era presente anche algiardino del Pellegrino di Bettino Ricasoli.Molte delle rose ottocentesche fanno ancoraparte di collezioni botaniche e trovano postonei giardini degli appassionati e sono tuttoraapprezzate per le loro qualità peculiari, maper alcune è cambiata nel tempo la classifi-cazione20. In particolare, “le Rose del Plebiscito”, sonocultivar dalla fioritura affascinante e in lorocolpisce, oltre che il portamento, la forma, lapienezza e la colorazione del fiore, il fatto

che, anche ad antesi avanzata,l’aspetto generale della rosa ri-manga, nonostante la voluttuosadisposizione dei petali, gradevo-le e non confuso.Queste rose sono state inseritenella collezione dell’Orto botani-co di Firenze dedicata alla storiaorticola del genere Rosa per ilruolo che vi hanno avuto e che,anche tramite loro, vi hanno gio-cato i loro ibridatori di cui rappre-sentano un degno ricordo. Tutta-via potrebbero essere conside-rate, oltre che esemplificative diun percorso storico, anche unabanca di germoplasma di buonaimportanza o un punto di parten-za per nuove e moderne ibrida-zioni21.

Franca V. Bessibiologo. [email protected]

Marina Clausercuratrice Orto botanico di Firenze,

Museo di Storia Naturale dell’Universitàdegli Studi di Firenze

[email protected]://www.msn.unifi.it/mdswitch.html

BIBLIOGRAFIA

Austin D., 1995 – Le rose inglesi. A.Vallardi, Milano, pp.160.Bessi F. B. [V]., 2005 – Le rose del barone Ricasoli. In:Paola Maresca (a cura di) Il giardino e il fantastico. Giar-dino e Architettura 1. Angelo Pontecorboli Edizioni, Fi-renze, pp 73-88.Bessi F.V., 2007 – I Signori Mercatelli. Una famiglia ita-liana di vivaisti e giardinieri in documenti d’epoca. In: An-na Lambertini (a cura di) Ri-Vista. Ricerche per la pro-gettazione del paesaggio n. 8 pp. 136-153.Buist R., [2009] -The rose manual; containing accuratedescriptions of all the finest varieties of roses, properlyclassed in their respective families, their character andmode of culture, with directions for their propagation andthe destruction of insects. Riproduzione integrale del-l’opera del 1844, Kessinger Publishing’s Rare Reprints,Milton Keynes, pp. 182.Dickerson B.C., 1992 - The old rose advisor. TimberPress, Portland, pp. 400.Jekyll G., Mawley E., 1902 - Roses for English gardens.Country Life/George Newnes Ltd., London, pp. 166. Joyaux F., 2001 - La Rose, une passion française. His-toire de la Rose en France 1778-1914. Editions Com-plexe, Bruxelles, pp. 253. Krüssmann G., 19981 – The complete book of roses.Timber Press, Portland (USA), pp. 436.Phillips R., Rix M.,1988 – Riconoscere le rose. IstitutoGeografico De Agostini, Novara, pp. 224.

Fig. 4 - Rosa ‘Paul Neyron’ (Foto A. Grigioni)

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Schneider F., 1883 – Rangliste der edelsten Rosen.Parey, Berlino, pp. 165.William P., 1848 - The rose garden in two divisions. Sher-wood , Gilbert & Piper, London, pp. 177.William P., 1903 - The rose garden. In two divisions. 10a

ed., Simpkin, Marshall, Hamilton, Kent & Co., London,pp. 382.

NOTE

(1) Bettino Ricasoli fece costruire un casino di campagna nellacomunità del Pellegrino, fuori porta San Gallo, oltre il Mugnone,nell’attuale via Bolognese. Suo fratello Vincenzo curò l’allesti-mento del verde con la competenza che lo contraddistingueva estilò il catalogo delle rose lì coltivate. Vincenzo Ricasoli, uno trai promotori della Società Botanica Italiana, socio dell’Accademiadei Georgofili, è noto per il suo giardino di acclimatazione dellaCasa Bianca all’Argentario e per le pubblicazioni sull’introduzio-ne di specie legnose esotiche in Italia.(2) Questi due floricoltori non erano noti solo sulla piazza di Fi-renze.(3) Flore des Serres et des Jardins de l’Europe fu pubblicata ininglese, tedesco e francese. (4) Nel 1876 il Bullettino della Reale Società Toscana di Orticol-tura proponeva un intero capitolo sulla coltivazione delle rose(anno I, pp. 51-53).(5) Ne fu presidente anche Emanuele Orazio Fenzi, noto intro-duttore di piante esotiche negli Stati Uniti; egli si occupò pure del-l’ibridazione di Rosa gigantea, chiamando uno di questi ibridi‘Montecito’ come il suo giardino di acclimatazione in California.La rosa ‘Montecito’ è presente nell’Orto botanico di Firenze.(6) Bessi, 2005 pag.75.(7) William Paul, autore di The rose gar-den in two divisions, fu anche un noto ibri-datore e vivaista. Le sue ‘Mermaid’ e‘Ophelia’ sono attualmente presenti nel-l’Orto botanico di Firenze. (8) Bullettino della Reale Società Toscanadi Orticoltura 1876 (anno I pag. 206) e1878 (anno III pag. 1).(9) Gertrude Jekyll, la celebre progettistainglese di giardini, scrisse anche Rosesfor English gardens per fornire consiglisull’utilizzazione delle singole varietà nel-le varie parti del giardino e suggerire listedifferenziate secondo le finalità d’uso, labellezza e colorazione delle varie cultivar. (10) In Francia la produzione vivaistica eralocalizzata in determinate zone e i produt-tori locali tendevano a riunirsi in SocietàOrticole, condividendo interessi culturalioltre a quelli inerenti la promozione dellacoltivazione locale. Alcune delle loro di-scussioni sulle metodiche colturali, comequella su quale fosse il piede migliore perl’innesto di rose tra Lacharme e Schwartztrovavano eco anche all’estero (Bullettinodella Reale Società Toscana di Orticoltu-ra 1876, anno I, pag. 178). François La-charme subentrò, nel 1840, a Plantier dicui comprò l’azienda. Joseph Schwartznel 1871 acquistò da Guillot i vivai “Terredes Roses”, situati nelle vicinanze di Lio-ne. Schwartz era stato capo giardiniere diGuillot père, uno dei padri delle ibridazio-ni lionesi, avendo lavorato presso di lui findal 1865 (François Joyaux, pag. 113).Nell’Orto botanico di Firenze, di Lacharmesono presenti ‘Boule de Neige’, ‘CaptainChristy’, ‘Louis Van Houtte’.(11) Ancora oggi si hanno liste delle rosepiù apprezzate che sono in numero mino-re di quelle premiate nei vari concorsi, co-me la lista della Rose Hall of Fame dellaWorld Federation of Rose Societies(www.worldrose.org).

(12) I vivai Cochet, fondati da Christophe Cochet con l’aiuto del-l’ammiraglio de Bougainville, si svilupparono di padre in figlio.Verso il 1840, con Pierre Cochet (fornitore di Salomon de Ro-thschild e del principe Napoleon de Wagram), il vivaio contavauna cinquantina d’ettari circa; Pierre Cochet con suo figlio Phi-lémon partecipò alla creazione della Societé d’horticulture deMelun-Fontainebleau. Philémon e Scipion succedettero al padree portarono la coltivazione delle rose a 25.000 piante all’anno.Le Journal des roses fu il loro manifesto. (13) Friedrich Schneider (citato sopra come Fréderic Schneider),che riteneva necessaria una formazione teorica per i giovani giar-dinieri ed orticoltori, fu premiato 1875 per il suo impegno in orticol-tura. Si interessò di rose (già nel 1833 aveva pubblicato a BerlinoRangliste der edelsten Rosen, una lista delle rose più raccoman-dabili) tanto da divenire promotore del Vereins Deutscher Rosen-freunde.(14) Bullettino della Reale Società Toscana di Orticoltura 1878 an-no III, pag. 315.(15) Bullettino della Reale Società Toscana di Orticoltura 1879 an-no IV pag. 80 e seg.(16) Verosimilmente da leggersi come ‘Louis Van Houtte’, secon-do la descrizione che viene fatta nella rivista L’Horticulteur françaispiù avanti riportata.(17) A. Astesiano la descrive così: “varietà di gran fiore come PaulNeyron (...) che a Roma porta fiori di 15 centimetri di diametro”(Bullettino della Reale Società Toscana di Orticoltura 1976, annoI, pag. 214.(18) Flore des serres et des jardins de l’Europe anni 1875-76 pag. 43.(19) L’Horticulteur français, 1868, pag. 351.(20) ‘Boule de neige’o ‘Boule de Neige’, indicata nella lista del 1879come ibrida di Noisette è attualmente da Roger Phillips e MartynRix classificata come una Bourbon (pag. 71).(21) Ad es. citiamo ‘Evelyn’di D. Austin del 1991 che deriva da ‘Gloi-re de Dijon’(Austin, 1995, pag. 102).

Fig. 5 - Rosa ‘Louis Van Houtte’ (Foto A. Grigioni)

La vera storia del nome Sansevieria

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Quando iniziai ad interes-sarmi alle Sansevieria , miaccorsi presto che questo ge-nere è quasi del tutto ignora-to sia dai botanici che dai flo-ricoltori. Come scriveva Her-mine Stover nel suo umoristi-co “Sansevieria Book” : “Nonpassa anno che chiunque siacapace di scrivere un libro suqueste piante, non lo scriva.”Esiste, è vero, una cospicuamonografia di N.E.Brown,botanico dei Kew Gardens,ma risale al 1915 e da alloranon è mai stata aggiornata. Aquel tempo , le Sansevieriaerano ampiamente coltivatenelle regioni tropicali per fab-bricare cordami con la fibracontenuta nelle foglie. Ma ,nel primo dopoguerra, furonosostituite dalle Agavi , più ru-stiche e di veloce crescita, fi-no a quando la produzione in-dustriale di fibre sintetiche se-gnò la rapida estinzione diqueste colture. L’interessescientifico, economico e flori-colo cessò altrettanto veloce-mente; una sola specie, S. tri-fasciata var . laurentiiN.E.Brown (la comune ‘linguadi suocera’) ha mantenutouna vasta diffusione comepianta ornamentale . B.JuanChahinian ha di recente de-scritto e illustrato 110 varietàdi questa specie. Lo stesso

Autore, che ha dedicato la vi-ta a collezionare questo ge-nere di piante, ha anche pub-blicato a sue spese “Thesplendid Sansevieria” nel2005, non una vera e propriamonografia , ma piuttostouna guida per appassionati.Grazie alla indefessa passio-ne di Alan Butler, fondatoredella International Sansevie-ria Society, la rivista “Sanse-vieria “ ha finora prodotto 20numeri (dal 2001 al 2009) ric-camente illustrati e scientifi-camente ineccepibili.

Il genere Sansevieria Thunb.fu fondato nel 1794 dal famo-so botanico ed esploratoresvedese Carl Peter Thunbergnel suo “Prodromus Planta-rum Capensium”. Con brevi esibilline parole “SANSEVIE-RIA. Cor. 6-fida : laciniis erec-tis. Germen superum. Bac-ca.” (corolla divisa in 6 : peta-li eretti. Ovario supero. Bac-ca) pone il nuovo genere nel-la categoria Linneana delleHexandria Mo-nogynia , nonmancando di no-tare la sua di-stintiva caratteri-stica , cioè che ilfrutto è una bac-ca. A pag.65,Thunberg de-scrive due spe-cie che ritiene si-nonimo dellespecie già de-scritte da Linneo: “Alethris (sic)hyacinthoides : guineensisLinn. System. 336 e Alethris(sic) hyacinthoides : ceilanica(sic) ?. Linn. System. 336.”Thunberg le ribattezza San-sevieria thyrsiflora e Sanse-vieria aethiopica. (Nota 1). Al-tro Thunberg non scrive. E’comunemente accettato cheThunberg abbia dedicato ilnuovo genere a Raimondo diSangro, principe di Sanseve-

ro. Eppure, nella sua operamaggiore, la “Flora Capensis”del 1818, cambia l’ortografiada Sansevieria in Sanseveri-na. Da un punto di vistagrammaticale, i due nomi so-no entrambi sbagliati, inquanto , in Latino, il femmini-le di ‘Sansevero’ è ‘Sanseve-ra’. Non vale supporre cheThunberg avesse scarsa con-fidenza col Latino : questa lin-gua era (ed è tuttora) il lin-guaggio scientifico ufficialeusato per descrivere nuovespecie di piante e animali.Thunberg, allievo e succes-sore di Linneo a Uppsala, nelcorso della carriera, esercitòla sua competenza pubbli-cando 112 volumi e descri-vendo in Latino 1880 nuovespecie ! Per parte sua, ancheil Principe di Sansevero(1710-1771) era , a quel tem-po, una vera celebrità , sia inItalia che all’estero. Conside-rato un alchimista e un esper-to di arti magiche, fu in real-tà un genio eclettico, la cui

densa biografiaè così sintetiz-zata sulla Enci-clopedia Italiana: “…abbellì lostorico palazzodei Sansevero,raccolse infinitecuriosità, stru-menti meccaniciecc.. Combattécon Carlo III diBorbone col gra-do di Colonnelloa Velletri. Intro-

dusse la Massoneria nel Re-gno delle Due Sicilie, inventònuovi tipi di archibugi e can-noni, un nuovo sistema di for-tificazioni e iniziò un ‘Diziona-rio Militare’ in 6 Volumi in fo-lio. Scrisse libri d’arte militarelodati da Federico il Grande.Delle sue innumerevoli inven-zioni si ricordano quelle nelcampo della pirotecnica, del-le industrie tessili, colorazio-

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ne dei marmi e dei vetri, mec-canica. Il suo bizzarro e acu-to ingegno, aiutato da un po’di ciarlataneria, lo rese notis-simo ai suoi tempi anche al-l’estero. Ebbe anche varie po-lemiche in materia di religio-ne.” Non c’è dubbio che unpersonaggio così esuberantepossa aver ispirato anche ilbotanico Thunberg , cheavrebbe reso omaggio al suogenio dedicandogli un nuovogenere di piante : l’inesattaortografia può essere imputa-ta all’imperizia del tipografo.Questa spiegazione sembrapiù che ragionevole ,ed infat-ti è stata accettata universal-mente, senza alcun sospettoné alcun riscontro. Del tuttoarbitrariamente, Pfeiffer, nelsuo “Nomenclator Botanicus”,colossale testo di riferimentoper i sinonimi botanici pub-blicato nel 1874, al fondo del-la pag. 1038, riferendosi algenere Sansevieria, riporta lanoticina : “Dicat . Raimondode Sangro (sic), principi San-seviero (sic) , Neapol.” (Dedi-cato a Raimondo de Sangro,principe di Sanseviero, Napo-li.) (Nota 2). Non esiste in let-teratura botanica alcun altroriferimento scritto che mettain relazione il genere Sanse-vieria e il Principe di Sanse-vero. Eppure, per due interisecoli nessuno ha mai conte-stato questi fatti, né cercatodi scoprire la vera storia delnome Sansevieria . Storia as-

sai interessante ecomplicata, non privadi alcuni risvolti “gial-li”.

