BRESCIA COME NON L’AVETE MAI VISTA - 16 - Ottobr… · adatta a me. E ne trovo diverse. La prima...

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RE LEISURE&LIFESTYLE NUMERO 16 . 2017 . OTTOBRE . PUBLIMAX EDITRICE . WWW.PUBLIMAX.EU . EURO 10,00 BRESCIA COME NON L’AVETE MAI VISTA Osteria COVER STORY Valle Bresciana

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Annalisa [email protected]

BRE EDITORIALE

numero sedici

Non ricordo se in uno dei miei editoriali ho già affrontato questa tematica che come un boomerang ritorna al mittente lasciandomi sempre quel vuoto già program-mato ma al quale spesso vorrei dare fiducia... ed è sempre come se fosse la prima volta... “correttezza, questa sconosciuta”

Sin da piccola i miei genitori mi hanno allevato a pane e “savo-ir-faire” indicandomi la giusta via per coesistere insieme al prossi-mo. Un’attitude tipicamente da donna farcita da modi gentili e qualche briciola di galateo ma al tempo stesso mi hanno donato il più ma-gnifico degli insegnamenti ovvero quello di imparare ad arrangiarsi, dote che nell’ultimo decennio mi è tornata molto utile.Non ricordo sinceramente l’ultima volta in cui ho chiesto un sostegno o un favore a qualcuno, forse a mia madre, qualche giorno fa chieden-dole di ritirarmi una zucca manto-vana “dal Mino”, navigato intendi-tore della specie. Ma poi il nulla per quanto possa ricordare.La parola “dare” non ha prezzo se non quello della felicità che questa concessione, vuoi per amicizia, per amore o per altro ci regala ogni qualvolta la attuiamo. Non ho mai fantasticato sulla pos-sibilità di essere “risarcita” da un aiuto (che sia morale, economico o altro) ormai un sogno lontano e quasi utopistico.Effettivamente l’estate mi ha vista protagonista di eventi imperdibili di “scroccaggio seriale” e proprio

per questo avevo optato per una vita “alla romana”, una scelta au-toimpostami per evitare di ricade-re nella “trappola”. Sarà capitato anche a voi, tutti noi abbiamo la lista “parassiti” incisa a caratteri cubitali nella nostra rubrica e lo scroccone seriale non delude mai! É sempre lo stesso. Colui che affonda il suo estro in un piattino ipermega “farcito” du-rante gli eventi per la paura di ri-manere senza olive ascolane op-pure che non si fa più vivo quando tocca a lui sdebitarsi di una cena. Ma la Master Class dello scroc-cone seriale si manifesta durante gli eventi benefici nei quali perde letteralmente conoscenza sulla finalità del progetto. Dare e non assalire il buffet.Così accade in ogni ambito della vita, succede con la vicina di casa o con l’amico che per assurdo si aspetta un favore professionale a sbaffo e si verifica con lo stesso tempismo quando arriva il conto durante una cena tra amici. Accade con un’amica che non sen-ti da anni e ti chiama per chiederti di essere imbucata in un concerto o nei paddock di un motoGP. Insomma accade attraverso le in-finite sfumature della vita e se i grandi signori quelli dotati di ine-stimabile savoir-faire si “sdebita-no” (perché i favori non sono gra-tis ma dei velati “do ut des”) con fiumi di bollicine e verdeggianti pensieri i mediocri si volatilizzano come un croccolone, l’uccello mi-gratore più veloce del mondo che compie una traversata transconti-nentale attraverso l’Europa, dalla

Svezia all’Africa sub-sahariana, in soli due giorni senza fermarsi a riposare. Di questi tempi, momenti in cui fame e ambizione si manifestano senza esclusione di colpi è davvero difficile poter individuare l’amico reale da colui che è pronto a pren-dersi gioco di noi e ad usarci per i propri interessi. Dignità, decenza e nobiltà ora ap-partengono a pochi, una forma esclusiva riservata solo a coloro che oggi sono in grado di guardare tutti in faccia senza avere paura di nessuno e senza dover “fuggire” (come fa l’uccello croccolone) da debiti “sociali” e morali che al di là di queste “burlonerie” e chiacchie-re da bar sport affliggono giorno dopo giorno la nostra vita. La vera felicità non dipende dal numero degli amici, ma da quali ci si è scelti e da quanto essi valgono.E dopo questo editoriale il mio smartphone smetterà di whatsap-pare!

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BRELEISURE&LIFESTYLEBRESCIA COME NON L’AVETE MAI VISTA

SommarioNUMERO 16 . OTTOBRE 2017, IN COPERTINA MAURO SARASINI E LA BRIGATA DI OSTERIA VALLE BRESCIANA.

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12LA BELLEZZA NON É UN OPTIONAL . L’INTERVISTA AL DOTT. DAVIDE TONINI E ALLA DOTT.SSA MARIA CRISTINA ORLANDINI

24GIANMARCO QUARESMINIDAL KART ALLA PORSCHE CUP

36MODA E TENDENZEI GRANDI MUST DI STAGIONE

40LUXURY TOURISMSUL LAGO DI GARDA

45EMMA DEL BONOSUPERDONNA E SUPERMAMMA IN BICICLETTA

49FEDERICO MOCCIAALLA CONQUISTA DI LONDRA

64LORD OF THE CUSTOMUN CUSTOMIZZATORE E UN COLLEZIONISTA SI RACCONTANO

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WISE BOUTIQUE A DESENZANODOVE TALENTO & GLAMOUR SONO DI CASA

MILANO.TUTTI PAZZI PER LA FASHION WEEK

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SPEED PASSION NIGHTL’ALTA VELOCITÁ TARGATA SAOTTINI

BRESCIACITTÁ DEL TONDINO

54ON LOVE, LA CHARITY DINNER PIÚ ATTESA DELL’ANNOMUSICA E AMORE SI STRINGONO LA MANO

Osteria Valle BrescianaLa nuova gestione all’insegna della tradizione e della semplicità

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Valle bresciana

Alle porte di Brescia, inserito in un contesto naturale

di rara bellezza, siamo a ridosso della meravigliosa Franciacorta,

ha sede un accogliente ristorante, che negli anni è diventato un conosciuto

punto di ritrovo per i buongustai e che oggi,

con la gestione di Mauro Sarasini, si appresta a vivere una nuova

stagione di successi sotto il nome di Osteria Valle Bresciana.

Il locale, rustico ma allo stesso tempo elegante, è composto da suggestive

salette ben arredate (ben undici) per donare ai commensali quel tocco di

privacy in più e impreziosite da alti soffitti affrescati (tutto il complesso è

iscritto alle Belle Arti). Ad allietare i palati, invece,

una variegata proposta di piatti, fedeli alla semplicità e alla tradizione (bre-

sciana, ma non solo), preparati con materie prime

di altissima qualità e curati nei minimi dettagli.

Scrive Laura SorliniImmagini di Fabiana Zanola

I N C O P E R T I N A

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E MAGAZINE.OTTOBRE201

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La nuova gestione all’insegna della tradizione e della semplicità

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Una volta terminati gli studi, poi, dopo una lunga gavetta tra le fila di importanti ristoranti sia nel brescia-no che all’estero, inizio a guardarmi attorno alla ricerca di una situazione adatta a me. E ne trovo diverse. La prima a Bagnolo Mella, dove apro “La Corte delle Fate” (al momento data in gestione a due cuochi che lavorano per me), e la seconda a San Zeno Naviglio dove, insieme al mio socio Mirko Casari, abbiamo aperto “Il Forchettone”, dando a questo locale un’impostazione che vede il pesce protagonista. Ciononostante non ero ancora riuscito a sentirmi totalmente appagato; sentivo il bisogno di cercare ancora, magari una struttura più rustica e vicina alla città, dove portare la mia idea di cucina.

Con questo ristorante dunque è stato amore a prima vista?Esatto. Mi sono subito innamorato della location e in pochi secondi mi sono convinto a prenderla in gestio-ne. Questo era ciò che aspettavo da tempo. Mi hanno colpito in primis le ampie metrature, grandi spazi sia interni che esterni, per ambientare un’offerta di ristorazione in ogni pe-riodo dell’anno, ma anche il sapore rustico di tutta la struttura, che mi

consentiva di realizzare un locale che andasse di pari passo con la mia cucina; semplice, legata alle tradi-zioni, con materie prime di eccel-lente qualità e un tocco di eleganza e modernità. Tutti elementi che si ritrovano dunque sia in cucina che nell’ambientazione.

Quante persone riesce a ospi-tare?Nelle sale interne si può arriva-re a 200 coperti, ai quali se ne aggiungono altri 150 esterni per l’estate. Però, a meno che non si tratti di eventi privati o banchetti, normalmente ci fermiamo sui 100. All’esterno un ampio parcheggio di fronte alla struttura e un’area bimbi dedicata con parco giochi in legno.

Entriamo ora nel dettaglio: che tipologia di cucina proponi?Alla base della nostra filosofia, come dicevo prima, c’è la semplicità. Pro-poniamo dunque piatti realizzati con materie prime eccellenti, ma senza stravolgerle né elaborarle troppo. Amiamo esaltare il sapore di un prodotto, per cui non ne accostiamo troppi in un piatto. Il nostro intento, infatti, è quello di ritornare alle ori-gini, restando fedeli alla tradizione e alla tipicità degli ingredienti.

Piatti della tradizione bresciana, dunque?Sì ma non solo. La tradizione bresciana, infatti, si basa su piatti essenzialmente di carne, ma essendo la nostra osteria a ridosso della città e richiedendolo la clientela, abbiamo introdotto anche qualche piatto di pesce per accon-tentare i gusti di tutti.

Un menù che cambia periodicamente in base alla stagione… Facci un esempio, ora cosa troviamo in carta?Tra i classici che rimangono pe-rennemente in carta ricordiamo i tradizionali casoncelli di pasta fresca (naturalmente fatta in casa) con ri-pieno di carne o di erbette, le tipiche grigliate di carne, le fiorentine e il ta-gliere della casa composto da salumi e formaggi tipici serviti con marmel-latine che facciamo noi (di peperone rosso e di cipolla). A ciò si aggiungono piatti che variano periodicamente, come il risotto Bagoss e porcini, dei macche-roni con ragù di cinghiale o cervo,

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Con la nuova gestione questo locale è stato rinominato “Osteria Valle Bresciana”. Un nome che comunque rimanda alle origini…Sì. Abbiamo deciso di mantenere parte dell’antico nome di questo ristorante proprio per ricordarne le origini, ma allo stesso tempo anticipare dei cambia-menti nell’impostazione generale e nelle proposte gastronomiche, le quali rimarranno sì improntate alla semplicità, ma con qualche tocco innovativo.

Da ormai tre mesi sei tu, insieme alla tua compagna Paola, a tenere salde le redini di questo ristorante. Come mai hai deciso di intraprendere quest’avventura?Beh, io ho alle spalle ventotto anni di esperienza nel settore della ristorazione sia da dipendente che da titolare e la mia prima volta nella cucina di un risto-rante è stata a soli 15 anni. Ma andiamo con ordine; ancor prima di diplomarmi all’istituto alberghiero, infatti, giravo nelle cucine di chef italiani e non per carpire i segreti della loro arte culinaria. E così è stato per molto tempo.

L ’ I N T E R V I S T A A

Mauro Sarasini, titolare, chef e sommelier della nuova Osteria Valle Bresciana

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Sì, io stesso sono un amante dei vini e anche sommelier, per cui ci tengo in particolar modo a offrire in carta diverse etichette, italiane e francesi (vasta la selezione di champagne), anche molto importanti. Per ora è ancora limitata (circa 300 referen-ze), ma puntiamo ad ampliarla a breve

Siete aperti anche a pranzo?Certamente! Facciamo 13 servizi a settimana, per cui teniamo chiuso solo il lunedì sera. Oltre alla carta proponiamo un business lunch con un buffet di verdure a un prezzo decisamente competitivo.

Se da un lato è fondamentale la proposta gastronomica, dall’al-tro è altresì importante avere uno staff preparato e profes-sionale in grado di informa-re, consigliare e coccolare la clientela…Sono d’accordo. Lo staff è un tassel-lo fondamentale per il successo di un ristorante. Mi ritengo fortunato di aver trovato in eredità dalla pre-cedente gestione un team di circa 15 persone molto affiatato, giovane e preparato, in grado di elevare la qualità della nostra proposta.

L’Osteria Valle Bresciana rappresenta anche la soluzione ideale in cui ambientare feste private, banchetti e persino matrimoni. Quali sono i punti di forza che permettono la perfet-ta riuscita di un evento?Questa è una struttura che si presta

moltissimo anche a ospitare eventi di ogni tipo, come compleanni, lau-ree, anniversari, battesimi, matrimo-ni e via dicendo. Il nostro staff, a tal proposito, è disponibile per realiz-zare menù ad hoc, con proposte diversificate per ogni tipo di evento e budget. Aperitivi rinforzati, business lunch, meeting di lavoro (anche sala audio e video), cene seduti a tavola e così via; ogni situazione verrà persona-lizzata in base alle richieste della clientela. E per chi desidera predisporre anche l’intrattenimento musicale la struttura è in grado sia di fornire contatti e soluzioni, sia di mettere a disposizione degli ospiti la strumen-tazione richiesta.

Per chi desidera, invece, fer-marsi solo per un aperitivo, so che avete creato un locale nel locale, chiamato la Vineria Val-le Bresciana, attigua al risto-rante, dove poter sorseggiare un vino o un cocktail dalle 19 fino a tarda notte…Sì. Si tratta di un locale a sé, sepa-rato dal ristorante, dove facciamo aperitivi dal mercoledì alla domeni-ca, dalle 19 fino all’1 di notte. Le giornate clou sono il mercoledì e la domenica, quando oltre al tagliere che viene normalmente servito con l’aperitivo, vi è l’aggiunta di un buffet di cucina, con circa 15 portate rimpiazzate periodicamente ogni 30 minuti. Un aperitivo davvero unico, con la qualità di una vera cucina. Provare per credere.

