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Gruppi di pazienti BAMBINI. L’incidenza dell’EI tra i bam- bini ricoverati varia da 1 su 4500 a 1 su 1280. 1 In Olanda, l’EI è stata osservata rispet- tivamente in 1,7 e 1,2 su 100.000 bambini di sesso maschile e femminile di età inferiore a 10 anni. 1 L’EI è stata osservata con cre- scente frequenza nei neonati, nei quali coin- volge tipicamente la valvola tricuspide di un cuore strutturalmente normale ed è asso- ciata a percentuali di mortalità molto ele- vate. È probabile che molti di questi episodi siano la conseguenza di cateteri endovenosi posizionati nel cuore di destra o di inter- venti di cardiochirurgia. 5 La grande maggioranza dei bambini con EI che si manifesta dopo il periodo neonatale ha delle anomalie cardiache strutturali identificabili (Tab. 58-1). In alcune casistiche, la cardiopatia reumatica era un fattore predisponente raro per l’EI (<4%). 5 Anomalie cardiache congenite, soprattutto quelle che interessano la valvola aortica, i difetti del setto interventricolare, la tetralogia di Fallot e altre ano- malie strutturali complesse, associate a cianosi, sono state osservate nel 75-90% dei casi.Tra i bambini con un’EI insorta su di una cardiopatia congenita, il 50% sviluppa l’infezione dopo un intervento di cardiochi- rurgia; in questi bambini, l’infezione coinvolge spesso le valvole protesiche, le protesi valvolate o i patch sintetici. 5 Il difetto interatriale di tipo ostium secun- dum non è associato a un aumento del rischio di EI, così come la pervietà del dotto arterioso o la stenosi polmonare dopo riparazione chirurgica. 6 Dal 1990, il prolasso della valvola mitrale è stato riconosciuto come fattore predisponente all’EI nei bambini; esso, generalmente associato a un soffio da rigurgito, è stato l’anomalia cardiaca predisponente nel 15% e nel 5% dei casi in due casistiche. Le caratteristiche cliniche e i rilievi ecocardiogra- fici dell’EI nei bambini sono simili a quelli segnalati negli adulti, rispettivamente con NVE o con endocar- dite della valvola protesica (Prosthetic Valve Endo- carditis, PVE). ADULTI. Il prolasso valvolare mitralico (Mitral Valve Prolapse, MVP) è diventato un’importante alterazione strutturale car- diaca predisponente e negli adulti è re- sponsabile del 7-30% delle endocarditi di una valvola nativa (Native Valve Endocar- ditis, NVE), nei casi non correlati a tossi- codipendenza o a infezioni nosocomiali. 1 La frequenza del MVP nell’EI non riflette direttamente il rischio, ma piuttosto l’ele- vata incidenza di questo difetto nella po- polazione generale, pari al 2,4% negli studi di comunità. CAPITOLO 58 Endocardite infettiva Adolf W. Karchmer 1633 L’endocardite infettiva (EI) è un’infezione bat- terica delle superfici endoteliali del cuore. La lesione caratteristica, la vegetazione, è una massa amorfa di dimensioni variabili costi- tuita da piastrine e fibrina in cui si mesco- lano numerosi microrganismi e un numero limitato di cellule infiammatorie. Il più delle volte sono coinvolte le valvole cardiache; tut- tavia, l’infezione può insorgere nella sede di un difetto settale o sulle corde tendinee o sul- l’endocardio parietale. L’infezione degli shunt artero-venosi, degli shunt artero-arteriosi (dotto arterioso pervio) o della coartazione dell’aorta, benché in realtà sia un’endoar- terite, è simile, dal punto di vista clinico e anatomo-patologico, all’EI. Molte specie di batteri e funghi, micobatteri, rickettsie, cla- midie e micoplasmi possono causare un’EI; nonostante ciò, gli streptococchi, gli stafilo- cocchi, gli enterococchi e i fastidiosi coccobacilli Gram-negativi sono la causa della maggior parte di EI. Per descrivere l’EI si usano i termini acuta e subacuta. L’EI acuta si presenta con importanti segni di tossicità e progredisce nel giro di giorni o settimane verso la distruzione valvolare e l’infezione diffusa. Al contrario, l’EI subacuta evolve nel giro di settimane o mesi con segni di modesta tossicità e causa rara- mente un’infezione diffusa. L’EI acuta è tipicamente, benché non esclusiva- mente, causata dallo Staphylococcus aureus, mentre la forma subacuta è più probabilmente causata dagli streptococchi viridans, dagli enterococchi, dagli stafilococchi coagulasi-negativi o dai coccobacilli Gram-negativi. EPIDEMIOLOGIA L’incidenza dell’EI è rimasta relativamente stabile dal 1950 al 1987 a circa 4,2 per 100.000 anni-paziente. Durante i primi anni ’80, l’incidenza annuale dell’EI per 100.000 abitanti era di 2,0 nel Regno Unito e nel Galles e di 1,9 in Olanda. 1 Un’incidenza più alta era stata osservata dal 1984 al 1999 ed erano stati segnalati 5,9 e 11,6 episodi per 100.000 abitanti, rispettiva- mente in Svezia e nell’area metropolitana di Philadelphia. 2,3 L’uso di sostanze stupefacenti per via endovenosa nei tossicodipendenti era responsabile di circa la metà dei casi a Philadelphia. L’endocardite, di solito, si verificava più frequentemente negli uomini con un rapporto tra i due sessi da 1,6 a 2,5. L’incidenza età-specifica dell’endocardite aumentava progressivamente dopo i 30 anni e superava i 14,5-30 casi per 100.000 anni-paziente tra la sesta e l’ottava decade di vita. 3 Il 36-75% dei pazienti con endocardite di una valvola nativa (Native Valve Endocarditis, NVE) presenta condizioni predisponenti: malattia reumatica cardiaca, cardiopatia congenita, prolasso della valvola mitrale, malattia cardiaca degenerativa, ipertrofia settale asimmetrica o dipendenza da droghe iniettive. 2 Le protesi valvolari sono coinvolte nel 7-25% dei casi. 2,3 Condizioni predisponenti non possono essere identificate nel 25-47% dei pazienti. La natura delle condizioni predisponenti e, in parte, la microbiologia dell’EI sono correlate all’età dei pazienti (Tab. 58-1). MODIFICAZIONI NEI PAZIENTI CON ENDOCARDITE INFETTIVA. L’età media dei pazienti è andata gradualmente aumentando dai 30 ai 40 anni dell’era preantibiotica e dell’ini- ziale era antibiotica ai 47-69 anni degli ultimi decenni. 2 Nei paesi industrializzati c’è stata una notevole riduzione nell’incidenza della febbre reumatica e della conseguente cardiopatia reu- matica nei bambini e nei giovani adulti. La malattia valvolare acquisita diventa un importante fattore di rischio per l’EI, a mano a mano che aumenta la longevità. Inoltre, in vecchiaia, molti di questi pazienti richiedono una sostituzione protesica delle valvole, che li pone a maggiore rischio di endocardite. L’aumento dell’aspettativa di vita della popolazione generale determina un ruolo accresciuto delle cardiopatie degenerative come principale substrato per l’EI. Infine, l’endocardite nosocomiale si presenta sempre più frequentemente tra gli anziani, che vanno incontro a numerosi ricoveri ospedalieri per altre patologie. 4 Epidemiologia, 1633 Gruppi di pazienti, 1633 Microrganismi responsabili, 1636 Patogenesi, 1639 Fisiopatologia, 1640 Aspetti clinici, 1640 Diagnosi, 1642 Esami di laboratorio, 1643 Trattamento, 1644 Terapia antibiotica per specifici microrganismi, 1645 Trattamento chirurgico delle complicanze intracardiache, 1649 Trattamento delle complicanze extracardiache, 1651 Risposta alla terapia, 1652 Prevenzione, 1653 Bibliografia, 1655 Linee guida: Endocardite infettiva, 1656

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Gruppi di pazienti

BAMBINI. L’incidenza dell’EI tra i bam-bini ricoverati varia da 1 su 4500 a 1 su 1280.1 In Olanda, l’EI è stata osservata rispet-tivamente in 1,7 e 1,2 su 100.000 bambini di sesso maschile e femminile di età inferiore a 10 anni.1 L’EI è stata osservata con cre-scente frequenza nei neonati, nei quali coin-volge tipicamente la valvola tricuspide di un cuore strutturalmente normale ed è asso-ciata a percentuali di mortalità molto ele-vate. È probabile che molti di questi episodi siano la conseguenza di cateteri endovenosi posizionati nel cuore di destra o di inter-venti di cardiochirurgia.5

La grande maggioranza dei bambini con EI che si manifesta dopo il periodo neonatale ha delle anomalie cardiache strutturali identifi cabili (Tab. 58-1). In alcune casistiche, la cardiopatia reumatica era un fattore predisponente raro per l’EI (<4%).5 Anomalie cardiache congenite, soprattutto quelle che interessano la valvola aortica, i difetti del setto interventricolare, la tetralogia di Fallot e altre ano-malie strutturali complesse, associate a cianosi, sono state osservate nel 75-90% dei casi. Tra i bambini con un’EI insorta su di una cardiopatia congenita, il 50% sviluppa l’infezione dopo un intervento di cardiochi-rurgia; in questi bambini, l’infezione coinvolge spesso le valvole protesiche, le protesi valvolate o i patch sintetici.5 Il difetto interatriale di tipo ostium secun-dum non è associato a un aumento del rischio di EI, così come la pervietà del dotto arterioso o la stenosi polmonare dopo riparazione chirurgica.6 Dal 1990, il prolasso della valvola mitrale è stato riconosciuto come fattore predisponente all’EI nei bambini; esso, generalmente associato a un soffi o da rigurgito, è stato l’anomalia cardiaca predisponente nel 15% e nel 5% dei casi in due casistiche.

Le caratteristiche cliniche e i rilievi ecocardiogra-fi ci dell’EI nei bambini sono simili a quelli segnalati negli adulti, rispettivamente con NVE o con endocar-dite della valvola protesica (Prosthetic Valve Endo-carditis, PVE).

ADULTI. Il prolasso valvolare mitralico (Mitral Valve Prolapse, MVP) è diventato un’importante alterazione strutturale car-diaca predisponente e negli adulti è re-sponsabile del 7-30% delle endocarditi di una valvola nativa (Native Valve Endocar-ditis, NVE), nei casi non correlati a tossi-codipendenza o a infezioni nosocomiali.1 La frequenza del MVP nell’EI non rifl ette direttamente il rischio, ma piuttosto l’ele-vata incidenza di questo difetto nella po-polazione generale, pari al 2,4% negli studi di comunità.

CAPITOLO 58

Endocardite infettiva Adolf W. Karchmer

1633

L’endocardite infettiva (EI) è un’infezione bat-terica delle superfi ci endoteliali del cuore. La lesione caratteristica, la vegetazione, è una massa amorfa di dimensioni variabili costi-tuita da piastrine e fi brina in cui si mesco-lano numerosi microrganismi e un numero limitato di cellule infi ammatorie. Il più delle volte sono coinvolte le valvole cardiache; tut-tavia, l’infezione può insorgere nella sede di un difetto settale o sulle corde tendinee o sul-l’endocardio parietale. L’infezione degli shunt artero-venosi, degli shunt artero-arteriosi (dotto arterioso pervio) o della coartazione dell’aorta, benché in realtà sia un’endoar-terite, è simile, dal punto di vista clinico e anatomo-patologico, all’EI. Molte specie di batteri e funghi, micobatteri, rickettsie, cla-midie e micoplasmi possono causare un’EI; nonostante ciò, gli streptococchi, gli stafi lo-

cocchi, gli enterococchi e i fastidiosi coccobacilli Gram-negativi sono la causa della maggior parte di EI.

Per descrivere l’EI si usano i termini acuta e subacuta. L’EI acuta si presenta con importanti segni di tossicità e progredisce nel giro di giorni o settimane verso la distruzione valvolare e l’infezione diffusa. Al contrario, l’EI subacuta evolve nel giro di settimane o mesi con segni di modesta tossicità e causa rara-mente un’infezione diffusa. L’EI acuta è tipicamente, benché non esclusiva-mente, causata dallo Staphylococcus aureus, mentre la forma subacuta è più probabilmente causata dagli streptococchi viridans, dagli enterococchi, dagli stafi lococchi coagulasi-negativi o dai coccobacilli Gram-negativi.

EPIDEMIOLOGIA

L’incidenza dell’EI è rimasta relativamente stabile dal 1950 al 1987 a circa 4,2 per 100.000 anni-paziente. Durante i primi anni ’80, l’incidenza annuale dell’EI per 100.000 abitanti era di 2,0 nel Regno Unito e nel Galles e di 1,9 in Olanda.1 Un’incidenza più alta era stata osservata dal 1984 al 1999 ed erano stati segnalati 5,9 e 11,6 episodi per 100.000 abitanti, rispettiva-mente in Svezia e nell’area metropolitana di Philadelphia.2,3 L’uso di sostanze stupefacenti per via endovenosa nei tossicodipendenti era responsabile di circa la metà dei casi a Philadelphia. L’endocardite, di solito, si verifi cava più frequentemente negli uomini con un rapporto tra i due sessi da 1,6 a 2,5. L’incidenza età-specifi ca dell’endocardite aumentava progressivamente dopo i 30 anni e superava i 14,5-30 casi per 100.000 anni-paziente tra la sesta e l’ottava decade di vita.3 Il 36-75% dei pazienti con endocardite di una valvola nativa (Native Valve Endocarditis, NVE) presenta condizioni predisponenti: malattia reumatica cardiaca, cardiopatia congenita, prolasso della valvola mitrale, malattia cardiaca degenerativa, ipertrofi a settale asimmetrica o dipendenza da droghe iniettive.2 Le protesi valvolari sono coinvolte nel 7-25% dei casi.2,3 Condizioni predisponenti non possono essere identifi cate nel 25-47% dei pazienti. La natura delle condizioni predisponenti e, in parte, la microbiologia dell’EI sono correlate all’età dei pazienti (Tab. 58-1).

MODIFICAZIONI NEI PAZIENTI CON ENDOCARDITE INFETTIVA. L’età media dei pazienti è andata gradualmente aumentando dai 30 ai 40 anni dell’era preantibiotica e dell’ini-ziale era antibiotica ai 47-69 anni degli ultimi decenni.2 Nei paesi industrializzati c’è stata una notevole riduzione nell’incidenza della febbre reumatica e della conseguente cardiopatia reu-matica nei bambini e nei giovani adulti. La malattia valvolare acquisita diventa un importante fattore di rischio per l’EI, a mano a mano che aumenta la longevità. Inoltre, in vecchiaia, molti di questi pazienti richiedono una sostituzione protesica delle valvole, che li pone a maggiore rischio di endocardite. L’aumento dell’aspettativa di vita della popolazione generale determina un ruolo accresciuto delle cardiopatie degenerative come principale substrato per l’EI. Infi ne, l’endocardite nosocomiale si presenta sempre più frequentemente tra gli anziani, che vanno incontro a numerosi ricoveri ospedalieri per altre patologie.4

Epidemiologia, 1633

Gruppi di pazienti, 1633Microrganismi responsabili, 1636

Patogenesi, 1639

Fisiopatologia, 1640

Aspetti clinici, 1640

Diagnosi, 1642Esami di laboratorio, 1643

Trattamento, 1644Terapia antibiotica per specifi ci

microrganismi, 1645Trattamento chirurgico delle

complicanze intracardiache, 1649Trattamento delle complicanze

extracardiache, 1651Risposta alla terapia, 1652

Prevenzione, 1653

Bibliografi a, 1655

Linee guida: Endocardite infettiva, 1656

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Capitolo 58

Il rischio relativo di endocardite fra i pazienti con MVP varia da 3,5 a 8,2. Questo aumentato rischio di endocardite è soprat-tutto limitato ai pazienti con prolasso, ispessimento dei lembi valvolari (>5 mm) e con soffi o da insuffi cienza mitralica. Il rischio è aumentato anche fra i maschi e i pazienti di età supe-riore ai 45 anni (Cap. 57). Tra i pazienti con MVP e un soffi o sistolico, l’incidenza di EI è di 52 su 100.000 anni-paziente, rispetto all’incidenza di 4,6 su 100.000 anni-paziente in quelli con prolasso, ma senza soffi o o nella popolazione generale. La microbiologia dell’EI insorta su MVP è simile a quella della NVE non associata ad abuso di sostanze stupefacenti. Analo-gamente, la percentuale di mortalità del 14% si avvicina a quella della NVE.

Negli anni ’70 e ’80, la cardiopatia reumatica era la lesione predisponente dell’EI nel 20-25% dei casi. Nei lavori prove-nienti da ospedali nordamericani ed europei, negli anni ’80, la cardiopatia reumatica predisponeva all’EI solo nel 7-18% dei casi.2 Nei pazienti con cardiopatia reumatica, l’endocardite interessa più frequentemente la mitrale, una sede che viene colpita più spesso nelle donne. La valvola aortica è la seconda sede interessata in quanto a frequenza; l’infezione a questo livello si verifi ca più frequentemente negli uomini.

Le cardiopatie congenite sono il substrato dell’EI nel 10-20% degli adulti più giovani e nell’8% degli adulti più anziani. Fra gli adulti, le lesioni predisponenti più frequenti sono la per-vietà del dotto arterioso, i difetti del setto interventricolare e la valvola aortica bicuspide, quest’ultima riscontrata soprat-tutto negli uomini più anziani (>60 anni).2

L’infezione da virus dell’immunodefi cienza umana (HIV), a meno che non sia associata a un comportamento che predi-

sponga all’endocardite, cioè uso di droghe per via endovenosa, non è un fattore di rischio signifi cativo per l’EI. Tra i soggetti HIV positivi che non fanno uso di droghe per endovena, l’EI non è causata solo dai microrganismi tipici per la NVE, ma anche da quei microrganismi che sono peculiarmente associati alla batteriemia in questa popolazione, cioè Salmonella spp. e Streptococcus pneumoniae. In particolare, il 40% dei casi era rappresentato da infezioni nosocomiali.7

Nelle situazioni in cui la NVE degli adulti non è dovuta principalmente alle infezioni nosocomiali o che si verifi cano tra i consumatori di droghe per endovena, la microbiologia è molto simile a quella mostrata nella Tabella 58-1.2 Coxiella burnetii, una causa infrequente di EI negli Stati Uniti, ha pro-vocato il 3% di tutti i casi nel Regno Unito dal 1976 al 1985 ed è una causa importante di EI in Francia.8 Alcune specie di Bartonella sono emerse quali causa signifi cativa di EI, risul-tando responsabili del 3% dei casi in un lavoro.9

TOSSICODIPENDENTI DA DROGHE INIETTIVE. Il rischio stimato di EI fra i tossicodipendenti da droghe iniettive, dal 2 al 5% per anni-paziente, è di parecchie volte superiore a quello dei pazienti con cardiopatia reumatica o con protesi valvolari.10 In uno studio, l’EI è stata diagnosticata in 74 (6,4%) su 1150 tossicodipendenti da droghe iniettive ospedalizzati nel corso di 12 mesi. Nell’area metropolitana di Philadelphia, 5,3 casi su un totale di 11,6 casi di EI per 100.000 abitanti erano attri-buibili all’uso di droghe iniettive. Il 65-80% dei casi di EI in questa popolazione insorge negli uomini, e l’età media dei pazienti varia da 27 a 37 anni.11-13

L’endocardite nei tossicodipendenti da droghe iniettive infetta particolarmente le valvole del cuore destro.10-13 Nelle casistiche cliniche, la distribuzione del coinvolgimento valvo-lare è del 46-78% per la tricuspide, del 24-32% per la mitrale e dell’8-19% per la valvola aortica (un’infezione localizzata in più sedi è presente in una percentuale che arriva fi no al 16% dei pazienti).11 Nei tossicodipendenti da droghe iniettive, le valvole erano normali prima dell’infezione nel 75-93% dei pazienti.10,11 Gli altri pazienti avevano alterazioni preesistenti dell’aorta o della mitrale, dovute soprattutto a una cardiopatia reumatica, a una cardiopatia congenita o a episodi precedenti di EI. L’assunzione endovenosa di droghe è un fattore di rischio per la recidiva di NVE.

MICROBIOLOGIA. La microbiologia dell’EI che insorge nei tossicodi-pendenti da droghe iniettive è peculiare sotto diversi aspetti (Tab. 58-2). Al contrario dell’eziologia della NVE fra gli adulti in generale, lo S. aureus causa nel complesso più del 50% di queste infezioni e più del 60-70% di quelle che colpiscono la valvola tricuspide. Nei tossicodipendenti, è evidente l’accertata predilezione dello S. aureus a infettare le valvole del cuore sinistro normali o alterate. Benché l’infezione della tricuspide normale da parte dello S. aureus non sia peculiare nei tossicodipendenti, è caratteristica la sua frequenza elevata.10 L’infezione da streptococco e da enterococco di una valvola mitrale o aortica precedentemente alterata in pazienti tossicodipendenti è simile a quella segnalata generalmente nella NVE. Al contrario, l’infezione delle valvole del cuore destro e sinistro da Pseudomonas aeruginosa e da altri bacilli Gram-negativi e quella delle valvole del cuore sinistro dovute a funghi, si verifi cano con crescente fre-quenza fra i tossicodipendenti. Inoltre, in questi pazienti sono responsabili dell’endocardite organismi insoliti, alcuni dei quali probabilmente correlati all’iniezione di materiale contaminato, p.es., Corynebacterium spp, Lacto-bacillus, Bacillus cereus e Neisseria spp nonpatogenico. L’endocardite polimicrobica è responsabile del 3-5% dei casi di EI.

Le manifestazioni cliniche dell’EI nei tossicodipendenti da droghe iniettive dipendono dalla valvola o dalle valvole inte-ressate e, in minor misura, dall’agente infettante. L’endocardite della tricuspide, soprattutto quando causata dallo S. aureus, si presenta con dolore toracico di tipo pleuritico, dispnea, tosse ed emottisi. Nel 65-75% dei pazienti, la Rx del torace mostra alterazioni dovute a emboli settici polmonari. I soffi dovuti all’insuffi cienza della tricuspide si riscontrano in meno della metà di questi pazienti. L’infezione delle valvole aortica o mitrale nei tossicodipendenti ricorda clinicamente l’EI osser-vata negli altri pazienti. Quella causata dallo S. aureus si pre-

Tabella 58–1 Condizioni predisponenti e microbiologia dell’endocardite su valvola nativa

Condizioni e Bambini (%) Adulti (%)

microbiologia Neonati 2 mesi-15 aa 15-60 aa >60 aa

Condizioni predisponenti RHD 2-10 25-30 8

Cardiopatia congenita 28 75-90* 10-20 2

MVP 5-15 10-30 10

Cardiopatia reumatica Raro 30

Abuso di sostanze 15-35 10per via parenterale

Altro 10-15 10

Nessuna 72† 2-5 25-45 25-40

Microbiologia Streptococchi 15-20 40-50 45-65 30-45

Enterococchi 4 5-8 15

S. aureus 40-50 25 30-40 25-30

Stafi lococchi 10 5 3-5 5-8coagulasi-negativi

GNB 10 5 4-8 5

Miceti 10 1 1 Raro

Polimicrobiche 4 1 Raro

Altro 1 2

Colture negative 4 0-15 3-10 5

GNB = batteri gram-negativi, frequentemente Hemophilus spp, Actinobacillus actinomycetemcomitans, Cardiobacterium hominis; MVP = prolasso della valvola mitrale; RHD = cardiopatia reumatica.

*Il 50% dei casi segue l’intervento e può interessare dispositivi impiantati e materiale eterologo.

†Spesso EI della valvola tricuspide.

