Bonsai suiseki magazine Nº6 Junho 2009

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6 Bonsai&Suiseki magazine Anno I - n.6 Giugno 2009 Bonsai & Suiseki magazine

Transcript of Bonsai suiseki magazine Nº6 Junho 2009

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Bonsai & Suisekimagazine

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Bonsai & Suiseki magazine©

Giugno2009 6

IDEATO DALuca Bragazzi

Antonio RicchiariCarlo Scafuri

REDATTORECarlo Scafuri

REVISORE DI BOZZEDario RubertelliPietro Strada

IMPAGINAZIONESalvatore De Cicco

Carlo Scafuri

HANNO COLLABORATOAntonio AcamporaDaniele Abbattista

Sergio BassiArmando Dal ColAntonio DefinaMarco TarozzoGian Luigi EnnyCarlo Maria GalliGiovanni GenottiAndrea MeriggioliLuciana QueiroloRoberto SmiderleGennaro Terlizzi

FOTO DI COPERTINAGian Luigi EnnyNicola CrivelliDaniela Schifano

Tutti gli scritti, le foto, i disegni e quant’altro mate-riale pubblicato su questo sito rimane di esclusiva proprietà dei rispettivi Autori che ne concedono in via provvisoria l’utilizzo esclusivo al Napoli Bonsai Club ONLUS a titolo gratuito e ne detengono il copy-right © in base alle Leggi internazionali sull’editoria. E’ vietata la duplicazione e qualsiasi tipo di utilizzo e la diffusione con qualsiasi mezzo (meccanico o elettronico). I trasgressori saranno perseguiti e puniti secondo gli articoli di legge previsti dal Codi-ce di procedura Penale che ne regolano la materia.

editorialeIl Bonsai non omologato

Mi sono chiesto spesso: chi la pensa come me non è per un bonsai omologato… oppure io non sono omologato per il bonsai? Cosa significa bonsai omologato? Dobbiamo accettare passivamente l’omologazione o infrangerla? Io credo che tutta la vita sia una con-tinua omologazione e infrazione, è nella natura delle cose e quindi in letteratura, in politica, nella religione, nell’arte… nel bonsai. Nel bonsai l’omologazione è dovuta a comportamenti e contenuti spesso discutibili e criticabili di chi lo esercita, dimenticando la professionalità e chi si ne assume tale onere professando una didattica ed una diffusione volti in tal senso. E’ la medesima responsabilità che mi assumo quando pubblico un libro o un articolo che hanno il triplice scopo, ripeto, didattico-divulgativo-promozionale. Perché ora più che mai l’impegno è maggiore in quanto sono emergenti i ceti affluenti dei nuovi bonsaisti. Si vedono sfilare in questa sorta di “vanity fair” personaggi assurti dal nulla che si omologano titoli e meriti che non hanno nessun riscontro. Se il bonsai si politicizzerà (nell’accezione negativa del termine), saranno problemi. Problemi per tutti. Il dilemma in cui incappano è la comprensione del bonsai per taluni, intuitiva e percettiva. Il godimento es-tetico riconosce schemi artistici, ma tali schemi non possono essere troppo rigidi o troppo ristretti. Il bonsai omologato ha portato oggi ad un uniformarsi estetico, ad un appiatti-mento della creatività che si è manifestata qualche volta in un esercizio ripetitivo di copiato. Il rischio è il venir meno l’esercizio della ginnastica della creatività. Il bonsai omologato è quello della competizione che non è competitività, delle passerelle e della visibilità data dai concorsi e mostre che dietro il paravento ed il pretesto dell’arte del bonsai hanno il vuoto dell’apparire, del vincere a tutti i costi un primo premio per quei cinque minuti di gloria, anzi di vanagloria che farà rodere i secondi ed i terzi classificati. Sono questi sani momenti di incontro per maestri ed allievi? Il dietro le quinte è fatto spesso da invidie, calunnie, pettegolezzi e alleanze e patti non scritti. Quale attendibilità poi ci si può aspettare in giudizi formulati da taluni elementi che non hanno preparazione estetica e percezione artistica perché presi di peso dai loro borghi contadini e portati agli onori (si fa per dire) dei palchi. La mia campagna di informazione e di consapevolezza (cosa si intende per con-sapevolezza? Il consapevole è colui che consà, cioè convive con la sua radice “sap” e sa come entrare nella realtà) che continuerà perché alcuni fanno finta di non vedere e non sentire (perché così va bene ed è più facile!) è volta a sollecitare un contraddittorio. Il mio è un invito al dibattito nell’interesse esclusivo del bonsai, di quella passione che comprende il commercio corretto ed il lecito guadagno, l’onestà intellettuale di chi lo fa per professione, la correttezza di chi esercita la didattica e se ne assume la responsabilità. Come nella musica, il bonsai deve contenere una vocalità che possa esser atta alla rappresentazione. Se non c’è stile vocale è inutile fare musica per il teatro, ed è inutile avere voci sulla scena. Se la dram-maticità non è intrinseca alla musica è inutile “arredare” la scena con la musica. Bisogna chiarire un punto: vogliamo che l’arte del bonsai sia viva o morta? Se la vogliamo morta continuiamo pure con alcune cose che non vanno, se viceversa la vogliamo viva accettiamo una cosa fondamentale: l’arte pone dei quesiti, non dà delle risposte, le ris-poste le dà ciascuno di noi. Il problema della diffusione del bonsai in Italia è purtroppo viziato da una fase di crisi che nel marketing si chiama “del prodotto” ma anche da responsabilità di tendenza “politica” e da alcune distorsioni individuali. Se si elimina ciò che la tiene sveglia - vale a dire ciò che la mette in crisi - ovvero la presenza dell’artista, la società non ha più senso di esistere. Gli antichi ripetevano: “È bene che i poeti restino fuori dalle porte della città”; questo per dire che la forza critica e creativa del poeta ha sempre dato fastidio, ma un fastidio essenziale. Non possiamo dimenticare la funzione conoscitiva e didattica dell’arte, non possiamo limitarci a considerarla puro intrat-tenimento. Da sempre l’arte pone dei problemi, induce alla riflessione su concetti molto più ampi. L’arte serve a migliorarci e combatte l’omologazione. Rincorrere l’audience con l’arte è una barbarie. Purtroppo in Italia molti pensano che il pubblico sia più stupido di quello che effettivamente è. La memoria dell’italiano-medio è labile, credo sia onesto e corretto che la riconoscenza morale di tutti i bonsaisti italiani vada a personalità che si chiamano Genotti, Giorgi, Oddone e pochissimi altri!

Antonio Ricchiari

DIRETTO DAAntonio Ricchiari

PROGETTAZIONE GRAFICASalvatore De Cicco

CORRETTORE DI BOZZEGiuseppe Monteleone

in

collaborazione con

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Sommario

Dal mondo del Bonsai & Suiseki

Mostre ed eventi

pag. 01 “Il giardino Zen - II parte” - G. L. Ennypag. 04 “La base fa la differenza” - S. Bassipag. 08 “Le terapie olistiche - II parte” - G. Terlizzipag. 10 “Vuto ‘ndare in Giappon?” - M. Tarozzo

Bonsai ‘cult’

In libreria

La mia esperienza

A lezione di Suiseki

A scuola di estetica

pag. 13 “ArcoBonsai 2009” - A. Meriggiolipag. 15 “Mostra di Primavera” - D. Abbattistapag. 17 “Carignano Fiori & Vini” - A. Defina

pag. 19 “Bonsai. L’arte di coltivare alberi in minia- tura” - A. Ricchiaripag. 19 “Lo spirito dell’arte giapponese” - A. Ricchiari

pag. 20 “Figura e ruolo del Maestro bonsai tra oriente ed occidente” - A. Ricchiaripag. 22 “Un giudizio sui giudici...” - G. Genotti

pag. 24 “Alcuni appunti sulla defogliazione” - A. Meriggiolipag. 26 “Realizzazione di un ishizuki”- C. M. Gallipag. 29 ”Percorso evolutivo di un acero campestre” - A. Dal Col

pag. 32 “Suiban, doban & sabbia & acqua…” - L. Queirolo

Azaleacoll. Roberto Smiderle

L’essenza del mese

Note di coltivazione

Tecniche bonsai

Vita da club

Che insetto è?

pag. 43 “Azalea - II parte” - R. Smiderle

pag. 46 “I biostimolanti” - L. Bragazzi

pag. 47 “Il tambahoo” - A. Acampora

pag. 49 “Oltre il verde-BonsaiGymnasium” - M. Tarozzo

pag. 55 “Patologia vegetale - VI parte” - L. Bragazzi pag. 40 “Lo stile inclinato” - A. Ricchiari

L’opinione di...

pag. 38 “Gianfranco Giorgi” - A. Ricchiari

Il Giappone visto da vicino

pag. 51 “La Katana: una delle vie orientali” - A. Ricchiari

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Viste le numerose domande e richieste di collaborazione alla rivista, ricordiamo che “Bonsai & Suiseki magazine” è aperto a tutti coloro che vogliano scrivere un articolo e dare così il proprio contributo alla diffusione delle arti del bonsai e del suiseki e di tutto ciò che vi ruota attorno. Per poter collaborare al magazine ed al fine di non incorrere in spiacevoli equivoci, troverete qui di seguito una serie di semplici norme che regolamenteranno i vostro contributi alla rivista.

1. L’articolo deve essere inviato in redazione con e-mail all’indirizzo [email protected]

2. Le foto devono pervenire in formato .jpg, ad una risoluzione minima di 800x600 pixel e con una definizione non inferiore a 150 dpi.

3. I disegni in b/n al tratto devono essere inviati in formato .tiff o .jpg.

4. La redazione si riserva il diritto di revisionare e correggere il testo per quel che riguarda lo stile di scrittura o intervenire sulla forma laddove vi siano errori, ovviamente senza stravolgere il significato o il senso del periodo.

5. L’autore non potrà fare riferimenti a marche o prodotti commercializzati e nel caso di fertilizzanti e fitofarmaci dovrà riferirne soltanto la composizione per l’eventuale individuazione. L’articolo non dovrà in nessun caso conte-nere toni polemici o contraddittori o di censura nei riguardi di alcuno e che comunque ne ledano la suscettibilità e l’autore si dovrà limitare ai contenuti dell’argomento oggetto dello scritto trattato con estrema professionalità secondo i canoni deontologici richiesti. La redazione si riserva il diritto di procedere ad adeguata censura o, se del caso, di cestinare lo scritto stesso.

6. I tempi di pubblicazione dell’articolo sono di esclusiva valutazione e pertinenza della redazione.

7. La responsabilità circa l’autenticità e l’originalità del materiale pervenuto in redazione per la pubblicazione sul magazine (testi, foto e disegni), in base alle leggi vigenti che regolano il copyright, ricade unicamente sull’autore che eventualmente ne risponderà nelle Sedi competenti.

8. L’autore del materiale inviato in redazione non ha da pretendere in nessun caso e a nessun titolo alcun com-penso economico anche nel caso di eventuale futura diffusione dell’articolo sotto qualsiasi forma.

Ricordiamo inoltre che fra tutti coloro che durante l’anno invieranno articoli per la sezione “La mia Esperienza”, sarà premiato alla fine dell’anno l’articolo che per completezza didattica delle varie fasi di lavorazioni di una pianta, e per il risultato estetico ottenuto, sarà ritenuto il migliore dai mode-ratori e dagli amministratori del Napoli Bonsai Club Onlus - FORUM (http://www.napolibonsaiclub.it/forum). Il premio messo in palio dal Napoli Bonsai Club Onlus sarà un vaso pezzo unico, fatto a mano da Tiberio Gracco (in seguito sarà pubblicata la foto del vaso). Il nostro desiderio è che questo concorso sia particolarmente utile a mettere in comune e a far partecipe tutti gli appassionati della propria esperienza e della personale formazione culturale bonsaistica accumulata in anni di pratica e studio.

La presente “Nota ai collaboratori” viene sottoposta all’autore che ne prende visione e conoscenza, ne accetta tutti i punti elencati e ne concorda i termini incondizionatamente.

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Con il patrocinio di

I.B.S. e U.B.I.

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Il giardino Karesansui - II parte

Articolo a cura di Gian Luigi Enny

Fig. 2

Fig. 1

montagna. Mentre il monaco medita attivamente attraverso la costruzione e la manutenzione del karesansui, chi lo osserva e lo contempla cercherà dii svuotare la mente dai pensieri e dai problemi quotidiani. Questo è infatti l’obiettivo principale della meditazione buddista, creare il vuoto per ottenere lo spazio necessario all’illuminazione. Il più famoso Karesansui in Giappone è quello del tempio di Ryoanji.

Comedettonell’articoloprecedenteilkaresansuiingiapponesesignificapaesaggiosecco.Infatti,mentreilgiardino occidentale è concepito come uno spazio aperto fruibile, utilizzabile per camminarci, per coltivare piante, fiori,pertrascorreremomentidirelax,ilkaresansuièinveceungiardinodameditazione.Losiosservaecontemplaall’esterno del suo perimetro, quasi sempre da un solo lato con la possibilità in alcuni casi di osservarlo da altre angolazioni, questa contemplazione dovrebbe essere fatta svuotando la mente ed al tempo stesso raccogliendo le sensazioni che la composizione intrinseca trasmette all’osservatore, che nella concentrazione e nel silenzio più assoluta riesce a captare. Mentre un giardino occidentale contiene numerosi elementi di distrazione come diverse varietà di piante alcune anche di frutta con forme e colori sgargianti, o animali domestici e bambini che giocano, di fronte ad un karesansui si trova la pace e si partecipa alla calma totale. È il monaco che pettina la ghiaia con unospecialerastrello,affinchéisegnichelasciapossanoessereinterpretatiindiversimodi,adesempiopossonorappresentare le onde del mare che vanno ad infrangersi sulle rocce di un isola, oppure nuvole attorno al picco di

1 Dal mondo del Bonsai & Suiseki

IL GIARDINO ZEN - Gian Luigi Enny

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Fig. 3 - Giardino karesansui del tempio di Ryoanji

Fig. 5

Il monaco che l’ha costruito ha immaginato che un felino saltasse nel giardino e lo attraversasse (nella mia immaginazione un gattone). Il monaco ha posizionato le pietre “dove questo animale ha appoggiato le zampe”. Con questa metafora il monaco ha voluto indicare che le pietre non sono state posizionate seguendo un progetto o uno schema logico studiato precedentemente, bensì esattamente dove lo spirito del felino con le sue impronte gli ha suggerito. Una particolarità di questo giardino, sul quale si trovano 15 pietre disposte in più gruppi, consiste nel fatto che, da qualsiasi punto del lato di osservazione si guardi il karesansui, si possono sempre e solo vedere 14 pietre. Per il monaco che ha costruito questo Karesansui ha voluto rappresentare la verità, che ha sempre un lato nascosto. La ghiaia costituisce la base sulla quale vengonoposizionate le pietre, questa rappresenta l’acqua, il mare,

ma anche il vuoto o lo zero assoluto. Il karesansui è sempre delimitato da una cornice, normalmente viene utilizzato un cordolo in pietra, le rocce che si trovano all’interno sono fondamentali nella realizzazione del karesansui, devono avere un aspetto naturale, non lavorate o tagliate dall’uomo ma solo levigate dall’acqua. Visto che le pietre rappresentano le montagne o le isole, nel karesansui, devono dare la sensazione di stabilità e di essere sempre state in quella posizione quasi si fosse costruito il giardino attorno ad esse, i colori devono essere omogenei e possibilmente tutte della stessa natura geologica.

Fig. 4

Dal mondo del Bonsai & Suiseki

IL GIARDINO ZEN - Gian Luigi Enny 2

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In quest’occasioneè conpiacere che vorreimostrarvi lamiaultima (per ilmomento) fatica. Faticafisicanel vero senso della parola, visto che ho realizzato da solo questo karesansui con le sole forze delle mie braccia aiutandomi esclusivamente con un carrello e delle leve senza l’aiuto di nessuno!Eraunasfidacheavevointrapresoconmestessodueannifaecongrandesoddisfazionesonoriuscitoaportarlaatermine, pensate solo che alcune pietre utilizzate per il cordolo che delimita il giardino karesansui, sono in granito e superano abbondantemente i 50 Kg come si può vedere se ne contano parecchie. Mentre la pietra più grande posizionataperunterzodellasuagrandezzasottolasuperficiedellaghiaia,pesacirca145Kg.

Fig. 6

Fig. 7

Fig. 8

Fig. 9

3 Dal mondo del Bonsai & Suiseki

IL GIARDINO ZEN - Gian Luigi Enny

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La base fa la differenzala Via del Daiza

Articolo a cura di Sergio Bassi

Ricordo i miei primi tentativi di costruire i supporti per i suiseki, non conoscevo ancora le regole, li facevo come mi venivano, usavo la fantasia non solo per il disegno, ma anche nella ricerca di metodi sbrigativi, non prestavo attenzionealfattodiaffossarelapietranelDai,miandavabeneancheappoggiata,secapitavache“largheggiasse”rimediavo con lo stucco, i piedini li facevo come venivano e non conoscevo il concetto di un “supporto in armonia con la pietra”,perilcoloredavoquellocheavevo,erasufficientechefossepiùscura...ecosìviadierroreinerrore.Credodi non essere stato l’unico a cominciare così, del resto ancora oggi faccio degli errori, ma non gli stessi di allora. Ho imparato quanto è importante studiare la base che dovremo realizzare; possono esserci pietre simili, ma maiuguali,cosìogniDaizasaràdiversodaqualsiasialtro.L’errorediconcettoloconcepiscomenograve,ritengoche ognuno sia libero di interpretare la pietra a modo suo, anche attraverso la ricerca di soluzioni discutibili, ma sulle rifinituresonoconvintochecisidebbaimpegnarealmassimo,selanaturahaimpiegatomillenniadareunaformagradevoleallapietrachehofralemani,cosasarannomaialcuneoreoanchegiornicheimpiegheròperlarifinituradi una base? Quando prendiamo in mano una pietra e diciamo “adesso tocca a te”, ci assumiamo inconsciamente ancheilcompitodirenderlapiùbella,completandolaconunDaizaappropriato. HosempresentitodirecheunDaizadeveessere:discreto,anonimo,equilibrato,noninvasivo,insintoniaconlapietraecc.ecc.Questiterminigenericinonsolovannocapitieinterpretati,ma,cosapiùdifficile,vannomessiin pratica. Credo di poter dire che questa è la “Via del Daiza”,perchéèfuoridubbioche“la base fa la differenza”. Intendiamoci, io “la Via” l’ho appena imboccata e di strada ne devo fare ancora tantissima, ma il fatto che mi diverta è basilare, l’esperienza si conquista solo attraverso il lavoro. Ascolto le critiche e quando sono giuste mi rammarico di non esserci arrivato da solo. Ilmiointentoèdimostrareattraversoleimmagini,ladifferenzafraunDaizacheioconsiderosbagliatoeduno che considero più appropriato. E’ giusto sostenere che la cosa più importante è avere belle pietre, poi le basi le possiamo rifare quante volte vogliamo; facile a dirsi meno facile a farsi. In realtà, una volta terminata una base e scopriamochenoncipiace,cisonoduepossibilità:osiamoconvintichelapietrasia“divalore”einquestocasolarifacciamo subito, oppure si rimanda “a data da stabilirsi”.Sedecidiamoperlaseconda,cisonoancoraduepossibilità:“iltempoportaconsiglio”,infatti,capitadirivalutareunapietradopounperiodoindefinitoeinquelmomentodecidiamodirifarla;oppure,nonostanteibuonipropositi,l’entusiasmo per nuovi ritrovamenti e il tempo che è sempre tiranno, la base per quella pietra non sarà mai rifatta.