Per informazioni:Osteria Valle BrescianaVia Valle Bresciana, 11 - Brescia BS Tel. 030 317666www.osteriavallebresciana.it

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pappardelle al sugo d’anatra, tortelli lavorati con pancetta croccante e zucca di stagione, il manzo all’olio di Rovato, brasati, stufati, altre selezio-ni di salumi provenienti da ogni par-te del mondo e molto altro ancora. Tra questi una particolare menzione va al capocollo, una deliziosa coppa di manzo molto ricercata, e al salame di Mangalica, che è il classico maiale pecora ungherese.

Soffermiamoci un attimo sulla carne, da provare assolutamen-te, che selezioni personalmente. Cosa ci puoi dire in merito? Ciò che avviene in cucina è prece-duto da un fondamentale lavoro di ricerca delle migliori materie prime. Tra i nostri principali fornitori anno-veriamo l’azienda Jolanda de Colò, produttori friulani e collezionisti di eccellenze alimentari, dai quali ordi-niamo una discreta quantità di man-zetta prussiana. Poi lavoriamo molto anche con Black Angus americano, nel taglio T-bone e Fiorentine, con la carne australiana, ma anche con la classica Fassona Piemontese.

E lo spiedo?Sicuramente incominceremo a breve a fare anche qualche spiedo per-ché la zona e la nostra clientela lo richiedono. Magari non in menù ogni giorno, ma con delle serate a tema.

Mi dicevi, però, che non man-cano proposte a base di pesce, giusto?Esatto. Per accontentare i gusti di tutti abbiamo inserito anche alcune portate di pesce; gettonatissimo il polpo, l’insalatina di mare, lo spaghetto alle vongole, la catalana, il black code (merluzzo dell’Alaska) con patate, uvetta e cipolla rossa, il branzino al sale aromatico e altri ancora in base agli arrivi.

Non si può concludere un pasto degno di nota senza farsi tenta-re dal dessert… Anche i dolci sono rigorosamente fatti in casa. Da assaggiare la nostra meringhetta con una spumiglia fatta da noi, il gelato alla crema con salsa di frutti di bosco, il tiramisù artigia-nale, la crema catalana, il cremoso al cioccolato servito con caramello e sale maldon. Tradizione che si uni-sce, anche qui, a innovazione.

Altra chicca è rappresentata dalla fornitissima cantina dei vini, che curi personalmente.

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Scrive Laura SorliniImmagini di Fabiana Zanola

P R O T A G O N I S T I

non è un optional

Piacere a se stessi, sentirsi a proprio agio nel proprio corpo o con il proprio viso

è il primo passo per vivere serenamente la nostra quotidianità, anche a contatto con gli altri.

Un discorso questo che vale per l’intero genere umano, sia femminile che maschile.

Non stiamo dicendo niente di nuovo del resto, poiché, com’è risaputo, l’attenzione per l’estetica non nasce oggi

e neppure nel secolo scorso, ma esiste da sempre.

Il vantaggio di cui possiamo godere nel XXI secolo, però, è la possibilità di ricorrere ai ritocchi.

La bellezza

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Ultima frontiera della non inva-sività e dell’efficacia chirurgica è rappresentata, invece, dalla liposcultura pneumatica. Di cosa si tratta?La liposcultura pneumatica è un nuovo approccio chirurgico, assolu-tamente micro invasivo, che me-diante una tecnica di modellamento corporeo a cielo coperto permette di eliminare quegli antiestetici cusci-netti, ormai sedimentati dopo anni di abitudini alimentari sbagliate e di via sedentaria. È altresì vero che altre concause possono entrare in gioco, come quelle genetiche o quelle fisiologiche (ad esempio le tempeste ormonali).

In cosa consiste questo procedi-mento?Questa tattica chirurgica si avva-le di una cannula di ridottissime dimensioni, dotata di una partico-lare stantuffo che riconoscendo, nell’ambito dell’iter intraoperato-rio, esclusivamente l’adipe come bersaglio (se l’apparecchio incontra un ostacolo più denso del grasso si blocca automaticamente), consente una maggior precisione da parte del chirurgo, il cui sforzo manuale risul-ta notevolmente ridotto, limitando il danno tissutale e rendendo più

rapido il decorso post – operatorio. Al termine dell’intervento, infatti, la cute trattata risulta rosea, non tume-fatta. Alla rimozione del bendaggio contenitivo applicato al termine della seduta operatoria, si procede con la rimozione dei punti (dopo 7 giorni), i pazienti possono già notare che le zone trattate saranno minima-mente ecchimotiche e non dolenti alla digitopressione.

Questa tecnica di rimodella-mento della silhouette è partico-larmente indicata nei pazienti maschi, è così?Esatto e questo poiché il tessuto ma-schile adiposo è più duro e fibroso.

Cosa mi dice, invece, in merito alle cicatrici?Trattandosi di una tecnica micro – invasiva, le cicatrici cutanee sa-ranno di minima estensione (pochi millimetri) e comunque collocate in corrispondenza dei solchi cutanei naturali, perciò destinate a diventare praticamente invisibili.

Entrambi gli interventi possono essere eseguiti in day hospital?Sì, sia la liposuzione che la liposcul-tura pneumatica si effettuano in anestesia locale con sedazione.

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Parliamo di Liposuzione. Cosa si intende con questo termine?La Liposuzione (o lipoaspirazione), perfezionata in Francia nel 1978 dal chirurgo Yves G. Illouz, rappre-senta la più comune metodica di rimozione dell’adi-pe in eccesso e consiste nella rimozione selettiva e definitiva appunto di adiposità localizzate profonde, ossia i cosiddetti cuscinetti di grasso, presenti in eccesso a livello di diverse zone del corpo, recidivi alle diete e ad altre formulazioni e soluzioni terapeu-tiche, attraverso una complessa risposta infiammato-ria dei tessuti sottocutanei.

Quale la tecnica chirurgica adottata?L’aspirazione di tali adiposità avviene attraverso dei minuscoli punti di accesso a livello cutaneo (di 3 -4 mm), possibilmente sempre in corrispondenza di pieghe cutanee naturali, con l’introduzione di sotto la pelle di sottili cannule a sezione circolare e a margine smusso, in direzione delle linee vettrici delineate precedentemente a raggiera che pilotano introperatoriamente l’opera del chirurgo, che aspor-ta l’adipe presente in eccedenza nelle sedi corporee interessate.

Quali sono gli accorgimenti necessari per ottenere un risultato ottimale?Oltre a un’ottima tecnica chirurgica si rivela di fondamentale importanza anche un accurato post operatorio, che aiuti la formazione e il rimodella-mento della matrice connettivale. Naturalmente alla base di tutto è necessaria una idoneità generale e locale al trattamento, nell’ottica di prevenire sequele che inducono successivamente a lassità e irregola-rità della cute, al tipico aspetto grinzato e a edemi persistenti.

L ’ I N T E R V I S T A A L

Dott. Davide Tonini, Specialista in Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica

anche gli uomini si ritoccanoChirurgia estetica:

L’era del “macho acqua e sapone” è tramontata ed è

sempre più in aumento il numero di uomini che cede

al fascino del ritocco estetico, e non solo da parte di

star della televisione. Perché se fino a qualche anno fa

la corsa al bisturi era quasi esclusivamente “rosa”, al

giorno d’oggi circa il 30% delle persone che affidano la

loro bellezza alla chirurgia è rappresentato da uomini.

Perché diciamolo, nell’epoca in cui viviamo, dove l’aspet-

to estetico spesso conta più di ogni altra cosa, è difficile

resistere alla tentazione di regalarsi una pancia scolpita

o un petto tonico. Ne parliamo con l’esperto.

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al rimodellamento del profilo per ripristinare i volumi, diminuiti per la forza di gravità.

Quali i trattamenti più efficaci?Per tutti vale la regola innanzitutto di avvalersi di medici preparati che utilizzino prodotti riassorbibili e di cui sia sempre rintracciabile il lotto di produzione. Fondamentale è poi mantenere una buona idratazione della pelle e quin-di cercare di stimolare con la terapia iniettiva, le cosiddette punturine (biorivitalizzazione, filler o tossina botulinica) la stimolazione di nuovo collagene ed elastina.

Che differenza c’è tra biovita-lizzazione e filler?Tutte e due sono pratiche iniettive ma la prima è una sorta di nutrimen-to a base di acido ialuronico, collage-ne, aminoacidi e vitamine che aiuta molto l’idratazione ed ha un’azione anche preventiva, il secondo ha la funzione di riempire una ruga o un solco già evidenti; è costituito da aci-do ialuronico, idrossiapatite di calcio o altre sostanze sempre riassorbibili ed ha una permanenza un po’ più lunga, ovvero di qualche mese.

Cosa permette di fare il botuli-no?Il botulino è utilizzabile in tutte le rughe della fronte e intorno agli occhi, le cosiddette zampe di gallina, cioè sulle rughe da movimento poiché tale sostanza mette a riposo per qualche mese i muscoli che le creano.

Anche le giovanissime si avvi-cinano alla medicina estetica. Quali sono le richieste che van-no per la maggiore? Le giovanissime si avvicinano alla medicina estetica talvolta in auto-nomia e a volte spinte dalla famiglia stessa, i cui componenti magari già si sottopongono a trattamenti di medicina estetica. In tutti i casi bisogna capire quale sia la vera necessità. A volte, per quanto riguarda il viso, come nel caso di richiesta di cura dell’acne, di intervento sul volu-me del labbro di volume scarso, di piccoli difetti del dorso del naso la punturina può avere uno scopo te-rapeutico, in tutti gli altri casi in cui la necessità è legata semplicemente all’inseguire qualche modello sul web è opportuno educare le giova-nissime a cambiare atteggiamento e

ad impegnarsi di più piuttosto sulla prevenzione e sulla cura precisa della pelle.

Come si possono trattare, altrimenti, l’invecchiamento della pelle, il trattamento delle macchie solari e senili, piutto-sto che quello volto a un ringio-vanimento del corpo, evitando però le punturine?Attraverso laserterapia di ultima generazione tutto ciò è possibile. Fisiologicamente dopo i 40 anni si assiste a una naturale diminuzione di collagene ed elastina presenti nella pelle, dovuta sia all’età che all’espo-sizione al sole. A ciò consegue una pelle spenta e opaca, una cute disidratata, l’appa-rizione di rughe, una diminuzione dei volumi, così come una lassità del contorno dell’ovale del viso. Le pazienti, dunque, con l’obiettivo di presentarsi al pubblico senza segni, senza una variazione del profilo e per avere un risultato più naturale possibile si rivolgono a noi chiedendo un aiuto professionale e competente.

In cosa consiste?Le nuove tecnologie permettono di fornire energia al derma sotto forma di calore senza danneggiare

l’epidermide sovrastante rendendo visibilmente la pelle più luminosa e idratata.

Qualsiasi paziente può esegui-re la terapia con questo nuovo laser?Esistono delle controindicazioni as-solute quali: la presenza di una ma-lattia maligna, la gravidanza, alcune malattie della tiroide e del sistema nervoso; e delle controindicazioni relative come problemi di cicatrizza-zione, uso di alcuni farmaci, disturbi del tessuto connettivo e recente esposizione al sole.

Quali potrebbero essere gli effetti collaterali?Eritema della cute, indolenzimento e sensibilità temporanea della zona trattata.

Come scegliere uno specialista adatto?Sicuramente è fondamentale che lo specialista di riferimento utilizzi una tecnologia avanzata e adeguata al trattamento. A ciò naturalmente si deve aggiunge-re la competenza del professionista attestata da una specifica formazio-ne, una spiegazione lunga e detta-gliata del trattamento e la lettura del consenso informato.

Dottoressa Orlandini, nel suo trascorso professionale si è trovata spesso di fronte a richieste di interventi di medicina estetica. Quali le più frequenti nelle diverse fasi della vita?Le richieste, naturalmente, sono diverse perché le problematiche sono sostanzialmente differenti: le donne tra i 20 e 30 vogliono risol-vere i problemi legati alla cura dell’acne, smagliature, cellulite; quindi quello che chiedono è legato al ritrovamento dell’armonia della figura e della sua proporzione.Tra i 30-40 anni invece si inizia a parlare di prevenzione sull’invec-chiamento della pelle, quindi la cura delle prime rughette e dei segni di espressione.Intorno ai 50 anni, invece, per le donne in particolare che non si sono mai avvicinate alla medicina estetica, si ha un’attenzione soprattutto

L ’ I N T E R V I S T A A L L A

Dott.ssa Maria Cristina Orlandini, Medico Chirurgo esperto in medicina estetica

inestetismi, patologie e risultatiMedicina estetica:

La medicina estetica è una branca medica, a carattere

internistico, che si occupa di migliorare la qualità della

vita di chi vive a disagio per un inestetismo non accettato.

Realizza fondamentalmente un programma di prevenzio-

ne dell’invecchiamento generale e di quello cutaneo in

particolare e si occupa poi della correzione degli ineste-

tismi del viso e del corpo.

Gli inestetismi di cui si occupa la medicina estetica pos-

sono essere congeniti oppure possono essere acquisiti

nel corso degli anni, ad esempio a causa dell’invecchia-

mento o dello stile di vita.

In senso più allargato c’è da aggiungere che la medi-

cina estetica si occupa anche della costruzione e della

ricostruzione dell’equilibrio psicofisico dell’individuo

sano, che può vivere con disagio la propria vita a causa

di un inestetismo male accettato o che, più semplice-

mente, richiede regole gestionali di vita, suggerimenti ed

interventi mirati al controllo del proprio invecchiamento,

generale e cutaneo. Ne parliamo con l’esperto.

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.19.

Trattandosi di una fase basilare e delicata al tempo stesso nel percorso di formazione di un agente, Engel & Völkers dapprima prevede una fase di “learn by doing” durante la quale l’ affiancamento in agenzia (circa 3 mesi) permette di imparare, memo-rizzare ma soprattutto comprendere, in seguito è prevista una formazione in Academy, a Roma. Offriamo infatti l’accesso all’accademia aziendale con i suoi seminari di orientamento pratico e seminari tematici online, centrati sui processi di acquisizione e vendita ed altri temi rilevanti per l’attività quotidiana. Il nostro softwa-re, inoltre, consente ai nostri consu-lenti di essere costantemente aiutati nella loro attività, anche da remoto, fuori ufficio, grazie alle diverse app e al sistema Intranet.