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1635Endocardite infettiva

senta generalmente come un’endocardite acuta, con marcata tossicità sistemica. I sintomi e i segni di insuffi cienza cardiaca sinistra, il danno neurologico, gli emboli sistemici, le infezioni metastatiche e le classiche stimmate periferiche dell’EI sono fortemente associati alle endocarditi del lato sinistro del cuore.10,11

Le infezioni da virus dell’immunodefi cienza umana (HIV) sono state osservate nel 27-73% dei soggetti con EI che assu-mevano stupefacenti per via parenterale (Cap. 61).11-13 Tra i tossicodipendenti con EI, la condizione sierologica rispetto all’HIV non modifi ca signifi cativamente la presentazione cli-nica, la microbiologia, le complicanze e la sopravvivenza com-plessiva. Tuttavia, tra i tossicodipendenti HIV positivi con EI, il rischio di morte è aumentato quando la conta dei CD4 è inferiore a 200/mm3.12,13

ENDOCARDITE SU VALVOLA PROTESICA. Gli studi epi-demiologici indicano che la PVE comprende il 10-30% di tutti i casi di EI osservati nei paesi industrializzati.3,12 Nell’area metropolitana di Philadelphia, 0,94 casi di EI ogni 100.000 abitanti interessavano protesi valvolari. In sei studi clinici su pazienti sottoposti a sostituzione valvolare tra il 1965 e il 1995, l’incidenza cumulativa di PVE stimata in modo attuariale variava dall’1,4 al 3,1% a 12 mesi e dal 3,0 al 5,7% a 5 anni.14-

17 Tuttavia, il rischio di PVE nel tempo non è uniforme: è più alto nei primi 6 mesi dalla sostituzione valvolare (soprattutto nelle prime 5-6 settimane) e poi scende a un livello più basso, ma stabile (0,2-0,35% all’anno).14-17

La PVE è stata defi nita “precoce” quando i sintomi iniziano entro 60 giorni dalla sostituzione valvolare e “tardiva” quando si manifesta dai 60 giorni in poi. Questi termini sono stati uti-lizzati per distinguere le PVE che insorgono precocemente come complicanze della chirurgia valvolare dalle infezioni che divenivano sintomatiche più tardi e che erano più probabil-mente acquisite in comunità. Infatti, molti casi con insorgenza tra 60 giorni e 1 anno dopo l’intervento sono probabilmente di origine nosocomiale e, malgrado la loro presentazione tar-diva, sono dovuti a eventi accaduti durante il ricovero per l’intervento. Gli studi eseguiti per identifi care i fattori di rischio della PVE non hanno fornito un quadro univoco. I dati indi-cano che, durante i primi mesi dall’impianto, le protesi mec-caniche sono a maggiore rischio di infezione rispetto alle pro-tesi valvolari biologiche ma che, dopo 12 mesi, il rischio di infezione delle bioprotesi supera quello delle valvole mecca-niche.14-16 A distanza di 5 anni dall’intervento di sostituzione

valvolare, i tassi di PVE per i due tipi di valvola sono parago-nabili.17 I pazienti con una precedente NVE, soprattutto se la malattia è in fase attiva, presentano un rischio aumentato di PVE.14-16

Microbiologia. La microbiologia della PVE è relativamente prevedibile e rifl ette in parte la presunta acquisizione nosoco-miale o comunitaria dell’infezione (Tab. 58-3). Gli stafi lococchi

Tabella 58–2 Microbiologia dell’endocardite associata all’abuso di sostanze per via endovenosa

Numero di casi (%) di endocardite nei tossicodipendenti*

Sezioni di destra† Sezioni di sinistra† Totale‡ Spagna (1977-1993)§

Microrganismi N = 346 N = 204 N = 675 N = 1529

Streptococchi|| 17 (5) 31 (15) 80 (12) 131 (8,5)

Enterococchi 7 (2) 49 (24) 59 (9) 21 (1)

Staphylococcus aureus 267 (77) 47 (23) 396 (57) 1138 (74)

Stafi lococchi coagulasi-negativi — — 44 (3)

Batteri Gram-negativi¶ 17 (5) 26 (13) 45 (7) 23 (1,5)

Miceti (soprattutto Candida spp) — 25 (12) 26 (4) 18 (1)

Polimicrobica/varie 28 (8) 20 (10) 49 (7) 48 (3)

Colture negative 10 (3) 6 (3) 20 (3) 106 (7)

*Dieci pazienti con EI delle sezioni destre e sinistre sono stati contati due volte.†Dati da riferimenti 10 e Levine DP, Crane LR, Zervos MJ: Bacteremia in narcotic addicts at the Detroit Medical Center. Infectious endocarditis: A prospective

comparative study. Rev Infect Dis 8:374, 1986. Hecht SR, Berger M: Right-sided endocarditis in intravenous drug users: Prognostic features in 102 episodes. Ann Intern Med 17:560, 1992.

‡Dati da riferimenti 10, 11 e Sandre RM, Shafran SD: Infective endocarditis: Review of 135 cases over 9 years. Clin Infect Dis 22:276-286, 1996.§Dati da riferimento 7.||Comprende gli streptococchi viridans, Streptococcus bovis, altri streptococchi di gruppo non A, Abiotrophia spp streptococchi varianti (nutrizionalmente).¶P. aeruginosa, S. marcescens, e Enterobacteriaceae.

Tabella 58–3 Microbiologia dell’endocardite su valvola protesica 1975-1994

Numero di casi (%)* per tempo di insorgenza dopo la sostituzione valvolare

<2 mesi 2-12 mesi >12 mesiMicrorganismi N = 144 N = 31 N = 194

Streptococchi† 2 (1) 3 (9) 61 (31)

Pneumococchi — — —

Enterococchi 12 (8) 4 (12) 22 (11)

Staphylococcus aureus 32 (22) 4 (12) 34 (18)

Stafi lococchi coagulasi-negativi 47 (33) 11 (32) 22 (11)

Coccobacilli Gram-negativi — — 11 (6) esigenti (gruppo HACEK)‡

Batteri Gram-negativi 19 (13) 1 (3) 11 (6)

Miceti, Candida spp 12 (8) 4 (12) 3 (1)

Polimicrobica/varie 4 (3) 2 (6) 9 (5)

Difteroidi 9 (6) — 5 (3)

Colture negative 7 (5) 2 (6) 16 (8)

Adattato da Karchmer AW: Infections of prosthetic valves and intravascular devices. In Mandell GL, Bennett JE, Dolin R (eds): Principles and Prac-tice of Infectious Disease. 5th ed. New York, Churchill Livingstone, 2000, pp 907-917.

*Dati da riferimento 90.†Comprende streptococchi viridans, Streptococcus bovis, altri streptococ-

chi non di gruppo A, Abiotrophia (varianti streptococciche di tipo nutri-zionale).

‡Comprende Hemophilus spp, Actinobacillus actinomycetemcomitans, Cardio-bacterium hominis, Eikenella spp e Kingella kingae.

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Capitolo 58

coagulasi-negativi, che quando vengono identifi cati sono rap-presentati soprattutto dallo S. epidermidis, sono i principali responsabili della PVE diagnosticata entro 60 giorni dall’inter-vento. Anche lo S. aureus, i bacilli Gram-negativi, i difteroidi (soprattutto Corynebacterium jeikeium) e i miceti (soprattutto Candida) sono frequentemente causa di PVE in questo periodo. Sono stati riportati casi occasionali di PVE nosocomiale causati da specie di Legionella, micobatteri atipici, mycoplasmi e miceti diversi dalla Candida.

Anatomia patologica. Le caratteristiche anatomo-patologi-che intracardiache della PVE si differenziano notevolmente da quelle della NVE, in cui le lesioni sono confi nate soprattutto ai lembi valvolari. L’infezione delle protesi meccaniche si estende comunemente oltre l’anello valvolare, verso l’anulus e il tessuto perianulare, così come alla componente fi brosa intervalvolare mitro-aortica, determinando ascessi dell’anello, ascessi del setto, tramiti fi stolosi e deiscenza della protesi con rigurgito paravalvolare emodinamicamente signifi cativo e disturbi di conduzione. In uno studio autoptico su 74 casi, che chiara-mente includeva le forme più gravi, si sono osservati un’inva-sione anulare nell’85% dei casi, un ascesso miocardico nel 32% e un’ostruzione valvolare da parte di vegetazioni sovrabbon-danti, una caratteristica della PVE in sede mitralica, nel 19%.18 Un’erosione attraverso l’anulus aortico, tale da causare una pericardite, si era verifi cata nel 5% dei casi (Fig. 58-1).18

In una casistica clinica che riguardava 85 casi, l’incidenza dell’invasione dell’anulus è stata del 42%, un ascesso miocardico si era verifi cato nel 14%, un’ostruzione valvolare nel 4% e una pericardite nel 2%.18 L’EI di una protesi valvolare biologica può causare una malattia invasiva, confrontabile con quella osservata quando la PVE coinvolge le valvole meccaniche, così come la distruzione dei lembi valvolari. Su 85 pazienti con PVE su protesi biologica, 29 (59%) dei 49 pazienti con infezione insorta entro un anno dall’intervento chirurgico ebbero una malattia a carattere invasivo, al con-trario dei soli 9 (25%) su 36 pazienti con un’infezione insorta a più di 1 anno dall’intervento. Nell’EI su protesi biologica trattata chirurgicamente, l’invasione fu confermata in 15 su 19 casi (79%), con insorgenza nei primi 12 mesi dall’intervento chirurgico, ma solo in 22 delle 71 bioprotesi (31%), quando l’infezione era comparsa a più di 12 mesi dall’intervento chirur-gico.19 La localizzazione aortica e l’insorgenza clinica entro un anno dalla chirurgia valvolare sono risultate signifi cativamente correlate a un rischio aumentato di infezione invasiva.

I segni e i sintomi nei pazienti che sviluppano una PVE entro 60 giorni dall’intervento cardiochirurgico possono essere nascosti dall’intervento o da altre complicanze postoperatorie. I segni periferici dell’endocardite (5-14%) e gli emboli nel sistema nervoso centrale (10%) si verifi cano meno frequente-

mente in questi pazienti rispetto a quelli con PVE che si mani-festa tardivamente dopo l’intervento. Tra i pazienti con una PVE a inizio tardivo, l’insuffi cienza cardiaca congestizia (CHF) si verifi ca nel 40%, le complicanze cerebro-vascolari nel 26-28% e i segni periferici nel 15-28%.18,20

ENDOCARDITE NOSOCOMIALE. L’endocardite nosoco-miale include la vera EI ospedaliera così come l’EI che origina in comunità come diretta conseguenza dell’impianto prolun-gato di dispositivi sanitari, p.es., di vie venose centrali, di accessi vascolari tunnellizzati e di cateteri per emodialisi. L’en-docardite acquisita in ospedale non correlata a un intervento cardiochirurgico concomitante rappresenta il 5-29% di tutti i casi di EI in varie casistiche.4 L’EI nosocomiale predilige le valvole cardiache native alterate, le valvole normali compresa la tricuspide, i pacemaker e i defi brillatori transvenosi e le valvole protesiche.1,17 La batteriemia da S. aureus associata all’emodialisi è spesso correlata alla disseminazione metasta-tica nei tessuti profondi, comprese le valvole cardiache; in effetti, l’emodialisi è associata in maniera indipendente con l’EI da S. aureus.21 I dispositivi intravascolari e i cateteri infetti danno origine al 45-65% delle batteriemie che evolvono in un’EI nosocomiale.4 Le endocarditi del cuore destro sono state riscontrate nel 5% e nel 7% dei pazienti, rispettivamente con un catetere venoso centrale che arrivava nell’atrio destro o nelle sue vicinanze, e con cateteri posizionati per mezzo del fl usso nell’arteria polmonare.

L’insorgenza di un’EI nosocomiale è generalmente acuta e, sebbene possa essere ascoltato un soffi o mutevole, gli altri segni classici di endocardite non sono frequenti. I tassi di mor-talità fra questi pazienti, molti dei quali anziani e con impor-tanti patologie di base, sono elevati (dal 40 al 56%).4

MICROBIOLOGIA. I cocchi Gram-positivi rappresentano la causa pre-valente di EI nosocomiale. Su 82 episodi riportati in due casistiche, lo S. aureus ha causato il 55% dei casi, gli stafi lococchi coagulasi-negativi il 10%, gli enterococchi il 16%, gli streptococchi il 7%, Candida 4% e i bacilli Gram-negativi il 5%; il 3% aveva colture negative.

La batteriemia legata a catetere da S. aureus si verifi ca con una fre-quenza tale da essere il principale fattore predisponente per l’EI nosoco-miale.4,21,22 In una metanalisi sulla batteriemia legata a catetere da S. aureus, l’incidenza media di successive endocarditi o di altre infezioni profonde dopo un breve periodo di terapia era pari al 6,1%.21 Comunque, quando 69 pazienti con batteriemia legata a catetere da S. aureus sono stati studiati con la ETE, 16 (23%) sono stati trovati affetti da un’EI. Solamente sette episodi di EI sarebbero stati diagnosticati senza i reperti ottenuti dalla ETE.22 I pazienti con una batteriemia legata a catetere da S. aureus che hanno una valvulopatia, una protesi valvolare o una febbre persistente o una batteriemia per 3 giorni dopo la rimozione del catetere e l’inizio della terapia, sono ad alto rischio di EI.

Dato il rischio relativamente elevato di EI in pazienti con batteriemia legata a catetere da S. aureus e data la sua morbilità, questi pazienti devono essere valutati con l’ecocardiografi a. Due studi di analisi deci-sionale hanno concluso che la gestione di maggior effi cacia dal punto di vista dei costi dovrebbe proce-dere direttamente con la ETE per stabilire la presenza o l’assenza di un’EI.23,24 Se, tuttavia, l’ecocardiografi a transtoracica (ETT) è eseguita inizialmente e non è diagnostica, la valutazione deve procedere con l’ese-cuzione della ETE.

Microrganismi responsabili STREPTOCOCCHI VIRIDANS. Questi strep-

tococchi, responsabili del 30-65% dei casi di NVE non correlati all’abuso di droghe, sono normali abi-tanti dell’orofaringe, producono caratteristicamente un’alfa-emolisi quando crescono su agar e sangue di pecora e sono di solito non tipizzabili usando il sistema di Lancefi eld. Utilizzando la tassonomia pre-cedente, le specie che causano la NVE streptococcica sono state distinte nel modo seguente: S. mitior (31% dei casi), S.sanguis (24%), S. bovis (27%), S. mutans (7%), S. milleri (4%), S. faecalis (adesso Enterococcus faecalis) (7%) e S. salivarius e altre specie (2%). Un altro studio, adattato alla nuova tassonomia, ha ripor-

FIGURA 58–1 A, Un’ampia vegetazione causata da Candida albicans occlude parzialmente l’orifi zio di una protesi valvolare biologica rimossa dalla posizione mitralica. B, Protesi Starr-Edwards rimossa dalla posizione aortica, dove questa vegetazione estesa collegata all’infezione da Aspergillus ha parzialmente ostruito il tratto di effl usso, ma ha anche causato un’insuffi cienza valvolare impedendo la chiusura della valvola. (A, Da Karchmer AW: Infections of prosthetic heart valves. In Korzeniowski OM [ed]: Cardiova-scular Infection, vol x, Atlas of Infectious Diseases. Philadelphia, Churchill Livingstone, 1998, p 5.7.)

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1637Endocardite infettiva

tato una distribuzione simile degli streptococchi che causano un’EI. Organi-smi con varianti nutrizionali che richiedono mezzi di coltura integrati con piridossal cloridrato o L-cisteina per la crescita e che erano in precedenza defi niti Streptococcus adjacens o Streptococcus defectivus, sono responsa-bili del 5% dei casi delle NVE streptococciche. Questi microrganismi sono stati riclassifi cati in un nuovo genere, l’Abiotrophia.25

Gli streptococchi viridans, oltre che i microrganismi con varianti nutri-zionali, sono stati, in generale, molto sensibili alla penicillina (concentra-zione minima inibente (Minimum Inhibitory Concentration [MIC] (£ 0,1 mg/ml per l’83%) e vengono eradicati più effi cacemente (sinergicamente) dall’associazione di penicillina e gentamicina.25

STREPTOCOCCUS BOVIS E ALTRI STREPTOCOCCHI. S. bovis e altri streptococchi di gruppo D, parte della normale fl ora del tratto gastroente-rico, sono responsabili del 25-40% degli episodi di NVE streptococcica.3 Benché superfi cialmente simili agli enterococchi, questi microrganismi possono essere facilmente distinti per le loro caratteristiche biochimiche. La distinzione è importante poiché gli streptococchi di gruppo D sono alta-mente sensibili alla penicillina, a differenza degli enterococchi, che hanno una resistenza relativa alla penicillina. La NVE da S. bovis di tipo I è spesso associata a una coesistente poliposi o neoplasia maligna del colon.

Gli streptococchi di gruppo A, che possono infettare le valvole normali, causano rari episodi di endocardite. Nei tossicodipendenti da droghe iniet-tive, gli streptococchi di gruppo A causano un’EI della tricuspide simile a quella causata dallo S. aureus. I microrganismi di gruppo B, Streptococcus agalactiae, fanno parte della normale fl ora orale, del tratto genitale e del tratto gastrointestinale. Gli streptococchi di gruppo B infettano sia le valvole normali che quelle alterate e causano una sindrome da NVE con un’elevata incidenza di embolie sistemiche e complicanze muscoloscheletriche set-tiche (artrite, discite, osteomielite).26 Anche gli streptococchi di gruppo G provocano una NVE distruttiva, molto grave, del cuore sinistro. Il gruppo dello S. milleri, ora distinto in tre specie – S. intermedius, S. constellatus e S. anginosus – è formato da microrganismi altamente piogenici che causano infezioni distruttive e un’EI simile a quella causata dallo S. aureus. Benché sia il gruppo dello streptococco beta-emolitico (gruppo A, B, C e G) sia quello dello S. milleri comprendano microrganismi invasivi che distruggono i tessuti, essi causano sindromi di EI differenti.27 L’EI causata dagli streptococchi beta emolitici spesso insorge in assenza di una patologia valvolare, ha un esordio rapido e frequentemente comporta complicanze extracardiache. Quella da S. milleri si instaura più probabilmente nel contesto di una patologia valvo-lare e si presenta meno aggressiva con minori complicanze extracardiache. Entrambe, tuttavia, sono gravate da frequenti complicanze intracardiache, e il 65% dei pazienti richiede l’intervento chirurgico spesso precocemente durante la terapia. I tassi di mortalità sono maggiori per l’EI causata dallo streptococco beta emolitico versus S. milleri, 27% e 14 %, rispettivamente.

STREPTOCOCCUS PNEUMONIAE. Anche se una batteriemia pneu-mococcica compare frequentemente, lo S. pneumoniae è responsabile solamente dell’1-3% dei casi di NVE.28 Quando causa un’EI, lo S. pneumo-niae interessa di solito una valvola aortica precedentemente normale e progredisce rapidamente con la distruzione della valvola, la formazione di un ascesso miocardico e con una CHF acuta.29 La diagnosi di EI è spesso ritardata fi nché non divengono evidenti le complicanze intracardiache o gli emboli sistemici. La presentazione clinica, le complicanze e l’esito dell’endocardite causata da S. pneumoniae penicillino-sensibile e penicil-lino-resistente sono simili. Quasi la metà dei pazienti richiede l’intervento cardiaco a causa di disfunzione valvolare, insuffi cienza cardiaca o per febbre persistente. La mortalità (35%) è correlata a insuffi cienza cardiaca sinistra e non alla sensibilità alla penicillina del ceppo infettante.27

ENTEROCOCCHI. E. faecalis e E. faecium causano rispettivamente l’85% e il 10% dei casi di EI da enterococchi. Gli enterococchi, che fanno parte della normale fl ora gastrointestinale e che provocano infezioni del tratto genitourinario, sono responsabili del 5-15% dei casi di NVE e di una percentuale analoga di casi di PVE (Tabb. 58-2 e 58-3).18 L’infezione si verifi ca nelle giovani donne in conseguenza di manovre o di infezioni del tratto genito-urinario e nei pazienti anziani, prevalentemente maschi, in cui il tratto genito-urinario rappresenta la probabile porta d’ingresso dell’infezione. Gli enterococchi infettano le valvole normali o quelle già alterate e si presentano con un’EI acuta o subacuta.

Gli enterococchi sono notoriamente resistenti alle cefalosporine, alle penicilline semisintetiche penicillinasi-resistenti (oxacillina e nafcillina) e a concentrazioni terapeutiche di aminoglicosidi. La maggior parte degli ente-rococchi è stata inibita da concentrazioni modeste di antibiotici attivi sulla parete cellulare: penicillina, ampicillina, vancomicina e teicoplanina (non in vendita negli Stati Uniti). L’attività battericida antienterococcica può essere ottenuta associando un farmaco inibitore attivo sulla parete cellulare con la streptomicina o la gentamicina. Questa attività battericida chiamata sinergia, è essenziale per il trattamento ottimale dell’EI da enterococchi. Sono stati identifi cati come causa di EI ceppi di enterococchi altamente resistenti alla penicillina e all’ampicillina, resistenti alla vancomicina o altamente resistenti a tutti gli aminoglicosidi. Questi ceppi di enterococchi resistenti possono non rispondere alle terapie antienterococco standard e sfuggire allo sviluppo di un trattamento battericida sinergico. Deve essere sempre valutata la sensibilità all’antibiotico di ogni enterococco causa di un’EI per assicurare il trattamento ottimale.

STAFILOCOCCHI. Gli stafi lococchi coagulasi-positivi sono una singola specie, S. aureus. Delle 13 specie di stafi lococchi coagulasi-negativi che colonizzano l’uomo, uno, S. epidermidis, è emerso come un importante patogeno nell’ambito dei dispositivi impiantati e dei pazienti ospedalizzati. Gli stafi lococchi coagulasi-negativi presenti sulla superfi cie di questi mate-riali estranei presentano delle alterazioni del fenotipo, tra cui un’aumentata resistenza agli effetti battericidi di molti antibiotici.

Resistenza agli antibiotici. Oltre il 90% dei ceppi di S. aureus, sia acquisiti in ospedale che in comunità, produce beta-lattamasi e quindi è resistente alla penicillina, all’ampicillina e alle ureidopenicilline. Tuttavia, questi microrganismi sono sensibili agli antibiotici beta-lattamici penicil-linasi-resistenti (oxacillina, nafcillina, cefazolina e altre cefalosporine di prima generazione). I ceppi meticillino-resistenti di S. aureus sono preva-lenti in ambito nosocomiale e in particolari popolazioni non ospedalizzate (tossicodipendenti da droghe iniettive, pazienti ricoverati in case di cura, soggetti ospedalizzati o incarcerati nei 6-12 mesi precedenti) e devono essere tenuti in considerazione quando si sceglie la terapia empirica iniziale per l’EI.21 Gli stafi lococchi coagulasi-negativi producono frequentemente le beta-lattamasi; inoltre, i ceppi che causano infezioni acquisite in comunità sono spesso sensibili alla meticillina, mentre quelli che causano infezioni nosocomiali, compresa l’EI, sono generalmente meticillino-resistenti.30 Gli stafi lococchi coagulasi-negativi possono non esprimere sempre fenotipi-camente la resistenza alla meticillina (proprietà chiamata eteroresistenza). Di conseguenza, possono essere necessari particolari test per identifi care questo tipo di resistenza.30 Benché la maggior parte degli stafi lococchi, compresa la maggior parte dei ceppi resistenti alla meticillina, rimanga sen-sibile agli antibiotici glicopeptidici e alla teicoplanina, sono emersi come agenti patogeni ceppi di S. aureus e di stafi lococchi coagulasi-negativi con ridotta sensibilità (e, talvolta, conclamata resistenza) ai glicopeptidi.21

Aspetti clinici. S. aureus è la maggiore causa di EI in tutti i gruppi di popolazioni (Tabb. 58-1 e 58-2). L’EI da S. aureus è caratterizzata da una forte sindrome tossica, febbrile, con frequenti infezioni focali meta-statiche e un’incidenza del 30-50% di CHF e di complicanze a carico del sistema nervoso centrale.21 È frequente una pleiocitosi polimorfonucleata del liquido cerebrospinale, con o senza una positività colturale per lo S. aureus del liquido cerebrospinale. Soffi cardiaci sono presenti nel 30-45% dei pazienti all’esame clinico iniziale e, infi ne, nel 75-85% come esito del danno intracardiaco. Il tasso di mortalità delle endocarditi del cuore sinistro da S. aureus in pazienti non tossicodipendenti, varia complessivamente dal 16 al 65% e aumenta in quelli con età superiore ai 50 anni, in quelli con importanti malattie concomitanti e quando l’EI è complicata da un evento neurologico maggiore, una disfunzione valvolare o una CHF.21,31,32 Nei tossicodipendenti, l’EI del cuore sinistro da S. aureus ricorda quella dei pazienti non tossicodipendenti. Al contrario, nei pazienti con EI limi-tata alla tricuspide, le complicanze sono rare e la mortalità è solo del 2-4%.11 L’EI stafi lococcica della tricuspide a volte causa una grave embolia polmonare di tipo settico, un piopneumotorace e una grave insuffi cienza respiratoria.

Stafi lococchi coagulasi-negativi. Questi rappresentano la causa prin-cipale di PVE, particolarmente nel primo anno dopo la chirurgia valvolare, un’importante causa delle EI nosocomiali e la causa del 3-8% dei casi di NVE, solitamente nell’ambito di alterazioni valvolari preesistenti (Tabb. 58-1 e 58-2).30 La grande maggioranza degli stafi lococchi coagulasi-negativi che causano una PVE, quando isolati, è rappresentata dallo S. epidermidis. Al contrario, quando l’infezione coinvolge le valvole native, solo il 50% dei germi isolati è S. epidermidis.30 Staphylococcus lugdunensis, una specie coagulasi-negativa, ha causato NVE e PVE altamente distruttive, spesso fatali. L’EI da S. lugdunensis è di solito acquisita in comunità e il micror-ganismo è spesso sensibile a molti antibiotici antistafi lococchi, compresa la penicillina.

BATTERI GRAM-NEGATIVI. I microrganismi del cosiddetto gruppo HACEK (Hemophilus parainfl uenzae, Hemophilus aphrophilus, Actino-bacillus actinomycetemcomitans, Cardiobacterium hominis, Eikenella corrodens e Kingella kingae), che fanno parte della fl ora del tratto respi-ratorio superiore e della fl ora orofaringea, infettano le valvole cardiache alterate, provocando una NVE subacuta, e causano una PVE che compare dopo un anno o più dalla chirurgia valvolare.33,34 Nelle NVE, i microrga-nismi del gruppo HACEK sono risultati associati a grosse vegetazioni e a un’elevata incidenza di emboli sistemici.33,34 Tra il gruppo HACEK, in ordine decrescente, Actinobacillus actinomycetemcomitans, Cardiobacterium hominis, Hemophilus aphrophilus e Hemophilus parainfl uenzae sono le cause più comuni di EI. Nonostante siano subdoli e crescano lenta-mente, i microrganismi del gruppo HACEK sono solitamente rilevati nelle emocolture dopo 5 giorni d’incubazione; a volte è richiesto un tempo d’incubazione più prolungato.34

P. aeruginosa è il bacillo Gram-negativo che più frequentemente causa un’endocardite. Le Enterobacteriaceae, sebbene causino frequenti episodi di batteriemia, sono implicate solo in casi sporadici di EI.

