Bollettino n 2 2015

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2 MAGGIO_AGOSTO_2015 In copertina: Il Monviso, meta dell’uscita sezionale di settembre. Anche quest’anno si terrà la mini rassegna estiva dal titolo Montagna Estate. Si tratta di due incontri serali, con la proiezione di audiovisivi che vedono la mon- tagna e la natura come protagonista. Teatro delle serate è la suggestiva Piazza Nenni, (ex Piazza della Molinella) con inizio alle ore 21,30. In caso di maltempo, verrà indicata una sede alternativa al coperto. L’ iniziativa è organizzata grazie al patrocinio dell’assessorato alla cul- tura del Comune di Faenza e il determinante aiuto tecnico e logistico del Socio Carlo Antonio Conti. Carlo Antonio Conti. Carlo Antonio Conti. Carlo Antonio Conti. Carlo Antonio Conti. 2015 PROGRAMMA PROGRAMMA PROGRAMMA PROGRAMMA PROGRAMMA Giovedì 16 luglio 2015: a spasso nell’Appennino romagnolo. Giovedì 16 luglio 2015: a spasso nell’Appennino romagnolo. Giovedì 16 luglio 2015: a spasso nell’Appennino romagnolo. Giovedì 16 luglio 2015: a spasso nell’Appennino romagnolo. Giovedì 16 luglio 2015: a spasso nell’Appennino romagnolo. Sulle tracce della libertà: un trekking di sette tappe che unisce i luoghi della Sulle tracce della libertà: un trekking di sette tappe che unisce i luoghi della Sulle tracce della libertà: un trekking di sette tappe che unisce i luoghi della Sulle tracce della libertà: un trekking di sette tappe che unisce i luoghi della Sulle tracce della libertà: un trekking di sette tappe che unisce i luoghi della memoria. memoria. memoria. memoria. memoria. Presentazione dell’ opuscolo guida e del trekking, percorso nella primavera appena trascorsa in occasione del settantesimo anniversario della liberazione. Proiezione a cura della Sezione CAI di Faenza. Sentiero Roberto T Sentiero Roberto T Sentiero Roberto T Sentiero Roberto T Sentiero Roberto Tassinari: trekking da Piancaldoli, sul Sillaro, alla sorgente del assinari: trekking da Piancaldoli, sul Sillaro, alla sorgente del assinari: trekking da Piancaldoli, sul Sillaro, alla sorgente del assinari: trekking da Piancaldoli, sul Sillaro, alla sorgente del assinari: trekking da Piancaldoli, sul Sillaro, alla sorgente del Tevere, sul Monte Fumaiolo. evere, sul Monte Fumaiolo. evere, sul Monte Fumaiolo. evere, sul Monte Fumaiolo. evere, sul Monte Fumaiolo. Presentazione della nuova guida escursionistica, di Anna Boschi Anna Boschi Anna Boschi Anna Boschi Anna Boschi e Roberto T Roberto T Roberto T Roberto T Roberto Tassinari assinari assinari assinari assinari, scritta per ricordare il Socio ed Amico Roberto Tassinari, recentemente scomparso. Proiezione a cura di Anna Boschi e Roberto Tassinari. Giovedì 23 Luglio 2015: trittico Himalayano Giovedì 23 Luglio 2015: trittico Himalayano Giovedì 23 Luglio 2015: trittico Himalayano Giovedì 23 Luglio 2015: trittico Himalayano Giovedì 23 Luglio 2015: trittico Himalayano “Buthan, Ladakh, Nepal” di Michele Nicolis: una visione etnico culturale di una “Buthan, Ladakh, Nepal” di Michele Nicolis: una visione etnico culturale di una “Buthan, Ladakh, Nepal” di Michele Nicolis: una visione etnico culturale di una “Buthan, Ladakh, Nepal” di Michele Nicolis: una visione etnico culturale di una “Buthan, Ladakh, Nepal” di Michele Nicolis: una visione etnico culturale di una zona tra le più spirituali del pianeta. zona tra le più spirituali del pianeta. zona tra le più spirituali del pianeta. zona tra le più spirituali del pianeta. zona tra le più spirituali del pianeta. La Natura fotografata a tutto campo: questa è la visione di Michele Nicolis Michele Nicolis Michele Nicolis Michele Nicolis Michele Nicolis di Verona, viaggiatore e fotografo naturalistico, che fa parte di GENIUS LOCI, gruppo di quattordici fotografi. Info su www .geniusloci.photo rivista 2_2015.p65 01/06/2015, 15.52 2

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Bollettino CAI faenza n. 2 parte B

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In copertina: Il Monviso, meta dell’uscita sezionale di settembre.

Anche quest’anno si terrà la mini rassegna estiva dal titolo Montagna Estate. Sitratta di due incontri serali, con la proiezione di audiovisivi che vedono la mon-tagna e la natura come protagonista.Teatro delle serate è la suggestiva Piazza Nenni, (ex Piazza della Molinella) coninizio alle ore 21,30. In caso di maltempo, verrà indicata una sede alternativa alcoperto. L’ iniziativa è organizzata grazie al patrocinio dell’assessorato alla cul-tura del Comune di Faenza e il determinante aiuto tecnico e logistico del SocioCarlo Antonio Conti.Carlo Antonio Conti.Carlo Antonio Conti.Carlo Antonio Conti.Carlo Antonio Conti.

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PROGRAMMAPROGRAMMAPROGRAMMAPROGRAMMAPROGRAMMA

Giovedì 16 luglio 2015: a spasso nell’Appennino romagnolo.Giovedì 16 luglio 2015: a spasso nell’Appennino romagnolo.Giovedì 16 luglio 2015: a spasso nell’Appennino romagnolo.Giovedì 16 luglio 2015: a spasso nell’Appennino romagnolo.Giovedì 16 luglio 2015: a spasso nell’Appennino romagnolo.

Sulle tracce della libertà: un trekking di sette tappe che unisce i luoghi dellaSulle tracce della libertà: un trekking di sette tappe che unisce i luoghi dellaSulle tracce della libertà: un trekking di sette tappe che unisce i luoghi dellaSulle tracce della libertà: un trekking di sette tappe che unisce i luoghi dellaSulle tracce della libertà: un trekking di sette tappe che unisce i luoghi dellamemoria.memoria.memoria.memoria.memoria.Presentazione dell’ opuscolo guida e del trekking, percorso nella primavera appenatrascorsa in occasione del settantesimo anniversario della liberazione.Proiezione a cura della Sezione CAI di Faenza.

Sentiero Roberto TSentiero Roberto TSentiero Roberto TSentiero Roberto TSentiero Roberto Tassinari: trekking da Piancaldoli, sul Sillaro, alla sorgente delassinari: trekking da Piancaldoli, sul Sillaro, alla sorgente delassinari: trekking da Piancaldoli, sul Sillaro, alla sorgente delassinari: trekking da Piancaldoli, sul Sillaro, alla sorgente delassinari: trekking da Piancaldoli, sul Sillaro, alla sorgente delTTTTTevere, sul Monte Fumaiolo.evere, sul Monte Fumaiolo.evere, sul Monte Fumaiolo.evere, sul Monte Fumaiolo.evere, sul Monte Fumaiolo.Presentazione della nuova guida escursionistica, di Anna BoschiAnna BoschiAnna BoschiAnna BoschiAnna Boschi e Roberto TRoberto TRoberto TRoberto TRoberto Tassinariassinariassinariassinariassinari,scritta per ricordare il Socio ed Amico Roberto Tassinari, recentemente scomparso.Proiezione a cura di Anna Boschi e Roberto Tassinari.