Esempio n. 1 Nel giugno 2001 mi fu chiesto di mandare una pietra alla quarta edizione della World Bonsai Convention a Monaco di Baviera. Era la prima volta che mettevo una pietra a concorso, il mio intento era solo quello di partecipare, ma al club diciamo sempre che se partecipiamo a qualcosa, dobbiamo farlo sempre al meglio delle nostre possibilità, soprattutto per rispetto verso gli altri. Sinceramente non so se in quel momento fosse la più bella della mia col-lezione, ma sicuramente è una pietra molto particolare che mi piace molto ed erosicurochenonavrebbesfigurato.Questapietral’hochiamata“La Crea-zione”; la forma ad uovo (simbolo di vita) che si rompe e dal suo interno na-sce la montagna (la terra) simboleggia in modo forte “la nascita del mondo”, per me “la Creazione della terra”. E’ stata rinvenuta in Toscana nella zona del Mugello nel 1999. Non avevo ancora fatto la base, e di esperienza ne avevo

Dal mondo del Bonsai & Suiseki

LA BASE FA LA DIFFERENZA - Sergio Bassi 4

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molto poca. ImmaginaiunDaisimileaquellichesifannoperlepietremontagna,ma una volta ultimato non mi piaceva (Fig. 1), sul momento il difetto mag-giore mi pareva la dimensione.

Decisidirifarla,simileallaprimamapiùpiccola(Fig. 2). Inutile dire che non ero ancora soddisfatto, la pietra appoggiava sulla base, non era “contenuta” conarmoniaeancoratroppovistosa.Dopoessermiconsigliatocongliamicidel club, l’ho rifatta per la terza volta. Questa volta ho cambiato comple-tamente disegno (Fig. 3). Ho incassato maggiormente la pietra nella base, riducendola all’essenziale. I piedini avevo paura di farli troppo piccoli, questo errore avrebbe pregiudicato la stabilità della pietra, credo che non sia suc-cesso. Anche il colore è cambiato, ho deciso per un marrone chiaro, più in sintonia con il colore della pietra. Osservando tutte le foto possiamo notare quanto notevole sia la dif-ferenza e come la terza base sia decisamente più appropriata.

Esempio n. 2 Anchelasecondapietrasullaqualeholavoratoèfralemiepreferite.Laformapuòancheessereconsueta,mapatinaesuperficiesonoveramentedasballo.E’ bellissimo accarezzarla, ho l’impressione che anche a lei piaccia questo tipo di contatto, restituisce questo piacere come quando si coccola un gattino. Sitrattadiun’arenariamoltodura,difortecarattere,dallaporositàfineedelegante, calda, discreta, non vistosa. Non pratico lo Zen, ma sono sicuro che il Wabi e il Sabi sono questi. L’hotrovataduranteun’escursioneinToscanaallafinedeglianninovanta,masul momento non mi ero reso conto delle sue potenzialità intrinseche. Per la base decisi che doveva essere molto bassa (Fig. 4), con la parte esterna incli-nata in modo da accompagnare la pietra. Svuotata la parte sottostante, creai dei piedini piccoli ed un pò movimentati.

Fig. 1 Fig. 2 Fig. 3

Fig. 4 Fig. 5 Fig. 6

5 Dal mondo del Bonsai & Suiseki

LA BASE FA LA DIFFERENZA - Sergio Bassi

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Oggi non farei mai una base così, infatti, tutte le scelte di allora le reputo sbagliate.HorifattoilDaizainmodopiùprofondo,finoadincassarecomple-tamente la pietra, poi non l’ho vuotata sotto, così ne guadagna la stabilità; ho fatto solo tre piedi ma più grandi. Laconformazionedellapietranonmihaconsentitodi staremoltobassosulfronteperché,sulretrodelsottohounosperoneprofondo(comesinota dalla Fig. 6), la pietra si inclina naturalmente in avanti e non volevo che lo facesse in modo eccessivo, questa soluzione mi è sembrata la più giusta.Il colore scuro (anche se ancora leggermente lucido nonostante una vernice satinata) si addice di più ad una pietra di questo tipo.

Esempio n. 3 Ecco“Giulio”,unapietrarinvenutainLiguriaunaquindicinad’annifa.Dasu-bito vedevo questa pietra sopra ad un piedistallo, ne avevo fatto uno (Fig. 7) molto semplice, forse troppo; nelle esposizioni ovviavo a questa “semplicità eccessiva” abbinandola ad un tavolino dello stesso colore, molto basso ma con i bordi a cornice, così appariva più solenne ed in sintonia con il personag-gioraffiguratodallapietra. Ho atteso anni per avere lo spunto giusto. Finalmente ho visto su in-ternetunabasechemihastimolatoeinpocheoredilavorol’homodificata.Per dare un tono di austerità, ho usato un colore più scuro (Fig. 8).

Esempio n. 4 Capita che un amico mi chieda un favore, se posso lo aiuto con vero piacere.Questo amico è il possessore della pietra che vediamo nella foto 9; aveva fat-to questa base ma non gli piaceva. Secondo me ci sono molte cose sbaglia-te: la formaèeccessivamente triangolare,quellapuntaverso l’osservatore(quello era il fronte) non va assolutamente bene; la seconda è lo spessore troppo elevato, nonostante i piedini a scomparsa è troppo pesante. Secondo il mio giudizio, dobbiamo cambiare il fronte e l’inclinazione che vediamo nella foto10.LadifficoltàmaggiorechehoavutonellacostruzionedelnuovoDaizaè stata la stabilità; come possiamo vedere la parte alta è molto più pesante di quella bassa; questo vuol dire che c’è sempre il pericolo di vederla cadere; aggiungo che la parte che va a contatto con la base, si allarga proprio pochi millimetriprimadifinire.

Fig. 7 Fig. 8

Fig. 9 Fig. 10

Dal mondo del Bonsai & Suiseki

LA BASE FA LA DIFFERENZA - Sergio Bassi 6

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Chi fa le basi da solo capisce molto bene che questa particolarità costringe a togliere legno che servirebbe come appoggio per dare stabilità.Per risol-vere il problema ho deciso di fare una base bassa (Fig. 11) ma leggermente larga, come si nota dalla foto 12; per evitare di renderla visivamente pesante l’ho alleggerita creando dei motivi a scalare e dei piedini sporgenti. Anche la colorazionenonècomelafaccioabitualmenteperchéiodisolitonascondototalmente le venature, in questo caso non l’ho fatto ritenendo che la pietra permettesse questa “divagazione”. Ho cambiato anche l’inclinazione (Fig. 12). Con questa nuova postura è possibile cambiare il fronte, così possiamo vedere la parte sotto allo sperone che purtroppo prima rimaneva coperta (Fig. 13)

Esempio n. 5 Anche questa pietra è dello stesso amico di prima, anche in questo caso non era soddisfatto del suo lavoro (Fig. 14). Io penso che lui volesse presentarla come “pietra ponte”, credo che questo sia stato il motivo che lo ha spinto ad elevare così tanto la parte sinistra.

Primadideciderequaledovevaesserelaposizionefinale,hofattonumeroseprove.Fraiduelaticisonomoltedifferenze:laprimaèl’altezza,lasecondaimodicompletamenteoppostidicomefinisceilsottoperchéilsinistropendea destra ed il punto dove appoggia allarga, il destro pende a sinistra ed il pun-to d’appoggio restringe. Ho preso in considerazione anche la possibilità di “trasformarla” in pietra oggetto (animale) ma la parte sinistra sotto è piatta, quindi ho dovuto abbandonare quest’idea. Ho provato anche a far toccare le due parti allo stesso livello, ma appoggiavano entrambe di traverso, lascio immaginareloscompensodellapartesuperioreechetipodiDaizasarebbeuscito.Hodecisoperquestainclinazione,l’apiceedildisegnodellasuperficiesonoequilibrati,ilDaizasapevogiachesarebbevenutounpòpesante. Ne è uscita una base dall’andamento tondeggiante (Fig. 15); questo mihaaiutatonellerifinitureecredosiabbinibeneconlapietra.

Sergio Bassi

Fig. 11 Fig. 12 Fig. 13

Fig. 14 Fig. 15

7 Dal mondo del Bonsai & Suiseki

LA BASE FA LA DIFFERENZA - Sergio Bassi

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Le terapie olistiche- II parte

Articolo a cura di Gennaro Terlizzi

Ciao a tutti, spero che l’articolo precedente abbia destato in voi un positivo interesse. In questo nostro secondo incontro parleremo del Dao e del Qi (Ki o soffio energetico), visti sotto l’aspetto della MTC.

Dao-alDaoèattribuitoilsignificatodistrada,sentiero,laviadaseguirepercompierequalcosa,laviapersonalee spirituale. E’ la strada che lo yin e lo yang percorrono nel loro rapporto di trasformazione. Secondo il concetto taoista Wu Wei(significanonagire,lasciarscorrerelecosesenzaintralciarneilloropercorso)èpercorrereilsentierodella vita senza mutarlo per evitare di lederlo. E’ anche ciò che otteniamo percorrendo il sentiero della vita, essendo cosìnellostessotempomezzoefine.In giapponese si pronuncia Doedhalostessosignificatocomepericinesi,èunterminepresenteinmolteparolelegatealBudo(Busignificaguerriero,quindistradadelguerriero),comeAikido,Kendo,doveDostaaindicarelastrada, la rettitudine.

Energia – Soffio-ilsoffioenergeticooQi(Kiperigiapponesi)èelementofondamentalenellaMTC.Findall’antichità,i cinesi ritenevano che tutte le cose dell’universo potessero essere rappresentate con il concetto d’energia. Nella formaantical’ideogrammadelQi,raffiguraivaporichesalgonodallaterraversoilcieloaformarelenubi.Nellaforma più moderna, nell’ideogramma è presente il riso che cuoce (materia yin) e il vapore etereo (energia yang), dotatodiforzasaleversoilcielo.L’energiaèglobalmenteunasola,maècostituitadaduepolaritàcontrarie:- Polarità yin, che tende verso l’immobilità assoluta, verso la materia; - Polarità yang, che tende verso la mobilità estrema, verso l’energia più sottile, impalpabile.

In MTC, l’alternanza dei movimenti yin e yang si trova nella circolazione dell’energia a livello dei meridiani. E’, infatti, quest’ultima ad animare l’organismo ed a permettergli di assolvere tutte le sue funzioni biologiche. Si comprende che il Qi è legato all’espressione del dinamismo legato alla materia e che da essa può essere emanato. Sul pianofisiologicoilQièintesocomelamanifestazionedellospiritovitalecheanimailcorpo.DaciòcomprendiamocheilQièl’energiachesorreggetutteletrasformazionidelloyineyangattraversolastradadelDao. Il soffioenergeticooQi,animaeconsente il corretto funzionamentodegliorgani;èciòche fabattere ilcuore,funzionareilfegato,consentireallostomacodisvolgeretuttelesuefunzioni.Unperfettoequilibriodeisoffidacomerispostauncorposanoedinperfettasalute.Loshiatsu,l’agopuntura,ilmassaggiocineseedaltretecnicheterapeutiche,comelariflessologiaplantareagiscesuisoffienergeticiperriequilibrarli. LaMTCconsideraquattroprincipaliforzeenergetichealivellodelcorpoumano:energiaereditariaoJingqi;energianutriceoYingqi;energiapsichicamentaleoShenqiedinfineenergiadifensivaoWeiqi. L’energiaereditariaJing qi èilsoffioereditarioXian Tian Zhi Qi(soffiodelcieloanteriore),èciòcheereditiamodainostrigenitoriedè legatoallequalitàdei lorosoffialmomentodelconcepimento.E’ l’energiachenascedadueenergiedipolaritàopposte:yin,quelladellamadreeyang,quelladelpadre.Questocapitaleenergetico,èutilizzato durante il corso della nostra vita, non può essere reintegrato ma tenuto in buono stato senza dissiparlo.

Ideogramma del Dao

Ideogramma del Qi

Dal mondo del Bonsai & Suiseki

LE TERAPIE OLISTICHE - Gennaro Terlizzi 8

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Quest’energia ha sede nel punto chiamato Mingmen, posto tra i reni (con le ghiandole surrenali e gli organi genitali corrispondenti).Ilsoffioereditariosimanifestasottotreaspetti:Jing(essenza),YuanQi(soffiooriginario),ZongQi(soffioancestrale). LoJingèl’essenzaraffinata,lasostanzafondamentaledell’universo.Aquestaessenzasiassociailconcettodiseme,sperma,vitalità.NelnostroorganismoloJingèpresentesiasottol’aspettocongenitosiaacquisito.Abbiamovisto inprecedenzache loJingcongenitoc’ètrasmessodainostrigenitori.LoJingacquisitoè laquintaessenzadell’aria e degli alimenti ed è tesaurizzato dai cinque organi. LoYuan Qi è strettamente correlato allo Jing congenito.Questo fa si che nella pratica clinica è difficiledistinguerequestiduesoffi.LoYuanQipuòesseredefinitol’aspettoattivodelloJingcongenito.E’ilcatalizzatoreditutteletrasformazioni,coluichesovrintendesospingetuttiiprocessimetabolici.LoYuanQisimanifestaatrelivelli:consenteilconcepimento;nutreilfetoegestiscelosviluppo;dopolanascitacontrollalosviluppo,lacrescitaelariproduzione.E’fisiologicamenteattivointuttoilcorpo. Zong Qi (soffio ancestrale) oZhong Qi (soffio centrale) è un soffio che si produce nel torace. E’ definitosoffioancestralenonper lesuecaratteristiche,bensìper ilsignificatodell’ideogrammache lo legaallafamiglia,agli antenati. In realtàèprodottograzieall’apportodei soffi ricavatidalladigestioneedalla respirazione.Dalladigestionesiproduceil“soffiodeicereali”(GuQi).Dalprocessodirespirazionesiricavail“soffiopuro”(QingQi).L’interazionediquestiduesoffidavitaalsoffioancestraleoZongQi.Questosoffiosidiffondenelpettoedècoluichenutrecuoreepolmoneesorvegliairitmicardio–respiratori.Anchesecitatotraisoffiereditari,appartenentiquindial“cieloanteriore”,inrealtàèchiarochetalesoffio,vistalasuagenesi,appartieneal“cieloposteriore”. Energia nutrice Ying qi:hailcompitodinutriretuttiglielementidell’organismo;provienedalmetabolismodelleenergiealimentari,prodottedall’attivitàdigestiva,erespiratorie,ricavatedaipolmoni.E’ladifferenziazione,sulpianofisiologico,delsoffiocorretto (ZhengQi). Infatti,dalprocessod’interazionetra il soffioprodottodaglialimentiequellodell’arianasceilsoffioancestrale(ZongQi)cheasuavolta,sottol’azionecatalizzatricedelsoffiooriginario(YuanQi)dàvitaalsoffiocorretto(ZhengQi)dettoanchesoffioautentico(ZhenQi).Quest’ultimo,inbaseallefunzioniadessodeputate,sidifferenzieràinsoffionutritivo,soffiodifensivo,soffiodeivariorganievisceriecosìvia.Circolainparticolareneimeridianiprincipalie,comeavvieneperquantoriguardalafisiologiaenergeticadellacircolazionedeimeridiani, il soffioenergeticosegueunritmocronologicoprecisopresentando,adesempio,nelperiodo nictemerale una concentrazione massimale per ogni successivo periodo di due ore in ciascun organo e nel viscere corrispondente (polmone – grosso intestino – stomaco – milza - ….). Il ciclo nictemerale riguarda il giorno e lanotte.E’l’alternanzaritmicadifunzionifisiologiche,collegataalsuccedersidellanotteedelgiorno,checontinuaanchequandosisottrael’organismoall’alternanzanaturaledeigiorniedellenotti.Lacurvadellatemperatura,adesempio,inunsoggettonormale,hasemprelostessodecorso,ritmatodalciclonictemerale:temperaturamin.alleore05.00temperaturamaxalleore17.00.L’allungamentodelritmonictemeraleèstatorecentementesperimentatosull’uomo da speleologi francesi. Energia mentale Shen qi: icinesinonhannomaidissociatoilcorpodallesueattivitàmentali.Alcontrario,vitafunzionaleepsichismosonoritenutistrettamentelegati.Lopsichismoel’energiamentalesonochiamatishen.I cinesi inoltre definiscono cinque particolarità dellamente che corrispondono ai cinque psichici, che i sinologidefiniscono“lecinqueentitàviscerali”o“lecinqueanimevegetative. Energia Wei qi:èl’energiapiùyang,lapiùmobiledelcorpo,quellapiùrapida,cheserveadifenderel’organismocontro leaggressioniesterne.Essa circola soprattuttoalla superficiedel corpo,nellapelleenella carne;apreechiudeipori;riscaldaidifferentitessutieagiscealivellodellavasomotricitàedellatermoregolazionedelcorpo,secondo il variare della temperatura esterna, e del sistema immunitario (ad esempio, nella reazione allergica). E’ su quest’ultima energia che i praticanti di arti marziali e metidative compiono degli studi approfonditi atti a sviluppare al meglio tale tipo di energia e di sfruttarne al massimo le sue potenzialità.

Vi saluto ed alla prossima per un nuovo argomento.

Gennaro Terlizzi

9 Dal mondo del Bonsai & Suiseki

LE TERAPIE OLISTICHE - Gennaro Terlizzi

Page 15: Bonsai suiseki magazine Nº6 Junho 2009

Vuto ‘ndare in Giappon?diario di una domenica “Diversa”

Articolo a cura di Marco Tarozzo

Sabato 9 maggio 2009, ore 22,15 al telefono:Alberto:<prontochiparla?>Marco:<ciaoAlberto,sonoMarco…chedici,tiandrebbedifareun“salto”inGiappone?>Alberto:<sicerto,sipuòprogrammare….incheannopensavidiandarci?>Marco:<hem….andiamodomattina,passodatealle8,30.>Alberto:<ok,belloloscherzo…sentiMarco,haibevuto?>Marco:<no!Fidati,domanifattitrovareprontoalle8,30,portacontesoloilcannone(n.d.r.lamacchinafotografica),chepassoaprenderti;faremodueorediviaggioepoivedrai.>

Domenica 10 maggio 2009, ore 8,30 a casa di Alberto, busso alla porta:Apre Elisa, la moglie. Elisa:<Marco...voisietematti!!Doveandate?>Marco:<andiamoatrovareunamico,vedraistaseraquandotorniamo,Albertosaràentusiasta...fidati!>Elisa scuote la testa, e mi dice qualcosa di “carino”... che non ricordo… Esce Alberto, ha lo sguardo che mi fulmina….Sorrido.Marco:<caffè?>Alberto:<No!>Ok,nonèconvinto,saliamoinauto….tantosocheallafinesaràentusiasta!Eccoci,silenziosi,senzacaffè(sig!)inviaggio;daChioggiaversoGorizia.Destinazione?CasaBeltrame. Bruno Beltrame è un amico, un “compagno di classe” alla Bonsai Creativo School nella sede di Belluno; ritengo che la sua collezione sia unica, con pochi rivali in Italia e altrettanto pochi in Europa. Bruno è presente nel panorama bonsaistico da una decina di anni, mentre il suo primo viaggio in Giappone risale a sei anni fa. E’ stato folgorato(comenonricordochi)sullaviadiDamasco(ops…nonpraticomolto),daquellaterraequellacultura,enegli anni, dopo il suo primo viaggio, si è recato in Giappone numerose altre volte. Ad ogni viaggio un arricchimento, sia culturalmente che a livello di collezione. Molte volte mi è capitato, magari quando sono di passaggio in Friuli Venezia Giulia per lavoro, di fermarmi un’oretta da lui, e ogni volta, visitando casa sua e il suo giardino, ho scoperto qualcosadinuovoedimagnificonellasuacollezione;collezionechenonèfattasolodipiantemaanchedipietre,divasi, di scroll, carpe koi….. Ecco,devofaregasolio,Albertoaccettadibereuncaffè(evvai….),fattoilpieno,siriparte.