Neisseria gonorrhoeae, una causa diffusa di EI nell’era preantibiotica, è oggi raramente causa di un’endocardite.35 I gonococchi, come gli pneu-mococchi, infettano la valvola aortica di pazienti giovani, determinando distruzione valvolare, formazione di ascessi e probabile necessità di una sostituzione valvolare.33-35 Sebbene siano in genere sensibili al ceftriaxone,

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Capitolo 58

Tabella 58–4 Diagnosi di endocardite infettiva (Criteri di Duke modifi cati)

Endocardite infettiva certa Criteri anatomopatologici

Microrganismi: isolati mediante coltura o istologicamente in una vegetazione, o in una vegetazione che ha embolizzato, o in un ascesso intracardiaco, o

Lesioni anatomopatologiche: presenza di vegetazione o di ascesso intracardiaco, confermata da segni istologici di endocardite acuta

Criteri clinici, in base alle defi nizioni specifi che elencate di seguito Due criteri maggiori, oUn criterio maggiore e tre criteri minori, oCinque criteri minori

Possibile endocardite infettiva Un criterio maggiore e uno minore o tre criteri minori

Esclusione della diagnosi di EI Presenza di un’alternativa diagnostica evidente per le

manifestazioni di endocardite, oDuratura risoluzione delle manifestazioni di endocardite, con

terapia antibiotica per 4 giorni o meno, oAssenza di reperti anatomopatologici di endocardite infettiva in

sede operatoria o autoptica, dopo terapia antibiotica per 4 giorni o meno

Criteri per la diagnosi di endocardite infettiva Criteri maggiori Emocoltura positiva

Microrganismi tipici per l’endocardite infettiva in due emocolture distinte Streptococchi viridans, Streptococcus bovis, Gruppo HACEK

o Staphylococcus aureus o enterococchi acquisiti in comunità in assenza di un focolaio primitivo, o

Positività persistente dell’emocoltura, defi nita come riscontro di un microrganismo compatibile con endocardite batterica in: emocolture (≥2) prelevate a più di 12 ore di distanza, o Tre emocolture su tre o la maggioranza di quattro o più emocolture distinte, con la prima e l’ultima prelevate ad almeno 1 ora di distanza

Singola emocoltura positiva per Coxiella burnetii o titolo anticorpale IgG anti fase I >1:800

Evidenza di coinvolgimento endocardico Ecocardiogramma positivo

(ETE consigliata per una PVE o per EI complicata) Massa oscillante intracardiaca, su una valvola o su strutture

di supporto, o sulla traiettoria dei getti di sangue rigurgitato, o su materiale impiantato, in assenza di una spiegazione anatomica alternativa, o

Ascesso, o Nuova deiscenza parziale di una valvola protesica, o

Nuovo rigurgito valvolare (non è suffi ciente l’accentuazioneo la modifi cazione di un soffi o preesistente)

Criteri minori Predisposizione: condizioni cardiache predisponenti o Utilizzo

di droghe per via endovenosa Febbre ≥38,0°C Fenomeni vascolari: embolia delle grosse arterie, infarti polmonari

settici, aneurisma micotico, emorragia intracranica, emorragie congiuntivali, lesioni di Janeway

Fenomeni immunologici: glomerulonefrite, noduli di Osler, macchie di Roth, fattore reumatoide

Evidenza microbiologica: emocoltura positiva ma che non soddisfa il criterio principale come evidenziato precedentemente* o prova sierologica di infezione attiva con microrganismo compatibile con endocardite infettiva

EI = endocardite infettiva; IgG = immunoglobulina G; PVE = endocardite su valvola protesica; ETE = ecocardiografi a transesofagea.Adattato da Durack DT, Lukes AS, Bright DK: New criteria for diagnosis of infective endocarditis: Utilization of specifi c echocardiographic fi ndings. Am J Med

96:200, 1994; modifi cato da Li JS, Sexton DJ, Mick N, et al: Proposed modifi cations to the Duke criteria for the diagnosis of infective endocarditis. Clin Infect Dis 30:633, 2000.

*Escludendo le singole emocolture positive per stafi lococchi coagulasi-negativi e per microrganismi che non causano endocardite frequentemente.

la resistenza agli antibiotici è assai diffusa tra N. gonorrhoeae; quindi, il trattamento deve basarsi sulla sensibilità del ceppo isolato. Altre specie di Neisseria (non gonococcica, non meningococcica) causano rari episodi di EI, solitamente nell’ambito di una valvulopatia preesistente.34

ALTRI MICRORGANISMI. Le specie di Corynebacterium, spesso dette difteroidi, benché contaminino frequentemente le emocolture, non possono essere ignorate quando isolate da più emocolture. È spesso neces-saria un’incubazione prolungata delle emocolture per isolare questi micror-ganismi subdoli, a lenta crescita, dai pazienti con EI. Essi rappresentano una causa importante delle PVE che si verifi cano durante il primo anno dall’im-pianto valvolare e sono una causa sorprendentemente comune di endocar-diti che si sviluppano sulle valvole alterate.18,35,36 Listeria monocytogenes, un piccolo bastoncello Gram-positivo, è responsabile di casi occasionali di EI che coinvolgono le valvole alterate del cuore di sinistra e quelle protesi-che,35 più frequentemente in pazienti immunocompromessi. Tropheryma whippelii, la causa della malattia di Whipple, ha causato una forma criptica afebbrile di EI con artralgie associate, ma senza diarrea, così come patolo-gia valvolare come parte della tipica malattia di Whipple.37 La diagnosi è stata accertata tramite l’identifi cazione del microrganismo all’interno dei macrofagi nelle valvole asportate, colorate con l’acido periodico di Schiff – o tramite reazione a catena polimerasica (PCR).34,38 Il coinvolgimento valvolare può complicare la malattia di Whipple più spesso di quanto venga riconosciuto. L’EI causata da T. whippelii spesso non soddisfa i criteri di Duke per la diagnosi (Tab. 58-4); quindi, la diagnosi richiede un alto indice di sospetto.34,37

La rickettsia C. burnetii infetta gli esseri umani dopo l’inalazione di materiale essiccato proveniente da bestiame o da animali domestici infetti o dopo il contatto con animali partorienti infetti. A distanza variabile dal-l’infezione acuta da C. burnetii (febbre Q), i pazienti con alterazioni delle valvole aortica o mitralica, in particolare quelli con valvole protesiche, che non sono riusciti a eradicare il microrganismo, sviluppano un’EI subacuta molto insidiosa.8,39 I pazienti a rischio per endocardite con febbre Q acuta dovrebbero ricevere una prolungata terapia antibiotica con doxiciclina e idrossiclorochina per prevenire l’EI.39 L’EI frequentemente si presenta con febbricola, astenia, perdita di peso e CHF. Non sono rari epatosplenomega-lia, ippocratismo digitale e una vasculite da immunocomplessi che deter-mina un’eruzione purpurica. Le vegetazioni sono piccole, hanno superfi ci lisce e non sono uniformemente visibili. All’esame anatomo-patologico, le

vegetazioni dell’EI nella febbre Q sono nodulari con una superfi cie liscia (in confronto a quelle delle altre cause di EI) e i microrganismi vengono rilevati dalla colorazione immunoistologica o di Gimenez quasi esclusivamente all’interno dei macrofagi o tramite PCR.34 La diagnosi si basa tipicamente su elevati titoli di anticorpi IgG anti-fase I diretti contro gli antigeni di fase I della C. burnetii in aggiunta all’elevato titolo delle IgA o sulla dimostra-zione della presenza del microrganismo nelle valvole cardiache asportate tramite le colorazioni immunoistologica o di Gimenez.8

Bartonella quintana e Bartonella henselae, che insieme possono causare il 3% delle NVE, possono essere isolate dalle emocolture dopo un’incubazione prolungata e con tecniche speciali. In assenza di particolari mezzi di coltura, rilevazione con PCR su materiale genetico nelle vegeta-zioni asportate o test sierologici, molti casi sarebbero risultati “negativi alla coltura”.9,34 B. henselae, che causa la malattia da graffi o di gatto e negli HIV positivi l’angiomatosi bacillare e la peliosi epatica, determina un’EI in pazienti con preesistente danno valvolare ed esposizione al gatto. Viceversa, B. quintana, l’agente della febbre delle trincee, causa un’EI soprattutto nei barboni che sono esposti ai pidocchi e si verifi ca comune-mente in assenza di precedente patologia valvolare.34 L’EI da Bartonella si presenta in modo insidioso; la diagnosi è spesso ritardata, e una CHF e un’embolia sistemica frequentemente complicano l’infezione.9,34 L’infe-zione da Bartonella distrugge il tessuto valvolare e la terapia in genere richiede la sostituzione valvolare.34,40 Sulla base di test sierologici, le specie Chlamydia sono state suggerite come causa di frequenti episodi di EI. Vista la marcata reazione crociata sierologica tra Chlamydia e Bartonella, molti di questi episodi di EI sono in realtà dovuti a Bartonella.9,34

FUNGHI. Candida albicans, la specie di Candida non albicans, Histo-plasma e Aspergillus spp sono i più frequenti tra i molti organismi fungini identifi cati come causa di un’EI.38 Gli inusuali funghi cosiddetti emergenti e le muffe sono responsabili del 25% dei casi. Tra 269 casi di EI da funghi descritti tra il 1965 e il 1995, il 25% era nosocomiale.41 I fattori di rischio includono pregressa chirurgia valvolare, utilizzo di antibiotici, abuso di droghe iniettive, cateteri intravascolari, chirurgia diversa da quella cardiaca e uno stato immunocompromesso. Gli ultimi tre sono aumentati, e pratica-mente tutti i pazienti hanno due o più fattori di rischio. Febbre, soffi nuovi o con caratteristiche mutate, embolia sistemica che include l’occlusione di arterie principali degli arti, alterazioni neurologiche e insuffi cienza car-diaca sono sintomi frequenti. Le emocolture sono frequentemente positive

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1639Endocardite infettiva

quando l’EI è causata da specie di Candida, ma lo sono raramente quando l’EI è causata da microrganismi miceliali. Coltura ed esame istologico delle vegetazioni conducono a una diagnosi microbiologica nel 75 e nel 95% dei casi, rispettivamente, e il 65% delle vegetazioni emboliche da arterie periferiche è diagnostico.

Patogenesi

Le interazioni fra l’organismo ospite e i particolari microrgani-smi che culminano nell’EI coinvolgono l’endotelio vascolare, i meccanismi emostatici, il sistema immunitario dell’ospite, le alterazioni macroscopiche delle strutture anatomiche del cuore, le caratteristiche di membrana dei microrganismi, la produzione di enzimi e tossine da parte dei microrganismi e gli eventi periferici che danno inizio alla batteriemia. Ciascuna componente di queste interazioni è in sé complessa, infl uen-zata da molteplici fattori non ancora del tutto chiariti. Queste complesse interazioni producono una sequenza patogenetica in cui i microrganismi aderiscono alla superfi cie valvolare, si fi ssano nella sede di adesione, proliferano causando un danno locale e la crescita della vegetazione e, alla fi ne, si diffondono nel sangue. Studi dettagliati in vitro e in vivo, aiutati da mani-polazioni genetiche, hanno iniziato a chiarire la fi siopatologia dell’EI causata da streptococchi viridans e S. aureus.42 La rarità delle endocarditi nonostante le frequenti batteriemie transi-torie, sintomatiche o meno, indica che l’endotelio integro è relativamente resistente all’infezione. Il danno endoteliale determina un deposito di piastrine e fi brina, che è più recet-tivo alla colonizzazione batterica rispetto all’endotelio sano. È stato ipotizzato che il deposito di piastrine e fi brina avvenga spontaneamente nelle persone con valvulopatia e che questi depositi, detti endocardite trombotica non batterica (Non-Bacterial Thrombotic Endocarditis, NBTE), siano le sedi su cui aderiscono i microrganismi durante una batteriemia per dare origine all’EI.43

SVILUPPO DELL’ENDOCARDITE TROMBOTICA NON BATTERICA. Due sono i principali meccanismi che determi-nano la formazione della NBTE: la lesione endoteliale e uno stato di ipercoagulabilità. La NBTE si riscontra all’autopsia nell’1,3% dei pazienti ed è più frequente con l’età avanzata e nei pazienti con tumori, CID, uremia, ustioni, LES, cardiopatie valvolari e cateteri intracardiaci.44 Le lesioni da NBTE si riscon-trano a livello della linea di chiusura o di contatto della valvola sulla faccia atriale della mitrale e della tricuspide, oltre che sulle superfi ci ventricolari delle valvole aortica e polmonare, sedi delle vegetazioni infette nei pazienti con EI.

Le circostanze emodinamiche che possono causare una lesione dell’endotelio, dando inizio alla NBTE sono tre: (1) un fl usso ad alta velocità che danneggia l’endotelio, (2) un fl usso da una camera ad alta pressione a una a bassa pressione e (3) un fl usso ad alta velocità attraverso un orifi zio ristretto. Il fl usso attraverso un orifi zio ristretto, come conseguenza dell’effetto Venturi, determina il deposito di batteri principalmente nel punto in cui il fl usso diventa a bassa pressione, immediata-mente a valle dell’orifi zio o nel punto in cui il fl usso ad alta pressione colpisce la superfi cie. Queste sono le stesse sedi in cui si forma la NBTE come conseguenza di fattori emodina-mici. La sovrapposizione della formazione della NBTE e del deposito preferenziale di batteri contribuisce a spiegare la distribuzione delle vegetazioni infette.45

CONVERSIONE DELL’ENDOCARDITE TROMBOTICA NON BATTERICA A ENDOCARDITE INFETTIVA. La batte-riemia è l’evento scatenante che, alla fi ne, converte la NBTE in un’EI. La frequenza e l’entità della batteriemia associata alle attività quotidiane e alle procedure sanitarie sembrano corre-late a specifi che superfi ci mucose e cutanee, alla densità dei batteri colonizzatori, allo stato di malattia della superfi cie e all’estensione del trauma locale. L’incidenza della batteriemia è più elevata per eventi che traumatizzano la mucosa orale, in particolare la gengiva, e diminuisce progressivamente nelle

procedure che interessano il tratto genitourinario e intestinale. Una superfi cie mucosa alterata, specialmente se infetta, è asso-ciata a un rischio aumentato di batteriemia.

Affi nché i microrganismi vitali circolanti raggiungano una NBTE, essi devono essere resistenti all’attività battericida del plasma mediata dal complemento.

L’adesione dei microrganismi alla NBTE o all’endotelio val-volare apparentemente integro, è un evento precoce, fonda-mentale nello sviluppo dell’EI. Sovrabbondanti molecole inte-ragenti situate sulla superfi cie batterica mediano l’adesione alle molecole della matrice extracellulare dell’ospite sull’en-dotelio valvolare o sulla NBTE. Collettivamente, queste mole-cole batteriche sono conosciute come componenti della super-fi cie microbica che riconoscono le molecole di adesione alla matrice (Microbial Surface Components Recognizing Adhesive Matrix Molecules, MSCRAMM). Gli streptococchi che produ-cono polisaccaridi di superfi cie chiamati glucano o destrano causano endocardite più frequentemente dei ceppi che non producono destrano. È stato dimostrato che il destrano pre-sente sulla superfi cie degli streptococchi media l’adesione ai depositi di piastrine e fi brina e alle valvole danneggiate e faci-lita lo sviluppo di endocardite in modelli sperimentali.42,44 La produzione di destrano, comunque, non è sempre una delle principali cause microbiche di EI; pertanto, è probabile che altri meccanismi favoriscano l’adesione. Ad esempio, la pro-teina Fim A dello Streptococcus parasanguis, che appartiene a una famiglia di adesine della mucosa orale negli streptococ-chi viridans, facilita l’adesione alla fi brina e lo sviluppo di endocardite in modelli sperimentali.42

La fi bronectina, un importante fattore nella patogenesi del-l’EI, è stata identifi cata nelle lesioni presenti sulle valvole car-diache ed è prodotta dalle cellule endoteliali, dalle piastrine e dai fi broblasti in risposta al danno vascolare; la sua forma solubile si lega al collagene sottoendoteliale esposto. I recettori per la fi bronectina, MSCRAMM, sono presenti sulla superfi cie dello S. aureus, degli streptococchi viridans, degli streptococ-chi di gruppo A, C e G, degli enterococchi, S. pneumoniae e C. albicans. La fi bronectina ha molti siti di legame e può, quindi, legarsi simultaneamente a fi brina, collagene, cellule e microrganismi e facilitare l’adesione dei batteri alle valvole nelle sedi delle lesioni o delle NBTE. Nello S. aureus le pro-teine A e B, legandosi alla fi bronectina, sono critiche nell’in-duzione dell’endocardite in modelli sperimentali. Anche il fattore di agglutinamento (o proteina di superfi cie legante il fi brinogeno) dello S. aureus media il legame di questi micror-ganismi alle piastrine, ai trombi di fi brina e alle valvole aorti-che nei modelli di endocardite.42 Il glicocalice o limo sulla superfi cie dello S. epidermidis non sembra agire come un’ade-sina, ma può rendere i microrganismi più virulenti, aumen-tando la loro capacità di sfuggire all’eradicazione da parte dei meccanismi di difesa dell’ospite.

Il meccanismo con cui i microrganismi virulenti colonizzano e infettano l’endotelio valvolare sano è meno chiaramente com-preso. Nelle persone anziane, la sclerosi degenerativa valvolare può essere associata con l’infi ammazione locale, la quale, a sua volta, può promuovere il legame della cellula endoteliale alla fi bronectina e ad altre molecole della matrice extracellu-lare. Materiale particellare iniettato durante l’uso di droghe iniettive può stimolare eventi simili a livello endoteliale. Que-ste modifi cazioni endoteliali potrebbero promuovere l’ade-sione dello S. aureus attraverso le MSCRAMM a valvole appa-rentemente normali.42 Il legame dello S. aureus alla proteina legante la fi bronectina è necessario per l’invasione di cellule endoteliali integre.42 La moltiplicazione intracellulare dell’or-ganismo determina la morte della cellula che causa, a sua volta, la distruzione della superfi cie endoteliale e dà inizio alla for-mazione di depositi di piastrine e fi brina e di zone aggiuntive per l’adesione batterica.

Dopo l’adesione alla NBTE o all’endotelio, i batteri devono rimanere fi ssi e moltiplicarsi perché si sviluppi un’EI. La resi-stenza degli streptococchi viridans e dello S. aureus alle pro-

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Capitolo 58

FIGURA 58–2 Una valvola normale con una vegetazione estesa e sporgente causata da un’infezione da Staphylococcus aureus. È presente un coagulo al centro della vegetazione, che nasconde una fenestrazione valvolare.

teine antimicrobiche delle piastrine è associata a un’aumentata capacità di causare un’endocardite in modelli sperimentali.42 La persistenza e la moltiplicazione del microrganismo deter-minano un complesso processo dinamico durante il quale le vegetazioni infette aumentano di dimensioni per l’aggrega-zione delle piastrine e della fi brina, i microrganismi si molti-plicano e sono disseminati nella corrente ematica e i frammenti delle vegetazioni embolizzano. Le proteine di superfi cie di stafi lococchi e streptococchi legano le piastrine e promuovono l’aggregazione piastrinica e lo sviluppo delle vegetazioni. In modelli sperimentali i microrganismi che legano e aggregano le piastrine sono più virulenti.42 Inoltre, gli streptococchi e gli stafi lococchi aumentano l’attività procoagulante locale indu-cendo i monociti adesi alla fi brina a produrre il fattore tissutale (una tromboplastina tissutale che si lega al fattore VII attivato per indurre la coagulazione).42 Anche lo S. aureus può indurre la produzione di fattore tissutale da parte delle cellule endo-teliali e potrebbe facilitare lo sviluppo di endocardite su val-vole normali.42 Molte ripetizioni del ciclo dall’adesione alla moltiplicazione e alla deposizione di piastrine e di fi brina por-tano all’EI clinica.

Fisiopatologia

Al di là dei sintomi propri dell’infezione, probabilmente mediati dalle citochine, le manifestazioni cliniche dell’EI sono dovute (1) agli effetti distruttivi locali dell’infezione intracardiaca, (2) all’embolizzazione in sedi distanti di piccoli frammenti o di frammenti settici delle vegetazioni, che provocano un infarto o un’infezione, (3) alla disseminazione per via ematica in zone lontane durante la batteriemia persistente e (4) e alla risposta anticorpale verso l’organismo infettante, con la successiva lesione tissutale causata dalla deposizione di immunocom-plessi preformati o dall’interazione degli anticorpi e del com-plemento con gli antigeni presenti nei tessuti.

Le conseguenze intracardiache dell’EI variano da forme banali, caratterizzate da una vegetazione infetta con nessun danno tissutale associato, a forme molto gravi, quando l’infe-zione è localmente distruttiva o si estende oltre i lembi valvo-lari. La distorsione o la perforazione dei lembi valvolari, la rottura delle corde tendinee e la perforazione o la formazione di tramiti fi stolosi fra i vasi maggiori e le camere cardiache o fra le camere stesse, come conseguenza di un’infezione che si approfonda nel tessuto, possono causare una CHF che è pro-gressiva (Fig. 58-2).46-48 L’infezione, particolarmente quella che coinvolge la valvola aortica o le valvole protesiche, può esten-dersi al tessuto paravalvolare e causare ascessi e febbre persi-stente collegati alla mancata risposta alla terapia antibiotica, lesione del sistema di conduzione con alterazioni ECG e arit-mie clinicamente rilevanti o pericardite purulenta.48 Le grosse vegetazioni, particolarmente a livello della mitrale, possono determinare una stenosi valvolare funzionale e un deteriora-mento emodinamico.18,49 In generale, le complicanze intracar-diache che coinvolgono la valvola aortica evolvono più rapi-damente di quelle associate all’interessamento della mitrale; nonostante ciò, la progressione è molto variabile e non preve-dibile nel singolo paziente.

L’embolizzazione di frammenti dalle vegetazioni in grado di produrre sintomi di infezione o di infarto, è clinicamente evi-dente nell’11-43% dei pazienti.45,50-52 Tuttavia, l’evidenza ana-tomopatologica di emboli viene osservata più frequentemente all’autopsia (45-65%). Gli emboli polmonari, spesso di tipo settico, si verifi cano nel 66-75% dei tossicodipendenti da dro-ghe iniettive con EI a carico della valvola tricuspide.10,11 La batteriemia persistente dell’EI, con o senza emboli settici, può causare infezioni metastatiche a carico di qualunque organo o tessuto. Queste infezioni, variabili nelle dimensioni da piccoli ascessi miliari ad ascessi estesi, possono manifestarsi con segni e sintomi locali o con una febbre persistente durante la terapia. L’EI causata da microrganismi virulenti, soprattutto dallo S.

aureus o dagli streptococchi beta-emolitici, è più frequente-mente complicata da infezioni metastatiche rispetto a quella dovuta a germi non virulenti, p.es., gli streptococchi viri-dans.21,27 Gli ascessi metastatici sono spesso piccoli e miliari. L’infezione metastatica assume particolare importanza quando è necessaria una terapia diversa dai soli antibiotici indicati per l’EI, oppure quando queste infezioni costituiscono un focolaio che favorisce la recidiva.

Aspetti clinici

Si stima che l’intervallo fra la presunta batteriemia iniziale e l’insorgenza dei sintomi dell’EI sia inferiore a 2 settimane in oltre l’80% dei pazienti con NVE. È interessante che in alcuni pazienti con infezioni intra- o perioperatorie delle valvole pro-tesiche, il periodo di incubazione può essere più lungo (2-5 mesi o più).18

La febbre è il segno e il sintomo più frequente nei pazienti con EI (Tab. 58-5). La febbre può essere assente o minima negli anziani o nei pazienti con CHF, grave debilitazione o insuffi -cienza renale cronica e, talora, nei pazienti con una NVE cau-sata dagli stafi lococchi coagulasi-negativi.30,53 Soffi cardiaci sono ascoltati nell’80-85% dei pazienti con NVE e sono emble-matici della lesione predisponente all’EI. I soffi non sono di solito udibili nei pazienti con EI della valvola tricuspide. Similmente, nella NVE acuta da S. aureus, i soffi sono udibili solo nel 30-45% dei pazienti all’esame clinico iniziale, ma sono alla fi ne udibili nel 75-85% dei pazienti. I soffi nuovi o con caratteristiche mutate (una modifi cazione non correlata alla frequenza cardiaca o alla portata cardiaca, ma piuttosto soffi da rigurgito indicativi di una disfunzione valvolare) sono relativamente infrequenti nella NVE e sono maggiormente pre-valenti nell’EI acuta e nella PVE.18 Essi sono frequentemente segni premonitori importanti di CHF. L’ingrossamento della

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1641Endocardite infettiva

Tabella 58–5 Aspetti clinici dell’endocardite infettiva

Sintomi Percentuale Segni Percentuale

Febbre 80-85 Febbre 80-90

Brividi 42-75 Soffi o 80-85

Sudorazioni 25 Soffi o mutato o di nuova 10-40 insorgenza

Anoressia 25-55 Alterazioni neurologiche† 30-40

Perdita di peso 25-35 Evento embolico 20-40

Malessere generale 25-40 Splenomegalia 15-50

Dispnea 20-40 Ippocratismo digitale 10-20

Tosse 25 Manifestazione periferica

Ictus 13-20 Noduli di Osler 7-10

Cefalea 15-40 Emorragia subungueale 5-15

Nausea/vomito 15-20 Petecchie 10-40

Mialgie/artralgia 15-30 Lesione di Janeway 6-10

Dolore toracico* 8-35 Lesione retinica/ 4-10 macchie di Roth

Dolore addominale 5-15

Dolore alla schiena 7-10

Confusione 10-20

*Più comune nei tossicodipendenti che fanno uso di droghe iniettive.†Sistema nervoso centrale

FIGURA 58–3 Petecchie congiuntivali in un paziente con endocardite bat-terica. (Da Kaye D: Infective Endocarditis. Baltimore, University Park Press, 1976.)

FIGURA 58–4 Emorragie subungueali (emorragie a scheggia) e petecchie delle dita in un paziente con endocardite batterica. (Da Korzeniowski OM, Kaye D: Infective endocarditis. In Braunwald E [ed]: Heart Disease. 4th ed. Philadel-phia, WB Saunders, 1992, p 1087.)

