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WWW.DEMOCRATICA.COM n. 349 mercoledì 13 febbraio 2019 “Ma questo dove l’avete trovato?” (Gino Strada su Mario Giordano ieri a “Cartabianca”) P er essere nominato nella Commissione ACB ha partecipato ad una procedura ad evidenza pubblica? Non c’è stato un bando pubblico, ma anche Delrio non lo aveva fatto a suo tempo quando aveva nominato i suoi consulenti. (ndr: non è vero. Delrio aveva fatto un bando pubblico, che è ancora oggi online) In più occasioni ha dichiarato ai giornali di avere suggerito lei al Ministro i nomi dei membri della Commissione ACB; lo conferma? SEGUE A PAGINA 4 Sette domande all’ingegner Ponti TAV Davide Gariglio R itengo giusto ridurre il numero dei parlamentari. Ma non può essere uno spot elettorale come di fatto è se non si lega ad una riforma complessiva delle istituzioni parlamentari. L’Italia non ha soltanto un numero troppo elevato di parlamentari, l’Italia ha anche due Camere che fanno la stessa identica cosa, ha procedure parlamentari bizantine, un uso spropositato ed esagerato del voto di fiducia, e tante altre storture che meritano una grande riforma. SEGUE A PAGINA 3 Ma intanto stanno svilendo il Parlamento RIFORME Gianni Pittella M5s Dopo 48 ore di black out Di Maio non spiega le ragioni politiche della batosta abruzzese ma si rifugia dietro problemi organizzativi. Il Movimento è nel pallone PAGINA 2 S arei reticente se, nell’analisi del rapporto tra verità e fake news, tra giustizia e giustizialismo, non facessi riferimento a una vicenda di natura personale, che pure è rilevante non per me ma per la credibilità delle istituzioni. È noto, infatti, che nei miei confronti e delle persone a me più vicine, a cominciare da mio padre, si sono appuntate non solo critiche e campagne costruite su fake news, ma anche richieste di pesanti interventi della magistratura. Magistratura che rispetto e rispettiamo, perché pensiamo ci si debba difendere nel corso del processo: un garantista crede nelle istituzioni, lotta nelle aule di tribunale, aspetta le sentenze e le rispetta. Un giustizialista urla e basta. E magari il giustizialista è quello che invoca l’immunità parlamentare quando va sotto processo o se un membro della sua famiglia viene scoperto a compiere reati si giustifica dicendo: «Sì, però andate a vedere che cosa fa Berlusconi». Oppure: «E allora il Pd?». C’è tuttavia un elemento personale che non può essere occultato. Quando tuo padre viene intercettato, pedinato, seguito quasi fosse un camorrista nell’arco di quattro anni, la sua vita scandagliata come mai era accaduto a un libero cittadino che fino a sessantatré anni aveva commesso forse quale unica infrazione un eccesso di velocità, è evidente che qualcosa non torna. Non voglio far leva su quello che può essere un elemento soggettivo, ovvero come mutano le relazioni tra padre e figlio quando ogni telefonata, anche di carattere privato e intimo, viene intercettata e finisce nelle mani di qualche redazione; come si cambia quando valori adottati e insegnati ai propri figli vengono messi in discussione in processi pubblici che non si svolgono in aule ma su piattaforme social; come muta il clima durante il pranzo di Natale quando i tuoi familiari più o meno inconsciamente ti considerano responsabile della crisi cardiaca che ha colpito tuo padre. Sotto questo cumulo di odio c’è la vita, il sangue, le relazioni umane. Ma i profeti della distruzione dell’altro non se ne curano e procedono a testa bassa. Io, mio padre, le fake news L’ANTICIPAZIONE Matteo Renzi SEGUE A PAGINA 3 “Qualcosa non va”

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WWW.DEMOCRATICA.COM

n. 349mercoledì

13 febbraio2019

“Ma questo dove l’avete trovato?”(Gino Strada su Mario Giordano ieri a “Cartabianca”)

Per essere nominato nella Commissione ACB ha partecipato ad una procedura ad evidenza pubblica?