Giovedì 23 Luglio 2015: trittico HimalayanoGiovedì 23 Luglio 2015: trittico HimalayanoGiovedì 23 Luglio 2015: trittico HimalayanoGiovedì 23 Luglio 2015: trittico HimalayanoGiovedì 23 Luglio 2015: trittico Himalayano

“Buthan, Ladakh, Nepal” di Michele Nicolis: una visione etnico culturale di una“Buthan, Ladakh, Nepal” di Michele Nicolis: una visione etnico culturale di una“Buthan, Ladakh, Nepal” di Michele Nicolis: una visione etnico culturale di una“Buthan, Ladakh, Nepal” di Michele Nicolis: una visione etnico culturale di una“Buthan, Ladakh, Nepal” di Michele Nicolis: una visione etnico culturale di unazona tra le più spirituali del pianeta.zona tra le più spirituali del pianeta.zona tra le più spirituali del pianeta.zona tra le più spirituali del pianeta.zona tra le più spirituali del pianeta.La Natura fotografata a tutto campo: questa è la visione di Michele Nicolis Michele Nicolis Michele Nicolis Michele Nicolis Michele Nicolis di Verona,viaggiatore e fotografo naturalistico, che fa parte di GENIUS LOCI,gruppo di quattordici fotografi. Info su www.geniusloci.photo

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Editoriale

Il PresidenteEttore Fabbri

La sezione del C.A.I. di Faenza è posta in Via Campidori, 28 (sede Rione Rosso).Tel. 0546 22966 - La Sede Sociale della Sezione è aperta a tutti il

giovedì dalle ore 20,30 alle ore 23,00 ed il sabato dalle ore 10,00 alle ore 12,00.giovedì dalle ore 20,30 alle ore 23,00 ed il sabato dalle ore 10,00 alle ore 12,00.giovedì dalle ore 20,30 alle ore 23,00 ed il sabato dalle ore 10,00 alle ore 12,00.giovedì dalle ore 20,30 alle ore 23,00 ed il sabato dalle ore 10,00 alle ore 12,00.giovedì dalle ore 20,30 alle ore 23,00 ed il sabato dalle ore 10,00 alle ore 12,00.

SEDE E ORARI DELLA SEZIONE C.A.I. DI FAENZA

È possibile effettuare le iscrizioni e rinnovare l’adesione al club:A FA FA FA FA FAENZA:AENZA:AENZA:AENZA:AENZA: Presso la Sede Sociale negli orari sopra indicati;

Presso la Ferramenta Chesi, Centro Commerciale Cappuccini, Via Canal Grande,Tel. 0546 21616 (ore negozio);

A TREDOZIO:A TREDOZIO:A TREDOZIO:A TREDOZIO:A TREDOZIO: Presso Gabriele Ferrini, Via XX Settembre, 65 - Tel. 0546 943929;A RUSSI:A RUSSI:A RUSSI:A RUSSI:A RUSSI: Presso Ballardini Luigi, Via Molinaccio, 61 - Tel. 339 2625666;A RIOLO TERME:A RIOLO TERME:A RIOLO TERME:A RIOLO TERME:A RIOLO TERME: Presso Piero Pasini, Via Zauli, 9 - Tel. 0546 70871.

Informazioni sull’attività della Sezione:A FA FA FA FA FAENZA:AENZA:AENZA:AENZA:AENZA: nella bacheca di Via Severoli (angolo palazzo comunale di fronte alla Pretura).A TREDOZIO:A TREDOZIO:A TREDOZIO:A TREDOZIO:A TREDOZIO: nella bacheca di Via XX Settembre.A RUSSI:A RUSSI:A RUSSI:A RUSSI:A RUSSI: nella bacheca di Piazza Dante, Sede Banca S. Geminiano e S. Prospero.A CASTEL BOLOGNESE:A CASTEL BOLOGNESE:A CASTEL BOLOGNESE:A CASTEL BOLOGNESE:A CASTEL BOLOGNESE: nella bacheca di Via Garavini (di fronte Credito Romagnolo),

con informazioni presso il Sig. Sportelli Domenico, Via Giovanni XXIII, 333.A RIOLO TERME: A RIOLO TERME: A RIOLO TERME: A RIOLO TERME: A RIOLO TERME: nella bacheca di Via Aldo Moro (di fronte al Comune)

Cari Soci,fino a non molto tempo fa la mia attività in montagna era limitata all’escursionismo; non conoscevo né lapalestra di arrampicata Yellowstone né la Scuola di Alpinismo e Scialpinismo Pietramora, che è l’OrganoTecnico che le sezioni del CAI di Cesena, Faenza, Imola, Ravenna e Rimini hanno costituito per formare eaddestrare gli alpinisti romagnoli. Per me la Scuola Pietramora era una struttura lontana adatta a pochi, dotatidi capacità atletiche e coraggio fuori dal comune, di arrampicare non ci pensavo proprio e la sola idea dilasciare il piano orizzontale per avventurarmi sul verticale, legato a una “fragile corda”, mi terrorizzava; poi,complice la mia carica sociale, ho cominciato a frequentare istruttori ed esperti di alpinismo che mi hanno, contanta pazienza, lentamente introdotto nel mondo dell’arrampicata. Credo che lo abbiano fatto per una sorta dirispetto nei confronti del loro Presidente e per emanciparmi (in senso alpinistico) e non essere rappresentatida un “alpinista di pianura”. Io ne ho approfittato e grazie a loro posso dire di aver in gran parte vinto i mieitimori (ora quando arrampico non sono più terrorizzato, ma ho solo… una gran paura!). Per completare l’opera,come l’arzilla vecchietta novantenne che ha voluto provare l’ebrezza del paracadutismo, ho iniziato un corso dialpinismo su roccia presso la Scuola Pietramora; con grande piacere ho trovato istruttori molto motivati, conelevata professionalità e grande cordialità, qualità che certamente consentiranno agli allievi di apprendere letecniche per praticare l’alpinismo divertendosi e in buona sicurezza. Ebbene, cari Soci, vi ho raccontato tuttoquesto per rimarcare che tutti possono aspirare a migliorare le proprie capacità alpinistiche senza essere“marziani”, non ci sono impedimenti assoluti, ma se si vuole si può fare! Chi più chi meno! L’importante èdivertirsi! Riguardo alla mia partecipazione al corso: “Io speriamo che me la cavo”.

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CERVINO 150 ANNI

Salite i monti, ma ricordate, coraggio e vigore nulla contano senza la prudenza; ricordate che la negligenza di unsolo istante può distruggere la felicità di una vita. Non fate nulla con fretta, guardate bene ad ogni passo, e fin dalprincipio pensate quale può essere la fine.

Edward Whymper

E l’ebbrezza di quell’ora passata lassù isolato dal mondo (...) potrebbe essere sufficiente a giustificare qualunquefollia.