Ore 10,30 – Gorizia, arrivati!Parcheggio.SullaportaBrunoadattenderci.Ci salutiamo,presentoAlbertoaBrunoeaMonica, lamoglie.Dioche pazienza questa donna e quanto è ospitale, ci ha bloccati per il pranzo e sta già sistemando il vino al fresco per l’aperitivo e la carne per la grigliata (Bruno, le devi fare un monumento!). Bruno ci dice che ci sono anche degli altriamici:Luca(Bragazzi)eRoberto(Nogherot).Benedicoio.Chebellagiornatacisipresentadavanti!Ilpadronedicasafastradaeentriamoingiardino.MivoltoevedoAlbertosbiancare.Penso:“abbiamofattosoloduemetridall’ingressoe segiàoraè senzafiato, comemidiventa l’Albertoal terminedellavisita”?Subitoci accoglieunpentaphilla alto circa tre metri che con il ramo di “benvenuto” ci indica la via; dopo si “apre” il giardino. Mi giro e vedo Alberto che non sa più cosa guardare, dove andare…

Dal mondo del Bonsai & Suiseki

VUTO ‘NDARE IN GIAPPON? - Marco Tarozzo 10

Page 16: Bonsai suiseki magazine Nº6 Junho 2009

Vi descrivo la scena che si presenta davanti a noi (Fig. 1, 2, 3, 4):dilàillaghettoconlekoi,oltrelostagnoibancaliconleconifere,afiancoilbiancospino,diquaibancaliconleazalee,oltreifaggi,icarpini.Aterraconvallarianana, hosta, pietre, la Tsukubai, le lanterne, poi in fondo di fronte alla piscina, lì in fondo l’ultimo arrivato... raccolgo da terra la lingua di Alberto, lo scuoto e lo invito (con l’autorizzazione di Bruno), a fare foto.

Sistariprendendoefauscire ilcannone,scattiaraffica(Fig 5, 6). Io, incredulo, mi avvicino all’ultimo arrivato; è un’opera d’arte straordinaria, di rara bellezza e intensità! Aveva ragione Bruno a dirmi, quando me lo descriveva, “Marco, non crederai ai tuoi occhi”. Ecco di che cosa sto parlando (Fig. 7).

11 Dal mondo del Bonsai & Suiseki

VUTO ‘NDARE IN GIAPPON? - Marco Tarozzo

Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

Fig. 4

Fig. 5

Fig. 6 Fig. 7

Page 17: Bonsai suiseki magazine Nº6 Junho 2009

QuestomasterarrivadirettamentedalgiardinodiPiusNottereoraèqui,inItalia,aGorizia!RobertoeLucasorridono.Bravi...cheforza...lorohannogiàassorbitoilcolpo,perforzasorridono!!!ChiedoaBrunosepuòstaccarsidaLuca,

che sta procedendo con le concimazioni (Fig. 8) e l’ultimo rinvaso, per accompagnarci a visitare il giardino prima di scendere in taverna a vedere la collezione di vasi e di scroll. A ogni pianta un commento. Bruno non è solo un collezionista, èancheunbravissimobonsaista.Losopercertoperchélovedo lavorare alle sessioni della scuola a Belluno; inoltre ha molta esperienza. Ha lavorato con Suzuki, Liporace,Segneri... solo per citare dei “nomi da nulla”. I suoi bonsai hanno vinto premi all’UBI, Crespi, Arco. Beh, arrivano le 13, lo stomaco “brontola”… Monica eRoberto che, quando c’è da cucinare e mangiare non si fa mai da parte (n.d.r. chiedere ai cuochi della b,b&b di Arco), ci chiamano a tavola (Fig. 9). Arriviamo! Una bella porzione digrigliata,unottimonerofriulano, ildolce, ilcaffè ilRonZacapa e arrivano le ore 16. Facciamo un ultimo giro del giardino, giusto per fare le ultime foto e poi i saluti ai padroni di casa e i ringraziamenti per l’ospitalità (Fig. 10). Uno scambiodiabbracciconquelcheèrimastodiLucaeRobertoe l’impegno di rivederci a Giugno a Belluno, alla scuola.Saliamo inautoecommentoadAlberto: “te l’avevodettoche il Giappone dista solo 2 ore da Chioggia, tu non mi credi mai…”. Sorride e, grazie alla famiglia Beltrame, rientriamo verso casa con un pezzo di Giappone nel cuore.

Marco Tarozzo

Dal mondo del Bonsai & Suiseki

VUTO ‘NDARE IN GIAPPON? - Marco Tarozzo 12

Fig. 8

Fig. 9

Fig. 10

Page 18: Bonsai suiseki magazine Nº6 Junho 2009

Sarà a Nole, Fraz. di Grange (TO)

presso la Fujisato Company che

si svolgerà l’ormai consueto

Congresso Nazionale degliIstruttori IBS,

giunto alla XIV edizione e con una

nuova formula.

Il Congresso IBS apre le porte a tutti,

professionisti e hobbisti del Bonsai e

del Suiseki per assegnare i

riconoscimenti previsti.

Vi invito a partecipare a questo evento i cui contenuti si basano

su aspetti didattici di particolare interesse.

Saranno previste conferenze, demo, la borsa di studio IBS oltre all’assegnazione di

numerosissimi premi di prestigio.

L’esposizioneprevederàsettantaspaziespositivi,uno di questi potrà essere il tuo!

Il mio invito è rivolto a tutti per rendere questo evento una festa

del Bonsai, del Suiseki e della didattica.

Sandro Segneri

Presidente IBS

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ArcoBonsai 2009Un appuntamento da non mancare

Articolo a cura di Andrea Meriggioli

Anche quest’anno si è da poco concluso uno dei più importanti appuntamenti bonsaistici, sia per il livello delle piante esposte che per l’affluenzadiappassionatichesidannoappuntamentoadArco,inquestastupenda località montana immersa nella natura (Fig. 1) ed in grado di ospitare al meglio la manifestazione con un’atmosfera che rende l’evento molto suggestivo. Un week end dunque immerso nel verde, alla scoperta del bonsai che ha potuto regalarci delle giornate fantastiche, le quali lasceranno una traccia nella memoria di tutti. Il grande mercatino bonsai (Fig. 2, 3, 4)hadatoprovadioffrireunavariegataed interessante sceltadi materiali provenienti da molte regioni e non sono neppure mancati rivenditori stranieri, come quelli che hanno presentato i vasi cechi. Tutti i partecipanti hanno potuto trovare una vasta gamma di articolichespaziavanopureperdifferentequalitàdeglistessi,potendocosìsoddisfareleesigenzedituttigliappassionati,daineofitiaiprofessionisti. Ospite d’eccezione che la manifestazione ha potuto vantare, è stato il maestro giapponese Takashi Iura (allievo del maestro Kawabe) che nonostante la giovanissima età è già conosciuto in tutto il mondo per il suo spiccato talento particolarmente mirato alla lavorazione dei ginepri. Venerdì 1° maggio si è tenuto il workshop con il Maestro per gli istruttori, mentre alla domenica il Maestro ha tenuto una dimostrazione . Nel mentre si sono tenute le lavorazioni a confronto tra i 20 club partecipanti. Nellastessagiornatasièsvoltaunaconferenzaacaratterescientificocuratadall’istruttoreIBSLucaBragazzi.

Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

Fig. 4

Fig. 5 Fig. 6

Fig. 7

13 Mostre ed eventi

ARCOBONSAI 2009 - Andrea Meriggioli

Page 21: Bonsai suiseki magazine Nº6 Junho 2009

Sabato è stato dedicato all’8° trofeoArcobonsai tenuto tra 18 istruttoriitalianiealledueconferenze,unascientificacuratadalProf.FerruccioPolied una che riguardava la realizzazione e la progettazione delle piante dei convegnisti curata degli istruttori IBS Adriano Bonini e Carlo Cipollini. Lamostranoneracostituitaunicamentedall’esposizionedeibonsaima bensì arricchita da una bella esposizione di suiseki, i quali hanno attirato con il loro intrinseco fascino tutti i visitatori che li hanno potuti ammirare. L’eventosièsvoltoall’insegnadiun’organizzazioneperfettamentecurata: dalla cenadi galapresso il PalaceHotelCittàdiArco alla grandedisponibilità del personale presente. Un plauso a tutti gli organizzatori e sponsor che con i loro sforzi ed il loro impegno consentono ogni anno di poter realizzare la manifestazione, ed un grazie in particolare al bonsai club organizzatore, il Club Garda Trentino e al suo presidente.

Andrea Meriggioli

Fig. 8

Fig. 9

Fig. 10

Fig. 11

Fig. 12

Fig. 13

Fig. 15 Fig. 16

Fig. 14

14Mostre ed eventi

ARCOBONSAI 2009 - Andrea Meriggioli

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Mostra di primavera 2009 Orto Botanico di Roma - A.C. Roma Bonsai

Articolo a cura di Daniele Abbattista

Non posso parlavi di questa Mostra senza parlare dell’Associazione Culturale Roma Bonsai e di Enrico Sallusti (Fig. 1). In un mondo bonsaistico ipercompetitivo e pieno di lotte fratricide alla caccia dell’ultimo appassionato da reclutare, alla Città dei Ragazzi, Enrico si è ritagliato negli anni uno spazio che rispecchia in pieno lo spirito del luogo, il genius loci, che li ospita da tanti anni e che è una cittadella inserita in una splendida cornice verde, che accoglie, educa e prepara al mondo del lavoro ragazzi disadattati e/o provenienti da famiglie indifficoltà. Il club di amatori è nato nel 1992 e conta a tutto il 2009 cinquantadue soci, tutti iscritti, come l’Associazione del resto,ancheall’UBI.Lostessospazioèdivisoanchedanoi ragazzi della Scuola di Sandro Segneri, che è ospite dell’Associazione, ma molti di noi frequentano per motivi diversi sia la Scuola di Sandro (Bonsai Creativo School)cheleriunionidelClub.DaSandrosiarrivaper

percorrere un certo percorso che porti un giorno al ruolo docente o comunque per apprendere tecniche avanzatissime dicoltivazioneecreazionebonsai.DaEnricoinAssociazionesivaperpassaretraamici,anzidireiinfamiglia,unabellagiornata di bonsai, apprendendo i fondamentali e mantenendosi ad un livello più amatoriale che competitivo, pur non mancando personaggi di grosso spessore bonsaistico tra gli amici del club, uno su tutti Fabrizio Petruzzello, il cui leccio (Fig. 2), presentato in mostra fuori concorso, è nel catalogo UBI di quest’anno. Ogni riunione si conclude con una fantastica grigliata ed ognuno partecipa in qualche modo e secondo le sue disponibilità a far sì che la vita di Associazione sia più serena e divertente possibile. Per il nostro cuoco ufficiale,quest’annoallaMostrac’èstataaddiritturaunapremiazione ed una targa speciale (Fig. 3). LamostradiPrimaveraèunodeidueeventichel’Associazione organizza ogni anno, insieme a quella d’Autunno che però si svolge alla Città dei ragazzi. Sino all’annoscorsoanchelaSO-SAKUBONSAIAWARD,laprestigiosa mostra della Scuola di Sandro Segneri, si avvaleva della meticolosa e volenterosa organizzazione dell’Associazione. Il contesto in cui si svolge la Mostra di Primavera, in collaborazione con il Dipartimento diBiologiaVegetaledell’UniversitàLaSapienzadiRoma,è decisamente invidiabile, situata com’è nel cuore di

Fig. 1 - Enrico Sallusti insieme a sua moglie durante le premiazioni

Fig. 2 - Leccio fuori concorso - Coll. Fabrizio Petruzzello

15 Mostre ed eventiMOSTRA DI PRIMAVERA - Daniele Abbattista

Page 23: Bonsai suiseki magazine Nº6 Junho 2009

di Trastevere, nell’Orto Botanico, nel giardino Storico di Palazzo Corsini, che è stata la residenza di Cristina di Svezia dopo la sua abdicazione (1654) e trasferimentoaRoma,finoallamortenel1689. A sottolineare il carattere più associativo che competitivo, accanto a bonsai e suiseki d’autore, il Presidente ha istituito una categoria apposita, per ragazzi appena affacciatisi nel mondo dell’Associazione e del Bonsaiin genere. Per la prima volta nella loro giovane carriera bonsaistica, hanno esposto i loro bonsai, sicuramente non maturi, ma promettenti, accanto ad esemplari di diverso spessore artistico. Acorollariodellamanifestazionesisonosvoltealcunemanifestazioni:“Impostiamo insieme un bonsai” una intelligente attività di proselitismo ed imprinting con i bambini, futuri bonsaisti di domani, e due diversi workshop tenuti da personaggi di spicco della realtà bonsaistica romana. Per la cronaca i premi sono stati vinti dalla sughera a doppio tronco nella categoria assoluta (Fig. 5), la thuja (Fig. 6) in quella votata dal pubblico, la composizione shohin (Fig. 8) in quanto unica concorrente e l’olivastro di una delle giovani promesse. Ma come ha detto Enrico, i premi in questo genere di manifestazione sono decisamente superflui, perché quello che conta èpassare una bella giornata tra noi e gli amici dei club nostri ospiti, insieme allemigliaia di visitatori dell’Orto Botanico, che hanno affollato curiosi edestasiati la nostra mostra.

Daniele Abbattista

Fig. 3

Fig. 4

Fig. 5

Fig. 6

Fig. 9

Fig. 7

Fig. 8 Fig. 10

16Mostre ed eventiMOSTRA DI PRIMAVERA - Daniele Abbattista

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Fiori & Vino 2009Club Bonsainsieme - Carignano

Articolo a cura di Antonio Defina

Come ormai da consuetudine, di anno in anno il club Bonsainsieme al quale sono tesserato, ha promosso per i giorni 9 e 10 Maggio, in occasione degli eventi di “Primavera”,unamostraamatorialedibonsai.Lamostra,siaperlaparteorganizzativache per quella economica, è a nostro carico, ma questi dettagli non ci hanno mai spaventati, l’adrenalina e l’entusiasmo sono sempre stati ai massimi livelli. I preparativi iniziano venerdì 8 maggio, l’indomani,previa inaugurazione con le maestranze comunali è prevista l’apertura al pubblico dell’esposizione.

L’inizioèfissatoperle16.30delgiorno8acasadelProf.Genotti,doveci sono imateriali. La lista è lunga: cavalletti, plance e piantoni, rotolidi tessuto, tavolini, cannicciati e fondali, ehi....ma quante cose servono oltre ai bonsai per realizzare una mostra?!? Si spolvera, si ramazza e si rammenda, tiriamo tutto a lucido per il grande evento. Ecco....è arrivato il camioncino! Riusciamo a stipare il tutto con grande fatica. Il locale da adibire per la mostra è il circolo ricreativo/sportivo dell’ ANSPI,una piccola palestra polivalente di circa 400 m quadrati.

17 Mostre ed eventi

FIORI & VINO 2009 - Antonio Defina

Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

Fig. 4

Page 25: Bonsai suiseki magazine Nº6 Junho 2009

Il materiale e le piante vengono inizialmente posti al centro, per poi procedere all’allestimento. Il tempo vola, è già mezzanotte... ci sembra tutto in ordine, le piante schierate come tanti “corazzieri” fanno bella mostra di se! Il tokonoma al fondo chiude la trionfale parata. La fatica è finita, la fame è molta, ci sirilassa e spuntano i mezzi della sussistenza. Una piccola cena goliardica è proprio meritata. Arrivano finalmente i giorni più attesi, quelli di sabato edomenica.L’affluenzadellepersoneèstataelevata,il picco più alto nel pomeriggio di domenica. Mille domande, tante curiosità da soddisfare......occhi increduli e meravigliati nel vedere tali bellezze. In controtendenza rispetto ad altri eventi, nella nostra mostra la caducifoglia è al centro dell’attenzione. Molte le specie esposte, circa una quarantina di essenza tra caducifoglie, conifere e piante autoctone.

Si comincia a smontare, si pensa già al prossimo anno, alla prossima mostra. Siamo soddisfatti, ogni socio, da quello alle prime armi al più esperto, si è potuto esprimere con la propria pianta, tutti uniti da un’unica passione......senza competizione.

Antonio Defina

18Mostre ed eventi

FIORI & VINO 2009 - Antonio Defina

Fig. 4

Fig. 4

Fig. 4

Fig. 4

Fig. 4

Fig. 4

Fig. 4

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Titolo: Bonsai. L’arte di coltivare gli alberi in miniaturaAutore: Giovanni GenottiEditore: De Vecchi EditorePagine: 174ISBN: 8841295104Prezzo: € 28,00

Titolo: Lo spirito dell’arte giapponeseAutore: Kazuko OkakuraEditore: Luna EditricePagine: 127ISBN: 8874351321Prezzo: € 16,00

Insieme al famosissimo Libro del Tè, quest’opera di Kakuzo è uno fra i testi più importanti e profondi in lingua inglese che siano stati dedicati alla civiltà giapponese. Esso studia l’arte nazionale ponendola costantemente in relazione con la storia della Cina e dell’India. Mostrando come tutti gli sviluppi artistici siano strettamente collegati, uniti dalla progressiva diffusione del buddhismo nelle sue diverse correnti. Una storia dell’arte giapponese, più ampiamente orientale in cui l’Autore sottolinea costantemente il legamecon i fondamentispiritualiemetafisici,aldi làdel semplice apprezzamento di carattere estetico o storico-archeologico che così spesso limita la visione dei critici occidentali.

Un altro libro di Giovanni Genotti che abbiamo voluto recensire anche se scritto dall’autore parecchi anni addietro, perchédigrandeattualitàperleprezioseinformazionichesono contenute. E’ emblematico, rileggendo a distanza la premessa, il fatto cheGiovanni si definisca “un hobbista-amatore” assumendosi un ruolo che già invece lo vedeva molto più oltre avendo raggiunto una notevole esperienza nella coltivazione delle piante. Il volume rivela per intero l’esperienza del Maestro fattatutta“sulcampo”,secondoilrispettoperlafisiologiadelle piante che Giovanni ha allevato ed educato secondo un training che se fosse applicato da tutti i bonsaisti eviterebbe di avere molte piante “sulla coscienza”. L’esperienzaaccumulata da Genotti in tutti questi anni costituisce davvero un prezioso patrimonio di notizie e metodologie difficilmente riscontrabile in altri bonsaisti. Gradevole dalpunto di vista didattico la prosa semplice e molto chiara che questo grande bonsaista usa quando scrive.

In libreriaBONSAI - Antonio RicchiariLO SPIRITO DELL’ARTE GIAPPONESE - Antonio Ricchiari19

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Il rapporto verticale a partire dagli ideali preposti alla formazione del gruppo sociale, in Giappone diventa il principio attivo che crea coesione tra i membri del

gruppo.L’influenzadominanteesercitatadaquestoorientamentoverticalespingeindi-vidui-chepurecondividonolostessoruolo-adesprimereunadifferenzafraloro.Nellamisura in cui ciò si consolida, prende forma un sistema gerarchico sorprendentemente raffinatoecomplesso. Questo senso della gerarchia così profondamente radicato si ritrova anche tra scrittori, attori, artisti, cioè in gruppi che diremo impegnati in attività fondate sulla ca-pacità individuale, che non dovrebbero dunque essere vincolati da alcun sistema istitu-zionale. Basta pensare che anni addietro fu conferito dal governo giapponese il titolo di “Tesori viventi” a settanta grandi artisti artigiani che formano la confraternita più esclu-siva del mondo, venerati dal popolo come garanti della sua memoria culturale. Anche all’interno di questi artisti artigiani vi sono i senpai, coloro i quali la carriera era iniziata prima degli altri e che avevano conseguito fama e celebrità prima degli stessi colleghi.Per i giapponesi dunque l’ordine gerarchico stabilito è basato sull’anzianità dell’attività lavorativa presso lo stesso gruppo e sull’età ed ha importanza preponderante nello stabilire l’ordine sociale e nel misurare il valore sociale dell’individuo. Per gli orientali il mondoènettamentedivisointrecategorie:

senpai = anzianokohai = giovane

dorryo = collega Il rapporto verticale che abbiamo teoricamente presunto a partire dagli ideali preposti alla formazione del gruppo sociale, in Giappone diventa il principio attivo che creacoesionetraimembridelgruppo.L’influenzadominanteesercitatadaquestoo-rientamento verticale spinge individui, che pure condividono lo stesso ruolo, a esprime-reunadifferenza tradi loro.Appena tuttociò si consolida,prende formaunsistemagerarchicosorprendentementeraffinatoecomplesso. I giapponesi non sfuggono mai alla consapevolezza di dovere distinguere tra senpai e kohai, anche nel caso di discussioni puramente accademiche; per loro è molto difficileesprimereapertamenteilpropriodissensodaun’affermazionedelpropriosen-pai. Il potere di un leader giapponese è molto condizionato dal consenso del suo gruppo. Ciò avviene anche nei villaggi dove la stessa organizzazione verticale informale diventa l’organizzazione de iure del gruppo; un prototipo di questo genere di organiz-zazione si trova nell’ambito dell’arte tradizionale - il No, l’ikebana, la cerimonia del tè, il bonsai - in termini di iemoto-sei. Al vertice dell’organizzazione vi è il caposcuola, iemoto (chenellatradizionesignifica“originedelcasato”).Attraverso il rapportomaestro-di-scepolo la funzione di iemoto dà origine ad innumerevoli legami verticali e, nel caso delle scuole più antiche e prestigiose, la rete a forma di ^ copre quasi l’intero territorio del Giappone. Se vogliamo sintetizzare alcuni principi che abbiamo letto, diciamo che il sensei ècoluiche: - comunica a vari livelli con gli allievi e li arricchisce; - consiglia e allo stesso tempo punisce;- è un essere umano nel suo modo di controllarsi;-meritarispettoèstatoedèsempreallaricercadelDO;- deve essere un buon maestro in grado di comunicare la sua conoscenza tecnica agli allievi;- è in grado di giudicare gli allievi e i loro problemi con imparzialità;- è più intransigente con chi ottiene progressi e più gentile con i principianti;- sa ascoltare, a seconda dei casi, come maestro o come amico;

Figura e ruolo del Maestro bonsai tra Oriente ed Occidente*

Testo di Antonio Ricchiari

20Bonsai ‘cult’

FIGURA E RUOLO DEL ... - Antonio Ricchiari

La lettura di questo articolo è raccomandata a tutti e farà molto bene allo spirito e alla salute di esperti, professionisti, artisti, “direttori artistici”, “direttori semplici”, “vicedirettori”, “vicedirettori-aggiunti in prova”, docenti, non docenti, docenti-

studenti, studenti-docenti, componenti Comitati a vario titolo, direttivi etc. (scusate l’immodestia sulla presunta necessità di una lettura profonda scritta in lingua italiana corrente e che impegni in alcuni soggetti i due emisferi del cervello!).

