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Ghisi Grütter 35. Disegno e immagine La città nel cinema di fantascienza Boris Bilinsky, manifesto per la prima francese di Metropolis di Fritz Lang del 1927 10 gennaio 2018 Codice ISSN 2420-8442

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Ghisi Grütter

35. Disegno e immagine La città nel cinema di fantascienza

Boris Bilinsky, manifesto per la prima francese di Metropolis di Fritz Lang del 1927

10 gennaio 2018

Codice ISSN 2420-8442

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LA CITTÀ NEI FILM DI FANTASCIENZAdi Ghisi Grütter

La città come referente

Molti critici hanno rilevato chel'ambiente urbano ha svolto unruolo specifico nell'universoideologico di tanti autori e lacittà, un ruolo di basilare impor-tanza sia nella letteratura sianella cinematografia. ScrivevaJohn Ruskin a proposito del Père

Goriot nel 1885: «Questa storia ètale che i suoi violenti contrasti ele peculiarità del suo intrecciodrammatico potevano essereambientate e concepite solo inuna grande città»1. A sua volta,la città va considerata metaforaspaziale del rapporto tra indivi-duo e società per l'alternanza dispazi pubblici e privati, per ladistribuzione territoriale delleclassi sociali e per il proporre luo-ghi-simbolo all'identificazionecollettiva. Il cinema, come la let-teratura, contribuisce sia adassolvere la funzione di specchiodel sociale, sia a creare mondidiversi mostrando i territori del-l’utopia o della distopia.

Utopia urbana disegnata da Möbius

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Le città del futuro: alcuni esempi

Le città immaginarie e le città reali sono soggetti fonda-mentali della cinematografia che non sempre riesce a trac-ciarne un confine: la città reale si carica di forti connotazio-ni immaginarie e, a sua volta, la città immaginaria sicostruisce basandosi su elementi presenti nella realtà urba-na sensibile. In alcuni film, come ad esempio in Edward

mani di forbice del 1990 e in Big Fish del 2003 - entrambi diTim Burton - il modello urbano proposto dal cinema asso-miglia molto a quello immaginato da Frank Lloyd Wrightgià negli anni '30. Wright per il suo progetto urbano diBroadacre City aveva ipotizzato un acro di terra (corrispon-dente allo iugero romano cioè 4046,72 mq) per ogni inse-diamento abitativo unifamiliare contribuendo alla forma-zione dell'imagerie americana. Mentre Le Corbusier, con laVille Contemporaine del 1922, supponeva una città di torridisposte in un parco razionalizzando i trasporti privati, lacittà di Wright presentava un'espansione prevalentementeorizzontale, decentrata e vicina alla natura, con una mobi-lità individuale pressoché illimitata.2 Così ha scritto lo stes-so Wright “let the auto take the city to the country”. Nel1934 Frank Lloyd Wright espresse la sua sfiducia nei con-fronti della città tradizionale nel libro The Disappearing

City3 presentando al pubblico il progetto di Broadacre City.In esso è definito un sistema di superstrade a dodici corsieche forma una griglia di 3,2 km. di lato e che accoglie tuttoal suo interno: le fabbriche, le attrezzature collettive e leresidenze, con una densità abitativa che varia dai cinque aisette abitanti ad ettaro.4 Oltre alla tipologia della casa uni-familiare si trovano anche delle torri residenziali, bendistanziate tra loro, di quindici o venti piani su piastreattrezzate per i garages e i servizi.5

Seaheaven, la città di Truman Show di Peter Weirdel 1998, palesemente ispirata alla cittadina di

(sotto) Seaside in Florida.

Alla pagina precedente dall’alto: la città di EdwardMani di forbice di Tim Burton del 1990, Anville lacittà de Il Gatto e il cappellaio matto di Bo Welch

scenogrago di Tim Burton del 1998 e un disegno diFrank Lloyd Wright per Broadacre City.

