Brivido Stadio speciale Fiorentina Atalanta

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STADIO3

Delio Rossi convinca la FiorentinaCHE SERVE UN’ANIMA DI UNA PROVINCIALE

Forse l’Inter, questa Inter non riesce a illumi-nare San Siro ma sicuramente la Fiorentina che è arrivata a Milano non era capace nem-meno di accendere la luce della portineria di San Siro. Neppure a Torino conto la Juventus la squadra viola allora allenata da Mihajlo-vic era stata tanto arresa. Quella almeno ave-va Jovetic: il ragazzo del Montenegro un guiz-zo, un gol, un intervento pericoloso era riuscito a metterli in campo.A San Siro invece Jovetic non c’era. Ma come lui non c’erano neanche tutti gli altri giocatori della Fiorentina. Brutta, talmente brutta che uno aveva difficoltà a riconoscerla. Più brut-ta di quanto era stato accettato un anno fa quando la squadra viola si era salvata almeno

con ampio anticipo. Ecco la cosa che ci spaventa: che questa Fiorentina non abbia neppure la forza di uscire dalla zona rischio. Per fortuna c’è Delio Ros-si, un allenatore che di solito sa come riprendere in mano certe situazioni; per fortuna c’è Jovetic e speriamo che i problemi di sciatalgia lo lascino in pace; per fortuna questo campionato ci pare brutto quasi quanto la formazio-ne viola. Ma è bene smet-terla di parlare di Europa e pensare invece almeno fino a prova contraria a tenere a distanza le zone pericolose dalla classifica. Poi toccherà ai Della Val-le: di andare in giro con una squadra così brutta sicuramente non hanno voglia, dovranno rimettere tutto in discussione e rico-struire davvero un proget-

to che sia credibile. Tenendo in piedi almeno le poche cose buone che anche a Milano ab-biamo visto: il solito Behrami, il giovane Salifu, qualche spunto di Vargas e niente altro.Questa Fiorentina non può fare a meno nep-pure di Montolivo. Che sarà provvisorio quan-to si vuole, che si sarà promesso a questa o a quella società, ma che indiscutibilmente - fino a quando avrà addosso la maglia viola - sarà bene smettere di fischiare. Perché può an-cora dare una mano sostanziale per evitare di entrare davvero nelle zone che più fanno paura. Per questo diciamo che la partita di questa sera con l’Atalanta sarà senza dub-bio uno scontro diretto: i bergamaschi nono-

stante la penalizzazione stanno disputando una stagione importante dimostrando di avere più cuore della stessa Fiorentina. Se Rossi vuol tornare a vincere e a scuotere la classifica deve imporre alla propria squadra gli stessi meccanismi men-tali dell’Atalanta. Ovvero lottare fino all’ultima energia perché un solo passo indietro sul ter-reno dell’impegno farebbe sì che pure con la squadra nerazzurra la strada per i viola si fa-rebbe difficile. Non scordiamoci poi che subito dopo la Fiorentina andrà a Siena per un derby da sempre difficile, complicato, con tradizio-ni affatto positive e che classifica alla mano avrebbe, pure questo, i connotati di un match al coltello. Rossi insomma deve convincere la Fiorentina che senza l’anima di una provin-ciale da certe situazioni si esce con maggiori difficoltà.

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STADIO17 dicembre 2011 Fiorentina - Atalanta4

Da quando ha lasciato Firenze non ha mai voluto parlare di Fiorentina. Non ha più rilasciato intervi-ste, né dichiarazioni. Oggi, a distanza di 10 anni dal suo addio alla maglia viola, in occasione di Fiorentina-Atalanta, ha aperto al Brivido Sporti-vo la porta del suo accogliente locale nel centro di Parma (Dolce Vita dinner club), città nella quale ha deciso di fermarsi a vivere insieme alla bellis-sima moglie Francesca e ai figli Leonardo e Marti-na. Ci ha raccontato le sue verità. Stiamo parlan-do di Domenico Morfeo, doppio ex della sfida di questa sera, che solo pochi giorni fa è stato de-finito da Mondonico “il talento più puro che abbia mai sfornato il settore giovanile dell’Atalanta”. Tra

un servizio al tavolo e l’altro ci ha svelato un par-ticolare che mai era venuto fuori: «Io non ho mai messo in mora la Fiorentina». E poi tanti pensieri su Cecchi Gori, Mihajlovic, Montolivo, Prandelli. Un Morfeo a 360° da leggere tutto d’un fiato.Morfeo e Bergamo. L’inizio della sua carriera, dal settore giovanile al calcio che conta. I suoi ricordi dell’Atalanta.«Di Bergamo ho solo ricordi belli anche perché me la sento come una seconda casa. Sono anda-to via dall’Abruzzo che avevo 11 anni, quindi il pe-riodo della vera giovinezza l’ho passato proprio a Bergamo. Anche se con delle regole perché vive-vo in un convento. Però, ripeto, Bergamo la sento come una casa, là sono cresciuto, ho esordito, là sono poi tornato e ho pensato di viverci».Un ricordo particolare vissuto sul campo con la maglia dell’A-talanta?«Ricordo la partita seguente alla scomparsa di un nostro compa-gno, Federico Pisani. Perse la vita nella notte tra l’11 e il 12 febbraio 1997 in un incidente stradale, insieme alla fidanzata. Le persone che lo frequentavano di più, quelle con le quali aveva un rapporto di amicizia particolare, eravamo io e Paolo Foglio. Ricordo che la dome-nica dopo la sua morte (il 16 febbraio 1997), io e

Paolo fummo tra i protagonisti in Vicenza-Atalanta finita 1-3: io gli feci un assist, lui fece gol, quello che sbloccò il risultato cui seguì una doppietta di Pippo Inzaghi».Qual è secondo lei il segreto del settore giova-nile dell’Atalanta?«Il segreto è Mino Favini (responsabile del settore giovanile dell’Atalanta ndr), una persona che cre-de molto nel settore giovanile. Così come la so-cietà crede molto nei ragazzi. L’Atalanta è sempre stata una squadra dove, nonostante ci siano pres-sioni più o meno come da tante altre parti, non ha l’obbligo di vincere campionati o accedere alle coppe. Allora la società può mettere in atto ancora meglio la sua politica basata sui giovani. Finché

ci saranno squadre che faranno di questa politica il loro credo, nasce-ranno sempre grandi giocatori».Mondonico l’ha definita il talento più puro che abbia mai sfornato il vivaio dell’Atalanta. Cosa si sente di dire in proposito? Si sente dav-vero così? E cosa ci dice di lui?

«Lui mi ha allenato, lui può giudicare. Non è che mi posso giudicare da solo. Lui ha visto tanti gio-vani, tanti talenti, tanti giocatori e per quello che ha detto lo ringrazio. Tra me e lui c’è un legame particolare in quanto, dopo l’esordio con Prandel-li (Morfeo era in Primavera quando a 17 anni ha

MORFEO: NON HO MAI MESSO IN MORA LA FIORENTINA

L’esclusivadi Michela Lanza

Il doppio ex: Cecchi Gori un generoso, Batistuta il compagno più forte, Edmundo doveva giocare per forza. Auguro a Prandelli di vincere l’Europeo

Ringrazio mister Mondonico

tra noi un legame speciale

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STADIO5

debuttato in A nella stagione 1993-94), fui aggre-gato in pianta stabile alla prima squadra proprio da Mondonico. Quindi posso considerarlo come il mio primo allenatore. Mi ci sono trovato bene, ab-biamo avuto alti e bassi, entrambi, a livello com-portamentale, ma il bello di quell’uomo è che è un uomo vero. A fine gara finisce tutto. Non è uno che porta rancore. Non è uno permaloso. Non è un caso se il nostro legame ha avuto seguito anche quando non ero più allenato da lui. E se, dopo aver deciso di smettere di giocare a calcio, sono tornato ad indossare gli scarpini a Cremona solo ed esclusivamente perché lui era l’allenatore della Cremonese».Vi siete sentiti ultimamente?«Sì l’ho chiamato per sentire come stava e per stargli vicino anche prima dell’intervento. Il calcio sul rettango-lo verde è bello ma quando ci sono i rapporti, quando c’è un’amicizia che va oltre il campo, è giusto stare vicino alle per-sone nel momento del bisogno, in momenti par-ticolari come quello che ha passato Mondonico».Ricorda il palo colpito nella finale di andata di Coppa Italia con la maglia dell’Atalanta (con Mondonico in panchina) al Franchi contro la Fiorentina?«Ricordo che era una serata di pioggia. Ricordo che per noi era già un’impresa essere arrivati in finale. Ricordo che ci mancava Vieri. Ma ricordo anche che la Fiorentina era superiore a noi, quindi le nostre chance erano poche, indipendentemen-te dal palo».Prima di parlare di Fiorentina, ci dà un parere su Montolivo e Pazzini, due veri talenti nati, come lei, nel vivaio bergamasco?«Sono giocatori molto bravi, che stanno dimo-strando tutto il loro valore. Si parla già molto di loro ma sono sicuro che se ne parlerà per molto tempo ancora». Montolivo, oggi, è un separato in casa. Entra in campo e, quando lo speaker legge il suo nome nella formazione il pubblico di Firenze fa sentire il suo disappunto con i fischi. Lui sta convivendo con un rapporto finito. Quanto è difficile giocare tra i fischi dei propri tifosi?«Sinceramente la situazione di Montolivo non l’ho seguita. Però ascoltando quello che mi stai dicen-do, sicuramente non è facile per lui giocare così. I tifosi devono capire che se vogliono qualcosa di importante dai propri giocatori o se vogliono co-struire una grande squadra, determinati giocatori li devono far stare bene, devono stare loro vicini, soprattutto nei momenti di difficoltà».Da Montolivo a Gilardino: il bomber non segna

dall’11 settembre. Una provocazione: per tor-nare al gol avrebbe bisogno dei suoi assist?«Gilardino i gol li ha sempre fatti. So che è stato infortunato, che ha avuto dei problemi. E quando rientri da un infortunio non è sicuramente facile. In una situazione delicata come quella che oggi sta vivendo la Fiorentina tutti poi ne risentono. Anche un bomber come lui».Il miglior talento viola di oggi?«Jovetic».Che ricordo ha dell’esperienza in viola? Il mo-mento migliore, se c’è stato, qual è stato?«L’anno con Malesani (1997-98, 5 gol in 26 pre-

senze ndr). Poi ci furono problemi con l’arrivo di Edmundo. Nonostan-te stessi facendo bene, e conti-nuando a farlo sarei potuto arrivare in Nazionale visto che ero già in Under 21, ci furono delle pressioni per farlo giocare. E questo mi dette

fastidio».7 reti segnate in serie A con la maglia della Fiorentina in 46 presenze. Quale ricorda con piacere?«Sicuramente quella contro il Parma in casa in notturna. (Era il 7 dicembre 1997, la partita finì 1-1 ndr)».Prima ha parlato di Mondonico. Ora le chie-do dei tecnici conosciuti a Firenze: Malesani, Trapattoni, Terim (questi ultimi conosciuti di passaggio), Mancini. Tre parole per ognuno di essi…«Con Malesani mi sono trovato bene anche se giocavo in un ruolo non mio, però i primi anni pur di giocare mi andava bene. Terim era un tecnico che faceva vivere bene i giocatori e quindi gli vo-levano tutti bene. Trapattoni era ed è conosciuto da tutti per quello che ha fatto e che sta ancora fa-cendo. Mancini era un allenatore giovane al quale a Firenze non hanno dato tempo di lavorare. Se i tifosi hanno urgenza, se non danno il tempo a determinati elementi della squadra di potersi met-tere in mostra (e parlo di Mancini, ma questo vale anche per i giocatori) non riusciranno mai a crea-re un ciclo vincente».A proposito di Mancini, cosa pensa del suo addio burrascoso a Firenze?«So che ha avuto dei problemi anche con la fami-glia, che non riusciva più a stare in una situazione che nessuno più riusciva a reggere. Una situa-zione dalla quale tutti volevano scappare, perché non c’erano più le condizioni neanche durante la settimana, neanche durante gli allenamenti, di poter lavorare serenamente per preparare bene le partite».