FIGURA 58–5 Macchia di Roth (emorragia retinica con parte centrale chiara) in un paziente con endocardite batterica. (Da Korzeniowski OM, Kaye D: Infective endocarditis. In Braunwald E [ed]: Heart Disease. 4th ed. Philadel-phia, WB Saunders, 1992, p 1087.)

milza è osservato nel 15-50% dei pazienti ed è più frequente nell’EI subacuta di lunga durata.

Le classiche manifestazioni periferiche dell’EI sono oggi meno frequenti e sono assenti nell’EI limitata alla valvola tri-cuspide.10,54 Le petecchie (Fig. 58-3), la più comune di queste manifestazioni, sono osservate sulla congiuntiva palpebrale, sulla mucosa della bocca e del palato e sulle estremità. Non sono specifi che dell’endocardite anche quando interessano la congiuntiva. Le emorragie subungueali (Fig. 58-4) sono di colore rosso scuro, di aspetto lineare od occasionalmente strie a forma di fi amma nel letto ungueale delle dita delle mani o dei piedi. Le lesioni distali sono probabilmente dovute a traumi, mentre quelle più prossimali sono verosimilmente cor-relate all’EI. I noduli di Osler sono piccoli noduli, dolorabili,

sottocutanei, che si sviluppano nel polpastrello delle dita o, a volte, più prossimalmente e persistono per ore, fi no a parecchi giorni. Neanche questi sono patognomonici dell’EI. Le lesioni di Janeway sono piccole lesioni eritematose o emorragiche, maculari, non dolenti, sul palmo delle mani o sulla pianta dei piedi, conseguenza di emboli settici. Le macchie di Roth (Fig. 58-5), emorragie retiniche ovalari con la regione centrale pal-lida, sono rare nei pazienti con EI, osservate nei pazienti con collagenopatie vascolari e con disordini ematologici, compresa l’anemia grave.

I sintomi muscoloscheletrici, non correlati all’infezione locale, sono relativamente frequenti nei pazienti con EI. Essi comprendono artralgie e mialgie, vere artriti occasionali con caratteristiche non diagnostiche, ma infi ammatorie, del liquido sinoviale e notevole dolore al dorso senza prova di infezione dei corpi vertebrali, dello spazio discale o delle articolazioni sacroiliache. Nei pazienti con artrite o dolore del dorso, l’in-fezione locale deve essere esclusa, poiché potrebbe richiedere una terapia aggiuntiva.

Gli emboli sistemici sono tra le sequele cliniche più comuni dell’EI, si verifi cano in una percentuale di pazienti che arriva al 40%, e sono eventi subclinici frequenti, rilevati solo all’au-topsia.45,50-52,54 Gli emboli spesso si manifestano prima che sia defi nita la diagnosi. Benché possano verifi carsi durante o dopo la terapia antibiotica, la loro incidenza diminuisce pronta-mente durante un’effi cace terapia antibiotica.53,55 L’infarto sple-nico su base embolica può causare dolore nel quadrante supe-riore sinistro dell’addome e alla spalla sinistra. Gli emboli

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1642

Capitolo 58

renali possono essere asintomatici o presentarsi con un dolore al fi anco e causare un’ematuria franca o microscopica. L’ictus cerebrale su base embolica, che interessa soprattutto il territo-rio dell’arteria cerebrale media, si verifi ca nel 15-20% dei pazienti con NVE e PVE.18 Gli emboli coronarici sono reperti frequenti all’autopsia, ma di rado causano un infarto transmu-rale. Gli emboli alle estremità possono causare dolore e un’ischemia evidente, mentre quelli alle arterie mesenteriche possono causare dolore addominale, ileo paralitico e positività del test al guaiaco delle feci.

Sintomi e segni neurologici compaiono nel 30-40% dei pazienti con EI, sono più frequenti quando l’EI è causata dallo S. aureus, e sono associati a una mortalità elevata.50,56,57 L’ictus embolico è la manifestazione neurologica più frequente e cli-nicamente più importante. Un’emorragia intracranica si veri-fi ca nel 5% dei pazienti con EI. Il sanguinamento deriva dalla rottura di un aneurisma micotico, dalla rottura di un’arteria causata da un’arterite settica nella sede dell’occlusione embo-lica o dall’emorragia in una zona infartuale.58 Gli aneurismi micotici, con o senza rottura, si verifi cano nel 2-10% dei pazienti con EI; circa la metà coinvolge le arterie intracraniche (Fig. 58-6). Un’encefalite con microascessi complica un’EI cau-sata da microrganismi virulenti come lo S. aureus, ma i grossi ascessi cerebrali sono rari. La meningite purulenta complica alcuni episodi di EI causati da S. aureus o S. pneumoniae ma, più tipicamente, il liquido cefalorachidiano ha caratteristiche asettiche.29,56 Altre manifestazioni neurologiche comprendono grave cefalea (potenziale segno di un aneurisma micotico), convulsioni ed encefalopatia.

I soffi cardiaci che complicano l’EI sono dovuti soprattutto alla distruzione valvolare o all’alterazione o alla rottura delle corde tendinee. Le fi stole intracardiache, la miocardite o l’em-bolia delle coronarie possono occasionalmente contribuire all’instaurarsi della CHF, così come le patologie cardiache pree-sistenti. In assenza di un intervento chirurgico di correzione della disfunzione valvolare, la CHF, particolarmente quella correlata a insuffi cienza della valvola aortica, è associata a una mortalità molto elevata.46

L’insuffi cienza renale dovuta a una glomerulonefrite da immunocomplessi, insorge in meno del 15% dei pazienti con EI. In conseguenza di questo processo, può comparire o pro-gredire durante il trattamento iniziale un’iperazotemia; essa generalmente migliora con la somministrazione prolungata di una terapia antibiotica effi cace. La glomerulonefrite focale e gli infarti renali su base embolica causano ematuria, ma di rado iperazotemia. L’insuffi cienza renale nei pazienti con EI è il più

delle volte la manifestazione di una compromissione emodi-namica o di una tossicità associata alla terapia antimicrobica (nefrite interstiziale o danno da aminoglicosidi).

Diagnosi

I sintomi e i segni dell’endocardite sono spesso sistemici e, quando localizzati, spesso derivano da una complicanza dell’EI più che rifl ettere l’infezione intracardiaca stessa (Tab. 58-5). Perciò, se si vuol evitare di misconoscere la diagnosi di EI, si deve mantenere un livello di sospetto elevato. La dia-gnosi deve essere ricercata quando un paziente febbrile si pre-senta con uno o più reperti fondamentali dell’EI: una lesione cardiaca predisponente o un comportamento a rischio, una batteriemia, un fenomeno embolico e la prova di un processo endocarditico attivo. Poiché i pazienti con protesi valvolare sono sempre a rischio di una PVE, la presenza di febbre o di una nuova disfunzione protesica impone, in qualsiasi momento, di considerare questa diagnosi. Nei pazienti a rischio di endocar-dite, una malattia concomitante o un evento iatrogeno possono creare sintomi e segni simili a quelli di un’EI che richiedono un’attenta considerazione per giungere a una diagnosi corretta. Anche quando la malattia sembra un’endocardite tipica, la dia-gnosi defi nitiva richiede la positività delle emocolture o delle colture (o dell’esame istologico o della PCR per il DNA del microrganismo) delle vegetazioni o degli emboli. Molte con-dizioni con colture negative mimano un’EI: il mixoma atriale, la febbre reumatica acuta, il LES o altre collagenopatie vasco-lari, l’endocardite marantica, la sindrome da antifosfolipidi, la sindrome carcinoide, il carcinoma renale con aumento della portata cardiaca e la porpora trombotica trombocitopenica.

I criteri di Duke modifi cati forniscono uno schema che faci-lita la valutazione dei pazienti per la diagnosi di endocardite (Tab. 58-4).59,60 I dati clinici e di laboratorio, compresa l’eco-cardiografi a, devono essere raccolti in modo da permettere di determinare la presenza o l’assenza dei criteri maggiori e minori elencati. La presenza di due criteri maggiori o di uno maggiore e di tre minori o di cinque criteri minori determina la diagnosi clinica di “endocardite certa”, mentre la presenza di un criterio maggiore e di uno minore o di tre criteri minori indica una “possibile endocardite”. Quando utilizzati con giu-dizio nella valutazione di tutto l’iter della malattia, cioè non solo limitandosi all’analisi dei reperti iniziali, questi criteri sono sensibili e specifi ci per la diagnosi di EI (Tab. 58-4).59-61 Un’esclusione errata della diagnosi di endocardite è improba-bile. Quando si usano questi criteri diagnostici per guidare la terapia, i pazienti classifi cati come affetti da possibile endo-cardite devono essere trattati come se avessero un’EI. Richie-dere almeno un criterio maggiore o tre criteri minori per dia-gnosticare una possibile endocardite riduce l’eventualità di sovradiagnosi (impossibilità di escludere la diagnosi) e la pos-sibilità di trattare pazienti non infetti.60

Per utilizzare la batteriemia causata da stafi lococchi coagu-lasi-negativi o da difteroidi (microrganismi che possono cau-sare l’EI ma che più spesso contaminano le emocolture) a sup-porto della diagnosi di endocardite, le emocolture devono essere persistentemente positive o i microrganismi isolati in più emocolture positive sporadiche devono appartenere a un singolo ceppo.59,60 Queste considerazioni sono inglobate nei criteri diagnostici (Tab. 58-4).57-59

ECOCARDIOGRAFIA. L’inclusione della prova ecocardio-grafi ca dell’infezione endocardica in questi criteri riconosce l’elevata sensibilità dell’ecocardiografi a bidimensionale con color Doppler, specialmente se vengono eseguite sia l’ecografi a transesofagea multiplanare (ETE) che l’ecografi a transtoracica (ETT), e la relativa rarità dei risultati falsi positivi, quando operatori esperti usano delle defi nizioni specifi che per le vege-tazioni.61,62 Sebbene la sensibilità della ETE nell’identifi ca-zione delle vegetazioni nei pazienti con un’EI sospetta vari dall’85 al 95% (o anche più se si eseguono controlli a distanza),

FIGURA 58–6 Aneurisma micotico irregolare dell’arteria cerebrale media situato in posizione laterale sulla corteccia cerebrale. Un secondo aneurisma si proietta appena lateralmente all’arteria cerebrale anteriore.

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1643Endocardite infettiva

un risultato negativo non esclude la diagnosi o la necessità di instaurare la terapia in presenza di un elevato sospetto cli-nico.62 La possibilità di un risultato falso negativo può essere ridotta al 5-10% se la ETE viene ripetuta, soprattutto se lo studio è biplanare o multiplanare.61,62 Pertanto, questi esami aiutano a escludere la diagnosi quando il sospetto clinico è modesto.61,62 Nonostante ciò, quando il sospetto clinico è ele-vato, anche questi esami altamente sensibili non permettono di escludere la diagnosi. Inoltre, poiché l’ecocardiogramma non può distinguere gli esiti di vegetazioni e le masse valvolari dalle vegetazioni con infezione attiva, queste linee guida pos-sono determinare un’errata diagnosi di EI con colture negative nei casi in cui le vegetazioni complicano il marasma, le neo-plasie, la collagenopatia vascolare criptica o la sindrome da anticorpi antifosfolipidi.

STABILIRE LA CAUSA MICROBICA. La causa microbica dell’EI viene accertata riscontrando la presenza dell’agente infettante nel sangue o identifi candolo nelle vegetazioni o nel materiale embolico prelevati chirurgicamente. Nell’eviden-ziare la batteriemia dell’EI non c’è alcun vantaggio a eseguire le emocolture in rapporto alla puntata febbrile o dal sangue arterioso (invece che sul sangue venoso). Nei pazienti che non hanno assunto in precedenza una terapia antibiotica e che avranno, alla fi ne, un’EI con emocoltura positiva, è probabile che il 95-100% delle emocolture ottenute sia positivo e che una delle prime due emocolture sarà positiva in almeno il 95% dei pazienti. Un trattamento antibiotico precedente è la causa principale di EI con emocoltura negativa, soprattutto quando il microrganismo responsabile è molto sensibile agli antibio-tici. Almeno il 35% dei casi di EI con esame colturale negativo può essere attribuito a una precedente terapia antibiotica.63 Dopo un trattamento antibiotico non ottimale, il tempo neces-sario perché le colture tornino a essere positive è direttamente correlato alla durata della terapia antibiotica e alla sensibilità dell’agente causale; possono essere necessari giorni, settimane o anche più tempo.

ESEGUIRE LE EMOCOLTURE. Per la valutazione dei pazienti con sospetta endocardite sono raccomandati tre diversi prelievi per l’emocoltura, ciascuno eseguito attraverso un accesso venoso differente, ottenuti nel corso di 24 ore.61 Ciascun prelievo deve includere due provette, una contenente un mezzo di coltura aerobio e l’altro un brodo con tioglicolato (terreno anaerobio) in cui devono essere introdotti almeno 10 ml di sangue.64

Perché la coltura sia eseguita in modo ottimale, il laboratorio dovrebbe essere avvisato che l’endocardite è una possibile dia-gnosi e quali batteri insoliti eventualmente si sospettano (Legionella, Bartonella, microrganismi HACEK). Se un paziente clinicamente stabile ha assunto un antibiotico nelle settimane precedenti, è consigliabile ritardare la terapia in modo da poter ripetere nei giorni successivi nuove colture.64 Se si sospetta un’endocardite fungina, le emocolture devono essere ottenute con il metodo della lisi per centrifugazione. Si deve richiedere al laboratorio di conservare il microrganismo responsabile del-l’endocardite fi nché non è stata completata con successo la terapia. Alcuni test sierologici sono impiegati per porre dia-gnosi eziologica presunta di endocardite causata da Brucella Legionella, Bartonella, C. burnetii o Chlamydia. Grazie a tec-niche speciali, tra cui la PCR, questi agenti e altri di diffi cile isolamento nell’emocoltura possono essere identifi cati nel san-gue o nelle vegetazioni.8,38,61,65

Una batteriemia prolungata è tipica dell’EI. Nel valutare la positività delle emocolture, si devono distinguere le batterie-mie prolungate (persistenti per oltre un’ora) da quelle transi-torie. Se molte emocolture eseguite nel corso di 24 ore o più sono positive, deve essere presa in considerazione la diagnosi di EI. Anche l’identifi cazione del microrganismo è utile nel determinare la forza con cui può essere sostenuta la diagnosi. I microrganismi possono essere divisi in quelli che causano comunemente un’EI, quelli che raramente determinano un’EI e quelli dal comportamento intermedio, per esempio gli ente-

rococchi e lo S. aureus, che, quando vengono riscontrati nel sangue, possono indicare o meno un’EI. Infi ne, la presenza o l’assenza di fonti alternative della batteriemia aiuta nella valu-tazione della batteriemia stessa.

Esami di laboratorio Molti altri test vengono inevitabilmente eseguiti nella valuta-zione dei pazienti con sospetta EI. I parametri ematologici sono generalmente alterati. Un’anemia normocromica normocitica, una bassa sideremia e una ridotta capacità sierica di legare il ferro sono presenti nel 70-90% dei pazienti. L’anemia peggiora con il prolungarsi della malattia e pertanto può essere assente nell’EI acuta. Nell’EI subacuta, la conta dei globuli bianchi è generalmente normale; al contrario, una leucocitosi con un aumento dei granulociti è frequente nell’EI acuta. Una trom-bocitopenia è raramente presente.

La velocità di eritrosedimentazione (VES) è elevata (in media circa 55 mm/ora) in quasi tutti i pazienti con EI, a eccezione di quelli con CHF, insuffi cienza renale o coagulazione intra-vascolare disseminata (CID). Altri test spesso indicano una stimolazione immunitaria o uno stato infi ammatorio: titola-zione degli immunocomplessi circolanti, del fattore reuma-toide, delle immunoglobuline, delle crioglobuline e della pro-teina C reattiva. Benché i loro risultati rispecchino l’attività della malattia, questi esami sono un modo costoso e non effi -cace di diagnosticare un’EI o di monitorare la risposta alla terapia. La misurazione degli immunocomplessi circolanti e del complemento può essere utile per valutare l’iperazotemia legata a una glomerulonefrite diffusa da immunocomplessi. Il risultato dell’analisi delle urine è spesso alterato, anche quando la funzione renale è nei limiti. Proteinuria ed ematuria micro-scopica sono presenti nel 50% dei pazienti.

Ecocardiografi a (vedi anche Cap. 11)

La valutazione dei pazienti con EI clinicamente sospetta con questa tecnica rende spesso possibile la conferma morfologica dell’infezione e contribuisce sempre più alle decisioni circa la gestione.62,66 L’ecocardiografi a non deve essere utilizzata come test di screening per l’EI in pazienti non selezionati con emocolture positive o in pazienti con febbre di origine scono-sciuta, quando la probabilità clinica della malattia è bassa.61,67 Nonostante ciò, la valutazione ecocardiografi ca deve essere eseguita nella maggior parte dei pazienti con un’EI clinica-mente sospetta, specialmente quelli con emocolture negative.61 Benché molti pazienti con una NVE che coinvolge le valvole aortica o mitrale possano essere studiati in maniera adeguata con la ETT, la ETE con l’impiego della tecnica biplanare o multiplanare, con il color Doppler e con il Doppler continuo o pulsato rappresenta il gold standard.67-69 La ETE permette la visualizzazione delle vegetazioni più piccole e ha una risolu-zione migliore rispetto alla ETT. Non soltanto la ETE è l’ap-proccio strumentale preferito nei pazienti con EI clinicamente sospetta in cui la ETT non è ottimale, ma è anche la procedura di scelta per studiare la valvola polmonare, i pazienti con PVE (specialmente in sede mitralica) e i pazienti che sono ad alto rischio di complicanze intracardiache o quelli con i segni di un’infezione persistente o aggressiva nonostante un’adeguata terapia antibiotica.61,68-70

Una valutazione analitica decisionale dal punto di vista del-l’ecocardiografi a per la diagnosi di NVE in pazienti con batte-riemia suggerisce che, presumendo che l’effi cacia diagnostica della ETE sia superiore a quella della ETT del 15%, la strategia con il miglior rapporto costo-effi cacia (che offre una qualità opzionale standardizzata per gli anni di vita) è quella che segue: (1) se la probabilità a priori di EI è inferiore al 2%, trat-tare la batteriemia senza eseguire un’ecocardiografi a; (2) se la probabilità a priori è del 2-4%, utilizzare la ETE; e (3) se la probabilità a priori è del 5-45%, eseguire una ETE inizialmente al posto della ETT. Se la probabilità di un’EI è superiore al 45%, il trattamento senza ecocardiografi a è effi cace dal punto

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Capitolo 58

di vista dei costi, anche se sarebbero ancora auspicabili degli studi per valutare le complicanze e gli altri rischi.24 L’elevata frequenza di pazienti con EI che presentavano un’alta proba-bilità a priori di endocardite porta a studi che dimostrano che i dati ottenuti tramite ETE raramente alterano la gestione cli-nica elaborata sulla base dei dati della ETT.67,68 La ETE diviene fondamentale quando la ETT è tecnicamente inadeguata, quando è ricercata una PVE e quando la probabilità clinica a priori è intermedia.

Un’altra analisi costo-effi cacia suggerisce che nei pazienti con batteriemia correlata a catetere da S. aureus clinicamente non complicata, la valutazione con ETE per determinare la durata della terapia antibiotica (4 contro 2 settimane, cioè, trattamento dell’endocardite oppure no) è più effi cace, dal punto di vista dei costi, della scelta empirica di una delle due durate.23 La strategia di diagnosi di EI tramite ETT, seguita da ETE se negativa, non era stata valutata ma, data la probabilità di EI a priori (≥6%), sarebbe probabilmente più costosa.

La sensibilità della ETT per l’identifi cazione delle vegeta-zioni nella NVE è circa del 65%. Al contrario, la sensibilità della ETE per l’identifi cazione delle vegetazioni nella NVE è dell’85-95%.62 Nei pazienti con PVE, la ETT è limitata dall’ef-fetto ombra della protesi, soprattutto in posizione mitralica, e la sua sensibilità si riduce al 15-35%. Al contrario, la sensibi-lità della ETE nell’identifi care le vegetazioni nella PVE che interessa valvole meccaniche o biologiche in posizione aortica o mitralica, variava dall’82 al 96%.70,71

Nonostante la sensibilità della ETE nell’identifi care le vege-tazioni nei pazienti affetti da EI accertata, l’ecocardiografi a non fornisce una diagnosi defi nitiva: può dimostrare le vegetazioni e la disfunzione valvolare, ma la determinazione della causa richiede conferme cliniche o anatomiche e microbiologiche dirette. In base all’ecocardiogramma, le vegetazioni infette non possono essere distinte dalle lesioni marantiche, né dai trombi o dal panno di fi brina presenti sulla protesi. Inoltre, nella NVE non è in genere possibile distinguere le vegetazioni attive da quelle guarite.72 Le valvole ispessite, la rottura delle corde o delle valvole, le calcifi cazioni valvolari e i noduli possono essere scambiati per vegetazioni, a riprova della specifi cità limitata dell’ecocardiografi a da sola.

La disfunzione valvolare causata da lacerazione tissutale, da perfora-zione del lembo o da grosse vegetazioni ostruenti può essere visualizzata e quantifi cata con l’ecocardiografi a Doppler. Un certo grado di rigurgito all’esame Doppler è quasi sempre presente nelle fasi precoci della NVE e della PVE e non predice necessariamente un progressivo deterioramento emodinamico. L’estensione dell’infezione attraverso il lembo valvolare nel tessuto circostante determina la formazione di ascessi in varie parti dell’anulus o delle strutture adiacenti, di aneurismi micotici del seno di Valsalva o della valvola mitrale, di fi stole intracardiache e di una pericardite purulenta. Nei pazienti con NVE o PVE, gli ascessi miocardici sono più facilmente identifi cabili con la ETE che con la ETT.70,71 La sensibilità e la specifi cità nell’identifi cazione degli ascessi sono state del 28% e del 98% per la ETT, in confronto all’87% e al 95% per la ETE. La ETE è ancora più sensibile e accurata rispetto alla ETT nel riconoscere la malattia invasiva sottoaortica e le perforazioni valvolari.73

RISONANZA MAGNETICA E TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA. Queste tecniche hanno identifi cato l’estensione paravalvolare dell’infe-zione, gli aneurismi della radice aortica e le fi stole; tuttavia, la loro utilità in rapporto all’ecocardiografi a non è stata stabilita.

SCINTIGRAFIA. Nel tentativo di identifi care le vegetazioni e gli ascessi intracardiaci, nei pazienti con EI e in modelli animali è stata usata la scin-tigrafi a con granulociti marcati con gallio-67 citrato e con indio-111 e con piastrine marcate con indio-111. Questi tentativi non sono risultati abbastanza sensibili, né hanno permesso una localizzazione anatomica, per essere considerati utili clinicamente.74

Trattamento

Due obiettivi principali devono essere raggiunti per trattare l’EI in modo effi cace. Il microrganismo infettante deve essere eradicato dalla vegetazione. Il fallimento di questo obiettivo causa una recidiva dell’infezione. Inoltre, devono essere risolte

le complicanze distruttive intracardiache e focali extracardia-che dell’infezione se si vogliono ridurre signifi cativamente la morbilità e la mortalità. Il secondo obiettivo spesso va oltre le capacità di un’effi cace terapia antibiotica e richiede un inter-vento cardiochirurgico o altre procedure chirurgiche.

I batteri si moltiplicano nelle vegetazioni fi no a raggiungere delle densità di 109-1010 microrganismi per grammo di tessuto, divengono metabolicamente quiescenti e sono diffi cili da era-dicare. L’esperienza clinica e i modelli sperimentali animali indicano che la terapia ottimale deve prevedere la sommini-strazione di un antibiotico battericida o di un’associazione di antibiotici, piuttosto che di farmaci ad azione batteriostatica. Inoltre, gli antibiotici raggiungono le aree centrali delle vege-tazioni non vascolarizzate per diffusione passiva. Per raggiun-gere concentrazioni antibiotiche effi caci nelle vegetazioni, devono essere ottenute delle concentrazioni sieriche elevate e, anche in questo caso, la penetrazione di alcuni farmaci è limitata. La terapia antibiotica parenterale viene usata ogni qualvolta sia possibile, per ottenere un’adeguata concentra-zione sierica di antibiotico e per evitare l’assorbimento poten-zialmente irregolare della terapia per via orale. Il trattamento deve continuare per periodi prolungati per assicurare l’eradi-cazione dei microrganismi quiescenti.

Nella scelta della terapia antibiotica per il paziente con EI, si devono considerare la capacità dei possibili farmaci di eli-minare il microrganismo responsabile, così come la concen-trazione minima inibente (Minimum Inhibitory Concentra-tion, MIC) e la concentrazione minima battericida (Minimum Bactericidal Concentration, MBC) di questi antibiotici per il microrganismo. La MIC è la concentrazione più bassa che inibisce la crescita, e la MBC è la concentrazione più bassa che riduce un inoculo standard di microrganismi del 99,9% in 24 ore. Per gran parte degli streptococchi e degli stafi lococ-chi, la MIC e la MBC delle penicilline, delle cefalosporine o della vancomicina sono le stesse o differiscono di un fattore che varia da 2 a 4. Talora si incontrano microrganismi per i quali la MBC di questi antibiotici è 10 volte o più rispetto alla MIC. Questo fenomeno è stato chiamato tolleranza.66 La mag-gior parte dei ceppi tolleranti viene eliminata solo in modo più lento rispetto ai ceppi non tolleranti e, dopo una prolun-gata incubazione (48 ore), le MIC e le MBC dei due gruppi sono simili. Gli enterococchi possono sembrare tolleranti quando testati con le penicilline e la vancomicina; tuttavia, essi non sono, di fatto, eliminati da questi farmaci, ma vengono solamente inibiti, anche dopo un tempo di incubazione più lungo. Gli enterococchi possono essere eliminati dall’attività combinata di specifi che penicilline o della vancomicina e di un aminoglicoside. L’aumentata attività antibiotica dell’asso-ciazione contro gli enterococchi, se di suffi ciente entità, è detta sinergia o effetto battericida sinergico.66 Un effetto simile può essere osservato con queste associazioni contro gli streptococ-chi e gli stafi lococchi.

