Giovanni Artero I LAVORI PUBBLICI NEL TARDO IMPERO ROMANO...

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Giovanni Artero I LAVORI PUBBLICI NEL TARDO IMPERO ROMANO L’intervento dello stato in un’epoca di crisi Premessa Introduzione: Ricerca storica e mondo antico Problemi e prospettive delle ricerche economiche e sociali; Il metodo della comparazione storica; I lavori pubblici nel mondo antico: concetti e definizioni Parte I I lavori pubblici nella storia del tardo impero romano Parte II Caratteri e aspetti dei lavori pubblici La vita municipale; Il finanziamento dei lavori pubblici; L'amministrazione urbana; L’amministrazione imperiale; Lavori pubblici e occupazione; Fabbriche imperiali e “socialismo di stato”; Il sistema dei trasporti; Lavori pubblici e necessità militari; Chiesa, lavori pubblici e assistenza Conclusione Appendici La preparazione professionale dei funzionari pubblici; Fonti giuridiche; Fonti letterarie; Fonti epigrafiche; Bibliografia Premessa Questo lavoro si riallaccia all'unica ricerca tematica esistente sui lavori pubblici nel mondo antico 1 e ne costituisce il completamento cronologico per il periodo che va dalla crisi del terzo 1 Bodei Giglioni, Gigliola: Lavori pubblici e occupazione nell'antichità classica, Bologna, 1974. La ricerca si ferma all'Alto impero romano.

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Giovanni Artero

I LAVORI PUBBLICI NEL TARDO IMPERO ROMANO

L’intervento dello stato in un’epoca di crisi

Premessa

Introduzione: Ricerca storica e mondo antico

Problemi e prospettive delle ricerche economiche e sociali; Il metodo della comparazione storica; I lavori pubblici nel mondo antico: concetti e definizioni

Parte I I lavori pubblici nella storia del tardo impero romano

Parte II Caratteri e aspetti dei lavori pubblici

La vita municipale; Il finanziamento dei lavori pubblici; L'amministrazione urbana; L’amministrazione imperiale; Lavori pubblici e occupazione; Fabbriche imperiali e “socialismo di stato”; Il sistema dei trasporti; Lavori pubblici e necessità militari; Chiesa, lavori pubblici e assistenza

Conclusione

Appendici

La preparazione professionale dei funzionari pubblici; Fonti giuridiche; Fonti letterarie; Fonti epigrafiche; Bibliografia

Premessa

Questo lavoro si riallaccia all'unica ricerca tematica esistente sui lavori pubblici nel mondo antico1 e ne costituisce il completamento cronologico per il periodo che va dalla crisi del terzo

1 Bodei Giglioni, Gigliola: Lavori pubblici e occupazione nell'antichità classica, Bologna, 1974. La ricerca si ferma all'Alto impero romano.

secolo alla caduta dell’Impero romano.

Per quanto gli avvenimenti trattati si siano svolti almeno quindici secoli orsono, salta agli occhi l'analogia con alcune delle situazioni problematiche che stiamo vivendo (la pressione dei “barbari” alle frontiere, la “crisi fiscale dello Stato”2, il declino della identità culturali e religiose...), le quali fanno riemergere antiche paure3 che hanno travagliato il tardo Impero romano

La ricerca, fondata su una ampia documentazione che si avvale di fonti epigrafiche letterarie e giuridiche, non si limita al solo aspetto economico dell’intervento pubblico ma abbraccia tutti i diversi ambiti della società poichè il modello del mercato, affermatosi in Occidente a partire dalla fine dell’età medievale e soprattutto dalla Rivoluzione industriale, basato sul movente economico come molla essenziale del comportamento umano, non è di per sé sufficiente a spiegare il funzionamento delle società precapitalistiche.

Ricerca storica e “mondo antico”

1. Problemi e prospettive delle ricerche economiche e sociali

2 James O'Connor La crisi fiscale dello Stato, tr.it. Torino, 1977, 1982

3 Sul tema della paura vedi Georges Lefebvre La grande paura del 1789 tr.it. Torino, 1953; Sergio Ricossa Le paure del mondo industriale, Bari, 1990

La mancanza di fonti specifiche è la prima difficoltà che si incontra nello studio di aspetti come la politica economica, l'organizzazione del lavoro, le strutture sociali delle civiltà classiche, conseguenza del disinteresse degli antichi per questi problemi, o per lo meno di una non concettualizzazione di questi fenomeni4.

Gli storici del mondo antico, che potevano disporre dalla seconda metà dell’800 dei dati messi a disposizione sistematicamente dall'epigrafia, dalle ricerche archeologiche, dalle edizioni critiche dei testi letterari, nell’atmosfera positivista dell’epoca svilupparono una storia descrittiva ("evénementielle”), fondando le ”scienze dell'antichità” su una rigorosa dimostrazione filologica senza però un rinnovamento metodologico 5

La storiografia sul mondo antico estese così il proprio campo di ricerca ai fenomeni economici e alle condizioni di vita con un’attualizzazione "giornalistica”6 o una mera descrizione dei "fatti” 7 senza una elaborazione di apposite categorie.

Del resto ad analisi quantitative e ad elaborazioni matematiche dei dati, come viene fatto nelle ricerche sulla storia economica e sociale del mondo moderno e contemporaneo, si oppone l'insufficienza e la sporadicità della documentazione "il carattere saltuario e casuale delle nostre informazioni è certo contrastante con la possibilità di un'analisi sociologica intesa nel modo possibile soltanto in ambienti e per epoche in cui non esistevano archivi, catasti, registri di popolazione e così via, A qualunque conclusione si voglia arrivare facendo spogli di nomi sul C.I.L si rischia di avere a disposizione materiale insufficiente e referti capricciosamente distribuiti

.....Diverse condizioni possono portare a avere abbondanza di iscrizioni in un'area piuttosto che in un'altra, possono darci illusorie rilevazioni statistiche, in cui la massa dei dati e la loro distribuzione geografica non è casuale". 8

4 Si veda la scarsa significatività dei prezzi riferiti dagli antichi, che riportavano, a titolo di curiosità, i prezzi eccezionali raggiunti dalle merci in situazioni particolari di carestia o di abbondanza, e non i prezzi medi

5 Studiosi come Ettore Ciccotti e Corrado Barbagallo tra ‘800 e ‘900 criticarono la tendenza a rinchiudersi nel proprio campo specialistico, rimanendo però all’"interno", perché partivano da comuni basi positivistiche, anche se con innesti del marxismo (letto tramite l’Engels dell'Antiduring e la “vulgata” kautskiana). F. Natale Contributo alla storia della Storiografia Italiana sul Mondo Antico, 'Nuova Rivista Storica" 1958, E.Lepore: 'Economia antica e storiografia moderna. Appunti per un bilancio di generazioni' in 'Ricerche in memoria di C.Barbagallo' vol.1., 1970, A.Momigliano, 'Contributo alla storia degli studi classici' vol.1.

6 Ad es.: Jerome Carcopino La vie quotidienne a Rome

7 Ad es.: J. Toutain L' economie antique Paris, 1927

8 M.A.Levi Sull'applicabilità della analisi sociologica agli studi di storia antica in "Rendiconti dell 'lstituto Lombardo di Scienze lettere ed arte" 1961: che così continua:"un esperimento di indagine sociologica dovrebbe essere fatto, per verificare la possibilità di analisi della struttura sociale, con criterio "orizzontale" e non "verticale". Infatti, rivolgendo la ricerca come si è fatto finora, a una determinata categorja sociale (legionari, artigiani, ecc.), si. ha una ricerca parziale, indirizzata a categorie che possono avere ragioni per essere più largamente ricordate dalle fonti archeologiche

C’è quindi il rischio di applicare schemi elaborati per lo studio di moderne società: "non esiste che in misura minima nell’antichità classica l’idea di ciò che si potrebbe chiamare una sfera economica, non solo l'economico non può essere studiato che in rapporto al politico, ma il fatto economico non è omogeneo a se stesso"9 Soprattutto, uno studio condotto coi metodi quantitativi non ha senso: "lo studio dei prezzi è certo fondamentale ma bisogna intraprenderlo sbarazzandosi dell'idea che, se fosse possibile costruirla, una curva dei prezzi sarebbe altrettanto significativa della legge della domanda e offerta nel XVIII secolo".

Inoltre: "come non si può parlare validamente dei prezzi se non v'è mercato, e il grado di rappresentatività di ogni prezzo è tanto più grande quanto più grande è il mercato, così non v'è salario se non c'è mercato del lavoro, se non vi sono salariati; e le conclusioni che si possono ricavare da una serie di salari saranno valide solo se rappresentano il salario percepito da un gran numero di lavoratori che vivono proprio e solo di quel salario: quando i salariati non rappresentano che una piccola minoranza all'interno della popolazione attiva globale, non hanno i salari quasi grado di rappresentatività"10

Bisogna tener conto insomma di una diversa concezione di razionalità (non solo economica) nelle società precapitalistiche11 e di conseguenza elaborare un apparato concettuale adatto all'oggetto dì studio.12

Il rinnovamento degli studi storici e della loro metodologia (che ha i punti salienti nei concetti di "modello",“struttura","longue duree")13 l'introduzione di nuove tecniche per il reperimento dei dati,14 e ancora le problematiche aperte da scienze sociali come l'antropologia culturale, l'introduzione nel laboratorio dello storico dell'antichità delle “scienze ausiliarie” (prosopografia15, numismatica, epigrafia, archeologia), gli stimoli ed i raffronti che vengono dal mondo attuale, tutto ciò pone allo studioso del mondo antico compiti e possibilità di appassionante interesse: “...Questa prospettiva

o epigrafico-prosopografiche, e che finisce per essere più giuridica che sociologica. Invece, per un tentativo d'indagine totale su tutta l'area geografica della società romana, si dovrebbe poter avere davvero un quadro di una comunità, di un frammento di una società. E’ necessario partire da ricerche di un settore, cioè dallo studio di particolari comunità municipali e locali e dallo studio analitico di particolari condizioni professionali o giuridiche eterogenei.."

9 P.Vidal-Naquet- M.I.Finley in "Archives Européens de Sociologie" 1965

10 R.Romano, in "Rivista Storica Italiana, giugno 1970

11 M.Godelier: 'Razionalità e irrazionalità nell'economia' Milano, 1970;. S. Latouche L’invenzione dell’economia, Torino, 2010, cap. 3.1 Il non lavoro delle società precapitalistiche, p. 59-65; P.Dockes: 'Lo spazio nel pensiero economico dal XVI al XVIII secolo' Milano, 1971

12 E' quanto fatto da Witold Kula, che in "Teoria economica, del sistema feudale" dimostra che la reazione agli incentivi di mercato è in un sistema feudale opposta a quella che si verifica in un sistema capitalistico: gli investimenti ad esempio sono provocati dal peggioramento delle condizioni di mercato; le oscillazioni dei prezzi non sono condizionate dalla congiuntura economica generale, ma dalle oscillazioni dei raccolti. Ved. anche E.Will Des aspectes ethiques des origines de la monnaie, Revue Historique, 1954; P.Vernant, Mito e pensiero presso i greci : studi di psicologia storica 1965, trad it., Torino, 1970

investe la sostanza, stessa delle strutture antiche; il carattere storico di quelle categorie economiche; va al di là di ogni aspetto formale, oltre che quantitativo, e studia gli istituti e i fenomeni economici in rapporto alla struttura sociale tutta intera dell'ambiente antico preso in considerazione. Sia per la funzione servile e il problema della schiavitù, sia per gli altri statuti personali, con le loro conseguenze sul piano dei diritti politici e dei legami di dipendenza rispetto alla società sia infine per la pratica economica e sociale, per il valore in quanto "presa di coscienza" antica e "mentalità" dell’agricoltura e proprietà terriera, della produzione artigianale e del commercio, ossia di tutta l'attività economica antica, questo approccio esige una "definizione coerente" attraverso uno studio propriamente storico del proprio oggetto d'analisi. Rifiuto degli anacronismi, utilizzazione di un vocabolario e di concetti adatti al mondo antico;studio sistematico degli interessi materiali, dei bisogni sociali, degli statuti politici e insieme degli ideali di vita che sono mediazione tra le funzioni economiche e tutta l'azione sociale stessa; infine rimessa in discussione nelle nozioni d'uso corrente; ricostruzione della "lunga storia" che è dietro di esse, come degli oggetti stessi' di studio. Tutto ciò caratterizza la nuova ricerca"16 Programmi simili hanno avuto feconde applicazioni nelle ricerche sulla civiltà medioevale e moderna, ma le lacune della documentazione denunciate all'inizio ne rendono difficoltosa l'applicazione alle ricerche sul mondo antico.

2. Il metodo della comparazione storica

In questa ricerca si sono comparate istituzioni e strutture del periodo preso in esame con quelle di epoche più favorite per abbondanza di documentazione, non solo perchè "vi siano casi in cui per interpretare il passato bisogna volgersi al presente e almeno ad un passato molto prossimo"17 ma anche perchè le ipotesi della ricerca vanno cercate negli interrogativi, interessi e problemi attuali. Lo storico è colui che pone al passato i quesiti utili a comprendere il presente, tutta la Storia è Storia contemporanea. Ciò non esclude obiettività e rigore scientifico, ma fornisce all'indagine la tensione ideale di una ricerca partecipata, una trama di continue rispondenze tra l'attualità e il passato.

13 Ved. il dibattito aperto sulle “Annales” da Fernand.Braudel nel 1958; .Marczewski Introduction à l'histoire quantitative, 1965; T.Halperin Donghi Histoire et longue durée in "Cahiers Vilfredo Pareto", n°15, 1968; P.Lebrun, Developpement et hístoire quantitative.Vers une historiometrie ? in "Cahiers de l'Institut Solvay, 1967.

14 S. Mazzarino, Sulla funzione degli studi classici nella società contemporanea in "Studi storici" n 4/1967

15 Annales (ESC), 1970, interventi di Cl.Nicolet e A.Chastagnol al 5. congresso della Federation Intern. d'Etudes Classiques sul tema "Prosopografia e storia sociale"

16 E.Lepore Economia antica e storiografia moderna Appunti per un bilancio di generazioni, in Ricerche in memoria di Corrado Barbagallo, 1970, vol.1.

17 M.Bloch, I caratteri originali della storia rurale francese, Torino, 1973, p. XXIV

Nell’interrogare il passato per capire il presente, tuttavia, va considerato che i documenti non sono stati scritti per noi, c’è uno scarto tra il punto di vista dell’osservatore e quello dell’osservato di cui si deve essere consapevoli. Marc Bloch metteva in guardia dall'interpretare la comparazione storica come «semplice caccia alle somiglianze … riserva[ndo] ... un interesse particolarmente vivo alla percezione delle differenze, che siano originarie o che siano il risultato di percorsi divergenti, tratti da uno stesso punto di partenza»18.

Lo scopo più ambizioso della comparazione storica è di creare una teoria della storia che serve a spiegare un esito storico già preannunciato, col rischio di sottoporre la storia a forzature, costringendo gli eventi a corrispondere ad uno schema generale. Se partiamo dalla nozione che la rivoluzione francese fu la maggiore rivoluzione borghese, leggeremo lo sviluppo economico francese nel XVIII secolo come necessaria preparazione ad essa. E’ ciò che fece Jean Jaurès nella sua storia della rivoluzione, descrivendo la «magnifica fiammata di potenza borghese che attraverso l'antica foresta feudale della società francese, illumina e proietta lontano i suoi riflessi di porpora. Fornace di ricchezza e di lavoro: ed anche fornace di Rivoluzione»19.

Una seconda modalità è quella «macro-causale», che identifica le grandi variabili causali che spiegano dal punto di vista storico perché determinati paesi prendano determinate direzioni storiche e non altre, perché l'Italia e la Germania ad esempio sfociarono nel fascismo e nel nazismo mentre la democrazia trovò terreno più solido e fertile in Francia e Gran Bretagna. 20 Il rischio è anche qui di ridurre la spiegazione storica all'individuazione di alcune forze causali generali, nella ricerca di un modello la complessità e le differenze dell'esperienza storica, perfino in questi sofisticatissimi tentativi, rischiano di andar perdute. Non a caso la disciplina guida di questa scuola è la sociologia. Un terzo approccio è il cosiddetto «contrasto di contesti», che sceglie casi vicini uno all'altro in almeno un particolare centrale, innescando così una catena dì riflessioni e di interrogativi che sarebbe stato difficile proporre prescindendo dall'impiego del metodo comparativo. 21

18 M. Bloch, Per una storia comparata delle società europee, 1928, ora in Id., Storici e storia, Torino, 1997, p, 120. A Bloch che esortava gli storici a scegliere esperienze storiche non troppo distanti, l'antropologo Marcel Detienne ha replicato in Comparer l'incomparable (Paris, 2000 e 2009). Ved. anche D. Cohen, M. O'Connor Comparison and history : Europe in cross-national perspective New York, 2004

19 J. Jaurès, Storia socialista della rivoluzione francese, a cura di G. Manacorda, vol. 1, Roma, 1965, p. 46

20 B. Moore jr., Le origini sociali della dittatura e della democrazia [1966], Torino, 1998; T. Skocpol, States and Social Revolutions, Cambridge, 1979. Bairoch, Rivoluzione industriale e sottosviluppo; R.Miliband, Lo Stato nella socetà capitalistica; R.Bendix, Stato nazionale e integrazione di classe

21 Come nello studio di Clifford Geertz, Islam Obsered, Chicago, 1971

3. I lavori pubblici nel mondo antico: concetti e definizioni

Preliminarmente alla narrazione storica conviene esaminare il significato nel mondo classico di termini (economia, stato, pubblico/privato, lavori pubblici, ecc.) che ora designano realtà diverse. Senza compiere un'indagine filologica, tenteremo di definire la diversa estensione di quei concetti nel mondo antico.

La politica economica, fiscale, finanziaria delle stato antico è più limitata ed embrionale delle raffinate tecniche d'intervento degli stati contemporanei. Il compito fondamentale in economia era l'approvvigionamento dei viveri (trophè/annona), che comportava una serie di interventi: da una vasta attività di polizia destinata ad imporre il rispetto delle leggi riguardanti le vendite e i regolamenti del mercato (restrizioni alle esportazioni di cereali; tasse, dazi e pedaggi; regolamentazione degli scambi tra venditori e compratori, tra produttori e consumatori) alla costituzione di pubbliche scorte di viveri conservate in magazzini (horrea) con cui poter direttamente intervenire a fronteggiare i casi di carestia e a attenuare gli sbalzi del mercato granario.

Alla base c’è una diversa concezione dell'economia: "Il 'soddisfacimento delle esigenze materiali' è il concetto chiave: esso non è sinonimo dei bisogni dell'economia, del commercio in quanto tale e di una classe mercantile ...Quando altri interessi si inserivano nel soddisfacimento delle esigenze materiali, si trattava di interessi politico militari".22

Sia nelle monarchie patrimoniali asiatiche ed ellenistiche, in cui il sovrano considera territorio ed abitanti come proprietà personale limitata solo dalla tradizione, sia nelle “città libere" non vi era una netta distinzione tra lo stato e i detentori del potere - fosse esso il sovrano orientale oppure un ceto dirigente ereditario di aristoi/optimates cui spettavano le funzioni politico-amministrative come appare da una istituzione particolare al mondo classico: il finanziamento 'evergetico' di opere pubbliche, visto come liturgia/munus, connessa all'esercizio del potere23.

22 M.Finley L'economia degli antichi e dei moderni, Bari, 1974;

23 G. Bodei Giglioni, Lavori pubblici e occupazione nell'antichita classica, Bologna, 1974: "Il comportamento dell'evergete è il frutto di un intricato innesto tra volontà soggettiva, tradizione e condizioni oggettive. Infatti l'evergete si trova già a ricoprire un ruolo sociale che lo spinge, in modo molto più cogente di un costume e più sottile di un'istituzione, a spendere per la collettività...Il costume si interiorizza fino a diventare norma di condotta morale e di rango...Ma questo costume, esaminato più a fondo, rinvia anch'esso (attraverso una serie di stratificazioni da non cancellare per ridurle alla loro base) ad una motivazione economica primaria e ad una secondaria: esistono nel mondo antico, ed in particolare in età imperiale, difficoltà oggettive di investimento di capitali e, in secondo luogo, i municipi antichi non possono provvedere se non all'ordinaria amministrazione, e la liberalitas dei principi o dei privati diventa una necessità. A parte l'usura e il difficile investimento in acquisto di terre, per cui esiste una grossa domanda e un'esigua offerta, l'innalzamento di opere pubbliche, da parte dello stato, le institutiones alimentariae, erano fra i pochi investimenti non solo possibili ma anche socialmente approvati ...l'evergetismo si dimostra quindi in ultima istanza come il risultato di una pressione sociale tesa ad impedire la tesaurizzazione e l'immobilizzazione dei capitali, un meccanismo antagonistico rispetto all'eccessiva accumulazione"

La liturgia24 greca traeva origine da un’epoca in cui la comunità era ancora embrionale e le famiglie aristocratiche si addossavano servizi pubblici essenziali, come la costruzione di templi, usando manodopera e materiali che erano privatamente a loro disposizione. Nella città-stato di età classica la liturgia/munus era diventata allo stesso tempo obbligatoria e onorifica; uno strumento di cui lo stato non burocratico. si serviva per ottenere certe realizzazioni non pagandole col denaro pubblico, ma assegnando agli individui più ricchi la diretta responsabilità tanto delle spese quanto della stessa operazione. Nelle monarchie ellenistiche le liturgie proliferarono, la loro gamma si estese e divennero sempre più pesanti.

In seguito gli imperatori romani adottarono questa consuetudine ellenistica e l'estesero a tutto l’impero. Il dualismo inerente al sistema delle liturgie - da una parte l’onore di essere un benefattore pubblico, dall’altra le pesanti spese - ebbe fine con il tardo impero; allora i munera erano espletati solo perchè l'appartenenza a certi organismi - senati municipali, corporazioni - era diventata obbligatoria ed ereditaria.

Il concetto di "pubblico" nelle civiltà classiche delimitava un ambito di intervento statale diverso da quello attuale: erano considerate opere pubbliche le mura cittadine, gli edifici e i luoghi in cui si svolgevano le funzioni politico-amministrative della città (curia, pretorio, tribunale, ecc.); la vita sociale (piazze, bagni, teatri circhi, biblioteche); i rapporti economici (mercati); le cerimonie religiose (templi); Inoltre i monumenti celebrativi (statue, archi); gli impianti idrici (acquedotti, fognature, bagni pubblici, impianti di irrigazione) e le strade urbane ed extraurbane25.