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- controlla gli interessi degli allievi sia all’interno che fuori dal dojo, il loro compor-tamento con gli amici, con la famiglia, con il lavoro;- può essere tiranno o compassionevole, ma sempre nell’interesse dei suoi al-lievi;- è sempre attivo;-donaaglialtrisenzarichiederericompensepersé;-noncambia:isuoiidealieisuoiprincipirimangonosempreunpuntofermo.

L’essenzadelrapportomaestro-allievovieneefficacementedescrittadaGiangior-gioPasqualotto,grandeespertodiorientalismochescrive“ladifferenzaqualita-

tiva fra i due non risulta risiedere, come si è solitamente propensi a credere, nella mag-giorpienezzadelMaestroinconfrontoconlanaturavuotadell’allievo,percuisifiniscecol ritenere che la trasmissione dell’insegnamento si risolva in un semplice travaso di nozioni;alcontrario,ladifferenzaconsistenelfattocheilMaestroètantopiù“potente”quanto più vuoto, ossia quanto più è consapevole della relatività del suo sapere, sia nei confrontidellaverità,sianeiconfrontidell’allievo:alparidiSocrate,ilMaestrobuddhis-ta, “sa di non sapere”, per cui vive ogni momento della consapevolezza di trovarsi in una condizione di costante “apertura”. (East & West, ed. Marsilio). Questimodellidicomportamentodovrebberofarerifletteresumoltecosedicasa nostra, prima fra tutte la vanagloria, questo volere bruciare a tutti i costi le tappe, questa smania di non volere essere secondi a nessuno, di pretendere spesso un posto sul podio, di volere essere protagonisti dimenticando però che il bonsai è arte. Suzuki affermachedaigiapponesièpiùapprezzatae cara l’arte chenon lamorale “Lamo-raleèdisciplinatrice,mentrel’arteècreativa.L’unasiimponealdifuori,mentrel’altraèun’irresistibileespressionechevienedall’intimo”(Suzuki,ZenBuddhismanditsInflu-ence, pag. 21). In qualche occasione abbiamo avuto il sospetto che da noi non si apprezzi nél’unanél’altra. Eraclito metteva in guardia contro le presunzioni e le illusioni coltivate dall’erudizione sentenziando “Il sapere molte cose non insegna ad avere intelletto”. An-che qui si dovrebbe fare una distinzione netta che qualche tempo fa faceva Socrate, da-gli autentici “maestri” ai semplici istruttori o insegnanti che, per la sola ragione di essersi appropriatidiunaqualifica,possanodefinirsi,presentarsiecomportarsicomeMaestri.InItalia,inparticolare,lecosevannodiversamente.Aprescinderedalladifferenzado-vuta a due mentalità, culture ed etnie che sono agli antipodi, malgrado il processo di globalizzazione in pieno sviluppo, il concetto di Maestro vs. allievo, che non è più quello intesonellebottegheartigianedel‘700,presentaalcunelacuneconcettualiecompor-tamentali. Il concetto orientale di proteggere e salvaguardare il patrimonio che i “vecchi” detengono e che trasmettono, da noi viene trascurato. Si passa dalla creazione in Giap-pone dei Tesori Viventi al trascurare o addirittura ignorare personaggi che hanno fatto grande e noto il Bonsai in Italia.Volendo fare un passo indietro, vediamo quanto il ruolo del maestro sia stato declassato a partire dalla sua origine dei secoli scorsi che, specialmente in fase rinascimentale, gli aveva dato gloria ed onori. Non è un fatto generazionale ma credo di subcultura che mette in forte dubbio il ruolo di chi dovrebbe insegnare verso chi dovrebbe apprendere. E’ anche un discorso di percezione del tempo percepita in forma talmente accelerata che pretendeunasostafuggevolenelruolodidiscente,salvopoiatuffarsiinruolibendiversiche richiedono esperienza, cultura, approfondimenti. Ma tant’è, la riconoscenza di noi bonsaistidovrebbeandareaipochissimichesiassunseroilruoloelafaticadidiffondereil bonsai in Italia e portarlo al ruolo primario nel contesto di un panorama mondiale. Lamemoriaèlabile,maquandosiviaggiainterritoriculturaliassailontaniperspazi e tempi, per concetti e caratteri, quando ci si addentra nelle zone impervie del pen-sieroorientale,tuttodiventamoltopiùimpegnativoeserio,perchéilbonsaiprofessatoin maniera professionale non è più un hobby. I ruoli vanno riconosciuti e rispettati per un preciso dovere di onestà intellettuale. Se ciò non avviene, forse tutti stiamo perdendo tempo prezioso.

Antonio Ricchiari

Bonsai ‘cult’

FIGURA E RUOLO DEL ... - Antonio Ricchiari21

Page 29: Bonsai suiseki magazine Nº6 Junho 2009

Quasi tutte le essenze possono essere bonsaizzate, fanno eccezione (ma sono molte poche) quelle che non accettano il vaso o le tecniche agli interventi bonsaistici. Il bonsai nella sua bellezza deve essere credibile ed avere le caratteristiche di albericità in ognimomento.E’evidentechealcunepiantesonomagichenellafioritura,nellacolo-razionedellefoglie,nellafruttificazione,maanchequandosonoprivediquestepecu-liarità i caratteri del bonsai devono essere sempre presenti. Per la maggior parte delle piante legnose, ad alto fusto, si dovrebbe aver presente come riferimento gli alberi della medesima essenza presenti in natura, nelle diverse zone climatiche in cui crescono. Mentre per le cespugliose o arbustive, è possibile dare a esse una forma classica con riferimento, quasi sempre, allo stile eretto causale, solitamente applicato al pino nero. Non sarà utile educare a cascata un albero che in natura ha un comportamento eretto odimporreunaformaerettaadun’essenzachecresceprostrataoacascata.Leformeimposte devono rispettare i canoni descritti e comuni alla natura dell’essenza. Giudicareunbonsairichiedeunaconoscenzaapprofonditadelledifferentispe-cie, oltre alle regole estetiche (sempre però legate alla natura), regole che sugli esseri viventi si fondono con le esigenze imposte dalla vita e che donano sempre caratteris-tiche uniche per personalità e bellezza. Fare bonsai con le sole conifere, non solo è ridut-tivo, ma denota una “non conoscenza”, un disinteresse ed una non considerazione della naturachecicirconda:dominioprivodicomunicazione.Sulleconifere, infatti,èpos-sibile stravolgerne l’aspetto con posizionamenti e torsioni dei rami preesistenti, portan-dolavegetazionedoveesteticamentesigiustificapiùidonea,indipendentementedalnaturaleflussolinfaticopresente.Noninteressaindi“l’educazionedelbonsai”mailsuoaspettoesteticoferrandolavegetazioneperunfinepuramenteestetico.Qualerispettoc’èinquestoprocessoperilflussolinfatico?Qualèilrapportocheilbonsaihanelsuo“colloquio” con la natura? Questapremessamiserveperaffrontareildifficilissimolavoro,quellodigiudi-care un bonsai. Un giudice deve motivare per iscritto il suo giudizio, con considerazioni che ritiene oggettive legate alle reali dimensioni dell’essenza in relazione a quelle ot-tenute. Considerare i punti focali, l’omogeneità e concordarli tra di loro, evidenziare eventualmente gli errori compiuti, la salute, il vaso e l’appartenenza ad una corrente bonsastica, giapponese o cinese. Esistono molte persone elevate (o “autoelevate”) al rango di giudici, che non distinguono un carpino da un faggio, un malebbo da un cornus econsideranoibonsaicinesi,dagliimportantisignificatifilosofici,comeunqualcosadisuperfluo,obsoletoepocointeressante.L’essenzadacuinasceilbonsai,ilsuosignifi-catopiùvicinoall’astratto,vienedeclassato,definitononsoltantocomepocointeres-sante ma ignorato di fronte all’apparenza di un’estetica statica. Molti sono i giudici da “balcone” che non avendo mai sperimentato le tecniche blaterano consigli sui bonsai, anche sui materiali di partenza. Un giudice deve essere un botanico abbastanza esperto, ma soprattutto deve aver sperimentato le tecniche bonsai sulle essenze da giudicare ed avernotatoledifferentireazioni.Esistonoanchepersonecheavendopresentato,comeproprio, ad una mostra un bonsai, e per motivi diversi aver ottenuto un giudizio posi-tivo (anche se la pianta in oggetto era un lavoro altrui) si considerano espertissimi, ma non solo non sono a conoscenza delle diverse correnti bonsaistiche (come quelle cinesi, poeticheetragiche)maaddiritturaconsideranoinprimistutteleessenzeafioriturapri-maverileepensanocheunafittaramificazionesia indispensabileperunglicineoperun noce e per assecondare la loro ignoranza non considerano le caducifoglie o peggio, consigliano la defogliazione totale ad un faggio. Ho coltivato una amamelis con cura per moltianni, lapresentai infiorituraadunamostraefugiudicata,daun incompetentegiudicepienodipresunzione,comeinsufficientementeramificata.Noncredocheabbiamai coltivato o addirittura visto tale essenza. Il bonsai deve essere la miniaturizzazione diunalberointeressante.Ledifficoltàdiramificazionedevonoesseretenutepresenti,difficoltàlegatealcaratteredellapiantaedallasuepossibilità;comeènaturaleperle

Un giudizio sui giudici...Testo di Giovanni Genotti

22Bonsai ‘cult’

UN GIUDIZIO SUI GIUDICI - Giovanni Genotti

Page 30: Bonsai suiseki magazine Nº6 Junho 2009

piante da frutto, si può rinunciare alla miniaturizzazione fogliare per ot-tenereunabuonafruttificazione.Esistonodeigiudici,anchedottitecnica-mente, ma completamente privi d’esperienza pratica. Identiche essenze reagiscono alla bonsaizzazione diversamente a seconda del vigore, del terrenoedelclima.L’esperienzasullediversespecieèquindiunfattoreindispensabile per poter giudicare. Giudicareèmoltodifficile,edèperciòindispensabile,ripeto,unrap-porto scritto, nel quale oltre alle caratteristiche di albericità proprie nel

bonsai in esame, devono essere descritte le principali caratteristiche dell’essenza eledifficoltàperlastessanelraggiungimentoabonsai,conlediversetecnicheapplicate o meno. Questo per avere il più possibile un giudizio oggettivo e ripeti-bile. Nel bonsai l’equilibrio linfatico o omogeneamente distribuito in tutte le sue parti, è fondamentale. Questo equilibrio da molti giudici non viene neppure con-siderato e non si può notare sulle piante ferrate che obbligano la vegetazione ad occupare gli spazi esteticamente necessari. Spesso alcuni rami particolarmente bistrattati per portarli nella posizione voluta, negli anni intristiscono mentre al-tripresentonosignificativedominanze.E’quindiassurdoche sipresentino inmostra piante educate da pochi anni o addirittura impostate nell’anno (o peggio da ancora da meno tempo). L’ignoranza, unita alla volontà di potere dell’uomoporta a formularegiudizi impropri (spesso anche su ciò che non si conosce e che perciò si sottrae ad esso) e ciò conduce in una apparente realtà di sensazioni estremamente negative, con giudizi non ripetibili. Succede che alcune piante premiate in un luogo, in un anno, l’anno dopo non sono neppure considerate. Alcuni che si con-siderano giudici, fondano “scuole” in cui soltanto le conifere vengono conside-rate, e con falsità presentano i lavori di altri come propri e come il risultato dei loro interventi, facendo balenare l’idea che queste piante fatte bonsai, siano es-teticamentevalidebasandosiunicamentesuunprocessoincuisonosufficientideiprogettifatticonsemplisticheelaborazionigrafiche.Siffatto bonsai perde completamente quel colloquio, indispensabile ed imprescindibile, tra uomo e natura!

Giovanni Genotti

Bonsai ‘cult’

UN GIUDIZIO SUI GIUDICI - Giovanni Genotti23

Page 31: Bonsai suiseki magazine Nº6 Junho 2009

Unatecnicacherientranellepotatureèladefogliazione.Questotipodiinterventohacomescopoquellodiridurrelasuperficiefoglia-re, limitare il vigore dei getti apicali equilibrando lo sviluppo dei rami, ottenere degli internodi più corti, stimolare la vegetazione secondaria e terziariaemettendounanuovacacciataeinfinefavorirelapenetrazionediariaelucenellezonepiùinternefavorendocosìunosviluppocorrettoed equilibrato. Ladefogliazioneconsistenell’eliminazionedellefoglieepuòessereapplicataancheparzialmenteintervenendoapiùripresesullezone della pianta. Usando l’apposito attrezzo giapponese avremo agevolato il nostro lavoro, ottenendone uno estremamente veloce e pre-ciso,intervenendoanchenellezonepiùinterneequindididifficileaccesso.Taleoperazionedeveessereeseguitaprimadellafilaturaequindidell’impostazione della pianta durante il periodo vegetativo; è ovvio che questo particolare intervento è indicato per le essenze che reagiscono beneallatecnicacome,peresempio,carpini,roverelle,aceri,etc.Ladefogliazionevaeseguitaesclusivamentesusoggetticonbuonvigoreedinpienasalutepoichéèrichiestounnotevolesforzolinfaticoequindinonvaassolutamentepraticatosusoggettidebilitati. Come funziona? Questo meccanismo consente di attivare le gemme ascellari alle foglie creando in tal modo una abbondante vege-tazione essenziale per la costruzione dei palchi del bonsai. Il momento più adatto è quando la vegetazione è giunta a maturazione e i nuovi rami sonolignificatinellorotrattoiniziale.Questatempisticaèimportanteperchéaltrimentisicorrerebbeilrischiochelapiantascartiiramettiechelegemmeascellarinonsianoancorasufficientementesviluppateper“attivarsi”inseguitoall’operazione.Ilmomentomigliorecoincideconil periodo dell’anno nel quale le giornate registrano il maggior numero di ore solari, quindi ciò avviene nel mese di giugno. Ovviamente ciò è puramenteindicativopoichéabbiamodellevariazioniasecondaleregionieanchedallapreparazionecheabbiamodatoallapianta.Sumolteessenze, per esempio il carpino, se preparato con discreti regimi di fertilizzazione sia durante l’anno precedente che in quello in corso, sarà pos-sibile eseguire anche due interventi di defogliazione nel medesimo anno ed allora il primo si eseguirà all’incirca verso la metà di maggio quando la prima vegetazione è giunta a maturazione. E’ importante durante l’operazione eseguire il taglio vicino al picciolo senza danneggiare le gemme ascellari. Terminata l’operazione la piantavapostainluogosoleggiato,riducendonotevolmenteleannaffiaturepoichélapiantabloccaquasitotalmenteilfenomenodellatraspi-razione sino a quando non avrà emesso la nuova vegetazione. Ma passiamo al mio caso. Il carpino nero di cui parlo (Fig. 1)èstatoraccoltoamarzodel2008pressounaex-cavadovecrescevaaridos-sodiunarupe.Perlainvasaturahoutilizzatounsubstratomoltoareatoedrenantecompostodal50%diagriperlite,30%dipomiceagranulome-triafinee20%diterricciouniversale.Lapiantahareagitomoltobenedurantelastagioneconfermandoperciòilsuoattecchimento.Unfenome-nochesièverificatodurantetaleperiodoèstatoquellochehavistocoinvoltol’apice,cheèseccato;hodovutoprocedereadunaulteriorecapitozzatura (Fig. 2);l’alluminiochesinotanellafotoèquellochehaunlatoadesivoevieneusatosuitubi:questostimolalapiantaaformareilcallo cicatriziale). In un fase successiva alla raccolta ho scoperto che la pianta aveva abbandonato tutta la parte centrale del tronco preservando soltanto due vene vive ai bordi, le quali peraltro provvedono ad alimentare tutta la pianta. Nel settembre dello stesso anno si è avuta una abbon-

dante vegetazione (Fig. 3), nonostante la pianta avesse subito lo stress dovuto all’espianto. In ottobre ho provveduto ad eliminare tutte le foglie per mandare in ri-poso vegetativo il carpino ed ottenere così per la prossima primavera una maggiore spinta (Fig. 4). Nel novembre ho iniziato a lavorare il secco. Considerate le caratteri-stiche della pianta (tronco interamente secco dai due lati che sale fino all’apice)ho deciso di realizzare un bonsai molto particolare in cui il secco ed il sabamiki – peraltrogiàdefinitodisuo–costituiscano

La mia esperienzaAlcuni appunti sulla defogliazione

La mia esperienza con un carpino nerodi Andrea Meriggioli

Fig. 1 Fig. 2

La mia esperienza

ALCUNI APPUNTI ... - Andrea Meriggioli 24

Page 32: Bonsai suiseki magazine Nº6 Junho 2009

il punto focale del soggetto (Fig. 5, 6).Dopoleoperazionidifresatura,hospennellatoleparticonuna particolare catramina per innesti che permette di ottenere risultati più che soddisfacenti. Questoprodotto,oltrecheaproteggeredagliagentiatmosferici,vaafissarsiall’internodellevenature naturali e alle screpolature formato dalla legna secca, mettendo così in maggiore risalto il contrasto tra alti e bassi ed accentuare in tal modo il “gioco delle zone di luce ed om-bra”,oltrecheadareuneffettopiùattenuatodiquellocheèdefinibile“fintobianco”ottenutocon l’applicazione del liquido per jin (Fig. 7). L’impostazionedellaramificazioneelarelativapotaturadiselezioneèstatariman-data inveceall’iniziodella stagioneprimaverileperché il carpinonero tendea scartare conunacertafacilitàselavoratodurantelastasivegetativainvernale.Durantel’invernoinvecehoprovveduto ad eseguire un innesto per foro passante su un ramo primario che risultava troppo cilindrico nel suo tratto iniziale (Fig. 8). Ciò è stato fatto per ottenere una migliore struttura (cambi di direzione e di diametro). Questa prima fase di impostazione naturalmente tende ad eliminare il più possibile i difetti della pianta che, se lasciati, diverrebbe molto problematico eliminare. Ilmesedimarzodell’annosuccessivohavisto laprima impostazionedella ramifi-cazione.Duemesidopo,consideratochelapiantaavevaportatoamaturazionelasuaprimacacciata ed era sul punto di emettere la seconda, ho deciso di defogliare (Fig. 9, 10) ed ese-guire dopo una seconda impostazione. Soltanto dopo dieci giorni dall’intervento, la pianta ha emesso alcune gemme non soltanto dal legno vecchio dei rami primari (Fig. 11, 12), ma anche dal tronco! Ho notato pure un allungamento di tutte le gemme ascellari, segno che la mia tempisticaeraesattaedavevarispettatolafisiologiadelcarpino(Fig. 13).