Giusto Gervasutti

Il Cervino viene salito per la prima volta il 14 luglio1865 da Edward Whymper con sei compagni improvvi-sati ed eterogenei fra loro, coinvolti nell’impresa in tuttafretta a Zermatt, per le ragioni che vedremo più avanti.Poche ore dopo, durante la discesa, la caduta del gio-vane Hadow trascina nel baratro quattro dei sette alpi-nisti: gli esperti Hudson e Douglas e l’uomo di puntadella cordata, la guida Michel Croz. Solo la rottura diuna delle corde salva Whymper e le altre due guide; i trescendono a Zermatt e devono subire un’indagine sul-

l’accaduto, per dissolvere il sospetto che uno di loroabbia tagliato la corda.È un esempio celebre e tragico di quella “follia” a cuiGiusto Gervasutti accenna, maledizione ma anche rive-lazione dell’alpinismo, contraddizione insanabile cheriempie di fascino l’andare in montagna.Ben presto la nostra montagna viene salita da ogni ver-sante; Eugen Guido Lammer, audace precursore dell’al-pinismo senza guida, nel 1887 si salva da una caduta di200 metri dalla parete ovest e parla di “esperienza sfa-

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villante del pericolo, che ridesta le profondità del no-stro essere”. Sono certo che anche Whymper avesse ilmedesimo stato d’animo quel giorno di 150 anni fa. Ilriserbo inglese e la tragedia accaduta alla sua comitivanella discesa dopo la vetta gli dettarono invece altreparole, un capolavoro di buon senso che gli alpinistidovrebbero considerare in ogni momento - non soloquando è troppo tardi o troppo presto - per orientarel’azione e gestire il rischio. Nelle parole dell’inglese ri-suona non la ricerca di una sicurezza da garantire a tuttii costi, ma la consapevolezza che pericolo e responsa-bilità sono componenti essenziali dell’alpinismo.Rispetto a questa saggezza, comune a tutti i grandi alpi-nisti sopravvissuti, la storia del Cervino è un monito anon esagerare, e a sapere individuare i propri limiti. Loè per la celebre prima ascensione così come per le in-numerevoli piccole storie delle tante salite realizzate osognate, ciascuna delle quali per quanto modesta ri-chiede l’audacia di mettersi in gioco, lasciando le sicu-rezze quotidiane alla ricerca di qualcosa che per moltinon si vede.Spesso in ciascun alpinista nei primi anni di attività l’en-tusiasmo rasenta l’incoscienza; il segreto è temperare ilprima possibile l’impeto giovanile, che espone inevita-bilmente a maggiori rischi, attraverso il confronto e laconsapevolezza: oggi una buona scuola di alpinismopuò integrare la massima di Whymper nel migliore deimodi, e non è certo un caso se gli iscritti ai corsi delClub Alpino sono i meno coinvolti in incidenti in mon-tagna, pur essendone i più assidui frequentatori.Anche Giusto Gervasutti è legato al Cervino per avernecompiuto la prima solitaria invernale, nel dicembre 1936.Il giorno precedente l’ascensione dallaterrazza della capanna Carrel, lungo lavia normale italiana, così immaginava iconcittadini torinesi affaccendati nelleincombenze natalizie: “essi non sanno enon sentono ciò che io sono e sento inquesto momento; ieri ero come loro,domani tornerò come loro, ma oggi sonoun prigioniero che ha ritrovato la libertà”.Mi piacciono queste parole, sfiorate dallaretorica del tempo ma subito riscattateda una sensibilità non comune, capacedi arginare il legittimo orgoglio di sé conempatia e umiltà. E potete immaginareche quando, 53 anni dopo Gervasutti, misono trovato sulla medesima terrazza,aspettando l’alba per la salita, sentissi

quel luogo selvaggio abitato da persone, parole ed emo-zioni famigliari.Le montagne più belle della Terra non sono mai le piùalte. E’ una circostanza geologicamente casuale - cheaccomuna al Cervino altre montagne come il Campani-le di Val Montanaia, il K2, l’Alpamayo, il CampanileBasso - ma che porta in sé qualcosa di giusto e di uma-no: una misura di moderazione che la natura ha riserva-to a proteggere queste vette, altrimenti così appariscen-ti. Oggi però che ricorrono i 150 anni l’occasione è ghiot-ta per ricordare le storie grandi o piccole che il Cervinoci ha offerto.Se Dani Arnold oggi percorre la nord in 1 ora e 46 mi-nuti, non dobbiamo ignorare che la prima salita di que-sta parete i fratelli Schmidt la fecero giungendo da Mo-naco di Baviera in bicicletta; se Killian Jornet Burgadasale e scende da Cervinia in 2 ore e 52 minuti, pensia-mo a chi ha fissato i solidi canaponi che a lui e anche anoi hanno agevolato la salita; se Hervè Barmasse hasalito in giornata le 4 creste nel recente inverno 2014,pensiamo alle giornate trascorse sulla nord da WalterBonatti nell’inverno 1965 e da Alessandro Gogna nel-l’estate 1969.La vicenda della prima salita del Cervino è rocambole-sca: oltre che sfida all’ultima grande cima “inaccessibi-le” delle Alpi, diviene una questione politica nazionale.Da Torino, il giovane Regno d’Italia guarda alle Alpi comepalcoscenico da sfruttare per il prestigio nazionale. Delresto l’alpinismo è sempre stato metafora della guerra:ieri con le nazioni - pensiamo all’Italia che con il K2 nel1954 si riscatta dal passato di fronte ai grandi del mon-do - oggi con se stessi.

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Nel 1863 viene costituito sul modello inglese il ClubAlpino Italiano, e il suo primo presidente, Quintino Sel-la, da ministro del Regno, spinge con forza per una sa-lita tutta italiana. Jean Antoin Carrel, guida di Breuil (Cer-vinia), è in quegli anni l’accompagnatore di fiducia diEdward Whymper, ma già si trova in discussione conl’inglese sulla via di salita da seguire. Mentre il primo,per ragioni affettive e di sviluppo economico della val-lata, preferirebbe una via italiana, il secondo si rendeconto dopo i primi tentativi e con lucide indagini geolo-giche che il versante svizzero offre una via più facile.Mentre i due si confrontano per un accordo, le pressio-ni politiche di Quintino Sella - che non partecipa diret-tamente all’impresa - si concretizzano, e da quel mo-mento la coppia Carrel-Whymper gioca due partite se-parate. Come mostra, con qualche licenza romanzesca,il bellissimo film “La grande conquista” di Luis Trenker,mentre il primo organizza il gruppo italiano per affron-tare la difficile cresta sud-ovest, il secondo, rimasto solo,si precipita a Zermatt per organizzare al volo - con alcu-ni compatrioti e guide assoldate sul posto - un tentativoda nord-est.Le maggiori difficoltà del versante italiano fanno sì che,quando la comitiva di Whymper giunge sulla cima, Car-rel si trovi con il suo gruppo qualche centinaio di metrisotto. Dopo lo scambio di alcuni richiami, entrambe lecordate scendono: Carrel per riprovare nei giorni suc-cessivi e completare la via italiana alla cima; Whymperper incappare nella tragedia che cancellò ogni gioia perl’ascensione riuscita.Molto più modestamente rispetto a queste vicende, nel1989 Quinto Zaccarelli e io ci trovavamo alla capannaCarrel; accomunati dal nostro entusiasmo e dalla scar-sa esperienza, volevamo salire il Cervino in autonomia,con lo stile spartano ed essenziale che ci veniva dallaspeleologia. Per me significava fra l’altro portare a com-pimento un desiderio dei miei genitori, che program-marono di fare la salita negli anni ’70, senza trovarnel’occasione concreta.Forse nessuno fra gli esperti che conoscevamo avrebbeaccettato in quel momento di legarsi con noi - del restosono convinto che in alpinismo gli obiettivi debbanocrescere e maturare in autonomia, senza influenze ester-ne sia quando ti “spingono” sia quando ti “frenano”.Eravamo molto allenati, e reduci da un bel successo -”la fortuna dei principianti” - sul versante della Brenvaal Monte Bianco. Ci sentivamo pronti ad affrontare latraversata che, unendo la salita per la cresta italiana alladiscesa per la cresta svizzera, permetteva allora e per-