Quindi, mentre non erano considerati sevizi pubblici l’istruzione e l’assistenza sanitaria – almeno fino al II secolo e limitatamente alla popolazione urbana26, lo sono invece "la cura del culto, delle festività degli spettacolo nei circhi e negli anfiteatri"27 e le distribuzioni gratuite di generi alimentari

24 N.Lewis Leiturgia and Related Terms, in "Greek, Roman and Byzantine Studies", 1960 n.3 p.175-84 e 1965 n. 6 p. 226-30. Il significato da "lavoro per il popolo" si trasforma in "servizio reso allo stato" e poi in "servizio reso alla divinità"

25 Sul concetto di "pubblico" nel mondo greco-romano L.Beuchet, Res Publica, in D.A.G.R. La legislazione vincolistica che vietava la demolizione ed asportazione di ornamenti da edifici privati, considerandoli "patrimonio pubblico", risale a Severo Alessandro (C.Just. VIII, 10, 2, anno 222) e fu ripresa da Costantino (C.Just.VIII, 10, 6 e 8, anno 321) e da Costanzo II (C.Th. XV,1,1, anno 357): "nemo propriis ornamentis esse privandas existimet civitates: fas si quidem non est acceptam a veteribus decus perdere civitatem veluti ad urbis alterius moenia trasferendum"

26 Vespasiano fu il primo ad istituire un servizio di professori pagati dallo stato (Svet. XII Caes., Vesps., 18); Severo Alessandro sviluppò l'istituzione (Vita Sev.Al. 44); a Roma e Costantinopoli un personale per l'insegnamento superiore venne istituito da una costituzione di Teodosio II e Valentiniano II (C.Th. XIV, 9,3=C.Just. XI,18,3 del 425) Con due costituzioni del 370 fu creata l'assistenza medica pubblica a Roma con 14 medici (archiatri), uno per ogni "regione" in cui era divisa la città, riprendendo un'istituzione già presente nelle poleis greche e nelle loro colonie, come attesta Strabone per Marsiglia.

27 J. P. V. D. Balsdon, I romani, Milano, 1969, p.118; Un decreto dei decurioni di Stabia (CIL X,829) stabilisce che i bagni siano costruiti ex ea pequnia quos eos e lege in ludos aut in monumento consumere oportuit. Iscrizioni a Capua tra il 108 e il 94 informano che i magistri dei collegi cui incombeva la cura dei giochi preferivano spendere il proprio denaro in costruzioni. Nel

al proletariato. La semplice elencazione delle opere pubbliche ne evidenzia la prevalenza urbana, con un semplice "prolungamento sulla campagna circostante della struttura urbanistica della città”28

Per la costruzione e il mantenimento delle opere pubbliche dovevano affluire nelle città ingenti mezzi ottenuti mediante la pressione su contadini, i barbari. gli schiavi.

Lo sviluppo urbano non fu determinato da un reale e sostanziale aumento della produttività e creò città di servizi e di consumi in cui l’aristocrazia andava a spendere le rendite fondiarie e in cui si ammassava un sottoproletariato in buona parte parassitario che necessitava di distribuzioni gratuite di viveri. In questa situazione, le città non potevano avere una funzione trainante in senso progressivo.

"Innestandosi su bisogni elementari (acquedotti, strade, ponti) o sociali (fori, templi, mura) i lavori pubblici non congelano solo la circolazione monetaria o distruggono le eccedenze come la guerra, ma formano investimenti a lunga scadenza e infrastrutture civili, commerciali e militari che indirettamente si riconvertono in moneta e direttamente in benessere, civiltà e sicurezza"

"....la densità e la rarefazione delle opere pubbliche in un determinato periodo e in una determinata zona, sono fondamentalmente in funzione della quantità di denaro che viene immessa nella circolazione. A sua volta, questa immissione - è in genere aperiodica, improvvisa e legata a fattori occasionali, di natura non sempre strettamente economica: decisione politica di utilizzare i tesori depositati nei templi, bottino di guerra e di rapina, imposizioni fiscali, euerghesia e liberalitas principis. In una società come quella classica, caratterizzata da poche possibilità di investimento redditizio per il denaro liquido (resta soltanto la terra, l'usura e, in scala ridotta, il commercio), i lavori pubblici costituiscono una sorta di meccanismo antagonistico alla tendenza verso un’eccessiva tesaurizzazione. Divenendo veicolo della pressione sociale indirizzata verso una redistribuzione pubblica delle ricchezze in vari modi accumulate dallo stato o dai privati, si trasformano essi stessi in moltiplicatori e creatori di denaro e lavoro, producono il bisogno di lavoratori piuttosto che essere il prodotto del loro bisogno di occupazione."29

94 il pagus Herculaneus decide che il conlegium di Jupiter compagus dovrà restaurare un portico ricevendo gli stessi onori che se avesse dato dei giochi (CIL X, 3772=ILS 6302). Altri collegi fanno la spesa sia di lavori pubblici che di giochi (CIL X, 3776, 3778, 3779). A Benevento i duoviri lastricano una strada e costruiscono un serbatoio “pro ludis” (CIL IX, 1643)

28 E.Sereni, Città e campagna nell'Italia preromana, in “Critica marxista”, 1969. Sulle opere di irrigazione e bonifiche nelle campagne, K.D.White, Roman Farming, London, 1970, p.146-172; Id., Agricoltural Implements of thre Roman World, Cambridge, 1967.

29 G.Bodei Giglioni, Lavori pubblici e occupazione … , cit.

Parte I. I lavori pubblici nella storia del tardo impero romano

Dopo il periodo di crisi della società e dello stato imperiale romano, che perdurò per quasi tutto il terzo secolo (crisi alimentare, pericoli di invasioni barbariche, contrasti religiosi, disgregazione dello Stato, calamità pubbliche) la politica di riforme dispotiche e di difesa militare attuata da Diocleziano creò le premesse per la ripresa dell'impero, ridando compattezza e autorità allo stato all’interno e verso le “gentes externe” rendendo così più sicuri i traffici e incentivando i consumi e la produzione.

A loro volta queste condizioni favorevoli consentirono un aumento degli introiti fiscali per la maggior efficacia con cui venivano applicate le tassazioni dando così più larga possibilità agli imperatori di provvedere alle necessità militari e civili e di finanziare le opere pubbliche.

Quando furono divise da Diocleziano le vecchie provincie in due o tre più piccole, nuovi centri amministrativi sorsero, ognuno col suo personale giudiziario, fiscale e militare, e altre città s’innalzarono al rango di capitali regionali col sistema delle diocesi e poi delle prefetture, ed ebbero un’espansione con l'introduzione di una zecca di monete, di una fabbrica di armi, un cantiere navale oppure un tribunale, al cui seguito giunsero numerosi impiegati e sorveglianti.

In un’epoca in cui la ripartizione delle ricchezze dipendeva in un grado senza precedenti dalla presenza diretta dello Stato, la perdita di queste attività significava anche una perdita immediata delle entrate. Viceversa la costruzione di opere pubbliche, l'apertura di fabbriche di stato mettevano in moto positivi meccanismi economici.

Nelle capitali regionali venne così ad aggiungersi a un settore privato che lavorava per í decurioni benestanti (un gruppo ristretto abbastanza da impedire uno sviluppo di questo settore dell’artigianato alla lavorazione in serie) una industria statale che lavorava per le necessità militari e dell’apparato burocratico.

Diocleziano, considerato maniaco delle costruzioni30 contribuì con il tesoro imperiale ad adeguare alIe loro nuove funzioni le città residenziali: Treviri, Milano, Sirmio, Nicomedia, Bisanzio. Quanto a Nicomedia, che fu la residenza preferita da Diocleziano, ci descrive Lattanzio31 i lavori intrapresi per renderla simile a Roma costruendovi un circo, una basílica, palazzi per la Casa imperiale, la zecca e una fabbrica di armi.

A Tessalonica sorse nel 297 l'arco di GaIerio, colle scene istoriate di guerra e la rotonda romana",

30 "Huc accedebat infinita quaedam cupiditas aedificandi, non minor provirciaruim exactio in ehxibendis operariis et artificibus et palustris, omnibus quaecumque sint fabricandisoperibus necessaria" Lattanzio., De mortibus persecutorum, 7,8; Aurelio Vittore Caesares, 39,45 Ac mirum in modo novis adhuc cultisque moenibus Romam culmina et urbes ornatae, maxime Carthago, Mediolanum, Nicomedia

31 Lact., De mort.persec

poi trasformata nella chiesa di S. Giorgio. Sirmio, che ebbe prima di quelle dei tetrarchi, le cure di Probo e di Aureliano, fu fornita, come attestano i ruderi, di mura, di terme, di un palazzo, di fabbriche di armi e dì un porto fluviale.

Per l'occidente, Milano fu fornita di mura, con quattro porte principali, dal collega di Diocleziano, Massimiano, e restaurata e arricchita nei monumenti; aveva un palazzo reale, un teatro, un circo, delle terme32, e la ricchezza di quelle costruzioni tuttora attentata delle 16 colonne corinzie di S. Lorenzo.

Treviri aveva visto rinforzare le sue mura, innalzate da Postumo(258 -67) e già esistenti ai tempi dell' assedio di Gallieno, sviluppate su un perimetro di 6 km e ornate con la famosa. "Porte. Nigra”, Massimiano e poi Costanzo, oltre al restauro delle mura e dei monumenti preesistenti (come le terme del II. secolo e il foro), vi avevano costruito nuove terme, una basilica (Aula Palatina) a due ordini di finestre, l’anfiteatro e un nuovo ponte sulla Mosella. Quale fosse allora la ricchezza e l’attività di Treviri si deduce da una colorita pagina di Ausonio.33

Il nome di Diocleziano è soprattutto connesso a Roma, colle grandiose terme che portano il suo nome, sebbene, come quasi tutte le opere fatte nell'occidente, siano piuttosto opera di Massimiano che sua.

Le terme di Roma furono incominciate ad erigere nel 298 al ritorno di Massimiano dall'Africa 34 ed inaugurata quando i due Augusti avevano già abdicato, ma prima della morte di Costanzo. Per costruirle occorse acquistare del suolo e distruggere delle vie e dei monumenti35

Ai. due imperatori risalgono la ricostruzione della Curia, dopo l’incendio che nel 294 sotto Carino si estese tra il Capitolino e il Palatino, i restauri delle basilica Giulia, del tempio di Saturno, dei Rostri, del tempio di Iside e Serepide; così pure a loro si deve la ricostruzione delle rive del Tevere36.

In onore dei due augusti doveva essere eretto l’ arcus novus37 per il quale furono utilizzati anche rilievi di altri monumenti anteriori; mentre i due personaggi erano implicitamente ricordati nel

32 Auson.Cl. Urbes, 5

33 Paneg. 6(VII), 13,22; Cronogr. del 354

34CIL, VI, 1130=31242 Thermas felices Diocletianas, quas Maximinas Aug. Rediens ex Africa sub praesentia maiestatis disposuit ac fieri iussit et Diocletiani Aug. fratris sui nomini consecravit coemptis aedificiis pro tanti operis magnitudine omni cultu perfectas Romanis suis dedicaverunt. Anche Hyeronim. Ad a.Abr.,2318=307 Cronogr. 354.

35 Come la Quadrigae Pisonis, Hist.Aug.,XXX Tyranni, 21, 6. Una lapide ricorda il restauro fattone da Elena , madre di Costantino (CI L VI, 1136 D. N. Helena...thermas incendio destuctas restituit). Secondo Hist.Aug., Vita Probi, 2, sarebbe stata trasportata in essa, dal foro Traiano, la biblioteca Ulpia.

36 CIL, VI, 773:lmpp.Diocletianus et Maximianus Augg. perpurgatis fontium rivis et itineribus eorum ad perennem usum refactis Tiberino patri a quarum omnium et repertioribus admirabilium fabricarum priscis viris honori dederunt e loc.cit., 1242 (Diocletianus et Maximianus) ripam per seriem temorum conlapsamad pristinum statu restituerunt per pedes CX

Porticus Jovia e nel Porticus Herculea aggiunti al teatro di Marcello38.

Per il decennale di Diocleziano, dinanzi alla Curia, furono erette basi marmoree istoriate, di una delle quali si conserva parte con rilievi39 mentre abbiamo le basi di una statua di Massimiano presso la Curia40 e di altre tre nel Foro41.

Il palazzo fatto costruire dall'imperatore a Spalato segna il nuovo tipo della residenza di un sovrano che é essenzialmente capo militare e non più magistrato civile: il grandioso complesso di edifici ha la forma del castrum a pianta rettangolare, ed è cinto di mura turrite, completamente chiuso su tre lati, e solo sul quarto, che guarda sul mare, con una galleria ad archi.

Sotto Diocleziano che, "privo di una politica militare originale, rimase legato a una concezione di ininterrotta linea di difesa",42 le linee di fortezze furono moltiplicate dove già esistevano e create con sistemi complessi dove mancavano o erano state distrutte, come sul fronte siriaco, appoggiandosi ai sistemi montuosi, ai grandi fiumi e ai margini delle zone desertiche, potenziandole con strade di arroccamento e fornendole di impianti idrici. Le somiglianza delle fortezze sul Reno e in Britannia da una parte e in Siria e in Africa dall'altra non dipende solo dall'interscambio di truppe tra quelle regioni, ma dal fatto che Diocleziano impose i “progetti tipo” e assistette alla costruzione, specie nei settori danubiano e siriaco.43

A favore del limes sacrificò città come Palmira e Bostra che, dopo aver conosciuto un commercio fiorente divengono città di guarnigione incluse in un sistema di burgi e praetenturae.

Altrettanto vasta di quella di Diocleziano fu l'attività edilizia di Costantino che si dedicò soprattutto alla costruzione della nuova capitale,44 Bisanzio, che Settimio Severo aveva difeso verso

37 Cronogr. del 354; CIL VI, 31383; Not.Reg. VII

38 Cronogr. 354; Vita Carini, 19; CIL, VI, 255: Genio Iovi Aug.Iovia porticu eius a fundamentis absoluta excultaque, Aelius Dionysius v(ir) c(larissimus) operi faciundo. Loc.cit., 256 Genio Herculei Aug.Herculea portictu eius

39 CIL VI, 1187, 31256

40 CIL VI, 36947

41 CIL VI, 1127,1128, 36256; Sotto Costante furono restaurate le terme, forse di Agrippa CIL VI, 1165 Thermas vetustate labefactas restauraverunt Q.Rustico v(iro) c (larissimo) praefecto urbi. Massenzio, costruì un circo lungo la via Appia e la Basilica Nova, cosiddetta di Costantino; cfr. Vict.40,26; Polem. Sil.545;Cronogr.del 354,I,p.146. Davanti alla Basilica fece innalzare la propria statua (CIL VI,1147) e due statue nel comizio, di cui una per Marte (CIL VI,33856-7)

42 Jones, Il Tramonto del mondo antico. cit., p.47

43 Zosim.II, 34,1 Seston Diocletien et la Tetrarchie, 1920, p.296 sgg.

44 Sulla fondazione di Costantinopoli: Esich.di Milet., Patr.Const. 42; F,H,Gr, IV, 154; Codin.,17; Cedreno,I,497; Zonara XIII,3; Malala.XIII,322 D. L'opera Urbe Constant, Nova Roma in Not.Dign.;

terraferma con una muraglia che andava da un mare all'altro, e fornita di un'agorà, di un ippodromo, ecc.

Essa aveva negli ultimi decenni subito gravi danni per gli assedi di Massimino Daia e poi di Licinio. Costantino, con lavori durati fino al 330, aveva abbattuto le mura di Severo, costruito la nuova difesa della città tre chilometri più all'esterno, quintuplicando l'area cittadina estesa a comprendere quattro dei sette colli che l'assimilavano a Roma. Egli aveva costruito sulle pendici del colle della vecchia città il grande forum Constantini; allargato e abbellito con portici e statue l'agorà; arricchito le terme; completato l'ippodromo; eretti il palazzo del Senato in forma basilicale; il palazzo reale (Dafne); e almeno due delle 14 chiese che gli si attribuiscono - nonchè templi, perché l'imperatore cristiano era il capo di popolazioni anche pagane.

Nella nuova metropoli aveva trasferito monumenti tolti ad altre città45 pratica comune nel tardo impero — come il tripode di Delfi che ricordava la vittoria di Platea, e la colonna sormontata dalla sua statua.

Il luogo era ben scelto, anzitutto perché situato alla frontiera di due continenti e, comandando la via marittima dal Mar Nero all'Egeo, offriva migliori condizioni naturali di transito rispetto a Roma per stabilirvi la capitale dell'Impero: dal punto di vista militare la maggior vicinanza al limes aveva una importanza strategica decisiva data la lentezza delle comunicazioni e dei trasporti; e la stessa ragione valeva per i collegamenti amministrativi.

La fondazione di Costantinopoli ebbe come risultato di concentrare in un altro punto dell’impero beni materiali e persone spostando l’asse del mondo romano dal centro del Mediterraneo ad est, al confine tra Europa e Asia: d'altronde la preferenza di Nicomedia come residenza imperiale, manifestata da Diocleziano, indica una tendenza di lungo periodo in favore di questo spostamento.

Costantinopoli fu sicuramente una città "amministrativa" e terziaria a causa della concentrazione in essa di una vasta categoria di funzionari, burocrati, personale di palazzo46. Che essa, in conseguenza allo spostamento delle vie di traffico, riuscisse ad assumere importanza come centro commerciale, è invece controverso47.

Cosa abbia rappresentato la costruzione di Costantinopoli dal punto di vista della concentrazione

Chron.blin.I., 233;643.466.

45 Niceforo, Call.,VIII.14: ex ipsa Roma aliisque populis incolse eo alliciens, circum equestrem, porticus, proiectap aquaeductus, pontes, statuas, ìmagines,et quaecumque essent praecipue artis opera, fieri eosque comportari... curans; Euseb. Vita Const, III.54 sugli oggetti preziosi portati a Costantinopoli anche per motivi fiscali,

46 Jones, Tramonto...cit.p.343 stima a 6.000 i funzionari dei ministeri centrali, della prefettura al pretorio dell'Oriente e degli uffici dei due magistri milítum praesentales.

47 Mentre Jones ritiene che "i mercanti a Costantinopoli come a Roma erano soprattutto importatori che rifornivano il mercato locale e sappiamo solo di una fabbricante di stoffe che da Costantinopoli esportava i suoi prodotti in Africa e in Occidente", Bernardi afferma che essa a differenza di Roma "si sviluppò come città non solo di consumi ma anche di produzione....da ciò derivò la maggiore stabilità di cui diede prova la sua economia".Tendenze....cìt.p.279)

di materiali e forza lavoro, dei problemi logistici, di trasporto, di alimentazione, delle spese per le casse statali in rapporto alla situazione economica dell'impero, se cioè essa abbia avuto un effetto di stimolo e rilancio oppure abbia dissanguato le già scarse risorse dell'impero, dai documenti, che riflettono il giudizio dei contemporanei, è difficile da stabilire.

E' certo comunque che le spese per le costruzioni si traducevano in opere di prestigio in cui s'immortalava la gloria dell'imperatore, più che in opere utilitarie dal punto di vista economico.

Costantino fu grande costruttore di chiese: ad Antiochia presso il palazzo costruì l'ottagono d’Oro, una chiesa dal tetto dorato; un'altra innalzò a Nicomedia, un'altra ancora a Drepanum, di cui Costantino apprezzava le fonti termali e che fu ribattezzata Helenopolis nel 327 in onore della madre dell'imperatore, Elena; fece costruire una basilica sul monte degli Ulivi e un'altra a Betlemme.

Non solo Costantino costruì grandi chiese cristiane a Roma e Costantinopoli, a Gerusalemme. Betlemme e Helion, a Cirta, Nicomedia e Antiochia - mentre nel contempo faceva abbattere importanti templi pagani e nel 331 ne confiscava le terre, i tesori, i rivestimenti in oro delle statue - ma dotò le chiese di vasti possedimenti e assegnò ad ognuna di esse una certa razione di grano per il clero e i poveri.

L'imperatore creò una classe unitaria di sacerdoti privilegiati, in quanto i clerici dell'ecclesia catholica erano esenti dai munera curiali; tuttavia sotto Costantino “les edifíces du culte chretien n'étaient pas ancore considerés en droit comme des edifices publics"48 e solo con Graziano si ebbe la trasformazione dello statuto religioso dell'impero: lo Stato con esso si separò dal paganesimo che venne sostituito dal cristianesimo; fino ad allora vi era stato un distacco tra la teoria - la separazione tra lo Stato e la Chiesa cristiana - e la pratica costituita dall'intervento degli imperatori cristiani a favore di questa religione.

Sotto i figli di Costantino molti templi furono abbattuti, tanto che Costante dovette promulgare un'apposita legge per proibirlo49.

Il basso Danubio, in specie la Scizia, furono particolarmente curate da Costantino e prima da Diocleziano. Provincia staccata dalla Mesia da Diocleziano, la Scizia aveva per capitale Tomis, a cui il tesoro di Diocleziano aveva offerto una grandiosa porta; questo imperatore fece giri di ispezione nella provincia, costruì strade, edificò forti e istallò truppe.

Costantino restaurò Tropeum Traiani50, a Troesmis e in altre località vicine costruì fortezze a distanza ravvicinata, lungo il gomito del Danubio. Histra sviluppò considerevolmente il commercio,

48 Chastagnol:La prefetture urbaine..., cit. p. 140

49 C.Th.XVI,10,3 (del 346) indirizzata al prefetto urbano:Quamquam omnia suprstitio penitus eruenda sit, tamen volumus, ut aedes templorum, quae extra muros sunt positae, intactae incorruptaeque consistant. Nam cum ex nonnullis vel ludorum vel circensium vel agonum origo fuerit exorta, non convenit ea convalli, ex quibus populo romano praebeatur priscarum sollemnitas voluptatem. Cfr. con C.Th.XVI,10,15: sicut sacrificia prohibemus, ita ut volumus publicorum operum ornamenta servari.

50 CIL,III,13734; edificò il castello di Costantinia sul Danubio, in zona Pannonica a nord di Aquíncum, corrispondente forse a Ulciscia Castra. Cfr.Not.Dign.XXXIII,13; CIL III9458

costruì nuovi edifici pubblici e attirò una densa popolazione. Dietro i bastioni delle fortezze una ripresa economica accentuata si manifestò. Una congiuntura economica favorevole si produsse in Tracia, Pannonia, Mesia durante le prime tre o quattro decadi del IV secolo.