Non c’è stato un bando pubblico, ma anche Delrio non lo aveva fatto a suo tempo quando aveva nominato i suoi consulenti. (ndr: non è vero. Delrio aveva fatto un bando pubblico, che è ancora oggi online)In più occasioni ha dichiarato ai giornali di avere suggerito lei al Ministro i nomi dei membri della Commissione ACB; lo conferma? SEGUE A PAGINA 4

“Sette domande all’ingegner Ponti

TAV

Davide Gariglio

Ritengo giusto ridurre il numero dei parlamentari. Ma non può essere uno spot elettorale come di fatto è

se non si lega ad una riforma complessiva delle istituzioni parlamentari. L’Italia non ha soltanto un numero troppo elevato di parlamentari, l’Italia ha anche due Camere che fanno la stessa identica cosa, ha procedure parlamentari bizantine, un uso spropositato ed esagerato del voto di fiducia, e tante altre storture che meritano una grande riforma.

SEGUE A PAGINA 3

“Ma intanto stanno svilendo il Parlamento

RIFORME

Gianni Pittella

M5s Dopo 48 ore di black out Di Maio non spiegale ragioni politiche della batosta abruzzese ma si rifugia dietro problemi organizzativi. Il Movimento è nel pallone

PAGINA 2

Sarei reticente se, nell’analisi del rapporto tra verità e fake news, tra giustizia e giustizialismo, non facessi riferimento a una vicenda

di natura personale, che pure è rilevante non per me ma per la credibilità delle istituzioni.

È noto, infatti, che nei miei confronti e delle persone a me più vicine, a cominciare da mio padre, si sono appuntate non solo critiche e campagne costruite su fake news, ma anche richieste di pesanti interventi della magistratura. Magistratura che rispetto e rispettiamo, perché pensiamo ci si debba difendere nel corso del processo: un garantista crede nelle istituzioni, lotta nelle aule di tribunale, aspetta le sentenze e le rispetta. Un giustizialista urla e basta. E magari il giustizialista è quello che invoca l’immunità parlamentare quando va sotto processo o se un membro della sua famiglia viene scoperto a compiere reati si giustifica dicendo: «Sì, però andate a vedere che cosa fa Berlusconi». Oppure: «E allora il Pd?».

C’è tuttavia un elemento personale che non può essere occultato.Quando tuo padre viene intercettato, pedinato, seguito quasi fosse un camorrista nell’arco di quattro anni, la sua vita scandagliata come mai era accaduto a un libero cittadino che fino a sessantatré anni aveva commesso forse quale unica infrazione un eccesso di velocità, è evidente che qualcosa non torna.

Non voglio far leva su quello che può essere un elemento soggettivo, ovvero come mutano le relazioni tra padre e figlio quando ogni telefonata, anche di carattere privato e intimo, viene intercettata e finisce nelle mani di qualche redazione; come si cambia quando valori adottati e insegnati ai propri figli vengono messi in discussione in processi pubblici che non si svolgono in aule ma su piattaforme social; come muta il clima durante il pranzo di Natale quando i tuoi familiari più o meno inconsciamente ti considerano responsabile della crisi cardiaca che ha colpito tuo padre. Sotto questo cumulo di odio c’è la vita, il sangue, le relazioni umane. Ma i profeti della distruzione dell’altro non se ne curano e procedono a testa bassa.

Io, mio padre, le fake news

L’ANTICIPAZIONE

Matteo Renzi

SEGUE A PAGINA 3

“Qualcosanon va”

2 mercoledì 13 febbraio 2019

Il silenzio è stato rotto in mattinata con un’uscita sul Blog delle stelle, ma re-sta il fatto che un vicepresidente del Consiglio, ministro del lavoro e dello Sviluppo economico nonché leader del primo partito in Parlamento, si-

lente per oltre due giorni nel pieno di varie

crisi istituzionali e di governo, non si era mai visto. Un mutismo che resta il segno forse fi-nora più evidente della difficoltà profonda in cui versa il M5S.

E che ci sia qualcosa che proprio non va nel “Movimento” lo confermano gli stessi conte-nuti del post con il quale Luigi Di Maio ha rot-to il silenzio, per il quale si potrebbe scomo-dare il detto, forse abusato ma in questo caso efficace, della montagna che ha partorito un topolino.