mette oggi - con qualche patema in più per l’aumentatainstabilità delle creste - di seguire in successione leorme di entrambe le cordate delle prime ascensioni del-la montagna.Valse davvero la pena di viverla, quella giornata, per ilmeraviglioso ambiente, l’orgoglio di misurarci con uncapitolo di storia dell’alpinismo, la gioia della cima cheprovai uguale solo pochissime volte sul Brenta. Era il 3agosto 1989, compleanno di una ragazza conosciutaall’università di cui ero dolcemente e irresolutamenteinnamorato, il cui pensiero mi fece dimenticare del tut-to, nella sosta della vetta, il tributo dovuto ai miei geni-tori...Degna chiusura della giornata, la nostra ombra proiet-tata all’infinito nel tramonto e più tardi, dopo alcunedoppie fatte a tentoni, una macchia chiara nel buio: iltetto della capanna Solvay, nido d’aquila dove passam-mo una scomoda deliziosa notte sul pavimento. Di frontealla potenza dell’ambiente e della storia, mi è rimasta lasensazione di avere sfiorato là per una volta il grandealpinismo, e ciò che ho vissuto dopo sulle Dolomiti miappare al confronto, benché più difficile, un gioco gra-zioso e leggiadro. Questa è la lezione del Cervino, allaportata di tutti a patto di non temere il mettersi alla prova.Rientrammo il giorno dopo, senza fretta. La valle si av-vicinava lentamente e sentivamo di tornare con gioia alnostro destino di normalità. Un ultimo brivido per attra-versare una zona sotto il tiro di seracchi incombenti einfine la lunga discesa al Breuil, attraverso prati dallafioritura esuberante. Sentii di diventarne parte mentremi addormentavo sull’erba tiepida, per svegliarmi soloalcune ore più tardi, al calare del sole.Non sono più tornato sulla cima del Cervino. Non credoci tornerò più. Oggi mi piace pensarla lontana nel tem-po e nello spazio, più di quanto sia in realtà. Ne abbia-mo percorso il periplo durante un memorabile corso discialpinismo negli anni duemila, dove tutto si è inca-strato alla perfezione. Anche se a una quota più bassa, imaestri erano sempre Gervasutti e Whymper. Perché,come dice Enrico Camanni in Mal di montagna “anchese il mondo va cambiando intorno a te, e altre ragioni divita meno egoistiche e più nobili vengono a sovrappor-si nel corso del tempo (...) anche dopo una ragionevolescelta di abbandono dettata dal buon senso (...) alpini-sti si rimane, e il cuore resta imprigionato nella passio-ne originaria, esclusiva, come un amore dell’adolescenzamai del tutto consumato, un dolce rimpianto che fa malefino alla fine.”

Vittorio Lega

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Il sempre crescente bisogno di stare a contatto con lanatura ci ha portato alla ricerca sia di spazi aperti dovela vista non si ferma, ma anche di ombrose valli eintricati boschi. Questi ultimi erano i più amati daRoberto. Lo studio di un percorso non segnato, diuna mulattiera ormai scomparsa che un tempo colle-gava case e borghi, la ricerca dei toponimi, delle sor-genti e delle Maestà, assorbivano tutta la sua atten-zione. Tutte queste strutture lo portavano mentalmen-te a rivivere un’epoca ormai passata che non accetta-va di dover lasciare andar via. Egli soffriva alla vistadi una casa ridotta a rudere e, incurante del pericolo,la avvicinava e, regolarmente, le dedicava una visitaaccurata fotografando tutto quello che ancora rima-neva in piedi. Non gli sfuggiva nulla: un fregio, unarco, una data, una finestra aperta sul cielo, un cam-panile a vela sostenuto solo da un groviglio di edera.Si portava a casa queste immagini e, con ostinazione,ne ricercava il toponimo ed era felice quando riuscivaa scoprire il nome dell’ultimo abitante, quasi a spera-re che questo potesse rallentare il lento ma inevitabi-le avanzare della pietosa natura che tutto copre facen-dolo sparire per sempre. E’ stato l’interesse per questiluoghi abbandonati che ci ha portato su percorsi non

molto frequentati, spesso non segnati o di difficile in-dividuazione sulle carte. Ma Roberto ormai si era do-tato di una buona attrezzatura tecnologica ed era di-ventato esperto nell’usarla, al punto che, per Lui, ilterritorio non aveva più segreti. E’ stato il girovagareper queste valli che ha fatto nascere, a Roberto, l’ideadi unire i vari tratti percorsi per far sì che divenisseroun unico sentiero. Mi chiedeva spesso cosa ne pen-savo, perché chiaramente c’era tanto lavoro per en-trambi, ma memori della bella esperienza passata perla ricerca del sentiero “00”, non ho avuto alcun dub-bio e l’ho incoraggiato ad andare avanti. Si è messoal lavoro per creare un’unica traccia. Non è stato sem-plice ma alla fine il risultato è venuto alla luce. Cosìsiamo partiti, Lui armato di gps, carte e buona mac-china fotografica, io con registratore e una piccolacompatta. Abbiamo percorso il sentiero passo a pas-so descrivendone minuziosamente tutti i passaggi.Una volta, però, che il lavoro era arrivato a buon pun-to, il male è sopraggiunto improvviso e feroce.Smarrimento, angoscia e dolore, mi hanno bloccataper mesi, ma poi quando sono riuscita di nuovo aragionare ho pensato che non potevo mollare. Rober-to meritava che portassi a termine questo lavoro a cuiaveva dedicato tanto tempo e tanta passione. Così,con tutti i miei appunti ,mi sono precipitata dall’edito-re Raffaele Monti, già al corrente del lavoro che ave-vamo iniziato. Non ero sicura che avrebbe accettatodi portare a termine la nostra guida. Devo dire, inve-ce, che con squisita gentilezza non solo ha accettatola mia richiesta, ma mi ha assistita ed aiutata a com-porre tutti i pezzi. Grazie Raffaele!! Così è nata questaguida che ho voluto dedicare a Roberto. Una guidache, come per il sentiero 00, ha ottenuto il “plauso”del Vicepresidente del CAI Nazionale Paolo Borciani,che ringrazio di cuore.

Anna Boschi

Roberto Tassinari e la cascata dell'Acquacheta

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In occasione della ricorrenza del settantesimo anni-versario della Liberazione le Sezioni CAI di Faenza edi Imola, con la collaborazione delle rispettive Sezio-ni ANPI, hanno inaugurato il percorso denominato“Sulle tracce della libertà” con un trekking partito do-menica 19 aprile e terminato sabato 25 aprile.

L’itinerario ripercorre i luoghi dove si sono svolti al-cuni dei principale fatti di guerra e della resistenzanegli anni 1943/1945, fino appunto alla definitiva li-berazione. Attraversa molte realtà cariche di signifi-cato storico e collega idealmente due vecchie abita-zioni di montagna, oggi luoghi simbolo per il ricordodi quel periodo: Cà Cornio, dove furono uccisi SilvioCorbari ed altri componenti del suo gruppo, e CàMalanca, dove ha sede il museo della Resistenza.L’intero percorso, spiegato molto bene nell’opuscolo

CAMMINARE NELLASTORIA (E NON SOLO)SULLE TRACCE DELLALIBERTA’

La copertina della guida del trekking.

La commemorazione a Cà Cornio.