Un ponte in pietra fu edificato sul Danubio e sulle paludi, da Oescus a Sucidava, il più lungo costruito dai romani, con cui si stabiliva una testa di ponte in territorio barbaro che fu proseguita dalla strada per la fortezza di Romula.51

Sul Margo (Morava) fu edificato il castello di Constantinia52 e lo stesso nome ebbe un impianto sul Ponto Eusino53. Al nome di Costantino in Roma sono legate le terme54 e l'arco costruito nel 312-15.

I tetrarchi si valsero di una favorevole congiuntura, con i barbari respinti oltre i confini saldamente tenuti. Al riparo delle cui fortificazioni la vita aveva ripreso a fiorire, ma già verso la metà del quarto secolo la ripresa delle invasioni, ritentata dagli Alemanni nel 355, e l'aspetto sempre più eversivo dei movimenti ereticali (circumeelliones, bacaudi55) composti da contadini espropriati e schiacciati dal peso delle tasse, fanno vacillare le istituzioni dell'Impero e rivelano che la restaurazione operata dai tetrarchi, come pure l’incorporazione del cristianesimo, non avevano allargato la base del consenso ma si erano limitate a cristallizzare in forme burocratico-autoritarie le istituzioni e le forme di vita del Principato.

Le costruzioni traducono la concezione di maestà e divinità che gli imperatori attribuiscono a se stessi - tratto che li assimila ai despoti dell'oriente56. Gli edifici, come i teatri, i bagni, i colonnati lungo le strade cittadine, i palazzi. seguitarono ad essere costruiti nella maniera tradizionale - nonostante l'interruzione di lavori monumentali per due generazioni, che significò, tra le altre cose, la perdita di conoscenze tecniche trasmesse mediante l'apprendistato - ma per le chiese furono create forme nuove (basilica). Per addestrare architetti ed artigiani. Costantino istituì un sistema, di borse di studio governative e concesse l'immunità ad una serie di artigiani specialisti.

51 Aur.Victor De Caes.,41,8; Epist. 41, 13-14; Chron.Pasch.XI,233

52 Not.Dignit, XLI,33; CIL,III,8141.

53 Procop.de Aedif.IV,7,7,13; Aur.Victor De Caes, 41;18;Hierocles, 38

54 Aur.Victor, de Caes, 40,27:atque (Constantinus) ad lavandum institutum opus ceteris haud multo dispar. Not.Reg, VII. Furono restaurate nel 443 sotto Valentiniano III, da un prefetto urbano, cfr.CIL VI, 1750 "Constantiriìanas thermas longa incuria et abolendae civilis vel potius feralis cladis vastatione vehementer adflictas ita ut agnitionem sui ex omni parte perdita desoerationem cunctis reparationis adferrent deputato ab amplissimo ordine parvo sumptu quantum publicae patiebantur angustias, ab extremo vindicavit occasu et provisione largissima in pristimam faciem splendoremque restitui

55 Martroye, Une tentative de revolution sociale en Afrique. Donatistes et círcumcelliones in "Revue de quest. Hist." 1904,353-4,16; U.Calderone, Circumcelliones in Parola del Passato.1967 n.2; E.A.Thompson, Peasant Revolts in late Roman Gaul and Spain in Past & Present 1953

56 F.Burdeau, I'Empereur d'apres les panegyriques latins in “ Aspects de l'Empire Romain”, pp.1-60, Paris, 1964

Infatti, mentre muratori e carpentieri avevano trovato da lavorare anche nel III secolo nella costruzione di edifici privati, invece scultori, pittori, architetti, mosaicisti erano rimasti senza lavoro e quando, sotto Diocleziano, si riprese ad edificare costruzioni monumentali, era stato difficile trovare tecnici esperti. Vi fu una trasformazione importante delle tecniche edilizie nel basso impero, legata alla necessità di fare in fretta ed in economia.

Si diede al mattone un posto sempre piú importante; si costruì in dimensioni ridotte; si evitarono le grandi campate a volta e si preferì l'intelaiatura in legno; si utilizzarono per le costruzioni materiali di recupero, soprattutto per le fondamenta; anche per i pavimenti e i rivestimenti di marmo il materiale era prelevato di solito da colonne di edifici antichi. L'intaglio della pietra a scopi architettonici sembra fosse quasi esclusivamente limitato alle grandi cave di marmo imperiali di Procanneso, di Alessandria Troade e di Docimio, che fornivano il materiale per gli edifici imperiali e ne davano anche, per concessione imperiale, alle città e alle chiese.

Migliaia di chiese di struttura basilicale, che richiedevano grandi travi per il tetto, furono erette nei secoli IV, V e VI; e nei centri dell'interno quel legname doveva essere prodotto localmente, poichè il costo del trasporto per terra di grossi tronchi era proibitiva.

Il cesarato di Giuliano parte dall'esperienza della grande invasione alemannica del 355 in seguito a cui le deficienze del sistema limitatense di Costantino apparvero chiare, non bastando le difese erette dalla tetrarchia e soprattutto rivelandosi le lacune del sistema militate comitatense. Questo indusse Giuliano a dare grande importanza ai lavori di fortificazione durante il cesarato in Gallia, in cui "inter potissima mature duxit implendum, ut ante proeliorum fervorem, civitates multo ante excisas ac vacuas introire receptasque communiret horrea quin etiam extrueret pro incensis" e provvide con materiali e trasporti ai restauri a spese dei barbari, non avendo disponibilità finanziarie "Reges ex pacto superioris anni .... aedificiis habilia multo suis misere carpentis, et auxiliarii milites semper munia spernentes huius modi, ad obsequendi sedulitatem Juliani blanditiis deflexit, quinquagenarias longioresaue materias vexere cervicibus ingravate, et fabricandi ministeriis opem maximam contulerunt"57

Fatto Augusto, Giuliano "urbes quin etiam, per Thracias omnes, cum munimentis reparans extimis, curans sollicite, ne arma vel indumenta aut stipendium vel alimenta deesent his quos per supercilia Histri dispersos excursibusque barbarorum oppositos agere vigilanter audiebat et fortiter".58

Sul piano amministrativo la corruzione della burocrazia lo indusse ad adottare provvedimenti radicali: con una legge valida per tutto l'impero proibì ai governatori la costruzione di nuovi edifici pubblici prima che fossero stati restaurati quelli antichi o rimasti incompiuti: ad evitare che essi iniziassero costruzioni per vanità, cioè per legare il loro nome a monumenti, senza avere la copertura finanziaria59 ; con un editto al prefetto d'Egitto del 362, esteso poco dopo a tutto l'impero,

57 Amm.XVIII,2; anche XVII,10,9.

58 Amm.XXII,7. Cfr.XXVIII,2,2 et quaesivit artificibus peritis acquariae rei, copiosaque militis manu arduum est opus aggressus. Nel Panegirico di Mamertino, Giuliano dà ordini riguardo alla costruzione di fortificazioni nelle città della Macedonia, Illirica, Peloponneso.

59 C.Th.,XV,1,3 'Provinciarum judices commoneri praecipimus, ut nihil se novi operis ordinare ante debere cognoscant, quam ea compleverint, quae a decessibus inchoacta sunt, exceptis dumtaxat templorum aedificationibus (Giuliano al prefetto del Pretorio d'Oriente, a.362)

revocò le donazioni fatte da Costanzo II di edifici pubblici a favore di privati60.

Giuliano abolì le "evectiones" - cioè i permessi di libera circolazione sui trasporti di stato, il cui onere ricadeva sui municipi che dovevano fornire quadrupedi e foraggi per la posta imperiale61. Numerosi milari attestano il restauro delle vie62, le cui spese l'imperatore addossò ai possessores nei cui fondi passavano le strade: in muniendis viis iustissimum aequitatis cursum reliquit auctoritas. Simuli enim loca debent quaeque sortiri ut sibi consulant vel neglientia vel labore. Igitur eos loca iuxta morem priscum delegata curare oportebit63 , da connettere e da chiarire con la costituzione precedente di un semestre, secondo cui omnia quae consuetudo vel dispositio nostra amplectitur, hoc est cursum publicum, translationes, itinerum sollicitudines ceteraque similia cuncti possessores implere pariter compellantur 64.

Il fatto che la prima volta fosse indirizzata al Vicario d'Africa e la seconda al prefetto del Pretorio d'Oriente, conferma che si tratta di un indirizzo generale. Giuliano ordinò che i templi che erano stati abbattuti fossero ricostruiti e che le spese relative fossero sostenute da coloro che li avevano demoliti. Tentò anche di organizzare la carità ai poveri e agli stranieri attraverso i sacerdoti pagani: evidente imitazione dell'economia caritativa dell'ecclesia cristiana, che sanzionava la divisione dell'economia del tardo impero in due settori.

A favore della res privata erano state confiscate le riscossioni dei dazi e poi anche dei terreni ed i beni appartenenti alle città; Giuliano aveva invece pensato a una restituzione dei vectigalia e dei fundi alle curie65, concepite come l'ente direttamente responsabile per le exactiones delle tasse, senza intervento di apparitores, praesides, praefecti, insomma della corrotta burocrazia imperiale, provvedimento che si riallaccia al tentativo di moralizzazione dello stato: è qui evidente il disegno unitario della politica di Giuliano, a cui manca però il sostegno di precise forze sociali, anche se

60 C.Th.XV,1,8 e 10 rispettivamente; al contrario dimostra comprensione per coloro che avevano edificato su un terreno della città (C.Just. VIII, 11,3; probabilmente Alessandria) oppure super ergasteria publica, quae ad jus pertinent civitatis plerosque sibi domos struxisse (C.Th.XV,1,9) riconoscendo loro la proprietà delle costruzioni. Donazioni o cessioni di edifici pubblici a privati erano avvenute sotto Costanzo II; una donazione avvenuta nel II secolo è attestata in CIL XI, 3614=ILS 5918.

61 C.Th.VIII,5,12 e 14: disposizione lodata anche da Libanio e Gregorio Naz.

62 CIL,2987,ILS,755; Liban.Or.XIII,42;II,78; 4 e sgg.;XVIII,135; 140-1 11,294,4 e sgg.296,4 e sgg.; Socrat.III,1,52; Greg.Naz.IV,75; Andreotti, pag. 352 sgg.

63 C. Th. XV,392

64 C.Th.XI,16,10.

65 C.Th.X,3,1: possessiones publicas civitatibus jubemus restitui, it ut justis aestimationibus locentur quo cunctarum possit civitatium reparatio procurari. Amm. XXV,IV,15: Liberalistas eius testimonia plurima sunt et verissima, inter quae indicta sunt tributorum admodum levia, coronarium indultum, remissa debita multa, diuturnitate congesta, aequata fisci iurga cum privatis, vectigalia civitatibus restituta cum fundis, absque his quos velut vendidere praeteritae potestates. Anche C.Just.XI,70,1 (del 362) e Lib.: Or. XIII, 45.

l'imperatore ebbe l'appoggio di un gruppo di intellettuali-amministatori preparati e ispirati a una dedizione assoluta allo Stato, come Secondo Saluzio, Mamertino, Aurelio Vittore, tanto indispensabili al buon andamento degli affari pubblici da conservare le cariche sotto i successori: prolungando così la politica di Giuliano, al di là del suo breve regno, nella storia posteriore dell'impero.

"Non si trattava di una politica di classe volta ad agevolare le borghesie cittadine contro i possessores più ricchi; al contrario la politica di Giuliano cercava di conciliare, sotto il comune denominatore della necessità dello stato, i contrapposti interessi di classe: non esitava a sacrificare interessi dei curiali (borghesia cittadina, piccoli proprietari) alla sua politica deflazionistica volta a migliorare le condizioni degli humiliores"66.

La astrattezza del disegno di Giuliano risulta dalla contraddizione di una politica che, mentre si proponeva di essere al di sopra degli interessi settoriali, si precludeva la via a ciò poichè, in luogo di estendere e razionalizzare il proprio intervento, favoriva un ritorno all'autogoverno locale. Cosa che, in quella situazione determinata, significava dar mano libera alle classe dirigenti locali, poichè esisteva una precisa struttura gerarchica che impediva un regime in cui venissero a giustapporsi ed equilibrarsi gruppi egualitari nella sfera politica (come avvenne ad esempio nell'Inghilterra del XVII e XVIII secolo).

Nel 379 si produsse un nuovo saccheggio delle città, che coincise con le guerre dei Goti sotto Valente e con la crisi finanziaria. Della politica dei vertici dell'impero di fronte alla grave situazione, è testimonianza la legislazione dell'epoca valentiniana, che mirava da un lato ad aumentare, attraverso le imposizioni fiscali, il bilancio attivo, dall'altro a depennare le spese che su quello gravavano, cominciando dalle esigenze di corte e dai lavori pubblici, ridotti ai granai (horrea), al cursus publicus e ai restauri conservativi del patrimonio monumentale delle città67.

Un ricordo dell'attività di Valente è la condotta d'acqua che porta il suo nome a Costantinopoli68: ma i due imperatori presero a cuore soprattutto il restauro e la costruzione di fortezze. Il lavoro, già intrapreso da Giuliano con il consolidamento del limes tracico, fu continuato nel 369 per il settore gallico e proseguito poi nel 373-74 dalla costruzione delle fortificazioni danubiane69.

La casa dei valentiniani prosegui la politica "popolare" di Giuliano (istituzione del defensor plebis,

66S. Mazzarino:Trattato di storia romana, pag. 462

67 Amm., XXX,9; C. Th. XV, 1, 11-19; XVI,6,3; FJR, 108. Cinque testi del 364-65 (C.Th.XV.1,11 relativo a Roma; 14 per l'Occidente; 15 per l'Africa, 16 per l'Occidente e 17 per il Piceno) sembrano essere diverse redazioni di una stessa legge di Giuliano (C.Th.XV,1,3) che contro la vanità dei governatori ordina che nessuna costruzione nuova sia fatta prima di aver restaurato le antiche o terminate quelle incompiute – legge ripresa poi nel 374 (C.Th.1,18)

68 Hieron.Chron.; Themist.Or.11.13; Socrat.IV,8

69 Amm., XXII, 7,7; XVIII, 2, 1-4; 3.7; XXX,3,1; 7,6; 9,1; XXIX,6,2:Valentinianus enim studio muriendorum, limitum glorioso quidern sed nimio ab ipso principatus initio flagrans. Delle iscrizioni illustranti il limes, lo Schiller, II, 377 n.2 ne ha riportate 41. Cfr, inoltre Symm. Or.2,2.12-28, 3,9; Themist.Or.10.

calmiere di aderazione); in questa politica si inscrivono le due costituzioni del 37070 che creano l'assistenza medica pubblica a Roma con 14 medici (archiatri), uno per ogni "regione" in cui era divisa la città. I valentiniani accolsero la tendenza a ridare alle città diretta amministrazione e controllo dei vectigalia e fundi (limitati questi ultimi a un terzo) sì da limitare gli abusi dei governatori.

L'interesse "cittadino" di Graziano è testimoniato dalla ricostruzione di Lambesi in Numidia71 e dalla rinascita del centro narbonese di Cularone da lui denominato Gratianopolis. Tracce dell'attività costruttiva del giovane principe si possono vedere in varie parti dello Stato: a Roma il Gran Portico che collegava i portici di Pompeo col ponte Elio e che finiva con l'Arco Trionfale72; ad Ostia nel 377 furono restaurate le terme ad opera del prefetto dell'Annona73, a Susa furono erette le terme grazianee; in più località africane si vide l'operosità edilizia dei funzionari locali durante il suo regno: Costantinia, l'antica Cista, ebbe il Porticus Gratiana, e alla costruzione, al restauro e all'abbellimento di portici, basiliche, archi, caserme, terme, accennano numerose iscrizioni africane: a Celle in Mauritania74, aMascula, Stafis, Gelmae in Numidia75 e in altre località76.

A tale fervore costruttivo, o piuttosto decorativo - frequente è l'espressione epigrafica ad ornamentum splendidissimae civitatis - mostrato dal governo imperiale, non corrispondeva altrettanto interesse per la manutenzione delle strade la cui deplorevole condizione è indicata da varie iscrizioni77 nonostante le numerose leggi del regno di Graziano sul cursus publicus che prescrivono il numero dei viaggi a carico dello Stato, i veicoli da usare, le stazioni di fermata e il

70 C. Th. XIII, 3, 8

71 CIL VIII, 12328.

72 eretto nel Campo Marzio: CIL,VI,1124: arcum ad concludendum opus omne porticum maximarum aeterni nominis sui pecunia propria fieri ornari(que) iusseunt: inoltre fu restaurato il ponte Cestius: CIL,VI,1175 pontem felicis nominis Gratiani in usum senastus ac populi Rom(ani) constitui dedicarique iusserunt

73 CIL, XIV, 137 e C.Th XVI, 3, 15

74 CIL ,VIII, 10937

75 CIL, VIII, 2243, 20266, 5344

76 CIL, VIII, 17519, 14346, 14728, 1219, 2216. Foro Palatino CIL, VI, 177 Forum populo romano suo (dono dederunt) domini et principes nostri (impp.caes.) Valentinianus et Valens et (Gratianus Augg.) curante Flavio Eupraxio v(iro) c(lariss.pref.urbi). Restauro del ponte Elio CIL VI, 31402. forse costruzione dell'area palatina che sorgeva dinanzi alla residenza imperiale (Gell., 20, 1,1; Flavio Giuseppe, Antich.giud., 19,3,2)

77 CIL VI, 1774 stabula ne animalia cursus publici longi itineribus labore diutius deperirent providit, constituit, aedificavit; CIL, XI, 6328: pontem vetustate corruptum in usum publici restitui aptarique iusserunt.

personale di servizio78.

Sotto Graziano avvenne lo "scandalo del ponte e della basilica" narrato da Simmaco79. Il suo editto che faceva del cristianesimo la religione di Stato, accrebbe lo zelo religioso di senatori come Vettius Asorius Praetextatus, Virius Nicomacus Flavianus e l'oratore Simmaco, che restaurarono santuari, ne costruirono di nuovi e si assunsero le spese che prima erano a carico dello Stato.80

Il criterio dominante in materia di costruzioni in epoca teodosiana è quello della conservazione e del restauro degli edifici esistenti perchè le ristrettezze in cui versavano le finanze pubbliche e la difficile situazione non permettevano l'edificazione di opere nuove. Ma per il restauro delle costruzioni pubbliche ed anche di quelle private si ricorreva spesso ai monumenti antichi per trarne materiali già pronti e su cui non gravavano spese di trasporti da luoghi lontani, ovviando altresì alla scarsità di mano d'opera specializzata81

La legislazione edilizia di Teodosio è rivolta perciò a proibire82 il saccheggio dei monumenti antichi, ma è lontana dal raggiungere lo scopo, come si ricava dalle frequenti ripetizioni delle disposizioni legislative in questa materia, e a combattere Ia vanità dei governatori che innalzavano monumenti senza avere la copertura finanziaria83. La prima di queste leggi, nel 380, fissava - per l'Egitto - in un terzo la parte delle entrate da destinare alle costruzioni nuove, lo stesso anno un'altra legge faceva appello84 allo studio cautae celeritatis dei governatori per le imprese in corso.

La preponderanza dei testi legislativi che riguardano Costantinopoli, sotto Arcadio e Teodosio II, rivela l'immobilismo di una corte che, rompendo con le abitudini del III e IV secolo, non lascia più la capitale e non si preoccupa che dei lavori per ornarla. Onorio, nel frattempo, in Occidente si confrontava85 con problemi più difficili che lo conducevano a rimettere in vigore disposizioni anteriori, integrandole in senso più rigoristico86.

Per impedire la fuga, dei curiali e dei collegiati viene ribadito con continue disposizioni l'obbligo di

78 C. Th, VIII, 5,36.

79 Symm. Rel. 25-26: Chastagol, La pref.urb... cit. p,.349-53.

80 Stein: Histoire du Bas-Empire, p.201

81 C. Th. XV, 1,25: turpe est publici splendosis ornatum privatorum aedium adiectione conrupi et ea, quae conspicuae urbis decoris. vel nostri temporibus vel priori saeculi aetatecreaverunt, aviditatev cogendae pecuniae sociari. C.Th. XV 1,27: Augustae in partibus civitatis magis antiqua reddi convenit quam inchoari supervacua

82 C. Th. XV, 1 , 21-24 e 31 : Si quis iudices perfecto operi suum p oti u s nomen quae nostrae perennitatis scripserint, maiestatis teneantur obnoxi. Illud etiam repetita sanctione decernimus; ut nemini indicum liceat novis indictionibus industriae captare famam

83 C. Th. XV, 1, 20, 21, 27, 28, 29

84 C. Th. XV, 1, 21

permanenza, nelle curie e nei collegi 87: sintomo della profonda disgregazione della compagine statale che, a differenza dell'Oriente dove si assisteva a un soprassalto di "patriottismo" antibarbarico delle classi cittadine in alleanza col ceto senatorio, non riusciva ad unire possessores e classi urbane sulla base di un programma comune, quindi neppure a suscitare una coscienza militare e un movimento che sostenessero il tentativo di riorganizzazione operato da Stilicone88.

La distruzione di monumenti pagani per ricavarne materiale da costruzione, prima vietata,89 fu incoraggiata invece dagli imperatori verso la fine del IV secolo: nel 397 Arcadio da facoltà al comes d'Oriente di disporre dei materiali provenienti dalla demolizione dei templi90

Godefroy ha creduto di individuare essenzialmente delle comunità cristiane in quei petitores di cui il testo precedente e altri di Arcadio e Onorio apparsi subito dopo la proibizione dei culti pagani emanata da Teodosio, parlano a partire dal 398.91

Terminata la rassegna “cronachistica”, riprendiamo la ricerca partendo dai nodi problematici emersi nelle pagine precedenti.

85 Sotto Onorio furono restarate le mura aureliane CIL, VI, 1188-1190 “ob instauratos urbi aeternae muros portas turres egestis immensis ruderibus” e Claudian. De consul.Honorii, 529 sgg., e il teatro di Pompeo: CIL VI, 1191: Theatrum Pompei (collapso) exteriore ambitu magna etiam (ex parte) interor(e) r(uen)te convulsum (ruderibus) subductis et excitatis invice(m) fabricis, novis restituerunt.

86 C. Th. XV, 1, 32 e 33 , entrambe del 395 e fondate sulla costituzione valentiniana XV,1,18; integrate da C.Th. XV, 14, 37 =CJ. I,71,3 (del 395) Anche C.Th. XV,1,37 =CJ.I,24,1 (del 399) contro le. costruzione non autorizzate. di nuovi edifici.