Da Mancini a Mihajlovic. Che idea si è fatto di lui e del suo esonero?«Ho saputo che lui è stato uno di carattere che ha affrontato la gente. Questa è la cosa più bella: quella di affrontare a testa alta chi hai davanti, di spiegare i problemi. Se poi la società non vede più la necessità di avere un allenatore del genere è libera di poterlo cambiare».Ma secondo lei, in base a quanto ha sentito e letto, la società si è sentita “libera” di cam-biarlo oppure si è lasciata condizionare dalla piazza: cioè il malcontento dell’ambiente ha influito sull’esonero di Sinisa?«Sì. Certo».Ci dice, a distanza di tanti anni, quanto ha ostacolato il suo exploit a Firenze la presenza di Rui Costa? In molti hanno pensato che lei non trovasse spazio a causa della presenza del portoghese.«Dipende dal gioco. Quello mio e di Rui erano due ruoli diversi, quindi potevamo sicuramente coesi-stere. Io ho sempre fatto la mezzapunta e quindi potevo giocare dietro Batistuta. Mentre lui faceva il mediano avanzato con a fianco Cois, Schwarz o chi per loro. Volendo potevamo giocare insieme. Non l’ho mai vissuto come un problema».Qual è il più forte giocatore col quale ha gio-cato?«Batistuta».E di Vittorio Cecchi Gori cosa si sente di dire?«Persona generosa, ha pagato sulla sua propria pelle i problemi extracalcistici che suo malgrado si

Jovetic è il miglior talentoPersi l’azzurro per o’ animal

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STADIO17 dicembre 2011 Fiorentina - Atalanta6sono ripercossi anche all’interno della squadra e che lo hanno portato, addirittura, a non poter

più vivere a Firenze. Il brutto di questo gioco è che

la gente purtroppo si ricorda sempre la fine, gli ultimi mesi,

mai la storia della persona, quel-lo che ha fatto per la squadra, per la

società. Questa cosa vale per Vittorio Cecchi Gori, ma in generale per tutti: giocatori, dirigenti, allena-tori. E’ il mondo del calcio».Due parole sulla vicenda clou che l’ha fatta mal volere dalla gente: la messa in mora del-la Fiorentina. Ci racconta come andò? Fu un gesto spontaneo vostro o suggerito da altri? Agirebbe ancora così?«Approfitto della possibilità che mi viene data oggi per dire la verità dopo tanti anni. E’ una cosa che non ho mai fatto perché non mi andava di raccontare come erano andate le cose effet-tivamente. Ma oggi come oggi, ripeto, visto che ho la possibilità di farlo, dico realmente com’era la mia vera situazione. Parlo a livello personale, non di squadra. Io ero a scadenza di contratto e penso di essere stato l’unico giocatore a non aver fatto la messa in mora. Essendo a scadenza di contratto, la mia messa in mora non avrebbe avuto valore. Io non ho assolutamente messo in mora la Fiorentina. La gente questo lo deve capire. Sono stato attaccato perché credo nelle amicizie e presi le difese di un mio compagno di squadra che era in difficoltà. Parlo di Nuno Gomes. Uscivo con lui, parecchie volte mi sono trovato in mezzo a situazioni particolari e non ero certo una persona che lo avrebbe lasciato in pasto ai leoni. Quindi ho preso sempre le sue difese finendo per andarci di mezzo pure io. Ma la situazione reale, ripeto, è che non ho mai fatto la messa in mora, sono andato via da Firenze due mesi prima che finisse il campionato perché ero sta-to l’unico giocatore ad aver preso solamente un mese di stipendio. Non c’era bisogno che facessi la messa in mora in quanto non sarebbe valsa a niente perché a fine stagione mi svincolavo a parametro zero. Questa è la verità che Firenze fino ad oggi non ha mai conosciuto».Il suo pensiero sulla piazza di Firenze?«La città è bellissima, non sono io a doverlo dire e non sono certo io che la scopro. Per quanto riguarda, invece, la Firenze calcistica funziona

così: se vai bene è tutto bello, tutti ti osannano. Se vai male non ti lasciano vivere, non ti lascia-no modo di recuperare la tranquillità per poter cercare di rientrare sulla strada giusta. Non ti danno modo di lavorare serenamente».Cosa risponde a chi dice che se avesse avu-to più testa sarebbe stato un fuoriclasse di altissimo livel-lo e invece in qualche modo si è accontentato di quello che ha ottenuto?«La conferma di questo non è possibile averla. Se dovessi rinascere e fare quello che gli altri dicono, allora potremmo avere il risvolto della medaglia e verificare se è veritiero il giudi-zio di queste persone. Ma siccome questo non è possibile posso anche rispondere che se non avessi avuto questo carattere non sarei nean-che arrivato a giocare in serie A…».Lei non ha mai segnato alla Fiorentina da ex: ha mai pensato a come avrebbe esultato se fosse accaduto?«Non ho mai preparato delle esultanze perché sono una persona molto istintiva e vivevo la gara e tutto quello che la riguardava al momen-to. Forse non avrei esultato, o magari l’avrei fat-to in modo rabbioso oppure in modo tranquillo. Sinceramente non lo so come avrei reagito ad un gol segnato alla Fiorentina da ex».Potesse cambiare il passato, cancellerebbe la sua esperienza fiorentina nell’era Cecchi Gori per giocare sotto la gestione-Della Valle con Prandelli in panchina?«Dico che se non avessi giocato nella Fiorenti-na di Cecchi Gori mi sarebbe stato possibile ar-

rivare a Firenze con Prandelli per-ché è un allenatore che ho seguito ovunque, che mi ha fatto esordire in A. Purtroppo avendo avuto un’e-sperienza negativa precedente, non mi sono sentito nelle condizio-ni di chiedere al mister di portarmi

con sé, non ho mai voluto metterlo in difficoltà».Un parere sul calcio di oggi.«Non è più un bel calcio perché adesso è tutto troppo fisico e si vedono sempre meno giocate. È meno bello guardare una partita oggi rispetto a dieci anni fa».Lei adesso ha attività che non hanno niente a che vedere col calcio. Ha mai pensato di rimanere nel calcio? Le manca?«Adesso non mi manca questo calcio. Non mi manca né giocare, né stare in questo ambiente.

Avendo staccato la spina non ho mai pensato di poter rientrare o fare qualcosa in ambito calcisti-co. Mentre giocavo ho messo su delle attività che oggi preferisco seguire personalmente. E sto bene così. A livello televisivo lo seguo ancora. Mi hanno anche chiamato per fare qualcosa in tv ma sono

uscito da casa a 11 anni, ho fatto lo zingaro per troppo tempo e oggi come oggi non vedo la necessità di fare ancora quella vita».L’Italia di Prandelli…«Mi auguro che i suoi giocatori ab-biano iniziato a capire che persona è e soprattutto il suo modo di inten-

dere il calcio e far giocare la squadra. Poi, per quanto riguarda il prossimo Europeo… faccio il tifo per l’Italia perché sono un italiano ma faccio anche il tifo per Prandelli. Mi auguro che vinca».E un pronostico su Fiorentina-Atalanta, tra una squadra in crisi e una in forma, protago-nista assoluta di questo inizio di stagione?«La partenza dell’Atalanta era scontata perché per recuperare dalla penalizzazione doveva fare una preparazione diversa per essere avvantag-giata rispetto agli altri, per la fame di punti. Bi-sognerà vedere alla fine se riesce a mantenere questi ritmi. Per quanto riguarda la partita di sta-sera, fare pronostici è estremamente difficile, ogni gara fa storia a sé».

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9L’Inter insegna:

SI POSSONO FARE PUNTI SENZA GIOCOLa partita con l’Inter dovrebbe, sulla carta, aver fatto terminare il ciclo di ferro che Delio Rossi ha dovuto affrontare al suo arrivo sulla panchina e stasera con l’Atalanta dovrebbe invece comin-ciarne uno più abbordabile. Sulla carta, perché in realtà è difficile pensare di affrontare squadre peggiori di come lo sono state la Roma e l’Inter, al-meno contro i viola, ed anche perché l’Atalanta sta facendo benissimo e senza la penalizzazione sa-rebbe in piena zona Europa League ed anche il Siena, pur in crisi di risultati, in questo campionato

non ha certo giocato peggio dell’Inter, per tornare al paragone con i nerazzurri. Quello che è certo è che la Fiorentina deve assolutamente fare punti in queste due gare prima della fine del 2011 per non trovarsi a passare il Natale con l’angoscia di dover lottare addirittura per non retrocedere, ipotesi che se non toglierà il sonno a certi protagonisti della pedata in maglia viola, che casomai le notti bian-che le passano per altri motivi, di certo non rega-lerà serenità a tifosi già abbastanza delusi da un bel po’ di tempo a questa parte. Anche l’allenatore

in queste gare dovrà comin-ciare a dare la sua impron-ta, tecnica e caratteriale, alla squadra più di quanto non si sia visto fino ad ora perché se è vero che non poteva fare miracoli, e lo ha detto subito dicendo di non essere Padre Pio, ha però la possibilità, con scelte magari coraggiose anche sul piano degli uomini da mandare in campo, di mostrare che è al lavoro per l’oggi e per il domani, testando

quindi giocatori più giovani e di pro-spettiva al posto di chi, per anagrafe o situazione contrattuale, queste prospettive non le ha. Risposte, in vista del mercato di genna-io, dovrà darle anche la società, ma Andrea Della Valle ha detto che le scelte saranno basate sulla classifica e quindi, anche su questo, le due partite con Atalanta e Siena saranno decisive. Pensare ad una squadra ridisegnata, anche sulla base delle esigenze tecniche e tattiche dell’allenato-re, è doveroso se si vuol affrontare una seconda parte della stagione propedeutica, quanto meno, ad un’annata meno tribolata delle ultime due. In sintesi: nei prossimi tre giorni occorrono sei punti, di riffa o di raffa. D’altronde non c’è bisogno di gio-care bene per vincere: l’Inter insegna...