Andrea Meriggioli

Fig. 3

Fig. 4

Fig. 5 Fig. 6 Fig. 7

Fig. 10

Fig. 13

Fig. 8 Fig. 9

Fig. 11 Fig. 12

La mia esperienza

ALCUNI APPUNTI ... - Andrea Meriggioli25

Page 33: Bonsai suiseki magazine Nº6 Junho 2009

Quello dell’ishizuki è lo stile più ostico e solitamente meno usa-to per creare bonsai, anche se è per me quello che da solo costituisce un perfetto allestimento: abbiamo il bonsai, lo scroll, il tavolino, le shitakusa; il “bonsai su roccia” racchiude in se tutte queste caratteristiche. Con poche parole e molte foto vi mostrerò quali sono i vari passaggi per la composizione di un ishizuki, stile che ho imparato nel 1993 all’Università del Bonsai di Crespi, e che tuttora all’occorrenza metto in pratica.

La mia esperienzaRealizzazione di un ishizuki

I partedi Carlo Maria Galli

Fig. 1 - Prima di tutto ci vuole una bella pietra

Fig. 2 - Siccome in questo caso la voglio fissare su un vassoio, inizio spianandola alla base

Fig. 3 - Cerco la posizione, la stabilità, il bilancia-mento in conseguenza delle piante che vi inserirò

Fig. 4 - Segno la posizione sul vassio per poi forarlo

Fig. 5 - Una volta forati vas-soio e roccia (con tasselli di plastica che durano di più), fisso il tutto

La mia esperienzaREALIZZAZIONE DI UN ISHIZUKI - C. M. Galli 26

Page 34: Bonsai suiseki magazine Nº6 Junho 2009

Fig. 6 - Pietra fissata

Fig. 7 - Pur avendo un’idea di base, studio le diverse possibilità di posizionamento delle piante sulla roccia

Fig. 8 - Attenzione, bisogna valorizzare anche la pietra. Posizio-nando le piante in questo modo la parte più bella sparisce

Fig. 9 - Con la mia assistente inizio il lavoro

Fig. 10 - Una volta deciso dove mettere le piante segno con un pennarello tutta la zona dove inserirò le radici e il terriccio, e buco iniziando da dove metterò il col-letto della pianta (la punta è di 3 mm)

Fig. 11 - Poi tutta la zona segnata, più fori ci sono meglio è io mi regolo a circa 10 cm, uno dall’altro

Fig. 12 - Preparo il filo raddoppiandolo facendo attenzione di las-ciare un asola per la grandezza del buco,il filo lo lascio lungo circa 15,20cm

Fig. 13 - Preparo 2 buchi alla volta perchè essendo piccoli non si ve-dono bene

Fig. 14 - Dopo aver inserito il filo con l’asola nel buco lo blocco con delle torpille battendole,è il metodo più veloce per avere la presa immediata

Fig. 15 - Le torpille sono piombini affusolati che si trovano in commercio nei negozi di pesca,sono di diverse misure

La mia esperienzaREALIZZAZIONE DI UN ISHIZUKI - C. M. Galli27

Page 35: Bonsai suiseki magazine Nº6 Junho 2009

Fig. 16 - Inizio la preparazione della terra (Ketotsuchi) va lavorata con le mani e bagnata un po’ alla volta sino a che non si trova la collosita giusta

Fig. 17 - La Keto (terra di origine giapponese) è facilmente reperi-bile in commercio ed è la più indicata per composizioni su roccia e su lastra

Fig. 18 - Preparo delle palle di diverse dimensioni che mi saranno utili nel momento della messa in opera

Fig. 18 - Ho lavato e tenuta continuamente umida la pietra, ciò aiuterà la terra ad “at-taccarsi“ meglio

Fig. 19 - Attenzione: la pietra deve essere umida e non molto bagnata se si vuole far attaccare bene la keto

Fig. 20 - Inizio a mettere uno strato di circa 2,3 cm di terra lungo tutto il perimetro che ho precedentemente segnato Fig. 21 - Cerco di seguire il movimento della pietra...

Alla prossima...

Carlo Maria Galli

La mia esperienzaREALIZZAZIONE DI UN ISHIZUKI - C. M. Galli 28

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SHODŌLa via della scrittura

SEMINARIOPRATICODIRETTODAL

Maestro Norio Nagayama

dal 26 al 29Giugno 2009

Agerola (NA)

BOKUSHINSCUOLADICALLIGRAFIAORIENTALE

Come arrivareIN AUTOMOBILE

Dall’Autostrada prendere l’ uscita al casello diCa-stellammare di Stabia e proseguire, poi, sulla Strada Statale n.366 perAgerola, fino al bivio diGragnano, da qui imboccare la strada per Agerola chesale,arisvolte,finoalpaese.Superato ilTun-nel che immette nel paese, dirigersi alla frazione “S.Lazzaro”.

IN TRENORaggiunta la stazione di Napoli Centrale prendere ilTramn.1direzione“ViaMarina”finoallafermatadel “Varco Immacolatella” da dove partono gli au-tobus della Sita che collegano con Agerola; oppure la Circumvesuviana che arriva a Castellammare di Stabia da dove si prosegue con autobus della Sita.

IN AEREODall’Aeroporto diCapodichino prendere l’autobusper Piazza Garibaldi (dove c’è la stazione di Napoli Centrale).N.B.:E’possibileistituire,inaccordoconlaPensione“Leonardo’s”unservizionavettadallastazione ad Agerola, qualora più partecipanti si ac-cordino per giungere insieme in stazione.

INFORMAZIONI ed ISCRIZIONIPer le informazioni e le iscrizioni rivolgersi a

Daniela Di PernaTel.:3208113441/0810608763

E-mail:[email protected]

N.B.: il seminario è a numero limitato.

PRATICAIl seminario sarà condotto dal Maestro NorioNagayama. La pratica si svolgeràin una sala del Ristorante – Pensione “Leonardo’s” di Agerola. I partecipantidovranno portare il materiale personale per la calligrafia. I principianti che nonposseggono materiale proprio, dovranno farlo presente al momento dell’iscrizione, l’occorrente per la pratica sarà fornito in prestito. Portare della carta formato A4 e un panno lenci di colore scuro. Si consiglia l’acquisto del libro “Shodō La via dellascrittura. Kaisho lo stile fondamentale”, Norio Nagayama, Stampa alternativa. Gli allievi saranno seguiti singolarmente, a prescindere dal livello di ciascuno. Lelezioni avranno inizio venerdì 26 giugno alle ore 9.00 e termineranno lunedì 29 giugno alle ore 12.00.

ALLOGGIOE’ possibile alloggiare presso lo stesso Ristorante – Pensione “Leo-

nardo’s”. www.albergoleonardos.it.______________

In alternativa, il Campeggio – Ostello “Beata solitudo”, che si trova moltovicinoallasalaper lapratica,offrevariepossibilitàdipernot-

tamento.PerinformazioniTel.0818025048-www.beatasolitudo.it

AGEROLASoprannominata “La PiccolaSvizzera” per il paesaggio gradevolmentemon-tano, per le casette dai ripidi spioventi, e l’ammirevole ordine delle strade, come tuttiglialtripaesidellaCostieraAmalfitana,Agerolaèmetaambitaperchicer-caariapuraecibigenuini.IlclimadimontagnaedilvicinomarediAmalfifor-mano un connubio ideale. Ad Agerola si può godere del fresco naturale dovuto all’altitudine e dell’aria frizzante e ben ossigenata dai boschi circostanti. Si pos-sono trascorrere giornate nella tranquillità più assoluta senza però rinunciare allevarieopportunitàcheoffreilmaredeivicinipaesidellaCostiera.

CARTIERA e MUSEO DELLA CARTA Nella vicina Amalfi si trova unadelle più antiche cartiere d’Europa ed un museo dedicato alla produ-zione della carta fatta a mano. Chi volesse visitarlo può prendere le informazionialsito:www.museodellacarta.it/

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A G I U G N OI N L I B R E R I A

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La storia di questo acero campestre è iniziata nel 1993, e grazie alla se-quenza fotografica ripercorsa negli scorsi numeri del magazine abbiamo potuto seguire tutto il suo percorso evolutivo. Per chi si fosse perso le scorse puntate, vorrei riproporre l’immagine iniziale di questo percorso evolutivo el’ultima foto della terza parte di quest’articolo che ci ha “intrattenuto” inun piacevole “viaggio” ricco di esperienza.

Armando Dal Col

Fig. 1 - L’Acero campestre visto nel 1993, e di fianco visto nel maggio del 2007

Fig. 2 - Maggio 2008, un altro anno è trascorso e l’acero si è arricchito di nuovi rametti

Fig. 3 - Marzo 2009. L’acero campestre “in compagnia” ripreso dalla collinaFig. 4 - Aprile 2009. L’acero visto dal suo fronte scelto all’epoca dell’ultimo rinvaso

La mia esperienzaPercorso evolutivo di unacero campestre - IV partedi Armando Dal Col

La mia esperienza

ACERO CAMPESTRE - Armando Dal Col29

Page 39: Bonsai suiseki magazine Nº6 Junho 2009

Fig. 6 - l’Acero visto più da vicino nella sua completa nudità

Fig. 5 - L’Acero campestre è l’ultimo a “svegliarsi” dal riposo invernale rispetto alle altre specie. La corona però ci permette di individuare la delicata ramifica-zione pazientemente costruita anno dopo anno

Fig. 7 - La struttura aerea dell’acero campestre non è riscontrabile con i suoi simili che vivono spontanei in natura, poiché la sua forma caratteristica è quella di un grande arbusto

Fig. 8 - Aprile 2009. Finalmente le gemme iniziano a muoversi

Fig. 9 - Maggio 2009. La livrea primaverile si è fatta piuttosto attendere quest’anno, complice il clima bizzarro!

Fig. 10 - Primo piano del Nebari di un altro mio “mitico” acero campestre. Quando raccolsi molti anni fa questa insignificante piantina di una trentina di centimetri di altezza e con il tronchetto delle dimensioni di una matita, mai avrei immaginato di riuscire a creare un nebari di queste dimensioni coltivandola sempre in vaso

La mia esperienza

ACERO CAMPESTRE - Armando Dal Col 30

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Fig. 11 - Acero campestre, l’aspetto finale. Altezza cm 80. Quest’acero come si ricorderà, infatti, in origine era alto più di quat-tro metri, con il tronco cilindrico e spoglio per oltre la metà della sua estensione, quindi impensabile a prima vista di utilizzarlo come un futuro Bonsai. Il bonsai possiede individualità, giacché creazione dell’uomo: il bonsai non è natura, la Natura è nutrice; resta compito dell’uomo dare a ogni pianta peculiarità uniche, che lo distinguano dagli altri. L’individualità, da sola, non è però sufficiente: è importante che vi sia armonia, che non è, o non è solo, bellezza di forme, ma soprattutto accordo con le leggi della Natura.

Fig. 12 - Acero campestre, altezza 37 cm. Raccolsi questo acero campestre sul ciglio di una strada di campagna; all’epoca (era la primavera del 1969) il fusticino della piantina aveva le dimensioni di una mat-ita. Ad oggi, primavera 2009, l’acero ha raggiunto un aspetto maestoso nella sua estrema miniaturizzazione, così come testimoniato dal suo affascinante nebari!

La mia esperienza

ACERO CAMPESTRE - Armando Dal Col31

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Suiban, doban & sabbia & acqua...ma questa è l’unica formula?

Articolo a cura di Luciana Queirolo

AllaSuisekiMeihinTenMasterpicesExhibition,vengonoespostipraticamenteogniannosuisekiinsuibanodoban,prividisabbia(Fig. 1, 2, 3, 4):unasoluzionenonmoltopopolare,madallatradizioneantica.

Anche il libro di Covello, propone alcuni esempi di questa pratica (Fig. 5, 6, 7). Personalmente, ho una particolare predilezione per l’esposizione della nuda pietra sul bronzo del doban; naturalmente riferendomi agli attuali doban bassi ed essenziali, (tanto da poter essere confusi con suiban in gres marrone; mentre invece sono in commercio vassoi di gres, ambiti e molto pagati, con bordi decorati alla maniera dei doban antichi).

Fig. 1 - Suiseki Meihin Ten Masterpices Exhibition, 1962 Fig. 2 - Suiseki Meihin Ten Masterpices Exhibition, 1964 Fig. 3 - Suiseki Meihin Ten Masterpices Exhibition, 1965

Fig. 4 - Suiseki Meihin Ten Masterpices Exhibition, 1970 Fig. 5 - Pietra a roccia costiera. il contenitore è pieno solo con l’acqua, che permette la visione del disegno (che suggerisce ninfee) sulla superficie interna del vassoio. luogo di origine: Giappone

Fig. 6 - Pietra a cascata secca: un posizionamento più preciso della pietra sarebbe fuori dal centro verso il lato destro del suiban. Giappone

Fig. 7 - Un suiban che esce totalmente dagli schemi, progettato da Willi Benz e commissionato all’artista Peter Krebs, per esporre un palombino ligure col tema cinese dei “Draghi giocosi” e che esclude l’uso di sabbia od acqua.

Fig. 8 - Doban all’asta

Fig. 9 - Un doban di estrema semplicità ed eleganza

A lezione di suiseki

SUIBAN, DOBAN ... - Luciana Queirolo 32

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E’ logico pensare che un doban o suiban profondi debbano servire soprattutto a contenere abbondante sabbia per nascondere irregolarità rilevantidelfondodellapietraopersostenerlasepiùaltachelarga.Maquestopuòancheessereusatocomeunartifizio,uningannoperpietreche non hanno bisogno di quella profondità, se non per dare l’ illusione di una base naturale non tagliata, quando invece lo è …. le pietre tagliate andrebbero sempre poste in un suiban profondo e non in un daiza, per dare il senso dell’integrità della pietra che continua sotto la sabbia, così diceMorimae.Matsuuraaffermacheunsuibandiprofonditàimmodestaèaccettabile,mentreundaizadiprofonditàinaspettata,no.

LavalenzadiunSuisekipuòesserenotevolmenteaumentatodaunaattentasceltadelsuiban,selezionandonelaforma,lemisure,ilbordoedipiedini,ilcolore,iltipodismaltoelasuatexturesuperficiale.Idealesarebbeprogettareilvassoiosullenecessitàdellapietraconl’aiutoelacompetenzadelceramista.Diversamente,lasolasoluzioneè“cercarepazientemente”,provareeriprovare.L’accordotra“Suiban&Suiseki”deve produrre un “tutt’uno armonico”.Tornando all’uso di esporre con acqua solamente ….-L’AssociazionedellaNipponiSuiseki(NSA)insistesull’usodellasabbianell’esposizioneinsuiban,ecosìdell’acquausataconlasabbia.LaNSAèlacorporazioneelettadalMinisterodegliAffariCulturaliarappresentarel’esteticadelsuiseki.

- Yuji Yoshimura raccomandò di mantenere i suiseki nel giardino in contenitori (doban, solitamente) con acqua, dove lui non menziona la pre-senza di sabbia.

- Kenji Murata (il padre di Keiji che anche fu rappresentante della Nippon Aiseki Kai) spesso pubblicò suiseki esposto in carrelli di acqua senza sabbia.

Primavera: la stagione dei suiban smaltati….Sull’usodisuibansmaltatiadaltezzamedio-bassa,consolaacqua,hoalcuneriserve.Entrandonelparticolare:preferiscoriempiredisabbiaisuiban smaltati molto chiari oppure bianchi e tozzi (solitamente di fattura cinese, ma non solo) onde smorzare quel bagliore che toglie respiro ed atmosfera attorno alla pietra, esasperandone il perimetro.

Il posizionamento vicino al centro del vassoio, si rivela spesso la migliore soluzione per un suiban che non sia molto più largo della pietra. Con-dizione essenziale è che la pietra sia equilibrata, oppure che questa pietra equilibrata non voglia essere utilizzata come una montagna fronteg-gianteunagrandepianura,oppurecomeun’isolalontanaperdutainunmaresconfinato.Spessoèpossibileosservare,anchesucataloghigiapponesi,vassoichereputeremmoinsufficientiperladimensionedellapietra,mentre,avolte, succede l’esatto contrario….

Fig. 10 - Pietra in vendita con kiri-bako Fig. 11

Fig. 12, 13, 14 - Prove di interpretazione con una pietra koreana

Fig. 16

Fig. 17 Fig. 18 - Ibigawa-ishi: il suiban alloggia il suiseki nel cosiddetto “punto morto”

A lezione di suiseki

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Ma di proporzioni tra pietra e suiban, leggerete sotto gli ombrelloni delle vacanze di luglio ….

Con suiban smaltati a marezzature atte a richiamare fondali marini etc…. anche qui, meglio celare almeno la metà del fondo del suiban con la sabbia, perché quellemacchie spesso “ipnotizzano” la nostra attenzione devian-dola via dalla pietra.Metteresabbiasolamentesottolapietraedattornoadessaèunaconfigu-razioneclassicachepermettediconsiderarecomunqueilfondovetrificatodi un suiban.

Sabbia ed acqua

“Un suiban non è un solamente una scelta conveniente per ‘far cadere con un tonfo’ una pietra per la quale il raccoglitore non ha un daiza. Un suiban offre, alla pratica del suiseki, allusioni di stagione calda”. Certamente,il collezionista giapponese posiziona una pietra nel suiban solitamente in estate, aggiun-gendoacquaallasabbia,(masenzacheillivellodell’acqualasommerga)edumidificandolapietra.Unsuiban mai comunque dovrebbe essere riempito con sabbia posta ad un livello basso, che dovrebbe in-vececolmarecircal’80%dellaprofonditàinternadelsuiban:inmanieracheilbordodelvassoiorimangaliberoper3-4mm.

D’invernolasabbiadeveessereimperativamenteasciutta,oppurelapietrarimessanelsuodaiza.Percontro,inKoreaèd’usoesporrelepietrenel Sobane (suiban), con l’acqua, in ogni stagione.

La sabbia e l’acqua, sono il terzo elemento nella composizione e rappresentano la base di scenari sia di acqua, sia di pianura. La funzione primaria della sabbia è dare stabilità alla pietra: come nel daiza, la pietra montagna va interrata profonda-mente: una montagna non “galleggia”; fuoriesce dalle viscere della terra che le ha dato origine; è profondamente “radicata” in essa.

Le Pietre oggetto (barca, figura umana, animali,....) vanno “posate sopra”; fanno eccezione, pietre-capanna e pietre ponte. Le pietre a banco di scogli, roccia di mare, si presentano posate sopra la sabbia o nel suiban con acqua solamente.Le pietre astratte cercano nel substrato la stabilità.Per Matsuura, comunque, le pietre capanna e forma umana dovrebbero essere sempre su daiza.

Fig. 19 - Sperimentazione di Mike Pollok con un suiban prodotto da Nick Lenz

Fig. 20

Fig. 21 Fig. 22 - Un insolito suiban nero

Fig. 23 - Fujieda-ishi: dall’aspetto poroso e ricco di inclusioni di calcite. Materiale simile è reperibile anche in Liguria. Mantenere questa pietra bagnata, la degraderebbe in un tempo relativamente breve

Fig. 24 - Una pietra dallo stato di Keistone (USA) Fig. 25 - Una pietra dallo stato di Keistone (USA)

A lezione di suiseki

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Preparazione della sabbia.

Lasabbiadeveesserepreparatasetacciandolaconcura,lavandolasinoadottenerel’acqua perfettamente limpida, liberata da materiale che disturbi l’uniformità di colo-re.Lagranadeveesserepreferibilmentequarzosa,nondeveesseretroppofine:da1,5 mm sino a 2,5 mm; più piccola per piccoli suiseki o per paesaggi in lontananza; grossolana,conpietredallesuperficiaccidentateeprospettivevicine.