Dopo 48 ore il leader dei grillini se l’è cava-ta con una striminzita dichiarazione di inten-ti che non ha toccato nessuno dei punti poli-tici che in questi mesi hanno dilaniato vertici e base del Movimento, e dalla quale risulta assente ogni traccia di vera autocritica (per quanto l’intento dell’estensore, con ogni pro-babilità, fosse di farla sembrare esattamente questo).

L’unica ammissione concessa da Di Maio è quella di una serie di problemi organizzativi da affrontare, come se ad uscire dal pantano bastasse una banale messa a punto.

Non un accenno alle ragioni politiche della debacle in Abruzzo, annunciata del resto da mesi di sondaggi in caduta libera. E nessuna allusione alle sconfitte subite in questi mesi su punti identitari come la Tap, così come è assente ogni accenno all’isolamento sulla Tav, o all’imbarazzo causato dalla contiguità con Salvini. Per non parlare, sempre a proposito di Salvini, dell’impasse sulla decisione se dare o meno il via libera alla richiesta di processo per il ministro sul caso Diciotti.

A quel “qualcosa non va”, al massimo si può ricondurre l’apertura alla possibilità di alleanza con liste civiche in sede locale: sai che svolta.

Un escamotage che può forse spiegarsi con la necessità per la leadership dei Cinquestelle di serrare le truppe (e i seguaci) a poco più di tre mesi da un voto importante come quello delle europee; ma resta il fatto che quei nodi per il momento restano tutti lì sul tavolo, espo-sti alla vista e al giudizio di chi abbia voglia di vederli. Quello che resta è dunque l’impres-sione di uno sbandamento complessivo del Movimento che voleva rivoltare l’Italia come un calzino, di cui lo show di Di Battista ieri sera a Di Martedì è stato un esempio dram-matico e insieme grottesco. Un quadro nel quale l’uscita di Di Maio dopo il lungo silenzio appare nient’altro che un modo per prende-re tempo, in attesa, forse, che dalle parti della Casaleggio decidano come provare a uscire dal pasticcio in cui quelli di “onestà onestà” si sono cacciati, con nient’altro che le loro stesse mani.

Di Maio si sveglia:“Qualcosa non vanell’organizzazione”

Governo

Carla Attianese CONDIVIDI SU

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Dopo due giorni di silenzio si riaffaccia il capo del M5s:nessuna autocritica politica, apertura a possibili alleanze

Caso Salvini, il voto della Giunta probabilmente il 19

Èentrato nel vivo, davanti alla Giunta per le immunità al Senato, l’esame della memoria trasmessa dal mini-stro dell’Interno sulla vicenda dei 177

migranti trattenuti per diversi giorni a fine agosto del 2018 sulla nave Diciotti. Oltre alle 16 pagine nelle quali Matteo Salvini illustra la sua posizione e i motivi della decisione di opporsi allo sbarco, la Giunta ha valutato i documenti inviati dal presidente del Consi-glio e dai ministri dello Sviluppo Economi-co e delle Infrastrutture, nei quali Conte, Di Maio e Toninelli attestano che si trattò di una scelta collegiale del governo. E ha deciso, a sorpresa, di inviare quest’ultimo documen-to a Catania per essere esaminato. Secon-do Francesco Bonifazi, capogruppo dem in Giunta per le immunità, una svolta che tra-sforma Giuseppe Conte “da burattino a scu-do umano”.

Il presidente Gasparri ha proposto che la Giunta voti no alla richiesta per Salvini.

Una decisione inaspettata perché nei gior-

ni scorsi Maurizio Gasparri si era detto con-trario a questa possibilità sostenuta invece con forza dall’ex presidente del Senato Piero Grasso e appoggiata anche da Gregorio De Falco, ex M5s, e dal Pd (e invece fortemente osteggiata dal Movimento 5 Stelle).

Nel ragionamento di Grasso l’autoaccusa di Conte, Di Maio e Toninelli deve essere su-bito mandata a Catania in virtù del princi-pio dell’obbligatorietà dell’azione penale. Un pubblico ufficiale, infatti, non può sottrarre prove di un processo. Tre testimonianze come quelle di Conte, Di Maio e Toninelli, non solo per la rilevanza dei protagonisti, ma per la posizione strategica che essi han-no avuto nella vicenda, non possono ridursi a semplice pezza di appoggio in aiuto di un presunto colpevole o addirittura usate come escamotage per ottenere il no della Giunta e poi dell’aula in nome di una ragione politica.