La 25a oradi Luca Caneschi

Supplemento al n. 46 de ‘Il Brivido Sportivo’

DIRETTORE RESPONSABILE Luca Caneschi

CONSULENTE EDITORIALEAlessandro Rialti

EDITORE E PUBBLICITà Salvini editore srl

REDAZIONE [email protected]

GRAFICA E IMPAGINAZIONE Chiara Reggiani

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STADIO17 dicembre 2011 Fiorentina - Atalanta10Fiore-Atalanta ovvero

L’ULTIMA VOLTA DI BAGGIO E PRANDELLICi sono partite che valgono una

stagione intera soprattutto quan-do si disputano all’ultima giornata. Fiorentina e Atalanta si sono affrontate tra l’altro negli ultimi novanta minuti di campionato sia nel 1986/87

che nel 1989/90, entrambe le volte a Firenze. Nel 1986/87 i viola di Bersellini, dopo un torneo sofferto, si erano salvati alla penultima giornata pareggiando per 1-1 al San Paolo contro il Napoli di Maradona che quel giorno si laureò per la pri-ma volta campione d’Italia. Quando affrontarono in riva all’Arno il 17 maggio 1987 i nerazzurri che avevano bisogno della vittoria per rimanere in se-rie A giocarono comunque ‘alla morte’. E conqui-starono il successo per 1-0 con un gol di Di Chia-ra all’89’. Quel risultato condannò così l’Atalanta alla retrocessione e permise all’Empoli, vittorioso a Como, di ottenere un’insperata salvezza. Tre anni dopo la situazione all’ultima giornata era ca-povolta. I nerazzurri, settimi in classifica, aveva-no già conquistato la qualificazione per la Coppa Uefa, mentre i viola avevano bisogno della vitto-ria per non retrocedere tra i cadetti. Una partita entrata così nella storia quella disputata tra le due squadre al Comunale il 29 aprile del 1990.La Fiorentina, guidata dalla quartultima giorna-ta da Ciccio Graziani dopo l’esonero di Bruno Giorgi, arriva alla sfida decisiva in un clima di tensione dopo la sconfitta rimediata a San Siro con l’Inter la domenica precedente. I viola tra l’al-tro si giocano la salvezza tre giorni prima della finale d’andata di Coppa Uefa con la Juventus a Torino. Graziani comunque pensa solo alla sfida con l’Atalanta e manda in campo la miglior formazione possibile. Scendono così in campo: Landucci; Dell’Oglio (Malusci dall’86’), Volpecina;

Dunga, Pin, Battistini; Nappi (Callegari dall’82’), Kubik, Buso, Baggio, Di Chiara. Con molta fati-ca e anche tanta di paura alla fine la Fiorentina riesce a conquistare il successo che vale la serie A. La partita sembra mettersi bene per i gigliati. La squadra viola, infatti, passa in vantaggio con Buso al 5’. Però, si vede raggiungere dopo cen-toventi secondi da Evair su calcio di rigore. La sofferenza così ricomincia. Nei minuti finali del primo tempo la gara comunque di fatto si chiude nel modo migliore per la formazione di Graziani. Al 35’ Di Chiara realizza il gol del nuovo vantag-gio e al 38’ Cesare Prandelli regala la prima gioia alla squadra che allenerà quindici anni più tar-di, siglando un autogol. Dopo dodici minuti della ripresa, poi, Roberto Baggio fissa il risultato sul definitivo 4-1. La Fiorentina dunque è salva e nell’ultima mezz’ora può cominciare a pensare alla finale con la Juve, mentre i tifosi sugli spalti fanno festa per la scampata retrocessione.Ma sono anche altri i motivi per cui questa partita è poi entrata nella storia. E’ stata, infatti, l’ultima giocata da Roberto Baggio a Firenze con la ma-glia della Fiorentina (successivamente disputerà le due finali di Coppa Uefa contro la Juve a Torino e ad Avellino) e quella in cui Baggio ha segnato la sua ultima rete con la casacca gigliata. Ma è stata pure l’ultima gara da giocatore per Cesa-re Prandelli, che quindici anni più tardi sareb-be tornato in riva all’Arno come allenatore della Fiorentina.

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PAZZOLIVO: TUTTO COMINCIO’ A BERGAMO. Tutto finirà a Milano?

Dici Atalanta e pensi al settore giovanile. E allora ti viene in mente Riccardo Montolivo. Ma parlan-do di lui, non può non ricadere il pensiero anche su Giampaolo Pazzini. E la nostalgia riaffiora su Pazzolivo, su quella parola magica, binomio di due talenti emergenti che a Firenze dovevano diventare grandi insieme. IL RIMPANTO PIU’ GRANDE. Partiamo da chi Fi-renze l’ha già salutata da un po’ con una valigia di sogni che lo ha fatto arrivare lontano: Pazzini. Arri-vato a Firenze nel gennaio del 2005 a soli 20 anni, oggi è il centravanti della Nazionale italiana e di una delle squadre più blasonate d’Italia, l’Inter. Il Pazzo arrivò col sorriso, tante speranze e la voglia di met-tersi in mostra, da toscano, nella squadra più rap-presentativa della sua regione: la Fiorentina. Per lui era un sogno giocare al Franchi. Ma era anche con-sapevole della sua giovane età e di avere davanti un centravanti come Luca Toni impossibile da scal-zare, almeno in quel momento. Un po’ come una montagna da scalare. Lui, però, non si è mai rasse-gnato e si è messo a lavoro. Osservava, si allena-va, si applicava. Uno studente modello che, però, in quel momento non rappresentava il centravanti né del presente, né del futuro per il tecnico gigliato Prandelli, il quale dopo l’addio di Toni e un anno di stasi tra Pazzini e Vieri (un’altra grande montagna), volle nella sua Fiorentina bella e vincente Alberto Gilardino. Pazzini, dal canto suo, soffriva la man-canza di fiducia nei suoi confronti e non poteva più lasciar passare treni in corsa senza tentare di salirci

sopra. Ne andava della sua carriera. Così fece la sua scelta: se a Firenze non aveva spazio, dove-va cercarlo altrove. Doveva fare emergere le sue qualità e scaricare tutta la sua rabbia. Così dopo 25 reti in 108 presenze in serie A con la maglia della Fiorentina (alcune di esse bellissime, perle rare che avrebbero fatto capire a chiunque mastichi di calcio di avere davanti un patrimonio tecnico importante), Pazzini si trasferì a Genova, sponda Sampdoria dove venne accolto a braccia aperte da Mazzarri e Cassano. Da lì (gennaio 2009), la sua definitiva consacrazione. Poi la convocazione per il Mondiale in Sudafrica, la chiamata dell’Inter e la rivincita su chi lo aveva scartato, per poi richiamarlo per fare parte integrante della sua Nazionale, pronta per Euro 2012. C’è chi dice che Pazzini per esplodere non potesse rimanere a Firenze. Altri sono convinti che lo avrebbe potuto fare benissimo avendo co-munque dalla sua la fiducia totale del tecnico. Non c’è mai una prova di quello che poteva essere e non è stato. Quello che è certo è che Giampaolo Pazzini oggi è uno dei centravanti più forti che ci sono in Ita-lia, che l’Atalanta ha ‘colpito’ ancora dando i natali calcistici ad un altro talento (non dimentichiamo che pure Vieri è stato un prodotto del vivaio orobico) e chi lo ha portato a Firenze (Lucchesi-Galli) ci aveva visto decisamente lungo. Oggi il Pazzo è il rimpian-to più grande dell’era Della Valle. FIDUCIA ILLIMITATA. Se è vero che Pazzini non ha fatto altro che avvalorare la tesi che l’ Atalanta è regina nello scoprire talenti, non da meno è Montoli-vo, giocatore che Mondonico ha definito ‘Principino’ per la ‘presunzione positiva’ sinonimo di capacità di credere in se stesso e allo stesso tempo di non essere condizionato da giudizi esterni. Il centro-campista di Caravaggio è arrivato a Firenze pochi mesi dopo l’amico fraterno Pazzini ma, al contrario dell’attaccante, ha sempre trovato spazio in squa-dra. E ha sempre avuto la fiducia totale da parte del tecnico e della società che in passato lo hanno coccolato come un vero componente di famiglia. Prandelli gli ha sempre dato le chiavi della squadra, quelle del giocatore essenziale in fase di interdizio-ne ma fondamentale anche in fase di proposizione. Ogni pallone è sempre passato dai suoi piedi. È lui che detta i tempi del gioco della Fiorentina da ben sei anni dopo una prima stagione a studiare il veterano Liverani. La sua avventura a Firenze ha avuto alti e bassi nei rapporti con la piazza. Ci sono stati momenti di critiche, altri di esaltazione. Alla fine, Montolivo è stato un giocatore che non ha mai

convinto tutti fino in fondo. C’è chi crede che non abbia mai fatto la differenza. C’è chi crede che in un grande club possa perdersi. C’è chi crede che possa definitivamente esplodere ed entrare a far parte dei top player europei proprio inserito in un contesto tipo… Milan. Chissà chi ha ragione. La sensazione è che una volta che una squadra cono-sce Riccardo non possa più fare a meno di lui. Una semplice metafora, questa, per dire che Montolivo è stato spesso criticato (anche quando il rapporto coi tifosi era idilliaco), ma che quando manca la sua assenza si fa sentire come un macigno. Quando manca Monto, il centrocampo è spento, senza idee, senza anima, triste. Montolivo è imprescindibile per la Fiorentina (e anche per la Nazionale). Oggi il rap-porto con la società e il pubblico si è deteriorato, in-crinato. Riccardo, ex capitano viola e giocatore più presente dell’era Della Valle (239 presenze in viola per lui), a giugno arriverà a scadenza di contratto e lascerà (visto il suo carattere, forse in silenzio?) la città di Firenze e la maglia viola, libero di scegliere dove accasarsi. Forse nessuno lo rimpiangerà ini-zialmente… Forse. Poi chissà. RITROVARSI… A MILANO. Si parla di Juventus per Montolivo, ma soprattutto di una tra le due mi-lanesi. Milan e Inter se lo contenderanno. Chi la spunterà nessuno ancora lo sa. Se Riccardo do-vesse finire in rossonero, ritroverebbe l’amico Paz-zini da avversario – come adesso – ma in sfide di maggior valore tecnico e psicologico: i derby. Se invece dovesse scegliere il club di Moratti, allora sì che potrebbe riformarsi quella coppia di ragazzini sorridenti che si ritrovano uomini, campioni e rea-lizzati. Pazzolivo nerazzurro. Sarebbe un po’ come tornare bambini. Sarebbe un po’ come guardarsi indietro, prendere una fotografia di quando con la maglia dell’Atalanta addosso avevano solo spe-ranze e sogni. Sarebbe un po’ come guardarsi allo specchio, vedere gli stessi colori di maglia ma due volti più vissuti, senza più quella barba incolta da adolescenti. Sarebbe un confrontarsi ancora con la voglia matta di portare avanti, anche sul cam-po, un’amicizia e un rapporto di complicità e stima reciproca nato sotto gli occhi vigili dei talent scout orobici. E poi insieme in Nazionale. Come sogna-vano da bambini. Come sognavano quando arriva-rono insieme a Firenze facendo lo stesso percorso calcistico. Gemelli separati dalla nascita, uniti da un pallone e forse, sotto la nebbia, dalla Madunina…