Nel 1787, il botaniconapoletano VincenzoPetagna descrisseuna pianta esoticache vide fiorire e frut-tificare nel giardino diPietro Antonio San-severino, conte diChiaromonte, nei

pressi di Napoli. Petagna bat-tezzò la specie Sanseverinathyrsiflora “…per consagrarecosì nella storia della scienzail nome di Pietro Antonio San-severino Conte di Chiaro-monte. Era questo un omag-

gio dovuto al genio di un uo-mo , al quale deve la patriaun’ampia collezione di pianteesotiche…”. Petagna avevanotato che la nuova specieproduceva frutti a forma dibacche carnose, anzichécapsule secche come le altrespecie di Aloe a cui somiglia-va e con cui era stata fino adallora confusa. “Diffidando dipotere essere nel caso di po-ter formare della nostra pian-ta un nuovo genere” spiega lostesso Petagna “…volli con-sultare l’illustre Tunberg (sic)in Svezia, al quale inviai conmia lettera una parte del tirso

della pianta fruttificata. Furo-no lusinghieri per me i riscon-tri del botanico svedese, ilquale mi determinò a formar-ne un nuovo genere.” Thun-berg era, a quel tempo, lamassima autorità sulle pianteafricane: dal 1772 al 1774aveva condotto tre spedizionibotaniche nell’entroterra dellaColonia del Capo di BuonaSperanza, raccogliendo23.000 esemplari. In queglianni stava iniziando a scrive-re la prima flora del Sud Afri-ca che fu pubblicata nel 1818col titolo di “Flora Capensis”.Da quanto detto, Thunbergera perfettamente a cono-scenza della priorità di Peta-gna, ma , nondimeno , pubbli-cò il nuovo genere a suo pro-prio nome, ignorando il “copy-right” del botanico parteno-peo. Petagna non osò recla-mare : in un suo successivoarticolo del 1806 in cui ampliail suo precedente lavoro e ag-giunge una bella illustrazionedella pianta fiorita, una notici-na dell’editore informa il let-tore che : ” Tunberg (sic),male interpretando la letteradell’illustre Nostro Autorechiamò la nostra pianta San-seviera (sic) in luogo di San-severina; da questo erroretrae origine la diversità delladi lei nomenclatura.” Purtrop-po questo breve resoconto,che avrebbe definitivamentechiarito l’equivoco, fu pubbli-cato , anziché su una rivista

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scientifica, sull’oscuro “Gior-nale Enciclopedico di Napoli”(i cui articoli spaziano dallapoesia, alla invettiva politica,alla critica d’arte ecc.) e restòignorato (l’unica copia esi-stente che sono riuscito a rin-tracciare e consultare , eratuttora intonsa!). Negli anniseguenti, altri botanici italianisi batterono per veder ricono-sciuta la priorità di Petagna,ma , come mestamente affer-mava Michele Tenore nel1845 : ” Invano in cento altrianaloghi lavori l’Orto Botanicodi Napoli si sforzava di rad-drizzarne la definizione el’origine. Tutto fiato, tempo edinchiostro sprecato !”. Conostinato campanilismo,G.A.Pasquale nel “Catalogodel Real Orto Botanico di Na-poli” del 1867 elenca trespecie e una varietà di “San-severina Petagna”. Mattei,nel 1905 ripete le esternazio-ni di Tenore e aggiunge erro-ri su errori intitolando il Par.IIdelle sue “Note sul genereSanseviera (sic)” : ”Devesi di-re Sanseviera (sic) oppureSanverinia (sic)?”. Ancora nel1910, Lanza conclude, rasse-gnato, una sua ennesima no-ta di sostegno alla priorità diPetagna con le parole : “Avrò io maggior fortuna ?Non lo spero, ma è doverosoinsistere sempre.” . Come il“peccato originale”, l’erroreortografico di Thunberg (volu-to o accidentale che fosse) siperpetuò in una serie intermi-nabile di bizzarre varianti :Petagna stesso nel 1806 sicorresse in “Sanseverina” ;Pfeiffer (1874) e Mattei(1905) scrivono “Sanseviera”; Zanutto (1970) sull’”Informa-tore Agrario” raccomandal’uso di “Sanseveria” !

Trascorsi due secoli di anar-chia ortografica , nel 1973 ilcomitato scientifico che redi-ge il “Codice Internazionale di

Nomenclatura Botanica” hadefinitivamente accettato ilnome Sansevieria Thunb.perché ormai divenuto di usocomune e, altrettanto definiti-vamente, ha rifiutato la priori-tà del genere ….”AcynthaMedikus 1786 “ . Ecco unnuovo colpo di scena ! Dun-que il nostro Petagna è statoancora una volta ignorato ?

Friedrich Kasimir Medikus,(1738-1808) botanico diMannheim, fu sempre ostile aLinneo e al suo nuovo meto-do, per cui decise di pubblica-re in tedesco tutti i suoi scrit-ti, anziché in latino. Nel 1786scrisse una corposa revisionedi generi botanici cui dette ilcurioso titolo di “Theodoraspeciosa” (il riferimento è aduna leguminosa , oggi deno-minata Schotia speciosaJacq.). A pag.76-77 descriveil nuovo genere Acyntha, ba-sato sulla Aloe hyacynthoides(sic) L. var . α guinensis (sic)e dà alla nuova pianta il no-me Acyntha guinensis . Medi-kus si accorge (come Peta-gna) che i frutti di questapianta sono “…eine saftigeBeere, mit einem einzigenSaamen”.(…una bacca suc-cosa , ognuna con un soloseme .). Frutti, cioè, del tuttodiversi dalle capsule secchecon molti semi prodotti dalle

Aloe allora conosciute. Medi-kus ne approfitta per criticareLinneo con tutti i “Sessualisti”e i loro generi “artificiali”, mala sua descrizione è, nondi-meno, esatta . E, soprattutto,è antecedente di un anno aquella del nostro Petagna.Medikus seguì Petagna in se-colare oblio : le sue colpe fu-rono l’uso di una lingua “nonufficiale” quale il tedesco ,l’avversione al metodo linnea-no e il titolo oscuro della suapubblicazione. Il tipografocompletò l’ opera stampandoil testo in caratteri gotici cosìconvoluti da risultare quasi il-leggibili. (Nota 3 ).

A questo punto è lecito chie-dersi quale fosse la speciedescritta da Medikus e da Pe-tagna . L’origine e la storiadella introduzione di questapianta in Europa meritano uncapitolo a parte. Ne scriveròin un prossimo articolo. A dif-ferenza di Petagna , che os-servò una pianta viva e vege-ta, Medikus descrisse la suaAcyntha basandosi sulla illu-strazione pubblicata dal baro-ne von Jacquin nel 1770 nelsuo “Hortus Botanicus Vindo-bonensis” (Tav.84). Il bel di-segno illustra una pianta cheJacquin aveva visto crescere,fiorire e fruttificare nell’OrtoBotanico di Vienna. Ancheper Jacquin fu subito chiaroche : “…nec posse hancplantam ad Aletrin ,nec adAloen, nec ad alium datumgenus apte referri. Scilicetfructus est bacca mollis…” (…questa pianta non possaessere attribuita né ad Aletris,né ad Aloe, né ad un altro ge-nere stabilito. Indubbiamente,il frutto è una bacca molle…).Jacquin si limita a questeconsiderazioni, e non va oltrenella classificazione di questastrana specie, restando fede-le alla dizione Aletris guine-ensis di Linneo. La tavola di

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von Jacquin ispirò , oltre aMedikus, anche il botanico eteologo spagnolo padre Anto-nio José Cavanilles, che con24 anni di ritardo, ignorando isuoi due predecessori , ag-giunse nel 1794 alla già lun-ga lista dei sinonimi, il nuovogenere Salmia. Cavanilles ,però, ritenne che la pianta diJacquin fosse una specie di-versa da quella da lui osser-vata nell’Orto Botanico di Ma-drid, di cui assumerà la dire-zione nel 1801. E così la bat-tezzò Salmia spicata Cav.,mentre la pianta di Jacquindivenne Salmia guineensisCav. .Ovviamente, tuttele elaborazioni tas-sonomiche di padreCavanilles sonostate cancellate permotivi di priorità.Occorrerà il minu-zioso lavoro diN.E.Brown del1914 per separaregiudiziosamente ilgenere Sansevieriadai generi affiniCordyline, Pleome-le, Dracaena e Ta-etsia , dove nel cor-so degli anni, moltibotanici avevanopreteso di farlo con-fluire.

Nel frattempo, an-che l’ottimo Linneocontribuiva al caos: nella sua descri-zione di Aloe hya-cinthoides (in : Spe-cies Plantarum,1753, p. 320), elen-ca due varietà A.h.var. á zeylanica eA.h. var. α guineen-sis . La prima spe-cie proviene da SriLanka e ha fogliesemi-cilindriche; laseconda è di origi-ne Sudafricana e

ha foglie piane . Linneo basale descrizioni di queste varie-tà (oggi riconosciute comedue specie distinte) su due il-lustrazioni riportate da Ca-spar Commelin nel celebrevolume “Horti Medici Amste-lodamensis “ (che descrive eillustra le piante rare coltivatenell’Orto Botanico di Amster-dam) del 1701. Nell’”HortusCliffortianus“ (1737) attribui-sce fiori rossi (“floribus rubi-cundis”) anziché bianchi allavar. á guineensis (sic) (Nota4) e nel successivo “SpeciesPlantarum”(1753) afferma dinon aver mai visto i fiori (“flo-res non vidi”) . Ma. dieci righe

più sopra, Linneo aveva de-scritto la specie in base allecaratteristiche dei fiori! Infat-ti , i fiori di questa pianta era-no già noti da tempo, fin daquando , cioè, lo stesso Com-melin , 50 anni prima, avevaripubblicato la illustrazionedella specie con aggiunta lasua imponente fioritura. Lin-neo, nella seconda edizionedi “Species plantarum” (1762), trasferisce la specie nel ge-nere Aletris (un genere dipiante erbacee americaneoggi ascritto alla oscura fami-glia delle Melanthiaceae (nonMelianthaceae !), del tuttodissimili dalle Aloe e dalle

Sansevieria). Que-sti sfortunati errorihanno procuratol’emicrania a gene-razioni di tassono-misti, finché OnneWijnands, nel 1973, è riuscito a dipa-nare definitivamen-te il secolare intrec-cio. La pianta vistafiorire da Petagna,descritta da Medi-kus, consegnata al-la storia da Thun-berg, ritratta daCommelin e da vonJacquin, ridescrittada Cavanilles , oggiha nome “Sanse-vieria hyacinthoides( L.) Druce”. Geor-ge Claridge Druce,nel 1913 , ebbe ilmerito (o la fortuna!) di combinare as-sieme il giusto ge-nere (SansevieriaThunb. ) e la giustaspecie (hyacinthoi-des L.) in accordocon gli articoli delCodice Internazio-nale di Nomencla-tura Botanica. (No-ta 5 ). Wijnandssceglie come lecto-tipo (ossia la illu-

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strazione su cui è basata ladescrizione originale ,seppurinesatta, di Linneo) la incisio-ne di C.Commelin : ma nonquella del 1701 indicata dallostesso Linneo, bensì quellasuccessiva, che arricchisce i“Praeludia Botanica” (Tav.33)pubblicati nel 1703 e che mo-stra la pianta fiorita. ( Linneoaveva basato la descrizionedella specie sui fiori: ovvioche il “tipo” dovesse essere lafigura di una pianta con i fio-ri!)La storia tassonomica del ge-nere Sansevieria si è conclu-sa nel 1976 sulla rivista “Ta-xon” con la definitiva accetta-zione della proposta N°411 incui W.Marais dei Kew Gar-dens relega la Sanseveriniadi Petagna fra i “nomina reji-cienda” e la Sansevieria diThunberg fra i “nomina con-servanda”.(Nota 6 )Riguardo alla collocazionedel genere Sansevieria in unadelle molteplici Famiglie bota-niche, esso è tuttora sballot-tato fra : Liliaceae, Agavace-ae, Dracaenaceae, Haemo-doraceae e Ruscaceae. Levarie giustificazioni, sono daricercarsi nelle diverse opinio-ni fra scuole tassonomiche.Eviterò qui di entrare nel me-rito della questione.

Roberto Mangani - [email protected]

BIBLIOGRAFIA

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NOTE

(1) - Thunberg, oltre a storpiare l’ortografiadelle specie linneane, sbaglia anche la cita-zione : Linneo descrive il genere Aletris nel-la seconda edizione di “Species Plantarum“ ( Sp.Pl. ) a pag.456 del primo volume. Inol-tre, confonde la specie africana S.aethiopi-ca , da lui raccolta e descritta, con la S.zey-lanica di Linneo, specie endemica di SriLanka.

(2) - Nella sua biografia di Raimondo di San-gro, G.Capecelatro usa il “de” al posto del“di” per sottolineare “ … la radice anche spa-gnola della nobile famiglia dei Sansevero :don Raimondo era infatti anche un Grandedi Spagna.” .