In pratica un percorso di tra-sferimento della metodologia, della forza del brand e di tutte le dinamiche alla base di ogni attività. Giusto?

Esatto. Il compito dell’Academy è fornire una specifica qualificazione professionale che, sommata ad una sviluppata capacità comunicativa, una motivazione forte ed il piacere di trattare con clienti esigenti, farà dei nostri consulenti dei professio-nisti. A questo punto il consulente formato sarà pronto ad effettuare il corso con relativo esame in Camera di Commercio per diventare a tutti gli effetti abilitato a eseguire transa-zioni immobiliari.

Tornando alle figure che più potrebbero essere indicate a ricoprire questo ruolo, si par-lava di tecnici come ingegneri e architetti. Perché queste perso-ne potrebbero avere una marcia in più?Sicuramente perché Engel & Völkers tratta un prodotto esclusivo, sia dal punto di vista architettonico che degli interni, quindi molto più interessante per coloro che conosco-no le dinamiche costruttive. Inoltre anche grazie alla rete di relazioni che possono vantare, potrebbero trovare in questo nuovo lavoro un modo per valorizzare le loro com-petenze. Trattando clienti di target medio alto, facciamo co-business con partners importanti e questo porta i nostri professionisti a creare relazioni. E’ importante sottolineare che queste figure hanno necessità di affinare le loro competenze commer-ciali, indispensabili nella gestione e nella chiusura di una negoziazione.

Risorse in esclusiva dunque?Assolutamente sì. Siamo alla ricerca di personale dedicato, che segua il cliente in tutta la fase di transazione e non solo.

Scrive Laura Sorlini

.18.

G R A N D I A Z I E N D E

Engel & VölkersDue nuove risorse entro fine anno e altre cinque da inserire nel team entro il 2018: questo il piano di sviluppo di Engel & Völkers,

l’agenzia immobiliare che tratta immobili di pregio in tutto il mondo, per lo shop di Brescia.

Quali sono le figure che Engel & Völkers sta ricercando per lo shop di Brescia?Sicuramente candidati con una per-sonalità imprenditoriale portata per il commercio, sommata ad una gran-de passione per gli immobili e ad altrettanta ambizione professionale. Personalmente amo avere un team eterogeneo e per questo motivo, in fase di selezione, considero non solo agenti immobiliari ma anche figure

che provengono dal mondo tecnico, quali ingegneri ed architetti. A tutti i nuovi consulenti Engel&Völkers mette a disposizione un importante e solido programma sul campo e in aula.

Affiancamento in agenzia prima e full immersion in aula dopo. Come avviene la forma-zione di un agente Engel & Völkers?

L’intervista aBarbara Quaresmini, licence partner dello shop di Brescia

Lo shop di Brescia avvia la campagna di recruiting: si ricercano 7 consulenti immobiliari

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Un consulente dovrà prestare tutte le attenzioni del caso ad ogni singolo cliente, valorizzando e incanalando le sue scelte. Non è sempre così semplice per un cliente definire esattamente la sua casa ideale o per un venditore avere idea di cosa significhi mettere sul mercato il pro-prio prodotto, per cui gli agenti e i futuri agenti si specializzano sull’ac-quisizione del cliente venditore e del cliente acquirente, facendo ovvia-mente anche attività di marketing e servizi post vendita.

Come è composto il team e quanti sono gli inserimenti previsti?Attualmente, oltre a me che ricopro il ruolo di Licence Partner e di Office Manager, il team è composto da una Team Assistant e da 5 commerciali. Il nostro obiettivo è di arrivare a 12 commerciali, inserendo quindi 7 nuove risorse entro il primo seme-stre 2019. Si tratta in ogni caso di inserimenti scaglionati, proprio

nell’ottica di garantire e valorizzare l’affiancamento e la formazione. Il nostro progetto di ampliamento dell’organico prevede l’ingresso di una o due nuove figure entro la fine dell’anno, di altre 3 o 4 nel 2018, in modo da essere a completamento nel primo semestre del 2019.

Che tipo di opportunità ha un candidato entrando in Engel & Völkers?Avendo alle spalle una significativa esperienza in questo settore, non esagero dicendo che i grandi van-taggi di chi entra in Engel & Völkers sono tanti. Il marchio E&V, innanzi-tutto, apre agli agenti immobiliari le porte della clientela giusta: sin dall’i-nizio della loro attività i commer-ciali trarranno vantaggio dall’ottima reputazione di un marchio globale,

caratterizzato da notevole presenza sul mercato. La nostra identità si rivela in ogni singolo dettaglio, dal marketing aziendale alla promozione online e cartacea, dalle campagne mirate alla rivista di Lifestyle ed immobili internazionale GG Magazi-ne, oltre ai numerosi strumenti per i canali social. La nostra è una vendita non aggressiva, ma accompagnata per far sì che le parti percepiscano ed apprezzino la nostra professiona-lità ed il nostro operato. Per i nostri agenti prevediamo un percorso di crescita professionale, che si accom-pagna ad una crescita economica, di posizione e ruolo.

Si tratta di un brand interna-zionale… Anche questa potreb-be essere una spinta a voler entrare a far parte del team?Certamente! Un’altra cosa che dico in sede di colloquio è che abbia-mo in esclusiva un territorio, ma a disposizione il mondo intero. Quindi

un agente Engel & Völkers nella gestione del suo cliente può sod-disfare delle dinamiche bresciane, provinciali, nazionali o internazio-nali. È un consulente dal respiro internazionale, che può gestire una situazione patrimoniale a 360°, avendo la possibilità di avvalersi del supporto di shop presenti nei luoghi più prestigiosi del mondo.

Caratteristiche del futuro agente?Ritengo imprescindibili una marcata dose di proattività, grande persona-lità e buone capacità comunicative e di interazione con il cliente e con i colleghi. Siamo una squadra quindi è importante la capacità di inserirsi e di lavorare in sinergia con gli altri, attraverso una competizione sana, con l’obiettivo di crescere insieme. La crescita del singolo contribuisce alla crescita di tutto il Team. Oltre alla proattività è bene che un agente abbia idee chiare, una buona determi-nazione ed ambizione, oltre a spiccate capacità relazionali sia nell’ottica di comunicare che di ascoltare. Per essere efficaci nell’analisi dei bisogni e delle esigenze del cliente, infatti, dob-biamo saper ascoltare e interpretare senza proiettare le nostre soggettività, i nostri gusti e le nostre sensazioni.

Crescita economica, in termini di gratificazione professionale e di posizione. Come funziona?La crescita economica e quella profes-sionale sono per noi binari paralleli. La conoscenza di base del mestiere è una partenza che porterà nel tempo alla completa autonomia, nonostante mol-te attività siano sempre effettuate in accompagnamento, con una concreta possibilità di implementare il proprio cassetto economico. È noto a tutti che il core business commerciale è rappre-sentato dalle provvigioni per cui un futuro agente dovrà mettere in gioco tutto se stesso, applicando i metodi Engel&Völkers, per ottenere grandi risultati, che in E&V vengono sempre ben premiati. In termini operativi la nostra area di competenza è stata divi-sa in 12 macro zone, ognuna affidata in esclusiva ad un consulente.

Età media del futuro agente?Tendenzialmente, salvo eccezioni, selezioniamo candidati over 30, perché riteniamo che una discreta esperienza, anche in ambiti diversi dall’immobiliare, possa essere un buon background, utile al futuro impiego.

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Molte donne e uomini sono convinti che il metabolismo influenzi diretta-mente il loro corpo determinandone il peso: “metabolismo lento = persona con chili di troppo” e “metabolismo attivo = persona magra”In realtà non sempre è così, spesso infatti il metabolismo lento non è la causa del sovrappeso ma l’effetto di situazioni e consuetudini sbagliate.Il metabolismo è l’insieme dei processi biochimici ed energetici che il nostro corpo mette in atto nei confronti delle sostanze esterne che introduciamo, eliminando quegli elementi ritenuti nocivi e assorbendo tutta l’energia e i nutrimenti necessari, per la crescita e sviluppo delle singole cellule.Il tutto grazie all’ausilio di enzimi, che agiscono come catalizzatori, consen-tendo alle reazioni di procedere più rapidamente.Questo meccanismo funziona al meglio se l’organismo è “sano” e non sussistono alterazioni che ne possano alterare l’efficienza. Diventa quindi essenziale capire come agisce il metabolismo e se sussistono condizioni tali da correggere, al fine di facilitarne il funzionamento.

Queste possibili alterazioni possono dipendere da vari fattori, tra cui:

• Sesso ed età • Ormoni

• Abitudini alimentari sbagliate e diete forzate effettuate senza i dovuti controlli• Cattivo riposo e stress• Stili di vita irregolari

• Genetica

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Scrive Laura Sorlini

P R O T A G O N I S T I

Dal kart alla Porsche Cup

Il ventunenne bresciano, che nel giro di pochissimo tempo si è rivelato una promessa dell’automobilismo, racconta a Bre Magazine

la sua passione per le quattro ruote, i successi ottenuti e le sfide che ancora lo attendono.

Gianmarco Quaresmini

BR

E MAGAZINE.OTTOBRE201

7.

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do di una 911 GT. Non serviva che mi dicesse niente, sapeva benissimo che mi avrebbe reso felice. E così fu. Non avendo mai guidato un’auto di questo tipo riuscii comunque a fare un ottimo risultato, motivo per cui decidemmo di intraprendere questa nuova avventura.

Siamo nel 2016 e tu, giovanissi-mo, scendi in pista con il team Ghinzani con il quale hai corso la prima stagione. Certo è che passare dal Kart di 75 kg a una Porsche di 1300 kg non è cosa da poco. Come sono andate le prime gare?All’inizio ho fatto un po’ di fatica perché dovevo iniziare a conoscere la macchina, era tutta un’altra guida, ma in breve tempo – nessuno ci cre-deva – ho iniziato ad andare davvero forte. Diciamo che il 2016 è stato un gioco, un mettermi alla prova per ca-pire quanto avrei potuto dare in un campionato del genere. E i risultati sono stati strabilianti.

Quanto è merito del pilota e quanto del team?Naturalmente ci avvaliamo del sup-porto di ingegneri di pista che trami-te le telemetrie ti possono dare una mano per capire dove perdi tempo,

dove vai bene e dove vai male, per il resto è tutto in mano al pilota, è lui che con la sua bravura, i suoi riflessi e la sua grinta stabilisce le sorti di una gara. Tanta importanza poi ce l’ha anche l’assetto della macchina; per andare forte bisogna aver la macchina a posto con il team giusto.

La svolta quando è stata?L’anno scorso al Motorshow di Bologna. Al termine della mia prima stagione con Ghinzani, decido di cambiare “scuderia” e passare a Dinamic Mort Sport, il team per il quale corro da fine 2016. In quell’occasione ho vinto, supe-rando tanti altri piloti. La vittoria mi ha dato una carica tale da ripartire nel 2017 registrando nei test ufficiali del campionato italiano la miglior prestazione.

Perché hai cambiato team?Perché mi sono accorto che dopo aver raggiunto un certo standard non riuscivo più a migliorare, non a causa mia ma per colpa dell’assetto della macchina. Non si riusciva ad andare al limite. Ho scelto Dinamic perché è un team validissimo, se non il migliore, l’unico tra l’altro che partecipa al mondiale.

.26.

Da dove nasce la tua passione per i motori?Fin da quando ero piccolo ho sempre manifestato un particolare interesse per i motori, passione condi-visa tra l’altro con mio papà Piergiorgio il quale mi ha sempre sostenuto assecondando i miei desideri e a volte anticipandoli. Proprio lui mi regalò la mia prima mini moto da cross con la quale andavamo a girare in pista. Essendo comunque molto picco-lo – avevo solo 6 anni - e non avendo incontrato il consenso di mia mamma che lo riteneva uno sport pericoloso, per qualche tempo dovetti smettere. Ma papà, vedendo che anche in me stava crescendo questa passione, non si diede per vinto; dopo un paio di anni mi comprò un kart, che diventò all’inizio solo un passatempo domenicale.

Fu tuo padre a iscriverti anche al primo cam-pionato kart, è così?Esatto. Mi fece questa sorpresa quando avevo ormai 14 anni e quindi avevo macinato già un po’ di chi-lometri con il kart, quindi ritenne che fosse giunto il momento di permettermi di gareggiare in pista contro altri piloti, prima con 100cc e poi con 125cc. E così continuai fino a due anni fa.

Nel frattempo hai collezionato anche dei bei risultati…Sì, sono arrivato due volte secondo al campionato italiano e una volta secondo al mondiale.

Come sei passato dal kart alle automobili?Ancora una volta grazie a un’iniziativa di papà che, nel dicembre 2015, sempre nell’ottica di farmi una sorpresa, mi fece salire in macchina e mi portò all’autodromo San Martino dal lago dove mi aveva prenotato un test con la Porsche Carrera Cup a bor-

L ’ I N T E R V I S T A A

Gianmarco Quaresmini

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la potenza che ha, è dotata di una trazione incredibile; per questo chi sfrutta al meglio la trazione in uscita vince la gara.

Chi è il tuo idolo o un modello al quale ti ispiri?Nel mondo delle corse mi è sempre piaciuto Alonso; ricordo che quando ero piccolo e c’era il famoso duello tra lui e Schumacher io tifavo per lui. Ma anche adesso, nonostante il fatto che la macchina che sta gui-dando di sicuro non è prestazionale, rimane un pilota validissimo che ammiro molto.