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STADIO17 dicembre 2011 Fiorentina - Atalanta14

Sulle sue spalle il peso dell’esperienza. Fabri-zio Lucchesi, toscano di origine, può vantare un curriculum di elevato spessore. Cresciuto a livel-lo manageriale nell’Empoli allenata da un giovane Spalletti, la consacrazione è arrivata con la Roma prima e la Fiorentina poi. Nella capitale uno scu-detto e una Supercoppa di Lega con una grande squadra allenata da Capello e guidata là davanti da un bomber come Batistuta, a Firenze la gagliarda scalata dalla serie C alla A. Anni di soddisfazioni e di vittorie di quel progetto ripartito con i Della Valle. Fu lui l’artefice del trasferimento di Batistuta alla Roma e fu sempre l’ex direttore sportivo viola a individuare a soli 17 anni un certo Zlatan Ibrahimo-vic, ma non riuscì a chiudere la trattativa e l’Ajax lo acquistò sul finale. Intervistato in esclusiva dal Bri-vido Sportivo, Lucchesi analizza la situazione in casa viola e ci racconta alcuni aneddoti di mercato

relativi alla triade Pazzini-Montolivo-Lazzari. La Fiorentina dopo la buona gara disputata in casa contro la Roma è scivolata nuovamente a San Siro contro l’Inter. Quali difficoltà sta incon-trando? «Le difficoltà maggiori sono di classifica. C’è stato un avvicendamento tecnico sulla panchi-na, la squadra sta avendo alti e bassi, ma non si possono tirare considerazioni dopo così poco tem-po. La posizione in classifica non rispecchia il valo-re di questa squadra». Il suo ex vicino di casa Delio Rossi ha accet-tato una panchina bollente in una piazza pre-stigiosa come Firenze… «Delio Rossi è una persona preparata, i programmi non si misurano settimana per settimana. In questo momento sta lavorando sull’immediato. C’è un progetto ben preciso che va portato avanti». Se potesse esprimere un voto relativo alla ses-sione di mercato estiva quale voto meriterebbe il ds viola? «Non mi piace parlare del lavoro degli altri, Corvino sta facendo molto bene e con il nuovo alle-natore decideranno le nuove strategie di mercato». Da Lazzari ci si aspettava qualcosa in più: al momento non ha espresso al meglio le proprie potenzialità. «E’ un giocatore interessante, pen-so che a Firenze regalerà molte gioie. Ha bisogno di tempo, questa piazza lo consacrerà».Facciamo un passo indietro, lei fu l’artefice di una grande operazione di mercato: la triade Pazzini-Montolivo-Lazzari. Ci racconta come andò? «Feci un accordo con l’allora presidente dell’Atalanta, Ruggeri, che prevedeva l’arrivo di

Pazzini a gennaio, gettando le basi per quelli suc-cessivi di Montolivo e Lazzari».Che cosa prevedeva nel dettaglio l’accordo? «L’acquisto di Pazzini con l’opzione di prelazione sull’acquisto di Montolivo e Lazzari a fine stagione».Fu una trattativa lunga? «La ricordo bene, fu una trattativa lunga, iniziata in tarda serata e finita alle cinque del mattino con l’allora vice presidente viola Cognigni in collegamento telefonico dalla sua resi-denza che rimase sveglio tutta la notte. Mi dette il via libera alle 4,30 del mattino».Come finì? «A fine stagione io andai via, arrivò Corvino che esercitò l’opzione su Montolivo men-tre fece decadere quella per Lazzari».Torniamo al tormentone Montolivo: quando se ne andrà? E dove? «Penso che andrà via a giu-gno, è un giocatore importante. Le società milane-si sono in vantaggio per acquistare il cartellino del giocatore: se oggi dovessi puntare un centesimo lo scommetterei sul Milan».Questa sera la Fiorentina ospiterà l’Atalanta rivelazione di questo campionato: che parti-ta prevede? «E’ una partita molto difficile. L’Atalan-ta è una delle realtà di questo campionato, ha un buon organico e cerca sempre la vittoria. Di contro troverà una Fiorentina che ha voglia di riscatto».Chi sarà l’uomo partita? «Difficile da dirsi, più che l’uomo partita prevarrà il gruppo. La Fiorentina dovrà essere attenta ai colpi di coda insidiosi della squadra di Colantuono».Un pronostico? «Vincerà la Fiorentina».

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A 30.10.11 10A GIORNATA R 25.03.12

3 1 Bologna-Atalanta0 3 Cagliari-Lazio2 1 Catania-Napoli1 0 Fiorentina-Genoa1 2 Inter-Juventus1 1 Lecce-Novara2 0 Parma-Cesena2 3 Roma-Milan4 1 Siena-Chievo1 0 Udinese-Palermo

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A 20.11.11 12A GIORNATA R 07.04.12

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Atalanta-MilanBologna-CataniaCagliari-Genoa

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Novara-FiorentinaPalermo-NapoliRoma-ChievoSiena-Lazio

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Catania-RomaCesena-NovaraChievo-PalermoFiorentina-LecceGenoa-Udinese

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Milan-InterNapoli-BolognaParma-Siena

A 22.01.12 19A GIORNATA R 13.05.12

Atalanta-JuveBologna-Parma

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Udinese-Catania

PARTITA GOL RIGORE C F T C F T RF RC

SQUADRE Pt G V N P G V N P G V N P M.I. R S R S R S T R T RJuventus 30 7 5 2 0 7 3 4 0 14 8 6 0 2 16 5 9 6 25 11 1 1 3 1Udinese 30 7 7 0 0 7 2 3 2 14 9 3 2 2 14 2 4 5 18 7 3 2 2 1Milan 28 7 5 2 0 7 3 2 2 14 8 4 2 0 19 4 12 12 31 16 4 4 1 1Lazio 28 7 3 2 2 7 5 2 0 14 8 4 2 0 8 5 14 6 22 11 0 0 1 1Napoli 21 7 3 3 1 7 2 3 2 14 5 6 3 -7 13 8 9 6 22 14 2 0 0 0Palermo 20 7 6 0 1 7 0 2 5 14 6 2 6 -8 16 7 0 9 16 16 2 2 1 1Inter 20 7 3 1 3 7 3 1 3 14 6 2 6 -8 6 7 11 11 17 18 3 2 6 3Genoa 18 7 3 2 2 7 2 1 4 14 5 3 6 -10 8 6 8 11 16 17 1 1 4 3Cagliari 18 7 1 5 1 7 3 1 3 14 4 6 4 -10 3 5 9 8 12 13 2 2 1 1Roma 18 7 3 2 2 7 2 1 4 14 5 3 6 -10 11 9 5 9 16 18 1 0 3 3Catania 18 7 3 2 2 7 1 4 2 14 4 6 4 -10 7 6 8 14 15 20 3 2 3 3Parma 17 7 4 1 2 7 1 1 5 14 5 2 7 -11 10 5 5 15 15 20 4 3 1 1Atalanta 16 7 3 4 0 7 2 3 2 14 5 7 2 -6 7 4 10 12 17 16 3 2 2 2Fiorentina 16 7 4 2 1 7 0 2 5 14 4 4 6 -12 12 4 1 9 13 13 2 2 1 1Chievo 16 7 3 3 1 7 1 1 5 14 4 4 6 -12 6 4 5 14 11 18 2 1 3 1Bologna 15 7 2 1 4 7 2 2 3 14 4 3 7 -13 7 11 6 9 13 20 1 1 2 2Siena 14 7 3 1 3 7 0 4 3 14 3 5 6 -14 11 7 3 7 14 14 1 1 2 2Cesena 12 7 1 3 3 7 2 0 5 14 3 3 8 -16 5 7 2 8 7 15 3 2 5 4Novara 11 7 2 3 2 7 0 2 5 14 2 5 7 -17 10 11 5 14 15 25 3 3 0 0Lecce 8 7 0 1 6 7 2 1 4 14 2 2 10 -20 7 15 6 11 13 26 2 2 3 3

CLASSIFICA SERIE A

10 Denis G. (Atalanta), Di Natale A. (Udinese),9 Ibrahimovic Z. (Milan),8 Klose M. (Lazio),

7 Cavani E. (Napoli), Giovinco S. (Parma), 6 Jovetic S. (Fiorentina), Marchisio C. (Juventus), Matri A. (Juventus), Palacio R. (Genoa),5 Calaio’ E. (Siena), Nocerino A. (Milan), Osvaldo D. (Roma), Rigoni M. (Novara),4 Di Vaio M. (Bologna), Miccoli F. (Palermo), Moralez M. (Atalanta), Mutu A. (Cesena), Pepe S. (Juventus),3 Basta D. (Udinese), Bergessio G. (Catania), Boateng K. (Milan), Bojan P. (Roma), Cerci A. (Fiorentina), Conti D. (Cagliari), Destro M. (Siena), Hamsik M. (Napoli), Hernandez A. (Palermo), Hernanes A. (Lazio), Isla M. (Udinese), Lavezzi E. (Napoli), Milito D. (Inter), Moscardelli D. (Chievo), Pellissier S. (Chievo), Ramirez G. (Bologna), Rocchi T. (Lazio),2 Acquafresca R. (Bologna), Almiron S. (Catania), Cambiasso E. (Inter), Campagnaro H. (Napoli), Cassano A. (Milan), D’agostino G. (Siena), De Rossi D. (Roma), Diamanti A. (Bologna), Dzemaili B. (Napoli), Giacomazzi G. (Lecce), Grossmuller C. (Lecce), Ilicic J. (Palermo), Kucka J. (Genoa), Larrivey J. (Cagliari), Legrottaglie N. (Catania), Lodi F. (Catania), Lulic S. (Lazio), Maggio C. (Napoli), Maxi Lopez G. (Catania), Morimoto T. (Novara), Motta T. (Inter), Nagatomo Y. (Inter), Paloschi A. (Chievo), Pandev G. (Napoli), Pazzini G. (Inter), Pinilla M. (Palermo), Robinho R. (Milan), Rossi M. (Genoa), Sculli G. (Lazio), Seedorf C. (Milan), Veloso M. (Genoa), Vidal A. (Juventus), Vucinic M. (Juventus), Zahavi E. (Palermo),