87 C. Th. XII, 1, 146 (del 395) ; XII, 19,1 (del 400) VIII, 8, 5 e 6

88 Si è seguita l'interpretazione di Mazzarino, StiIicone , 1942

89 da parte di Costanzo C.Tn.XVI, 10,3 (del 346) già citata e C.Th. XVI, 10, 15. Sulla proibizione di sacheggiare edifici antichi, si esprimono le leggi C,Th, XV,1,1 del 357 al Proconsole d'Africa; 14 del 365 al Prefetto del Pretorio d'Italia e a un suo successore nel 398, (37) - poi nel 376 al Senato di Roma (19) e la Nov.Maj, IV

90 Quoniam vias pontes per quos itinera ceIebrantur, adque aquaeductus, muros quin etiam juvari provisis sumptibus oportere signasti, cunctam materia, quae ordinata dicitur ex demolitione tempIorum, memorati necessitatibus deputari censemus, quo ad perfectionem cuncta perveniant. Si aliquando operum publicorum petitores emergant, non nisi diruta penitusque destructa et quae parum sint usui civitatum petitoribus adsignentur C. Th.XV, 1, 40 del- 398. Arcadio al P.P.d'Oriente.

91 Godefroy, 1748 Codex Theodosianus cum perpetui commentariis,.Th.1, 40; X,3,5 del 400, XI, 1 , 41 del 401 e 43 del 405.

Parte II. Caratteri e aspetti dei lavori pubblici

1. La vita municipale

“La civilitas dell'impero romano consiste nella formazione e nell'incremento dei centri cittadini, con le loro splendide terme, con gli animati portici, con gli spettacoli, con il foro, gli acquedotti, i templi. Già gli antichi sanno chiaramente che in questo incremento della vita cittadina è il senso dell'impero” '92, scrive Mazzarino, e Jones ribadisce che “possiamo fare una stima della ricchezza presente nelle diverse regioni dell'impero sulla base del numero e della dimensione degli edifici pubblici delle città, dal momento che i ricchi destinavano gran parte delle loro eccedenze alla costruzione di tali edifici” 93

Nel terzo secolo, a causa delle invasioni, in molte città vi fu interruzione della vita municipale: così,

92 S.Mazzarino: 'Trattato di storia romana' p. 491

93 A.H.M.Jones: 'Il tramonto del mondo antico' p. 541

nelle Gallie più di 60 città furono distrutte94. Allora, la maggior parte dei centri urbani fu fortificato. Per soddisfare i bisogni di una difesa organizzata con precipitazione, le superfici racchiuse nelle cinte murarie furono notevolmente ridotte, specialmente in Occidente, dove la maggior parte delle città gallo-romane ebbero in epoca tarda una superficie da 5 a 11 ettari soltanto. Così, il perimetro della prima cinta di Autun nell'alto impero era di 5 km., la seconda, nel basso impero, non misurava che 1.300 mt.; a Nimes si passa da 6,2 a 3,2 km. Inoltre le esigenze della fortificazione hanno obbligato talora a lasciare i monumenti pubblici fuori della cinta: è il caso del Circo di Le Mans.

La città prese un aspetto di fortezza e il paesaggio urbano fu modificato. Non sembra, però, che si sia provveduto al ridimensionamento delle strutture e dei servizi urbani per adeguarle al mutato quadro economico-politico: "Le città erano in genere fornite di una quantità eccessiva di grandiosi edifici pubblici, innalzati negli anni prosperi del principato, e il loro mantenimento richiedeva spese considerevoli. Di pari passo con l'emarginazione del paganesimo come religione di stato, i templi vennero abbandonati e usati come cave di materiale da costruzione; ma la conservazione di acquedotti, bagni, teatri e colonnati richiedeva sforzi considerevoli. Ogni città di qualche pretesa aveva strade lastricate; le strade principali avevano larghi marciapiedi, in molti casi protetti da colonnati. Ad Antiochia e in altre grandi città, le strade erano illuminate. La maggior parte delle città aveva anche una rete e un sistema di rifornimento idrico; l'acqua, in molti casi, era portata con acquedotti da sorgenti lontane. Ogni città aveva i suoi bagni pubblici, e il combustibile per riscaldarli costituiva una voce importante delle spese civiche'95 Si tende sempre più alla restaurazione e alla manutenzione degli edifici esistenti, piuttosto che alla costruzione di opere nuove96, e alla riutilizzazione dei vecchi edifici come materiale per i nuovi97, in contrasto con le precedenti disposizioni di Adriano98.

Le fonti evidenziano però una differenza tra l'Occidente duramente provato dalle invasioni, parzialmente impoverito, spopolato, dove si utilizzano gli edifici antichi per trarne materiali - quadro a cui fa eccezione l'Africa fino all'invasione vandalica - e l'Oriente che, invece di demolire i suoi

94 Le distruzioni sembrano essere state considerevoli, ma certe zone sono rimaste intatte più a lungo delle regioni di frontiera. Sempre in relazione alla Gallia, per il IV sec. F.Vercauteren ("Notes sur la ruine des villes de la Gaule au Bas-Emoire", Mel.Bidez, Bruxelles, 1934) p. 955 sgg. mostra che un testo di Giuliano (Lettera agli ateniesi) spesso indicato come fonte per la Gallia Orientale, non riguarda che i dintorni immediati del limes dove sono situate le 45 città di cui riferisce la distruzione; le altre città restarono prospere, e Ammiano(XV,11) può qualificare quelle della Belgica II, splendidae. . Anche nelle zone più esposte dunque la situzione non fu catastrofica.

95 A.H.M.Jones: 'Il tramonto ..., cit.

96 C. Th. XV, 1, 3, disposizione dell'imperatore Giuliano nel 362: Provinciaruin iudices commoneri praecipinius, ut nihil se novi operis ordinare, ante debere cognoscant, quam ea compleverint, quae a decessoribus inchoata sunt, exceptis dumtaxat temploruni aedificationibus; C. Th. XV, 1, 21: Singoli quique iudicium primo omnium in tuendis veteribus aedificiis publicis impendant propriae sollecitudinis curam, tum adgrediantur nova. Atque studio cautae celeritatis, quidquid a superiore reppererint inchoatum, quasi a se coeptum noverint explicandum (disposizione degli Augusti Graziano, Valentiniano II e Teodosio del 380); C.Th. XV, 1, 29: Ne quis iudicum nova aeficia moliatur, cum opera nonnulla aut coepta penderent aut neglecta mutarent (disposizione di Teodosio del 393). Janvier, La législation...., cit., pp. 122-123, 182-183, 206-207, 294-295. Tali disposizioni sono anche l'indice della tendenza dei governatori provinciali a trascurare le opere dei loro predecessori per iniziarne essi stessi delle nuove.

vecchi edifici 'les voit bourgeonner au-dedans et au-dehors, un Orient où la population, grossie parfois par un veritable exode ruràl, reste grouillante, cosmopolite bigarrée,fourmillante comme aujourd'hui de petits marchands, artisans et revendeurs de toute origine, dont les échoppes et les logements de fortune envahissent les lieux publics, avec les specialisations commerciales qu'entraine bien entendu la proximité ou d'un tempie, ou de bains ou d'un portique pour la promenade"99

La diversità delle leggi destinate alle due parti dell'impero riflette la loro differenza: i decreti riferentisi alla degradazione dei monumenti antichi sono indirizzati a funzionari dell'Occidente100 mentre l'edificazione di costruzioni private all'interno e accanto agli edifici pubblici è oggetto di una quindicina di leggi tutte destinate a funzionari orientali, in più di metà dei casi al prefetto di Costantinopoli. Tutti i decreti sul rimborso alle municipalità di un terzo degli utili degli immobili ad esse confiscati, sono indirizzati a funzionari della pars Occidentalis101: si può dubitare che la regola sia stata applicata in Oriente, regione a urbanizzazione più vivace, soprattutto per quanto riguarda l'autorizzazione sacrificare, nell'ambito di ciascuna provincia le risorse delle piccole città per la manutenzione dei capoluoghi102. Questa ultima disposizione - che era in contraddizione con leggi precedenti che condannavano i governatori che spogliavano le “abdita oppida” a favore delle

97 Ci sono esempi di riuso di edifici storici che ne hanno fatto dei monumenti unici al mondo: insediamenti come il teatro Marcello a Roma o piazza Anfiteatro a Lucca dove una serie compatta di abitazioni è stata costruita sulla struttura dell’edificio precedente, spesso usandolo come cava di materiali edili, o le tante abitazioni dentro o sopra le mura e i bastioni di molte città storiche.

98 Sulla tendenza alla demolizione degli edifici per riutilizzarne il materiale, C. Th. XV, 1. 1, disposizione di Costanzo Il nel 357 Nemo propriis ornanientis esse privandas existimet civitates: jàs si quidein non est accepluPpt a veteribus decus perdere civitateni voluti ad urbis alterius mornia transfi•renduni, C. Th. XV, 1, 36, disposizione degli Augusti Arcadio e Onorio del 397: Quoniam vias pontes, per quos itinera celebrantur. adque aquaeductus, muros quin efiam iuvari provisis sumptibus oportere signasti, cunctam materiam, quae ordinata dicitur ex demolitione templorum, memoratis necessitatibus deputari censemus, quo ad perfectionem cuncta perveniant. Sul decreto di Adriano, SS.H.A. Vita Hadriani 18. 2: Constituit inter cetera, ut in nulla civitate domus aliqua transferendae ad aliam urbem ullius materiae causa dirueretur.

99 Janvier, La legislation du Bas-Empire..., cit. pag.355; Ved. i commenti di Godefroy al C.Th.XV,1,8-9-25-39-47-52. La persistente vivacità cittadina dell’Oriente dipende dall’esistenza di una classe di proprietari fondiari medi - e quindi curiali - più estesa che in Occidente. Inoltre l’abitudine alla vita urbana aveva radici più profonde, cosicchè anche quando ottenevano immunità dai servizi curiali, questi honoratri e potentes dell’Oriente continuavano a risiedere in città

100 C.Th., XV,1,1 del 321, indirizzata al proconsole d'Africa; ibid.14 e 37, rispettivamente del 365 e 398, al Prefetto del Pretorio d'Italia; loc.cit.19 del 376 al Senato di Roma; Nov.Maj.IV del 458 al Prefetto di Roma.

101 C.Th.XV,1,18 del 374; ibid.32-33 e C.Th.V,14,35: tutti emanati nel 395, e per richiamo XV, 1, 48 dal 411.

102 C.Th.XV,1,18 del 374 e 26 (del 390)

metropoles103 era un importante incentivo alla concentrazione urbana nelle città più importanti. Non crediamo invece che si possa vedere in questa legge "una tipica dimostrazione della solidarietà provinciale come fonte alla limitazione dell'autonomia nei comuni" secondo il commento di Mazzarino.104 Lo spirito di patriottismo locale, che era stato così vivo nel principato, sembra fosse ormai morto, con i curiali che non pensavano che a sfuggire agli incarichi pubblici; mentre era tra i rustici refrattari all'assimilazione, più che autoctona e si manteneva intatto il fondo etnico delle nationes.

Data la crisi in cui versavano le finanze imperiali nel tardo impero, queste cercarono di scaricare sulle città il finanziamento dei lavori pubblici, anche di quelli di interesse generale. Inoltre, le tasse civiche (costituite dai dazi) ed i beni dei templi furono confiscati da Costantino.105

Costanzo II confiscò le terre (praedia, loca, funda) appartenenti alle città (su cui esse riscuotevano gli affitti, che costituivano una notevole entrata); queste confische paralizzarono le città ad un punto tale che esse non potevano neppure eseguire i lavori essenziali di restauro delle mura cittadine e di edifici pubblici, e lasciarono i decurioni a sopportare queste spese.

Giuliano restituì alle città le riscossioni fiscali ed i terreni106, che furono poi confiscati nuovamente da Valentiniano e Valente107, i quali destinarono però un terzo del ricavato alle città, in particolare per la manutenzione delle mura. Onorio nel 401 garantì alle curie il possesso di un certo numero di edifici e spazi pubblici, di cui alcuni fino allora annessi alla res privata..108 E in ciò qualcuno ha visto il desiderio di alleggerire le spese dello stato: la necessità di restituire alle municipalità parte dei redditi dei beni confiscati, unita alle spese di gestione di questi ed ai furti dei funzionari, si era forse rivelata meno redditizia della restituzione pura e semplice.109

Alla tendenza a porre le costruzioni cittadine sotto il diretto controllo del governatore provinciale, si oppone dunque la tendenza a ridare alle città, per eliminare abusi da parte dei governatori, diretta amministrazione dei vectigalia e fundi.

103 C.Th.XV,1 del 374 e 14 (del 365)

104 Mazzarino: Aspetti soc.del.IV sec., cit. p.325

105 Lib.: Or.XXX,6,37; LXII,8

106 C.Th.X,3,1. C.J.XI,70,1(anno 362); Lib., Or. XIII,45; Amm. XV, IV,15

107 C.Th.V,13,3 e X, 1,8 (del 364)

108 C.Th.X,3,5 e xV, 1, 41

109 Così Janvier: La legislation, cit. p. 390

2. Il finanziamento dei lavori pubblici

Abbiamo visto quale importanza ebbero i problemi finanziari nel rapporto tra municipalità e amministrazione imperiale; non è questo che un aspetto di un fenomeno generale di conflittualità: il restringersi dei margini di ricchezza in una società corporativa come quella del tardo impero provocò una serie di spinte settoriali. Le difficoltà economiche posero il problema tributario al centro non solo della vita statale110 ma anche dei conflitti sociali: tra stato burocratico imperiale e contribuenti 111, tra curiali e potentes, tra finanza pubblica e possesores...

Era una concezione propria del mondo classico la contribuzione dei ricchi alla costruzione di edifici pubblici e all'abbellimento delle città; invece nel tardo impero si verificava spesso il caso di possessores e honorati che cercavano di sfuggire agli obblighi connessi alle magistrature e alle cariche pubbliche, divenute particolarmente pesanti dopo le confische dei beni municipali di cui abbiamo parlato.

Così le magistrature cittadine divennero ereditarie e coatte, mentre i testi legislativi insistevano sulla necessità di costrizione112

Le leggi del tardo impero non parlano più di contributi privati se non per imporli agli amministratori pubblici, mentre i testi del Digesto fanno più di un riferimento positivo ad essi.

Avviene ancora che iscrizioni commemorino elargizioni private per costruzioni o restauri di edifici, ma sono casi sempre più rari che a pagare le costruzioni e il restauro delle vie fossero i proprietari nei cui possedimenti passava la strada: "in muniendis viis iuctissimum aequitatis cursum reliquit auctoritas. Singuli loca debent quaeque sortiri, ut sibì consulant vel negligentia vel labore. Igitur eos loca iuxta morem priscum delegata curare oportebit"113 "Omnia quae consuetudo vel dispositione nostra ampIectitur, hoc est cursum publicum, transationes, itinerum sollecitudines ceteraque simiIia cuncti possessores implere pariter compellantur"114

Analogamente, l'autore del trattato anonimo del IV secolo De rebus bellicis, aveva proposto che a pagare le spese delle fortificazioni limitanee fossero i possessores e non le finanze statali: “est praeterea inter comoda reipublicae utiles limitum cura ambientium ubique latus imperii, quorum tutelae assidua melius castella prospicient, ita ut millenis interiecta passibus stabili muro et firmissimis turribus erigantur, quos quidem munitiones possessorum distributa sollecitudine sine publico sumptu constituat, vigiliis sane in bis et agrariis exercendi, ut provinciarum quies

110 Mazzarino: Storia di Roma, vol. II, p.422

111 Che è stato il nodo problematico di importanti interpretazioni, da Mickwitz (Geld und Wirschaft in romischen Reich, 1932) a Rostovzeff (Social and Economic History of the Roman Empire)

112 Coartentur, imponantur, ecc. C.Th.XV,1,34 e 49, ecc.

113 C.Th.XV, 3, 2

114 C.Th.XI, 16, 10

circumdata quodam praesidii singulo inlaesa resquiescat"115

Al contrario Valentiniano I, in un editto al Dux della Dacia Ripense stabilisce che le torri vengano edificate adjumentis militum et impensis, e Mazzarino interpreta nel senso che il lavoro di costruzione affidato - come già da Giuliano - ai soldati, riposava su materiali e mezzi di trasporto pubblico (nel qual caso impensis varrebbe impensis publicis): In limite gravitati tuae commisso praeter eas turres, quas refici oportet, si forte indigeant refectione, turres administrationis tempore quotannis locis opportunis extrue. Quod si hujus praecepti auctorìtatem neglexeris, finita admistratione revocatus in limitem ex propriis facultatibus eam fabricam, quam administrationis tempore adjulnentis militum et impensis debueras fabricare, extruere cogeris"116

La perdita di forze lavorative nel III secolo aveva portato alla diminuzione della quantità di beni economici e quindi a una contrazione delle entrate pubbliche. Lo Stato tentò di compensare questa crisi con l'imposizione di tasse in natura e corvèes per far fronte alle spese di corte, per pagare i funzionari, per far funzionare i servizi essenziali - esercito, cursus publicus, manutenzioni, per edificare monumenti.

Per l'esecuzione di lavori pubblici, la contribuzione in natura si presta a sostituire il pagamento di tasse in moneta, e le stato tardo-imperiale ricorse a questo sistema imponendo svariati munera: munera sordida, cioè corvées propriamente dette, che forniva operai gratuiti; munera personalia e munera patrimonialia, appannaggio delle classi alte e difficilmente distinguibili dalle comuni imposte.

Dai munera erano esenti varie categorie che in ragione del loro potere e della loro indispensabilità, o di favoritismi, ottenevano la concessione imperiale - come grazia di un particolare imperatore che non impegnava i successori.

Cosi Costantino garantì al clero l'esenzione117, e Costanzo Il ai senatori118. I membri di corporazioni addette ai lavori pubblici in genere erano esonerati119 e ciò provocò una infiltrazione di gente che non ne aveva diritto nei ranghi dei più potenti corpora. In definitiva, l'onere maggiore dei tributi veniva a ricadere sull'aristocrazia fondiaria delle province, la classe curiale, sinché questa riuscì a scaricarlo sui coloni

115 Anonimus de rebus bellicis, XXI, De limitum munitionibus

116 C.Th.XV, 1, 13 del 365

117 Eusebio Hist.Eccl, X, 7

118 C.Th.XV, 1, 7 del 361

119 Libanio (Or, XLVI, 21) ci informa che i tabernarii e artigiani di Antiochia pagavano manodopera libera perché lavorasse in loro vece per il drenaggio dei canali, l’erezione di colonne, ecc. L. Cracco, “Associazioni...”, cit., p.124. Specie in Occidente tra il IV e il VI secolo gli abbienti cercavano di infiltrarsi nelle corporazioni statali (fabri, fabricenses, centonarii, caudicarii, calcarienses, argentarii, navicularii) che godevano di privilegi e del patronato dei prefetti dell'annona, urbani, ecc, per sfuggire ad oneri

Lo stato ricorreva ad imposte in natura sia perchè minore era il pericolo che i materiali120 venissero dilapidati, rubati o destinati ad altri scopi, sia per ovviare alle difficoltà di approvvigionamento e all'alto costo del trasporto di materiali

E' quest’ultimo uno dei motivi che hanno portato alla spogliazione di statue e ornamenti dai monumenti esistenti e al trasferimento di pietre dagli edifici antichi per costruzioni nuove; a ciò si aggiungeva la difficoltà di reperire manodopera qualificata e la necessità - nel caso dalla costruzione di fortificazioni in occasione di invasioni - di procedere velocemente alle costruzioni. Verso la fine del IV secolo la legislazione imperiale che aveva condannato sempre il saccheggio di costruzioni antiche121 fatto allo scopo di rifornire i cantieri, autorizzò i governatori a disporre dei materiali che provenivano dalla demolizione dei templi122.

Dunque, lo stato tardo-imperiale si procurava con requisizioni e corvées buona parte delle cose di cui necessitava: legno, calce e altri materiali per i lavori ( nonchè viveri e capi di vestiario [canon vestium] per l'esercito e foraggio e animali da tiro per il cursus, per non parlare poi di manovali e artigiani, poi distribuiva materiali e manodopera mediante il suo apparato amministrativo, la cui importanza crebbe di conseguenza123.

3. L'amministrazione urbana

A Roma l'amministrazione tradizionale, che riposava sul Senato e le magistrature elettive, scomparve gradualmente di fronte all'autorità imperiale e ai nuovi poteri creati da essa. A partire da Augusto l'amministrazione imperiale mise la mano sui servizi pubblici. La manutenzione delle strade della città era affidata agli edili e al collegio dei IV viri viis in urbe purgandi. A fianco di questi cominciarono a comparire funzionari straordinari incaricati di una missione come quel procuratore delle regioni, T. Flavianus Germanus che, adjuncto sibi officio viarum sternendarum urbis parti bus duabus124 , o quel Lucius Aurelius Nicomedes liberto imperiale procurator ad silices125 e Ti.Claudius

120 C.Th XV,1,17 del 365 al consularis del Piceno

121 C.Th XV,1,1 (proizione di spogliare le piccole città a favore delle metropoles); C.Th. XV,1,14 del 365; 37 del 398 e 19 del 376; Nov.Maj IV

122 C.Th XV,1,36 di Arcadio al comes orientis nel 397. Mazzarino propone questa misura come parte di una politica finanziaria che favoriva i possessores facendo pagare le spese dei lavori publico sumptu

123 Il sistema finanziario imperiale e delle amministrazioni locali avevano varie origini: erano orientali la tassazione diretta, il lavoro obbligatorio, il lavoro dei servi nelle aziende statali , gli oneri dei trasporti per conto dello stato (aggareiai), la responsabilità collettiva dei gruppi professionali e quella personale dei funzionari riguardo al pagamento delle tasse; di origine greco-romana la tassazione indiretta, le imposte straordinarie sul capitale e i servizi obbligatori in tempo di emergenza, la gratuità delle cariche amministrative, i funzionari retribuiti. Una istituzione greca era la liturgia , a grandi intervalli o una tantum. Era una concezione propria dell'Impero l'incarico agli honorati e possessores di provvedere alla distribuzione e riscossione delle imposte comunale e imperiali

Zeno Ulpianus procurator silicum viarum sacrae urbis.126 Questi funzionari straordinari sono sostituiti alla fine del II secolo da un funzionario permanente, un procuratore d’ordine equestre, procurator viarum urbis127 Fenomeni analoghi avvengono in tutti gli altri servizi urbani, con Ia creazione di funzionari – di ordine equestre o liberti128- prima accanto e poi al posto dei magistrati.

Parallela e connessa è la progressiva centralizzazione e gerarchizzazione degli organi amministrativi dei servizi urbani: il prefetto dell’annona, quello dei vigili, i curatori degli acquedotti, delle fogne, degli edifici pubblici e delle statue; il tribuno del forum suarium, il comes del porto, in origine autonomi vengono subordinati alla prefettura urbana.