Gasparri rassicura che i tempi non si di-lateranno: “Non c’è nessun blocco della pro-cedura, né sussistono altre situazioni che pure vedo citate su agenzie e siti di giornali. La Giunta tornerà a riunirsi oggi e domani e concluderà i propri lavori entro i termini previsti dal regolamento del Senato pronun-

ciandosi sul caso che alla Giunta è stato as-segnato dalla presidenza del Senato”. Proba-bilmente il voto ci sarà il 19 febbraio.

Se Gasparri ha detto che chiederà alla Giunta di votare contro l’autorizzazione a procedere, i 5 stelle ancora non hanno sciol-to la riserva. Ma le parole del senatore Mario Giarrusso al termine della seduta di questa mattina, fanno già capire la strada che si do-vrebbe percorrere. “La relazione di Maurizio Gasparri sulla vicenda della nave Diciotti e sulla richiesta di autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini è ampia e documenta-ta e ora con i membri della Giunta, con Luigi Di Maio e il Movimento la esamineremo” ha detto ai cronisti Giarrusso che ha anche assi-curato che “non verremo mai meno ai nostri ideali”. Gianluigi Paragone, senatore M5s, a ‘Circo Massimo’ di Radio Capital fa un passo in più e auspica un coinvolgimento diretto degli iscritti sulla piattaforma Rousseau: “E’ venuto meno il principio per cui Salvini deve rispondere da solo. Anche noi del Movimen-to, nel nostro dibattito interno abbiamo ca-pito che si rischia di esporre tutta la catena del governo, dirigenti, prefetture, questori”.

Agnese Rapicetta CONDIVIDI SU

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3 mercoledì 13 febbraio 2019

Meno parlamentari ma intanto sviliscono il Parlamento

Se pensiamo che basti tagliare qualche numero prendiamo in giro i cittadini. Occorre invece fermamente rilanciare la cen-tralità del Parlamento e vorrei fare un ragionamento su qual-

che punto.In questi ultimi mesi il Senato è rimasto

in ostaggio del Governo in preparazione della legge di bilancio e sul decreto-legge semplificazioni: 315 senatori hanno passa-to settimane prima di Natale e a gennaio ad aspettare di poter votare e discutere in Aula, con convocazioni che venivano spo-state di ora in ora. Non desidero fare la en-fasi del Parlamento europeo, però c’è un dato: nel Parlamento europeo si sa un anno prima quando ci saranno le sedute delle Commissioni l’anno successivo, quando ci saranno le sedute di Assemblea, non avvie-ne il film con tempi sempre ritardati che c’è qui al Parlamento italiano.

Il frequente ricorso alla fiducia, sebbe-ne non sia sicuramente una responsabilità soltanto di questo Governo, svilisce ulte-riormente il ruolo del Parlamento, chia-mato a esprimersi su provvedimenti che spesso non ha neanche la possibilità di emendare.

Certamente capisco chi dice che la fidu-cia spesso diventa un mezzo necessario per legiferare in un mondo che cambia ve-locemente, ma il problema lo risolverem-

mo più seriamente e definitivamente evi-tando la spola infinita fra due istituzioni, la Camera e il Senato, che fanno la stessa identica cosa. Per dare funzionalità alle istituzioni occorre quindi superare il bica-meralismo perfetto. Questa sarebbe una grande e vera riforma attesa lungamente dai nostri cittadini. Facciamolo insieme alla ricostruzione di un rapporto con le Regioni, improntato al principio della so-lidarietà: qualsiasi federalismo privo del principio della solidarietà non fa tenere insieme il nostro Paese. Bisogna tenerne conto prima di imboccare una strada peri-colosa verso un federalismo asolidale.

