BRESCIA COME NON L’AVETE MAI VISTA PUBLIMAX EDITRICE ....

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BRESCIA COME NON L’AVETE MAI VISTA LEISURE&LIFESTYLE NUMERO 33 . 2019 . APRILE PUBLIMAX EDITRICE . WWW.PUBLIMAX.EU EURO 4.90 L’IMMOBILIARE DEL TERZO MILLENNIO BRE

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BRESCIA COME NON L’AVETE MAI VISTA

LEISURE&LIFESTYLE

NUMERO 33 . 2019 . APRILEPUBLIMAX EDITRICE . WWW.PUBLIMAX.EUEURO 4.90

L’IMMOBILIARE DEL TERZO MILLENNIO

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Annalisa Boni

satisfactionVi è mai capitato di riflettere sulla moralità e sulla più che certa presenza di villano oscurantismo contro il quale ogni giorno ci troviamo a combattere?Ed è proprio dinnanzi a questa proverbiale e ottusa ignoranza che ho imparato, dopo un piccolo accenno labiale, ad alzare le spalle e proseguire per la mia strada. Mentre alcune persone sembrano essere state unte dal peggio-re dei veleni “gargamelliani” altre sembrano aver perso quella capacità neuronale che un tempo le valorizzavano, ristrettezze che hanno purtroppo ridotto la capacità di pensare a schegge e frantumi, eredi di un passato spento e scadente. Il mix letale che ne fuoriesce è un cocktail di lucida follia che passeggia indisturbato e incontra le nostre vite, semaforo dopo semaforo. Nonostante la calura delle ultime settimane sia riuscita a tra-volgerci piacevolmente in un comparto stagno di meteopatica serenità noto, non più con sorpresa, che il malanimo è sempre sulla cresta dell’onda, quello stesso negativismo che rende inverosimile e intollerabile l’atteggiamento di molti. É come se fossimo oscurati da una nuvola di lamento e cattiveria che ogni tanto ci pone un quesito, lo stesso che mi riformulo mentre percorro in solitudine la mia amata A4 mentre torno a casa dal lavoro e che mi mette in condizione di sperare in persone un po’ più vere, soddisfatte e felici. Suppongo che l’incontentabi-lità di certi sia la perfetta sintesi di un background casalingo piuttosto amaro, storie di una vita quotidiana appannata, uggiosa e insoddisfacente pronta a ungere di disfattismo la vita degli altri.Accertato che ognuno di noi vive e sopravvive nella consapevo-lezza delle proprie problematiche e delle proprie abilità (più o meno gravi) trovo sterile e improduttivo il “contagio” collettivo. Non tanto perchè amo “sbattermene” ma perchè non rappre-senta la forma più dignitosa per poterle affrontare. Esistono veri momenti drammatici in cui il sorriso può cedere il passo alla tristezza, momenti di profondo rispetto che non vanno nemmeno accostati a episodi di auto-jella compassionevole, “auto” perchè, permettetemelo, sono proprio frutto di atteggia-menti auto-prodotti.Divertitevi, cogliete e accettate con soddisfazione i “costumi” che state indossando perchè nessuno vi spoglierà di quell’uni-cità (se non un post su instagram), non ricercate nell’invidia la soluzione alla vostra insoddisfazione ma rendete speciale ogni piccolo e grande momento perchè nella vita, in ogni vita, il panino con la mortadella di oggi può diventare il caviale di domani come il niente di dopodomani.Mangiatelo quindi e siatene satisfaction!

Stay tuned!

L’Editoriale di Aprile a cura di Annalisa Boni

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2 BRE APRILE 2019

BRESCIA COME NON L’AVETE MAI VISTA

LEISURE&LIFESTYLE

NUMERO 33 . 2019 . APRILEPUBLIMAX EDITRICE . WWW.PUBLIMAX.EUEURO 4.90

L’IMMOBILIARE DEL TERZO MILLENNIO

BRE

Il nuovo concetto di intermediazione immobiliare diviene il perfetto core business di RE/MAX BRESCIA, l’unico brand del settore immobiliare che ha dimo-strato di essere “super” per clienti e consumatori grazie al costante impegno per la qualità, l’innovazione e la capacità di distinguersi sul mercato. Far parte del team RE/MAX, che oggi nel mondo conta oltre 100.000 Agenti, significa essere “leader indipendente” avvantaggiandosi del supporto di un brand (con quasi cinquant’anni di successi) e di tutta l’esperienza dei suoi consulenti che si identificano nel motto “tutti vincenti”.

6 RE/MAX

LA COPERTINA DI APRILE

Foto di copertina Matteo Biatta

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sommarioPrefetto della provincia di Brescia dal 29 maggio 2017, Annunziato Vardè, Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, si preparara a salutare la nostra città e lo fa con immenso rispetto e soddisfazione per i risultati raggiunti, dedicando ai cittadini due anni di grande impegno per “riconsegna-re” ai bresciani una città migliore.

Giovane e sorridente, il ritratto di chi ha ben chiari i suoi obiettivi e non vuole rinunciare ai propri sogni. Anna Tripoli, imprenditrice e Vice Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di AIB, ci racconta quali sono i progetti rivolti ai giovani e alle imprese per diffondere una nuova cultura del lavoro. Investire sulla formazione, creare ponti tra scuola e impresa, parlare con i giovani e, soprattutto, essere aperti a re-cepire i cambiamenti. Nella vita privata Anna è legata ad Andrea Mainardi, lo “chef più pazzo del mondo”, che sposerà tra qualche mese.

Luigi Zini, Consulente Finanziario dalla trentennale esperienza, da questo numero affronterà insieme ai lettori le più interes-santi tappe in tema di finanza e investi-menti.

Savoir fair elegante, dotto e incredibilmente amabile. Proprio come il suo vino.Fabio Contato non è solo il protagonista di una grande ascesa culturale ed eno-logica, quella del Lugana, ma è soprattutto un uomo di grandi ideali, che del valore ha tratto l’eccellenza.Il Re Mida della scena vitivinicola nazionaleche farà ancora molto parlare di sè...

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22Intervista al PrefettoAnnunziato Vardè

L’intervista aAnna Tripoli

Luigi Ziniil Risparmio in Italia

Cav. Fabio Contato:l’uomo che ha trasformatola storia del vino gardesano

[email protected]

bre.magazine

La rivista è on-linewww.bremagazine.it

BREM

AGAZINE • APRILE DU

EMILADICIANNOVE •

“Nelle criticità dell’economia di oggi bisognerebbe cogliere il lato positivo e accettare le sfide con coraggio”

68 L’intervista aGiovanna Prandini Tenacia, grinta e un’inesauribile passione

sono gli ingredienti del suo successo, un’im-magine di sportitività vera e autentica che oggi possiamo rivedere non solo in pista ma anche negli ultimi spot che Marcell ha girato per Nike.

34 Marcell Jacobsè desenzanese il nuovo volto della Nike

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teamPublimax Editrice

EDITOR IN CHIEF Francesco Salvetti

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EDITORIAL CONSULTANT Massimo Boni

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COORDINATORE EDITORIALE & CO-EDITOR Annalisa Boni

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ADVERTISING & MARKETINGCarlo Boni

[email protected]

BACK OFFICEEleonora Raschi [email protected]

PROGETTO GRAFICO&ADVERTISING

Annalisa Boni

CONTRIBUTORSLaura Sorlini, Silvia Marelli, Tiziana Adamo,

Lucia Marchesi, Massimo Cominetti,Enrica Ottelli, Velvet,

Fabiana Zanola, Matteo Biatta,Wonka

Publimax Editrice Via XX Settembre 3025122 Brescia Italy

T +39 030 37 76 55 [email protected]

Supplemento a Casaresart n.94Autorizzazione del Tribunale di Brescia n.12/2003 del

12/03/2003PRINTED BY Pagani, Passirano BS

DISTRIBUTION BY Diffusione Logistica Brescia

TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI © Publimax Srl 2018

www.bremagazine.itè vietata la riproduzione totale o parziale

del contenuto della rivista senza autorizzazione

ANNALISA BONI

Dal 2005 è coordinatore editoriale di due riviste nazionali di design e di enogastronomia. Trendsetter e attenta osservatrice di tendenze e stili di vita ha il piacere di portare in pagina solo le grandi eccellenze del globo proponendo il più autorevole specchio di una società in continua trasformazione.

liking: [email protected]

CARLO BONI,

nato con il DNA dell’editoria trasmessogli dalla famiglia, socio aziendale da 25 anni ed esperto conoscitore del mercato, cura e sviluppa l’aspetto commerciale della rivista.

liking: turismo, moda, hotellerie, enogastronomia, motori, costume, [email protected]

FRANCESCO SALVETTI,

Da sempre appassionato alla carta stampata entra nel mondo dell’editoria nel 1992 e dal 1997 è socio e direttore responsabile di tutte le pubblicazioni della casa editrice Publimax. Giornalista pubblicista dal 2001 si diletta nel tempo libero in reportage e ritratti last minute.

liking: cinema, arte, fotografia e tutto ciò che trasmette [email protected]

CLAUDIA LAZZARI,

Cito una frase di Confucio che sento mia: “vivi come in punto di morte vorresti aver vissuto”.Ogni giorno vivo la vita, gli affetti e il lavoro con lo stesso entusiasmo e gratitudine, come se fosse l ‘ultimo...

liking: reiki, cucina bio, accessori, moda, tendenze, cinema, [email protected]

PAOLA RIVETTA,

Giornalista esperta in ambito benessere e stili di vita, presentatrice e moderatrice, sostiene l’importanza della comunicazione in ogni settore. Ama condividere la sua passione per l’arte contemporanea che riesce a dare voce ai sentimenti del presente.

liking: benessere, sport, arte, lettura, [email protected]

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6 BRE APRILE 2019

RE/MAX è stata la prima organizzazione immobiliare ad introdurre e sviluppare con successo la formula di massima remunerazione a favore dei

tradizionali funzionari (in RE/MAX riqualificati come Consulenti Immobiliari) all’interno di una Agenzia, una concezione che ha interamente stravolto il settore.

Cavalcando il trend statunitense affrontato da Dave e Gail Liniger già nel 1973, anno di fondazione di RE/MAX a Denver in Colorado,

oggi il nuovo concetto di intermediazione immobiliare diviene il perfetto core business di RE/MAX HOME DISTRICT-BRESCIA, l’unico brand del settore immobiliare che ha dimostrato di essere “super” per clienti e consumatori grazie al costante impegno per la

qualità, l’innovazione e la capacità di distinguersi sul mercato. Far parte del team RE/MAX, che oggi nel mondo conta oltre 100.000 Agenti, significa essere

“leader indipendente” avvantaggiandosi del supporto di un brand (con quasi cinquant’anni di successi) e di tutta l’esperienza dei suoi consulenti

che si identificano nel motto “tutti vincenti”.

TU AL CENTRO

A cura di Annalisa Boni, immagini di Matteo Biatta

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EMILADICIANNOVE •

dell’Immobiliaredel Terzo Millennio

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Intervista a Lodovico De Rossi e Francesco Nuccio RE/MAX HOME DISTRICT-BRESCIA

Qual è la filosofia di RE/MAX e cosa significa far parte del vostro grande team?Da oltre quarant’anni, RE/MAX, presente in 100 Nazioni al mon-do, si fonda su un’innovativa formula, un sistema senza dubbio rivoluzionario che pone al centro “dell’azienda” la figura di ogni singolo consulente.Il core business di RE/MAX infatti, si modella sul disegno di stu-dio associato all’interno del quale convergono tutti quegli agenti, che noi amiamo definire consulenti, e quindi veri professionisti, in grado di operare in completa autonomia differenziandosi così dall’obsoleto concetto di agenzia immobiliare tradizionale a sche-ma piramidale.Il nostro concetto di società immobiliare è sicuramente singolare e ancorato ad una mentalità americana già assodata.

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Ogni consulente e assistente che entra qui in RE/MAX Home District-Brescia diventa automaticamente imprenditore di se stesso. É a tutti gli effetti uno studio associato all’interno del quale si assiste a una condivisione di spazi e spese che mettono in condizione ciascun consulente di fatturare e guadagnare in autonomia, un modus operandi senza dubbio differente da ciò che avviene in una comune agenzia. La filosofia di RE/MAX sulla quale si delinea poi tutto è il modus operandi dei consulenti: “Il successo del singolo contribuisce a guidare il successo di tutti gli altri”. Il risultato è l’applicazione concreta della teoria win to win (vinci-vinci) alla base del siste-ma: Tutti sono Vincenti. Non esistono in questa realtà gerarchie o as-

setti piramidali, la squadra arriva prima di ogni altra cosa e proprio per

questo ogni singolo viene incentivato con scale provvigionali altissime

che oscillano dal 50 all’85%. RE/MAX è oggi un network internazionale e importantissimo e si fa garante di un’esperienza accertata. I nostri consulenti si auto-gestiscono, condividono gli spazi, gli investimenti dando vita ad un nuovo modo di concepire la vendita immobiliare. Un modello altamente performante che ha avuto fin’oggi risultati eccezionali e sono proprio i fatturati a dimostrarlo.

É possibile far parte del team RE/MAX?Crediamo tantissimo nella squadra e lo consideriamo un valo-re aggiunto, o meglio, il massimo valore della nostra “azienda”. Chiunque voglia entrare in RE/MAX Home District- Brescia, an-che per chi proviene da ambiti diversi e con background diffe-renti, viene accompagnato passo dopo passo a “maturare” nella squadra. É fondamentale per noi investire nella formazione dei nostri con-sulenti, dotarli di infrastrutture tecnologiche, di marketing, co-municazione, promozione del brand, al fine di essere altamente competitivi per servire al meglio il cliente.Mettiamo a disposizione del nuovo consulente una serie di corsi e un periodo di tutoraggio che verrà condiviso con un agente se-nior e sono necessari all’incirca sei mesi per lavorare in completa autonomia. Questo rappresenta un periodo in cui l’investimento su se stessi diventa “tesoro” per il futuro; una cultura di specia-lizzazione che avvalorerà il professionista rendendolo competiti-vo al massimo. La collaborazione è parte integrante del concetto che RE/MAX ha dell’intermediazione immobiliare. “Essere colle-ghi e non concorrenti”, questo è un altro motto che ci contrad-distingue. Il modello RE/MAX è un metodo testato e garantito, sperimentato in 106 paesi nel mondo e noi, cavalcando le sorti di questa filosofia in quattro anni siamo passati da 2 a 32 consulenti su Brescia, e puntiamo ad arrivare alla fine del 2019 a superare il traguardo dei 50 consulenti. RE/MAX preparara consulenti alta-mente qualificati, in grado di offrire servizi di eccellenza ai propri clienti, quella “qualità” che oggi è diventata irrinunciabile per potersi affermare come professionisti.

Quali sono le caratteristiche che deve possedere un con-sulente RE/MAX?Sicuramente la volontà e l’ambizione. A questo proposito il 13 aprile dalle 10 alle 14 organizzeremo il Career Day di RE/MAX Home District-Brescia, ovvero un importante appuntamento, al Museo Mille Miglia, per offrire un’opportunità e per spiegare i plus di questo sistema.

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Un vero Networking Workshop per raccontare «L’agente immobi-liare del futuro», un nuovo modo di concepire questo lavoro che si scontra spesso con l’obsoleta figura dell’agente immobiliare di qualche anno fa. Colgo inoltre l’occasione per rivolgere l’invito a chiunque volesse partecipare (attendiamo la vostra adesione per e-mail: [email protected] oppure chiamando il numero 030/42063)Il nostro è senza dubbio un messaggio diametralmente opposto rispetto al passato: “non devi essere geloso delle informazioni che hai ma devi condividerle”. Tutto è basato sulla partecipazio-ne, sul team, sul gioco di squadra spesso libero da schemi e svin-colato da orari. L’agente immobiliare diviene protagonista dell’a-genzia stessa come professionista autonomo e indipendente. La rispettabilità e la professionalità è assodata e sostenuta da un Codice di Etica comportamentale che tutti gli operatori RE/MAX, indipendentemente dalla nazionalità, sono tenuti ad osservare; ciò a tutela del cliente, che si trova al centro di un rapporto che lo privilegia e lo assiste a 360 gradi.

L’alta qualità di cui ci avete parlato si fonda principal-mente sulla specializzazione?Ogni figura presente in RE/MAX acquisisce una particolare spe-cializzazione. Dal “collection” e quindi dagli immobili di lusso, agli immobili all’asta, dal commerciale al residenziale e così via.Affidandosi ad un consulente RE/MAX il cliente ha un unico re-ferente che coordina e gestisce la promozione del suo immobile, collaborando sia con consulenti RE/MAX, che con altre agenzie

che non fanno parte del network. Grazie a tale sistema il consu-lente RE/MAX è in grado di far aumentare in modo esponenziale il numero di potenziali clienti, riducendo i tempi di vendita. Pensiamo che la specializzazione sarà l’unica risposta alla disin-termediazione. É necessario specializzarsi in relazione anche alla formazione e sarà proprio il dipartimento University di RE/MAX Italia e l’Accademy di RE/MAX Home District Brescia a prepa-rare ciascun consulente delineando tutta la sua educazione in relazione alla specializzazione prescelta.