Che caratteristiche caratteriali servono per correre in questi campionati?Bisogna stare calmi e non aver fretta perché basta un attimo di disatten-zione per girarsi, perdere tempo o sbagliare una traiettoria. C’è da dire anche che essendo gare monomar-ca, quindi macchine tutte uguali, quando sbagli è difficile recuperare. Tutti i piloti corrono su auto iden-tiche, di peso e di motore, quindi è il pilota a fare la differenza. In F1, invece, che comunque rappresenta l’eccellenza dell’automobilismo, sono

sempre i soliti due team che se la giocano, poiché non è solo questione di pilota, ma entrano in gioco anche le dinamiche economiche. Chi ha più soldi da investire fa la differenza.

Questo per ora rimane un hob-by, perché tu durante il giorno lavori, è così?Sì, lavoro nell’azienda di famiglia che costruisce macchine transfer.

Diventerà una professione per te l’automobilismo? Di solito tutti quelli che hanno vinto il campionato Carrera Cup Italia oggi sono diventati piloti professionisti, per cui se l’anno prossimo doves-si vincere ci sarebbe una buona possibilità che questo avvenga, e ne sarei contento, altrimenti continuerò a correre per passione. Ma non è il mio obiettivo, anche perché è un lavoro che puoi fare solo finché sei giovane.

Ci sono dei punti o delle criti-cità sulle quali devi lavorare ancora?Eh… sulle partenze. Non devo più sbagliare.Hobby?

Nel tempo che mi rimane vado a giocare a calcetto con gli amici.

Il tuo sogno nel cassetto?Rientrare anche nel prossimo anno nel programma di crescita dei giova-ni Porsche che si chiama Scholarship Programme, è un programma di co-aching completo e sistematico che si svolge durante la stagione sportiva, con training e assessment dedicati all’allenamento fisico e mentale.I piloti selezionati per prendere parte allo Scholarship Programme sono seguiti durante tutti i weekend di gara da 2 driving coaches e da 1 ingegnere che dà consigli e suppor-to nei vari momenti del weekend. Dei piloti selezionati, alla fine del campionato, ne viene scelto uno che rappresenterà la Carrera Cup Italia all’International Shoot Out Event dedicato all’interno dell’International Scholarship Program Shootout, ov-vero un test di 2 giorni tra i migliori piloti Junior impegnati nelle Carrera Cup di tutto il mondo. Il vincitore dell’International Shoot Out otterrà un contributo di 200.000 per partecipare alla Porsche Mobil1 Supercup.Ecco.

Ottimi i risultati durante tutto il 2017, peccato solo per la prima gara a Imola… ce la vuoi raccontare?Alla prima gara di campionato – siamo in aprile 2017 – dopo un buon risultato in qualifica mi trovo a partire terzo. Per un mio errore mi sono girato alla seconda curva, compromettendo così le sorti di tutta la stagione. Altra gara sfortunata è stata poi quella del Mugello, corsa a luglio; in gara 1 ero partito benissi-mo, davanti a tutti, avrei sicuramente vinto la gara se il secondo non mi avesse toccato buttandomi fuori. Fortunatamente in gara 2 dall’ultima posizione sono comunque riuscito a superare molte auto concluden-do secondo.

Quanto dura un campionato?Sono 7 weekend di gara, ognuno con due gare (gara 1 e gara 2), per un totale di 14 gare.

Come funziona?Il sabato si fanno le qualifiche Q1 e Q2 (alle quali par-tecipano tutti e 20 i piloti del campionato). I migliori 8 passano alla seconda qualifica, che stabilisce l’or-dine di partenza dei primi 8 appunto, mentre gli altri tengono l’ordine di partenza dato dal primo Q1. Poi si procede con la gara 1, il sabato sera solitamente, e la gara 2 la domenica mattina, quest’ultima con ordine di schieramento inverso rispetto ai primi 6 classificati in gara 1. Mi spiego: se arrivi primo in gara 1 partirai sesto in gara 2, se arrivi secondo partirai quinto e via di-cendo…Alla fine i punteggi di entrambe le gare si sommano e vanno a comporre la classifica che darà il vincitore del weekend.

L’obiettivo di quest’anno?Finire almeno al terzo posto. Adesso in classifica sono 4° a tre punti dal terzo per cui, con ancora tre weekend di gara da correre, è un obiettivo raggiun-gibile. Il prossimo anno, invece, sarà quello decisivo. Puntiamo a vincere il campionato italiano.

La prima vittoria? È arrivata domenica 10 settembre a Imola, in gara 2. La macchina andava bene, io non ho commesso erro-ri, per cui non ho avuto problemi a mantenere la testa della corsa alla partenza, data in regime di safety car a causa delle condizioni bagnate della pista, ho tenuto poi un ritmo veloce e costante rispondendo colpo su colpo al tentativo di rimonta del secondo.

L’ultima?Lo scorso weekend al Mugello. Mi sono classificato primo assoluto sia in gara 1 che in gara 2 in pista, se non che a fine gara 2, dopo la bandiera a scacchi, è arrivata una penalizzazione di 25’’ per diversi piloti poiché erano ancora sui martinetti idraulici al segnale dei 5’ prima del primo via della gara.

Com’è salire sul podio? Che emozioni hai pro-vato?Quest’anno ero già salito sul podio (una volta secondo e quattro volte terzo), ma non ha niente a che vedere con il primo gradino. È un’altra emozione. Mi ha dato una carica indescrivibile.

Te l’aspettavi?Doveva arrivare, perché tutte le volte che entravo in pista ero sempre fra i primi tre, sia come tempi che come passo gara, quindi sinceramente sì, un po’ me l’aspettavo. Pensa che finalmente anche mia mamma – che si è rasse-gnata a questa passione – è venuta in pit lane a vedermi e ha portato fortuna. Dovrà venire più spesso! In ogni caso ora vediamo di finire l’anno in crescendo che va benissi-mo per poi puntare a vincere con la prossima stagione.

La preparazione fisica è importantissima anche per correre in macchina. Tu quanto ti alleni in pista e fuori?Due volte a settimana vado in palestra, poi anche a corre-re. È necessario perché all’interno dell’abitacolo d’estate si hanno temperature che raggiungono i 60 °C (non c’è l’aria condizionata), per cui bisogna essere anche allenati fisicamente oltre che saper andar forte.Per quanto riguarda l’allenamento in auto, invece, prima di ogni gara andiamo a fare un test nella pista della gara, per provare l’assetto della macchina, facciamo una simulazione di qualifica e una di gara per arrivare preparati.

Hai mai pensato di cambiare macchina e campio-nato?Al momento no. Secondo il parere di tutti i piloti profes-sionisti, infatti, chi va forte con la Porsche, che è molto difficile da guidare, potrebbe andare forte con qualsiasi altra auto GT. Questo perché la Porsche ha il motore messo a sbalzo sul posteriore, e di conseguenza non c’è carico aerodinamico davanti, quindi bisogna esse-re molto bravi col freno a caricare l’anteriore per farla voltare altrimenti la macchina non gira. Poi considerando

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A cura di Annalisa Boni

T E N D E N Z E

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.41.

A cura di Rosaria Poinelli e Laura Sorlini

T E R R I T O R I O

sul lago di Garda

Resort di lusso e strutture pentastellate fanno da traino al comparto turistico:

il Garda si sta riscoprendo come un luogo privilegiato per accogliere

(come già avvenuto in passato) turisti d’élite provenienti da tutto il mondo.

Luxury Tourism

BR

E MAGAZINE.OTTOBRE201

7.

Sempre più ricchi sul lago di Garda. Almeno così sembra, dai dati dello Iat che, mese dopo mese, aggiorna il flusso di arrivi e presenze dall’Italia, dall’Europa e dai Paesi extraeuropei.Dati che dicono che la domanda del turismo di lusso sul lago di Gar-da segna un trend in crescita. Crescita alimentata dal numero in aumento dei resort a quattro-cinque

stelle. La riviera bresciana con l’ingresso di altre due strutture pentastellate a Padenghe e a Gardone Riviera ha portato da 9 a 11 gli hotel a 5 stel-le-5 stelle lusso, annoverando inoltre nella fascia costiera tra Sirmione e Limone 85 attività ricettive a 4 stel-le che in alcuni casi non hanno nulla da invidiare alla categoria superiore.

Insomma il lago attira i ceti abbien-ti, turisti che amano non solo il bel paesaggio che il Garda offre, ma an-che vivere in ambienti eleganti, acco-glienti, curati nei minimi particolari. Questi i dati: nel periodo 2012-2016, per i soli hotel a 5 stelle e 5 stelle lus-so, l’incremento degli arrivi ha visto un +18%, mentre le presenze hanno segnato +15%.

Nell’immagine la struttura esclusiva del Grand Hotel Gardone Riviera.

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Nel basso lago tra Sirmione e De-senzano stanno aumentando invece turisti coreani, giapponesi e cinesi, nazioni con potenzialità economiche non indifferenti che fino a qualche anno fa non inserivano il Garda nelle loro mete privilegiate di vacanza. Merito anche dell’ingresso di Sirmio-ne nella rete internazionale delle cit-tà dell’acqua che ha gettato un forte ponte di relazioni turistico-culturali con la Cina.E di anno in anno il cerchio si allarga, le bellezze gardesane, tramite le rete, attirano visitatori da tutto il globo. I primi dati, seppure provvisori e parziali, della stagione turi-stica 2017 stimano un incremen-to degli arrivi ben superiore al 5% rispetto allo stesso periodo 2016. Il che conferma la forte capa-cità attrattiva delle strutture ricetti-ve di rispondere a richieste differen-ziate. Segnali importanti che vanno presi nella giusta considerazione da parte degli operatori.Quali sono i fattori che favori-scono il flusso in aumento?

L’incremento complessivo su scala globale del turismo del lusso; la cre-scita dei nuovi ricchi nei Paesi emer-genti (Cina, Russia, Paesi del Golfo, ecc.); la crescente predilezione di location «sicure» a fronte dei rischi del terrorismo e dell’instabilità poli-tica dei Paesi africani da cui si fugge, ma anche un aumento significativo dei viaggi a lungo raggio che spingo-no turisti dall’Oriente fino alle nostre città e riviere marittime e lacustri.In questo quadro, il Garda si sta ri-scoprendo come un luogo privilegia-to per accogliere (come già avvenuto in passato) turisti d’élite provenienti da tutto il mondo. Persone che cercano la bellezza pae-saggistica, un’offerta enogastronomi-ca di qualità, strutture e luoghi per il benessere psicofisico. Tutti elementi che il lago di Garda (che punta ad entrare, a pieno titolo grazie alle sue caratteristiche pae-saggistiche, urbanistiche e climati-che nella rosa dei siti Unesco) offre. Elementi che vanno assolutamente protetti.

Nell’immagine sopra uno scorcio di Gardone Riviera e di Limone, nell’immagine sotto i dati raccolti nel 2015 e nel 2016. Fonte: Éupolis Lombardia - ISTAT - Dati provvisori PROVINCIA DI BRESCIA - Settore della Cultura e del Turismo - Servizi alla Persona - Ufficio statistica

ESERCIZI

CATEGORIA

CATEGORIA

CATEGORIA

NAZIONALITÀ

NAZIONALITÀ

NAZIONALITÀ

flusso

flusso

flusso

2015

2015

2015

2016

2016

2016

Diff. Ass.

Diff. Ass.

Diff. Ass.

Variazione in %

Variazione in %

Variazione in %

arrivi

arrivi

arrivi

16.047

147.651

161.303 372.771 275.803 1.068.528

246.266 318.710 1.496.376

162.476

154.046 345.218 299.343 1.160.196

260.116 339.746 1.606.587

14.825

–7.257 –27.553 23.540 91.668

13.850 21.036 110.211

35.847 36.679 132.244 52.726

466.361

437.106

168.091

1.742.642

1.441.299

52.528

502.222

453.389

167.349

1.866.703

1.505.414

–198

35.861

16.283

–742

124.061

64.115

–0,38

7,69

3,73

–0,44

7,12

4,45

16.670 34.767 35.858 132.582

623 –1.080 –821 338

3,88

10,04

–4,50 –7,39 8,54 8,58

5,62 6,60 7,37

–3,01 –2,24 0,26

arrivi

arrivi

arrivi

presenze

presenze

presenze

presenze

presenze

presenze

ITALIANI

ITALIANI

ITALIANI

ARRIVI

ARRIVI

ARRIVI

STRANIERI

STRANIERI

STRANIERI

PRESENZE

PRESENZE

PRESENZE

CINQUE STELLE E CINQUE STELLE LUSSO

QUATTRO STELLE

TRE STELLE

CINQUE STELLE E CINQUE STELLE LUSSO

QUATTRO STELLE

TRE STELLE

ALBERGHIERI TOTALE CATEGORIE

.42.

Il che ha favorito una decisa espansione della ricet-tività «luxury tourism» oggi in grado di offrire oltre mille posti letto e di gestire, solo nel 2016, oltre 52 mila arrivi e 167 mila presenze. Il segmento di lusso è evidente che sta quindi facen-do da traino al settore che punta a migliorare le per-formance del 2016 quando, sulla riviera bresciana, si raggiunse il tetto di 7.378.903 turisti italiani e stranie-ri (+9,31% rispetto al 2015). Resta invece stabile il trend dei turisti che scelgono hotel a tre, due stelle (colpa della crisi che riduce le vacanze dei meno abbienti?).Quindi se escludiamo la Valtenesi, dove dominano i campeggi, da Sirmione a Limone sono tante le strut-ture alberghiere di lusso, con punte di eccellenza mondiale che trovano riscontro negli hotel tra Gar-done Riviera, Gargnano, Sirmione dove di re-cente ha trascorso una settimana di vacanza il primo ministro inglese Theresa May.Sono sempre i tedeschi e gli austriaci i più numero-si, seguiti dagli svizzeri e dagli olandesi. Ma anche gli inglesi, israeliani, belgi, americani da qualche anno sono attratti dal nostro lago.

Nell’immagine una delle sale del Grand Hotel Gardone Riviera.