(3) - Emilio Chiovenda, botanico ed esplo-ratore italiano (1871-1941), autore di una“Flora Somala” e Conservatore dell’ErbarioColoniale di Roma , ha pubblicato le descri-zioni di sei nuove specie di Sansevieria sot-to il nome generico Acyntha Med.

(4) - Linneo, ahimé, nel successivo “SpeciesPlantarum “ (1753) inverte le due varietà “ á”e “ â “ !

(5) - A voler essere pignoli, Druce sbaglial’ortografia di Sansevieria scrivendo Sanse-viera ; inoltre è convinto di star descrivendola specie di Sri Lanka , anch’egli confusodall’errore di Linneo.

(6) - Dopo che , nel 1973 , un ultimo, dispe-rato tentativo, fatto dallo stesso Marais nel1973, di attribuire a Petagna la priorità conil genere “Sansevieria Petagna” era statobocciato. Da notare che in questo articolo,Marais usa per due volte la dizione Sanse-viera Thunb.!

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BOTANICA ED ETNOBOTANICA

La pomme de merveille (Momordica balsamina L.):

una pianta medicinale e nutraceutica dalle grandi potenzialità.

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“I frutti crocci di questa pianta, quando so-no maturi, ed i suoi semi ricoperti di un aril-lo polposo rosso, infusi nell’olio, hanno cre-dito di renderlo vulnerario, e balsamico, d’on-de è venuto il nome di Balsamini ai detti frut-ti”. Così scriveva Ottaviano Targioni-Tozzettinel suo trattato Istituzioni Botaniche(1813). In verità, come recentemente discus-so in una review pubblicata su Current Phar-maceutical Biotechnology (Thakur et al.,2009), numerose sono le proprietà medicina-li di M. balsamina. Gran parte di esse (attivi-tà antiflogistica, ipoglicemizzante, antibatteri-ca, antidiarroica, antiossidante ed epatopro-tettiva) sono note nella farmacopea tradizio-nale africana ed asiatica mentre altre (anti-cancerogena ed anti-HIV) sono oggetto di re-centi e controversi studi (Puri, 2010). M. bal-samina (Cucurbitaceae) è specie annuale,rampicante, con foglie semplici, alterne, pro-fondamente palmate (5-7 lobi) di aspetto ce-roso e caratteristici frutti fusiformi (lunghi 25-60 mm) ricoperti da piccole spine e di colo-

re arancio-rosso a maturità. I semi sono im-mersi in una polpa carnosa di sapore dolcia-stro rassomigliante a quello del cocomero.Relativamente alla tossicità del frutto, esisto-no evidenze discordanti. Il frutto acerbo, co-munque, contiene una resina, alcaloidi tossi-ci e un glucoside saponico che possono cau-sare vomito e diarrea; queste sostanze ven-

gono denaturate durante la cottura. E’ spe-cie ad ampia distribuzione in tutta l’Africasub-sahariana, soprattutto su suoli sabbiosi,dalle aree costiere fino a 1600 m di altitudi-ne, ma è anche indigena di India (limitata-mente agli stati del Rajasthan e del Gujarat)e Penisola Arabica. Sebbene venga preva-lentemente raccolta nell’ambiente naturale dicrescita (boscaglie, savane boscate, rive deifiumi) è spesso coltivata negli orti vicino alleabitazioni. Secondo alcuni M. balsamina èstata introdotta in Europa, probabilmente dal-l’India, nella seconda metà del sedicesimosecolo; tuttavia, immagini dei frutti di questapianta appaiono già nel festone dipinto daGiovanni da Udine a Villa Farnesina tra il1515 ed il 1518. Nel 1810 Thomas Jeffersonpiantò M. balsamina nel giardino della suadimora a Monticello, nelle campagne diCharlottesville in Virginia. Nelle aree sub-tropicali umide del Nord-America M. balsami-na è attualmente segnalata come infestan-te assai aggressiva (http://plants.usda.gov/

java/profile?symbol=MOBA). Le foglie ed i frutti giovani,dal gusto amarognolo, ven-gono cucinati e mangiati co-me verdura da accompa-gnare alle pietanze in Ca-meroon, Sudan ed Africaaustrale. In Nigeria le fogliesono cucinate come parte diuna zuppa di verdure dasomministrare alle puerperedurante l’allattamento inquanto si crede che questepossano aiutare la madre arigenerare il sangue perdutodurante il parto ed a purifi-care il latte. In Mozambico,dove la pianta è nota con ilnome di Kakana, le fogliecostituiscono frequentemen-te la base di un condimento(caril) che viene usato peraccompagnare i piatti di risoo di pollo. Le potenzialità

nutraceutiche delle foglie sono legate allapresenza di numerosi aminoacidi ed ad unacomposizione ottimale in macro- e microele-menti (in particolare K, Ca, Mg, Fe, Cu eMn) (Hassan e Umar, 2006). L’elevato con-tenuto in potassio (1320 mg/100 g di pesosecco) è importante per il controllo dell’iper-tensione e di altre patologie cardiovascolari

Foto 1

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mentre la buona dispo-nibilità di vitamina A, vi-tamina C (3,6 μg./100g), calcio (941 mg/100g di peso secco) e fer-ro (60,30 mg/100 g dipeso secco) rende ilconsumo della piantainteressante nella pre-venzione dell’osteopo-rosi. Sebbene sia con-siderata un famine fo-od cui ricorrere in si-tuazioni di emergenzaalimentare, la piantapuò rappresentare unavalida integrazione pro-teica in una dieta basa-ta prevalentemente sulconsumo di cereali(Hassan e Umar,2006). In molti paesiAfricani, il frutto è rite-nuto avere proprietàpurgative e vermifughementre il decotto di fo-glie è usato per tratta-re diarrea e dissente-ria. In Africa occidenta-le la pianta viene utiliz-zata per la cura dellafebbre gialla e dell’itte-rizia. In Mozambico il decotto di foglie vieneutilizzato per la cura della malaria e comedetossificante del fegato. L’attività antimala-rica è associata alla presenza delle cucurbi-tacine, glucosidi triterpenici tetraclicici (Ra-malhete et al., 2010). In India e Cina, il de-cotto di fusti e foglie viene applicato sullapelle per la cura di psoriasi, scabbia e pato-logie causate da parassiti. Le molecole mo-mordina I e momordina II, entrambe appar-tenenti alla famiglia delle proteine inattivato-ri del ribosoma, rivestono un grande interes-se per la loro attività antiflogistica, antivira-le, antibatterica ed antiossidante. Tuttavia,secondo Puri (2010), i problemi associati al-la tossicità ed alla biodisponibilità di questeproteine ne limitano fortemente la potenzia-le utilità.

Piero BruschiDipartimento di Biotecnologie Agrarie

Università degli Studi di [email protected]

BIBLIOGRAFIA

HASSAN L.G. E UMAR K.J. (2006). Nutitional Value of Bal-sam Apple (Momordica balsamina L.) Leaves. PakistanJournal of Nutrition, Volume 5: 522-529.

PURI M. (2010). “Momordica balsamina: A Medicinal andNeutraceutical Plant for Health care Management”.Comments: Biotechnological Potential of M. balsaminaRevealed. Current Pharmaceutical Biotechnology, Vol-ume 11: 229.

Ramalhete et al. (2010). New antimalarials with a triter-penic scaffold from Momordica balsamina. Bioorganic &Medicinal Chemestry, Volume 18: 5254-5260

THAKUR, G. et al. (2009). Momordica balsamina: A Medi-cinal and Neutraceutical Plant for Health Care Manage-ment. Current Pharmaceutical Biotechnology, Volume10: 667-682.

Foto 2

SUCCULENTIA

Le Sansevieria.

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Le Sansevieria è un genereche ha la ‘caratteristica’ di es-sere poco conosciuto in colti-vazione, se si esclude l’assaidiffusa e conosciuta Sansevie-ria trifasciata, e ciò è tuttosommato un poco strano inquanto di queste succulentenon si può non apprezzare labellezza per le bande o stria-ture trasversali o verticali conmacchie di colori diversi o didiversa tonalità, quali verde,giallo o bianco ( ad es: Sansie-veria kirkii var. pulchra o San-sievieria conspicua), delle lorolunghe foglie carnose, soven-te larghe (come Sansievieriaraffilii) oppure più o meno ar-rotondate (come Sansievieriacylindrica) con o senza sca-nalature (che possono rag-giungere anche più di 2 m dilunghezza), a volte coriacee avolte lisce (come Sansievieriaehrenbergii), terminanti, spes-so, con una punta (mucrone)molto dura ed affilata.Caratteristica di questo gene-re, costituito da circa 60 spe-cie, è dunque, oltre alla suabellezza, quella di avere unelevato numero di varietà masoprattutto di cultivar.Queste succulente dopo esse-re state inserite in passato invarie famiglie, come le Aga-veaceae e le Liliaceae, sonooggi ritenute essere corretta-mente inserite nelle Dracae-naceae. Le Sansevieria, a cui è statoassegnato detto nome in ono-re del principe di San Severo(1710-1771), dallo studioso

italiano Raimondo di Sangro,sono state erette a genere nel1794 da Thunberg (Prod. Pl.:cap. V; 65).Sempre riguardo le loro carat-teristiche generali, oltre aquelle precedentemente indi-cate, occorre ricordare che es-se hanno foglie fibrose, moltoresistenti alla lacerazione,spesso raccolte in rosette riu-nite sui loro fusti che sonousualmente sotterranei e rizo-matosi, con l’aggiunta che al-cune loro specie generanolunghi stoloni i quali in coltiva-zione spesso fuoriescono daifori di scolo delle acque dei lo-ro vasi. Le Sansevieria hanno il lorohabitat naturale in areali costi-tuiti dagli ambienti aridi delleforeste subtropicali e delle sa-vane presenti nella zone geo-grafiche che dal Sudafrica ar-rivano sino all’India anche sela loro presenza è più concen-trata nella parte orientale del-l’Africa che a ragione viene ri-tenuta il centro della biodiver-sità del genere.I loro rizomi sono commestibi-li e quindi, proprio per l’am-biente in cui esse crescononaturalmente, essi vengonoutilizzati come cibo e per dis-setarsi, oltre ad avere proprie-tà medicinali assai apprezza-te. Le fibre poi delle foglie di di-verse specie di esse sono par-ticolarmente apprezzate per leloro robustezza, sottigliezzaed elasticità tanto che essevengono usate per realizzaretessuti per creare robuste ve-le, reti da pesca e cordame;sono state pure usate qualchevolta per produrre carta. Il ten-tativo di produrre fibre di San-sevieria con specifica coltiva-zione, in sostituzione delle fi-bre che si ricavano dall’Agavesisalana, per uso commercia-le non ha avuto sino ad oggibuon esito.I fiori delle specie di questasucculenta sono assai attraen-ti: essi si trovano su di un gam-bo robusto ed hanno colore

biancastro, bianco-verdogno-lo o rosato, riuniti in infiore-scenze a spiga o a pannoc-chia; quasi tutti emettono unintenso profumo che ricordaquello dei giacinti. La fioritura delle Sansevieria èbreve e notturna, inizia infattinel tardo pomeriggio e terminail mattino successivo con l’ap-passimento dei fiori. La cresci-ta dei polloni di queste piantecessa con la nascita delle infio-rescenze le quali, se l’impolli-nazione, che viene effettuataprobabilmente da falene la not-te, ha avuto esito positivo, pro-ducono delle bacche che qua-si sempre assumono colori vi-vaci e splendenti. Le Sansevieria sono piantenon facili da classificare, senon si è acquisita nel tempouna certa loro conoscenza, inquanto cambiano sovente diaspetto e forma passando dal-l’età giovanile a quella adulta.Sono di aiuto per la classifica-zione di esse le caratteristichemorfologiche delle foglie e del-la loro superficie, nonché lamodalità con cui sono dispo-ste (cioè la loro fillotassi).Non è raro poi il caso in cuispecie di questo genere pos-sano avere alcune foglie dellastessa rosetta con colorazionie striature diverse dalle altre,carattere questo che le piantenon si portano dietro in quan-

Sansievieria cylindrica - FotoBrookside Nursery NurseryNursery

Sansievieria conspicua -, FotoBrookside Nursery di Alan Butler

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to, dalla semina ottenuta dallaloro fioritura, tali particolaritànon si riproducono. Solo mediante la propagazioneper divisione dei rizomi dellepiante di dette particolari fogliesi possono perpetuare i loro ca-ratteri di solito diversi l’uno dal-l’altro e, per questo, molto ap-prezzati dai collezionisti.Tre sono i modi di moltiplica-zione delle Sansevieria, ovve-ro per semina, per talea e perdivisione.La semina sarebbe il sistemadi riproduzione più semplice enon dà alcun particolare pro-blema tenendo solo l’accortez-za di effettuarla a temperaturaadeguata, non inferiore a circa25 °C. La difficoltà sta però nella repe-ribilità dei semi in quanto essisono praticamente introvabiliin commercio, e quindi essapuò essere effettuata solo incoltivazione producendo i se-mi per impollinazione dalle pro-prie piante appartenenti però acloni diversi della stessa spe-cie o varietà.Ogni pianta del genere Sanse-vieria è moltiplicabile per taleadi foglia eseguibile tagliandopezzi di questa parte dellapianta abbastanza lunghi (al-meno 10-15 cm) e, dopo aver-li fatti asciugare per alcuni gior-ni, ponendoli a radicare in unacomposta leggermente umidadi torba e sabbia.Tale moltiplicazione ha l’incon-veniente che, specialmente sele foglie sono carnose o spes-se, le talee possono impiegaremolto tempo, mesi, a volte an-che più di un anno, perché es-se arrivino a radicare ed anchepiù di detto tempo perché siformino dei germogli. L’ultimomodo di propagazione per leSansevieria è quello per divi-sione dei rizomi della pianta,che è l’unico per l’effettuazionedi moltiplicazione agamica eper riprodurre le loro cultivar,infatti il metodo per talea da fo-glia di queste succulente varie-gate non permette la loro pro-