Qual è il vantaggio di far parte di RE/MAX?Entrare a far parte di RE/MAX vuol dire usufruire dei suoi “stru-menti”, come degli spazi di lavoro e quindi della struttura che ospiterà uffici, sale meeting, segreteria e i tutti i servizi correlati come per i corsi di formazione senza dimenticare le provvigioni altissime (da un minimo del 50% a un massimo dell’85%). Molto spesso questo sistema di “condivisione” può diventare una gran-de opportunità non solo per chi ha voglia di rimettersi in gioco nel mondo del lavoro ma anche per tutti quei colleghi che, pro-venienti da agenzie indipendenti tradizionali, aggrediti e corrosi da spese e esborsi, hanno maturato la necessità di alleggerire o persino annientare questo sovraccarico di spese e unirsi in uno studio associato. Un altro concetto fondamentale è anche la costruzione indipen-dente di un proprio team. Ogni consulente, nell’ottica di un po-tenziamento personale, può creare la propria squadra di lavoro ingaggiando lui stesso altri agenti diventandone team leader.

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Nella nostra agenzia ad esempio questo avviene già. Inoltre desideriamo sottolineare che la forza di questo marchio è in grado di sostenere tantissimo la vendita in termini di affidabili-tà e garanzie, un aspetto sicuramente da tenere presente.

Cosa vuol dire oggi lavorare nel mercato immobiliare e investire su se stessi?Come dicevamo prima per noi investire nella formazione è davve-ro fondamentale. Creare attraverso percorsi guidati delle figure professionali altamente specializzate fa parte della nostra filoso-fia aziendale. Accompagnare in questo senso il “futuro consu-lente immobiliare” vuol dire sin da subito sostenerlo, favorirlo e consegnargli i primi strumenti di lavoro.

É necessaria una particolare esperienza nel settore?Una precedente esperienza nel settore immobiliare è sicuramen-te un grande plus ma è possibile far parte del team RE/MAX an-che senza un background definito nel settore. Tanti nostri agenti provenivano da realtà totalmente diverse ma grazie ad una spiccata dote comunicativa hanno saputo rimet-tersi in gioco e conquistare gli obiettivi. Deve essere chiaro che

l’impegno è la base di tutto e che per ottenere risultati validi è necessario dedicarsi e appassionarsi.

Perché voi stessi quattro anni fa avete scelto RE/MAX?Abbiamo sempre gravitato nel settore immobiliare ed eravamo in passato titolari della nostra agenzia. Ci siamo resi conto che era necessario crescere e compiere quel famoso “salto”. RE/MAX esattamente quattro anni fa ci contattò proponendoci l’apertura di una nuova agenzia a Brescia che potesse abbraccia-re il comparto immobiliare della città, della provincia dilatandosi anche ai due laghi, Iseo e Garda. Inizialmente ci siamo ritrovati prevenuti e dubbiosi, intimiditi forse dal fatto che la figura di RE/MAX potesse paventarsi come il solito franchising immobiliare. Analizzandone poi i plus e il core business abbiamo cambiato pensiero accettando e cavalcando questa grande opportunità di crescita. Oggi RE/MAX è un brand in grado di garantire estrema affidabilità nei confronti del cliente, un network internazionale che ha saputo ritagliarsi quel ruolo da super brand nel mondo riconosciuto dalla grande esperienza, specializzazione e serietà dei suoi consulenti. Questa è la nostra differenza. Unirsi, specia-lizzarsi e fare rete. Insomma, è questa l’immobiliare del futuro.

RE/MAX Home District Via Colle Fiorito, 3 - Brescia - tel [email protected]

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C O R S O M A G E N T A 4 3 . 4 5 . 4 9 B R E S C I A

B A L L A N T Y N EB E L L I N I C LOT H I N G

F R A N C O B A S S IB E R W I C H

B R I A N D A L E SB A G U T TA

C O R N E L I A N IC I T Y O F PA L M S

C O V E R TC R U N A

D A C U T ED E S A

D I E S E LD ’A M I C O

D E PA R T M E N T 5D O N T H E F U L L E R

D O U C A L’ SD R A K E ’ S

E L E V E N T YE R N E S TOF O R T E L A

G A B R I E L E PA S I N IG U Y R O V E R

J O H N S M E D L E YL’ I M P E R M E A B I L E

L A R D I N IL I D F O R T

L A V I E E S T B E L L EM I G L I O R E

M I C H A E L C O A LO R C I A N I

O R I G I N A L V I N TA G EPA O LO P E C O R A M I L A N O

PA LTÓN AT I O N A L S TA N D A R D

PA O LO N IPA U L M E M O I R

N OT TO B E F O U N DP H I L I P P E M O D E L

P E N C EP M D SP U M A

R E P L AYR O D A

S A LVATO R E P I C C O LOS A N TA N I E L LO

S PA L D I N GTA G L I ATO R E

TO N E L LOVA L S P O R T

W O O L R I C HW H I T E S A N D

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AV E N U E 6 7A L P H A S T U D I OA M EA K E PB R I A N D A L E SB OT T E G A M A R T I N E S EC O V E R TC A S TA N E RC ATA R Z I OC O. G OD E PA R T M E N T 5D E S AD I E S E LM AT H I L D EG I M O ’ SH A I K U R EL’ I M P E R M E A B I L EL I V E NM O R O B ÉM E M EM I A - I A MN I N E M I N U T E SN AT I O N A L S TA N D A R DO R C I A N IO R I G I N A L V I N TA G EP H I L I P P E M O D E LP I E C EP I E R R E - LO U I S M A S C I AP R O S P E R I N EP I E R A N TO N I O G A S PA R IR A M EW H AT F O RS T U T T E R H E I MS E V E NPA U L M E M O I RTO N E L LOV O I S O L AV I K I - A N DW E I L I Z H E N GP U M A

FA R M A C I A D E I P R O F U M IG OT ILABORATORIO OLFATTIVOM A D E T L E NM A I S O N B E R E TO M E O F U S C I U N IM I R K O B U F F I N IM O R P HP R O G E T TO F E D ES O U L C O U T U R E

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Prefetto della provincia di Brescia dal 29 maggio 2017, Annunziato Vardè,

Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, si preparara a salutare la nostra città e lo fa con immenso rispetto e soddisfazione

per i risultati raggiunti, dedicando ai cittadini due anni di grande impegno per “riconsegnare” ai bresciani una città migliore.

ANNUNZIATO VARDE'

UN SALUTO DENSO DI POSITIVITA' ALLA NOSTRA BRESCIA

BREM

AGAZINE • APRILE DU

EMILADICIANNOVE •

A cura di Annalisa Boniimmagini di Matteo Biatta

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Intervista ad Annunziato Vardé, Prefetto di Brescia

La sua carriera prefettizia inizia nel 1987. Vuole farci un rapido excursus sulla sua esperienza in tale incarico?Tutto iniziò nel 1987, ero un ragazzo di ventisette anni che, dopo aver vinto un concorso e dopo un periodo di formazione durato sei mesi, raggiunse la sua prima sede, alla Prefettura di Alessan-dria, insediandosi con la qualifica di Consigliere di Prefettura. Dopo due anni tornai nella mia terra, in Calabria, prima a Catan-zaro dove venni impiegato nell’Ufficio di Gabinetto e poi, verso la fine del ‘95, a Vibo Valentia, nella nuova Prefettura in cui svolsi la funzione di Capo di Gabinetto. Qui mi trattenni per il maggior nu-mero di anni, ben undici, ricoprendo il ruolo di Capo di Gabinetto e Dirigente dell’Ordine e Sicurezza Pubblica. Furono gli anni in cui percorsi le numerose qualifiche della carriera prefettizia rive-stendo il ruolo di Direttore di Sezione, di Vice Prefetto Ispettore Aggiunto, e successivamente, di Vice Prefetto. In quel momen-to mi trasferii a Varese per assumere l’incarico di Viceprefetto Vicario. Lì rimasi per quattro anni e mezzo al termine dei quali raggiunsi Napoli per ricoprire un incarico istituzionale nell’ambito dell’emergenza rifiuti. Dopo pochi mesi venni nominato Prefetto e mi venne confermato l’incarico istituzionale che stavo svolgendo. Dopo un anno e due mesi mi spostai a Ragusa, la mia prima sede territoriale, e qui svolsi l’attività di Prefetto in sede per tre anni e due mesi occupandomi principalmente di un fenomeno in profon-da ascesa in quel periodo, i flussi dei migranti.Erano gli anni in cui l’arrivo dei migranti, soprattutto in Sicilia, raggiungeva numeri eccezionali. Anni in cui il porto di Pozzallo, in provincia di Ragusa, era stato letteralmente preso d’assalto con sbarchi giornalieri affollatissimi e incontrollabili. Dal 2014 al 2016 migliaia di migranti richiedevano protezione in-ternazionale e raggiungemmo livelli di circa 180.000 arrivi all’an-no. Moltissimi proprio a Pozzallo dove mi trovai a gestire gli sbar-chi di oltre 50.000 migranti. Un momento particolarmente intenso e complesso che dovetti sostenere con grandissimo impegno, peraltro unanimemente ri-conosciuto. Registrai, infatti, un notevole consenso per il lavoro svolto, una positività diffusa anche negli anni successivi durante il mio mandato come Prefetto di Brindisi. Poco dopo si presentò l’opportunità di ricoprire il posto di Prefet-to a Brescia, un ruolo che la stessa Amministrazione volle affidar-mi “motu proprio”, evidentemente ritenendomi particolarmente qualificato e idoneo per svolgere l’attività prefettizia anche in questa città, con mia grande soddisfazione.Infatti, accettai subito, anche perché stimolato a misurarmi con situazioni sempre più impegnative, nella consapevolezza delle complessità di una provincia così importante.

Come si è trovato nella nostra città?Brescia è una provincia complessa dotata di un’economia floridis-sima, uno fra i più importanti distretti industriali d’Europa, che primeggia anche nel settore agroalimentare e con notevoli poten-zialità anche nel settore turistico e culturale. Oggi, dopo due anni di assiduo e intenso lavoro in questa città è arrivato il momento di lasciarla per iniziare una nuova esperienza in un Capoluogo di Regione anche se mi dispiace tantissimo la-sciare Brescia.

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Qui ho trascorso un periodo estremamente gratificante grazie al consenso e all’accoglienza delle istituzioni, degli imprenditori e dei cittadini. Mi sono impegnato tantissimo e spero di aver dato un contributo importante per la risoluzione delle problematiche che affliggono la comunità e sono felice che la traduzione pale-se del mio operato possa esprimersi nel naturale sentimento di benevolenza e simpatia dei suoi cittadini. Lascio Brescia con la convinzione di aver svolto a fondo il mio dovere ottenendo risul-tati apprezzabili.

Lei ha girato tutta l’Italia, concedendo ben pochi momenti alla sua vita privata.Pensi che Potenza sarà la mia decima sede. Il ruolo del Prefetto è in realtà un lavoro complicatissimo ma che fino ad oggi mi ha regalato tantissime soddisfazioni. Per ricopri-re questo incarico è necessaria una grandissima passione e una dedizione totale priva di distrazioni. Mi sostiene l’attaccamento della mia famiglia a cui purtroppo non ho potuto dedicare il tem-po che avrebbe meritato.Sono stato nominato Prefetto la prima volta a soli cinquant’anni, un’età ritenuta giovane per ricoprire questo ruolo, ho avuto tante soddisfazioni e qualche delusione, disagi e sacrifici che affronto con entusiasmo e quella consapevolezza di svolgere un lavoro im-portante per tutta la collettività.

Quali criticità ha riscontrato sul territorio e quali invece gli aspetti positivi?La provincia di Brescia è un territorio di straordinaria importanza economica, come dicevamo prima.

Primeggia in Europa e nel mondo con un export importante e con considerevoli potenzialità di sviluppo turistico grazie al gran-de patrimonio artistico e culturale che possiede. Mi riferisco al complesso monumentale Santa Giulia, che definire Museo è ri-duttivo, al Foro Romano e alla Pinacoteca, opere ragguardevo-li spesso “offuscate” dall’importanza economico-finanziaria che detiene questa città e che ne monopolizza l’immagine. In questo senso, nella valorizzazione del patrimonio artistico, il Comune sta facendo un ottimo lavoro, con l’obiettivo di consegnare a Brescia quel “vanto” culturale che si merita. Inoltre qui si vive davvero bene, è una città all’avanguardia e pre-senta un benessere diffuso. Poi esistono anche le criticità. Criticità “figlie” degli aspetti positivi come l’inquinamento, un problema al quale bisogna riconoscere una priorità assoluta. É necessario migliorare la qualità dell’aria con efficaci interventi per ridurre il livello del cosiddetto PM10, le particelle inquinanti presenti nell’aria che respiriamo, e in provincia occorre bonifica-re le acque del Chiese. Tutti aspetti che facevano parte del programma del mio mandato infatti, nel tempo, sono riuscito a stabilire un ottimo rapporto con le Associazioni del territorio precorritrici di queste istanze a livello ambientale.

Per quanto riguarda la criminalità invece?La criminalità esiste ma è del tutto sotto controllo.Lo spaccio di sostanze stupefacenti ha rappresentato per noi una problematica prioritaria e proprio in questo ambito abbiamo fatto molto. Abbiamo attuato in maniera precisa la direttiva del Mi-nistero dell’Interno denominata “Scuole Sicure” attraverso mo-

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menti di prevenzione e repressione dello spaccio nelle aree scolastiche e negli altri luoghi cosiddette “piazze di spaccio”. Inoltre abbiamo deciso di avviare autonomamente, d’in-tesa con il Sindaco, in sede di Comitato, una serie di in-contri con gli studenti dei dieci istituti scolastici della città selezionati dal Dirigente Scolastico Provinciale, con il Sindaco, con il Questore, con il Comandante Provincia-le dei Carabinieri e con il Comandante Provinciale della Guardia di Finanza. Insieme abbiamo visitato le scuole incontrando gli alunni, instaurando un dibattito costrut-tivo dedicato alla legalità e ai pericoli dell’assunzione di sostanze stupefacenti.Non abbiamo voluto tenere il solito atteggiamento cat-tedratico ma abbiamo cercato di stabilire un dialogo con gli studenti tentando di far capire ai giovani che le isti-tuzioni sono al loro servizio e che proprio di loro si devo-no fidare “utilizzandole” come punto di riferimento. Un altro dato importante che ha segnato profondamente il mio mandato sono stati gli sgomberi, una problematica poco percepita dalla città ma in realtà molto importante.Molti sono stati gli immobili occupati illegalmente a Bre-scia sgomberati: gli ex hotel Alabarda e Fornaci (un im-mobile confiscato alla criminalità trasferito al Comune), le case di via Gatti, per fare qualche esempio. Abbiamo messo a punto una vera strategia di che ci ha permes-so di agire senza alcuna conseguenza negativa sul piano sociale, senza creare problemi di ordine pubblico per-fettamente in linea con le direttive ministeriali e con la collaborazione molto proficua dell’Amministrazione Co-munale. Siamo così riusciti ad individuare tutte le critici-tà di disagio sociale famigliare trovando sistemazioni al-ternative legittime, senza creare disordini di alcun tipo. Forse è stato proprio questo “silenzio” a rendere quasi inosservata l’operazione, nonostante sia stata un’opera-zione molto importante.