Nell’immagine la straordinaria villa in stile neogotico veneziano sull’Isola del Garda

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Scrive Laura Sorlini

G R A N D I B R E S C I A N I

Supermamma e superdonna in bicicletta

A soli 13 mesi dalla gravidanza, la trentenne rezzatese, dopo aver vissuto un 2017 all’insegna delle vittorie,

insieme al compagno Massimo si prepara alla prossima stagione ciclistica con una marcia in più,

quella che le dà la sua piccola Rosa.

Emma Del Bono

BR

E MAGAZINE.OTTOBRE201

7.

A cura di Annalisa Boni

S O L I D A R I E T Á

Casa Bauracconti a quattro zampe!

Per chi volesse aiutare CASA BAU:poste pay 5333 1710 0961 9749 Cod.Fisc. LPN LCN 61M29 H598R

codice IBAN IT57 V076 0105 1382 7504 6975 049 intestato a Luciano Alpino - Pay pal [email protected]

Ritorna il nostro appuntamento mensile con l’Associazione Zoofila Casa Bau, la gran-de casa a quattro zampe che Luciano Alpino con amore e passione “spalanca” a tutti i piccoli ospiti bisognosi di cure ma soprattut-to di famiglia.L’Associazione Zoofila Casa Bau è un centro di accoglienza e volontariato che cura gratuitamente e SENZA ALCUN SCOPO DI LUCRO i cani con gravi problematiche motorie e psicologiche, regalando non solo le fondamentali cure mediche e gli ausili per risolverne la disabilità, ma anche uno stimo-lo per ritornare a vivere e a “sorridere”. Oggi vogliamo parlarvi insieme di Rei, il pri-mo ospite di Casa Bau “pioniere” di queste dolci e delicate “avventure” spaccacuore. Luciano ci racconta del loro primo incontro avvenuto per caso mentre passeggiava in aperta campagna con il fidato quattrozampe Sahsha. Rei, ferito da un’arma da fuoco si trascinava a stento al di fuori di una cascina abbandonata rifiutando qualsiasi proposta d’aiuto dallo stesso Luciano. Con il tempo (ben quattro mesi) il fondatore di Casa Bau riuscì ad avvicinarlo conquistando la sua fiducia. Era il mese di luglio, ci racconta Luciano :”Rei steso sul prato della cascina si fece accarezzare e da quel momento tra noi si instaurò un rapporto magnetico”. Luciano si prese subito cura dello sfortunato Rei, lo fece operare ai crociati posteriori per rimet-terlo finalmente “in piedi” con la prospettiva di riconsegnarli un futuro dignitoso. Da lì a breve Luciano trovò una nuova famiglia per Rei ma la sera stessa dell’adozione il cane sparì e nonostante le varie ricerche nessuno riuscì più a trovarlo. Due giorni dopo accad-de, proprio come dice Luciano “il miracolo”.Rei da Roncadelle e dalla sua nuova fami-glia scappò per ritornare a Rovato davanti alle porte di Casa Bau per rifugiarsi tra le braccia più fidate che esso conosceva, quelle di Luciano. Oggi Rei ha 13 anni e rappresenta la colonna portante di Casa Bau conservando nono-stante tutto la stessa diffidenza e la stessa cautela come strascico della violenza che nel suo crudele passato ha ricevuto.

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della mia paura ad andare veloce in discesa ho partecipato soprattutto a cronoscalate in salita, mi sono dedicata alle Gran Fondo, gare con un chilometraggio maggiore (dai 120 ai 200 km) e più indicate alle mie caratteristiche, tra le quali spicca appunto la resistenza.

Resistenza che hai allenato salendo a San Gallo?In parte è così. Poi in realtà è più una predisposizione naturale, che ovviamente puoi aumentare con l’allenamento.

Qual è il team per il quale corri?Fin dall’inizio mi sono tesserata con il team Tamburini Sport, al quale fa capo il mio meccanico, Dario Zuanon, che nel tempo è diventato uno dei miei migliori amici nonché padrino di mia figlia Rosa. Da allora, nonostante abbia avuto diverse proposte, non ho mai abbandonato la mia squadra, soprattutto consi-derando che non voglio investire troppo né in termini di tempo né di stress. Per questo motivo ho preferi-to rimanere in una squadra piccola, dove siamo tutti amici e anche le competizioni si vivono in un clima più rilassante, non si corre il rischio di montarsi la testa né di subire troppe pressioni.

Da poco più di un anno sei di-ventata mamma di una bellissi-ma bambina di nome Rosa, ma tu come hai fatto a rimetterti in pista così in fretta?Non ho mai smesso di allenarmi! Nonostante vi fossero alcuni rischi ho continuato ad andare in biciclet-ta fino all’inizio dell’ottavo mese, naturalmente senza fare le gare e andando pianissimo in discesa, quindi evitando tutti i rischi possi-bili. La mia è stata una gravidanza serena, stavo benissimo per cui non vi era motivo di rinunciare del tutto alla mia passione. La rinuncia più grande l’ha fatta forse il mio compa-gno, Massimo, che per un periodo ha “evitato” l’agonismo per accompa-gnare me in percorsi più tranquilli. E comunque anche dopo il parto ho rimontato subito in sella. Un grazie va ai nonni, che si sono resi dispo-nibili a tenerci la piccola durante gli allenamenti.

La prima gara dopo il parto com’è andata?

Meravigliosamente! È stata in aprile, la gran fondo Tre Laghi, che ho vinto tagliando il traguardo una ventina di minuti di scarto rispetto alla seconda classificata. Ma la cosa più incredibi-le è che al di là di quanto mi potessi aspettare ho notato dei grandi miglioramenti a livello fisico. Sarà stato merito della gravidanza, che mi ha dato una marcia in più! L’unica nota negativa è che da quando sono mamma sono diventata forse più “fi-fona”, per cui se già prima ero molto prudente in discesa, ora lo sono ancora di più. E in queste gare conta tanto andare forte anche in discesa oltre che in salita.

Nelle discese forti che velocità si raggiungono?Gli altri superano anche i 100 km/h, io oltre i 60 non vado.

Ma se non vai oltre i 60 km/h in discesa e arrivi comunque prima, vuol dire che in salita

sei un mostro?Eh sì. Per ora è bastato recuperare in salita, anche se corro spesso il rischio di essere ripresa alla prima discesa. Ma la cosa non mi preoccu-pa. Io non voglio rischiare.

Parliamo della stagione 2017: quali gare hai affrontato e quante vittorie hai conquistato? Dopo la Tre Laghi, di cui ti dicevo poc’anzi, ho corso la Gimondi a Bergamo, nella quale sono arrivata seconda,, la Colnago a Desenzano, dove mi sono classificata prima, la Nove Colli a Cesenatico, anche qui prima, la Stelvio Santini a Bormio (sempre prima), la Sportful Dolomiti Race di Feltre (prima), la Maratona delle Dolomiti con il percorso corto (prima) e la Charly Gaul a Trento (prima anche in questa).

Praticamente hai vinto tutto… o c’è qualcosa che ancora ti manca?

Da quando hai la passione per la bicicletta?In bicicletta ci vado da quando sono piccola, ma come tutti i bambini, senza alcuna pretesa, utilizzan-dola come semplice mezzo di trasporto.

Le prime gare, invece? Risalgono a 3 anni fa circa, quando per curiosità mi sono iscritta alla cronoscalata della Maddalena nel 2014, un percorso in salita di 10 km.

Che emozioni hai provato? Beh, da un lato ero molto entusiasta, perché sono arrivata prima tra le donne, dall’altro ero talmente stanca che ho giurato che non ne avrei fatte altre! Ero distrutta! In realtà poi è bastato un giorno per farmi cambiare idea e ho continuato a mettermi alla prova, inizialmente sempre con cronoscalate per tutta la provincia.

Un talento innato il tuo, ti eri mai allenata prima?Beh diciamo che è stata una sorpresa salire sul più alto gradino del podio già alla prima gara. Non avevo alcuna esperienza, se non quella che ho fatto per anni andando avanti e indietro da Rezzato alla collina di San Gallo (sopra Botticino), dove possie-do un piccolo terreno, che per hobby coltivo con piante da frutta e orto. Evidentemente al mio fisico è bastato pedalare su e giù da quell’altura per prepa-rarsi adeguatamente. Poi non lo nego, è questione di predisposizione.

Che tipo di bicicletta e a quali gare ti sei dedicata?Quasi fin da subito sono passata alla bici da corsa. Dopo il primo anno, infatti, durante il quale per via

L ’ I N T E R V I S T A A

Emma Del Bono

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Scrive Laura Sorlini

G R A N D I B R E S C I A N I

alla conquista di LondraUn sommelier bresciano nel team

del Wine Club 67 Pall Mall

Un diploma da perito meccanico e anni di esperienza nella gestione immobiliare per una nota azienda franciacortina

non sono bastati per garantirgli un futuro stabile. E così il bresciano Federico Moccia, armato di coraggio e determinazione,

ha deciso di voltare pagina e di cercare la propria fortuna oltre Manica, approfondendo la propria conoscenza sul mondo del vino,

una passione rimasta latente per troppo tempo.

Federico Moccia

BR

E MAGAZINE.OTTOBRE201

7.

.48.

Non nego che mi piacerebbe conqui-stare la vittoria anche sul percorso lungo della Maratona delle Dolomiti, più prestigioso rispetto al corto. Ciò che mi frena, purtroppo, è il freddo, il mio tallone d’Achille. Sempre per questo motivo, infatti, sono arrivata seconda alla Gimondi e non ho avuto il coraggio di iscrivermi al percorso lungo quest’anno. Vedremo se riu-scirò in futuro a combatterlo.

Sono tutte Granfondo, ma pre-sentano differenze tra loro?Certo, le Granfondo partono da chilometraggi che vanno dai 120 ai 200 km, con dislivelli variabili. La Maratona Dolomiti, ad esempio, è una delle più corte (130 km), ma il dislivello è parecchio, così come nella Sportful, con oltre 200 km per 5 mila metri di dislivello e la famo-sissima Nove Colli, dove è capitato di misurarmi con atlete di tutto il mondo.

Vincendo la Charly Gaul ci si qualifica ai mondiali, che quest’anno sono in Francia… Sì, ma ho deciso di lasciar per-dere, sempre per stare vicino al mio compagno e a mia figlia che è ancora troppo piccola per pensare di lasciarla per tanto tempo ai nonni o per portarla in trasferta. L’anno prossimo il mondiale sarà in Austra-lia, quindi peggio ancora… Ma ti ripeto, va già benissimo così; il bello è che non avendo nessuna pressione da parte della squadra possiamo decidere cosa fare in base ai nostri impegni familiari.

Quello per la bici quindi conti-nua comunque a rimanere un hobby o vedi in un futuro più o meno lontano uno spiraglio per farlo diventare professione?No, rimarrà un hobby da condividere con Massimo. Da un lato perché ho comunque iniziato tardi, dall’altro perché, nonostante si sia presenta-ta qualche occasione di prendere qualche soldino, ho ritenuto non ne valesse la pena. Vorrebbe dire inve-stire tanto tempo, lasciar perdere altri interessi e famiglia. E questo non fa parte dei miei progetti.

Quanto ti alleni?Oltre al sabato e alla domenica usciamo due o tre mattine alla setti-mana, tempo permettendo.

La bicicletta, a differenza di quanto si possa pensare, è uno

sport che nasconde diversi peri-coli. Tu come la vedi?Anche se indossiamo sempre il casco, i pericoli per un ciclista sono dietro l’angolo. Facendo una stima, infatti, più della metà della gente che conosco prima o poi ha avuto un incidente. Il problema è che se ti va bene te la cavi con una frattura, ma se ti va male rischi la vita.

Nella fase di allenamento o durante le gare?In entrambe le situazioni. Uno dei fattori che aumenta il pericolo è sicuramente il traffico e la poca attenzione degli automobilisti. Non dico che sono tutti così, anzi, talvolta è colpa dei ciclisti che non rispet-tano le regole, ma la differenza è che se un ciclista si schianta contro una macchina può perdere la vita, l’automobilista al massimo ammacca la vettura. Il consiglio che mi sento di dare è quello di evitare i sorpassi azzardati, prestare la massima atten-zione alla guida e utilizzare la testa.

C’è qualcosa su cui stai lavo-rando e che vorresti migliorare?È importante avere qualcuno che ti aiuti che ti faccia da gregario, e nel mio caso sono fortunata ad avere il mio compagno, sempre paziente. Al contrario io quando sono sotto gara soffro tantissimo la tensione, divento isterica e rischio di trattarlo male. Su questo devo lavorare, mi piacerebbe riuscire a gestire meglio la situazione. Dalla prossima stagione prometto che ci metterò il massimo dell’impe-gno.

Prima di avere Rosa lavoravi come commessa in un centro

commerciale, ora quali sono i tuoi prossimi obiettivi?Per diversi anni ho lavorato all’Au-chan di Mazzano sia nel reparto orto-frutta che in quello della pescheria, ma quando ho avuto la lieta notizia mi sono licenziata per potermi de-dicare completamente alla famiglia. Ora sto facendo la mamma a tempo pieno e terminando finalmente il mio percorso di studi universitari.

A ottobre è prevista la discus-sione della tesi in Agraria, giusto?Sì, finalmente! Mentre lavoravo full time avevo dovuto interrompere gli studi perché non avevo tempo di gestire entrambe le cose, ma da quando sono a casa ho ripreso a studiare e ora, bambina permetten-do, sto portando a termine la tesi. La discussione dovrebbe essere entro questo mese. Spero di farcela.

Quale l’argomento?Gli antichi riti culturali dei contadini del secolo scorso a Brescia; cosa è rimasto nella società moderna e cosa è stato modernizzato.

Progetti futuri?Per adesso la mia vita mi piace così com’è. Poi una volta che avrà portato a termine il percorso universitario non escludo di trovare un lavoro part time, in modo da impiegare qualche ora al giorno, magari nell’ambito di quello che ho studiato. Se potessi esprimere un desiderio mi piacereb-be lavorare in un’azienda agricola, in un museo etnografico, che si occupa di valorizzare la cultura del terri-torio, oppure per riviste o siti che trattano tali argomenti.