pagazione in quanto dai ger-mogli di esse otterremo sem-pre e solo foglie uniformemen-te verdi. Le Sansevierie resistono poiassai bene agli attacchi dei co-muni parassiti che solo rara-mente si possono osservare sudi loro: l’unica cosa che essenon sopportano sono il freddoe l’umidità combinati insieme,che portano a marcescenzeprecedute anche da macchiesulle loro foglie. Per evitare di arrivare alla mor-te della pianta quando durantela sua coltivazione si presenta-no problemi, come ad esempioquando si formano macchietraslucide o nere dai bordi net-ti o suberose, ecc., sulle foglie,occorrerà modificare pronta-mente ed opportunamente lemodalità di coltivazione di es-sa, verificando se l’apparatoradicale è danneggiato o latemperatura è troppo bassa ovi è troppa umidità nel vaso ose la luminosità non è quellagiusta, ecc., e ponendovi ade-guatamente rimedio.Queste piante non hanno par-ticolari esigenze per esserecoltivate infatti, pur provenen-do da habitat assai aridi, caldied assolati, per crescere benee regolarmente, anche se ge-neralmente per loro natura inmodo lento, necessitano di unambiente in cui la temperaturasia relativamente alta, in parti-colare nell’inverno in cui essanon deve scendere, perché laSansevieria non abbia proble-mi, al di sotto dei 14-15 °C. E’particolarmente importanteche il loro terriccio sia perfetta-mente drenato per evitare ognipossibilità di ristagno di umidi-tà: la composta classica perqueste piante è una miscela di5 parti di torba ed una parte disabbia molto grossolana di fiu-me. Esse prediligono esserecoltivate in ciotole anziché neivasi e poiché producono stolo-ni anche di notevole lunghez-za, come Sansevieria graciliso Sansevieria parva, è conve-

niente tenerle in ciotole sospe-se: in tal modo le piante si pre-senteranno meglio ma soprat-tutto in tal modo risparmieremospazio.Le Sansevieria possono cre-scere senza subire danno incoltivazione tenendole al ripa-ro da un’intensa luce solare di-retta purchè la luminosità del-l’ambiente sia elevata. Le piante vanno annaffiate mo-deratamente prediligendo unacerta aridità, anche totale incerti periodi, del terreno, infattiin tal caso anche se le fogliecresceranno in numero ridottoesse saranno compatte e simi-li a quelle prodotte in naturacon l’aggiunta del fatto che ta-le situazione permetterà lacomparsa delle sue infiore-scenze: solo dopo la loro na-scita occorrerà riprendere unaregolare annaffiatura, che nondovrà mancare durante il pe-riodo vegetativo che va daAprile sino ad Ottobre. Nel re-stante tempo in cui la pianta èin riposo occorrerà che ad es-sa sia somministrata solo del-l’umidità che le permetta di nonfar si che le foglie si raggrinzi-scano. Le Sansevieria hanno poi an-che poche esigenze per la loroconcimazione: basta effettuar-la due volte l’anno, la prima al-l’inizio del periodo vegetativocon un fertilizzante N:P:K =20:20:20, mentre la seconda inpiena estate con un altro conun contenuto di fosforo e po-tassio più alti.

Massimo Afferni([email protected])

Sansievieria parva - FotoBrookside Nursery

SUBLIME ROSA

I molteplici utilizzi della Rosa

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Grazie al contributo di studi palinologici eal ritrovamento di materiali fossili, l’originedella Rosa viene fatta risalire a milioni di an-ni fa, ancora prima della comparsa dell’uomosulla Terra. L’aver attraversato, dunque, nu-merose oscillazioni climatiche, colonizzandovaste aree del Pianeta fino ai nostri giorni,rappresenta una conferma di quanto la Rosasia una pianta rustica ed adattabile.Attraverso la diversificazione delle sue spe-cie naturali, la Rosa vegeta e fiorisce nel ge-lo dei paesi nordici e delle montagne, comepure in regioni a clima molto caldo e siccito-so. Circoscrivendo la realtà all’Italia, consta-tiamo come questa pianta possa crescereovunque senza accorgimenti particolari: curelimitate e semplici pratiche colturali permet-tono di avere abbondanti e prolungate fioritu-re per tutta la stagione vegetativa.Attraverso un processo di selezione natura-le, ma soprattutto in conseguenza di un inten-so e prolungato lavoro di ricerca ad operadegli ibridatori, oggi la Rosa può essere de-finita una pianta “specializzata”, con ampiapossibilità di scelta nei tipi e varietà che me-glio si adattano all’ornamento di un determi-nato contesto paesaggistico. Il semplice ter-mine “rosa da giardino” implica in realtà unavastissima gamma di differenti tipologie di ro-se, la cui funzione ornamentale può esserescelta in base a diverse caratteristiche, comeil portamento e la vigoria, la forma e il coloredei fiori, l’epoca di fioritura, il profumo.Oggi vengono prese in considerazione an-che altre particolarità non riguardanti i fiori,come la forma e la dimensione dei cinorrodi,decorativi nella stagione invernale in cui laRosa perde la vegetazione. Anche le spine,nella maggior parte dei casi poco gradite,possono diventare una curiosità per la loroforma e colori particolari (es. in Rosa omeien-sis pteracantha). Il colore del fogliame, come

in Rosa glaucao la cortecciabruno-rossastradi una RosaBanksia posso-no divenire scel-te decorative.All’interno dellagrande distinzio-ne fra rose anti-che e moderne,oggi si tende aprivilegiare clas-sificazioni piùconvenzionali,

piuttosto che sistematico-tassonomiche, pro-prio per dar modo al grande pubblico di com-prendere e conoscere da vicino le molteplicipossibilità di impiego della rosa.Nella concezione moderna, il giardino dei no-stri tempi deve essere ricco di colori nellamaggior parte dell’anno: la Rosa, per le suecaratteristiche di rifiorenza e per l’estremaabbondanza dei fiori prodotti contempora-neamente, permette di avere con continuitàuna vastissima gamma di colori anche in queigiardini la cui ampiezza limitata non permet-ta l’impianto di un vero e proprio roseto. Inol-tre, per la sua vasta gamma di forme e di-mensioni, la Rosa si adatta perfettamente siaall’ornamento di un giardino classico, congrandi aiuole, viali e pergolati, sia all’abbelli-mento di superfici limitate, come terrazzi ebalconi, grazie alla sua facilità di essere col-tivata anche in vasi e cassette.Per un’esigenza di praticità, le rose modernevengono suddivise in gruppi, che tengonoconto soprattutto delle loro caratteristiche ve-getative, in funzione dell’utilizzo cui sono de-stinate in giardino.

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Rosaio rampicante a mazzi- Clg. Iceberg

Rosai a cespuglio e rampicanti in piena fioritura

Rosai a cespuglio a mazzi - Chicca®

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La simmetria e la regolarità delle aiuole ven-gono rispettate impiegando rosai a cespuglio,la cui vegetazione eretta e piuttosto rigida siadatta bene a realizzare grandi macchie dicolore ed effetti di massa. I cespugli a gran-di fiori, detti anche Ibridi di Tea, esaltanol’eleganza e l’importanza del fiore singolo,che presenta in genere forme molto doppie eprofumate, boccioli allungati e steli piuttostolunghi, adatti ad essere recisi.Un accentuato effetto cromatico è dato dai ce-spugli a mazzi (Polyantha), che si coprono let-teralmente di fiori e che possono fiorire anchea dicembre, se il clima lo consente. Hanno ve-getazione regolare e compatta, di altezza va-riabile, e si coltivano preferibil-mente in gruppi, per conferiremeglio un effetto di massa.Una categoria di recente valo-rizzazione, grazie all’introduzio-ne di varietà particolarmente ri-fiorenti, è quella dei rosai rica-denti e striscianti, caratterizza-ti da rami molto morbidi e flessi-bili, che possono essere utiliz-zati in vasi o contenitori profon-di, come gli orci, in aiuole rialza-te, sui bordi di un muretto. In al-ternativa, possono assumere lafunzione di un semi-rampicante,se guidati su un sostegno, qua-le una rete di recinzione, unastaccionata, un muretto di con-fine. Le varietà tappezzanti si al-largano sul terreno fino a coprir-lo letteralmente e possiedonoun grande valore ornamentale

su un fondo di tappeto erboso, su delle scar-pate o in giardini rocciosi.Se, invece, l’esigenza è quella di creare bor-dure dall’aspetto più rigido e formale, la so-luzione è data dai rosai lillipuziani, la cui al-tezza è di circa 30-35 cm, oppure, all’estre-mo opposto, dai rosai arbustivi, che posso-no raggiungere persino 2 metri nel loro pie-no sviluppo.La caratteristica che accomuna queste duecategorie è quella di produrre una grandequantità di fiori e di offrire una fioritura inin-terrotta dalla primavera fino ai geli.Le rose rampicanti sono tuttora valide e in-sostituibili per l’ornamento di muri, tralicci,pergolati, pareti alte o vecchi alberi. Produco-no rami molto lunghi e piuttosto flessibili e sidistinguono in rampicanti a grandi fiori o amazzi. Grazie a continue ricerche, si è riusci-ti a introdurre tanti nuovi colori persino in que-sto vasto gruppo e a selezionare anche va-rietà a sviluppo contenuto, adatte alla coltiva-zione in vaso.Da questa breve panoramica, possiamo con-cludere che la Rosa, da sempre ideale di bel-lezza ed eleganza, possiede fra i più alti va-lori ornamentali: infatti, nel mondo vegetale èestremamente raro trovare un cespuglio o unrampicante che possa fiorire in abbondanzae continuità dalla primavera all’autunno e chepossa essere utilizzato nei più svariati modie spazi.

Beatrice BarniRose Barni – Pistoia

([email protected])

Rosaio ricadente in vaso - Sea Foam®

Rosaio a cespuglio a grandi fiori - Etrusca®

VERDE URBANO

Chicago ed il Millenium Park

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La Chicago del XXI secoloè una città vibrante di ener-gia, esteticamente magnificanella diversità della sua ar-chitettura, dinamica nella va-rietà etnica e gratificata dallapresenza di un lago immen-so (il Lago Michigan la cuisuperficie è pari a 57.700km2, quasi equivalente a To-scana, Emilia, Umbria e Mar-che) che, da sempre, ha in-fluenzato la personalità dellacittà.Dalla fine degli anni ’80, sot-to la guida di Richard Daley,sindaco dal 1989, Chicagoconduce un’instancabile bat-taglia contro la decadenza epovertà di certi quartieri. Ciòha contribuito a far sì cheuna nuova generazione diprofessionisti stia riscopren-do le gioie del vivere in città,non ultima la vivace realtà

culturale e sociale che animaChicago. Miliardi di dollari diinvestimenti privati sono con-fluiti verso i quartieri cittadinie la diversificazione dellefondamenta economiche del-la città le ha consentito di af-frontare con maggiore lucidi-tà la recessione e la minac-cia del terrorismo. Ad onor del vero, la cittàcontiene ogni tendenza del-l’architettura americana per-ché fu completamente rico-struita dopo il grande incen-dio che la distrusse nel1871, nel quale andaronoanche persi anche i progettidi Olmsted per il South Parkche consisteva nella crea-zione di un sistema a dueparchi collegati tra loro: Wa-shington Park, situato all’in-terno del tessuto urbano del-la città e Jackson Park, po-

sto sulle sponde del lago Mi-chigan.Da allora Chicago non maicessato di ricostruire ancheperché, in città, si è sviluppa-ta una “Scuola di Architettu-ra” che ha ispirato genera-zioni di architetti, fra cui spic-ca la figura di Mies Van DerRohe. Famoso per i suoimotti “il meno è più” (Less ismore) e “Dio è nei dettagli”(God is in the details), Miescercò di creare spazi con-templativi, neutrali, attraver-so un’architettura basata suun’onestà materiale ed inte-grità strutturale, con uno stu-dio esemplare del particolarearchitettonico, in contrastocon lo stile precedente carat-terizzato da edifici massicci,con sovrabbondanza di de-corazioni, incluse colonnegreche.

La Crown Fountain di Jaume Plensa (2004)

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Prima di lui, non si può nonricordare l’influenza esercita-to da Frank Lloyd Wright cheha lasciato in eredità lo “stileprateria”, visibile nel quartie-re di Oak Park. Assieme a LeCorbusier, che rappresentaforse in maniera più emble-matica l’altro lato dell’archi-tettura moderna (quello dellacosiddetta architettura funzio-nale), è uno dei maggioriesponenti del MovimentoModerno in architettura ed ilrappresentante di maggior ri-lievo dell’architettura organi-ca.Romanticamente legato al-l’ideologia individualistica del“pionierismo” statunitense, isuoi studi erano soprattuttovolti all’approfondimento delrapporto fra l’individuo e lospazio architettonico e fraquesto e la natura, assuntacome fondamentale riferi-

mento esterno. Questi suoiinteressi lo portarono a predi-ligere come tema le cased’abitazione unifamiliari (ap-punto le “prairie houses”),che costituirono l’aspetto de-terminante del suo primo pe-riodo di attività. Le sue realiz-zazioni, molte tuttora esisten-ti nei dintorni di Chicago, so-no ancora oggetto di visitenon solo da parte di addettiai lavori.La storia recente della cittàvede il sindaco Daley grandeprotagonista. Uno degli obiet-tivi che il sindaco si pose, findall’inizio del suo mandato fuquello di aumentare le areeverdi pubbliche e di migliorar-ne la qualità (“Chicago Gre-en and Clean”). I risultati so-no visibili sotto gli occhi ditutti: la qualità dei parchi “sto-rici” come il Grant Park ed ilLincoln Park (vedi foto sopra)

è sicuramente migliorata e,soprattutto, è stato realizzatoil Millenium Park, divenuto unimportante centro civico del-la città di Chicago. La piani-ficazione iniziò a fine 1997 ela costruzione circa un annodopo. L’opera è stata com-pletata nel luglio 2004, anchese alcuni elementi del parcohanno subito aggiornamentiper altri anni. Il MillenniumPark (il cui nome iniziale eraLakefront Millennium Park) èuna parte del più ampio par-co del centro di Chicago, unodei più grandi parchi pubbli-ci, nonché una vetrina perl’architettura postmoderna.Grazie alla sua particolarestruttura e per i particolariprogettuali è spesso conside-rato il più grande giardino delmondo con i suoi 24,5 ettaridi superficie, essendo statocostruito sulla sommità di