Il colore della sabbia deve armonizzare con la pietra e col suiban, ma non deve essere una ripetizione delle stesse tonali-tà o colore; è concesso solo un piccolo richiamo a particolari del suiseki, non la ripetizione della nota dominante. Classico il beigeomarronechiaro:ilcoloredelgranomaturo.

Dopoinnumerevoliesperimenti,pensodipoterdescrivereunbuonmetodoperillivellamentodellasabbia:1)Disporreunprimostratoutilizzandosabbiaumida.2)Batterlaaccuratamentepercompattarla,indispruzzarla.L’apportodiffusodiacquaappiattirànaturalmenteipiccolidislivelli.3)posizionarelapietra,calcolandoattentamentel’esattaposizione,primadipoggiarla.4)distribuirelentamenteeduniformementelostratofinale;batterepianoconunascatolinadicartone,lisciareconundelicatopennelloetc.etc.edinfinespruzzarenuovamente,ondeulteriormentelivellareeduniformare.Questo sistema mi ha consentito anche il trasporto di pietre già posizionate, senza danno. Ove sia richiesta una presentazione “asciutta” basteràattenderel’evaporazione.Livellareimmergendoefarescivolarvial’acquaineccessomisièrivelatosolointeoriasemplice.Agitandoavantiedindietro,lapietrascivolaelasabbiatendeadammassarsisudiunlato.Qualoralasabbiasiatroppofineononidoneaallabagnatura(vedisabbiedeserticheerappresentazionidilandscapes)illivellamentopuòottenersiriempiendoilsuibanepassandopoiunarigaafilodeibordi.Ladifficoltàstanell’aggiustamentoattornoallapietraedalraggiungimentodiunlivelloomogeneodellasabbiaaldisottodelbordodelsuiban di un ½ cm scarso.

“Ciao gente.‘Sabbia’ ce n’è di molti tipi; ci sono così tanti tipi di sabbia, fuori di qui, tu puoi trovare facilmente il modo e trovare esattamente una bella sabbia color crema al magazzino vicino a casa, oppure sabbia per sabbiatura, sabbia che lavora molto bene ed è anche lava-ta. Oppure tu puoi raccogliere la tua sabbia, la pulisci, la lavi, la lavi e la lavi, quindi le permetti di seccare, e a mano scegli i colori che tu vuoi, un grano alla volta; ottenere mezzo gallone di buona sabbia richeide circa otto ore. Quindi tu devi vagliarla e lavarla. Ancora!Ecco perché costano più di 100 dollari per un chilogrammo! Ricorda che tu ottieni quello che tu paghi o ottieni per quello che tu lavori. Ho visto sabbia in Giappone che costa 350,00 $ per riempire un suiban di media dimensione. È molto strano ma pulendo e raccogliendo sabbia ti può venire piacere e disciplina, ma anche male agli occhi. Ma la ricompensa vale lo sforzo.” - Sean Smith

Fig. 26 - Suiseki Meihin Ten Masterpices Exhibition, 1970

Fig. 27 - Sabbia abbastanza omogenea Fig. 28 - Qui invece si prostetta un paziente lavoro per liberarla da impurità e granellini scuri

Fig. 29 - Masterpiece giapponese

Fig. 30 - Pietra nera proveniente da Taiwan

A lezione di suiseki

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L’acqua...

Lapresenzadell’acquanelsuibannonèperòlegataesclusivamenteallastagione,bensìall’usodell’acquanelgiocointerpretativodellascenachesivuoleevocare:unvelod’acqua,conosenzasabbia,inestatecreeràsensodifrescuraattornoaduna.pietraisola,mentre,inprimavera,cifaràspettatorideldisgelo,infronteadunacopiosacascata.Vedremoilriflessodellaluna nella nostra pietra lago; mentre, in tutte le stagioni, l’uso di sola sabbia potrà proiettarciinpaesaggidigrandeampiezza,immersiinlandesconfinate.Conquestononvogliamonegarel’importanzafilosoficadellostrettorapportotraJingeYang:ilfemminile(lafluidità, lamalleabilità, l’arrendevolezza, l’umidità:visionerilassanteeristoratrice, elemento indispensabile per la vita) contrapposto ad equilibrare e com-pletare il maschile della pietra, arida,dura, solida e fredda. Credo che altri elementi naturalipossanodarvitaallanostrascenografia:l’aria,ilvento,ilsole.Tuttosommato,sono elementi che non vediamo, come l’acqua, ma che possiamo “sentire”. Questa mancanza dell’elemento che non si vede ma si sente, dovrebbe essere in sintonia con l’astrazioneorientale.InunaesposizionediDesertStonessusuiban,adesempio,glielementicaratterizzantisono:pietra,sabbia,SOLE.

Il calore che dà vita alla freddezza della pietra, le dà una carica così intensa ed esaltante che la pietra, incapace di trattenerla, di notte, infelice, quasi si lascia, a volte, morire, spezzandosi …InAmerica,unconcettobaseperunaclassificazionedelle”Pietredeldesertodaammirare”preseformanel1989evenneportatoavantisinoalcompletoriconoscimento(DESERTVIEWSTONES)daJimGreaves,l’autoredelmeravigliosolibrocheviraccomandonellalistadellepub-blicazioni, sul nostro forum (http://www.napolibonsaiclub.it/forum) ... Seguendolaclassificazionegiapponese,siposizionanonelsuiban: SHIMAGATA-ISHI ( pietre- isola di lago o di mare), IWAGATHA-ISHI (pietre a roccia costiera), ISOGATA-ISHI (pietre spiaggia), ARAISO-ISHI ( pietre a banco di scogli) , MIZUTAMARI-ISHI (pietre lago o stagno), FUNAGATA-ISHI (pietre barca), TAKI-ISHI (pietre cascata) , DOBUTSU-SEKI (pietra animale), YAGATA-ISHI (pietre capanna), HASHI-ISHI (pietre a ponte).Ma possiamo esporre nei nostri suiban anche pietre di forma paesaggistica diversa, come altipiani e gradoni (DAN-SEKI, DOHA-SEKI), pietre riparo (AMAYADORI) etc., oppure pi-etre caratterizzate da particolare struttura e colorazione, (motividifioreodicorpicelesti,adesempio)ovel’elementoacqua è indispensabile per spruzzare la pietra, onde esaltar-ne le peculiarità.

Fig. 31 - Kamogawa-ishi su doban finemente intarsiato. Rappresenta una montagna al disgelo

Fig. 33 - Murphy stone, collezione James GreavesFig. 32 - Desert stone a strati di agata

Fig. 34 - Lago di montagna. Provenienza U.S.A.

Fig. 35 - Suiseki esposto alla Soguten del 2004, Tokyo

Fig. 37 - Baika-seki, pietra a motivo di fiori di susino

Fig. 36 - Gensho-seki, pietra a fenomeni celesti

A lezione di suiseki

SUIBAN, DOBAN ... - Luciana Queirolo 36

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Rapportandosiallaclassificazionegiapponese,mentreunalevigata,nerapietradell’EelRiver,California,preparatanelsuiban,calzaalladefini-zione di DOHA o di SHIMAGATA, una altrettanto bella estrosa o drammatica forma “creata dal vento” del deserto del Mojave, no. Costringereunapietradeldesertoentrolapiùvicinacategoriagiapponese,fauntortoallapietra,alconcettogiapponeseedaquelmagnificopaesaggio.Unperfettamenteformato,piatto,rossodesertstone,classificatoepresentatocomeisola,ottienecomerisultatounareazionenegativa,men-tresarebbeuncapolavoroindiscusso,sepresentatoperquellocheè:unamesadeldeserto.Zonedesertiche,maanchegrandipianure,steppa,nevai,ampispazi,sonopresentiintuttoilmondoetuttidegnidirievocazione.L’acquaèelementoprincipe,mal’uomosièsempresentitoalsicuro con la terra sotto i piedi. Ed allora ….Evviva anche per la sabbia asciutta!Ed alla prossima puntata!

Luciana Queirolo

Fig. 38

A lezione di suiseki

SUIBAN, DOBAN ... - Luciana Queirolo37

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L’opinione di...Gianfranco Giorgi

Intervista a cura di Antonio Ricchiari

DiGianfrancoGiorgi, di questo personaggio del bonsai italiano, “storico” non nelsensoanagraficodellaparola,l’etàèsemprequellamentaleedellospirito,mastoricoperportataedimportanzapoichéglistimoliegliinputdatidaquestoMaestrosisonorivelatifondamentaliper tuttinoi,hogiàparlato inunprofilo chehopubblicato sul ForumdelNapoliBonsaiClub.Doverosa rassegnaquellacheabbiamodecisodi fare inRedazione,perchépurtroppoparecchigiovanidellenuovelevesorvolanospessoconsuperficialitàlastoria del nostro bonsai perdendosi la conoscenza di alcuni personaggi che hanno dato im-prontaalnascentemovimentoitaliano.Elodefinisco“movimento”usandounlinguaggiodacriticod’artepoichéagliinizideglianni’60,quandotuttoeraconfuso,quandoleinfor-mazioni e la letteratura in merito erano a dir poco inesistenti, quando non si sapeva da dove iniziare, quando la parola bonsai era piena di mistero, poche persone furono stimolate da una passione travolgente che li spinse a dedicarsi al bonsai devo dire anima e corpo ed a costodisacrificipersonalifuronoifautoridiunapiùlargadiffusioneepopolaritàcheebbeinizioneglianni’80.

Il bonsai visto senza analisi e conoscenza del passato e dei trascorsi che ne hanno determinato una solida base cheoggivedel’Italiaaiverticimondiali,èdeficitarioerimanedebitorediunaparteessenzialecheèdicompletamen-to per ogni bonsaista che si rispetti. Saltare alcuni passi essenziali ignorandoli addirittura determina una lacuna nella formazione di ogni appassionato che si rispetti. Il patrimonio culturale e tecnico di quelli che chiamo senza alcuna enfasi i Padri del bonsaismo italiano (quattro-cinque persone in tutto) deve essere un bene condiviso da tutti noi con-sapevoli del bene che abbiamo a disposizione. Ignorare ciò è segno di presunzione ed arroganza. Parliamo tanto di Giappone, di orientalismo ma ignoriamo la ricchezza cognitiva che ci viene trasmessa dall’esperienza di chi ha iniziato primadinoi,quellacheprimaeralatradizioneoraleperchéostentiamoapparentesicurezza,apparenteconoscenza,mancanza assoluta di modestia. Ed i risultati si vedono giorno dopo giorno! Vorrei ricordare che in Giappone stati d’animocomegentilezzaosensodirispettosonoinglobatinellepersone:ilsensodiarmoniahaachefareancheconquesto, armonia nell’uso controllato delle parole, di pensieri non espressi e di silenzi da sapere interpretare! TempofachiesiaGiorgiqualeerailsuomododiinterpretareunapianta.Mirispose:“Io non uso stravolgere le piante. Credo che fra me e la pianta debba nascere un feeling che mi permetta di modificarla. In generale dirò che mi attengo a quello che la natura ha creato, cercando d’intervenire in termini bonsai attraverso il tempo. Adesso tendo ad allungare i tempi, proprio il contrario di quanto spesso vedo farer. Non scopro niente di nuovo – ricordi la poesia “Il sabato del villaggio” di Leopardi? – dicendo che spesso immaginare il cambiamento di una pianta è più appagante che attuarlo.” .NonhopostodomandespecificheaGiorgi,glihochiestosoltantoindirettaunasuatestimonianza.E’un’artechediventa sempre più rara quella di sapere ascoltare. Quando Giorgi parla ha tutta la forza espressiva e l’ironia dei toscani e soprattutto tutta la grande simpatia di questa gente. “Il Giappone è un Paese lontano da noi non solo geograficamente, tanto che il professore Maraini diceva che i giapponesi e gli italiani sono così diversi fra loro che non riusciranno mai a capirsi. C’è di più: i giapponesi sentono e ci ten-gono ad essere diversi. Studiare in Giappone non è facile, la selezione inizia già alle scuole elementari, anche apprendere un lavoro non è semplice. Ricordo un maestro bonsai raccontare divertito di avere ricevuto una richiesta di un giovane che voleva andare a lavorare da lui “a pagamento”. Un tempo l’insegnamento ed i trucchi erano trasmessi al primogenito, che ereditava l’azienda e la posizione del padre. I fratelli potevano lavorare come operai o andarsene per altre strade. Ho scritto “un tempo” anche se alcune fra le più note famiglie di bonsaisti giapponesi si sono comportate esat-tamente così. Adesso proviamo ad immaginare un maestro bonsai giapponese proiettato nel nostro mondo che, in una serata o poco più, insegna a lavorare una pianta presto e bene e svela segreti e trucchi appresi dal padre, che a sua volta li aveva appresi dal nonno e così via in una lunga catena di generazioni … c’è qualcosa che non convince!

L’opinione di...

GIANFRANCO GIORGI - Antonio Ricchiari 38

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Dopo queste premesse, che ho creduto necessarie per meglio localizzare e focalizzare il problema, lasciatemi spiegare il mio (forse non solo mio) errore: il bonsai italiano o all’italiana. Immaginatevi l’allora capo indiscusso del bonsai mondiale, Saburo Kato, affermare – durante una conferenza – che non dobbiamo seguire i loro schemi o finiremo solo per fare, nel migliore dei casi, delle brutte imitazioni dei loro bonsai. Io vi ho creduto e, per anni, mi sono guardato attorno cercando, nella nostra flora, aspetti diversi da quelli proposti dai giapponesi. Mi sembrava logico che in un’altra cultura e in un ambiente diverso si potessero immaginare modelli differenti da quelli nipponici. Se qualche spunto ho trovato, come la silhouette del Pinus pinea, lo sviluppo dei rami della maggioranza delle piante italiane sovente intrecciati tra loro o i rami secondari di alcune conifere rivolti verso il basso, questo mi è parso inconsistente per parlare di bonsai all’italiana. Ma c’è di più, queste realtà sono poco piacevoli e disarmoniche a scala ridotta. In seguito mi sono reso conto che la flora ha, più o meno ed escludendo le poche eccezioni che caratterizzavano alcuni paesaggi estremi, lo stesso aspetto. Le diversità più evidenti si riscontrano solo fra le piante di pianura e quelle di montagna. Ho scritto errori non solo miei. Poiché non credo di essere del tutto sprovveduto devo dire che, a confondermi le idee, ha stranamente contribuito la mia conoscenza di molti Maestri stranieri. Negli Stati Uniti, per esempio, già nel 1973 si vedeva e si teorizzava di microenvironment o micro-ambienti, come di “veri bonsai americani”, non solo, molti maestri statunitensi, senza dubbio geniali, fra cui Robinson e Banting, hanno più volte insistito che il loro modo di creare bonsai non seguiva i canoni estetici giapponesi. Era evidente che gli statunitensi, pur ammirando le vette raggiunte in questa arte dai giapponesi, non gradivano una dipendenza psicologica da loro. Ad un certo punto mi sono posto una domanda: se i giapponesi dicono di non seguire le loro regole ed i loro stili o rischiamo di fare solo delle brutte copie dei loro bonsai, loro non rischiano di imitarsi a vicenda e fare brutte copie uno dell’altro? Concludendo, vorrei dire che tutto questo è teoria, anche se la teoria serve a capire le tecniche prima di applicarle e partire con le idee giuste. C’è anche da chiarire che le regole e gli stili giapponesi non sono Vangelo o matematica e, neanche loro li applicano fedelmente. Credo inoltre che, al di là dei discorsi, praticando quest’arte da secoli, essi abbiano ormai teorizzato tutto il possibile. Ricercare il nostro “stile” e modellare le piante così come siamo abituati a vederle è certamente utile anche se, a parer mio, sarebbe presuntuoso pensare che questo comporti stili e regole diversi da quelli che già conosciamo. Ognuno potrà usare gli stili e le tecniche che crede più opportuno senza prescindere da una fondamentale: il risul-tato deve essere piacevolmente armonioso.”

NonhocommentidafarealleparolediGiorgi,masoltantoprofonderiflessioni.

L’opinione di...

GIANFRANCO GIORGI - Antonio Ricchiari39

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Lo stile inclinato

Testo e disegni di Antonio Ricchiari

LadefinizionesinteticadelloStileInclinatoparladeltronco,chepuòessere curvo o diritto, che pende lateralmente in modo che la proie-zionedelsuoapicecadaoltreillimitedellabase,indifferentementeadestra o a sinistra. Tipico di questo stile è che il primo ramo in basso,

per compensare esteticamente l’equilibrio visivo, va sempre nella direzione opposta a quella in cui è inclinata la pianta. Se i rami prevalente-mente si dirigono soltanto da un lato si chiamerà invece “stile battuto dal vento”.

Questo stile rappresenta insieme all’Eretto Formale che abbiamo già visto, il più diffuso.Lecaratteristichepeculiarisono

1. inclinazione del tronco 2. rami di compensazione 3. base del tronco (nebari) molto asimmetrica. Laverosimiglianza della struttura siottieneottenendouncorrettoequilibrio tral’inclinazione e la lunghezzadei rami cosiddetti di compensazione. L’inclinazionedeltronco e la sua dimensione devono essere direttamente proporzionali alla lunghezza deiramiprincipali.Laregolavuolechelaporzionepiùaltadeltroncodebbapiegarsiperritornare verso il baricentro della pianta, dando in tal modo la percezione dell’inclinazione che sarà compensata dai rami e dal nebari. I rami che conferiscono interesse visivo allo stile sono quelli che scendono (detti anche “in caduta”) chevannoa compensareefficacemente l’inclinazione.Lapeculia-

rità di un ramo che scende permette di impegnare visivamente buona parte della pianta, quindiunsoloramocipuòrisolvereiproblemiderivantidaunascarsitàdipalchiodaunazonaapicaleavaradirami.L’angolodiinclinazionedi norma si regola in base all’inclinazione del tronco. I disegni chiariscono questo concetto. Il ramo curvo può essere posizionato nello stesso lato dell’inclinazione, oppure nella parte opposta per creare compensazione. Nello stile inclinato, se ci troviamo di fronte ad un soggetto con un tronco robusto, è necessario avere comunque un certo numero di rami. Per evitare di occultare esageratamente il tronco si possono utiliz-zare dei rami che partono dal retro e vanno ad occupare lo spazio dei rami laterali. Un ramo che gira dietro al tronco e indirizzato verso destra osinistrahalafunzionediriempirelospaziovuotodellacurva:inquestocasodiventaunpuntodiinteresse. Come è evidente, l’inclinazione del tronco, anche se azzardata, deve dare in ogni caso quella sensazione di equilibrio che in natura possiede l’albero anche se inclinato, evitando l’aspetto di instabilità o provvisorietà stabile. E’ chiaro che ci troviamo di fronte ad un ramo dritto, anche se deve esistere un seppur modesto movimento del tronco, e la curva che forma la piegatura nella zona apicale deve essere evidente per contribuire esteticamente alla compensazione dell’inclinazione insieme ai rami. In tutto ciò, come avviene per gli altri stili, la scelta del fronte dovrà quindi essere effettuata scegliendoquantopiùpossibileun lato chepossiedeuna certamovimentazionedeltronco per evitare una linea eccessivamente rigida. Tenete sempre presente che più il tronco è diritto e più occorreranno rami. Lalavorazionedellalegnaseccahaancheinquestocasofondamentaleimportanzadalpunto di vista estetico, anche se raccomando sempre di fare interventi mirati, dosati, senza forza-ture o esagerazioni come troppo spesso capita di vedere, con uno spirito creativo che deve vederne la realizzazione nel rispetto della struttura legnosa della specie che si sta lavorando. Naturalmente dal fronte della pianta sarà sempre necessaria la vista di una o più vene vive della corteccia. Comesivededallafigura4,ijinrivestonounaimportanzanotevolesoprattuttoperquantoriguardalaloroposizione:lavoratonellaparteapicalecontribuisceadareforzaallalineadeltronco.Jinlavoratidallaparte opposta all’inclinazione conferiscono un maggiore senso coerente di forza ed equilibrio. Un’altra tipolo-gia di jin riscontrabili nell’inclinato sono i jin in direzione verticale nel lato dell’inclinazione che possono riscon-trarsineglialberiinclinati.Questotipodijinpuòesserelungomadeveesseremoltosottileperchécontribuisceadaccentuarel’inclinazionedellapianta.Lacolorazionedellalegnaseccadevonoesserepiùchiaracheinaltristiliperchéessendoquestastrutturapiùespostaallaluceeconvegetazioneessenziale,riceveràmoltalucecheavràunmaggioreeffettosbiancantesullegno.