Un effetto battericida sinergico è necessario per un tratta-mento ottimale dell’endocardite da enterococco ed è stato uti-lizzato per ottenere una terapia più effi cace o di durata più breve per l’EI causata da altri microrganismi. Negli streptococ-chi e negli stafi lococchi, la tolleranza, sebbene dimostrabile in vivo, negli esperimenti su modelli animali non è stata associata a una ridotta percentuale di eradicazione o a una risposta ritar-data al trattamento con le penicilline, le cefalosporine o la vancomicina. Pertanto, la presenza di tolleranza negli strepto-cocchi o negli stafi lococchi non ha richiesto una terapia com-binata e, in effetti, i trattamenti sono ideati sulla base delle MIC di questi microrganismi.75

I regimi raccomandati per il trattamento dell’EI causata da specifi ci microrganismi sono ideati per fornire concentrazioni elevate di antibiotici, nel siero e all’interno delle vegetazioni, che superino la MIC del microrganismo per la maggior parte della durata dell’intervallo fra le dosi. Benché le concentra-zioni degli antibiotici nelle vegetazioni dei pazienti con EI

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1645Endocardite infettiva

siano state raramente misurate, il successo degli schemi tera-peutici raccomandati indica che questo obiettivo è stato rag-giunto. Pertanto, per una terapia ottimale è importante seguire attentamente gli schemi raccomandati.

Terapia antibiotica per specifi ci microrganismi La terapia antibiotica dell’endocardite non deve solo eradi-care l’agente causale, ma deve farlo determinando al tempo stesso una tossicità minima o nulla. La terapia per un dato paziente richiede delle modifi cazioni per potersi adattare alle disfunzioni degli organi terminali, alle allergie esistenti e ad altre tossicità note. Con l’eccezione dell’endocardite da stafi -lococco, gli schemi di trattamento antibiotico raccomandati per la terapia di una NVE e di una PVE sono simili, benché sia spesso necessario un trattamento più lungo per le PVE.18,74

STREPTOCOCCHI VIRIDANS O STREPTOCOCCUS BOVIS PENICILLINO-SENSIBILI. Per i pazienti affetti da EI causata da streptococchi penicillino-sensibili e S. bovis, quat-tro schemi terapeutici offrono un’effi cacia elevata e compara-bile (Tab. 58-6). I regimi che durano 4 settimane permettono un tasso di guarigione batteriologica del 98% tra i pazienti che completano il ciclo di terapia. Il trattamento con l’associazione sinergica di penicillina e gentamicina per 2 settimane è effi cace in casi selezionati quanto il trattamento con gli schemi tera-peutici della durata 4 di settimane. Il regime combinato è rac-comandato per i pazienti con NVE non complicata che non sono ad aumentato rischio di tossicità da aminoglicosidi. I pazienti con endocardite causata da streptococchi con varianti nutrizionali (Abiotrophia), endocardite che coinvolge una pro-tesi valvolare o complicata da un aneurisma micotico, da un ascesso miocardico, da un’infezione perivalvolare o un foco-laio extracardiaco di infezione, non devono essere trattati con questo regime di breve durata.

Una percentuale dal 2 all’8% degli streptococchi viridans e S. bovis che causa l’endocardite è altamente resistente alla streptomicina (MIC >2000 mg/ml) e non viene eliminata in maniera sinergica dall’associazione di peni-cillina e streptomicina. Questi ceppi molto resistenti alla streptomicina, comunque, vengono eliminati dall’associazione sinergica della penicillina con la gentamicina. Di conseguenza, a meno che non sia stato possibile valutare lo streptococco causale per escludere elevati livelli di resistenza alla streptomicina, si consiglia di usare la gentamicina nei trattamenti com-binati di breve durata.76 Il ceftriaxone 2 g una volta al giorno associato alla gentamicina (3 mg/kg) o alla netilmicina (4 mg/kg) somministrati in una singola dose giornaliera per 14 giorni, ha permesso un trattamento effi cace delle endocarditi causate da streptococchi penicillino-sensibili.77 Nonostante ciò, l’esperienza con la somministrazione degli aminoglicosidi in unica dose giornaliera nel trattamento dell’EI è limitata, e questi regimi terapeutici non sono attualmente raccomandati. Le specie Abiotrophia sono in genere più resistenti alla penicillina degli altri streptococchi viri-dans.25 I pazienti affetti da endocarditi causate da questi microrganismi sono trattati con gli schemi terapeutici raccomandati per l’endocardite enterococcica (Tab. 58-8); tuttavia, i risultati restano insoddisfacenti.

Per il trattamento dell’endocardite streptococcica nei pazienti con un’anamnesi positiva per reazioni allergiche acute (orticarioidi o anafi -lattiche) alla penicillina o alle cefalosporine, è raccomandata la vanco-micina (Tab. 58-6). I pazienti con altre forme di allergia alla penicillina (esantema cutaneo maculopapulare tardivo) possono essere trattati, con cautela, con il ceftriaxone (Tab. 58-6) o con la cefazolina, 2 g EV ogni 8 ore per 4 settimane.

Nei pazienti affetti da una PVE causata da streptococchi penicillino-sen-sibili, viene raccomandato il trattamento con la penicillina per 6 settimane, associando la gentamicina durante le prime 2 settimane.18

STREPTOCOCCHI RELATIVAMENTE PENICILLINO-RESISTENTI. Per il trattamento dei pazienti con endocardite da streptococchi con una MIC per la penicillina compresa tra 0,2 e 0,5 mg/ml, è raccomandato un regime di 4 settimane con elevate dosi di penicillina somministrate per via parenterale, a cui viene associato un aminoglicoside (soprattutto la genta-micina per le ragioni dette in precedenza) durante le prime 2 settimane (Tab. 58-7). I pazienti che non possono tollerare la penicillina a causa di un’ipersensibilità di tipo immediato, possono essere trattati con la sola vancomicina. Per quelli con ipersensibilità non immediata alla penicillina, si può ottenere un trattamento effi cace con la sola vancomicina o associando la gentamicina durante le prime 2 settimane di trattamento con ceftriaxone (Tab. 58-6). I pazienti con endocardite da strepto-cocchi altamente resistenti alla penicillina (MIC >0,5 mg/ml) devono essere trattati con uno degli schemi raccomandati per l’endocardite enterococcica (Tab. 58-8).

STREPTOCOCCUS PYOGENES, STREPTOCOCCUS PNEU-MONIAE E STREPTOCOCCHI DI GRUPPO B, C, G. L’endo-cardite causata da questi streptococchi si è dimostrata refrattaria alla terapia antibiotica o associata a un danno val-

Tabella 58–6 Terapia dell’endocardite su valvola nativa dovuta a streptococchi viridans penicillino-sensibili e Streptococcus bovis (concentrazione minima inibente £0,1 mg/ml)*

Dosaggio e Durata Antibiotico via di somministrazione† (settimane)

Penicillina G acquosa

12-18 milioni di unità/24 ore in infusione continua oppure ogni 4 ore in sei dosi uguali

4

Ceftriaxone 2 g una volta al giorno EV o IM 4

Penicillina G acquosa

più Gentamicina

12-18 milioni di unità/24 ore in infusione continua oppure ogni4 ore in sei dosi uguali

1 mg/kg IM o EV ogni 8 ore

2

2

Vancomicina 30 mg/kg/24 ore EV in due dosi uguali, senza superare i 2 g/24 ore a meno che non siano monitorati i livelli sierici

4

Modifi cato da Wilson WR, Karchmer AW, Dajani AS, et al: Antibiotic treat-ment of adults with infective endocarditis due to streptococci, enterococci, staphylococci, and HACEK microorganisms. JAMA 274:1706, 1995. Copyri-ght 1995 American Medical Association.

*Per varianti streptococciche di tipo nutrizionale (Streptococcus adjacens, Streptococcus defectivus), vedi Tabella 58-8.

†Dosaggi indicati per pazienti con funzione renale normale. Le dosi di vanco-micina e di gentamicina devono essere ridotte nei pazienti con insuffi cienza renale. Le dosi di vancomicina e di gentamicina sono calcolate in base al peso corporeo ideale (uomo = 50 kg + 2,3 kg per ogni pollice oltre i 5 piedi; donna = 45,5 kg + 2,3 kg per ogni pollice oltre i 5 piedi).

Tabella 58–7 Trattamento dell’endocardite su valvola nativa dovuta a ceppi di streptococchi viridans e Streptococcus bovis relativamente resistenti alla penicillina G (concentrazione minima inibente >0,1 mg/ml e <0,5 mg/ml)

Dosaggio e Durata Antibiotico via di somministrazione* (settimane)

Penicillina G 18 milioni di unità/24 ore in 4acquosa infusione continua o ogni 4 ore più in sei dosi uguali Gentamicina 1 mg/kg IM o EV ogni 8 ore 2

Vancomicina 30 mg/kg/24 ore EV in due 4 dosi uguali, non superare 2 g/24 ore a meno che non siano monitorati i livelli sierici

*I dosaggi sono per pazienti con funzione renale normale; vedi nota Tabella 58-6. Modifi cato da Wilson WR, Karchmer AW, Dajani AS, et al: Antibiotic treatment of adults with infective endocarditis due to streptococci, entero-cocci, staphylococci, and HACEK microorganisms. JAMA 274:1706, 1995. Copyright 1995 American Medical Association.

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Capitolo 58

volare esteso. La penicillina G alla dose di 3 milioni di unità EV ogni 4 ore per 4 settimane è raccomandata per il trattamento dell’endocardite da streptococco di gruppo A.

L’EI causata dagli streptococchi di gruppo G, C o B è più diffi cile da trattare di quella causata dagli streptococchi viridans penicillino-sensi-bili. Di conseguenza, è spesso consigliata l’associazione della gentamicina durante le prime 2 settimane di un regime della durata di 4 settimane, che impiega elevate dosi di penicillina (Tab. 58-7).26,27 In quasi la metà di questi casi, un intervento cardiochirurgico precoce è necessario per correggere le complicanze intracardiache e può migliorare la prognosi.26,27

Nella scelta della terapia per l’EI pneumococcica, importanti consi-derazioni sono sia la resistenza antibiotica del ceppo infettante che la coesistenza di meningite.28 Il trattamento di un’EI causata da pneumococ-chi penicillino-sensibili (MIC = 0,6 µg/ml) con o senza la concomitante meningite comprende la penicillina G 4 milioni di unità EV ogni 4 ore, ceftriaxone 2 g EV ogni 12 ore o cefotaxime 4 g EV ogni 6 ore. In assenza di meningite, questi regimi sono effi caci per l’EI causata da pneumococ-chi relativamente resistenti alla penicillina (MIC 0,1 a 1,0 µg/ml). Se l’EI, inclusa quella complicata da meningite, è provocata da uno pneumococco penicillino-resistente (MIC = 2,0 µg/ml) o cefotaxime-resistente (MIC = 2,0 µg/ml), è preferita la terapia con ceftriaxone 2 g EV ogni 12 ore (o cefotaxime 4 g EV ogni 4 ore) con vancomicina 15 mg/kg EV ogni 12 ore. La mortalità risulta associata all’insuffi cienza cardiaca piuttosto che alla penicillino-resistenza.

ENTEROCOCCHI. La terapia ottimale per l’endocardite ente-rococcica richiede l’interazione battericida sinergica di un anti-biotico diretto contro la parete cellulare batterica (penicillina, ampicillina o vancomicina) e di un aminoglicoside che sia in grado di esercitare un effetto battericida (principalmente la streptomicina o la gentamicina). Un elevato livello di resistenza, defi nito come l’incapacità di concentrazioni elevate di strepto-micina (2000 mg/ml) o gentamicina (500 a 2000 mg/ml) di inibire la crescita dell’enterococco, è predittivo dell’incapacità dell’an-

Tabella 58–8 Terapia standard per l’endocardite dovuta a enterococco*

Antibiotico Dosaggio e Durata via di somministrazione* (settimane)

Penicillina 18-30 milioni di unità/24 ore in 4-6 acquosa G infusione continua o ogni 4 ore in sei dosi ugualipiù Gentamicina 1 mg/kg IM o EV ogni 8-ore 4-6

Ampicillina 12 g/24ore in infusione 4-6 continua o ogni 4 ore in sei dosi uguali più Gentamicina 1 mg/kg IM o EV ogni 8 ore 4-6

Vancomicina‡ 30 mg/kg/24 ore EV in due 4-6 dosi uguali, non superare 2 g/24 ore a meno che non siano monitorati i livelli sierici più Gentamicina 1 mg/kg IM o EV ogni 8 ore 4-6

Modifi cato da Wilson WR, Karchmer AW, Dajani AS, et al: Antibiotic treat-ment of adults with infective endocarditis due to streptococci, enterococci, staphylococci, and HACEK microorganisms. JAMA 274:1706, 1995. Copyri-ght 1995 American Medical Association.

*Al fi ne di scegliere la terapia ottimale, si deve testare la sensibilità agli anti-biotici di tutti gli enterococchi responsabili di endocardite. Questi schemi terapeutici sono per la terapia dell’endocardite causata da enterococchi sensibili alla vancomicina o all’ampicillina e non altamente resistenti alla gentamicina. Possono essere utilizzati anche per la terapia dell’endocar-dite causata da streptococchi viridans e varianti streptococciche di tipo nutrizionale penicillina-resistenti (MIC >0,5) (S. defectivus, S. adjacens), o dell’endocardite su valvola protesica da enterococco.

†Dosaggi per pazienti con funzione renale normale. Vedi nota Tabella 58-6.‡Le cefalosporine non sono un’alternativa alla penicillina/ampicillina nei

pazienti allergici alla penicillina.

Tabella 58–9 Strategia per scegliere la terapia dell’endocardite enterococcica causata da ceppi resistenti ai farmaci dello schema terapeutico standard 1

I. La terapia ideale per ottenere un’azione battericida sinergica comprende un farmaco attivo sulla parete cellulare più un aminoglicoside

II. Antibiotico attivo sulla parete cellulare A. Determinare la MIC per l’ampicillina e la vancomicina; test

per la produzione di beta-lattamasi (test al nitrocefi n) B. Se sensibili all’ampicillina e alla vancomicina, usare

l’ampicillina C. Se resistenti all’ampicillina (MIC ≥16 µg/ml) e sensibili alla

vancomicina, usare la vancomicina D. Se produttori di beta-lattamasi, usare la vancomicina o

l’ampicillina protetta (associata al sulbactam) E. Se resistenti all’ampicillina e alla vancomicina (MIC ≥16

mg/ml), considerare la teicoplanina*F. Se resistenti all’ampicillina e altamente resistenti alla

vancomicina e alla teicoplanina (MIC ≥256 µg/ml), vedi IV C, D

III. Usare un aminoglicoside con un antibiotico attivo sulla parete cellulare A. Se non c’è un alto grado di resistenza alla streptomicina

(MIC <2000 µg/ml) o alla gentamicina (MIC <500-2000µg/ml), usare la gentamicina o la streptomicina

B. Se c’è un alto grado di resistenza alla gentamicina (MIC >500-2000 µg/ml), testare la streptomicina. Se non c’è un alto grado di resistenza alla streptomicina, usare la streptomicina

C. Se c’è un alto grado di resistenza alla gentamicina e alla streptomicina, tralasciare la terapia con aminoglicoside; adottare una terapia prolungata (8-12 settimane) con un antibiotico attivo sulla parete cellulare se il microrganismo è sensibile (vedi II A-E) o impiegare una terapia alternativa (vedi IV C, D)

IV. Terapie e approcci alternativi A. Monoterapia (vedi III C) e intervento chirurgico B. Considerare ampicillina, vancomicina (o teicoplanina) e

gentamicina (o streptomicina) in base all’assenza di un alto grado di resistenza

C. Per l’endocardite infettiva dovuta a Enterococcus faecium sensibile considerare la terapia con quinupristina/dalfopristin e l’intervento chirurgico

D. Considerare una terapia con linezolid con o senza l’intervento chirurgico

E. La terapia con fl uorochinolonici, rifampicina oppure con trimetoprim-sulfametossazolo ha un’effi cacia discutibile

F. La daptomicina è attiva in vitro contro gli enterococchi resistenti alla vancomicina, ma non ci sono dati clinici per questo farmaco

MIC = concentrazione minima inibente.*Non approvati dalla Food and Drug Administration per l’impiego negli Stati

Uniti; possono essere utilizzati in protocolli per uso compassionevole.

tibiotico di esercitare il suo effetto letale e di partecipare all’in-terazione sinergica di tipo battericida sia in vitro che in vivo. I regimi standard raccomandati per il trattamento dell’endocar-dite da enterococco (Tab. 58-8) sono ideati per ottenere una sinergia battericida. La terapia combinata sinergica ha determi-nato un tasso di guarigione dell’85% circa, rispetto al 40% otte-nuto con trattamento non battericida con un singolo farmaco.

Alcuni Autori preferiscono la gentamicina alla dose di 1,5 mg/kg ogni 8 ore; tuttavia, poiché questa dose può essere associata a un’aumentata incidenza di nefrotossicità, altri consigliano dosi di 1 mg/kg ogni 8 ore. Con queste dosi si cerca di ottenere delle concentrazioni plasmatiche di picco di gentamicina rispettivamente di circa 5 e di 3,5 µg/ml. In assenza di una resistenza elevata alla streptomicina del ceppo responsabile, si può usare questo antibiotico al posto della gentamicina nei regimi standard, somministrandolo per via intramuscolare (IM) o EV, alla dose di 7,5 mg/kg ogni 12 ore, per raggiungere una concentrazione plasmatica di picco di circa 20 µg/ml. Nei pazienti allergici alla penicillina, è raccomandato l’uso della vancomicina con un aminoglicoside (Tab. 58-8); in alternativa, i

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1647Endocardite infettiva

pazienti possono essere desensibilizzati nei confronti della penicillina. La desensibilizzazione può essere opportuna quando un’insuffi cienza renale preesistente consiglia di evitare la combinazione potenzialmente più nefro-tossica della vancomicina e di un aminoglicoside. Le cefalosporine non sono effi caci nel trattamento dell’endocardite da enterococco. La terapia viene somministrata per 4-6 settimane, con una maggiore durata per il trattamento dei pazienti con EI sintomatica per più di 3 mesi, con malattia complicata e con PVE enterococciche. Durante il trattamento, si richiede un accurato controllo clinico dei pazienti e dei livelli di aminoglicoside per prevenire la nefrotossicità e l’ototossicità.

Nella più vasta casistica pubblicata fi no a oggi, di 93 pazienti trattati per EI enterococcica (66 con NVE, 27 con PVE), 75 (81%) sono guariti, 15 (16%) sono deceduti e 3 (3%) hanno recidivato.78 La guarigione è stata raggiunta con una durata mediana della terapia antimicrobica attiva sulla parete cellulare e della terapia con aminoglicoside di 42 e 15 giorni, rispet-tivamente. Nei 39 pazienti che sono guariti, gli aminoglicosidi sono stati somministrati per 21 giorni o meno. Questi risultati positivi con regimi che usano cicli più brevi di aminoglicosidi suggeriscono che la componente aminoglicosidica della terapia di associazione possa essere ridotta se la tossicità diventa signifi cativa.

Tutti gli enterococchi responsabili di un’endocardite devono essere attentamente valutati per poter selezionare una terapia effi cace (Tab. 58-9). Il ceppo responsabile dell’endocardite deve essere testato per un alto livello di resistenza nei confronti sia della streptomicina che della gentamicina, nonché per stabilire la sua sensibilità alla penicillina, all’ampicillina e alla vancomicina. Se il ceppo è resistente alle concentrazioni sieriche raggiun-gibili del farmaco attivo contro la parete cellulare o è molto resistente agli aminoglicosidi, il sinergismo e la terapia ottimale non possono essere otte-nuti con un regime standard che preveda un antibiotico inattivo. Inoltre, l’elevata resistenza alla gentamicina predice la resistenza a tutti gli altri aminoglicosidi, a eccezione della streptomicina. Questi dati sulla sensibilità permettono la selezione di un regime battericida di tipo sinergico, se ne esiste uno utilizzabile, o di un trattamento alternativo (Tab. 58-9).46

STAFILOCOCCHI. Più del 90% degli stafi lococchi coagu-lasi-positivi e coagulasi-negativi è resistente alla penicillina. La resistenza alla meticillina è frequente tra gli stafi lococchi coagulasi-negativi ed è sempre più frequente tra lo S. aureus. I ceppi meticillino-resistenti sono resistenti a tutti gli antibio-tici beta-lattamici, ma di solito sono sensibili alla vancomicina. Rari stafi lococchi hanno una ridotta sensibilità o una resistenza alla vancomicina. Tra gli stafi lococchi eliminati dagli antibio-tici attivi contro la parete cellulare, gli effetti battericidi di questi farmaci possono essere aumentati dall’associazione con un aminoglicoside. Le associazioni di penicilline semisinteti-che penicillinasi-resistenti o della vancomicina con la rifam-picina non producono un’azione battericida sinergica prevedibile; nonostante ciò, la rifampicina ha un’attività spe-cifi ca contro le infezioni da stafi lococchi che interessano i materiali estranei.18 Le infezioni stafi lococciche che interes-sano le protesi valvolari sono trattate differentemente dalla NVE causata dalle stesse specie (Tab. 58-10).18,30,75

ENDOCARDITE DA STAFILOCOCCO DELLE VALVOLE NATIVE. Le penicilline semisintetiche penicillinasi-resistenti sono la pietra miliare del trattamento dell’endocardite causata da stafi lococchi meticillino-sensibili. Quando un paziente ha un’allergia alla penicillina che non induce orticaria o una rea-zione anafi lattica, si può utilizzare una cefalosporina di prima generazione. L’interazione sinergica degli antibiotici beta-lat-tamici con un aminoglicoside non ha aumentato il tasso di guarigione dell’endocardite stafi lococcica; tuttavia, la terapia con questa associazione ha moderatamente accelerato l’eradi-cazione degli stafi lococchi dalle vegetazioni e dal sangue. Per ottenere questo vantaggio potenziale, nei primi 3-5 giorni di trattamento alla terapia con antibiotici beta-lattamici per lo S. aureus si può associare la gentamicina.75 Una somministra-zione più prolungata di gentamicina è stata associata a nefro-tossicità e deve pertanto essere evitata. Il ruolo della terapia combinata non è defi nito altrettanto bene nelle NVE causate da stafi lococchi coagulasi-negativi; i dati complessivi suggeri-scono un miglioramento del tasso di guarigione con la terapia combinata.30

Nei tossicodipendenti da droghe iniettive, l’endocardite da S. aureus meticillino-sensibile, non complicata e limitata alle valvole del cuore destro, è stata effi cacemente trattata con 2 settimane di penicilline semisintetiche penicillinasi-resistenti (ma non con la vancomicina) in associazione con un aminoglicoside (dosi come indicato nella Tab. 58-10). Tuttavia, alcuni pazienti con endocardite del cuore destro da S. aureus nella prima settimana di trattamento sviluppano segni suggestivi di infe-zione del cuore sinistro; questi pazienti non sono candidati a terapia abbreviata.

Nell’endocardite causata da stafi lococchi meticillino-resistenti è neces-saria una terapia con vancomicina (Tab. 58-10). Il trattamento con il trime-toprim-sulfametossazolo per le endocarditi del cuore destro causate da S. aureus sensibile a questo antibiotico è stato solo moderatamente effi cace. Non sono disponibili vere alternative al trattamento con la vancomicina. Gli stafi lococchi meticillino-resistenti sono in genere sensibili al linezolid e alla daptomicina; tuttavia, l’esperienza nell’utilizzo di questi farmaci per il trattamento dell’endocardite è limitata. La teicoplanina, un antibiotico glicopeptidico simile alla vancomicina, è stata presa in considerazione come possibile alternativa; tuttavia, alcuni ceppi di S. aureus sono diventati resistenti alla teicoplanina.79

La teicoplanina si inizia a una dose di 6 mg/kg due volte al dì per 3-4 giorni fi nché non si ottiene una concentrazione sierica costante di 20-30 mg/ml; in seguito, per risultati ottimali, questa concentrazione deve essere mantenuta con 10 mg/kg/die. Se il ceppo meticillino-resistente è sensibile alla gentamicina, questo aminoglicoside può essere usato in combinazione con la vancomicina per aumentare l’attività battericida. Tuttavia, questa associazione può aumentare anche l’incidenza della tossicità renale. L’as-sociazione della rifampicina alla vancomicina nel trattamento della NVE da S. aureus meticillino-resistente non è risultata vantaggiosa. L’endocardite del cuore destro da S. aureus meticillino-resistente non si può trattare con un regime della durata di 2 settimane.

Tabella 58–10 Trattamento dell’endocardite da stafi lococco in assenza di materiale protesico

Antibiotico Dosaggio e via di somministrazione* Durata

Stafi lococchi sensibili alla meticillina†

Nafcillina od oxacillina 2 g EV ogni 4 ore 4-6 settimaneCon aggiunta opzionale di gentamicina 1 mg/kg IM o EV ogni 8 ore 3-5 gg

Cefazolina (o altre cefalosporine di prima 2 g EV ogni 8 ore 4-6 settimanegenerazione ai dosaggi equivalenti)‡

Con aggiunta opzionale di gentamicina 1 mg/kg IM o EV ogni 8 ore 3-5 gg

Vancomicina‡ 30 mg/kg/24 ore EV in due dosi uguali, senza superare 4-6 settimane 2 g/24 ore a meno che non siano monitorati i livelli sierici

Stafi lococchi resistenti alla meticillina Vancomicina 30 mg/kg/24 ore EV in due uguali, senza superare 4-6 settimane 2 g/24 ore, a meno che non siano monitorati i livelli sierici

Modifi cato da Wilson WR, Karchmer AW, Dajani AS, et al: Antibiotic treatment of adults with infective endocarditis due to streptococci, enterococci, staphylococci, and HACEK microorganisms. JAMA 274:1706, 1995. Copyright 1995 American Medical Association.