Cloud Gate, opera di Anish Kapoo, soprannominata dai residenti come “Il Fagiolo”

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una ferrovia e su grandi par-cheggi (www.wikipedia.org).Il preventivo iniziale del pro-getto era di 150 milioni didollari, ma il costo finale del-la costruzione del parco am-montò a 475 milioni di dolla-ri e l’inaugurazione avvennecon 4 anni di ritardo, a cau-sa dei continui cambiamentidel progetto iniziale da partedi Frank Gehry, importanteesponente del decostruttivi-smo, che ha progettato diver-se parti del parco tra cui ilJay Pritzker Pavillion. Per ve-nire incontro all’aumento delcosto di costruzione, il comu-ne di Chicago ha deciso dipermettere alle aziende pri-vate di finanziare la costru-zione dei vari elementi delparco.Il Jay Pritzker Pavillion,è l’elemento principale delparco. È un enorme padiglio-

ne con ben 5000 posti a se-dere fissi ed un prato circo-stante in grado di contenerefino a 15.000 persone. IlPritzker Pavilion è compostoda tubi e lastre di acciaioinossidabile e volute di tita-nio disposte in modo dacreare un effetto sonoro uni-co. Nella piazza è situato ilCloud Gate, una scultura di110 tonnellate di acciaio cheè stata soprannominata dairesidenti come “Il Fagiolo”.La scultura è opera del famo-so artista Anish Kapoor ed èla sua prima arte pubblicanegli Stati Uniti. Il pezzo èstato finanziato privatamentee il costo totale è stato di 23milioni di dollari, notevolmen-te superiore alla stima inizia-le di 6 milioni di dollari. LaCrown Fountain di Jaume

Plensa (2004) si compone didue torri di vetro alte 15 me-tri, che si fronteggiano. La lo-ro collocazione delimita unavasca di circa 70 metri inva-sa dall’acqua. Le torri sonodegli schermi sui quali com-paiono delle immagini video;volti che cambiano espres-sione e dalle cui bocchesgorga l’acqua, attrazioneper frotte di piccoli e grandi.Quando i volti scompaiono letorri si trasformano in muri divetro dall’alto dei quali l’ac-qua cade a cascata.Il Lurie Garden è un giardinopermanente di 2,5 ettari dise-gnato da Kathryn Gustafson,Piet Oudolf, e Robert Israele.Il BP Pedestrian Bridge è unponte pedonale che collega ilMillennium Park al Daley Bi-centennial Plaza. Il ponte èstato progettato da Frank

Il Pritzker Pavilion di Frank Ghery

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Gehry ed è stato sopranno-minato serpente per la suaforma curva.In conclusione, a dispettodella sua modernità Chicago

offre tantissimi spunti per co-loro che si occupano di ar-chitettura e, in particolare, diarchitettura del paesaggio.Infatti, nessuna arte meglio

dell’architettura può esprime-re quale sia l’essenza di Chi-cago, e nessuna città più diChicago si può consideraremuseo all’aperto dell’architet-tura moderna. Qui, comedetto, sono nati i primi grat-tacieli, e in questi luoghi ar-chitetti come Louis H. Sulli-van, Frank Lloyd Wright eMies Van der Rohe hanno di-segnato e realizzato opereche sono diventate veri pun-ti di riferimento per coloroche, a vario livello si occupa-no di progettazione deglispazi urbani.

Francesco FerriniDipartimento di Scienze

delle Produzioni Vegetali,del Suolo e dell’Ambiente

AgroforestaleUniversità di Firenze

([email protected])

RUBRICA

BP Pedestrian Bridge, progettato da Frank Ghery, che collega il Millennium Park al Daley Bicentennial Plaza

Lo skyline di Chicago visto dal Lincoln Park

UOMINI E PIANTE

Marcello Malpighi. Il fondatore dell’anatomia vegetale

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Marcello Malpighi, fra i massimiscienziati del ’600, nacque a Creval-core, vicino a Bologna il 10 marzodel 1628 in un’epoca di grandi ten-sioni religiose e culturali (siamo su-bito dopo la Controriforma) e di stra-ordinarie rivoluzioni scientifiche. Nel1630 Galileo pubblica il Dialogo suidue massimi sistemi del mondo re-galando all’umanità un nuovo mododi pensare libero da pregiudizi edaprendo la strada alle conquistescientifiche e tecnologiche dei seco-li a venire. Marcello Malpighi permolti versi, può essere consideratocome il Galilei della biologia, non per i suoirapporti con la Chiesa (morì come archiatrapontificio, chiamato a Roma da papa Innocen-zo XII), quanto per il mutamento radicale cheseppe imprimere alla medicina e per le fonda-mentali scoperte nei più svariati campi dellabiologia.L’eredità scientifica di Malpighi è incredibileper grandezza e diversità: egli è il fondatoredella anatomia microscopica ed il primo veroistologo. Nella limitatezza dello spazio a di-sposizione sarebbe impossibile citare tutte lescoperte di Malpighi nello studio delle struttu-re microscopiche, molte delle quali hanno pre-so il suo nome. Esiste così uno strato epider-mico (strato di Malpighi); due diversi corpu-scoli del Malpighi: uno nei reni ed uno nellamilza; esistono dei tubi malpighiani nel siste-ma escretore degli insetti. Ovviamente le sco-perte di Malpighi vanno molto più in la che nel-la individuazione delle semplici strutture ana-tomiche. Malpighi scopre la funzio-ne dei polmoni, fino a quel momen-to ritenuti dalla medicina galenicadei coaguli di sangue; la funzionedei capillari e quindi la comunicazio-ne fra sistema arterioso e venoso; lafunzione delle papille gustative;scopre che gli insetti non respiranoattraverso i polmoni ma attraversopiccoli fori nell’epidermide chiamatitrachee; descrive per primo lo svi-luppo del pulcino dall’uovo. È il pri-mo a rappresentare le impronte di-gitali nel suo De Extemo Tactus Or-gano; il primo ad aver visto un glo-bulo rosso nel sangue; il primo adaver capito che il sangue nella par-te destra del cuore è diverso daquello della parte sinistra. Insomma,un’opera di qualità incommensura-bile da cui inizieranno diverse disci-pline scientifiche e che segnerà una

vera e propria rivoluzione nella ricer-ca biologica in generale.Malpighi inizia le sue ricerche anato-miche e fisiologiche sugli animali,ma si accorge presto che le difficol-tà da affrontare sono numerose espesso insuperabili con i mezzi deltempo; rivolge quindi la sua attenzio-ne allo studio delle piante con la spe-ranza che una conoscenza accura-ta della loro più semplice strutturapossa aiutarlo nella comprensionedella complessità animale ed uma-na. Il progetto di Malpighi di com-prendere la funzione degli organi

animali attraverso lo studio delle piante rap-presenta un’idea cardine della biologia mo-derna. Per la prima volta con Malpighi si com-prende che esiste una continuità nella costru-zione degli esseri viventi e che attraverso lostudio dei sistemi più semplici si possono ac-quisire conoscenze valide anche per i sistemipiù complessi. ... dalle osservazioni fatte sino-ra, pare che la natura si serva, per le sue ope-razioni e moti, di stromenti più facili e sempli-ci, li quali se tutti gli ordini dei viventi non so-no intieramente simili, si riducono però conanalogia alla stessa meccanica; e bene spes-so la varietà dell’organo mostra con maggio-re chiarezza l’uso che in noi ò in altri è piùoscuro: quindi è che la zootomia è utile anchealla medicina, perché aumenta le cognizioni fi-losofiche e l’economia dell’animale e spezial-mente dell’uomo quando è applicata con giu-dizio. Così vediamo, che la sostanza membra-nosa dei polmoni, per altro in noi oscura, si fa

più manifesta con la notomia delletestudini, de’ serpenti, delle rane,degli insetti, e delle piante stesse...(Malpighi, 1697). Ed è desolante co-me ancora oggi, a più di tre secolidall’originale formulazione malpi-ghiana, questa idea base dellaprassi biologica, secondo la quale èfondamentale scegliere il preparatosperimentale più adatto per il tipo diproblema che si vuol risolvere, no-nostante le sue solide fondamentalogiche e scientifiche, continui adessere largamente disattesa nellapratica comune. Addirittura osteg-giata dall’insensata divisione dellescienze in settori limitati e ristretti.Nel 1662 Malpighi, è professore dimedicina teoretica presso l’universi-tà di Pisa, qui le inevitabili gelosie ele incomprensioni con i suoi colle-ghi, lo convincono ad accettare l’of-

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Marcello Malpighi

Frontespizio di Anatomeplantarum

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ferta del senato di Messina alla direzione dellocale orto botanico.Messina viveva allora una grande stagioneculturale, e l’Hortus Messanensis, il primo Or-to Botanico della regione Mediterranea, erauna delle sue più fulgide testimonianze. AMessina Malpighi inizia a lavorare in manieracontinua sulle piante, producendo una ecce-zionale serie di scoperte, la più importante del-le quali fu probabilmente la dimostrazione chetutti gli organi degli esseri viventi, di qualunquedimensione essi siano, sono costituiti da mo-duli, le cui unità elementari per le loro dimen-sioni minime, potevano essere osservabili so-lo al microscopio. Malpighi, in pratica è il pri-mo uomo ad osservare delle cellule vive.La portentosa attività messinese è riassuntain due testi fondamentali per la storia della bo-tanica: Anatomes Plantarum Idea e AnatomePlantarum, pubblicati qualche anno più tardiin forma di corrispondenze sulle Philosophy-cal Transactions della Royal Society, di cuiera intanto diventato membro (il 21 dicembredel 1671, nello stesso giorno in cui Isaac New-ton era nominato fellow della Royal Society,veniva letta parte della dissertazione sullaanatomia delle piante di Malpighi). È difficiledare anche soltanto un vago senso del nume-ro di scoperte che Malpighi compie sull’ana-

tomia delle piante e che descrive in questi duelibri. Le gemme presenti sui rami degli alberi,sono per la prima volta correttamente descrit-te e intese da Malpighi come piante individua-li in potenza. Egli le descrive metaforicamen-te come “infanti” che alla fine diventerannoadolescenti nelle branche (Gemmae igitursunt velut infans custoditus, qui tandem ado-lescit in ramum), e le compara correttamentecon gli embrioni prodotti dalle uova, compren-dendo perfettamente che si trattano di piante“in piccolo” (compendium sit plantulae non-dum explicitae). Inoltre chiama le gemme im-plantatio ad indicare che le gemme sono en-tità indipendenti. Nel volume del 1679 (Anato-me plantarum) Malpighi illustra per la primavolta i diversi stadi della germinazione dei se-mi e delle crescita della piantina prendendo adesempio alcune cucurbitacee, il fagiolo, il gra-no e descrivendone le caratteristiche ad inter-valli fissi dalla germinazione. Nell’Opera Po-sthuma (1697) si trovano delle meravigliose fi-gure che illustrano il seme e la successivagerminazione del Ricinus communis e dellapalma da dattero (Phoenix dactylifera). Laqualità ed il dettaglio di queste figure è tale chenel 1862, il grande botanico tedesco Sachscontinua a citarli come insuperati per qualitàdelle informazioni. E questo è realmente un

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punto importante per capire la grandezza diMalpighi come botanico: per oltre 150 annidalla pubblicazione delle sue opere non si hain botanica alcun progresso rilevante nellostudio delle piante. Era come se Malpighiavesse scoperto già tutto. Per capirci quandonel 1852 (quindi 170 anni dopo la pubblicazio-ne di Anatome plantarum) Henfrey pubblicasempre per la Royal Society una descrizionedella struttura della Victoria regia, non c’è nel-la presentazione o nella descrizione delle fi-gure alcun progresso rispetto all’opera malpi-ghiana. Il lavoro di Malpighi, infatti, è straordi-nario non solo dal punto di vista della qualitàe dettaglio delle rappresentazioni, ma anchedal punto di vista metodologico rappresentan-do l’inizio di una nuova epoca di studi micro-scopici. Lavorando sulla struttura dei rami, adesempio, poiché i rami sono strutture tridimen-sionali, Malpighi insiste che siano descritti sol-tanto con sezioni diverse sui tre piani dellospazio: questo schema è ad esempio utilizza-to nella figura del ramo di pioppo (1675) nelquale una combinazione di sezioni radiali, tan-genziali e trasversale obliqua è utilizzata. Fi-nanche la rappresentazione anatomica con lelettere a marcare i punti d’interesse e la legen-da che li descrive, tuttora in uso, si deve a Mal-pighi. Dopo la pubblicazione delle opere di

anatomia vegetale la fama di Malpighi si dif-fonderà velocemente in Europa che lo accla-merà universalmente come il fondatore dellaanatomia vegetale. Linneo, un secolo dopo, insuo onore nominerà un intero genere (Malpi-ghia).Malpighi muore a Roma nel 1694 “di anni 66,mesi 3 e giorni 19” così ricordato da GaetanoAtti nella bella biografia del grande scienzia-to: “Morì adunque di anni 66, mesi 3 e giorni19. Ebbe sottile ingegno, chiarezza di intendi-mento, fu di natura mite, non facile all’ira, nonintemperante nei desideri. Niuno scorso dipassione si vide in lui. Amò la gloria e cercònegli studi la pace dell’animo, e la consolazio-ne del viver suo. L’altezza e la fecondità del-la sua mente non lo levò in superbia e fu mo-derato nella prosperità. Perché fu di cuore te-nero oltre misura (...) sobrio, frugale, di costu-me incolpabile, di modi semplici e dolci, di unalealtà, di una schiettezza impareggiabile”.