Fig. 1 - Abete rosso – Coll. Vivai Ghellere

Fig. 2 - Faggio - Coll. dell’autore

Fig. 3 - Interpretazione dello stile inclinato

A scuola di estetica

LO STILE INCLINATO - Antonio Ricchiari 40

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Fig. 4 Fig. 5 - Schizzo elaborato per un progetto di un ginepro che mostra il ramo posteriore posizionato in basso

Fig. 6 - Schematizzazione delle linee di forza opposte ed equilibranti

Fig. 7 - Il primo ramo è sempre opposto all’asse di inclinazione

Fig. 8 - Unica linea di forza direzionale che conferisce una eccezionale dinamica visiva alla pianta. Il jin serve in questo caso da effetto contrappositivo

Fig. 9 - Una variante azzardata può vedere il primo ramo che segue la direzione del tronco. E’ una deroga allo Stile che viene eseguita raramente ed in questo caso è

giustificata dalla curva del tronco

41 A scuola di estetica

LO STILE INCLINATO - Antonio Ricchiari

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Latipologiadeivasiè forsetra lepiùvariepossibili,perché lastrutturadelbonsainonhagrandecompattezza,e l’effettofinalevedeilvasoabbastanza isolatodallachioma. Sarà opportuno scegliere dei vasi di grande semplicità, senza elementi di decoro come righe, cornici o piedi eccessivamente lavorati. I vasi rotondi ed ovali sono generalmente i più usati, anche se bisogna prendere in considerazione vasi con bordi rientranti da abbinare a piante molto slanciate e vasi aperti e svasati per bonsai con vegetazionigiovanieramiabbondanti.Ledimensionideivasisonomaggioririspettoallostileerettoinformaleancheperchél’altezzacheèmimetizzatadall’inclinazionerisultanotevole.Laprofonditàdelvasocorrisponderealdiametrodeltronco.

Antonio Ricchiari

La scelta del vaso

Fig. 11 - La fotografia mostra un altro esempio di primo ramo che segue la direzione del tronco. Malgrado la direzione che segue l’inclinazione sembra far pesare la composizione tutta da un lato; se osservato attentamente il ramo in caduta invece rafforza ed equilibra tutta la struttura.

Fig. 10 - Corretta indicazione dell’angolazione. Il cerchio circoscrive una zona di interesse e di equilibrio

A scuola di estetica

LO STILE INCLINATO - Antonio Ricchiari 42

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Azalea satsuki - II parteFamiglia: EricaceaeGenere: RhododendronSpecie: Rhododendron lateritium

In questo numero presenteremo la seconda ed ultima parte della monografia su una delle più belle essenze dell’intero panorama bonsaistico: l’azalea satsuki. Ricordiamo che a differ-enza delle passate schede, quella che vi stiamo per presentare non ha in se il carattere della “guida”, ma bensì mostarvi semplice-mente il frutto della sola esperienza personale dell’autore, il neoistruttore della Scuola d’Arte Bonsai, Roberto ‘Banzai’ Smiderle.

Finalmentelenostreazaleesonofiorite,lasoddisfazioneègrande!Inostrisforzielenostreamorevolicuresonostateampiamenteripagate…manonèilmomentodifermarsiora:affinchélenostresatsukirestinosempreingran forma bisogna applicare tempestivamente alcuni accorgimenti. Lenostreazaleevannocontinuamenterinnovate,equestoèunottimosistemaperconservarlevigoroseedinbuonasalute!Finitoilmomentodellagioiadellafioritura,sipuòiniziareunaleggeraconcimazione,soprattuttosele temperature non sono troppo alte, e la stagione non è troppo avanzata.

Vi ricordo sempre di usare concimi con un ridotto tenore di azoto, il biogold, per esempio, spinge molto, quasi troppo, ed è sconsiglia-bilesupianteinviadirifinitura.Alcontrarioinvece,l’hanagokoro o l’aburukasusonomoltoadatti,perchédotatidiun’azionepiùtenueed equilibrata. E’ comunque preferibile procedere con l’applicazione diquestiultimiconcimigiàinfasedifioritura,inquantolaloroazio-neèrallentatadialmenounaventinadigiorni.LanostraKinsaiinstilemadreefiglio(sookan)èoramaisfiorita(Fig. 1), bisogna inter-venireetoglierelepartidifiorerimanenti(Fig. 2) altrimenti i rametti che li sostengono si seccherebbero (Fig. 3).

L’essenza del mese

AZALEA - Roberto Smiderle43

Fig. 1

Fig. 2

Azalea satsukiColl. Roberto Smiderle

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L’essenza del mese

AZALEA - Roberto Smiderle 44

Questo della foto 4 è un esempio di un rametto dell’anno scorso al qualenonsonostatitoltiisemi:

Il risultanto visto da vicino (Fig. 5).

Allora,aquestopuntoabbiamotoltotutte lepartidifiorecherestavano (Fig. 6).

E’finalmentegiuntoilmomentodiesprimersiconfilo,troncheseeforbici;l’azaleareagiscemoltomeglioadunalavorazionedifineprimaveracheadunaeffettuatainautunno(Fig. 7).

Fig. 3

Fig. 4

Fig. 5

Fig. 6

Fig. 7

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Un nuovo fronte, una nuova posizione nel vaso, e qualche ramo di meno… ora la ma-dreindicasicura,alfiglio,qualèlastradadapercorrere.Bisognaancheprocedereconilrinvaso,perchéquestasatsukierastatacoltivataperalcunianniintorbaacida(diquellachesolitamentesiacquistaneigardencenter);risultato:marciumeradi-cale,crescitastentataegeneraledifficoltàdicoltivazione.L’alberosvasatodapoco,visto dal basso (Fig. 8). All’esterno del ceppo, tutto sommato la situazione sembrava andare benone, ma dopo aver attentamente scavato un po’ di più verso l’interno, l’amara sorpresa (Fig. 9). Le radici ancora inglobatenella torba oramai in pu-trefazione non davano una buona impressione, e quindi fu necessario un intervento drastico per rimuovere tutto il vecchio terriccio (Fig. 10).Non rischiamo oltre, il rinvaso è già molto azzarda-to così. Se dovessero arri-vare, entro 20-30 gg, gior-nate molto calde, l’albero potrebbe anche non sopravvivere!

Ecco il nostro lavoro (Fig. 11)! Rinvasi di questo tipo, così drastici, sono consigliabili in primavera, a febbraio marzo, quando l’albero reagisce meglio, ed ha più tempo per prepararsi all’estate, ma in questo caso ho preferitoeseguirlooraperchélapiantastavalentamenteperdendoforzaacausadellasofferenzaradicale.Lecuree leattenzionipostrinvaso, inquestocaso,dovrannoesserecostantiemaniacali,perchéilrischiodiunostress fatale, soprattutto nel caso dell’arrivo di un’improvvisa ondata di caldo, è reale. Vi ricordate la satsuki rinvasata questa primavera? Ora mi sta deliziandoconunaelegantefioritura…velaripresento(Fig. 12).

A distanza di tre mesi, sembra che non abbia risentito minima-mentedell’intervento.Lo ripetoper l’ennesimavolta: ricordate, uno dei segreti per mantenere sane e vigorose le nostre satsuki è rinnovarle continuamente…

Buon lavoro, gentili amici bonsaisti.Il vostro Roberto ‘Banzai’ Smiderle

L’essenza del mese

AZALEA - Roberto Smiderle45

Fig. 8

Fig. 9

Fig. 10

Fig. 11

Fig. 12

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I biostimolanti nelle pratiche agronomiche bonsai

di Luca Bragazzi

In campo bonsaistico le sostanze biostimolanti hanno fatto la loro comparsa solodaqualcheanno,non sono chiaramenteprodotti specifici perle pratiche bonsai, ma di derivazione agricola professionale, ragion per cui il loro utilizzo, in tal senso, non è stato ancora compreso a pieno. Il bonsaista che utilizza tali sostanze, nella maggior parte dei casi è convinto di aver trovato la risoluzione a tutti i problemi di carattere nutrizionale e stimolante, senza sapere che tali sostanze hanno dei forti limiti e che se non impiegati correttamente svolgono un’azione sul vegetale tutt’altro che benefica. Innanzi tutto speci-fichiamochedefinireunprodottoconazione biostimolante non è semplice, la definizionedataalivellolegislativoè:“I prodotti ad attività biostimolante sono inseriti nell’elenco dei concimi nazionali o concimi (ovvero degli ammendanti e correttivi), previa approvazione della competente autorità del relativo metodo di analisi. Per tali prodotti è obbligatorio descrivere in etichetta dosi d’impiego e modalità d’uso”.Taledefinizioneponequestesostanzenellacategoriaconcimi,mentrelalorofunzioneèalivellofisiologicononnutrizionalemadiincrementodel metabolismo primario e secondario. I Biostimolanti sono sostanze organi-che, capaci di far aumentare la crescita vegetale in modo nettamente diverso rispettoall’aumentodicrescitaimputabileall’impiegodicomunifertilizzanti.Ladifferenzasostanziale,èquellacheperpoteragirenelmiglioredeimodi,vannosomministrati a concentrazioni molto ridotte, gli importanti risultati che si ot-tengono sono l’aiutodatoallepianteallorchéqueste si trovano in condizioniparticolarmente stressanti, quali siccità, crescita in suoli salini, colpi di secco e non meno trascurabile, la presenza di popolazioni di patogeni. Gli esemplari che vengono a trovarsi in condizioni ambientali svantaggiate (cambio radicale del luogo di crescita), riducono la produzione fotosintetica con un conseguente in-debolimento delle cellule predisposte alla fotosintesi, un tale decremento della produzione di energia potrebbe essere letale se non opportunamente trattata. Lesostanzeadattivitàbiostimolantemiglioranoedaumentanoilmetabolismotramite una maggiore espansione dell’apparato radicale a livello capillare, ren-dendolopiùfinementeramificato;unastrutturacosìdisposta,è,sottoilprofilodell’assorbimentodell’acquaedeinutrientiinessadisciolti,moltopiùefficientee di conseguenza in grado di incrementare lo sviluppo degli organi vegetativi, in più, l’aumento dei capillari radicali è in grado di poter invadere porzioni del substrato che altrimenti verrebbero trascurate e con esse i nutrienti presenti in questezone.L’utilizzonellacoltivazionebonsaièmoltoimportantesesipensache piante in vaso sono molto più soggette a stress di qualsiasi tipo, ma l’utilizzo deve essere limitato ai soli esemplari fortemente debilitati (post-rinvaso, post-lavorazione ecc.), ed il periodo in cui bisogna maggiormente programmare un loro utilizzo è certamente la primavera, quando, complici le favorevoli condizio-ni climatiche, l’assorbimento del principio attivo stimolante è agevolato da una migliore reazione da parte del vegetale. Ci sono purtroppo delle controindica-zioni, che pongono delle restrizioni nell’utilizzo di tali prodotti; e sono l’impiego in dosi massicce pensando erroneamente che maggiori trattamenti accelerino la ripresa vegetale. I biostimolanti se impropriamente utilizzati inibiscono la crescita, riducendo o annullando le probabilità di successi, va anche ricordato cheilloroeffettoèdiversoasecondadellecondizioniincuilapiantacresce.

Luca Bragazzi

Note di coltivazione

I BIOSTIMOLANTI - Luca Bragazzi 46

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TanbahooArticolo a cura di Antonio Acampora

Esistono piante per Bonsai le cui foglie, molto grandi, non conferiscono equilibrio all’insieme. Quando si pratica il mochikomi su un Bonsai in vaso,

le foglie si rimpiccoliscono gradualmente; esistono però essenze che non si com-portano in questo modo sebbene si pratichi regolarmente la tecnica del mochikomi. Il Pino nero appartiene a questa seconda categoria, quindi, su questo, viene applicato il metodo del tanbahoo. In passato, per accorciare gli aghi, si concimava e bagnava poco la pianta in primavera in modo che gli aghi non crescessero; ma oggi, con la scoperta casuale, durante la coltivazione, del metodo tanbahoo, questa pratica è stata abbandonata. Quando si vuole applicare questo nuovo metodo è necessario rinforzare la pianta concimandola sufficientemente, già nell’anno precedente, nelmomento della sua maggiore crescita; si deve inoltre potare la gemma primaverile uniformando la lunghezza degli aghi, obiettivo che si raggiunge utilizzando la gem-maestiva.Senonsiinterviene,lacandeladeiPininerigeneralmentecrescefinoa10,12 cm di lunghezza.

Il metodo del Tanbahoo Anche se esistono tecniche diverse che danno gli stessi risultati, il metodo qui illus-trato è quello più semplice da capire ed eseguire. Per ultimare questo procedimento siimpieganodueanni:ilprimoannocisilimitaaportareallostessovigorelegemmedi tutta la pianta; il secondo anno verrà dedicato alla riduzione della lunghezza degli aghi.

Primo anno Concimare e bagnare abbondantemente in primavera al fine di rinforzare il piùpossibile le candele. Per uniformare la dimensione delle stesse è necessario con-servare tutti gli aghi vecchi su quelle piccole; per le candele vigorose si strap-pano gli aghi lasciandone solo tre o quattro coppie in modo da indebolirle. È inoltre importante pizzicare le candele vigorose, per portarle alla lunghezza di quelle medie prima che queste si allunghino (Fig. 1, 2).Dopoaverpizzicatolecandelerobuste, in poche settimane cresceranno, sul taglio, delle gemme nuove e quindi delle candele che si svilupperanno molto velocemente. Se queste fossero forti, le si deve accorciare nuovamente, rendendole della stessa lunghezza di quelle medie. In questo modo,l’annosuccessivotuttelecandelesarannodellastessadimensione.Lecande-le deboli si consolideranno mentre quelle vigorose, indebolendosi, si accorceranno. Bisogna attuare la pulizia degli aghi vecchi all’inizio di ottobre (Fig. 3).

Fig. 1 Fig. 2

Fig. 3

Tecniche bonsai

TANBAHOO - Antonio Acampora47

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48Tecniche bonsai

TANBAHOO - Antonio Acampora

Secondo anno La potatura dei germogli deve essere eseguita alla metà di giugno: tutte nel-lo stesso momento, quando si sono aperti e gli aghi si sono allungati (Fig. 4, 5). In sintesi, ipuntiessenzialiper la riduzionedegliaghicolmetodotanbahoosono: 1) Concimare e bagnare in primavera per rafforzare le gemme. Se le cande-le non sono uniformi in lunghezza, si cerca di portarle al pari di quelle medie. 2)Nelprimoannointornoallafinedimaggiooallametàdigiugno(inbaseallazonageografica)pinzaretuttiigermoglinellostessomomentolasciandonetreoquattromillimetri.3) In estate si deve regolare la quantità di gemme presenti alla base dei ta-gli effettuati, lasciando due gemme della stessa dimensione (Fig. 6). 4)Dall’iniziodiottobre,finoallametàdellostessomese,dopoessersiaccertatichesiano maturati e consolidati gli aghi nuovi, si staccano tutti quelli vecchi (se questi ger-mogli fossero troppo disuguali, ci si regola con gli aghi vecchi, tenendone molti sulle candele piccole e togliendone da quelle forti), concludendo il metodo tanbahoo (Fig. 3). Questo è il metodo per accorciare gli aghi dei Pini neri. In sintesi, durante il primo anno ci impegniamo a rinforzare le candele deboli e a frenare quelle vigorose; in questo modo prepariamo il tanbahoo, che verrà praticato su tutte le candele nello stesso momento verso la metà di giugno dell’anno successivo. In caso di Bonsai di dimensioni grandi (1 metro) anticipare di 15 giorni il tanbahoo. Nel caso di shohin, al contrario, aspettare 15 giorni dalla data consigliata.

Antonio Acampora

Fig. 4

Fig. 5 Fig. 6

Fig. 7 - Pino nero giapponese. Coll. Luca Bragazzi Fig. 8 - Pino nero giapponese

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Il BonsaiGymnasium nasce dalla passione per l’arte bonsai di due amici, Federico Springolo ed il sottoscritto, Marco Tarozzo (Fig. 1). Entrambi pratichiamo l’arte del bonsai da più di 15 anni e Federico, anche se molto giovane, è istruttore IBS dal 1997.DopoaverfrequentatoiprimicorsibasepressounascuoladiPadova,ilBonsaiGym-nasium di Gigi Toso, scuola che oggi non esiste più, abbiamo iniziato un percorso che nel tempo ci ha portato a fare stage e workshop con rinomati professionisti; tra questi ci piace ricordare:Tarakawa, Suzuki, Noelander,Toso,Andolfo, DalCol,Cettorelli, Liporace, DeCapitani e per ultimo, ma non a caso, Sandro Segneri. DicevamononacasoSandroSegneri,siperchéripartetuttodaluiepiùavantive-dremocomeeperché.Dopoladelusionedovutaallachiusuradellascuolaeall’interruzionedel rapporto con Gigi Toso abbiamo perso i contatti col mondo del bonsai, ma, passato il primo periodo di sconforto, durante il quale ci siamo dedicati al solo mantenimento in vita delle piante, abbiamo deciso di rincontrarci in sporadici ma intensi incontri di lavoro e “rimet-tere mano”sul materiale di cui eravamo in possesso (Fig. 2, 3, 4, 5, 6).

Con l’aumentare della nostra voglia di crescere, sia dal punto di vista dell’esperienza che della tecnica, ci rendevamo conto che ci mancavaqualcosa:ilconfrontoconglialtri,ladiscussionecriticadeilavorisvolti.Discutevamomoltotradinoiequestediscus-sioni ci hanno portato, nel tempo, a maturare l’idea che nei vari incontri avuti negli anni precedenti con istruttori e dimostratori quello che più ci aveva col-pito umanamente, tecnicamente e creativamente era stato Sandro Segneri (Fig. 7).Decisi,adinsaputadiFederico,dicontattareSandropervederesesipoteva organizzare con lui un incontro didattico, un workshop…Si insomma, riprovare a “metterci in gioco”.Ma come mi sarei potuto proporre, cosa gli avrei potuto dire? - “Ciao, sono Marco Tarozzo, ti ricordi? Ci siamo visti più volte da Gigi Toso. ….mi fai entrare nella tua scuola?”. Figuriamoci, dopo anni mica ci si può ripresen-tare così ad un personaggio del calibro di Segneri (sempre che si ricordasse di me)?!? Tanto per farvi capire approssimativamente la mia situazione, mi sarei trovatodi fronteadunsignorechenelmondodelbonsaièovunque:cerchi un libro e ti propongono il suo, apri una rivista e c’è lui, vai in internet e c’è sempre lui, ammiri un capolavoro ed è stato lavorato da lui…. suvvia, micasareipotutoesserecosìsfrontato?Maallafine...pensacheciripensa,mifacciocoraggioepartoconlamiapresentazi-one. Al telefono…. - “Ciao, sono Marco Tarozzo ti ricordi? Ci siamo visti più volte da Gigi Toso…. mi fai entrare nella tua scuola?