A Roma, tuttavia, non tutti i servizi preposti ai lavori pubblici nel tardo impero dipendevano dalla Prefettura Urbana; vi era un’amministrazione – la statio urbana – dipendente dal fisco e non dai curatores che si occupava dell’aspetto materiale e finanziario delle costruzioni, come l’acquisto dei materiali, la direzione tecnica, la gestione dei fondi finanziari, mentre i curatores avevano funzioni essenzialmente amministrative.

Inoltre i restauri avevano a Roma un’amministrazione autonoma dal curator operum publicorum; mentre altri compiti nel campo dei lavori pubblici erano affidati al Prefetto del Pretorio: sovrintendere alla manutenzione delle strade e del cursus e alle fabbriche di armi.

E’ un tratto comune alla legislazione sia dell’Alto che del Basso Impero la rivendicazione degli imperatori a decidere l’autorizzazione a intraprendere costruzioni nuove, spesso condizionata al restauro delle opere antiche in rovina e al compimento di quelle già iniziate129.

La direzione dei lavori pubblici nelle province apparteneva al governatore, sotto la sorveglianza dell’Imperatore, che inviava talvolta a questo scopo degli ispettori (missi, curiosi).

L’amministrazione delle città nelle province si ispirava, in forme ridotte proporzionalmente alle loro dimensioni, all’ordinamento di Roma130.

Essendo l'organizzazione di ogni città fondata sulle tradizioni locali vi era varietà nel numero, nelle attribuzioni e nelle denominazioni delle magistrature; in generale accanto alla magistratura più elevata (il duumvirato) ne esistevano altre dai compiti più specifici, tra cui quasi ovunque quella edile.

124 CIL, XIV, 2922

125 CIL, VI, 1598

126 CIL, XI, 6337

127 Un'iscrizione nomina, a questa data, T.Claudianus Xenophon. CIL III, 6575-7127

128 I liberti avevano iniziato a entrare nei servizi urbani in qualità di tecnici (mensores)

129 Se "les constructions neuves relevent de l'Empereur, et de l'Empereur seul" (Homo, Rome Imperiale et l'urbanisme, p.240), però i governatori potevano ordinare costruzioni utilitarie (C.Th XV, 16, 17, 37...)

L’attribuzione dell’edilità era la cura urbis, cioè la polizia e la manutenzione stradale e degli edifici; a questa magistratura di derivazione romana, si aggiungeva spesso la cura annonae, con la sorveglianza dei pesi e misure, dei mercati e delle derrate, e la cura ludorum (quest’ultima più spesso in Oriente che in Occidente)131

All’inizio del III secolo l’edilità era in via di estinzione – benché si abbia menzione di edili municipali in epoca molto più tarda, in una costituzione di Diocleziano e Massimiano132 - di fronte all'intervento crescente del curator. Il curator era stato una creazione degli imperatori del II secolo, giustificato dalla necessità di revisioni finanziarie133, espressione della tendenza centralizzatrice.

Funzionario di ordine equestre nel II e III secolo, il curator (come il corrispondente logistes delle città imperiali) invece nel IV secolo un cittadino eminente scelto dalla curia; ciò che dava una sanzione legale alla figura tradizionale del patrono, come è dimostrato dalla coincidenza nelle città orientali delle funzioni di curator e di pater tes poleos, termini sinonimi di cui il secondo soppianta il primo nell’uso nel V. secolo134.

130 Questo sistema risaliva alla fine della Repubblica, quando era stato concesso lo statuto di colonie latine alle città della Transpadana e poi della Cisalpina (con la Lex Pompeia dell'89 e la Lex Julia municipalis del 45); e colonie latine e municipi furono creati in Gallia e in Spagna. Furono così gettate le basi di un sistema amministrativo. applicabile ai municipi, alle colonie e alle prefetture che, pur esprimendo il principio di un'organizzazione comune a tutte le città, non distruggeva le differenze. Veniva dato l'inquadramento riguardo al censo, al servizio militare, al diritto di suffragio, all'imposta, alla dogana, alla moneta, alle magistrature, per le quali si lasciavano però sussistere la varietà di denominazione e di competenze della tradizione locale: si trovavano a capo della città i dueviri jure dicundo, altre volte un dittatore o un questore o dei quattuorviri (2 duoviri + 2 edili) eletti dalle assemblee cittadine (dal II secolo dalle curie). Sotto l'impero questo quadro amministrativo fu esteso all'Oriente, di più difficile assimilazione per il persistente patriottismo locale, mediante l'influenza dei nuclei di cittadini romani che ivi risiedevano e con l'estensione della cittadinza a tutti i sudditi dell'Impero (rimangono i nomi greci delle magistrature: arconti, stategi, timetes=censori, agoranomi=edili) Cfr. Gaudemet, Institutions de l'antiquitè, 1967; Ganghoffer, L'evolution des institutions municipales au Bas-Empire, 1963

131 Altre funzioni attribuite ai decurioni come munera erano la calefatio (riscaldamento delle terme), la sorveglianza dei lavoratori addetti alla manutenzione; la legatio (rappresentanza dei diritti della città di fronte all'imperatore)

132 Ammiano, XXVIII, 6,10

133 Plinio, Epist., 17

134 Nel 464 l'Imperatore Leone (C.Th. X, 43; Nov.Leon, L,3) stabilisce che chi si offre di esercitare le funzioni municipali con i munera connessi riceverà il titolo di "pater tes poleos". Zenone (C.Just. VIII,13) rimette al pater la cura di tutti i lavori pubblici, specie gli acquedotti, che C.Just VII,4 subordina al Questore del Sacro Palazzo. Ma vi sono anche magistrati con incarichi specifi: curatores frumenti comparandi o frumentarii o sitonai; curatores olearii o elaionai; curatores pistrinorum; curatores arcae frumentariae; episcopi del mercato...e poi personale subalterno stipendiato: tabulari, scribae, aeditui, villici...

Mentre in Occidente furono assunte da parte del curator tutte le attribuzioni edilitarie e dei lavori pubblici – sorveglianza delle manutenzioni135, approvvigionamento annonari136, polizia137 - nell’Oriente, col nome di diakoniai, esse restarono appannaggio dei curiali mentre al logistes/pater era attribuita una semplice funzione di sorveglianza su di esse. Sembra però essere stato lo stesso strato sociale da cui venivano tratti il curator/logistes/pater da un lato e i curiali/buleutai dall’altro : la classe curiale138.

4 L'amministrazione imperiale

La casa privata del Principe, che nei primi decenni dell'impero conserva il carattere di amministrazione patrimoniale affidata a liberti, quando il principato divenne una magistratura ufficiale assunse carattere pubblico diventando campo di impiego per i cavalieri via via che cariche di nomina senatoria passavano sotto il controllo imperiale o venivano subordinate a funzionari imperiali e nuove ne venivano create con l’ampliamento dell’apparato statale e l’assunzione da parte dello Stato della gestione diretta di servizi prima gestiti dall’iniziativa privata.

Una stima prudente fa ascendere a 30-40 mila il numero degli impiegati e funzionari pubblici durante il Tardo Impero 139 tenuto conto che ogni governatore di provincia aveva in media un centinaio di impiegati ed esistevano più di cento province dopo la riforma di Diocleziano. Inoltre il Proconsole d'Africa ne aveva 400 circa, il Comes sacrae largitionis Occidentalis 546 titolari e 300 ausiliari, ecc.

La volontà degli imperatori si trasmetteva attraverso questo apparato e si esprimeva con

135 ILA, 2107-8: un curator sotto Onorio che restaura i bagni di Madauros; che ripara il foro e il teatro. A Guelma (Dict.Ant.Chret. VI, 2767) un curator restaura a proprie spese un edificio in rovina.

136 Cassiodoro, Variae, VII, 12: "est ideo ab indictione illa illius civitatis curam ad se volemus pertinere ut laudabiles ordines curiae sapienter gubernes, moderata pretia ab ipsis quorum interest facias custodiri(C.Th. XIV,15,2 del 366: Valente al Prefetto dell'Annona)

137 C.Th. IX, 2,5 e 16,12 del 409 (Onorio al P.P.d'Italia) C.Th. VIII, 5, 59 del 400 al P.P. d'Italia.

138 Era nel seno della piccola e media proprietà che si reclutavano i decurioni. Quando nel 418 l'Editto di Onorio convoca l'assemblea di Arles composta di judici, honorati e curiali, quest'ultimi sono assimilati ai possessores, che alla fine del IV secolo comprendono la vecchia aristocrazia senatoria delle città, i possessores di origine plebea (C.Th IX,31,1 del 409 e XII,1,33 del 342) e i plebei arricchitisi col commercio (C.Th. XII,1,53 del 362 e XVI,2,17 del 364) In Africa vi fu identificazione tra decurioni e possessores, come risulta dall'Album municipale di Tigad (362-5)

139 Jones: Il tramonto del mondo antico, cit., pag. 314: i quattro Prefetti al pretorio dovevano avere un migliaio di dipendenti ciascuno e un migliaio dovevano essere al servizio dei due prefetti urbani insieme. 2400 persone lavoravano per gli otto magistri, oltre 1000 dipendevano dai 25 duces e altrettanti dai comites. Proconsoli, vicari, ecc. avevano 5400 funzionari.

disposizioni legislative che largheggiano in interdizioni sovente ripetute mentre contengono poche disposizioni "positive". Questa concezione - condivisa da vari storici140 - va attenuata se si tiene presente che i testi con date di promulgazione molto vicine nel tempo e molto simili nell'oggetto - e che perciò hanno indotto a ritenere che la disposizione veniva ripetuta perchè non era stata applicata non sono altro, spesso, che versioni di una stessa legge, ritoccata e completata dalla cancelleria imperiale tra due spedizioni successive141.

Il tempo di trasmissione delle leggi, poi, era molto lungo: fino a 66 giorni, ad esempio, tra Milano e Roma; più di cinque mesi tra Milano e Cartagine, ecc. E la loro divulgazione era molto insufficiente, realizzandosi solo con iscrizioni incise sulla pietra o nel bronzo, che non potevano esser riprodotte in gran numero142.

I legami tra potere centrale e i suoi rappresentati locali erano, quindi, molto "allentati" per ragioni materiali; a questo si aggiungevano i difetti della burocrazia: venalità, prevaricazioni corruzione.

La Chiesa aveva insegnato ai cristiani a considerare il servire l'imperatore come un servizio spregevole (Un trattato anonimo dol 400 circa De Divitiis, ispirato all'intransigente puritanesimo dei pelagiani, dichiara che si raggiungono le cariche supreme aut pecunia aut indigno servizio)

Gli stessi concetti ritornano persino in documenti ufficiali come la legislazione imperiale, che non risparmia forti espressioni per bollare la disonestà dei funzionari: pro cupiditate ac libidine sua graviter ex provincialium visceribus eruebant143; visceribus praedator insidiens144 ecc.

140 "a substantial difficulty is to estimate whether a law was enfonced or remained a pious aspirntion. Many modern historians, it seems to me, have too readily assumed that Roman citiziens obeyd the law, and that everything was done as the imperial government directed. My own impressioni is that many, if not most, laws were intermittently and sporadically enfonced, and that their chief evidential value is to prove that the abuse which they were intended to remove were know to central government. The laws, in my view, are clues to the difficulties of the Empire, and record of the aspirations of the government and not its achievment” (Jones, Late Roman Empire, cit., p.7); "ces reglements dont la repetition meme prouve l'inefficacitè" (L.Homo, Rome imperiale, cit.); "le mouvement est plus forte que les interdictions legales, dont la repetition revele la vanitè" (Aymard, Rome et son empire, cit., p.546)

141 Ad esempio: C.Th. XV,1 (de operibus publicis), 27 e 28 spedite lo stesso giorno al Prefetto di Roma e a quello dell'Illirico; Ibidem, 31,33 e 35 (legge di Onorio del 395 sulla destinazione di 1/3 delle entrate municipali per la riparazione dei monumenti); Ibid., 38 e 39 sulla demolizione di costruzioni private; Ibid., 15,16,17 sull'ordine di priorità dei lavori

142 Gaudemet, La formation du droit seculier et du droit de l'eglise au IV. et V. siecle, Paris, 1957, p.14; C.Th. XV, 1,1 "DAT IIII NON.FEB.MED., ACC.VIII ID.IUL.CONSTANTINO A ET CAES.CONSS". Per essere convenientemente utilizzata, una costituzione imperiale dev'essere studiata tenendo conto di: 1) l'insieme della legislazione sull'oggetto; 2) le leggi riguardati i soggetti complementari; 3) le idee politiche dell'autore; 4) il periodo della promulgazione 5) la parte dell'Impero cui è indirizzata 6) i testi non normativi

143 C.Th. VII, 4,35 del 423

144 C.Th. VIII, 8,9 del 416. Anche Salviano, De Gubern.Dei, 1, 10, 6,21; Anonymus de rebus

Quindi il potere imperiale testimonia una vigilanza estrema verso i propri amministratori, poiché ne teme gli abusi: Valentiniano, in una lettera del 370/71 al Proconsole della provincia dell'Asia, così si esprime sul conto degli agenti (actores) della tesoreria imperiale (res privata): id quod amplius e(x i)sdem fundis super statutum (c)ollligatur, et isdem civitatibus pereat eorumdemque actorum fraudibus devoratum nihil tamen aerario nostro adiciat augmenti..." e raccomanda che "reliquam summam pro ufficium, tuum rei privatati nostrae inferre festines, ut et omnem usuram diligentia avidis eripiamus actoribus"145

Ammiano così descrive il sistema usato dal Prefetto di Roma Lampadio, sotto Valentiniano, per procurarsi i materiali da costruzione: Aedificia erigere exordiens nova, vel vetusta quaedam instaurans, non ex titulis solitis parari iubebat impensas sed si ferrum quaerebantur, aut plumbum, aut aes aut quicquam simile, apparitores immittebantur, qui velut ementes diversas raperent species, nulla praetia persolvendo, unde accensorum iracundiam pauperum, damna deflentium crebra, aegre potuit celeri vitare digressu 146

La Novella IV dell'imperatore Maggioriamo, che si propone di reprimere l'uso dei monumenti antichi come cave da parte dei privati, rivela anche gli abusi degli amministratori - ma solo il primo aspetto è stato messo in rilievo147

L'imperatore deplora che i privati imitino i veri iniziatori delle depredazioni; i veri colpevoli, per i quali sono previsti castighi terribili, sono gli uffici della città, i magistrati e gli impiegati della prefettura urbana, dai quali dipendeva la conservazione del patrimonio monumentale di Roma , che - spinti dal pressante bisogno di materiali (necessario publico operi saxa) per eseguire restauri (ut parvum aliquid reparetur) - si servivano nel posto più vicino depredando proprio quei

bellicis. Sulla riluttanza degli alti funzionari a versare i contributi fiscali C.Th. VI, 4, 27 del 395; sulla corruzione della burocrazia Jones, The Roman Civil Service, in “Journ.Rom.Stud.”, 1949; G.R.Monks The administration of the privy purse, in “Speculum”, 1957, 722 sgg.; Sulla collusione tra grandi contribuenti e ufficiali dell’esercito, Momigliano, Riv.Stor.It, 1957, p.280-83; Amm., XXII,4,3 e XXX,4,2 sull’arricchimento dei digniatari; L.Ruggini, Ebrei e Orientali nell’Italia settentrionale…”, sugli allti funzionari proprietari di vaste tenute.

145 FJR,p.108; Janvier, la legislation..., cit. p.350: "les petits fonctionnaires apparaissent dans ce texte beaucoup moins scrupuleux que leus chefs, qui sont d'une autr extraction"

146 Amm., XXVII, 3,10; Mazzarino, Aspetti sociali..., cit.p.159, utilizza questo testo per illustrare il meccanismo della coemptio attraverso l'interpretium. In questo senso interpreta anche la legge del 365 al consularis del Piceno (C.Th. XV, 1, 17) in cui Valentiniano raccomanda di chiedere per la riparazione di opere pubbliche prestazioni in natura più che in denaro: "sane si quid reparationi alicius operis postulandum erit, non in pecunia, sed in ipsis speciebus postulare te par est"

147 Stein, Hist. du Bas-Empire, I, p.377: "una loi du 11 juillet 458, qui menace des graves sanctions la facheuse habitude, deja prise alors par les habitants de la ville de Rome, de demolir les grandioses edifices du passè, temples et palais, pour en tirer des materiaux de construction"; A.Piganiol, Le sac de Rome, 1964, p.118: Maggioriano pubblie à Ravenna le 11 juillet 458 un èdit où il dènonce la destruction des èdifices de Rome par les particuliers. On permettait de prendre des pierres dans les constructions antiques; et ainsi de beaux monuments etaient detruits pour eriger des petites batisses"

monumenti che avevano il compito di conservare148

Quanto ai privati, essi non spogliavano gli edifici che dopo averne ottenuta, in qualità di competitores, una concessione più o meno regolare, che la legge definisce revocanda subreptio. Si può supporre che queste concessioni "étaient faites par la Ville à titre onéreux: les bureaux, pour renflouer la caisse urbaine, devaient "bazarder" les monuments désaffectés ou du moins en. ceder le droit d'occupation et le terme competitores nous invite à penser que l'operation était fait aux énchères, sous forme d'adjudication en somme149.

Questo spiegherebbe l'audacia dei beneficiari, che si consideravano poi veri proprietari degli edifici ad jus publicum nihilominus redeuntia, come si esprime sempre questo editto, e che non esitavano a fornirvisi di materiali.

Le punizioni che comportavano gli abusi dei funzionari avevano carattere pecuniario: veniva fatto obbligo ai magistrati di terminare a proprie spese gli edifici iniziati senza che vi fosse copertura finanziaria150; in molti casi una pesante multa: nel 390 dieci libbre d'oro per i cantieri aperti abusivamente a spese dello stato e per i restauri trascurati,151 nel 398 tre libbre d'oro per i trasferimenti di ornamenti e materiali senza autorizzazione152 nel 400 dieci libbre d'oro per le autorizzazioni ai suddetti trasferimenti rilasciate a privati da funzionari compiacenti153; nel 458 cinquanta libbre d'oro sempre per questi abusi154

L'officium è responsabile quanto il governatore delle mancanze, e può esser colpito da ammenda, al pari di quello: officium adque ipsum judicem auri pondo dena constringent.155

Esiste più di un tratto comune tra gli abusi dei funzionari e la venalità degli uffici nel tardo impero

148 E' possibile che dei curatores operum, in connivenza coi muratori e impresari, abbiano messo in conto dei materiali nuovi, mentre invece utilizzavano materiali tratti da edifici esistenti, per intascare la differenza di prezzo. Vi fu forse qualcosa di simile nelle "economie" di materiali che fecero scoppiare l' "affaire du pont et de la basilique" raccontato da Chastagnol in “La prefecture...”, cit, p.349-353

149 Janvier “La legislation...”, cit., p.343

150 Oppure che ne hanno differito l'esecuzione obbligatoria: C.Th.XV,1,13 del 365, sulle torri di difesa da costruire nella Dacia Ripense

151 C.Th. XV, 1,27 e 28

152 C.Th.,XV,1,37

153 C.Th.,X,3,5

154 Nov.Maj IV. Però la legge succitata di Onorio (C.Th.XV, 1,37) mostra che il prefetto al pretorio poteva assumersi la responsabilità di un trasferimento di materiali e la Nov.Maj IV dispone che l'imperatore, su parere del Senato, può autorizzare questi trsferimenti per cause di forza maggiore

155 C.Th XV, 1, 28

ed i comportamenti delle amministrazioni dell' "ancien régime",156 ed un confronto con le burocrazie delle monarchie assolute europee dai secoli XVI e XVII - tenuto conto delle diversità economiche, istituzionali e di sviluppo tecnico - potrebbe contribuire alla costruzione di una tipologia delle forme politico-amministrative.

Nell’amministrazione del tardo impero157 ci sono i vecchi “officia” del principato, ma fissati in più rigide forme gerarchiche e - anche quando conservano il nome che avevano in età repubblicana - profondamente cambiati: le magistrature elettive, collegiali, ricoperte dall'ordine senatorio, sono ora tenute da funzionari "tecnici" permanenti nominati dall'imperatore tra i liberti e i cavalieri.

Negli “officia” si faceva carriera per vari gradi, con una titolatura che continuava quella della carriera equestre del principato. Non più l'appartenenza a una classe conferisce il diritto a una carica, come nel principato, ma la carica stessa (administratio) dà il titolo (clarissimus, perfectissimus) che nel principato caratterizzava gli appartenenti rispettivamente alle classi senatoria ed equestre.

Ma gli elementi superiori della burocrazia, anzichè combattere la vecchia aristocrazia senatoria, cercavano in essa una identità sociale che soddisfacesse le aspirazioni di ascesa sociale, prestigio e potere. Verso la metà del quarto secolo era diventato una regola che tutte le più alte cariche dell’amministrazione civile comportassero il titolo di senatore: se persone di classe più bassa venivano scelte per quegli uffici, diventavano automaticamente senatori. I nuovi senatori avevano perciò origini diverse: provenivano in gran parte dai ranghi più elevati della classe curiale, ma anche dalla carriera militare oppure da quella amministrativa dopo aver studiato diritto o essere stati scribi o impiegati della cancelleria imperiale (notai palatini)158.

Se prendiamo ora come termine di paragone lo stato francese159, che rappresenta un modello di monarchia assoluta, anche qui si riscontra un dualismo nell’amministrazione, c’è una netta distinzione tra i funzionari ereditari di origine feudale (officiers) e il sorgente piccolo nucleo di burocrati dell’assolutismo (commissaires)

Tutti gli stati d’Europa in via di modernizzazione dettero vita a processi analoghi a questo modello

156 R.Mousnier , La venalitè des offices sous Henry IV e Louis XIII, 1945; F.Chabod, Lo stato di Milano nell’Impero di Carlo V, 1934, p.140 sgg.; H.Rosenberg, Bureaucracy, Aristocracy and Autocracy,. The Prussian experience, 1958; F.L.Carsten La noblesse de Brandebourg et de Prusse…in R.Mousnier, “Problemes de stratification sociale, 1968, p.163-73; H.Parris Una burocrazia costituzionale : l'evoluzione dell'amministrazione centrale inglese dal Settecento a oggi, 1979; Recueils Jean Bodin, I-IV, 1965-69 su “Gouvernes et gouvernants” (la relazione sull’impero romano è di Gaudemet, vedi nota seguente)

157 Gaudemet, Recueils Jean Bodin, 1965-69, individua le caratteristiche dell'amministrazione tardoimperiale in: regole che presiedono al superamento dei gradi gerarchici; stipendio (anche in natura, accompagnato da regali e esenzioni) e pensione; separazione tra funzionari civili e militari; reclutamento largamente aperto. da confrontare con l'idealtipo amministrativo-burocratico proposto da M.Weber in Economia e Società, tr.it. 1961, p.207-242. Ved. anche H. Last “Amministrazione imperiale”, in CAH, vol.XI, tr.it. 1974, p.5-45; G.Balandier Anthropologie politique, tr.it., 1969, p. 105-143. Homo, Les institutios politiques de Romaines, p.446-7, su Roma che “signe le passage du regime de la citè a cel de l’Etat…a travers l’evolutyion de huit siecles”

158 Lib., Or., II, 43, 44, 46, 58; XLVII, 22; XLII, 23,24,25; XLIV, 27-28

di articolazione del personale in cui si riflettevano due principi opposti e coesistevano due distinte gerarchie amministrative.