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dal 1983

stampato per l’occasione ma che rimane quale validaguida, si snoda in sette giorni, sono presenti punti diappoggio per le soste ed i pernottamenti, ma vi è an-che la possibilità di fare singoli percorsi giornalieri.E così in occasione dell’inaugurazione, abbiamo pen-sato che fosse un’opportunità unica per percorrerlointeramente, ed un modo per celebrare la ricorrenzadel settantesimo in sintonia con la nostra passioneper il camminare. Certo quasi tutti i sentieri li aveva-mo già percorsi, conoscevamo già quasi tutti i luo-ghi, ma questo trekking è stato veramente qualcosadi diverso: si è trattato di camminare non solo perconoscere i luoghi, né tanto meno per fare eserciziofisico, ma è stato soprattutto un cammino nel ricordo.Come detto abbiamo iniziato domenica 19 aprile conquello che ci piace definire il prologo: un percorso diandata e ritorno da Modigliana a San Valentino, pas-sando da Cà Cornio dove è stato presentato ufficial-mente il percorso e si è tenuta unapiccola cerimonia per ricordare ifatti del 1944.E già lì, nonostante avesse piovutofino alla notte precedente ed il fred-do fosse veramente pungente, ab-biamo capito quanto fosse apprez-zato il progetto. Oltre ai cammina-tori abituali si sono aggregate a noitante persone di Modigliana, poi aSan Valentino abbiamo trovato al-tri amici con i quali abbiamo con-diviso il pranzo.Poi ognuno è ritornato a casa pro-pria e ci siamo trovati il lunedì mat-tina per la partenza ufficiale. La se-

conda tappa ci ha visto partire da Ponte della Valle,per arrivare al cippo dove abbiamo ricordato BrunoNeri e Vittorio Bellenghi e subito dopo arrivare al-l’eremo di Gamogna, poi alle Canove, al Lavane, alCapanno dei Partigiani, Farfareta ed infine Campigno.Qualcuno è tornato a casa, noi siamo rimaste a Mar-radi assieme ad altri sei irriducibili, a pernottare nellacasa vacanze di Collecchio, dove abbiamo trascorsouna divertentissima serata.Il martedì siamo partiti da Campigno e attraverso Pog-gio La Frasca siamo arrivati a Crespino. Lì siamo sta-ti accolti dal comitato presso il sacrario che ricorda lastrage del 1944 e con loro abbiamo fatto una bellacerimonia per ricordare il sacrificio dei civili che nel-la seconda guerra furono loro malgrado coinvolti. Cisiamo poi spostati per il pernottamento a Casaglia.Il mercoledì siamo stati raggiunti dal grosso del grup-po, e da questo momento saremo sempre quasi unaventina. Partiti da Casaglia siamo saliti al Passo deiRonchi di Berna, le Spiagge, Capanna Marcone, la

Sosta all'Eremo di Gamogna.

Attraverso l'abitato di Casetta di Tiara.

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Serra e Badia Moschea, dove abbiamo pernottato. Untappa molto lunga ma affrontata con calma, fermandociin ogni luogo citato per spiegare come questo è statocoinvolto negli eventi e per questo molto piacevole.Il giovedì da Badia Moschea abbiamo risalito la Valledell’Inferno per fermarci a Casetta di Tiara per un bre-ve ricordo dei partigiani uccisi in quei luoghi, poi aLotro, alla Faina per arrivare al Passo della Sambuca.Una tappa tutta in salita! Abbiamo dormito a Badia diSusinana e Palazzuolo ci ha riservato una gradita sor-presa.Venerdì dal passo del Paretaio, dove abbiamo resoomaggio al monumento della Faggiola, ci siamo por-tati a Monte Battaglia, teatro di una delle più ferocibattaglie fra eserciti regolari. Ritornati a valle siamorimasti a Casola per la notte.Il sabato il gruppo è notevolmente aumentato con l’ag-giunta di tanti amici del CAI e dell’UOEI, e da Rivac-ciola siamo saliti a Monte Cece e poi a Cà di Malancadove era nel pieno la festa del 25 aprile con canti eballi, tantissima gente sparsa nei prati, giovani, an-ziani e bambini che pareva volessero riempire di en- Il guado del Rio Rovigo.

tusiasmo quei luoghi solitamente silenziosi.Scontato raccontare del percorso, che tanti conosco-no, e del quale è quasi superfluo descrivere le bellez-ze: dalle faggete con le foglie appena sbocciate di unverde chiaro cangiante, quasi giallo, ai crinali dove losguardo si perde lungo l’Appennino, ai prati in que-sta stagione pieni di fiori dai tanti colori, alle costru-zioni che testimoniano un passato pieno di persone edi vita, sicuramente dura e difficile, ma vita. Ci piaceinvece raccontare del clima e dello spirito che ha fatto

Il gruppo alla partenza da Casaglia.

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11MAGGIO_AGOSTO_2015

sì che un viaggio a due passi da casa, su terreni co-nosciuti, si è trasformato in una vera e propria avven-tura di cui porteremo il ricordo permolto tempo.Intanto i compagni di viaggio, che po-tremo definire sicuramente stupendi.Da quelli che conosciamo da tempo econ i quali abbiamo già condiviso tan-te uscite a quelli che abbiamo cono-sciuto in questa occasione, tutti acco-munati da quel senso di fare qualcosainsieme, di appartenere ad un unicogruppo che non solo condivide la pas-sione per camminare ma che nel suopiccolo sta facendo qualcosa per nondimenticare la storia ed il valore della libertà.E poi come dimenticare i momenti, a volte anche in-tensi, dove ai piedi di un rudere o di fronte ad un cip-po in silenzio abbiamo ascoltato la storia di quel luo-go e delle persone che lì hanno combattuto e sonomorte. E, pure, quando ognuno di noi portava la pro-pria testimonianza raccontando quello che ci hannotramandato i nostri genitori e nonni, in una sorta dirito collettivo della memoria.Poi le discussioni anche intense sia sulla storia, doveognuno ha una sua interpretazione, che sull’attualità,tanto che nei primi giorni per sedare una discussionequalcuno buttava sempre là un “alla fine della setti-mana l’avremo poi fatta l’Italia!”.Infine i posti dove siamo stati, conosciuti da anni efrequentati da camminatori per parcheggiare o pren-

dere un caffè. In questa occasione questi luoghi ed iloro abitanti sono stati delle vere sorprese. A comin-ciare dal gruppo di case delle Crognole che abbiamoincontrato scendendo dal Lavane, dove con orgoglioci é stato mostrata la ristrutturazione del borghetto.Poi la cerimonia a Crespino dove le ferite inferte aquella piccola comunità dall’eccidio sono ancora aper-te e dove con piacere accolgono chi assieme a lororicorda le loro vittime. I posti tappa che ci hanno ospi-tato, entusiasti dell’iniziativa e di far conoscere gli in-vestimenti fatti per incentivare il turismo itinerante nelnostro Appennino.A Palazzuolo la sorpresa maggiore: l’amministrazio-ne comunale ha colto l’occasione del trekking per ce-lebrare assieme a noi la ricorrenza della liberazionecon poesie, racconti e suoni della banda del paese inuna serata molto partecipata ed intensa di emozioni.Crediamo proprio che da oggi conosciamo meglioqueste realtà, e se noi abbiamo dato un piccolissimo

La torre di Monte Battaglia.

Due parole in cima a Monte Cece.

contributo al ricordo del sacrificio di tante personeper la nostra libertà, noi ne abbiamo ricevuto giornatebelle, intense, con una bellissima compagnia.E di questo è doveroso ringraziare Franco Conti cheha lavorato in prima persona al progetto, e tutti quelliche ci hanno creduto e lo hanno aiutato nella realiz-zazione, e tutti i partecipanti, anche chi ci ha aiutatonella logistica: in una settimana fra chi andava e chiarrivava, chi si fermava per la giornata e chi invecepernottava, hanno partecipato qualche decina di per-sone e non tornavano mai i conti. Ci contavamo ericontavamo ed eravamo sempre un numero diverso,quindi un solo appunto al CAI per la prossima volta:forniteci un pallottoliere!

Clara e Emma

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12MAGGIO_AGOSTO_2015

Relatore: Andrea Martinino

Iscrizioni a partire daGiovedì 3 Settembe

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godere di un primoconsulto gratuito e ditariffe agevolate nelcaso di prosecuzio-

ne dell’incaricoprofessionale.