Stefano MancusoDip. Scienze delle Produzioni Vegetali,

del Suolo e dell’Ambiente AgroforestaleUniversità di Firenze

LINV (International Laboratoryon Plant Neurobiology)

[email protected], www.linv.org

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La lavanda è una pianta rustica diffusissimanei paesi che si affacciano sul mar Mediterraneo.Di essa esistono diverse specie appartenenti algenere Lavandula (famiglia delle Lamiaceae). Sitratta di piante perenni, sempreverdi, con foglielineari di colore grigio-verde, vagamente simili aquelle di altre piante aromatiche quali il rosmari-no o l’issopo, e dotate di infiorescenze (spighe),ciascuna contenente un numero variabile di fio-ri caratterizzati da profumo intenso e da un aro-ma diverso a seconda della specie di apparte-nenza. Le specie principali sono:1) la Lavandula angustifo-

lia, Miller o LavandulaOfficinalis, (L.,1753) oLavandula vera, notacomunemente come“lavanda vera” o “lavan-da fine”. Resistente alfreddo ha un areale chesi estende dai 50 ad ol-tre i 1400 metri di altitu-dine;

2) la Lavandula latifoglia,Medicus o Lavandulaspica ,volgarmente co-nosciuta come “lavandaspigo” o “grande lavan-da”. Predilige i climi cal-di e le altitudini superio-ri ai 600 metri;

3) la Lavandula stoechas(L.,1753): anche detta“lavanda marittima” o “lavanda selvatica” o“stecade”. Diversa dalle precedenti è carat-terizzata da fiori dalla curiosa forma ad ana-nas con 2 o 3 brattee viola in punta. Predili-ge terreni non calcarei e viene utilizzata es-senzialmente per scopi ornamentali. Piantamellifera, da essa si ottiene un miele mono-florale particolarmente pregevole e dal gustomeno aromatico rispetto a quello ricavatodalla lavanda officinale;

4) la Lavandula hybrida: nata dall’incrocio spon-taneo per opera d’insetti impollinatori tra la la-vanda vera e la lavanda spigo è sterile e vie-ne riprodotta per talea;

5) la Lavandula dentata, L. nota come “lavandadentata” o “spigonardo”.

Una leggenda narra che un grigio arbusto medi-terraneo fu utilizzato dalla Madonna per farasciugare le vesti del Bambin Gesù. Dopo cheElla ebbe tolto i panni la pianta sprigionò il pro-fumo più buono che si fosse mai sentito: quellapianta era la lavanda.La fragranza della pianta è imputabile all’oliocontenuto in ghiandole presenti sui fiori, sulle fo-glie e sugli steli. L’olio di lavanda ottenuto me-diante distillazione in corrente di vapore dai fio-ri appena raccolti, trova principalmente impiegonella produzione di profumi e cosmetici ma an-che in aromaterapia. Si presenta come un liqui-

do incolore o giallo contenente sostanze odoro-se quali acetato di linalile e linaiolo (i componen-ti principali), pinene, limonene, geraniolo, e ci-neole. Oltre ai terpeni sono presenti in misuraminore anche tannini, flavonoidi e fitosteroli. Ov-viamente la composizione, ricavabile mediantecromatografia, cambia in funzione della specieutilizzata ed in relazione alle tecniche colturali diallevamento delle piante e delle condizioni cli-matiche a cui esse sono soggette.L’acqua di lavanda, una soluzione di olio essen-ziale in alcool contenente altri profumi aggiunti,

è utilizzato in molti prodottida toletta.Tracciare una storia dellostudio della lavanda non ècosa facile a causa anchedella incongruenza tra lefonti. Il suo nome derivadalla verbo latino “lavare” eciò in virtù del fatto che isuoi fiori venivano impiega-ti nei tempi antichi per puri-ficare e profumare le acquedestinate alle abluzioni. Lalavanda apprezzata per lasua fragranza trova dunqueimpiego da sempre nellapreparazione di prodotti co-smetici per la cura del cor-po (saponi, shampoo) cosicome nella profumazionedegli ambienti e della bian-

cheria. Ciò che forse è meno noto è che essa èstata utilizzata già in passato come rimedio peruna vasta gamma di disturbi che vanno dall’an-sietà all’insonnia, dalla depressione all’affatica-mento. Ricerche scientifiche hanno confermato la capa-cità calmante e i blandi effetti sedativi della la-vanda quando il suo profumo è inalato. Recen-temente in Inghilterra l’effetto ansiolitico della la-vanda è stato studiato su pazienti odontoiatrici.I benefici sul sistema nervoso e contro il mal ditesta erano ben noti in passato: in “Ragione esentimento” (1811), Jane Austen descrive nelXXIX capitolo lo stato d’animo della povera Ma-rianne Dashwood che in preda ad una dolorosaagitazione mentale e fisica si rigira nel letto di-ventando sempre più isterica fino a che, graziead alcune gocce di lavanda, ritrova la quiete.Tra le ulteriori virtù attribuite alla lavanda vi so-no il potere antisettico ed antimicrobico, l’attivi-tà insetticida (ottima contro le tarme e ciò spie-ga l’uso dei sacchetti di lavanda tra la bianche-ria che non hanno pertanto solo una funzionedeodorante), l’azione espettorante e fluidifican-te a carico dell’apparato respiratorio. Il chimicofrancese Renè Gattefossè, che nel 1928 coniòil termine “aromaterapia”, ebbe modo di speri-mentare sulla propria persona l’efficacia dell’olioessenziale di lavanda contro le ustioni quando,

DI SANA PIANTA

Dall’Acqua di San Giovanni all’aceto dei 4 ladri:storia e virtù della lavanda

Fiori di lavanda

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in seguito ad una piccola esplosione avvenutanel corso di alcuni esperimenti che stava svol-gendo nel suo laboratorio, s’infortunò una ma-no. L’immersione immediata di questa in una ba-cinella contenente olio di lavanda puro gli con-senti di raggiungere una pronta guarigione sen-za cicatrici. Anzi proprio da questa esperienzaavrebbero preso spunto i suoi studi sulle proprie-tà degli oli essenziali. Come per altre specie vegetali infatti le informa-zioni scientificamente valide si mescolano a tra-dizioni folkloristiche ed a credenze magiche. Al-la vigilia della Festa della Nascita di San Giovan-ni Battista o Festa del Precursore (24 giugno),solennità carica di tutte le tradizioni popolari le-gate al solstizio d’estate - 21 giugno, giorno rite-nuto propizio alla raccolta di tutte le specie ve-getali, in virtù del loro accresciuto potere farma-cologico per effetto della particolare congiunzio-ne astrale - nella piazza anti stante l’ArcibasilicaLateranense veniva allestito un mercato delleerbe ove chiunque poteva trovare quella facen-te al caso proprio: c’erano piante “divinatorie” ri-cercate dalle fanciulle nubili in attesa di un ma-rito, le erbe propizie alla fecondità delle spose,le erbe utili per garantirsi una lunga vita. Tra letante si potevano acquistare quelle necessariealla preparazione dell’Acqua di San Giovanni:questa era approntata, lasciando immerse alcu-ne erbe in una bacinella contenente dell’acquaesposto all’aperto per l’intera notte del 24 giu-gno, e utilizzata nel bagno la mattina seguenteper favorire la bellezza e la buona salute. Lacomposizione della miscela vegetale variava dazona a zona (l’usanza di prepararla non si limi-tava alla sola città di Roma) ma tra gli ingredien-ti non mancavano mai la ruta, il rosmarino, l’ipe-rico (detto “fiore di San Giovanni”) e la lavanda(nota come “spiga di San Giovanni”, o anche, inalcune zone della Sicilia, come “spiga di SanPaolo”, santo celebrato insieme a San Pietro il29 giugno). Lavanda e rosmarino entravano anche nellacomposizione dell’”Aceto dei 4 ladri” creduto es-sere un rimedio efficace per proteggersi dal con-tagio della peste.Si narra che nella città di Tolosa intorno al 1630in piena diffusione della peste -la stessa chegiunta a Milano e nel resto d’Italia, fu racconta-ta dal Manzoni nei Promessi Sposi e nella Co-lonna Infame - 4 ladri incuranti dell’epidemia siavventurassero nelle case dei moribondi e deimorti per rubare. Catturati, dietro la promessa,poi disattesa, da parte del giudice di fargli salvala vita, avrebbero raccontato di far uso di un un-guento a base di erbe da strofinare su polsi etempie due volte al giorno, come prevenzionenei confronti del contagio.Neppure i reali sembrano essere stati immuni alfascino di questa pianta se è vero che Carlo VIdi Francia pretendesse di appoggiare la sua re-gale testa solo su cuscini riempiti di lavanda e

se la Regina Elisabetta I di Inghilterra non po-tesse fare a meno della sua confettura di lavan-da. Non è noto con precisione quando questapianta fu introdotta in Inghilterra: essendo indi-gena nel nostro paese potrebbe essere stataportata nelle isole britanniche dai romani o daimonaci. Quello che è certo è che nel 1265 è pre-sente sul suolo inglese come rivela un mano-scritto risalente a quell’epoca e conservato allaBritish Library. La specie descritta sembra esse-re la Lavandula spica, ora meglio nota come La-vandola angustifolia.Quando nel 1770 la ditta Yardley iniziò la sua at-tività a Londra, per la preparazione di una vastagamma di saponi di pregio fu scelta la lavanda,la cui fragranza è diventata il segno distintivodella ditta che può oggi fregiarsi della approva-zione della casa reale inglese. Altre case profu-miere inglesi hanno successivamente creato li-nee di prodotti a base di English lavender Fin dall’epoca vittoriana il fiore di lavanda è con-siderato nel mondo anglosassone come simbo-lo di purezza e castità ed i boccioli vengono tal-volta usati in occasione di matrimoni al posto delriso come auspicio di buona sorte per i novellisposi. Negli Stati Uniti ed in Canada pare che la produ-zione di lavanda ai fini commerciali sia stata ope-ra degli Shaker che, provenienti dall’Inghilterra,verso la fine del XVIII secolo fondarono in que-sti paesi numerose comunità religiose. A loro,famosi per la realizzazione di arredi semplici edeleganti ad un tempo divenuti col tempo oggettidi antiquariato, si devono diverse invenzioni edidee commerciali quale tra le altre la vendita disemi per giardinaggio in bustine.Estese coltivazioni di lavanda oggi si trovano an-che in Australia ma certamente la indiscussa pa-tria di questa pianta è la Francia.Le coltivazioni sono diffusissime in Provenza do-ve esiste la “Route de la Lavande”;qui tra luglioed agosto si susseguono le sagre a essa dedi-cate: a Riez ed a Valensole si festeggia nella se-conda quindicina di luglio, a Digne-les-Baines,noto centro termale considerato la capitale del-la lavanda, ad inizio d’agosto; a Valreas nel pri-mo fine settimana di agosto, a Thorame Hautenel secondo fine settimana di agosto, ad Espar-ron sur Verdon ed a Sault intorno alla metà diagosto: nell’occasione si può assistere alla rac-colta dei fiori e alla successiva produzione del-l’olio essenziale mediante distillazione oltre adacquistare prodotti a base di lavanda. Feste della lavanda stanno prendendo piede an-che nel nostro paese: da Grado (GO) a Verzo-ne(UD), da San Giacomo delle Segnate (MN) aMontobraro di Zocca (MO),da Bellaria Igea Ma-rina (RN) a Borgo a Mozzano (LU) ed a Tusca-nica (VT).

Anna Maria MarrasUniversità di Firenze

([email protected])

CITROLOGICA

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Con la bella stagione le no-stre piante di agrumi hanno fi-nalmente ripreso a vegetare,anche se gli effetti del freddoinvernale ed un inizio di pri-mavera molto piovoso, hannoinfluito negativamente sullafioritura e l’allegagione deifrutti.Molti di voi avranno notatoche, dall’ultima decade digiugno, molte giovani foglioli-ne presentano distorsionidella lamina e strani disegnizigzaganti traslucidi moltoben evidenti, sopratutto suigermogli emessi nel mese diluglio.Si tratta delle gallerie (mine)scavate dalle larve di una pic-colissima farfalla di circa4mm di lunghezza, chiamata”Phyllocnistis citrella Stainton”(foto n° 1) comunemente det-ta minatrice serpentina degliagrumi o ricamatrice.Originaria del Sud-Est Asiati-co e già presente in Spagnae nei paesi dell’Africa affac-ciati nel Mediterraneo, è com-parsa nel 1994 in Sardegna edall’anno successivo in tuttele realtà agrumicole della pe-nisola.

I danni sono causati dalle lar-ve di I° tipo (plasmofaghe sinutrono del tessuto epidermi-co foto n° 2) e sono a caricodella nuova vegetazione chesi sviluppa nell’estate e in mi-sura maggiore in quella au-tunnale (foto n° 3/4), quandosi ha il picco massimo dellapopolazione femminile capa-ce di ovideporre sulle giovanifoglioline.La vegetazione più importan-te, quella primaverile, vieneinvece risparmiata in quantol’insetto di origine sub-tropi-cale viene fortemente ridotto

dai rigori invernali delle nostrelatitudini. A stagione avanzata le fogliesono indurite a tal punto darappresentare una barrierainpenetrabile all’organo diovideposizione della farfalli-na.Il controllo naturale è alquan-to modesto, tra gli imenotterieulofidi si segnalano i paras-sitoidi Semielacher petiolatuse Citrostichus phyllocnistoi-des .Tra le buone pratiche coltura-li da mettere in atto vi sonotutte quelle in grado di ridurreil rigoglio vegetativo nel perio-do estivo/autunnale ovvero:– potatura di contenimento e

produzione da effettuarsiannualmente in primavera,evitando i tagli troppo ener-gici (escluse le piante de-perite), eliminando pronta-mente alla base i succhio-ni (sono i rami vigorosi eassurgenti che cresconoall’interno e a spese del re-sto della chioma);

– forte riduzione nella conci-mazione dell’apporto diazoto (N), privilegiando ilfosforo (P) e il potassio (K)favorevoli ai processi dicrescita e maturazione deifrutti (la carenza di potas-sio è frequente in autunnoed è caratterizzata dall’in-curvamento a doccia dellalamina fogliare);

– irrigare con regolarità as-secondando l’effettivo fab-bisogno idrico;

– trattare le piante con pre-parati rameici in grado, se-condo alcuni, di favorire ilprecoce indurimento dellalamina fogliare.