Questione immigrazione: lei è un grande esper-to in materia (in passato ha coordinato i servizi di soccorso e prima accoglienza di migliaia di migranti nell’ambito delle operazioni “Mare No-strum” e “Triton”). Attualmente a Brescia e pro-vincia come state gestendo la situazione? Ci può dare anche qualche numero?Il fenomeno immigrazione a Brescia è oggi una questio-ne perfettamente sotto controllo nonostante la presenza in città si aggiri intorno al 18% della popolazione totale mentre in provincia al 13%. Non si sono riscontrati episo-di particolarmente allarmanti se non in determinate aree circoscritte e soprattutto legate alla concentrazione di luoghi di preghiera, che durante particolari periodi come il Ramadam, possono dare vita a reclami e lamentele da parte dei cittadini. Il problema principale, che ho dovuto affrontare sin dagli inizi del mio mandato, era senz’altro costituito dal flusso dei migranti richiedenti protezione internazionale. Una situazione molto critica in quanto, dall’estate del 2017, le strutture riservate all’accoglien-za traboccavano di ospiti, superando i 3.000 richiedenti: oggi sono 1567. >>

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Il problema di dove sistemare gli immigrati, che ogni giorno rag-giungevano Brescia in un numero sempre più massiccio, stava diventando quasi incontenibile.É stato un dilemma complesso da affrontare e i Sindaci comin-ciavano ad essere sempre più insofferenti. Iniziavano ad emerge-re le prime criticità e persino la Procura aveva cominciato ad av-viare le prime inchieste. Dovetti rimboccarmi le maniche, come si suol dire, costituendo una task force per garantire un controllo esemplare sulle strutture di accoglienza. É stato grazie alla col-laborazione di Questura, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finan-za, Polizia, Ispettorato del lavoro, ATS e Vigili del Fuoco (che facevano parte della task force) che siamo riusciti ad arginare il problema e la strategia adottata ha assunto così anche una fun-zione importantissima in termini di deterrenza nei confronti di quei soggetti che non rispettavano pienamente le convenzioni, il contratto, il capitolato e la normativa vigente. Devo dire che nel “mare magnum” dei soggetti gestori in molti si sono distinti per correttezza ma purtroppo altri, vedi il caso Scaroni, non hanno di certo brillato in termini di legalità. Grazie a un monitoraggio costante, abbiamo poi individuato i soggetti meritevoli attuando con il bando successivo un’impor-tante selezione in modo da stringere la platea dei gestori, con-centrandoci con quelli che avevano dimostrato maggior affidabi-lità. A fronte dei 3.000 ospiti del 2017 oggi abbiamo raggiunto, come detto, cifre più modeste di 1.567 ospiti accolti nelle strut-ture gestite dai Prefetti e 450 affidati agli SPRAR, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. A questo proposito va fatto un accenno anche alla Caserma Serini che è stata restituita all’Agenzia del Demanio, dopo un lungo lavoro per dismettere tutte le attrezzature che erano state accumulate.

Sul tema di ordine e sicurezza pubblica?I dati attestano una diminuzione dei delitti.I dati ministeriali indicano un sensibile decremento: i delitti nel 2016 sono stati 50.705, nel 2017 48.361 e nel 2018 47.246, una dimunzione senz’altro apprezzabile. Si è, in particolare registrata

una decrescita rispetto al 2016 per tuti i reati. Anche per la questione stupefacenti nel 2018 sono stati denun-ciati 868 reati, contro i 1.133 nel 2017 e i 900 del 2016. Possiamo quindi affermare che anche in questo ambito la situazione bre-sciana è sotto controllo.Un illecito che in particolare ci ha preoccupati negli ultimi tem-pi riguarda l’assalto ai bancomat con esplosivi. Abbiamo avviato delle importanti iniziative con ABI, Associazione Bancaria Italia-na, nell’ambito del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicu-rezza Pubblica programmando la sottoscrizione di un protocollo in grado di responsabilizzare maggiormente ciascun istituto ban-cario al fine di dotarsi di strumenti di difesa passiva adeguati e all’avanguardia. Al contempo è stato massificato il servizio di controllo sul ter-ritorio, un deterrente che, grazie al tempestivo intervento delle pattuglie in servizio ha circoscritto ulteriormente il fenomeno.Un fenomeno peraltro ciclico perchè comparso proprio nell’ulti-mo semestre con una certa assiduità, questo sta a significare che è stata ricostituita una banda dedita a questa attività criminale. Per questo motivo è necessario intensificare l’attività di polizia giudiziaria per neutralizzare gli appartenenti alla banda in modo da fermare tempestivamente il fenomeno.Non per ultimo abbiamo attuato le misure anti terrorismo per garantire la sicurezza pubblica anche grazie al posizionamento di barriere anti sfondamento, soprattutto in concomitanza di grandi eventi cittadini, garantendo al contempo anche un servi-zio di safety con riferimento anche a ciò che è successo proprio a Torino. Manovre che hanno avuto consenso tra i bresciani oggi sempre più consapevoli di vivere in una città sicura.

Quali sono gli obiettivi che passerà al nuovo Prefetto Attilio Visconti?Le iniziative che noi abbiamo condotto in questo periodo sono tante e occorrerebbe dare continuità.L’attività della Prefettura ha bisogno solo di stabilità.

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Nato a Cremona nel 1963 Luigi Zini vive a Brescia.

Ha conseguito un Master in “Financial Advisor” presso

la fondazione CUOA e un Master in “Family Office” pres-

so AIFO (Associazione Italiana Family Officer).

Nel 1989 inizia l’attività di consulente finanziario e

segue con dedizione tutte le trasformazioni ed evo-

luzioni del settore continuando a svolgere oggi la sua

attività in veste di Private Banker, coordinando, a sua

volta, ulteriori Private Banker. Dal 2014 ricopre inoltre

il ruolo di Consulente Tecnico d’Ufficio presso il Trbu-

nale di Brescia. Nel 2018 con l’Università Cattolica del

Sacro Cuore di Milano conquista l’Executive Master in

Banking & Innovation Management. Grazie a trent’anni

di carriera e ad un approccio analitico ha avuto la possi-

bilità di acquisire competenze trasversali, le stesse che

gli permettono di assistere al meglio i clienti in tutte

le scelte finalizzate alla valorizzazione e protezione del

patrimonio personale e societario.

Il risparmioin Italia

BREM

AGAZINE • APRILE DU

EMILADICIANNOVE •

A cura di Annalisa Boni

“Ogni Cliente è per me unico, come uniche sono le sue necessità; la mia misson è soddisfare anche l’investitore più esigente”

Ne parliamo con Luigi Zini, Consulente Finanziario

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21 BRE APRILE 2019

Luigi Zini - cell. 335 7376518 - v.le A.Gramsci 47 - 25100 BresciaIscrizione Albo dei Consulenti Finanziari n°5844

Intervista a Luigi Zini,

Qual è la situazione italiana in questo momento?L’Italia dopo il Giappone è il paese con il più alto indice di rispar-mio, si stima infatti che ci siano oltre 10 mila miliardi di euro di cui oltre il 50 % in liquidità.

Qual è il nostro atteggiamento nei confronti del denaro?Abbiamo la tendenza a considerare in maniera anomala il nostro denaro. Tendiamo generalmente a classificarlo ed asserirlo in “comparti stagni” che tra di loro non si “parlano” facendoci man-care così una visione d’insieme.Esistono tre grandi macro economie dove noi tendenzialmente inseriamo il nostro denaro. Alla base di tutto c’è la liquidità.Appena sopra c’è quella ricchezza e quel patrimonio costruito con il risparmio corrente che si va ad investire in obbligazioni, azioni, fondi, Sicav, gestioni e vari strumenti finanziari e assicurativi.Ancora sopra c’è quella ricchezza che si va a costruire con i ri-sparmi futuri destinati a tutte le esigenze di lungo periodo.

Se dovessimo disegnare uno schema di tutti gli stock finanzia-ri quello ideale sarebbe una piramide all’interno della quale, alla base troveremo la liquidità, una parte molto consistente, al centro collocheremo la parte d’investimento del medio periodo e in cima tutte le risorse finalizzate al lungo periodo.L’evidenza della fotografia che si ottiene mostra una diversa pro-pensione marginale al consumo di queste risorse.Tutti noi tendiamo a spendere molto più facilmente i denari che sono liquidi mentre troviamo sicuramente più difficoltoso disin-vestire qualcosa che invece abbiamo già destinato mentalmente ad una precisa finalità. Il disequilibrio in questo modo è molto evi-dente, lo stesso che porta ad avere un’eccessiva liquidità a disca-pito della forme d’investimento più dinamiche e di conseguenza molto più remunerative.

Quali sono le cause di questo improprio atteggiamento?Principalmente una non adeguata cultura finanziaria, un eccessi-vo timore per gli imprevisti, le informazioni che evidenziano co-stantemente le varie problematiche del breve senza prospettare l’opportunità del futuro, il condizionamento di una visione territo-riale parziale che ci porta a guardare il nostro singolo Paese senza valutare il resto del Mondo infine la mancanza di una profonda e attenta analisi delle proprie necessità, dei propri obiettivi futuri ma soprattutto di un piano preciso per il raggiungimento degli stessi.

Quali possono essere quindi le soluzioni?Sicuramente è auspicabile il contributo di un professionista in grado di costruire una pianificazione finanziaria e patrimoniale. Prima di questo è necessaria un’analisi della persona, delle sue necessità e della capacità di risparmio, capire quelli che sono i suoi progetti e obiettivi per far si di rispettare le sue esigenze e profilo di rischio. Indispensabile è utilizzare strumenti e strategie che inducano a tenere comportamenti virtuosi e fondamentali per ottenere risultati ottimali con un costante controllo. Il professionista è la figura fondamentale per salvaguardare il cliente da tutta una serie di imprevisti e rischi, in quanto la perso-na rimane sempre il capitale più importante.

“la persona rimane sempre il capitale più importante”

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Savoir fair elegante, dotto e incredibilmente amabile. Proprio come il suo vino.Fabio Contato non è solo il protagonista di una grande ascesa culturale ed enologica,

quella del Lugana, ma è soprattutto un uomo di grandi ideali,che del valore ha tratto l’eccellenza.

Il Re Mida della scena vitivinicola nazionaleche farà ancora molto parlare di sè...

CAV.FABIOCONTATOL'UOMO CHE HA TRASFORMATO

LA STORIA DEL VINO GARDESANO

BREM

AGAZINE • APRILE DU

EMILADICIANNOVE •

A cura di Annalisa Boni

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23 BRE APRILE 2019

Photo di Pietro Lazzarini

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Intervista a Fabio Contato,

Una storia che affonda le sue origini nel 1965.Cinquant’anni fa chi era Fabio Contato? Non sono mai stato l’autentico esempio del figlio di un uomo di vigna. Mio padre Walter in realtà faceva tutt’altro. Negli anni ses-santa era un affermato l’immobiliarista e vivevamo a Milano senza alcun tipo di ambizione o aspirazione nei confronti del mondo vi-tivinicolo. Non ero stato allevato a pane e vino e non ho ereditato un vissuto tra terra e cantina, nacque tutto per una casualità det-tata dalla bellezza di questo territorio. Mio padre in quegli anni decise di soggiornare a Sirmione durante un viaggio di piacere e gli fu proposta l’acquisizione di una bellis-sima cantina, in quella terra che tra Desenzano e Sirmione venne soprannominata “Provenza”. Fiutò subito il business, grazie al suo considerevole senso degli affari e decise nel 1967 di acquistare l’azienda. Il mio interesse all’epoca da dodicenne milanese era principalmente allettata dall’aspetto turistico. Soggiornavo durante l’estate nella cantina perché mi piaceva gironzolare e divertiri sul Garda senza essere troppo attratto dal comparto lavorativo. Dopo qualche anno mio padre, consapevole della mia padronanza con la lingua inglese frutto di lunghi studi in Inghilterra, mi propose di partecipare alla nostra prima fiera a New York. Ero un sedicenne spoglio di esperienza attratto più dalla possibi-lità di visitare la “grande mela” che dall’entusiasmo di diffondere il nostro prodotto oltreoceano. Decisi comunque di vivere questa nuova avventura e partii per 25 lunghi giorni alla volta degli USA. Durante le varie manifestazioni tra New York e Los Angeles cercai nella maniera migliore di diffondere la cultura del nostro Luga-na e delle Cantine Provenza e l’esperienza del tutto fortunata si tradusse con un ordine sbalorditivo: 800 cartoni di Lugana, pra-ticamente un container pieno zeppo commissionato da un uomo newyorchese. Mio padre era talmente soddisfatto di me e del mio lavoro in terra straniera che ancora oggi quando lo racconto rivi-vo gli stessi entusiasmi. Proprio da quella grande conquista, che fu davvero il mio primo tentativo di approccio in questo settore, ne nacque una grandissima passione e un amore profondo per questo mestiere. All’epoca studiavo economia e commercio a Milano ma nei perio-di meno intensi tornavo sul Garda e mi occupavo insieme a mio padre della cantina cercando di imparare e assorbire più nozioni possibili. Fu dopo la laurea che venni accompagnato davanti a un bivio: la possibilità di aprire a Milano il mio studio e diventare un commercialista oppure trasferirmi definitivamente a Sirmione e tenere le redini della cantina. Scelsi il vino. Non puoi immaginare la gioia e la soddisfazione di mio padre. In quel momento dedicai anima e corpo a Cantine Provenza e cercai di introdurre nella filosofia aziendale tutti quei processi che avrebbero elevato in ter-mini di qualità il nostro vino. Contemporaneamente frequentavo tantissimi corsi cercando di approfondire al meglio la mia cono-scenza. Purtroppo appena trentenne persi mio padre e mi ritrovai 30 et-tari e una produzione di duecentomila bottiglie da gestire insieme a mia sorella. Tutti all’epoca ci davano per spacciati. Coraggio e ambizione ci hanno guidati ad attraversare al meglio quel periodo così difficile e riuscimmo in breve tempo a dimostrare tutt’altro. Fu proprio da quel momento che ebbe inizio un’attività lavorativa intensa e pressante.

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Photo di Pietro Lazzarini

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Che anni stava attraversando il Lugana in quel periodo?Negli anni ’90 il Lugano non era un vino affermato. Veniva asso-ciato all’immagine distorta di un vino bianco locale a poco prezzo. Lo si degustava a Desenzano, a Sirmione, al massimo a Brescia e a Verona ma non oltre. Addirittura qualche anno prima, nell’85 conquistammo un premio a Vinitaly e su tutti i giornali uscì la notizia: “Un premio al vino Lugano”. Lugano? Ma quale Lugano? Ci avevano presi per vignaioli svizzeri sbagliando addirittura il nome del nostro vino.Diciamo che il successo del Lugana si è diffuso solo agli inizi del 2000 proprio per merito dei turisti tedeschi che si erano profon-damente innamorati del nettare del Garda, tant’è che ancora oggi il nostro mercato di punta è proprio la Germania che detiene il primato per esportazione (circa il 45% su una produzione di 16 milioni di bottiglie). Il tedesco oggi è un grande conoscitore di vini di qualità, attratto da una moltitudine di fattori che contribu-iscono a tracciare la storia di un vino, non è più il classico turista da lasagna e bicchiere di bianco ma conosce molto meglio di noi italiani questo territorio. Oggi posso orgogliosamente affermare che il nostro Lugana viaggia nel globo, lo si trova ovunque ed è un vino particolarmente apprezzato.

Ha inserito nei suoi vini il filone naturale?Il biologico nel mondo del vino è un compartimento davvero in-teressante. Attraversa però una problematica perché ad oggi non esiste ancora oggettivamente una vinificazione che possa dare risultati simili al convenzionale. Alcuni accorgimenti “naturali”, che ad esempio portano ad un utilizzo massiccio di rame, diven-tano sfavorevoli per i profumi che costretti a specifici processi mutano. Spesso ci si trova quindi ad acquistare un vino biologico ad un prezzo superiore ma ahimè di qualità scadente e comun-que troppo dissimile dal convenzionale. E allora perché devo spendere di più e bere peggio? Probabilmente un raffronto con il convenzionale non dovrebbe sussistere perché il senso di que-

sto vino risiede nella sua salubrità, non esiste chimica e quindi bevo sano. Ma bisogna comunque considerare che occhio e bocca vogliono la loro parte ed è quindi importante raggiungere quel-la tecnica qualitativa che possa elevare il prodotto. Io sono un fautore del biologico perché considero che sia proprio questo il futuro. Lo stare bene e la grande attenzione che oggi si rivolge a ciò che mangiamo è quasi diventata un trend. É però importante sapere che non è sempre il vino la causa scatenante di determi-nati malesseri, basti pensare a quanta solforosa è presente nella frutta secca come gli arachidi o in determinati cibi a lunga con-servazione. Viene sempre incriminato erroneamente il vino.É necessario sfatare anche questo concetto.

Come è cambiato il mondo del vino sul Garda?É profondamente cambiato negli anni per due distinti motivi. Il primo riguarda l’inserimento nelle cantine delle nuove genera-zioni, i così detti millennials, fonti inesauribili di innovazione e progresso. Quegli stessi giovani che, scontrandosi inizialmente con la “vecchia scuola”, più grossolana e ancorata a passati ide-ali stanno via via apportando un contributo importantissimo. Il prodotto è cambiato, in piacevolezza ed eleganza. Il consumatore che nel lago di Garda ha sempre intravisto una cultura enologica un po’ grezza oggi ha ritrovato un prodotto affinato e ottimizzato, pronto per essere abbinato ad una cucina di valore.In secondo luogo, le fiere, le manifestazioni di settore e le ker-messe votate al vino. Circostanze che hanno sicuramente dila-tato la conoscenza di quegli uomini troppo spesso relegati nelle proprie cantine. Il percorso culturale rappresenta in questo caso l’ispirazione per produrre un vino migliore.

Quale ritiene sia la sfida più importante che il vino ita-liano deve affrontare oggi?Non si parla di sfide enologiche, la questione va vista in modo diverso.