*Dosaggi per i pazienti con funzione renale normale. Vedi nota Tabella 58-6.†Per la terapia dell’endocardite dovuta a stafi lococchi penicillino-sensibili (MIC £0,1 mg/ml), penicillina G acquosa (18-24 millioni di unità/24 ore) può essere

usata per 4-6 settimane al posto della nafcillina o dell’oxacillina.‡Cefazolina, altre cefalosporine di prima generazione o la vancomicina possono essere impiegate in pazienti selezionati allergici alla penicillina.

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Capitolo 58

ENDOCARDITE DA STAFILOCOCCO SU VALVOLA PRO-TESICA. Le infezioni stafi lococciche delle protesi valvolari cardiache devono essere trattate con un’associazione di tre antibiotici. La rifampicina ha un’attività antistafi lococcica spe-cifi ca quando l’infezione colpisce i materiali estranei. Tuttavia, quando la rifampicina viene utilizzata da sola o in combina-zione con la vancomicina o con antibiotici beta-lattamici per il trattamento delle PVE stafi lococciche, compaiono rapida-mente stafi lococchi resistenti alla rifampicina stessa.18 Di con-seguenza, la PVE stafi lococcica viene trattata associando alla rifampicina altri due antibiotici.18 È preferibile ritardare la somministrazione della rifampicina fi no a quando non è stato somministrato per 48 ore un trattamento con due antibiotici effi caci contro gli stafi lococchi.

Nelle PVE causate da stafi lococchi resistenti alla meticillina, si inizia a somministrare vancomicina e gentamicina, asso-ciando la rifampicina se il microrganismo è sensibile alla gen-tamicina. Se il microrganismo è resistente alla gentamicina, si deve scegliere un altro aminoglicoside a cui il microrganismo si dimostri sensibile. In alternativa, se il microrganismo è resi-stente a tutti gli aminoglicosidi, si può usare un chinolonico a cui il microrganismo sia sensibile.18 Nel trattamento di una PVE causata da stafi lococchi sensibili alla meticillina, si deve sostituire la vancomicina con una penicillina semisintetica penicillinasi-resistente (Tab. 58-11).

I pazienti con allergia alla penicillina di tipo non immediato possono essere trattati con una cefalosporina di prima genera-zione invece della penicillina semisintetica. La PVE causata da stafi lococchi coagulasi-negativi, che si manifesta nel primo anno dall’impianto della valvola, è spesso complicata da un’estensione perivalvolare dell’infezione, ed è spesso neces-sario sostituire chirurgicamente la valvola per eradicare l’in-fezione e mantenere un’appropriata funzione valvolare.18 Pazienti con una PVE da S. aureus hanno frequenti compli-canze intracardiache e tassi di mortalità particolarmente ele-vati. La probabilità di curare una PVE da S. aureus è signifi ca-tivamente maggiore associando l’intervento chirurgico precoce a un’appropriata terapia antimicrobica combinata.80,81

HEMOPHILUS PARAINFLUENZAE, HEMOPHILUS APHROPHI-LUS, ACTINOBACILLUS ACTINOMYCETEMCOMITANS, CARDIO-BACTERIUM HOMINIS, EIKENELLA CORRODENS E KINGELLA KINGAE (MICRORGANISMI HACEK). Le endocarditi causate dai micror-ganismi del gruppo HACEK, in passato, sono state trattate con l’ampicillina da sola o in associazione con la gentamicina. Sono stati occasionalmente isolati microrganismi del gruppo HACEK ampicillino-resistenti in quanto produttori di betalattamasi. Data la marcata sensibilità dei microrganismi del gruppo HACEK, produttori o meno di beta-lattamasi, alle cefalosporine di terza generazione, per la terapia della NVE o della PVE, causata da questi microrganismi è raccomandato l’impiego del ceftriaxone o di una cefalo-sporina di terza generazione equivalente (Tab. 58-12).75 Nell’endocardite causata dai ceppi non produttori di beta-lattamasi, può essere usata l’ampi-cillina associata alla gentamicina al posto del ceftriaxone (Tab. 58-12).

ALTRI PATOGENI. La terapia antibiotica per i pazienti con EI causata da microrganismi atipici si basa su un’esperienza clinica limitata e su dati derivati da modelli sperimentali su animali e studi in vitro. L’amfotericina a dosaggio massimo, spesso combinata con la 5-fl uorocitosina, è raccoman-data per la terapia dell’endocardite da Candida. Molti pazienti con NVE e PVE da Candida senza complicanze intracardiache risultano guariti con una terapia prolungata con il fl uconazolo.82 Ciononostante, il trattamento standard per l’endocardite da Candida continua a essere l’intervento chi-rurgico poco dopo l’inizio della terapia con amfotericina.41,83 È stata soste-nuta la necessità di una somministrazione prolungata o a tempo illimitato di fl uconazolo nei pazienti trattati con terapia medica o chirurgica.82,83 Pur essendo state di uso poco comune per trattare l’EI, le formulazioni lipo-somiali dell’amfotericina possono essere utili poiché sono meno tossiche dell’amfotericina desossicolato. I nuovi farmaci echinocandina e gli azolici sono delle alternative per la terapia acuta e soppressiva.

Deve essere attentamente valutata la sensibilità all’antibiotico dei cori-nebatteri responsabili di endocardite. Molti sono sensibili alla penicillina, alla vancomicina e agli aminoglicosidi. Per i ceppi sensibili agli aminogli-cosidi si ottiene un effetto battericida sinergico associando la penicillina con un aminoglicoside. C. jeikeium, sebbene sia spesso resistente alla penicillina e agli aminoglicosidi, è sensibile alla vancomicina. La NVE o la PVE causate dalle specie Corynebacterium possono essere trattate con la penicillina associata a un aminoglicoside o alla vancomicina, a seconda delle sensibilità del ceppo responsabile.

Le Enterobatteriaceae (Escherichia coli e Klebsiella, Enterobacter, Serratia e Proteus) sono molto sensibili alle cefalosporine di terza gene-razione, all’imipenem e all’aztreonam. Per trattare l’EI causata da Entero-bacteriacee viene utilizzato uno dei farmaci sopra menzionati, ad alte dosi, associato a un aminoglicoside.

L’EI da C. burnetii è diffi cile da eradicare. È stata proposta una terapia prolungata (di almeno 4 anni) con doxiciclina (100 mg due volte al giorno) o con un’altra tetraciclina associata a un chinolonico. La terapia con doxiciclina associata a idrossiclorochina per 18-48 mesi (media 31 mesi, mediana 26 mesi) può essere più effi cace di cicli di terapia più lunghi con doxiciclina e un chinolonico.34,84 La chirurgia è importante per una terapia effi cace.

ENDOCARDITE CON COLTURA NEGATIVA. Devono essere effettuate indagini particolari per diagnosticare un’EI causata da batteri subdoli e da altri microrganismi (vedi Dia-gnosi). Dopo di che, a meno che i dati clinici o epidemiologici non suggeriscano una diagnosi eziologica, la terapia raccoman-

Tabella 58–11 Terapia dell’endocardite da stafi lococchi in presenza di una valvola protesica o di altro materiale protesico

Dosaggio e Durata Antibiotico via di somministrazione* (settimane)

Schema terapeutico per stafi lococchi resistenti alla meticillina Vancomicina 30 mg/kg/24 ore EV in due ≥6 dosi uguali, senza superare 2 g/24 ore a meno che non siano monitorati i livelli sierici più Rifampicina e 300 mg PO ogni 8 ore ≥6gentamicina† 1,0 mg/kg IM o EV 2 ogni 8 ore

Schema terapeutico per stafi lococchi sensibili alla meticillina Nafcillina od oxacillina 2 g EV ogni 4 ore ≥6più Rifampicina e 300 mg PO ogni 8 ore ≥6gentamicina† 1,0 mg/kg IM o EV 2 ogni 8 ore

Modifi cato da Wilson WR, Karchmer AW, Dajani AS, et al: Antibiotic treat-ment of adults with infective endocarditis due to streptococci, enterococci, staphylococci, and HACEK microorganisms. JAMA 274:1706, 1995. Copyri-ght 1995 American Medical Association.

*Dosaggi sono per pazienti con funzione renale normale. Vedi nota Tabella 58-6.

†Impiego durante le prime 2 settimane di terapia. Se il ceppo è resistente alla gentamicina, vedere il testo per le possibili alternative.

Tabella 58–12 Terapia dell’endocardite dovuta a microrganismi HACEK*

Dosaggio e Durata Antibiotico via di somministrazione† (settimane)

Ceftriaxone‡ 2 gm una volta al giorno EV o IM 4

Ampicillina 12 gm/24 ore EV somministrati 4 continuamente o ogni 4-ore in sei dosi egualmente suddivise più Gentamicina 1 mg/kg IM o EV ogni 8 ore 4

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*I microrganismi HACEK sono Hemophilus parainfl uenzae, Hemophilus aphrophilus, Actinobacillus actinomycetemcomitans, Cardiobacterium hominis, Eikenella corrodens e Kingella spp.

†Dosaggi per pazienti con funzione renale normale. Vedi nota Tabella 58-6.‡Cefotaxime o ceftizoxime in dosi equivalenti possono sostituire il ceftria-

xone.

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1649Endocardite infettiva

data per la NVE con coltura negativa è l’associazione dell’am-picillina con la gentamicina (Tab. 58-8); poiché, in assenza di una terapia antibiotica confondente, è poco probabile che la NVE con coltura negativa sia dovuta a enterococchi o a stafi -lococchi, è possibile sostituire il ceftriaxone all’ampicillina nello schema terapeutico descritto. Per i pazienti con PVE e coltura negativa, è opportuno aggiungere la vancomicina a que-sto schema.18 L’incidenza di mortalità è più bassa nei pazienti con endocardite e coltura negativa che hanno assunto antibio-tici prima delle emocolture e in quelli diventati apirettici durante la prima settimana di terapia antibiotica.85 Nel tratta-mento dei pazienti con EI e coltura negativa è bene considerare la possibilità di un’endocardite marantica. L’intervento chirur-gico deve essere considerato per coloro che non rispondono bene alla terapia antibiotica empirica. Se si procede all’inter-vento, si deve effettuare un esame microbiologico e anatomo-patologico approfondito del materiale escisso per stabilire la diagnosi eziologica.

EPOCA DI INIZIO DELLA TERAPIA ANTIBIOTICA. La politica attuale di contenimento dei costi sanitari spinge spesso a iniziare una terapia antibiotica empirica per sospetta endocardite subito dopo aver effettuato l’emocoltura. Questa strategia è appropriata per i pazienti con EI acuta molto distruttiva e rapidamente progressiva e per i pazienti emodinamica-mente scompensati che richiedono un intervento di emergenza o comun-que urgente. L’inizio immediato della terapia ha un impatto favorevole sulla prognosi di questi pazienti. Al contrario, iniziare precipitosamente la terapia in pazienti emodinamicamente stabili con sospetta endocar-dite subacuta non previene le complicanze precoci e può, inquinando le emocolture successive, compromettere la diagnosi eziologica dell’endo-cardite. In questi ultimi pazienti, è prudente ritardare la terapia antibiotica in attesa dei risultati della prima emocoltura. Se questa non si positivizza prontamente, è bene sfruttare questo ritardo per ulteriori emocolture senza l’effetto confondente della terapia empirica. Questa opportunità è importante se i pazienti hanno assunto antibiotici di recente.

MONITORAGGIO DELLA TERAPIA DELL’ENDOCARDITE. I pazienti devono essere accuratamente monitorati durante la terapia e per molti mesi successivi. Il fallimento della terapia antibiotica, la presenza di ascessi miocardici o metastatici e di emboli, l’ipersensibilità agli antibiotici e altre complicanze della terapia (infezione da catetere, trombofl ebiti) o malattie intercorrenti possono manifestarsi con febbre persistente o ricorrente. Nel 33% dei pazienti trattati per EI con antibiotici betalattamici, soprattutto penicillina e ampicillina, si osservano effetti collaterali della terapia. Le reazioni includono la comparsa di febbre, di manifestazioni cutanee e neutropenia e hanno una frequenza crescente dopo 15 giorni di terapia.86 Gli eventi clinici possono indicare la necessità di rivedere la terapia anti-biotica, potenzialmente salvavita, o di una terapia chirurgica associata.

La concentrazione sierica di vancomicina o di aminoglicosidi deve essere misurata periodicamente per effettuare aggiustamenti della dose che assicurino una terapia ottimale ed evitare gli effetti collaterali. Inoltre, nei pazienti che assumono questi due antibiotici, deve essere monitorata la funzione renale; l’emocromo completo deve essere eseguito almeno settimanalmente nei pazienti che assumono antibiotici betalattamici o vancomicina ad alte dosi.

Durante i primi giorni di terapia o se la febbre persiste, devono essere effettuate emocolture ripetute per determinare quando la batteriemia è sotto controllo. Nei pazienti con recrudescenza della febbre dopo il trat-tamento, è fondamentale effettuare subito delle emocolture per stabilire la possibile ripresa del processo endocarditico.

TERAPIA ANTIBIOTICA DOMICILIARE. I progressi tecnici che per-mettono la somministrazione sicura di protocolli antibiotici complessi, associati a un’assistenza domiciliare ben organizzata che permette di supportare e monitorare la terapia, rendono possibile il trattamento dei pazienti affetti da endocardite in regime ambulatoriale. In questo modo, si può ridurre signifi cativamente il costo della terapia. Tuttavia, devono essere presi in considerazione per la terapia domiciliare solo i pazienti che hanno risposto fi n dall’inizio alla terapia e non hanno più febbre, che non presentano complicanze preoccupanti, che garantiscono una buona com-pliance terapeutica e che hanno una situazione abitativa idonea. Poiché la maggior parte delle complicanze del trattamento dell’EI si verifi ca durante le 2 settimane iniziali di terapia, alcuni Autori hanno suggerito che il trat-tamento durante questo periodo debba essere somministrato in regime di degenza o in ambiente ambulatoriale che fornisca quotidianamente una sorveglianza medica.87 Inoltre, i pazienti da trattare a domicilio devono essere informati delle potenziali complicanze dell’endocardite, istruiti a rivolgersi immediatamente ai medici se dovessero verifi carsi eventi clinici inattesi o sfavorevoli e devono essere costantemente monitorati dal punto di vista clinico e laboratoristico. Infi ne, la terapia domiciliare non deve rappresentare un compromesso terapeutico che porti a un trattamento subottimale.

Trattamento chirurgico delle complicanze intracardiache L’intervento cardiochirurgico ha un ruolo sempre più impor-tante nella terapia delle complicanze intracardiache dell’en-docardite. I dati retrospettivi suggeriscono che la mortalità è elevata in modo inaccettabile quando queste complicanze sono trattate con i soli antibiotici, mentre la mortalità si riduce se gli antibiotici sono associati all’intervento chirurgico.46,88,89,89a Pertanto, queste complicanze sono un’indicazione all’inter-vento chirurgico (Tab. 58-13).

DISFUNZIONE VALVOLARE. La terapia medica della NVE complicata da CHF di grado da moderato a grave (Classe III e IV NYHA) dovuta a una disfunzione valvolare ingravescente o di nuova insorgenza, determina tassi di mortalità dal 50 al 90%. Le percentuali di sopravvivenza per un gruppo di pazienti simile, ma trattato con antibiotici e intervento cardiochirurgico sono del 60-80%.46,88 Sebbene le percentuali di sopravvivenza tra i pazienti con PVE complicata da disfunzione valvolare e CHF trattati chirurgicamente siano fra il 45 e l’85%, pochi pazienti con PVE con queste complicanze sopravvivono a 6 mesi, se trattati con i soli antibiotici.17-19 Il peggioramento di un’insuffi cienza aortica si associa a una CHF più grave e più rapidamente progressiva rispetto a quanto accade nell’insuffi -cienza mitralica. Quindi, i pazienti con endocardite della val-vola aortica non solo costituiscono il numero maggiore di pazienti trattati chirurgicamente, ma richiedono anche un intervento più urgente quando sopraggiunge insuffi cienza car-diaca. L’insuffi cienza mitralica grave, tuttavia, evolve inesora-bilmente verso l’insuffi cienza cardiaca e, alla fi ne, richiede comunque l’intervento chirurgico. L’ecocardiografi a Doppler e color Doppler, pur individuando nella prima settimana di terapia dell’endocardite la presenza di insuffi cienza valvolare signifi cativa, non riesce a predire in modo affi dabile per quali pazienti sarà necessaria la sostituzione valvolare durante la fase attiva della malattia. Un’altra possibilità è che, nonostante l’assenza in fase precoce di un’insuffi cienza valvolare signifi -cativa all’ecocardiografi a, possa svilupparsi CHF. Quindi, le decisioni sull’intervento chirurgico vanno prese integrando i dati clinici e i reperti ecocardiografi ci ottenuti durante un attento monitoraggio periodico. Talora, le vegetazioni molto estese della mitrale, soprattutto di una protesi mitralica, cau-sano un’ostruzione signifi cativa e richiedono pertanto l’inter-vento chirurgico.18

Tabella 58–13 Cardiochirurgia nei pazienti con endocardite infettiva

Indicazioni Insuffi cienza cardiaca congestizia da moderata a grave dovuta

a disfunzione valvolare Protesi instabile, orifi zio della protesi ostruito Infezione non controllata malgrado una terapia antibiotica ottimale Terapia antibiotica effi cace non disponibile: endocardite dovuta

a miceti, Brucellae, Pseudomonas aeruginosa (valvole aorticao mitralica)

PVE da Staphylococcus aureus con una complicanza intracardiaca Recidiva di PVE dopo una terapia ottimale Fistola nel sacco pericardico

Indicazioni relative*Estensione perivalvolare dell’infezione, fi stola intracardiaca,

ascesso miocardico con febbre persistente NVE da S. aureus poco responsiva (valvole aortica o mitrale) Recidiva di NVE dopo terapia antibiotica ottimale NVE o PVE a emocoltura negativa con persistenza di febbre (≥10 gg)Grande (>10 mm di diametro) vegetazione ipermobile (con o senza

un precedente episodio di embolia arteriosa) Endocardite da enterococchi altamente resistenti agli antibiotici

NVE = endocardite su valvola nativa; PVE = endocardite su valvola protesica.*Intervento solitamente necessario per una prognosi ottimale.

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Capitolo 58

PROTESI INSTABILI. La deiscenza di una protesi infetta con conseguenti alterazioni, spesso emodinamicamente signi-fi cative, della funzione valvolare è una manifestazione di infe-zione perivalvolare. Nei pazienti con PVE e con queste complicanze, viene raccomandato l’intervento chirurgico.18 Il rischio di un’infezione invasiva è maggiore per i pazienti che presentano PVE entro un anno dall’impianto della valvola e fra quelli con infezione della protesi valvolare aortica. L’endo-cardite in questi pazienti è spesso causata da microrganismi invasivi antibiotico-resistenti; di conseguenza, aumenta ulte-riormente il benefi cio di una terapia combinata medica e chi-rurgica. I pazienti clinicamente stabili, ma con una protesi chiaramente instabile ed eccessivamente mobile e un reperto indicativo di deiscenza in più del 40% della circonferenza, sono probabilmente soggetti a un’instabilità progressiva della valvola e richiedono un trattamento chirurgico. Occasional-mente, alcuni pazienti con una PVE causata da microrganismi non invasivi, molto sensibili agli antibiotici, p.es., gli strepto-cocchi, nonostante un decorso clinico favorevole durante la terapia antibiotica, manifestano tardivamente nel corso della terapia una deiscenza minore della valvola, senza instabilità della protesi o deterioramento emodinamico. Il trattamento chirurgico di questi pazienti può essere differito, a meno che non emerga una chiara indicazione all’intervento.

INFEZIONE NON CONTROLLATA O TERAPIA ANTIBIO-TICA EFFICACE NON DISPONIBILE. L’intervento chirurgico ha migliorato la prognosi di molte forme di endocardite in cui la terapia antibiotica massimale non è in grado di eradicare l’infezione o, in alcuni casi, neppure di sopprimere la batterie-mia. L’amfotericina B non è una terapia adeguata per l’endo-cardite micotica, compresa quella causata dalla specie Candida, per cui è raccomandato l’intervento chirurgico subito dopo l’inizio della terapia antimicotica a piene dosi. L’endocardite causata da alcuni batteri Gram-negativi, p.es., P. aeruginosa, Achromobacter xylosoxidans, può non essere eradicata dalla massima terapia antibiotica tollerabile e può richiedere l’escis-sione chirurgica del tessuto infetto per ottenere la guarigione. Analogamente, la terapia standard dell’endocardite causata da Brucella comprende l’intervento chirurgico, poiché la terapia medica è raramente effi cace.61 Si raccomanda di effettuare l’in-tervento chirurgico quando i pazienti con endocardite da ente-rococco, causata da un ceppo resistente alla terapia antibiotica sinergica, non rispondono alla terapia iniziale o vanno incontro a recidive. Un’infezione perivalvolare invasiva è, in alcuni casi, una forma di infezione non eradicabile. Una recidiva di PVE, dopo una terapia antibiotica ottimale, è sintomo di una pato-logia invasiva o di diffi coltà nell’eradicare l’infezione che inte-ressa dispositivi eterologhi. I pazienti con recidiva di PVE sono trattati con l’intervento chirurgico.28 Al contrario, i pazienti con recidiva di NVE sono spesso trattati nuovamente con una tera-pia antibiotica più aggressiva e più prolungata, a meno che non sia in causa un microrganismo particolarmente resistente o un’infezione perivalvolare dimostrabile.

ENDOCARDITE SU VALVOLA PROTESICA DA S. AUREUS. Tra i 129 pazienti che presentavano PVE da S. aureus e che erano stati selezionati dalle casistiche generali di PVE di vasti studi retrospettivi, il tasso grezzo di mortalità per quelli trattati con i soli antibiotici e per quelli trattati con l’associazione di antibiotici e intervento chirurgico, era rispettivamente del 73 e del 25%.31,81,90,91 Sebbene il trattamento sia indubbiamente infl uenzato dalla selezione dei casi (i pazienti più malati sono spesso esclusi dall’inter-vento chirurgico), i risultati sono allarmanti. Il tasso globale di mortalità in 33 casi di PVE da S. aureus trattati in un unico centro era del 42%.81 Negli ultimi casi, quando si adottava un modello di analisi multivariata per correg-gere i risultati in base alle variabili confondenti, la presenza di complicanze intracardiache era associata a un rischio di morte aumentato di 13,7 volte e l’intervento chirurgico durante la fase attiva della malattia riduceva di 20 volte la mortalità. Questi risultati non cambiano quando i dati sono limitati a pazienti che sopravvivono a una settimana di trattamento (per correggere i dati tramite esclusione dei pazienti non sottoposti a intervento chirurgico perché terminali) e vengono rianalizzati. Da questi dati si evince che la terapia chirurgica può migliorare la prognosi. Sebbene il verifi carsi di un’embolia al sistema nervoso centrale sia spesso considerato un limite

per l’intervento chirurgico, di fatto, l’intervento programmato al momento giusto rimane la terapia prioritaria. Perciò, l’intervento chirurgico è indi-cato nella PVE da S. aureus con complicanze intracardiache e può arrecare benefi cio anche ai pazienti con PVE da S. aureus non complicata.18,81,90

INFEZIONE PERIVALVOLARE A CARATTERE INVASIVO. La NVE in sede aortica e la PVE si associano molto frequentemente a un’invasione perivalvolare dell’infezione, con formazione di ascessi o di fi stole intracar-diache.18 L’infezione invasiva si verifi ca in una percentuale di pazienti che va dal 10 al 14% tra quelli con NVE e dal 45 al 60% tra quelli con PVE.18 La febbre persistente e non spiegabile altrimenti nonostante una terapia antimicrobica appropriata o la pericardite in pazienti con endocardite a carico della valvola aortica, suggeriscono un’infezione che si estende oltre i lembi valvolari. Le anomalie di conduzione elettrocardiografi che di nuova insorgenza e persistenti, benché non rappresentino un indicatore sensibile di infezione perivalvolare (dal 28 al 53%), sono relativamente specifi che (dall’85 al 90%).92,93 La ETE è superiore alla ETT nell’identifi care un’infe-zione invasiva nei pazienti con NVE e PVE. Il Doppler e il color-Doppler o l’ecografi a bidimensionale con contrasto sono ottimali per defi nire le fi stole. Ascessi sospettati ma non identifi cati mediante ETE iniziale e ripe-tuta possono essere individuati mediante la RM, inclusa l’angio-RM. Il cate-terismo cardiaco aggiunge poco a queste indagini e non è raccomandato a meno che non si renda necessaria la coronarografi a.

Nei pazienti con endocardite complicata da estensione perivalvolare dell’infezione, deve essere preso in considerazione l’intervento chirur-gico per ostacolare la diffusione dell’infezione, per asportare gli ascessi e per ricostruire il danno anatomico. La chirurgia è d’obbligo nei pazienti con malattia invasiva che compromette in modo signifi cativo le strutture cardiache, che è associata a CHF, che determina instabilità di una protesi valvolare o che rende incontrollabile l’infezione (febbre persistente). Tut-tavia, è probabile che tecniche di diagnostica per immagini sempre più sensibili saranno in grado di rilevare un’infezione invasiva che non richiede un intervento chirurgico immediato. Casi clinici sporadici di infezioni inva-sive trattate con la sola terapia medica suggeriscono che queste infezioni saranno piccole, gli ascessi non strutturalmente signifi cativi e con cavità aperta verso il torrente circolatorio.