Fig. 1 - Marco Tarozzo e Federico Springolo

Fig. 2

Fig. 3

Fig. 4

Fig. 5

Fig. 6

Fig. 7 - Sandro Segneri e Massimo Bandera

Vita da clubOLTRE IL VERDE-BONSAIGYMNASIUM - Marco Tarozzo49

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Vita da clubOLTRE IL VERDE-BONSAIGYMNASIUM - Marco Tarozzo 50

E lui - “Ciao Marchii…. come va, tutto bene? Dove ti sei perso?”…penso:“caspita, sono un genio... si ricorda, e si ricorda pure i parti-colari di qualche giornata passata insieme!” Emozione a tre mila giri…. è fatta! Sandro stava partendo per il Giappone e mi disse che mi avrebbe ricontattato al suo rientro, qualche mese dopo. Beh, pensaichedopoaveraspettatotantononsarebbestatoqualchemeseinpiùd’attesaacambiarmilavita.Diquestonondiconullaa Federico, preparo la sorpresa! Al rientro Sandro mi chiama e mi comunica che c’è la possibilità di un inserimento presso la sede della scuola a Belluno; non ci penso nemmeno su e gli rispondo che va bene! Prendo contatti con il “capoclasse”, come simpatica-mentelochiamiamonoi,easpettoconansiachearriviilprimogiornodiscuola,conladifferenzachel’infanziaediseiannilihopassati da un bel pezzo, ma in quel venerdì l’emozione era la stessa di allora! LìaBellunol’incontroconglialtristudenti,elapassioneesplodeintuttalasuaveemenza.Alrientro,vadodirettamentedaFede-ricoperchéholavogliadicondividereconluiciòcheèsuccesso.Hanelfrattempoavviatoun’attivitàdirealizzazioneecuradigiardini(la“Oltreilverdes.n.c.”)estamettendosucasaefamiglia.Federicopassalamano:-”Marco ora no, ne parliamo il pros-simo anno, sono incasinato, non riesco neppure a seguire le piante...”.Dounosguardoalgiardinoemirendocontocheèpropriopreso:noncipensosuecaricolesuepianteinauto,facciotregiri,dacasasuaacasamia,edallafinelasuacollezioneènelmiogiardino in attesa che il proprietario “rinsavisca”. PassaunannodiscuolaetornodaFederico,avederecomesièsistemato:benel’uomoc’è!E’rinsavito,carico!Facciodinuovo quei famosi tre giri, però sta volta da casa mia a casa sua, e le piante sono di nuovo sui suoi bancali! Passano altri tre mesi e il Fede è a scuola con me sotto la guida di Sandro (Fig. 8). Ora, dopo quattro anni di duro lavoro con il “capoclasse “(foto lavori a Belluno) ad entrambi nasce la voglia di rifondare insieme altri amici il vecchio club “BONSAIGYMNASIUM”.I tempi son cambiati, sono passati 10 anni da quando il vecchio Gymnasium ha chiuso, noi siamo cambiati, il bonsaismo è cambia-to!Decidiamocheancheilnomedevecambiaredaquellodiallora,deveessereuninsiemediciòchefuequellochec’èora.Cosaallorapuòesserepiùindicato“OLTREILVERDE(oggi)BONSAIGYMNASIUM(ieri)?”.Dettofatto!Ecco,cosìènatoilnostroclub.Romantici? Sì, lo siamo. Nostalgici? Sì, lo siamo. Però noi siamo così e così lo sono anche i nostri compagni di viaggio (Fig. 9). Orainiziaildifficileperché,oltreallanostracrescitatecnicaecreativa,sentiamosullapellelaresponsabilitàdifarmatu-rare la passione per quest’arte anche ai nostri amici del club. Stiamo lavorando molto sulla didattica di base che servirà a prepara-re il gruppo e ad intraprendere un percorso formativo più articolato e completo dentro la “Bonsai Creativo School - Accademia”. C’è infatti anche la voglia, in un prossimo futuro, di aprire presso la nostra sede (in provincia di Padova) un distaccamento della scuola di Sandro Segneri. Sonopassatidagliinizi15anni...efinalmentesiiniziaacamminare!!

Marco Tarozzo

Fig. 8

Fig. 9

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Considerandoilfattochenell’ImperodelSolLevanteilpredominiodellaclassemilitareduròbensettecentoanni,echela spada, come arma e come simbolo della nazione ebbe una importanza che durò ben oltre, è naturale che l’uso della spada abbia goduto di un’attenzione e di una considerazione grandissima. Il budo (modo di vita caratteristico del guerriero giapponese) si è evoluto dopo il periodo di pace feudale durato quasi due secoliemezzo(1603-1868,periodoTokugawa),diventandoun’espressionedellaidentitàstoricagiapponese.LadeaAmaterasu,personificazionedelsole,secondolamitologiafecedonoaisuoidiscendentidiunacollana,diunospecchioediunaspada(Kento),simboli del Giappone imperiale. E’ importante considerare che per i giapponesi la spada non è stata soltanto uno strumento di guerra. Nella cultura e nella vita dei samurai, la spada ricoprì il ruolo di un Kami, di un’entità divina preposta alla conservazione delleviteealladistribuzionedellamorte;questapossedevapotericheandavanobenoltrel’affilaturadellalamael’abilitàdelguerriero che la impugnava. Perisamurai,laspadaerailcentrodellalorovita:conessacombattevanoservendoillorosignore,difendevanol’onoree quello del loro clan, dimostravano la loro lealtà verso i compagni durante la battaglia. Con essa, spesso, si toglievano la vita facendo hara-kiri o peggio ancora seppuku. Ogni samurai, vedeva la sua prima spada addirittura al momento della nascita. I padri donavanoalfiglioneonatountalismanochiamatoMamoriGatana,cheavevalaformadiunaspada.All’etàdi15anniigiovaniallievicominciavanoadaddestrarsiconvereepropriespade inmododaprepararsial lorodestinodi samurai.Lapraticadelcombattimento con la spada, una disciplina chiamata Kenjutsu, richiedeva maestri molto preparati dato che solo grazie ai loro insegnamenti i nuovi guerrieri potevano vincere contro avversari di maggiore esperienza. Ognisamuraipossedevaduespadedifoggiaelunghezzadiverse:laKatana, una spada lunga che i guerrieri portavano infilatainunfoderoappesoallacinturasulfiancosinistro;eilwakizashi, un’arma corta dalla quale i guerrieri non si separavano mai e che chiamavano “Guardiano dell’onore”,spessousataduranteilritodell’hara-Kiri.IlWakizashi,venivainfilatonellacinturaall’altezzadellostomaco.Questaposizione,oltrechecomodaperimovimenti,avevaunsignificatosimbolicomoltoimportante,infatti, ilventre,cheiGiapponesichiamanoHara,eraconsideratodaiSamuraicomeilfulcrodelcorpoedellamente: inessorisiedevano la volontà, le emozioni e lo spirito di ogni essere umano. Lelorospade,mutaronospessoformaematerialinelcorsodeltempo.Probabilmentesoltantoall’iniziodell’VIIIsecolod.C., vennero introdotti le Katana, dotate di una lama a doppio taglio. Precedentemente, le spade erano fatte in bronzo o in ferro, lunghe tra il mezzo metro e i 90 cm, dotate di una lama dritta e costituite da un pezzo unico tra lama e impugnatura o da due pezzi forgiati separatamente. Successivamente, intorno al IX secolo d.C., grazie soprattutto alla maggiore specializzazione degli artigiani giapponesi, le lame cominciarono ad incurvarsi acquistando la forma che ancora oggi conosciamo. I fabbri che le producevano ebbero un ruolo centrale per gran parte della storia del Giappone. Essi erano molto spesso di origini nobiliari e nel loro lavoro seguivano un rituale fatto di un abbigliamento e di una igiene personale particolari. Anche i luoghi in cui si svolgeva la forgiatura erano preparati con cura rituale, spesso somigliavano a dei veri e propri templi arricchiti da talismaniutilizzatiperattirareilfavoredeglideieallontanareleinfluenzenegativedeglispiritimaligni.Gliartigianicustodivanoin gran segreto le loro tecniche per la forgiatura delle spade, ed erano disposti ad uccidere piuttosto che vederle svelate. Il loro saperevenivatramandatosoltantoaifigliesitrasmettevacosìdaunagenerazioneall’altra.Glielementifondamentaliperlaproduzionediun’armaeranoquattro: - la miscela di acciaio -ilraffreddamento - la levigazione - il collaudo. Lemisceleeranodiduetipi:quelleinacciaioduro(dettoHagame),equelleinacciaiomorbido.Ilraffreddamentoerafondamentaleinquantodaessodipendevaladurezzadellalama,essovenivaprodottodaacqueriscaldatefinoaraggiungerediverse temperaturenellequali le lameappena forgiatevenivano immerse seguendo tempied intervallimoltoprecisi.Dallalevigazionedipendeval’affilaturadellalama,sologliartigianipiùespertisapevanotrattarelostratoesternodellespadeappenaforgiate in modo da ricavare lame che non fossero soltanto taglientissime, ma anche il più possibile durevoli.

La Katana:una delle vie orientali

Articolo a cura di Antonio Ricchiari

I disegni riprodotti nell’articolo sono tratti da: Winston L. King, Zen and the Way of the Sword arming the Samurai psyche, Oxford University Press, Inc., New York, 1993

51Il Giappone visto da vicino

LA KATANA - Antonio Ricchiari

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52Il Giappone visto da vicino

LA KATANA - Antonio Ricchiari

Il collaudo, era sicuramente la parte più cruda e hard della produzione, non bisogna infatti dimenticare che l’utilità di una spada, per quanto preziosa essa potesse essere, era quella diuccideregliavversari.Perprovarnel’efficacia,allora, venivano spesso utilizzati dei cadaveri, oppure, in alcuni casi particolari, con esse venivano eseguite le sentenze dei condannati a morte. La Katana non è l’unica spada che iguerrieri avevano a disposizione. Esistevano altri tipi di lama, tra cui, ad esempio la spada Tachi era leggermente più lunga e ricurva, oppure la Nodachi (letteralmente “spada da campo”), decisamente più lunga di una Katana. Quest’ultima, infatti, ha una lama con una lunghezza che varia dai 60 ai 75cmedunaclassicaedinconfondibilelamadallacurvaturamoderatamenteaccentuata.L’affilaturaèsolodaunlato,vièun’impugnaturaperpoterlaafferrareconduemani.LaKatananascepertagliare,consentendograndevelocitàearmoniadimovimenti. Insiemeallakatanaformavaquellocheerachiamatoaisho(letteralmente“grandeepiccolo”): laKatanaeralapartelunga,ilWakizashilapartecorta.Successivamente,nelperiodoAzuchi-Momoyama(dal1573-1614)laspadasubiscegrosserivoluzioni siaestetichechedi fabbricazione,mentrenel successivoperiodoTokugawa (finoal1868) le spadecon lunghezzasuperioreai60cmfuronoriservateaisoliSamurai,comesegnosocialedistintivo.FuconilperiodoMeiji(1868-1912)chelacastadeiSamuraifudichiarataestintaequindifuvietatoilportareilDaishoinpubblico.Algiornod’oggilaproduzionecontinuaaritmimolto bassi, soltanto per proseguire la tradizione. Sia i pezzi dei grandi maestri forgiatori del passato, sia i pezzi pregiati di oggi raggiungono cifre impensabili. Vediamorapidamente lamontaturadella lama:abbiamo l’impugnatura (tsuka), laguardia (tsuba)e il fodero (saya).L’impugnaturaè in legnoericopertadipelle,rivestitadiseta intrecciata.Neglispazicherimanevanodall’intrecciotrovavanopostovariornamenti.Laguardiaèdimetallofinementelavorato,unaveraepropriaoperad’artechespessoriportavailsimbolodel clan di appartenenza del guerriero. Il compito della guardia era evitare lesioni alle mani derivanti dallo scivolamento delle lame. Il fodero è in legno di magnolia laccato. Ciò che rende la Katana una spada così eccezionale, la migliore al mondo è la lama. Comeognigrandelavoro,anchelaproduzionedellaKatanavedecoinvoltidiversimaestri:abbiamoilproduttoredelferro, il fabbro che lavora il metallo grezzo, un fabbro che lo piega su se stesso più e più volte, un addetto alla lucidatura ed unospecialistaperaffilarla.L’acciaioutilizzatoperlaKatanaèsoloedesclusivamentelaqualitàTamahagane,ovvero“acciaiogioiello”. Ricavato dalla sabbia nera, viene sciolto in forni molto particolari, dal nome Tatara. Il compito del lucidatore è quello di rendere la spada artisticamente bella da vedere. Per farlo sono necessarie diverse settimaneediversitipidipietra(unadellequalihauncostoesageratoevieneusatainquantitàminime.Assistiamoaduefasi:laprima viene chiamata Shitaji togi, mentre la seconda Shiage togi. Nella Shitaji togi la prima cosa che si fa è raddrizzare la lama se, perqualchemotivo,èstorta(attenzione:nonsitrattaditoglierelacurvaturadeldorso,maraddrizzarelalamaperpendicolarmenteall’impugnatura). Inoltre è qui che vengono corretti tutti i piccoli difetti, che potrebbero rendere la lama instabile o fragile in alcuni punti. Questo viene fatto utilizzando pietre molto grosse e abrasive. Nella Shiage togi, invece, si rende la spada lucida come uno specchio:inquestomodosiesaltanolecaratteristichedellalama.Noncidevonoesseredifetti,innessuncaso.Lepietreutilizzatesonomoltopiùpiccole.Ovviamenteètuttorigorosamentefattoamano.Lalucidaturaèfondamentale,soprattuttonellafasedi“Shitajitogi”:infattiun’abrasioneerrataoeccessivapotrebberovinareirrimediabilmentelalama,mentreunlavoroaccuratoediqualitàpuòaddiritturamigliorarla.Inquestafasevieneanchecuratal’affilatura:datalanaturasottiledellapartetagliente,sipuòprocedereallamolaturasenzascendereacompromessi;difficilmente,infatti,lalamasirovinerà. Entraoraingiocol’ultimafigura,ovveroilmontatore(Sayashi).Ilcompitoèteoricamentesemplice,inrealtànonloè:dopounaproduzionecosìminuziosa,apartiredalricavareilmetallodallasabbia,nonsipuòlasciarel’ultimafasealcaso.Lalamavieneinfilataefissataaccuratamentenellotsuka(l’impugnatura)attraversounpezzodibambùepoivienemontatal’elsa,checomeabbiamodettoinprecedenzaèfinementeornata.Inoltrevieneprodottoancheilfodero:aitempideisamuraieradoppio(uno di legno da esposizione ed uno sempre di legno ma molto più decorato da portare in battaglia), ora si tende ad usarne uno solo.Ilprocessointerodiproduzionehasuperatoi3mesi.Sidicechenellaspadavisial’animadelforgiatore:visembradavverocosìesagerata,comeaffermazione? Come molte altre armi sviluppatesi in territorio nipponico, la Katana ed in genere tutte le tipologie di spada giapponese

Fig. 1

Fig. 2 - Alcuni esempi di spade Fig. 3

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furono probabilmente un’evoluzione della spada cinese. Il Giappone, infatti, attorno all’VIII secolo d.C importò dalla Cina le prime armi in ferro acciaioso dopo seco-li durante i quali i soldati nipponici si erano armati esclusivamente con strumenti in ferro e in bronzo. La spada cinese era lunga circa 90 centimetri ed eraa doppio taglio; la katana a taglio singolo che ancora oggi conosciamo, rappresentò quindi una mutazione sostanziale rispetto al prototipo d’importazione cinese. Il fabbro iscriveva il proprio nome in ideogrammi cinesi (kanji) sulla lama della katana, neltrattochesarebbestatoricopertodall’impugnatura, ilcodolo.Le lameforgiatedaifabbririnomati (soprattuttoprimadel1350)divennerooggettimoltoammirati edapprezzati, e alcunediqueste inestimabili cimelidi famiglia.Lavenerazionedeigiapponesi per le spade forgiate dai maestri era ed ancor’oggi è tale che fu allestita una cerimonia per l’esame delle spade.

Fig. 9 - Le parti della spada

Fig. 4

Fig. 6

Fig. 5

Fig. 7

Fig. 8 - I componenti della Katana

Fig. 10 - Estrazione della katana e colpo di taglio

53Il Giappone visto da vicino

LA KATANA - Antonio Ricchiari

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54Il Giappone visto da vicino

LA KATANA - Antonio Ricchiari

L’usodelpezzettodistoffapertoccarela spada aveva lo scopo di prevenire il formarsi della ruggine, un problema delle spade giapponesi. Sguainare la spada in maniera fulminea sarebbe stato rozzo ed irriverente, sfoderarla completamente sarebbe stato un segno di ostilità, una proibizione stilistica equivalente alla proibizione per i samurai di sguainare la spada alla presenza e nella casa di un amico o del signore feudale. Il modo di portare e sguainare la spada simodificò conil cambiare dei sistemi di combattimento sul campo di battaglia. Anche il suicidio rituale dei samurai vede la katana in primo piano. Il seppuku procurava la morte emendatrice che toglieva l’onta di un reato da parte del samurai. Il seppuku fu attuato anche come mezzo di protesta. Per la cerimonia veniva allestita una stanza speciale oppure si utilizzava un tempio buddhista, un giardino oppure un cortile che veniva cosparso di sabbia bianca che in Giappone indica il colore della morte. Oltre al condannato erano presenti varie autorità, una persona che leggeva l’accusa, il testimone ed il kaishakucheeseguivaladecapitazionefinale.Quest’ultimo di solito era un samurai anziano che sapeva ben usare la spada. Aveva vicino un aiutante nel caso esitasse nel trovare la forza d’animo di eseguire la decapitazione. Il condannato si sedeva a gambe incrociate suunapiattaformadifronteaitestimoni.Davantiaquestivieraunvassoioconunpugnalecorto.Dopolaletturadell’accusailcondannato procedeva al suicidio che omettiamo nei dettagli per una questione di buon gusto. Il seppuku era un gesto conclusivo di libertà ed estrema dignità, era un modo di morire scelto dalla persona e praticato per mano propria, era un modo di riscattare la reputazione del proprio signore o della famiglia. Ricollegandoci alla storia contemporanea, prendendo in esame l’eredità dei samurai, abbiamo registrato il risorgere dei loro valori durante la seconda guerra mondiale, evento in cui il soldato giapponese, come il bushi pronto a morire, si gettava con assolutaabnegazioneconilproprioaereosullenavinemiche:eranoifamosikamikaze.Imedesimivalorisonoallabasedellastruttura della odierna società giapponese, come lo sono negli ambienti di lavoro, nella scuole e nella famiglia.

Antonio Ricchiari

Fig. 11 - Combattimento con due katane

Fig. 12 - Rituale del seppuku

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I CERAMBICIDIPatologia vegetale - Parte VI:

Vediamo in questo sesto numero del Magazine un gruppo di insetti che sempre più sono presenti nelle collezioni bonsai, de-stando serie preoccupazioni tra gli amatori per il danno che pro-vocanomasoprattuttoperipochiopocoefficacimetodidilottapresenti. I cerambicidi, meglio conosciuti come “rodilegno”, sono insetti molto vistosi per le loro dimensioni (5-6 cm), ma anche per leantennechelicontraddistinguono,perchépresentiinunnume-rofinoa50.Leformeadultesinutronodifoglieelinfa,mailverodanno è provocato dalle larve. Gli adulti depongono le uova negli anfratti della corteccia, nel terreno nei pressi del nebari, o peggio in gallerie scavate nel fusto con relativo danno meccanico di in-terruzionedei fasci linfatici.Taledannovieneadessereamplifi-cato nel momento della schiusa delle uova, quando le larve, vere epropriedivoratriciditessutivegetali(fitofagheexilofaghe),con-tinuano la loro azione di scavo, interrompendo repentinamente i fasci Xilematici e Floematici, devitalizzando intere branche a volte frutto di anni di lavoro. L’azionedellelarveèmoltolunga,inquantoladuratadel-

lo stato larvale è di qualche anno, per cui i danni prolungati nel temposonoavolte letaliper l’interoesemplarecolpito.Lalottaè chiaramente di tipo chimico e in questi casi, si adottano sistemi pratici che risultano essere invasivi dal punto di vista vegetale, ma risolutivineiconfrontidelpatogeno.Lapraticadiiniettareprodot-tiinsetticidisistemicidirettamentenellegallerieèmoltoefficace,con la ripetizione del trattamento per almeno tre-quattro volte nell’arco della stagione primaverile. Tali insetticidi devono essere “ovo-larvo-adulticidi”. L’osservazione giornaliera della nostra collezione èd’obbligoperchéciconsentediintervenirerepentinamentequan-dosipresenta ilproblema, identificatonellapresenzadipiccoletracce di segatura sul terreno o sui rami della chioma, o con dissec-camenti rameali apparentemente inspiegabili.

Luca Bragazzi

Che insetto è?

PATOLOGIA VEGETALE VI parte - Luca Bragazzi55

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