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Un esempio di film fantascientifico costruito su basisuburbane, è The Truman show di Peter Weir del 1998,con la città di Seaheaven palesemente ispirata a Seaside,la cittadina circondata dal mare, nata nel 1983 in Florida,fiore all’occhiello del New Urbanism. Infatti, negli StatiUniti si era sviluppato, già negli anni '80, un movimentocosì chiamato e definito dal “New York Times” “il piùimportante movimento di riforma nel campo dell'archi-tettura degli ultimi vent'anni”. Tra i teorici del movimen-to, Andres Duany e Elizabeth Plater-Zyberk che hannorealizzano Seaside. Da allora sono stati progettati ecostruiti centinaia e centinaia di villaggi, quartieri edistretti, e recuperate o riurbanizzate molte aree degra-date. Contro il diffondersi dell'urban sprawl il New

Urbanism propone la riscoperta dei valori della città tra-dizionale, con la sua mescolanza delle funzioni e la suamaggiore densità abitativa, in una sorta di pensiero neo-con in cui "piccolo è bello". Particolare attenzione èposta nei confronti della progettazione di spazi colletti-vi per incoraggiare lo spostamento a piedi e l'incontrodegli abitanti. Sono spesso prese a modello le piazze ita-liane, in quanto spazi a scala umana, per valorizzare orecuperare le aree marginali ossessivamente mono-fun-zionali e trasformarle in quartieri urbani integrati dove,oltre ad abitare, si possa fare shopping, lavorare e passa-re il tempo libero in aree pedonali e piste ciclabili.

La densificazione urbana nei film fantascientifici

L’invenzione urbana al cinema, in questi ultimi anni haavuto un’accelerazione grazie alle nuove risorse tecnolo-giche e allo sviluppo della scienza. Tutto questo hasegnato il passaggio da un mondo in cui tutto era visibi-

le, tangibile e misurabile, a un mondo in cui è l’immaterialità a domi-nare, come nel caso dei billboard-ologrammi del recente Blade

Runner 2049 di Denis Villeneuve.L’apparato scenografico del cinema fantascientifico attinge al pre-sente per creare mondi immaginari o futuri possibili. In questo gene-re cinematografico il più delle volte è la città a essere elemento fon-damentale della storia. Le città della fantascienza possono essere rap-presentate come piccoli villaggi contaminati da virus, o come perife-rie di una città post-industriale, o basi spaziali, oppure ancora comecittà reali proiettate in un futuro inquietante, o ancora come mega-lopoli. La città del futuro c’è in quasi tutti i film tratti da fumetti -Superman, vari Batman, Sin City, Dick Tracy, Catwoman - e in tuttiquelli di fantascienza - come Brazil, Big Fish, A.I. Intelligenza artificia-

le, Il quinto elemento, Gattaca – la porta dell’universo, Minority

Report, Zootropolis, Blade Runner, The Zero Theorem – che sia inven-tata ex novo o che sia una trasfigurazione del reale.6

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Blade Runner 2049 di Denis Villeneuve del 2017

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Vorrei prendere in considerazione quattro film: Il

quinto elemento, Gattaca – la porta dell’universo,Brazil e The Zero Theorem a titolo d’esempio comedimostrazioni di immaginario urbano nel cinema difantascienza. Gli autori di questi film o hanno attin-to a un repertorio iconografico tratto dal mondodell’illustrazione, o hanno utilizzato architettureconsiderate, all’epoca, futuribili. Ciò che a mio avvi-so contraddistingue la maggior parte della fanta-scienza è che, se anche c’è un impianto urbano avve-niristico, l’ipotesi della struttura sociale è sempreretrograda, di tipo tribale. In molti di questi film sitrova una sorta di dittatura, vige uno stretto con-trollo poliziesco e le libertà sono molto limitate. Invari interni si ritrovano oggetti o mobili demodé,spesso Ottocenteschi o dei primi del Novecento;basti pensare al pianoforte con gli spartiti cartaceidi musica, che si trovano sia in Blade Runner, sia nelsuo sequel Blade Runner 2049. Sembra che non sipossa proprio immaginare un futuro fatto di perso-ne libere e che non ci si scrolli mai di dosso il passa-to. Ma analizziamo di seguito, in dettaglio, i filmscelti.Il quinto elemento di Luc Besson del 1997 è un filmfrancese di fantascienza all’epoca il più costoso maiprodotto in Europa. La scenografia è stata realizza-ta da Dan Weil sulla base dei disegni dell’illustrato-re Jean-Claude Mézières, creatore del fumettoValérian e Laureline, e del talentuoso Möbius, alsecolo Jean Giraud. La città è una New York proiet-tata in un prossimo futuro e di cui è rimasto benpoco di riconoscibile. In Quinto elemento tutti i