Sono convinto che le riforme da realiz-zare servano non tanto per risparmiare sulla democrazia ma per elevare la qualità della nostra democrazia. Per questo riter-rei giusto destinare le risorse che si rispar-miano con la riduzione dei parlamentari all’assunzione di più personale tecnico al Senato. Ogni gruppo politico ha solo una manciata di esperti giuridici; i nostri sono bravissimi ma devono studiare un’incre-dibile quantità di materiale legislativo. E anche per gli assistenti parlamentari si do-vrebbe prevedere un trattamento econo-mico congruo al loro importante ruolo, e un rapporto di lavoro diretto con il Senato, così che nessun euro deve transitare dalla tasca del parlamentare. Se vogliamo fare bene il nostro lavoro facciamoci ispirare dal Parlamento europeo, che si è dotato di uno statuto per gli assistenti parlamentari, e che mette a disposizione di ciascun par-lamentare due, tre, quattro assistenti, in

modo che quel parlamentare possa svolge-re nella maniera più adeguata il compito cui è chiamato.

Sarebbe giusto, poi, abbassare l’età del diritto di voto attivo e passivo al Senato: limitare il diritto di voto attivo per il Se-nato a venticinque anni e quello passivo a quaranta ha l’effetto di limitare il diritto democratico di 4,5 milioni di persone: gio-vani membri di una generazione già nu-mericamente esigua, che invece avrebbe diritto a una voce, anche perché il Parla-mento dovrebbe legiferare per il presente ma soprattutto per il futuro delle nuove ge-nerazioni.

Vorrei infine fare un ultimo breve ragio-namento sul ruolo dei parlamentari, di me stesso e dei miei colleghi. Chi siamo noi? Siamo semplicemente individui senza un pensiero libero né una cultura critica, a prescindere dal partito di appartenenza, un numero con un vincolo di mandato ob-bligatorio? Se è così, ha ragione chi dice di sopprimere il Parlamento, perché se il Par-lamento è composto da numeri con vincoli obbligatori di mandato è meglio abolirlo e trasformare la democrazia rappresentati-va in una democrazia plebiscitaria. Io sono totalmente contrario a questa ipotesi; pen-so che il ruolo che i Padri costituenti hanno pensato per il Parlamento non sia questo: i padri costituenti hanno pensato a una istituzione dove c’è una chiara divisione di poteri e le competenze del Governo sono distinte da quelle del Parlamento, ed è il Parlamento che controlla il Governo, non il contrario.

Gianni PittellaSegue dalla prima

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“Io, mio padre,le fake news”

Mi sforzo di dire che nulla cam-bia per chi è forte e solido

caratterialmente, ma mi rendo conto che non è proprio così. E non è nem-meno giusto che lo sia: l’esito di tali vicende non deve dipendere dalla forza caratteriale di chi subisce attacchi e pressioni di questo tipo, ma da un sistema di garanzie.

C’è tuttavia un aspetto oggettivo da chiarire. Tutti fingono di non vedere il problema, che però c’è ed è enorme. E non riguarda il rapporto personale con mio padre.

“Un giorno, nei libri di storia, i nostri nipoti leggeranno di quando, proprio mentre si scopriva che le prove di un’inchiesta contro i fa-miliari dell’allora capo del governo italiano erano state manipolate dalle autorità per incastrarlo, i dirigenti del suo partito lo accusa-vano di essere “divisivo”. “E come si chiamava quel partito?”, do-manderanno i ragazzi, increduli. “Democratico”, risponderà, non meno incredulo, il professore.” (Francesco Cundari)

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Il libro

Matteo Renzipresenta

Un’altra stradaIdee per l’Italia di domani

In dialogo con Lucia Annunziata e Virman Cusenza

Romagiovedì 14 febbraioore 17Camera di Commercio di RomaTempio di AdrianoPiazza di Pietra

Matteo RenziSegue dalla prima

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4 mercoledì 13 febbraio 2019

Basta ambiguità. Delrio: “Si votisubito in aula”

Tav, No-Tav, Si-Tav. Il tiro alla fune dell’Italia con la Francia, con l’Europa e tra gli alleati di gover-no sta rischiando di far finire coi piedi per l’aria il futuro del Paese e la stabilita dei gialloverdi.

Una nuova analisi costi-benefici sulla Tav non era necessaria. La Commissione europea prende una posizione chiara sul dossier e met-te nero su bianco che il progetto Torino-Lione e i relativi fondi erano già stati autorizzati sul-la base del dossier presentato da Italia e Fran-cia nel 2015.