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STADIO19

Intrecci di MERCATOdi Alessandro Latini

Che il florido vivaio dell’Atalanta abbia visto tra-piantare le pianticelle più belle e rigogliose in quel di Firenze è un dato di fatto, con Giampaolo Paz-zini e Riccardo Montolivo simboli incontrastati di un’intesa di mercato assolutamente di primo piano. In realtà loro due (di cui parleremo appro-fonditamente più avanti) fanno parte di una nutrita pattuglia di calciatori che da Bergamo hanno rag-giunto Firenze (e viceversa), con la speranza di vedersi aprire le porte del grande calcio. Partia-mo da Domenico Morfeo. Arriva alla Fiorentina nell’estate del 1997, reduce da ottime stagioni in maglia nerazzurra e carico di aspettative. I tifosi viola identificano in lui l’unico vero colpo di mer-cato di quell’estate anche perché Cecchi Gori tira fuori più di 10 miliardi di lire per portarlo a Firen-ze. Arriva per fare il sostituto di Baiano, ceduto al Derby County. Disputa due stagioni su buoni livelli (nella prima è il terzo cannoniere della squadra, dopo gli inarrivabili Batistuta e Oliveira) prima di iniziare un giro d’Italia che lo porta al Milan, al Ca-gliari e al Verona (dove ritrova Prandelli, suo al-lenatore nelle giovanili dell’Atalanta e al quale dà una grossa mano per salvare gli scaligeri con 5 gol in 10 partite). Nel 2000 torna a Firenze di passag-gio perché viene ceduto ancora una volta in presti-to all’Atalanta. Si esprime bene e viene richiamato a Firenze per l’ultima volta. La stagione 2001/2002 (che culminerà con la retrocessione e il fallimento) è sfortunata un po’ per tutti. Morfeo finisce nell’oc-chio del ciclone. C’è chi lo accusa di fingere infor-tuni per non scendere in campo la domenica ed è uno dei sette a cui viene consegnata la celebre ‘maglia della vergogna’ (una t-shirt bianca da far indossare durante gli allenamenti ai giocatori che non erano ritenuti degni di indossare quella viola). Il rapporto con Firenze finisce di fatto lì.FAVOLE SENZA LIETO FINE. Passano gli anni e arriviamo al gennaio del 2005. Galli e Lucche-si bussano alla porta dell’Atalanta e ottengono la comproprietà di un giovane centravanti to-scano: Giampaolo Pazzini. Faccia da bravo ra-gazzo, un fisico ben strutturato e tanta voglia di emergere. Si capisce subito che quel giovane che fa impazzire le ragazzine della curva ha anche un certo talento. Poco senso del gol, è vero, ma quando segna fa venire giù il ‘Franchi’. Il biglietto da visita lo esibisce contro la Reggina, mettendo

a segno il primo gol in maglia viola, ma è un mese dopo contro la Juventus (il 9 aprile) che fa innamorare Fi-renze. Jorgensen taglia il campo per Fantini che con un tocco d’esterno serve il Pazzo al limite dell’area. Controllo con il sinistro e botta mici-diale di destro sotto la traversa, Buffon è pie-trificato. Mano roteante all’orecchio e via, ad esultare sotto una Ma-ratona in festa. Firenze lo adotta e se lo coc-cola, sei mesi più tardi lo raggiunge il suo ‘ge-mello’. Separare Pazzi-ni e Montolivo è un’impresa non da poco, perché i due fanno praticamente coppia fissa anche fuori dal campo. L’arrivo di Montolivo è opera di Pan-taleo Corvino anche se Giovanni Galli aveva già strappato un’opzione (in ogni caso scaduta) per il centrocampista bergamasco. Frizioni fra ds a par-te, il giocatore comincia a crescere sotto la direzio-ne tecnica di Cesare Prandelli e anno dopo anno diventa un cardine del centrocampo viola nonché il capitano della squadra. Entrambe le favole sono però senza lieto fine. Pazzini viene ceduto alla Sampdoria nel gennaio del 2009 (dopo stagio-ni altalenanti che lo hanno visto spesso finire in panchina) e Riccardo Montolivo sta concludendo in modo amarissimo la sua esperienza in viola per le note vicende contrattuali, che all’inizio di questa stagione gli sono costate anche la fascia di capi-tano.L’EROE DI TORINO. Gli intrecci di mercato fra le due società sono proseguiti negli anni, con Corvi-no che ha dimostrato di avere un occhio di riguar-do per il settore giovanile orobico ma anche per i giovani talenti arriva all’Atalanta da oltre Ocea-no. Pablo Daniel Osvaldo, approdato in Italia nel 2006 all’età di 20 anni proprio a Bergamo, arriva a Firenze nell’agosto del 2007 e deve affrontare la pesantissima eredità lasciata da Luca Toni. I tifosi storcono la bocca: un po’ per quel buffo cogno-me e un po’ perché il curriculum del giocatore non è esaltante. In una stagione e mezzo a Firenze mette a segno 5 gol, ma ha l’incredibile capaci-tà di trovare la porta nei momenti più importanti della recente storia della Fiorentina. Due gol a Livorno al debutto, ma soprattutto il gol vittoria in pieno recupero in casa della Juventus (2-3 del 2 marzo 2008) e la storica rovesciata contro il Torino all’ultima giornata di quel campionato, che proietta i viola in Champions League. Se ne va al Bologna per 7 milioni di euro nel gennaio del 2009 (Cor-vino realizza una notevole plusvalenza avendolo pagato 4,5 milioni di euro) anche lui un po’ troppo frettolosamente. Sia Pazzini che Osvaldo rappre-sentano probabilmente i crucci più grandi della società viola. I due giocatori (al pari di Montolivo) fanno ormai parte della Nazionale di Prandelli: a Firenze c’è ancora il rammarico di non aver saputo aspettare questi due talenti.IL CASO BANGU. Chi il talento ce l’ha sicuramen-te, ma ha ancora tutto da dimostrare è Luzayadio Bangu. Probabilmente in molti non sapranno ne-anche chi sia. E’ un attaccante congolese classe

’97 che gioca negli Allievi Nazionali della Fiorenti-na. Alla sua età dovrebbe giocare nei Giovanissi-mi, ma i mezzi tecnici e fisici sono talmente supe-riori a quelli dei coetanei che è stato inserito nella squadra degli Allievi, dove si confronta ogni setti-mana con ragazzi anche di due anni più grandi. Bangu è entrato in questa nostra rassegna per lo stesso identico motivo degli altri. Pantaleo Corvino lo ha prelevato dal settore giovanile dell’Atalanta e il suo trasferimento ha un po’ inasprito i rapporti fra le due società nell’ultimo periodo. Il presidente Percassi ha accusato di furto la Fiorentina, tanto che ha provato in tutti i modi a riprendersi il gio-vane calciatore. Alle accuse Corvino ha risposto così: “Dobbiamo parlare di opportunità creata dal mercato, che non regolamenta i tesseramenti per giocatori di quell’età. Non c’è stato nessun furto, se alcuni giovani ragazzi decidono di passare alla Fiorentina è perché i genitori si fidano del lavoro che facciamo”. Una ‘furbata’ messa in atto dal ds viola, che in quel giovane attaccante ci crede per davvero. Se non bastasse la sua parola c’è anche quella di Mino Favini (uno dei migliori talent-scout italiani), che conosce bene Bangu: “Erano anni e anni che non vedevo un talento del genere, in quella fascia d’età”.PILLOLE DI CALCIOMERCATO. Nomi da coper-tina a parte, è giusto completare la rassegna con le altre trattative che sono andate in porto o che si sono arenate sul più bello. In quest’ultima cate-goria rientra Andrea Lazzari, che alla Fiorentina è arrivato in estate ma poteva farlo molti anni fa. A margine dell’operazione che portò Pazzini a Firen-ze i dirigenti viola strapparono anche una promes-sa di Ruggeri, che nel caso in cui avesse ceduto Lazzari avrebbe dato la precedenza assoluta ai gi-gliati. L’affare non è andato in porto nel 2005, ma il destino ci ha messo lo stesso lo zampino. Chi invece ha fatto il percorso contrario è Luca Ariatti. Arriva a Firenze nell’anno della C2, contribuisce con la sua caparbietà e l’attaccamento alla maglia alla risalita in Serie A, per poi diventare il capitano della Fiorentina. 78 presenze e 2 gol dopo il suo arrivo viene ceduto proprio ai nerazzurri di Berga-mo. Concludiamo con Davide Brivio, che la Fio-rentina preleva dal settore giovanile dell’Atalanta nel 2005. Prandelli lo aggrega spesso alla prima squadra e lo fa anche esordire in A (15 aprile 2006 in Treviso-Fiorentina 1-3), ma il giovane esterno non riesce ad imporsi. Dopo due stagioni l’Atalan-ta risolve alle buste la sua comproprietà, versando 200.000 euro nelle casse gigliate.

DA BERGAMO A FIRENZE: TANTO MERCATO (E QUALCHE FURBATA)

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STADIO17 dicembre 2011 Fiorentina - Atalanta20GIOVANNI GALLI: TUTTI I RETROSCENA

DELL’ACQUISTO DI MONTOLIVOErrori di Corvino? Se avrò occasione glieli dirò a quattr’occhi

Ha difeso la porta della Fiorentina per ben nove anni (dal 1977 al 1986), passando

però anche per grandi squadre come Milan, Napo-li, Torino, Parma per poi concludere la sua carriera da portiere con la Lucchese. Giovanni Galli, l’uomo dalle ‘mani d’oro’, ha però sempre portato nel cuore la sua Fiorentina, squadra che lo ha allevato fin dalle giovanili. La sua carriera da calciatore durata circa vent’anni gli ha regalato sicuramente molte emozioni e anche tanti trofei. Con il Milan l’ex numero uno viola ha vinto tutto, ma due trofei è riuscito a conquistar-li anche lontano dai rossoneri: uno con il Napoli (1 Super Coppa Italiana) e uno con il Parma (1 Coppa Uefa). Grazie alla sua indiscutibile bravura Galli è stato chiamato anche in Nazionale da Bearzot come terzo portiere, dietro a Zoff e Bordon, sia nell’Europeo dell’80 che per il vittorioso mondiale dell’82, ed ha poi disputato il Mondiale dell’86 da titolare. Il rammarico per Galli è sicuramente quello di non essere riuscito a raggiungere traguardi importanti con la Fiorentina della quale però a fine carriera, dopo qualche anno da commentatore e opinionista sportivo, è stato diret-tore sportivo. A Firenze ha contribuito alla scalata che ha visto la Firenze sportiva risalire la china dalla serie C2 alla serie A in soli due anni, riuscendo a portare alla Fiorentina tanti giocatori che hanno dato il loro contributo alla squadra per la rinascita viola. Grazie a lui Firenze ha visto passare atleti tra cui un giovanis-simo Fabio Quagliarella, un difensore alle prime armi come Christian Maggio e il bomber Christian Riganò. Nel 2005 però Galli ha deciso di interrompere il rap-porto con la “sua” società.Lei è stato il direttore sportivo che fece ripartire il settore giovanile dopo il fallimento della Fioren-tina: ci racconta un po’ di quel periodo e di quei momenti? «In quel momento ero il responsabile, il mio lavoro era incentrato molto sulla prima squadra perché mancavano i palloni, le maglie, gli armadietti, lo spogliatoio e soprattutto i giocatori. Insomma man-cava tutto. L’inizio fu dedicato molto alla prima squa-dra. A fianco a me, poi, lavorava Francesco Buso che arrivava già da una vecchia esperienza, aveva già lavorato all’interno della Fiorentina, conosceva tutti, dai genitori ai ragazzi del settore giovanile quindi ci dividemmo i compiti: io seguivo la prima squadra e lui