Disegni di Jean-Claude Mézières per Il Quinto Elementodi Luc Besson del 1997

grattacieli sono altissimi, collegati tra loro da ponti pedonali e constrade su vari livelli. La fine dei grattacieli non si vede mai fatta ecce-zione di un solo edificio, quello di Zorg, l’industriale che possiede lamaggior parte della città e delle sue aziende. Il film è stato girato inInghilterra nei Pinewood Studios (famosi per essere il set dei filmdella serie di James Bond e delle serie televisive UFO e Spazio 1999).Da un’intervista a Jean-Claude Mézières: «Domanda: Per la realizza-zione del film ha collaborato anche con architetti oppure ha lavora-to da solo? La sua immagine fantastica di città è nata nel confrontocon altre persone che, nella realtà, costruiscono davvero le città?Risposta: Assolutamente no. Per la maggior parte i miei disegni inizia-li si basavano sulla lettura della sceneggiatura di Besson, quindi sullemie idee, sul mio sentimento, sul modo in cui immaginavo la realiz-zazione della scena. Domanda: Lei come immagina la città del futu-ro? Risposta: Credo che un disegnatore di fantascienza, almeno perquanto mi riguarda, si diverta a sognare un futuro, un mondo possi-bile e non si curi di sapere se la realtà che verrà sarà così o no. Il fattoche un illustratore disegni una bicicletta con le ali non significa checreda che in un futuro esisteranno degli oggetti simili. Rendere stra-ordinario ciò che è ordinario. Domanda: Molti architetti si sono dedi-

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cati a immaginare città del futuro.Lei forse conosce William J.Mitchell, un americano che haparlato di città dei bit e ha scrittoun libro su questa città del futuro.Ci sono molte altre persone chehanno immaginato città domina-te dalle reti informatiche, dovenon ci sarà un centro e una perife-ria, ma tutto si troverà al centro.Lei cosa ne pensa? Non è questaanche la sua idea? Quale uomoabiterà queste città, secondo lei, ecosa farà? Risposta: La differenzafra l’idea di quell’architetto, chenon conosco, e le storie che rac-conto o i disegni che realizzo èche ciò che mi interessa di piùsono sempre i personaggi. Nelfumetto il mondo esterno è molto importante, ma ciò che conta è inogni caso quel che accade ai personaggi, e al cinema è lo stesso. Infondo, se per due ore si vedesse il protagonista che guida il suo taxie avanza a zig-zag per le strade, in capo a un quarto d’ora ci verreb-be il latte alle ginocchia. Invece, ci interessa sapere se si innamoreràdella ragazza, e cosa succederà dopo. Sono sempre le storie d’amoreche rappresentano in fondo l’interesse principale nel cinema, e cosìpenso che quando si narrano storie, sia con i fumetti che con i film,ciò che conta è anzitutto la vicenda dei personaggi, mentre la scenanon è che una specie di cornice, importante sì, ma non essenziale. Unfilm o una striscia di fumetti incentrati esclusivamente sui problemidell’architettura possono forse somigliare a un saggio molto interes-sante scritto da un architetto, ma non fanno certo un romanzo avvin-

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Qui sopra Il Quinto Elemento di Luc Besson del 1997, che riprende

palesemente l’ambientazione urbana dei due illustratori francesi.

Alla pagina precedente un’utopiaurbana disegnata da Möbius (in

verticale) e un disegno di Jean-Claude Mézières per il fumetto

Valérian e Laureline

cente, e se non succede nulla aipersonaggi per i fumetti è unavera catastrofe»7.Gattaca – la porta dell’universo

del regista Andrew Niccol del1997, è un film di fantascienzaaccostabile al filone bio-punk.8

La vicenda, legata ad aspettisociologici e psicologici, èambientata in un futuro prossimoin cui sono emerse nuove “lottedi classe” tra chi è nato program-mato geneticamente (i validi) echi è venuto al mondo con un

patrimonio genetico naturale (i non validi). Lo stile degli abiti edelle acconciature, l'architettura degli edifici e le carrozzerie delleautomobili, si rifanno ai primi anni Sessanta del secolo scorso, conqualche richiamo al film Agente Lemmy Caution, missione