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soprattutto da una clientela interna-zionale. La carta dei vini era molto semplice (comprendeva sì e no 4 o 5 vini bianchi e altrettanti rossi, non troppo complessi), eppure quando la gente mi chiedeva un consiglio o qualche informazione sui prodotti in lista mi trovavo impreparato, perché non conoscevo territori di prove-nienza né uvaggi.

La seconda esperienza ti ha vi-sto in un Gastropub più struttu-rato, nella zona est di Londra, situato lungo un viale di locali. Anche qui si ripete la sensazio-ne di disagio che ti ha spinto poi a voler approfondire le tue conoscenze sul settore, giusto?Proprio così. In quella zona, tra l’altro, ha sede la WSET, School di Bermondsey Street, una delle associazioni più importanti (parago-nabile all’AIS italiana) che organizza corsi per aspiranti sommelier. Con il passare del tempo e con l’aumentare delle richieste da parte della cliente-la su nozioni relative ai vini, decido di iscrivermi a questi corsi. Parallela-mente frequentavo poi fiere del vino, tasting vari, compravo bottiglie per esercitarmi a casa ed esercitavo ogni pratica possibile per affinare la mia conoscenza. Volevo imparare, saper-ne sempre di più su questo mondo tanto affascinante, essere preparato su vini, terroir, procedimenti produt-tivi e abbinamenti.

Quando la svolta?Nel novembre 2015. Appresi la no-tizia che stava per aprire un nuovo Wine Club, il 67 Pall Mall per il quale lavoro tutt’oggi, e che era alla ricerca di personale qualificato sia in ambito vini che ristorazione; capii subito che quella avrebbe potuto essere la mia occasione.

Chi è stato a fondare il 67 Pall Mall e che tipo di locale è?Il Club è stato fondato da Granth Ashton, il quale da un lato ha un passato nella finanza nella city a Londra, dall’altro, vista la sua passio-ne per il vino e l’amicizia con Ronan Sayburn (Master Sommelier presso la Court of Master Sommeliers, ovve-ro la carica più alta che si può avere nel mondo dei sommelier presso un’ente che è presente in tutto il mondo) ha deciso di aprire un mem-ber club, dove con prezzi contenuti tutti potessero (se soci) avere acces-

so anche a vini più prestigiosi.

In che zona di Londra è situa-to?Il Club, inaugurato nel dicembre 2015, si trova nel centro di Londra in S. James, vicino alla famosa zona di Mayfair. La struttura attuale, che dopo una lunga fase di ristruttura-zione ha preso il posto di una banca, ha mantenuto il Caveau originale nel sotterraneo, dove vengono mantenu-te le bottiglie più preziose.

Quante bottiglie troviamo nella cantina?La cantina ha capacità di 50.000 bottiglie, anche se è in fase di am-pliamento, mantenute tramite un sistema climatizzato e alla perfetta temperatura, dove oltre alle nostre bottiglie i soci possono tenere le loro. Al club oltre al servizio di risto-rante, dove i soci appunto possono comprare il vino al bicchiere o alla bottiglia, anche semplicemente

attraverso un ipad sul quale abbia-mo caricato la wine list, possono ordinare dalla cantina una delle loro bottiglie di vino, pagando solo 20 sterline o addirittura comprare il vino da un altro socio del club.

Quali sono i vini italiani più conosciuti e venduti all’estero?Senz’altro i vini piemontesi, dal Ba-rolo al Barbaresco a base Nebbiolo, i vini del Chianti in Toscana a base Sangiovese ma soprattutto i Super-tuscan sempre dalla Toscana. Per quanto riguarda i nostri Franciacorta ho potuto constatare che sempre più persone stanno apprezzando la nostra zona e i nostri vini (senz’altro aiutati a scoprire la nostra provin-cia dall’evento di Christo tenutosi l’anno scorso sul Lago d’Iseo). Tra questi cito soprattutto il dosaggio zero (senza aggiunta di zuccheri ) e il Saten, vini eleganti, complessi, ben bilanciati ma con note fruttate e a volte con punte tropicali con frutta

.50.

Febbraio 2013. L’azienda per cui lavori in ambito edile non ti rinnova il contratto e all’improvviso ti trovi disoccupato. Come hai deciso di rimetterti in gioco?Ritrovarsi senza lavoro da un giorno all’altro non è stato sicuramente piacevole, soprattutto in quel periodo, quando la disoccupazione era in aumento e le proposte di inserimento lavorativo scarseggiava-no, anche per i giovani. Ero disorientato, non sapevo bene cosa fare. Ma non mi sono perso d’animo; nonostante già all’epoca nutrivo la passione per il vino, ho iniziato a mandare curricula ad altre azien-de del settore, poiché era in quell’ambito che avevo maturato esperienza e ritenevo fosse più semplice inserirmi. Ma niente. Le risposte erano sempre: o sei troppo qualificato o non hai abbastanza esperienza.

L’invito a partire per Londra arriva dalla migliore amica di tua sorella, che già vive là, e si rende disponibile a ospitarti nel frattem-po che trovi un’occupazione e che impari la lingua, giusto?Esatto. Mi dice che nel Regno Unito vi sono mol-te più possibilità di impiego per un giovane che si vuole mettere in gioco e mi convince a partire. Del resto non avevo proposte interessanti in Italia, non avevo più niente da perdere, anzi. In qualsiasi caso avrei potuto sfruttare l’occasione per imparare bene l’inglese.

Arrivi a dicembre nel novembre del 2013 e subito trovi un primo lavoretto. Di cosa si trattava?Diciamo che il primo lavoro non era niente di entusiasmante; raccoglievo bicchieri in un pub a Trafalgar Square, zona di Londra molto frequentata,

L ’ I N T E R V I S T A A

Federico Moccia

“Quando non ho avuto più niente da perdere, ho

ottenuto tutto. Quando ho cessato di essere chi

ero, ho ritrovato me stesso. Quando ho conosciuto

l’umiliazione ma ho continuato a camminare, ho

capito che ero libero di scegliere il mio destino”.

In queste righe – scritte da Paulo Coelho nel libro

Lo Zahir – sembra riflettersi la storia di Federico

Moccia, 35 bresciano che dopo il mancato rinno-

vo del suo contratto in terra bresciana decide di

partire per Londra alla ricerca di nuove opportu-

nità. Opportunità che l’intraprendente Federico sa

cogliere al volo, non senza sacrifici, e che lo hanno

portato a conquistarsi rispetto e prestigio nel set-

tore che da sempre lo appassiona, quello del vino.

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più matura. Al contempo mostra-no una soffice acidità, un’elegante e cremosa mousse e ancora note eleganti e di corpo di briosche, fichi secchi, crosta di pane che proven-gono dall’affinamento del vino sui lieviti.

Il team del 67 Pall Mall è composto da 12 Sommelier, tra questi alcuni nomi molto noti…Ho la fortuna di lavorare con i migliori sommelier al mondo, tra cui il migliore Sommelier di Spagna Roberto Duran, il migliore somme-lier UK e della Grecia nonché head sommelier Terry Kandylis, con la migliore sommelier della china, Ying Guo, e Heidi Makinen, miglior som-melier della Finlandia, classificata 8a all’ultimo campionato del mondo te-nutesi in Argentina e infine con il Wine director, il Master Sommelier Ronan Sayburn menzionato prima.

Parallelamente il tuo è anche un lavoro di relazioni, che ti può aprire strade anche per il futuro mi pare di aver capito.Direi di sì. Solo in questi due anni ho potuto incontrare i più famosi e influenti personaggi che ruotano attorno del vino; può capitare per esempio di trovarsi di fronte ad Aubert de Villaine, proprietario di una delle più rinomate Cantine di vini della Borgogna (e tra i più cari al mondo), oppure a Didier De-pond, presidente di una delle più note cantine di champagne, così come al nostro Maurizio Zanella di Ca’ del Bosco.

La scorsa settimana proprio a Londra si è tenuto il Festival del Franciacorta. Come sono i tuoi rapporti con il consorzio bresciano per eccellenza?Ottimi. Con il Consorzio Franciacor-ta lavoro saltuariamente aiutandoli a divulgare e a far conoscere il prodot-to in UK, in particolare durante alcu-ni eventi come ad esempio appunto questo festival, ma anche durante la London Wine Week, dove per una settimana vengono presentati diversi stili e i prodotti Franciacortini. I più apprezzati si sono rivelati senz’altro i bollicine Brut Nature (zero dosage) e i Saten(100% Chardonnay) .

Sembra di vivere in un sogno, ma sicuramente vi sono dietro anche tanti sacrifici, è così?Non ti nego che è un lavoro difficile, che richiede impegno, conoscenze e

passione, in quanto bisogna rimane-re sempre aggiornati, studiare tanto, provare un’innumerevole quantità di vini.

Il tuo vino preferito?Per quanto riguarda i bianchi direi i vini francesi della Borgogna, provenienti da particolari comuni di Chassagne-Montrachet e Puligny –Montrachet; tra i Rossi apprezzo molto i vini Campani e della Basili-cata a base Aglianico, mentre tra le bollicine i miei preferiti rimangono nostri Saten Franciacorta .

Chi ti ha trasmesso questa passione?Sicuramente da una parte è innata, ma dall’altra c’è stata una figura importante che mi ha spinto a colti-varla. Parlo di uno dei miei migliori amici, Filippo Gastaldi di Orzinuovi, (Laureato in Enologia, ristoratore e rivenditore di vino), che è sta-to anche miglior Sommelier della Lombardia.

Hobby?Qui a Londra, nel poco tempo che mi resta tra lavoro, studio e viaggi (sempre di lavoro), amo andare a teatro; recentemente ho visto diver-si spettacoli tra cui il Re Leone, Il gobbo di Notre Dame e La Fabbrica di Cioccolato. Quando torno a Brescia, invece, ricerco la quiete che in passato trovavo facendo delle lunghe passeg-giate sulle colline del mio quartiere, San Giacomo, ma anche tutto il lago di Garda, che è meraviglioso ma forse lo si potrebbe valorizzare di più.

Progetti futuri?Al momento sto studiando alla Court of Sommelier per raggiungere la qualifica di Master Sommelier e magari lavorare per qualche cantina Italiana come Brand Ambassador nel mondo o, perché no, in futuro riuscire a organizzare dei wine trip nella nostra stupenda Franciacorta. Ma per ora va bene così, dalla vita ho capito che le cose cambiano troppo re-pentinamente quindi forse è meglio non fare troppi progetti a lungo termine.

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A cura di Annalisa Boni

G R A N D I E V E N T I

ON LOVEAccendi l’amore!

Spettacolo e solidarietà si sono dati appuntamento alla charity dinner più attesa dell’anno giunta alla sua terza edizione, quella che Time To Love organizza per finanziare i progetti della fondazione “Bumi Sehat” di Bali diretta da Robin Lim con il costante sostegno del produttore discografico bresciano

Giacomo Maiolini.Grandi star, ospiti internazionali, spettacoli e chef stellati hanno fatto gli onori di casa offrendo a tutti gli ospiti uno spettacolo unico condotto da Cristina Parodi e Rudy Zerbicon Andrea e Michele di Radio Deejay. Presenti alla serata volti noti della nostra città e grandi artisti

tra cui Noemi, Elodie, Michael Canitrot, Marco Sabiu, Barbara D’Urso, Elena Santarelli, Cristi-na Chiabotto, Albertino, Linus, Giorgio Giri, Giorgio Pasotti e moltissimi altri ancora.

Tutte le informazioni su:www.timetolove.it

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A cura di Annalisa BoniImmagini di Fabiana Zanola

P R O T A G O N I S T I

Due grandi protagonisti sulla scena internazionale,

ognuno con la propria storia, la propria passione

ci aprono le porte della loro “Gallery of the jewels”

il salotto delle trasformazioni a due ruote.

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7.

Un customizzatore e un collezionistain sella alla loro grande passione

CustomLord of the

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Nome: Mirko Perugini, Gallery MotorcyclesProfessione: customizzatore