Una nuova analisi relativa a questo proget-to dunque, non serviva. L’analisi messa a pun-to dalla commissione guidata da Marco Ponti su incarico del ministro per le Infrastrutture e Trasporti, Danilo Toninelli, comunque sostie-ne che i costi superano i benefici per quasi 8 miliardi di euro. “Una truffa” secondo il Com-missario Straordinario per l’Asse Ferroviario

Torino-Lione, Paolo Foietta. A questo punto che cosa succede? Come detto più volte dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, la decisione finale spetterà al governo nella sua collegialità.

Ma chi avrà la meglio? Le posizioni restano molto distanti. M5s e Luigi Di Maio in primis sono contrari, la Lega e Matteo Salvini sono per il Sì. Salvini al momento prende tempo e annuncia che non può occuparsi di Tav per-ché sta risolvendo la questione dei pastori sardi, anche se ieri aveva trovato il tempo di occuparsi di satana. Il ministro Gian Marco Centinaio della Lega è molto chiaro e ribadi-sce la necessità dell’opera e dice che, in caso

contrario, andrebbe riscritto il patto di gover-no.

Anche l’opposizione va all’attacco. Il Pd, con il capogruppo Graziano Delrio, ha chiesto l’inversione dell’ordine del giorno - poi boc-ciata dall’aula - per passare subito all’esame delle mozioni, già calendarizzate, sulla Tav. “Si finisce con il disattendere accordi interna-zionali ratificati con il voto del Parlamento, c’è un grande problema di credibilità del Paese”, spiega Delrio contestando il metodo della re-dazione dell’analisi costi-benefici della Tori-no-Lione. Sulla richiesta di Delrio deve espri-mersi l’Aula con un voto.

Tav

Maddalena Carlino CONDIVIDI SU

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Polemiche dopo l’analisi costi-beneficie l’imparzialità della Commissione

Sette domande all’ingegner Ponti

I nomi li ho suggeriti io, poi alcune propo-ste sono state accolte dal Ministro, altre no.

Inoltre quattro dei sei membri della Commissione sono in rapporti con una società privata, la TRT - Trasporti e territorio srl, di cui lei è azionista e presidente. L’arch. Riccardo Parolin ne è socio; l’ing. Alfredo Dufruca ne è stato amministratore; il prof. Paolo Beria, suo allievo, ne è stato consulente. Il quinto componente, l’ing. Francesco Ramella, è un suo fedelissimo, condivide con lei varie pubblicazioni. Non le sembra strano che su sei membri della Commissione, cinque siano direttamente legati a lei?Dufruca ora è un concorrente della mia so-cietà, mentre Beria ha collaborato con noi per poco tempo.

Tra i clienti della sua società figurano molti concessionari autostradali. Non ravvisa un conflitto di interessi con il suo ruolo di consulente ministeriale, specie alla luce del fatto che nelle sue analisi calcola come un costo i mancati pedaggi autostradali a seguito dell’entrata in esercizio di una ferrovia?Le autostrade non ci hanno fatto guadagnare

molto. Anzi Autostrade per l’Italia mi odia.

Per quale motivo in calce al documento presentato dalla Commissione manca la firma del prof. Pierluigi Coppola? Il professor Coppola non ha partecipato ai nostri lavori.

La vostra analisi quantifica i costi di investimento a carico dell’Italia per completare l’opera in 7.658 milioni, ma non si spiega come è stata calcolata questa somma. Tale importo non è coerente con quelli riportati nel vostro stesso documento a proposito dei costi a carico dell’Italia per la tratta internazionale (dove inoltre omettete di citare che il 40% di quel costo è a carico dell’Europa) e per la tratta nazionale. Non spiegate come si producono questi numeri.I costi calcolati derivano dall’attualizzazione dei costi di investimento, depurati dal valore residuo dell’opera dopo i trent’anni.(ndr: l’analisi non documenta in alcun modo come si arriva a questi numeri)

L’analisi considera come costo i mancati ricavi per lo Stato derivanti dalla riduzione del gettito da accise sui carburanti, dovuti allo spostamento del traffico dalla strada alla nuova ferrovia. Però nell’analisi costi benefici che la vostra Commissione ha presentato il 10/12/2018 sul Terzo Valico scrivete che

“la scelta metodologica di considerare tra i costi la perdita di accise sui carburanti per lo Stato non è pienamente in linea con le Linee guida del Ministero dei Trasporti e della Commissione europea”. Come mai qui non riportate questa stessa considerazione?L’affermazione che il computo delle accise tra i costi non è coerente con le linee guida ministeriali non è attribuibile a me.(ndr: l’affermazione è comunque riportata nel documento ufficiale sottoscritto da Ponti e dagli altri membri della Commissione).