Alphaville di Jean-Luc Godard, con cui Gattaca – la porta dell’uni-

verso condivide anche alcune tematiche sul contrasto fra sentimen-ti e fredda tecnologia. Quest'ultimo settore, attorno al quale ruota

la storia del film, è invece avanza-tissimo: il contrasto fra questi dueelementi ha le caratteristiche delgenere steampunk.9 L'edificio incui si svolgono gran parte dellescene, ossia la sede dell'EnteSpaziale Gattaca, è il Marin

County Civic Center di FrankLloyd Wright a San Rafael inCalifornia del 1957. Per gli ester-ni di casa di Vincent (il vero vali-

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l’Ente spaziale nel filmGattaca – la porta dell’universo è nelMarin County Civic Center di Frank Lloyd Wright a San Rafael inCalifornia del 1957

Qui sotto un fotogramma di Gattaca – la porta dell’universo diAndrew Niccol del 1997

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do) è usato, invece, Il CLA building complex di Antoine Predock adAlbuquerque in New Mexico, del 1993.10

Brazil di Terry Gilliam - uno dei fondatori del gruppo teatrale deiMonty Phyton - del 1985 è un film molto amato dagli architetti. Il filmpuò essere considerato come una metafora contro le dittature innome della libertà. La vicenda tratta di Sam Lowry, un sempliceimpiegato che accetta una promozione al Dipartimento Informazionisolo per rintracciare una donna di cui si è innamorato, che gli eraapparsa in sogno. La identificherà in una camionista, con la qualeavrà una serie di disavventure. L’intenzione del regista è stata quelladi creare un luogo che evocasse un passato e nello stesso tempoindentificasse un futuro, dando vita a un inquietante effetto-città instile espressionista. Questo ambiente urbano distopico mostra reper-ti del passato, da alcune facciate Art Nouveau ai cartelloni pubblicita-ri degli anni ’50 per arrivare a case post-moderne. Così scrive GianniCanova: «La fantasia visionaria di Gilliam ricostruisce in Brazil un uni-verso urbano nel quale è difficile districarsi e dal quale è impossibileuscire. Un’opprimente tonalità cromatica plumbea segna un conti-

nuum semantico tra le verticalità soffocanti degli innumerevoli grat-tacieli, la straniante enormitàdegli interni di alcuni edifici delpotere e l’assoluta dimensioneclaustrofobica degli uffici e delleabitazioni».11 Gli edifici residen-ziali sono fabbricati anonimi tuttiuguali, alti e massicci, che hannopreso spunto da qualche paesag-gio industriale o proto-industria-le. In Brazil, come in moltissimifilm di fantascienza, sembra nonsi possa uscire da quel contestourbano. Non c’è modo di proget-

Fotogramma tratto da Brazil diTerry Giliam del 1985.

tare una fuga verso un luogo, non c’è spazio per progettare un altro-

ve. Difficile individuare dove il regista e lo scenografo NormanGarwood, abbiano tratto ispirazione, forse potrebbero aver attinto aiprimi disegni di New York elaborati da Hugh Ferris degli anni ‘20/’30,dove ipotizzava, appunto, The Metropolis of Tomorrow. Lo stesso

Gilliam afferma che, per questofilm, non solo si è ispirato aMetropolis di Fritz Lang del 1927e a Orwell 1984 di MichaelRadford del 1984, ma ha anchepreso spunto dai film onirici diFederico Fellini. In alcune imma-gini piene di tubi e cavi aggrovi-gliati sembrerebbe che il registasi sia ispirato a H.R. Giger, pitto-re, scultore e designer svizzerod’ispirazione surrealista e simbo-lica che ha lavorato negli effettispeciali del cinema (Oscar 1980per gli effetti visivi), ad esempioin Alien di Ridley Scott del 1979 eha lavorato alla trasposizionecinematografica del 1975, adopera di Alejandro Jodorowsky,del romanzo Dune di FrankHerbert sulle idee guida diMöbius, mai realizzata.12