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26 BRE APRILE 2019

Il vino italiano deve uscire da alcuni schemi concettuali piuttosto obsoleti.É necessario inserire all’interno della cantina nuovi giovani ope-ratori che possano al meglio cogliere l’elemento frutto e quindi uva e trasformarla in un vino di particolare ricercatezza ed ele-ganza. Solo così l’eccellenza può diventare un termine di giudizio più vicino. Si parla di una maturità proiettata alla riqualificazione dell’enologia italiana in termini di stile e raffinatezza. La consue-tudine ha sempre rappresentato una regola che ingessava ogni processo evolutivo. Il giovane scardina questo meccanismo ren-dendosi conto che la realtà italiana non si muove in “isolamen-to” ma si inserisce nei ragionamenti internazionali. É solo ascol-tando, degustando e comparando quello che fanno gli altri che potremmo elevarci qualitativamente. In poche parole dobbiamo essere consapevoli che possediamo un’ottima materia prima ma non siamo così abili a renderla importante. Anche la valorizzazione del prodotto nel suo prezzo è un ele-mento che deve via via mutare. In questo momento noi italiani il vino lo stiamo regalando. Nell’immaginario collettivo un vino a basso costo di riflesso non è buono. Sono proprio i francesi a insegnarcelo vendendo la qualità ad un alto prezzo. La Francia esporta vini che possono persino arrivare a costare più di 1000 euro a bottiglia mentre noi arriviamo ad un massimo di 300 euro. Un giorno, mio figlio tornando da un viaggio in Nuova Zelanda mi disse: “sai papà, in Nuova Zelanda non esiste tradizione, la cantina più vecchia ha massimo trent’anni. Le cantine perdono il loro fascino antico che viene sostituito da enormi capannoni termocondizionati. Visitando una cantina però la mia considera-zione cambiò. Mi porsero un calice di vino e mi fecero visitare un bellissimo vigneto raccontandomi la storia di ciò che stavo degu-stando. In quel momento ebbi una diretta corrispondenza tra ciò che stavo bevendo e la visione ottica del territorio da cui nacque quel prodotto. Un processo che si basa sulla singola esperienza

e che diviene straordinaria pur perdendo il fascino del passato”. Mi disse inoltre che anche i produttori neozelandesi dovettero alzare il prezzo del vino proprio per valorizzare il prodotto stesso.

Nel 2017 il Gruppo Santa Margherita ha acquisito la maggioranza della sua azienda. Che significato ha que-sta partnership con la famiglia Marzotto. Quali saranno i nuovi obiettivi e le prossime sfide di mercato?Se a un certo punto della tua vita un gruppo importante, come in questo caso il Gruppo Santa Margherita, oggi un grande mosaico enologico custode di importantissime etichette, muove particola-ri interessi per la tua azienda puoi ragionare in due direzioni. La prima ti lega ad un passato nostalgico e ti lascia un sapore amaro per i sentimentalismi che ti saldano ad un’azienda che tu stesso hai cresciuto e che non vorresti mai cedere, la seconda ti rende più lucido e consapevole che, “salendo su quel treno” il tuo vino avrebbe la possibilità di ritagliarsi un ruolo molto più importante.Oggi in una competizione internazionale, in cui vince molto il fatto di riunire a sé diverse cantine in un’unica azienda, è fon-damentale proporsi al cliente finale con una variabile di etichet-te piuttosto ampia. Basti pensare al percorso affrontato dalla famiglia Lunelli del Gruppo Ferrari oppure quello di Tenimenti Angelini, società vitivinicola del Gruppo farmaceutico Angelini. Famiglie e gruppi che non hanno comprato una cantina ma più realtà vitivinicole produttrici di vini diversi tra loro. Queste gran-di aziende sono in grado di gestire il mercato in maniera più per-formante offrendo una variabile di prodotti in grado di affiliare il cliente soprattutto all’estero.La famiglia Marzotto ha messo in atto proprio questo processo nell’acquisizione di Cà Maiol. Si è avvicinata ad un’azienda come la nostra intravedendo e ri-conoscendo il nostro percorso di qualità. Sono contento di aver abbracciato questa opportunità perché sono consapevole che >>

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la famiglia Marzotto farà solo del bene alla nostra Cà Maiol ele-vandola sempre a un livello più alto. In Francia questo tipo di acquisizioni hanno condotto tantissimi brand all’olimpo del mer-cato. Prendiamo come esempio Bernard Arnault, proprietario di LVMH, un’idea di lusso assolutamente universale, leader mon-diale di eccellenza, che accanto a brand come Louis Vuitton, Fendi, Bvulgari ha congiunto cantine del calibro di Dom Périg-non, Ruinart e Krug solo per citarne alcune.Se vuoi bene alla tua azienda queste sono azioni importanti e irrinunciabili. Devi essere consapevole che non stai vendendo un bene perché sei ammaliato dal “Dio” denaro ma cedi qualcosa che nasce da te per offrirgli un futuro brillante perché intravedi nel compratore una grande potenzialità.

La domanda mi viene spontanea … quali sono gli obiet-tivi di oggi?Fabio Contato nasce con una grande attenzione volta alla ricerca della qualità del vino. Anche il passato mi ha suggerito la giusta strada da intraprendere. Non posso dimenticare che il mio vino è stato il primo nella storia del Lugana a conquistare i tre bicchie-ri, ben sedici anni fa e sempre il primo ad aggiudicarsi i cinque grappoli dell’AIS. Il mio Lugana è stato il primo vino bianco a vincere nella classifica di Wine Spectator, la prestigiosa rivista americana votata al mondo enologico. Insomma in questi anni ho raggiunto il massimo a cui potevo ambire. Adesso desidero attraversare un percorso di qualità al 100% fatto di produzioni limitate alla ricerca di una grande eccellenza. Il progetto c’è ed è già in fase di sviluppo, il team di lavoro insieme a me si sta appassionando sempre di più a questa nuova avventura che vi sveleremo tra circa un anno magari in occasione di Vinitaly 2020. Poi ci sarà la prova del nove del consumatore… e come dicono gli americani: good luck!

Botta & Risposta

Quando esce a cena che vino predilige (oltre al suo)?Sicuramente un vino bianco profumato e il più delle volte friu-lano.

Un ristorante…Il mio percorso di qualità si assapora anche a tavola quindi scelgo una cucina stellata.La ricercatezza che contraddistingue il mio percorso professio-nale la eleggo anche a tavola, nei sapori, nei profumi e nelle ma-terie prime scegliendo traiettorie qualitativamente elevate. Nella mia vita, durante svariate kermesse o nei viaggi ho avuto la pos-sibilità di conoscere gli chef più importanti del pianeta soprattut-to alla corte di Alain Ducasse e di Joël Robuchon al Principato di Monaco. Una sera mi trovai proprio da Robuchon per presentare un vino bianco lui volle a tutti i costi assaggiare anche un rosso che io casualmente avevo lasciato nel baule dell’auto, tra l’altro un vino ancora senza etichetta, ancora in fase embrionale. Glielo feci assaggiare e lui ne fu estasiato. Da quell’incontro nacque un nuovo rosso, il Joël, in onore del grande maestro da 32 stelle Michelin.

Un luogo in Italia e all’estero… Senza dubbio scelgo la Sardegna del nord essendo io un uomo d’acqua. Sono una persona molto socievole ed estroversa e lo stare in mezzo alla gente con un buon calice di vino in mano è tutto quello che apprezzo di più.All’estero sicuramente scelgo Monte-Carlo perché in un piccolis-simo spazio c’è una concentrazione di persone incredibili.

Il vino che ti rappresenta di più…Il “Fabio Contato”. É stato il primo messaggio forte che ho voluto dare a un vino legandolo al mio nome. Quando mancò mio padre inizialmente volevo dedicargli un vino ma poi scelsi di intitolarlo a me stesso perché solo io avrei potuto raccontarlo per il mondo nella maniera migliore. Durante una cena molto importante a Londra tanti anni fa da-vanti a 120 persone descrissi proprio questo vino e il pubblico ne fu incantato. Parlare del tuo vino è spettacolare, trasmetti un entusiasmo pazzesco e la gente che ha partecipato quella sera se lo ricorda ancora.

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Protagonista di una serata speciale il grande “made in Italy” che il gruppo MAGENTA nelle vetrine più influenti della città stagione dopo stagione rende protagonista.

Ospite dell’evento del 15 marzo Gabriele Pasini e la cultura sartoriale italiana il punto di partenza delle sue collezioni. Un discorso di proporzioni, dove l’occhio non deve trovare

sbilanciamenti e dove le forme devono essere gestite con sapienza.Un’evento speciale in cui tutto il fascino del su-misura porta la firma del gruppo Magenta.

MAGENTAL'EVENTO MADE-TO-MEASURE

FIRMATO DA GABRIELE PASINI

BREM

AGAZINE • APRILE DU

EMILADICIANNOVE •

A cura di Annalisa Boniimmagini di Matteo Biatta

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31 BRE APRILE 2019

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Americano di nascita e desenzanese di adozione,Lamont Marcell Jacobs, le cui specialità sono il salto in lungo e la velocità,

appartiene alla Nazionale Italiana di Atletica raggiungendo in entrambe le specialità il quarto miglior risultato italiano di sempre come prestazione.

Tenacia, grinta e un’inesauribile passione sono gli ingredienti del suo successo,un’immagine di sportitività vera e autentica che oggi possiamo rivedere non solo in pista ma

anche negli ultimi spot che Marcell ha girato per Nike.

LAMONT MARCELL JACOBS

LO YANKEE DESENZANESE CHE CON UN SALTO HA CONQUISTATO LA NIKE

BREM

AGAZINE • APRILE DU

EMILADICIANNOVE •

Intervista a Lamont Marcell Jacobs

A cura di Annalisa Boni

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Intervista a Lamont Marcell Jacobs,

Il tuo nome ci fa “correre” oltreoceano ma sappiamo che hai vissuto a Desenzano gran parte della tua vita. Ci racconti chi sei?Sono nato a El Paso in Texas, figlio di papà americano e di mam-ma italiana. Si conobbero proprio in Italia perchè mio padre all’e-poca era un militare della base di Vicenza. Mi trasferii a Desenzano quando avevo solo due anni e mezzo, dopo la separazione dei miei genitori, un paese che oggi conside-ro casa, perchè proprio qui c’è la mia famiglia, la mia vita e tutti i miei affetti.Ho iniziato proprio nel campo sportivo di Desenzano a muovere i miei primi passi da atleta. Avevo dieci anni e dopo un tentativo nel mondo del calcio poco avvincente venni spronato proprio dal mio allenatore a dirottare le mie ambizioni sportive verso l’atle-tica. Oggi per esigenze professionali vivo a Roma, un luogo che meglio di ogni altro è in grado di offrirmi il miglior sostegno dal punto di vista tecnico, fisioterapico e sportivo, a trecentosses-santa gradi.

Sappiamo che sei tornato al salto in lungo dopo quasi due anni interamente dedicati alla velocità, perché que-sta scelta e quali sono i tuoi nuovi obiettivi?

Nel 2017 purtroppo sono stato colpito da un serio problema mu-scolare che ha interrotto la seconda parte della stagione. Un me-dico di Monaco dopo varie visite ha accertato un problema di cartilagine usurata al ginocchio prescrivendomi un anno di riposo evitando il più possibile di dedicarmi al salto. Ad un certo punto devi fare di necessità virtù, e per non stare fermo, decisi di de-dicarmi ad un’altra disciplina, la velocità, con la quale in passato avevo conquistato ottimi risultati. Un anno di lavoro intenso mi ha condotto a conquistare grandi successi e proprio per questo abbiamo deciso di proseguire an-che per quest’anno il bellissimo lavoro.Il prossimo obiettivo sarà il campionato del mondo al quale par-teciperò nel salto in lungo. Questo è stato un esempio di come un infortunio possa concederti un’inaspettata alternativa.

Hai iniziato proprio a Desenzano a praticare atletica leggera, quali ricordi e quali persone in particolare ti legano a quegli anni e a questo territorio?Ho iniziato a Desenzano affidandomi agli insegnamenti di Adria-no Bertazzi a cui devo tantissimo. É stata una guida sportiva ma anche spirituale, mi è stato vicino non solo come allenatore a come persona e come tifoso, mi ha trasmesso lui la grande pas-sione per l’atletica insegnandomi a non demordere, ad accettare anche le sconfitte e a trasformarle in future opportunità.

36 BRE APRILE 2019

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Con lui ho imparato a non avere rancori e a maturare un deter-minato senso sportivo ricco di lealtà, considerando l’avversario come un amico. É stato invece Gianni Lombardi l’allenatore che, compiuti i sedici anni, mi ha condotto al mondo dell’agonismo. Per me un secondo padre oltre che un grande professionista. Sono assolutamente consapevole che se non avessi avuto al mio fianco due uomini così speciali probabilmente mi sarei arreso all’inizio e non avrei coltivato la tenacia necessaria per perdurare e conquistare i miei obiettivi. Devo ringraziare tantissimo anche la mia famiglia, so-prattutto mia mamma, la donna che insieme a me ha affrontato gioie e dolori e non ha mai smesso un giorno di crederci.

Qual’è stata la tua più grande conquista nello sport?Credo che nella vita, riuscire a trasformare una grande passione in una professione possa già considerarsi una grande conquista. Riuscire a perseguire un sogno che ti accompagna dall’infanzia non è sempre facile, molto spesso si è costretti ad abbandonare a metà strada. Io sono riuscito, nonostante le frivole distrazioni giovanili, che potevano minacciare la mia strada in salita, a vive-re la vita con estrema costanza e determinazione.

Sicuramente non ha avuto un’adolescenza ordinaria... Quando sei un ragazzo è diffile riuscire a darsi dei “no”. Ricevi molte sollecitazioni esterne: i tuoi amici che vanno in discoteca, i ritrovi del pomeriggio, una vacanza al mare. Circostanze a cui ho dovuto rinunciare in maniera inflessibile. E credetemi che per un ragazzo di quindi anni non è per niente facile. Sono gli stessi amici che tendono ad allontanarti dai tuoi obiettivi, ragazzi che probabilmente non credevano in un sogno e non riuscivano a comprendere il perchè dei miei sacrifici.

E la più grande conquista nella vita?Mio figlio. Un bambino di 4 anni bravissimo e meraviglioso. Un dono grandissimo perchè mi ha insegnato a maturare molto velocemente e a comprendere i veri valori della vita. Ma c’è una novità... la mia fidanzata aspetta un bambino e quindi sono pron-to ad accogliere la mia seconda grande conquista.

Oggi sei il nuovo volto della Nike per cui hai girato l’ulti-mo spot, come ti senti nei panni di testimonial del brand più famoso al mondo?Questo per me rappresenta un grandissimo risultato. Nike è stato mio sponsor esattamente dal record italiano assolu-to nel 2013. É per merito del mio manager, Federico Rosa, che sono riuscito a coltivare questa importantissima collaborazione che sulla base degli ultimi successi sportivi si è evoluta tanto da concedermi la possibilità di diventare volto Nike. Questo consenso, peraltro da un colosso come Nike, mi riempie di felicità perchè avvalora ulteriormente i grandi sacrifici che ho sostenuto sin’ora. Ho sempre sperato di tradurre la mia sportivi-tà con grande lealtà, umiltà e semplicità. Sono un ragazzo folle-mente appassionato di sport e che vuole diffondere un messag-gio specifico ai giovani basato sull’onestà, sulla correttezza e sui grandi valori sportivi.

Come si svolge la tua giornata?Il mio tempo libero è sempre più raro. Diciamo che molto dipende dall’andamento della stagione. >>

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38 BRE APRILE 2019

Ora che sono in piena preparazione atletica lavoro incessan-temente: mi alleno due volte al giorno, mattino e pomeriggio, seguo un piano alimentare definito, sempre differente in base agli sforzi dettati dagli allenamenti. Mi sveglio a un determi-nato orario e ho una tabella di marcia molto rigida. Al con-tempo sostengo attività di fisioterapia, trattamenti manuali e con l’ausilio di macchinari e spesso mi alleno anche in piscina.Quando sono a casa mi concedo un piccolo riposo pomeridia-no per recuperare le energie e rilassarmi quanto posso. La giornata in realtà è davvero piena e i pochi momenti che ho a disposizione li dedico alla mia fidanzata.

42.000 follower su instagram. Attraverso la tua pho-tostory cosa vuoi trasmettere?Newtopia, l’agenzia fondata da Fedez segue la mia immagi-ne cercando di trasmettere ai follower il mio pensiero guida: l’autenticità dello sport in tutte le sue variabili.Voglio diffondere un messaggio importante alle nuove gene-razioni che senza sacrificio non si arriva a niente. É necessa-rio saper vincere ma saper soprattutto perdere e cogliere la sconfitta o il fallimento come un’opportunità per dare di più e imparare dagli errori. Ritrovare uno spirito positivo e capar-bio è tutto quello che, nello sport come nella vita quotidiana, riuscirà a condurci al successo. Sulla mia pagina instragram si evince soprattutto questo, anche i momenti difficili, che non amo nascondere ma cerco di condividere per trarre la forza necessaria a migliorarsi.