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La val Dogna è una delle tante vallate tra le Alpi Carniche eGiulie che si apre lateralmente alla val Canale percorrendola Strada Pontebbana in direzione Tarvisio. Chi ha svolto ilservizio militare nei battaglioni della Julia sicuramente avràconosciuto l’erta strada che, dal fondovalle a 423 m, rag-giunge con tornanti mozzafiato, dopo 15 km, la sellaSomdogna a 1.392 m. Sudore, scarponi consumati e… “lesante” bestemmie degli alpini in armi hanno attraversato iminuscoli agglomerati di case: Ronchesin, Chiut di PuppeChiutzucuin, Mincigos, Plans Spadovai, oggi tutti abban-donati, la valle non offre risorse economiche e l’esodo èstato inevitabile.Questa strada fu approntata nei primi anni del 1900 in pre-visione del conflitto con l’Austria, poiché il confine correvasulle alte cime della dorsale destra: Clap Forat, Jôf di Do-gna, M. Sechieiz, Due Pizzi, Jôf di Somdogna, Jôf di Mie-zegnot, Montasio. Allo scoppio del conflitto, il 24 maggio1915, erano già da tempo schierate le compagnie alpinedel Battaglione Gemona, che presidiavano il confine, e conrapidi colpi di mano scacciarono gli austriaci dalla linea dicresta, che rimase totalmente italiana, e la attrezzarono conopere difensive di ardita ingegneria militare. Le selle, lecime, i passi e le linee dove poteva avvenire un ipoteticosfondamento nemico dalla val Saisera (allora austriaca),furono rinforzate con casematte, caverne, trincee in cementoarmato per fucilieri. Ci furono alcune cruente battaglie, mafu soprattutto uno scambio di colpi di artiglieria a suon diobici da 305 (i famosi ippopotami) che dai fondovalle sca-ricavano granate da due quintali e shrapnel sulle posizioniavversarie. Su queste montagne combatterono romagnolifamosi come il capitano Carlo Mazzoli di Cesena, nipote diFelice Orsini. Ufficiale stravagante e pluridecorato, utilizzòi cani come ausiliari nei trasporti in linea, portava lunghicapelli ed era conosciuto come il Garibaldi della Val Do-gna, lo “sgjavelaat” in friulano (letteralmente lo scapiglia-to). Il dott.Pio Bertini di Rocca San Casciano (FC), richia-mato come tenente medico al Gemona, diresse posti dimedicazione avanzati in prima linea, poi gli ospedaletti dismistamento di Resia e Moggio. Il dott. Bertini ci ha la-sciato una ricca documentazione fotografica conservata inun album dove ha fissato con meticolose didascalie le im-magini di due anni e mezzo passati in alta val Dogna. C’è ilprogetto (qualora si trovino amministrazioni sensibili esponsor!) di dare alle stampe l’album fotografico, così darendere pubbliche tutte le storiche e uniche immagini scat-tate. Anche il caporal maggiore dei bersaglieri Benito Mus-solini per un breve periodo prestò servizio il Val Dogna etroviamo nel suo diario la descrizione della strada militarecostruita per servire le truppe in linea. Mussolini rimase

TRA LE TESTIMONIENZEDELLA GRANDE GUERRAIL VAL DOGNA (UDINE)

stupito dalle ardimentose opere d’ingegneria stradale ese-guite. Probabilmente ci furono altri romagnoli che com-batterono tra queste montagne, di cui purtroppo non ab-biamo il ricordo.Oggi la valle è percorsa dalla strada asfaltata, ben tenuta,che arriva fino alla sella, è meta di escursionisti e alpinistiche si cimentano lungo le ferrate e le vie più impegnativenelle pareti del Montasio, dello Jôf Fuart, dei Nabois. Nonprivo di fascino e di ricordi storici è percorrere le linee dicresta delle posizioni italiane. Come punto di partenza sipuò utilizzare Plans Spadovai; è un ampio spazio, in partepianeggiante, dove era collocato il comando del Gemonacon tutti i magazzini e i depositi avanzati. Qui arrivavano lecolonne di salmerie dal fondovalle ed erano smistate allevarie compagnie in linea. Sono ancora evidenti i resti degliedifici, le fondamenta dei ricoveri, numerosi i resti di ga-vette e scatolette oramai arrugginite, testimonianze dei fru-gali pasti degli alpini. Nei pressi fu edificata una cappellet-ta, prima in legno, poi nel 1917 in muratura, tuttora benconservata, dove l’ultima domenica di luglio si celebra unamessa in ricordo di tutti i caduti del Gemona. Nei pressidella costa di Brusinizze in località Stavoli dei Plans, è vi-sibile l’opera difensiva italiana di seconda linea, che con-siste in una serie di trincee che chiudono la valle con po-stazioni blindate per mitragliatrici. Una galleria immette nelsistema sotterraneo che ospitava tre pezzi d’artiglieria incaverna, collegate da ampie scalinate interne. L’opera fupiù volte visitata anche dal re Vittorio Emanuele che nerestò entusiasta. Durante il conflitto non fu mai utilizzata,le azioni belliche si consumarono molto più in alto e anchecon lo sfondamento di Caporetto la linea difensiva del Plansnon fu messa in opera, ormai le truppe austro-tedeschestavano scendendo dalla val Canale e avrebbero aggirato eimbottigliato gli alpini. Oggi il comune di Dogna ha già ingran parte restaurato la linea difensiva che è agibile, si pre-senta intatta, e attraverso sentieri e percorsi si può facil-mente visitare entrando in trincee e caverne. L’itinerario èsemplice, si percorre in circa 60 minuti, il dislivello è di 75m. (sito web: www.comune.dogna.ud.it).Come punto di appoggio si può utilizzare la Locanda AiDue Pizzi. L’alpino Giovanni Compassi ha riadattato, conmaestria non comune, un vecchio edificio militare dellagrande guerra, trasformandolo in un’accogliete locanda conalcune camere, che gestisce con la cordiale consorte Sig.raConcettina mettendo a disposizione ottimi piatti carnici.La locanda è la base ideale per le escursioni alla scopertadelle testimonianze storiche della grande guerra, e il ge-store accoglie tutti con semplicità e amicizia alpina, met-tendo a disposizione la sua grande esperienza di rocciato-re e sciatore, passione che ha coronato durante il serviziomilitare gareggiando nella squadra atletica della Julia.Recapiti: Locanda Ai Due Pizzi, Plans Spadovai, Val Do-gna (UD) Tel.0428-93127 cell. 347-6605734 [email protected].

Luigi Melloni

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15MAGGIO_AGOSTO_2015 LXXXVIII - LE ORCHIDEE

FIORI SPONTANEI DELL’APPENNINO

ROMAGNOLO (a cura di Ettore Contarini)

25 – LE ORCHIDEE (9o)

GLI ASPETTI ESTREMAMENTE PECULIARI DEL GENEREOPHRYS.Il genere Ophrys, nell’ambito della famiglia orchida-cee, rappresenta un fenomeno biologico unico perla struttura del fiore che mostra per ogni specie delgruppo singolarissime forme e colori che ne caratte-rizzano il labello, ossia la parte centrale inferiore, pen-dula, del fiore stesso. Per questi motivi straordinaria-mente unici nel vastissimo mondo delle piante meritain questa sede parlarne un po’. Già era noto ai bota-nici dell’800 il fatto sorprendente che i fiori delle sin-gole specie di Ophrys venissero visitati di regola esclu-sivamente dai maschi dei loro specifici insetti impolli-natori, mentre le rispettive femmine ignoravano que-ste orchidee e si orientavano su altre fioriture. La spie-gazione dell’insolito fenomeno è arrivata soltantoquasi un secolo dopo quando uno studioso tedesco(Kullenberg) nel 1961 pubblicò, dopo lunghe e atten-te osservazioni, la sua teoria sui perchè dell’attrazio-ne fatale riservata ai soli maschi della specie, teoriatuttora valida e ulteriormente confermata da altri ri-cercatori. In pratica, il succitato labello funge per ilsuo aspetto insettiforme da “esca sessuale” poichéimita, spesso con incredibile somiglianza di forme, dicolori, di pelosità, ecc., la femmina della medesimaspecie impollinatrice. Inoltre, per aumentare la po-tenza del richiamo sessuale sui maschi di passaggioin volo, il fiore emette particolari odori stimolanti cheaccrescono l’attrazione verso la giusta direzione doveil ritenuto esemplare dell’altro sesso se ne sta tranquil-lamente posato a bottinare su una corolla. Ne derivauna pseudo-copulazione che comporta, dopo l’at-terraggio del maschio, un focoso tentativo di amples-so che perdura per un po’ di tempo finchè il malca-pitato non si rende conto di essere stato ferocemen-te ingannato! Tra l’altro, detta manovra avviene inposizione “obbligata” in modo che il maschio dell’in-setto venga così a contatto con le masse polliniche.Una parte dei granuli di polline resta in tal modo at-taccato alle pelurie di quest’ultimo e successivamenteceduta ai fiori successivi, della stessa specie di orchi-