Come si vede, le risposte sono state quanto mai evasive.

Il prof. Ponti non ha inoltre spiegato le ra-gioni per cui vengono sottostimati i benefici ambientali dell’opera e non vengono compu-tati i benefici occupazionali derivanti dall’in-vestimento. Si è anche astenuto dall’interve-nire sui costi derivanti dall’abbandono del progetto, ossia i costi per ripristinare i siti, rimborsare i contributi già versati dall’Unio-ne europea e le spese sostenute dalla Francia, nonché per chiudere tutti i contratti in corso.

Curiosissimo infine il suo giudizio sulla necessità di adeguare il tunnel attuale del Frejus, in quanto non sicuro, nel caso in cui non si realizzasse il nuovo tunnel; secondo Ponti infatti il rischio di incidenti sarebbe mi-nimo e non giustificherebbe i costi di ammo-dernamento. Ragionando così non avrebbe avuto senso fare la manutenzione sul ponte Morandi di Genova.

Davide GariglioSegue dalla prima

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5 mercoledì 13 febbraio 2019

Il presidente Trump è inciampato, suo malgrado, nell’ex deputato demo-cratico Beto O’Rourke durante il suo discorso “pro muro” di lunedì scor-so. O’Rourke, il figliolo preferito di El Paso, Texas, ha infatti organizzato

un contro-rally proprio accanto a quello del presidente Trump, battendolo a quanto pare sulle cifre dei partecipanti. Trump durante il suo discorso, fra grandi cartelli che inneggia-vano al muro “Finish the Wall”, “ Build the Wall” e il solito fiume di cappellini rossi, ha schernito il rivale O’ Rourke dicendo che al suo comizio ci saranno state sì e no “50 per-sone”, mentre le cifre danno una partecipa-zione che va dalle 7000 alle 15mila.

Quanto a Trump, per il dipartimento dei pompieri di El Paso la capacità di “El Paso Coliseum”, dove si trovava il presidente, è di 6500 persone, con più di 10mila che avreb-bero voluto partecipare. Trump lunedì inve-ce ha parlato di 35mila persone che sarebbe-ro state presenti al suo comizio e di 69mila persone che avrebbero voluto parteciparvi. Inoltre la polizia di El Paso si è infuriata per le dichiarazioni di Trump che ha definito la città “una delle più pericolose degli Stati Uniti” prima che nel 2008 fosse costruita una barriera ai confine con il Messico. La polizia, al contrario, afferma che la città è una delle più sicure del paese già da tre decenni.

Insomma, le bugie hanno le gambe corte ma nel frattempo la propaganda trumpista le diffonde a tutto spiano ad uso e consumo della sua base elettorale. Nulla di nuovo sot-to il sole. La strategia di accusare i media mainstream di dire bugie quando invece si è i primi ad usarle come propaganda sembra ormai non essere di solo appannaggio del presidente americano.

Ma quanto conviene a Trump insistere sul muro? Quanto paga la sua politica anti mi-granti?

Il gradimento del presidente viene conti-nuamente monitorato stato per stato e sem-

bra assestarsi ne’ più ne’ meno al livello di quello dei suoi predecessori, forse meno di Obama, ma in generale la buona salute dell’economia statunitense non lo fa sposta-re troppo dal 40%. Però si sta vedendo come l’argomento muro e lo shutdown legato ai fondi per lo stesso, stia corrodendo la popo-larità di Trump. Lo shutdown è durato per più di un mese durante le festività e la pole-mica in corso potrebbe causare un ulteriore shutdown questo venerdì, un’ipotesi molto malvista dagli stessi conservatori, che stan-no cercando una via onorevole per un “deal” non troppo penalizzante per Trump.