Per chiudere vorrei citare The

Zero Teorem, un film del 2013sempre di Terry Gillian, che sem-brerebbe essere una versionepop di Brazil. In un'ambientazio-

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Fotogramma tratto da Brazil diTerry Giliam del 1985

Sotto H.G.Giger per Alien di RidleyScott del 1979

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ne distòpica, Qohen Leth, il protagonista, vuole a tutti i costi lavora-re in casa, perché aspetta una fantomatica telefonata che dovrebbespiegargli il senso della vita. Così ottiene dal Management di poterlavorare alla risoluzione di una misteriosa formula matematica: lo“Zero Theorem” senza dover mai uscire da casa, dotandosi di unsuper-computer, ma è monitorato da varie micro-spie poste in puntistrategici. Ci lavorerà diversi mesi senza arrivare a risolverlo, ma se luinon vuole uscire nel mondo - rappresentato variopinto, allegro emascherato - il mondo vuoleentrare da lui, mediante unadeliziosa ragazza (replicante?)che lo vuole aiutare e con laquale nasce un amore reale ini-ziato come realtà aumentata. Piùche Brazil il film The Zero

Therom evoca Blade Runner nel-l'ambientazione - anche se nonha l'imponente struttura urbanadi quel film - ed essendo il prota-gonista agorafobico, è giratoprevalentemente negli interni. Èproprio lì che il futuro si mostrapieno di memorie: la casa diQohen Leth è una vecchia chiesasconsacrata, mentre gli ufficidella Mancom sono situati in unasorta di piccolo Grand Central

newyorkese. Da un lato c'è ilvero e proprio riuso di spazi adi-biti a fini diversi, dall'altra cisono le sovra-imposizioni del-l'onnipresente digitale, le pub-

Fotogramma di The Zero Theoremdi Terry Giliam del 2013

Sotto,Fronte del porto a Roma, graffito

di Blu del 2014

blicità mobili e cioè le varieimmagini in movimento.Sembrerebbe che la città pluralee post-moderna coincida conquella animata e bidimensionalesopra le vecchie strutture tridi-mensionali liberty, déco o in stileeclettico. l temi dominanti sonoil nonsense dell'esistenza, lafede o l'assenza di essa e cioè “ilbuco neo”, ma la soluzione desi-derata è comunque la fuga cosìcome anche per Rachel e Rick inBlade Runner.

Conclusioni

La città storica è diventata – daun punto di vista morfologico –un elemento tra gli altri di uninsieme o di un sistema (areametropolitana). La frantumazio-ne del rapporto centro/periferiaha portato alla presenza dinuove realtà multicentriche nonprogrammate. Non esiste inoltre,una pura contrapposizione tra iltrovarsi nella città e il perdersinella metropoli: esiste uno stadiointermedio, quello fatto di unospazio definito in tanti “centri eperiferie” che non riusciamonemmeno a cogliere e che è una

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Fotogrammi di 2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrick del 1968

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forma di costante spaesamento.Numerosi studiosi insistono sulconcetto di “derealizzazione” e di“mediatizzazione” dell’esperien-za metropolitana paragonando,ad esempio, la visione attraversoil parabrezza dell’automobile allosguardo stralunato rivolto almonitor televisivo o al terminalevideo. Gianni Vattimo già tren-t’anni fa13 asseriva che l’esperien-za della metropoli viene vissutaprevalentemente come perditadel centro ed è qui che va rintracciata la morte del pensiero metafisicodella rappresentazione in quanto fondamentalmente realistico; la crisidella rappresentazione può, un po’ paradossalmente, corrispondere adun alleggerimento della nozione di reale e ad una conseguente, quasicompleta, identificazione tra metropoli e mass media. In altre parole latotalità ermeneutica in cui sempre ci muoviamo, o la totalità metropoli-tana in cui viviamo, ci sono sempre date, eppure non le possediamo“totalmente”, quindi ci vengono fornite come immersione in un univer-so di comunicazione. L’età contemporanea è quella dove tutto tende adiventare simultaneo e questo cambia una quantità di cose; ad esempionella metropoli si è sempre dappertutto e nel contempo non si è in nes-sun luogo, in quanto non ci sono movimenti verso il centro ed in talmodo si possono sviluppare nuove analogie tra l’esperienza del tempo edello spazio.