i giovani. Se siamo riusciti a rinascere è proprio grazie alle energie che tutti nel loro settore hanno messo in modo che la Florentia potesse ripartire».La ‘sua’ Fiorentina puntava molto sui giovani: come mai non viene dato molto spazio ai ragazzi? «Noi ripartendo dalla C2 e sapendo di dover ricostru-ire una squadra solo dal 7 d’agosto, era inevitabile che andassimo a cercare anche i giovani. Non ave-vamo assolutamente niente in quel momento quindi scavai nella mia mente per ricordarmi i giocatori che avevo visionato negli ultimi due anni e successiva-mente li contattai, tra questi c’erano indubbiamente tanti giovani perché avevo seguito squadre Nazionali come l’Under 17, l’Under 19… Con questi e con quei 3-4 ‘anziani’ che dovevano formare lo zoccolo duro della squadra, mi riferisco a Ivan, Di Livio e Riganò, tentammo di risalire la china. Riuscendoci». Secondo lei la Fiorentina ha qualche ragazzo di valore in Primavera? «Io credo di sì. Un esempio è Romizi che dopo un campionato importante disputato con la Reggiana pensavo sinceramente che riuscisse a trovare più spazio nella Fiorentina. Mi auguro che Delio Rossi glielo dia da qui alla fine del campionato. Baba-car, pur essendo arrivato giovanissimo, è stato aggre-gato alla prima squadra, lo stesso Camporese. Molti non sono riusciti a trovare spazio, ma adesso bisogna voltare pagina; l’allenatore che c’era prima (Mihajlo-vic ndr) probabilmente aveva bisogno di più certezze, mentre il tecnico di ora ha lavorato molto anche con i giovani quindi si apre per tutti un capitolo nuovo». Come ha detto lei sono stati tanti in questi anni i ragazzi che sono stati portati in prima squadra: Di Carmine, Babacar, Camporese, Romizi, Iemmello, Carraro… come mai nessuno di loro è riuscito a conquistarsi un posto da titolare? E perché ven-gono mandati in B o C a farsi le ossa e poi non se ne sente più parlare? «Partiamo dal presupposto che quando si è giovani si può commettere anche qualche errore che puoi pagare, dopodiché credo che vada fatto un discorso diverso. Molti dei ragazzi nominati purtroppo si stanno perdendo perché il mec-canismo non è molto automatico, il fatto di mandarli in giro per l’Italia a farsi le ossa non è detto che sia produttivo. Se ci fosse una riforma a livello nazionale e si istituisse un campionato riserve si potrebbe ab-bassare l’età della Primavera. Si avrebbe così una squadra intermedia nella quale poter utilizzare quelle pedine che non giocano in prima squadra. Si potreb-be così continuare a crescere in casa i giovani bravi del settore giovanile e farli giocare con atleti formati in modo da far loro assaporare anche lo spogliatoio della prima squadra».Sabato scorso abbiamo visto scendere in campo il giovane Salifu, ci dà un giudizio su questo giova-ne? «Il ragazzo ha già giocato in B per cui non è gio-vanissimo, visto che in Inghilterra i ragazzi giocano in prima squadra a 17 anni mentre in Italia purtroppo fan-no ancora gli Allievi. Il ragazzo contro l’Inter si è inserito molto bene: ha fisico, corsa e ottime qualità. Credo che diventerà un giocatore molto interessante tra quelli che potranno portare linfa nuova a questa Fiorentina».Quali errori secondo lei ha commesso Corvino in questi anni? «E’ difficile rispondere a queste doman-da. In questo lavoro si fanno delle cose positive, ma an-che negative, è normale, ma non spetta a me giudicar-lo. Magari se ci troveremo a quattr’occhi io e lui gli dirò quello che penso piuttosto che mandarglielo a dire».Il ds viola è in scadenza di contratto e potrebbe essere agli sgoccioli di questa sua avventura con

la Fiorentina: secondo lei a giugno se ne andrà? Se sì chi potrebbe essere il sostituto? «Sincera-mente non so se sia arrivato al capolinea o meno con la Fiorentina. Certo oggi la situazione non è così semplice, è un momento molto strano perché se-condo me i giocatori ci sono e ci sono anche tutte le componenti, ma penso che debba essere ristrutturato qualcosa all’interno. Io partirei da una figura istituzio-nale, serve una persona che rappresenti la società, che faccia o il direttore generale o il presidente, al po-sto della famiglia Della Valle. Ovviamente i Della Valle devono rimanere come proprietari, però penso che serva un uomo che sia presente e viva ventiquattro ore al giorno, sette giorni su sette, la realtà di Firenze. Non credo che sia redditizio il fatto di tenere un uomo part-time a fare il presidente o fare il presidente a 800 km di distanza. Bisogna vivere la quotidianità in modo da vigilare su quello che succede e sul lavoro dell’al-lenatore, del direttore sportivo e degli stessi giocatori. Vedrete che così facendo ci sarà la partecipazione da parte di tutti e quindi anche più punti in classifica. Per quanto riguarda il direttore sportivo, è quello che deve eseguire gli ordini che arrivano dall’alto e anda-re a scegliere i giocatori, mentre il direttore generale è colui deve portare 3-4 milioni di euro dalle sponso-rizzazioni e fare accordi internazionali. Questa è la filiera corretta che deve partire dalla proprietà per poi passare attraverso la figura istituzionale, il resto sono tutti dipendenti e devono eseguire gli ordini». Parlando di mercato, Riccardo Montolivo lascerà la Fiorentina. I viola riusciranno a trovare il ‘giu-sto’ rimpiazzo? «Bisogna a questo punto capire che cosa desidera la proprietà, qual è il progetto di questa società: un progetto giovani, un misto tra giovani e vecchi… Per esempio il Chievo prende tutti giocatori a giro per l’Italia e per l’Europa che hanno fallito, li rilancia e li rivende, questa è una politica; l’Udinese gira il mondo, prende tutti i giocatori più bravi pagan-doli delle cifre interessanti, li ‘costruisce’ e li rivende e questa è un’altra politica; deve esserci quindi un’idea di come si vuole fare il calcio. La Fiorentina ha scelto un allenatore molto bravo che ha lavorato con i gio-vani e che sa insegnare calcio e questa credo che sia

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STADIO21

la cosa fondamentale. A questo punto si deve chiedere al mister qual è la sua idea di calcio, dove vuole arrivare e con quale squadra. Rossi può chiedere per esempio un giocatore con le stesse caratteristiche di Montolivo oppure no, ma quello che deve essere chiaro è che quello che chiede l’allenatore gli sia dato».Rimanendo su Montolivo visto che stasera c’è l’Atalanta, l’ex squadra di Riccardo, ci può raccontare il arrivo a Firenze? «Chia-riamo una volta per tutte questa storia. Noi andammo a prendere Pazzini, lo pagammo in-torno ai 5 milioni di euro e all’interno di questo contratto c’era scritto che noi, a parità di con-dizioni, avremmo avuto la prelazione su Mon-tolivo che scadeva intorno alla fine di maggio. Dopo poco però noi uscimmo dalla Fiorentina e arrivò Corvino. Forse questo documento di cui vi ho parlato il ds viola non l’ha mai visto perché nessuno gliel’ha mai fatto vedere, pro-babilmente per poca conoscenza, per timore o non so per quale altro motivo. Resta il fatto che Montolivo è arrivato alla Fiorentina un paio di mesi dopo la scadenza della prelazione, per cui noi avevamo fermato il giocatore e Corvino poi lo comprò. Da parte mia non c’è nessun rancore nei confronti del ds viola perché l’ha comprato, ma magari un po’ di rabbia perché poteva prenderlo due mesi prima della scadenza della prelazione. Alla fine però non impor-ta perché non erano mica soldi miei quelli che aveva speso. Quello che dovevamo fare lo avevamo fatto,

una volta andati via non potevamo prenderci le re-sponsabilità di quello che stavano facendo gli altri».I bergamaschi in quegli anni avevano una squa-dra di giovani promettenti, voi riusciste a portare in viola Giampaolo Pazzini: cercaste di portare a Firenze nello stesso anno anche Lazzari?«Sinceramente no. Era un ragazzo molto interessan-te, ma non potevamo prendere tutta l’Atalanta. Quello che posso dire è che il primo anno che giocò titolare

in Serie A gli demmo un premio in memoria di mio figlio Niccolò, come miglior giovane esordiente».La Fiorentina è a corto di attaccanti e il ‘Tan-que’ finora non ha convinto: cosa pensa di questo giocatore? «Inizialmente avevo dei dub-bi su questo giocatore, mi lasciava perplesso il fatto che fosse un giocatore di 31 anni, che aves-se già avuto esperienze in Italia e che la squadra di appartenenza fosse così euforica perché la Fiorentina gli aveva pagato la clausola rescisso-ria. Una società che perde il cannoniere di due campionati ed è orgogliosa di farlo, ti fa capire che c’è qualcosa che non va. Sinceramente non conoscendolo gli avevo dato tutto il tempo neces-sario perché potesse ambientarsi e fare qualcosa nel nostro campionato, ma sinceramente a que-sto punto non credo che sia all’altezza». I viola molto probabilmente a gennaio torne-ranno sul mercato. Che reparti dovrà andare a rinforzare secondo lei Corvino? «Intanto c’è un allenatore nuovo e credo che debba essere lui a dare dei suggerimenti, in base al tipo di gioco che vorrà fare. Sicuramente servono due attac-

canti o per lo meno uno. Bisognerà inoltre capire la vicenda di Montolivo, come Corvino farà a recu-perare quei 20 milioni per ripianare il bilancio del mercato estivo, se ci saranno delle cessioni impor-tanti oppure no. Insomma non è così semplice la questione. Quello che è ovvio è che con Gilardino e Silva come riserva non si va da nessuna parte. Un attaccante è necessario».