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Ci troviamo a Rezzato in provincia di Brescia da Gallery Motor-cycles, la galleria del custom retrò sviluppato sulle due ruote e qui incontriamo Mirko Perugini il campione italiano delle tra-sformazioni su base Harley-Davidson.“Ho iniziato ad approcciarmi a questo mondo come meccanico di auto, concedendo al restauro delle moto solo il tempo che ri-maneva la sera dopo il lavoro. Era la fine degli anni novanta e la passione poco dopo mi condusse ad un sogno tanto ambizioso quanto bramato, aprire la mia prima officina a Brescia. Da quel momento tutta la mia vita è stata segnata da una profonda evo-luzione che ha visto prima la nascita di un’officina più grande e spaziosa e, successivamente l’opportunità di partecipare a com-petizioni sempre più prestigiose al fine di guadagnare lo “smalto” necessario per distinguersi in questo settore. Non sono di certo concorsi che possono offrire guadagni ma pagano con una con-siderevole soddisfazione, molta popolarità nell’ambiente e una smisurata crescita professionale. Nel 2011, ad esempio, le no-stre creazioni hanno partecipato all’AMD World Championship, il campionato del Mondo per moto custom e special di Sturgis nel Dakota, classificandosi nelle più alte posizioni; abbiamo ottenuto grandissime soddisfazioni anche durante la nota manifestazione Rombo di Tuono, tappa fissa del custom italiano che si svolge ogni anno a Brescia, in cui ci siamo classificati nel 2016 come campio-ni italiani costruttori custom e abbiamo vinto l’ambitissimo pre-mio Best in Show; più recentemente, a Maggio 2017, siamo stati protagonisti di due importantissimi premi anche oltralpe, più precisamente durante l’Hog Eurofestival di Saint-Tropez e agli Swiss Harley Days, manifestazioni organizzate da Harley-David-son, in cui abbiamo ottenuto due prestigiosi BEST IN SHOW; e così anche a Cogolin durante il Chopper&co party e a Lignano Sabbiadoro al Bikers Fest, in cui ci siamo anche guadagnati la partecipazione alla finale al campionato del mondo AMD 2018.Possiamo dire che non smettiamo mai di condurre le nostre Har-ley-Davidson trasformate in giro per il mondo a “caccia” di premi e titoli. Sono oltre vent’anni che faccio questo mestiere e posso affermare che il mondo del custom soprattutto riferito alle Harley ha una particolare sensibilità alle mode che peraltro hanno una ciclicità, tornano i must del passato, poi si spengono e poi riemer-gono nuovamente. Garantisco sempre ad ogni cliente un servizio globale che va dal semplice tagliando alla completa trasformazio-ne della moto, ascolto e interpreto le esigenze di ognuno e cerco il più possibile di guidare ogni committente verso un risultato esemplare proprio per ottenere il maggior successo. Non è mai un progetto semplice come può trasparire dai vari reality in TV, in realtà per rifare una moto da zero occorrono almeno 4/5 mesi di lavorazione. La fase più complicata di questo mestiere è rin-tracciare i pezzi che servono per costruire la motocicletta e al contempo il confronto con il cliente che deve essere il più pos-

sibile allineato con il progetto. Trovare un motore del 1920 oggi ad esempio è estremamente difficile, sono motori molto pregiati e hanno un valore incredibile. Il reperimento di questi pezzi rap-presenta la sfida più ardua. É possibile osservare questo concet-to sulla moto con la quale quest’anno mi sono classificato come best in show, che monta un motore proprio del 1918. Lo stile ha una componente prettamente soggettiva, anche perché si tratta di un esemplare che riprende le moto d’epoca e non è sicura-mente una moto futuristica, ma l’intenditore ne riconosce l’alta e scrupolosa qualità dei particolari ed è proprio questo “plus” che può fare emergere una creazione durante una competizione. In Italia, in questo ambiente la qualità è altissima ed i meccanici sono particolarmente qualificati rispetto all’estero. Per noi è sicu-ramente un orgoglio partecipare a una competizione, sia italiana che internazionale, perché la particolarità e i requisiti delle no-stre trasformazioni , a detta di esperti del settore, sono davvero molto competitive. Il prossimo obiettivo di Gallery Motorcycles è già in costruzione. Parteciperemo al prossimo campionato del mondo fissato per fine novembre 2018 con un nuovo progetto, con la speranza di riottenere i successi che quest’anno hanno an-cora per una volta acceso la nostra grande motivazione e hanno contraddistinto la passione che nutriamo per il mondo delle due ruote”.

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Nome: Damiano CaputoProfessione: collector

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“La passione per le auto e le moto è un interesse che mi è stato tra-mandato da mio padre e da mio nonno insieme ai quali ho iniziato a muovere i primi passi che brevemente mi hanno condotto al fascino del collezionismo. Il primissimo oggetto della mia collezione è stata una Harley-Davidson 883 del 1984 a 4 marce. Questa motocicletta apparteneva a Carlo Talamo, l’importatore numero uno delle moto più belle del mondo e il proprietario della prima concessionaria in Italia Harley-Davidson, la “Numero Uno” appunto. Questo paz-zo romano, amante degli eccessi e di un gusto americano votato all’esagerazione dal 1984 vendeva queste fantastiche motociclette e possedere uno dei suoi esemplari rappresentava un privilegio riservato a pochi. Talamo era un uomo folle, comprava Harley per poi appenderle al soffitto e riuscire a conquistare quei modelli era davvero difficile. Riuscì ad acquistare svariati modelli a lui appar-tenuti, tra cui un Fat Boy Teste Gialle e una Café Racer XLH 1000 del 1977 (l’anno in cui sono nato) una moto sportiva che all’epoca avrebbe dovuto contrastare il dominio delle moto giapponesi degli anni ‘70. Con il tempo la mia passione si è sempre nutrita di sapere e la mia verve di conquista mi ha condotto a customizzare da zero le mie Harley-Davidson con l’obiettivo di creare delle motociclette uniche che avrebbero potuto concorrere ai concorsi internazionali oggi pubblicate peraltro sulle più importanti riviste di settore. Ma la passione per le motociclette non si è fermata al puro colle-zionismo, mi ha condotto infatti a intraprendere una nuova grande sfida quella che si corre sul lago salato di Bonneville nel Nevada dove si battono tutti i record di velocità. Era il 2012 e un team di quattro persone mi accompagnò in questa nuova avventura che però purtroppo come conseguenza di gravi errori tecnici non ha prodotto un grande risultato ma che rappresenterà il grande stimolo per tor-nare nel 2018 e battere tutti i record. Mi sto preparando da mesi con una Harley-Davidson completamente trasformata. Scalvini Racing si sta occupando degli scarichi mentre Luciano Andreoli dirige la pre-parazione del motore di 1350 centimetri cubici e delle varie prove al banco per ottimizzare la moto. La verniciatura è stata eseguita da Paolo di Spray Art mentre per la mia preparazione fisica mi alleno quotidianamente insieme a Franco Battaini, grandissimo campione e amico di sempre e nel tempo libero mi esercito con il Flat Track utilizzando una Ron Wood 500 con motore Rotax nella scuola “Di Traverso Flat Track School” con Marco Belli. Dal mondo delle quattro ruote invece le soddisfazioni provengono direttamente dalla pista. Durante il corso dell’anno partecipo a svariate competizioni a

bordo di supercar a caccia di adrenalina e importanti velocità.Oggi collezionare motociclette significa possedere una passione e una conoscenza davvero infinita. Sono sempre più rari gli intenditori che al di là delle mode dedicano la propria vita a questo fantastico mondo, spesso chi acquista un’Harley-Davidson non ricorda quasi il nome né la cilindrata della motocicletta che sta guidando e la passione si misura in cultura e preparazione. Nella mia collezione ovviamente al di là delle Harley “coabitano” anche pezzi importanti appartenuti alla storia della MotoGP e della Superbike. Oggetti unici e dal valore inestimabile”.

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Nel cuore della piazza glamour di Desenzano per eccellenza, quella di Wise Boutique, durante una splendida serata di settembre, moda e grandi tendenze si sono date appuntamento dando vita a uno spettacolo unico! La nuova collezione autunno/inver-no 2017 è stata la protagonista di un evento speciale, una passerella esclusiva di abiti e di accessori

pronti a diventare i grandi protago-nisti di stagione. Interpreti di questa irresistibile sfilata le clienti della boutique che insieme alle piccole e grandi ballerine della scuola di danza KlediDanceDesenzano hanno coin-volto piacevolmente tutti gli ospiti. Special guest della serata Francesco Capodacqua, Kledi Kadiu e Rossella Brescia, che hanno intrattenuto la clientela durante l’evento.

Il party è poi proseguito all’interno della boutique Wise accompagnato da un brindisi e da un aperitivo coor-dinato dal “Caffè Italia” sul ritmo del Dj set offerto dal“Sesto Senso”.Durante l’evento la Boutique Wise insieme a Silvia Frecchiami direttri-ce della scuola di danza KlediDance-Desenzano ha consegnato una borsa di studio ad un allievo per far sì che persegua i suoi sogni.

A cura di Annalisa BoniImmagini di Alessandro Carleschi

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Wise Boutiquedove talento&glamour sono di casa

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Mercoledì 13 settembre in una brillante atmosfera di fine estate il Gruppo Saottini ha spalanca-to le porte ad una entusiasmante escalation di gioielli a quattro ruote con l’attesissimo evento “Speed Passion Night”. Protagonisti i

motori rappresentati dal gruppo, Volkswagen, Audi, Audi Prima Scelta:plus, Škoda, Porsche e Ducati, che si sono dati appunta-mento nei meravigliosi giardini di Palazzo Gambara tra aperitivi, dj set, virtual emotion, test drive e

tantissimo divertimento. Beatrice Saottini, Amministratore delegato del Gruppo, con la grinta e la verve che la contraddistingue da sempre ha così accolto centinaia di amici, clienti e appassionati in una serata all’insegna della passione e della voglia di vivere ad alta velocità.

A cura di Annalisa BoniFotografie di Fabiana Zanola

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Speed Passion Nightl’alta velocità targata Saottini

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A cura di Annalisa Boni

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Milanotutti pazzi per la fashion week!

Stravaganza, eccentricità e “con-taminazioni” diffuse. Dal 20 al 25 settembre è tornata a brillare fra le vie milanesi la Fashion Week più attesa dell’anno: 63 sfilate, 94 pre-sentazioni, 20 eventi in calendario, 159 collezioni, designer emergenti, nuove location destinate a divenire cult e due maxischermi, in piazza San Babila e piazza Gae Aulenti, per

seguire l’evento. La Milano Fashion Week ha impazzato sui social per i 6 giorni più patinati dell’anno portan-do in scena grandi trionfi come quel-lo di Alessandro Michele per Gucci, non solo un fashion designer ma un genio creativo e un grande artista. Non possiamo di certo dimenticare il ritorno in passerella delle grandi top anni ‘90 e non c’è giovane modella,

o fashion bloggers, che tengano. Quando in campo scendono loro (Carla, Claudia, Naomi, Helena, Cindy) è storia. Un sfilata/tributo a Gianni Versace, a vent’anni dalla sua morte, un omaggio che ha radunato i volti e i corpi più belli che, negli anni Novanta, dominavano la scena della moda globale e che più di ogni altra ci hanno fatto davvero sognare.

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A cura di Laura SorliniFoto courtesy Ufficio Stampa Franciacorta

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Franciacorta in cantinaper festeggiare insieme i cinquant’anni della

Doc e il futuro della Franciacorta

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Come ogni anno, per turisti, appas-sionati di vino o semplici curiosi, settembre è stato un mese ricco di eventi: sabato 16 e domenica 17, infatti, è tornato il Festival Fran-ciacorta in Cantina. Rendez-vous imperdibile che ha dato il via a una serie di importanti appuntamenti: oltre al tradizionale weekend alla scoperta del territorio tra visite in cantina con degustazioni esclusive, show cooking, tour in bus, percorsi di trekking o in bicicletta, passando per le visite di abbazie, borghi, pa-lazzi, ville, giardini e riserve naturali,

quest’anno per l’occasione si è anche festeggiato il cinquantesimo anniver-sario del riconoscimento della DOC a Franciacorta, punto cruciale per lo sviluppo della denominazione e l’inizio di una storia che ancora oggi i produttori stanno scrivendo.Lo storytelling della Franciacorta è stato infine valorizzato da un grande convegno, tenutosi nella giornata di lunedì 18 settembre, in cui sono stati presentati i risultati di un significa-tivo progetto di ricerca sul commis-sionato dal Consorzio Franciacorta allo studio del Prof. Domenico De

Masi. “Avere una visione e condivi-derla è fondamentale per la crescita che hanno vissuto le nostre aziende e il nostro territorio. Ma il tempo corre. E l’oggi ci richiede di essere ancora una volta “visionari” per poter affrontare le sempre nuove sfide che ci troviamo a vivere.” – ha spiegato Vittorio Moretti, Presidente del Consorzio Franciacorta. Da qui è nato il progetto di affidare al socio-logo Domenico De Masi il compito di guidare a progettare il futuro della Franciacorta e del Franciacorta di qui a 10 anni.

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Scrive la Redazione

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S A L U T E

La cuffia dei rotatoriChe cos’è,

come si lesiona e come si ripara

La cuffia dei rotatori (Figura 1A) è un gruppo di quattro tendini prin-cipali (sopraspinato, sottospinato, sottoscapolare e piccolo rotondo) e di un tendine accessorio (il capo lungo del bicipite) che agiscono sulla testa omerale con funzione “coaptante”, ovvero di stabilizzazio-ne nella fossa glenoidea, sopratutto nei movimenti di abduzione (ovvero di “alzata laterale”). Infatti, durante tale azione, il comportamento naturale della testa omerale sarebbe quello di dislocarsi verso l’alto, ma la presenza della cuffia impedisce tale possibilità, mantenendola “centrata” durante il movimento della spalla. Il termine “cuffia” proviene dall’ara-bo “kufiyyah”, un tipico copricapoche si indossa con un accessorio cordoniforme circolare di cotone

che lo stabilizza sul capo, simil-mente ai tendini sopradescritti che “coprono” la testa omerale. I tendini convergono tra loro in un’unica banda in vicinanza delle tuberosità (la grande tuberosità detta “trochite” e la piccola tubero-sità detta “trochine”) (Figura 3A) come ad esempio il sopraspinato e il sottospinato che si “fondono” a 15 mm dall’inserzione sul trochite ed il tendine del sopraspinato e quello del sottoscapolare, che si interse-cano a formare un’unica guaina che circonda il capo lungo del bicipite. La “fusione” di questi tendini è mol-to importante, in quanto il carico a cui un tendine è sottoposto interes-sa non solo quest’ultimo, ma anche le inserzioni tendinee condivise. L’americano Burkhart nel 1993 descrisse un importante e spesso

legamento a forma di semiarco all’interno della capsula articolare che denominò “cable” (Figura 1B) esteso dal trochite al trochine, che delimita un sottile spessore tendi-neo di inserzione del sopraspinato e del sottospinato sull’omero a forma di semiluna (“crescent”, ovvero “luna crescente”) ipovascolarizzato (ovvero che riceve meno sangue) e perciò maggiormente soggetto a lesioni. La cuffia “trasferisce” gli stress di movimento al cable, salva-guardando per quanto possibile la sede tendinea a minor vascolarizza-zione da possibili lacerazioni. Le lesioni di cuffia avvengono preva-lentemente per degenerazione tendi-nea nei soggetti di età superiore a 50 anni, mentre nei pazienti giovani sono dovuti a traumi ad alta energia (fratture e lussazioni).

A cura del Dott. Andrea SalviMedico Chirurgo Specialista in Ortopedia e TraumatologiaDirigente Medico A.S.S.T. Franciacorta, Presidio Ospedaliero diChiari (Brescia), Divisione di Ortopedia e Traumatologiawww.ortopedicobrescia.comTel. 347-4485570

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A cura della Redazione

P R O T A G O N I S T I

città del tondino

Poiché le meteoriti cadono dal cielo,

gli antichi greci chiamarono “sider” il ferro

e “siderurgico” quel ch’era ad esso legato.