NOTE1 John Ruskin, On the Old Road (1885) in The Works oJ John Ruskin, voI. XX, acura di E.T. Cook, London, 1905.2 Vincent J. Scully sostiene che Broadacre City fu proprio la risposta di Wright

Zootropolis del 2016 di Byron Howard, Rich Moore e

Jared Bush.

alla Ville Radieuse di Le Corbusier in FLW and the International Style, Broadacre

City, in “American Architect” n. 146, May 1935, pp. 55/62.3 Frank L. Wright, The Disappearing City, W. F. Payson, New York 1932.4 Così commenta Paul Golberger in He Had an Answer for Everything, in “NewYork Times Book Review “, 19 June 1977: «a dream of a new settlement spread

out across the the landscape in a way that can only be called suburban, although

it was socially visionary in a way that contradicts our suburban models…It was a

naïve dream, in one sense, based on the assumption that the right (or Wright)

architecture would assure the good life for all…» pp. 4/5.5 Cfr. Ghisi Grütter, Lo stereotipo dell'habitat da “Non mangiate le margherite”

a “Lontano dal paradiso”, in Contributi http://www.steppa.net/, aprile 2009.6 Cfr. Francesca Moretti, L’immaginario urbano negli ultimi venti anni, tesi di lau-rea in Architettura del 2005, Università Roma Tre, relatore Prof. Ghisi Grütter,correlatore Dott. ssa Barbara Maio, pp. 5/28.7 Sognare il futuro tra fantasia e realtà, intervista a Jean-Claude Mézières inwww.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/m/mezieres.htm8 Il biopunk è un sottogenere della fantascienza che utilizza elementi della let-teratura gialla hard-boiled, dei film noir, e delle anime giapponesi in prosa post-moderna. Descrive il lato nichilistico e sotterraneo della società biotecnologicache ha iniziato a evolversi nella prima decade del XXI secolo. 9 Lo steampunk è un filone della narrativa fantascientifica che introduce una tec-nologia anacronistica all'interno di un'ambientazione storica, spesso l'Ottocentoe in particolare la Londra vittoriana. Diverso dal più diffuso e noto cyberpunk cheè una corrente letteraria e artistica della fantascienza nata nella prima metàdegli anni Ottanta del XX secolo. Anticipato e prefigurato sotto certi aspettinelle opere di Philip K. Dick, all'aspetto tecnologico tipico della fantascienza ilcyberpunk aggiunge una forte connotazione politica e sociale. Lo stile narrativodei romanzi è caratterizzato dall'apparente assenza di un intreccio ben definito– il racconto si concentra sulle azioni dei personaggi – e dall'uso di un linguaggiobarocco che mischia tecnicismi informatici ed espressioni gergali della strada,molto difficile da rendere in una traduzione. I protagonisti, sono in costante fugadalla cupa realtà e trovano la loro ragion d'essere in un mondo virtuale paralle-lo, il cyberspazio, teatro delle loro battaglie.10 Questo edificio era già stato usato in passato come location per un'altra pelli-cola di fantascienza, L’uomo che fuggì dal futuro di George Lucas.11 Gianni Canova, I luoghi del cinema, in “Segnocinema” n.78, p.26.

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12 Dune sarà poi portato sullo schermo da David Lynch nel 1984.13 Cfr. Intervista di Georges Teyssot a Gianni Vattimo, in occasione della XVIITriennale di Milano, nel catalogo Le città del mondo e il futuro della metropo-

li, in Ghisi Grütter, Metropoli/Linguaggi/Rappresentazioni, in Architettura,

comunità e partecipazione: quale linguaggio? Atti del SeminarioInternazionale del 4/5 aprile 2002, del DIPSA, Università Roma Tre, Aracne 2003,pp.48/50.

N.B. Questo scritto, in una versione rielaborata e integrata con un testo di LucioAltarelli, sarà pubblicato nel numero 4 di “XY digitale” del 2018.

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William Gibson ha detto:"Il

Giappone moderno è semplice-

mente cyberpunk" Qui sotto il

quartiere Shibuya di Tokyo. Il

cyberpunk è spesso ambientato

in paesaggi urbanizzati, artifi-

ciali, e con luci della città che si

allontanano.