Quali sono le tue passioni oltre all’atletica e al salto in lungo?La mia passione principale è questa anche perchè a dire la verità non mi rimane molto tempo per fare altro. Lo sport rappresenta comunque un momento di libertà, una “pale-stra” antistress capace di infondere tranquillità nonostante la fatica. Sono appassionato di motori perchè in famiglia, dalla parte di mamma, tutti correvano in moto. Il calcio mi piace ma lo seguo poco mentre la musica non mi abbandona mai, è la colonna sonora della mia quotidianità, in auto, a casa e persino quando faccio fisioterapia.

Lo sport è un elemento necessario per i giovani per ritrovare la via dei valori? Lo sport è fondamentale nella vita di tutti.Se praticato a livello agonistico può insegnarti molto soprat-tutto ad abbattere quel consistente “muro” del fallimento permettendoti di rialzarti e correre a conquistare ogni suc-cesso, senza paura ma con grande grinta e determinazione. Nella vita nulla è regalato e devi combattere per raggiungere i tuoi obiettivi, in ogni ambito.

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Il benessere fisico (e mentale) parte proprio dall’alimentazione, e la Famiglia Colosio lo sa bene. Per questo, Simone ha deciso di portare

avanti la tradizione culinaria di Famiglia, iniziata dal padre Natale nei primi anni sessanta, aprendo

una propria gastronomia, con un preciso obiettivo: fornire al cliente la selezione dei

migliori cibi di qualità, grazie anche all’idea di creare una rete di piccole botteghe

d’eccellenza della città.

A cura di Claudia Lazzari, testo di Stefano Bertazzoniimmagini di Fabiana Zanola

LA BRACEDI COLOSIO

DA PIU' DI CINQUANT’ANNI ECCELLENZA

DELLA GASTRONOMIA

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Intervista a Simone Colosio,

Da quanti anni ti occupi del settore enogastronomico?Ho da sempre lavorato con la mia famiglia quando avviò quel percorso gastronomico bresciano sin dagli anni sessanta; poi ho trovato una collocazione professionale differente: commerciavo macchinari per l’industria. Ogni giorno, però, il lavoro era sempre più faticoso perché mi rendevo conto che quello che volevo real-mente fare era occuparmi del cibo. Un ritorno alle origini.La scelta e la cura del cibo di qualità da fornire ai miei clienti è qualcosa di innato dentro di me, quasi come parte del mio DNA. Ho preso coraggio, e ho deciso di aprire una mia attività gastro-nomica, rilevando il negozio di via Mazzini.

Non solo più la classica gastronomia bresciana, che tan-to andava di moda nella seconda metà del ‘900. Hai scel-to di avviare il negozio con un taglio differente…Per poter competere nel mercato odierno è necessario distin-guersi ed avviare quel processo di trasformazione in grado di po-ter reggere alla concorrenza della Grande Distribuzione Organiz-zata, che ogni giorno aumenta sempre più i propri punti vendita. E noi l’abbiamo fatto.Quando ho deciso di tornare ad occuparmi di generi alimentari, infatti, non potevo non farlo senza fornire ai miei clienti il miglior cibo qualitativo presente sul mercato, senza tuttavia rinunciare al servizio. Chi entra in negozio, sa che qui sarà seguito in toto, non solo nella vendita, ma anche nella consulenza, un servizio sempre più ricercato. La conoscenza del cliente, infine, ci per-

mette di poterlo consigliare in base ai propri gusti e raffinatezze, esigenze e necessità. Ho il gusto del vero cibo, e per questo mi sono posto l’obiettivo di ricercare sempre l’eccellenza per i miei clienti.

La materia prima, dunque, gioca un ruolo fondamentale nella partita della qualità del prodotto finale?Estremamente importante. Noi, infatti, abbiamo avviato una se-rie di partnership con le botteghe storiche della città dalle qua-li ci riforniamo, come ad esempio la Pescheria Lazzaroni per il comparto del pesce e Bigol D’Ai per quanto riguarda frutta e ver-dura. In questo modo la qualità del prodotto finale è garantita.Non solo la qualità del prodotto; così facendo abbiamo messo in rete una serie di botteghe d’eccellenza che, aiutandosi vicende-volmente, riescono a reggere e a competere con il mercato odier-no. In primis noi stessi.

Quando si pensa alla cucina bresciana, ci si immagina il classico spiedo e polenta. Non è così?Nell’immaginario collettivo sì. Ma i nostri prodotti guardano an-che al di fuori dei confini bresciani.La tipica cucina bresciana non ha più un primato, anche perché oramai la clientela è sempre più alla ricerca di prodotti light, sen-za lattosio e/o senza glutine. Noi, dunque, trattiamo cibi con territorialità da tutta Italia, ma anche dall’estero, mantenendo comunque l’estro italiano della lavorazione; perché, mi consenta: in questo noi italiani siamo ma-estri.

44 BRE APRILE 2019

«La cura e l’attenzione dei piccoli particolari, l’acquisto delle materie prime direttamente dai rivenditori al dettaglio con specifica attenzione alla qualità,

permettono di differenziarmi dal comparto della GDO, in forte espansione negli ultimi anni, fornendo al cliente un servizio completo, accompagnandolo

e consigliandolo sui prodotti che meglio soddisfano le sue esigenze».

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I vostri prodotti sono molto apprezzati dalla clientela bresciana, e non solo. Avete mai pensato di aprirvi al mondo degli eventi?Noi abbiamo già una sezione predisposta a fare questo, ove of-friamo servizi di catering e banqueting. Per coloro che lo richie-dono, inoltre, forniamo anche Chef a domicilio, per preparare ilcibo più sfizioso richiesto dal cliente. E per gli amanti del pesce o dei sapori forti, infine, offriamo anche la paella a domicilio e la cucina messicana comodamente a casa.

Oltre alla vocazione culinaria, come Famiglia Colosio ave-te anche una particolare propensione verso il sociale…Durante il mio percorso mi sono scontrato con molteplici situa-zioni difficili. Da tempo, oramai, ho fatto mia una frase di Rous-seau che dice “Io so e sento che fare del bene è la vera felicità di cui il cuore umano può godere”. Bene, penso che se in questo mondo non siamo attenti anche ai più deboli e bisognosi, non si riuscirà mai a raggiungere la tanto agognata felicità della vita terrena. Per questo da tempo la nostra attenzione si è spostata anche sul sociale. Infatti, forniamo il catering a differenti asso-ciazioni ONLUS in occasione di eventi di beneficienza, ove il ri-cavato è poi devoluto in favore della ricerca. Simone augura alla sua clientela una buona e serena Pasqua, e vi aspetta nel suo negozio per proporvi il menù pasquale.

21 BRE APRILE 2019Gastronomia La Brace di Colosio

Via Mazzini, 22, 25121 Brescia BS Telefono 030 42301 - www.gastronomialabrace.it

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Anche quest’anno la Brescia Art Marathon by Gruppo Bossoni, organizzata da Rosa Running Team con il supporto di Gruppo WISE, ha celebrato la vigilia

della grande maratona con l’evento BAM LOVES MUSIC. Fortemente voluta e sostenuta da Gabriele Rosa, Presidente di Rosa Associati e creatore

della BAM, la serata rappresenta un momento eccezionale che vede autorità, partner e organizzatori vivere, prima, una esclusiva cena, tenutasi quest’anno al Nomad di Brescia con catering by Laboratorio Lanzani, e poi un concerto all’Auditorium Santa Giulia, aperto anche alla cittadinanza. Sul palco dell’evento, che ha registrato il tutto esaurito, la celebre TREVES BLUES BAND guidata da Fabio Treves, detto anche il “Puma di Lambrate”,

artista che ha viaggiato per il mondo tenendo alta la bandiera del blues italiano.

BAM LOVES MUSIC

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A cura della Redazione

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Significati che sovrastano il loro significante, come se le etichette sulle parole fossero state mescolate

e rilanciate come coriandoli nell’aria. Fantasia e stravolgimento caratterizzano la voce di opere che appaiono semplici ma non lo sono, in un continuum tra coerenza

e contraddizioni. Riesce a coglierti di sorpresa Marta Pierobon, un’artista dal fascino sofisticato che traspare nel racconto di ogni sua opera. Acquerelli, sculture e installazioni,

grande verso piccolo e, perché no, uguale ma non identico. Giochi di interpretazioni intertemporali e emozioni al sapore di terra cruda, maiolica,

alluminio, pitture e resine. Ironia e leggerezza contraddistinguono il suo stile all’avanguardia che punta ad una sperimentazione continua di materiali, tecniche e forme destinate a uno

spazio libero da infrastrutture per ricreare un tempo che ci sarà.

MARTAPIEROBON

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A cura di Paola Rivetta

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Intervista a Marta Pierobon

Dove vivi attualmente?Vivo a Milano. Dopo molti anni all’estero, Londra, New York, dove ho studiato e lavorato, ho deciso di fermarmi in questa città che oggi apprezzo moltissimo, più di quanto avrei pensato. New York è stata un grande amore per me, una vera guida nel mio percorso formativo, ma è una città in qualche modo difficile, complicatis-sima dal punto di vista produttivo. Sei costantemente bombar-dato da stimoli e vieni un po’ risucchiato; il tempo per produrre diventa poco, gli spazi minuscoli, il costo della vita altissimo. Poi le mie radici sono qui in Italia, e per quanto l’America mi sia pia-ciuta, ho sentito che era il momento di ritornare e ora eccomi qui. Milano è fantastica, negli ultimi anni è diventata una città iper-internazionale e dinamica dove prima o poi passano tutti. Inoltre i social hanno cambiato le dinamiche relazionali nel si-stema dell’arte, prima dovevi spostarti per far conoscere il tuo lavoro, essere sempre in movimento, mentre oggi sei virtualmen-te ovunque. Il contatto è quasi immediato e molti nuovi progetti nascono proprio così.

Hai trascorso molti anni all’estero, Londra, New York.. come hanno influito sul tuo modo di vedere ciò che ti circonda?La mia visione dell’arte ne è stata fortemente condizionata, spe-cie all’inizio del mio percorso. Sono trascorsi quasi vent’anni e New York viveva una realtà estremamente diversa da quella ita-liana. Ricordo che al tempo, per vedere le mostre a cui parteci-pare, si utilizzava “Gallery Guide” un libricino che riportava date

e gallerie di riferimento che ti appuntavi sull’agenda. Oggi è una situazione che non esiste più, con lo smartphone puoi sapere in tempo reale cosa succede a Parigi, Tokyo, Shanghai e l’arte, in qualche modo, si è unificata. Esistono molte tendenze diverse, ma il fattore Paese non è più condizionante.

Se ti dico “contaminazione” a cosa pensi?Nel mio lavoro è sempre presente. In particolare la contamina-zione della materia; credo che i materiali creino tra loro vibra-zioni e linguaggi che, a loro volta, compongono un’opera con una stratificazione di livelli che riescono a comunicare tantissi-me cose, aldilà del soggetto rappresentato.Trovo interessante accostare materiali naturali come la terra cruda in contrasto ad altri iper-sintetici come le resine che non hanno nulla di naturale. Questo rapporto di reciproca contaminazione crea una sensazio-ne di enorme libertà.

Ci sono materiali che prediligi per la loro capacità co-municativa?Direi la terra cruda con cui ho iniziato i miei primi lavori; facevo delle piccolissime sculture che coloravo con il pennello o con lo spray. Più avanti, quando ho deciso di aumentare le dimensioni delle mie sculture, ho avuto problemi di resistenza perché la ter-ra si sgretola, si scioglie o polverizza. Ho risolto utilizzando una resina epossidica, un isolante che utilizzo per il rivestimento. Da lì ho continuato la mia sperimentazione cercando il modo di pigmentare le resine e ho preso dei colori per il vetro e creato delle trasparenze. Il mio processo scultoreo è cresciuto piano piano. Di recente ho fatto due grosse sculture in bronzo, un paio

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di scarpe; ho voluto fare l’opposto di prima, ovvero prendere il materiale più longevo e indistruttibile e inserirlo nella mia di-mensione di ricerca. Ho continuato parallelamente con le terre facendo delle varianti, come la cottura di alcune sculture. E così ho scoperto ad esempio che ci sono delle terre che, una volta cot-te, mantengono un colore riconoscibile; è il caso della terra nera che non deve essere dipinta, ma conserva un nero opaco, pare persino un materiale lavico. Recentemente sono entrata in con-tatto con un nuovo mondo, la ceramica, con cui ho realizzato una maiolica presente nell’esposizione che sto facendo attualmente a Lugano. Di recente, partendo da una prima creazione fatta di terra unita a un guscio d’ostrica ritrovato, ne ho riprodotta una seconda versione nobilitata in alluminio. Si tratta di una sorta di lingua creata “a cera persa”, la tecnica più antica di fusione (che risale all’età del Bronzo). In qualche modo questo proces-so di contaminazione sta ampliando il mio vocabolario e anche il rapporto tra una scultura e l’altra che, volutamente, vengono affiancate per dare loro un significato ulteriore.

Nelle tue opere significante e significato spesso si sepa-rano per dar vita a una nuova interpretazione delle cose. Piccoli oggetti quotidiani cambiano la loro destinazione per diventare opere d’arte. Fantasia o ambiguità?Mi piace molto la linea sottile che separa le cose, ovvero una cosa è quello e molto altro. Serve molta fantasia, ma non la definirei ambiguità, o forse solo in parte. Preferisco parlare di qualcosa di potenziale, che apre diverse possibilità nell’idea che nulla è mai completamente concluso, ma può diventare potenzialmente qualcosa di diverso.

Da dove nasce il tuo processo creativo? Il mio rapporto con le cose che rappresento è sempre molto istin-tivo, poco razionale e più diretto, come se gli oggetti fossero ani-mati e mi raccontassero qualcosa di loro. A quel punto io tendo a riportarlo al mondo. Tutto si può animare; le scarpe possono essere dei personaggi, qualcosa che ha una personalità precisa e una sua storia. Per me è molto importante l’idea di racconto, che non è necessa-riamente qualcosa che devi dichiarare al mondo.

Nelle tue opere accosti momenti storici diversi, dal clas-sico al contemporaneo, per ricreare un’epoca immagina-ria o un’opera senza tempo? Più che altro immagino un tempo che ci sarà, come un effet-to “Blade runner”. Un’opera che non riesci a collocare: aspetti classici e tradizionali che si mescolano a idee futuristiche. Una contrapposizione che mi piace moltissimo, estremamente libera da infrastrutture esterne. Appartiene a una dimensione interiore dove nulla è prestabilito.

In questi anni hai portato avanti una ricerca sul “dop-pio”, cosa rappresenta?Il doppio si riferisce alla nostra identità, che non è una sola cosa, ma molto più di due. In qualche modo c’è sempre un dualismo all’interno delle cose. Un rapporto tra oggetti, persone o situazio-ni che in apparenza sembrano identici, ma non lo sono. E’ il caso del mio lavoro sulle scarpe: a colpo d’occhio, superfi-cialmente, sembrano la stessa scarpa riprodotta due volte invece, se le guardi con attenzione, sono molto differenti. Quest’aspetto

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dell’uguale ma diverso è interessante, è sempre riferito a noi stessi, può toccare l’identità sessuale e quella emozionale.

La tua ricerca è sempre molto introspettiva…Le cose che faccio partono da me, mi riguardano in quanto rispecchiano la mia idea del mondo, dell’essere umano, delle persone. Mi piace il fatto che qualcuno possa guardare il mio lavoro e, in qualche modo, vivere un’esperienza privata e per-sonale. Non racconto me stessa, bensì un pezzo di mondo per quello che io vedo. A volte mi fermo ad osservare una cosa mol-to piccola e mi avvicino a tal punto che pare diventare enorme rispetto a me. In questo senso anche l’aspetto della dimen-sione si rivela importante. Ad esempio, per un’esposizione a Bologna, ho creato due enormi souvenir dal gusto esotico, sono alti ben due metri. Generalmente si tratta di oggetti piccoli e maneggevoli e l’idea di farli esplodere in dimensione ne cambia il rapporto con le persone. La dimensione cambia la percezione delle cose e giocarci diventa divertente e stimolante.Amo il grande, ma allo stesso tempo apprezzo anche gli oggetti molto piccoli. Quando ti concentri su una cosa molto piccola è come se ti dematerializzassi, perdi le proporzioni e questo ti può aiutare a vivere sensazioni sconosciute, esplorare e pren-dere in considerazione cose che normalmente non avresti os-servato.