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16MAGGIO_AGOSTO_2015LXXXIX - LE ORCHIDEE

dea, che l’impollinatore andrà a visitare attratto dinuovo dall’illusione di un’altra femmina a sua disposi-zione. Senza questo straordinario fenomeno evoluti-vo, che ha coinvolto strettamente i fiori delle Ophryse i loro specifici visitatori, verosimilmente questo grup-po di piante si sarebbe già da tempo in gran parteestinto.Gli insetti impollinatori di cui sopra appartengono tuttial vasto ordine degli imenòtteri e, come famiglie, agliàpidi (api, bombi, calabroni, ecc.) e ai vèspidi (ve-spe di varie specie, di medio e piccola taglia). Di quisono derivati i nomi di parecchie specie di tali orchi-dee come òfride bombilìflora (con fiore a forma dibombo), òfride apìfera (a forma di ape), òfride arac-nitifòrme (a forma di ragno), òfrida fucìflora (a formadi fuco), òfride insettìfera (a forma di insetto), ecc.Difficilmente si potrebbe immaginare un sistema piùcomplicato di questo per garantire l’impollinazioneincrociata. Forma e colore del labello, l’organo fiora-le che attiva il complesso meccanismo, sono stati ov-viamente un processo avvenuto, lungo milioni di anni,di pari passo tra la pianta e l’insetto, fino a creare trai due uno specifico e tenace rapporto fisso che an-cor oggi possiamo osservare mirabilmente funzionan-te. Se, però, tale specifico impollinatore per i motivipiù vari, naturali o antropici, scomparisse da una re-gione più o meno vasta o addirittura dall’intero area-le della Ophrys della specie x (e le attività umane sonosempre più pericolose e invadenti), anche queste esilima elegantissime pianticelle, ormai estremamente“specializzate”, difficilmente sopravviverebbero. Chi

mai le impollinerebbe?Bisognerebbe ricomincia-re da capo, e in tempilunghissimi, una nuova li-nea evolutiva che portas-se a un diverso modo diimpollinazione...Ben sappiamo che ogniessere vivente, animale ovegetale, più si specializ-za nei suoi modi di viveree nei suoi comportamen-ti e più rischia l’estinzionesotto il peso dei cambia-menti ambientali. E que-sto del genere Ophrysappare un meccanismobiologico così evoluto ecomplesso da risultare diconseguenza estrema-mente fragile.

Fig. 1 – Ofride fior d’ape(Ophrys apifera);pianta intera in fioritura(Foto E. Contarini).

Fig. 2 – Ofride fior d’ape(Ophrys apifera);fiori in primo piano(Foto E. Contarini).

Fig. 3 – Ofride insettifera(Ophrys insectifera);aspetto della pianta intera(Foto E. Contarini).

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17MAGGIO_AGOSTO_2015 XC - LE ORCHIDEE

Ofride fior d’ape (Ophrys apifera Hudson).fusto: alto di solito tra i 20 e i 40 cm (raramente finoa 50), foglioso solamente nella parte bassa (Fig. 1);foglie: lanceolate, acute al vertice, ma larghe e stria-te, addensate nel basso fusto;fiori: di norma in numero di 5-10 posti in lunga spigarada; tepali esterni ovato-acuti, equidistanti, di co-lore variabile (generalmente rosei, ma a volte ros-so-violacei o biancastri); tepali interni molto corti, 1/6 o anche 1/8 soltanto di quelli esterni, tendenzial-mente triangolari, pubescenti; labello rosso-brunocon linee gialle, nettamente trilobo; il lobo media-no fortemente revoluto, con l’appendice rivolta inbasso e con peluria solamente nella parte apicale;lobi laterali con parte rilevata nel settore basale, net-tamente pubescenti (Fig. 2);frutti: capsule ripiene di minutissimi semi, come in tut-te le orchidee;habitat: ambienti erbosi tendenzialmente freschi, ra-ramente al di sopra dei 700-800 m di altitudine;fioritura: maggio-giugno, raramente oltre e solamen-te nelle zone più elevate di quota;distribuzione: presente in tutte le terre intorno al Me-diterraneo (specie euri-mediterranea);etimologia: il primo nome del binomio scientifico,Ophrys, deriva dal greco “sopraciglio”, poiché granparte delle specie appartenenti a questo generedi orchidee presenta le foglie calicine a forma diarco, come appunto un sopraciglio; il secondonome latino, apifera, non lascia dubbi per via del-l’aspetto del fiore che simula un’ape. Lo stesso valeper il nome popolare, òfride fior d’ape.

Ofride insettifera (Ophrys insectifera Linnaeus).fusto: alto fino a 40 cm, eretto, molto esile, in granparte nudo;foglie: presenti solamente nella parte basale del fu-sto, in numero di 2-4, lanceolate (Fig. 3);fiori: di solito 5-8, raramente di più, sparsi lungo il fu-sto in modo rado e distanziato, con ampi spazi nudidi fusto; te-pali esternilanceolati,verdi; quelliinterni dilunghezzacirca lametà deipreceden-ti, filiformi,di colorebrunastro,

Fig. 4 – Ofride insettifera(Ophrys insectifera);fiori in primo piano(Foto E. Contarini).

Fig. 5 – Ofride di Bertoloni(Ophrys bertolonii);pianta intera in fioritura(Foto E. Contarini).

Fig. 6 – Ofride di Bertoloni(Ophrys bertolonii);primo piano del fiore(Foto E. Contarini).

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18MAGGIO_AGOSTO_2015XCI - LE ORCHIDEE

pubescenti; labello a 3 lobi, quasi piano, con lobomediano bifido, scuro, vellutato, da cui emerge unachiazza glabra e azzurrastra al centro (Fig. 4);frutti: capsule ripiene di piccolissimi semi;habitat: ambienti caldi prativi in generale, anche dimodesta estensione come margini di sentieri soleg-giati, stradelle forestali, chiarie erbose nel bosco,ecc.; fin oltre i 1000 metri di altitudine;fioritura: maggio giugno, a volte già da aprile allequote più basse;distribuzione: limitata all’Europa;etimologia: del primo nome del binomio scientifico,Ophrys, già si è parlato alla scheda precedente(vedi); il secondo termine, insectifera, non richiedespiegazioni, così come il nome popolare che ne de-riva, poiché indica più che ovviamente un fiore aforma di insetto; un sinonimo, oggi non più in uso, èanche Ophrys muscifera, ossia òfride con fiore a for-ma di mosca.