Di certo tutto questo non aiuta il presi-dente ad attirare nuovi elettori: lo shutdown provoca infatti molti danni, disagi per la po-polazione, blocchi di stipendi statali. Colle-gare tutto questo alla causa del “muro” anti migranti risulta essere un potente boome-rang per Trump.

Se infatti la costruzione del muro risulta essere ormai di fondamentale importanza per la sua base elettorale e per i sostenitori più accesi del presidente, non sembra affat-to infiammare gli animi degli altri repubbli-cani, più scettici sulla questione, che credo-no che i problemi legati all’immigrazione e all’illegalità’ non si risolvano con un muro ma con leggi ad hoc.

Il cosiddetto “muro”, non sarà in realtà ne-anche un muro, ma un filo spinato, perché i senatori democratici hanno offerto solo 1,3 miliardi di dollari, meno di quanto avevano offerto lo scorso anno, contro una richiesta di Trump di 5,7 miliardi. In più, vogliono ri-durre il numero di letti nelle prigioni per evi-tare che siano messi in galera troppo a lungo immigrati che non abbiano commesso reati, oltre a quello di essere rimasti illegalmente negli Stati Uniti. A tutto questo si aggiunge che non ci sarebbero più i soldi per rimpin-guare le fila della polizia di frontiera, come desidera il presidente.

Trump non sta vincendo sulla questione immigrazione, anzi. Ha forse sottostimato la forza di Nancy Pelosi, una delle donne più influenti della politica americana, che è riu-scita a tenere uniti tutti i democratici contro

il muro di Trump. Cosa rimane adesso a Tru-mp se non si dovesse trovare un accordo con-diviso? Potrebbe richiedere una “executive action” e dichiarare lo stato di emergenza, rischiando però di provocare una maggiore dose di insofferenza, protesta e soprattutto, di finire davanti alla Corte Suprema.

In risposta alla politica conservatrice e demagogica di Trump, che usa gli immigrati come fulcro della sua agenda presidenzia-le, scagliandosi contro di loro come nessun presidente americano aveva mai fatto pri-ma, vediamo nascere delle nuove stelle po-lari del partito democratico, come la califor-niana Kamala Harris, che ha annunciato la sua candidatura alle primarie nel giorno in cui si onora Martin Luther King. Se avesse successo sarebbe la prima afro-americana a vincere la nomina. O anche come l’astro na-scente Alexandria Ocasio Cortez, di origine portoricana, conosciuta anche come AOC, 29 anni, la più giovane parlamentare eletta in congresso. Ocasio Cortez è sì alla sua prima esperienza, ma non è inesperta, visto che aveva lavorato per la campagna di Bernie Sanders nel 2016 e ancora prima, mentre studiava alla Boston University, per il sena-tore Ted Kennedy. Viene da una famiglia del Bronx, si dichiara “democratica socialista” e ha proposte molto popolari al momento (e che per i conservatori sono ancora argomen-ti tabù) come sanità pubblica, lavoro garan-tito, scuole pubbliche e università pubbliche gratuite (tutti conoscono i costi proibitivi delle università americane, anche di quel-le pubbliche) assenza dal lavoro per motivi familiari e di salute retribuita. Anche Beto O’Rourke, che fino adesso si è sempre scher-mito davanti alle richieste della stampa su una sua possibile candidatura, dopo il suc-cesso del suo rally anti presidenziale di lu-nedì, potrebbe finalmente rompere gli indu-gi e candidarsi alle primarie democratiche. Trump invece potrebbe scontrarsi contro il suo stesso muro proprio venerdì, dovendo scegliere fra un accordo che gli darebbe solo delle “briciole” e un’azione esecutiva che po-trebbe costargli molto cara.

Trump sbattecontro il Muro

Mondo

Isabella WeissSan Francisco

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E intanto nel Partito democratico nascono nuove stelle polari come Harris, Ocasio Cortéz e O’Rourke

6 mercoledì 13 febbraio 2019

In redazioneCarla Attianese, Patrizio Bagazzini,Giovanni Belfiori, Stefano Cagelli,Maddalena Carlino, Roberto Corvesi, Francesco Gerace, Stefano Minnucci, Agnese Rapicetta

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