I pensieri e le idee che dimensione hanno per te?Per me il disegno è sempre molto importante (Mi mostra una sequenza di acquerelli) .Questi fanno parte del mio surrealismo domestico e si chiama-no “Sleepless Stories” come se avessero a che fare con la veglia rispetto al sonno. Quando non sei completamente sveglio, ma rientri in una nebulosa per cui tutto può essere: un pesce può diventare un copricapo, un bracciale oppure degli occhi posso-no osservarti attraverso un bicchiere. Si tratta di una serie di racconti, ogni disegno è un racconto breve e ci sono dei protagonisti che ricorrono spesso come Lady Fish, gli occhi, i pesci, i bracciali. Il disegno mi permette in modo rapido e veloce di raccontare tantissime cose che la scultura non riuscirebbe per i suoi tempi così lunghi. La carta

è un mezzo che io personalmente apprezzo molto più della tela per il suo carattere istantaneo e fresco. Porto sempre con me dei quaderni su cui disegnare quando mi va, con la massima libertà. Nei miei lavori c’è sempre tantissima ironia che per me è una porta d’accesso straordinaria e privilegiata per comunicare in profondità, senza per forza dover ricorrere al dramma. Oggi la leggerezza e l’ironia sono un po’ sottovalutate, viste semplice-mente come frivolezze, soprattutto in Europa. L’America è di certo molto più aperta e apprezza questa forma di comunicazio-ne, così come la Gran Bretagna.

Quali sono i tuoi prossimi appuntamenti?Sto esponendo a Lugano nella mostra curata da Stefano Meni-chini, per la galleria “Daniele Agostini”, un ragazzo molto gio-vane che ha lavorato per Gian Enzo Sperone per tanti anni. Mi ha invitato a condividere un progetto, secondo me giusto per quello spazio. Ho presentato un gruppo di lavori estrapolati dal mio progetto di surrealismo domestico, privilegiando la scultura che ho ritenuto più congeniale.Inoltre sto collaborando alla realizzazione di un documenta-rio che si occupa della relazione tra insegnamenti Buddhisti e scienza occidentale. Mi occupo delle animazioni e, quindi, della direzione artistica. Ci sto lavorando dallo scorso anno, abbiamo girato parecchio nel mondo tra l’India, l’America e l’Africa.

Progetti?Sorride.A parte quelli che non posso svelarti?In futuro mi piacerebbe realizzare un libro con i miei disegni che penso meritino davvero una pubblicazione. Sono perfetti per es-sere raccolti in un gruppo. Mi piace disegnare pesci e uccelli, due dimensioni, l’acqua e l’aria, che io non vivo. Le considero qual-cosa di intoccabile, di astratto. Disegni che sembrano semplici, ma non lo sono. Come tutto del resto.

photo credit Laura Majolino

“Shoes”, collezione privata, photo credit Laura Majolino

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In occasione della prima giornata nazionale per la lotta contro i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione si è tenuta la serata di sensibilizzazione e raccolta fondi di Never Give UP, Onlus di professionisti, tra cui Silvia Slitti,

impegnati nei centri di eccellenza italiani e stranieri che si occupano di sensibilizzare, prevenire e intercettare quei fattori di rischio in modo da trattare precocemente i disturbi dell’alimentazione e della nutrizione.

L’Hotel Principe di Savoia di Milano è stato così teatro di un red carpet molto importante che ha potuto contare anche sulla partecipazione di moltissimi personaggi della musica, dello sport e dello spettacolo.

Un ringraziamento speciale agli sponsor principali dell’evento: Forsteel di Offlaga leader nella fornitura di ferroleghe per l’industria siderurgica e altri sostenitori come l’azienda della famiglia Sottocornola per Stone City di Bolgare (Bg),

la società sportiva Orzi Basket di Orzinuovi e altri partecipanti come Fabio Righetto, Riccardo Frascio, Leonardo Manzaro, Edison Hysa, Valentina Abate, Nicole Prandelli, Yari Gerussi e tanti altri.

NEVER GIVE UP CHARITY

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A cura della Redazione

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Nella suggestiva cornice del Franciacorta Golf Club ha preso il via la prima tappa del circuito “Arte&Golf” giunto alla sua nona edizione. Un percorso che attraverserà il nostro Paese

con eventi e tappe esclusive per poi spostarsi all’estero: al Buenavista Melià a Tenerife, al Val-derrama in Spagna, al Vilnius Golf Club in Lituania, a Barcellona per concludersi in Marocco al

Fairmont Royal Palm Marrakech.La giornata è stata ricca di appuntamenti caratterizzati dalla costante sinergia sprigionata

dal connubio Arte & Sport. Ospite d’eccezione di questo evento, Sir. Martin Edwards, Presidente Onorario del Manchester United.

In queste pagine alcuni momenti della visita di Sir. Martin Edwards all’interno della cantina di Nigoline Ca d Ór .

GOLF&BOLLICINE

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A cura della Redazione

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THE SELLER

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Via Mazzini , 28 - 25121 Brescia (BS) - tel . 030 293 8887

www.ngfbrescia. i t

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wine club

Da vent’anni gestisce il suo ristorante-gioiello “La Dispensa” a San Felice del Benaco dove, insieme al padre e ad un team di giovani talenti regala sempre grandi sorprese a coloro che

decidono di affidarsi a lui. Il suo nome è indissolubilmente legato alla qualità senza compromessi. Cucina da quando ha 14 anni, sa di cosa parla e lo fa con grande coscienza e conoscenza. Da questo Febbraio a dare manforte arriverà anche un fuoriclasse della cucina

Danese: Rasmus Lund Jonasson, ai più esperti noto per la sua fantasia senza limiti che, inserito nel team insieme a Michele, Diego e Daniele, siamo sicuri proporrà piatti incredibili.

A cura di Michele Bontempi

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dentro e fuori (dall'Italia)

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Assaggiato recentemente alla Dispensa, il loro Coeur de Roy

2008, nonostante un’annata non felicissima, si è dimostrato

grandissimo e di grande (forse troppa) beva. Tutti i vini della

Dugat-Py sono facilmente riconoscibili alla cieca in quanto la

totale non-filtrazione e affinamento in legni tostati in maniera

molto particolare unicamente per loro, rendono tutte le bottiglie

molto personali e di gran carattere.

La trovate in enoteca sui 200 Euro. Si, non sono pochi ma stiamo

parlando di assolute eccellenze. Meglio qualche bottiglia in meno

e una boccia del genere una tantum...credetemi.

Ho sempre stimato ed ammirato in maniera quasi ossessiva colo-

ro che sono riusciti nel corso degli anni passati a portare avanti

i propri progetti senza mai divagare. Cambiare idea è sempre

possibile ma perseverare verso le proprie convinzioni credo sia

una tattica che alla fine porta grandi soddisfazioni e risultati.

Il mondo della ristorazione è terribilmente in crisi. Ma non per

il giro d’affari, è in crisi perché il costo del lavoro e le altre tasse

che annualmente arrivano puntuali da pagare sono sempre di

più, non parametrate intelligentemente ai ricavi delle attività.

Facendo da anni almeno una quindicina di consulenze l’anno mi

è sempre più chiaro perché tantissime attività ritardano i paga-

menti ai fornitori e ai dipendenti; spesso non è colpa loro ma

semplicemente di questa Italia che invece di agevolare chi lavora

e vuole far bene, gli mette il bastone tra le ruote a suon di tasse

e cavilli burocratici che farebbero passare la voglia di lavorare a

chiunque.

È proprio in questi ultimi anni che tutti i professionisti che si

sono dimostrati tali puntando sulla qualità stanno racco-

gliendo i frutti del buon operato svolto anni addietro,

riuscendo in un modo o nell’altro, a sopravvivere e continuare il

loro progetto. Per tutti gli altri invece, il futuro è assai chiaro ed

angosciante. L’Italia gli lascerà ben poche possibilità di soprav-

vivenza, soprattutto dopo le recenti stime di Confindustria che

danno la crescita per i prossimi anni pari allo zero.

Non sono tanti quelli che resteranno in Italia, la mia speranza è

che i pochi che ancora resistono non gettino la spugna per inve-

stire i propri risparmi all’estero.

Detto ciò, parliamo di cose che regalano felicità.

Il vino.

Il nostro focus è sempre su quei produttori in grado di mettere in

bottiglia liquidi il più naturali possibile, privilegiando i veri profu-

mi dell’uva e le sue sensazioni più vere ed immediate.

Questo mese parliamo di un fuoriclasse assoluto della Borgogna,

terra che ormai non ha più bisogno di grandi presentazioni ma

solo di produttori in grado di tenere prezzi più o meno umani in

grado di far conoscere i loro meravigliosi vini anche a chi non è

milionario. Bernard Dugat-Py produce dl 1975, nella denomi-

nazione di Gevrey-Chambertin, liquidi di grandissima sostanza

ed eleganza destinati a coloro che dal vino vogliono grandi emo-

zioni.

La sua idea del vino è basata su qualità ed esperienza

acquisita dai parenti per oltre tre secoli, riuscendo oggi

a produrre in maniera totalmente naturale vini senza

imperfezioni e tintinnamenti.

L’incredibile profondità di questi Pinot Nero non deriva solo dalla

naturale ed unica fortuna geo-fisica ma anche dall’età delle vi-

gne, spesso oltre i 75 anni d’età. Legni grandi usati alla perfezio-

ne uniti ad un affinamento in bottiglia di quasi due anni chiudono

il cerchio verso la perfezione assoluta.

Questa Domaine di grande prestigio ci regala tutti gli anni ma-

gistrali opere di vinificazione destinate a durare per almeno 30

anni. I loro vini sono buoni anche subito ma raggiungono l’apice

dopo una decina di anni di maturazione. Abbiate pazienza!

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Giovane e sorridente, il ritratto di chi ha ben chiari i suoi obiettivi e non vuole rinunciare ai propri sogni.

Anna Tripoli, imprenditrice e Vice Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di AIB, ci racconta quali sono i progetti rivolti ai giovani e alle imprese

per diffondere una nuova cultura del lavoro. Investire sulla formazione, creare ponti tra scuola e impresa, parlare con i giovani e, soprattutto, essere aperti a recepire i cambiamenti.

“La scuola migliore che ho frequentato è stata la mia azienda” mi ha confidato Anna in apertura della nostra intervista, “credo molto nel valore della formazione e con un po’ di de-terminazione si possono raggiungere i traguardi più lontani”. Oggi è Direttore Amministrativo dell’impresa familiare N.T.M. Spa che opera nel settore metalmeccanico e, nello stesso tempo, prosegue gli studi magistrali in Bocconi. Nella vita privata Anna è legata ad Andrea Mainardi,

lo “chef più pazzo del mondo”, che sposerà tra qualche mese.

ANNATRIPOLI

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Sei Vice Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di AIB e ti occupi della commissione “Education e capitale umano”. Proprio in questi giorni l’Ufficio Studi e Ricerche dell’Associazione Industriali ha pubblicato notizie rassi-curanti sull’occupazione a Brescia. Cosa ne pensi? Un cambiamento in positivo è stato registrato, merito della lieve ri-presa economica di questo periodo, ma anche di altri fattori. Penso che si stia diffondendo una cultura d’impresa sempre più orientata all’innovazione e, soprattutto, a considerare i giovani come risor-se essenziali su cui investire. In quest’ottica, il dialogo tra scuola e impresa diventa un fattore chiave per raggiungere dei risultati concreti. Questo presuppone la disponibilità a essere ricettivi nei confronti del cambiamento e sapersi assestare su nuovi equilibri.

La disoccupazione giovanile a Brescia è molto bassa ri-spetto alla media della regione Lombardia e soprattutto del Paese… Brescia è un territorio fertile che ha molto da offrire, anche nei momenti di crisi. Inoltre le aziende bresciane sono per la maggior parte orientate all’estero e questo è un dato positivo sia per l’eco-nomia del territorio che per l’occupazione dei giovani.

Che cos’è “Best Brescia” e come nasce?Best - “Business Excellent Student Talent” è un progetto nato quattro anni fa con l’obiettivo concreto di creare un ponte tra il mondo della scuola e quello d’impresa. Oggi è difficile trovare un lavoro per i ragazzi, ma anche reperire giovani leve disposte a crescere in ambiti trasversali all’interno delle imprese. Il progetto pilota è partito con la ricerca di aziende disposte a mettersi in gioco con contratti di lavoro effettivi, non stage, di almeno sei mesi. Successivamente abbiamo preso contatto con le

scuole superiori del territorio, supportati da una società di sele-zione del personale, che ci affianca nell’organizzazione di colloqui e incontri con gli studenti.

Parliamo di numeri. Quanti studenti e quanti posti di-sponibili?Best si rivolge agli studenti delle scuole superiori, in particolare degli istituti tecnici ma non solo. L’anno scorso abbiamo ricevuto ben 500 domande a fronte di 10 posti di lavoro disponibili; un progetto che deve fare un salto dimensionale per garantire alme-no 50 contratti di lavoro, forse 80, ma ci stiamo ancora lavorando. Le richieste vengono suddivise a seconda dell’indirizzo scolasti-co, in base a quelle che statisticamente sono le figure professio-nali più ricercate.

Come vengono selezionati i candidati?La selezione avviene in quattro diversi step. Si parte dall’iscri-zione degli studenti che manifestano il loro interesse attraverso la scuola. Poi la società di selezione, nel nostro caso Gi Group, si occupa di fare una prima scelta dei candidati attraverso un colloquio telefonico in cui i giovani spiegano le motivazioni del loro interesse. Nel secondo step, gli studenti vengono suddivisi in gruppi e coinvolti in una sorta di “giochi”; questo serve per individuare il ruolo caratteristico di ciascuno all’interno del team. Nella terza fase, le aziende incontrano i ragazzi che affrontano un breve colloquio conoscitivo. A fronte di questo, si passa a un gruppo più ristretto di tre o quattro candidati che vengono con-vocati in azienda per sostenere delle prove pratiche e un col-loquio più scrupoloso. L’assunzione diviene a questo punto una prerogativa dell’azienda che può proporre varie tipologie di con-tratto a sua discrezione.

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Avete progetti destinati ai laureati?L’occupazione dei laureati a Brescia raggiunge percentuali davve-ro positive, infatti l’80% dei giovani che conseguono una laurea di primo livello trovano lavoro entro un anno e i numeri aumentano per chi prosegue. Per quanto ci riguarda, come Gruppo Giovani Imprenditori, abbiamo deciso di iniziare quest’anno un percorso parallelo alle scuole superiori per seguire anche gli universitari. Inizialmente sarà un progetto pilota che coinvolgerà la Facoltà di Ingegneria di Brescia; non ci sarà una selezione delle persone, ma delle tesi di laurea.

Un dato più amaro riguarda l’aumento dei “neet”, ov-vero i ragazzi senza alcun impegno di tipo scolastico, formativo o lavorativo. Secondo te, i giovani si sentono scoraggiati?Più che altro direi disorientati a causa di troppi stimoli. I social non aiutano in questo senso perché mostrano solo una parte del-la realtà; il divertimento, la bellezza, il successo. Ti illudono di arrivare chissà dove senza fare sacrifici. Ma sappiamo bene che non è così!E’ importante diffondere una cultura del lavoro tra i giovani, uti-lizzando dei format che comunicano con il loro linguaggio. Orga-nizziamo workshop, incontri presso le scuole e i ragazzi ci fanno molte domande, specie rispetto alle nostre esperienze personali di studio e di lavoro.

A proposito di modelli, cosa pensi degli “influencer”?E’ un discorso che mi colpisce molto, in modo negativo direi. Il fatto stesso che esistano degli “influencer” presuppone che ci sia qualcuno che sa di essere influenzato, o influenzabile. Il mecca-nismo di base non funziona, cercare di adeguare se stessi a un

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determinato modello è assurdo. Darsi degli obiettivi è un discorso, ma appiattirsi su uno stereoti-po è tutt’altra cosa.

State seguendo altri progetti?Molti in effetti, e alcuni ancora top segret…Un progetto a cui teniamo molto, che va in parallelo con Best è ISUP. Si tratta di un master messo a disposizione dai Giovani Im-prenditori, in collaborazione con ISFOR, a chi desidera aprire una start up o ha già avviato una start up. Si offre loro un contributo in termini di conoscenze trasversali, quelle che definiamo le “soft skills”, necessarie per gestire la propria attività.

Con tutti questi impegni, riesci a ritagliarti uno spazio per te stessa?In effetti ho sempre poco tempo, ma non rinuncio ai miei sogni.Quest’anno ho deciso di iscrivermi alla laurea magistrale; un obiettivo che non ho mai abbandonato perché credo che la for-mazione continua sia davvero importante.Lavoro e studio mi occupano tantissimo eppure, in questo caos di impegni, sono riuscita a conoscere uno “chef bizzarro” con cui ho fatto da subito squadra. Arrossisce.Andrea per me è davvero una grande spalla, mi appoggia in ogni mia scelta lavorativa e personale.

Immagino che non sia semplice conciliare lavoro e vita privata, specie quando c’è di mezzo il mondo dello spet-tacolo...Il tempo a disposizione è sempre poco anche perché, con il mio carattere, vorrei fare mille cose. E così anche lui. Ci sono set-timane dove ci incrociamo poco, lui a Milano, io impegnata per l’azienda. …Però al cuore non si comanda!

Prossimamente avrete un altro “impegno” da portare avanti…Sorride.In questo periodo stiamo organizzando il nostro matrimonio e, sinceramente, pensavo fosse molto più semplice. Ci sono mille cose da seguire! La prossima settimana andremo a visitare alcune location e… posso solo anticipare che ci sposeremo a Siena, nel mese di ottobre.