ENDOCARDITE DA S. AUREUS DELLE SEZIONI SINISTRE. Poiché questa infezione è diffi cilmente controllabile, altamente distruttiva e associata a una mortalità elevata (dal 25 al 47%), alcuni ricercatori hanno suggerito che per questi pazienti debba essere preso in considerazione l’intervento chirurgico, quando la risposta alla terapia antibiotica non è pronta e completa.89 Inoltre, i pazienti con NVE (valvola aortica o mitrale) da S. aureus e con vegetazioni visibili alla ETT sono a rischio aumentato di embolia arteriosa e di morte e, pertanto, deve essere preso in consi-derazione l’intervento chirurgico.32 Al contrario, i tossicodipendenti che fanno uso di sostanze EV con endocardite da S. aureus limitata alle valvole tricuspide o polmonare spesso presentano febbre prolungata durante la terapia antibiotica; ciononostante, la grande maggioranza di questi pazienti risponde alla terapia antibiotica e non necessita dell’intervento.

ENDOCARDITE A COLTURA NEGATIVA NON RESPONSIVA. L’in-tervento chirurgico deve essere preso in considerazione per i pazienti che hanno un’endocardite con emocoltura negativa e che presentano febbre persistente e inspiegabile durante la terapia antibiotica empirica, soprattutto per quelli con PVE. Se un’endocardite non è marantica, la febbre persistente è verosimilmente dovuta a un’infezione perivalvolare non identifi cata o a una terapia antibiotica ineffi cace. Nel 40-70% di questi pazienti, i microrganismi causali possono essere individuati o coltivati da campioni di vegetazioni valvolari.91 Tecniche molecolari possono identi-fi care altri patogeni.65

VEGETAZIONI ESTESE (>10 mm) E PREVENZIONE DEGLI EMBOLI SISTEMICI. Sebbene non sia stato dimostrato in tutti gli studi, in dati comuni e nella metanalisi, l’embolia sistemica è più frequente nei pazienti con vegetazioni di dimensioni superiori a 10 mm rispetto a quelli con vegetazioni più piccole o non identifi cabili, dal 33 al 37% contro il 19%.94 Le vegetazioni estese della valvola mitrale, (>10 mm), soprattutto quelle del lembo anteriore della valvola, e con vegetazione mobile, sono signi-fi cativamente associate a embolia sistemica.52,94-96 Benché possa esistere una relazione fra le caratteristiche delle vegetazioni – come le dimensioni, la mobilità e l’estensione (numero dei lembi coinvolti) – e le compli-canze emboliche, le indicazioni all’intervento chirurgico non sono chiare. Devono ancora essere eseguite analisi che esaminino le complicanze embo-liche o la prognosi o le caratteristiche della vegetazione, ma aggiustate per la disfunzione valvolare, l’estensione perivalvolare dell’infezione, il microrganismo coinvolto e la sede dell’infezione. Ciononostante, alcuni ricercatori hanno concluso che le sole caratteristiche delle vegetazioni possono essere suffi cienti a imporre l’intervento chirurgico per prevenire l’embolia arteriosa. Questa raccomandazione può essere discutibile, come la raccomandazione per la chirurgia valvolare dopo due episodi importanti di embolia arteriosa.61

Quando si decide di intervenire con la chirurgia cardiaca per pre-venire l’embolia arteriosa, devono essere attentamente considerati molti fattori. L’incidenza di emboli sistemici o cerebrali nei pazienti con NVE o PVE diminuisce durante il corso di una terapia antibiotica effi cace.55,97 Inoltre, non è chiaro se l’intervento chirurgico riduca la frequenza delle

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1651Endocardite infettiva

embolie sistemiche.46 Infi ne, i rischi di morbilità e mortalità legati a embolia cerebrale o coronarica, le principali complicanze da prevenire, devono venire confrontati ai rischi immediati e a lungo termine di una sostituzione valvolare o, se realizzabile, alla resezione della vegetazione e alla ripara-zione valvolare. Questi rischi comprendono la mortalità perioperatoria, la recrudescenza dell’endocardite sulla protesi, le complicanze tromboem-boliche, la disfunzione valvolare precoce e tardiva che richiede una nuova sostituzione valvolare, i pericoli della terapia anticoagulante con il warfarin (compresa la sua controindicazione durante la gravidanza) e il rischio e la morbilità di una PVE a insorgenza tardiva.85 Le sole dimensioni delle vege-tazioni rappresentano raramente un’indicazione alla chirurgia. Quando si suggerisce una terapia, è bene che i rilievi clinici ed ecocardiografi ci di altre complicanze intracardiache siano soppesati con i rischi immediati e remoti di un intervento cardiochirurgico, considerando anche la pos-sibilità di conservare la valvola effettuando contestualmente la resezione della vegetazione e la riparazione della valvola stessa.61 Pertanto, il rischio di embolia sistemica correlato alle dimensioni delle vegetazioni o a una pregressa embolia sistemica non è un’indicazione indipendente all’inter-vento chirurgico, ma è solo uno dei molti fattori da considerare quando si programma una terapia.55,61,97

Tecniche per la riparazione dei difetti intracardiaci

TECNICHE. Sono state sviluppate nuove tecniche chirur-giche per ovviare alla grave distruzione tissutale in corso di NVE e di PVE. Benché questo esuli dagli scopi di questo capi-tolo, alcuni esempi possono essere la sostituzione del bulbo aortico con tubi valvolati, l’impiego di ampi anelli di sutura fi ssati alla protesi e la sostituzione della valvola aortica e del bulbo mediante innesto omologo con reimpianto delle coro-narie. Inoltre, la riparazione della mitrale in pazienti con endo-cardite acuta o guarita evita l’inserimento di materiali protesici e i rischi associati. Benché la valvolectomia tricuspidale senza sostituzione valvolare sia stata proposta nel trattamento del-l’infezione non controllata della tricuspide in tossicodipen-denti che fanno uso di droghe EV ad alto rischio per recidiva di endocardite ricorrente, la probabilità di insuffi cienza car-diaca destra refrattaria negli anni successivi alla valvolectomia rende preferibile la riparazione della tricuspide. Il trapianto cardiaco è stato utilizzato occasionalmente per salvare un paziente con endocardite refrattaria.

SCELTA DEL MOMENTO OPPORTUNO PER L’INTER-VENTO CHIRURGICO. Quando l’endocardite si complica con un’insuffi cienza valvolare e con una compromissione signifi -cativa della funzionalità cardiaca, viene raccomandato l’inter-vento chirurgico prima che si sviluppi una disfunzione emodinamica intrattabile, a prescindere dalla durata della tera-pia antibiotica.98 La mortalità postoperatoria è correlata con la gravità dei disturbi emodinamici preoperatori; di conseguenza, questo approccio è giustifi cato.94 Nei pazienti che hanno disfunzioni valvolari e in cui l’infezione è controllata e la fun-zionalità cardiaca è in fase di compenso, l’intervento può essere posticipato fi no a quando non sia stata completata la terapia antibiotica. Se l’infezione non è controllata, l’inter-vento chirurgico deve essere eseguito rapidamente. Allo stesso modo, se un paziente che necessiterà di una sostituzione val-volare nel prossimo futuro ha una vegetazione estesa, che indica alto rischio di embolia sistemica, è indicato l’intervento chirurgico precoce (vedi Vegetazioni estese e prevenzione degli emboli sistemici).

Sono state proposte indicazioni più specifi che per la scelta del momento opportuno dell’intervento chirurgico.88 Una forte evidenza clinica suggeriva l’intervento chirurgico d’emergenza (nello stesso giorno) per l’insuffi cienza aortica acuta con chiu-sura anticipata della valvola mitrale, rottura del seno di Val-salva nel cuore destro e fi stola nel sacco pericardico; l’inter-vento chirurgico d’urgenza (da 1 a 2 giorni) in caso di ostru-zione valvolare, protesi instabile, insuffi cienza aortica o mitralica acuta con insuffi cienza cardiaca (Classe NYHA III o IV), perforazione del setto, estensione perivalvolare dell’infe-zione e terapia antibiotica non effi cace e l’intervento chirurgico precoce elettivo per una progressiva insuffi cienza paravalvo-lare, per una disfunzione valvolare e febbre persistente e per l’EI micotica (muffe o lieviti aggressivi).

Può essere necessario procrastinare il momento dell’inter-vento chirurgico nei pazienti che hanno subito un danno neu-rologico recente, per evitare il peggioramento delle condizioni neurologiche o la morte. Tra i pazienti che hanno avuto un ictus embolico non emorragico si ha un’esacerbazione della disfunzione cerebrale durante l’intervento di cardiochirurgia nel 44% dei casi quando l’intervallo tra l’ictus e l’intervento è di 7 giorni o meno, nel 17% quando l’intervallo è fra gli 8 e i 14 giorni e nel 10% o meno dopo più di 2 settimane. Dopo eventi cerebrali emorragici, il rischio di peggioramento neu-rologico o di morte a seguito di un intervento cardiochirurgico rimane del 20% anche dopo 1 mese.99 Pertanto, quando la risposta dell’EI alla terapia antibiotica e le condizioni emodi-namiche lo permettono, viene raccomandato di ritardare l’in-tervento chirurgico di 2-3 settimane dopo un infarto embolico signifi cativo e di almeno un mese dopo un’emorragia intrace-rebrale (con precedente intervento sull’aneurisma mico-tico).99,100

DURATA DELLA TERAPIA ANTIBIOTICA DOPO L’IN-TERVENTO CHIRURGICO. Nelle vegetazioni asportate da pazienti che hanno ricevuto la maggior parte o tutta la terapia antibiotica standard raccomandata per l’endocardite da un microrganismo specifi co, sono stati riscontrati alterazioni infi ammatorie e batteri visibili con la colorazione di Gram. In effetti, in pazienti che avevano completato con successo la terapia antibiotica standard per l’EI [29 su 53 (55%) stavano ancora assumendo antibiotici, 7 su 15 (47%) non li assume-vano da meno di un mese e 4 su 18 (22%) non li assumevano da 1 a 6 mesi] la valvola o la vegetazione asportata chirurgica-mente conteneva batteri visibili con la colorazione di Gram o all’esame istologico. La colture di queste valvole o delle vege-tazioni sviluppavano batteri in 5, 0 e un caso, rispettivamente.91 Se le colture della valvola sono negative, il riscontro di batteri non indica un fallimento della terapia antibiotica né la neces-sità di un ciclo completo di terapia antibiotica dopo l’inter-vento. La durata della terapia antibiotica dopo l’intervento dipende dalla durata del trattamento preoperatorio, dalla sen-sibilità dell’agente eziologico all’antibiotico, dalla presenza di infezione paravalvolare invasiva e dall’esito delle colture delle vegetazioni. Come regola generale, nell’endocardite causata da un microrganismo relativamente sensibile agli antibiotici con colture dei reperti operatori negative, la durata globale della terapia, preoperatoria e postoperatoria, deve essere uguale almeno a un ciclo completo della terapia raccomandata. Per i pazienti con protesi poste in una cavità ascessuale residua o con colture intraoperatorie positive, deve essere somministrato un ciclo completo di terapia nel postoperatorio. I pazienti con PVE devono assumere un ciclo completo di terapia antibiotica nel postoperatorio, se nel materiale resecato si osservano microrganismi.18

Trattamento delle complicanze extracardiache ASCESSI SPLENICI. Il 3-5% dei pazienti con EI sviluppa un ascesso

splenico.50 Benché le lesioni spleniche possano essere identifi cate con l’ecografi a e la TC, queste indagini in genere non riescono a differenziare in modo affi dabile un ascesso da un infarto. La febbre persistente e l’espan-sione progressiva della lesione in corso di terapia antibiotica suggeriscono che si tratta di un ascesso, il che può essere confermato tramite agoaspirato percutaneo. Il trattamento effi cace di un ascesso splenico generalmente richiede il drenaggio, talvolta con il posizionamento percutaneo di un catetere. Nei pazienti con numerosi ascessi splenici o in quelli in cui il drenaggio non è stato effi cace, si rende necessaria la splenectomia.61 Gli ascessi splenici devono essere trattati effi cacemente prima della sostitu-zione valvolare chirurgica. Se non vengono trattati effi cacemente prima dell’intervento cardiochirurgico, è necessario procedere alla splenectomia non appena il rischio chirurgico lo consenta.61

ANEURISMI MICOTICI E ARTERITE SETTICA. Il 2-10% dei pazienti con endocardite presenta aneurismi micotici; nell’1-5% dei casi, gli aneu-rismi interessano i vasi del cervello. Gli aneurismi cerebrali micotici si verifi cano nei punti di diramazione dei vasi cerebrali, sono generalmente localizzati distalmente sopra la corteccia cerebrale e si riscontrano più fre-quentemente sui rami dell’arteria cerebrale media. Gli aneurismi insorgono per occlusione dei vasi da parte di emboli settici con un’arterite secondaria

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Capitolo 58

e la conseguente distruzione della parete vascolare o per disseminazione batteriemica sulla parete vascolare attraverso i vasa vasorum. Lo S. aureus è implicato frequentemente nella prima modalità e gli streptococchi viridans nella seconda.58 Molti pazienti con aneurismi micotici o arterite settica si presentano con un’emorragia intracranica devastante. Segni premonitori possono essere la presenza di defi cit neurologici focali dovuti a episodi embolici, cefalea persistente focale, deterioramento neurologico inspiega-bile o alterazioni neurologiche focali o di meningismo a liquor sterile (ma con pleiocitosi). L’angiografi a cerebrale è necessaria per valutare i pazienti con emorragia subaracnoidea, e questa procedura o l’angio-RM o l’angio-TC spirale sono state raccomandate nei pazienti che presentano sintomi premonitori, soprattutto se è in programma un intervento cardiochirurgico o una terapia anticoagulante.61 Sebbene la rottura dell’aneurisma possa verifi carsi in qualunque momento prima o durante la terapia antibiotica, la maggior parte degli aneurismi presenta delle perdite o si rompe più spesso prima o durante il trattamento iniziale.

Gli aneurismi micotici possono regredire durante la terapia antibio-tica;61 tuttavia, se dal punto di vista anatomico è possibile, gli aneurismi che si sono rotti devono essere trattati chirurgicamente.101 Gli aneurismi che non sono in fase di rottura devono essere monitorati angiografi camente durante la terapia antibiotica. La terapia chirurgica deve essere presa in considerazione in caso di lesione singola che si ingrandisce durante o dopo la terapia antibiotica. La terapia anticoagulante deve essere evitata nei pazienti con un aneurisma micotico persistente. In rare occasioni, aneuri-smi stabili e persistenti possono rompersi dopo il completamento di una terapia antibiotica standard; tuttavia, non vi è alcuna valutazione accurata del rischio di rottura tardiva e le indicazioni per l’intervento chirurgico sono arbitrarie. Ciononostante, l’opinione comune è favorevole alla rese-zione di un singolo aneurisma che persiste dopo la terapia ogni qualvolta sia possibile senza provocare una lesione neurologica grave.101 L’esistenza potenziale di aneurismi occulti in pazienti senza sintomi neurologici o in quelli che hanno avuto una valutazione angiografi ca non diagnostica non viene considerata una controindicazione alla terapia anticoagulante dopo il termine della terapia antibiotica.

Gli aneurismi micotici extracranici devono essere gestiti secondo quanto si è detto per gli aneurismi cerebrali. Quelli fi ssurati, che si accre-scono o che persistono dopo la terapia, devono essere trattati chirurgica-mente. Bisogna considerare con particolare attenzione gli aneurismi che coinvolgono le arterie intra-addominali, la cui rottura potrebbe determinare un’emorragia potenzialmente letale.61

TERAPIA ANTICOAGULANTE. I pazienti con PVE a carico di materiali che richiedono solitamente la continuazione dell’anticoagulazione conti-nuano la terapia anticoagulante.18 La terapia anticoagulante non viene adot-tata come profi lassi del tromboembolismo legato all’EI né in pazienti con PVE a carico di materiali protesici che solitamente non richiedono questa terapia né in pazienti con NVE. Né l’aspirina né la terapia anticoagulante si sono dimostrate in grado di prevenire l’embolizzazione, ed entrambe potrebbero contribuire al verifi carsi di un’emorragia intracranica, soprat-tutto in presenza di un infarto cerebrale recente o di un aneurisma mico-tico. La terapia anticoagulante nei pazienti con NVE è limitata ai pazienti per i quali vi sia una chiara indicazione a effettuare questa terapia e in assenza di fattori che aumentino il rischio di emorragia intracranica. Se si verifi cano complicanze a carico del sistema nervoso centrale nei pazienti con EI sottoposti a terapia anticoagulante, quest’ultima deve essere sospesa immediatamente.18

Risposta alla terapia Quasi il 75% dei pazienti con EI, compresi quelli con PVE, diviene apirettico entro una settimana dall’inizio di una terapia antibiotica effi cace e il 90% presenta una defervescenza entro la fi ne della seconda settimana di terapia.18,46,97,102 La durata della febbre in corso di terapia è maggiore nei pazienti con EI da S. aureus o P. aeruginosa e con EI con emocoltura negativa, come pure nei pazienti con EI con fenomeni microvascolari e con complicanze emboliche maggiori.46,102 La persistenza o la ricomparsa di febbre a più di 7-10 giorni dall’inizio della terapia antibiotica identifi ca i pazienti con un’aumentata inci-denza di mortalità e con complicanze dell’infezione o della terapia.18,102 I pazienti con febbre prolungata o ricorrente devono essere valutati per quanto riguarda le complicanze intracardiache, le complicanze settiche focali extracardiache, le infezioni nosocomiali intercorrenti, la recidiva di embolia polmonare (pazienti con EI delle sezioni destre), la febbre associata a farmaci, altre patologie sottostanti e, se è il caso, riguardo all’abuso intraospedaliero di sostanze.

Le emocolture devono essere ripetute per ricercare una bat-teriemia persistente o la presenza di altri patogeni, per esem-

pio, in un’EI polimicrobica non identifi cata in precedenza. Devono essere rivalutate la sensibilità del microrganismo responsabile agli antibiotici e l’adeguatezza della terapia anti-biotica. Le reazioni a farmaci sono responsabili della febbre in una percentuale dal 17 al 28% di questi pazienti. Se è dispo-nibile un trattamento alternativo affi dabile, la febbre da farmaci attribuita alla terapia antibiotica è suffi ciente di per sé a richie-dere la revisione della terapia. In assenza di una terapia alter-nativa effi cace, il trattamento può essere continuato malgrado la febbre da farmaci, se l’antibiotico non provoca una signifi -cativa tossicità d’organo. In una percentuale di pazienti dal 33 al 45%, la febbre persistente era associata a complicanze intra-cardiache signifi cative, molte delle quali hanno richiesto l’in-tervento chirurgico.102

Molte caratteristiche cliniche e laboratoristiche dell’EI si normalizzano lentamente nonostante una terapia antibiotica effi cace. Gli emboli sistemici compaiono durante le prime set-timane di terapia, sia pure con una frequenza decrescente.55 L’incremento della VES e l’anemia possono rimanere alterate fi no al completamento della terapia.

Le percentuali di mortalità in ampie casistiche di pazienti con NVE trattate fra il 1975 e il 1993 vanno dal 16 al 27%.1,91 La morte per EI è stata associata all’età avanzata (>65-70 anni), alla presenza di malattie sottostanti, all’infezione della valvola aortica, allo sviluppo di CHF, all’insuffi cienza renale e alle complicanze del sistema nervoso centrale.1,102a Il trattamento dello scompenso cardiaco legato a una disfunzione valvolare mediante intervento chirurgico precoce ha ridotto la mortalità associata a CHF, ma i successivi eventi neurologici e compli-canze settiche, p.es., infezione non controllata e ascessi mio-cardici, hanno causato una più ampia percentuale di decessi e sono associati a tassi di mortalità elevati.50

L’incidenza di mortalità fra i pazienti con EI causata dagli streptococchi viridans e dallo S. bovis è risultata variare dal 4 al 16%.1 Tassi di mortalità più elevati sono stati segnalati in associazione alla NVE delle sezioni sini-stre causata da altri microrganismi: enterococchi, dal 15 al 25%;1 S. aureus, dal 25 al 47%;1,30 streptococchi nonviridans (gruppi B, C e G), dal 13 al 50%;26,27 C. burnetii, dal 5 al 37%;20,76,82 P. aeruginosa, Enterobacteriaceae e miceti, maggiore del 50%.33

In uno studio retrospettivo su pazienti con NVE con insuffi cienza car-diaca di classe NYHA III o IV o con infezione invasiva non controllata, solo il 9% dei pazienti trattati chirurgicamente è deceduto, rispetto al 51% di quelli trattati con i soli antibiotici.46 L’incidenza di mortalità fra i pazienti con NVE attiva trattati chirurgicamente varia dal 5 al 26%.103-107 La gravità dell’insuffi cienza cardiaca, la presenza di un ascesso, di infezione da S. aureus e la riduzione della funzionalità renale (possibilmente correlata allo scompenso cardiaco) sono state associate a un’aumentata mortalità postoperatoria.105 Ciononostante, si possono raggiungere tassi di sopravvi-venza dell’85% quando i pazienti con ascessi paravalvolari sono sottoposti a toilette chirurgica e a cardiochirurgia ricostruttiva.108

In un ampio studio retrospettivo su pazienti con NVE complicata delle sezioni sinistre, il tasso di mortalità era del 25% e, in un’analisi multivariata, le seguenti variabili erano fattori predittivi indipendenti di mortalità cui poteva essere assegnato un punteggio ponderato del rischio di mortalità (punteggio discreto): stato mentale alterato (4), punteggio di comorbilità di Charlson = 2 (3), CHF moderata o grave (3), eziologia batterica oltre che agli streptococchi viridans (S. aureus = 6, altro = 8), e terapia medica senza sostituzione valvolare (5). Il modello era stato verifi cato in una coorte indipendente e il tasso di mortalità a 6 mesi poteva essere predetto dal punteggio totale: inferiore o uguale a 6 punti, 6%; da 7 a 11 punti, 17%; da 12 a 15 punti, 31%; più di 15 punti, 63%.102a,109

La prognosi dei pazienti con PVE, diversamente da quelli con NVE, è stata meno positiva. Prima del 1980 il tasso di mortalità fra i pazienti con PVE insorta a meno di 60 giorni dall’intervento o con PVE più tardiva era rispettivamente del 70 e del 45%. Con il riconoscimento che la PVE era frequen-temente complicata da un’infezione invasiva e che i pazienti traevano benefi cio dall’intervento chirurgico, l’incidenza di mortalità è scesa al 33-45%, con tassi più bassi nelle forme a insorgenza tardiva.18,108 La sopravvivenza a lungo termine era infl uenzata sfavorevolmente dalla presenza di insuffi cienza cardiaca moderata o grave al momento della dimissione. I tassi di sopravvivenza dopo intervento chirurgico aggressivo per

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PVE variavano fra il 75 e l’85% e non erano correlati al tempo di insorgenza dopo l’intervento chirurgico.19,106,107

Fra i pazienti con NVE (non tossicodipendenti) dimessi dopo terapia medica o medico-chirurgica, la sopravvivenza a lungo termine era dell’88% a 5 anni e dell’81% a 10 anni.91 Fra i pazienti trattati chirurgicamente per NVE, la sopravvivenza a 5 anni variava dal 70 all’80%.104,107 Tra i pazienti con PVE trat-tati chirurgicamente, il tasso di sopravvivenza da 4 a 6 anni variava dal 50 all’82%.19,107

RECIDIVA E RICORRENZA DI MALATTIA. La recidiva di EI si verifi ca solitamente entro 2 mesi dalla fi ne della terapia antibiotica. Meno del 2% dei pazienti con NVE causata da streptococchi viridans sensibili alla penicillina che effettua un ciclo adeguato di terapia va incontro a recidive. L’8-20% dei pazienti con EI da enterococchi ha una recidiva dopo terapia standard. Pazienti con EI da S. aureus, Enterobacteriaceae o da miceti vanno più facilmente incontro a un fallimento con-clamato della terapia piuttosto che a una recidiva; cionono-stante, il 4% dei pazienti con EI da S. aureus è soggetto a recidiva. È stata descritta la possibilità di recidiva dell’endo-cardite micotica molto tempo dopo la terapia. Una recidiva si verifi ca nel 10% di tutti i pazienti con PVE e nel 6-15% di quelli trattati chirurgicamente.

Fra i non tossicodipendenti con un episodio iniziale di NVE o di PVE, il 4,5-7% presenterà uno o più episodi ulteriori.91 Fra questi pazienti, l’EI ricorrente presenta le stesse caratteri-stiche cliniche e microbiologiche e di risposta alla terapia osservate nell’episodio primario. L’abuso di droghe per via endovenosa è attualmente la più comune causa predisponente per l’EI ricorrente (43% dei pazienti).

Prevenzione

Gli streptococchi viridans, una causa frequente di NVE e di PVE a insorgenza tardiva, sono l’obiettivo primario della profi -lassi utilizzata in occasione di procedure riguardanti la cavità orale, le vie respiratorie o l’esofago. Lo sviluppo di endocardite enterococcica è in genere preceduto da procedure che interes-sano il tratto genitourinario o gastrointestinale. Pertanto, la profi lassi dell’endocardite utilizzata in occasione di procedure che interessano queste superfi ci mucose è indirizzata contro gli

enterococchi. Se si effettuano l’incisione e il drenaggio di cute infetta o di infezioni dei tessuti molli, la profi lassi è indirizzata contro lo S. aureus.