L’officier era all’origine un funzionario semi-indipendente e fortemente condizionato da legami particolaristici (familiari, clientelari, locali): in ciò può venire avvicinato al magistrato tradizionale della città-stato tramandati dal sistema feudale.

Essi erano detentori di cariche amministrative o giudiziarie la cui nomina spettava legalmente alla corona: in realtà nel corso dei secoli XVI e XVII allorchè si venne costituendo lo Standestaat in Francia, la compera degli uffici era abbastanza generale da ridurre a formalità la conferma del sovrano. Attraverso questa prassi l’acquirente si trovava a possedere un titolo di proprietà personale per una specifica carica o funzione.

Il commissarie fa invece la sua comparsa nel ‘500 come rappresentante regio non stabile e scelto con cura individuale. Egli differiva fondamentalmente dall’ufficiale sia come stato giuridico che come funzione pubblica. Il commissarie era il nuovo tipo di burocrate, il campione esplicito della centralizzazione monarchica ed era uno stipendiato subordinato (anche se i suoi emolumenti raramente si limitavano allo stipendio fisso.)

Collocato nella carica con una delega revocabile, era soggetto a specifiche istruzioni che regolavano le sue funzioni e i suoi doveri, a controlli disciplinari, ad improvvisi trasferimenti e licenziamenti.

Essi dovevano inserirsi in una società stratificata e non competitiva, fondata sul rango, su diritti ineguali, su privilegi di classe. Perciò anch'essi, come i funzionari imperiali, si identificarono proprio con i tradizionali gruppi dominanti feudali che avrebbero dovuto combattere per affermare la supremazia e sovranità del monarca.

Nei due casi il potere centrale per affermare la propria supremazia e liberarsi dai condizionamenti - locali e di gruppo - sostituisce gli amministratori tradizionali con funzionari legati da rapporti burocratici. Mentre, però, il tentativo di "modernizzazione” dell’impero mise capo a una anticipazione del sistema feudale, al contrario le monarchie assolute razionalizzando l'amministrazione, la legislazione civile e commerciale, ecc., dettero impulso alla crescita di rapporti mercantili, allo sviluppo di ceti imprenditoriali e borghesi, i quali trascesero poi il quadro istituzionale originario per imporre altre forme organizzative e politiche.

Certo vi furono differenze interne all'amministrazione stessa: l'impero d’Occidente non pervenne neppure a stabilire un censimento soddisfacente della popolazione contadina per appoggiare su di essa la capitazione personale160 ma il motivo centrale ci pare risiedere nel mancato allargamento della produzione per il ristagno dei procedimenti tecnici, dovuto a sua volta sia a cause

159 G.Procacci, Classi sociali e monarchia assoluta nella Francia della prima meta del secolo 16., 1955; V.Tapiè, La Francia di Luigi XIII e di Richelieu, 1967; G.Pages La monarchie d’Ancien regime en France, 1952; R.Mandrou, Classe set luttes de classes en France au debut du XVII siecle, 1965

160 La riscossione delle imposte fondata sulla capitazione introdotta da Diocleziano (C.J., X, 32,2) avrebbe dovuto essere fatta dalle curie municipali ma dal V secolo per il loro spopolamento lo Stato per condividere coi curiali la responsabilità della riscossione fece appello ai possessores (C.J. X, 42, 10) che trasformarono i loro grandi domini in unità fiscali autonome sottomesse solo all'autorità del governatore (Stein, His du Bas-Emp., cit., I, 246 e 364)

economiche, sia a motivazioni "culturali".

5 Lavori pubblici e occupazione

In generale nelle società precapitalistiche è sconosciuto il fenomeno della disoccupazione di massa perché le zone economiche sono più isolate, quindi meno suscettibili di contagio da crisi remote, e più robusti sono i meccanismi autoregolativi. Tuttavia esiste una vasta disoccupazione potenziale nell'agricoltura, mascherata dalla bassa produttività del lavoro, dovuta all'arretratezza tecnica161 mentre nelle città s'intasa un vasto sottoproletariato che vive di elargizioni pubbliche, di occupazioni precarie e stagionali come l'edilizia, o ritagliate nel settore dei servizi più o meno legali e del piccolo commercio.

Col trasformarsi dell' "impero d'oro in impero di ferro e ruggine" 162, la situazione si rovescia radicalmente ed il problema del rapporto lavori pubblici-occupazione cambia segno. La carenza di mano d'opera è così grave e diffusa da costringere i riluttanti cittadini a prestare la loro opera mediante corvées, da cui solo pochi sono esentati163, ed a fare intervenire l'esercito in misura molto più massiccia di prima.164

Lo spopolamento in seguito alle epidemie ed alle invasioni165, e la richiesta di uomini per l'esercito, ebbero come conseguenza una modificazione del normale rapporto tra offerta e domanda di lavoro e determinarono una mobilità "orizzontale" (contadini insoddisfatti che cambiavano padrone e zona, curiali che affollavano le carriere statali). Nel tardo impero le paghe non crebbero rispetto al passato, ma crebbe nei ceti inferiori il numero di chi poteva ricevere una paga sia pur dimessa166, o ricorrere alle elargizioni pubbliche di viveri che avvenivano nelle capitali.

161 Nelle società di "ancien regime" il 15-20% della popolazione viveva di mendicità e vagabondaggi (Labrousse, Esquisse des mouvement des prix et des revenues en France au XVIII siecle, 1933, pag. 501, sgg). Secondo l'intendente Vauban artigiani e braccianti alla fine del XVII secolo lavoravano 180 giorni all'anno e Lavoisier stimava in 206 il numero di giorni lavorativi dei braccianti alla fine del '700 in Francia.

162 Cassio Dione (72, 36, 4)

163 Sulle corvées, Liban. Or. 46, 21 e il Cod. Theod., 15, 1, 49; Darenberg-Saglio, "artifices" e "collegium"; Walizing, Etudes historiques sur les corporations professionelles des romains, Rostovzev Storia economica e sociale dell'impero romano, De Robertis, Lavoro e lavoratori nel mondo romano, p. 230 sgg.; Janvier, La législation du Bas-Empire romain sur les édifices publics,

164 R. Mc Mullen, Soldier and Civilian in the Later Roman Empire,p. 23-48.

165 Una grande pestilenza vi fu al tempo di Marco Aurelio, che installò prigionieri di guerra. Pertinace fu il primo a emanare leggi sulle terre abbandonate. La peste riapparve fino alla seconda metà del III secolo, e non se ne ha più traccia fino al 542.

166 M. Bernardi Tendenze di fondo, cit., pag. 308

Più in particolare, i grandiosi lavori inaugurati da Diocleziano e Costantino determinarono una tensione del mercato del lavoro nelle città, con effetti differenti però per gli specializzati e per i manovali generici.

Per un periodo di circa cinquant'anni intorno alla metà del III secolo si era cessato praticamente di innalzare costruzioni monumentali nelle provincie, ed in parte anche a Roma. Naturalmente si continuavano a costruire edifici privati, e muratori e carpentieri, pittori e mosaicisti trovavano lavoro in abbondanza. Ma intagliatori di pietra e legno, scultori e architetti rimasero senza lavoro, e lo stesso accadde a pittori e mosaicisti d'alto livello. Così quando si riprese a tirar su costruzioni monumentali al tempo di Diocleziano e Costantino, soprattutto nelle capitali e nelle altre grandi città dell’impero era ormai difficilissimo trovare architetti e artigiani delle varie specialità.

Svariate erano le specializzazioni dei lavoratori nei settori dell'edilizia: vi si distinguevano: "calcis cocitore, structores, arcuarii, parietarii, tectores, cementarii, marmorarii, pavimentarii, gypsarii, pigmentarii, musivarii"167 , lapidarii , lapicidae, ecc.

La presenza di numerose specializzazioni in seno a certi rami dei mestieri e dell'artigianato - testimoniata ad esempio dall'elenco stese dal Waìtzing attraverso una minuziosa analisi epigrafica, che attesta 100 specie di collegi diversi dal I al III secolo nei vari municipi dell'impero168, "va vista non tanto come una prova di un elevato livello tecnico e di un mercato notevolmente sviluppato, quanto piuttosto in rapporto al carattere primitivo dagli utensili, che esigeva un'alta qualificazione personale a compensazione delle insuf-ficienze tecniche"169

Infatti, oltre all’edilizia a tutt'oggi poco razionalizzata per evidenti ragioni oggettive, anche nelle fabricae e negli ergasteria le lavorazioni non erano scomposte in fasi elementari organizzate in successione, ma erano costituite da semplici aggregazioni di lavori indipendenti tra loro oltre che quasi totalmente manuali. Inoltre gli ergasteria sono un'eccezione: "la distribuzione spaziale dell'industria è della fabbrica disseminata, cioè un insieme di piccole industrie azionate dal lavoro di alcune migliaia di lavoratori a domicilio e in piccole imprese" 170

Vi fu nel tardo impero una difesa istituzionale delle professioni: Costantino istituì un sistema di borse di studio governative agli architetti per il loro addestramento e concesse loro immunità e stipendio: Architectis quam plurimis opus est; sed quia non sunt, sublimitas tua in provinciis africanís ad hoc studius eos impellat, qui ad annos ferme duodeviginti nati liberales litteras degustaverint. Quibus ut hoc gratum sit, tam ipsos quam eorum parentes ab his, quae personis iniungi solent, volumus esse immunes ipsisque qui discent salarium competens statui"171

Analogamente concesse immunità varie a una serie di artigiani specialisti, che non si adattarono a

167 Marquardt, cit, pag. 641

168 Waltzing, Etude historique sur les corporations professionelles chez les romains, Louvain, 1895-1900

169 L. Cracco, Associazioni..., cit.; pag.145

170 Gommerus, in Pauly-Wissova R.E. e G.Sigwart, Kapitalismus, ibidem

171 C.Th. XVIII, 4, 1 e 2 ; C.J. X, 66; 1-2; Lib, L, 37, pag. 487

una regolamentazione dall'alto delle retribuzioni ma si valsero dell'aumentato potere contrattuale per ottenere migliori condizioni, come è testimoniato dai frequenti scioperi per tutelare i liberi artigiani dalla concorrenza delle officine servili172 tanto che si è ritenuto che "le paghe dei "teknitai" allo spirare del IV secolo [fossero] quadruplicate rispetto a quelle note per l'età dioclezianea"173

"Le più irrequiete risultarono le corporazioni in tutto o in parte statalizzate; proprio la compulsorietà e il controllo da parte dello stato - che procedevano di pari passo alla concessione di certi privilegi straordinari, dovettero contribuire a irrobustire l'organizzazione interna di tali corporazioni, facendole più coscienti della loro indispensabilità e più preparate a strappare ulteriori vantaggi. Al compimento della parabola della storia corporativa nel mondo bizantino, vediamo come lo stato, dopo aver incoraggiato la caratterizzazione professionale - a proprio indiretto vantaggio - di certi mestieri fin dal tempo di Costantino, finì per tale via anche per creare una coscienza "sindacale" in queste corporazioni nella Pars Orientalis già innestate su di un'antica tradizione di vivace autonomia e di sviluppo economico - e col favorirne il precoce affrancamento da un rigoroso sistema vincolistico"174

6 Fabbriche imperiali e “socialismo di stato”

L'attività pubblica si esplica nel tardo impero in nuovi settori, con lo sviluppo, a partire soprattutto da Diocleziano, di una rete di fabbriche statali che producevano l'intera scorta di armi e armature necessarie per l'esercito (fabricae; barbaricarii)175 oltre a una parte degli indumenti necessari ai soldati e agli impiegati dell’amministrazione pubblica (linyphia, gynecia, baphia)176

Tutta la sfera industriale ed artigiana relativa ai lavori pubblici viene gradualmente assorbita dallo Stato, fino a giungere ad una condizione di monopolio: dopo il grande sviluppo dell'industria laterizia privata ai tempi di Adriano177, Marco Aurelio, ereditando le proprietà della madre Lucilla Minore, diventa egli stesso il più grosso proprietario di figlinae ed apre la strada all'immediato ed

172 Cracco, Associazioni..., cit.; sugli scioperi dei collegia dei costruttori, Mc Mullen, cit.

173 Cracco, Associazioni..., cit., pag.168-9, che si basa sul confronto tra la retribuzione degli operai impiegati da Gregorio di Nissa alla fine del IV secolo (1 solido al giorno =200 denari più il vitto) e le paghe previste nell'Editto dioclezianeo (VII, 2-11) di 50-60 denari. Ma la scarsa applicazione del calmiere (H.Michaelis Valutazione critica dei prezzi dell'editto di Diocleziano dal punto di vista economico, in "Biblioteca di storia economica" vol III, pag.641-85) e la forte inflazione della moneta di rame, il denarius, fanno ritenere poco credibile un tale aumento.

174 Cracco, Associazioni..., cit.

175 Notitia dignitatum Occ., cap.IX, pag.145 sgg. e Or cap.XI, p.71 dell'ed. Seek, Berlin, 1876; C.Th., X, 22: de fabricensibus; de barbaricariis. Sui luoghi di produzione, Expositio totius Mondi, in G.G.M., 2, 1882. Le fabbriche di armi erano una quarantina, secondo la Not. Dign. in Occidente 20 e 15 in Oriente

176 Notitia dignitatum, cit.; C.Th X, 20. de muri legulis linterariis; de gynaecaeris: de conchyleguliis

esclusivo monopolio delle officine imperiali, in cui la mano d'opera è spesso costituita da schiavi178. Una sorte analoga spetta alle cave, alcune delle quali di proprietà imperiale già ai tempi di Adriano179.

Le fabricae erano sotto la supervisione del magister officiorum, funzionario a capo della posta e della cancelleria imperiale; gli impianti tessili e le zecche dipendevano dal procurator gynaenearum, monetarum, ecc., il quale a sua volta dipendeva dal comes sacrarum largitiones. A ciò bisogna aggiungere i forni pubblici (pistrina)180 a Roma dipendenti dalla prefettura all’annona e quindi da quella Urbana, a Costantinopoli direttamente dal Prefetto urbano.

Gli operai delle fabbriche imperiali formavano delle categorie ereditarie ed erano compensati con razioni di cibo; vigeva una disciplina militare181. Gli impianti ricevevano le materie prime necessarie dal governo, che se le procurava mediante tasse in natura: la provvista di carbone per le fabbriche di armi era un sordidum munus imposto ai proprietari di terre; lo stato aveva anche cave di pietre e miniere, la cui manodopera era fornita da condannati e talvolta da corvèes: “i centri urbani in cui tali “fabricae” compaiono risultano....geograficamente distribuiti lungo le strade di grande transito verso il “limes” e le capitali imperiali, concentrandosi nelle aree di produzione e di raccolta delle materie prime e quindi spesso già con una tradizione artigianale specializzata alle spalle, specie per la lavorazione dei metalli, della lana, del lino.... "182.

L'area coperta dall'intervento dello stato nell'economia non si limitava alle fabbriche propriamente dette: ereditando sistemi in uso nelle monarchie orientali ed ellenistiche, lo stato forniva a degli artigiani la materia prima, ritirando in cambio prodotti finiti in numero e prezzi prefissati183.

177 H. Bloch, I bolli laterizi e la storia edilizia romana, p. 324 sgg., 330 sgg. Sulle cave e il trasporto dei marmi e su una loro prelavorazione cfr. P. Pensabene, Considerazioni sul trasporto dei manufatti marmorei in età imperiale a Roma e in altri centri occidentali. "Dial. di Arch." 1972, pp. 317-362.

178 A.W. Persson, Staat und Manifaktur im romischen Reiche. 1923; N. Charbonnel, La condition des ouvriers dans les ateliers impériaux aux IV et V siècles, in BurdauCharbonnel,-Humbert, in “Aspects de l'Empire romain”. Paris, 1964.

179 IG XII, 5, 253; J.A.O. Larsen, Roman Greece, in “An Economic Survey of Ancient Rome” pp. 462 sgg.

180 Notitia Dignitatum, IV, pag.113; C.Th XIV, 15-16; Ibidem, e de pistoribus

181 Charbonnel, La condition des ouvriers dans les atelers imperiaux au IV et V siecles, in “Aspects de l'Empire romain”, cit.; Jones, Late Roman Empire, cit., p.66, 671, 834-9; Cracco Le associazioni professionali nel mondo romano-bizantino. Un interessante filone di ricerca sarebbe la comparazione coi monopoli di età mercantilistica:.H.Hauser Ouvriers du temps passè (XV-XVI siecles), 1927; G.Martin, La grande industrie sous le regne de Louis XIV, 1898

182 Cracco, Le associazioni professionali, cit., p.148

183 Documentato in P.Oxy 1414 del 270/75 a proposito di filato di lino

Abbiamo qui un esempio del sincretismo che caratterizza l'azione dello stato romano: nella cornice dello stato burocratico "si fusero assieme aspetti delle organizzazioni italiche antiche, dell'economia rurale, della città-stato classica e dell'economia di stato distrutta da Roma presso le potenze ellenistiche del Mediterraneo orientale ed occidentale”184

A causa della mancanza di una concezione generale e dei provvedimenti isolati presi dal governo centrale, rimasero nell'organizzazione e nelle strutture economiche radicate differenze provinciali: "questo tipo di sviluppo potrebbe essere ricollegato con quanto rimaneva dei monopoli del commercio al dettaglio del periodo ellenistico - e anche coi vecchi monopoli di attività produttive entrambi erano stati trasformati nella successiva era imperiale in un sistema di concessioni. Il commercio era sempre più sottoposto al controllo governativo. Gli approvvigionamenti attraverso le anabolicae species equivalevano alle nazionalizzazioni. Anche i trasporti furono largamente nazionalizzati. Questi interventi così come la diretta partecipazione dello stato alle attività economiche con l'ausilio del lavoro forzato, costituiscono una evoluzione verso forme orientali di organizzazione economica" 185

Si riprodussero nel tardo impero condizioni vicine al "modo di produzione asiatico,186 con monopoli, lavoro coatto, proprietà imperiali, ecc., ma nel diverso contesto di una società più articolata, burocratizzata e fornita di una tecnica e di una scienza più sviluppate. La definizione di tale sistema col termine "socialismo di stato" è servita di spunto a varie interpretazioni dell'economia tardoimperiale. In uno studio pubblicato nel 1923, a ridosso quindi del primo tentativo di economia dirigistica, lo storico Persson aveva attribuito alle fabbriche statali un peso determinante in epoca tarda: con la produzione diretta di merci nelle sue fabbriche, lo stato nel IV secolo sarebbe riuscito là dove era fallito il calmiere di Diocleziano.

Nel terzo secolo, la perdita di forze lavorative aveva provocato un aumento dei prezzi invano contrastato dal calmiere, poiché era causato non da un peggioramento della moneta ma da una diminuzione della quantità dei beni economici187. Questa crisi fu superata dallo stato coll'istituzione di tasse in natura; ma solo con la statizzazione dei mezzi di produzione - dice Persson - con un sistema di economia dirigistica che impedisce Ia concorrenza coi privati, lo stato può trionfare sull'economia naturale ed esigere tasse in denaro, perchè attraverso le sue fabbriche fornisce merci.

E' stato obbiettato da Mikwitz nel 1932188, che di un socialismo di stato non abbiamo sufficiente documentazione e che in molti casi lo stato "per quegli stessi generi che le sue fabbriche producevano (ma in misura evidentemente insufficiente) era costretto a ricorrere all'opera delle corporazioni artigianali controllate, lasciando libera la restante produzione"189.

184 Heicheleim, Storia Economica del mondo Antico, tr.it, 1972

185 Oertel La vita economica dell'impero, in Cambridge Ancient History, XII,1 p.312 dell'ed.italiana

186 G.Sofri, Il modo di produzione asiatico , Torino, 1968; E.Hobsbawm, introduzione a Marx, Forme economiche precapitalistiche; F.Tokei, Sur le mode de production asiatique, Paris, 1964

187 Persson Staat und Manufaktur in romische Reich , 1923.

188 Mickwitz, Geld und wirtschaft in romische Reich des IV Jahrh, 1932

L'Impero al suo inizio non si era preoccupato di istituire corporazioni a cui affidare mansioni di pubblica utilità "per il timore che trascendessero in organizzazioni pseudo-politiche e perchè la privata iniziativa si mostrava più che sufficiente a provvedere alla maggior parte dei servizi che lo stato durante la Repubblica e nei primi tempi dell'Impero aveva di solito concesso in appalto a Società di finanzieri. Ma, accentuata la centralizzazione mentre si rarefaceva il ceto dei publicani/finanzieri, lo Stato venne sentendo in misura maggiore il bisogno di assicurare il regolare disimpegno di alcuni pubblici servizi incaricandone non più singoli individui ma associazioni che presentavano maggior garanzia di continuità e di solidità finanziaria"190

A partire dal secondo secolo lo Stato cominciò a concedere crescenti vantaggi ai collegi professionali in cambio di determinati servizi; trasformò poi in corpi ufficiali i collegi già esistenti191 oppure impose l'adempimento di determinati servizi come munus publicum a quei cittadini che si rivelavano più adatti a svolgerli per la professione esercitata o le disponibilità finanziarie. Per compensare il munus loro imposto, lo Stato li dispensò da altri munera; a quest'epoca l'appartenenza formale alle associazioni utilizzate dallo Stato veniva cercata dai più abbienti proprio per goderne i vantaggi, evitando altri più gravosi oneri a cui gli interessati per la loro ricchezza sarebbero stati tenuti.