Avrete molte decisioni da prendere. Chi è più caparbio tra voi? … direi che è una bella lotta! Siamo entrambi legati ai nostri prin-cipi e, quando si entra in quella dimensione, non c’è soluzione. Uno dei due deve lasciar perdere.Poi, io sono più pratica e riflessiva, mentre lui è “pancia e cuore”. Ci bilanciamo.

Si chiude col dolce. Chi cucina a casa Tripoli Mainardi?Direi… nessuno dei due.

Com’è possibile?Io amo mangiare, ma la cucina non fa davvero per me. Andrea ha un altro problema, quando prepara non si accontenta di fare qualcosa di semplice e veloce…Mentre, per gli ospiti, ho sempre una rassicurazione: “tranquilli non cucino io”!

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Sono trascorsi due anni dalla riapertura di “Brixia Forum”, il polo fieristico di Brescia, completamente rinnovato nella sua identità strutturale, tecnologica e soprattutto

organizzativa. Una grande scommessa, quella di rilanciare il sistema fieristico bresciano, che nasce dalla necessità di creare nuove sinergie ed equilibri per valorizzare il tessuto produttivo del nostro territorio. Abbiamo incontrato Giovanna Prandini, Presidente di Pro Brixia, azienda speciale della Camera di Commercio di Brescia, che ci ha raccontato quali sono le iniziative e i progetti per l’anno in corso. Brixia Forum ospiterà ben sette fiere nel

2019 e una lunga serie di eventi, incontri, seminari, proiezioni cinematografiche, concerti e manifestazioni sportive. Una visione d’avanguardia che mira all’internazionalizzazione delle

imprese bresciane, orientata a temi di grande attualità come l’economia circolare e il rispetto dell’ambiente. Grandi aspettative, molte novità e anche qualche

piccola anticipazione tra le righe.

GIOVANNAPRANDINI

“NELLE CRITICITA' DELL’ECONOMIA DI OGGI

BISOGNEREBBE COGLIERE IL LATO POSITIVO

E ACCETTARE LE SFIDE CON CORAGGIO”

BREM

AGAZINE • APRILE DU

EMILADICIANNOVE •

A cura di Paola Rivetta

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69 BRE APRILE 2019

Giovanna Prandini, imprenditrice brescia-

na. Laurea in Discipline Economiche e Socia-

li presso l’Università Bocconi di Milano dove

collabora come ricercatrice per alcuni anni.

Nel 2000 inizia il progetto “Perla del Garda”

con la fondazione della cantina, oggi dive-

nuta una realtà di successo. Membro del

Consiglio di Amministrazione del Consorzio

del Lugana, Presidente dell’Associazione

“Strada dei vini e dei sapori del Garda”, de-

legata regionale dell’Associazione “Le Don-

ne del Vino”. Vanta un’esperienza nell’am-

bito degli Enti Profit e no Profit come Past

President di Sintesi Spa - oggi incorporata

nella capogruppo Brescia Mobilità, Presi-

dente e fondatrice di “Brescia in Cammino”

in seno all’esperienza della Fondazione Ci-

viltà Bresciana. Dal 2017 riveste la carica di

Presidente di Pro Brixia, Azienda Speciale

della Camera di Commercio di Brescia.

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La Camera di Commercio ha stanziato oltre 500mila euro per il rilancio del sistema fieristico bresciano. Po-che anticipazioni e molta curiosità per i prossimi eventi ospitati nel polo fieristico di via Caprera. Come è inizia-to il 2019?Siamo partiti molto bene direi, abbiamo deciso di accettare con coraggio la sfida e riaprire una fiera chiusa da tempo. Il momen-to economico è delicato data la complessità e la stagnazione del mercato domestico; la vocazione all’export delle nostre imprese le porta a partecipare a eventi fieristici fuori casa, proprio perché stanno investendo nei mercati internazionali. Abbiamo deciso di procedere con grande prudenza e rivedere il calendario fieristico per renderlo compatibile con le nostre forze. Pro Brixia è un’a-zienda speciale della Camera di Commercio, ha undici dipenden-ti che si sono occupati di internazionalizzazione in modo quasi esclusivo; quindi le attività istituzionali fino a poco tempo fa era-no l’internazionalizzazione, la Borsa Immobiliare e la gestione del centro congressi. Ed è proprio grazie ai risultati conseguiti con il centro congressi, che si è pensato fosse la realtà più votata a prendere in gestione il padiglione fieristico e a rilanciarlo, non solo per la parte fieristica propriamente detta, ma anche per tut-ta la ricettività commerciale. A questo proposito abbiamo creato un ufficio commerciale che si chiama “MICE” che è l’acronimo di meeting, iniziative di in-centive aziendale, parte congressuale e naturalmente espositiva. Abbiamo selezionato uno staff che portasse a valore l’esperien-za fatta nel centro congressi camerale, mettendosi al servizio di quegli imprenditori bresciani, e non, che intravedono in Brescia

una location adeguata per un evento fieristico. Il nostro padiglio-ne ha una superficie espositiva di 15mila metri, non è grandis-simo, ma è una sorta di salotto. Molto bello dal punto di vista architettonico, con un’unica campata, senza divisorie o colonne che inibiscano allestimenti anche più fantasiosi o complessi. Molti i punti di forza, tra cui la posizione: è servito da due auto-strade, abbiamo la tangenziale vicinissima, per i parcheggi ab-biamo stipulato un accordo con Brescia Mobilità affinché fossero ottimizzati al massimo. In definitiva abbiamo messo a sistema una serie di cose che erano già sul tavolo, ma che probabilmen-te necessitavano di trovare gli incastri giusti. Un lavoro che ha coinvolto il Comune e la Provincia; un’attenzione particolare alla cartellonistica per valorizzare il rilancio della struttura; la scelta di un nuovo nome, “Brixia Forum”, che desse l’idea di una piazza in cui riportare le persone ad incontrarsi per parlare, vedere i prodotti e stringersi la mano.

Eventi fieristici ma non solo…La nostra ambizione era quella di aprire uno spazio multifunzio-nale, che non fosse dedicato esclusivamente alle fiere. Molto in-teressante l’attività musicale prevista presso il teatro Dis_Play, ma anche concerti più grandi che abbiamo portato nel padiglio-ne. Una parte congressuale destinata alle assemblee delle Ban-che e delle Associazioni di categoria, giusto per cogliere un po’ tutte le opportunità. In questo percorso di rilancio della zona abbiamo coinvolto an-che il PalaLeonessa con l’attività sportiva che va a completare in modo ottimale il panorama di iniziative previste.

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Quali gli eventi per l’anno in corso?Un anno importante per le fiere. Siamo partiti a marzo con Den-trocasa Expo organizzata da Gianpaolo Natali, nostro primo cliente, che ci ha portato un altro evento, Fimast, la Fiera Inter-nazionale delle macchine e degli accessori per il settore tessile. Abbiamo appena terminato Memoria Expo una manifestazione legata al comparto funerario. Ospiteremo per la prima prima vol-ta Cosmogarden, un evento totalmente nuovo, con Mauro Gran-di, un protagonista nell’organizzazione fieristica a livello brescia-no. Una manifestazione che, già dalla prima edizione, nasce con l’ambizione di una fiera tout court che andrà ad abbracciare tutto il padiglione. Seguirà la Mille Miglia, un appuntamento fisso da quando il padi-glione è stato riaperto e siamo onorati di avere il paddock presso di noi anche quest’anno. Un grande ritorno per Rombo di Tuono, una manifestazione che riguarda il settore motociclistico a 360°. Un evento relativo all’automotive, il Service Day di Quintegia, organizzatore di eventi fieristici di alto livello nel panorama del Nord Italia, che ha riconfermato la sua presenza dopo il successo ottenuto lo scorso anno. Lo stesso vale per il Festival dell’Oriente dedicato al mondo orientale e a tutti i suoi aspetti tradizionali e culturali.Diciamo che, avere già sette eventi fieristici nel 2019, è un ottimo risultato che supera le mie aspettative iniziali. Questo conferma la bontà della scelta della Camera di Commercio di riaprire la fie-ra anche a vantaggio dell’indotto; i nostri albergatori, i ristoratori e, di riflesso, la parte culturale che ha beneficiato della presenza di visitatori che vengono per lavorare, ma che possono avere il piacere di vivere la città per qualche giorno ospitando coniugi o familiari.

Un percorso di promozione del territorio molto impor-tante per la città e la provincia che deve essere incenti-vato. Quali le strategie messe in campo?Sia Montichiari che Brescia sono diventate attrattive dal punto di vista fieristico, Montichiari con oltre 350mila visitatori, mentre Brescia arriverà a circa 200mila.

Di conseguenza le imprese bresciane ci stanno sollecitando a rendere la proposta di accoglienza sempre più organica, per of-frire un’informazione più accessibile e anche più articolata dal momento che le opzioni sul territorio sono davvero molte.Nel 2017, poco dopo il mio insediamento in fiera, ho voluto co-stituire una rete d’impresa con il Centro Fiera di Montichiari e Bresciatourism, che si chiama “FARE RETE” e nasce proprio allo scopo di creare sinergie per la promozione del territorio. Oggi - ed è un’anteprima - all’interno di questa rete abbiamo am-messo anche fiere di livello nazionale o regionale, mi riferisco a Travagliato Cavalli, alla Fiera della Carne di Rovato e quella dell’Agricoltura di Orzinuovi. In coda a questo percorso si è pro-posta anche “Franciacorta in Bianco” che è diventato il quarto partner. Penso che insieme potremo fare un bellissimo lavoro e dare un contributo importante.

All’inizio del mese di aprile l’appuntamento è con Co-smogarden, una novità per Brescia. Può darci qualche anteprima?In questo caso abbiamo accompagnato il lavoro di Mauro Grandi e del suo staff che hanno creduto nel nostro progetto facendo un investimento di fiducia e diventando così nostri partner nell’atti-vità di rilancio della fiera. Questo è un dato che mi preme valoriz-zare, perché se non ci fosse stato l’apporto delle imprese private, oltre al forte desiderio della Camera di Commercio, non saremmo potuti ripartire con lo stesso livello di ambizione. Grandi è certamente un protagonista noto nel mercato fieristico bresciano. Per questa fiera ha ideato un progetto completamente nuovo, senza alcuna attinenza con quanto si è svolto nei giorni scorsi a Montichiari con Vita in Campagna. In questo caso il punto di vista è diverso: si è voluto evidenziare quale possa essere l’inte-resse nei confronti degli appassionati di giardini, tutta la parte di outdoor che riguarda i privati, ma anche le scuole e le famiglie. In particolare la sua idea prende spunto da un progetto di recupero del territorio, con la creazione di orti messi a disposizione dei privati, per salvaguardarlo dall’abbandono.

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72 BRE APRILE 2019

Da lì la volontà di creare un percorso più ampio, che ha trovato in un’occupazione fieristica importante una declinazione origi-nale: ci saranno giardini in stile molto diverso, tutta la parte di arredo del verde, giardini all’italiana, ma anche versioni partico-lari studiate per grandi spazi o, viceversa, piccoli appartamenti. Da questo punto di vista, Grandi ha collaborato con gli artigiani che si occupano della fase di progettazione e allestimento dei giardini, con architetti e paesaggisti, per offrire un programma culturale molto ricco, appetibile al professionista e al privato con uno spettro di potenziali visitatori molto ampio. Cosmogarden vedrà coinvolti oltre duecento espositori pro-venienti da tutta la penisola, suddivisi per categoria, con un programma di oltre settanta eventi tra cui laboratori, seminari, convegni e dimostrazioni.

Promozione della cultura del verde ed ecosostenibilità, temi più che mai attuali in questo momento. Come sa-ranno veicolati questi messaggi? Dedichiamo un’attenzione particolare a questi temi. Il fatto che ci sia un evento di questo genere, che parla di sostenibilità, con-ferma l’apertura della nostra città. Nonostante Brescia abbia una lunga tradizione industriale, e non venga certo identificata come un’oasi verde, esprime la con-sapevolezza di dover intraprendere un percorso per migliorare la qualità del nostro territorio e dell’ambiente in generale. Un tema che ritorna nei diversi ambiti, anche quando il soggetto potrebbe essere distinto: nella fiera Dentrocasa, ad esempio, Natali ha trattato il tema della bioedilizia; in Memoria Expo è stata sottolineata l’importanza del legno come risorsa sosteni-bile. Aggiungo che il rilancio stesso della fiera deve passare da que-sta nuova declinazione di ciò che Brescia può offrire, come con-sapevolezza dei bresciani che l’argomento “ambiente” dev’esse-re affrontato da ogni imprenditore per sviluppare nuove prassi, in chiave di rispetto e innovazione.

Sempre in tema di sostenibilità e ambiente…Pro Brixia sta portando avanti un progetto importante, in colla-borazione con Regione Lombardia e la Borsa Immobiliare, per cercare di mappare l’invenduto nel settore immobiliare. Oggi, infatti, non esiste nessuno strumento o statistica che ci permet-ta di sapere quanti siano gli immobili invenduti o vuoti presenti nei vari Comuni. L’idea è nata quando ci siamo interrogati sulle circostanze che hanno contribuito alla crisi degli ultimi anni, oltre ai fattori strettamente legati all’andamento dell’economia. Abbiamo ritenuto importante valutare l’impatto di un consumo del territorio attraverso una pianificazione sostenibile. Ci siamo avvalsi delle risorse umane presenti sul nostro territo-rio come il Collegio dei Geometri, l’Ordine degli Ingegneri, l’Or-dine degli Architetti nonché degli Agenti del settore immobilia-re per ripensare alla programmazione delle aree da costruire o ristrutturare. Questo vale per le campagne, ma anche per i centri storici che non devono diventare delle città fantasma, ma essere recupe-rate anche per la bellezza architettonica di alcune costruzioni o edifici oggi in decadenza. Nelle criticità dell’economia di oggibisognerebbe cogliere il lato positivo e pensare a una riconver-sione di questi spazi che sia esteticamente migliore e più soste-nibile per chi decide di investire nella terra o nel mattone.

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Grande attesa e molte curiosità per il ritorno, dopo ben sei anni, di EXA la fiera dedicata al mondo delle armi sportive e da caccia. Ci saranno delle novità rispetto al passato?L’obiettivo che ci siamo dati è quello di riportare le grandi fiere a Brescia e EXA, senza alcun dubbio, è una di queste. Va detto an-che che oggi, in qualche modo, il mondo è cambiato e così anche l’idea della caccia. La presenza del cacciatore sul territorio deve essere compatibile con l’attività che l’agricoltura svolge e, natu-ralmente, con il tema della sostenibilità. Due argomenti che stia-mo cercando di declinare in un nuovo progetto che parli di eco-nomia circolare e sostenibilità, come obiettivi che sono all’ordine del giorno per l’attualità. In questo senso, nella riapertura della fiera, non abbiamo guardato al passato in modo nostalgico. Dob-biamo avere il coraggio di non replicare uno schema che oggi non funzionerebbe, ma cercare di mettere a sistema tutte le buone prassi che riguardano l’ambiente e la sostenibilità; in quest’attivi-tà ci sta l’agricoltura, l’industria, il ruolo del cacciatore, la pesca e molti altri protagonisti che possono parlare legittimamente di ambiente. Il ruolo di ciascuno, nel fare impresa, è proprio quello di avere un’attenzione specifica al tema ambientale. La proposta a cui stiamo lavorando da alcuni anni, che vedrà nel prossimo Consiglio di Amministrazione del 12 aprile un momen-

to di discussione e dibattito, è legata alla voglia di innovare un concept che, per quanto fosse di successo, potrebbe non essere più attuale. Questo tentativo dovrà trovare coerenza nella scelta “forse” di un nuovo nome, così come di una data ottimale per la manifestazione che assicuri la riuscita dell’evento stesso. Faremo delle riflessioni oggettive che ci permettano di portare avanti un progetto meritevole per una fiera che, in effetti, è l’unica a no-stra gestione diretta. Anche le associazioni di categoria potranno esprimersi in questo modo sulle buone prassi legate al territorio, invitare a una riflessione attraverso i seminari, approfondire temi di carattere ormai internazionale.

Quali saranno le aziende bresciane coinvolte?La fiera sarà aperta a tutte le aziende meritevoli per quanto con-cerne i temi che ci stanno a cuore e, quindi, l’economia circolare e la sostenibilità ambientale. Le aziende bresciane avranno un incentivo in più perché avranno la possibilità, grazie alla Camera di Commercio, di avere un contributo del 50% sulle spese di par-tecipazione. Non solo in questa occasione, ma per tutti gli eventi fieristici sul territorio provinciale che hanno il patrocinio della Camera di Commercio.