L’American Heart Association e altri hanno identifi cato le procedure per le quali è raccomandata la profi lassi dell’EI e quelle per cui essa non è raccomandata (Tab. 58L-1).109,110 Ben-ché la profi lassi sia raccomandabile per tutti i pazienti ad alto rischio che vengono sottoposti a procedure che possono cau-sare sanguinamento gengivale, le estrazioni dentarie sono quelle più fortemente associate a un’EI successiva. Poiché solo di rado è stata descritta un’endocardite in associazione ad altre procedure endoscopiche gastrointestinali con o senza biopsia, la profi lassi non viene raccomandata di routine in queste situa-zioni. La profi lassi non viene raccomandata di routine per il cateterismo cardiaco o per la ETE.109,110

Le lesioni sono state distinte in categorie a rischio alto, inter-medio, basso e trascurabile, sulla base della loro frequenza tra i pazienti con endocardite rispetto alla popolazione generale (Tab. 58-14).110-113 Nella maggior parte dei paesi sviluppati, la cardite reumatica è attualmente un fattore di rischio per l’EI poco comune; tuttavia, l’incidenza di EI fra i pazienti con val-vulopatia reumatica si avvicina a quella dei soggetti con val-vole protesiche e indica che anche tali lesioni comportano un rischio elevato. Il rischio di EI nei pazienti con MVP e il ruolo della profi lassi in questi pazienti sono controversi. Il MVP è stato riscontrato frequentemente fra i pazienti con EI. Tuttavia, il rischio di endocardite fra i pazienti con MVP e soffi o da rigurgito valvolare è ancora relativamente basso. Esso è da 5 a 10 volte più alto di quello della popolazione generale, ma 100 volte inferiore a quello dei pazienti con valvulopatia reuma-tica. Pertanto, il MVP con un soffi o da rigurgito mitralico o l’ispessimento e il prolasso della valvola mitrale sono caratte-ristici di un paziente a rischio medio di EI e per il quale è indicata la profi lassi dell’endocardite.

MISURE GENERALI. L’incidenza di EI può essere signifi -cativamente ridotta dalla correzione chirurgica completa delle lesioni congenite che predisporrebbero i pazienti all’EI, p.es., la pervietà del dotto arterioso, il difetto del setto interventri-colare, la stenosi delle arterie polmonari.6,112 L’incidenza di EI rimane elevata tra i pazienti sottoposti a correzione chirurgica di altri difetti congeniti maggiori, specialmente quelli che coin-volgono una valvola aortica stenotica.6 Si dovrebbe fornire una

Tabella 58–14 Rischio relativo di endocardite infettiva associato ad anomalie cardiache preesistenti

Rischio relativamente alto Rischio medio Rischio molto basso o trascurabile*

Protesi valvolari†

Precedente endocardite infettiva†

Cardiopatia congenita cianogena†

Pervietà del dotto arterioso

Insuffi cienza aortica Stenosi aortica Insuffi cienza mitrale Stenosi e insuffi cienza mitralica Difetto del setto interventricolare Coartazione aortica Lesioni intracardiache riparate

chirurgicamente con anomalie emodinamiche residue o dispositivi protesici

Shunt sistemico-polmonare costruito chirurgicamente†

Prolasso della valvola mitrale con insuffi cienza (soffi o) o ispessimento dei lembi valvolari

Stenosi mitralica puraValvulopatia tricuspidale Stenosi polmonare Ipertrofi a settale asimmetrica Valvola aortica bicuspide o sclerosi

calcifi ca dell’aorta con alterazioni emodinamiche minime

Malattia valvolare degenerativa nei pazienti anziani

Lesioni intracardiache riparate chirurgicamente con alterazioni emodinamiche minime o assenti meno di 6 mesi dopo l’intervento

Prolasso della valvola mitrale senza rigurgito (soffi o)o ispessimento dei lembi valvolari

Insuffi cienza valvolare trascurabile all’ecocardiografi a senza anomalie strutturali

Difetto isolato del setto interatriale (secundum) Placche aterosclerotiche Coronaropatia Pacemaker cardiaco, defi brillatori impiantati

Lesioni intracardiache riparate chirurgicamente, con alterazioni emodinamiche minime o assenti, più di 6 mesi dopo l’intervento (difetti del setto interatriale, difetto del setto interventricolare, pervietà del dotto arterioso, stenosi polmonare)

Precedente intervento chirurgico di bypass coronarico Precedente malattia di Kawasaki o febbre reumatica

senza disfunzione valvolare

Adattato da Durack DT: Prevention of infective endocarditis. N Engl J Med 332:38, 1995; and Dajani AS, Taubert KA, Wilson W, et al: Prevention of bacterial endocarditis: Recommendations of the American Heart Association from the Committee on Rheumatic Fever, Endocarditis, and Kawasaki Disease, Council on Cardiovascular Disease in the Young. JAMA 277:1794, 1997. Copyright 1997 American Medical Association.

*La profi lassi per l’endocardite non viene raccomandata.†Lesioni considerate a più alto rischio di endocardite.

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Capitolo 58

documentazione scritta circa la lesione predisponente, il rischio di endocardite e gli schemi di profi lassi antibiotica raccomandati a tutti i pazienti con lesioni persistenti, con molti difetti congeniti corretti o con valvulopatie acquisite che rimangono a rischio di EI.

Mantenere una buona igiene orale per ridurre la frequenza della batteriemia che accompagna le attività quotidiane (masti-care, spazzolare i denti), può essere più importante di una chemioprofi lassi focalizzata sulle procedure.111 L’igiene orale e la cura dei denti devono essere ottimizzate prima di un inter-vento elettivo di impianto di protesi valvolari.

Alcune attività o procedure potenzialmente in grado di pro-vocare batteriemia devono essere evitate nei pazienti a rischio di EI. Non sono consigliabili gli strumenti di irrigazione orale, che possono determinare una batteriemia anche in pazienti con gengive normali. Allo stesso modo, deve essere ridotto al minimo l’impiego di cateteri venosi centrali e di cateteri uri-nari. Le infezioni associate a batteriemia devono essere trattate prontamente e, se possibile, eradicate prima che i tessuti coin-volti siano incisi o manipolati.

CHEMIOPROFILASSI. Le raccomandazioni largamente dif-fuse sugli antibiotici per la profi lassi dell’endocardite sono

basate sulla prova circostanziale sorretta da studi della profi -lassi in modelli animali. Gli studi suggeriscono che la profi lassi antibiotica previene l’endocardite inibendo la crescita dei bat-teri che aderiscono alla NBTE in misura suffi ciente da permet-tere la loro successiva eliminazione da parte delle difese dell’ospite.110,114 Studi sperimentali che riproducono negli umani la profi lassi con singola dose di amoxicillina mostrano che livelli adeguati di effi cacia si ottengono dopo una singola dose profi lattica. Ciononostante, poiché una seconda dose di antibiotici, somministrata dopo la procedura, permette di otte-nere un maggior effetto inibitorio, tale pratica è raccomandata nei soggetti ad alto rischio.109,115

Gli studi clinici che sostengono l’effi cacia della profi lassi antibiotica dell’endocardite sono limitati. Uno studio retro-spettivo su pazienti portatori di protesi valvolari sottoposti a procedure dentali e chirurgiche ha suggerito che la profi lassi antibiotica preveniva la PVE. Tuttavia, un ampio studio caso-controllo non ha dimostrato che le procedure odontoiatriche sono un rischio per l’EI in persone con anomalie valvolari e ha posto in discussione il benefi cio della profi lassi antibiotica per tali procedure.116 Sono stati segnalati fallimenti della pro-fi lassi antibiotica non attribuibili a resistenza batterica.110

Tabella 58–15 Schemi terapeutici per la profi lassi dell’endocardite: impiego nelle procedure odontoiatriche, a caricodel cavo orale, delle vie respiratorie superiori

Contesto Schema terapeutico*

Terapia standard† Amoxicillina 3,0 g PO 1 ora prima della procedura, quindi 1,5 g 6 ore dopo la dose iniziale

Pazienti allergici all’amoxicillina/penicillina Eritromicina etilsuccinato 800 mg, o eritromicina stearato 1,0 g PO 2 ore prima della procedura, quindi metà della dose 6 ore dopo la dose iniziale Oppure Clindamicina 300 mg PO 1 ora prima della procedura e 150 mg 6 ore dopo la dose iniziale

Pazienti impossibilitati ad assumere farmaci Ampicillina 2,0 g IM o EV 30 min prima della procedura, quindi o ampicillina per via orale 1,0 g IM o EV, o amoxicillina 1,5 g PO, 6 ore dopo la dose iniziale

Pazienti allergici all’ampicillina/amoxicillina/penicillina Clindamicina 300 mg EV 30 min prima della procedura, quindi 150 mg 6 oreincapaci di assumere farmaci per via orale dopo la iniziale dose

Pazienti considerati ad alto rischio e non Utilizzare lo schema standard per le procedure genitourinarie e gastrointestinali candidati per il regime standard

Pazienti allergici all’ampicillina/amoxicillina/penicillina Utilizzare il protocollo per i pazienti allergici che si sottopongono a procedureconsiderati a rischio più alto del tratto genitourinario e gastrointestinale

*Dosaggi per gli adulti. I dosaggi pediatrici iniziali sono i seguenti: ampicillina o amoxicillina, 50 mg/kg; clindamicina, 10 mg/kg; eritromicina etilsuccinato o eritromicina stearato, 20 mg/kg; gentamicina, 2,0 mg/kg; e vancomicina, 20 mg/kg. le dosi di follow-up devono essere la metà di quella iniziale. La dose totale nel bambino non deve superare la dose totale dell’adulto.

†In genere consigliata per i pazienti a più alto rischio includendo quelli con protesi valvolari; il medico può scegliere schemi terapeutici più aggressivi.Adattato da Dajani AS, Bisno AL, Chung KJ, et al: Prevention of bacterial endocarditis: Recommendations of the American Heart Association. JAMA 264:2919,

1990. Copyright 1990 American Medical Association.

Tabella 58–16 Schemi terapeutici per la profi lassi dell’endocardite: impiego nelle procedure urogenitalie gastrointestinali (tranne quelle esofagee)

Contesto Antibiotico Schema terapeutico*

Pazienti ad alto rischio Ampicillina più gentamicina Ampicillina 2,0 g EV/IM più gentamicina 1,5 mg/kg entro 30 min dalla procedura, ripetere l’ampicillina 1,0 g EV/IM o somministrare amoxicillina 1,0 g PO 6 ore dopo

Pazienti ad alto rischio, Vancomicina più gentamicina Vancomicina n 1,0 g EV in 1-2 ore più gentamicina 1,5 mg/kg allergici alla penicillina IM/EV infusa o iniettata 30 min prima della procedura. Non è raccomandata una seconda dose

Pazienti a medio rischio Amoxicillina o ampicillina Amoxicillina 2,0 g PO 1 ora prima della procedura o ampicillina 2,0 g IM/EV 30 min prima della procedura

Pazienti a medio rischio Vancomicina Vancomicina 1,0 g EV infusa in 1-2-ore e completata allergici alla penicillina entro 30 min dalla procedura

*Dosaggi pediatrici: ampicillina 50 mg/kg EV/IM, vancomicina 20 mg/kg EV, gentamicina 1,5 mg/kg EV/IM (le dosi dei bambini non devono superare le dosi dell’adulto).

Adattato da Dajani AS, Taubert KA, Wilson W, et al: Prevention of bacterial endocarditis: Recommendations by the American Heart Association from the Committee on Rheumatic Fever, Endocarditis, and Kawasaki Disease, Council on Cardiovascular Disease in the Young. JAMA 277:1794-1801, 1997.

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1655Endocardite infettiva

Le analisi rischio-benefi cio e costo-benefi cio hanno sollevato notevoli interrogativi circa la profi lassi antibiotica nei pazienti con MVP. A meno che sia il costo sia il rischio della profi lassi non siano molto bassi, il costo per caso di EI prevenuta è alto ed è possibile che la mortalità e la morbilità non vengano ridotte. Da un punto di vista di popolazione, la profi lassi in condizioni di rischio medio o basso potrebbe avere un rapporto costo-benefi cio e rischio-benefi cio sfavorevole e andrebbe per-tanto riservata a pazienti con lesioni cardiache ad alto rischio e sottoposti a procedure ad alto rischio.116 Comitati esperti stanno attualmente rivalutando le linee guida per la profi lassi dell’endocardite.

Anche se la profi lassi antibiotica fosse effi cace, oltre che sicura e a basso costo, solo una piccola percentuale di casi sarebbe prevenibile. Ad esempio, solo il 55-75% dei pazienti con una NVE ha una valvulopatia preesistente a rischio di EI e molti non ne sono consapevoli prima dell’insorgenza della NVE.110,111 Inoltre, fra i pazienti con EI, solo una piccola quota (5%) presentava sia una lesione valvolare nota sia una proce-dura a rischio entro 30 giorni dall’insorgenza dell’EI, che avrebbe richiesto una profi lassi.111 Ciononostante, la morbilità e la mortalità associate all’EI sono usate per giustifi care la pro-fi lassi (Tabella 58-15, protocolli per le procedure odontoiatri-che e delle vie respiratorie superiori; Tabella 58-16, protocolli per le procedure genitourinarie e gastrointestinali) nei pazienti con lesioni cardiache (Tab. 58-14) a rischio medio e alto che stanno per sottoporsi a procedure in grado di indurre una bat-teriemia. Fra i pazienti che assumono continuamente penicil-lina per la profi lassi della febbre reumatica o che effettuano cicli ripetuti di antibiotici per procedure odontoiatriche seriate possono emergere ceppi resistenti alla penicillina. Di conse-guenza, per questi pazienti è preferibile una profi lassi non penicillinica. Iniziare la profi lassi diversi giorni prima di una procedura favorisce la comparsa di microrganismi resistenti agli antibiotici a livello della mucosa e, pertanto, non è racco-mandabile.

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Capitolo 58

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PREVENZIONE

Le linee guida dell’AHA del 1997 per la profi lassi antibiotica per la prevenzione dell’endocardite rappresentano una signifi cativa presa di posizione rispetto alle raccomandazioni precedenti, sottolineando che la maggior parte dei casi di endocardite non è attribuibile a una pro-cedura invasiva. Secondo queste linee guida, i pazienti con cardiopatia preesistente dovrebbero essere suddivisi in categorie a rischio alto,

LINEE GUIDA Thomas H. Lee

Endocardite infettiva

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medio e trascurabile, in base ai potenziali esiti che potrebbero pre-sentare se sviluppassero un’endocardite (Tab. 58-14). Per le procedure odontoiatriche, ad esempio, la profi lassi antibiotica è raccomandata solo per i pazienti con cardiopatia a rischio medio o alto sottoposti a procedure particolarmente rischiose (Tab. 58L-1). Per le procedure non odontoiatriche, la profi lassi dell’endocardite è raccomandata solo per i pazienti a rischio elevato sottoposti a procedure ad alto rischio (Tab. 58-14); questa strategia preventiva è considerata facoltativa per i pazienti a rischio medio. I regimi terapeutici con antibiotici sono descritti nella Tabella 58-16.

Le linee guida dell’ACC/AHA del 1998 per i pazienti con valvulopatia cardiaca3 sono in accordo con queste raccomandazioni, con alcune precisazioni. Le linee guida dell’ACC/AHA raccomandano la profi lassi antibiotica nei pazienti con miocardiopatia ipertrofi ca solo quando è presente un’ostruzione latente o a riposo. Inoltre, il comitato dell’ACC/AHA ha espresso la preoccupazione che possa esserci un rischio aumentato di endocardite nei pazienti con prolasso della valvola mitrale senza rigurgito; questo gruppo non era pertanto disposto a sottoscrivere che la profi lassi antibiotica fosse inopportuna in tali pazienti. Infi ne, le linee guida dell’ACC/AHA hanno specifi cato che nei pazienti con insuffi cienza mitralica fi siologica, in assenza di un soffi o, non è necessaria la profi lassi antibiotica.

INDICAZIONI PER L’ECOCARDIOGRAFIA

L’ecocardiografi a è fortemente sostenuta in praticamente tutti i pazienti con endocardite infettiva nota o sospetta, ma le linee guida dell’ACC/AHA del 1997 sull’ecocardiografi a4 non raccomandano l’ecocardio-grafi a transesofagea (ETE) come esame di prima scelta per la diagnosi di endocardite su valvola nativa (Tab. 58L-2). Le linee guida prevedono l’uso della ETE quando un’ecocardiografi a transtoracica iniziale (ETT) non ha risolto quesiti specifi ci, cioè se la ETT è di bassa qualità, se la ETT è negativa nonostante un elevato sospetto clinico di endocardite, se è coinvolta una protesi valvolare e se vi è un forte sospetto come in un paziente con batteriemia stafi lococcica o in un paziente anziano con anomalie valvolari che rendono diffi cile la diagnosi con ETT.

Tabella 58L–1 Procedure odontoiatriche e profi lassi dell’endocardite

Profi lassi dell’endocardite raccomandata nei pazienti con cardiopatia a rischio medio o alto (vedi Tabb. 58-14 e 58-15)Estrazioni dentarie Procedure periodontiche, comprese la chirurgia, la rimozione

del tartaro e l’abrasione della radice, la trapanazione e le terapie di mantenimento

Impianto di denti e reimpianto dei denti avulsi Endodontica (canale radicolare) strumentale o chirurgia solo

al di sotto dell’apice Posizionamento sottogengivale di fi bre o strisce antibiotiche Posizionamento iniziale di bande ortodontiche ma non di bracket Iniezione intraligamentosa di anestetico locale Pulizia dei denti a scopo di profi lassi o impianti ove è previsto

un sanguinamento

Profi lassi dell’endocardite non raccomandata Odontoiatria ricostruttiva* (chirurgica e prostodontica)

con o senza corda di retrazione†

Iniezioni di anestetico locale (non intraligamentose) Trattamento endodontico canalare; riposizionamento

e consolidamento Posizionamento di una diga di gomma Rimozione postoperatoria delle suture Posizionamento di apparecchi prostodontici od ortodontici mobili Realizzazione di impronte orali Trattamenti al fl uoruro Esecuzione di radiografi e orali Adattamenti dell’apparecchio ortodontico Caduta dei denti decidui

Da Dajani AS, Taubert KA, Wilson W, et al: Prevention of bacterial endocar-ditis: Recommendations by the American Heart Association. Circulation 96:358, 1997.

*Include il ripristino dei denti rovinati (otturazione) e la sostituzione di denti mancanti.

†Il giudizio clinico può suggerire l’impiego dell’antibiotico in circostanze sele-zionate in cui potrebbe verifi carsi un sanguinamento signifi cativo.

Tabella 58L–2 Linee guida dell’ACC/AHA per la prevenzione, la valutazione e la terapia dell’endocardite

Indicazione Classe I Classe IIa Classe IIb Classe III

Profi lassi antibiotica dell’endocardite nei pazienti con prolasso della valvola mitrale sottoposti a procedure associate a batteriemia

1. Pazienti con il caratteristico click sistolico complesso

2. Pazienti con click sistolico isolatoed evidenza ecocardiografi ca di MVP e di MR

1. Pazienti con click sistolico isolato, evidenza ecocardiografi ca di MVP a elevato rischio

1. Pazienti con click sistolico isolato e evidenza dubbia o assente di MVP

Ecocardiografi a nell’endocardite infettiva: valvole native

1. Individuazione e caratterizzazione delle lesioni valvolari, della loro gravità emodinamica e/o del compenso ventricolare*

2. Individuazione delle vegetazioni e caratterizzazione delle lesioni nei pazienti con cardiopatie congenite nei quali vi è il sospetto di endocardite infettiva

3. Scoperta di anomalie associate(p.es., ascessi, shunt)*

4. Studi di rivalutazione di endocardite complicata (p.es., da microrganismi virulenti, grave lesione emodinamica, con interessamento della valvola aortica, persistente febbre o setticemia, modifi cazione dei segni clinici o peggioramentodei sintomi)

5. Valutazione dei pazienti con sospetto clinico elevato di endocardite con emocoltura negativa*

1. Valutazione della batteriemia senza una fonte nota*

2. Stratifi cazione del rischio nell’endocardite conclamata*

1. Rivalutazione di routine dell’endocardite non complicata durante terapia antibiotica

1. Valutazione della febbre e soffi o non patologico senza evidenzadi batteriemia

Continua

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Capitolo 58

Con la ETT, la diagnosi di endocardite su protesi è più diffi cile della diagnosi di endocardite su valvole native. Pertanto, le linee guida dell’ACC/AHA suggeriscono una soglia più bassa per l’esecuzione della ETE nei pazienti portatori di protesi valvolari e con sospetta endocardite (Tab. 58L-2).

INTERVENTO CHIRURGICO PER ENDOCARDITE ACUTA

Le linee guida dell’ACC/AHA per le valvulopatie sostengono la fun-zione dell’intervento chirurgico nei pazienti in pericolo di vita per insuffi cienza cardiaca congestizia o shock cardiogeno dovuti a endo-cardite acuta. Sono da considerarsi meno certe le indicazioni all’inter-vento chirurgico per i pazienti con endocardite stabile (Tab. 58L-2).

Bibliografi a

1. Dajani AS, Taubert KA, Wilson W, et al: Prevention of bacterial endocarditis: Rec-ommendations by the American Heart Association. Circulation 96:358, 1997.

2. Bayer AS, Bolger AF, Taubert KA, et al: Diagnosis and management of infec-tive endocarditis and its complications. Circulation 98:2936, 1998.

3. Bonow RO, Carabello B, de Leon AC Jr, et al: ACC/AHA guidelines for the management of patients with valvular heart disease: Executive summary: A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Committee on Management of Patients With Valvular Heart Disease). Circulation 98:1949, 1998.

4. Cheitlin MD, Alpert JS, Armstrong WF, et al: ACC/AHA guidelines for the clinical application of echocardiography: A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guide-lines (Committee on Clinical Application of Echocardiography). Circulation 95:1686, 1997.

Tabella 5 8G–2 Linee guida dell’ACC/AHA per la prevenzione, la valutazione e la terapia dell’endocardite - continuazione

Indicazione Classe I Classe IIa Classe IIb Classe III

Ecocardiografi a nell’endocardite infettiva: protesi valvolari

1. Identifi cazione e caratterizzazione delle lesioni valvolari, della loro gravità emodinamica e/o del compenso ventricolare*

2. Identifi cazione di anomalie associate (p.es., ascessi, shunt)*

3. Rivalutazione di endocarditi complesse (p.es., da microrganismi virulenti, con lesioni emodinamicamente gravi, con interessamento della valvola aortica, con febbre persistente o batteriemia, modifi cazione dei dati clinici o peggioramento dei sintomi)

4. Valutazione di una sospetta endocardite con emocoltura negativa*

5. Valutazione della batteriemia senza una fonte nota*

1. Valutazione della febbre persistente senza prova di batteriemia o di un nuovo soffi o*

1. Rivalutazione di routine dell’endocardite non complicata durante terapia antibiotica

1. Valutazione della febbre transitoria senza segni di batteriemia o di un nuovo soffi o

Intervento chirurgico per endocardite su valvola nativa (criteri anche applicati per l’alloinnesto o l’autoinnesto delle valvole mitrale e aortica)

1. Insuffi cienza aortica o MR acuta con insuffi cienza cardiaca

2. Insuffi cienza aortica acuta con tachicardia e chiusura precoce della valvola mitrale

3. Endocardite micotica 4. Evidenza di un ascesso aortico o

dell’anello o aneurisma aortico vero o falso o del seno

5. Evidenza di una disfunzione valvolare e di infezione persistente dopo un periodo prolungato (7-10 gg) di terapia antibiotica appropriata, come indicato dalla presenza di febbre, leucocitosi e batteriemia, posto che non ci siano cause extracardiache dell’infezione

1. Emboli ricorrenti dopo terapia antibiotica appropriata

2. Infezione da microrganismi Gram-negativi o da microrganismi scarsamente sensibili agli antibiotici in pazienti con evidenza di disfunzione valvolare

1. Vegetazioni mobili >10 mm

1. Infezioni precoci della valvola mitrale che possono verosimilmente essere riparate

2. Persistente piressia e leucocitosi con emocolture negative

Intervento chirurgico per endocardite su valvola protesica (i criteri escludono l’alloinnesto o l’autoinnesto delle valvole mitrale e aortica già riparate)

1. Endocardite precoce su valvola protesica (primi 2 mesi o meno dopo l’intervento)

2. Scompenso cardiaco con disfunzione di una valvola protesica

3. Endocardite micotica 4. Endocardite da stafi lococco che non

risponde alla terapia antibiotica 5. Evidenza di leak paravalvolare,

ascesso aortico o dell’anulus, aneurisma vero o falso aortico o del seno, formazione di fi stole, disturbi della conduzione di nuova insorgenza

6. Infezione da microrganismi Gram negativi o da microrganismi scarsamente sensibili agli antibiotici

1. Batteriemia persistente dopo un prolungato periodo (7-10 gg) di terapia antibiotica appropriata in assenza di cause non cardiache di batteriemia

2. Embolie periferiche ricorrenti nonostante la terapia

1. Vegetazione di qualsiasi grandezza in prossimità della protesi

ACC/AHA = American College of Cardiology/American Heart Association; MR = rigurgito mitralico; MVP = prolasso della valvola mitrale.Da Bonow RO, Carabello B, de Leon AC Jr, et al: ACC/AHA guidelines for the management of patients with valvular heart disease: Executive summary. A report

of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Committee on Management of Patients With Valvular Heart Disease). Circulation 98:1949, 1998; e Cheitlin MD, Alpert JS, Armstrong WF, et al: ACC/AHA guidelines for the clinical application of echocardi ography: A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Committee on Clinical Application of Echo-cardiography). Circulation 95:1686, 1997.

*L’ecocardiografi a transesofagea può fornire un valore incrementale in aggiunta all’informazione ottenuta con l’imaging transtoracico.

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