Ofride di Bertoloni (Ophrys bertolonii Mor.)fusto: di altezza 15-30 cm, eretto, foglioso solamen-te nella parte bassa (Fig. 5);foglie: lanceolate, acute, a nervature parallelecome in tutte le specie affini, poste in modo netta-mente alternato sul fusto;fiori: di solito in numero di 4-6 (ma a volte fino a 8),distanziati l’uno dall’altro; tepali esterni oblunghi, piùbrevi del labello, di colore variabile ma generalmen-te rosei o violacei; tepali interni lunghi la metà omeno degli esterni, rossastri; labello intero, raramenteun po’ trilobato, con appendice terminale netta-mente rivolta all’insù, molto peloso, di colore viola-ceo molto scuro sull’intera superficie, ma con unapiccola chiazza azzurra e glabra nella metà inferio-re (Fig. 6);frutti: capsule ripiene di minutissimi semi scuri;habitat: ambienti prativi caldo-aridi in generale, eper questo è specie di quote basse collinari;fioritura: strettamente primaverile, tra aprile e mag-gio secondo l’andamento stagionale dell’annata;distribuzione: specie presente nella sola area medi-terranea occidentale;etimologia: del genere Ophrys, primo nome del bi-nomio latino, già s’è detto (vedi); il secondo termi-ne, bertolonii, è dovuto alla dedica da parte del-l’ottocentesco descrittore al grande botanico A.Bertoloni (1775-1869), professore di botanica all’uni-versità di Bologna e autore di una Flora Italica in 10volumi, tuttora per molte ragioni insuperata, e di al-tri importanti studi sulla flora italiana.

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20MAGGIO_AGOSTO_2015

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30MAGGIO_AGOSTO_2015

Bollettino CAI Faenza: Direttore Responsabile Prof. Domenico Tampieri.Redaz. e amministraz.: Via Campidori, 28 - 48018 FAENZA (RA) - Tel. 0546 22966 - 0546 21616 (c/o Chesi).Riunioni, Biblioteca, iscrizioni ed escursioni: ogni giovedì dalle ore 20,30 alle ore 22,30. Sabato dalle 10,00 alle 12,00.Redazione: Maurizio Solaroli, Fabbri Ettore, Bisi Giovanni.Impaginazione: Romano Leonardi e-mail: [email protected] - Ivan Calamelli e-mail: [email protected]: Tipografia Romagna - Faenza - Tel. 0546 31314 - Autorizzazione Tribunale di Ravenna n. 711 del 5/7/1982.

NOTIZIE DALLA SEGRETERIAA cura di Claudio Patuelli

Rinnovo delle iscrizioni per l’anno 2015

Ricordo a tutti i Soci che al 31 marzo sono scadute le coperture assicurative previste con il tessera-mento 2014, come pure l’invio delle pubblicazioni della Sede Centrale e di tutte le altre agevolazionipreviste. Il rinnovo è comunque possibile fino alla fine di ottobre, tenendo presente che la coperturaassicurativa parte dall’avvenuta conferma del rinnovo alla Sede Centrale.Le quote associative per l’anno 2015 sono le seguenti:

Ordinari E 43,00Familiari E 22,00Juniores (dai 18 ai 25 anni) E 22,00Giovani (minore di 18 anni) E 16,00

Inoltre per i nuclei familiari in cui sono presenti almeno un Socio ordinario e un giovane, gli even-tuali ulteriori Soci giovani presenti nel nucleo pagano solo E 9,00. 9,00. 9,00. 9,00. 9,00.La quota associativa è comprensiva di copertura assicurativa per spese di soccorso in caso d’inciden-ti in montagna, R.C. e di polizza infortuni, che però copre esclusivamente i Soci in attivitàsociale (escursioni in programma da bollettino, manutenzione programmata di sentieri, ecc,). Imassimali della polizza infortuni sono E 55.000 caso morte, E 80.000 per invalidità permanente,E 1.600 per spese mediche. I massimali possono essere raddoppiati per i casi morte e invalidità conil versamento aggiuntivo di E 3,80 all’atto del rinnovo.

Rinnovo associativo per i Soci lontani

Per i Soci che non hanno la possibilità di venire a Faenza, è possibile rinnovare la tessera pagando laquota sociale tramite Bonifico bancario indicando chiaramente nella causale il cognome e nome delSocio (o dei Soci) di cui si chiede il rinnovo. L’importo va aumentato di E 1,00 per le spese dispedizione del bollino. Le coordinate bancarie per il bonifico sono:

Beneficiario: CAI FAENZABanca di appoggio: Credito Cooperativo Ravennate e Imolese –Sede di FaenzaIBAN: IT 61 Q 08542 23700 000000086438

Indirizzo e-mail della Sezione: [email protected] Internet della sezione: www.caifaenza.it

Rivista CAI nazionale on-line: www.loscarpone.cai.it

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NOTIZIE DALLA SEGRETERIAA cura di Claudio Patuelli

Di seguito i negozi convenzionati con la nostra sezione:* DECATHLON Centro Comm.le Le Maioliche Faenza (sconto, vedi sotto)ERBORISTERIA BELLENGHI Via Castellani Faenza – Sconto 10%IL GRANDE SLAM A.s.d. Palestra Via Volta Faenza – Sconti fino al 10%BETTOLI SPORT Corso Garibaldi Faenza – Sconto 15%CAPO NORD Corso Mazzini Forlì – Sconto 15%GOMMAPLASTICA Via Lapi 117 Faenza – Sconto 15%FERRAMENTA CHESI Centro Comm.le Cappuccini Faenza – Sconto 10%CICLI TASSINARI – Via Strocchi 17 Faenza – Sconto 10%CARTOLERIA LEGA – Corso Mazzini 33 Faenza – Sconto 10%OUTDOOR & TREKKING STORE - Via Trieste 48/a Ravenna - Sconto 15 %Convenzione Salewa.Comunichiamo a tutti i soci, quanto inviatoci dal punto vendita OutletSalewa di Castel Guelfo. Tutti i soci dietro presentazione tessera CAI otter-ranno uno sconto del 10% sul materiale ad eccezione di quello già inofferta, o in saldo. La promozione vale comunque anche negli altri OutletSalewa in Italia.

* Convenzione sconto ai soci CAI presso negozio Decathlon di FaenzaRiceviamo e proviamo a spiegarvelo in due parole, la nuova convenzione sconti.I soci interessati a una raccolta punti per accumulo di uno sconto, devono passare in sede e ritirare una Tessera FedeltàDecathlon, che va esibita ad ogni acquisto. Sulla tessera verranno caricati dei punti pari a 10 ogni 8,00 euro di spesa. Ogni400 punti si accumula uno sconto di 6,00 euro che si può decidere di scontare da un prossimo acquisto, ecc. La tessera èvalida per acquisti nei negozi Decathlon su qualsiasi genere di materiale, e non più come era in passato solo per materialeda montagna. In sede abbiamo tutto il materiale informativo. Chi crede può attivare la tessera anche presso il puntovendita di Faenza.Grazie ai vostri acquisti anche la sezione riceverà una percentuale di punti, con i quali a fine anno potrà acquisire materialetecnico da utilizzare durante le uscite sezionali.

ORDINARI:Morsiani PaoloCiani FrancescaRondinini CinziaMonti SusannaSpiriti DanieleVisani ValerioCapiani Filippo (Juniores)Rocchi Giulia (Juniores)Celli FrancescoFurlini LucaRagazzini Emanuele (Juoniores)Materni Luca (Juniores)Cardinali CristinaFabbri DavideGonelli MatteoSilvagni Luca (Juniores)Vincenzi EnricoSoglia LeonardoMonti Stefano

Fenati SerenaSuzzi FrancaZinzani GianlucaBandini Luca (Juniores)Conti AdamoSilvagni LauraPaiocchi Greta (Juniores)Enei Simone (Juniores)Ballardini FrancescaMorfino AndreaNenni Andrea (Juniores)Alberghi FrancescoMorigi MattiaPiazza ValentinoBassi LauraSuzzi GiuseppeMinni EleonoraMorsiani SandroDiversi SamueleBenini Roberto

FAMILIARI:Piani FrancoArgnani SoevaLiverani RenatoMontanari ChiaraGiacuzzo Sarah

GIOVANI:Martini TobiaBertozzi JacopoGuerra Michele

NUOVISOCI

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