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FEBBRE A QUARANTA: ma che tristezza pensando all’Europa

La Firenze ammalata di viola scopre di avere di nuovo la febbre

a quaranta. Come il minimo sindacale di punti che le statistiche indicano per la quasi

certa salvezza. Come l’anno scorso, quando a metà campionato alcuni tifosi impauriti iniziarono tremebondi a contare i punti che mancavano alla quota fatidica. Oggi alla Fiorentina di punti ne mancano ventiquattro. Certo, quest’anno c’è il valore aggiunto del nuovo allenatore, ma la paura comincia ad affiorare nei volti tesi e tirati della gente. Qualcuno si dice contento dei quattro punti guadagnati nel ciclo di ferro con Roma, Inter, Milan e Palermo (ma ci vogliamo mettere dentro anche il Chievo?) e che adesso avremo di fronte

squadre alla nostra portata: Atalanta, Siena, Novara… Ma che tristezza per chi aspirava all’Europa League. Per chi era partito, a inizio stagione, con la segreta speranza di aver buttato alle ortiche i grigiori dell’anno scorso. E che invece si ritrova a dover fare i conti, come un anno fa, con la matematica, e a confrontare i punti fatti con le partite giocate! La delusione, la noia e lo sconcerto sono fortissimi. La Viola gioca malissimo. Segna pochissimo. I giocatori nuovi sembrano degli alieni capitati lì per caso. Qualcuno dice che a Natale, con la sosta, Rossi dovrà rifare la preparazione. Intanto si mormora che abbia fissato allenamenti fino al 30 dicembre (compreso) e anche per il primo gennaio (però di pomeriggio). Che colpo per chi pregustava di

inaugurare la nuova villa al mare o per chi sperava di andare a gozzovigliare in Sudamerica, tornando poi insieme ai Re Magi grazie a qualche sciopero aereo. Purtroppo la febbre comincia a salire. È vero che oggi la squadra ha uno Jovetic in più, ma ha in meno uno svincolato e qualcuno che vorrebbe già esserlo. E mentre i giocatori continuano a scusarsi e a dire che ce la metteranno tutta, che Rossi è un grande allenatore e così via − curiosamente le stesse cose dette quando c’era Mihajlovic − qualcuno dovrebbe avvertirli che bisogna iniziare la scalata ai quaranta, cominciando da stasera. Per poi cercare di buttarsi dietro le spalle l’ennesima delusione. Sperando, la prossima volta, di poter buttare via il termometro.

Fuorigiocodi Duccio Magnelli

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STADIO23

Le probabili formazioni FIORENTINA - ATALANTAJovetic sembrerebbe recuperato. Montolivo no, così come Cassani. E allora Delio Rossi proverà con ogni probabilità a lanciare nella mischia dal primo minuto Salifu al centro della mediana con Lazzari vertice alto del rombo se opterà per il 4-3-1-2, come interno di centrocampo se sceglierà il 4-4-2. In ogni modo, dopo la buona prova di San Siro, il ghanese do-vrebbe scendere in campo dal primo minuto. Promosso anche

il difensore Nastasic che, dopo l’infortunio capitato a Natali in occasione del gol di Pazzini a Milano, potrebbe prendersi un posto da titolare al centro della difesa accanto a Gamberini. Formazione tipo, invece, per Colantuono che avrà a disposi-zione la squadra che nella prima parte della stagione è stata protagonista di un campionato strepitoso e, in particolar modo, del bomber Denis (10 reti), soprannominato come il nostro Santiago Silva “Tanque”, giocatore al quale la retroguardia gi-gliata dovrà fare molta attenzione.

FIORENTINA (4-3-1-2): Boruc; De Silve-stri, Gamberini, Nastasic, Pasqual; Behrami, Salifu, Vargas; Lazzari; Jovetic, Gilardino. All.: Rossi

ATALANTA (4-4-1-1): Consigli; Masiello, Lucchini, Manfredini, Bellini; Schelotto, Ciga-rini, Carmona, Padoin; Moralez; Denis.

All.: Colantuono

Arbitro: Peruzzo (sezione di Schio);

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STADIO17 dicembre 2011 Fiorentina - Atalanta24FURIO VALCAREGGI, COME ESSERE ‘VIOLA SCURO’

La Primavera è l’architettura futuraAllo stadiodi Luca Capanni

Furio, ma che significa essere “viola scuro”? «E’

molto semplice, il viola scuro è libero, ha la Fiorentina nella testa e

nel cuore. Tutto qua, non ci sono tesse-ramenti, né gerarchie o altro». Furio Valcareggi, fiorentino di piazza Santa Cro-ce, agente di mercato nonché dirigente della Settignanese e, ovviamente, figlio di Ferruccio, indimenticato allenatore della Fiorentina e della Nazionale. Furio è anche l’artefice del tormen-tone “viola scuro” e dell’omonimo programma di Lady Radio.«Chi è viola scuro è innamorato di Firenze e la mattina si alza volentieri. La Fiorentina è un’esten-sione di Firenze, è il proseguimento di piazza della Signoria, del Ponte Vecchio, del Duomo… E’ un monumento anche lei, è una delle bellezze della nostra città». Una metafora romantica e suggestiva che vale la pena sviluppare. La Primavera viola a quale piazza o monumento fiorentino è paragonabile? «La Primavera è una roba importante, è l’investi-mento per costruire qualcosa di bello e di grande. In poche parole è l’architettura futura, è come la Cittadella Viola». Le partite della Primavera sono un “must” per un viola scuro? «Non è detto, non c’è da timbra-re il cartellino. Siamo in tanti ad essere viola scuri, siamo tutti, purché attaccati alla Fiorentina e alla città. Personalmente non mi perdo una partita della Primavera ma non deve essere un obbligo». Quanti e come sono i tifosi della Primavera? «Di solito siamo in seicento circa, più o meno sempre gli stessi. Poi, quando arrivano avversarie come

la Juve o l’Inter, il numero lievita. Il tifo è caloroso e incoraggia la squadra senza far polemiche; c’è gente di tutte le età e di tutte le categorie, un po’ come nella Maratona del ‘Franchi’. Il fatto che i ra-gazzi giochino in una struttura bellissima ma un po’ fuori mano, ovvero al ‘Poggioloni’ di Fiesole Caldi-ne, forse limita un po’ l’affluenza. Un impianto più a portata di mano potrebbe invogliare i tifosi, e noi della Settignanese ci candideremo a ‘prendere’ la Primavera non appena avremo terminato i lavori di copertura della tribuna, cioè tra un paio di mesi». Quali sono i giovani idoli viola? «E’ un bel grup-po, che sta maturando in fretta grazie ad un allena-tore esperto come Leonardo Semplici. Il pubblico segue con attenzione Camporese, Babacar, Cam-panharo e Acosty. Quest’ultimo secondo me è vi-cino al salto in prima squadra, è un ottimo esterno che può far comodo considerando anche l’irregola-rità di Cerci». A proposito di giovani, come giudica le diffi-coltà del rinnovo contrattuale di Romizi? «Lui è assistito dal Gruppo Branchini, che negli ultimi tempi ha avuto dei problemi con la società per le questioni relative a Zanetti, al giovane Masi, a Frey e a Montolivo. Forse è sorta un po’ di antipatia fra le controparti, questo può succedere. Tuttavia, sia i procuratori di Romizi che il direttore Corvino sono persone navigate che sanno fare il loro mestiere, non vedo problemi insormontabili. Se l’intesa non arriva, generalmente è per una questione econo-mica, inutile girarci intorno. Se Romizi chiedesse subito 250mila euro all’anno sbaglierebbe, ma questo i suoi agenti lo sanno benissimo. Proba-bilmente stipuleranno un contratto progressivo». E’ d’accordo con chi vorrebbe un utilizzo mas-

siccio della Primavera in prima squadra? «Il calcio è strano, non ci sono regole. Comunque io inserirei questi ragazzi gradualmente e non in massa. A me piace fare la formazione il sabato, perché il lunedì col senno di poi è troppo facile. Ed il sabato preferisco sempre Vargas ad un ragazzo delle giovanili, tanto per fare un esempio. Se poi perdiamo, il lunedì sono avvelenato, ma dal mar-tedì in poi penso già a vincere la prossima. E non penso mai a cacciare questo o quello, perché so che quando si caccia un allenatore, un dirigente o chicchessia, vuol dire che la Fiorentina sta andan-do male. Io voglio che la Fiorentina vinca sempre». E così sia, l’Atalanta è avvisata…

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QUANDO L’ORGOGLIO VALE DAVVERO PIU’ DI TUTTO

Senza Filtrodi Federico Pettini

… ma c’è qualcosa che ti frena, è sempre il solito orgoglio che ti frega.

Corri e fottitene dell’orgoglio, ne ha rovi-nati più lui del petrolio, ci fosse anche solo una probabilità, giocala giocala giocala…”

<<Buongiorno, cari ascoltatori di Radio Senza Filtro. Questa settimana la trasmissione ver-rà trasmessa senza stacchi pubblicitari e in versione ridotta in segno di profondo rispetto per quanto è accaduto martedì scorso contro la comunità sene-galese. Avete appena ascoltato Giocala, di Vasco Rossi. E noi oggi dobbiamo giocarci l’ultima parti-ta dell’anno davanti al nostro pubblico. Fiorentina e Atalanta, squadre diverse, ambizioni diverse e classifiche alla vista identiche. Sedici punti conqui-stati per le due squadre che si trovano a vagare nel limbo del nulla. Né Coppe, né retrocessione. Ma, se non ci fosse stata la penalizzazione per il calcio scommesse, l’Atalanta sarebbe molto più alto, al quinto posto addirittura e la partita di oggi quindi avrebbe un valore del tutto diverso. Vince-re vuol dire ripartire dalla brutta sconfitta di Milano, dove si è visto una volta per tutte che i ricambi non sono assolutamente all’altezza dei titolari. I giova-ni sono anche meglio. Perché forse in quello che fanno c’è un pizzico di orgoglio in più. Appunto l’orgoglio. Atalanta che con l’orgoglio ha superato lo scoglio della penalizzazione e merita ben altra classifica, la Fiorentina di oggi il cui orgoglio è una voce sparita dal vocabolario ma che nel passato ne ha fatto le fortune. Storie simili con finali diversi. Sei i punti di penalizzazione per la squadra di Co-lantuono, tre anni e mezzo per il giocatore simbolo, Doni. Una mazzata che avrebbe atterrito chiunque. Non loro. Che proprio spinti da tutta questa storia infilano un pareggio e tre vittorie all’inizio del cam-pionato, che vuol dire senza il meno sei, vetta della classifica. E oggi l’Atalanta viene a Firenze con l’in-tento di fare risultato. Perché ormai oggi, spiace dir-lo, risultato a Firenze pensa di poterlo fare chiunque. Il mordente, la passione e l’unità di intenti sembra smarrita. Sono le individualità a fare la differenza e se queste mancano si rischia spesso di fare fi-guracce, come a Milano. Ma quando la Fiorentina aveva meno diciannove punti all’inizio del campio-

nato 2006/2007, tutto questo non mancava. Ci volle qualche giornata per guardarsi negli occhi e decide-re davvero quello che si voleva fare. Per se stessi, per una maglia, per una città. Alla fine, quella caval-cata portò alla qualificazione in Europa League che con quei 15 punti più (la penalizzazione era stata ridotta da 19 a 15 punti), sarebbe stata Champions. C’era Dainelli e c’era Liverani, c’era Mutu e c’era Toni, c’era Pazzolivo, c’era Ufo e Martino, c’era Prandelli. Sembra passata un’epoca. Nonostante alcuni dei giocatori che hanno vissuto quei momenti siano ancora vestiti di viola (Gamberini, Kroldrup, Pa-squal, Montolivo), le cose sono completamente cambiate. Fanno più discutere le serate nei loca-li che le partite della domenica. Oramai a Firenze si parla di tutto tranne che di calcio. L’arrivo del nuo-vo allenatore ha ridato un minimo di entusiasmo, ha scosso qualcosa, ha portato una nuova spinta. Ma ancora c’è chi resta fuori perché è malato, quan-tomeno ufficialmente. E allora gennaio va sfruttato al massimo. Delio Rossi dovrà fare un grandissimo lavoro, scegliere chi resta e chi parte. Anche subi-to. Anche a poco. Ma questa squadra va ripulita da tutti quegli elementi che non solo non fanno il bene della Fiorentina, ma che la danneggiano.Con o senza Corvino, è lo stesso. O forse no. Bene gente, il tempo a nostra disposizione oggi è finito. Questa settimana vi lascio con Overkill, di Colin Hay Band. E tutti allo stadio oggi, faccia-mo gli auguri a questa Fiorentina. Sempre che la squadra poi li faccia a noi nel migliore dei modi. Alla prossima!>>