Nel III-IV secolo, per l'aggravarsi della situzione economica e le crescenti difficoltà organizzative, lo Stato trasferì all'amministrazione e al fisco importanti attività economiche, al fine di assicurarsi il gettito dell'imposta, di dirigere la produzione nel senso di un equilibrio economico autarchico, di garantire servizi ed approvvigionamenti regolari in un'epoca in cui la plebe esplodeva in rivolte contro i ricchi192

Fu un "generale processo di mobilitazione di tutte le risorse dell'impero in cui i collegia hanno acquisito i connotati di veri e propri organi inglobati nel connettivo della burocrazia statale"193

7. Il sistema dei trasporti

Le opere infrastrutturali (le strade, i ponti, i porti) rappresentano non solo un mezzo di

189 Cracco, Le associazioni professionali, cit.,, p.143

190 De Robertis “Il fenomeno associativo nel mondo romano, p.113

191 Preesisteva infatti in Occidente una fitta trama di associazioni private spesso costituite per scopi religiosi o di tutela reciproca. Cfr. L. Cracco, cit.

192 Secondo Waltzing (Etude historique...,cit., II, p.18) scopo delle corporazioni "non è la conservazione di procedimenti industriali né la pratica comunitaria di un mestiere. Profittano dell’associazione per ottenere vantaggi dal potere e per proteggere i loro interessi contro gli schiavi e i mestieri rivali

193 Cracco, Le associazioni professionali, cit.,

assorbimento di manodopera, ma un elemento che concorre alla determinazione del prezzo delle merci. Fino alla rivoluzione industriale e all'applicazione del vapore ai mezzi di trasporto terrestri e marittimi, il costo di trasporto incise in maniera tale da limitare gli scambi ad articoli di lusso e a merci di necessità elementare: "il costo di un carico di grano raddoppiava dopo un viaggio di 300 miglia con il carro e dopo 375 miglia di viaggio in cammello. I trasporti per mare erano molto più economici, soprattutto per lunghi viaggi...Costava meno trasportare grano da un estremo all'altro dell'impero per nave che trasportarlo per settantacinque miglia con il carro. Si può stimare all'incirca che non fosse conveniente economicamente trasportare grano con carri oltre le cinquanta miglia"194

Per i trasporti su strade esisteva un servizio di cui era responsabile lo Stato, il “cursum publicus”, che si appoggiava su una rete di stazioni di posta situate a intervalli regolari di una dozzina di miglia lungo le strade più importanti, e che era adibito, oltre che allo spostamento veloce di messaggeri imperiali e di altri funzioni in viaggio per incarchi ufficiali, anche al trasporto di merci leggere e di valore (oro, indumenti di qualità, spezie) . Esisteva un servizio più lento per i trasporti pesanti di viveri, armi, pietre e legnami, bagagli delle truppe in movimento.

Ciò comportava la costruzione della pavimentazione stradale, il mantenimento di edifici di posta e del personale addetto (stallieri, carrai, che spesso erano schiavi pubblici) e il reperimento di cavalli, carri, foraggio a carico del governatore, che prendeva i fondi necessari dalle tasse provinciali e talvolta con requisizioni e imposizione di “corvees”195

Ma lo stato trasportava preferibilmente i suoi carichi per mare; e non solo il grano dall'Africa a Roma e dall'Egitto a Costantinopoli ma anche i rifornimenti necessari per l'esercito. E per questi trasporti faceva uso di trasportatori marittimi di stato costituiti da proprietari terrieri riuniti in corporazione che in cambio di immunità e esenzioni costruivano e gestivano le navi196.

I trasporti marittimi, anche se erano molto più economici, avevano i loro svantaggi: il periodo adatto alla navigazione era limitato ai sei mesi del periodo estivo; erano inoltre frequenti i naufragi e le avarie delle merci trasportate a causa di bonacce e tempeste.

Il sistema di navigazione comportava l'esistenza nei porti di una infrastruttura di edifici pubblici, oltre ai moli, ai bacini artificiali e ai fari. I magazzini (horrea) sia privati che statali, spesso specializzati per la conservazione di determinate merci; la capitaneria del porto, gli edifici per i servizi annonari; le caserme e i corpi di guardia delle truppe di polizia incaricate della sorveglianza

194 Jones, Il tramonto…, cit., p.464. Fino al XIX secolo il prezzo del trasporto su strada eguagliava quello del grano sulla distanza di 400-500 Km. Con l’introduzione delle ferrovie la diminuzione fu dell’ordine da 30 a 1 (P. Bairoch, Rivoluzione industriale e sottosviluppo, p.214. L’adozione della bardatura nel medioevo segnò un notevole progresso. (Lefevre de Noette, L’attelage à travers les ages)

195 Roma fece del sistema stradale “la via decisiva per la diffusione e la penetrazione capillare del suo sistema economico, agrario, sociale, giuridico, amministrativo, della sua lingua e della sua cultura” E. Sereni, Storia del paesaggio agrario, p.24, prolungando grazie ad esso e “alle maglie più strette delle limitationes sulla campagna la struttura urbanistica della città imprimendo in tal modo delle forme durevoli su gran parte del paesaggio agrario” E. Sereni, Città e campagna nell’Italia preromana , Critica marxista, 1966

196 L. Cracco, Le corporazioni professionali nel mondo romano-bizantino, 1971, Spoleto

e del servizio antincendio. Empori e negozi poi sorgevano accanto a queste costruzioni pubbliche, che erano generalmente sistemate lungo un porticato197.

A causa della scarsità di manodopera l'esercito interviene nella costruzione di importanti arterie stradali, sia pure in funzione precipuamente militare che, collegata al “cursum publicum” e ai servizi delle poste imperiali, finì di fatto col rappresentare anche una preziosa dotazione infrastrutturale incentivo allo sviluppo di scambi d'ogni genere.198

La sorveglianza generale delle strade apparteneva ai Governatori e sotto di loro ai “curatores operum publicum” che rispondevano insieme agli imprenditori della buona esecuzione delle opere199.

Le strade costruite nei secoli precedenti costituivano un sistema vasto e ramificato che necessitava di una continua opera di manutenzione200 ma sufficiente a soddisfare le limitate necessità commerciali, militari e amministrative; tuttavia la costruzione di strade nuove proseguì nelle regioni di confine in cui venivano costruiti sistemi di fortificazione che richiedevano strade di collegamento tra di loro e con le città in cui risiedevano i contingenti del “comitatus”, come fece Costantino in Scizia, i Valentiniani in Gallia, ecc.

Furono costruite strade nuove anche nelle regioni messe in valore dallo spostamento della capitale a Costantinopoli: da questa città vennero fatte partire strade commerciali verso il Caucaso e il Caspio; sull'altopiano Galata dei villaggi arricchiti dal traffico sono innalzati al rango di città nel quarto secolo e Giustiniano ha curato particolarmente il sistema stradale di questa regione201.

Charlesworth202 indica tre grandi strade che portavano tradizionalmente ai romani le merci dell'India e della Cina: quella della serica che veniva dalla Cina attraverso la Battrinia e l'Armenia; la via reale dei Parti che risaliva l'Eufrate; infine il gruppo di piste che collegavano alle città carovaniere della Siria (Damasco, Palmira, Bostra, Gerasa) attraverso il deserto e il basso Eufrate.

La costruzione del limes siriano sotto Diocleziano sacrificò queste città che, dopo aver conosciuto un commercio fiorente, diventano città di guarnigione incluse in un sistema di burgi e praetenturae203

Dopo che Teodosio ebbe stabilito una pace durevole coi Sasanidi, gli scambi ripresero con i paesi

197 J. Hatzfeld Les trafiquants italiens dans l'Orient Hellenique, 1919 e 1975; A. R. Lewis - T. J. Runyan, European naval and maritime history, 300-1500, 1990; J. Rouge Recherches sur l' organisation du commerce maritime en Mediterranee sous l'empire romain, 1966

198 Cracco, Esperienze economiche, cit., in Nuove Questioni

199 Fr., 2,1, Dig., De oper., L,10

200 Articolo “Via”, in DAGR

201 Le strade principali furono percorse in giri d’ispezionedegliimperastorui (ad es. la via Egnatia) due volte da Diocleziano e una dozzina da Costantino).

202 Charlesworth, cit., p.57 e 112

persiani. Anche in Occidente il traffico si spostò: la via Egnatia che collegava Roma con Brindisi, Durazzo e Salonicco perse di importanza rispetto alla strada Milano-Aquileia-Sirmio e alle strade che collegavano con il Reno e il Danubio.

E' evidente che ciò comportò pure un trasferimento di attività economiche che seguirono la corrente di traffico, e uno squilibrio per quelle zone contigue alle strade che erano solite pagare le tasse fornendo il frumento per il “cursus”, ed avevano specializzato in tal senso le loro coltivazioni.

8 Lavori pubblici e necessità militari

L'aspetto economico della guerra è tornato in primo piano - anche per il confronto con l'attuale "complesso militare-industriale" e il ruolo delle spese militari nel sostegno della domanda.204 - per cui "l'esercito e la guerra meritano di essere considerati in se stessi: una spedizione militare è al tempo stesso fornitore e consumatore d'armi, di nutrimento e di bottino"205

Più in particolare l'esercito giocò un ruolo importante nei lavori pubblici sotto un duplice aspetto: sia come committente di costruzioni di difesa (oltre che di armi e di divise fornite dalle fabbriche imperiali), sia come prestatore d'opera nell'esecuzione di opere pubbliche. I problemi militari posti dalla difesa dalle invasioni barbariche costrinsero alla costruzione di cinte murarie attorno alle città e di fortificazioni e torri alla frontiera.

A causa della scarsità della manodopera i militari intervennero in queste coostruzioni sia come sorveglianti che come esecutori. L'esercito aveva raggiunto un elevato livello di cognizioni tecniche come appare dalle descrizioni di apparecchi bellici contenute nel trattato anonimo De rebus bellicis, o da questa descrizione di Vegezio: Habet praeterea legio fabros tignarios structores carpentaríos ferrarios pictorces reliquosque artifices ad hibernorum aedificia fabricanda, ad machinas turres ligneas ceteraque, quibus vel expurgnantur adversariorum civitates vel defendentur propriae, praeparatos, qui arma vehicula ceteraque genera tormentorum vel nova facerent vel quassata repararetur. Habebant etiam fabricas scutarias loricarias arcuarias, in quibus sagittae missibilia cassides omniaque armorun genera formabantur206.

203 Ganghoffer, L’evolution, cit., 1963, p.35

204 P.Sweezy-P.Baran, Monopoly Capital, 1966; Torino, 1968, specie cap.VII: l'assorbimento del surplus: il militarismo e l'imperialismo, p.151-182. M.I.Finley, L'economia degli antichi e dei moderni, tr.it, 1974, p.249 "Gli imperatori crearono un loro complesso industriale-militare dove l'equilibrio delle forze era esattamente contrario al nostro, in quanto i profitti andavano al governo e non ai suoi agenti"

205 Relazione di M.I,Finley al 2.Congresso internazionale di Storia economica (1962, Aix en Provence) Paris, 1965. Ved. anche J.P.Vernant, Problemes de la guerre en Grece ancienne, 1968; E. Ciccotti “La guerra e la pace nel mondo antico” 1901 (ristampato nel 1971); M. Sordi, Il pensiero sulla guerra nel mondo antico, Milano, 2001; Y. Garlan La guerre dans l'antiquite, Paris, 1972; Bologna 1985

206 Vegetius, Epit.rei mil.II, 11

E' stato visto in queste officine legionarie il nucleo di quelle che furono poi le fabbriche statali del quarto secolo, che avevano il compito di rifornire l'esercito di armi.207 Esiste una documentazione epigrafica abbondante dell'impiego di militari come sorveglianti nelle miniere e nei cantieri, a cui erano adibiti generalmente i carcerati ma i casi di impiego diretto di militari in attività edilizie a partire dal primo secolo sono sporadici: Tacito cita il caso di un comandante che "recluserat specus quaerendas venis argenti ... at legionibus cum damno labor, effondere rivos, quaeque in aperte gravia, humum infra moliri. Quis subactus míles, et quia plures per provincia similia telerabantur, componit occultas litteras nomine exercituum, precantum imperatorem208. lnoltre pare che la XX Legis Vittoria Victrix nell'epoca degli Antonini e dei Flavi avesse avuto impiego nelle miniere di Chester209.

Invece nel tardo impero fu frequente l'impiego diretto di militari nelle costruzioni pubbliche: di strade, che avevano anche una funzione strategica, di fortificazioni e di opere edili in genere.210

9. Chiesa, lavori pubblici e assistenza

La storia della chiesa cristiana è variamente intrecciata alla storia dell'impero romano e il ruolo che essa ebbe nelle opere pubbliche merita una trattazione specifica.

Con la elaborazione di una nuova concezione antropologica il cristianesimo introdusse un aspetto caritativo sconosciuto alla mentalità antica211 infatti le chiese destinavano parte delle loro risorse alla carità, istituzionalizzata con la fondazione di ospedali, orfanotrofi, case per vedove e vecchi212

Ma in epoca tarda esse trovavano riscontro in istituzioni caritative patrocinate dagli imperatori,

207 R. Mc Mullen, Soldier and civilian in the Later Roman Empire,

208 Tacito, Annales, , XI, 20 (47 d,C,). Alcune righe sopra aveva parlato di un altro comandante che "ut miles otium erueret, inter Mosam Rhenumque trum et viginti milium spatio fossam perduxit, qua incerta Oceani vitarentur"

209 Besnier, in “Revue archeologique”, 1921, p.48-9; Aurelio Vittore (14,5) dice che Adriano "arruola per coorti e centurie, sul modello delle legioni militari, i muratori, i geometri, gli architetti e tutti i tipi di operai che costruiscono o decorano gli edifici"

210 R. Mc Mullen, Roman Imperial Building in the Provinces, in "Harvard Studies in Classical Philology", 1959, p.201 sgg.

211 P. Brown, Poverta e leadership nel tardo impero romano, Bari 2003; G. Alasia Assistenza, emarginazione e lotta di classe ieri e oggi, Milano, 1981; R. Marino Poveri ammalati e ammalati poveri : dinamiche socio-economiche, trasformazioni culturali e misure assistenziali nell'Occidente romano in età tardoantica : atti del Convegno di studi, Palermo 13-15 ottobre 2005, Catania 2006.

212 Xenodochus, Nosocomus, Ptochotropus, Orphanotrophus, Brephotropus (C.Just.I, 3 de Episcopat., 42,9)

come le case di ricovero per soldati invalidi213 che indicano una comune mentalità e connettono il cristianesimo al clima spirituale della fine del mondo antico214

La comunità cristiana, tenuta a lungo isolata, stabilì canali di scambi interni e rapporti economici autarchici, che si mantennero e forse rafforzarono anche dopo che, con l'editto di Costantino, erano cadute le discriminazioni. Così i vescovi, come naturali pastori delle comunità, assunsero funzioni di amministratori di beni ecclesiastici, organizzatori di assistenza sociale, custodi di peculi privati (come il banchiere cristiano Callisto215) datori di lavoro e ascoltati e influenti consiglieri degli imperatori.

Tanto che è stato proposto il dualismo economia cristiana/stato imperiale come elemento caratterizzante dell'economia tardoimperiale: "La secolarizzazione e l'ordinamento gerarchico delle comunità cristiane ha introdotto nella vita economica dell'impero un nuovo tipo di economia, che si oppone a quella dello Stato: l'economia ecclesiastica, fondata sulle elemosine. Mentre le entrate dello stato imperiale si destinavano al mantenimento della burocrazia e dell'esercito, le entrate ecclesiastiche sono destinate a vedove e pupilli poveri e perseguitati e a pagare i salaria e le sportulae per i membri del clero. La nuova economia ecclesiastica ha incoraggiato la migrazione verso le grandi città, le quali avevano delle comunità cristiane più ricche; (in secondo luogo) può dare incoraggiamento all'attività del piccolo artigianato rovinato dell'inflazione. In ultima analisi la coesistenza di due economie è stata possibile ed anzi utile in quanto l'economia ecclesiastica di elemosine compie una funzione democratica che all'economia di stato (fiscale) è assolutamente estranea."216

Parallelamente allo sgretolarsi dell’amministrazione pubblica la Chiesa, grazie alla sua organizzazione assistenziale e ai vasti possedimenti terrieri, si venne sostituendo agli organi pubblici nei settori da essi lasciati scoperti. Così i vescovi, di cui abbiamo visto l'ascesa a partire dall'editto di Milano, si vennero occupando, in epoca bizantino-gotica, della costruzione e del restauro di opere pubbliche e dei servizi annonari, dei tribut, ecc..

Nel 507-11 Teodorico si rivolge al Vescovo Emiliano di Vercelli, affinchè porti a compimento il restauro di un acquedotto217. Contemporaneamente, nell'Impero Bizantino, una legge di

213 anche le fondazioni caritative, le tabulae alimentarie, ecc. M.Maggetti, La genesi e l'evoluzione della beneficenza, 1890; Monnier, Hisoire de l'assistence publique dans le temps anciens; Lallemand, Histoire de la Charitè, 1902-12

214 "L'economia tardoimperiale aveva adottato le finalità economiche della cristianità primitiva e della stagione patristica, che certo non erano quelle della scolastica medievale e tanto meno quelle moderne; molto spesso le concezioni pagane di stampo neoplatonico, quelle talmudiche e sasanidi avevano tutte un corrispondente ideale economico" Hiencheleim, Storia economica del mondo antico, tr.it.1972, p.376

215 Mazzarino Trattato di storia romana, v.II, p. 291 sgg.

216 Mazzarino Ibid., p. 285

217 Cass., Var.IV,31. Bovini, La proprietà ecclesiastica e la condizione giuridica dela Chiesa nell'età precostantiniana; Gaudemet L'eglise dans l'Empire romain (IV-V), 1958; S.Mochi Onory Vescovi e città (Sec. IV-VI), 1933

Giustiniano218 affidava al vescovo e a tre viri bonae aestimationis la vigilanza sui proventi della città e sul loro impiego in opere pubbliche.

Caratteristica della chiesa cristiana ai suoi inizi era stata la pratica dell'ospitalità e dell'assistenza (in particolare verso i fedeli poveri che si trovavano in condizioni di "pellegrini", specie in seguito a persecuzioni) svincolata da quegli elementi utilitaristici che fondavano l'ospitalità nel mondo pagano. Il dare soccorso ai fratelli era un obbligo, non solo per l'individuo ma per la comunità nel suo insieme.

Con il Concilio di Nicea (325) si dà inizio alla costruzione di luoghi particolari chiamati xenodochia, gestiti da personale religioso, destinati ad accogliere viaggiatori e poveri grazie alle elemosine dei fedeli.

Nel 340 il vescovo Eustachio fonda un ospedale a Sebaste nel Ponto, cui fanno seguito analoghe iniziative a Costantinopoli e Edessa culminanti con la "città ospitaliera" concepita da San Basilio219 e realizzata a Cesarea di Cappadocia tra il 369 e il 372 per raccogliere un'intera folla di poveri, vagabondi e stranieri, spinti verso l'Asia minore da grandi correnti migratorie.

Dei guardiani con compiti di infermieri si prendevano cura dei malati, aiutati da servi che avevano l'incarico di rintracciarli e indirizzarli all'0spedale.

Giovanni Crisostomo, vescovo di Antiochia, esortando i credenti a visitare i luoghi di sventura, fa menzione di un ricovero fuori dalla città, dove venivano raccolte le vittime della lebbra; chiamato in seguito a Costantinopoli, si preoccupa egli stesso di stabilire ricoveri per infermi e pellegrini designati nosocomi - ad accentuarne il carattere di ospizi destinati ai malati.

Sia pure in forme minori, anche l'Occidente conosce un analogo sviluppo delle istituzioni ospitaliere: a Fabiola, nobildonna romana, viene attribuito, verso la fine del IV secolo, , la fondazione del primo nosocomio in Roma. Secondo S.Gerolamo, Fabiola stessa sarebbe andata in cerca degli infermi abbandonati nella città e nella campagna per offrire loro le cure necessarie. Al senatore Pammacchio si deve il ricovero costruito ad Ostia presso la foce del Tevere.

Come in Oriente, così in Occidente in genere xenodochii e nosocomi sono eretti presso diaconie e monasteri, spesso anche in stretto rapporto territoriale con le antiche basiliche. A queste prime iniziative, altre ne seguono con sempre maggior frequenza fino al VII secolo, che segna una brusca interruzione nello sviluppo degli ospedali destinati a ritrovare vigore nel XII. secolo con l’apparizione degli ordini monastici ospedalieri.220

In genere gli ospedali europei, così come quelli bizantini, “nascono non con lo scopo specifico di curare i malati ma come ospizi per raccogliere poveri e pellegrini…con funzioni di albergo per i viandanti, di asilo notturno e di ricovero dei senza-tetto e derelitti, di carcere per mentecatti o di

218 C.Just. I, 4, 26 del 530. Vi è chi ha visto in ciò un patrimonialismo derivante dall'incameramento di beni pubblici cittadini (M. Onory, Vescovi..., cit., p.42) contraddetto da Ruggini, Italia annonaria, cit., p.330-35 che ritiene quei restauri differenti da quelli normalmente di competenza dei possessores, cioè di vie e ponti. C.Th.XV, 3,2 e XI, 16,10

219 Basil, Epist., 94 a Elia, governatore della Cappadocia; Greg.Naz. Orat.pro Basilio, LXIII

220 R.F. Bridgman, Evolution comparèe de l’organisation hospitaliere, in Atti I. Congresso Europeo di Storia Ospedaliera, Bologna, 1962, p. 227 sgg.

isolamento per malati per i quali non si conosce rimedio e che venivano quindi “rimossi” dal corpo sociale e “depositati” in luoghi separati in attesa della morte. Tali funzioni richiamavano anche filologicamente il concetto di “hospitales”, anzi il nosocomio deriva da queste funzioni; ma non sono funzioni nosocomiali”221

II Codice Giustiniano, emanato nel 534 ma compilato su legislazione di età precedente, fa supporre già avanzata la separazione delle varie forme di soccorso, poiché elenca, oltre allo xenodochio, altre istituzioni indirizzate a fini specifici: lo ptochotrofio e il gerontocomio per la cura dei poveri e dei vecchi; il brefotrofio e l’orfanotrofio per l’assistenza alimentare ai piccoli derelitti e agli orfani.