Nonostante il rispetto dellesuddette indicazioni gli attac-chi sui giovani germogli sonomolto aggressivi. Per le pian-te nell’agrumicoltura da pro-duzione l’indicazione è “nontrattare” in quanto la minatri-ce non interferisce in modo

diretto con la fruttificazione.Diverso è ovviamente il casodelle giovani piantine nei vi-vai (si può usare la rete antin-setto), nei reinnesti e in tuttequelle con una valenza orna-mentale nei giardini. Orientarsi fra i prodotti utiliz-zabili nella lotta chimica è al-quanto complesso. E’ alquanto difficile coniugarel’efficacia del trattamento, labassa tossicità del prodotto el’eliminazione degli effetti col-laterali anche molto gravi (co-me nel caso del neocotinoideImidacloprid responsabiledella moria delle api e di for-ti infestazioni di acari sullepiante trattate).Tra i prodotti a bassa tossici-tà abbiamo:

– Bacillus thuringensis (cep-po EG2348) + olio minera-le bianco (dose gr 1500/hl)da impiegarsi dal 25 luglioogni 12 gg (efficacia mode-sta);

– Azadiractina (olio di Neem,estratta dai semi dell’albe-ro Azadirachta indica, do-se 400 ml/hl, agisce ini-bendo la muta e deprimen-do l’alimentazione) + oliominerale bianco (dose gr1500/hl), che utilizzo inquesto momento (efficaciapresunta sufficiente: nondefogliazione, < 30% ger-mogli alterati) ogni 12 gg;

– Abamectina, neurotossinaderivata dalla fermentazio-

Foto 1

Le cure colturali di stagione

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ne di un batterio, possiedeazione acaricida contro ilTetranycus urticae (Verti-mec dose 38 ml/hl) ogni 14gg;

– Flufenoxuron chitinoinibito-re (Cascade 50 DC dose100/150 ml/hl) + olio mine-rale bianco (dose 500gr/hl)ogni 12 gg (efficacia buo-na);

– Ovviamente per chi possie-de una o due piante, conuna chioma ben rivestita, iltaglio dei giovani apici at-taccati rappresenta la solu-zione migliore, specialmen-te se si utilizzano i frutti fre-schi o per preparare limon-celli casalinghi.

Per una buona coltivazionedelle ns. piante di Agrumi nelperiodo di fine estate ed au-tunno restano valide le indi-cazioni colturali prima enun-ciate in funzione anti/minatri-ce, si avrà inoltre cura di ef-fettuare due trattamenti anti-crittogamici rispettivamente a

fine settembre e fine ottobreprima del ricovero invernale (ossicloruro di rame o Ziram1,5/2 gr/lt.). Particolare atten-zione andra dedicata alla pro-

tezione invernale visti gli ef-fetti negativi dell’inverno pas-sato.

Marcello Pieri([email protected])

Foto 4

Foto 3

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PAESAGGISTICA E CULTURA DEI GIARDINI

Le graminaceae fra punti di forzae contrasti di colore

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Questa rubrica esce in una stagione chechiude la fase estiva e si prepara a quella au-tunnale. L’atmosfera che cambia, l’aria friz-zante di Settembre, la calura estiva e la con-seguente aridità, che abbiamo da poco supe-rato è tutta leggibile nei colori della vegetazio-ne intorno a noi. Osservando i prati sponta-nei nei vari paesaggi che ci possono circon-dare, dalle praterie quasi africane della Sici-lia ai pascoli alpinicon le varie scala-ture intermedie,osserviamo comeanche al terminedell’estate ci siaqualcosa nei coloridelle piante di preautunnale. E comela tristezza che cipuò sorprendere altermine dell’estatecome un cambioche non è solo cli-matico ma che cor-risponde ad unpassaggio di tem-po per ciascuno dinoi, ci rallegra pen-

sare che se anche si chiude una fase baste-rà aspettare fino a Natale ed un altra sferza-ta di energia ci riconquisterà, andiamo cer-cando tracce di colori, di fioriture tardive, difrutti insoliti che possano illuminare anzitem-po, come gli addobbi natalizi faranno di qui apoco, la tessitura gialla dorata, a volte marro-ne e perfino rosso ruggine delle graminaceeornamentali.La famiglia delle Graminaceae (il nome gra-minaceae deriva dal latino gramen e signifi-ca “erba”), o Poaceae, cui appartengono i ce-reali fondamentali per l’alimentazione umanacome grano, riso, granturco ,orzo, farro, com-prende quasi diecimila specie (di cui circa350 italiane), distribuite in tutto il mondo eadattate agli ambienti più diversi. Tra le orna-mentali rappresentano certamente piante cheal momento sono di moda indiscussa, manon per questo ci sentiamo di snobbarle co-me certi capi griffati non alla portata di tutti.Fra le stesse qualità che rendono versatili efacili da coltivare le graminacee ornamentali(rusticità, assenza di problemi fitopatologici,)sono comprese le problematiche inerenti il lo-ro potenziale di invasività e di naturalizzazio-ne nei nuovi ambienti in cui sono state intro-dotte, nei quali possono alterare l’equilibrioecologico delle piante autoctone. Del resto ilpaesaggio intorno a noi nei territori antropiz-zati, risulta sempre il prodotto di interventistratificati nel tempo di un uso del territorio amisura umana. Molte piante che caratterizza-no il paesaggio di alcune regioni italiane, i ci-pressi e gli oliveti toscani, le palme e gli agru-meti della Sicilia, non sono affatto autoctone,ma introdotte in tempi più o meno lontani peri motivi più svariati. Di questa responsabilità

dobbiamo essereconsapevoli, an-che quando difen-diamo il paesaggiocui siamo abituatie che è stato il pro-dotto di una modadi una stagionelontana che pervari motivi ha mes-so radici profonde.Se il paesaggioviene dunque vis-suto elasticamen-te, le mode che neltempo si susse-guono dovrebberoessere vissute conl’occhio attento di

Foto 1 - Cordateria selloana

Foto 2 - Miscanthus sacchariflorus 'Gotemba'.

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si fosse solida, utiliz-zabile in alternativaad un masso decora-tivo o una statua, ele-menti di arredo dimolti parchi e giardi-ni. Altre risultano tal-mente regali come laCortaderia selloana(Foto 1) che solo inampi spazi possonoessere utilizzate alfianco di altre piantetanto da involgarirsise mal utilizzate men-tre se ben sistematespiccano amabilmen-te come elementi iso-lati. Risulta di grandeeffetto posizionarle in

gruppi o in forma di siepi ad esempio una fi-la di Miscanthus sacchariflorus ‘Gotemba’(Foto 2) crea lo sfondo, in mezzo specie dal-la lunga fioritura (Agapanthus africanus eTulbaghia violacea) sul fronte una bassa cor-tina di Stipa tenuifolia. Molto eleganti anchein vasi decorativi (Stipa tenuissima, Pennise-tum orientale ‘Karley Rose’ Foto 3, ) utilizza-te da sole o in gruppi.Contrasti di colore; le graminacee orna-mentali ed i possibili abbinamentiUna bella composizione durevole fino ad ot-tobre si ottiene combinando le poaceae dal-le tinte accese in autunno come Imperata ci-

lindrica, il Panicum virga-tum il Miscanthus sinensis‘Purpurascens’ (Foto 4), ilPennisetum setaceum‘Atropurpureum’, con pian-te che fioriscono proprionella tarda estate inizio au-tunno come gli astri dalletinte azzurro violacee(Aster oblungifolius, Astercordifolius etc.), o la Rud-bekia ‘Goldsturm’ con i suoifiori gialli o piante di Sedum‘Autumn Joy’ .A dicembrela stessa composizione for-merà un interessante qua-dro con tinte di varie sfu-mature di colori marronepastello.

Silvia BellesiPaesaggista

([email protected])www.studiobellesi.com

un genitore nei con-fronti delle stravagan-ze dei figli, lasciandocorrere in alcuni casima intervenendo conregole rigide in altri.Allora sosteniamo lepoaceae ornamentaliper le loro pregevoliqualità come versati-lità e durevolezza an-che nella particolareveste che assumononella fase invernale.Alcune infatti riman-gono ‘congelate’ neiloro panni di pianteormai secche con unindubbio fascino chearriva ad esprimerela sua veste migliore in un paesaggio fred-do e innevato del pieno inverno. Ma ancorasiamo lontani da quei freddi, rimaniamo allatarda estate e cerchiamo di raccontare co-me le nostre erbacee possono collaborarecon noi creando contrasti, punti di luce, emeravigliose curve amplificate dalla loro so-nora plasticità.Punti di forza; le graminacee ornamentalicome esemplari isolati (anche in vaso) ocome gruppi monospecificiIn alcuni casi l’uso di una specie con porta-mento molto compatto come Panicum virga-tum funziona come elemento di stacco qua-

Foto 4 - Fioritura di Miscanthus sinensis 'purpurascens'

Foto 3 - Pennisetum orientale'Karley Rose'

DIFESA DELLE COLTURE ORTOFRUTTICOLE E ORNAMENTALI

Primo semestre 2010:un periodo difficile per le piante

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I mesi di tarda primavera, inmodo particolare maggio egiugno, caratterizzati da tem-perature sotto le medie del pe-riodo e da frequenti eventi pio-vosi, hanno determinato at-tacchi fungini a volte partico-larmente gravi su molte pian-te di interesse agrario, pre-senti anche in molti orti peruso familiare.Quella che segue è la sintesidi alcune delle più importanti.Peronospora della vite (pla-smopara viticola)E’ stata una delle patologie piùpresenti, ricordiamo che puòcolpire tutte le parti verdi:grappoli e tralci, particolar-mente pericoloso si mostral’attacco al grappolino (chepuò avvenire dalla prefioriturae protrarsi fino a fine fioritura),che assume un aspetto con-torto ad “s” ed una colorazio-ne brunastra, successivamen-te in condizioni di elevata umi-dità si ricopre di una muffabiancastra. Nei casi nei quali l’infezione simanifesti tardivamente noncompare nessuna muffa, magli acini subiscono una fortedisidratazione, imbrunisconoe si disseccano ( Peronospo-ra larvata). L’attacco sulle fo-glie è caratterizzato da mac-chie traslucide di tipo clorotico(dette macchie d’olio) e puòportare a parziale o totale dis-seccamento della foglia con ri-

duzione della su-perficie foto sinte-tizzante. L’attaccosui germogli erba-cei si evidenziacon allessature edimbrunimenti.Nelle foto si evi-denzia come l’at-tacco sia statoparticolarmentevirulento. In alcunicasi l’impossibilitàdi intervenire tem-pestivamente do-po gli eventi infet-tanti ha determi-nato gli attacchi,in altri probabil-mente la scelta di una strate-gia difensiva non ottimale.Dal momento che la farmaco-pea internazionale mette a di-sposizione una grande gam-ma di p. attivi efficaci e con di-versi meccanismi di azione, inprimavere come quella appe-na trascorsa è davvero deter-minante la scelta di una stra-tegia giusta legata all’impiegodi molecole diverse e conmeccanismi d’azione partico-larmente efficaci.Corineo dell’albicocco (cori-neum beiyerinkii)Questa malattia è nota anchecome impallinatura o gommo-si parassitaria. Il fungo attac-ca prevalentemente le foglieed i rami, ma può colpire, co-me successo quest’anno (fo-

to) anche ifrutti. Sulle fo-glie si assisteinizialmentealla compar-sa di macchierossastre de-limitate deli-mitate da unalone cloroti-co, in seguitole parti infet-tate necrotiz-zano e tendo-no a dissec-

carsi, facendo

assumere alla lamina fogliarela caratteristica perforazione.Sui rami le lesioni sono di va-ria grandezza e si trasforma-no in veri e propri cancri aper-ti dai quali geme un essudatogommoso. Normalmente leparti apicali colpite sono desti-nate ad essiccare. I frutti inizialmente presentanopiccole tacche rossastre chepoi aumentano di diametro,cambiano colore diventandomarroni per ricoprirsi succes-sivamente di un essudatogommoso. La primavera par-ticolarmente piovosa è statadeterminante per la virulenzadell’attacco, ma sicuramenteuna difesa autunnale non otti-male ha fatto il resto.Ticchiolatura su pomacee(venturia inequalis e venturiapirina).Ricordiamo come sia la piùgrave malattia crittogamicadelle pomacee, attaccandofiori, foglie e soprattutto fruttidi mele e pere.Sulla pagina superiore dellefoglie appaiono dapprimamacchie irregolari di colorebruno-verdastro (foto ) che poiinteressano la pagina inferio-re, assumendo colore più scu-ro ed aspetto vellutato.Sui frutti, in caso di attacchiprecoci come quelli di que-Corineo su albicocco

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st’anno si manifestano malfor-mazioni, spaccature e caduteanticipate. Anche per questapatologia determinante è lascelta di principi attivi efficacied interventiTicchiolatura su piante orna-mentali (Venturia, Marssoni-na, Diplocarpon ecc.)Si sviluppa su ospiti diversi(rosa, biancospino, pioppo,pyracantha, ecc.) con sinto-

matologie abbastanza simili;sulla pagina superiore dellefoglie compaiono delle mac-chie nerastre che spesso ten-dono a confluire, provocandol’annerimento di gran partedella superficie fogliare. L’esi-to finale della malattia è gene-ralmente una defogliazione,più o meno intensa con inde-bolimento generale della pian-ta e forzato rigermogliamento.

Determinante in questicasi è la lotta agronomi-ca che tende ad abbas-sare il potenziale di ino-culo con l’asportazione ela distruzione dei mate-riali fogliari infetti caduti a

terra, alla base delle piante. Itrattamenti chimici vanno ripe-tuti a seconda dell’andamentostagionale, con turni talvoltaanche molto ravvicinati utiliz-zando rameici o inibitori dellabiosintesi dell’ergosterolo.