Sgattaiolando fuori in tutta furia, Charlie per poco non si scontrò dietro l’angolo della palazzina con Jack, un ragazzo che aveva conosciuto la sera prima al pub. Una birra, quattro chiacchiere, una rissa nata e finita senza troppo rumore. Un occhio nero e poco più. “Fai schifo”, il suo buongiorno.“Te non sei un fiorellino da cogliere nei campi”, quello di Charlie.Il telefono squilla. “Com’è che vieni a lavorare con quella faccia? M’hanno detto che non eri presen-tabile”. Era il direttore Calderone.“Sono cose che succedono”.“Ecco, non devono succedere. Comunque vole-vo parlarti d’altro. Ci sarà una grande rivoluzione a gennaio. I fondi saranno tagliati e più della metà dello staff verrà fatto fuori. Quindi, se non vuoi es-sere tra questi, come lo sono anche io, vedi di non fare cazzate”.“Va bene, sono con un amico ora, la chiamerò domani così mi spiega meglio. Ci devo fare l’abi-tudine a queste cose. Forse mai ce la farò. Sarà che sono troppo sensibile o nella testa chissà che c’ho”, Charlie mise giù senza sprecare altro tempo.“E’ solo dopo aver perso tutto che siamo liberi di fare qualsiasi cosa”, disse Jack, con calma, che poi continuò. “La pubblicità ci fa inseguire le auto e i vestiti, fare lavori che odiamo per comprare cazzate che non ci servono. Siamo i figli di mezzo della storia, non abbiamo né uno scopo, né un posto. Non abbia-mo la grande guerra, né la grande depressione. La nostra grande guerra è quella spirituale, la nostra grande depressione è la nostra vita. Sia-mo cresciuti con la televisione che ci ha convinto che un giorno saremmo diventati miliardari, miti del cinema, rockstar. Ma non è così. E lentamente lo stiamo imparando. E ne abbiamo veramente le palle piene”.Charlie annuiva, riflettendoci su. Forse era davve-ro il momento di cambiare e di mollare tutto. Non prima però di essere andato allo stadio.

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Ovvia che, digerita co’ un barile d’Arka Sertzer la legnata di San Siro e

si riparte pe’ la prossima. O icche tu ci vo’ fare? E gli è i’bello di’carcio, che i’ verso di’ rifas-si e vien presto, a i’massimo una settimana. E gli arrivano a i’Franchi e’ nerazzurri taroccai, quelli di Bergamo, montagnosi e contadini, duri come e’ ceppi. Speriamo di rifassela con loro de’ dispiaceri che ci han dao e’ nerazzurri DOC. E un c’è miha tanto da scherzare perché ridendo e scherzando e gli arebben fatto se’ punti più di noi e, se e ci sono a pari gli è sortanto pe’ la penalizzazione che la gni vien da qui’ vizio di gioho che un si voglian leare. I’ gioho de’ tarocchi alle partite, non quello di’carcio. E gli hanno anche preso i’Tanche vero e quello fasullo

e ce l’hanno lasciao a noi. Qui’

Dennisse che a Napoli e un movea tirella e anche a Udine e un n’è che abbia fatto sfracelli, e gli arria a Bergamo e marca a ripetizione! O va’ a capilli e Tanche! Bho? E basta che un marchi da noi e poi e po’ fare e’ miraholi che vole. E noi? Caravaggio e Nasello e sono ‘n restauro, speriamo che si ripiglino perché no la riedo buia. Senza loro e siam più sper-si d’un cieco n’una sparatoria come e dihan e mi’ amici brasiliani. Anche perché quegli artri due che potrebben facci fare il sarto di qualità, iGGila e l’Inca, e seguitano a mandare a giohare e fratelli grassi e’ cugini scarsi. E allora come e si fa? Fae come e vi pare, mettete le candele e fae le macumbe, però co’ bergamotti e bisogna vincere e ci son pochi discorsi se no la faccenda e la si fa scura. Di tutta quella banda che l’ha preso i’Corvo quest’estate che ce ne fosse uno bono! E allora largo a’ giovani, perlomeno

e si perde pensando a i’ domani. Basta con questa storia dell’antipatia pe’ Romme, Romulo e Romizi ‘n campo, ‘nsieme a Salifu, Nastasicce e i’Baba. Un ci fate riedere un’artra vorta i’sosia di Don Bachi, i’non risorto, i’marocchino e i’Tanche, pe’ piacere, e si son belle visti anche troppo e se Borucce e un la smette di andare a fa’ girate for da’ pali fori tempo e un si da’ i’ crosè a’ piedi e si lancia anche Neto che se un gioha alla fine e fa’ come l’ova anche lui. Linea verde pe’ la viola, armeno e si vedrà correre, spe-riamo. I’nonno ‘nvece e corre alle su’ bocce (sue, di lui, di qui’gobbaccio su che tanto e un se n’accorge preso come gli è dalle vertigini da primato, ora che un c’era più abituato). Bevuo di suo e gli è anche più bono, ma prima, come sempre, anzi più forte: Forza Violaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!

Pungo, pungo Franz Beckenbauer, ex fuoriclasse tede-sco, che si dichiara contrario all’installazione di una tele-

camera sulla linea di porta, sostenuta dalla Fifa per evitare i ‘gol fantasma’. Beckenbauer ritiene che l’esperimento dei due arbitri supplementari sulla linea di fondo abbia dato esito positivo. “Sono

d’accordo con Platini per i due arbitri supplementari. Il football è un gioco sempli-ce con regole semplici, che vive di emozioni. La progressiva introduzione della tecnologia potrebbe prevaricare l’elemento umano del gioco”. La progressiva in-troduzione della tecnologia avrebbe come unico inconveniente, invece, per quelli come lui appartenenti alla “Casta”, di diminuire la possibilità di manipolazione delle

partite importanti. E ne abbiamo doloroso e recente ricordo col famoso Ovrebo e gli abbracci in tribuna del Franz e di Platini. Una telecamera ed un replay avrebbero rotto le uova nel paniere, indubbiamente. Questa è almeno l’impressione che hanno da sempre dato tutti i tentativi, finora co-

ronati da successo, di ritardare l’ingresso della tecnologia nello sport più popolare del 2000, dopo che è già entrata in tanti altri sport che muovono tanti meno soldi. E’ proprio questa la ragione? L’enorme quantità di denaro in gioco ha bisogno di essere “gestita” e non lasciata alla fredda ed imparziale decisione di un aggeg-gio elettronico? Molto meglio che a decidere sia l’“elemento umano del gioco”, manipolabile o anche solo fallace (magari occhiutamente fallace) come tutte le cose umane. Puncicatura profonda quindi al Franz, e senza rimorsi, già data in precedenza sull’argomento a Platini, a Blatter e a quanti altri reggono le sorti del calcio internazionale.

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STADIO17 dicembre 2011 Fiorentina - Atalanta30

Chi meglio di Renato Buso co-nosce Amidu Salifu, salito agli

onori della cronaca dopo la buona prestazione di sabato scorso contro l’Inter, uno dei pochi a salvarsi del gruppo viola. Sicura-mente lo ha aiutato l’esperienza in B fatta col Vicenza, eppure Salifu, centrocampista gha-nese, è giovanissimo, classe 1992. Quando venne acquistato nel gennaio 2011 in compar-tecipazione dal Vicenza, Buso lo inserì imme-diatamente nella formazione titolare a formare la coppia di centrocampisti bassi con Agyei. La squadra della Primavera di Buso, già ottima, con il suo inserimento fece un ulteriore salto di qualità che le permise di vincere la Coppa Italia e arrivare alla semifinali scudetto. Ma soprattut-to Salifu dette l’impressione di avere già espe-rienza assicurando serietà e massimo impegno. Proprio Buso, il suo primo allenatore in viola, spiega ai lettori del Brivido Sportivo le qualità ed i margini di miglioramento di questo ragazzo. Come giudica la prova di sabato di Salifu contro l’Inter? «Mi fa piacere che sia entrato a Milano, anche se in una partita già compro-messa. Ha doti fisiche importanti ed una buona tecnica. Con calma credo che Rossi lo possa gestire bene ed inserire pian piano. Salifu ha fatto bene anche a Vicenza, ha già accumulato un po’ di esperienza. E’ un giocatore importante che va gestito».In cosa può ancora migliorare? «Soprattut-to la parte tattica: è molto ordinato in campo, ha eccezionali doti fisiche, è veloce e robusto.

Ha grandi margini di miglioramento anche per quanto riguarda l’aspetto tecnico, ma que-sto è un giocatore di alto livello che potrebbe già giocare in serie A. Anche se fare il salto di qualità dalla Primavera alla prima squadra non è semplice».Secondo lei, tatticamente, qual è il modulo che gli si addice di più? «Può giocare sia in un 4-3-3 come interno di centrocampo, sia in un 4-2-3-1 ed era come lo utilizzavo io in cop-pia con Agyei. Ha un discreto passo, è molto bravo nel contrasto e nell’aggredire, quindi se-condo me non ha grosse difficoltà con il modulo adottato da Rossi».Lei che conosce entrambi perché Salifu è stato preferito a Romizi? «Anche se cono-sco meno Romizi, sono giocatori completamen-te diversi. Marco è un classico play basso dotato di un’ottima tecnica, Salifu tende più al contra-sto, alla velocità e alla fisicità. Andrebbero fatti giocare insieme, uno non sostituisce l’altro».Invece rispetto a Daniel Agyei? «Salifu ed Agyei sono simili, giocano veramente alla pari. Secondo me Salifu è stato scelto perché, aven-do giocato già in B, è leggermente più avanti ma tutto sommato si equivalgono. La preferenza è stata dettata dall’esperienza e dal fisico». Da quando è arrivato Rossi ha visto migliora-menti nella gestione dei giovani? «Non credo che Mihajlovic abbia trascurato i giovani, anzi li prendeva in seria considerazione! Delio, es-sendo arrivato da poco, vuole vedere tutti, avere un quadro chiaro della situazione come è giusto

che sia. Anche in passato Rossi ha fatto ottime valutazioni sui giovani, nelle sue esperienze nel-la Lazio, a Palermo eccetera portando i ragazzi della Primavera in prima squadra. In generale il nuovo allenatore sta cercando di ridare entusia-smo e smalto alla prima squadra, cose che sono mancate in questa prima parte di stagione».

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