Possiamo individuare tre tappe fondamentali nel costituirsi della base giuridica di questi istituti che ha costituito le fondamenta del diritto ospedaliero dal Medioevo alla Rivoluzione francese:

1. quadripartizione del patrimonio ecclesiastico operato da papa Gelasio nel 496;

2. alcuni capitolari della legislazione giustinianea e precisamente il titolo III del libro I del Codice (DE Episcopi set clericis et orphanotrophiis et xenodachiis”

3. il Decretum Gratiani (XII secolo)

L’originaria gestione collettiva del patrimonio delle comunità era gradatamente passata nelle mani del vescovo, cui spettava l’obbligo di impiegarlo a vantaggio di tutti, ivi compresa l’assistenza ai poveri. Con l’epistola di Papa Gelasio indirizzata nel 496 ai vescovi di Lucania e Calabria “viene stabilita la regola della quadripartizione del patrimonio ecclesiastico: una parte al vescovo, una al clero, una alla fabbrica della chiesa, una ai poveri. Con l’individuazione dello scopo (cura pauperum) si prelude alla personificazione delle fondazioni a scopo ospedaliero, innalzate – al pari dei benefici – al rango di persone morali soggetti di diritti patrimoniali che possono avere un patrimonio proprio staccato dall’originaria massa patrimoniale amministrata dal vescovo.”222

Il carattere giuridico di fondazione (persona giuridica costituita da un patrimonio destinato a uno scopo determinato) è già presente in forma implicita nei Codici giustinianei, in cui gli ospedali appaiono “creazioni private” di carattere caritativo gestite da religiosi o laici sotto il controllo del vescovo, responsabile della volontà testamentaria del donatore.

Conclusione

221 M.Margari Sul concetto di storia ospitaliera, in Atti, cit., p.748

222 G.P.Caron, L' evoluzione dalla quarta pauperum alla pia fundatio a scopo ospedaliero in alcuni testi della letteratura decretistica in “Il diritto ecclesiastico”, 1962

Ha avuto effetti positivi sull'economia tardoimperiale lo sforzo costruttivo dei primi imperatori del IV secolo? A questa domanda, data la scarsità delle testimonianze degli antichi (per i quali il problema non si poneva, almeno non nei termini attuali) gli storici moderni hanno dato risposte divergenti e fondate su ipotesi più che su dati di fatto: "Per la costruzione delle grandi opere pubbliche promosse da Diocleziano e Costantino, dovettero affluire nelle città mezzi ingenti destinati a mantenersi nel giro economico per un certo tempo. La ricostruzione richiese capitali ingenti, appunto disponibili; richiese impiego di numerosa manodopera il che non mancò di sollecitare tutta una trama di positivi impulsi economici"223

"On a tendance à considerer comme valable pour l'antíquitè l'expressi courante de nos jours: quand le batiment va, tout va. Mais dans l'antiquitè et specialement au IV siècle, peut-on juger de la vie de la cité d'après ses constructions? Dans une certaine mesure, celà est vrai si l'activitè constructrice entraine celle d'un certain nombre de corps de metiers. Cependant, si l'on remarque que un grand nombre d'ouvrages de cette epoque repond au besoin d'una certaine classe d'afficher sa richesse, on ne peut parler que d'une facade d'activitè economique derriere laquelle nous ne savon pas exactement ce qu'il peut y avoir réellement"224

"Le città erano in genere fornite di una quantità eccessiva di grandiosi edifici pubblici, innalzati negli anni prosperi e il loro mantenimento richiedeva spese considerevoli"225

"On batit partout au IV Siecle, dans les villes, dans les bourgades, dans les villages meme. C'est un phenomene general, et il caracterise una economie en expansion.... il est inexact de dire que la cité ait plié sous la charge excessive d'entreprises somptuaires dont elle benefie sans en etre accablée"226

Come le interpretazioni "primitivista" e "modernista" dell'economia antica sono riconducibili agli ambienti culturali in cui nacquero, e che aveva determinato "per i “socialisti della cattedra” la visione d'un mondo primitivo, depresso; per i giovani storici della generazione guglielmina, la trasposizione nell'antìchità classica delle condizioni da loro vissute alla "belle époque del capitalismo liberale"227 così anche il giudizio sul ruolo dei lavori pubblici in età tarda è influenzato dalla situazione locale studiata, come l'ancora prospero Oriente nel caso di Petit (Antiochia), oppure città dell'Occidente (Ostia e Porto in quello di Janvier).

In effetti la domanda rimanda a una questione "a monte" di questo problema specifico; ci porta a riesaminare la situazione nel complesso riprendendo le fila del discorso che si è venuto frammentando nell’analisi su singoli aspetti.

223 Bernardi, Tendenze…, cit., p.277 e 280

224 P.A. Fevrier, Ostia et Porto à la fin de l’antiquitè, 1958, pag.321

225 A.H.M. Jones Il tramonto del mondo antico, 1972

226 P.Petit: 'Libanius et la vie…, cit, p. 317 e 320; anche G. Charles-Picard: 'La Carthago de Saint-Augustin', pag. 14-17

227 M.Mazza, introduzione a Heicheleim, Storia economica del mondo antico, 1972, pag. XLV

"La ripresa dell’economia [nel IV secolo] fu dovuta alla riorganizzazione dei servizi statali, operato dai grandi imperatori dell’Illiria. L’ordine riportato all'interno, il venir meno della frammentazione politica, con la conseguente integrazione dell'economia tra le varie partes dell’impero, la pace ristabilita ai confini valsero la liberazione di nuove potenti forze economiche. Ma per ottenere tale risultato fu necessario creare nuovi uffici, allargare i quadri della burocrazia, ingrandire quelli dell’esercito. Questo è certo uno dei tratti più nuovi, si potrebbe dire più moderni, nell'organizzazione dello stato romano. Ma alla lunga portò a un aumento esorbitante del numero delle persone che vivevano a carico della spesa pubblica. Sorsero così nuove esigenze, i consumi si incrementarono. Dal marasma del III secolo l'impero si era salvato con la creazione di un apparato burocratico Gli organi di tale apparato si erano poi sviluppati oltre i limiti consentiti dalla produttività del mondo antico, limitato dall'insufficiente meccanizzazione”228

Infatti le sviluppo economico fu 'inflazionistico” e non determinato da un reale e sostanziale aumento della produttività; e in buona parte si fondò su trasferimenti di capitali attraverso l'attività commerciale, a favore delle classi che detenevano il potere politico-economico, più che sull'appropriazione della natura., per la produzione su scala sempre più vasta di beni e servizi.

All'inizio del quarto secolo viene fatto un tentativo di razionalizzare la produzione e lo stato non come conseguenza di un movimento di riforma e dell’elaborazione di concezioni legate all’affermazione di nuovi ceti, ma di fronte ad esigenze militari e fiscali. Ma la sostituzione di rapporti burocratici al posto dei legami di tipo tradizionale229, nell’assenza di un'espansione produttiva, di uno sviluppo tecnico, invece di portare alla "modernizzazione” della società romana, aggravò la situazione economica dell’Impero.

"La causa fondamentale della decadenza economica fu l'allargarsi delle categorie di bocche inattive – i senatori con le famiglie e lo stuolo dei servitori, i decurioni, i soldati, la plebe delle capitali - in proporzione al numero delle persone produttive"230 A questi tradizionali ceti improduttivi si vennero aggiungendo a gravare sul bilancio dello stato gli impiegati dell'amministrazione pubblica e gli ecclesiastici, mentre l'esercito aumentava le proprie dimensioni.

"In tutto il mondo antico lo sviluppo tecnologico non fu paragonabile a quello delle scienze, arti, ecc. Questo fatto è spiegabile con le diverse condizioni dei mercati e della stessa società . Da un lato vi erano notevoli concentrazioni capitalistiche, dall'altro erano numerosi i contingenti di schiavi introdotti nella società. Queste due particolari condizioni impedivano il diffondersi del benessere e quindi mancarono anche nei periodi migliori mercati di massa per tutti i prodotti manifatturieri. Al vestiario e ad altri oggetti di uso personale e domestico provvedeva il lavoro domestico femminile. Non essendovi produzione di massa non v'era possibilità nè incentivo pér il progresso tecnologico”231

228 Bernardi, Tendenze…, cit., p.319-20

229 M.Weber, Economia e società, pag.207-242

230 A.H.M. Jones Il tramonto del mondo antico, cit, pag.546

231 M.A.Levi, Quattro studi spartani, 1967, pag.197-8; anche P.M.Schull Perché l’antichità classica non ha conosciuto il macchinismo” in “De Homine” 1962; M.I. Finley Technical Innovation and Economic progress in the Ancient world, in “Econ.Hist.Rew.” 1965; White, Thechnology and industry in the Roman Empire, in “Acta classica”, 1959

La stasi tecnologica ostacolò in misura notevole la introduzione di forme intensive di coltivazione nell'agricoltura. Nel lavoro dei campi non venivano utilizzati i cavalli perché non erano stati ancora inventati i finimenti adatti; la mietitura era fatta a mano con la falce messoria ed era sconosciuto perfino il carretto da spingere a mano232. Singole innovazioni, come la macchina per la mietitura azionata da buoi, furono utilizzate solo in alcuni grandi fondi della Gallia233

Ma l’agricoltura era l’asse portante dell’economia antica. I redditi dei senatori, honorati e decurioni venivano quasi esclusivamente dagli affitti delle terre; pure di origine fondiaria erano una parte dei redditi della classe media cittadina234, e la terra costituiva un impiego per i capitali creati coi commerci e l’industria, e nello stesso tempo la fonte prima dei capitali investiti nei traffici235 (ad es. i naucleri o magistri navium).

Un blocco sociale unì l’alta burocrazia statale e l’aristocrazia fondiaria contro le classi inferiori nel segno di una “civilitas” che “non era altro che l’ideologia e la cultura di una classe che voleva mantenere i propri privilegi”236

Appendici

1. La preparazione professionale dei funzionari pubblici

“Negli uffici civili una qualifica precisa era considerata molto meno importante [che in quella militare, secondo] il punto di vista romano tradizionale: che l’amministrazione, anche nel ramo finanziario e giuridico, era alla portata di qualsiasi uomo di normali capacità. La struttura organizzativa dell’Impeero era tale che non era possibile specializzarsi veramente…il magister officiorum aveva una strana collezione di molteplici funzioni, che andavano dagli affari esteri al controllo delle fabbriche di armi…Alcuni uffici erano più specializzati. Il questore e i magistri scriniorum si occupavano esclusivamente di questioni legali e della corrispondenza dell’imperatore. Vi era la tendenza a nominare in questi posti avvocati e retori. Gli avvocati ottenevano anche comunemente, dopo aver fatto pratica come assessori giudiziari, il governatorato delle province e potevano così salire al vicariato e alla prefettura del pretorio. Una formazione giuridica era dunque un titolo riconosciuto qualificante per l’amministrazione della giustizia, che era elemento importante dei compiti di questi uffici. Si considerava di meno l’abilità in

232 J.Kolendo La moissoneuse antique en Gaule ramaine, Annales (ESC), 1960; M. Renard, Technique et agriculture en pays trevire et remois, 1959

233 Maier, Il mondo mediterraneo tra l’antichità e il medioevo, Milano, pag. 273

234 "I ceti più elevati traevano quasi tutta la loro ricchezza dagli affitti pagati dai contadini" (Jones, Il conflitto..., cit., p.28) Lo Stato ricavava più del 90% delle entrate dalle tasse sulla terra e la popolazione agricola (“Recueils de la Societè Jean Bodin”, 1955, p.161)

235 Si può confrontare con l'evoluzione della borghesia mercantile in patriziato terriero nell'Italia della seconda metà del XVI secolo (S.F.Romano, Le classi sociali in Italia, p.124-7)

236 M.Mazza, Restaurazione autoritaria e lotte sociali nel III secolo. Sulla cultura del Tardo Impero: G.H.G.Starr, Civilization and the Caesars, 1954; E.Auerbach, Lingua letteraria e pubblico nella tarda antichità latina e nel medioevo, 1960; S.Mazzarino, La democratizzazione della cultura nel basso impero romano (relazione al IX Congresso Internazionale di Scienze Storiche, Stoccolma, 1960)

campo finanziario. Policarèpo, Marino e Giovanni di Cappadocia furono promossi alae prefettura pretoriana da impieghi finanziari nel servizio civile, ma furono casi isolati”237

“Non sans ètonnement, nous constatons que des postes èlevès étaient couramment offerts à des hommes sans formation juridique ni administrative, à des simples rheteurs qui n’avaient d’autre talent que celui de la parole, ou de l’art litteraire”238

Procopio (HA, XX, 15) afferma che quasi tutti i predecessori di Giustiniano avevano nominato questori persone competenti nella legge. Per gli avvocati nominati magistri scriniorum, ILS 4152; “Aedius v.c. causarum non ignobilis Afericani tribunalis orator, et in concistorio principum item magister libello rum et cognitionum sacrarum, magister epistola rum, magister memoriae” (Amm, XV, 5, 4), come questori Cassiod., Var., I, 12; V, 3-4; VIII, 18-19; X, 6-7. Per i retori nominati magistri scriniorum e questori Eunapio, V.Soph, XVIII; Auson III, 15,36; Socrate V, 25; Procopio HA, XX, 17. Su Policarpo e Marino: Giov.Lido, Mag., III, 36; su Giovanni di Cappadocia Giov.Lido, Mag., III, 57 ; Leone e Remigio: Amm, XXVI, 1, 6; XXX, 2, 10; XV, 5, 36; XXVII, 9, 2Utilizzando gli studi di P.Petit239 abbiamo questi dati per Antiochia:funzionari prima del 365 dopo il 365cultura letteraria 67 40 giuridica 16 9 tecnica 20 5

La prevalenza della formazione letteraria dei funzionari imperiali è confermata da una indagine estesa a tutto l'Impero:

nel 360 nel 364 nel 390cultura letterariaMaximus VI, Armenia Hierius I, Egitto Heraclius IV, ArmeniaItalianus, Egitto Maximus VI, Egitto Heraclianus, Cilicia Priscianus I, Eufrate Damianus VI, Eufr Severianus III, FeniciaEudicius I, Galatia Leontius IV, Galatia Severianus II, C.soc.larg.Hypatius I, Palestina Entrechius, Pisidia Eusebius XXVIII, mag.offCirillus I, Palestina Julianus VII, com.or Factianus, PamfyliaPolychronius, Fenicia Prisianus I, Palestina Andronicus II, Fenicia Palladius V, IsauriaHonoratus I, p.C.le Marius I, FeniciaEvagrius III, c.r.pr. Salustius, pr.pretorioAnatolius IV, mag,.off. Caesarius IV, c.rer.priv.

Cultura giuridicaModestus, com.or. Clearcus, vic.Asiae Hesychius VI, EgittoAnatolius I, pr.pret. Theodorus III, Bitinia Tatianus, pr.pretHermagenes, pr.pret. Atarbius, Macedonia Proclus III, p.C.le

237 Jones, Il tardo Impero, vol.1, p.472

238 Marrou, Histoire de l’education dans le monde classique”, p.413

239 P. Petit Libanius et la vie municipale a Antioche au 4. siecle apres J. C., Paris, 1955; Id., Les fonctionnaires dans l'oeuvre de Libanius : analyse prosopographique, Paris, 1994

Modestus, p. C.le Rufinus V, com. or.Cultura tecnicaElpidius I, pr.pret. Ulpianus I, Arabia Rufinus XII, mag.off.Ursulus, c,sac.larg. Ducentius I, mag.off.Florentius II, mag.off.Felix III, mag.off.

3. Fonti giuridiche

Digestus De operibus publicis, L, 10, contiene 7 frammenti del 3. sec.

Codex Theodosianus:

lib. V: XIII, 3; XIV, 35 (=C.J. XI, 71, 3)

VI: IV, 37

VII: V, 12, 14, 36, 59;

VIII, 5, 6, 9

IX: II, 5; XVI, 12; XXXI, 1 * 38

X, I, 8; III, 1, 5, 20, 22

XI, XVI, 15 * 27+49, 16, 18

XII, I, 33, 53, 146; XIX, 1

XIII, III, 8, 9; IV, 1 * 63, 2

XIV, III, 13, 15, 16; IX, 3 (=C.J.XI, 18, 3); XV, 2; XVI, 3

XV, I, 1-53; II, 1-9; III, 1-6

XVI, II, 17; VI, 3; X, 3 * 36, 15

Il cap. XV contiene 15 titoli, il primo dei quali, intitolato “de operibus publicis”, comprende 53 costituzioni (o frammenti) dal 321 al 425;

21 di queste sono state conservate dal compilatori del C.J., di cui 18 sotto il tit. XI del libro VIII, in cui compaiono 4 costituzioni che non figurano nel C.Th. A ciò bisogna aggiungere le 9 del tit. II (De aquaeductu) e le 6 del tit. III (De itinere muniendo)

Codex Justinianus

Lib. I, III, 42; IV, 26; XXIV, 1 = C.Th. XV, 1, 37

VIII, X, 2, 6, 8; 9 = C.Th., XV, I, 46; XI, 1-18;

X, XXVI, 2; XXXII, 2; ILII, 10; IXL, 1 = C.Th., XV, I, 49,

LXVI, 1, 2

XI, XVIII, 3; XLII, 1; LXX, 1; LXXI, 1, 3

XII, I, 7 = C.Th., XV, I, 7

F.J.R., 108 *90

Nov. Maj. IV

Nov. Leon., L, 3

Nov. XVII, Just., 4

Edictum Diocletiani, VII, 2-11

4. Fonti letterarie

Ammiano Marcellino, Rerum gestarum,: XVII, 10, 9; XVIII, 2;

XXII, 4,3; 7,7; XXV, 4, 15; XXVI, 1,6; XXVII, 3, 10; XXVIII, 2, 1-4; 3,7; 6, 10; XXIX, 6, 2 e 11; XXX, 2, 10; 3, 1; 4, 2; 7, 6; 9,1

Anonimus de rebus bellicis, XXI

Ausonio, Clarissimae Urbes, 5; III, 15, 36

Aurelius Victor, De Caesaris, XIV, 5; XXXIX, 45; XL, 26;

XLI, 8, 13, 14, 18

Basileus, Epist.94 a Elia

Cassiodoro, Variae, I, 12; IV, 31; V, 3-4; VII, 12; VIII, 18-19; X, 6-7

Claudiano De Consolato Honorii, 529 sgg.

Cronaca minor, I, 233, 466, 643

Cronaca Paschalis, XI, 233

Cronographus anno 354, I, 148

Eunapius, Vita Sophistum, XVIII

Eusebio, Historia Ecclesiastica, X, 7; Vita Constantini, III, 54

Expositio Totius Mundi

Frontino, De aquaeductu, 2,1

Gellio Aulo, Noctes Atticae, XX, 1, 1

Gregorio Nazianzeno, Oratio pro Basil., LXIII, IV, 75

Gregorio Nisseno, A Abr., II, 318

Hesychius Milesius, Patr.Const., 42

Historiae Augustae, Cedrenus, I, 497

XXX Tyranni, XXI,6

Vita Carini, 19

Vita Probi, 2

Joannes Lydus, De Magistratibus Populi Romani, III, 36 e 57

Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche, 19, 3, 2

Giuliano, Lett. Athen.

Lattanzio, De mortis persecutorum, 7,8

Libanio, Orationes, II, 43, 44, 46, 294; XIII, 42, 45; XVIII, 135, 140, 141;

XXX, 6, 37; XLVI, 21, 27, 28; XLVII, 22; L 37; LXII 8, 23-25

Malalas Joannes, Chronographia, XIII, 322 D

Notitia dignitatum et administrationum omnium tam civilium quam

militarium IV, IX, XI, XXXIII,13; XLI, 33

Notitia Regionum (ed. Jordan, Berlino, 1887), VII

Oxyrhynchus Papyri (ed.Grenfell, Londra, 1898), 1414

Plinio, Epistulae, 17

Procopio, De Aedificis, VI, 7, 13; Historia Arcana, XX, 15 e 17

Silvano di Marsiglia, De Gubernatione Dei, I, 10, VI, 21

Svetonio, XII Caesares, Vespasiano 18; Vita Sev.Al. 44

Symmaco, Orationes 2, 2, 12-28; 3, 9; Relationes 25-26

Tacito, Annales, XI, 20

Vegezio, Publio Flavio, Epitoma rei militaris, II, 11

Zonara, Giovanni, Epitoma historica, XIII, 3

Zosimo, Historia Nova, II, 34, 1

5. Fonti epigrafiche

CIL: III: 6575=7127; 6661; 8141; 13734; 14149

IV: 177; 255-6; 773; 1127-8; 1130=31242; 1136; 1147; 1165; 1175;

1184; 1188-91; 1241-2; [1585 a-b=ILS 5920]; 1598; 1750; 1774;

31256=1187; 31383; 31402; 31412; 33856-7; 36947-49

VIII: 210=ILS, II, 5570; 1219; 2216; 2243; 2572; 4767=ILS, II, 5571;

5344; 7015=ILS, II, 5555; 8712; 10937; 14346=ILS; II,5556;

14728; 17519; 18328; 20266

X: [1783=ILS, 5919]

XI: 3614=ILS 5918a; 6328; 6337

XIV: 137; 2922

ILS, II, I, cap. XIII da 5317 a 6043 e add. 9350-9370

FJAntejustiniani, III, contiene le iscrizioni:

- Iscrizione dei Efeso, 370/71, di Valentiniano (in Janvier, p. 165)

- CIL VI, 1585 (in Homo, 1951)

- Aedificium Puteolanum, CIL, X, 1783

- CIL, XI, 3614

- Fidei commmissaria...ILS, 6034

- Senatus consulta….ILS 6031 (in Petit. Le premiere siecle)

carenza di architetti240

Sulle contribuzioni forzate, C. Th. XIV, 6, 3; 15, 1, 17, 15, 1, 23; 15, 1, 34; 15, 1, 49.

6. Bibliografia

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Bernardi, Attilio: Tendenze di fondo nell'economia del tardo impero romano in “Scritti giuridici e sociali in memoria di Ezio Vanoni” Pavia,1961

Boak, Arthur E. R Manpower shortage and the fall of the Roman Empire in the West , Ann Arbor, 1955

Bodei Giglioni, Gigliola: Lavori pubblici e occupazione nell'antichita classica, Bologna, 1974

240 Sul preciso obbligo di provvedere al mantenimento e al restauro delle opere pubbliche precedenti, C. Th. XV, 1, 20: ludex, qui ad provinciam ,fúerit destinatus, duas partes vel incuria vel vetustate conlabsas ad statura pristinum nitoris adducat adque tertiam construat novitatis, si tamen fiamae et propriis cupit laudibus providere (disposizione degli Augusti Graziano, Valentiniano II e Teodosio del 380). Ben due terzi delle spese son quindi da dedicarsi al restauro di opere pubbliche rovinate per incuria od età; C. Th. XV, 1,23; 15, 1,34; 15, 1, 49.

Brown, Peter: Il mondo tardo antico: da Marco Aurelio a Maometto, Torino, 1987; Id. Povertà e leadership nel tardo impero romano, Bari 2003

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