Simone TofaniSocietà CooperativaAgricola di Legnaia

([email protected])

Peronospora foglia e grappolo

Peronospora su pagina inferiore Peronospora

Ticchiolatura

HORTI PICTI

I giardini nella pittura di Pompei

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La pittura di epoca greca e romana avevagià in uso la prospettiva e quello che oggi sichiama comunemente con un termine fran-cese trompe l’oeil, che in italiano si potreb-be tradurre con inganna l’occhio, cioè la rap-

presentazione di cose e paesaggi in manie-ra da farli sembrare veri e ingannare chi liguarda. Sono poche le pitture di questo ti-po, tutte su parete, che ci sono pervenute equeste si trovano prevalentemente a Pom-

Foto 1

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pei, ancora in loco, oppure nei musei di Na-poli e Roma. Alcune case di Pompei hanno degli ambien-ti, normalmente piccoli, dove nelle quattropareti sono rappresentati dei giardini con tut-te le loro componenti. Infatti è bene ricorda-re che un giardino è quasi sempre compo-sto da quattro elementi: l’architettura, il ver-de, l’acqua e gli animali. Sulle quattro pare-ti di queste case sono rappresentati deglielementi architettonici e statue, piante in va-so o nel terreno di vari tipi, piccoli specchid’acqua od anche piccole fontane a tazzacon zampillo, animali, sia liberi che in gab-bia. Chi entrava in queste stanze venendodall’esterno, magari da un giardino vero, do-veva avere l’impressione di essere ancoraall’aria aperta e mostrare meraviglia e am-mirazione nei confronti dei proprietari. Nella Casa di Marco Lucrezio Frontone c’èuna stanza, il tablinio dove, tra le finte archi-tetture, si trovano, ad altezza della testa del-l’osservatore, simmetricamente disposte,due pitture di paesaggio, come due quadret-ti sulle pareti, come si usa anche oggi. Que-sti “quadretti” in questo caso rappresentanopaesaggi di ville a più piani, prati, terrazza-menti collegati da scale, padiglioni di legnocon pergole, statue, alberi di diverso tipo eben caratterizzati. In una fascia più bassadelle quattro pareti, che arriva fino all’impian-

tito, sono rappresentate delle aiuole, inter-vallate da una piccola fontana, recintate dauna separazione molto elaborata. Il prato sitrova al di qua e al di là delle aiuole. Nellaparte più alta della stanza con finte architet-ture c’è una bella rappresentazione di unapergola che cresce sulla parte anteriore diun padiglione, forse di legno.Nelle pareti dei vari ambienti affrescati su-perstiti della Casa del frutteto ci sono diver-se immagini di piante e giardini. La decora-zione è spesso distribuita su tre fasce oriz-zontali con rappresentazioni non sempre inscala tra di loro.Le immagini di ciascuna parete della fascesuperiori sono spesso separate da delle sot-tili colonne.Nella fascia più vicino al pavimento sonorappresentate piccole piante e graticci dicanne che separano le aiuole; in quella in-termedia piccoli alberi, talvolta con uccelli di-sposti di profilo ed anche un serpente, tra iltronco e le fronde. Nella fascia superiore so-no invece rappresentati festoni e uccelli dimedia taglia che volano. Tra gli alberi ci so-no anche delle rose, in boccio e in fiore, conmolti petali.Questa rappresentazione delle rose è moltoimportante perché tutte le rose spontaneeche si trovano in Europa, sia a nord che nelbacino del Mediterraneo sono a cinque pe-

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tali, mentre quelle rappresentate sulle pare-ti della casa del frutteto ne hanno almenoquattro o cinque volte di più . Tutto questosignifica che nel 79 DC era già iniziata datempo la selezione che poi nell’ottocentoporterà a rose superdoppie e stradoppie, divari colori, profumi, rifiorenti e con fiori iso-lati da recidere e mettere in vaso. In un ambiente della Casa della Venere in

conchiglia su tre pareti dipinte è rappresen-tata la scena che dà il nome alla casa. Nel-la fascia più bassa c’è una decorazione cherappresenta una separazione delle aiole fat-ta a cannucce infisse in maniera obliqua nelterreno e tenute in alto da una canna piùgrossa.Al di là di questa incannucciata ci sono de-gli scomparti con alberi e arbusti allungati

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con fiori e frutti (fichi)e molti uccelli in vo-lo o posati che bec-cano i frutti, alcunidegli uccelli piùgrandi sono palustricon delle lunghezampe. Una dellepitture più uniche eoriginali di questacasa è una piccolapianta di palma (nonautoctona) in un va-so di marmo biancocon anse. Questa èforse tra le primerappresentazioni inItalia, se non la pri-ma in assoluto, diuna palma e denotaanche l’uso di farcrescere le piante inuna vaso decorato,come vedremo rap-presentate più tardia cominciare dal Ri-nascimento da partedi vari pittori, vedi per esempio Carpaccio eMantegna.Nella Casa del bracciale d’oro c’è un am-biente in cui l’illusione di essere in un giar-dino è molto forte. Nella parte più bassa cisono dei graticci, gli stessi che in molti am-bienti di Pompei si trovano tra l’impiantito ela parte media della parete.In questo caso però i graticci sono moltoelaborati e interrotti da delle aperture che la-sciano intravedere il prato e le piante chestanno dietro.La parte verde del giardino è, in questo ca-so, un insieme di vari tipi di arbusti, quasi in-tricati tra loro con fiori e frutti, di piante spon-tanee o utili, tra quelle più basse si notanodelle palme non autoctone che, in questocaso, crescono nel suolo. Sono molto evi-denti delle decorazioni da giardino che sonodavanti alla fascia di piante.Due erme sostengono dei bassorilievi rettan-golari e nel mezzo una fontanella a tazza,con un basso zampillo, che ricorda quellache si vede alla sinistra di Teodora nei mo-saici di San Vitale a Ravenna.

Queste rappresentazioni di giardini di Pom-pei sono importanti per gli storici dell’arte,perché ci danno un’idea della pittura di al-lora. Sono importanti anche per gli studiosidi giardini e quelli di Biologia vegetale chesi occupano della cronologia dell’arrivo del-le piante in Italia da altri ambienti, conse-guenti alle guerre di conquista, agli scambie al diffondersi di alcune culture.A questo proposito si può dire che, dato chele pitture di Pompei sono datate prima del79 dopo Cristo, i limoni, altri agrumi, le pe-sche ecc. erano già arrivati dall’Asia e diffu-si nell’ Italia meridionale. Inoltre ci dannoun’idea di come potessero essere i giardinireali di Pompei, ma anche quelli vagheggia-ti dagli artisti che hanno decorato quelle pa-reti. Un evento disastroso come quell’eru-zione ci ha permesso di vedere uno spac-cato di vita e di storia di una civiltà al suoapogeo.

Ettore PaciniOrdinario di Botanica

Università di Siena

Foto 4 - Giardino dipinto, affresco romano dalla Casa del bracciale d'oro S.Bolo-gnini

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LA BIOMETEOROLOGIA VEGETALE

I modelli fenologici

Le piante, sia esse arbo-ree, arbustive o erbacee,sono organismi pecilotermi,cioè incapaci di regolare emantenere la propria tem-peratura interna a livelli so-stanzialmente diversi daquelli dell’ambiente in cui sitrovano. Tutti i processi fi-siologici che condizionanola vita delle piante si svol-gono quindi sotto l’influssodiretto della temperaturaambientale, del fotoperiodoe di altri fattori sia biotici che abiotici. Ciòporta ad una impossibilità nel regolare auto-nomamente il proprio metabolismo e i pro-cessi di crescita e sviluppo, rendendo cosìle piante strettamente dipendenti alle varia-zioni ambientali.La fenologia vegetale o fitofenologia è unascienza che ha lo scopo di studiare, com-prendere, classificare e annotare tutte le fa-si di sviluppo che si verificano dalla nascitafino alla morte di un organismo. Il ciclo disviluppo di una pianta si compone di unaserie di trasformazioni più o meno visibili al-l’occhio umano. I cicli stagionali e periodicidelle piante (emergenza, fioritura, maturazio-ne dei frutti, viraggio delle foglie etc.) sonodefiniti fasi fenologiche o fenofasi (Fig. 1)(Defila e Conedera, 2000). Lo studio fenologico per essere attendibiledeve rispondere al criterio di obiettività. Alloscopo sono state create delle scale fenolo-giche, specie specifiche, le quali hanno il

compito di descrivere al meglio lo stadio disviluppo in cui un genere e/o specie vege-tale si trova in quel preciso istante. A pre-scindere dal tipo di scala adottata, l’osserva-zione fenologica classica si basa sull’indivi-duazione di fasi ben precise rilevabili a vistao al tatto, senza operare interventi distruttivisulla pianta. Questa metodologia prevedel’individuazione di un numero contenuto dipiante e l’osservazione del loro sviluppo fi-no alla fine del ciclo (Barbieri et al, 1989). Sul territorio italiano e nel mondo sono nu-merosi i giardini fenologici in cui vengonostudiati, in ambiente controllato, gli stadi disviluppo di specie vegetali perenni. Per lostudio fenologico di specie erbacee di inte-resse agrario si usano campi coltivati peren-nemente con la stessa specie, che prendo-no il nome di stazioni agrofenologiche. I da-ti provenienti da studi fenologici, oltre a co-stituire serie storiche di osservazioni consul-tabili e utili per la produzione di calendari fe-

nologici, servono per costituire,sviluppare, calibrare e validaremodelli fenologici. I modelli so-no utili strumenti per analizzare,in base all’andamento delle va-riabili meteorologiche (tempera-tura dell’aria, precipitazioni etc.),l’epoca in cui si verificherà ilpassaggio da uno stadio fenolo-gico ad un altro.I modelli fenologici, solitamente,sono realizzati tenendo contodelle esigenze termiche neces-sarie ad una pianta per passareda una fase ad un’altra duranteil ciclo vitale. I più comuni mo-delli fenologici si basano sullasommatoria dei gradi giorno(GG) o growing degree days(GDD). Per ogni specie esistonodelle temperature soglia al di

Fig. 1 - Fenofase con microsporofilli, di cipresso, immaturi (A) e in fioritura (B)

Fig. 2 - Modello del triangolo singolo per il calcolo dei gradi giorno.

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sotto e al di sopra delle quali le reazioni bio-chimiche si arrestano o comunque procedo-no molto lentamente da rendere lo sviluppotrascurabile: le temperature comprese traquesti valori limite sono “utili” allo sviluppodella pianta.Conoscendo l’andamento termico giornalie-ro e le soglie che ne limitano lo sviluppo èpossibile calcolare la sommatoria GG (so-glia termica) utile a calcolare il raggiungi-mento di un determinato stadio fenologico(Fig. 2). I metodi per il calcolo dei GG “uti-li”, sono molteplici. Il più semplice si basasulla differenza tra la temperatura mediagiornaliera e la temperatura soglia. Le soglietermiche variano al variare della specie, del-lo stadio di sviluppo. Esistono altri metodiper calcolare le unità termiche ed illoro accumulo per meglio adattarlea situazioni ambientali e biologichereali. I più usati sono, in ordine dicomplessità matematica, il metodoa triangolo singolo (approssimazio-ne triangolare), a triangolo doppio eil metodo detto “cutoff” (Fig. 3 e 4).Questi modelli vengono definiti li-neari perché si presume che il tas-so di sviluppo corrisponda ad unalinea retta direttamente correlata al-la temperatura. Il calcolo dei GG sibasa sulla risoluzione dell’area, chesi viene a creare graficamente, de-limitata dall’andamento della curvadi temperatura diurna e le tempera-ture soglia. Altri modelli fenologicisono basati o integrano il dato ditemperatura dell’aria, con altri dati

di tipo meteorologico (umidità rela-tiva, radiazione solare, precipitazio-ni, etc.) e/o biologico-colturale (spa-ziatura fra le piante, forma di alle-vamento, numero di getti per pian-ta, etc.). Tuttavia non sempre amaggiore complessità corrispondeuna maggiore precisione, e risulte-rà anche più difficile reperire i datidi ingresso.

Francesco Barbano - SimoneOrlandini

Centro Interdipartimentaledi Bioclimatologia

Università degli Studi di Firenze

BIBLIOGRAFIA

Barbieri R., Botarelli L., Salsi A., Zinoni F., 1989. Guidaalle rilevazioni agrofenologiche ed alla compilazione del-le schede di rilevamento per le colture erbacee ed arbo-ree. E.R.S.A., Bologna

Defila C., Conedera M., 2000. Il contributo della fenolo-gia alla discussione sul clima: potenzialità e limiti presen-tati all’ esempio del sud delle alpi della Svizzera.

Traini S., 2003-2006. Sperimentazione e modellizzazio-ne della fenologia di colture erbacee. Tesi di Dottorato diRicerca in Colture Erbacee AGR/02, Università degli Stu-di di Bologna.

Torrigiani Malaspina T., Cecchi L., Morabito M., OnorariM., Domeneghetti M.P., Orlandini S., 2007. Influence ofmeteorological conditions on male flower phenology ofCupressus sempervirens and correlation with pollen pro-duction in Florence. Trees DOI 10.1007/s00468-007-0143-1.

Fig. 3 - Modello fenologico con cut-off orizzontale

Fig. 4 - Modello fenologico con cut-off verticale

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Società Toscana di Orticulturafondata a Firenze nel 1854

Sede: Via Bolognese, 17 FirenzeTel. / Fax: 055480469Uffici e Biblioteca: Villa Bardini, Costa S. Giorgio, 2 [email protected]

Presidente: Marcello Masotti

Consiglio Direttivo

Vice Presidente: Fabrizio Ermini

Pietro Barni, Andrea Battiata, Antonio Fabiani, Alberto Giuntoli, Tiziano Ieri,Stefano Magi, Roberto Surchi.

Bullettino della Società Toscana di Orticulturafondato a Firenze nel 1876

Direttore Responsabile: Alberto Giuntoli

Comitato tecnico/scientifico: Massimo Afferni, Andrea Battiata, BeatriceBarni, Silvia Bellesi, Piero Bruschi, Fabrizio Ermini, Francesco Ferrini,Alberto Giuntoli, Anna Lenzi, Annamaria Marras, Stefano Mancuso, MarcelloPieri, Simone Orlandini, Simone Tofani.

Periodicità: quadrimestraleRegistrato al n. 5712 del 16/03/2009 - Tribunale di Firenze

Stampa: Centro Grafico Editoriale in Firenze s.r.l.

Progetto grafico: Filippo Simone - Studio Bellesi Giuntoli - Firenze

I lettori possono indirizzare domande o richieste inerenti la rivista a:Dott. Alberto Giuntoli – [email protected]

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