Brescia è conosciuta nel Mondo come la città del tondino.

Il tondino in particolare è un materiale quasi unico grazie ai numerosissimi impieghi che può garantire e alle caratteristiche

di compatibilità ambientale che lo rendono eternamente riciclabile, ma il mondo dell’acciaio è oggi stretto tra overcapacity,

bassi consumi, tensioni commerciali e individualismi.

Nicola Bianco Speroni è Amministratore della Holding Valsabbia Investimenti

che controlla Ferriera Valsabbia azienda leader in Italia nella produzione di tondo per cemento armato.

A lui qualche domanda.

Brescia

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Figura 1 – A) Dissezione posteriore di una spalla sinistra. Per meglio evidenziare il muscolo sopraspi-nato, è stata asportata la parte posteriore della spina scapolare (comprendente l’acromion). Il tendine del muscolo sottoscapolare non è visibile in quanto situato anteriormente. B) L’inserzione tendinea comune del sopraspinato e del sottospinato è stata incisa e capovolta, scoprendo perciò la testa omerale. Si nota il “cable” (traduzione : “cavo”) che delimita una zona tendinea a forma di semiluna (denomi-nata “crescent”) ed il tendine del capo lungo del bicipite (Cortesia del Prof. Lumsdaine).

Figura 2 Differenti quadri radiografici in relazione alla situazione della cuffia dei rotatori. A) Cuffia intatta o con lesione minima con spazio subacro-miale (tra acromion e testa omerale) mantenuto (freccia). B) Lesione della cuffia con risalita della testa omerale e conseguente scomparsa dello spazio subacromiale con sua “concavizzazione”. C) Caso ec-cezionale : lesione degenerativa completa della cuffia dei rotatori in paziente anziana con risalita della testa omerale deformata, marcata riduzione dello spazio articolare gleno-omerale e scomparsa della parte acromiale che si articola con la clavicola.

Figura 3 – A) Modello di osso sintetico di spalla destra che mostra l’anatomia ossea (CLB = Capo Lungo del Bicipite). B) Artrografia di spalla destra in sospetta lesione della cuffia dei rotatori. Lo span-dimento del mezzo di contrasto (MDC) nella borsa subacromiale è indicativo di lesione. C) La lesione “a tutto spessore” della cuffia (freccia) è reperita in sede intraoperatoria.

Il quadro radiografico di una spalla dolorosa con sospetto di lesione parziale (ovvero non a tutto spesso-re) di cuffia prevede il mantenimen-to dello spazio subacromiale (Figura 2A). La sede di lesione, localizzata nella zona “crescent” e all’interno dell’ar-ticolazione (entrambe situazioni che possono inibirne la riparazione) può aumentare la sua estensione fino a diventare a tutto spessore, peggiorando perciò la motilità della spalla con scomparsa dello spazio subacromiale ed aggravamento del quadro doloroso.In tal caso i tendini coinvolti posso-no staccarsi completamente fino a retrarsi, provocando nel tempo una “concavizzazione” artrosica dell’a-

cromion e della glena (Figura 2B), dovuta alla localizzazione in sede prossimale (verso l’alto) della testa omerale che “fresa” una nuova sede articolare. Tale “migrazione” è tipica delle lesioni di almeno due tendini della cuffia dei rotatori (condizione di lesione “massiva”) e della degenera-zione fibro-lipomatosa (trasforma-zione in tessuto grasso) dei relativi muscoli per scarso utilizzo, essendo il grado dello spostamento diretta-mente proporzionale alla sezione di lesione tendinea e alla sua sede (Figura 2C). Per la diagnostica sono disponibili l’esame ecografico, la Risonanza Magnetica e gli esami che prevedono l’iniezione in articolazio-ne di un mezzo di contrasto (artro-

grafia, artro-TAC, artro-Risonanza). Il primo degli ultimi tre, più sempli-ce, è positivo per lesione se il mezzo di contrasto passa nella borsa suba-cromiale (Figura 3B), evidenziando perciò una lesione “a tutto spessore” che è in seguito confermata dall’ac-cesso chirurgico (Figura 3C). La riparazione della sede lesionata pre-vede la sutura, che si può eseguire classicamente con accesso “aperto” oppure per via artroscopica, ricor-dando l’importanza, nei distacchi tendinei con retrazione, della sutura trans-ossea del tendine nella sede di inserzione sulla tuberosità. Al termine dell’intervento, la spalla operata sarà mantenuta su un tutore a 45’ per un mese, a seguito del qua-le inizierà il protocollo riabilitativo.

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duzione. Questo aumento comunque mediamente ha consentito alle ac-ciaierie di portare il livello di utilizzo degli impianti al 67,6% a dicembre 2016 contro il 64,9% di dicembre 2015. Nei primi mesi del 2017 in Ita-lia si è mantenuto l’aumento di pro-duzione mentre per quanto riguarda la bilancia commerciale le importa-zioni sono diminuite dell1% a quota 19,7 Mt mentre le esportazioni sono aumentate dell’8,7% arrivando a 17,7Mt. L’Italia dunque continua ad importare oltre 2 Mt di acciaio in più rispetto a quanto esporta.

In effetti per l’Ilva pare che le nuvole si stiano diradando.Si respira ottimismo grazie al fatto che si sono verificate le tre condizio-ni che tutti ci auguravamo cioè: l’in-teresse di grandi gruppi siderurgici internazionali, la presenza in cordata di operatori italiani e il verificarsi di un trend congiunturale favorevole che potesse permettere agli opera-tori di guardare all’Ilva come ad una grande opportunità.

Questo trend vale anche per il tondino?No. La produzione di tondo in Italia nel 2016 è calata del 4,6% e il con-sumo del 6,5%. Anche le previsioni in Italia per i lunghi sono negative a causa del minor spunto del settore dell’edilizia.

Quindi è molto difficile lavorare sul mercato italiano?La domanda interna di prodotti in acciaio è insufficiente per garantire un tasso di utilizzo ottimale degli impianti siderurgici, nel recente passato le imprese hanno cercato di ovviare a questo gap ampliando le esportazioni. Questa tendenza però si scontra con due trend in corso a livello globale: la reintroduzione dei dazi doganali e l’installazione di capacità produttiva in molti Paesi in via di sviluppo. Io spero che nei prossimi mesi si potrà lavorare su due fronti in particolare: promuove-re accordi di cooperazione e lanciare nuovi prodotti nel senso che le sin-gole aziende siderurgiche possano arrivare a produrre e proporre ai propri clienti dei prodotti “indispen-sabili”. Anche nell’edilizia il compar-to forse ritenuto più “tradizionale” sono ancora presenti spazi di cresci-ta soprattutto in termini di sicurezza contro le calamità naturali ambito

nel quale l’acciaio fa la differenza.

Quindi è ancora importante l’esportazione, si dice che sia l’Algeria il mercato che ci salva. Certamente le esportazioni sono fondamentali. In effetti in Algeria l’Italia è il maggior esportatore: su 2,7Mt importate nel 2016 2,5 Mt arrivano dall’Europa e di queste 1,27 Mt dall’Italia. Temo però non durerà, anche in Algeria come in altri Paesi in via di sviluppo vi sono gruppi internazio-nali che hanno fatto grossi inve-stimenti, in Algeria in particolare una società turca che pare faccia riferimento al Presidente Erdogan. Si ipotizza che nella seconda metà del 2018 l’Algeria possa raggiungere l’autosufficienza. Per il resto i mer-cati del Medio Oriente e del Nord Africa risultano ancora fortemente penalizzati dall’instabilità geopolitica (pensiamo alla Siria o all’Egitto) e dalle quotazioni basse del petrolio.

In Europa invece va meglio.Nell’Unione Europea il consumo di acciaio dovrebbe attestarsi sulle 156 Mt nel 2017 con un leggero incre-mento rispetto al 2016, il timore però è che il recupero della doman-da sui mercati interni possa essere assorbito da alcuni fornitori di Paesi Terzi che non rispettano le nostre regole di corretta concorrenza. Sarebbe importante impegnarsi per sostenere l’industria siderurgica continentale: innanzitutto favorendo il rilancio della domanda interna. Per i nostri prodotti pensiamo solo quan-to ci sarebbe da fare come interventi di messa in sicurezza antisismica degli edifici. Se vi fossero condizioni fiscali favo-revoli non pensa che ogni famiglia che vive in aree sismiche sensibili sarebbe ben felice di mettere al riparo la propria famiglia e il proprio patrimonio immobiliare? E poi l’ammodernamento delle infra-strutture e delle reti di trasporto.

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Lei conosce bene la storia della elettroside-rurgia bresciana, tanto che ha curato qual-che anno fa una pubblicazione dedicata alla sua nascita.E’ stato un omaggio a mio nonno Alessio Pasini che nel 1949 contro tutto e contro tutti ha affrontato e vinto la scommessa di produrre acciaio comune utilizzando una tecnologia fino ad allora riservata a prodotti speciali, cioè utilizzando il forno elettrico ad arco. Il volume, se a qualcuno interessa, è disponibi-le gratuitamente presso il Comune di Odolo oppure presso la Biblioteca di Nuvolera.

Di acqua da allora sotto i ponti ne è passata molta ma rispetto allo sconforto per la crisi degli anni scorsi - che ha segnato anche la fine di storiche aziende siderurgiche - pare che il 2016 e anche questa prima parte del 2017 abbiano fatto segnare un ritorno all’au-mento di produzione di acciaio nel Mondo.È vero, però la geografia e il mercato dell’acciaio hanno spostato il baricentro verso l’area asiatica: al consolidamento della siderurgia giapponese e corea-na si è sommata la crescita dell’industria siderurgica indiana e soprattutto di quella cinese che conta oggi quasi il 50% della produzione globale di acciaio. L’au-mento dell’output è avvenuto soprattutto grazie a cinque dei primi undici Paesi produttori di acciaio: la Cina con +1,2% a 808,4 Milioni di tonnellate, l’India con un +7,4% a 95,6 Mt, la Turchia con un +5,2% a 24,2 Mt, l’Ucraina con un +5,5% a 24,2 Mt che ha ormai scavalcato l’Italia nell’elenco dei primi Paesi produttori di acciaio nel Mondo e infine l’Italia con un +6,0% a 23,3 Mt. Questo dato riferito all’Italia non deve però far pensare ad una ripresa del merca-to bensì è dovuto al fatto che l’Ilva è tornata in pro-

L ’ I N T E R V I S T A A

Nicola Bianco Speroni, Amministratore della Holding Valsabbia Investimenti

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La ristrutturazione delle reti distri-butive di energia in modo da disper-dere minori quantità di elettricità nel trasporto. Bisognerebbe anche impegnarsi a promuovere strumenti volti alla promozione dell’internazio-nalizzazione delle imprese ed all’e-sportazione di prodotti siderurgici.

Come mai l’Italia soffre più degli altri Paesi?La questione è molto complessa e vi sono eredità storiche e politiche che scontiamo. Comunque guardando a noi e cercando di fare un esame di coscienza dobbiamo riconoscere che il nostro settore in confronto agli altri è fatto da imprese che sono di piccole dimensioni ed è molto frammentato. Se pensiamo che Ilva e Arvedi da soli fanno 8,8 Mt, vuol dire che le altre 22 aziende siderurgiche italiane hanno una produzione media di 660 milaT. È chiara la necessità di arrivare ad un consolidamento degli operatori soprattutto nei comparti dove la differenza in termini di mar-ginalità è data quasi esclusivamente dai volumi. Questo è proprio il caso del tondino che è una delle produ-zioni a minore valore aggiunto. Per affrontare il mercato globalizzato in modo efficace e profittevole abbia-mo bisogno di dimensioni e orga-nizzazioni aziendali adeguate, che consentano una gestione efficiente degli asset. L’aumento della produt-tività del lavoro e il taglio dei costi non sarà più sufficiente.

Lei si è espresso in passato molto duramente contro la normativa antitrust in campo siderurgico.L’Italia ha già ceduto da tempo il proprio posto nella classifica dei maggiori produttori di acciaio all’Ucraina e nei prossimi due anni è previsto il sorpasso da parte dell’I-ran. Abbiamo un mercato, come detto poco fa, nel quale aziende come la nostra devono confrontarsi con aziende estere centinaia di volte più grandi e più forti di noi che non rispettano l’ambiente e i lavoratori, in un mercato - come quello side-rurgico - sempre più globalizzato, con alcuni prodotti che hanno una diffusione internazionale e prezzi omogenei nelle diverse aree. Eppure noi siamo ulteriormente penalizzati dalle nostre Istituzioni che dovreb-bero difendere noi, i nostri lavoratori e il nostro ambiente e che ci im-pongono invece regole in materia di concorrenza, che vietano, tra l’altro,

alle nostre imprese di realizzare fusioni tali da assumere una posizio-ne di controllo del mercato europeo. Il danno e la beffa che penalizzano oltremodo le industrie comunitarie se già non bastassero i costi dell’e-nergia esorbitanti rispetto a quelli dei nostri competitor.

Per il futuro?Per il futuro certamente fanno ben sperare l’evoluzione favorevole delle norme sul lavoro e sugli incentivi agli investimenti, i tassi di interesse bassi e l’importante offerta di denaro che il sistema bancario e finanziario sta proponendo a soggetti con rating buono. Fa ben sperare la normativa sugli energivori che ha alleggerito il

peso della bolletta che in preceden-za arrivava al doppio rispetto alla media della Ue. Certo è che chi rico-pre ruoli di responsabilità in azienda dovrà affrontare scelte difficilissime, non sappiamo dove il cambiamento ci porterà ma sarà fondamentale definire una comprensione profonda della complessità del contesto in cui viviamo per cercare di scoprire senza pregiudizi quali saranno le soluzioni. Ci dovrà essere sempre più concentrazione per avere una dimensione delle aziende che sia più grande di quella tradizionalmente italiana e che consenta una buona reddittività della gestione industriale tale da garantire un’adeguata remu-nerazione del capitale investito.

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