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74 BRE APRILE 2019

Maison Margiela, blazer

Valentino, t-shirt

Burberry, felpa

Burberry, bomber

Burberry, stringata

Prada, blazer

Balenciaga, sneakers “Triple S”

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leading figure

75 BRE APRILE 2019

BREM

AGAZINE • APRILE DU

EMILADICIANNOVE •

Mi interessa la longevita' l’eternita’ lo stile, n

on la moda

Ralph Lauren

A cura di Annalisa Boni

Tutti gli abiti di questa pagina sono di Lardini, da MAGENTA HOMME, Corso Magenta, 49 Brescia

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Sabato 2 marzo, il palcoscenico del Teatro Grande di Brescia, con i suoi tre attesissimi grandi interpreti dell’Opera italiana: Anna Pirozzi, Agostina Smimmero e Luciano Ganci insieme

all’Orchestra Filarmonica “Bruno Bartoletti” ha brillato per l’intera serata regalando a tutti i bresciani uno spettacolo senza pari: si è così reso omaggio ai sei anni della Metro di Brescia, per gli importanti risultati raggiunti ma soprattutto per ringraziare i bresciani per la fiducia che ogni giorno ripongono nella metro e nei mezzi pubblici. Il Gruppo Brescia Mobilità ha

deciso di regalare alla città un evento unico ed emozionante.

“A NIGHT AT THE THEATRE

6 YEARS METRO„BR

EMAG

AZINE • APRILE DUEM

ILADICIANNOVE •

La Metro di Brescia compie 6 anni

A cura di Claudia Lazzari

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79 BRE APRILE 2019

Nell’arco di questi sei anni i bresciani hanno dimostrato di amare ed apprezzare non solo la metro,

ma anche l’intera rete del trasporto pubblico: dai 41 milioni di passeggeri dell’anno 2012 si è arrivati agli oltre 56 milioni del 2018, con un incremento del +36% in continua crescita.

La sola metropolitana ha registrato invece oltre 18 milioni di passeggeri nel 2018, con un incremento del 50,7% rispetto al primo anno di servizio.

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80 BRE APRILE 2019

Balmain, blazer

Saint Laurent, sandali

Saint Laurent, abito leopardato

Valentino, gonna

Amouage. “The Secret Garden” celebra la donna narrandola in un’enigmatica storia d’amore. La collezione interpreta i temi

floreali con un ritorno alla semplicità e alle note della natura esplorando liberamen-

te pensieri, sentimenti ed esperienze senza la frenesia del vivere moderno. Ai tre profumi presenti nella collezione si

aggiungono due prodotti totalmente nuovi: la body lotion e hair mist disponibili nelle fragranze Lilac Love e Blossom Love. Que-sti nuovi prodotti offrono agli amanti dei profumi floreali l’opportunità di idratare il corpo e i capelli con aromi romantici.

Blossom Love emana un dolce nettare di fiori di ciliegio e liquore alla rosa per una fragranza ricca e delicata che incarna la

femminilità moderna e interpreta il roman-ticismo di un profumato giardino segreto,

esprimendo la natura impertinente e il cuore fedele della vivace donna moderna

che vive sfacciatamente per amore, romanticismo e nuove avventure.

Amouage. Il nuovo hair mist, si presenta in una bottiglia di vetro smerigliato da 50 ml, infusa con Cashmilan™, una cheratina

parzialmente idrolizzata ricavata dalla lana di cashmere che è anche un idrolizzato proteico per capelli. È inoltre dimostrato che

migliora la definizione e la forza del capello.

Chloè, sandalo con plateau

Jacquemus, borsa grande a secchiello

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what i wished

81 BRE APRILE 2019

BREM

AGAZINE • APRILE DU

EMILADICIANNOVE •

Posso rinunciare a tutto ma non ai tacchi alti

Donatella Versace

A cura di Annalisa Boni

Tutto da MAGENTA FEMME, Corso Magenta 45, BRESCIA

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Ci sono tante 911 quanti sono i piloti, i fan e gli appassionati Porsche.Ogni Porsche 911 realizza il sogno molto personale dell’auto sportiva: ogni singolo ricordo e ogni chilometro percorso diventa unico. La cosa migliore è che questi sogni non si fermano

mai, ma evolvono ad ogni generazione. Venerdì 15 marzo, al Centro Porsche Brescia di Desenzano del Garda, si è alzato il sipario sulla nuova Porsche 911, un segreto di successo

costituito da due grandi ingredienti: design senza tempo e tecnologia innovativa. Il risultato è un’unità affascinante, la macchina senza tempo.

NUOVA 911BR

EMAG

AZINE • APRILE DUEM

ILADICIANNOVE •

A cura di Annalisa Boni

“TIMELESS MACHINE”

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“La creatività viaggia oltre ogni confine per scrivere e riscrivere una storia”Scende la sera mentre si accendono le prime luci che illuminano la città e il suo castello.

A bordo di una lussuosa Maserati raggiungo una villa da sogno dove l’atmosfera è accogliente e l’arte si respira in ogni dove. Un salone che, come il palcoscenico di un teatro, ospita un

pianoforte a coda rigorosamente Steinway. Un abile pianista suona melodie che accompagnano racconti musicali. Si parla di storie dai mille colori, o forse accordi, e di idee che viaggiano come

note nell’aria. E poi, in un guizzo d’immaginazione creativa… gioielli preziosi, creati da mani sapienti, possono trasformarsi da anelli a bracciali, da ciondoli a collier. Pianoforti che suonano,

senza essere sfiorati, impeccabili composizioni di Mozart, Beethoven e Schubert. Non mi sono risvegliata da un sogno, o forse si.

LE X GIORNATEIN SALOTTO

BREM

AGAZINE • APRILE DU

EMILADICIANNOVE •

A cura della Redazione, immagini di Alessandro Carleschi

Le idee possono trasformarsi in esperienze indimenti-cabili? LeXGiornate presentano “Musica in Salotto”, un progetto che nasce con l’obiettivo di rompere la monotonia del “già visto e già ascoltato” per comunicare attraverso il linguaggio dell’arte in modo unico e irripetibile. In un connubio imprescindibile di musica e teatro, si percorre la strada della creatività seguendo cinque parametri che ne definiscono in modo esaustivo il carat-tere. “Seguire una regola”, saper fare per poter “varcare i con-fini”, “cambiando le coordinate” per “usare idee che viaggiano” e “scrivere e riscrivere una storia” che cambia di continuo. Mo-menti di alto profilo culturale contraddistinguono quattro diversi appuntamenti per raccontare la storia della musica in modo ori-ginale, all’interno di meravigliose dimore bresciane.

Il Maestro Daniele Alberti, direttore artistico de LeXGiornate, è accompagnato dall’attrice Barbara Pizzetti, dai pianisti Alessan-dro Costantini e Nouveau Axel. Partner del progetto: Engel & Völkers leader mondiale nell’intermediazione di immobili, Pas-sadori Pianoforti Steinway & Sons Gallery, Rossocorsa conces-sionaria ufficiale Maserati. Ciascuna serata prevede la parteci-pazione di “compagni di viaggio”, come ama definirli il Maestro, eccellenze legate al mondo del luxury che arricchiscono il dialo-go di contenuti e di fascino. Spadafora Gioielli orafi dal settecen-to, la prestigiosa galleria d’arte Eden Fine Art Gallery, Giovanni Doria per Steinway & Sons, lo Studio professionale Specchia & Associati, Banor SIM private banking. Presente durante la serata e nei prossimi appuntamenti la rivista Bre Magazine.

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Autore di articoli e pubblicazioni, Giovanni Battista Tura si è laureato nella facoltà di Medicina presso l’Università degli Studi di Brescia. Successivamente

ha conseguito numerose specializzazioni in ambito psichiatrico. Da sempre con ruoli di rilievo all’interno del Centro dei Fatebenefratelli, dal 2015 è Dirigente Responsabile dell’Area

Complessa di Psichiatria dell’IRCCS San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia. Nel tempo libero si diletta tra passeggiate in montagna e direzione corale di

“Le Rocce Roche”, coro maschile di canti popolari di Brescia dal 1995.

ADOLESCENTI E DISAGIO PSICHICO: IL PROGETTO PILOTA

DEL FATEBENEFRATELLI

BREM

AGAZINE • APRILE DU

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A cura di Claudia Lazzari e Stefano Bertazzoniimmagini di Fabiana Zanola

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Molteplici gli anni di esperienza del dott. Tura nella presa in cari-co dei pazienti colpiti da disagio psichico. Spesso, però, come ci ricorda lo stesso psichiatra, ci si concentra maggiormente sui pa-zienti in età infante, adulta o geriatrica, lasciando frequentemen-te scoperta la fascia d’età adolescenziale. Per questo, ai ragazzi di età compresa tra i 16 e i 25 anni, il Fatebenefratelli ha dedicato loro un progetto personalizzato, l’“Osservatorio 16-25”.

In cosa consiste questo progetto?“Osservatorio 16-25” è un progetto nato dall’esigenza di inter-cettare, dunque orientare per la presa in cura ove ve ne sia la necessità, gli adolescenti e i giovani compresi tra i 16 e i 25 anni che manifestano un disagio psichico, dunque che richiedono aiu-to. Noi sappiamo che il 75% degli adulti che soffrono di disturbi psichici hanno avuto le prime manifestazioni in età adolescenzia-le, spesso senza però essere stati curati nella maniera corretta. Quando la presa in cura avviene, il corso della storia del paziente è decisamente migliore. Questo ci fa capire che è strettamente necessario intervenire quanto prima sui ragazzi.Da questo progetto, che ci è servito per capire quale fosse la fi-

sionomia della persona adolescente che poteva richiedere aiuto, è nato un vero e proprio servizio, il “MAC 16-25” (Ambulatorio di MacroAttività Complesse). Dedicato sempre alla fascia adole-scenziale, offriamo all’utente che richiede aiuto una serie di in-terventi coordinati e integrati di esperti tra psichiatri, psicologi ed infermieri, ma non solo, che si occupano in toto dello stesso, nello stesso momento che il paziente viene preso in carico, affin-ché non si senta inserito in percorsi parziali o frazionati ma riceva una serie di accertamenti ed attenzioni di cui necessita».

L’età adolescenziale è molto complicata, dove ancora non si ha una piena conoscenza e consapevolezza di noi stessi. Partendo da questa considerazione, come si riesce a capire se un ragazzo è afflitto da un disagio psichico?«Anzitutto per capire se si sia di fronte ad un problema, bisogna sapere che questo problema esiste, e purtroppo la scarsa infor-mazione dei disagi psichici è complice del non riconoscimento di tali malattie. Sapere in che modo disagio mentale e malattia si manifestano è importante.

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La malattia mentale, infatti, non è da concepirsi solo nelle forme “maggiori” come la depressione o schizofrenia. Essa si concre-tizza in molteplici altre forme; quella che più oggi colpisce i ra-gazzi è il disturbo di personalità, indubbiamente in vertiginoso manifestarsi rispetto al passato e le attuali determinanti sociali, il disfuzionale uso delle evoluzioni tecnologiche, la storia perso-nale di ogni ragazzo e molte altre variabili indubbiamente diverse rispetto al passato, sono tutti fattori che concorrono alla manife-stazione di questo disagio nelle sue nuove forme».

Dunque, possiamo affermare che la tecnologia ha anche dei risolvi negativi sulla psiche di una persona?«In parte sì; e soprattutto sulla psiche di un bimbo e di un adole-scente. La sempre più precoce esposizione al mondo digitale, in-fatti, cambia l’iter di formazione della nostra struttura neuropsi-cilogica. Quindi alcune variabili come “l’attesa, la noia, la gestione del tempo vuoto”, hanno uno sviluppo disarmonico nei ragazzi d’oggi, che, trovandosi in situazioni in cui se sia prevista la messa in gioco , isono in difficoltà nel gestirle».

Riassumendo, il disagio si coglie da una serie di indica-tori che sono soggettivi in ogni ragazzo…«Esatto, per questo l’attenzione deve partire anzitutto dalle scuole e dai centri di aggregazione. Con un’accurata formazione ed informazione fatta da psichiatri e psicologi che possano for-nire le principali indicazioni circa il riconoscimento del disagio psichico».

Nel caso in cui dovessimo sospettare che nostro figlio, o un nostro alunno, e via dicendo, possa manifestare un disagio psichico, cosa ci consiglia di fare?«Assolutamente di parlarne con un esperto. Se un qualsiasi ra-gazzo dovesse presagire una sensazione di disagio psichico, più o meno manifesto, rivolgendosi per esempio a noi tramite l’Os-servatorio 16-25 (o ad altre proposte territoriali di simile obiet-tivo), con un iter valutativo composto da alcuni test mirati a cogliere i differenti disagi psichici, non solo in forma colloquiale con medici e psicologi, ma anche in maniera più strutturata, pos-siamo fornire all’utente un’indicazione per esempio di accesso al servizio MAC ove ve ne sia bisogno, o di altri servizi dedicati, o di semplice rassicurazione se si dovesse trattare di un momento di difficoltà transitorio e passeggero ove non è necessario alcun trattamento. In questo modo si riesce ad intervenire tempestiva-mente nel caso in cui vi sia la necessità, migliorando indubbia-mente il corso di vita del ragazzo che saprà affrontare e gestire in maniera diversa».

Quali sono i tempi affinché si riesca ad incidere in ma-niera positiva su un ragazzo affetto da disturbi psichi-ci?«Non esiste un tempo standard, dipende dal tipo di patologia. La variabile maggiore dalla quale dipende la tempistica per po-ter uscire dal disagio resta sempre quella soggettiva, dunque la fragilità di ognuno di noi. Un dato certo, però, è quello relativo alla presa in carico del paziente. Dal momento in cui il ragazzo esprime il disagio, al momento in cui il disagio viene intercettato

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e preso in carico, purtroppo, passa un intervallo di tempo che in media dura ancora circa tre anni. Questo significa che il paziente deve convivere con la sofferenza psicologica per almeno tre anni prima che sia preso in cura, e questa latenza inciderà anche sulla storia dell’evoluzione della persona».

Se è assodato che ciò è dannoso per il paziente, perché persiste ancora questa latenza e distanza tra le manife-stazioni del disagio e la presa in carico?«Questa latenza resiste perché nonostante la cultura e l’informa-zione oramai siano accessibili a tutti, purtroppo anche nelle so-cietà più evolute il disagio psichico è ancora stigmatizzato. Esiste un’oggettiva difficoltà della persona a riconoscere la necessità di aiuto se si tratta di problemi legati alla psiche. Il nostro compito è anche quello di informare per far si che sia “sdoganato” e vissuto appieno il diritto alla salute mentale.Oltre al diritto, però, esiste anche un “dovere” alla salute, che non è solo da intendersi come dovere di uno stile di vita sano per prevenire l’incombere di importanti patologie. È inteso an-che come la comprensione dell’importanza e l’azione per aderire al processo di cura della singola persona in quanto membro di una società civile. . Può capitare, infatti, che alcuni ragazzi non riconoscano o ammettano il proprio disagio e quindi si allontana-no da un percorso di cure già avviato. Noi, inteso come società, comunità, quando prendiamo atto della scelta del paziente, non possiamo rassegnarci al fatto che non ci sia nulla da fare, con la conseguenza del lasciare in capo alla famiglia il disagio del-la persona, che si amplia sempre più se non curato. In realtà, l’intera collettività ha il dovere di prendere coscienza del disa-gio che affligge un ragazzo e di attuare ogni singolo sforzo per coinvolgerlo nel necessario processo di cura, dunque per ridurre anche l’impatto che questo disagio apporta sulla società; questo ovviamente non in termini coercitivi ma lavorando sulla infor-mazione, sulla motivazione e sull’implementazione di modelli di intervento che tengano conto delle nuove esigenze delle nuove generazioni».

I ragazzi d’oggi sono sempre più dipendenti, chi dalla tecnologia, chi dall’alcool, chi da ulteriori sostanze. C’è una sorta di correlazione tra il disagio psichico e la di-pendenza?«Alle prime manifestazioni del disagio non è prioritario e fonda-mentale capire se il disagio psichico attiva una qualsivoglia forma di dipendenza o se è la condotta di dipendenza che fa emergere un problema psichico. Quello è un approfondimento che viene affrontato solo dopo aver preso in carico il paziente e aver lavo-rato con lui per risolvere il disagio. È indubbio, però, che l’alcool, come le altre sostanze da lei citate, siano parte di quelle variabili che incidono in maniera significativa sulla storia delle persone. Tuttavia, come già accennato, la fragilità e la vulnerabilità sog-gettiva di ogni persona giocano un fattore determinante. Dun-que, le variabili in gioco sono davvero molteplici e complesse. Per questo bisogna agire secondo un approccio personalizzato, secondo l’innovativo nodello di medicina personalizzata, basan-dosi sulla storia personale di ogni utente sulle sue caratteristiche (si pensi per esempio all’interessante capitolo che la genetica sta aprendo in questa direzione), altrimenti si rischia di tamponare con azioni pro tempore i disagi e i disturbi, invece che curare la persona nella sua globalità, interezza e centralità.

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